A cura del Dipartimento Agricoltura,
Foreste e Forestazione - Regione Calabria
Gennaio-Marzo
2014
calabria
L’assessore
Trematerra:
“L’olio, un ruolo
strategico
per l’agricoltura
calabrese”
© Franck Boston - Fotolia.com
F O C U S
Il dirigente
generale
Zimbalatti:
“Il “legno”
di Calabria.
Il futuro
è già iniziato”
Tutto sull’olio d’oliva,
il vero oro della Calabria
PSR Calabria:
verso la nuova
programmazione
2014-2020
DIPARTIMENTO N. 6
AGRICOLTURA, FORESTE E FORESTAZIONE
Via Enrico Molè - 88100 Catanzaro
Assessore
Dirigente Generale
Autorità di Gestione PSR Calabria 2007-2013
SETTORE 1
A FFARI G ENERALI ,
R ISORSE U MANE ,
S ERVIZI T ERRITORIALI ,
E NTI S TRUMENTALI
E S UB -R EGIONALI
SETTORE 2
V ALORIZZAZIONE
E P ROMOZIONE ,
P RODUZIONI A GRICOLE
E F ILIERA P RODUTTIVA
Dirigente
Dirigente
dott. Giacomo Giovinazzo
dott. Giuseppe Calabretta [email protected]
[email protected]
Servizio 4
Servizio 1
Sistema Qualità AA.GG., Contenzioso
Valorizzazione,
e Usi Civici,
Produzioni Agricole,
Rapporti
Mercato e Sicurezza
con l’Organismo
Alimentare,
Pagatore Regionale
Valorizzazione
e con gli Enti
Filiera Produttiva
Dirigente ad interim
Strumentali
dott. Giacomo Giovinazzo
e di Bonifica
[email protected]
Dirigente
avv. Domenico Ferrara
[email protected] Servizio 5
Promozione e Marketing
dei Prodotti Agricoli
Servizio 2
e Agroalimentari,
Area Territoriale
Fiere e Mercati,
Meridionale
Osservatori
Reggio Calabria
ed Educazione
Dirigente
dott.ssa Caterina Loddo Alimentare
Dirigente
[email protected]
dott. Giorgio Piraino
[email protected]
Servizio 3
Area Territoriale
Settentrionale Cosenza
Dirigente
ing. Ferdinando Bafaro
[email protected]
SETTORE 3
S VILUPPO R URALE ,
Z OOTECNIA ,
C REDITO , R IORDINO
E T RASFORMAZIONE
F ONDIARIA
dott. Michele Trematerra
[email protected]
prof. Giuseppe Zimbalatti
[email protected]
avv. Alessandro Zanfino
[email protected]
SETTORE 4
S ERVIZI DI S VILUPPO
A GRICOLO
F ITOSANITARIO
E V ALORIZZAZIONE
P ATRIMONIO I TTICO
E F AUNISTICO
SETTORE 5
F ORESTE
E F ORESTAZIONE ,
P OLITICHE
DELLA M ONTAGNA ,
D IFESA DEL S UOLO
E B ONIFICA
Dirigente
dott. Ernesto Forte
[email protected]
Dirigente
dott. Giuseppe Oliva
[email protected]
Servizio 6
Sviluppo della Zootecnia,
Riordino
e Trasformazione
Fondiaria
Dirigente ad interim
ing. Carmelo Salvino
[email protected]
Servizio 9
Patrimonio Ittico
e Faunistico,
Caccia e Pesca
Dirigente
dott. Cosimo Caridi
[email protected]
Servizio 7
Sviluppo Rurale,
Leader Plus,
Agriturismo,
Paesaggio Rurale
Dirigente ad interim
dott. Giovanni Aramini
[email protected]
Servizio 10
Ricerca e Dimostrazioni,
Divulgazione,
Formazione, Vivaismo
e Fitosanitario
Dirigente
dott.ssa Carmela Barbalace
[email protected]
Servizio 11
Forestazione, Tutela
Boschi, Valorizzazione
delle Montagne,
Sistemi Agricoli
e Montani,
Filiere Silvopastorali
Dirigente ad interim
dott.ssa Caterina Loddo
[email protected]
Dirigente
dott. Giovanni Aramini
[email protected]
Servizio 8
Sviluppo Rurale,
Credito Agrario,
Fondo di Solidarietà
Dirigente
dott. Giovanni Aramini
[email protected]
Servizio 12
Difesa del Suolo, Bonifica
e Irrigazione,
Valorizzazione dei Sistemi
e Infrastrutture Rurali
Dirigente
ing. Carmelo Salvino
[email protected]
A cura del Dipartimento Agricoltura,
Foreste e Forestazione - Regione Calabria
Gennaio-Marzo
2014
calabria
Sommario
15
Il dirigente
generale
Zimbalatti:
“Il “legno”
di Calabria.
Il futuro
è già iniziato”
F O C U S
16 A colloquio con l’assessore all’Agricoltura Michele Trematerra
L’olio, un ruolo strategico per l’agricoltura calabrese
L’assessore
Trematerra:
“L’olio, un ruolo
strategico
per l’agricoltura
calabrese”
Tutto sull’olio d’oliva,
il vero oro della Calabria
F O C U S. T U T T O S U L L’ O L I O D ’ O L I VA
18 Competitività del sistema olivo in Calabria
PSR Calabria:
verso la nuova
programmazione
2014-2020
NINO IANNOTTA
ROSARIO FRANCO
© Franck Boston - Fotolia.com
25 La madre di tutte le diete (e della nostra storia)
29 Professionisti del gusto, paladini dell’eccellenza
MARIATERESA RUSSO
2
2
IL PUNTO
2013, un anno speso bene
Intervista a Rosario Franco, responsabile dell’Albo
regionale degli assaggiatori della Calabria
30 Meccanizzazione e dintorni:
MICHELE TREMATERRA
4
4
6
la nuova sfida sarà la qualità
FORESTAZIONE
Il “legno” di Calabria. Il futuro è già iniziato
32 E’ anche una cura salvacuore
La prevenzione selvicolturale nella lotta agli incendi
GIUSEPPE ZIMBALATTI
S O U R AYA B E N A L I A
34 Educazione alimentare: una scelta vitale
Intervista a Loriana Abbruzzetti,
presidente dell’associazione femminile Pandolea
VINCENZO MONTEMURRO
12 Produzione, varietà, tecnologia, competenza:
FRANCESCO IOVINO
il legno si sviluppa così
35 La via privilegiata del prodotto artigianale
ANDREA ROSARIO PROTO
MAURIZIO PESCARI
Calabria Rurale
A cura dell’Assessorato Agricoltura, Foreste e Forestazione
Dipartimento 6 Settore 3 della Regione Calabria
Via Molè - 88100 Catanzaro
Telefono 0961 853132 – 0961 853125
Direttore responsabile
Massimo Antonio Calabrò
Vicedirettore
Manuela Lacaria
Coordinamento editoriale
Bruno Bernardi, Vincenzo Carè, Anna Maria Corea,
Rosario Franco, Giuseppina Statti, Edoardo Vigetti
Hanno collaborato
Giovanni Aramini, Souraya Benalia, Nino Iannotta,
Francesco Iovino, Manuela Lacaria, Caterina Loddo,
Vincenzo Montemurro, Giuseppe Oliva, Maurizio Pescari,
Andrea Rosario Proto, Emilia Reda, Pia Rispoli,
Mariateresa Russo, Michele Trematerra,
Alessandro Zanfino, Giuseppe Zimbalatti
36
40
LO STUDIO
42
RETE RURALE
Stampa
Rubbettino srl
Soveria Mannelli (Catanzaro)
www.rubbettinoprint.it
www.calabriapsr.it - [email protected]
Come si combatte il Cinipide galligeno del castagno
Costruire il cambiamento con la Rete Rurale nazionale
VINCENZO CARE’
EMILIA REDA
La Rete europea per lo sviluppo rurale
44
P A T - P RO D O T T I A G RO A L I M E N TA R I T R A D I Z I O N A L I
I mille gusti della bontà
I fichi
Distribuito in allegato ad Agrisole - Gruppo Il Sole 24 Ore
Progetto, impaginazione e realizzazione
Pierrestampa srl
Viale di Villa Grazioli, 5 - 00198 Roma
www.pierrestampa.it
Verso il nuovo Psr: azioni mirate, nuove strategie
ALESSANDRO ZANFINO
G I O VA N N I A R A M I N I
Registrazione Tribunale di Catanzaro n. 7 del 22.10.2013
Spedizione in abbonamento postale DL 253/2009
(conv. in L. 27.2.2004 n. 46) art. 1 comma 1
PSR CALABRIA
ROSARIO FRANCO
PIA RISPOLI
46
L’EVENTO
47
LEGGI - TUTTI I PROVVEDIMENTI
Esperienza e conoscenza per proteggere e valorizzare
L’agroalimentare calabrese in rete per fare rete
Le leggi regionali nel settore agricolo pubblicate nel 2013
MANUELA LACARIA
P U N T O
I L
2013, un anno
speso bene
Abbiamo raggiunto risultati incoraggianti,
frutto di una programmazione seria
e di grande rigore
MICHELE TREMATERRA
Assessore all’Agricoltura
della Regione Calabria
Un anno importantissimo, il 2013, per il
Dipartimento Agricoltura, Foreste e Forestazione della Regione Calabria. Un
anno di risultati incoraggianti e di obiettivi centrati con efficienza e concretezza, che evidenziano l’ottimo operato
del Dipartimento e che lo proiettano con
fiducia verso la sfida della nuova programmazione del PSR Calabria.
La politica della qualità della spesa dei
fondi comunitari perseguita dal Dipartimento Agricoltura è stata certamente il
motore principale che ha permesso alla
Regione Calabria di collocarsi nel 2013
nettamente al di sopra delle Regioni
italiane a obiettivo convergenza e perfettamente allineata a quelle a obiettivo competitività, rispetto ad alcune
delle quali, grazie all’andamento dell’attuazione del suo PSR, la Calabria è risultata addirittura più “virtuosa”.
In particolare, a livello di avanzamento
di spesa, al 31 dicembre 2013, tra le
cinque Regioni a obiettivo convergenza, la Calabria si è collocata al
primo posto con una percentuale di
66,0%. Rispetto alle Regioni a obiettivo
competitività, si è posta al di sopra di
Toscana (64,5%), Molise, Marche, Sardegna, Liguria, Lazio e Abruzzo, è per-
2
fettamente alla pari con l’Emilia Romagna e immediatamente alle spalle di
Regioni come Piemonte (66,3%), Friuli
Venezia Giulia (67,2%), Veneto (67,3%)
e Umbria (67,4%).
Gli ottimi risultati raggiunti, inoltre, sono
senza dubbio frutto di una programmazione selettiva, che ha lo scopo di privilegiare e sostenere la progettazione di
qualità, ma anche della limitazione degli
sprechi, nonché dell’ottimizzazione delle
procedure e dei controlli, in termini di rapidità ed efficienza.
Non da ultimo, il PSR Calabria può vantare un tasso di errore nettamente al di
sotto di quella che è chiamata “soglia
fisiologica”, ossia quel 2% di percentuale di spesa irregolarmente rendicontata dai beneficiari e di pagamenti
indebitamente erogati dagli OP, consentita dalla Commissione Europea e dalla
Corte dei Conti Europea. E nello specifico, il tasso di errore del PSR Calabria
del 2013 si è attestato nettamente al di
sotto della media nazionale e comunitaria. Nonostante però l’obiettivo di contenimento del tasso di errore sia stato
pienamente raggiunto, il Dipartimento
Agricoltura sta compiendo un importante lavoro di monitoraggio e di controlli, per limitarlo ulteriormente e per
rafforzare sempre di più il sistema del
proprio PSR.
PSR, per il quale, nel 2013, sono stati
pienamente raggiunti gli obiettivi di
spesa, con una spesa effettiva (erogata),
al 31 dicembre 2013, di 160.950.060
euro, rispetto all’obiettivo N+2 di
149.798.000 euro.
Le cifre della spesa, inoltre, vanno a sommarsi agli ultimi dati forniti da Bankita-
lia, che indicano chiaramente che la filiera agro-alimentare calabrese si è incrementata del 20% e che il comparto
agro-alimentare della nostra Regione è
uno dei pochissimi, in questo periodo di
crisi generale, fortemente regressivo per
la maggior parte dei settori, a godere di
buona salute e a compiere addirittura
passi in avanti, nell’ottica dello sviluppo
e del benessere socio-economico del nostro territorio.
Messa a bando l’intera dotazione finanziaria del PSR, sono stati oltre
27.000 i beneficiari che hanno ricevuto
il sostegno del Dipartimento Agricoltura
attraverso il prezioso strumento dei fondi
comunitari.
Per le misure a superficie sono state
istruite, valutate e pagate tutte le domande di aiuto ritenute ammissibili, relative all’annualità 2013. Sono stati
pagati tutti gli anticipi e i SAL presentati
per le infrastrutture rurali dagli enti locali. E nel 2013 sono state evase oltre
950 domande di pagamento.
Forte evidenza bisogna dare, anche, all’attività svolta a favore del comparto
dall’Agenzia per le Erogazioni ARCEA.
Infatti nell’anno 2013, oltre a tutti i
fondi del PSR di cui si è detto, sono stati
immessi nel sistema agricolo ulteriori
303.148.000 euro a valere sul fondo
FEAGA sia come pagamenti di Domanda
Unica che come pagamenti dell’art. 68
sulle produzioni di qualità.
L’insieme delle erogazioni di cui trattasi
ha interessato una base di oltre 137.000
beneficiari. Si vuole evidenziare, inoltre,
la tempestività dell’intervento dell’ARCEA, atteso che è riuscita, in pochi
giorni a intervenire a favore delle aree
colpite dall’alluvione del 30 novembre
erogando oltre 37 milioni di euro entro i
20 giorni successivi.
L’attività dell’Agenzia, la cui ultima azione
è l’erogazione, ha come principale momento quello dei controlli. In un anno solare vengono richieste e vagliate oltre 250
certificazioni antimafia solo sulle erogazioni di Domanda Unica, sono stati attivati,
per obbligo comunitario, 3.340 controlli, di
cui 1.920 con visite in loco. A questi vanno
aggiunti i 413 controlli, sia amministrativi
che in loco, svolti dal Dipartimento sulle
misure strutturali del PSR.
Un altro capitolo importante del 2013 riguarda i progetti per la realizzazione
della Banda larga nelle aree rurali, tutti
prontamente avviati. Questi progetti, che
il Dipartimento ha sostenuto con grande
entusiasmo e per un importo totale di 13
milioni di euro, hanno come obiettivo
l’infrastrutturazione dei territori regionali non coperti da fibra ottica e mirano
allo sviluppo e alla valorizzazione di aree
rurali e interne, a volte marginalizzate.
Nel corso dell’anno, è stato emanato il
bando “multi-misura” 2013, con Misure che
fanno capo agli Assi I, II (forestali) e III. Sono
state approvate e pubblicate inoltre le graduatorie del bando Health Check 2012, con
le graduatorie definitive delle Misure 221 e
214.6 (e provvisorie delle Misure 226 e
311.3), di grande rilevanza per il Dipartimento perché si riferiscono a progetti di
salvaguardia del patrimonio genetico agrario regionale. Sono state pubblicate, infine,
le graduatorie provvisorie delle Misure 211
e 213 – annualità 2013.
Per quanto riguarda l’Asse I, che riguarda il
Miglioramento della competitività del settore agricolo e forestale, l’avanzamento di
spesa è pari al 52,36%;
per l’Asse II, Miglioramento dell’ambiente e
dello spazio rurale pari
all’86,26%; per l’Asse III,
Qualità della vita nelle
zone rurali è pari al
64,26% mentre per
l’Asse IV, Approccio Leader, la cifra si attesta al
33,29%.
Altro grande traguardo
del 2013 è stato il
completamento della
riforma degli enti strumentali ARSSA
e AFOR, rispettivamente trasformati in
ARSAC e “Calabria Verde”, nell’ottica di
un ammodernamento sostenibile e della
maggiore competitività del comparto
agricolo e di quello silvicolo regionali.
Enti sui quali il Dipartimento Agricoltura
conta in maniera particolare e che dovranno giocare un ruolo fondamentale
della nuova programmazione del PSR.
Per quanto riguarda il settore della Forestazione, il 2013 è stato un anno di profonda programmazione. La nuova azienda
regionale per la forestazione e per le politiche della montagna “Calabria Verde”,
che ha ripristinato l’ordine sia a livello
amministrativo che tecnico-economico,
si è inserita nel solco della nuova legge
per la “Gestione, tutela e valorizzazione
del patrimonio forestale regionale”, alla
quale è stato affidato il compito di dare
maggior sostegno alla forestazione dal
punto di vista ambientale e idrogeologico
e di avviare una gestione sostenibile della
filiera bosco–legno, con l’ambiziosa sfida
di creare un marchio e una certificazione
del legno calabrese.
Sono state avviate le attività per la programmazione 2014-2020 e per stilare
un programma che tenga realmente
conto delle reali esigente del territorio e
che sia davvero moderno, efficiente ed
“europeo”, il Dipartimento Agricoltura ha
lavorato su una serie di documenti preparatori, come analisi di contesto, di filiera, SWOT e dei fabbisogni del futuro,
che mettono in luce punti di forza, debolezze, opportunità e rischi degli interventi di supporto. Questi documenti,
stilati grazie al prezioso contributo del
partenariato economico e sociale, prece-
dono alla stesura vera e propria del programma. Il Dipartimento Agricoltura, infatti, sta prendendo parte a tutti i tavoli
partenariali, incontri che dovranno condurre a strategie e strumenti condivisi
tra gli attori del mondo rurale calabrese.
Sono inoltre in via di costituzione alcuni
tavoli tematici che avranno il compito di
approfondire specifici aspetti della prossima programmazione.
Nel corso del 2013 è stato aperto un
forum di discussione sul sito dedicato al
PSR 2014-2020 https://sites.google.com/
site/vexapsrcalabria1420/home e, contemporaneamente, il Dipartimento ha
promosso una serie di iniziative rivolte
alla costante informazione dei beneficiari e dei potenziali beneficiari, come
seminari/incontri informativi relativi alla
pubblicazione di nuovi bandi, conferenze
e comunicati stampa circa l’attuazione e
i risultati del PSR. Il sito internet www.
calabriapsr.it, in particolare, prezioso strumento di informazione e confronto, ha registrato circa 10.000 visite mensili.
Per quanto riguarda il programma FEP,
Fondo Europeo per la Pesca, nel corso
dell’anno, è stato riaperto il bando “multimisura” 2013, con Misure che fanno capo
agli Assi I (Misura 1.3), con una dotazione
di 150.000,00 euro, II (Misura 2.3), con
una dotazione di 6.304.268,67 euro, e III
(Misura 3.2 e 3.3) con una dotazione complessiva di 2.480.005,33 euro. Le somme
impegnate sono risultate inferiori a quelle
messe a bando (pari a 4.051.491,56 euro
su una disponibilità di 8.934.274,00 euro).
Sono state approvate e pubblicate inoltre
le relative graduatorie definitive e assunti
i relativi impegni: Assi I (Misura 1.3)
108.988,80 euro, II (Misura 2.3)
1.571.586,23 euro e III (Misura 3.2 e 3.3)
con un impegno complessivo di
2.480.005,33 euro.
Infine si è provveduto alla certificazione
delle spese sostenute nell’anno 2013, così
ripartite: Misura 1.3 13.852,52 euro, Misura 2.3 605.646,45 euro, Misura 3.2
346.500,20 euro, Misura 3.3 2.735.652,79
euro. Asse IV 465.660,75 euro (Gruppi di
Azione Costiera).
La spesa totale certificata nell’anno 2013,
pari a 4.167.312,71 euro, risulta essere
pari al 66,4% del target N+2, assegnato
dal MIPAAF, di 6.272.501,44 euro.
