1499
di Graziano Sirci e Stefano Spellucci
liberamente adattato da
Venturina degli Arroni. Cronaca romantica spoletina del 1499
di Elpidio Cruciani
Narratore:
Quindici Agosto Millequattrocentonovantanove. Le anguste vie erano gremite di popolo che
traeva tumultuoso verso la contrada San Benedetto., accalcandosi alla porta che metteva all’antica
via Flaminia. Gli alabardieri serrati in doppia fila si sforzavano di tener sgombro il mezzo della
strada. Addossati gli uni agli altri, venivano costretti a far uso del manico dell’alabarda, riuscendo a
stento a mantenere l-ordine militare. Il grande avvenimento che moveva la popolazione di Spoleto
era l`imminente arrivo della Duchessa di Biselli, designata da Alessandro VI a governatrice del
Ducato spoletino: Lucrezia Borgia.
Ambiziosa, la diletta figlia di Sua Santita’ non desidero’ che onori e dignita’. Avida di denaro,
ammasso’ oro e argento a furia di vilta’. Voluttuosa, provocante e per contrapposto dotata di
un’aria di candore e di modestia, univa in se’ la leggiadria della donna che si adora e si rispetta e la
bellezza della cortigiana che si paga e si disprezza. I piu’ ricchi e ambiziosi tra i patrizi della
provincia vennero a corteggiarla. Accordando ad uno solo di loro il minimo, benche’ frivolo favore,
questo sarebbe divenuto il nemico di tutti e il piu’ invidiato, permettendo alla Duchessa di
raccogliere il copioso frutto dalle aristocratiche liti.
Lucrezia scelse> Leonello de’ Ritaldi, signore dell’omonimo Castello, che accoppiava le ricchezze
alle belle e giovanili forme. Di famiglia illustre e doviziosa, frequentando varie corti d-Italia s’era
formato a quell’insieme di disinvoltura e di brio che non s’acquista che viaggiando. Del resto pero’
superbo, vanaglorioso, dedito ai piaceri e imprudente fino alla temerarieta’, era odiato dai suoi
nemici e disprezzato dai nemici. Come previsto la preferenza accordata da Lucrezia al Ritaldi
suscito’ nei suoi nobili coetanei dapprima l’invidia, poi la stizza e da ultimo l’odio.
L’amore tra Lucrezia e Leonello
Narratore:
Gli amici si apprestarono velocemente a soverchiarlo, i nemici a perderlo. Se il Ritaldi avesse
fissato lo sguardo in giro, avrebbe forse scorto il pericolo. Ma conosceva da fama Lucrezia e non
aveva il timore di azzardar troppo, cominciando a perdersi in espressioni galanti con la sua
pericolosa Signora.
Lucrezia:
Cavaliere, la vostra cortesia ci richiama alla mente la corte del nostro amato Sovrano.
Leonello:
Troppo felice, Madonna! Se io posso contribuire a rendere di meno penoso il distacco da un luogo
ove gli omaggi dei piu’ distinti baroni erano a voi diretti. L-esservi vicino e non ammirarvi e’
impossibile!
Lucrezia:
Voi ritenete dunque felice chi venga posto per puro capriccio del caso al di sopra degli altri, e da
questi riceva omaggi e ammirazione?
Leonello:
Felice no, se deve contentarsi di questo solo tributo.
Lucrezia:
Ve ne sono dunque altri?
Leonello:
E di piu’ belli, quelli che vengono dal cuore.
Lucrezia:
Ed essi sarebbero?
Leonello:
Non si palesano.
Lucrezia:
Perche;?
Leonello:
Perche’ si ammira e si rispetta in faccia al mondo, mentre si adora soltanto in segreto!
Lucrezia:
Badate, Messere! Quest-espressione e; molto avanzata…
Leonello:
Se il labbro fu ardito, la colpa e’ del cuore!
Lucrezia:
Ci denunziate, dunque, un colpevole impossibile da punire, benche; ne abbiamo le piu’ ampie
facolta’!
Leonello:
E vi servirete di queste facolta’ soltanto per punire? Non intendete servirvene mai, piuttosto, per
premiare?
Lucrezia:
A seconda dei meriti…
Leonello:
In questo caso io dovro’ stare sempre in vostra disgrazia…
Lucrezia:
Avete dunque cosi’ tanti difetti?
Leonello:
Molti, ma principalmente uno, la sincerita’.
Lucrezia:
Ma questa e’ invece una virtu’. Che noi saremo ben lungi dal disprezzare, tanto come donna che
come governatrice…
Leonello:
Allora non erravo poc-anzi, quando dicevo di adorar l’una e rispettar l’altra…
Leonello esce
Lucrezia:
Il signore de’ Ritaldi, giovane ricchissimo, mi conviene. Sarebbe ottima cosa il far riempire da esso
il mio scrigno vuoto. Ma sarebbe anche meglio assicurarsi il suo silenzio. Se egli ardisse raccontare
la piu’ frivola circostanza al mio riguardo, allora non vi sarebbe che un mezzo.
