A cura del Dipartimento Agricoltura, Foreste e Forestazione - Regione Calabria Gennaio-Marzo 2014 calabria L’assessore Trematerra: “L’olio, un ruolo strategico per l’agricoltura calabrese” © Franck Boston - Fotolia.com F O C U S Il dirigente generale Zimbalatti: “Il “legno” di Calabria. Il futuro è già iniziato” Tutto sull’olio d’oliva, il vero oro della Calabria PSR Calabria: verso la nuova programmazione 2014-2020 DIPARTIMENTO N. 6 AGRICOLTURA, FORESTE E FORESTAZIONE Via Enrico Molè - 88100 Catanzaro Assessore Dirigente Generale Autorità di Gestione PSR Calabria 2007-2013 SETTORE 1 A FFARI G ENERALI , R ISORSE U MANE , S ERVIZI T ERRITORIALI , E NTI S TRUMENTALI E S UB -R EGIONALI SETTORE 2 V ALORIZZAZIONE E P ROMOZIONE , P RODUZIONI A GRICOLE E F ILIERA P RODUTTIVA Dirigente Dirigente dott. Giacomo Giovinazzo dott. Giuseppe Calabretta [email protected] [email protected] Servizio 4 Servizio 1 Sistema Qualità AA.GG., Contenzioso Valorizzazione, e Usi Civici, Produzioni Agricole, Rapporti Mercato e Sicurezza con l’Organismo Alimentare, Pagatore Regionale Valorizzazione e con gli Enti Filiera Produttiva Dirigente ad interim Strumentali dott. Giacomo Giovinazzo e di Bonifica [email protected] Dirigente avv. Domenico Ferrara [email protected] Servizio 5 Promozione e Marketing dei Prodotti Agricoli Servizio 2 e Agroalimentari, Area Territoriale Fiere e Mercati, Meridionale Osservatori Reggio Calabria ed Educazione Dirigente dott.ssa Caterina Loddo Alimentare Dirigente [email protected] dott. Giorgio Piraino [email protected] Servizio 3 Area Territoriale Settentrionale Cosenza Dirigente ing. Ferdinando Bafaro [email protected] SETTORE 3 S VILUPPO R URALE , Z OOTECNIA , C REDITO , R IORDINO E T RASFORMAZIONE F ONDIARIA dott. Michele Trematerra [email protected] prof. Giuseppe Zimbalatti [email protected] avv. Alessandro Zanfino [email protected] SETTORE 4 S ERVIZI DI S VILUPPO A GRICOLO F ITOSANITARIO E V ALORIZZAZIONE P ATRIMONIO I TTICO E F AUNISTICO SETTORE 5 F ORESTE E F ORESTAZIONE , P OLITICHE DELLA M ONTAGNA , D IFESA DEL S UOLO E B ONIFICA Dirigente dott. Ernesto Forte [email protected] Dirigente dott. Giuseppe Oliva [email protected] Servizio 6 Sviluppo della Zootecnia, Riordino e Trasformazione Fondiaria Dirigente ad interim ing. Carmelo Salvino [email protected] Servizio 9 Patrimonio Ittico e Faunistico, Caccia e Pesca Dirigente dott. Cosimo Caridi [email protected] Servizio 7 Sviluppo Rurale, Leader Plus, Agriturismo, Paesaggio Rurale Dirigente ad interim dott. Giovanni Aramini [email protected] Servizio 10 Ricerca e Dimostrazioni, Divulgazione, Formazione, Vivaismo e Fitosanitario Dirigente dott.ssa Carmela Barbalace [email protected] Servizio 11 Forestazione, Tutela Boschi, Valorizzazione delle Montagne, Sistemi Agricoli e Montani, Filiere Silvopastorali Dirigente ad interim dott.ssa Caterina Loddo [email protected] Dirigente dott. Giovanni Aramini [email protected] Servizio 8 Sviluppo Rurale, Credito Agrario, Fondo di Solidarietà Dirigente dott. Giovanni Aramini [email protected] Servizio 12 Difesa del Suolo, Bonifica e Irrigazione, Valorizzazione dei Sistemi e Infrastrutture Rurali Dirigente ing. Carmelo Salvino [email protected] A cura del Dipartimento Agricoltura, Foreste e Forestazione - Regione Calabria Gennaio-Marzo 2014 calabria Sommario 15 Il dirigente generale Zimbalatti: “Il “legno” di Calabria. Il futuro è già iniziato” F O C U S 16 A colloquio con l’assessore all’Agricoltura Michele Trematerra L’olio, un ruolo strategico per l’agricoltura calabrese L’assessore Trematerra: “L’olio, un ruolo strategico per l’agricoltura calabrese” Tutto sull’olio d’oliva, il vero oro della Calabria F O C U S. T U T T O S U L L’ O L I O D ’ O L I VA 18 Competitività del sistema olivo in Calabria PSR Calabria: verso la nuova programmazione 2014-2020 NINO IANNOTTA ROSARIO FRANCO © Franck Boston - Fotolia.com 25 La madre di tutte le diete (e della nostra storia) 29 Professionisti del gusto, paladini dell’eccellenza MARIATERESA RUSSO 2 2 IL PUNTO 2013, un anno speso bene Intervista a Rosario Franco, responsabile dell’Albo regionale degli assaggiatori della Calabria 30 Meccanizzazione e dintorni: MICHELE TREMATERRA 4 4 6 la nuova sfida sarà la qualità FORESTAZIONE Il “legno” di Calabria. Il futuro è già iniziato 32 E’ anche una cura salvacuore La prevenzione selvicolturale nella lotta agli incendi GIUSEPPE ZIMBALATTI S O U R AYA B E N A L I A 34 Educazione alimentare: una scelta vitale Intervista a Loriana Abbruzzetti, presidente dell’associazione femminile Pandolea VINCENZO MONTEMURRO 12 Produzione, varietà, tecnologia, competenza: FRANCESCO IOVINO il legno si sviluppa così 35 La via privilegiata del prodotto artigianale ANDREA ROSARIO PROTO MAURIZIO PESCARI Calabria Rurale A cura dell’Assessorato Agricoltura, Foreste e Forestazione Dipartimento 6 Settore 3 della Regione Calabria Via Molè - 88100 Catanzaro Telefono 0961 853132 – 0961 853125 Direttore responsabile Massimo Antonio Calabrò Vicedirettore Manuela Lacaria Coordinamento editoriale Bruno Bernardi, Vincenzo Carè, Anna Maria Corea, Rosario Franco, Giuseppina Statti, Edoardo Vigetti Hanno collaborato Giovanni Aramini, Souraya Benalia, Nino Iannotta, Francesco Iovino, Manuela Lacaria, Caterina Loddo, Vincenzo Montemurro, Giuseppe Oliva, Maurizio Pescari, Andrea Rosario Proto, Emilia Reda, Pia Rispoli, Mariateresa Russo, Michele Trematerra, Alessandro Zanfino, Giuseppe Zimbalatti 36 40 LO STUDIO 42 RETE RURALE Stampa Rubbettino srl Soveria Mannelli (Catanzaro) www.rubbettinoprint.it www.calabriapsr.it - [email protected] Come si combatte il Cinipide galligeno del castagno Costruire il cambiamento con la Rete Rurale nazionale VINCENZO CARE’ EMILIA REDA La Rete europea per lo sviluppo rurale 44 P A T - P RO D O T T I A G RO A L I M E N TA R I T R A D I Z I O N A L I I mille gusti della bontà I fichi Distribuito in allegato ad Agrisole - Gruppo Il Sole 24 Ore Progetto, impaginazione e realizzazione Pierrestampa srl Viale di Villa Grazioli, 5 - 00198 Roma www.pierrestampa.it Verso il nuovo Psr: azioni mirate, nuove strategie ALESSANDRO ZANFINO G I O VA N N I A R A M I N I Registrazione Tribunale di Catanzaro n. 7 del 22.10.2013 Spedizione in abbonamento postale DL 253/2009 (conv. in L. 27.2.2004 n. 46) art. 1 comma 1 PSR CALABRIA ROSARIO FRANCO PIA RISPOLI 46 L’EVENTO 47 LEGGI - TUTTI I PROVVEDIMENTI Esperienza e conoscenza per proteggere e valorizzare L’agroalimentare calabrese in rete per fare rete Le leggi regionali nel settore agricolo pubblicate nel 2013 MANUELA LACARIA P U N T O I L 2013, un anno speso bene Abbiamo raggiunto risultati incoraggianti, frutto di una programmazione seria e di grande rigore MICHELE TREMATERRA Assessore all’Agricoltura della Regione Calabria Un anno importantissimo, il 2013, per il Dipartimento Agricoltura, Foreste e Forestazione della Regione Calabria. Un anno di risultati incoraggianti e di obiettivi centrati con efficienza e concretezza, che evidenziano l’ottimo operato del Dipartimento e che lo proiettano con fiducia verso la sfida della nuova programmazione del PSR Calabria. La politica della qualità della spesa dei fondi comunitari perseguita dal Dipartimento Agricoltura è stata certamente il motore principale che ha permesso alla Regione Calabria di collocarsi nel 2013 nettamente al di sopra delle Regioni italiane a obiettivo convergenza e perfettamente allineata a quelle a obiettivo competitività, rispetto ad alcune delle quali, grazie all’andamento dell’attuazione del suo PSR, la Calabria è risultata addirittura più “virtuosa”. In particolare, a livello di avanzamento di spesa, al 31 dicembre 2013, tra le cinque Regioni a obiettivo convergenza, la Calabria si è collocata al primo posto con una percentuale di 66,0%. Rispetto alle Regioni a obiettivo competitività, si è posta al di sopra di Toscana (64,5%), Molise, Marche, Sardegna, Liguria, Lazio e Abruzzo, è per- 2 fettamente alla pari con l’Emilia Romagna e immediatamente alle spalle di Regioni come Piemonte (66,3%), Friuli Venezia Giulia (67,2%), Veneto (67,3%) e Umbria (67,4%). Gli ottimi risultati raggiunti, inoltre, sono senza dubbio frutto di una programmazione selettiva, che ha lo scopo di privilegiare e sostenere la progettazione di qualità, ma anche della limitazione degli sprechi, nonché dell’ottimizzazione delle procedure e dei controlli, in termini di rapidità ed efficienza. Non da ultimo, il PSR Calabria può vantare un tasso di errore nettamente al di sotto di quella che è chiamata “soglia fisiologica”, ossia quel 2% di percentuale di spesa irregolarmente rendicontata dai beneficiari e di pagamenti indebitamente erogati dagli OP, consentita dalla Commissione Europea e dalla Corte dei Conti Europea. E nello specifico, il tasso di errore del PSR Calabria del 2013 si è attestato nettamente al di sotto della media nazionale e comunitaria. Nonostante però l’obiettivo di contenimento del tasso di errore sia stato pienamente raggiunto, il Dipartimento Agricoltura sta compiendo un importante lavoro di monitoraggio e di controlli, per limitarlo ulteriormente e per rafforzare sempre di più il sistema del proprio PSR. PSR, per il quale, nel 2013, sono stati pienamente raggiunti gli obiettivi di spesa, con una spesa effettiva (erogata), al 31 dicembre 2013, di 160.950.060 euro, rispetto all’obiettivo N+2 di 149.798.000 euro. Le cifre della spesa, inoltre, vanno a sommarsi agli ultimi dati forniti da Bankita- lia, che indicano chiaramente che la filiera agro-alimentare calabrese si è incrementata del 20% e che il comparto agro-alimentare della nostra Regione è uno dei pochissimi, in questo periodo di crisi generale, fortemente regressivo per la maggior parte dei settori, a godere di buona salute e a compiere addirittura passi in avanti, nell’ottica dello sviluppo e del benessere socio-economico del nostro territorio. Messa a bando l’intera dotazione finanziaria del PSR, sono stati oltre 27.000 i beneficiari che hanno ricevuto il sostegno del Dipartimento Agricoltura attraverso il prezioso strumento dei fondi comunitari. Per le misure a superficie sono state istruite, valutate e pagate tutte le domande di aiuto ritenute ammissibili, relative all’annualità 2013. Sono stati pagati tutti gli anticipi e i SAL presentati per le infrastrutture rurali dagli enti locali. E nel 2013 sono state evase oltre 950 domande di pagamento. Forte evidenza bisogna dare, anche, all’attività svolta a favore del comparto dall’Agenzia per le Erogazioni ARCEA. Infatti nell’anno 2013, oltre a tutti i fondi del PSR di cui si è detto, sono stati immessi nel sistema agricolo ulteriori 303.148.000 euro a valere sul fondo FEAGA sia come pagamenti di Domanda Unica che come pagamenti dell’art. 68 sulle produzioni di qualità. L’insieme delle erogazioni di cui trattasi ha interessato una base di oltre 137.000 beneficiari. Si vuole evidenziare, inoltre, la tempestività dell’intervento dell’ARCEA, atteso che è riuscita, in pochi giorni a intervenire a favore delle aree colpite dall’alluvione del 30 novembre erogando oltre 37 milioni di euro entro i 20 giorni successivi. L’attività dell’Agenzia, la cui ultima azione è l’erogazione, ha come principale momento quello dei controlli. In un anno solare vengono richieste e vagliate oltre 250 certificazioni antimafia solo sulle erogazioni di Domanda Unica, sono stati attivati, per obbligo comunitario, 3.340 controlli, di cui 1.920 con visite in loco. A questi vanno aggiunti i 413 controlli, sia amministrativi che in loco, svolti dal Dipartimento sulle misure strutturali del PSR. Un altro capitolo importante del 2013 riguarda i progetti per la realizzazione della Banda larga nelle aree rurali, tutti prontamente avviati. Questi progetti, che il Dipartimento ha sostenuto con grande entusiasmo e per un importo totale di 13 milioni di euro, hanno come obiettivo l’infrastrutturazione dei territori regionali non coperti da fibra ottica e mirano allo sviluppo e alla valorizzazione di aree rurali e interne, a volte marginalizzate. Nel corso dell’anno, è stato emanato il bando “multi-misura” 2013, con Misure che fanno capo agli Assi I, II (forestali) e III. Sono state approvate e pubblicate inoltre le graduatorie del bando Health Check 2012, con le graduatorie definitive delle Misure 221 e 214.6 (e provvisorie delle Misure 226 e 311.3), di grande rilevanza per il Dipartimento perché si riferiscono a progetti di salvaguardia del patrimonio genetico agrario regionale. Sono state pubblicate, infine, le graduatorie provvisorie delle Misure 211 e 213 – annualità 2013. Per quanto riguarda l’Asse I, che riguarda il Miglioramento della competitività del settore agricolo e forestale, l’avanzamento di spesa è pari al 52,36%; per l’Asse II, Miglioramento dell’ambiente e dello spazio rurale pari all’86,26%; per l’Asse III, Qualità della vita nelle zone rurali è pari al 64,26% mentre per l’Asse IV, Approccio Leader, la cifra si attesta al 33,29%. Altro grande traguardo del 2013 è stato il completamento della riforma degli enti strumentali ARSSA e AFOR, rispettivamente trasformati in ARSAC e “Calabria Verde”, nell’ottica di un ammodernamento sostenibile e della maggiore competitività del comparto agricolo e di quello silvicolo regionali. Enti sui quali il Dipartimento Agricoltura conta in maniera particolare e che dovranno giocare un ruolo fondamentale della nuova programmazione del PSR. Per quanto riguarda il settore della Forestazione, il 2013 è stato un anno di profonda programmazione. La nuova azienda regionale per la forestazione e per le politiche della montagna “Calabria Verde”, che ha ripristinato l’ordine sia a livello amministrativo che tecnico-economico, si è inserita nel solco della nuova legge per la “Gestione, tutela e valorizzazione del patrimonio forestale regionale”, alla quale è stato affidato il compito di dare maggior sostegno alla forestazione dal punto di vista ambientale e idrogeologico e di avviare una gestione sostenibile della filiera bosco–legno, con l’ambiziosa sfida di creare un marchio e una certificazione del legno calabrese. Sono state avviate le attività per la programmazione 2014-2020 e per stilare un programma che tenga realmente conto delle reali esigente del territorio e che sia davvero moderno, efficiente ed “europeo”, il Dipartimento Agricoltura ha lavorato su una serie di documenti preparatori, come analisi di contesto, di filiera, SWOT e dei fabbisogni del futuro, che mettono in luce punti di forza, debolezze, opportunità e rischi degli interventi di supporto. Questi documenti, stilati grazie al prezioso contributo del partenariato economico e sociale, prece- dono alla stesura vera e propria del programma. Il Dipartimento Agricoltura, infatti, sta prendendo parte a tutti i tavoli partenariali, incontri che dovranno condurre a strategie e strumenti condivisi tra gli attori del mondo rurale calabrese. Sono inoltre in via di costituzione alcuni tavoli tematici che avranno il compito di approfondire specifici aspetti della prossima programmazione. Nel corso del 2013 è stato aperto un forum di discussione sul sito dedicato al PSR 2014-2020 https://sites.google.com/ site/vexapsrcalabria1420/home e, contemporaneamente, il Dipartimento ha promosso una serie di iniziative rivolte alla costante informazione dei beneficiari e dei potenziali beneficiari, come seminari/incontri informativi relativi alla pubblicazione di nuovi bandi, conferenze e comunicati stampa circa l’attuazione e i risultati del PSR. Il sito internet www. calabriapsr.it, in particolare, prezioso strumento di informazione e confronto, ha registrato circa 10.000 visite mensili. Per quanto riguarda il programma FEP, Fondo Europeo per la Pesca, nel corso dell’anno, è stato riaperto il bando “multimisura” 2013, con Misure che fanno capo agli Assi I (Misura 1.3), con una dotazione di 150.000,00 euro, II (Misura 2.3), con una dotazione di 6.304.268,67 euro, e III (Misura 3.2 e 3.3) con una dotazione complessiva di 2.480.005,33 euro. Le somme impegnate sono risultate inferiori a quelle messe a bando (pari a 4.051.491,56 euro su una disponibilità di 8.934.274,00 euro). Sono state approvate e pubblicate inoltre le relative graduatorie definitive e assunti i relativi impegni: Assi I (Misura 1.3) 108.988,80 euro, II (Misura 2.3) 1.571.586,23 euro e III (Misura 3.2 e 3.3) con un impegno complessivo di 2.480.005,33 euro. Infine si è provveduto alla certificazione delle spese sostenute nell’anno 2013, così ripartite: Misura 1.3 13.852,52 euro, Misura 2.3 605.646,45 euro, Misura 3.2 346.500,20 euro, Misura 3.3 2.735.652,79 euro. Asse IV 465.660,75 euro (Gruppi di Azione Costiera). La spesa totale certificata nell’anno 2013, pari a 4.167.312,71 euro, risulta essere pari al 66,4% del target N+2, assegnato dal MIPAAF, di 6.272.501,44 euro. Gennaio-Marzo 2014 3 F O R E S T A Z I O N E Il “legno” di Calabria. Il futuro è già iniziato Certificazione forestale di processo: uno degli obiettivi della programmazione 2014-2020 a sostegno del settore GIUSEPPE ZIMBALATTI Dirigente Generale del Dipartimento Agricoltura, Foreste e Forestazione Regione Calabria E’ l’Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi di Carbonio a confermarci la spiccata vocazione forestale della Calabria, che, oltre a possedere una superficie forestale che supera i 600.000 ettari, tra boschi naturali e artificiali produttivi, si stima possa garantire 1,5-1,8 milioni di m3 di massa legnosa asportabile ogni anno. Basti pensare infatti come le formazioni di origine naturale siano in grado di accrescersi di 5-6 m3/ha-anno contro la media delle altre regioni meridionali che si attesta sui i 3-5 m3/ha-anno. Boschi, quindi, che rappresentano un patrimonio di grande valore, in grado di garantire, in un’ottica di straordinaria multifunzionalità, elevate produzioni forestali, ingenti benefici paesaggistici, sociali e ambientali, oltre a rilevanti interessi fitogeografici e di tutela idrogeologica del territorio. La fustaia è la forma di governo maggiormente presente, occupando oltre 250.000 ettari; la composizione prevalente è per il 53% costituita da latifoglie, per il 24% da conifere mentre le formazioni miste occupano il re- La macchina forestale da raccolta Harvester 4 stante 23%. Le faggete si estendono su oltre 77.000 ettari, le pinete di laricio su 70-72.000 ettari, i castagneti su oltre 69.000 ettari, i querceti di farnetto e di cerro sono distribuiti su circa 43.000 ettari e, infine, le abetine di abete bianco su poco più di 4.800 ettari. Inoltre la Calabria è, e rimane, una delle principali regioni italiane nel settore della lavorazione del legno, che si sta sempre più indirizzando sul giusto percorso di valorizzazione tecnologica delle sue produzioni, al fine di poter acquisire un valore aggiunto e, di conseguenza, un ruolo nuovo e centrale nell’economia regionale. Le utilizzazioni forestali, però, non sono ancora in grado di supportare pienamente le opportunità che la filiera foresta-legno offre, risentendo, essenzialmente, di un certo ritardo nel settore dell’innovazione e del trasferimento tecnologico. Queste, in concorso a diversi fattori come crisi economica, mancanza di manodopera specializzata, debole interazione tra domanda proveniente dalle aziende di lavorazione e l’offerta legnosa locale (dovuta anche ai prezzi non remunerativi ), ha creato una situazione di mancata crescita condensata principalmente nel primo segmento della filiera foresta-legno che è causa, e nello stesso tempo conseguenza, della mancata valorizzazione del legname autoctono. Nel settore della lavorazione del legno, nonostante il mercato abbia subito negli ultimi anni profonde trasformazioni, la Calabria rimane tuttavia una delle principali regioni italiane produttrici, con più che ampi margini di miglioramento. Le specie legnose segate in maggior quantità sono il castagno e il pino laricio, seguite per importanza dall’abete bianco, dal faggio e dal pioppo. Se il castagno è presente nelle lavorazioni di quasi tutte le imprese calabresi, le altre specie indigene riforniscono le aziende seguendo i propri areali di distribuzione. Il pino laricio è utilizzato soprattutto nelle province di Codell’intero ciclo di produzione in loco e il senza e Crotone, l’abete bianco e il faggio riconoscimento della qualità del prodotto nelle province di Vibo Valentia e Catanlegno, in modo da far crescere tutto il setzaro, mentre in provincia di Reggio Calatore e l’indotto a esso collegato. Inoltre bria c’è una certa uniformità d’impiego tra certificazione forestale, catena di custoabete bianco, pino laricio e castagno. dia, due diligence e gestione sostenibile Le segherie e le imprese di trasformazione dovranno essere la norma e non l’eccedel legno rappresentano circa il 75% delle zione, per poter garantire quel quid in più aziende della filiera, anche se il ciclo proper l’affermazione del legno prodotto in duttivo molto spesso non si conclude in Calabria sul mercato nazionale ed estero. regione, facendo perdere alle produzioni Punti di intervento, questi, che hanno ora quel valore aggiunto necessario a garananche una solida base nella nuova Legge tire la crescita dell’intero settore e l’inRegionale n. 45 del 12 ottobre 2012, per dotto da esso generabile. E’ necessario la Gestione, tutela e valorizzazione del paquindi attuare una intrimonio forestale versione di tendenza regionale che dein tale ambito, con finisce i principi di Completare in loco l’intero ciclo l’obiettivo, per l’induindirizzo per instria del legno, di ricentivare la gedi produzione con il riconoscimento cercare una maggiore stione forestale di qualità per favorire il successo qualità tecnologica ai sostenibile ivi compresa la certilegnami e agli assortidel legno prodotto in Calabria ficazione forestale menti prodotti, oggi sul mercato nazionale ed estero di processo e di ancora troppo tradiprodotto al fine di zionali. Gli stessi attutelare il territorio e contenere il camtori della filiera bosco-legno stanno biamento climatico, attivando e rafforsempre più comprendendo la ricchezza inzando così l’intera filiera forestale dalla sita nel legname di cui sono costituite le sua base produttiva e garantendo, nel nostre foreste, le potenzialità delle produlungo temine, la multifunzionalità e la dizioni locali e il loro impiego, l’importanza versità delle risorse forestali. Ed è su quedi implementare l’uso di nuovi sistemi di ste linee guida che ci si sta muovendo utilizzazione e lo sviluppo dei processi di affinché, anche con la programmazione seconda lavorazione. A tal proposito la 2014-2020, si possa dare quel sostegno Regione Calabria sta lavorando per prevefinanziario, indispensabile per dare condere tutta una serie d’interventi che rencretezza realizzativa a queste idee. dano possibile il completamento Gennaio-Marzo 2014 Castagno e pino laricio, ma anche abete bianco, faggio e pioppo: la produzione regionale è varia e di alta qualità 5 F O R E S T A Z I O N E La prevenzione selvicolturale nella lotta agli incendi Una pianificazione integrata a livello regionale, comprensoriale e aziendale potenzierebbe le attività, con ricadute positive sul piano economico-finanziario Introduzione FRANCESCO IOVINO Ordinario di Assestamento Forestale e Selvicoltura presso il Dipartimento di Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio e Ingegneria Chimica dell’Università della Calabria Campus di Arcavacata (Rende) L’abbandono di molti territori rurali, con conseguente diminuzione delle attività agricole e progressivo avanzamento del bosco, la riduzione delle attività selvicolturali, la crescente urbanizzazione, nonché le condizioni di siccità estiva e vento, tipiche del clima mediterraneo, sono cause dei ricorrenti episodi degli incendi boschivi. A questi elementi bisogna aggiungere negli ultimi anni l’aumento dei fenomeni climatici estremi che ha comportato nei Paesi dell’Unione Europea una maggiore concentrazione di grandi incendi rispetto al passato e un allargamento tendenziale dell’area a rischio verso il Nord Europa (Camia, 2011). Il ripetersi di incendi boschivi, anche di grandi dimensioni, inducono ad agire sulle cause del problema e a dare priorità alla prevenzione in modo da rendere i territori forestali meno vulnerabili al fenomeno (CFS e FAO, 2008 ). Oggi, peraltro, si riscontra un largo consenso sull’efficacia delle attività di prevenzione selvicolturale perché la gestione dei combustibili forestali è l’unico strumento preventivo che può essere adottato per ridurre il rischio d’incendio, dato che non è possibile intervenire né sul fattore meteorologico né su quello topografico (CFTS, 2006). La Calabria è una delle regioni italiane più colpite dagli incendi: dal 1979 al 2012 se ne sono verificati circa 41.600 che hanno interessato una superficie boscata di poco oltre 235.000 ettari e non boscata di circa 204.000 ettari (Figura 1). Valori che rappresentano, rispettivamente, il 13, 14 e 6 9% di quelli dell’intero territorio nazionale nello stesso periodo. Mediamente, in 35 anni in Calabria si sono verificati annualmente 1.226 incendi che hanno interessato 6.921 ettari di superficie boscata e 5.993 ettari non boscata (fonte CFS). Questi dati pongono in tutta evidenza la gravità del problema in relazione alla quale è necessario adottare misure volte a una mitigazione del fenomeno, dando più enfasi alle attività di prevenzione selvicolturale. Il ruolo della prevenzione selvicolturale La prevenzione, come è noto, viene distinta in diretta e indiretta. La prima ha lo scopo di rendere meno frequenti le cause di accensione e consiste prevalentemente nell’informare le popolazioni dei rischi e delle precauzioni. La seconda comprende sia la realizzazione di opere