Gennaio-Marzo 2014
3
F O R E S T A Z I O N E
Il “legno” di Calabria.
Il futuro è già iniziato
Certificazione forestale di processo: uno degli obiettivi
della programmazione 2014-2020 a sostegno del settore
GIUSEPPE ZIMBALATTI
Dirigente Generale
del Dipartimento Agricoltura,
Foreste e Forestazione Regione Calabria
E’ l’Inventario Nazionale delle Foreste e dei
Serbatoi di Carbonio a confermarci la
spiccata vocazione forestale della Calabria, che, oltre a possedere una superficie
forestale che supera i 600.000 ettari, tra
boschi naturali e artificiali produttivi, si
stima possa garantire 1,5-1,8 milioni di
m3 di massa legnosa asportabile ogni
anno. Basti pensare infatti come le formazioni di origine naturale siano in grado di
accrescersi di 5-6 m3/ha-anno contro la
media delle altre regioni meridionali che
si attesta sui i 3-5 m3/ha-anno. Boschi,
quindi, che rappresentano un patrimonio
di grande valore, in grado di garantire, in
un’ottica di straordinaria multifunzionalità, elevate produzioni forestali, ingenti
benefici paesaggistici, sociali e
ambientali, oltre
a rilevanti interessi fitogeografici e di tutela
idrogeologica del
territorio.
La fustaia è la
forma di governo
maggiormente
presente, occupando
oltre
250.000 ettari; la
composizione
prevalente è per
il 53% costituita
da latifoglie, per
il 24% da conifere mentre le
formazioni miste
occupano il re-
La macchina forestale
da raccolta Harvester
4
stante 23%. Le faggete si estendono su
oltre 77.000 ettari, le pinete di laricio su
70-72.000 ettari, i castagneti su oltre
69.000 ettari, i querceti di farnetto e di
cerro sono distribuiti su circa 43.000 ettari e, infine, le abetine di abete bianco su
poco più di 4.800 ettari.
Inoltre la Calabria è, e rimane, una delle
principali regioni italiane nel settore della
lavorazione del legno, che si sta sempre
più indirizzando sul giusto percorso di valorizzazione tecnologica delle sue produzioni, al fine di poter acquisire un valore
aggiunto e, di conseguenza, un ruolo
nuovo e centrale nell’economia regionale.
Le utilizzazioni forestali, però, non sono
ancora in grado di supportare pienamente
le opportunità che la filiera foresta-legno
offre, risentendo, essenzialmente, di un
certo ritardo nel settore dell’innovazione
e del trasferimento tecnologico. Queste,
in concorso a diversi fattori come crisi
economica, mancanza di manodopera
specializzata, debole interazione tra domanda proveniente dalle aziende di lavorazione e l’offerta legnosa locale (dovuta
anche ai prezzi non remunerativi ), ha
creato una situazione di mancata crescita
condensata principalmente nel primo segmento della filiera foresta-legno che è
causa, e nello stesso tempo conseguenza,
della mancata valorizzazione del legname
autoctono.
Nel settore della lavorazione del legno,
nonostante il mercato abbia subito negli
ultimi anni profonde trasformazioni, la
Calabria rimane tuttavia una delle principali regioni italiane produttrici, con più
che ampi margini di miglioramento.
Le specie legnose segate in maggior quantità sono il castagno e il pino laricio, seguite per importanza dall’abete bianco,
dal faggio e dal pioppo. Se il castagno è
presente nelle lavorazioni di quasi tutte le
imprese calabresi, le altre specie indigene
riforniscono le aziende seguendo i propri
areali di distribuzione. Il pino laricio è utilizzato soprattutto nelle province di Codell’intero ciclo di produzione in loco e il
senza e Crotone, l’abete bianco e il faggio
riconoscimento della qualità del prodotto
nelle province di Vibo Valentia e Catanlegno, in modo da far crescere tutto il setzaro, mentre in provincia di Reggio Calatore e l’indotto a esso collegato. Inoltre
bria c’è una certa uniformità d’impiego tra
certificazione forestale, catena di custoabete bianco, pino laricio e castagno.
dia, due diligence e gestione sostenibile
Le segherie e le imprese di trasformazione
dovranno essere la norma e non l’eccedel legno rappresentano circa il 75% delle
zione, per poter garantire quel quid in più
aziende della filiera, anche se il ciclo proper l’affermazione del legno prodotto in
duttivo molto spesso non si conclude in
Calabria sul mercato nazionale ed estero.
regione, facendo perdere alle produzioni
Punti di intervento, questi, che hanno ora
quel valore aggiunto necessario a garananche una solida base nella nuova Legge
tire la crescita dell’intero settore e l’inRegionale n. 45 del 12 ottobre 2012, per
dotto da esso generabile. E’ necessario
la Gestione, tutela e valorizzazione del paquindi attuare una intrimonio forestale
versione di tendenza
regionale che dein tale ambito, con
finisce i principi di
Completare in loco l’intero ciclo
l’obiettivo, per l’induindirizzo per instria del legno, di ricentivare la gedi produzione con il riconoscimento
cercare una maggiore
stione forestale
di qualità per favorire il successo
qualità tecnologica ai
sostenibile
ivi
compresa la certilegnami e agli assortidel legno prodotto in Calabria
ficazione forestale
menti prodotti, oggi
sul mercato nazionale ed estero
di processo e di
ancora troppo tradiprodotto al fine di
zionali. Gli stessi attutelare il territorio e contenere il camtori della filiera bosco-legno stanno
biamento climatico, attivando e rafforsempre più comprendendo la ricchezza inzando così l’intera filiera forestale dalla
sita nel legname di cui sono costituite le
sua base produttiva e garantendo, nel
nostre foreste, le potenzialità delle produlungo temine, la multifunzionalità e la dizioni locali e il loro impiego, l’importanza
versità delle risorse forestali. Ed è su quedi implementare l’uso di nuovi sistemi di
ste linee guida che ci si sta muovendo
utilizzazione e lo sviluppo dei processi di
affinché, anche con la programmazione
seconda lavorazione. A tal proposito la
2014-2020, si possa dare quel sostegno
Regione Calabria sta lavorando per prevefinanziario, indispensabile per dare condere tutta una serie d’interventi che rencretezza realizzativa a queste idee.
dano possibile il completamento
Gennaio-Marzo 2014
Castagno
e pino laricio,
ma anche abete
bianco,
faggio e pioppo:
la produzione
regionale
è varia
e di alta qualità
5
F O R E S T A Z I O N E
La prevenzione selvicolturale
nella lotta agli incendi
Una pianificazione integrata a livello regionale, comprensoriale e aziendale
potenzierebbe le attività, con ricadute positive sul piano economico-finanziario
Introduzione
FRANCESCO IOVINO
Ordinario
di Assestamento Forestale
e Selvicoltura
presso il Dipartimento
di Ingegneria
per l’Ambiente
e il Territorio
e Ingegneria Chimica
dell’Università
della Calabria Campus di Arcavacata
(Rende)
L’abbandono di molti territori rurali, con
conseguente diminuzione delle attività
agricole e progressivo avanzamento del
bosco, la riduzione delle attività selvicolturali, la crescente urbanizzazione, nonché le condizioni di siccità estiva e vento,
tipiche del clima mediterraneo, sono
cause dei ricorrenti episodi degli incendi
boschivi. A questi elementi bisogna aggiungere negli ultimi anni l’aumento dei
fenomeni climatici estremi che ha comportato nei Paesi dell’Unione Europea una
maggiore concentrazione di grandi incendi rispetto al passato e un allargamento tendenziale dell’area a rischio
verso il Nord Europa (Camia, 2011).
Il ripetersi di incendi boschivi, anche di
grandi dimensioni, inducono ad agire sulle
cause del problema e a dare priorità alla
prevenzione in modo da rendere i territori
forestali meno vulnerabili al fenomeno
(CFS e FAO, 2008 ). Oggi, peraltro, si riscontra un largo consenso sull’efficacia
delle attività di prevenzione selvicolturale
perché la gestione dei combustibili forestali è l’unico strumento preventivo che
può essere adottato per ridurre il rischio
d’incendio, dato che non è possibile intervenire né sul fattore meteorologico né su
quello topografico (CFTS, 2006).
La Calabria è una delle regioni italiane più
colpite dagli incendi: dal 1979 al 2012 se
ne sono verificati circa 41.600 che hanno
interessato una superficie boscata di poco
oltre 235.000 ettari e non boscata di circa
204.000 ettari (Figura 1). Valori che rappresentano, rispettivamente, il 13, 14 e
6
9% di quelli dell’intero territorio nazionale
nello stesso periodo. Mediamente, in 35
anni in Calabria si sono verificati annualmente 1.226 incendi che hanno interessato 6.921 ettari di superficie boscata e
5.993 ettari non boscata (fonte CFS).
Questi dati pongono in tutta evidenza la
gravità del problema in relazione alla quale
è necessario adottare misure volte a una
mitigazione del fenomeno, dando più enfasi
alle attività di prevenzione selvicolturale.
Il ruolo della prevenzione
selvicolturale
La prevenzione, come è noto, viene distinta
in diretta e indiretta. La prima ha lo scopo
di rendere meno frequenti le cause di accensione e consiste prevalentemente nell’informare le popolazioni dei rischi e delle
precauzioni. La seconda comprende sia la
realizzazione di opere che facilitano l’estinzione (viali tagliafuoco, punti di approvvigionamento idrico e viabilità operativa), sia
gli interventi selvicolturali e di altro tipo
(decespugliamento, pascolamento, fuoco
prescritto) che rendono i popolamenti forestali meno vulnerabili al fuoco.
La Legge n. 353 del 21 novembre 2000
nasce dalla convinzione che il metodo più
adeguato per perseguire la conservazione
del patrimonio boschivo sia quello di promuovere e incentivare le attività di previsione e prevenzione, anziché privilegiare
la fase emergenziale legata allo spegnimento degli incendi (Bovio et al., 2004).
La stessa legge, nel definire le attività di
3.000
2.500
2.000
1.500
1.000
500
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0
Figura 1a. Numero di incendi
3.000
Boscata
Non boscata
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11
20
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0
19
prevenzione come azioni mirate a ridurre
le cause e il potenziale innesco d’incendio
nonché interventi finalizzati alla mitigazione dei danni conseguenti, prevede che
si utilizzino anche gli interventi colturali
volti a migliorare l’assetto vegetazionale
degli ambienti naturali e forestali. Ciò
rappresenta un esplicito riferimento al
ruolo che può svolgere la gestione forestale, cioè l’insieme degli interventi selvicolturali e la loro organizzazione nello
spazio e nel tempo (pianificazione). I primi
determinano una più elevata resistenza e
resilienza dei sistemi forestali anche nei
confronti del fuoco; la pianificazione degli
interventi contribuisce, invece, a rendere
i comprensori forestali meno vulnerabili
alla diffusione delle fiamme.
Le attività di prevenzione selvicolturale determinano modificazioni del carico e della
struttura spaziale, sia del materiale vivo sia
di quello morto e accrescono la resistenza
dei popolamenti all’avanzamento del
fuoco per gli effetti che provocano sia sul
carico di combustibile (riduzione del potenziale combustibile) sia sulla probabilità
di innesco di un incendio e il potenziale
comportamento dello stesso.
L’Unione Europea, con vari regolamenti (EEC
n. 3529/86, EEC n. 2158/92, EC n.
2152/2003), ha da sempre incoraggiato gli
Stati membri nel rafforzare la prevenzione
degli incendi. Nonostante ciò il processo per
introdurre cambiamenti nelle politiche antincendio o per l’adozione di nuove misure
è stato fino a oggi più che altro una reazione ad hoc alle situazioni catastrofiche
del passato (Montiel e Herrero, 2010), piuttosto che una mitigazione pro-attiva prima
che si verificasse l’emergenza (FAO, 1999).
Nelle raccomandazioni del workshop Incendi boschivi nella Regione Mediterranea: Prevenzione e cooperazione regionale
(CFS e FAO, 2008) viene ribadito come la
prevenzione risulti di particolare importanza per Europa, Sud-Est Europa, Mediterraneo, Africa del Nord e Caucaso.
Il valore che essa ha assunto in questi ultimi anni è anche testimoniato dalla concessione di contributi che le Regioni,
attraverso apposite Misure previste nei
Piani di Sviluppo Rurale, concedono sia a
privati che a soggetti pubblici per l’esecuzione di interventi selvicolturali finalizzati
alla riduzione della quantità di combusti-
Figura 1b. Superfici percorse dal fuoco (ettari)
Nelle Figura 1 si
legge l’andamento
della distribuzione
del numero
di incendi
e delle superfici
percorse dal fuoco
in Calabria
dal 1979 al 2012
(Fonte CFS)
bile potenzialmente incendiabile e a mitigare il rischio da incendi.
La grande variabilità degli incendi è dovuta
alle differenze nell’intensità e frequenza
degli eventi, ma anche alla diversità di
composizione e struttura dei popolamenti
forestali. Pertanto, l’applicazione nell’ambito della ordinaria gestione forestale di
forme colturali volte ad aumentare la disomogeneità strutturale nelle fustaie e alla
rinaturalizzazione delle formazioni semplificate, così come gli interventi colturali nei
cedui a regime e in quelli in avviamento
determinano ricadute positive sulla prevenzione degli incendi: a breve termine
con l’aumento della resistenza dei popolamenti all’avanzamento del fuoco e riduzione del potenziale di innesco; a lungo
termine con un aumento della resilienza.
Di conseguenza tali azioni, che devono essere previste nel Piano regionale di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli
incendi boschivi, non possono che scaturire dalla pianificazione forestale a diverso
livello. Spetta quindi all’integrazione tra
Gennaio-Marzo 2014
7
F O R E S T A Z I O N E
la pianificazione antincendi e quella forestale stabilire nelle diverse realtà le tipologie di interventi più appropriate.
Linee operative di prevenzione
selvicolturale
Le modalità di prevenzione da mettere in
atto devono tener conto delle diverse tipologie forestali che vengono interessate
dagli incendi, anche al fine di pianificare
gli interventi in modo mirato. Tralasciando
le forme di prevenzione indiretta relative
all’estinzione, sulle quali esiste un’ampia
letteratura, sulla base di un sintetico quadro conoscitivo delle tipologie di boschi
maggiormente interessati dagli incendi in
Calabria, di seguito si farà riferimento al
fuoco prescritto e a quegli interventi selvicolturali che assumono particolare importanza ai fini preventivi nella realtà
forestale di questa Regione.
F O R M A Z I O N I F O R E S TA L I
MAGGIORMENTE INTERESSATE
DAGLI INCENDI IN CALABRIA
Dai dati dell’INFC (2007a), in Calabria la
superficie relativa al soprassuolo forestale
percorsa dal fuoco rappresenta il 25% di
quella rilevata a livello nazionale1, il 7%
della superficie dei boschi alti e il 40%
della categoria degli arbusteti della Regione. Le formazioni maggiormente interessate dagli incendi, riferite a una
superficie complessiva di poco oltre
35.000 ettari, compresa la macchia e arbusteti mediterranei che incidono per il
27%, sono i castagneti (quasi tutti cedui)
con il 38%, i querceti caducifogli, prevalentemente di roverella e farnetto, anch’essi cedui, e gli altri boschi di latifoglie
per il 26%. A questi si aggiungono le sugherete, le leccete e gli altri boschi di latifoglie sempreverdi, prevalentemente
cedui, che nell’insieme incidono per il
26%. Le pinete e i rimboschimenti di pino
laricio e di pini mediterranei interessano
l’8% della superficie complessiva, egualmente ripartita tra le diverse specie.
Rapportando i dati sopra indicati alle superfici occupate da ciascuna delle categorie forestali, secondo i dati dell’IFNC
(2007b), risulta che, a parte la macchia e
1. Il rilevamento si riferisce alla
totalità dei danni ancora osservabili sul soprassuolo al momento del rilievo. Pertanto, i dati
delle superfici interessate da
danni da incendio non sono
confrontabili con quelli delle superfici percorse da incendio
nell’anno del rilevamento.
8
gli arbusteti mediterranei che interessano
il 40% della relativa superficie, le formazioni maggiormente colpite sono le sugherete e gli altri boschi di latifoglie
sempreverdi, rispettivamente, con il 54 e
15% delle superfici interessate dal passaggio del fuoco. Nei castagneti, nei querceti caducifogli e negli altri boschi di
latifoglie, l’incidenza è rispettivamente del
14, 10 e 6%; nei popolamenti di pini mediterranei e di pino laricio è rispettivamente dell’7 e dell’1% (Figura 2).
Considerando la suddivisione in forme di
governo, i dati delle statistiche degli incendi dal 2008 al 2010 (CFS, 2008, 2009,
2010) indicano che in Calabria su un totale di 16.788 ha di superfici percorse dal
fuoco, il 48% (8.100 ha) sono fustaie, di
cui il 19% di resinose; il 32% (5.329 ha)
altre categorie boscate, compresa la macchia mediterranea, il 20% sono cedui. In
media nel periodo 2000-2010 a livello nazionale circa il 34% della superficie boscata percorsa dal fuoco era costituita da
cedui (CFS, 2010).
TIPOLOGIE DI INTERVENTI
Il quadro prima delineato evidenzia come
in Calabria, ma anche in altre regioni del
Sud Italia, in tema di prevenzione degli incendi sia necessario porre specifica attenzione, oltre alla macchia e agli arbusteti
mediterranei, ai boschi cedui sia di latifoglie decidue che sempreverdi e ai popolamenti monospecifici di pini (mediterranei
e pino laricio). Formazioni particolarmente
vulnerabili agli incendi, perché spesso si
caratterizzano per la presenza di grandi
quantitativi di biomassa facilmente infiammabile. Il contenimento di tale biomassa può avvenire preventivamente con
la tecnica del fuoco prescritto e con specifici interventi selvicolturali che rientrano
nell’ordinaria gestione del bosco. Per i
cedui sono gli sfollamenti e i diradamenti,
per i popolamenti di pini i diradamenti;
interventi che provocano una riduzione di
densità con una serie di ricadute a breve
e a lungo termine. Con tali interventi,
oltre all’allontanamento di biomassa potenzialmente incendiabile, si ottiene una
maggiore percorribilità del bosco, una più
facile estinzione, minori danni e una più
pronta ricostituzione del bosco (Bovio e
Camia, 2004).
Il fuoco prescritto
Il fuoco prescritto è definito come la tecnica
di applicazione esperta, consapevole e autorizzata del fuoco su superfici pianificate,
adottando precise prescrizioni e procedure
operative, per conseguire specifici obiettivi
integrati nella pianificazione territoriale. Il
termine fuoco prescritto esprime quindi la
qualità del fuoco che lo distingue da altri
possibili significati (es. fuoco controllato,
debbio, abbruciamento) (Ascoli et al., 2012).
In Italia sono stati soprattutto ostacoli di
carattere amministrativo, giuridico e psicologico (Calabri, 1988) a opporsi alla diffusione del fuoco prescritto. Più di recente,
invece, si è osservato un rinnovato interesse, visto che alcune Regioni hanno aggiornato la normativa prevedendo la
possibilità di autorizzare sperimentazioni o
applicazioni di tale tecnica di prevenzione.
A ciò si aggiunge il contributo che il mondo
scientifico, in collaborazione con quello
operativo, sta fornendo in merito alla caratterizzazione delle variabili: stagione e
frequenza dell’intervento, condizioni ambientali in cui operare (velocità del vento,
temperatura e umidità relativa dell’aria,
numero di giorni dall’ultima pioggia, umidità dei combustibili fini). Inoltre, le tecniche di accensione da adottare per condurre
un fronte di fiamma con un comportamento previsto (es. lunghezza fiamma) e
ottenere specifici effetti, in particolare sulla
vegetazione (es. riduzione della copertura).