Musica
Narratore:
Mastro Ambrogio da Verona, alchimista al servizio della famigliola Borgia, portava la cognizione
dei veleni all’ultimo grado. Lucrezia era perfetta conoscitrice in tale arte perche’ ammaestrata in
quell’orrida scuola dal suo alchimista.
Ambrogio:
Magnifica Signora, tutt’altro poteva attendermi questa sera che l’onore di una sua visita.
Lucrezia:
Hai ragione, pure io non avrei pensato di dover prendere come le altre sere la mia lezione di
chimica. Hai messe al fornello tutte le droghe del diavolo?
Ambrogio:
Adempio agli ordini di vostra magnificenza. Dopo molte ore di prove posso presentarvi un
preparato che basterebbe per avvelenare mille persone.
Lucrezia:
Tu sei il portento della scienza. E dell’arte del governo.
Ambrogio:
Studio per meritarmi i favori della mia Signora.
Lucrezia:
Avrai la tua ricompensa.
Ambrogio:
Quando vostra signoria mi disse: “Voglio un veleno che produca un effetto istantaneo”, io non
ebbi altro pensiero che il servirvi.
Lucrezia:
E questa materia ha alcun sapore, odore che possa svelarla a chi la prendesse?
Ambrogio:
Nessuno.
Lucrezia:
E’ pericolosa nell’adoprarla?
Ambrogio:
Pericolosissima, nobile dama. Bisogna trattenere il respiro nel maneggiarla. Tuttavia uccide con
prontezza e molto strazio.
Lucrezia:
Eva bene. Colmane questa gemma.
Musica. Esce.
Narratore:
L’occasione per Lucrezia di utilizzare l’orribile mistura non tardò a presentarsi. Simulando amicizia
nelle parole e covando l’odio nel cuore, i giovani signori coetanei del Ritaldi, stabilirono di
formargli attorno una specie di corte, quasi come un omaggio al favorito della governatrice.
L’incauto cadde nella rete. All’incenso dei suoi nemici egli rispose col sorriso della protezione.
Promise, vantò, disprezzò Lucrezia, facendo conoscere con quale facilità egli avesse saputo
acquistare un’influenza sul di lei cuore. Fu la sua perdita. Ubaldo, uno dei più accaniti nemici di
Leonello e pretendente all’amore di Lucrezia, riportò le imprudenti assertive del Ritaldi,
proponendo alla Duchessa di esserne perfino testimone.
Lucrezia:
Come?
Ubaldo:
Mia Signora, Leonello in una di queste sere ci ha invitati ad una cena. Non vi sarà difficile,
Madonna, l’assistere alla medesima non veduta da lui.
Lucrezia:
Sia!
Musica. Esce.
Narratore:
Due sere appresso, verso le due o tre ore di notte, la porta della rocca si apriva. Una donna, involta
in una bautta col cappuccio calato e accompagnata da un solo uomo d’armi, discese l’erta via. Il
convoglio si diresse verso la città, arrestandosi d’un tratto dinanzi una casa signorile. In una vasta
sala dell’abitazione, molti giovani signori spoletini erano assisi ad una mensa lautamente
imbandita. Dal brio che regnava in quel convito potevasi dedurre che i vini del padrone di casa
avevano esaltato quelle giovani menti.
Ubaldo:
Leonello, in mezzo ai tuoi amici, alla ricchezza, al profumo dei cibi, allo spumar dei tuoi vini, che
cosa manca alla tua felicità?
Leonello:
Lo avete udito, o Signori? Mi ha chiesto che cosa mi manca. Mi manca d’essere ebbro come lo è
egli. Ma con l’aiuto del vino d’Orvieto, ci arriverò!
Tutti alzano i calici al padrone di casa. E Gridano:
Nobili:
Ci arriveremo!
Mentre Leonello beve, però, alcuni dei presenti, con un gesto scaltro,
versano il vino sotto il tavolo, fingendo di bere…
Leonello:
La vita è breve, va goduta così!
Ubaldo:
La risposta alla mia domanda è elusiva. Forse noi abbiamo tutto, qui?
Un Nobile:
Sì, dal momento che abbiamo le nostre spade e il vino!
Leonello:
Per te lo credo, rustico montanaro che non conosci che gli scogli del castello di tuo padre, il vino e i
lupi che insegui nelle tue foreste!
Un altro Nobile:
E dove le lasci le belle conduttrici dell’armento?
Ubaldo:
Benissimo! Un brindisi all’avventure goderecce di Trasmondo!
Di nuovo un brindisi in cui beve solo Leonello
Ubaldo:
Torno al primo discorso. A Leonello manca una cosa, qui!
Leonello:
Lo dirai finalmente, in nome del diavolo!