che facilitano l’estinzione (viali tagliafuoco, punti di approvvigionamento idrico e viabilità operativa), sia gli interventi selvicolturali e di altro tipo (decespugliamento, pascolamento, fuoco prescritto) che rendono i popolamenti forestali meno vulnerabili al fuoco. La Legge n. 353 del 21 novembre 2000 nasce dalla convinzione che il metodo più adeguato per perseguire la conservazione del patrimonio boschivo sia quello di promuovere e incentivare le attività di previsione e prevenzione, anziché privilegiare la fase emergenziale legata allo spegnimento degli incendi (Bovio et al., 2004). La stessa legge, nel definire le attività di 3.000 2.500 2.000 1.500 1.000 500 19 79 19 80 19 81 19 82 19 83 19 84 19 85 19 86 19 87 19 88 19 89 19 90 19 91 19 92 19 93 19 94 19 95 19 96 19 97 19 98 19 99 20 00 20 01 20 02 20 03 20 04 20 05 20 06 20 07 20 08 20 09 20 10 20 11 20 12 0 Figura 1a. Numero di incendi 3.000 Boscata Non boscata 2.500 2.000 1.500 1.000 500 79 19 80 19 81 19 82 19 83 19 84 19 85 19 86 19 87 19 88 19 89 19 90 19 91 19 92 19 93 19 94 19 95 19 96 19 97 19 98 19 99 20 00 20 01 20 02 20 03 20 04 20 05 20 06 20 07 20 08 20 09 20 10 20 11 20 12 0 19 prevenzione come azioni mirate a ridurre le cause e il potenziale innesco d’incendio nonché interventi finalizzati alla mitigazione dei danni conseguenti, prevede che si utilizzino anche gli interventi colturali volti a migliorare l’assetto vegetazionale degli ambienti naturali e forestali. Ciò rappresenta un esplicito riferimento al ruolo che può svolgere la gestione forestale, cioè l’insieme degli interventi selvicolturali e la loro organizzazione nello spazio e nel tempo (pianificazione). I primi determinano una più elevata resistenza e resilienza dei sistemi forestali anche nei confronti del fuoco; la pianificazione degli interventi contribuisce, invece, a rendere i comprensori forestali meno vulnerabili alla diffusione delle fiamme. Le attività di prevenzione selvicolturale determinano modificazioni del carico e della struttura spaziale, sia del materiale vivo sia di quello morto e accrescono la resistenza dei popolamenti all’avanzamento del fuoco per gli effetti che provocano sia sul carico di combustibile (riduzione del potenziale combustibile) sia sulla probabilità di innesco di un incendio e il potenziale comportamento dello stesso. L’Unione Europea, con vari regolamenti (EEC n. 3529/86, EEC n. 2158/92, EC n. 2152/2003), ha da sempre incoraggiato gli Stati membri nel rafforzare la prevenzione degli incendi. Nonostante ciò il processo per introdurre cambiamenti nelle politiche antincendio o per l’adozione di nuove misure è stato fino a oggi più che altro una reazione ad hoc alle situazioni catastrofiche del passato (Montiel e Herrero, 2010), piuttosto che una mitigazione pro-attiva prima che si verificasse l’emergenza (FAO, 1999). Nelle raccomandazioni del workshop Incendi boschivi nella Regione Mediterranea: Prevenzione e cooperazione regionale (CFS e FAO, 2008) viene ribadito come la prevenzione risulti di particolare importanza per Europa, Sud-Est Europa, Mediterraneo, Africa del Nord e Caucaso. Il valore che essa ha assunto in questi ultimi anni è anche testimoniato dalla concessione di contributi che le Regioni, attraverso apposite Misure previste nei Piani di Sviluppo Rurale, concedono sia a privati che a soggetti pubblici per l’esecuzione di interventi selvicolturali finalizzati alla riduzione della quantità di combusti- Figura 1b. Superfici percorse dal fuoco (ettari) Nelle Figura 1 si legge l’andamento della distribuzione del numero di incendi e delle superfici percorse dal fuoco in Calabria dal 1979 al 2012 (Fonte CFS) bile potenzialmente incendiabile e a mitigare il rischio da incendi. La grande variabilità degli incendi è dovuta alle differenze nell’intensità e frequenza degli eventi, ma anche alla diversità di composizione e struttura dei popolamenti forestali. Pertanto, l’applicazione nell’ambito della ordinaria gestione forestale di forme colturali volte ad aumentare la disomogeneità strutturale nelle fustaie e alla rinaturalizzazione delle formazioni semplificate, così come gli interventi colturali nei cedui a regime e in quelli in avviamento determinano ricadute positive sulla prevenzione degli incendi: a breve termine con l’aumento della resistenza dei popolamenti all’avanzamento del fuoco e riduzione del potenziale di innesco; a lungo termine con un aumento della resilienza. Di conseguenza tali azioni, che devono essere previste nel Piano regionale di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi, non possono che scaturire dalla pianificazione forestale a diverso livello. Spetta quindi all’integrazione tra Gennaio-Marzo 2014 7 F O R E S T A Z I O N E la pianificazione antincendi e quella forestale stabilire nelle diverse realtà le tipologie di interventi più appropriate. Linee operative di prevenzione selvicolturale Le modalità di prevenzione da mettere in atto devono tener conto delle diverse tipologie forestali che vengono interessate dagli incendi, anche al fine di pianificare gli interventi in modo mirato. Tralasciando le forme di prevenzione indiretta relative all’estinzione, sulle quali esiste un’ampia letteratura, sulla base di un sintetico quadro conoscitivo delle tipologie di boschi maggiormente interessati dagli incendi in Calabria, di seguito si farà riferimento al fuoco prescritto e a quegli interventi selvicolturali che assumono particolare importanza ai fini preventivi nella realtà forestale di questa Regione. F O R M A Z I O N I F O R E S TA L I MAGGIORMENTE INTERESSATE DAGLI INCENDI IN CALABRIA Dai dati dell’INFC (2007a), in Calabria la superficie relativa al soprassuolo forestale percorsa dal fuoco rappresenta il 25% di quella rilevata a livello nazionale1, il 7% della superficie dei boschi alti e il 40% della categoria degli arbusteti della Regione. Le formazioni maggiormente interessate dagli incendi, riferite a una superficie complessiva di poco oltre 35.000 ettari, compresa la macchia e arbusteti mediterranei che incidono per il 27%, sono i castagneti (quasi tutti cedui) con il 38%, i querceti caducifogli, prevalentemente di roverella e farnetto, anch’essi cedui, e gli altri boschi di latifoglie per il 26%. A questi si aggiungono le sugherete, le leccete e gli altri boschi di latifoglie sempreverdi, prevalentemente cedui, che nell’insieme incidono per il 26%. Le pinete e i rimboschimenti di pino laricio e di pini mediterranei interessano l’8% della superficie complessiva, egualmente ripartita tra le diverse specie. Rapportando i dati sopra indicati alle superfici occupate da ciascuna delle categorie forestali, secondo i dati dell’IFNC (2007b), risulta che, a parte la macchia e 1. Il rilevamento si riferisce alla totalità dei danni ancora osservabili sul soprassuolo al momento del rilievo. Pertanto, i dati delle superfici interessate da danni da incendio non sono confrontabili con quelli delle superfici percorse da incendio nell’anno del rilevamento. 8 gli arbusteti mediterranei che interessano il 40% della relativa superficie, le formazioni maggiormente colpite sono le sugherete e gli altri boschi di latifoglie sempreverdi, rispettivamente, con il 54 e 15% delle superfici interessate dal passaggio del fuoco. Nei castagneti, nei querceti caducifogli e negli altri boschi di latifoglie, l’incidenza è rispettivamente del 14, 10 e 6%; nei popolamenti di pini mediterranei e di pino laricio è rispettivamente dell’7 e dell’1% (Figura 2). Considerando la suddivisione in forme di governo, i dati delle statistiche degli incendi dal 2008 al 2010 (CFS, 2008, 2009, 2010) indicano che in Calabria su un totale di 16.788 ha di superfici percorse dal fuoco, il 48% (8.100 ha) sono fustaie, di cui il 19% di resinose; il 32% (5.329 ha) altre categorie boscate, compresa la macchia mediterranea, il 20% sono cedui. In media nel periodo 2000-2010 a livello nazionale circa il 34% della superficie boscata percorsa dal fuoco era costituita da cedui (CFS, 2010). TIPOLOGIE DI INTERVENTI Il quadro prima delineato evidenzia come in Calabria, ma anche in altre regioni del Sud Italia, in tema di prevenzione degli incendi sia necessario porre specifica attenzione, oltre alla macchia e agli arbusteti mediterranei, ai boschi cedui sia di latifoglie decidue che sempreverdi e ai popolamenti monospecifici di pini (mediterranei e pino laricio). Formazioni particolarmente vulnerabili agli incendi, perché spesso si caratterizzano per la presenza di grandi quantitativi di biomassa facilmente infiammabile. Il contenimento di tale biomassa può avvenire preventivamente con la tecnica del fuoco prescritto e con specifici interventi selvicolturali che rientrano nell’ordinaria gestione del bosco. Per i cedui sono gli sfollamenti e i diradamenti, per i popolamenti di pini i diradamenti; interventi che provocano una riduzione di densità con una serie di ricadute a breve e a lungo termine. Con tali interventi, oltre all’allontanamento di biomassa potenzialmente incendiabile, si ottiene una maggiore percorribilità del bosco, una più facile estinzione, minori danni e una più pronta ricostituzione del bosco (Bovio e Camia, 2004). Il fuoco prescritto Il fuoco prescritto è definito come la tecnica di applicazione esperta, consapevole e autorizzata del fuoco su superfici pianificate, adottando precise prescrizioni e procedure operative, per conseguire specifici obiettivi integrati nella pianificazione territoriale. Il termine fuoco prescritto esprime quindi la qualità del fuoco che lo distingue da altri possibili significati (es. fuoco controllato, debbio, abbruciamento) (Ascoli et al., 2012). In Italia sono stati soprattutto ostacoli di carattere amministrativo, giuridico e psicologico (Calabri, 1988) a opporsi alla diffusione del fuoco prescritto. Più di recente, invece, si è osservato un rinnovato interesse, visto che alcune Regioni hanno aggiornato la normativa prevedendo la possibilità di autorizzare sperimentazioni o applicazioni di tale tecnica di prevenzione. A ciò si aggiunge il contributo che il mondo scientifico, in collaborazione con quello operativo, sta fornendo in merito alla caratterizzazione delle variabili: stagione e frequenza dell’intervento, condizioni ambientali in cui operare (velocità del vento, temperatura e umidità relativa dell’aria, numero di giorni dall’ultima pioggia, umidità dei combustibili fini). Inoltre, le tecniche di accensione da adottare per condurre un fronte di fiamma con un comportamento previsto (es. lunghezza fiamma) e ottenere specifici effetti, in particolare sulla vegetazione (es. riduzione della copertura). Esperienze a carattere scientifico e operativo sono state realizzate in diverse aree geografiche dell’Italia, con tipi di vegetazione e habitat di interesse comunitario e prioritari rappresentativi del territorio peninsulare e insulare, e hanno riguardato molteplici obiettivi gestionali. La Calabria è una delle Regioni italiane che nelle Prescrizioni di Massima e di Polizia Forestale prevede l’applicazione del fuoco prescritto e ne regolamenta l’esecuzione (commi 3, 4, 5 dell’art. 16 del DGR n. 450 del 27 giugno 2008, modifiche introdotte DGR n. 43 del 3 febbraio 2012). Ciò consente di poter intervenire per ridurre preventivamente l’accumulo di combustibili sottili che, se incendiati in modo incontrollato, possono determinare il passaggio del fuoco in chioma con aumento dell’intensità e rendere più difficili le operazioni di spegnimento. Inoltre, la tecnica del fuoco Incidenza Superficie percorsa dal fuoco / Superficie totale percorsa dal fuoco Superficie percorsa dal fuoco / Superficie categoria forestale 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% Querceti a rovere, roverella e farnia Cerrete Castagneti Altri boschi Pinete Altri boschi e boschi di latifoglie di pino nero, di conifere di farnetto laricio puri o misti e loricato Leccete Sugherete Altri boschi Pinete Macchia di latifoglie di pini e arbusti sempreverdi mediterranei mediterranei Figura 2. Superfici delle diverse categorie forestali percorse dal fuoco prescritto può essere una soluzione gestionale efficace ed economica per: a. contrastare l’uso irrazionale del fuoco dato dai pastori, che spesso determina l’innesco di incendi frequenti ed estesi; b. la gestione di viali tagliafuoco in popolamenti coetanei di conifere, praterie e macchie in aree a elevato rischio incendi; c. la creazione di fasce di protezione in zone di interfaccia urbano-foresta; d. la gestione della macchia mediterranea, la cui vegetazione spesso è rappresentata da un mosaico di arbusteti di ricolonizzazione a dominanza di Spartium junceum; e. la conservazione di habitat in cui il fuoco periodico è un importante fattore ecologico; f. la formazione AIB, poiché rappresenta un’opportunità di esercitazione per il personale. La stessa tecnica può esser applicata in modo integrato con quegli interventi selvicolturali volti alla riduzione di densità (es. diradamenti in popolamenti di pini, sfollamenti in boschi cedui) per ridurre il carico e la continuità dei combustibili di lettiera, senza danneggiare il popolamento arboreo. Sperimentalmente tale approccio è stato messo in atto in rimboschimenti di pino d’Aleppo di proprietà del Comune di Tortora, in provincia di Cosenza, nell’ambito del Progetto di interesse nazionale Inflaming2. Le Unità di Ricerca delle Università della CalaGennaio-Marzo 2014 9 F O R E S T A Z I O N E bria, di Torino e di Firenze, in collaborazione con il Dipartimento Agricoltura Foreste e Forestazione della Regione Calabria, con lo stesso Comune di Tortora e il Consorzio di Bonifica Integrale dei bacini tirrenici settentrionali, con l’impiego della manodopera idraulico-forestale, gestita dallo stesso Consorzio, hanno eseguito prove di fuoco prescritto per ridurre il combustibile di lettiera e quello arbustivo, combinato con interventi di diradamento (Foto 1). I risultati scaturiti da questa sperimentazione si stanno dimostrando particolarmente significativi e forniscono elementi utili ai fini della programmazione degli interventi di prevenzione selvicolturale. Interventi colturali nei boschi cedui I dati precedentemente esposti indicano come i cedui quercini, e ancor più quelli di castagno, che caratterizzano da nord a sud ampi territori della Calabria, siano i più colpiti dagli incendi, che indubbiamente rappresentano uno dei fattori che maggiormente hanno contribuito e contribuiscono alla loro degradazione. La particolare vulnerabilità al fuoco di questi sistemi forestali è attribuibile sia all’ambiente climatico, tipicamente mediterraneo, entro cui i cedui vegetano, ma anche alle condizioni strutturali in cui si trovano. Spesso i soprassuoli si presentano come un intricato insieme di fusti e rami, senza interruzione verticale e orizzontale della copertura. Ciò perché raramente vengono effettuati interventi colturali – sfolli e diradamenti sulla ceppaia – per cui sono caratterizzati da un accumulo non indifferente di biomassa morta che può rappresentare un problema per l’insorgere e il diffondersi degli incendi. L’abbandono della coltivazione nei cedui in avviamento e delle cure colturali in quelli a regime hanno accentuato queste situazioni, determinando una ulteriore espansione del carico di combustibile che rende tali formazioni ancora più sensibili al rischio di incendio. Nei cedui a regime l’applicazione di algoritmi colturali, adeguati ai turni consuetudinari, che preveda l’esecuzione di uno sfollamento a pochi anni dalla ceduazione e un successivo diradamento a circa metà del turno, determina una riduzione della Foto 1. Prove sperimentali di fuoco prescritto per ridurre il combustibile di lettiera in rimboschimenti di pino d’Aleppo dell’Alto Tirreno cosentino. Il fuoco, praticato da manodopera idraulico-forestale della Regione Calabria, ha preceduto gli interventi di diradamento eseguiti con finalità di prevenzione selvicolturale (foto Iovino) 2. Progetto PRIN 2009 “Inflaming: sperimentazione di modelli e tecniche innovative per la gestione integrata dei combustibili nella prevenzione degli incendi boschivi in foreste mediterranee e temperate” (coordinatore nazionale: P. Corona) finanziato dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca. 10 biomassa secca o potenzialmente destinata a seccare, e quindi molto infiammabile. Inoltre, favorisce un miglioramento qualitativo della produzione, poiché tali interventi consentono di concentrare nei polloni migliori e più vigorosi la potenzialità produttiva della ceppaia, di eliminare i soggetti deperienti o in cattive condizioni fitosanitarie (Ciancio e Nocentini, 2004). Nei cedui in conversione i polloni eliminati con i tagli di avviamento sono in parte già secchi o destinati, per eccessiva densità, a morire o comunque ad avere accrescimenti ridotti. La loro utilizzazione determina un miglioramento complessivo del bosco, con conseguenti effetti positivi sul futuro processo di conversione. Nel contempo salvaguardano il bosco dagli incendi in quanto si riduce la quantità di biomassa combustibile. Altra ricaduta da non sottovalutare, analogamente a quanto avviene nelle giovani fustaie, riguarda l’incremento dell’umidità del suolo che viene determinata dalla riduzione di densità (Moscato, 1997-98; Di Matteo et al., 2009). Tale aumento favorisce migliori condizioni di idratazione dei polloni e una conseguente diminuzione del potere calorifico del combustibile che influenza direttamente l’intensità del fronte dell’incendio. Interventi di diradamento nei popolamenti di pini I diradamenti sono parte integrante del trattamento selvicolturale e costituiscono pratiche colturali insostituibili nella gestione dei popolamenti. Sono interventi necessari nei popolamenti particolarmente vulnerabili quali sono i rimboschimenti di pini, spesso in condizioni di elevata densità. I presupposti dei diradamenti, ricondotti da Ciancio (1986) agli aspetti di ordine biologico, ecologico, colturale ed economico, spiegano molto bene gli effetti che essi determinano anche sulla prevenzione agli incendi e indicano le ricadute positive a breve e a lungo termine che tali interventi determinano sulla prevenzione degli incendi. A breve termine un primo effetto riguarda l’eliminazione delle piante morte e di quelle destinate a seccare per eccessiva densità con una conseguente riduzione del combustibile potenziale e della quantità di energia che può sprigionare. L’eliminazione preventiva di tale materiale determina una mag- giore resistenza all’infiammabilità dei popolamenti e una minore facilità di propagazione del fuoco. Infatti, si ha l’isolamento delle masse di combustibile, sia in senso verticale, riducendo il pericolo che il fuoco radente passi alle chiome, sia in senso orizzontale evitando che il fuoco si propaghi su vaste estensioni. La diminuzione di densità provoca un maggiore accrescimento diametrale delle piante con conseguente riduzione del rapporto di snellezza e aumento della resistenza delle piante alle avversità meteorologiche (neve e vento) (Foto 2). La maggiore resistenza all’infiammabilità dei popolamenti è favorita anche dall’aumento del contenuto di umidità nei suoli che, specie in ambiente mediterraneo, assume una particolare valenza per quanto attiene il rischio incendi. Con riferimento ad alcune delle specie maggiormente colpite dal fuoco, esperienze condotte in Calabria in popolamenti di pino laricio (Compostella e Iovino, 1999) e di pino d’Aleppo (Garfì et al., 2009), hanno confermato come l’umidità nel suolo aumenti con l’intensità del diradamento e l’incremento è maggiore nei periodi estivi anziché in quelli autunno-invernali. L’aumento di umidità nel suolo provoca effetti significativi in quanto si hanno: • migliori condizioni di idratazione delle piante (diminuzione del potere calorifico del combustibile che influenza direttamente l’intensità del fronte dell’incendio); • incrementi dimensionali delle piante e aumento della stabilità dei popolamenti contro le avversità abiotiche (modificazioni del carico di combustibile e della disposizione spaziale sia del materiale vivo sia di quello morto); • condizioni microclimatiche che favoriscono i processi di rinaturalizzazione, con l’insediamento prima e l’affermazione dopo, di latifoglie autoctone che, rispetto ai pini, presentano una bassa infiammabilità (Iovino et al., 2005). Considerazioni conclusive Il problema degli incendi ha raggiunto una tale gravità da assumere proporzioni patologiche nonostante l’aumento degli investimenti volti a combattere il fenomeno e una maggiore tutela dei boschi sia sul piano tecnico che su quello giuridico. La Calabria è una delle regioni forestalmente più importanti d’Italia, ma anche la regione tra le più interessate dagli incendi, che annualmente colpiscono una superficie considerevole di boschi, diversi per composizione e struttura, e di macchia e arbusteti mediterranei. I dati prima riportati e le considerazioni sulle forme di prevenzione che possono esser messe in atto inducono a suggerire un cambiamento nei criteri pianificatori che, oltre a esser basati principalmente sulla predisposizione di misure per contrastare le fasi emergenziali, legate allo spegnimento, promuovano i collegamenti concreti con la previsione e con la prevenzione, dando particolare enfasi anche alla prevenzione selvicolturale, che rappresenta la strada da percorrere per favorire una maggiore efficienza complessiva dei boschi e, di conseguenza, una migliore resilienza anche nei confronti del fuoco. Ciò dovrebbe tradursi in una pianificazione antincendio integrata alla pianificazione forestale a diverso livello (regionale, comprensoriale, aziendale) che preveda le attività di prevenzione, di previsione, e spegnimento, sviluppate in momenti temporalmente diversi ma tra loro connesse. Le attività di prevenzione indiretta, sia quelle volte a facilitare l’estinzione (viali tagliafuoco, punti di approvvigionamento idrico e viabilità operativa), che quelle volte a rendere i popolamenti forestali meno bruciabili e meno vulnerabili al fuoco (interventi selvicolturali e il fuoco prescritto), dovrebbero trovare logica applicazione nei periodi di bassa pericolosità, che nei nostri ambienti vanno generalmente da ottobre a maggio; le attività di previsione durante i periodi di maggiore pericolosità (da maggio a ottobre). Entrambe dovrebbero rendere più efficaci le attività di spegnimento, con ricadute positive sul piano economico e su quello finanziario. Negli ultimi decenni la ricerca ha dato un notevole contributo di conoscenze sul fenomeno degli incendi boschivi: le variabili connesse al rischio, le linee operative per la prevenzione e l’estinzione, gli effetti del fuoco sulla composizione e la struttura degli ecosistemi, i criteri di pianificazione antincendi. L’auspicio è che i risultati acquisiti siano utilizzati dal mondo operativo. Gennaio-Marzo 2014 Foto 2. Bacino del Mucone (Cosenza). Schianti da neve in rimboschimenti di pino laricio e conseguente accumulo di materiale secco facilmente incendiabile per la non esecuzione di diradamenti (foto Iovino) La documentazione bibliografica di questo studio può essere richiesta al Prof. Francesco Iovino scrivendo a [email protected] 11 F O R E S T A Z I O N E Produzione, varietà, tecnologia, competenza: il legno si sviluppa così Riorganizzare il settore per sviluppare l’intera filiera foresta-legno e liberarne così l’enorme potenzialità con ricadute a livello economico, occupazionale e ambientale ANDREA ROSARIO PROTO Dipartimento di Agraria Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria Negli ultimi decenni, i risultati di numerose indagini hanno confermato la perdita di competitività delle produzioni legnose in Italia. I motivi di tale evoluzione negativa sono certamente complessi e vanno ricercati in tutti i segmenti della filiera foresta-legno. In Calabria, in particolare, sono numerosi fattori che limitano l’enorme potenzialità della filiera forestalegno. Essa è particolarmente radicata e articolata nel territorio anche per ragioni legate storicamente alla catena della coltura, della trasformazione e finitura del legno. Il settore più di altri soffre difficoltà contingenti e strutturali nella competizione sul mercato. Nonostante una buona disponibilità al prelievo legnoso, in regione La produzione può migliorare anche attraverso una maggiore conoscenza della materia prima 12 non si registra un adeguato livello di gestione attraverso interventi selvicolturali finalizzati sia alla coltura e raccolta dei prodotti legnosi, sia alla tutela dell’assetto idrogeologico e salvaguardia del territorio. Così come evidenziato dall’ultimo Inventario Forestale, la quantità di prelievo delle foreste risulta notevolmente inferiore rispetto al tasso di produttività espresso dai boschi calabresi. L’approvvigionamento della materia prima è strettamente legato alla gestione forestale, alla massa cormometrica annualmente utilizzabile, alle specie legnose prodotte e ai prezzi di mercato. La concomitanza della sfavorevole struttura orografica del territorio, della parcellizzazione topografica e delle limitate dimensioni medie dell’azienda forestale contribuiscono ancor oggi a diversificare le strutture organizzative aziendali. Queste difficoltà hanno provocato la progressiva riduzione delle utilizzazioni forestali dei boschi, pur in presenza di un incremento della potenzialità produttiva, e le crescenti difficoltà per le imprese locali di prima trasformazione del legno a poter lavorare assortimenti legnosi non sempre commercialmente idonei. Ad aggravare la situazione, si aggiunge il crescente interesse degli ultimi anni, sia politico che imprenditoriale, per l’utilizzo