Esperienze a carattere scientifico e operativo sono state realizzate in diverse aree
geografiche dell’Italia, con tipi di vegetazione e habitat di interesse comunitario e
prioritari rappresentativi del territorio peninsulare e insulare, e hanno riguardato
molteplici obiettivi gestionali.
La Calabria è una delle Regioni italiane che
nelle Prescrizioni di Massima e di Polizia
Forestale prevede l’applicazione del fuoco
prescritto e ne regolamenta l’esecuzione
(commi 3, 4, 5 dell’art. 16 del DGR n. 450
del 27 giugno 2008, modifiche introdotte
DGR n. 43 del 3 febbraio 2012). Ciò consente di poter intervenire per ridurre preventivamente l’accumulo di combustibili
sottili che, se incendiati in modo incontrollato, possono determinare il passaggio del
fuoco in chioma con aumento dell’intensità e rendere più difficili le operazioni di
spegnimento. Inoltre, la tecnica del fuoco
Incidenza
Superficie percorsa dal fuoco / Superficie totale percorsa dal fuoco
Superficie percorsa dal fuoco / Superficie categoria forestale
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
Querceti
a rovere,
roverella
e farnia
Cerrete Castagneti Altri boschi Pinete Altri boschi
e boschi
di latifoglie di pino nero, di conifere
di farnetto
laricio
puri o misti
e loricato
Leccete
Sugherete Altri boschi Pinete
Macchia
di latifoglie
di pini
e arbusti
sempreverdi mediterranei mediterranei
Figura 2. Superfici delle diverse categorie forestali percorse dal fuoco
prescritto può essere una soluzione gestionale efficace ed economica per:
a. contrastare l’uso irrazionale del fuoco
dato dai pastori, che spesso determina
l’innesco di incendi frequenti ed estesi;
b. la gestione di viali tagliafuoco in popolamenti coetanei di conifere, praterie e
macchie in aree a elevato rischio incendi;
c. la creazione di fasce di protezione in
zone di interfaccia urbano-foresta;
d. la gestione della macchia mediterranea,
la cui vegetazione spesso è rappresentata
da un mosaico di arbusteti di ricolonizzazione a dominanza di Spartium junceum;
e. la conservazione di habitat in cui il
fuoco periodico è un importante fattore ecologico;
f. la formazione AIB, poiché rappresenta
un’opportunità di esercitazione per il
personale.
La stessa tecnica può esser applicata in
modo integrato con quegli interventi selvicolturali volti alla riduzione di densità (es.
diradamenti in popolamenti di pini, sfollamenti in boschi cedui) per ridurre il carico e
la continuità dei combustibili di lettiera,
senza danneggiare il popolamento arboreo.
Sperimentalmente tale approccio è stato
messo in atto in rimboschimenti di pino
d’Aleppo di proprietà del Comune di Tortora,
in provincia di Cosenza, nell’ambito del Progetto di interesse nazionale Inflaming2. Le
Unità di Ricerca delle Università della CalaGennaio-Marzo 2014
9
F O R E S T A Z I O N E
bria, di Torino e di Firenze, in collaborazione
con il Dipartimento Agricoltura Foreste e Forestazione della Regione Calabria, con lo
stesso Comune di Tortora e il Consorzio di
Bonifica Integrale dei bacini tirrenici settentrionali, con l’impiego della manodopera
idraulico-forestale, gestita dallo stesso Consorzio, hanno eseguito prove di fuoco prescritto per ridurre il combustibile di lettiera
e quello arbustivo, combinato con interventi
di diradamento (Foto 1). I risultati scaturiti
da questa sperimentazione si stanno dimostrando particolarmente significativi e forniscono elementi utili ai fini della
programmazione degli interventi di
prevenzione selvicolturale.
Interventi colturali nei boschi cedui
I dati precedentemente esposti indicano come i cedui quercini, e
ancor più quelli di castagno, che caratterizzano da nord a sud ampi territori della Calabria, siano i più
colpiti dagli incendi, che indubbiamente rappresentano uno dei fattori che maggiormente hanno
contribuito e contribuiscono alla
loro degradazione. La particolare
vulnerabilità al fuoco di questi sistemi forestali è attribuibile sia all’ambiente
climatico, tipicamente mediterraneo, entro
cui i cedui vegetano, ma anche alle condizioni strutturali in cui si trovano. Spesso i
soprassuoli si presentano come un intricato
insieme di fusti e rami, senza interruzione
verticale e orizzontale della copertura. Ciò
perché raramente vengono effettuati interventi colturali – sfolli e diradamenti sulla
ceppaia – per cui sono caratterizzati da un
accumulo non indifferente di biomassa
morta che può rappresentare un problema
per l’insorgere e il diffondersi degli incendi.
L’abbandono della coltivazione nei cedui
in avviamento e delle cure colturali in
quelli a regime hanno accentuato queste
situazioni, determinando una ulteriore
espansione del carico di combustibile che
rende tali formazioni ancora più sensibili
al rischio di incendio.
Nei cedui a regime l’applicazione di algoritmi colturali, adeguati ai turni consuetudinari, che preveda l’esecuzione di uno
sfollamento a pochi anni dalla ceduazione
e un successivo diradamento a circa metà
del turno, determina una riduzione della
Foto 1. Prove sperimentali
di fuoco prescritto
per ridurre il combustibile
di lettiera
in rimboschimenti
di pino d’Aleppo
dell’Alto Tirreno cosentino.
Il fuoco, praticato
da manodopera
idraulico-forestale
della Regione Calabria,
ha preceduto gli interventi
di diradamento
eseguiti con finalità
di prevenzione
selvicolturale
(foto Iovino)
2. Progetto PRIN 2009 “Inflaming: sperimentazione di modelli e tecniche innovative per la
gestione integrata dei combustibili nella prevenzione degli incendi boschivi in foreste
mediterranee e temperate” (coordinatore nazionale: P. Corona)
finanziato dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca.
10
biomassa secca o potenzialmente destinata
a seccare, e quindi molto infiammabile.
Inoltre, favorisce un miglioramento qualitativo della produzione, poiché tali interventi consentono di concentrare nei polloni
migliori e più vigorosi la potenzialità produttiva della ceppaia, di eliminare i soggetti
deperienti o in cattive condizioni fitosanitarie (Ciancio e Nocentini, 2004). Nei cedui
in conversione i polloni eliminati con i tagli
di avviamento sono in parte già secchi o destinati, per eccessiva densità, a morire o comunque ad avere accrescimenti ridotti. La
loro utilizzazione determina un miglioramento complessivo del bosco, con conseguenti effetti positivi sul futuro processo di
conversione. Nel contempo salvaguardano
il bosco dagli incendi in quanto si riduce la
quantità di biomassa combustibile.
Altra ricaduta da non sottovalutare, analogamente a quanto avviene nelle giovani
fustaie, riguarda l’incremento dell’umidità
del suolo che viene determinata dalla riduzione di densità (Moscato, 1997-98; Di
Matteo et al., 2009). Tale aumento favorisce migliori condizioni di idratazione dei
polloni e una conseguente diminuzione
del potere calorifico del combustibile che
influenza direttamente l’intensità del
fronte dell’incendio.
Interventi di diradamento
nei popolamenti di pini
I diradamenti sono parte integrante del
trattamento selvicolturale e costituiscono
pratiche colturali insostituibili nella gestione dei popolamenti. Sono interventi necessari nei popolamenti particolarmente
vulnerabili quali sono i rimboschimenti di
pini, spesso in condizioni di elevata densità.
I presupposti dei diradamenti, ricondotti da
Ciancio (1986) agli aspetti di ordine biologico, ecologico, colturale ed economico,
spiegano molto bene gli effetti che essi determinano anche sulla prevenzione agli incendi e indicano le ricadute positive a breve
e a lungo termine che tali interventi determinano sulla prevenzione degli incendi.
A breve termine un primo effetto riguarda
l’eliminazione delle piante morte e di quelle
destinate a seccare per eccessiva densità
con una conseguente riduzione del combustibile potenziale e della quantità di energia
che può sprigionare. L’eliminazione preventiva di tale materiale determina una mag-
giore resistenza all’infiammabilità dei popolamenti e una minore facilità di propagazione del fuoco. Infatti, si ha l’isolamento
delle masse di combustibile, sia in senso
verticale, riducendo il pericolo che il fuoco
radente passi alle chiome, sia in senso orizzontale evitando che il fuoco si propaghi su
vaste estensioni. La diminuzione di densità
provoca un maggiore accrescimento diametrale delle piante con conseguente riduzione del rapporto di snellezza e aumento
della resistenza delle piante alle avversità
meteorologiche (neve e vento) (Foto 2).
La maggiore resistenza all’infiammabilità dei
popolamenti è favorita anche dall’aumento
del contenuto di umidità nei suoli che, specie in ambiente mediterraneo, assume una
particolare valenza per quanto attiene il rischio incendi. Con riferimento ad alcune
delle specie maggiormente colpite dal fuoco,
esperienze condotte in Calabria in popolamenti di pino laricio (Compostella e Iovino,
1999) e di pino d’Aleppo (Garfì et al., 2009),
hanno confermato come l’umidità nel suolo
aumenti con l’intensità del diradamento e
l’incremento è maggiore nei periodi estivi
anziché in quelli autunno-invernali.
L’aumento di umidità nel suolo provoca
effetti significativi in quanto si hanno:
• migliori condizioni di idratazione delle
piante (diminuzione del potere calorifico
del combustibile che influenza direttamente l’intensità del fronte dell’incendio);
• incrementi dimensionali delle piante e
aumento della stabilità dei popolamenti contro le avversità abiotiche
(modificazioni del carico di combustibile e della disposizione spaziale sia del
materiale vivo sia di quello morto);
• condizioni microclimatiche che favoriscono i processi di rinaturalizzazione,
con l’insediamento prima e l’affermazione dopo, di latifoglie autoctone che,
rispetto ai pini, presentano una bassa
infiammabilità (Iovino et al., 2005).
Considerazioni conclusive
Il problema degli incendi ha raggiunto una
tale gravità da assumere proporzioni patologiche nonostante l’aumento degli investimenti volti a combattere il fenomeno
e una maggiore tutela dei boschi sia sul
piano tecnico che su quello giuridico.
La Calabria è una delle regioni forestalmente più importanti d’Italia,
ma anche la regione tra le più interessate dagli incendi, che annualmente
colpiscono
una
superficie considerevole di boschi,
diversi per composizione e struttura, e di macchia e arbusteti mediterranei. I dati prima riportati e
le considerazioni sulle forme di
prevenzione che possono esser
messe in atto inducono a suggerire
un cambiamento nei criteri pianificatori
che, oltre a esser basati principalmente
sulla predisposizione di misure per contrastare le fasi emergenziali, legate allo
spegnimento, promuovano i collegamenti
concreti con la previsione e con la prevenzione, dando particolare enfasi anche alla
prevenzione selvicolturale, che rappresenta la strada da percorrere per favorire
una maggiore efficienza complessiva dei
boschi e, di conseguenza, una migliore resilienza anche nei confronti del fuoco.
Ciò dovrebbe tradursi in una pianificazione
antincendio integrata alla pianificazione forestale a diverso livello (regionale, comprensoriale, aziendale) che preveda le attività di
prevenzione, di previsione, e spegnimento,
sviluppate in momenti temporalmente diversi ma tra loro connesse. Le attività di prevenzione indiretta, sia quelle volte a facilitare
l’estinzione (viali tagliafuoco, punti di approvvigionamento idrico e viabilità operativa), che quelle volte a rendere i
popolamenti forestali meno bruciabili e
meno vulnerabili al fuoco (interventi selvicolturali e il fuoco prescritto), dovrebbero
trovare logica applicazione nei periodi di
bassa pericolosità, che nei nostri ambienti
vanno generalmente da ottobre a maggio; le
attività di previsione durante i periodi di
maggiore pericolosità (da maggio a ottobre).
Entrambe dovrebbero rendere più efficaci le
attività di spegnimento, con ricadute positive
sul piano economico e su quello finanziario.
Negli ultimi decenni la ricerca ha dato un
notevole contributo di conoscenze sul fenomeno degli incendi boschivi: le variabili
connesse al rischio, le linee operative per
la prevenzione e l’estinzione, gli effetti del
fuoco sulla composizione e la struttura
degli ecosistemi, i criteri di pianificazione
antincendi. L’auspicio è che i risultati acquisiti siano utilizzati dal mondo operativo.
Gennaio-Marzo 2014
Foto 2.
Bacino del Mucone
(Cosenza).
Schianti da neve
in rimboschimenti
di pino laricio
e conseguente accumulo
di materiale secco
facilmente incendiabile
per la non esecuzione
di diradamenti
(foto Iovino)
La documentazione
bibliografica
di questo studio
può essere richiesta
al Prof. Francesco Iovino
scrivendo a
[email protected]
11
F O R E S T A Z I O N E
Produzione, varietà,
tecnologia, competenza:
il legno si sviluppa così
Riorganizzare il settore per sviluppare l’intera filiera
foresta-legno e liberarne così l’enorme potenzialità
con ricadute a livello economico, occupazionale e ambientale
ANDREA ROSARIO PROTO
Dipartimento di Agraria
Università degli Studi
Mediterranea
di Reggio Calabria
Negli ultimi decenni, i risultati di numerose indagini hanno confermato la perdita
di competitività delle produzioni legnose
in Italia. I motivi di tale evoluzione negativa sono certamente complessi e vanno
ricercati in tutti i segmenti della filiera foresta-legno. In Calabria, in particolare,
sono numerosi fattori che limitano
l’enorme potenzialità della filiera forestalegno. Essa è particolarmente radicata e
articolata nel territorio anche per ragioni
legate storicamente alla catena della coltura, della trasformazione e finitura del
legno. Il settore più di altri soffre difficoltà
contingenti e strutturali nella competizione sul mercato. Nonostante una buona
disponibilità al prelievo legnoso, in regione
La produzione
può migliorare
anche attraverso
una maggiore
conoscenza
della materia prima
12
non si registra un adeguato livello di gestione attraverso interventi selvicolturali
finalizzati sia alla coltura e raccolta dei
prodotti legnosi, sia alla tutela dell’assetto
idrogeologico e salvaguardia del territorio.
Così come evidenziato dall’ultimo Inventario Forestale, la quantità di prelievo delle
foreste risulta notevolmente inferiore rispetto al tasso di produttività espresso dai
boschi calabresi. L’approvvigionamento
della materia prima è strettamente legato
alla gestione forestale, alla massa cormometrica annualmente utilizzabile, alle specie legnose prodotte e ai prezzi di mercato.
La concomitanza della sfavorevole struttura orografica del territorio, della parcellizzazione topografica e delle limitate
dimensioni medie dell’azienda forestale
contribuiscono ancor oggi a diversificare
le strutture organizzative aziendali. Queste
difficoltà hanno provocato la progressiva
riduzione delle utilizzazioni forestali dei
boschi, pur in presenza di un incremento
della potenzialità produttiva, e le crescenti
difficoltà per le imprese locali di prima trasformazione del legno a poter lavorare assortimenti
legnosi
non
sempre
commercialmente idonei. Ad aggravare la
situazione, si aggiunge il crescente interesse degli ultimi anni, sia politico che imprenditoriale, per l’utilizzo delle biomasse
legnose che ha generato nella nostra regione una modifica del mercato e una crescente competizione nell’uso della materia
prima, con forti ripercussioni per l’industria
del legno. Non a caso, su tutti i livelli della
filiera del legno, è possibile riscontrare tra
gli operatori una situazione d’insoddisfazione per l’attuale organizzazione del settore. In Calabria il ciclo produttivo della
filiera foresta-legno non sempre si conclude e buona parte dei semilavorati raggiunge centri di lavorazione specializzati
siti fuori regione e così facendo buona
parte del valore economico del prodotto si
disperde fuori dall’area di produzione. Pertanto, considerato che la filiera forestalegno si ferma prevalentemente alla prima
trasformazione e le disponibilità di materiale legnoso in bosco sono superiori a
quelle realmente prelevate, si evince come
le potenzialità per aumentare l’occupazione con questa filiera sono ampie.
Per poter meglio definire gli interventi da
attuare per qualificare la filiera del legno in
Calabria è necessario analizzare in dettaglio
due elementi chiave: le fonti di approvvigionamento e il mercato dei prodotti. Entrambe queste componenti sono
caratterizzate da una forte variabilità dovuta ai costi di produzione e alla instabilità
del mercato del legno. All’interno delle
aziende, queste due variabili condizionano
il processo produttivo e le strutture organizzative. Le imprese che costituiscono la
filiera foresta-legno sono numerose e molto
differenziate, sia per tecniche utilizzate che
per mercati di sbocco e la filiera, così, manifesta un certo distacco fra il reperimento
della risorsa e la sua trasformazione. I settori dediti alla raccolta e trasformazione del
legname sono principalmente costituiti da
piccole e medie imprese in prevalenza poco
evolute e con bassi investimenti in ricerca
e sviluppo. Le imprese, inoltre, mostrano
difficoltà nel reperimento della forza lavoro,
con particolare riguardo per i profili professionali più qualificati. Nel settore delle utilizzazioni forestali emergono molto spesso
problematiche inerenti all’organizzazione
produttiva dei cantieri di utilizzazione che
limitano così un approvvigionamento costante e di qualità del materiale legnoso. Infatti, l’offerta di legname non sempre
omogenea spinge le imprese di trasformazione talvolta ad acquistare dall’estero la
materia prima a basso costo non valorizzando così le produzioni locali. Occorre pertanto auspicare una serie d’interventi
affinché l’intero ciclo di produzione si possa
Le aziende
calabresi
hanno
strutture
e know how
per poter
concludere
l’intero ciclo
di lavorazione
completare in Calabria e che sia riconosciuta la qualità del prodotto legno in modo
che tutti i segmenti della filiera possano
trarne beneficio.
Da diversi anni il Dipartimento di Agraria
conduce indagini in merito allo sviluppo
della filiera foresta-legno e molto spesso
le problematiche riscontrate all’interno
delle aziende evidenziano forti criticità
dovute a una mancata valorizzazione e
molto spesso poca conoscenza della materia prima lavorata. Per le aziende boschive e di trasformazione è auspicabile
migliorare le proprie produzioni, aumentandone il valore commerciale e favorendo così una maggiore produzione a
favore di tutta la filiera foresta-legno.
Un esempio positivo che in questi ultimi
anni ha avuto finalmente avvio, a dimostrazione dell’enorme potenzialità dei boschi calabresi, è stata la valorizzazione del
legno di castagno attraverso un suo impiego per usi strutturali. In particolare,
grazie all’interessamento del Dipartimento
Agricoltura Foreste e Forestazione e di Assolegno, alcune aziende calabresi hanno
investito parte delle proprie produzioni
nella marcatura CE delle travi di castagno
a Uso Fiume. Questa marcatura CE consentirà a valorizzare al meglio gli assortimenti legnosi provenienti dai boschi di
castagno, che attualmente invece è relegato a un ruolo di second’ordine rispetto
a elementi maggiormente strutturati da
un punto di vista normativo.
Gennaio-Marzo 2014
13
F O R E S T A Z I O N E
In riferimento alle problematiche fin qui
emerse, è necessario innovare tutti i livelli
della filiera al fine di qualificare e sviluppare la risorsa locale costituita dal legno.
Le aree d’intervento devono partire dalle
utilizzazioni forestali e dalle ditte di
prima lavorazione del legno che rappresentano oggi i comparti più deboli dell’intera filiera a causa di un mancato
ammodernamento delle proprie dotazioni
strutturali. Per agevolare tale evoluzione
del settore occorrono nuovi schemi di sviluppo che dovranno essere necessariamente più molteplici di quelli adottati
fino a oggi e dovranno essere
più flessibili e
differenziati in
base alle esigenze del territorio. Occorre
garantire una
continuità duratura nel tempo
degli interventi
selvicolturali per
spingere gli imprenditori a investimenti
economici che abbiano un ritorno ammortizzato nel medio-lungo periodo,
senza il rischio di pagare scelte sbagliate.