Ubaldo:
Vuoi saperlo? Ascolta: il dolce sguardo di due occhi neri scintillanti, il contatto voluttuoso d’una
mano morbida, vellutata, la soave armonia d’una voce che si mescolasse ai nostri gridi…
Leonello:
Basta! Il ritratto è già abbastanza lusinghiero. Bevo alla salute di questa bellezza ideale!
Ubaldo:
Sentitelo amici, egli ci insulta, come l’uomo sazio che racconta all’affamato le delizie di un pranzo.
Leonello:
Ho la fortuna di non comprendere le tue parole.
Ubaldo:
Amici, gli daremo una spiegazione più chiara, prima che il vino finisca l’opera già cominciata…
Nobili:
Sì, sì, una spiegazione!
Ubaldo:
Orbene udite. Chi è fra noi che ha saputo attrarre su di sé gli sguardi della più bella fra le dame
italiane? Parente di sovrani e moglie d’un principe reale? Chi è il favorito della governatrice?
Nobili:
Leonello!
Ubaldo:
Viva Leonello!!
Nobili:
Viva!!
Altro brindisi prolungato. Silenzio
Leonello:
Amici, chi è di voi che osa invidiarmi tale fortuna?
Sguardi d’intesa tra Ubaldo e gli altrinobili
Leonello:
E’ una fortuna che ha finito di annoiarmi… Un capriccio. E quanto dura un capriccio? Quanto la
soddisfazione del medesimo. E dopo che rimane? Il disprezzo! Che cosa ho cercato da lei? Quello
che già ad altri aveva concesso. Carezze vendute! Stimo assai di più questo vino che va a
riscaldarmi la testa…
Ubaldo:
Leonello, queste sono parole imprudenti…
Leonello:
Imprudenti? Perché? Ho comprato a caro prezzo il diritto di parlare di lei. Favorito di Lucrezia
Borgia. Chi di voii vuole essere il mio successore?
Silenzio
Leonello:
Cessate di lodarmi per una simile vittoria! Io voglio cancellarne la memoria. Voglio affogarla nel
calice vuoto. Ecco, amici, come io tratto Lucrezia Borgia! Un Ritaldi desidera, paga e disprezza una
donna come quella! Io la sfido a vendicarsi di me!
Musica. Cade sul tavolo ubriaco. Dei servitori lo portano sul letto
Lucrezia:
La sfido a vendicarsi di me? L’invenzione di Ambrogio chiuderà per sempre quel labbro impudente.
Musica
Camera da letto di Leonello. Leonello dorme, Lucrezia entra e si
porta a fianco del letto fissandolo con malignità.
Lucrezia:
Superbo montanaro, tu vantavi di conoscere Lucrezia Borgia? Stolta presunzione. Ora eccoti in mio
potere, senza che tu lo sappia. Io non cambierei col più grande dei troni questo istante di delizia.
Mette il veleno nella bocca di Leonello.
Lucrezia:
Il piacere della vendetta è degno di una Borgia. A cosa ti avrà servito il disprezzo onde tu m’hai
coperta? A fare una morte di spasmo e di disonore. Tutti crederanno che ti avrà ucciso il vino.
Nessuno saprà che io ti uccido qui, dove poche sere indietro ti inebriavi ai miei amnplessi.
Leonello si sveglia.
Leonello:
Voi qui, Signora?
Lucrezia:
Ti reca meraviglia la mia presenza? Non è la prima volta…
Leonello:
E’ vero, mi avete fatto un simile favore. Ma io stasera non posso ricordarmi se io stesso ho pregato
o…
Lucrezia:
Sono venuta di mia piena volontà.
Leonello:
Quando?
Lucrezia:
Ieri sera, al tuo banchetto. Non ricordi? Non rispondi? Tu parlasti di me… mi insultasti vilmente in
mezzo ai tuoi amici.Mi proclamasti per una donna infame. Non si dileggia impunemente una
Borgia. Chi mi offese una sola volta senza esser colpito dalla mia ira? Ed io ti ho colpito. Il tuo si sta
decomponendo, io ne vedo le tracce sul tuo volto.
Leonello:
Che facesti? Io sento bruciarmi la testa! Che facesti? Rispondi!!
Lucrezia:
E’ il veleno dei Borgia che ti uccide!
Leonello:
Oh, infame!
Lucrezia:
Potevi aspettarti altro da me, dopo l’ingiuria? Il tuo patimento acquieta il mio sdegno. Osserva con
qual calma ti vedo morire…
Narratore:
Leonello schiuse le labbra per chiamare aiuto, ma il suo grido finì in un rantolo rabbioso. La morte
aveva già afferrato la sua vittima. Il veleno agiva con spaventevole rapidità sul disgraziato. Lucrezia
si chinò su di lui. Egli la travide attraverso gli occhi annebbiati e fece un movimento. Fù l’eestremo.
Le sue membra si irrigidirono e dell’avvenente giovane non restò che un cadavere.
Musica. Il fantasma esce dal letto e si avvia verso il castello
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di Graziano Sirci e Stefano Spellucci liberamente adattato da