delle biomasse legnose che ha generato nella nostra regione una modifica del mercato e una crescente competizione nell’uso della materia prima, con forti ripercussioni per l’industria del legno. Non a caso, su tutti i livelli della filiera del legno, è possibile riscontrare tra gli operatori una situazione d’insoddisfazione per l’attuale organizzazione del settore. In Calabria il ciclo produttivo della filiera foresta-legno non sempre si conclude e buona parte dei semilavorati raggiunge centri di lavorazione specializzati siti fuori regione e così facendo buona parte del valore economico del prodotto si disperde fuori dall’area di produzione. Pertanto, considerato che la filiera forestalegno si ferma prevalentemente alla prima trasformazione e le disponibilità di materiale legnoso in bosco sono superiori a quelle realmente prelevate, si evince come le potenzialità per aumentare l’occupazione con questa filiera sono ampie. Per poter meglio definire gli interventi da attuare per qualificare la filiera del legno in Calabria è necessario analizzare in dettaglio due elementi chiave: le fonti di approvvigionamento e il mercato dei prodotti. Entrambe queste componenti sono caratterizzate da una forte variabilità dovuta ai costi di produzione e alla instabilità del mercato del legno. All’interno delle aziende, queste due variabili condizionano il processo produttivo e le strutture organizzative. Le imprese che costituiscono la filiera foresta-legno sono numerose e molto differenziate, sia per tecniche utilizzate che per mercati di sbocco e la filiera, così, manifesta un certo distacco fra il reperimento della risorsa e la sua trasformazione. I settori dediti alla raccolta e trasformazione del legname sono principalmente costituiti da piccole e medie imprese in prevalenza poco evolute e con bassi investimenti in ricerca e sviluppo. Le imprese, inoltre, mostrano difficoltà nel reperimento della forza lavoro, con particolare riguardo per i profili professionali più qualificati. Nel settore delle utilizzazioni forestali emergono molto spesso problematiche inerenti all’organizzazione produttiva dei cantieri di utilizzazione che limitano così un approvvigionamento costante e di qualità del materiale legnoso. Infatti, l’offerta di legname non sempre omogenea spinge le imprese di trasformazione talvolta ad acquistare dall’estero la materia prima a basso costo non valorizzando così le produzioni locali. Occorre pertanto auspicare una serie d’interventi affinché l’intero ciclo di produzione si possa Le aziende calabresi hanno strutture e know how per poter concludere l’intero ciclo di lavorazione completare in Calabria e che sia riconosciuta la qualità del prodotto legno in modo che tutti i segmenti della filiera possano trarne beneficio. Da diversi anni il Dipartimento di Agraria conduce indagini in merito allo sviluppo della filiera foresta-legno e molto spesso le problematiche riscontrate all’interno delle aziende evidenziano forti criticità dovute a una mancata valorizzazione e molto spesso poca conoscenza della materia prima lavorata. Per le aziende boschive e di trasformazione è auspicabile migliorare le proprie produzioni, aumentandone il valore commerciale e favorendo così una maggiore produzione a favore di tutta la filiera foresta-legno. Un esempio positivo che in questi ultimi anni ha avuto finalmente avvio, a dimostrazione dell’enorme potenzialità dei boschi calabresi, è stata la valorizzazione del legno di castagno attraverso un suo impiego per usi strutturali. In particolare, grazie all’interessamento del Dipartimento Agricoltura Foreste e Forestazione e di Assolegno, alcune aziende calabresi hanno investito parte delle proprie produzioni nella marcatura CE delle travi di castagno a Uso Fiume. Questa marcatura CE consentirà a valorizzare al meglio gli assortimenti legnosi provenienti dai boschi di castagno, che attualmente invece è relegato a un ruolo di second’ordine rispetto a elementi maggiormente strutturati da un punto di vista normativo. Gennaio-Marzo 2014 13 F O R E S T A Z I O N E In riferimento alle problematiche fin qui emerse, è necessario innovare tutti i livelli della filiera al fine di qualificare e sviluppare la risorsa locale costituita dal legno. Le aree d’intervento devono partire dalle utilizzazioni forestali e dalle ditte di prima lavorazione del legno che rappresentano oggi i comparti più deboli dell’intera filiera a causa di un mancato ammodernamento delle proprie dotazioni strutturali. Per agevolare tale evoluzione del settore occorrono nuovi schemi di sviluppo che dovranno essere necessariamente più molteplici di quelli adottati fino a oggi e dovranno essere più flessibili e differenziati in base alle esigenze del territorio. Occorre garantire una continuità duratura nel tempo degli interventi selvicolturali per spingere gli imprenditori a investimenti economici che abbiano un ritorno ammortizzato nel medio-lungo periodo, senza il rischio di pagare scelte sbagliate. Per qualificare al meglio le produzioni legnose autoctone è necessario avviare filiere corte, ovvero costituire un nuovo La filiera corta – imprese boschive, segherie, falegnamerie e mobilifici artigianali – è la condizione migliore per favorire la qualificazione delle produzioni legnose autoctone 14 flusso produttivo che coinvolga le imprese boschive, le segherie che possono impiegarlo direttamente in seconde lavorazioni e così commercializzarlo o altrimenti rivenderlo alle falegnamerie e piccoli mobilifici artigianali presenti sul territorio. Un esempio di filiera corta che da oltre un secolo è attiva in Calabria e le cui produzioni sono rinomate in tutta Italia e anche all’estero è rappresentata da diverse cooperative operanti nel Comune di Serrastretta che riescono a esaltare le qualità tecnologiche del legno di faggio e di castagno, proveniente dai boschi della Sila, attraverso la produzione di sedie, sgabelli e tanti altri prodotti di arredamento. Questa organizzazione, così formata, permette di coinvolgere più aziende dello stesso settore che più facilmente riesce ad acquistare assortimenti legnosi locali di qualità e a prezzi competitivi rispetto a una piccola azienda di lavorazione che non potrebbe concludere pienamente l’intero ciclo della filiera a causa delle modeste dimensioni aziendali e di investimenti finanziari. E’ evidente, pertanto, che nella nostra regione la valorizzazione della risorsa legno non può passare attraverso un generico aumento dell’offerta, ma deve basarsi sulla riorganizzazione del sistema di gestione delle superfici forestali stesse che consenta di arrivare a un’offerta produttiva costante, così da rispondere alle esigenze delle industrie di trasformazione e del mercato del legno. La ricaduta economica del patrimonio boschivo esige quindi una razionale utilizzazione forestale basata sulla pianificazione, sulla specializzazione e su una corretta meccanizzazione all’interno di tutti i segmenti della filiera. I L ƒ F O C U S Tutto sull’olio d’oliva, il vero oro della Calabria Aspettando le fiere OLIO CAPITALE 7-10 marzo 2014 SOL&AGRIFOOD 6-9 aprile 2014 L’olio, un ruolo strategico per l’agricoltura calabrese La produzione olivicola può far crescere l’agricoltura calabrese in vista di un salto di qualità in termini di sviluppo e competitività. Lo confermano i dati: quasi il 28% della produzione nazionale di olio è calabrese e incide con la stessa percentuale sul complesso della produzione agricola regionale. «Certamente. Essendo la Calabria una regione a forte vocazione olivicola, tra le maggiori produttrici di olio di oliva in Italia e che nelle ultime annate contende il primato nazionale ad altre regioni italiane, l’agricoltura deve assolutamente puntare su questo comparto per un salto di qualità a livello di sviluppo e competitività. L’agricoltura rappresenta la Calabria dinamica, produttiva, affabile e conviviale, quella dalle tinte verdi e dai profumi intensi che oggi, e in modo naturale, intendiamo proporre ai consumatori con i frutti della terra fatti di sapori particolari, che attestano l’integrazione fra la natura, le attività agricole e le testimonianze della civiltà del passato. Prodotti agro-alimentari di alta qualità che ci rendono consapevoli della forza della nostra regione e allo stesso tempo orgogliosi di proporre ai consumatori prodotti unici, altamente competitivi, visceralmente legati alla nostra storia e alla tradizione dei nostri territori. L’olivicoltura della nostra regione ha radici storiche antichissime che si spingono fin nel periodo della Magna Grecia, e oltre a essere tra le attività agricole più interessanti, rappresenta per tutti i calabresi un grande patrimonio naturalistico-ambientale, che per il futuro va gestito e salvaguardato adeguatamente. Le particolari caratteristiche organolettiche dei migliori oli calabresi li pongono al livello dei più conosciuti e pregiati oli nazionali. Il patrimonio olivicolo autoctono è infatti tra i più interessanti d’Italia: con le varietà 16 “Siamo orgogliosi – dice l’assessore all’Agricoltura Michele Trematerra – di poter proporre ai consumatori prodotti unici, altamente competitivi, visceralmente legati alla nostra storia e alla tradizione dei nostri territori” Carolea, Cassanese, Ciciarello, Dolce di Rossano, Grossa di Gerace, Ottobratica, Roggianella, Sinopolese, Tombarello, Tonda di Strongoli, si ottengono dei pregiatissimi oli che esaltano la territorialità dei luoghi nei quali vengono prodotti». Assessore Trematerra, come può la Regione accompagnare questo trend? «Ribadisco che il comparto olivicolo è diventato strategico nell’ottica dello sviluppo dell’intera agricoltura regionale. Lo dimostra infatti la particolare attenzione riservata a questo settore dall’amministrazione regionale, che da qualche anno a questa parte sostiene fortemente lo sviluppo del settore “qualità” dell’olio extra vergine di oliva. Il Dipartimento Agricoltura, infatti, si sta impegnando a perseguire questo obiettivo con una serie di strategie, che mirano al massimo sviluppo del comparto, e sta già lavorando da tempo affinché la nuova programmazione del PSR tenga conto particolarmente delle grandi potenzialità del settore olivicolo–elaiotecnico. Non solo. Per quanto riguarda il primo pilastro della PAC, data la difficile congiuntura economica e i tagli ai finanziamenti che di conseguenza si prospettano, il Dipartimento si sta battendo, nei tavoli romani, per salvaguardare il budget di aiuti diretti destinati al comparto olivicolo calabrese. Tornando alle strategie da mettere in atto per migliorare e rendere più moderno ed efficiente il comparto, si potrebbe partire dall’introduzione di nuove varietà e di nuovi sistemi di coltivazione, alcuni dei quali, ad esempio, trovano buona applicazione sia in Spagna che in altri paesi del Bacino del Mediterraneo. Fondamentale è anche l’acquisto di nuove macchine e attrezzature agricole. Dovranno essere privilegiati gli investimenti che comportino una sostanziale riduzione dei costi di produzione e quelli che consentano di conservare e stoccare grandi quantitativi di prodotto, senza alterare le caratteristiche qualitative dei frutti, consentendo di dilazionare nel tempo l’offerta. Saranno favoriti, inoltre, gli investimenti per l’industria di trasformazione, finalizzati alla produzione di oli di alta qualità e di olive da mensa. Gli interventi saranno realizzati prioritariamente nelle zone vocate e destinate all’olivicoltura. Bisognerà concentrarsi maggiormente sulla territorializzazione degli interventi. La vocazionalità ambientale, prerogativa necessaria per il successo di un oliveto e della sua redditività, deve essere adeguatamente valutata sotto l’aspetto climatico, pedologico e infrastrutturale. Sappiamo bene che la piena conoscenza delle caratteristiche fisico-chimiche dei terreni è prerogativa indispensabile per l’agricoltore che deve operare una serie di scelte primarie per il corretto svolgimento dell’attività olivicola. In sostanza pianificare l’attività agricola in relazione alle caratteristiche del territorio significa migliorare notevolmente le produzioni. Non per ultimo, particolare attenzione dovrà essere riservata alla promozione dei marchi di qualità, oltre i confini regionali e nazionali, attività che stiamo portando avanti già da diverso tempo con iniziative seminariali e informative, che mirano a far co- I L noscere sempre di più e su territori sempre più vasti e lontani, i nostri prodotti di qualità». Cosa c’è da migliorare e cosa da cambiare nella struttura produttiva, che in prevalenza appare ancora di tipo tradizionale, per incidere in termini di offerta sul mercato nazionale e internazionale? «E’ cosa nota, ormai, che il comparto olivicolo, in tutte le regioni meridionali, necessita di una sorta di “ammodernamento culturale”. La Calabria paga forse più degli altri a causa dell’elevata frammentazione aziendale, che in molti casi rende difficile la riduzione dei costi di produzione e l’innalzamento del già buono livello qualitativo. Cooperazione, associazioni di scopo, partenariati, organizzazioni agricole: riteniamo siano queste le armi necessarie per il superamento dell’impianto “tradizionale” della nostra olivicoltura. Detto ciò, per far crescere la struttura produttiva e incidere quindi maggiormente in termini di offerta sui mercati nazionali e internazionali, bisognerà prestare maggiore attenzione all’introduzione di varietà autoctone, in modo tale da consentire di allargare il calendario di raccolta e ottenere produzioni qualitativamente e quantitativamente elevate. Indispensabile l’acquisto di macchine e attrezzature che consentano una riduzione dei costi di produzione e una migliore gestione della fase di post-raccolta. E ancora, incrementare le superfici destinate alla produzione con il metodo biologico, già uno dei fiori all’occhiello della nostra regione. Maggiore attenzione dovrà essere prestata alla difesa fitosanitaria, pratica colturale ritenuta di fondamentale importanza sia per gli aspetti economici che essa deter- mina, quali quelli dell’incremento qualiquantitativo di produzione e di riduzione dei costi, che per quelli relativi alla sostenibilità ambientale. Fondamentale sarà riuscire a ridurre i costi di produzione, che risultano essere ancora elevati per effetto del largo impiego di manodopera, per il costo e la scarsa reperibilità della stessa, per i costi di trasformazione del prodotto e per la insufficiente organizzazione del sistema commerciale. Di conseguenza si auspica una maggiore meccanizzazione delle operazioni colturali e delle forme di allevamento più idonee alla diffusione della meccanizzazione. Andando avanti, bisogna diffondere modelli strutturali produttivi innovativi come l’intensivo e il superintensivo, definire la vocazionalità ambientale, e non soffermarsi più su una generica definizione di qualità di un olio solo in funzione dei parametri commerciali finora esclusivamente considerati. Per essere sempre più competitivi sui mercati bisogna puntare ad esempio all’ottenimento di un prodotto di “alta qualità” in funzione delle peculiarità importanti per la salute umana. Infine bisogna puntare a migliorare ulteriormente la qualità del prodotto, obiettivo strategico nell’olivicoltura calabrese». Ritiene corretto seguire due strategie di marketing diverse, una per l’olio industriale e una per quello artigianale? «Ritengo che la divisione tra “olio industriale” e “olio artigianale” possa solo confondere le idee al consumatore e, a volte, anche agli esperti del settore. E’ chiaro che c’è bisogno di una nuova categoria merceologica o, in alternativa, di una protezione a livello regionale, proprio come sta facendo il MIPAF con la prossima emanazione del SNQ (Sistema Nazionale della Qualità) nel settore olio d’oliva. Saranno privilegiati, comunque, investimenti finalizzati alla promozione attraverso campagne pubblicitarie e di informazione sulle caratteristiche nutrizionali e salutistiche dei nostri prodotti, legate anche alle produzioni a marchio di qualità (DOP e IGP Olio di Calabria in corso di definizione)». Quali azioni dovrebbero essere intraprese per posizionare l’olio extravergine sui mercati? F O C U S «Innanzitutto servirebbe una corretta informazione/formazione. Occorrono delle adeguate campagne promozionali sul nostro olio. Questo compito potrà essere svolto anche dal nuovo ente di cui l’Amministrazione Regionale ha fortemente voluto dotarsi e che finalmente è diventato operativo, l’Elaioteca regionale. Lo spirito per cui è nata l’Elaioteca, fa si infatti che questa debba necessariamente interagire con tutte le iniziative nazionali e internazionali che si occupano del settore olio d’oliva. Partiamo dal presupposto che la cultura dell’olio di qualità va avviata prioritariamente nelle istituzioni scolastiche. A breve partirà una stretta collaborazione con le scuole regionali al fine di trasmettere le corrette informazioni sulle qualità dell’olio e sulla struttura della filiera olivicolo/olearia calabrese. Per favorire la promozione, inoltre, prossimamente sarà presentato il “Carrello degli Oli Regionali”. Il carrello, rigorosamente in legno di castagno e interamente prodotto in Calabria, sarà distribuito a circa 100 ristoranti e punti vendita di eccellenza che svolgono la loro attività sia in ambito regionale che extra-regionale. Bisogna inoltre rendere semplici i messaggi rivolti al consumatore, insistere sugli aspetti nutrizionali e salutistici dell’olio d’oliva e coinvolgere il più vasto pubblico possibile di consumatori a giornate divulgative sulle qualità dell’olio d’oliva, che spieghino i suoi effetti e i benefici per la nostra salute». Quando potremmo arrivare al riconoscimento europeo di un marchio dell’olio calabrese? Siamo fortemente impegnati da tempo su questo difficile ma prestigioso fronte. Oltre a promuovere e incentivare le DOP esistenti a Lamezia, nell’Alto Crotonese e nel Bruzio, e a sollecitare l’istituzione di nuove, il mio assessorato è fortemente impegnato nel conseguimento di un marchio europeo per tutto l’olio calabrese. L’IGP Olio di Calabria, fortemente voluto anche dalla parte produttiva, sicuramente permetterà di dare una identità certa ai nostri prodotti, favorendo anche la sua affrancazione sui mercati nazionali e internazionali. L’iter istruttorio è stato già avviato da tempo e si attendono a breve i relativi riscontri». Gennaio-Marzo 2014 17 ƒ Competitività del sistema olivo in Calabria NINO IANNOTTA Tipicizzazione, certezza della provenienza geografica, packaging accurato e perfino caratteristiche organolettiche abbinate ai piatti: così l’olio si vende in Italia Il perseguimento di una maggiore competitività dell’olivicoltura italiana, e calabrese, si rende urgentemente necessario alla luce del contesto produttivo internazionale che vede alcuni Paesi incrementare le proprie produzioni, anche al di fuori del bacino del Mediterraneo e in altri continenti, e attuare aggressive politiche di mercato. Negli ultimi anni la Spagna produce quasi il doppio della produzione italiana, ormai avvicinata anche dalla Grecia e minacciata da altri Paesi mediterranei (Siria, Tunisia e Turchia), facendo perdere all’Italia non solo la preminenza produttiva ma anche il ruolo di indirizzo che esercitava e quindi la capacità di condizionare il mercato. All’incremento delle produzioni corrispondono altrettanti incrementi dei consumi in quasi tutti i Paesi evoluti, riconoscendo all’olio il ruolo di grasso alimentare di magDistribuzione della produzione nazionale Produzione % su totale di olio produzione milioni di euro agricola regionale Calabria Puglia Sicilia Campania Abruzzo Toscana 526 482 192 164 127 115 27,6 13,9 5,7 5,0 10,4 5,7 Centro-Nord Mezzogiorno 341 1.547 1,2 9,8 Italia 1.888 4,3 Fonte INEA 18 gior pregio per le sue qualità nutrizionali, salutistiche e sensoriali. Il mercato italiano, che per questo prodotto resta il più evoluto al mondo, si indirizza sempre più verso una domanda che va al di là della semplice qualità mercantile, richiedendo tipicizzazione dell’olio, certezza di provenienza geografica, accurata vestizione del prodotto e perfino caratteristiche organolettiche mirate a ciascun specifico abbinamento culinario. Sui mercati internazionali, anche per mancanza di tradizione specifica, la domanda di massa si indirizza verso produzioni più generiche e si prevede che tale connotato venga mantenuto nel medio-lungo periodo, trattandosi di costumi alimentari a lenta evoluzione. Quindi, seppur la principale sfida per i produttori italiani resta l’innalzamento della qualità, con significativo ampliamento dell’offerta nel segmento dei prodotti di alto profilo (indirizzato al % su produzione mercato interno, nazionale di olio comunitario e in27,9 ternazionale ad alto 25,5 reddito), anche un 10,2 prodotto meno ca8,7 ratterizzato ma ben 6,7 commercializzato a 6,1 costi competitivi 18,1 può conquistare e 81,9 mantenere salde quote sui mercati 100,0 interni e interna- CRA - Centro di Ricerca per l’Olivicoltura e l’Industria Olearia, Rende (CS) ROSARIO FRANCO Funzionario ARSAC c/o Dipartimento Agricoltura, Foreste e Forestazione zionali, attuali e di previsto sviluppo. Quest’ultimo indirizzo potrebbe risultare particolarmente efficace in Calabria ove esistono ampi margini di miglioramento in relazione a una ancora alta percentuale di olio lampante prodotto, dovuta a problemi legati alla difficoltà di razionalizzare le pratiche colturali nei vecchi oliveti. Questo quadro evidenzia che le strutture produttive dell’olivicoltura regionale, specialmente in alcune importanti aree, abbisognano di un ammodernamento a fronte di un interesse politico mai praticamente espresso dalle istituzioni. Pur nella consapevolezza dei vincoli esistenti allo sviluppo dell’olivicoltura, più volte analizzati in relazione alle avverse condizioni orografiche (pendenze) o all’estrema frammentazione fondiaria delle aziende o anche ad altri fattori economici e non, nessuno sforzo è stato compiuto in direzione di un piano di interventi in grado di programmare la ristrutturazione degli impianti, con cui favorire il cambiamento culturale degli olivicoltori da un atteggiamento assistenzialista, per lungo tempo supportato dal vecchio sistema di aiuti comunitari, a un altro più moderno di tipo imprenditoriale, intrinsecamente contenuto nel nuovo regime di sostegno. Un’opportunità (forse l’ultima) che questo rinnovamento dell’olivicoltura italiana effettivamente si realizzi, risiede nelle possi- I L bilità incluse nei Programmi di Sviluppo Rurale (PSR) che le Regioni sono chiamate ad attuare, in special modo quelle meridionali dove il comparto rappresenta una notevole importanza economica (nelle sole regioni Puglia e Calabria si consegue una produzione di olio dell’ordine di 20-40% del PIL agricolo). Analisi dei connotati salienti del comparto PUNTI DI FORZA • Vocazionalità del territorio e tradizione nella coltivazione. • Notevole massa critica di piante. • Ecosistema di grande equilibrio. • Ricchezza del germoplasma esistente. • Buona percentuale di produzione biologica. • Ambiente naturale integro e con vocazione multifunzionale. • Interessanti prospettive di mercato interno e internazionale. • Disponibilità a innovazioni tecnologiche di processi di prodotto. • Comparto industriale tecnicamente attrezzato alla trasformazione. • Possibilità di certificazione della qualità (DOP, IGP, biologico, integrato). • Possibilità di diversificare la produzione alimentare con impieghi alternativi nel settore cosmetico e farmaceutico. • Possibilità di valorizzare i sottoprodotti a fini energetici. • Possibilità di valorizzare la produzione di olio di alta e/o altissima qualità. • Valorizzazione della produzione da tavola. • Immagine del Paese quale produttore di qualità (made in Italy). • Posizione strategica per l’export (porto di Gioia Tauro). Calabria. Peso dell’olivicoltura su totale regione 80% 70% 60% 50% 70,0% 40% 30% 38,1% 29,1% 20% 10% 0% Aziende Superficie Produzione Fonte ISTAT • • • • • • • • PUNTI DI DEBOLEZZA Settore agricolo • Polverizzazione della struttura F O C U S • produttiva con dimensioni medie aziendali ridotte. Stato arretrato della coltivazione in molti areali: impianti obsoleti, scarse cure agronomiche, scarso impiego della irrigazione. Scarsa introduzione di innovazione tecnologica e insufficiente diffusione della meccanizzazione con conseguenti elevati costi di produzione. In larga misura presenza di condizioni bioambientali favorevoli allo sviluppo dei parassiti, entomologici e patologici, con strategie di difesa inadeguate. Scarsa attenzione ai problemi ambientali in generale, ma con particolare riferimento alla gestione del suolo. Irrazionalità delle pratiche colturali (concimazione e potatura) con conseguente incremento dell’alternanza di produzione. Interi areali non orientati al mercato e finora fortemente dipendenti dall’aiuto comunitario. In diverse zone preponderante produzione di scarsa qualità. Debole interesse verso il settore delle olive da tavola, malgrado le opportunità offerte dalla variabilità genetica calabrese. Limitata sostenibilità per scarso reimpiego nel suolo di risorse di filiera (Av, sanse, biomasse vegetali, compost da esse ottenuti). Trasformazione • Rilevanti problemi di adeguamento dei frantoi alle norme vigenti. • Scarsa attenzione verso il recupero dei sottoprodotti e costi di trasformazione elevati per il loro trattamento. • Basso livello di certificazione del processo. • Mancanza di certificazione di garanzia sulla capacità professionale degli operatori. • Assenza, o quasi, di impianti di trasformazione delle olive da mensa. Valorizzazione e commercializzazione • Carenza di strutture di stoccaggio, confezionamento e distribuzione del prodotto. • Insufficienza di strutture di imbottigliamento. • Scarsa integrazione di filiera. • Limitata incisività delle strutture associative nella concentrazione e valorizzazione del prodotto. • In alcune aree difficoltà nell’avviare i Consorzi di tutela delle DOP e comunque loro scarso successo. • Difficoltà per i produttori nella penetrazione nel segmento di confezionamento e nella GDO. Gennaio-Marzo 2014 19 • Insufficiente valorizzazione del prodotto biologico. • Scarso livello di certificazione della qualità. • Totale assenza di processi di tracciabilità del prodotto. • Scarsa capacità di fare sistema nell’utilizzazione integrativa alla produzione di olio e olive da mensa di ulteriori risorse (energetiche, cosmetiche, farmaceutiche, turistiche, culturali). • Carenza di strategia di marketing. • Carenza di strutture di stoccaggio, confezionamento e distribuzione del prodotto. • Scarsa integrazione di filiera. • Limitata incisività delle strutture associative nella concentrazione e valorizzazione del prodotto. • In alcune aree difficoltà nell’avviare i Consorzi di tutela delle DOP. • Difficoltà per i produttori nella penetrazione nel segmento di confezionamento e nella GDO. • Insufficiente valorizzazione del prodotto biologico. Linee d’intervento Una prospettiva di rinnovamento delle strutture produttive appare strategica nel perseguimento dell’obiettivo Competitività del sistema olivo in Calabria, non ulteriormente procrastinabile specialmente in riferimento a larghe fasce di olivicoltura vecchia e irrazionale ancora esistente. Posto l’obiettivo strategico del rinnovamento dell’olivicoltura regionale, rimane da stabilire la tattica con cui raggiungerlo, ossia con quali modelli si vorrebbe disegnare la ristrutturazione degli impianti nei vari contesti produttivi. A quest’ultimo riguardo, attualmente coesistono almeno due diverse correnti di pensiero nel mondo tecnico-scientifico italiano, entrambe riguardanti l’intensificazione della coltura, in cui si prospetta un’ipo- 20 tesi di modello produttivo, già sufficientemente noto, basato su un’olivicoltura intensiva tradizionale (300400 piante/ha) e un’altra, meno nota in tutti i suoi risvolti, di tipo superintensivo (16002000 piante/ha) nell’ottica comune di meccanizzare le operazioni colturali più importanti e onerose, in primo luogo quello della raccolta. Anche una migliore utilizzazione dell’olivicoltura esistente, se valida, si ritiene che ormai non possa più prescindere da una adeguata meccanizzazione e pertanto anch’essa bisognosa dei relativi adeguamenti. La competitività è essenzialmente basata sul rapporto costi/benefici, quindi il poter operare in campo per costruire, oltre che una congrua produttività a costi il più contenuti possibile, una complessiva qualità del prodotto è sembrato un punto fondamentale da affrontare. Una qualità che potesse poi essere certificata (integrato, biologico, DOP) e potesse, utilizzando tutte le potenzialità del germoplasma olivicolo, dare un valore all’identità dell’olio. Il ruolo multifunzionale dell’olivicoltura resta di rilevante importanza sociale (all’uopo sono previste specifiche Misure nei PSR), ma la competitività a cui occorre mirare è quella della pura economicità dell’impresa olivicola, permettendo al prodotto di reggere la concorrenza sui mercati, anche se una particolare attenzione, comunque, è stata dedicata alla possibilità di attuare le nuove coltivazioni nell’ambito di una sostanziale ecocompatibilità. Un approccio dell’attività di ricerca del CRA-OLI ha riguardato lo studio della difesa fitosanitaria, pratica colturale ritenuta di fondamentale importanza sia per gli aspetti economici che essa determina, quali quelli dell’incremento quali-quantitativo di produzione e di riduzione dei costi, che per quelli relativi alla sostenibilità ambientale, in coltura convenzionale o biologica. In questo campo molte ricerche sono state dedicate alla “mosca delle olive” (Bactrocera oleae Gmelin, 1790), notoriamente il più pericoloso e dannoso fra i parassiti dell’olivo e fitofagochiave dell’ecosistema, ma non sono stati trascurati altri parassiti entomatici e patologici in grado di influenzare la qualità e la quantità dell’olio prodotto. In un’ottica di tutela dell’ecosistema, ma anche di competitività economica, sono state sperimentate tecniche di lotta alternative all’uso delle sostanze chimiche, perciò sono state implementate prove di tipo agronomico, biologico, biotecnico e con biocidi naturali. Di supporto alla messa in atto di tali tecniche di contenimento delle avversità biotiche, è stato inoltre sperimentato anche un nuovo sistema di monitoraggio ambientale, preliminare e propedeutico agli interventi diretti di lotta, basato sulla raccolta di dati (climatici, fisiologici della pianta, etologici dei parassiti) a livello comprensoriale (SIT - Sistema Informazione Territoriale), successivamente sottoposto ad analisi informatica (GIS - Geographical Information System) allo scopo di ottimizzare la strategia di difesa fino al punto di elaborare affidabili modelli previsionali di attacchi parassitari. Da questi dati provengono anche interessanti informazioni circa gli effetti che i cambiamenti I L F O C U S NASCE L’ATLANTE DEGLI OLI EXTRAVERGINI DI CALABRIA climatici in atto eserpotatura giuncitano sulla biocegono interessanti nosi dell’oliveto, che indicazioni circa lasciano presagire la possibilità di caratteristiche chimiche e La Regione Calabria – tramite il l’implementazione di ricorrere alla sensoriali degli oli, dall’importanza Dipartimento Agricoltura, Foreste nuove strategie di meccanizzazione dell’extravergine per la salute e Forestazione nell’ambito del lotta contro il paras(con notevole indei consumatori agli aspetti PSR Calabria 2007-2013, Misura legislativi che ne regolamentano 1.1.1. Azioni nel campo della sita primario (mosca) cremento della i parametri di qualità. formazione professionale per forma ed epoca produttività del In una sezione di facile e dell’informazione – ha indetto d’intervento. lavoro con conconsultazione si troveranno una manifestazione di interesse In considerazione del seguente riduper individuare un campione di oli informazioni riguardo i parametri notevole successo zione dei costi), i chimici e organolettici che più extravergini di oliva calabresi caratterizzano i differenti oli da inserire in una nuova ottenuto presso gli turni entro cui extravergini di oliva, in modo pubblicazione specialistica, olivicoltori italiani, effettuare gli inda aumentare la consapevolezza l’Atlante degli Oli Extravergini di anche in funzione di terventi e la inCalabria, una vera e propria guida degli operatori al momento una maggiore comtensità (per una della scelta di un olio di qualità. rivolta agli operatori del settore, petitività raggiungiproduttività più L’olivicoltura in Calabria, ma anche ai semplici universalmente riconosciuta come appassionati, con tutta una serie bile per l’acquisizione costante sono una grande risorsa produttiva di conoscenze e informazioni di valore aggiunto, preferibili tagli e ambientale, in un momento legate al mondo dell’olio una grande attività di media entità di crisi profonda può anche extravergine di oliva in Calabria: di ricerca è stata deogni biennio) e fungere da traino a tutte dalle cultivar esistenti dicata alla coltivacirca le forme le eccellenze agroalimentari alle moderne tecniche colturali regionali: questo volume darà e pratiche agronomiche, dalle zione biologica. In d’allevamento corrette pratiche di trasformazione, lustro e riconoscibilità a tutte quest’ambito si è vapiù idonee, per le conservazione e imbottigliamento le produzioni olearie della terra lutata l’efficacia dei quali in Italia bruzia. alla valutazione delle prodotti ammessi centrale su cultidalla legislazione vivar autoctone gente contro i prinappaiono più cipali parassiti, oltre che l’impatto mangono significative quantità di performanti quelle a vaso policoambientale che dette sostanze attive olio da rettificare, ma rimane annico. provocano sull’entomocenosi delcora un obiettivo strategico nell’oliLe prospettive di sviluppo della l’ecosistema e il rischio tossicolovicoltura calabrese, dove in parte raccolta meccanica rimangono angico connesso all’eventuale già si conseguono valori aggiunti cora notevoli, a condizione di rapresenza di residui nocivi nel proderivanti dal territorio, dalla cultura zionalizzare alcuni vincoli esistenti dotto finale. e da altre azioni di valorizzazione sulla filiera, anche in un’ottica di I risultati complessivamente ottenuti che possono nel loro insieme essere adeguamento delle piante alla dimostrano come una maggiore incrementati. Il punto maggiormacchina e non solo della maccompetitività dell’olivicoltura calamente dolente rimane quello dei china alla pianta, come finora brese ad alta densità di attacchi pacosti di produzione, ancora elevati fatto. Da questo concetto sostanrassitari e/o in coltivazione biologica per effetto del largo impiego di mazialmente discende il confronto at(considerata ad alto valore agnodopera, per il costo e la scarsa retualmente esistente in Italia tra i giunto), passi inevitabilmente da peribilità della stessa, per i costi di fautori del sistema intensivo per una corretta e razionale strategia di trasformazione del prodotto e per la così dire tradizionale (300-400 difesa fitosanitaria. Nel campo delle insufficiente organizzazione del sipiante/ha) e quelli del superintenagrotecniche, altre operazioni coltustema commerciale. sivo di origine spagnola (1600rali rivestono notevole importanza Per questi motivi, l’attenzione si è 2000 piante/ha), in quanto i due per migliorare la competitività. molto incentrata verso la meccatipi di impianto prevedono diffeIn Calabria, negli ultimi anni, le nizzazione delle tecniche colturali, renti tipi di raccolta (con agevolaproduzioni sono cresciute poco, il in particolar modo sulla raccolta tori e scuotitori nel primo caso, con problema dell’alternanza di produche rappresenta la voce più incimacchina scavallatrice nel sezione rimane sul tappeto malgrado siva sul costo di produzione (oltre condo). La possibilità di raccogliere i dati ufficiali (in verità poco crediil 50% del valore del prodotto) e con un sistema meccanico o con bili) ne nascondano la reale entità. quindi costituisce il punto di magl’altro, infatti, dipende da molti fatLa qualità del prodotto è complesgiore criticità economica della fitori, in primo luogo dai genotipi, sivamente migliorata, anche se perliera. Dalle ricerche inerenti la non tanto per i loro standard pro- E NAVIGAR M’E ’ D O L C E I N QU E S T O O L I O Gennaio-Marzo 2014 21 Olivicoltura intensiva (400 piante/ha) Olivicoltura superintensiva (1.600 piante/ha) duttivi ma per la tipicizzazione che si vuole conferire all’olio e per la capacità di mantenere ridotto il loro vigore vegetativo. Questi ultimi due punti rappresentano i vincoli principali all’espansione del sistema superintensivo in Italia, oltre naturalmente a molti altri come quelli della orografia spesso disagiata che ostacola l’impiego della macchina scavallatrice, quelli derivanti dall’eccessiva frammentazione fondiaria delle aziende olivicole, che obbligano i produttori a ricorrere a forzate forme associazionistiche e a quelli ambientali conseguenti a una spinta intensivizzazione della coltura con forti input esterni (concimazioni chimiche, diserbi, trattamenti antiparassitari) creando anche una obiettività difficoltà di realizzare la coltivazione in biologico. La produzione italiana di olio, da 22 sempre molto apprezzata in Italia e nel mondo, si avvantaggia del notevole numero di varietà esistenti nel germoplasma che permette la produzione di una serie di oli strettamente correlati al genotipo, oltre che al sito di coltivazione, quindi con alto grado di tipicità considerando l’identità dell’olio quale ulteriore valore aggiunto. Questo ragionamento è applicabile in Calabria, dove si realizzano simili condizioni. Allo stato attuale non si hanno ancora dati definitivi circa la adattabilità delle cultivar italiane al sistema superintensivo, per vigoria delle piante, per velocità di entrata in produzione, per autocompatibilità di fecondazione, per costanza di produzione, tutti fattori per il momento appartenenti alle sole cultivar utilizzate negli impianti spagnoli (Arbequina, Arbosana, Koroneiki) e forse alle italiane FS17 e Urano. Il problema della vigoria connesso alla grande maggioranza delle cultivar più diffuse in Italia e in Calabria rappresenta un forte ostacolo a tale forma di coltivazione. Certo, per gli olivicoltori italiani e calabresi, la tentazione di adottare il sistema superintensivo, con raccolta meccanica a opera della scavallatrice, è forte, in quanto essa pone il vantaggio di operare in continuo, con una velocità di avanzamento di 0,3-1,0 km/h, raccogliendo il 95% e oltre dei frutti, anche se appartenenti a varietà con frutti piccoli e alta resistenza al distacco. La possibilità, poi, di ottenere alti livelli di produzione sulle piante esalta la produttività del lavoro con enormi vantaggi in termini di riduzione dei costi di produzione. Un definitivo orientamento verso l’adozione di tale sistema, quindi, inevitabilmente passa attraverso la sperimentazione attualmente in atto in diverse zone olivicole nazionali, specialmente in relazione alla adattabilità delle cultivar autoctone, vincolanti per l’adozione delle DOP, i cui risultati potranno essere significativi solo tra qualche anno. Nel sistema di coltivazione intensiva normalmente utilizzata in Italia (300-400 piante/ha) i sistemi di raccolta meccanica a cui si fa maggiore riferimento sono quelli relativi all’impiego di scuotitori e/o agevolatrici. Una macchina agevolatrice, portata dall’operatore e applicata direttamente alla chioma con aste più o meno lunghe, azionata da motore termico o collegata a compressore d’aria, può raddoppiare la quantità di olive raccoglibili per addetto, quindi può considerarsi interessante per la sua utilizzazione in piccole aziende con manodopera familiare oppure a integrare, in un sistema misto, l’impiego dello scuotitore. La macchina di riferimento in questo sistema di coltivazione rimane il vibratore, in particolare il vibratore di tronco, ancor meglio se dotato di intercettatori meccanici (per esempio a ombrello rovescio), capace di realizzare un’elevata efficienza nel distacco dei frutti e nelle capacità operative. Queste macchine hanno subito un’evoluzione che ha ottimizzato la combinazione fra frequenza e oscillazione, attraverso potenze di 50-80 kW, ma riducendo notevolmente la massa della testa vibrante. Ciò ha favorito anche la manovrabilità degli scuotitori che, con rese di raccolta del 70-90%, hanno enormemente incrementato la produttività del lavoro riuscendo a raggiungere, in funzione della quantità di frutti pendenti, il livello di 200-400 kg/h/operaio. L’evoluzione costruttiva di queste macchine ha permesso, inoltre, il loro impiego anche su superfici non proprio livellate, rendendole operative in oliveti con discrete pendenze che rappresentano situazioni molto frequenti nel paesaggio nazionale. Il livello di efficienza economica di questo sistema intensivo, definito tradizionale in quanto già ampliamente utilizzato in Italia, può complessivamente considerarsi sovrapponibile a quello ottenibile nel superintensivo, considerando che gli standard produttivi a pieno regime sono tra loro similari (80-100 q/ha) e I L Scavallatrice in superintensivo spagnolo che il vantaggio una probabile maggiore riduzione dei costi di raccolta conseguibile con la macchina scavallatrice sarebbe compensato (se non superato) dal maggior valore aggiunto dell’identità dell’olio (fortemente caratterizzato e tipicizzato dai pregevoli genotipi disponibili, magari anche tutelato dall’implementazione di efficaci metodi di tracciabilità e rintracciabilità), dal minor investimento necessario per l’allestimento dell’impianto, dalla maggiore durata del ciclo produttivo (intorno ai 50 anni rispetto a un tetto massimo di 15 nel superintensivo, seppur con anticipata entrata in produzione) e da una minore pressione di input agrochimici esterni, con conseguenti benefici ecologici, oltre alla concreta possibilità di attuare la coltivazione biologica. La scelta definitiva fra i due scenari ipotizzati, intensivo o superintensivo, sarà determinata in futuro dai risultati delle sperimentazioni in atto se sapranno dirimere il dubbio sull’adattabilità delle cultivar italiane, per volumi e forme di allevamento, alla massima intensivizzazione possibile. Tuttavia, la definizione di un modello produttivo da adottare è sempre conseguente a una volontà di rinnovamento delle strutture, che appare non ulteriormente procrastinabile in Calabria, almeno per le larghe fasce di olivicoltura tradizionale ancora esistenti, specialmente nelle grandi aree olivicole regionali (Piane di Gioia F O C U S Scuotitori in olivicoltura tradizionale (Gioia Tauro) Tauro, di Lamezia e di Sibari.) Tale rinnovamento appare indispensabile per il conseguimento di una decente competitività della coltura, quindi occorrerebbe implementare un piano in grado di ristrutturare i vecchi oliveti e, nella maggior parte dei casi, procedere alla loro estirpazione con reimpianto ex novo, passando da oculate scelte varietali e razionalizzazione degli impianti secondo il modello produttivo prescelto, con la più spinta meccanizzazione possibile delle operazioni colturali, nelle aree più vocate del nostro Paese. Su uno strumento di programmazione strutturale dell’olivicoltura regionale, modulato in base alle esigenze delle diverse tipologie territoriali e climatiche delle aree di intervento, potrebbero utilmente valutarsi le ricadute possibili dei risultati delle ricerche testé esposte, potendo fornire un supporto tecnico-scientifico e un orientamento culturale in grado di favorire la realizzazione di un preciso piano di interventi capace di generare lo sviluppo futuro di questo importante comparto agricolo. Gli utilizzatori di queste ricadute sono naturalmente individuabili nei singoli olivicoltori, nelle cooperative e in tutte le altre forme associative, ma in primo luogo si pensa alle possibilità di utilizzarle in una visione di programmazione a più ampio respiro. Appare fin troppo ovvio che un rinnovamento così profondo e mirato alla implementazione del nuovo modello produttivo (intensivo o superintensivo che sia) presuppone, oltre che un radicale cambiamento culturale della mentalità dei vecchi olivicoltori che li faccia traghettare da una condizione di coltivatori a quella di imprenditori, un piano di investimenti finanziari congrui per il rinnovamento degli impianti e per sopportare un inevitabile periodo di improduttività, che allo stato attuale delle cose risultano essere non sopportabili dalla stragrande maggioranza degli operatori olivicoli italiani. Un argomento particolarmente importante da trattare è quello relativo ai genotipi da consigliare in uno strumento di programmazione come quello in oggetto. Da questo indirizzo, infatti, discende tutto il discorso della qualità dell’olio, che appare come quello determinante per il successo dell’intervento stesso. Oggi non è più possibile fermarsi a una generica definizione di qualità di un olio solo in funzione dei parametri commerciali (acidità, perossidi, costanti spettrofotometriche e sensoriali, quest’ultimi però finalizzati alla sola esclusione di difetti) finora esclusivamente considerati, ma deve ben definire l’obiettivo finale in funzione di tanti altri fattori, determinanti per la competitività sui mercati. In primo luogo il concetto di qualità va ampliato ad altri importanti fattori, magari puntando all’ottenimento di un prodotto di alta qualità proprio in Gennaio-Marzo 2014 23 LA REGIONE ALLA RASSEGNA INTERNAZIONALE DI TRIESTE funzione di quelle peculiarità importanti per la salute umana (alto contenuto di Francesco Saliceti e del i temi trattati nel corso dei Grande successo della acido oleico, di fenoli, Dirigente Generale seminari, che, con l’oleologo rassegna internazionale Olio di tocoferoli e di del Dipartimento Agricoltura internazionale Luigi Caricato e Capitale 2013, svoltasi a squalene). Giuseppe Zimbalatti il giornalista enogastronomico Trieste, “un’opportunità di e con la degustazione guidata Maurizio Pescari, hanno incontro unica per gli addetti Le recenti ricerche in di tutti gli oli calabresi approfondito gli aspetti ai lavori, - come ha tema, infatti, hanno presenti in fiera. commerciali di marketing commentato l’Assessore evidenziato le im“Continua - ha concluso aziendale sia a livello Michele Trematerra - in grado portanti funzioni Trematerra - il percorso nazionale che internazionale. di favorire la divulgazione, gli che alcuni composti, di valorizzazione Nel corso dei seminari si sono scambi e l’incontro tra i buyer dell’extravergine calabrese, affrontati inoltre le particolari internazionali e il mercato”. contenuti in diversa nella convinzione di poter peculiarità dell’olio calabrese, Un’edizione da record con misura nell’olio ne che negli ultimi anni dal punto arrivare alla consacrazione oltre 10.000 partecipanti, che determinano il pregio definitiva dell’olio extradi vista qualitativo viene ha visto la Regione Calabria nutraceutico. Elevergine di Calabria come sempre di più apprezzato organizzare una serie di vata presenza di soprodotto di eccellenza, dai consumatori. incontri divulgativi, a valere Successo anche per il workshop coronamento del lavoro sulla Misura 111 - Azione 3 stanze fenoliche dall’Assessorato all’Agricoltura, organizzato dalla Regione del PSR Calabria 2007-2013, (tirosolo e idrossitinell’area della scuola di cucina anche grazie al sostegno che hanno fatto registrare rosolo), ad esempio, dalla Giunta guidata con la partecipazione, sempre il tutto esaurito. conferiscono all’olio dal Presidente Scopelliti”. fra gli altri, del ristoratore Molteplici e sempre stimolanti un’azione antiossidante, molto efficaci nell’uomo ai fini della prevenzione di alcune gravi acquisite, questi aspetti fossero ulterisulta ancora insufficiente la commalattie (neurodegerative, cardioriormente approfonditi in loco, circa petitività del proprio prodotto nelvascolari e neoplastiche), in genela correlazione genotipo/ambiente/ l’ambito del mercato globale. Con rale dell’invecchiamento (anti-aging), caratteristiche dell’olio. Ciò potrebbe l’attuazione delle azioni ambientali e e con spiccate capacità antinfiammafavorire anche l’affermazione del vadi gestione del territorio, inoltre, si torie. All’idrossitirosolo recenti rilore di identità dell’olio, ossia la carealizzerebbe uno sviluppo rurale socerche mediche attribuiscono la pacità di un olio di esprimere stenibile, di qualità e duraturo nel riduzione della proliferazione delle rilevante identità analitica e sensotempo, mirato alla valorizzazione cellule cancerogene HL60. La quanriale proveniente dalla sua origine completa del prodotto, alla salvatità di queste sostanze nell’olio digenetica e dalle modificazioni amguardia dell’ambiente e del paesagpende principalmente dalla varietà, bientali, quindi la possibilità di indigio, al rafforzamento economico e così come altri importanti composti care per ciascuno di questi oli il sociale dei territori rurali. In pratica salutistici come quelli sterolici, le territorio di produzione (IGP, DOP) e si tratterebbe della Implementazione vitamine A ed E e i caroteni. Anche la cultivar di riferimento, dando di un Piano Olivicolo Regionale, che altri fattori importanti per la nutriluogo alla produzione di oli monovalorizzi l’olivicoltura, vista sia nei zione dipendono in gran parte della varietali, capaci di soddisfare pienaconfronti del mercato che delle altre varietà (composizione degli acidi mente e specificatamente le maggiori importanti funzioni che essa svolge, grassi, vitamine A, E, K, D). La stessa esigenze (sensoriali e salutistiche) dei con l’obiettivo di far tornare valutazione organolettica non può consumatori attenti e sensibilizzati. l’azienda olivicola a essere impresa più limitarsi alla sola assenza di diInsomma occorre perseguire l’acquimirando all’allargamento della forfetti, ma deve poter valutare la quasizione di valore aggiunto mediante bice costi/benefici. A quest’obiettivo lità complessiva e i pregi esaltandone l’eccellenza degli oli in grado di centrale potrebbero conferire immele diverse caratteristiche (dolce, frutesprimere tali peculiarità. diatezza e concretezza operativa altri tato, amaro e tutte le situazioni inUn programma per lo sviluppo delquattro obiettivi complementari: termedie). Tutte queste peculiarità in l’olivicoltura, inserito nel PSR e duna. razionalizzazione della coltura; grado di conferire a un olio il rango que in grado di essere supportato dal b. riduzione dei costi; di alta qualità vanno ovviamente cocomplesso di azioni, costituirebbe c. realizzazione di una politica di struite e pertanto la scelta della/e una reale prospettiva di sviluppo ruqualità; cultivar assume un’importanza strarale in Calabria, dove la ruralità rapd. valorizzazione del prodotto (alta tegica. Sarebbe auspicabile che, oltre presenta una forte caratteristica del qualità) e concentrazione dell’ofallo sfruttamento delle conoscenze sistema economico e sociale e dove ferta. L’OLIO, IL VE RO C A P I TA L E D E L L A C A L A B R I A 24 ƒ I L F O C U S La madre di tutte le diete (e della nostra storia) Da Tucidide a oggi, storia, caratteristiche e personalità del protagonista delle tavole italiane, facendo attenzione a un concetto di difficile interpretazione: la tipicità Lo