Per qualificare al meglio le produzioni legnose autoctone è necessario avviare filiere corte, ovvero costituire un nuovo
La filiera corta –
imprese boschive,
segherie,
falegnamerie
e mobilifici
artigianali –
è la condizione
migliore
per favorire
la qualificazione
delle produzioni
legnose autoctone
14
flusso produttivo che coinvolga le imprese boschive, le segherie che possono
impiegarlo direttamente in seconde lavorazioni e così commercializzarlo o altrimenti rivenderlo alle falegnamerie e
piccoli mobilifici artigianali presenti sul
territorio. Un esempio di filiera corta che
da oltre un secolo è attiva in Calabria e
le cui produzioni sono rinomate in tutta
Italia e anche all’estero è rappresentata
da diverse cooperative operanti nel Comune di Serrastretta che riescono a esaltare le qualità tecnologiche del legno di
faggio e di castagno, proveniente dai boschi della Sila, attraverso la produzione di
sedie, sgabelli e tanti altri prodotti di arredamento. Questa organizzazione, così
formata, permette di coinvolgere più
aziende dello stesso settore che più facilmente riesce ad acquistare assortimenti
legnosi locali di qualità e a prezzi competitivi rispetto a una piccola azienda di
lavorazione che non potrebbe concludere
pienamente l’intero ciclo della filiera a
causa delle modeste dimensioni aziendali
e di investimenti finanziari.
E’ evidente, pertanto, che nella nostra regione la valorizzazione della risorsa legno
non può passare attraverso un generico
aumento dell’offerta, ma deve basarsi
sulla riorganizzazione del sistema di gestione delle superfici forestali stesse che
consenta di arrivare a un’offerta produttiva costante, così da rispondere alle esigenze delle industrie di trasformazione e
del mercato del legno. La ricaduta economica del patrimonio boschivo esige
quindi una razionale utilizzazione forestale basata sulla pianificazione, sulla
specializzazione e su una corretta meccanizzazione all’interno di tutti i segmenti della filiera.
I L
ƒ
F O C U S
Tutto sull’olio d’oliva,
il vero oro della Calabria
Aspettando le fiere
OLIO CAPITALE
7-10 marzo 2014
SOL&AGRIFOOD
6-9 aprile 2014
L’olio, un ruolo strategico
per l’agricoltura calabrese
La produzione olivicola può far crescere l’agricoltura calabrese in vista di
un salto di qualità in termini di sviluppo e competitività. Lo confermano i
dati: quasi il 28% della produzione nazionale di olio è calabrese e incide con
la stessa percentuale sul complesso
della produzione agricola regionale.
«Certamente. Essendo la Calabria una regione a forte vocazione olivicola, tra le
maggiori produttrici di olio di oliva in
Italia e che nelle ultime annate contende
il primato nazionale ad altre regioni italiane, l’agricoltura deve assolutamente
puntare su questo comparto per un salto
di qualità a livello di sviluppo e competitività. L’agricoltura rappresenta la Calabria dinamica, produttiva, affabile e
conviviale, quella dalle tinte verdi e dai
profumi intensi che oggi, e in modo naturale, intendiamo proporre ai consumatori con i frutti della terra fatti di sapori
particolari, che attestano l’integrazione
fra la natura, le attività agricole e le testimonianze della civiltà del passato.
Prodotti agro-alimentari di alta qualità
che ci rendono consapevoli della forza
della nostra regione e allo stesso tempo
orgogliosi di proporre ai consumatori
prodotti unici, altamente competitivi, visceralmente legati alla nostra storia e alla
tradizione dei nostri territori. L’olivicoltura della nostra regione ha radici storiche antichissime che si spingono fin nel
periodo della Magna Grecia, e oltre a essere tra le attività agricole più interessanti, rappresenta per tutti i calabresi un
grande patrimonio naturalistico-ambientale, che per il futuro va gestito e salvaguardato adeguatamente. Le particolari
caratteristiche organolettiche dei migliori
oli calabresi li pongono al livello dei più
conosciuti e pregiati oli nazionali. Il patrimonio olivicolo autoctono è infatti tra
i più interessanti d’Italia: con le varietà
16
“Siamo orgogliosi – dice l’assessore all’Agricoltura Michele Trematerra –
di poter proporre ai consumatori prodotti unici, altamente competitivi,
visceralmente legati alla nostra storia e alla tradizione dei nostri territori”
Carolea, Cassanese, Ciciarello, Dolce di
Rossano, Grossa di Gerace, Ottobratica,
Roggianella, Sinopolese, Tombarello,
Tonda di Strongoli, si ottengono dei pregiatissimi oli che esaltano la territorialità
dei luoghi nei quali vengono prodotti».
Assessore Trematerra, come può la
Regione accompagnare questo trend?
«Ribadisco che il comparto olivicolo è diventato strategico nell’ottica dello sviluppo dell’intera agricoltura regionale.
Lo dimostra infatti la particolare attenzione riservata a questo settore dall’amministrazione regionale, che da qualche
anno a questa parte sostiene fortemente
lo sviluppo del settore “qualità” dell’olio
extra vergine di oliva. Il Dipartimento
Agricoltura, infatti, si sta impegnando a
perseguire questo obiettivo con una serie
di strategie, che mirano al massimo sviluppo del comparto, e sta già lavorando
da tempo affinché la nuova programmazione del PSR tenga conto particolarmente delle grandi potenzialità del
settore olivicolo–elaiotecnico. Non solo.
Per quanto riguarda il primo pilastro
della PAC, data la difficile congiuntura
economica e i tagli ai finanziamenti che
di conseguenza si prospettano, il Dipartimento si sta battendo, nei tavoli romani, per salvaguardare il budget di aiuti
diretti destinati al comparto olivicolo calabrese. Tornando alle strategie da mettere in atto per migliorare e rendere più
moderno ed efficiente il comparto, si potrebbe partire dall’introduzione di nuove
varietà e di nuovi sistemi di coltivazione,
alcuni dei quali, ad esempio, trovano
buona applicazione sia in Spagna che in
altri paesi del Bacino del Mediterraneo.
Fondamentale è anche l’acquisto di
nuove macchine e attrezzature agricole.
Dovranno essere privilegiati gli investimenti che comportino una sostanziale riduzione dei costi di produzione e quelli
che consentano di conservare e stoccare
grandi quantitativi di prodotto, senza alterare le caratteristiche qualitative dei
frutti, consentendo di dilazionare nel
tempo l’offerta. Saranno favoriti, inoltre,
gli investimenti per l’industria di trasformazione, finalizzati alla produzione di
oli di alta qualità e di olive da mensa. Gli
interventi saranno realizzati prioritariamente nelle zone vocate e destinate all’olivicoltura. Bisognerà concentrarsi
maggiormente sulla territorializzazione
degli interventi. La vocazionalità ambientale, prerogativa necessaria per il
successo di un oliveto e della sua redditività, deve essere adeguatamente valutata sotto l’aspetto climatico, pedologico
e infrastrutturale. Sappiamo bene che la
piena conoscenza delle caratteristiche fisico-chimiche dei terreni è prerogativa
indispensabile per l’agricoltore che deve
operare una serie di scelte primarie per il
corretto svolgimento dell’attività olivicola. In sostanza pianificare l’attività
agricola in relazione alle caratteristiche
del territorio significa migliorare notevolmente le produzioni. Non per ultimo,
particolare attenzione dovrà essere riservata alla promozione dei marchi di qualità, oltre i confini regionali e nazionali,
attività che stiamo portando avanti già
da diverso tempo con iniziative seminariali e informative, che mirano a far co-
I L
noscere sempre di più e su territori sempre più vasti e lontani, i nostri prodotti
di qualità».
Cosa c’è da migliorare e cosa da
cambiare nella struttura produttiva, che
in prevalenza appare ancora di tipo
tradizionale, per incidere in termini di
offerta sul mercato nazionale e internazionale?
«E’ cosa nota, ormai, che il comparto olivicolo, in tutte le regioni meridionali, necessita di una sorta di “ammodernamento
culturale”. La Calabria paga forse più
degli altri a causa dell’elevata frammentazione aziendale, che in molti casi
rende difficile la riduzione dei costi di
produzione e l’innalzamento del già
buono livello qualitativo. Cooperazione,
associazioni di scopo, partenariati, organizzazioni agricole: riteniamo siano queste le armi necessarie per il superamento
dell’impianto “tradizionale” della nostra
olivicoltura. Detto ciò, per far crescere la
struttura produttiva e incidere quindi
maggiormente in termini di offerta sui
mercati nazionali e internazionali, bisognerà prestare maggiore attenzione all’introduzione di varietà autoctone, in
modo tale da consentire di allargare il
calendario di raccolta e ottenere produzioni qualitativamente e quantitativamente elevate. Indispensabile l’acquisto
di macchine e attrezzature che consentano una riduzione dei costi di produzione e una migliore gestione della fase
di post-raccolta. E ancora, incrementare
le superfici destinate alla produzione con
il metodo biologico, già uno dei fiori
all’occhiello della nostra regione. Maggiore attenzione dovrà essere prestata
alla difesa fitosanitaria, pratica colturale
ritenuta di fondamentale importanza sia
per gli aspetti economici che essa deter-
mina, quali quelli dell’incremento qualiquantitativo di produzione e di riduzione
dei costi, che per quelli relativi alla sostenibilità ambientale. Fondamentale
sarà riuscire a ridurre i costi di produzione, che risultano essere ancora elevati
per effetto del largo impiego di manodopera, per il costo e la scarsa reperibilità
della stessa, per i costi di trasformazione
del prodotto e per la insufficiente organizzazione del sistema commerciale. Di
conseguenza si auspica una maggiore
meccanizzazione delle operazioni colturali e delle forme di allevamento più
idonee alla diffusione della meccanizzazione. Andando avanti, bisogna diffondere modelli strutturali produttivi
innovativi come l’intensivo e il superintensivo, definire la vocazionalità ambientale, e non soffermarsi più su una
generica definizione di qualità di un olio
solo in funzione dei parametri commerciali finora esclusivamente considerati.
Per essere sempre più competitivi sui
mercati bisogna puntare ad esempio all’ottenimento di un prodotto di “alta
qualità” in funzione delle peculiarità importanti per la salute umana. Infine bisogna puntare a migliorare ulteriormente
la qualità del prodotto, obiettivo strategico nell’olivicoltura calabrese».
Ritiene corretto seguire due strategie
di marketing diverse, una per l’olio industriale e una per quello artigianale?
«Ritengo che la divisione tra “olio industriale” e “olio artigianale” possa solo
confondere le idee al consumatore e, a
volte, anche agli esperti del settore. E’
chiaro che c’è bisogno di una nuova categoria merceologica o, in alternativa, di
una protezione a livello regionale, proprio come sta facendo il MIPAF con la
prossima emanazione del SNQ (Sistema
Nazionale della Qualità) nel settore olio
d’oliva. Saranno privilegiati, comunque,
investimenti finalizzati alla promozione
attraverso campagne pubblicitarie e di
informazione sulle caratteristiche nutrizionali e salutistiche dei nostri prodotti,
legate anche alle produzioni a marchio
di qualità (DOP e IGP Olio di Calabria in
corso di definizione)».
Quali azioni dovrebbero essere intraprese per posizionare l’olio extravergine sui mercati?
F O C U S
«Innanzitutto servirebbe una corretta informazione/formazione. Occorrono delle
adeguate campagne promozionali sul
nostro olio. Questo compito potrà essere
svolto anche dal nuovo ente di cui l’Amministrazione Regionale ha fortemente
voluto dotarsi e che finalmente è diventato operativo, l’Elaioteca regionale. Lo
spirito per cui è nata l’Elaioteca, fa si infatti che questa debba necessariamente
interagire con tutte le iniziative nazionali
e internazionali che si occupano del settore olio d’oliva. Partiamo dal presupposto che la cultura dell’olio di qualità va
avviata prioritariamente nelle istituzioni
scolastiche. A breve partirà una stretta
collaborazione con le scuole regionali al
fine di trasmettere le corrette informazioni sulle qualità dell’olio e sulla struttura della filiera olivicolo/olearia
calabrese. Per favorire la promozione,
inoltre, prossimamente sarà presentato il
“Carrello degli Oli Regionali”. Il carrello,
rigorosamente in legno di castagno e interamente prodotto in Calabria, sarà distribuito a circa 100 ristoranti e punti
vendita di eccellenza che svolgono la
loro attività sia in ambito regionale che
extra-regionale. Bisogna inoltre rendere
semplici i messaggi rivolti al consumatore, insistere sugli aspetti nutrizionali e
salutistici dell’olio d’oliva e coinvolgere
il più vasto pubblico possibile di consumatori a giornate divulgative sulle qualità dell’olio d’oliva, che spieghino i suoi
effetti e i benefici per la nostra salute».
Quando potremmo arrivare al riconoscimento europeo di un marchio
dell’olio calabrese?
Siamo fortemente impegnati da tempo su
questo difficile ma prestigioso fronte.
Oltre a promuovere e incentivare le DOP
esistenti a Lamezia, nell’Alto Crotonese e
nel Bruzio, e a sollecitare l’istituzione di
nuove, il mio assessorato è fortemente
impegnato nel conseguimento di un
marchio europeo per tutto l’olio calabrese. L’IGP Olio di Calabria, fortemente
voluto anche dalla parte produttiva, sicuramente permetterà di dare una identità certa ai nostri prodotti, favorendo
anche la sua affrancazione sui mercati
nazionali e internazionali. L’iter istruttorio è stato già avviato da tempo e si attendono a breve i relativi riscontri».
Gennaio-Marzo 2014
17
ƒ
Competitività
del sistema olivo in Calabria
NINO IANNOTTA
Tipicizzazione, certezza della provenienza geografica,
packaging accurato e perfino caratteristiche organolettiche
abbinate ai piatti: così l’olio si vende in Italia
Il perseguimento di una maggiore
competitività dell’olivicoltura italiana, e calabrese, si rende urgentemente necessario alla luce del
contesto produttivo internazionale
che vede alcuni Paesi incrementare le
proprie produzioni, anche al di fuori
del bacino del Mediterraneo e in altri
continenti, e attuare aggressive politiche di mercato. Negli ultimi anni la
Spagna produce quasi il doppio della
produzione italiana, ormai avvicinata
anche dalla Grecia e minacciata da
altri Paesi mediterranei (Siria, Tunisia
e Turchia), facendo perdere all’Italia
non solo la preminenza produttiva
ma anche il ruolo di indirizzo che
esercitava e quindi la capacità di
condizionare il mercato.
All’incremento delle produzioni
corrispondono altrettanti incrementi
dei consumi in quasi tutti i Paesi
evoluti, riconoscendo all’olio il
ruolo di grasso alimentare di magDistribuzione della produzione nazionale
Produzione
% su totale
di olio
produzione
milioni di euro agricola regionale
Calabria
Puglia
Sicilia
Campania
Abruzzo
Toscana
526
482
192
164
127
115
27,6
13,9
5,7
5,0
10,4
5,7
Centro-Nord
Mezzogiorno
341
1.547
1,2
9,8
Italia
1.888
4,3
Fonte INEA
18
gior pregio per le sue qualità nutrizionali, salutistiche e sensoriali. Il
mercato italiano, che per questo
prodotto resta il più evoluto al
mondo, si indirizza sempre più
verso una domanda che va al di là
della semplice qualità mercantile, richiedendo tipicizzazione dell’olio,
certezza di provenienza geografica,
accurata vestizione del prodotto e
perfino caratteristiche organolettiche mirate a ciascun specifico abbinamento culinario. Sui mercati
internazionali, anche per mancanza
di tradizione specifica, la domanda
di massa si indirizza verso produzioni più generiche e si prevede che
tale connotato venga mantenuto nel
medio-lungo periodo, trattandosi di
costumi alimentari a lenta evoluzione. Quindi, seppur la principale
sfida per i produttori italiani resta
l’innalzamento della qualità, con significativo ampliamento dell’offerta
nel segmento dei
prodotti di alto profilo (indirizzato al
% su produzione
mercato interno,
nazionale
di olio
comunitario e in27,9
ternazionale ad alto
25,5
reddito), anche un
10,2
prodotto meno ca8,7
ratterizzato ma ben
6,7
commercializzato a
6,1
costi competitivi
18,1
può conquistare e
81,9
mantenere salde
quote sui mercati
100,0
interni e interna-
CRA - Centro di Ricerca per l’Olivicoltura
e l’Industria Olearia, Rende (CS)
ROSARIO FRANCO
Funzionario ARSAC c/o Dipartimento
Agricoltura, Foreste e Forestazione
zionali, attuali e di previsto sviluppo.
Quest’ultimo indirizzo potrebbe risultare particolarmente efficace in
Calabria ove esistono ampi margini
di miglioramento in relazione a una
ancora alta percentuale di olio lampante prodotto, dovuta a problemi
legati alla difficoltà di razionalizzare
le pratiche colturali nei vecchi oliveti.
Questo quadro evidenzia che le strutture produttive dell’olivicoltura regionale, specialmente in alcune
importanti aree, abbisognano di un
ammodernamento a fronte di un interesse politico mai praticamente
espresso dalle istituzioni. Pur nella
consapevolezza dei vincoli esistenti
allo sviluppo dell’olivicoltura, più
volte analizzati in relazione alle avverse condizioni orografiche (pendenze) o all’estrema frammentazione
fondiaria delle aziende o anche ad
altri fattori economici e non, nessuno sforzo è stato compiuto in direzione di un piano di interventi in
grado di programmare la ristrutturazione degli impianti, con cui favorire
il cambiamento culturale degli olivicoltori da un atteggiamento assistenzialista, per lungo tempo supportato
dal vecchio sistema di aiuti comunitari, a un altro più moderno di tipo
imprenditoriale,
intrinsecamente
contenuto nel nuovo regime di sostegno. Un’opportunità (forse l’ultima) che questo rinnovamento
dell’olivicoltura italiana effettivamente si realizzi, risiede nelle possi-
I L
bilità incluse nei Programmi di Sviluppo Rurale (PSR) che le Regioni
sono chiamate ad attuare, in special
modo quelle meridionali dove il
comparto rappresenta una notevole
importanza economica (nelle sole regioni Puglia e Calabria si consegue
una produzione di olio dell’ordine di
20-40% del PIL agricolo).
Analisi dei connotati salienti
del comparto
PUNTI DI FORZA
• Vocazionalità del territorio e tradizione nella coltivazione.
• Notevole massa critica di piante.
• Ecosistema di grande equilibrio.
• Ricchezza del germoplasma esistente.
• Buona percentuale di produzione
biologica.
• Ambiente naturale integro e con
vocazione multifunzionale.
• Interessanti prospettive di mercato interno e internazionale.
• Disponibilità a innovazioni tecnologiche di processi di prodotto.
• Comparto industriale tecnicamente attrezzato alla trasformazione.
• Possibilità di certificazione della
qualità (DOP, IGP, biologico, integrato).
• Possibilità di diversificare la produzione alimentare con impieghi
alternativi nel settore cosmetico
e farmaceutico.
• Possibilità di valorizzare i sottoprodotti a fini energetici.
• Possibilità di valorizzare la produzione di olio di alta e/o altissima qualità.
• Valorizzazione della produzione
da tavola.
• Immagine del Paese quale produttore di qualità (made in Italy).
• Posizione strategica per l’export
(porto di Gioia Tauro).
Calabria. Peso dell’olivicoltura su totale regione
80%
70%
60%
50%
70,0%
40%
30%
38,1%
29,1%
20%
10%
0%
Aziende
Superficie
Produzione
Fonte ISTAT
•
•
•
•
•
•
•
•
PUNTI DI DEBOLEZZA
Settore agricolo
• Polverizzazione della struttura
F O C U S
•
produttiva con dimensioni medie
aziendali ridotte.
Stato arretrato della coltivazione
in molti areali: impianti obsoleti,
scarse cure agronomiche, scarso
impiego della irrigazione.
Scarsa introduzione di innovazione tecnologica e insufficiente
diffusione della meccanizzazione
con conseguenti elevati costi di
produzione.
In larga misura presenza di condizioni bioambientali favorevoli
allo sviluppo dei parassiti, entomologici e patologici, con strategie di difesa inadeguate.
Scarsa attenzione ai problemi
ambientali in generale, ma con
particolare riferimento alla gestione del suolo.
Irrazionalità delle pratiche colturali (concimazione e potatura)
con conseguente incremento
dell’alternanza di produzione.
Interi areali non orientati al mercato e finora fortemente dipendenti dall’aiuto comunitario.
In diverse zone preponderante
produzione di scarsa qualità.
Debole interesse verso il settore
delle olive da tavola, malgrado le
opportunità offerte dalla variabilità genetica calabrese.
Limitata sostenibilità per scarso
reimpiego nel suolo di risorse di
filiera (Av, sanse, biomasse vegetali, compost da esse ottenuti).
Trasformazione
• Rilevanti problemi di adeguamento dei frantoi alle norme vigenti.
• Scarsa attenzione verso il recupero dei sottoprodotti e costi di
trasformazione elevati per il loro
trattamento.
• Basso livello di certificazione del
processo.
• Mancanza di certificazione di
garanzia sulla capacità professionale degli operatori.
• Assenza, o quasi, di impianti di
trasformazione delle olive da
mensa.
Valorizzazione
e commercializzazione
• Carenza di strutture di stoccaggio, confezionamento e distribuzione del prodotto.
• Insufficienza di strutture di imbottigliamento.
• Scarsa integrazione di filiera.
• Limitata incisività delle strutture
associative nella concentrazione
e valorizzazione del prodotto.
• In alcune aree difficoltà nell’avviare i Consorzi di tutela delle DOP
e comunque loro scarso successo.
• Difficoltà per i produttori nella
penetrazione nel segmento di
confezionamento e nella GDO.
Gennaio-Marzo 2014
19
• Insufficiente valorizzazione del
prodotto biologico.
• Scarso livello di certificazione
della qualità.
• Totale assenza di processi di
tracciabilità del prodotto.
• Scarsa capacità di fare sistema
nell’utilizzazione integrativa alla
produzione di olio e olive da
mensa di ulteriori risorse (energetiche, cosmetiche, farmaceutiche, turistiche, culturali).
• Carenza di strategia di marketing.
• Carenza di strutture di stoccaggio, confezionamento e distribuzione del prodotto.
• Scarsa integrazione di filiera.
• Limitata incisività delle strutture
associative nella concentrazione
e valorizzazione del prodotto.
• In alcune aree difficoltà nell’avviare i Consorzi di tutela delle
DOP.
• Difficoltà per i produttori nella
penetrazione nel segmento di
confezionamento e nella GDO.
• Insufficiente valorizzazione del
prodotto biologico.
Linee d’intervento
Una prospettiva di rinnovamento
delle strutture produttive appare
strategica nel perseguimento dell’obiettivo Competitività del sistema
olivo in Calabria, non ulteriormente
procrastinabile specialmente in riferimento a larghe fasce di olivicoltura vecchia e irrazionale ancora
esistente.
Posto l’obiettivo strategico del rinnovamento dell’olivicoltura regionale, rimane da stabilire la tattica
con cui raggiungerlo, ossia con
quali modelli si vorrebbe disegnare
la ristrutturazione degli impianti
nei vari contesti produttivi. A
quest’ultimo riguardo, attualmente
coesistono almeno due diverse correnti di pensiero nel mondo tecnico-scientifico italiano, entrambe
riguardanti l’intensificazione della
coltura, in cui si prospetta un’ipo-
20
tesi di modello produttivo, già sufficientemente noto,
basato su un’olivicoltura intensiva
tradizionale (300400 piante/ha) e
un’altra, meno nota
in tutti i suoi risvolti, di tipo superintensivo (16002000 piante/ha)
nell’ottica comune
di meccanizzare le operazioni colturali più importanti e onerose, in
primo luogo quello della raccolta.
Anche una migliore utilizzazione
dell’olivicoltura esistente, se valida,
si ritiene che ormai non possa più
prescindere da una adeguata meccanizzazione e pertanto anch’essa
bisognosa dei relativi adeguamenti.
La competitività è essenzialmente
basata sul rapporto costi/benefici,
quindi il poter operare in campo per
costruire, oltre che una congrua
produttività a costi il più contenuti
possibile, una complessiva qualità
del prodotto è sembrato un punto
fondamentale da affrontare. Una
qualità che potesse poi essere certificata (integrato, biologico, DOP) e
potesse, utilizzando tutte le potenzialità del germoplasma olivicolo,
dare un valore all’identità dell’olio.
Il ruolo multifunzionale dell’olivicoltura resta di rilevante importanza
sociale (all’uopo sono previste specifiche Misure nei PSR), ma la competitività a cui occorre mirare è
quella della pura economicità dell’impresa olivicola, permettendo al
prodotto di reggere la concorrenza
sui mercati, anche se una particolare attenzione, comunque, è stata
dedicata alla possibilità di attuare le
nuove coltivazioni nell’ambito di
una sostanziale ecocompatibilità.
Un approccio dell’attività di ricerca del CRA-OLI ha riguardato
lo studio della difesa fitosanitaria,
pratica colturale ritenuta di fondamentale importanza sia per gli
aspetti economici che essa determina, quali quelli dell’incremento
quali-quantitativo di produzione e
di riduzione dei costi, che per
quelli relativi alla sostenibilità ambientale, in coltura convenzionale
o biologica. In questo campo molte
ricerche sono state dedicate alla
“mosca delle olive” (Bactrocera
oleae Gmelin, 1790), notoriamente
il più pericoloso e dannoso fra i
parassiti dell’olivo e fitofagochiave dell’ecosistema, ma non
sono stati trascurati altri parassiti
entomatici e patologici in grado di
influenzare la qualità e la quantità
dell’olio prodotto.
In un’ottica di tutela dell’ecosistema,
ma anche di competitività economica, sono state sperimentate tecniche di lotta alternative all’uso delle
sostanze chimiche, perciò sono state
implementate prove di tipo agronomico, biologico, biotecnico e con
biocidi naturali. Di supporto alla
messa in atto di tali tecniche di contenimento delle avversità biotiche, è
stato inoltre sperimentato anche un
nuovo sistema di monitoraggio ambientale, preliminare e propedeutico
agli interventi diretti di lotta, basato
sulla raccolta di dati (climatici, fisiologici della pianta, etologici dei parassiti) a livello comprensoriale (SIT
- Sistema Informazione Territoriale),
successivamente sottoposto ad analisi informatica (GIS - Geographical
Information System) allo scopo di
ottimizzare la strategia di difesa fino
al punto di elaborare affidabili modelli previsionali di attacchi parassitari. Da questi dati provengono
anche interessanti informazioni
circa gli effetti che i cambiamenti
I L
F O C U S
NASCE L’ATLANTE DEGLI OLI EXTRAVERGINI DI CALABRIA
climatici in atto eserpotatura giuncitano sulla biocegono interessanti
nosi dell’oliveto, che
indicazioni circa
lasciano presagire
la possibilità di
caratteristiche chimiche e
La Regione Calabria – tramite il
l’implementazione di
ricorrere
alla
sensoriali degli oli, dall’importanza
Dipartimento Agricoltura, Foreste
nuove strategie di
meccanizzazione
dell’extravergine per la salute
e Forestazione nell’ambito del
lotta contro il paras(con notevole indei consumatori agli aspetti
PSR Calabria 2007-2013, Misura
legislativi che ne regolamentano
1.1.1. Azioni nel campo della
sita primario (mosca)
cremento della
i parametri di qualità.
formazione professionale
per forma ed epoca
produttività del
In una sezione di facile
e dell’informazione – ha indetto
d’intervento.
lavoro con conconsultazione si troveranno
una manifestazione di interesse
In considerazione del
seguente riduper individuare un campione di oli informazioni riguardo i parametri
notevole successo
zione dei costi), i
chimici e organolettici che più
extravergini di oliva calabresi
caratterizzano i differenti oli
da inserire in una nuova
ottenuto presso gli
turni entro cui
extravergini di oliva, in modo
pubblicazione specialistica,
olivicoltori italiani,
effettuare gli inda aumentare la consapevolezza
l’Atlante degli Oli Extravergini di
anche in funzione di
terventi e la inCalabria, una vera e propria guida degli operatori al momento
una maggiore comtensità (per una
della scelta di un olio di qualità.
rivolta agli operatori del settore,
petitività raggiungiproduttività più
L’olivicoltura in Calabria,
ma anche ai semplici
universalmente riconosciuta come
appassionati, con tutta una serie
bile per l’acquisizione
costante sono
una grande risorsa produttiva
di conoscenze e informazioni
di valore aggiunto,
preferibili tagli
e ambientale, in un momento
legate al mondo dell’olio
una grande attività
di media entità
di crisi profonda può anche
extravergine di oliva in Calabria:
di ricerca è stata deogni biennio) e
fungere da traino a tutte
dalle cultivar esistenti
dicata alla coltivacirca le forme
le eccellenze agroalimentari
alle moderne tecniche colturali
regionali: questo volume darà
e pratiche agronomiche, dalle
zione biologica. In
d’allevamento
corrette pratiche di trasformazione, lustro e riconoscibilità a tutte
quest’ambito si è vapiù idonee, per le
conservazione e imbottigliamento le produzioni olearie della terra
lutata l’efficacia dei
quali in Italia
bruzia.
alla valutazione delle
prodotti ammessi
centrale su cultidalla legislazione vivar autoctone
gente contro i prinappaiono
più
cipali parassiti, oltre che l’impatto
mangono significative quantità di
performanti quelle a vaso policoambientale che dette sostanze attive
olio da rettificare, ma rimane annico.
provocano sull’entomocenosi delcora un obiettivo strategico nell’oliLe prospettive di sviluppo della
l’ecosistema e il rischio tossicolovicoltura calabrese, dove in parte
raccolta meccanica rimangono angico
connesso
all’eventuale
già si conseguono valori aggiunti
cora notevoli, a condizione di rapresenza di residui nocivi nel proderivanti dal territorio, dalla cultura
zionalizzare alcuni vincoli esistenti
dotto finale.
e da altre azioni di valorizzazione
sulla filiera, anche in un’ottica di
I risultati complessivamente ottenuti
che possono nel loro insieme essere
adeguamento delle piante alla
dimostrano come una maggiore
incrementati. Il punto maggiormacchina e non solo della maccompetitività dell’olivicoltura calamente dolente rimane quello dei
china alla pianta, come finora
brese ad alta densità di attacchi pacosti di produzione, ancora elevati
fatto. Da questo concetto sostanrassitari e/o in coltivazione biologica
per effetto del largo impiego di mazialmente discende il confronto at(considerata ad alto valore agnodopera, per il costo e la scarsa retualmente esistente in Italia tra i
giunto), passi inevitabilmente da
peribilità della stessa, per i costi di
fautori del sistema intensivo per
una corretta e razionale strategia di
trasformazione del prodotto e per la
così dire tradizionale (300-400
difesa fitosanitaria. Nel campo delle
insufficiente organizzazione del sipiante/ha) e quelli del superintenagrotecniche, altre operazioni coltustema commerciale.
sivo di origine spagnola (1600rali rivestono notevole importanza
Per questi motivi, l’attenzione si è
2000 piante/ha), in quanto i due
per migliorare la competitività.
molto incentrata verso la meccatipi di impianto prevedono diffeIn Calabria, negli ultimi anni, le
nizzazione delle tecniche colturali,
renti tipi di raccolta (con agevolaproduzioni sono cresciute poco, il
in particolar modo sulla raccolta
tori e scuotitori nel primo caso, con
problema dell’alternanza di produche rappresenta la voce più incimacchina scavallatrice nel sezione rimane sul tappeto malgrado
siva sul costo di produzione (oltre
condo). La possibilità di raccogliere
i dati ufficiali (in verità poco crediil 50% del valore del prodotto) e
con un sistema meccanico o con
bili) ne nascondano la reale entità.
quindi costituisce il punto di magl’altro, infatti, dipende da molti fatLa qualità del prodotto è complesgiore criticità economica della fitori, in primo luogo dai genotipi,
sivamente migliorata, anche se perliera. Dalle ricerche inerenti la
non tanto per i loro standard pro-
E NAVIGAR M’E ’ D O L C E I N QU E S T O O L I O
Gennaio-Marzo 2014
21
Olivicoltura intensiva
(400 piante/ha)
Olivicoltura superintensiva
(1.600 piante/ha)
duttivi ma per la tipicizzazione che
si vuole conferire all’olio e per la
capacità di mantenere ridotto il
loro vigore vegetativo.
Questi ultimi due punti rappresentano i vincoli principali all’espansione del sistema superintensivo in
Italia, oltre naturalmente a molti altri
come quelli della orografia spesso disagiata che ostacola l’impiego della
macchina scavallatrice, quelli derivanti dall’eccessiva frammentazione
fondiaria delle aziende olivicole, che
obbligano i produttori a ricorrere a
forzate forme associazionistiche e a
quelli ambientali conseguenti a una
spinta intensivizzazione della coltura
con forti input esterni (concimazioni
chimiche, diserbi, trattamenti antiparassitari) creando anche una obiettività difficoltà di realizzare la
coltivazione in biologico.
La produzione italiana di olio, da
22
sempre molto apprezzata in Italia e
nel mondo, si avvantaggia del notevole numero di varietà esistenti nel
germoplasma che permette la produzione di una serie di oli strettamente
correlati al genotipo, oltre che al sito
di coltivazione, quindi con alto
grado di tipicità considerando
l’identità dell’olio quale ulteriore valore aggiunto. Questo ragionamento
è applicabile in Calabria, dove si realizzano simili condizioni. Allo stato
attuale non si hanno ancora dati definitivi circa la adattabilità delle cultivar
italiane
al
sistema
superintensivo, per vigoria delle
piante, per velocità di entrata in produzione, per autocompatibilità di fecondazione, per costanza di
produzione, tutti fattori per il momento appartenenti alle sole cultivar
utilizzate negli impianti spagnoli
(Arbequina, Arbosana, Koroneiki) e
forse alle italiane FS17 e Urano. Il
problema della vigoria connesso alla
grande maggioranza delle cultivar
più diffuse in Italia e in Calabria
rappresenta un forte ostacolo a tale
forma di coltivazione. Certo, per gli
olivicoltori italiani e calabresi, la
tentazione di adottare il sistema superintensivo, con raccolta meccanica a opera della scavallatrice, è
forte, in quanto essa pone il vantaggio di operare in continuo, con una
velocità di avanzamento di 0,3-1,0
km/h, raccogliendo il 95% e oltre dei
frutti, anche se appartenenti a varietà con frutti piccoli e alta resistenza al distacco. La possibilità, poi,
di ottenere alti livelli di produzione
sulle piante esalta la produttività del
lavoro con enormi vantaggi in termini di riduzione dei costi di produzione. Un definitivo orientamento
verso l’adozione di tale sistema,
quindi, inevitabilmente passa attraverso la sperimentazione attualmente in atto in diverse zone
olivicole nazionali, specialmente in
relazione alla adattabilità delle cultivar autoctone, vincolanti per l’adozione delle DOP, i cui risultati
potranno essere significativi solo tra
qualche anno.
Nel sistema di coltivazione intensiva
normalmente utilizzata in Italia
(300-400 piante/ha) i sistemi di raccolta meccanica a cui si fa maggiore
riferimento sono quelli relativi all’impiego di scuotitori e/o agevolatrici. Una macchina agevolatrice,
portata dall’operatore e applicata direttamente alla chioma con aste più
o meno lunghe, azionata da motore
termico o collegata a compressore
d’aria, può raddoppiare la quantità di
olive raccoglibili per addetto, quindi
può considerarsi interessante per la
sua utilizzazione in piccole aziende
con manodopera familiare oppure a
integrare, in un sistema misto, l’impiego dello scuotitore. La macchina
di riferimento in questo sistema di
coltivazione rimane il vibratore, in
particolare il vibratore di tronco,
ancor meglio se dotato di intercettatori meccanici (per esempio a ombrello rovescio), capace di realizzare
un’elevata efficienza nel distacco dei
frutti e nelle capacità operative. Queste macchine hanno subito un’evoluzione che ha ottimizzato la
combinazione fra frequenza e oscillazione, attraverso potenze di 50-80
kW, ma riducendo notevolmente la
massa della testa vibrante. Ciò ha favorito anche la manovrabilità degli
scuotitori che, con rese di raccolta
del 70-90%, hanno enormemente incrementato la produttività del lavoro
riuscendo a raggiungere, in funzione
della quantità di frutti pendenti, il livello di 200-400 kg/h/operaio. L’evoluzione costruttiva di queste
macchine ha permesso, inoltre, il
loro impiego anche su superfici non
proprio livellate, rendendole operative in oliveti con discrete pendenze
che rappresentano situazioni molto
frequenti nel paesaggio nazionale. Il
livello di efficienza economica di
questo sistema intensivo, definito
tradizionale in quanto già ampliamente utilizzato in Italia, può complessivamente
considerarsi
sovrapponibile a quello ottenibile nel
superintensivo, considerando che gli
standard produttivi a pieno regime
sono tra loro similari (80-100 q/ha) e
I L
Scavallatrice in superintensivo spagnolo
che il vantaggio una probabile maggiore riduzione dei costi di raccolta
conseguibile con la macchina scavallatrice sarebbe compensato (se
non superato) dal maggior valore aggiunto dell’identità dell’olio (fortemente caratterizzato e tipicizzato dai
pregevoli genotipi disponibili, magari anche tutelato dall’implementazione di efficaci metodi di
tracciabilità e rintracciabilità), dal
minor investimento necessario per
l’allestimento dell’impianto, dalla
maggiore durata del ciclo produttivo
(intorno ai 50 anni rispetto a un tetto
massimo di 15 nel superintensivo,
seppur con anticipata entrata in produzione) e da una minore pressione
di input agrochimici esterni, con
conseguenti benefici ecologici, oltre
alla concreta possibilità di attuare la
coltivazione biologica.
La scelta definitiva fra i due scenari
ipotizzati, intensivo o superintensivo,
sarà determinata in futuro dai risultati delle sperimentazioni in atto se
sapranno dirimere il dubbio sull’adattabilità delle cultivar italiane, per volumi e forme di allevamento, alla
massima intensivizzazione possibile.
Tuttavia, la definizione di un modello
produttivo da adottare è sempre conseguente a una volontà di rinnovamento delle strutture, che appare non
ulteriormente procrastinabile in Calabria, almeno per le larghe fasce di
olivicoltura tradizionale ancora esistenti, specialmente nelle grandi aree
olivicole regionali (Piane di Gioia
F O C U S
Scuotitori in olivicoltura tradizionale (Gioia Tauro)
Tauro, di Lamezia e di Sibari.) Tale
rinnovamento appare indispensabile
per il conseguimento di una decente
competitività della coltura, quindi occorrerebbe implementare un piano in
grado di ristrutturare i vecchi oliveti
e, nella maggior parte dei casi, procedere alla loro estirpazione con
reimpianto ex novo, passando da
oculate scelte varietali e razionalizzazione degli impianti secondo il modello produttivo prescelto, con la più
spinta meccanizzazione possibile
delle operazioni colturali, nelle aree
più vocate del nostro Paese.