storico Tucidide, nel V secolo a.C., scriveva: “I popoli del Mediterraneo cominciarono a emergere dalla barbarie quando impararono a coltivare l’olivo e la vite”. Un secolo dopo Cristo, Columella, nel suo De Re Rustica sanciva che “Olea prima omnium arborum est” (fra tutti gli alberi il più importante è l’olivo). Dopo oltre duemila anni le cose non sono cambiate e la “dolce nutrice argentea”, come Sofocle amava definire l’ulivo, continua a essere presente in ogni atto di vita dell’uomo, oggetto delle arti, simbolo della pace e della vita che si rinnova. E il grande storico Fernand Braudel, nella sua magistrale interpretazione del Mediterraneo, lo definisce il “complesso di mari, ingombri di isole, tagliati da penisole, circondati da coste frastagliate, la cui vita è mescolata alla terra, al mare degli oliveti e delle vigne”, narrando di una “civiltà dell’olivo” nel “mare degli oliveti” quale elemento fondante e simbolo incontrastato del mare nostrum. Stando alle ipotesi scientifiche più accreditate tre sarebbero i centri di diversificazione dell’olivo di cui uno, quello risalente all’età del Bronzo, si colloca nel Sud Italia. Sebbene sia di uso assai comune attribuire l’introduzione della coltura dell’olivo in Italia ai primi coloni greci giunti nel meridione intorno al VIII secolo a.C. questa ipotesi è, ormai, in netto contrasto con al- cune evidenze archeologiche che attestano come – in alcuni centri tra cui la Calabria – la presenza dell’olivicoltura sia ben più antica. Interessanti ricerche archeologiche sulla civiltà protostorica nel sud Italia, infatti, avvalorano la presenza di una olivicoltura italica precedente all’arrivo dei Greci e retrodatano l’introduzione della coltivazione dell’olivo all’età del Bronzo recente (XIII-XII sec. a.C.) come emergerebbe dall’analisi dei carboni rinvenuti negli scavi del centro protostorico di Broglio di Trebisacce (CS). Ciò daterebbe alla fine del secondo millennio a.C. la pratica dell’olivicoltura lungo la costa della Calabria. Una serie ulteriore di prove emerse dagli scavi nell’antico abitato enotrio di Timpone della Motta, presso Francavilla Marittima (CS), attestano, inequivocabilmente la coltivazione dell’olivo e l’estrazione dell’olio nella età del Bronzo finale (XI-X sec. a.C.). Nel sito sono state rinvenute aree per l’immagazzinamento dell’olio e qui, frammenti di dolii e residui di olio. Ciò ha fornito la prova definitiva dell’uso di olio di oliva da parte degli Enotri nell’età del Bronzo finale ma ha anche consentito di ricostruire alcuni legami commerciali che l’abitato di Timpone della Motta intratteneva con il territorio circostante e, nello specifico, con il sito di Broglio di Trebisacce nel IX sec. a.C. In generale, i siti paiono attestare una fiorente e imponente produ- MARIATERESA RUSSO Dipartimento di Agraria Food Chemisty Lab Università di Reggio Calabria Fondazione Mediterranea Terina zione di olio e di commercio di questo prodotto da prima dell’arrivo dei coloni greci, i quali, probabilmente, furono attratti per motivi commerciali da questi centri, prima di insediarsi in Italia. Non va, tuttavia, assolutamente sminuita l’importanza dei Greci prima e dei Romani dopo che diedero un fondamentale impulso allo sviluppo dell’olivicoltura. La coltura dell’olivo e la spremitura dell’olio, certa nell’età del Bronzo finale e probabile nell’età del Bronzo recente, rivelano, così, le antichissime radici di questa tradizione in Calabria. L’olivo è un elemento fondante dell’identità della Calabria, oggi seconda regione italiana in termini di produzione di olio extravergine. L’olio extravergine di oliva, alimento e parte essenziale della dieta mediterranea, al centro della civiltà e della storia mediterranea oggi, grazie alle dimostrate proprietà salutistiche è sempre meno un condimento e sempre più un nutraceutical. Proprio la crescente attenzione da parte del consumatore verso un’alimentazione in grado di salvaguardare la salute, in questi ultimi anni ha dato un fortissimo impulso alla produzione di oli extravergine di alta qualità, principalmente monovarietali dotati, quindi, di peculiarità qualitative, globalmente definite nell’ormai noto e, a volte, abusato termine/concetto di tipicità. Purtroppo, al concetto di Gennaio-Marzo 2014 25 tipicità, benché acquisito dalla legislazione comunitaria con l’introduzione delle denominazioni di origine/indicazioni geografiche/attestazioni, e attualmente ampiamente noto al consumatore, non corrisponde una univoca interpretazione e identificazione. Alla tipicità vengono, infatti, associati significati differenti che vanno dall’attributo della qualità organolettica, all’origine geografica delimitata, ai processi produttivi tradizionali, alla cultura e alla storia locale. Ambiente, storia, territorio, cultivar, sono alla base dell’immaginario del consumatore quando si fa riferimento a un prodotto tipico di qualità senza però che vi sia una chiara correlazione tra qualità reale e qualità percepita, elemento, questo, che crea un forte disorientamento. La qualità alimentare è un concetto assolutamente dinamico e assai duttile se non si considerano quegli aspetti strettamente connessi alle caratteristiche misurabili e/o obbligatoriamente garantite dalla legge, che il consumatore dà per scontate in un prodotto certificato. Negli ultimi vent’anni le questioni legate alla qualità dell’olio di oliva sono state diffusamente chiarite e approfondite con riferimento sia alle proprietà compositivo-nutrizionali e salutistiche, sia alle caratteristiche distintive in grado di differenziare l’offerta e il valore, puntando sulle peculiarità ascrivibili, principalmente, al genotipo delle olive di provenienza e alle performance indotte dall’habitat cui contribuiscono, in modo rilevante, le metodologie di produzione e trasformazione adottate. Il nodo cruciale su cui si basa la diversità è certamente il rapporto genotipo/fenotipo. Ipotesi accreditate assegnano il complesso Olea europaea a un unico ceppo di riferimento con elementi di diversificazione che permettono di separare, all’interno della specie, alcune sottospecie evolutesi indipendentemente nel tempo. Questi taxa possono essere considerati entità geografiche caratterizzate 26 Pianta secolare Olivo cv Carolea (CZ) Foto Gianni Agosteo da gruppi di individui che, sebbene appartenenti a una stessa specie, sono accomunati da specifici caratteri morfologici che si differenziano, in modo più o meno marcato, da altri gruppi di individui appartenenti alla stessa specie e che, nelle differenze di tipo compositivo, codificate geneticamente, costituiscono chemiotipi. La nascita e la conservazione di tali entità all’interno di una specie è dovuta a processi evolutivi (selezione naturale, isolamento geografico, etc.) per cui nel tempo la pressione dei fattori esterni o esogeni, sostanzialmente legati all’habitat, hanno favorito la nascita delle ben note varietà autoctone, la cui diversità è misurabile attraverso le performance qualiquantitative degli oli derivati. E’ dunque verosimile che una pianta, al di fuori del proprio habitat, può addirittura perdere quasi completamente la capacità di sintesi di determinate sostanze. In tale ottica possiamo definire l’olio extravergine di oliva (EVO) un fitocomplesso caratterizzato, in generale, da metaboliti che per il 98-99% sono rappresentati dalla frazione saponificabile, principalmente trigliceridi, digliceridi e monogliceridi e per la restante parte da componenti minori costituenti la frazione insaponificabile. E’ proprio ai composti minori esclusivi dell’olio d’oliva, che comprendono i principi attivi biologicamente più interessanti, che è imputabile l’effetto nutriceutico e l’individuazione di marker di autenticazione. Questi composti sono rappresentati principalmente da molecole a struttura fenolica che assolvono a diverse funzioni: quella di antiossidanti endogeni con un ruolo fondamentale per la conservabilità, quella legata agli effetti funzionali correlati ad esempio all’impatto positivo nella riduzione delle malattie cardiovascolari o alla prevenzione di alcune forme tumorali, quella organolettica e gusto/olfattiva. I composti fenolici contenuti negli oli extravergini di oliva appartengono a diverse classi chimiche: fenil-acidi, fenil-alcoli, flavonoidi, idrossi-isocromani; i lignani e secoiridoidi. In particolare i lignani sono stati utilizzati con successo in studi di caratterizzazione varietale mentre i secoiridoidi, i componenti principali della frazione fenolica, sono molecole esclusive delle Oleacee, quindi dell’olivo e, conseguentemente, del fitocomplesso derivato cioè l’olio. Ai composti fenolici è, in generale, connesso il potere antiossidante dell’olio extravergine di oliva che si differenza in termini di attività in funzione della prevalenza di alcuni composti più attivi rispetto ad altri meno attivi. Ciò dimostra quanto sia importante, ai fini della valorizzazione nutriceutico/funzionale del prodotto olio, correlare la qualità ai contenuti dei singoli componenti del fitocomplesso. A parità di tipologia di componenti, tra i differenti oli monovarietali, sono i rapporti e le concentrazioni dei differenti composti a fare la differenza e a definire la peculiarità di un olio tipico. In Italia la complessità dell’olivo è molto elevata, sono individuabili nel nostro Paese circa 600 varietà, pari a circa il 42% del patrimonio mondiale anche se la produzione nazionale di monovarietali è basata I L su circa 50 varietà. La biodiversità della Calabria contribuisce a quella nazionale con circa 30 cultivar di olivo, anche se le varietà di maggior interesse economico, in ordine decrescente, sono: Carolea, Ottobratica, Sinopolese, Dolce di Rossano, Cassanese, Grossa di Gerace, Roggianella. Tra queste la cv Carolea è la più antica varietà regionale, il suo areale di elezione ricade proprio nelle aree dei ritrovamenti enotri in cui ebbe inizio la successiva colonizzazione magno-greca. Questa cv è costituita da una popolazione multiclonale e quindi rappresenta più esattamente una cultivar-popolazione. Tale caratteristica ha contributo alla diffusione della cv Carolea su tutto il territorio, sia pure con aree più specializzate, e alla sua adattabilità a contesti ambientali anche differenti. A fronte di tale diffusione la cv conserva una omogeneità di fondo delle caratteristiche chimico-compositive che ne definiscono un profilo riconoscibile dal consumatore per le sue peculiarità, come confermato dai risultati alla base dell’indagine condotta dal Laboratorio di qualità e sicurezza degli alimenti e nuove tecnologie, laboratorio di integrazione funzionale tra l’Università di Reggio Calabria e la Fondazione Mediterranea Terina. L’indagine, mirata a definire i profili di unicità degli oli calabresi rispetto alle produzioni monovarietali nazionali, è stata condotta partendo dal presupposto che definire l’unicità dei fitocomplessi sia l’elemento centrale intorno al quale costruire solide nicchie di mercato, all’interno del quale però la qualità reale deve essere il valore e che lo stesso deve essere chiaramente percepito dal consumatore. Le consolidate evidenze scientifiche sottolineano che: la composizione del fitocomplesso olio extravergine di oliva è la risultante di una serie complessa d’interazioni multiple tra F O C U S i fattori genetici, certamente preponderanti, e ambientali, colturali e tecnologici che possono esaltare o meno le caratteristiche indotte dal genotipo; che il genotipo influenza il profilo chimico dell’olio attraverso l’evoluzione della composizione del quadro dei trigliceridi e della frazione insaponificabile e che, attraverso l’applicazione di modelli statistici multiparametrici ai profili acidici, sensoriali e dei composti minori, è possibile discriminare oli di diversi genotipi e differente origine geografica. L’elaborazione chemiometrica condotta su dati compositivi di oli monovarietali ottenuti da Carolea provenienti da coltivazioni diffuse su tutto il territorio, a parità di alcune condizioni (es. indici di maturazione e/o processi produttivi) ha, tra le altre cose, dimostrato che esistono variazioni statisticamente poco significative tra i diversi oli con prevedibili ma puntuali oscillazioni, entro range E CCO SUA MAESTA’ L’OLIO EXTRAV E RG I N E , I L R E D E I L U O G H I D E L G U S T O A S O L V E R O N A 2 01 3 P R O D O T T I I N M O S T R A E A Z I E N D E I N C E R C A D I N U OV I S PA Z I C O M M E R C I A L I La Regione CalabriaAssessorato Agricoltura, Foreste e Forestazione ha partecipato a Sol Verona 2013 con un’esposizione collettiva realizzata attraverso l'Elaioteca regionale Casa degli Olii extravergine di oliva di Calabria e la partecipazione di imprese interessate ad allacciare contatti e nuove relazioni. “La Calabria dell’olio extravergine di oliva – ha commentato l’Assessore Michele Trematerra – ha compiuto sull’olio extravergine d’oliva, grandi passi in avanti soprattutto nel miglioramento della qualità. Il nostro compito istituzionale è quello di accompagnare queste aziende lungo un processo di crescita e di internazionalizzazione che, alla luce sia della perdurante crisi economica, sia dell’andamento dei mercati globali, è sempre di più ineludibile”. Il Dirigente Generale dell’Assessorato all’Agricoltura Giuseppe Zimbalatti ha sottolineato che la nostra regione è uno dei colossi produttivi in chiave nazionale, un territorio di elezione attraversato da aspre montagne e circondato dal mare, che rende possibile ovunque la crescita di questa splendida pianta. L’area coltivata a olivo in Calabria interessa una superficie di circa 200 mila ettari, di cui 170 mila in coltura specializzata. La superficie olivetata, distinta per singola provincia, è così ripartita: Cosenza 49.800 ettari, Catanzaro 50.800, Crotone 18.200, Vibo Valentia 15.400, Reggio Calabria 57.700. Ogni anno vengono prodotti circa 10 milioni di quintali di olive da cui si ottengono circa 2,2 milioni di quintali di olio. Il patrimonio autoctono, è tra i più interessanti d’Italia e annovera oltre 30 specie. Quella più diffusa è la Carolea, seguita da Tondina, Cassanese, Ciciarello, Dolce di Rossano, Grossa di Gerace, Ottobratica, Roggianella, Sinopolese, Moresca, Tombarello e Tonda di Strongoli dalle quali si ottengono dei pregiatissimi oli, esaltati dalla territorialità dei luoghi di produzione. Tre sono gli oli extra vergini calabresi che si fregiano della Dop: Bruzio, Lametia e Alto Crotonese. L’area interessata alla produzione dell’olio Bruzio Dop è la provincia di Cosenza; l’olio Lametia Dop si produce nella Piana di Lamezia Terme; la Dop Alto Crotonese è localizzata nella fascia collinare della provincia di Crotone. Anche negli altri areali calabresi dove si coltiva l’olivo, si ottengono dei prodotti con caratteristiche organolettiche uniche e inimitabili per profumi, colori e parametri sensoriali unici. Al Sol di Verona è stato anche presentato il progetto Carrello degli oli, un’altra delle iniziative dell’Amministrazione Scopelliti a sostegno del percorso di promozione. I migliori ristoranti della regione riceveranno un carrello degli oli in legno di castagno che conterrà dodici oli extravergine di oliva, individuati da un panel di esperti assaggiatori, e una Carta degli oli con informazioni sulle aziende produttrici selezionate, le caratteristiche organolettiche e i principali abbinamenti culinari per ogni tipologia di olio. “Un modo – secondo Trematerra – per creare dei veri e propri luoghi del gusto”. Gennaio-Marzo 2014 27 LEZIONE DI OLIO: I RAGAZZI SI DIVERTONO “LA SCUOLA IN AZIENDA” PER UNA CULTURA ALIMENTARE abbastanza definiti, nella concentrazione di taluni composti, influenzata, da un punto di vista quali-quantitativo, dalle pratiche agronomiche e dai processi produttivi. In sintesi dalla cv Carolea coltivata in Calabria si estrae un fitocomplesso, l’olio extravergine, con un fingerprint chimico-compositivo e sensoriale peculiare, frutto dell’interazione tra i fattori genetici e bio-pedoclimatici che proprio per la unicità e, quindi, non ripetibilità, consentono di ottenere un prodotto nel quale viene esaltato al massimo il potenziale genetico e produttivo. Di fatto questa è la cultivar caratterizzante della Calabria nonostante il ricco, interessante e unico panorama olivicolo autoctono della regione. Attorno a questa cultivar, sia pure con differente incisività, in Calabria sono state riconosciute dalla Unione Europea tre DOP: Bruzio, Lametia, Alto Crotonese. Ciononostante il mercato non premia i riconoscimenti e di fatto non vi l’attesa corrispondenza tra il livello di produzione certificata e il fatturato. L’eccessiva frammentazione dell’offerta e, soprattutto, la difficoltà del consumatore nel codificare la qualità dichiarata rispetto e quella realmente percepita crea quel disorientamento che non premia l’olio della Calabria. La maggior parte delle DOP/IGP italiane che hanno espresso, all’esame del mercato, le migliori performance sono quelle strettamente connesse a un’offerta territoriale fortemente impregnata del terroir, elemento questo ancora molto carente in Calabria. In un’ottica di rilancio del comparto dell’olio di qualità, finalizzato al recupero di posizioni sul mercato nazionale ma soprattutto internazionale, alcuni elementi appaiono strategici: disporre di una adeguata massa cri- 28 La Regione Calabria - Assessorato Agricoltura, Foreste e Forestazione, ha patrocinato il progetto didattico La scuola in azienda, ideato dall’associazione Prim’olio, da sempre impegnata in attività promozionali in questo settore. Il progetto, che ha coinvolto centinaia di ragazzi della scuola primaria e secondaria di primo grado di tutto il territorio regionale, ha avuto come obiettivo quello di recuperare l’attenzione dei giovani verso i valori del mondo dell’agricoltura in generale e di quello olivicolo in particolare. Un mondo differente dalla realtà cittadina, fatto di sensazioni, sapori, ritmi e colori spesso sconosciuti. Si sono volute così fornire ai giovani e alle loro famiglie le informazioni necessarie per attuare scelte consapevoli, recuperando i principi di una sana alimentazione, con la conoscenza del percorso dalla terra alla tavola, e delle stagionalità dei prodotti della tradizione locale. A tal fine, tutti gli attori del progetto hanno condiviso la necessità di creare una fitta rete di reciproche relazioni che avesse al centro la scuola. Le ragioni per le quali si è deciso di dedicare questo percorso proprio all’olivo e all’olio extravergine sono evidenti, tica di prodotto, disporre di idonei e robusti sistemi di rintracciabilità e autenticazione del prodotto a tutela della qualità dello stesso e a tutela dalle contraffazioni fortemente diffuse sui mercati internazionali, colmare il gap tra qualità reale e qualità percepita dal consumatore non solo in termini di valore nutrizionale/funzionale del prodotto, ma anche in termini di identità territoriale. Tali elementi strategici sono stati ripresi da diversi studi di mercato tra cui il Report della Commissione per il Commercio Internazionale degli Stati Uniti che conferma l’importanza di definire standard se solo si considera che la Calabria è la seconda regione italiana produttrice di olio e che l’ulivo e l’olio sono da sempre fulcro della nostra cultura, della nostra alimentazione e caratterizzano l’identità del nostro territorio e del paesaggio della nostra Regione. Non meno importante la considerazione che quello olivicolo è da sempre un settore trainante dell’economia calabrese. Gli studenti hanno anche visitato una delle aziende aderenti all’iniziativa, assistendo negli uliveti alla raccolta delle olive e nel frantoio alla loro trasformazione in olio. L’attività pratica è stata poi integrata con una lezione teorica resa avvincente da una serie di giochi inerenti il mondo dell’olio e dell’olivo. L’ampio programma del progetto La scuola in azienda è stato completato dal concorso a premi, Che piacere c’è, pensato per valorizzare le conoscenze acquisite in azienda dai ragazzi, rielaborandole in un’attività ludico-didattica di classe capace di stimolare la loro creatività. Centinaia i lavori pervenuti che hanno emozionato e messo in difficoltà la giuria di esperti chiamata a valutarli e a premiare i più meritevoli in coincidenza con l’inizio della nuova campagna olearia e, considerati i risultati conseguiti, di un nuovo e più articolato progetto. in grado di verificare l’autenticità e le caratteristiche qualitative degli oli immessi sui mercati nonché la necessità di investire a favore di una migliore informazione dei consumatori. Appare pertanto ragionevole, quanto strategico, proporre l’avvio dell’iter per il riconoscimento in sede comunitaria di un marchio Olio di Calabria che sia fortemente connotato sia in termini di identità genetica puntando alla cv che identifica la Calabria a livello mondiale, la Carolea, sia in termini di definizione del terroir inteso nella accezione più ampia del termine. ƒ I L F O C U S Professionisti del gusto, paladini dell’eccellenza E’ esatto parlare di sommelier dell’olio d’oliva? «Il termine sommelier si riferisce al vino, mentre nel settore olivicolooleario parliamo di assaggiatori, esperti in analisi sensoriale in grado di analizzare dal punto di vista organolettico l’olio di oliva vergine ed extravergine, rilevandone sia gli attributi positivi (amaro, piccante, fruttato, erba e altri aromi particolari) che quelli negativi (rancido, morchia, riscaldo). Gli orientamenti legislativi attuali impongono che la qualità dell’olio deve essere certificata oltre che dall’analisi chimica anche da quella organolettica-sensoriale, che non è rilevabile dagli strumenti scientifici». Ma assaggiatori si nasce o si diventa? «Negli ultimi anni ci sono state profonde evoluzioni, consacrate dall’emanazione da parte del Ministro dell’Agricoltura del Decreto n. 1334 del 28 febbraio 2012, che disciplina tutta la materia compresa la tenuta in ogni Regione di un Albo dei tecnici ed esperti degli oli vergini ed extravergini d’oliva, cui ci si può iscrivere solo dopo aver superato un corso autorizzato dalla Regione stessa. Il tema coinvolge fortemente anche altre categorie come cuochi, ristoratori, titolari di gastronomie, semplici consumatori». C'è richiesta di questa categoria professionale in Calabria? «Sì, e in continuo aumento, anche perché i frantoiani hanno l’obbligo di certificare alcune categorie di olio prodotto per poterlo collocare sul mercato». Quale iter segue l’assaggiatore per iscriversi all’Albo? Come si diventa assaggiatore di olio? Risponde Rosario Franco, responsabile dell’Albo regionale degli assaggiatori della Calabria «Intanto deve superare le due fasi del corso: la prima, di 35 ore, per acquisire nozioni di analisi sensoriale e la seconda, di 20 giorni, per esercitazioni pratiche. Alla fine di questo periodo si diventa assaggiatori ed esperti, per cui si può chiedere l’iscrizione all’Albo regionale. La domanda va presentata alla Camera di Commercio che verifica la documentazione e anche l’idoneità morale del candidato, quindi la trasmette al Dipartimento Agricoltura della Regione Calabria che approva con un decreto pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione informandone anche il Mipaf». Le è mai capitato di conoscere persone che anche con tanta buona volontà non siano riusciti a imparare? «E’ raro non essere coinvolti dal percorso formativo, anche perché noi calabresi siamo legati da sempre al mondo dell’olio». Quanti sono più o meno gli assaggiatori calabresi? «I tecnici ed esperti iscritti nell’Albo regionale sono circa 120, ma se consideriamo anche i tanti che hanno frequentato i corsi solo per arricchire le proprie conoscenze personali si supera abbondantemente le 500 unità». Quanti oli ha assaggiato nella sua carriera? «Ormai il numero è incalcolabile. Consideri che solo recentemente in un concorso internazionale ne ho assaggiati circa 750, provenienti da ogni parte del mondo. In un anno ne provo almeno 2.000». Di cosa ha bisogno l'olio calabrese per essere ulteriormente conosciuto e valorizzato? «Intanto dovrebbero essere i calabresi ad apprezzare i prodotti della propria regione. Mi è capitato tempo fa di cenare in un ristorante in provincia di Reggio Calabria in cui servivano olio spagnolo: senza nulla togliere a questo tipo di prodotto, il nostro è sicuramente migliore! E’ necessario inoltre che i produttori si adeguino alle nuove dinamiche del mercato che richiede sempre di più prodotti di alta qualità, importanti anche dal punto di vista salutistico». Dica la verità: all'inizio della sua carriera di assaggiatore ed esperto di analisi sensoriale sono successi episodi curiosi, magari con chi prendeva sotto gamba o minimizzava l'importanza di un assaggio qualificato? «Certamente! Qualche anno fa un frantoiano che partecipava a un corso si avvicinò e mi disse: “Dottore, cosa mi dovete insegnare voi dell’olio, considerato che sono oltre trent’anni che lo produco e so bene come si fa?”