Su uno strumento di programmazione strutturale dell’olivicoltura regionale, modulato in base alle
esigenze delle diverse tipologie territoriali e climatiche delle aree di intervento, potrebbero utilmente
valutarsi le ricadute possibili dei risultati delle ricerche testé esposte,
potendo fornire un supporto tecnico-scientifico e un orientamento
culturale in grado di favorire la realizzazione di un preciso piano di interventi capace di generare lo
sviluppo futuro di questo importante
comparto agricolo. Gli utilizzatori di
queste ricadute sono naturalmente
individuabili nei singoli olivicoltori,
nelle cooperative e in tutte le altre
forme associative, ma in primo
luogo si pensa alle possibilità di utilizzarle in una visione di programmazione a più ampio respiro.
Appare fin troppo ovvio che un rinnovamento così profondo e mirato
alla implementazione del nuovo modello produttivo (intensivo o superintensivo che sia) presuppone, oltre che
un radicale cambiamento culturale
della mentalità dei vecchi olivicoltori
che li faccia traghettare da una condizione di coltivatori a quella di imprenditori, un piano di investimenti
finanziari congrui per il rinnovamento degli impianti e per sopportare
un inevitabile periodo di improduttività, che allo stato attuale delle cose
risultano essere non sopportabili
dalla stragrande maggioranza degli
operatori olivicoli italiani.
Un argomento particolarmente importante da trattare è quello relativo
ai genotipi da consigliare in uno strumento di programmazione come
quello in oggetto. Da questo indirizzo, infatti, discende tutto il discorso della qualità dell’olio, che
appare come quello determinante per
il successo dell’intervento stesso.
Oggi non è più possibile fermarsi a
una generica definizione di qualità di
un olio solo in funzione dei parametri
commerciali (acidità, perossidi, costanti spettrofotometriche e sensoriali, quest’ultimi però finalizzati alla
sola esclusione di difetti) finora esclusivamente considerati, ma deve ben
definire l’obiettivo finale in funzione
di tanti altri fattori, determinanti per
la competitività sui mercati. In primo
luogo il concetto di qualità va ampliato ad altri importanti fattori, magari puntando all’ottenimento di un
prodotto di alta qualità proprio in
Gennaio-Marzo 2014
23
LA REGIONE ALLA RASSEGNA INTERNAZIONALE DI TRIESTE
funzione di quelle
peculiarità importanti
per la salute umana
(alto contenuto di
Francesco Saliceti e del
i temi trattati nel corso dei
Grande successo della
acido oleico, di fenoli,
Dirigente Generale
seminari, che, con l’oleologo
rassegna internazionale Olio
di tocoferoli e di
del Dipartimento Agricoltura
internazionale Luigi Caricato e
Capitale 2013, svoltasi a
squalene).
Giuseppe Zimbalatti
il giornalista enogastronomico
Trieste, “un’opportunità di
e con la degustazione guidata
Maurizio Pescari, hanno
incontro unica per gli addetti
Le recenti ricerche in
di tutti gli oli calabresi
approfondito gli aspetti
ai lavori, - come ha
tema, infatti, hanno
presenti in fiera.
commerciali di marketing
commentato l’Assessore
evidenziato le im“Continua - ha concluso
aziendale sia a livello
Michele Trematerra - in grado
portanti
funzioni
Trematerra - il percorso
nazionale che internazionale.
di favorire la divulgazione, gli
che alcuni composti,
di valorizzazione
Nel corso dei seminari si sono
scambi e l’incontro tra i buyer
dell’extravergine calabrese,
affrontati inoltre le particolari
internazionali e il mercato”.
contenuti in diversa
nella convinzione di poter
peculiarità dell’olio calabrese,
Un’edizione da record con
misura nell’olio ne
che negli ultimi anni dal punto arrivare alla consacrazione
oltre 10.000 partecipanti, che
determinano il pregio
definitiva dell’olio extradi vista qualitativo viene
ha visto la Regione Calabria
nutraceutico. Elevergine di Calabria come
sempre di più apprezzato
organizzare una serie di
vata presenza di soprodotto di eccellenza,
dai consumatori.
incontri divulgativi, a valere
Successo anche per il workshop coronamento del lavoro
sulla Misura 111 - Azione 3
stanze
fenoliche
dall’Assessorato all’Agricoltura,
organizzato dalla Regione
del PSR Calabria 2007-2013,
(tirosolo e idrossitinell’area della scuola di cucina anche grazie al sostegno
che hanno fatto registrare
rosolo), ad esempio,
dalla Giunta guidata
con la partecipazione,
sempre il tutto esaurito.
conferiscono all’olio
dal Presidente Scopelliti”.
fra gli altri, del ristoratore
Molteplici e sempre stimolanti
un’azione antiossidante, molto efficaci
nell’uomo ai fini
della prevenzione di alcune gravi
acquisite, questi aspetti fossero ulterisulta ancora insufficiente la commalattie (neurodegerative, cardioriormente approfonditi in loco, circa
petitività del proprio prodotto nelvascolari e neoplastiche), in genela correlazione genotipo/ambiente/
l’ambito del mercato globale. Con
rale dell’invecchiamento (anti-aging),
caratteristiche dell’olio. Ciò potrebbe
l’attuazione delle azioni ambientali e
e con spiccate capacità antinfiammafavorire anche l’affermazione del vadi gestione del territorio, inoltre, si
torie. All’idrossitirosolo recenti rilore di identità dell’olio, ossia la carealizzerebbe uno sviluppo rurale socerche mediche attribuiscono la
pacità di un olio di esprimere
stenibile, di qualità e duraturo nel
riduzione della proliferazione delle
rilevante identità analitica e sensotempo, mirato alla valorizzazione
cellule cancerogene HL60. La quanriale proveniente dalla sua origine
completa del prodotto, alla salvatità di queste sostanze nell’olio digenetica e dalle modificazioni amguardia dell’ambiente e del paesagpende principalmente dalla varietà,
bientali, quindi la possibilità di indigio, al rafforzamento economico e
così come altri importanti composti
care per ciascuno di questi oli il
sociale dei territori rurali. In pratica
salutistici come quelli sterolici, le
territorio di produzione (IGP, DOP) e
si tratterebbe della Implementazione
vitamine A ed E e i caroteni. Anche
la cultivar di riferimento, dando
di un Piano Olivicolo Regionale, che
altri fattori importanti per la nutriluogo alla produzione di oli monovalorizzi l’olivicoltura, vista sia nei
zione dipendono in gran parte della
varietali, capaci di soddisfare pienaconfronti del mercato che delle altre
varietà (composizione degli acidi
mente e specificatamente le maggiori
importanti funzioni che essa svolge,
grassi, vitamine A, E, K, D). La stessa
esigenze (sensoriali e salutistiche) dei
con l’obiettivo di far tornare
valutazione organolettica non può
consumatori attenti e sensibilizzati.
l’azienda olivicola a essere impresa
più limitarsi alla sola assenza di diInsomma occorre perseguire l’acquimirando all’allargamento della forfetti, ma deve poter valutare la quasizione di valore aggiunto mediante
bice costi/benefici. A quest’obiettivo
lità complessiva e i pregi esaltandone
l’eccellenza degli oli in grado di
centrale potrebbero conferire immele diverse caratteristiche (dolce, frutesprimere tali peculiarità.
diatezza e concretezza operativa altri
tato, amaro e tutte le situazioni inUn programma per lo sviluppo delquattro obiettivi complementari:
termedie). Tutte queste peculiarità in
l’olivicoltura, inserito nel PSR e duna. razionalizzazione della coltura;
grado di conferire a un olio il rango
que in grado di essere supportato dal
b. riduzione dei costi;
di alta qualità vanno ovviamente cocomplesso di azioni, costituirebbe
c. realizzazione di una politica di
struite e pertanto la scelta della/e
una reale prospettiva di sviluppo ruqualità;
cultivar assume un’importanza strarale in Calabria, dove la ruralità rapd. valorizzazione del prodotto (alta
tegica. Sarebbe auspicabile che, oltre
presenta una forte caratteristica del
qualità) e concentrazione dell’ofallo sfruttamento delle conoscenze
sistema economico e sociale e dove
ferta.
L’OLIO, IL VE RO C A P I TA L E D E L L A C A L A B R I A
24
ƒ
I L
F O C U S
La madre di tutte le diete
(e della nostra storia)
Da Tucidide a oggi, storia, caratteristiche e personalità
del protagonista delle tavole italiane, facendo attenzione
a un concetto di difficile interpretazione: la tipicità
Lo storico Tucidide, nel V secolo
a.C., scriveva: “I popoli del Mediterraneo cominciarono a emergere
dalla barbarie quando impararono a
coltivare l’olivo e la vite”. Un secolo
dopo Cristo, Columella, nel suo De
Re Rustica sanciva che “Olea prima
omnium arborum est” (fra tutti gli
alberi il più importante è l’olivo).
Dopo oltre duemila anni le cose
non sono cambiate e la “dolce nutrice argentea”, come Sofocle
amava definire l’ulivo, continua a
essere presente in ogni atto di vita
dell’uomo, oggetto delle arti, simbolo della pace e della vita che si
rinnova. E il grande storico Fernand Braudel, nella sua magistrale
interpretazione del Mediterraneo, lo
definisce il “complesso di mari, ingombri di isole, tagliati da penisole,
circondati da coste frastagliate, la
cui vita è mescolata alla terra, al
mare degli oliveti e delle vigne”,
narrando di una “civiltà dell’olivo”
nel “mare degli oliveti” quale elemento fondante e simbolo incontrastato del mare nostrum.
Stando alle ipotesi scientifiche più
accreditate tre sarebbero i centri di
diversificazione dell’olivo di cui
uno, quello risalente all’età del
Bronzo, si colloca nel Sud Italia.
Sebbene sia di uso assai comune attribuire l’introduzione della coltura
dell’olivo in Italia ai primi coloni
greci giunti nel meridione intorno
al VIII secolo a.C. questa ipotesi è,
ormai, in netto contrasto con al-
cune evidenze archeologiche che
attestano come – in alcuni centri
tra cui la Calabria – la presenza dell’olivicoltura sia ben più antica.
Interessanti ricerche archeologiche
sulla civiltà protostorica nel sud Italia, infatti, avvalorano la presenza di
una olivicoltura italica precedente
all’arrivo dei Greci e retrodatano l’introduzione della coltivazione dell’olivo all’età del Bronzo recente
(XIII-XII sec. a.C.) come emergerebbe
dall’analisi dei carboni rinvenuti
negli scavi del centro protostorico di
Broglio di Trebisacce (CS). Ciò daterebbe alla fine del secondo millennio
a.C. la pratica dell’olivicoltura lungo
la costa della Calabria.
Una serie ulteriore di prove emerse
dagli scavi nell’antico abitato enotrio
di Timpone della Motta, presso Francavilla Marittima (CS), attestano, inequivocabilmente la coltivazione
dell’olivo e l’estrazione dell’olio nella
età del Bronzo finale (XI-X sec. a.C.).
Nel sito sono state rinvenute aree per
l’immagazzinamento dell’olio e qui,
frammenti di dolii e residui di olio.
Ciò ha fornito la prova definitiva
dell’uso di olio di oliva da parte degli
Enotri nell’età del Bronzo finale ma
ha anche consentito di ricostruire alcuni legami commerciali che l’abitato di Timpone della Motta
intratteneva con il territorio circostante e, nello specifico, con il sito di
Broglio di Trebisacce nel IX sec. a.C.
In generale, i siti paiono attestare
una fiorente e imponente produ-
MARIATERESA RUSSO
Dipartimento di Agraria Food Chemisty Lab
Università di Reggio Calabria
Fondazione Mediterranea Terina
zione di olio e di commercio di questo prodotto da prima dell’arrivo dei
coloni greci, i quali, probabilmente,
furono attratti per motivi commerciali da questi centri, prima di insediarsi in Italia. Non va, tuttavia,
assolutamente sminuita l’importanza dei Greci prima e dei Romani
dopo che diedero un fondamentale
impulso allo sviluppo dell’olivicoltura. La coltura dell’olivo e la spremitura dell’olio, certa nell’età del
Bronzo finale e probabile nell’età
del Bronzo recente, rivelano, così, le
antichissime radici di questa tradizione in Calabria.
L’olivo è un elemento fondante
dell’identità della Calabria, oggi seconda regione italiana in termini di
produzione di olio extravergine.
L’olio extravergine di oliva, alimento
e parte essenziale della dieta mediterranea, al centro della civiltà e
della storia mediterranea oggi, grazie alle dimostrate proprietà salutistiche è sempre meno un
condimento e sempre più un nutraceutical. Proprio la crescente attenzione da parte del consumatore
verso un’alimentazione in grado di
salvaguardare la salute, in questi ultimi anni ha dato un fortissimo impulso alla produzione di oli
extravergine di alta qualità, principalmente monovarietali dotati,
quindi, di peculiarità qualitative,
globalmente definite nell’ormai noto
e, a volte, abusato termine/concetto
di tipicità. Purtroppo, al concetto di
Gennaio-Marzo 2014
25
tipicità, benché acquisito dalla legislazione comunitaria con l’introduzione delle denominazioni di
origine/indicazioni geografiche/attestazioni, e attualmente ampiamente noto al consumatore, non
corrisponde una univoca interpretazione e identificazione.
Alla tipicità vengono, infatti, associati
significati differenti che vanno dall’attributo della qualità organolettica,
all’origine geografica delimitata, ai
processi produttivi tradizionali, alla
cultura e alla storia locale.
Ambiente, storia, territorio, cultivar,
sono alla base dell’immaginario del
consumatore quando si fa riferimento a un prodotto tipico di qualità senza però che vi sia una chiara
correlazione tra qualità reale e qualità percepita, elemento, questo, che
crea un forte disorientamento.
La qualità alimentare è un concetto
assolutamente dinamico e assai
duttile se non si considerano quegli
aspetti strettamente connessi alle
caratteristiche misurabili e/o obbligatoriamente garantite dalla legge,
che il consumatore dà per scontate
in un prodotto certificato.
Negli ultimi vent’anni le questioni
legate alla qualità dell’olio di oliva
sono state diffusamente chiarite e
approfondite con riferimento sia alle
proprietà compositivo-nutrizionali e
salutistiche, sia alle caratteristiche
distintive in grado di differenziare
l’offerta e il valore, puntando sulle
peculiarità ascrivibili, principalmente, al genotipo delle olive di provenienza e alle performance indotte
dall’habitat cui contribuiscono, in
modo rilevante, le metodologie di
produzione e trasformazione adottate. Il nodo cruciale su cui si basa la
diversità è certamente il rapporto genotipo/fenotipo. Ipotesi accreditate
assegnano il complesso Olea europaea a un unico ceppo di riferimento
con elementi di diversificazione che
permettono di separare, all’interno
della specie, alcune sottospecie evolutesi indipendentemente nel tempo.
Questi taxa possono essere considerati entità geografiche caratterizzate
26
Pianta secolare Olivo cv Carolea (CZ)
Foto Gianni Agosteo
da gruppi di individui che, sebbene
appartenenti a una stessa specie,
sono accomunati da specifici caratteri morfologici che si differenziano,
in modo più o meno marcato, da altri
gruppi di individui appartenenti alla
stessa specie e che, nelle differenze
di tipo compositivo, codificate geneticamente, costituiscono chemiotipi.
La nascita e la conservazione di tali
entità all’interno di una specie è dovuta a processi evolutivi (selezione
naturale, isolamento geografico, etc.)
per cui nel tempo la pressione dei
fattori esterni o esogeni, sostanzialmente legati all’habitat, hanno favorito la nascita delle ben note varietà
autoctone, la cui diversità è misurabile attraverso le performance qualiquantitative degli oli derivati. E’
dunque verosimile che una pianta, al
di fuori del proprio habitat, può addirittura perdere quasi completamente la capacità di sintesi di
determinate sostanze.
In tale ottica possiamo definire l’olio
extravergine di oliva (EVO) un fitocomplesso caratterizzato, in generale,
da metaboliti che per il 98-99% sono
rappresentati dalla frazione saponificabile, principalmente trigliceridi, digliceridi e monogliceridi e per la
restante parte da componenti minori
costituenti la frazione insaponificabile. E’ proprio ai composti minori
esclusivi dell’olio d’oliva, che comprendono i principi attivi biologicamente più interessanti, che è
imputabile l’effetto nutriceutico e
l’individuazione di
marker di autenticazione. Questi composti sono rappresentati
principalmente da
molecole a struttura
fenolica che assolvono a diverse funzioni: quella di
antiossidanti endogeni con un ruolo
fondamentale per la
conservabilità, quella
legata agli effetti funzionali correlati ad
esempio all’impatto
positivo nella riduzione delle malattie
cardiovascolari o alla prevenzione di
alcune forme tumorali, quella organolettica e gusto/olfattiva. I composti
fenolici contenuti negli oli extravergini di oliva appartengono a diverse
classi chimiche: fenil-acidi, fenil-alcoli, flavonoidi, idrossi-isocromani; i
lignani e secoiridoidi. In particolare i
lignani sono stati utilizzati con successo in studi di caratterizzazione varietale mentre i secoiridoidi, i
componenti principali della frazione
fenolica, sono molecole esclusive
delle Oleacee, quindi dell’olivo e, conseguentemente, del fitocomplesso derivato cioè l’olio. Ai composti fenolici
è, in generale, connesso il potere antiossidante dell’olio extravergine di
oliva che si differenza in termini di
attività in funzione della prevalenza
di alcuni composti più attivi rispetto
ad altri meno attivi. Ciò dimostra
quanto sia importante, ai fini della
valorizzazione nutriceutico/funzionale del prodotto olio, correlare la
qualità ai contenuti dei singoli componenti del fitocomplesso. A parità di
tipologia di componenti, tra i differenti oli monovarietali, sono i rapporti e le concentrazioni dei differenti
composti a fare la differenza e a definire la peculiarità di un olio tipico.
In Italia la complessità dell’olivo è
molto elevata, sono individuabili
nel nostro Paese circa 600 varietà,
pari a circa il 42% del patrimonio
mondiale anche se la produzione
nazionale di monovarietali è basata
I L
su circa 50 varietà. La biodiversità
della Calabria contribuisce a quella
nazionale con circa 30 cultivar di
olivo, anche se le varietà di maggior interesse economico, in ordine
decrescente, sono: Carolea, Ottobratica, Sinopolese, Dolce di Rossano,
Cassanese, Grossa di Gerace, Roggianella. Tra queste la cv Carolea è
la più antica varietà regionale, il
suo areale di elezione ricade proprio nelle aree dei ritrovamenti
enotri in cui ebbe inizio la successiva colonizzazione magno-greca.
Questa cv è costituita da una popolazione multiclonale e quindi rappresenta più esattamente una
cultivar-popolazione. Tale caratteristica ha contributo alla diffusione
della cv Carolea su tutto il territorio,
sia pure con aree più specializzate,
e alla sua adattabilità a contesti ambientali anche differenti. A fronte di
tale diffusione la cv conserva una
omogeneità di fondo delle caratteristiche chimico-compositive che ne
definiscono un profilo riconoscibile
dal consumatore per le sue peculiarità, come confermato dai risultati
alla base dell’indagine condotta dal
Laboratorio di qualità e sicurezza
degli alimenti e nuove tecnologie,
laboratorio di integrazione funzionale tra l’Università di Reggio Calabria e la Fondazione Mediterranea
Terina. L’indagine, mirata a definire
i profili di unicità degli oli calabresi
rispetto alle produzioni monovarietali nazionali, è stata condotta partendo dal presupposto che definire
l’unicità dei fitocomplessi sia l’elemento centrale intorno al quale costruire solide nicchie di mercato,
all’interno del quale però la qualità
reale deve essere il valore e che lo
stesso deve essere chiaramente percepito dal consumatore.
Le consolidate evidenze scientifiche
sottolineano che: la composizione
del fitocomplesso olio extravergine
di oliva è la risultante di una serie
complessa d’interazioni multiple tra
F O C U S
i fattori genetici, certamente preponderanti, e ambientali, colturali e
tecnologici che possono esaltare o
meno le caratteristiche indotte dal
genotipo; che il genotipo influenza
il profilo chimico dell’olio attraverso
l’evoluzione della composizione del
quadro dei trigliceridi e della frazione insaponificabile e che, attraverso l’applicazione di modelli
statistici multiparametrici ai profili
acidici, sensoriali e dei composti minori, è possibile discriminare oli di
diversi genotipi e differente origine
geografica.
L’elaborazione chemiometrica condotta su dati compositivi di oli monovarietali ottenuti da Carolea
provenienti da coltivazioni diffuse su
tutto il territorio, a parità di alcune
condizioni (es. indici di maturazione
e/o processi produttivi) ha, tra le altre
cose, dimostrato che esistono variazioni statisticamente poco significative tra i diversi oli con prevedibili
ma puntuali oscillazioni, entro range
E CCO SUA MAESTA’ L’OLIO EXTRAV E RG I N E , I L R E D E I L U O G H I D E L G U S T O
A S O L V E R O N A 2 01 3 P R O D O T T I I N M O S T R A E A Z I E N D E I N C E R C A D I N U OV I S PA Z I C O M M E R C I A L I
La Regione CalabriaAssessorato Agricoltura,
Foreste e Forestazione ha
partecipato a Sol Verona
2013 con un’esposizione
collettiva realizzata attraverso
l'Elaioteca regionale Casa
degli Olii extravergine di oliva
di Calabria e la partecipazione
di imprese interessate
ad allacciare contatti
e nuove relazioni.
“La Calabria dell’olio
extravergine di oliva – ha
commentato l’Assessore
Michele Trematerra – ha
compiuto sull’olio extravergine d’oliva, grandi passi
in avanti soprattutto nel
miglioramento della qualità.
Il nostro compito istituzionale
è quello di accompagnare
queste aziende lungo un
processo di crescita e di
internazionalizzazione che,
alla luce sia della perdurante
crisi economica, sia
dell’andamento dei mercati
globali, è sempre di più
ineludibile”.
Il Dirigente Generale
dell’Assessorato all’Agricoltura
Giuseppe Zimbalatti ha
sottolineato che la nostra
regione è uno dei colossi
produttivi in chiave nazionale,
un territorio di elezione
attraversato da aspre
montagne e circondato dal
mare, che rende possibile
ovunque la crescita di questa
splendida pianta.
L’area coltivata a olivo in
Calabria interessa una
superficie di circa 200 mila
ettari, di cui 170 mila in
coltura specializzata.
La superficie olivetata,
distinta per singola provincia,
è così ripartita: Cosenza
49.800 ettari, Catanzaro
50.800, Crotone 18.200, Vibo
Valentia 15.400, Reggio
Calabria 57.700. Ogni anno
vengono prodotti circa 10
milioni di quintali di olive da
cui si ottengono circa 2,2
milioni di quintali di olio. Il
patrimonio autoctono, è tra i
più interessanti d’Italia e
annovera oltre 30 specie.
Quella più diffusa è la
Carolea, seguita da Tondina,
Cassanese, Ciciarello, Dolce di
Rossano, Grossa di Gerace,
Ottobratica, Roggianella,
Sinopolese, Moresca,
Tombarello e Tonda di
Strongoli dalle quali si
ottengono dei pregiatissimi
oli, esaltati dalla territorialità
dei luoghi di produzione.
Tre sono gli oli extra vergini
calabresi che si fregiano della
Dop: Bruzio, Lametia e Alto
Crotonese. L’area interessata
alla produzione dell’olio
Bruzio Dop è la provincia di
Cosenza; l’olio Lametia Dop si
produce nella Piana di
Lamezia Terme; la Dop Alto
Crotonese è localizzata nella
fascia collinare della provincia
di Crotone. Anche negli altri
areali calabresi dove si coltiva
l’olivo, si ottengono dei
prodotti con caratteristiche
organolettiche uniche e
inimitabili per profumi, colori
e parametri sensoriali unici.
Al Sol di Verona è stato anche
presentato il progetto Carrello
degli oli, un’altra delle
iniziative dell’Amministrazione
Scopelliti a sostegno del
percorso di promozione.
I migliori ristoranti della
regione riceveranno un
carrello degli oli in legno di
castagno che conterrà dodici
oli extravergine di oliva,
individuati da un panel di
esperti assaggiatori, e una
Carta degli oli con
informazioni sulle aziende
produttrici selezionate, le
caratteristiche organolettiche
e i principali abbinamenti
culinari per ogni tipologia di
olio. “Un modo – secondo
Trematerra – per creare dei
veri e propri luoghi del gusto”.
Gennaio-Marzo 2014
27
LEZIONE DI OLIO: I RAGAZZI SI DIVERTONO
“LA SCUOLA IN AZIENDA” PER UNA CULTURA ALIMENTARE
abbastanza definiti, nella concentrazione di taluni composti, influenzata,
da un punto di vista quali-quantitativo, dalle pratiche agronomiche e
dai processi produttivi.
In sintesi dalla cv Carolea coltivata
in Calabria si estrae un fitocomplesso, l’olio extravergine, con un
fingerprint chimico-compositivo e
sensoriale peculiare,
frutto dell’interazione tra i fattori
genetici e bio-pedoclimatici che proprio
per la unicità e,
quindi, non ripetibilità, consentono di
ottenere un prodotto
nel quale viene esaltato al massimo il
potenziale genetico
e produttivo.
Di fatto questa è la
cultivar caratterizzante della Calabria nonostante il
ricco, interessante e unico panorama
olivicolo autoctono della regione.
Attorno a questa cultivar, sia pure
con differente incisività, in Calabria
sono state riconosciute dalla
Unione Europea tre DOP: Bruzio,
Lametia, Alto Crotonese. Ciononostante il mercato non premia i riconoscimenti e di fatto non vi l’attesa
corrispondenza tra il livello di produzione certificata e il fatturato.
L’eccessiva frammentazione dell’offerta e, soprattutto, la difficoltà del
consumatore nel codificare la qualità
dichiarata rispetto e quella realmente
percepita crea quel disorientamento
che non premia l’olio della Calabria.
La maggior parte delle DOP/IGP italiane che hanno espresso, all’esame
del mercato, le migliori performance
sono quelle strettamente connesse a
un’offerta territoriale fortemente impregnata del terroir, elemento questo
ancora molto carente in Calabria.
In un’ottica di rilancio del comparto
dell’olio di qualità, finalizzato al recupero di posizioni sul mercato nazionale ma soprattutto internazionale,
alcuni elementi appaiono strategici:
disporre di una adeguata massa cri-
28
La Regione Calabria - Assessorato
Agricoltura, Foreste e Forestazione,
ha patrocinato il progetto
didattico La scuola in azienda,
ideato dall’associazione Prim’olio,
da sempre impegnata in attività
promozionali in questo settore.
Il progetto, che ha coinvolto
centinaia di ragazzi della scuola
primaria e secondaria
di primo grado di tutto
il territorio regionale,
ha avuto come obiettivo
quello di recuperare
l’attenzione dei giovani
verso i valori del mondo
dell’agricoltura in generale
e di quello olivicolo
in particolare.
Un mondo differente
dalla realtà cittadina, fatto
di sensazioni, sapori, ritmi
e colori spesso sconosciuti.
Si sono volute così fornire
ai giovani e alle loro
famiglie le informazioni
necessarie per attuare
scelte consapevoli, recuperando
i principi di una sana
alimentazione, con la conoscenza
del percorso dalla terra alla
tavola, e delle stagionalità dei
prodotti della tradizione locale.
A tal fine, tutti gli attori
del progetto hanno condiviso la
necessità di creare una fitta rete
di reciproche relazioni che avesse
al centro la scuola. Le ragioni
per le quali si è deciso di dedicare
questo percorso proprio all’olivo e
all’olio extravergine sono evidenti,
tica di prodotto, disporre di idonei e
robusti sistemi di rintracciabilità e autenticazione del prodotto a tutela
della qualità dello stesso e a tutela
dalle contraffazioni fortemente diffuse sui mercati internazionali, colmare il gap tra qualità reale e qualità
percepita dal consumatore non solo
in termini di valore nutrizionale/funzionale del prodotto, ma anche in termini di identità territoriale.
Tali elementi strategici sono stati
ripresi da diversi studi di mercato
tra cui il Report della Commissione per il Commercio Internazionale degli Stati Uniti che conferma
l’importanza di definire standard
se solo si considera che la Calabria
è la seconda regione italiana
produttrice di olio e che l’ulivo
e l’olio sono da sempre fulcro
della nostra cultura, della nostra
alimentazione e caratterizzano
l’identità del nostro territorio e
del paesaggio della nostra Regione.
Non meno importante
la considerazione che quello
olivicolo è da sempre un settore
trainante dell’economia calabrese.
Gli studenti hanno anche visitato
una delle aziende aderenti
all’iniziativa, assistendo negli
uliveti alla raccolta delle olive
e nel frantoio alla loro
trasformazione in olio.
L’attività pratica è stata poi
integrata con una lezione teorica
resa avvincente da una serie
di giochi inerenti il mondo
dell’olio e dell’olivo.
L’ampio programma del progetto
La scuola in azienda è stato
completato dal concorso a premi,
Che piacere c’è, pensato
per valorizzare le conoscenze
acquisite in azienda dai ragazzi,
rielaborandole in un’attività
ludico-didattica di classe capace
di stimolare la loro creatività.
Centinaia i lavori pervenuti
che hanno emozionato e messo
in difficoltà la giuria di esperti
chiamata a valutarli e a premiare
i più meritevoli in coincidenza
con l’inizio della nuova campagna
olearia e, considerati i risultati
conseguiti, di un nuovo e più
articolato progetto.
in grado di verificare l’autenticità
e le caratteristiche qualitative
degli oli immessi sui mercati nonché la necessità di investire a favore di una migliore informazione
dei consumatori.
Appare pertanto ragionevole,
quanto strategico, proporre l’avvio
dell’iter per il riconoscimento in
sede comunitaria di un marchio
Olio di Calabria che sia fortemente
connotato sia in termini di identità
genetica puntando alla cv che identifica la Calabria a livello mondiale,
la Carolea, sia in termini di definizione del terroir inteso nella accezione più ampia del termine.
ƒ
I L
F O C U S
Professionisti del gusto,
paladini dell’eccellenza
E’ esatto parlare di sommelier
dell’olio d’oliva?
«Il termine sommelier si riferisce al
vino, mentre nel settore olivicolooleario parliamo di assaggiatori,
esperti in analisi sensoriale in grado
di analizzare dal punto di vista organolettico l’olio di oliva vergine
ed extravergine, rilevandone sia gli
attributi positivi (amaro, piccante,
fruttato, erba e altri aromi particolari) che quelli negativi (rancido,
morchia, riscaldo). Gli orientamenti
legislativi attuali impongono che la
qualità dell’olio deve essere certificata oltre che dall’analisi chimica
anche da quella organolettica-sensoriale, che non è rilevabile dagli
strumenti scientifici».
Ma assaggiatori si nasce o si diventa?
«Negli ultimi anni ci sono state profonde evoluzioni, consacrate dall’emanazione da parte del Ministro
dell’Agricoltura del Decreto n. 1334
del 28 febbraio 2012, che disciplina
tutta la materia compresa la tenuta
in ogni Regione di un Albo dei tecnici ed esperti degli oli vergini ed
extravergini d’oliva, cui ci si può
iscrivere solo dopo aver superato
un corso autorizzato dalla Regione
stessa. Il tema coinvolge fortemente
anche altre categorie come cuochi,
ristoratori, titolari di gastronomie,
semplici consumatori».
C'è richiesta di questa categoria
professionale in Calabria?
«Sì, e in continuo aumento, anche
perché i frantoiani hanno l’obbligo
di certificare alcune categorie di
olio prodotto per poterlo collocare
sul mercato».
Quale iter segue l’assaggiatore per
iscriversi all’Albo?
Come si diventa assaggiatore di olio?
Risponde Rosario Franco,
responsabile dell’Albo regionale
degli assaggiatori della Calabria
«Intanto deve superare le due fasi
del corso: la prima, di 35 ore, per
acquisire nozioni di analisi sensoriale e la seconda, di 20 giorni, per
esercitazioni pratiche. Alla fine di
questo periodo si diventa assaggiatori ed esperti, per cui si può chiedere l’iscrizione all’Albo regionale.
La domanda va presentata alla Camera di Commercio che verifica la
documentazione e anche l’idoneità
morale del candidato, quindi la trasmette al Dipartimento Agricoltura
della Regione Calabria che approva
con un decreto pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione informandone anche il Mipaf».
Le è mai capitato di conoscere persone che anche con tanta buona volontà non siano riusciti a imparare?
«E’ raro non essere coinvolti dal
percorso formativo, anche perché
noi calabresi siamo legati da sempre al mondo dell’olio».
Quanti sono più o meno gli assaggiatori calabresi?
«I tecnici ed esperti iscritti nell’Albo
regionale sono circa 120, ma se consideriamo anche i tanti che hanno
frequentato i corsi solo per arricchire
le proprie conoscenze personali si supera abbondantemente le 500 unità».
Quanti oli ha assaggiato nella sua
carriera?
«Ormai il numero è incalcolabile.
Consideri che solo recentemente in
un concorso internazionale ne ho
assaggiati circa 750, provenienti da
ogni parte del mondo. In un anno
ne provo almeno 2.000».
Di cosa ha bisogno l'olio calabrese
per essere ulteriormente conosciuto e valorizzato?
«Intanto dovrebbero essere i calabresi ad apprezzare i prodotti della
propria regione. Mi è capitato tempo
fa di cenare in un ristorante in provincia di Reggio Calabria in cui servivano olio spagnolo: senza nulla
togliere a questo tipo di prodotto, il
nostro è sicuramente migliore! E’
necessario inoltre che i produttori si
adeguino alle nuove dinamiche del
mercato che richiede sempre di più
prodotti di alta qualità, importanti
anche dal punto di vista salutistico».
Dica la verità: all'inizio della sua
carriera di assaggiatore ed esperto
di analisi sensoriale sono successi
episodi curiosi, magari con chi
prendeva sotto gamba o minimizzava l'importanza di un assaggio
qualificato?
«Certamente! Qualche anno fa un
frantoiano che partecipava a un
corso si avvicinò e mi disse: “Dottore, cosa mi dovete insegnare voi
dell’olio, considerato che sono oltre
trent’anni che lo produco e so bene
come si fa?”. Beh, proprio il frantoiano in questione rischiò fortemente di non essere idoneo ed è per
questo che ormai la mia attività,
anche se non è la principale, viene
guardata da tutti con molto interesse e attenzione».
Gennaio-Marzo 2014
29
ƒ
Meccanizzazione e dintorni:
la nuova sfida sarà la qualità
La Calabria, con una superficie olivetata di 185 mila ettari e una produzione annua di oltre 140 mila
tonnellate di olio di oliva, possiede
un patrimonio unico per biodiversità,
dimensioni strutturali e produttive,
che riveste un ruolo di primaria importanza per l’economia agricola regionale e per l’intero comparto
nazionale. La maggioranza degli oliveti sono, però, ancora caratterizzati
da una struttura produttiva che non
consente il raggiungimento di un livello di produzione costante in termini quantitativi e qualitativi,
essendo gli impianti prevalentemente
di stampo tradizionale, contraddistinti da alti costi di produzione, modesta produttività unitaria e
marginalizzazione di aree più o meno
estese, dove i costi della raccolta,
quando questa è eseguita con metodi
tradizionali, possono gravare fino
all’80% sul prezzo del prodotto finale.
In tale scenario, il ruolo che la Calabria può svolgere è quello di garante
che la produzione, anche se quantitativamente ridotta, possa rimanere
sul panorama mondiale come pro-
dotto di alta qualità. Tuttavia, per
raggiungere tale obiettivo, occorre
puntare sull’aumento di competitività
rispetto agli altri Paesi concorrenti,
prevedendo una inevitabile riconversione strutturale, in chiave produttiva, di quegli impianti ormai obsoleti.
E’ quanto meno azzardato pensare
che l’olio di oliva prodotto finora dai
nostri vecchi oliveti difficilmente
meccanizzabili, possa continuare a
essere competitivo sul mercato internazionale senza i sostegni pubblici
fin qui ricevuti che, però, nei prossimi
anni rischiano di essere significativamente ridimensionati. Fondamentale
è sostenere quindi un processo di
modernizzazione, che comporti il
passaggio dai classici sistemi di allevamento verso altri più moderni, che
rendano più veloci ed efficienti le
operazioni di raccolta, garantendo al
contempo la qualità delle produzioni.
Essenzialmente per questi motivi si
assiste a una crescente diffusione
della meccanizzazione, parziale o
integrale, anche in questo tipo di olivicoltura tradizionale. In questi oliveti si è passati gradualmente
dall’introduzione di piccole macchine spazzolatrici (Foto 1), che
hanno permesso di limitare il tempo
di permanenza delle olive sul terreno
consentendo inoltre una buona pulizia del prodotto, all’impiego di agevolatori quali pettini pneumatici,
elettrici o a motore che garantiscono
un aumento della produttività di 24 volte rispetto alla raccolta manuale. Sicuramente la soluzione
tecnica dello scuotimento al tronco
o alle branche, laddove possibile, risulta la più efficiente in termini di
produttività della raccolta; tali macchine, accoppiate con le reti o nella
versione a ombrello rovescio (Foto 2
e 3), rappresentano sicuramente la
soluzione più idonea al problema
della raccolta, aumentando la produttività del lavoro di circa 20 volte
rispetto a quello ottenibile manualmente. Da sottolineare il continuo
impegno dei costruttori a ricercare
soluzioni sempre più valide e razionali e sempre più innovative: la Foto
4 mostra, ad esempio, uno scuotitore
semovente radiocomandato, in
grado di muoversi senza alcun addetto a bordo, capace di garantire
oltre alla sicurezza degli operatori,
anche una buona capacità di lavoro.
Tra le principali sfide che l’olivicoltura
calabrese è chiamata ad affrontare vi
è quella con il sistema di coltivazione
denominato superintensivo, caratterizzato da un’elevata densità d’impianto (fino a 2000 e oltre piante/ha)
e il cui vantaggio principale consiste
nell’elevata efficienza della raccolta
meccanica, realizzata in continuo,
mediante l’impiego di macchine scavallatrici, utilizzate da tempo e con
Foto 1. Andanatrice
Foto 2. Scuotitore
Foto 3. Ombrello rovescio
S O U R AYA B E N A L I A
Dipartimento di Agraria
Università degli Studi Mediterranea
di Reggio Calabria
30
L’IMPEGNO DELLA REGIONE CALAB R I A N E L C O M PA RT O O L I V I C O L O
POR Calabria 2000-2006 - Asse IV “Sistemi Locali di Sviluppo”
PSR Calabria 2007-2013
Misure POR Calabria attivabili dai PIF - Progetti Integrati di Filiera
Misura 4.5 - Investimenti nelle aziende agricole
Misura 4.6 - Miglioramento delle condizioni di trasformazione
e commercializzazione dei prodotti agricoli
Misura 4.7 - Commercializzazione dei prodotti agricoli di qualità
Misura 4.8 - Avviamento di servizi di sostituzione e di assistenza
alla gestione delle aziende agricole
Misura 4.14 - Insediamento giovani agricoltori
Misura 4.15 - Formazione
Misura 4.17 - Sviluppo e miglioramento di infrastrutture
che incidono sullo sviluppo dell’agricoltura
Misure PSR Calabria attivabili da bando PIF - Progetti Integrati di Filiera
Misura 111 - Azione nel campo della formazione professionale
e dell’informazione
Misura 115 - Avviamento di servizi di consulenza aziendale, di sostituzione
e di assistenza alla gestione delle aziende agricole,
nonché di servizi di consulenza forestale
Misura 123 - Accrescimento del valore aggiunto dei prodotti agricoli e forestali
Misura 124 - Cooperazione per lo sviluppo di nuovi prodotti, processi
e tecnologie nei settori agricolo e alimentare
e in quello forestale
Misura 133 - Azioni di informazione e promozione
N° di PIF (Progetti Integrati di filiera) Olivicoli approvati: 8
Numero di aziende beneficiarie: 846
Contributi FEOGA: € 69.269.352,77
PIF - Progetto
Integrato di Filiera
PIF - Progetto
Integrato di Filiera
Numero
di aziende
Agrolivo
34
Cioc (Consorzio Interprov.