. Beh, proprio il frantoiano in questione rischiò fortemente di non essere idoneo ed è per questo che ormai la mia attività, anche se non è la principale, viene guardata da tutti con molto interesse e attenzione». Gennaio-Marzo 2014 29 ƒ Meccanizzazione e dintorni: la nuova sfida sarà la qualità La Calabria, con una superficie olivetata di 185 mila ettari e una produzione annua di oltre 140 mila tonnellate di olio di oliva, possiede un patrimonio unico per biodiversità, dimensioni strutturali e produttive, che riveste un ruolo di primaria importanza per l’economia agricola regionale e per l’intero comparto nazionale. La maggioranza degli oliveti sono, però, ancora caratterizzati da una struttura produttiva che non consente il raggiungimento di un livello di produzione costante in termini quantitativi e qualitativi, essendo gli impianti prevalentemente di stampo tradizionale, contraddistinti da alti costi di produzione, modesta produttività unitaria e marginalizzazione di aree più o meno estese, dove i costi della raccolta, quando questa è eseguita con metodi tradizionali, possono gravare fino all’80% sul prezzo del prodotto finale. In tale scenario, il ruolo che la Calabria può svolgere è quello di garante che la produzione, anche se quantitativamente ridotta, possa rimanere sul panorama mondiale come pro- dotto di alta qualità. Tuttavia, per raggiungere tale obiettivo, occorre puntare sull’aumento di competitività rispetto agli altri Paesi concorrenti, prevedendo una inevitabile riconversione strutturale, in chiave produttiva, di quegli impianti ormai obsoleti. E’ quanto meno azzardato pensare che l’olio di oliva prodotto finora dai nostri vecchi oliveti difficilmente meccanizzabili, possa continuare a essere competitivo sul mercato internazionale senza i sostegni pubblici fin qui ricevuti che, però, nei prossimi anni rischiano di essere significativamente ridimensionati. Fondamentale è sostenere quindi un processo di modernizzazione, che comporti il passaggio dai classici sistemi di allevamento verso altri più moderni, che rendano più veloci ed efficienti le operazioni di raccolta, garantendo al contempo la qualità delle produzioni. Essenzialmente per questi motivi si assiste a una crescente diffusione della meccanizzazione, parziale o integrale, anche in questo tipo di olivicoltura tradizionale. In questi oliveti si è passati gradualmente dall’introduzione di piccole macchine spazzolatrici (Foto 1), che hanno permesso di limitare il tempo di permanenza delle olive sul terreno consentendo inoltre una buona pulizia del prodotto, all’impiego di agevolatori quali pettini pneumatici, elettrici o a motore che garantiscono un aumento della produttività di 24 volte rispetto alla raccolta manuale. Sicuramente la soluzione tecnica dello scuotimento al tronco o alle branche, laddove possibile, risulta la più efficiente in termini di produttività della raccolta; tali macchine, accoppiate con le reti o nella versione a ombrello rovescio (Foto 2 e 3), rappresentano sicuramente la soluzione più idonea al problema della raccolta, aumentando la produttività del lavoro di circa 20 volte rispetto a quello ottenibile manualmente. Da sottolineare il continuo impegno dei costruttori a ricercare soluzioni sempre più valide e razionali e sempre più innovative: la Foto 4 mostra, ad esempio, uno scuotitore semovente radiocomandato, in grado di muoversi senza alcun addetto a bordo, capace di garantire oltre alla sicurezza degli operatori, anche una buona capacità di lavoro. Tra le principali sfide che l’olivicoltura calabrese è chiamata ad affrontare vi è quella con il sistema di coltivazione denominato superintensivo, caratterizzato da un’elevata densità d’impianto (fino a 2000 e oltre piante/ha) e il cui vantaggio principale consiste nell’elevata efficienza della raccolta meccanica, realizzata in continuo, mediante l’impiego di macchine scavallatrici, utilizzate da tempo e con Foto 1. Andanatrice Foto 2. Scuotitore Foto 3. Ombrello rovescio S O U R AYA B E N A L I A Dipartimento di Agraria Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria 30 L’IMPEGNO DELLA REGIONE CALAB R I A N E L C O M PA RT O O L I V I C O L O POR Calabria 2000-2006 - Asse IV “Sistemi Locali di Sviluppo” PSR Calabria 2007-2013 Misure POR Calabria attivabili dai PIF - Progetti Integrati di Filiera Misura 4.5 - Investimenti nelle aziende agricole Misura 4.6 - Miglioramento delle condizioni di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli Misura 4.7 - Commercializzazione dei prodotti agricoli di qualità Misura 4.8 - Avviamento di servizi di sostituzione e di assistenza alla gestione delle aziende agricole Misura 4.14 - Insediamento giovani agricoltori Misura 4.15 - Formazione Misura 4.17 - Sviluppo e miglioramento di infrastrutture che incidono sullo sviluppo dell’agricoltura Misure PSR Calabria attivabili da bando PIF - Progetti Integrati di Filiera Misura 111 - Azione nel campo della formazione professionale e dell’informazione Misura 115 - Avviamento di servizi di consulenza aziendale, di sostituzione e di assistenza alla gestione delle aziende agricole, nonché di servizi di consulenza forestale Misura 123 - Accrescimento del valore aggiunto dei prodotti agricoli e forestali Misura 124 - Cooperazione per lo sviluppo di nuovi prodotti, processi e tecnologie nei settori agricolo e alimentare e in quello forestale Misura 133 - Azioni di informazione e promozione N° di PIF (Progetti Integrati di filiera) Olivicoli approvati: 8 Numero di aziende beneficiarie: 846 Contributi FEOGA: € 69.269.352,77 PIF - Progetto Integrato di Filiera PIF - Progetto Integrato di Filiera Numero di aziende Agrolivo 34 Cioc (Consorzio Interprov. Olivicolo Calabria) 81 Cotec Olivicolo Biologico e DOP 95 I trappiti 46 Olio C.A.S.O. 91 Olio di oliva geracese 255 Oleum plus 127 Le vie dell'olio 117 TOTALE 846 Contributi concessi* Misure attivate Dimensione territoriale 5.067.775 4.5 • 4.6 Provinciale (RC) 8.910.526 4.5 • 4.6 • 4.7 • 4.8 Interprovinciale 10.349.400 8.956.217 7.548.512 9.489.162 9.021.662 9.926.096 4.5 • 4.6 • 4.7 • 4.8 4.5 • 4.6 • 4.8 4.5 • 4.6 4.5 • 4.6 4.5 • 4.6 • 4.7 • 4.8 • 4.14 4.5 • 4.6 • 4.8 • 4.15 Interprovinciale Provinciale (CS) Provinciale (RC) Subprovinciale Interprovinciale Interprovinciale 69.269.352 * Valori in euro Interventi realizzati • Piani di miglioramento agrari • Potatura di risanamento e di riforma degli oliveti • Acquisto di macchine e attrezzature agricole • Ristrutturazione dei fabbricati rurali e dei frantoi • Acquisto di macchine per la molitura e l’imbottigliamento Attivazione di • Servizi di sostegno alle imprese • Servizi di consulenza tecnico/finanziaria e agronomica • Attività di formazione e di promozione Numero di aziende Olio di Calabria** IGRECO olio** Le vie dell'olio** Oleum Plus 2** Olio DOP Alto Crotonese Olivolio Oro verde di Calabria TOTALE Contributi concessi* Misure attivate 5 4 8 8 3 7 6 1.039.505 3.176.592 1.536.305 1.804.420 518.929 1.163.131 1.364.763 111-123-124 123-133 111-123-124 111-123 115-123-133 111-123 111-115-123-124-133 41 10.603.647 Dimensione territoriale Regionale Interprovinciale Interprovinciale Interprovinciale Provinciale Interprovinciale Interprovinciale * Valori in euro ** I Pif contrassegnati sono la prosecuzione/integrazione di PIF precedentemente presentati nella programmazione POR 2000-2006 Misure PSR Calabria attivabili da bando multimisura Misura 121 - Ammodernamento delle aziende agricole Misura 123 - Accrescimento del valore aggiunto dei prodotti agricoli e forestali Interventi realizzati Misura Numero Contributi di aziende concessi* • Interventi di miglioramento dell’efficienza delle aziende agricole 121 198 18.619.486 123 7 3.827.552 • Azioni di promozione e rafforzamento verticale della filiera TOTALE 205 22.4447.038 • Interventi nella fase di trasformazione * Valori in euro delle olive e dello stoccaggio e confezionamento degli oli di oliva • Interventi rivolti all’aumento del prodotto di qualità • Interventi di promozione e informazione • Azioni rivolte all’accrescimento dell’efficienza e dell’economicità dei processi produttivi e di commercializzazione • Interventi di formazione eccellenti risultati nella raccolta dell’uva, modificate al fine di renderle adatte anche alla raccolta delle olive (Foto 5). La forma di allevamento ritenuta più idonea per questo modello di olivicoltura è costituita da piante con un asse centrale di poco superiore ai 2 m, da mantenere nel tempo attraverso idonei interventi di potatura, al fine di permettere la riduzione della chioma e la formazione di strutture maggiormente appiattite adatte alla raccolta meccanica con le scavallatrici. Mancando materiale vegetale specificamente selezionato per questo tipo di piantagioni, la maggior parte di esse è stata finora realizzata, però, utilizzando solo due varietà di origine spagnola, Arbequina e Arbosana e una di origine greca, Koroneiki. Modello, questo della raccolta integrale, che pian piano si sta affermando anche in piante dalle forme e dimensioni tendenti al tradizionale, che, in Paesi come Argentina e Australia, ha dato a modelli di macchine dalle dimensioni sempre più rilevanti (Foto 6). Appare chiaro, quindi, che il futuro dell’olivo in Calabria passa anche attraverso l’innovazione di macchine e impianti, nel pieno rispetto di quella ricchezza unica che sono la biodiversità e l’identità genetica delle cultivar presenti, mirando sempre più alla produzione di olio di oliva extravergine di alta qualità, settore nel quale si è in grado di primeggiare, concretamente, sul mercato internazionale. Foto 4. Scuotitore radiocomandato Foto 5. Scavallatrice Foto 6. Colossus Gennaio-Marzo 2014 31 ƒ E’ anche una cura salvacuore VINCENZO MONTEMURRO L’aterosclerosi è la malattia più diffusa nei Paesi industrializzati del mondo occidentale, nei quali rappresenta la causa principale di morte e di disabilità e costituisce la fonte maggiore della spesa sanitaria (10% del PIL). Ogni anno in Italia 240.000 persone muoiono per malattie cardiovascolari, 160.000 hanno un attacco cardiaco, ogni 3-4 minuti una persona ha un infarto, 1 su 5 non riuscirà a superarlo, 1 su 4 arriva in ospedale entro 2 ore dall’inizio dei sintomi, 1.000.000 di persone hanno scompenso cardiaco. L’eziopatogenesi della malattia aterosclerotica è certa- Figura 1 32 mente multifattoriale: infatti, accanto agli aspetti di ordine genetico esistono molteplici fattori di rischio che concorrono alla genesi e all’aggravamento della malattia. I più importanti sono: l’ipercolesterolemia, il fumo di sigaretta, l’ipertensione arteriosa, il diabete mellito, l’obesità e l’inattività fisica. Numerose ricerche cliniche, sperimentali e soprattutto epidemiologiche condotte negli ultimi decenni, hanno messo in evidenza come l’incidenza della malattia aterosclerotica sia strettamente correlata alle abitudini alimentari delle popolazioni. Esiste, infatti, una netta prevalenza della malattia nei Paesi a elevato sviluppo economico rispetto a quelli in via di sviluppo e ancora, secondo le differenze alimentari regionali. Tali studi hanno dimostrato come l’alimentazione ricca in grassi animali favorisca le alterazioni del quadro lipidico che sta alla base della patogenesi della placca ateromatosa e che un aumento dei livelli del colesterolo plasmatico costituisce uno dei più importanti fattori di rischio, anche se non necessariamente prevalente. L’ipercolesterolemia da sola non è sufficiente a spiegare la patogenesi della malattia, in cui giocano un ruolo importante altre concause come le diverse frazioni lipoproteiche, le apoliproteine, i recettori per le LDL, Cardiologo Asp n. 5 Reggio Calabria l’iperaggregabilità piastrinica e soprattutto l’ossidazione delle lipoproteine (oxLDL). Lo sviluppo della placca ateromatosa è legato, in primis, a un’alterazione endoteliale della parete arteriosa (disfunzione endoteliale) i cui meccanismi d’innesco possono essere di natura chimica, meccanica, immunologica, metabolica, etc. Tali fattori mettono in moto un meccanismo patogenetico caratterizzato da: infiltrazione di colesterolo LDL ossidato nella parete arteriosa, intervento dei monocitimacrofagi con formazione di cellule schiumose, proliferazione delle cellule muscolari lisce vascolari, formazione della placca, infiammazione, fissurazione della placca, aggregazione delle piastrine con coinvolgimento dei fattori della coagulazione, formazione del trombo rosso, ostruzione del lume vasale, comparsa della sindrome ischemica acuta (STEMI – NSTEMI), morte improvvisa (Figura 1). La lesione iniziale dell’endotelio rappresenta l’elemento patogenetico fondamentale per consentire la penetrazione del colesterolo LDL ossidato che assume così un ruolo citotossico per l’endotelio. A fronte di ciò, va sottolineato il ruolo importante giocato dal colesterolo assunto con l’alimentazione, ma più ancora dalla diversa natura dei grassi alimentari e degli agenti antiossidanti. Il legame fra riduzione del colesterolo e riduzione degli eventi cardiovascolari con diete cardioprotettive, emerso in tutti gli studi epidemiologici, ha contribuito in maniera fondamentale a enfatizzare i vantaggi derivanti da abitudini alimentari protettive tipiche di certe popolazioni (Asia, Mediterraneo) nei soggetti a rischio cardiovascolare. Nasce così il concetto di dieta mediterranea. Tra i componenti più tipici, quasi esclusivi, della dieta mediterranea, un ruolo importante è svolto da olive e uva e dai fluidi che da essi derivano: Olio I L di oliva e Vino. Oliva e uva sono esposti a un ambiente altamente pro-ossidante, cioè prevalentemente al sole e al calore; per tale motivo la natura le ha dotate di meccanismi di difesa molto potenti rappresentati, appunto, da alte concentrazioni di composti fenolici sintetizzati dall’enzima inducibile fenolo-sintetasi. I fenoli sono importanti per la stabilità e le proprietà organolettiche dell’olio, il loro contenuto (idrossitirosolo, oleuropeina) correla con la stabilità, cioè con la resistenza all’irrancidimento, alti livelli di fenoli tendono a impartire agli oli un sapore vagamente fogliaceo o addirittura amaro. I livelli dei fenoli negli oli sono influenzati da vari fattori, tra i più rilevanti: la varietà (cultivar), il clima, le condizioni di raccolta delle olive, la preparazione degli oli. Nelle olive, i composti fenolici in esse contenuti vengono trasferiti solo in parte nell’olio perché non sono particolarmente lipofili. La loro concentrazione nell’olio può variare da 50-100 mg/kg fino a 800 mg/kg, ed è massima negli oli extra-vergini (200250 mg/kg in media), mentre negli oli raffinati, di seconda qualità i livelli sono molto bassi. Tra i componenti fenolici più importanti ricordiamo i fenoli semplici (idrotirosolo e tirosolo) e i fenoli complessi (oleuropeina ligstroside), formati dalla coniugazione dell’acido elenolico rispettivamente con idrossitirosolo e tirosolo. Nell’oliva, l’oleuropeina è presente sotto forma di derivato glucosidico, molto più idrofilo dell’oleuropeina-aglicone, composto lipofilo che si forma dall’oleuropeina presente nel frutto durante la spremitura e che passa quindi nell’olio. L’oleuropeina, che contiene idrossitirosolo, o l’idrossitirosolo stesso, che è un fenolo semplice, sono tra i componenti più attivi dal punto di vista biologico perché contengono una struttura orto-difenolica di tipo catecolico. Il tirosolo, invece, che ha un solo ossidride, e il fenolo complesso corrispondente che è il ligstroside, hanno scarsa attività biologica; ciò è importante per definire la qualità di un olio non solo dalla quantità dei componenti fenolici ma soprattutto dalla loro natura. I fenoli semplici (tirosolo) e in parte anche quelli complessi (ligstroside) sono poco lipofili e invece abbastanza solubili nell’acqua; ciò spiega perché nell’olio troviamo solo una piccola quota, circa 5-10% di fenoli totali presenti nelle olive. Il contenuto in fenoli è massimo nelle olive da spremitura, che a causa di ciò sono pressoché immangiabili per la loro asprezza, mentre le olive trattate destinate al consumo alimentare diretto hanno livelli molto più bassi di fenoli, pur essendo ancora abbastanza ricche di idrossitirosolo e tirosolo. La componente lipidica dell’olio deriva per il 98% dall’epicarpo e dal mesocarpo, mentre l’endocarpo vi contribuisce solo per il 2%; l’endocarpo non contiene fenoli mentre è molto ricco di vitamina E, per contro il mesocarpo, presenta livelli molto alti di composti fenolici e molto basso di vitamina E, per questo motivo, la vitamina E si trova in alte concentrazioni nell’olio di semi è in quantità basse nell’olio di oliva. P O S S I B I L I M E C C A N I S M I C A R D I O P RO T E T T I V I D E L L’ O L I O E X T R A - V E RG I N E D I O L I VA L’olio di oliva è il principale grasso della dieta mediterranea, le proprietà salutari sono dovute principalmente a un alto contenuto di acido oleico, grasso monoinsaturo (MUFA). La protezione cardiovascolare è indotta dalla capacità antiossidante di molti componenti dell’olio extravergine (fitosteroli, flavonoidi e polifenoli, beta-carotene, vitamina-E). AZIONE DEI POLIFENOLI CONTENUTI N E L L’ O L I O E X T R A - V E RG I N E D I O L I VA Inibiscono la produzione degli anioni superossidi (radicali liberi) favorendone anche la rimozione: ridotta ossidazione delle LDL, inibiscono l’aggregazione piastrinica e la produzione di Trombossano-TXA2 e di Leucotriene-LTB4: attività antitrombogena (inibizione del F O C U S Tissue factor) e anti-infiammatoria, favoriscono il rilascio di NO dai macrofagi: modulazione della motilità della pareti dei vasi, modificano il profilo lipidico con riduzione del colesteroloLDL, inibiscono l’espressione delle molecole di adesione (VCAM-1) attraverso una inibizione del fattore di trascrizione nucleare (NF-kb) inibendo l’adesione dei monociti alle cellule endoteliali. L’uso regolare dell’olio di oliva extravergine riduce la percentuale degli eventi cardiovascolari, come evidenziato dallo studio GISSI-prevenzione. In particolare l’azione anti-infiammatoria dell’olio extravergine di oliva è legata alla capacità dell’oleocanthal, suo componente, che gli conferisce il caratteristico sapore pungente e la sensazione di irritazione alla gola, di inibire gli enzimi che intervengono nelle vie metaboliche dell’infiammazione, del tutto simile a quella indotta da alcune sostanze anti-infiammatorie non steroidee quali l’ibuprofene (Ibuprofenlike activity). In conclusione, la prevenzione cardiovascolare in Italia dovrebbe promuovere uno stile di vita sano, salvacuore, diffondere la cultura del rischio cardiovascolare globale, in sinergia con i medici di medicina generale, affiancare l’opera del medico e del cardiologo nella lotta contro le malattie cardiache e vascolari, dare al cittadino tutti gli strumenti per prevenire o almeno ritardare l’insorgenza delle malattie cardiovascolari con un’opera di educazione/promozione della salute destinata a tutte le fasce della popolazione, comprese quelle dei più giovani, e con lo sviluppo di campagne di sensibilizzazione mirate, tramite i mezzi di comunicazione. Infine privilegiare i nutrienti presenti nella dieta mediterranea, in particolare l’olio extravergine di oliva, meglio se di provenienza calabrese in quanto più ricco in polifenoli antiossidanti, che hanno un ruolo protettivo indipendente dagli interventi farmacologici, con attività antiossidante, antitrombogena, anti-infiammatoria, normalizzante il profilo lipidico, modulante la risposta pressoria, migliorativa del profilo di rischio cardiovascolare. Gennaio-Marzo 2014 33 ƒ Educazione alimentare: una scelta vitale Pandolea è un’associazione senza fini di lucro costituitasi nel 2003 che riunisce produttrici di olio extravergine di oliva, ma anche donne professionalmente impegnate nel settore come agronome, ricercatrici, giornaliste, dietiste, chimiche. L’associazione ha carattere culturale e mira a valorizzare l’imprenditoria femminile delle piccole aziende olivicole, promuovere l’olio di qualità italiano e i territori in cui si attuano le produzioni di pregio. «Ma la prima mission dell’associazione – sottolinea la presidente Loriana Abbruzzetti – è promuovere l’educazione alimentare tra i giovani attraverso attività che si svolgono prevalentemente nelle scuole di ogni ordine e grado e che, nei 10 anni di vita, hanno coinvolto circa 15.000 studenti in tutta Italia». In questa scelta strategica, che ruolo gioca l’olio? «Partiamo da una premessa. E’ stata una scelta naturale, perché noi donne spesso siamo anche mamme e abbiamo la sensibilità e la responsabilità di educare i nostri figli a mangiare sano e a crescere consapevoli delle proprie scelte, comprese quelle alimentari. Se è vero che in Italia ormai il 25% degli adolescenti è sovrappeso e 1 su 10 è obeso, questo è dovuto principalmente alla scarsa attenzione delle famiglie verso l’alimentazione e alla pessima abitudine a mangiare snack e merendine. Un rapporto con il cibo errato che può essere però recuperato nell’ambito scolastico attraverso le attività delle insegnanti, ma soprattutto con un sistema educativo che si basa sulla collaborazione tra in- 34 Dieci anni di attività dell’associazione femminile Pandolea: ne parliamo con la presidente Loriana Abbruzzetti segnanti e genitori. Noi di Pandolea crediamo che l’olio, che è uno degli elementi che compone la nostra catena alimentare, possa essere l’alimento che più di ogni altro mette insieme storia, tradizione, famiglia, dieta, emozioni e tanto altro». E operativamente come vi muovete? «Ogni anno ci rechiamo nelle scuole o ospitiamo gli studenti presso le nostre aziende convinte che solo attraverso l’esperienza – e quindi odorare, toccare, assaporare, giocare – si possa ottenere qualche risultato. Per questo nel 2013, in occasione del nostro decimo anniversario, durante un convegno dal titolo Un filo d’olio, che si è svolto a Roma il 12 giugno, abbiamo voluto festeggiare facendo una richiesta forte e formale ai ministeri competenti (Agricoltura, Istruzione, Salute) affinché venga istituita una Settimana dell’educazione alimentare nelle scuole e sulla base delle nostre esperienze sul campo chiediamo di essere coinvolte nei lavori delle commissioni che si stanno occupando di questi temi». Quali sono i vostri principali progetti? «Mamma insegnami a mangiar, che si rivolge ai bambini delle scuole materne, o anche degli asili nido, in cui si richiede una partecipazione attiva dei genitori; la classica e ormai storica Bruschetta VS merendina, per i bambini delle scuole elementari e medie, per lo svolgimento della quale da anni otteniamo il patrocinio del Mipaaf; Abbasso la frode: extravergine = qualità, per i più grandi, attività di approfondimento da svolgersi negli istituti superiori, in particolare agrari e alberghieri; Extravergine: assaggi di fine anno, con un saggio conclusivo negli Ipssar dopo aver ampiamente parlato di olio e ancora Aperivolio, un modo nuovo di presentare l’olio ai giovani mentre degustano cocktail, Gelato all’olio, dove il gelato non ha solo il gusto dell’olio ma è fatto utilizzando l’olio extravergine di oliva in alternativa agli altri grassi di origine animale. Si tratta di progetti che mirano a far vivere l’olio in modo diverso, semplice, immediato, con simpatia, in momenti di relax, ed è per questo che ci rivolgiamo ai giovani affidandoci alle opere/vignette di alcuni dei migliori umoristi italiani come Mangosi, Melanton, Martellini, con i quali abbiamo organizzato eventi sull’umorismo nell’olio, il più importante dal titolo Amore e olio». Progetti di crescita? «Grazie al forte e costante impegno delle socie nelle numerose attività di educazione alimentare, molte donne in questi anni hanno voluto dare il proprio contributo e l’associazione sta crescendo in tutte le regioni olivicole italiane, in particolare in Calabria, una delle regioni più interessanti del panorama olivicolo italiano». ƒ I L F O C U S La via privilegiata del prodotto artigianale Se immaginiamo di guardare dall’alto la Calabria dell’olio, notiamo che splendidi esempi di olivicoltura innovativa cercano spazio in quella tradizionale, da Cosenza fino a Reggio. Il sistema tradizionale di allevamento delle piante porta con sé una cultura tutta propria di gestione del tempo, dalla raccolta all’estrazione. Abitudini profonde, proprie di un ambiente silenzioso, che svolge la sua opera guardando più alla quantità che alla qualità. Quell’olio, finisce poi nel mercato di tutti, dove a dettar legge è il prezzo. Il più basso. Le cose stanno cambiando. Oliveti ordinati e ben curati, sgomitando, hanno guadagnato spazio e da oltre un decennio l’olivicoltura calabrese è in evoluzione, nei sistemi di gestione della pianta, nei tempi di raccolta delle olive e nelle fasi di estrazione dell’olio. Un’innovazione del pensiero che porta al radicamento lento, ma costante, di progetti di olivicoltura virtuosa, che fanno sentire la voce della Calabria dell’olio vero, dell’olio artigianale. Una Calabria dell’olio nuova, dinamica, giovane, dove la testa di uomini e donne vocati all’olivicoltura corre veloce. QUA L È L A QUA L I T À P E RC E P I TA DELLA CALABRIA DELL’OLIO? Quando si tratta di prodotti agroalimentari con tipicità forti, qualità certificata, con un marchio di territorio che innalza la qualità percepita dei consumatori, l’accesso al mercato è facile e con esso la vendita. Basta pensare a quanto è forte il valore del marchio Toscana nei consumatori. Se il valore del territorio non è forte, è ridotta anche la qualità percepita, nonostante la qua- MAURIZIO PESCARI Giornalista lità eccellente di un prodotto. Quanto è forte la qualità percepita della Calabria dell’olio? La risposta è dura da digerire. E’ evidente che il territorio ancora oggi paga in valore decenni di gestione in cui la quantità ha sempre prevalso sulla qualità. U N A S T R A DA N U O VA E S I S T E La strada per dare una svolta alla situazione attuale, che si trascina a tutti i livelli da decenni, appare già tracciata. Anche in Calabria. Basta saper riconoscere e valutare il lavoro di decine di giovani produttori di olio, in famiglie giunte alla seconda o alla terza generazione d’impegno in questo settore, che hanno dimostrato di aver già cambiato la maniera di veder le cose. Guardano avanti senza condizionamenti, abbandonano le consuetudini e sanno fare impresa. E non solo a livello produttivo, con la raccolta all’invaiatura superficiale e l’estrazione immediata, dettagli centrali, importanti, ma che da soli non risolvono il problema. T E S T E N U O V E P E R U N N U O V O M E R C AT O I giovani calabresi dell’olio hanno capito bene l’importanza di essere padroni della loro attività, di doversi svincolare dalle consuetudini e di poter disegnare da soli un percorso vincente. Nuove generazioni fatte di ragazze e ragazzi che hanno studiato, magari lontano dalla loro terra, hanno formato la loro mente professionale svincolandola dalle consuetudini di famiglia e al termine del loro percorso sono tornati a casa, per dare da protagonisti un futuro diverso all’azienda di famiglia, diventando cultori e difensori della tipicità reale dell’olio calabrese, delle decine di cultivar che lo caratterizzano, affidandosi con fiducia alla certificazione. CAPIRE CHI VUOLE IL MIO OLIO, CREARE IL MIO MERCATO Questi nuovi imprenditori sanno che un prodotto si vende se ha il giusto posizionamento e che questo si ottiene solo da una corretta analisi di mercato. Ciò significa innanzitutto fare una netta divisione tra olio industriale e olio artigianale, amplificando le differenze di qualità e di prezzo di due tipologie di prodotto. Se per l’olio industriale è il mercato a determinare il prezzo sullo scaffale e a quel prezzo tutti devono adeguarsi, pena l’uscita dal mercato stesso, nel secondo caso, quello del prodotto artigianale, il prezzo è diverso, perché frutto di costi di produzione diversi e di conseguenza diverso dovrà essere il posizionamento. Non è l’industria l’antagonista dell’artigiano, l’obiettivo non è lo scaffale del supermercato generalista, dove il 95% del mercato dell’olio che gira ha un prezzo tra i tre e i quattro euro al litro. L’olio artigianale è un’altra cosa e deve tendere a un mercato diverso, all’interno del quale lavorare per incrementare la redditività del prodotto. Gennaio-Marzo 2014 35 P S R C A L A B R I A Verso il nuovo Psr: azioni mirate, nuove strategie La nuova Programmazione potrà fare tesoro delle passate esperienze e rendere l’intervento pubblico più efficace ALESSANDRO ZANFINO Autorità di Gestione del PSR Calabria 2007-2013 Premessa G I O VA N N I A R A M I N I Dirigente del Settore 3 del Dipartimento Agricoltura, Foreste e Forestazione Regione Calabria La discussione che si sta sviluppando intorno al nuovo periodo di Programmazione riguarda sostanzialmente due segmenti di attività. Il primo è da ricondurre alla necessità di adeguarsi con puntualità al percorso logico messo in atto da livelli istituzionali sovraordinati rispetto alla sfera regionale. Il confronto con i soggetti responsabili della gestione dei fondi diversi dal FEASR, la definizione del Contratto di partenariato e infine l’implementazione del Programma di Sviluppo Rurale. Un’attività impegnativa che implica il rispetto di una tempistica serrata, ma che deve portarci già nel 2014 alla pubblicazione dei primi bandi per l’utilizzo delle risorse 2014-2020. Relativamente a questo filone di attività va sottolineato che i rigidi meccanismi di rendicontazione adottati con la programmazione in corso, stanno determinando una situazione assai più favorevole rispetto al passato. A fine 2008, infatti, i progetti ancora aperti, relativi alla programmazione 2000-2006, erano circa il 50% dell’intero programma. Ancora oggi, a distanza di circa un decennio dai primi bandi esiste un numero elevato di progetti aperti. Nel caso dell’attuale Programma di Sviluppo Rurale, al contrario, il rischio di disimpegno automatico delle risorse (N+2) e l’impossibilità di rendicontare Progetti coerenti, hanno garantito una maggiore efficienza gestionale. Entro il 2015 le risorse saranno completamente utilizzate e la Struttura amministrativa sarà completamente proiettata nella gestione del nuovo pro- 36 gramma, con un periodo di sovrapposizione gestionale limitato al 2014 e 2015. Il secondo segmento di attività riguarda la definizione delle strategie regionali da mettere in atto per superare le criticità emerse e per rendere l’intervento pubblico in agricoltura sempre più efficace in termini di crescita della competitività delle aziende, di tutela del territorio, di valorizzazione del paesaggio, di tutela dell’ambiente naturale e di miglioramento delle condizioni di vita nelle aree rurali. Questo secondo aspetto costituisce la sfida più importante rispetto alla quale dobbiamo misurare la capacità di innovazione del sistema, andando al di là dell’efficienza gestionale delle risorse economiche e introducendo elementi nuovi e più coerenti con le esigenze espresse da un settore primario che si conferma il fulcro dell’economia regionale, ma che necessita di profondi processi di innovazione. E’ in questo indirizzo che si propongono le riflessioni che seguono. Differenti politiche per differenti territori Il territorio regionale presenta una forte variabilità ambientale. La carta dei suoli della Calabria descrive 150 diverse tipologie di suoli che si combinano con un numero assai elevato di differenti paesaggi. Anche il clima determina condizioni particolarmente varie, con precipitazioni che variano dai 500 mm del versante ionico ai 1.500-2.000 del versante tirrenico. Tale variabilità ambientale si riflette in maniera diretta sulle potenzialità produttive del territorio e in modo particolare sull’attitudine a specifiche destinazioni agricole o silvopastorali. A questa complessità ambientale e produttiva deve saper guardare il Piano di Sviluppo Rurale, con interventi diversificati sulla base delle specificità territoriali. Si tratta di cambiare l’attuale paradigma basato su un programma che guarda in maniera indistinta a tutto il territorio regionale per passare a un programma più articolato che introduce forti elementi discriminanti basati su una zonazione spinta del territorio. In altri termini, è necessario domandarsi in quali territori è possibile produrre eccellenze in grado di competere in un mercato sempre più difficile e concentrare gli sforzi in tali ambienti. Se è vero, ad esempio, che l’olivicoltura trova idonee condizioni edafiche su tutto il territorio regionale, è pur vero che soltanto alcuni comprensori esprimono prodotti di elevata qualità (es. aree DOP, quote altimetriche più elevate, suoli a tessitura grossolana, etc). Tutte le produzioni regionali, dai prodotti di nicchia a quelli maggiormente rappresentativi, presentano areali di produzione a maggiore attitudine. L’azione incentivante dell’intervento pubblico deve accompagnare i processi di crescita in tali areali, dove maggiore può essere l’efficacia delle azioni messe in atto. Territorializzazione spinta significa anche rafforzamento dell’efficacia di alcune misure. Si pensi, ad esempio, agli interventi finalizzati alla conservazione degli elementi tipici del paesaggio. E’ opportuno finanziare il ripristino di muretti a secco su tutto il territorio regionale? Oppure è più efficace concentrare gli interventi in aree preliminarmente individuate (Costa Viola, alcune aree del versante tirrenico o della pre-Sila) in cui tali elementi rappresentano un aspetto distintivo del paesaggio? La forte variabilità ambientale del territorio calabrese – 150 diverse tipologie di suoli – si riflette direttamente sulle produzioni agricole e silvopastorali Semplificazione amministrativa La semplificazione amministrativa deve diventare una precondizione nella gestione dei fondi comunitari. Tuttavia, la complessità procedurale e, soprattutto, la necessaria azione di controllo e di trasparenza gestionale, configgono con la necessità di dare risposte in tempi certi al sistema produttivo. E’ evidente che una appropriata definizione del target dei beneficiari delle singole Misure può contribuire significativamente al miglioramento dell’efficienza amministrativa. Attualmente il rapporto risorse disponibili per Misura e istanze di aiuto è pari a 1:10. Ciò ha deterL’intervento pubblico minato grandi difficoltà gestionali con ritardi non sostenibili nella sedeve accompagnare lezione dei beneficiari e nell’erogai processi di crescita zione delle risorse. Un rapporto 1:3 sarebbe sufficiente a garantire una delle realtà produttive adeguata selezione dei progetti che maggiormente guardano migliori e al contempo consentirebbe di ridurre notevolmente i al territorio e al mercato tempi di risposta della macchina amministrativa regionale. Per le Misure strutturali indirizzate al miglioramento della competitività del settore primario, l’identificazione dei beneficiari con le realtà produttive che guardano al mercato risulterebbe più coerente con le finalità degli interventi e costituirebbe un forte elemento di semplificazione amministrativa (es. PLV maggiore di una certa soglia, numero di occupati, IAP, CD, etc.). Gennaio-Marzo 2014 37 C A L A B R I A Un nuovo protagonismo dell’Amministrazione pubblica P S R Alcune linee di intervento delle politiche di sviluppo rurale presuppongono la definizione di precise strategie regionali, al fine di rendere più coerenti le azioni messe in atto rispetto alle reali criticità del territorio. L’Amministrazione pubblica deve costruire il quadro di riferimento all’interno del quale raccogliere e valutare le idee progettuali, favorendo in tal modo, la convergenza delle singole iniziative su un progetto complessivo orientato al rafforzamento dei singoli comparti e più in generale del sistema agricolo e agroindustriale. Un primo esempio è rappresentato dalle Misure volte alla valorizzazione delle risorse umane, formazione e informazione in primo luogo. L’analisi dei fabbisogni formativi e informativi per i diversi comparti produttivi e per i diversi territori deve essere posta alla base dell’implementazione dei bandi e della selezione delle idee progettuali: un approccio nuovo in grado di contribuire a fare della formazione un reale elemento di crescita del territorio, evitando sovrapposizioni di percorsi formativi non sempre coerenti con le esigenze del contesto produttivo. E’ necessario riportare lo strumento al servizio dell’agricoltura evitando il processo inverso che mette al centro le esigenze delle strutture di formazione. Anche nel caso della ricerca per le innovazioni di prodotto e di processo è necessario coinvolgere le iniziative progettuali sulla base di orientamenti regionali preliminarmente definiti. Il dialogo fra sistema agricolo e mondo della ricerca deve muovere dalla consapevolezza che i fondi per lo sviluppo rurale contribuiscono alla sperimentazione e al trasferimento di innovazioni in grado di incidere concretamente nel settore agricolo e agro-ambientale. La sperimentazione di un nuovo sistema di packaging capace di aumentare la serbevolezza di un prodotto ortofrutticolo, ad esempio, e non l’estrazione delle sostanze polifenoli che dal vinacciolo. In altri termini la ricerca, anche nel settore agricolo, deve continuare a essere prerogativa di istituzioni di ricerca, mentre le innovazioni in grado di dare risposte concrete al sistema produttivo possono essere il frutto dell’azione sinergica fra mondo della ricerca e imprese agricole. La politica agricola regionale ha conseguito risultati concreti negli ultimi anni: valga per tutti l’esempio degli oli extravergini di qualità, la cui valorizzazione si riverbera positivamente sull’intero sistema produttivo calabrese 38 E’ evidente che ciò presuppone la definizione di un documento di indirizzo capace di raccogliere priorità di intervento condivise con tutti i portatori di interesse. Infine, la promozione dei prodotti regionali sui mercati interni. Anche in questo caso è necessario mettere in atto strategie in grado di fare convergere le singole proposte progettuali su un’idea complessiva di valorizzazione dei prodotti regionali. Negli ultimi decenni la qualità intrinseca delle produzioni agricole ha fatto registrare un significativo trend positivo. Dagli oli lampanti degli anni ’90 agli oli extravergini di qualità di oggi, dai vini da taglio a importanti etichette che si stanno affermando non solo sui mercati nazionali, dai prodotti generici a decine di prodotti di qualità certificata nel settore ortofrutticolo e zootecnico. Un territorio che può trarre dalla tradizionale marginalità di un sistema agricolo arcaico elementi importanti per la crescita dei propri prodotti attraverso la valorizzazione dell’immagine. Un territorio che vanta un utilizzo di input chimici particolarmente contenuto, in cui, tra l’altro, un terzo della propria superficie agricola è gestita in biologico. E’ su questi aspetti che va costruita una strategia complessiva di promozione del territorio calabrese e dei suoi prodotti agricoli. Il PSR offre un’importante opportunità la cui efficacia può essere rafforzata attraverso un progetto unico di promozione del made in Calabria, capace di far coesistere le iniziative dei singoli soggetti promotori. La promozione dei singoli prodotti deve basarsi e deve contribuire alla promozione dell’intero sistema agricolo regionale. La progettazione integrata Le azioni indirizzate a favorire la collaborazione fra i vari soggetti della filiera produttiva (PIF), oppure fra le varie istituzioni che operano sul territorio rurale (PIAR), sperimentate nel periodo di programmazione 2000-2006 e consolidate nell’attuale periodo di programmazione, devono trovare nuovi elementi di rafforzamento nel periodo 2014-2020. La positiva esperienza dei progetti integrati di filiera conferma la validità di questa modalità attuativa del Piano di Sviluppo Rurale. Basti pensare ai progetti realizzati nella filiera olio, nel comparto or- tofrutticolo, in quello zootecnico e non ultimo, in quello vitivinicolo. Particolarmente interessanti anche le esperienze maturate in alcune filiere minori come il fico essiccato, la liquirizia di Calabria, il limone di Rocca Imperiale, etc. Un contributo importante per la crescita qualitativa delle produzioni, per l’introduzione di nuovi processi produttivi e di nuove strategie di promozione sui mercati nazionali ed esteri. E’ evidente, tuttavia, la necessità di avviare una nuova fase della progettazione integrata basata su una più incisiva azione di coordinamento da parte dell’amministrazione pubblica. L’attivazione di tavoli tecnici di filiera potrebbe contribuire alla definizione di strategie specifiche e priorità di interventi da concretizzare in proposte progettuali rispondenti alle attuali criticità dei diversi segmenti delle filiere stesse. Tali proposte progettuali potrebbero costituire il contenitore all’interno del quale inserire gli interventi dei singoli beneficiari delle diverse linee di intervento. Ciò consentirebbe di aumentare l’effetto sinergico delle azioni messe in atto, evitando sovrapposizioni territoriali di iniziative e una più coerente politica di concentrazione delle produzioni. La preliminare definizione di proposte progettuali favorirebbe, tra l’altro, una più opportuna distribuzione delle risorse e degli interventi sia a livello territoriale che per le singole filiere produttive. Anche nel caso della progettazione integrata per le aree rurali si rende necessario rafforzare gli aspetti legati alle specificità territoriali, favorendo la crescita delle potenzialità endogene delle aree stesse. In un territorio in cui, alla spiccata variabilità ambientale, sono associate forti localismi socio-culturali e differenti dinamiche economico-produttive, i fondi per lo sviluppo rurale devono saper coniugare i diversi aspetti di crescita del territorio. Una cornice unica per interventi infrastrutturali, promozione del turismo rurale, interventi di tutela e valorizzazione del paesaggio, non ultimo, rafforzamento dei servizi alle popolazioni rurali. Ma, con ogni evidenza, l’integrazione degli interventi deve saper enfatizzare quelle specificità territoriali che rendono unico ogni comprensorio. In altri termini, non una somma di interventi infrastrutturali, ma una idea complessiva di crescita del territorio che deve risultare riconoscibile e coerente con le potenzia- lità intrinseche dell’area di intervento e le cui implicazioni positive possono riflettersi sui differenti aspetti della vita nelle aree rurali e sulla fruibilità delle risorse paesaggistico-ambientali. Il ruolo della nuova Agenzia per lo Sviluppo Agricolo Fra i soggetti che costituiscono il sistema amministrativo coinvolto nella gestione delle politiche agricole comunitarie, un ruolo rilevante potrà essere svolto dalla nuova Agenzia Regionale per lo Sviluppo Agricolo. Se la Struttura del Dipartimento Agricoltura e l’ARCEA, infatti, sono chiamati alla gestione diretta degli interventi e all’erogazione delle risorse economiche, dall’ARSAC potrà derivare il valore aggiunto legato al supporto tecnico agli interventi finanziati. Si pensi ad esempio alla progettazione integrata. Un progetto integrato di filiera, che assorbe mediamente qualche milione di euro, merita di essere accompagnato, sia nella fase di elaborazione della proposta che in quella attuativa, da un referente tecnico di parte pubblica. Solo così l’Amministrazione potrà estendere il proprio ruolo, non limitandosi esclusivamente alla gestione dei fondi, ma promuovendo modelli virtuosi orientati alla qualità delle produzioni e alla valorizzazione del territorio. Anche la complessa questione dei controlli amministrativi e in loco, sia per le Misure cosiddette a superficie che per quelle strutturali, potrà essere affrontata in maniera compiuta, attraverso un coinvolgimento pieno della nuova Agenzia agricola. Ciò consentirebbe di uscire da una gestione emergenziale che rende in qualche caso necessario il ricorso a soggetti esterni (SIN) e accrescerebbe l’autonomia organizzativa con concrete implicazioni positive per l’intero sistema agricolo. In altri termini, è necessario abbandonare il concetto di ente strumentale inteso come soggetto esterno all’Amministrazione regionale per promuovere l’idea dell’integrazione delle competenze fra i diversi soggetti del sistema amministrativo (Dipartimento Agricoltura – ARCEA – ARSAC). Gennaio-Marzo 2014 Festa di nozze tra gli ulivi secolari della piana di Gioia Tauro: i fondi per lo sviluppo rurale possono incidere virtuosamente su un territorio dai forti localismi socio-culturali e differenti dinamiche economico-produttive. Dall’agricoltura alla promozione del turismo rurale, dalla tutela e valorizzazione del paesaggio fino al rafforzamento dei servizi per le popolazioni rurali, si procede nell’ottica della crescita integrata 39 S T U D I O L O Come si combatte il Cinipide galligeno del castagno Nel 2009 è stata segnalata ufficialmente la presenza in Calabria del Cinipide galligeno del castagno, Dryocosmus kuriphilus Yasumatsu. E’ stato compito del Servizio Fitosanitario Regionale attuare le Misure di emergenza previste dal Decreto MIPAAF del 30 ottobre 2007, finalizzate a impedire la diffusione dell’insetto. Infatti, a partire dal 2009 si è proceduto a delimitare le aree infestate attraverso verifiche e monitoraggi in campo, a valutare i livelli di infestazione e a vigilare sulle attività vivaistiche per la commercializzazione di materiale sano opportunamente allevato in siti cosiddetti indenni e accompagnato dal previsto passaporto delle piante. a cura del Servizio Fitosanitario della Regione Calabria L’enorme potenziale biotico dell’insetto ha fatto sì che lo stesso si riproducesse in maniera esponenziale e infestasse l’intero patrimonio castanicolo regionale facendolo registrare come una presenza endemica. Ben note sono, oggigiorno, le perdite arrecate all’economia castanicola calabrese, con particolare riferimento alle produzioni frutticole, dall’infestazione subita. Altrettanto noto è l’unico mezzo di controllo efficace contro il Cinipide galligeno del castagno che risulta essere la lotta biologica attraverso il suo antagonista naturale, il Torymus sinensis, la cui attività di parassitizzazione delle larve nemiche, consente di raggiungere un equilibrio tra le due popolazioni e pertanto un contenimento dell’infestazione. FACCIA A FACCIA, IL TERRIBILE PARASSITA E IL SUO ANTAGONISTA NATURALE Torymus v/s Dryocosmus: la guerra è aperta Dryocosmus kuriphilus YASUMATSU, 1951 Famiglia Cynipidae Genere Dryocosmus Specie D. kuriphilus Originario dell’Asia Orientale (Cina e Giappone), ha fatto la sua comparsa in Europa nel 2002 con i primi avvistamenti in Italia nella provincia di Cuneo. Negli ultimi anni si è diffuso ulteriormente, interessando 15 delle 20 regioni italiane. Dal 2009 il Dryocosmus kuriphilus risulta presente nella Regione Calabria – primo ritrovamento in agro di San Luca (RC). Dalle foto, tratte dal web, si notano, in alto, una femmina che ovidepone su una gemma, e in basso le galle che troveremo a primavera inoltrata. 40 Torymus sinensis KAMIJO, 1982 Famiglia Torymidae Sottofamiglia Toryminae Genere Torymus Specie T. sinensis Originario dell’Asia Orientale (Cina e Giappone) è antagonista specifico del Dryocosmus kuriphilus, meglio conosciuto come Cinipide galligeno del castagno. Torymus sinensis, infatti, si comporta come ectoparassita monofago. E’ stato introdotto in Italia per la prima volta a opera dalla Facoltà di Agraria di Torino in Piemonte nell’anno 2003 per contrastare la diffusione del D. kuriphilus. I primi risultati conseguiti possono ritenersi incoraggianti. Copertura geografica dei rilasci di T. sinensis sul territorio regionale anno 2012 e 2013 2012 Aderendo al progetto nazionale finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, elaborato nell’ambito del Tavolo di Filiera Frutta in Guscio, la Regione Calabria, Dipartimento Agricoltura, ha sviluppato un elaborato tecnico utile a ottenere un contributo alla realizzazione di un centro di moltiplicazione del T. sinensis. Nel 2012 si è dato avvio ai rilasci di T. sinensis nei castagneti calabresi. L’attività è proseguita nell’anno 2013 con un congruo numero di rilasci incrementato dall’intraprendenza di alcuni castanicoltori ed enti locali che hanno acquistato coppie del parassitoide, la cui capacità di controllo andrà testata negli anni a venire. L’efficacia dei rilasci effettuati sarà direttamente proporzionale alle cure colturali e agronomiche cui dovranno essere sottoposti i castagneti, al fine di consentire loro positivi segnali di reazione all’infestazione. La lotta biologica attuata con il metodo propagativo, avendo come obiettivo il ripristino degli equilibri fitofago-parassitoide, richiede tempi medio-lunghi. Il mantenimento della vigoria vegetativa e produttiva dei castagneti è pertanto di fondamentale importanza. L’ormai accertata presenza di diversi parassitoidi autoctoni, capaci anch’essi di esercitare un buon controllo sul Cinipide galligeno del castagno, lascia intravedere una sinergia di azione con i rilasci effettuati, che nei castagneti regionali andrà a totale beneficio delle piante colpite. Il Servizio Fitosanitario Regionale intraprenderà, infatti, con il supporto dell’Università Mediterranea degli Studi di Reggio Calabria, uno studio mirato a verificare, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, i possibili antagonisti di casa nostra. Attualmente tutti i castanicoltori dovrebbero seguire pochi ma validi accorgimenti al fine di creare le condizioni favorevoli all’insediamento sia del T. sinensis che degli altri parassitoidi utili alle strategie di controllo biologico del Cinipide. I principali suggerimenti da porre in atto sono: 1. evitare di rimuovere le galle dagli alberi in quanto le stesse possono essere potenzialmente parassitizzate da parte di predatori naturali; 2013 Distribuzione del numero di rilasci di Torymus sinensis sul territorio regionale suddiviso per province MIPAAF Enti/Privati Gratuiti1 Castagni monumentali2 Totale Catanzaro Cosenza Crotone Reggio Calabria Vibo Valenzia 14 21 4 16 8 42 29 8 - 5 5 - 1 1 3 - 62 56 12 19 8 Totale 63 79 10 5 157 Provincia 1 2 Lanci gratuiti forniti al SFR dalla Green Wood Service srl Lanci gratuiti forniti su richiesta dalla Green Wood Service srl 2. non effettuare trattamenti chimici nei castagneti né in zone a essi limitrofe; 3. non distruggere, bruciare o asportare il fogliame e gli scarti di potatura prima della fine di maggio dell’anno successivo alle operazioni colturali. Di fondamentale importanza ai fini fitosanitari e nel rispetto delle norme dettate dal decreto di lotta obbligatoria, DM 30 ottobre 2007, in caso di nuovi impianti bisognerà che il materiale vegetale sia accompagnato dal passaporto delle piante, quale unica garanzia di materiale propagativo non infestato. Ogni utile informazione potrà essere richiesta al Servizio Fitosanitario della Regione Calabria. Gennaio-Marzo 2014 41 R E T E R U R A L E Costruire il cambiamento con la Rete Rurale nazionale In piena attività il cantiere per la redazione dei nuovi PSR improntati a una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva VINCENZO CARE’ Inea, Rete Rurale Nazionale Postazione Regionale della Calabria Iniziare tempestivamente lo sviluppo del nuovo Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020, un potenziale fattore di successo attorno al quale si stanno concentrano in questi mesi tutti i soggetti interessati coinvolti nella programmazione dei PSR. La direzione generale Agricoltura della Commissione europea, il Ministero delle Politiche Agricole, le Regioni stanno già collaborando per mettere a punto i nuovi programmi per il periodo 2014-2020 e numerosi sono gli incontri che si susseguono in questi mesi. In un recente seminario della RESR, Rete rurale europea (vedi box) i partecipanti hanno rimarcato che il coinvolgimento dei soggetti interessati in tutte le fasi della programmazione dei PSR costituisce un importante fattore di successo per la realizzazione degli obiettivi di semplificazione. La programmazione efficace dello sviluppo rurale si fonda su un partenariato solido, pertanto devono essere stabilite procedure di buona governance che garantiscano una comunicazione continua tra i numerosi partner coinvolti nella preparazione dei PSR. Coordinare la non-cooperazione ed evitare la mancanza di comunicazione tra le autorità responsabili dei PSR e le rispettive controparti di altri programmi di sviluppo è importante per poter sfruttare le sinergie esistenti e assicurare l’elaborazione di programmi pienamente integrati e adattati alle specifiche esigenze nazionali e regionali. Un ruolo svolto istituzionalmente dal Ministero per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (MiPAAF), EMILIA REDA Inea, Rete Rurale Nazionale Postazione Regionale della Calabria Sempre più animato il confronto sui nuovi orientamenti della Commissione Europa per aprire la strada a progetti quanto mai innovativi, integrati ed efficaci 42 ma amplificato dalle attività della Rete Rurale Nazionale, che nel corso degli ultimi mesi si è attivata con numerose iniziative di discussione sui temi chiave della nuova programmazione 2014-2020, rappresentando un luogo di connessione e supportando lo scambio di esperienze e conoscenze con eventi, convegni e workshop sulle nuove tematiche chiave che guideranno l’agricoltura europea nel periodo 2014-2020. Per fare il punto sul livello di programmazione e sulle priorità da mettere a fuoco, facendo tesoro dell’esperienza maturata, si sono susseguite numerose iniziative di presentazione delle novità di programmazione: Quadro comunitario, Accordo di Partenariato, nuove regole per i Programmi di Sviluppo Rurale, sottoprogrammi tematici. A tal proposito la Rete Rurale Nazionale ha portato all’attenzione delle amministrazioni regionali i nuovi orientamenti della Commissione Europea con un seminario dal titolo Elementi per la preparazione dei PSR 2014-2020: le linee guida della Commissione Europea, incentrato su alcuni temi cruciali che attengono alla costruzione del Programma, destinato alle Autorità di Gestione e a tutti quei soggetti che concorrono alla valutazione ex ante, all’analisi di contesto e dei fabbisogni e alla redazione della strategia da inserire nel PSR (documenti consultabili on line sul sito www.reterurale.it). Luci accese anche sulle Misure agroambientali e sul clima con l’esordio di una nuova Misura Agroclimatico-ambientale che incorporerà tutte le azioni di tutela dell’ambiente e del clima e che sarà di- stinta dall’agricoltura biologica, che godrà in futuro di un’apposita Misura con un’identità specifica; per approfondire queste novità è stato dedicato un apposito convegno Le Misure agro-climatico-ambientali nella Programmazione 20142020. Sempre al fine di accompagnare le amministrazioni regionali impegnate nella redazione dei PSR 2014-2020, la Task Force Leader ha organizzato un ciclo di seminari su Il Leader nei PSR 2014-2020 per favorire il confronto sul contributo di Leader nel mobilitare il potenziale endogeno, su quale ruolo e compiti per i GAL per il miglioramento della governance locale, su come gestire le strategie di sviluppo locale con un approccio monofondo o plurifondo. Programmare efficaci interventi in favore delle zone montane sfruttando le opportunità offerte dai PSR 2014-2020 per promuovere lo sviluppo sostenibile, la crescita economica e la creazione di nuovi posti di lavoro. Questi i temi al centro del dibattito della confe- renza organizzata in collaborazione con Euromontana dal titolo La vitalità delle montagne europee nella programmazione 2014-2020 per discutere e individuare soluzioni che garantiscano, attraverso politiche innovative, la difesa del territorio, la qualità del contesto sociale ed economico, la gestione del paesaggio. I lavori per la programmazione 2014-2020 sono ormai in piena attività ed è già in cantiere l’elaborazione del nuovo Programma della Rete Rurale nazionale per il periodo 2014-2020, l’appuntamento per la condivisione con il Partenariato si è svolto il 29 ottobre con in incontro dal titolo Costruire il cambiamento: confronto con il partenariato sulla nuova Rete Rurale Nazionale 2014-2020. Seguici su Facebook e su Twitter o vai su www.reterurale.it ERRATA CORRIGE A pagina 41 del numero scorso di Calabria Rurale, nell’ambito dell’articolo Giovani agricoltori e Buone Pratiche: risultati eccellenti è stata erroneamente indicata in provincia di Crotone, invece che di Cremona, l’azienda agricola Cascina Rospigliosi ad Annicco. La redazione se ne scusa con i lettori e con gli interessati. U N N E T WO R K I N T E R N A Z I O N A L E P E R L’ I N T E R C O N N E S S I O N E D I R E A LTA ’ E I N I Z I AT I V E La Rete europea per lo sviluppo rurale La RESR costituisce il centro di collegamento per le parti coinvolte nello sviluppo rurale in tutta l’Unione europea (UE). Scoprite come la RESR contribuisce all’efficace attuazione dei programmi di sviluppo rurale degli Stati membri, promuovendo lo sviluppo e la condivisione delle conoscenze e facilitando lo scambio di informazioni e la cooperazione in tutta l’Europa rurale. Per saperne di più Connettere l’Europa rurale… http://enrd.ec.europa.eu/it/ Gennaio-Marzo 2014 43 PAT P R O D O T T I A G R O A L I M E N TA R I T R A D I Z I O N A L I I mille gusti della bontà ROSARIO FRANCO Funzionario ARSAC c/o Dipartimento Agricoltura, Foreste e Forestazione Continua il nostro viaggio alla scoperta di luoghi, storie e potenzialità produttive legati ai prodotti agroalimentari tradizionali. Questa volta parliamo di fichi I fichi PIA RISPOLI Funzionario ARSAC c/o Dipartimento Agricoltura, Foreste e Forestazione Bartolomeo Bimbi, Fichi, dipinto tra il 1690 e il 1700, è conservato a Firenze, Galleria Palatina Tra i 269 Prodotti Agroalimentari Tradizionali della Regione Calabria ci sono i fichi in diverse declinazioni. Crocette, fichi essiccati, fichi freschi al forno, fichi ripieni, pallone di fichi, trecce di fichi, che rappresentano altrettante varianti dell’utilizzo di questo frutto che potrà, così, gustarsi durante tutto l’anno. La coltivazione del fico, diffusa in tutto il territorio regionale da tempi antichissimi è particolarmente diffusa in provincia di Cosenza e soprattutto nei paesi della costa tirrenica: Belmonte Calabro, San Lucido, Amantea, San Fili e non solo. In ogni orto e giardino, in Calabria, esisteva la pianta di fico che con i suoi frutti rappresentava fonte di prelibatezze per il palato. I fichi, poiché frutti delicati, potevano essere gustati per brevi periodi, appena maturi. Essi tuttavia si prestavano bene all’essiccazione, cosa che parzialmente poteva avvenire anche sulla pianta, e pertanto questa pratica si diffuse moltissimo. I fichi venivano perciò posti su cannizzi ed essiccati al sole. Una volta completata questa fase venivano utilizzati per la preparazione di diversi prodotti che oggi ritroviamo tra i prodotti tradizionali della nostra regione. Come per tanti PAT esistono mille varianti nella preparazione. I fichi seccati venivano accostati alla frutta secca (noci, nocciole, mandorle), alle scorzette di agrumi e aromatizzati con cannella. Anche le forme con cui si completava la preparazione erano diverse: coroncine, crocette, trecce, tenute insieme da rametti di mirto. La pianta Famiglia Moraceae Genere Ficus Nome scientifico Ficus carica L. Varietà Dottato (la più utilizzata) UN PO’ DI STORIA Per raccontare dei fichi in Calabria ci affidiamo a quanto scritto dall’abate Giovanni Fiore da Cropani (1622-1683) nella sua opera Della Calabria Illustrata. Le sue parole ci fanno ben comprendere come, a pieno titolo, i fichi rientrano tra i prodotti agroalimentari tradizionali della nostra regione e quale importante risorsa alimentare ed economica abbiano costituito per la popolazione. Alla fine dell’elencazione dei frutti di cui la Calabria è ricca, mette in evidenza “come tutti i mesi dell’anno la Calabria dà frutta verde su degli alberi”. Così i fichi si trovano a giugno, ad agosto fino a dicembre, con tanta varietà di specie che “l’occhio appena crede a se medesimo”. Ci descrive l’abbondanza di specie, il meraviglioso sapore, i raccolti da giugno a dicembre cui seguono i frutti essiccati che "variamente acconciati" venivano esportati a Napoli, in Sicilia, a Roma, Malta e altrove. 44 Crocette Ingredienti Crucette Fichi secchi, cannella, zucchero, noci, nocciole e mandorle, scorze di arance, limoni e cedri Tecniche di lavorazione I fichi bianchi, provenienti da zone non ricche di acqua, si raccolgono quando sono parzialmente appassiti mettendoli a essiccare al sole, su apposite stuoie. Quando sono essiccati si spaccano in due lasciandoli attaccati al peduncolo, si imbottiscono di noci o mandorle o nocciole e buccia di agrumi. Ingredienti Fichi secchi, zucchero, cannella, buccia di arancia essiccata L’Abate Giovanni Fiore da Cropani Francesco Fiore nacque a Cropani il 5 giugno 1622. Avviatosi alla vita religiosa, prese i voti della Riforma cappuccina con il nome di Giovanni. Insegnò filosofia e teologia e fu grande predicatore. Esercitò cariche nell’Ordine sia nella provincia cappuccina calabrese che in missione altrove. Morì a Cropani, nel suo convento, il 5 dicembre 1682. da Della Calabria Illustrata a cura di Ulderico Nisticò, Rubbettino Editore La particolarità del pallone di fichi consiste nell’impiego di foglie di fico cotte al forno insieme con i frutti, il prodotto ottenuto assume così un caratteristico sapore che lo contraddistingue. Lavorazione Da maggio a settembre NEWS DAL SETTORE 2 Valorizzazione e promozione, produzioni agricole e filiere produttive Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 147 del 25 giugno 2013, supplemento n. 52 Tredicesima revisione dell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali La Regione Calabria ha iscritto il 269° prodotto nella Categoria 5 – Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati: “Anona Cherimola” Mill. Coltivata nei comuni costieri della provincia di Reggio Calabria da Bagnara a Brancaleone. Si richiudono appiattendoli e incrociandoli. Si cospargono di polvere di zucchero e cannella. Successivamente si cuociono in forni moderatamente caldi, alimentati con frasche di olivo o ginestra. Pallone di fichi Paddruni i ficu Tecniche di lavorazione I fichi raccolti parzialmente appassiti si essiccano al forno, moderatamente caldo, alimentato con frasche di olivo e ginestra. I fichi vengono rivoltati spesso fino al raggiungimento di un denso colore marrone. Una volta raffreddati, si cospargono di polvere di zucchero, di cannella e di buccia di arancia essiccata, quindi si foggia il tutto a mo’ di un pallone delle dimensioni di un pugno e lo si avvolge in foglie di fico, raccolte il giorno precedente il confezionamento e messe ad appassire sovrapposte in ceste di vimini. Il pallone viene quindi legato con raffia e ripassato nuovamente nel forno dolcemente caldo per breve tempo. In annate di particolare siccità i fichi, essendo più duri, devono essere ammorbiditi con del miele Gennaio-Marzo 2014 di fichi per essere meglio foggiati. Materiali e attrezzature utilizzati: foglie di fico, rafia, ceste di vimini, forno. Bibliografia 1. Giovanni Fiore da Cropani, Della Calabria Illustrata, Arnoldo Editore 2. Giovanni Fiore da Cropani, Della Calabria Illustrata, a cura di Ulderico Nisticò, Rubbettino Editore 3. Gabriella Lo Feudo, Irene Notaro, Daniela Rende, Ricette a confronto. Fichi secchi a merenda, Le nuvole 4. Vincenzo Curci, Prodotti tipici della terra di Calabria, Edizioni Prometeo, Novembre 2000 5. Ugo Campisani, Tradizioni in Calabria. Agricoltura e artigianato, Edizioni Orizzonti Meridionali, Luglio 1998 Si ringraziano i signori Giulia e Dino Colavolpe di Belmonte Calabro e il signor Luciano D’Agostino di Cittanova (Biblioteca comunale) per la loro straordinaria sensibilità che ha consentito la realizzazione di questo articolo. 45 Esperienza e conoscenza per proteggere e valorizzare L ’ E V E N T O L A F O N D A Z I O N E S E L V I C O LT O R I F O R E S TA L I D E L L A C A L A B R I A Gli obiettivi principali sono diffondere la cultura dei boschi e ridurre lo spopolamento montano La manifestazione Calabria Expo Edilizia 2013 si è volta nel Parco Industriale di Rende, promossa dall’Ordine degli Ingegneri di Cosenza, dalla Fondazione Mediterranea per l’Ingegneria e dalla Fondazione Selvicoltori Forestali della Calabria, con il patrocinio della Regione Calabria, della Provincia di Cosenza e del Comune di Rende. Operatori, professionisti e accademici del settore sono stati impegnati sulla tematica Il rilancio della filiera bosco legno in Calabria - utilizzo in edilizia, mentre l’associazione SelviForCalabria ha partecipato a una delle conferenze con il contributo Boschi di Calabria e gestione sostenibile per una produzione legnosa di pregio. In Calabria la realtà silvana, malgrado estesi disboscamenti e incendi nel corso dei secoli, col diverso intento di prelevare quantità ingenti di legname o di recuperare terreni al pascolo e all’agricoltura, è ancora una delle più interessanti d’Italia per l’entità delle superfici occupate, la presenza di specie arboree autoctone e peculiari, le produzioni legnose di qualità che potrebbero ottenersi con una diversa gestione Lo stand dell’associazione SelviForCalabria selvicolturale nei popolamenti più significativi e infine per il valore tecnologico degli stessi assortimenti se la materia prima legno fosse trasformata e venduta in Calabria. Nei tre Parchi Nazionali (Pollino, Sila, Aspromonte) e in quello Regionale (Serre), la componente principale è costituita proprio dal bosco e da talune specie di conifere e di latifoglie che danno lustro e segnano la Calabria forestale. Ma si tratta di una risorsa boschiva trascurata solo se si pensa che la regione, allineandosi al resto dell’Italia, importa annualmente circa l’80% del proprio fabbisogno di legno. Gli obiettivi di SelviForCalabria sono: • diffondere la cultura dei boschi nelle funzioni elettive di protezione e produzione; • contribuire a ridurre lo spopolamento montano; • rappresentare la necessità di rafforzare, ringiovanire e impiegare nel modo dovuto gli operai idraulico-forestali, unico vero presidio per la salvaguardia dei boschi e la difesa idrogeologica. T U T TO F O O D 2 01 3 L’agroalimentare calabrese in rete per fare rete L’Assessorato Agricoltura Foreste e Forestazione ha organizzato nell’ambito di Tutto Food 2013, svoltosi a Milano, un ciclo di seminari informativi dal titolo: “Agroalimentare di Calabria: trait d’union per lo sviluppo dell’economia regionale”, a cui hanno partecipato trenta aziende calabresi. Queste azioni – ha commentato l’Assessore all’Agricoltura Michele Trematerra – servono a valorizzare 46 le straordinarie eccellenze calabresi, le specificità, la qualità e la tecnologia nella produzione. Secondo il Dirigente Generale del Dipartimento Giuseppe Zimbalatti, “le aziende presenti all’evento avranno la possibilità di mettere in rete le proprie conoscenze: se lo facessero anche tutte le realtà presenti sul territorio, la Calabria avrebbe la possibilità di fare un grande salto di qualità”. Durante i seminari, che hanno interessato tutti i settori produttivi del comparto, è emerso che la riduzione dei consumi sul mercato italiano è stata attenuata dalla crescita delle esportazioni. E’ ora necessario avviare una seria programmazione a lungo termine, in grado di individuare nuovi modelli organizzativi più appropriati che possano coniugarsi con l’elevato standard qualitativo dei prodotti della regione. LEGGI TUTTI I PROVVEDIMENTI Le leggi regionali nel settore agricolo pubblicate nel 2013 MANUELA LACARIA Giornalista Funzionario ARSAC L . R . N . 5 6 D E L 3 0 D I C E M B R E 2 01 3 Provvedimento generale recante norme di tipo ordinamentale e finanziario (Collegato alla manovra di finanza regionale per l’anno 2014) Nell’anno 2013 la Regione Calabria ha emanato 58 leggi regionali, di cui 12 attinenti il settore agricolo, agroindustriale e, più in generale, lo sviluppo rurale. Di seguito se ne riporta una sintesi L . R . N . 5 5 D E L 1 8 D I C E M B R E 2 01 3 BUR n. 24 del 16 dicembre 2013, S.S. n. 7 del 31 dicembre 2013 Modifiche alla legge regionale 23 settembre 2013, n. 45 (Interventi per la riscoperta della dieta mediterranea) L’articolo 5 modifica alcune norme regionali che riguardano BUR n. 24 del 16 dicembre 2013, S.S. n. 6 del 27 dicembre 2013 il settore (ARSAC, Calabria Verde, Confidi, forestazione). Modifica l’articolo 4 comma 3 della L.R. 45/2013. L . R . N . 4 5 D E L 2 3 S E T T E M B R E 2 01 3 L . R . N . 4 2 D E L 2 A G O S TO 2 01 3 Interventi per la riscoperta della dieta mediterranea BUR n. 18 del 16 settembre 2013, S.S. n. 7 del 30 settembre 2013 Riconoscimento delle Agenzie di Sviluppo Locale BUR n. 15 del 1° agosto 2013, S.S. n. 3 dell’8 agosto 2013 La Regione valorizza e diffonde la dieta mediterranea, dichiarata patrimonio dell’unanimità dall’Unesco nel 2010, quale stile di vita e disciplina nutrizionale migliorativa per la salute. Viene costituito un gruppo di lavoro interdipartimentale, composto da personale dei Dipartimenti: Tutela della Salute, Formazione e Lavoro, Cultura e Pubblica Istruzione e Agricoltura, Foreste e Forestazione. Scopo della legge: valorizzare i prodotti alimentari alla base della dieta mediterranea; divul- garla; promuovere corsi di formazione per operatori della ristorazione tesi all’acquisizione di competenze, pratiche e tradizioni della dieta mediterranea; realizzare studi medico-scientifico-statistici. I suddetti obiettivi, da realizzarsi entro il 31 dicembre 2014, saranno pubblicizzati all’interno dello Spazio Calabria nell’ambito dell’Expo Milano 2015. Il gruppo di lavoro sarà sostituito dalla Fondazione per la dieta mediterranea, con sede a Nicotera (VV) che opererà a decorrere dal 1° gennaio 2015. L . R . N . 4 4 D E L 2 A G O S TO 2 01 3 Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 20 dicembre 2012, n. 66 (Istituzione dell’Azienda Regionale per lo Sviluppo dell’Agricoltura e disposizioni in materia di sviluppo dell’agricoltura) BUR n. 15 del 1° agosto 2013, S.S. n. 3 dell’8 agosto 2013 Le modifiche riguardano: l’art. 5 (Comitato Tecnico d’Indirizzo); l’art. 6 (il Collegio dei sindaci diventa monocratico, composto da un membro effettivo e da un membro sup- plente); viene aggiunto l’art. 11 bis (con cui vengono trasferiti gli impianti irrigui gestiti dall’A.R.S.S.A. ai Consorzi di Bonifica: si tratta di 22 impianti e 25 dipendenti). La Regione Calabria riconosce i soggetti responsabili di patti territoriali (Protekos SpA; Promotir Srl; Sila Sviluppo Scarl; Alto Tirreno Cosentino SpA; Lameziaeuropa SpA; Vibo Sviluppo SpA; Patto Territoriale dello Stretto SpA; Locride Sviluppo SpA) quali Agenzie di sviluppo locale. Le Agenzie hanno lo scopo di promuovere lo sviluppo sociale, economico e occupazionale, qualificare le competenze e le risorse umane e accrescere la competitività e l’attrattività dei territori valorizzando i sistemi produttivi locali. Tra i compiti delle Agenzie: animazione territoriale; promozione dell’attività d’impresa; stimolo, supporto e creazione di reti d’impresa; marketing territoriale e politiche di attrazione di nuovi investimenti; stimolo e supporto all’internazionalizzazione delle imprese e dei territori; promozione dei prodotti tipici locali e dei loro territori; promozione e supporto della certificazione delle produzioni locali e all’impiego delle energie rinnovabili e delle tecnologie ambientali; supporto per l’accesso ai finanziamenti; formazione e qualificazione delle risorse umane e promozione della cultura d’impresa; promozione dell’innovazione tecnologica e della ricerca applicata in collaborazione con università calabresi e centri di ricerca. L . R . N . 3 8 D E L 2 A G O S TO 2 01 3 Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 17 maggio 1996, n. 9 (Norme per la tutela e la gestione della fauna selvatica e l’organizzazione del territorio ai fini della disciplina programmata dell’esercizio venatorio) BUR n. 15 del 1° agosto 2013, S.S. n. 3 dell’8 agosto 2013 Modifica e integra l’articolo 24 della L.R. n. 9/96. Gennaio-Marzo 2014 47 L . R . N . 2 6 D E L 3 0 M A G G I O 2 01 3 L . R . N . 2 4 D E L 1 6 M A G G I O 2 01 3 Modifiche e integrazioni alla legge regionale 17 maggio 1996, n. 9 (Norme per la tutela e la gestione della fauna selvatica e l’organizzazione del territorio ai fini della disciplina programmata dell’esercizio venatorio) Riordino enti, aziende regionali, fondazioni, agenzie regionali, società e consorzi comunque denominati, con esclusione del settore sanità BUR n. 10 del 16 maggio 2013, S.S. n. 2 del 24 maggio 2013 BUR n. 11 del 1° giugno 2013, S.S. n. 1 del 7 giugno 2013 La legge, al fine di coniugare la conservazione e la tutela dell’ambiente con la corretta pratica venatoria, modifica la L.R. n. 9/1996. Tra i punti principali: l’introduzione dell’Osservatorio Faunistico Venatorio Regionale con lo scopo di assicurare un approccio scientifico alla programmazione faunistico-venatoria; la creazione di zone umide artificiali; l’istituzione di un numero verde antibracconaggio per la segnalazione e la denuncia di fatti di reato in materia ambientale che danneggino gravemente l’ambiente e la corretta pratica venatoria; la riduzione del 50% dell’importo della tassa per il rilascio dell’abilitazione all’esercizio venatorio per coloro che abbiano 70 anni o meno di 20. Con l’art. 13 (Agricolture, montagne e foreste) viene riorganizzata la Fondazione Mediterranea Terina che dovrà perseguire compiti di: ricerca industriale e sviluppo sperimentale, trasferimento tecnologico e divulgazione scientifica nel settore della qualità agroalimentare, della sicurezza alimentare e della salute, nonché compiti di certificazione delle produzioni tipiche e di qualità. Inoltre, la legge abroga la parte della Legge Regionale n. 9/1996 (Norme per la tutela e la gestione della fauna selvatica e l’organizzazione del territorio ai fini della disciplina programmata dell’esercizio venatorio) che istituiva il Garante sull’esercizio venatorio. L . R . N . 21 D E L 2 M A G G I O 2 01 3 L . R . N . 2 5 D E L 1 6 M A G G I O 2 01 3 Modifica all’articolo 41, comma 2, della legge regionale 27 dicembre 2012, n. 69 BUR n. 9 del 2 maggio 2013, S.S. n. 1 del 10 maggio 2013 Istituzione dell’Azienda regionale per la forestazione e le politiche per la montagna – Azienda Calabria Verde – e disposizioni in materia di forestazione e di politiche della montagna Modifica la L.R. 69/2012 al fine di garantire la copertura finanziaria dei Piani attuativi di Forestazione relativi agli anni 2011 e 2012. BUR n. 10 del 16 maggio 2013, S.S. n. 2 del 24 maggio 2013 Viene istituita l’Azienda Calabria Verde, azienda regionale per la forestazione e per le politiche della montagna, ente pubblico strumentale che sostituisce l’AFOR (Azienda forestale della Regione Calabria), in liquidazione dal 2007. L’Azienda esercita: le funzioni dell’AFOR non connesse alla procedura di liquidazione; quelle svolte dalle Comunità montane (che vengono soppresse e poste in liquidazione); le attività regionali di prevenzione e lotta agli incendi boschivi; le attività di servizio di monitoraggio e sorveglianza idraulica della rete idrografica calabrese; gli interventi volti alla prevenzione e al risanamento dei fenomeni di dissesto idrogeologico. L’Azienda dovrà improntare la propria gestione anche in senso produttivo, valorizzando il patrimonio e attuando una concreta pianificazione delle attività di amministrazione dei beni a essa affidati, compresa la valorizzazione industriale ed energetica della filiera forestalegno, con pratiche improntate alla gestione forestale ecocompatibile. L’Azienda, che ha sede legale a Catanzaro e articolazioni territoriali a livello distrettuale, è soggetta al vincolo del pareggio di bilancio. Nelle entrate sono compresi, oltre ai trasferimenti pubblici, le tariffe o i corrispettivi per i servizi resi e i proventi dell’attività economica svolta (utilizzazione forestale, vendita del materiale legnoso, gestione del patrimonio forestale, etc.). 48 L . R . N . 9 D E L 21 M A R Z O 2 01 3 Modifiche alla legge regionale 4 dicembre 2012, n. 62 (Istituzione di Ecomusei in Calabria) BUR n. 6 del 16 marzo 2013, S.S. n. 2 del 28 marzo 2013 Modifica la definizione di Ecomuseo: "Per Ecomuseo si intende la pratica partecipata di valorizzazione del patrimonio culturale, materiale e immateriale, elabo- rata e sviluppata da un soggetto organizzato, espressione di una comunità locale, nella prospettiva dello sviluppo sostenibile di un determinato territorio". L . R . N . 8 D E L 21 M A R Z O 2 01 3 Modifiche alle leggi regionali 10/2013 e 69/2012 BUR n. 6 del 16 marzo 2013, S.S. n. 2 del 28 marzo 2013 Le modifiche (articolo 14 della Legge Regionale 69/2012 e articolo 16 della Legge Regionale n. 10/2003) riguardano l’Ente Parco regionale e, in particolare, il Consiglio Direttivo e la gratuità della partecipazione alla Comunità del Parco da parte dei componenti. 108 I migliori anni sono quelli che vanno dai in su, anche grazie all’utilizzo dell’Olio Extravergine di Oliva Calabrese. Nonno Salvatore Caruso La salute si coltiva giorno per giorno, tutta la vita! L’AGRICOLTURA IN CALABRIA. I.P. Splendide opportunità all’orizzonte. www.assagri.regione.calabria.it w w w. c a l a b r i a p s r. i t UNIONE EUROPEA «Fondo Europeo Agricolo per lo sviluppo rurale: l’Europa investe nelle zone rurali» F I N A N Z I A T A D A L F E A S R - M I S U R A 1 1 1 D E L P S R C A L A B R I A 2 0 0 7 / 2 0 1 3 ( R E G . C E 1 6 9 8 / 2 0 0 5 )