Olivicolo Calabria)
81
Cotec Olivicolo
Biologico e DOP
95
I trappiti
46
Olio C.A.S.O.
91
Olio di oliva geracese
255
Oleum plus
127
Le vie dell'olio
117
TOTALE
846
Contributi
concessi*
Misure
attivate
Dimensione
territoriale
5.067.775
4.5 • 4.6
Provinciale (RC)
8.910.526
4.5 • 4.6 • 4.7 • 4.8
Interprovinciale
10.349.400
8.956.217
7.548.512
9.489.162
9.021.662
9.926.096
4.5 • 4.6 • 4.7 • 4.8
4.5 • 4.6 • 4.8
4.5 • 4.6
4.5 • 4.6
4.5 • 4.6 • 4.7 • 4.8 • 4.14
4.5 • 4.6 • 4.8 • 4.15
Interprovinciale
Provinciale (CS)
Provinciale (RC)
Subprovinciale
Interprovinciale
Interprovinciale
69.269.352
* Valori in euro
Interventi realizzati
• Piani di miglioramento agrari
• Potatura di risanamento e di riforma degli oliveti
• Acquisto di macchine e attrezzature agricole
• Ristrutturazione dei fabbricati rurali e dei frantoi
• Acquisto di macchine per la molitura e l’imbottigliamento
Attivazione di
• Servizi di sostegno alle imprese
• Servizi di consulenza tecnico/finanziaria e agronomica
• Attività di formazione e di promozione
Numero
di aziende
Olio di Calabria**
IGRECO olio**
Le vie dell'olio**
Oleum Plus 2**
Olio DOP Alto Crotonese
Olivolio
Oro verde di Calabria
TOTALE
Contributi
concessi*
Misure
attivate
5
4
8
8
3
7
6
1.039.505
3.176.592
1.536.305
1.804.420
518.929
1.163.131
1.364.763
111-123-124
123-133
111-123-124
111-123
115-123-133
111-123
111-115-123-124-133
41
10.603.647
Dimensione
territoriale
Regionale
Interprovinciale
Interprovinciale
Interprovinciale
Provinciale
Interprovinciale
Interprovinciale
* Valori in euro
** I Pif contrassegnati sono la prosecuzione/integrazione di PIF precedentemente presentati
nella programmazione POR 2000-2006
Misure PSR Calabria attivabili da bando multimisura
Misura 121 - Ammodernamento delle aziende agricole
Misura 123 - Accrescimento del valore aggiunto dei prodotti agricoli e forestali
Interventi realizzati
Misura
Numero
Contributi
di aziende
concessi*
• Interventi di miglioramento
dell’efficienza delle aziende agricole
121
198
18.619.486
123
7
3.827.552
• Azioni di promozione e rafforzamento
verticale della filiera
TOTALE
205
22.4447.038
• Interventi nella fase di trasformazione
* Valori in euro
delle olive e dello stoccaggio e confezionamento degli oli di oliva
• Interventi rivolti all’aumento del prodotto di qualità
• Interventi di promozione e informazione
• Azioni rivolte all’accrescimento dell’efficienza e dell’economicità
dei processi produttivi e di commercializzazione
• Interventi di formazione
eccellenti risultati nella raccolta dell’uva, modificate al fine di renderle
adatte anche alla raccolta delle olive
(Foto 5). La forma di allevamento ritenuta più idonea per questo modello
di olivicoltura è costituita da piante
con un asse centrale di poco superiore ai 2 m, da mantenere nel tempo
attraverso idonei interventi di potatura, al fine di permettere la riduzione della chioma e la formazione
di strutture maggiormente appiattite
adatte alla raccolta meccanica con le
scavallatrici. Mancando materiale
vegetale specificamente selezionato
per questo tipo di piantagioni, la
maggior parte di esse è stata finora
realizzata, però, utilizzando solo due
varietà di origine spagnola, Arbequina e Arbosana e una di origine
greca, Koroneiki. Modello, questo
della raccolta integrale, che pian
piano si sta affermando anche in
piante dalle forme e dimensioni tendenti al tradizionale, che, in Paesi
come Argentina e Australia, ha dato
a modelli di macchine dalle dimensioni sempre più rilevanti (Foto 6).
Appare chiaro, quindi, che il futuro
dell’olivo in Calabria passa anche attraverso l’innovazione di macchine e
impianti, nel pieno rispetto di quella
ricchezza unica che sono la biodiversità e l’identità genetica delle cultivar
presenti, mirando sempre più alla
produzione di olio di oliva extravergine di alta qualità, settore nel quale
si è in grado di primeggiare, concretamente, sul mercato internazionale.
Foto 4. Scuotitore radiocomandato
Foto 5. Scavallatrice
Foto 6. Colossus
Gennaio-Marzo 2014
31
ƒ
E’ anche una cura
salvacuore
VINCENZO MONTEMURRO
L’aterosclerosi è la malattia più diffusa nei
Paesi industrializzati del mondo occidentale, nei quali rappresenta la causa principale di morte e di disabilità e costituisce
la fonte maggiore della spesa sanitaria
(10% del PIL). Ogni anno in Italia 240.000
persone muoiono per malattie cardiovascolari, 160.000 hanno un attacco cardiaco, ogni 3-4 minuti una persona ha
un infarto, 1 su 5 non riuscirà a superarlo,
1 su 4 arriva in ospedale entro 2 ore dall’inizio dei sintomi, 1.000.000 di persone
hanno scompenso cardiaco. L’eziopatogenesi della malattia aterosclerotica è certa-
Figura 1
32
mente multifattoriale: infatti, accanto agli
aspetti di ordine genetico esistono molteplici fattori di rischio che concorrono alla
genesi e all’aggravamento della malattia.
I più importanti sono: l’ipercolesterolemia,
il fumo di sigaretta, l’ipertensione arteriosa, il diabete mellito, l’obesità e l’inattività fisica. Numerose ricerche cliniche,
sperimentali e soprattutto epidemiologiche
condotte negli ultimi decenni, hanno
messo in evidenza come l’incidenza della
malattia aterosclerotica sia strettamente
correlata alle abitudini alimentari delle
popolazioni. Esiste, infatti, una netta prevalenza della malattia
nei Paesi a elevato sviluppo economico rispetto a quelli in via di
sviluppo e ancora, secondo le differenze alimentari regionali. Tali
studi hanno dimostrato
come l’alimentazione
ricca in grassi animali
favorisca le alterazioni
del quadro lipidico che
sta alla base della patogenesi della placca
ateromatosa e che un
aumento dei livelli del
colesterolo plasmatico
costituisce uno dei più
importanti fattori di rischio, anche se non
necessariamente prevalente. L’ipercolesterolemia da sola non è
sufficiente a spiegare la
patogenesi della malattia, in cui giocano un
ruolo importante altre
concause come le diverse frazioni lipoproteiche, le apoliproteine,
i recettori per le LDL,
Cardiologo Asp n. 5
Reggio Calabria
l’iperaggregabilità piastrinica e soprattutto
l’ossidazione delle lipoproteine (oxLDL).
Lo sviluppo della placca ateromatosa è
legato, in primis, a un’alterazione endoteliale della parete arteriosa (disfunzione
endoteliale) i cui meccanismi d’innesco
possono essere di natura chimica, meccanica, immunologica, metabolica, etc. Tali
fattori mettono in moto un meccanismo
patogenetico caratterizzato da: infiltrazione di colesterolo LDL ossidato nella parete arteriosa, intervento dei monocitimacrofagi con formazione di cellule
schiumose, proliferazione delle cellule muscolari lisce vascolari, formazione della
placca, infiammazione, fissurazione della
placca, aggregazione delle piastrine con
coinvolgimento dei fattori della coagulazione, formazione del trombo rosso, ostruzione del lume vasale, comparsa della sindrome ischemica acuta (STEMI – NSTEMI),
morte improvvisa (Figura 1). La lesione
iniziale dell’endotelio rappresenta l’elemento patogenetico fondamentale per
consentire la penetrazione del colesterolo
LDL ossidato che assume così un ruolo
citotossico per l’endotelio.
A fronte di ciò, va sottolineato il ruolo
importante giocato dal colesterolo assunto
con l’alimentazione, ma più ancora dalla
diversa natura dei grassi alimentari e degli
agenti antiossidanti. Il legame fra riduzione del colesterolo e riduzione degli
eventi cardiovascolari con diete cardioprotettive, emerso in tutti gli studi epidemiologici, ha contribuito in maniera fondamentale a enfatizzare i vantaggi
derivanti da abitudini alimentari protettive
tipiche di certe popolazioni (Asia, Mediterraneo) nei soggetti a rischio cardiovascolare. Nasce così il concetto di dieta mediterranea. Tra i componenti più tipici,
quasi esclusivi, della dieta mediterranea,
un ruolo importante è svolto da olive e
uva e dai fluidi che da essi derivano: Olio
I L
di oliva e Vino. Oliva e uva sono esposti a
un ambiente altamente pro-ossidante, cioè
prevalentemente al sole e al calore; per
tale motivo la natura le ha dotate di meccanismi di difesa molto potenti rappresentati, appunto, da alte concentrazioni
di composti fenolici sintetizzati dall’enzima inducibile fenolo-sintetasi. I fenoli
sono importanti per la stabilità e le proprietà organolettiche dell’olio, il loro contenuto (idrossitirosolo, oleuropeina) correla
con la stabilità, cioè con la resistenza all’irrancidimento, alti livelli di fenoli tendono a impartire agli oli un sapore vagamente fogliaceo o addirittura amaro. I
livelli dei fenoli negli oli sono influenzati
da vari fattori, tra i più rilevanti: la varietà
(cultivar), il clima, le condizioni di raccolta
delle olive, la preparazione degli oli. Nelle
olive, i composti fenolici in esse contenuti
vengono trasferiti solo in parte nell’olio
perché non sono particolarmente lipofili.
La loro concentrazione nell’olio può variare da 50-100 mg/kg fino a 800 mg/kg,
ed è massima negli oli extra-vergini (200250 mg/kg in media), mentre negli oli raffinati, di seconda qualità i livelli sono
molto bassi. Tra i componenti fenolici più
importanti ricordiamo i fenoli semplici
(idrotirosolo e tirosolo) e i fenoli complessi
(oleuropeina ligstroside), formati dalla coniugazione dell’acido elenolico rispettivamente con idrossitirosolo e tirosolo.
Nell’oliva, l’oleuropeina è presente sotto
forma di derivato glucosidico, molto
più idrofilo dell’oleuropeina-aglicone,
composto lipofilo che si forma dall’oleuropeina presente nel frutto durante
la spremitura e che passa quindi nell’olio. L’oleuropeina, che contiene idrossitirosolo, o l’idrossitirosolo stesso, che
è un fenolo semplice, sono tra i componenti più attivi dal punto di vista
biologico perché contengono una struttura orto-difenolica di tipo catecolico.
Il tirosolo, invece, che ha un solo ossidride, e il fenolo complesso corrispondente che è il ligstroside, hanno scarsa
attività biologica; ciò è importante per
definire la qualità di un olio non solo
dalla quantità dei componenti fenolici
ma soprattutto dalla loro natura. I fenoli
semplici (tirosolo) e in parte anche quelli
complessi (ligstroside) sono poco lipofili
e invece abbastanza solubili nell’acqua;
ciò spiega perché nell’olio troviamo solo
una piccola quota, circa 5-10% di fenoli
totali presenti nelle olive. Il contenuto
in fenoli è massimo nelle olive da spremitura, che a causa di ciò sono pressoché immangiabili per la loro asprezza,
mentre le olive trattate destinate al consumo alimentare diretto hanno livelli
molto più bassi di fenoli, pur essendo
ancora abbastanza ricche di idrossitirosolo e tirosolo.
La componente lipidica dell’olio deriva
per il 98% dall’epicarpo e dal mesocarpo, mentre l’endocarpo vi contribuisce solo per il 2%; l’endocarpo non contiene fenoli mentre è molto ricco di
vitamina E, per contro il mesocarpo,
presenta livelli molto alti di composti
fenolici e molto basso di vitamina E,
per questo motivo, la vitamina E si
trova in alte concentrazioni nell’olio di
semi è in quantità basse nell’olio di
oliva.
P O S S I B I L I M E C C A N I S M I C A R D I O P RO T E T T I V I
D E L L’ O L I O E X T R A - V E RG I N E D I O L I VA
L’olio di oliva è il principale grasso della
dieta mediterranea, le proprietà salutari
sono dovute principalmente a un alto
contenuto di acido oleico, grasso monoinsaturo (MUFA). La protezione cardiovascolare è indotta dalla capacità
antiossidante di molti componenti dell’olio extravergine (fitosteroli, flavonoidi
e polifenoli, beta-carotene, vitamina-E).
AZIONE DEI POLIFENOLI CONTENUTI
N E L L’ O L I O E X T R A - V E RG I N E D I O L I VA
Inibiscono la produzione degli anioni
superossidi (radicali liberi) favorendone
anche la rimozione: ridotta ossidazione
delle LDL, inibiscono l’aggregazione
piastrinica e la produzione di Trombossano-TXA2 e di Leucotriene-LTB4:
attività antitrombogena (inibizione del
F O C U S
Tissue factor) e anti-infiammatoria, favoriscono il rilascio di NO dai macrofagi: modulazione della motilità della
pareti dei vasi, modificano il profilo lipidico con riduzione del colesteroloLDL, inibiscono l’espressione delle molecole di adesione (VCAM-1) attraverso
una inibizione del fattore di trascrizione nucleare (NF-kb) inibendo l’adesione dei monociti alle cellule endoteliali. L’uso regolare dell’olio di oliva
extravergine riduce la percentuale degli
eventi cardiovascolari, come evidenziato dallo studio GISSI-prevenzione.
In particolare l’azione anti-infiammatoria dell’olio extravergine di oliva è
legata alla capacità dell’oleocanthal,
suo componente, che gli conferisce il
caratteristico sapore pungente e la sensazione di irritazione alla gola, di inibire gli enzimi che intervengono nelle
vie metaboliche dell’infiammazione, del
tutto simile a quella indotta da alcune
sostanze anti-infiammatorie non steroidee quali l’ibuprofene (Ibuprofenlike activity). In conclusione, la prevenzione cardiovascolare in Italia
dovrebbe promuovere uno stile di vita
sano, salvacuore, diffondere la cultura
del rischio cardiovascolare globale, in
sinergia con i medici di medicina generale, affiancare l’opera del medico e
del cardiologo nella lotta contro le malattie cardiache e vascolari, dare al cittadino tutti gli strumenti per prevenire
o almeno ritardare l’insorgenza delle
malattie cardiovascolari con un’opera
di educazione/promozione della salute
destinata a tutte le fasce della popolazione, comprese quelle dei più giovani,
e con lo sviluppo di campagne di sensibilizzazione mirate, tramite i mezzi
di comunicazione. Infine privilegiare i
nutrienti presenti nella dieta mediterranea, in particolare l’olio extravergine
di oliva, meglio se di provenienza calabrese in quanto più ricco in polifenoli
antiossidanti, che hanno un ruolo protettivo indipendente dagli interventi
farmacologici, con attività antiossidante, antitrombogena, anti-infiammatoria, normalizzante il profilo lipidico,
modulante la risposta pressoria, migliorativa del profilo di rischio cardiovascolare.
Gennaio-Marzo 2014
33
ƒ
Educazione alimentare:
una scelta vitale
Pandolea è un’associazione senza
fini di lucro costituitasi nel 2003
che riunisce produttrici di olio extravergine di oliva, ma anche
donne professionalmente impegnate nel settore come agronome,
ricercatrici, giornaliste, dietiste,
chimiche.
L’associazione ha carattere culturale
e mira a valorizzare l’imprenditoria
femminile delle piccole aziende olivicole, promuovere l’olio di qualità
italiano e i territori in cui si attuano
le produzioni di pregio. «Ma la
prima mission dell’associazione –
sottolinea la presidente Loriana Abbruzzetti – è promuovere l’educazione alimentare tra i giovani
attraverso attività che si svolgono
prevalentemente nelle scuole di
ogni ordine e grado e che, nei 10
anni di vita, hanno coinvolto circa
15.000 studenti in tutta Italia».
In questa scelta strategica, che
ruolo gioca l’olio?
«Partiamo da una premessa. E’ stata
una scelta naturale, perché noi
donne spesso siamo anche mamme
e abbiamo la sensibilità e la responsabilità di educare i nostri figli a
mangiare sano e a crescere consapevoli delle proprie scelte, comprese
quelle alimentari. Se è vero che in
Italia ormai il 25% degli adolescenti
è sovrappeso e 1 su 10 è obeso,
questo è dovuto principalmente alla
scarsa attenzione delle famiglie
verso l’alimentazione e alla pessima
abitudine a mangiare snack e merendine. Un rapporto con il cibo errato che può essere però recuperato
nell’ambito scolastico attraverso le
attività delle insegnanti, ma soprattutto con un sistema educativo che
si basa sulla collaborazione tra in-
34
Dieci anni di attività dell’associazione
femminile Pandolea:
ne parliamo con la presidente
Loriana Abbruzzetti
segnanti e genitori. Noi di Pandolea
crediamo che l’olio, che è uno degli
elementi che compone la nostra catena alimentare, possa essere l’alimento che più di ogni altro mette
insieme storia, tradizione, famiglia,
dieta, emozioni e tanto altro».
E operativamente come vi muovete?
«Ogni anno ci rechiamo nelle scuole
o ospitiamo gli studenti presso le
nostre aziende convinte che solo
attraverso l’esperienza – e quindi
odorare, toccare, assaporare, giocare – si possa ottenere qualche risultato. Per questo nel 2013, in
occasione del nostro decimo anniversario, durante un convegno dal
titolo Un filo d’olio, che si è svolto
a Roma il 12 giugno, abbiamo voluto festeggiare facendo una richiesta forte e formale ai ministeri
competenti (Agricoltura, Istruzione,
Salute) affinché venga istituita una
Settimana dell’educazione alimentare nelle scuole e sulla base delle
nostre esperienze sul campo chiediamo di essere coinvolte nei lavori
delle commissioni che si stanno occupando di questi temi».
Quali sono i vostri principali progetti?
«Mamma insegnami a mangiar,
che si rivolge ai bambini delle
scuole materne, o anche degli asili
nido, in cui si richiede una partecipazione attiva dei genitori; la
classica e ormai storica Bruschetta
VS merendina, per i bambini delle
scuole elementari e medie, per lo
svolgimento della quale da anni
otteniamo il patrocinio del Mipaaf;
Abbasso la frode: extravergine =
qualità, per i più grandi, attività di
approfondimento da svolgersi
negli istituti superiori, in particolare agrari e alberghieri; Extravergine: assaggi di fine anno, con un
saggio conclusivo negli Ipssar
dopo aver ampiamente parlato di
olio e ancora Aperivolio, un modo
nuovo di presentare l’olio ai giovani mentre degustano cocktail,
Gelato all’olio, dove il gelato non
ha solo il gusto dell’olio ma è fatto
utilizzando l’olio extravergine di
oliva in alternativa agli altri grassi
di origine animale. Si tratta di progetti che mirano a far vivere l’olio
in modo diverso, semplice, immediato, con simpatia, in momenti di
relax, ed è per questo che ci rivolgiamo ai giovani affidandoci alle
opere/vignette di alcuni dei migliori umoristi italiani come Mangosi, Melanton, Martellini, con i
quali abbiamo organizzato eventi
sull’umorismo nell’olio, il più importante dal titolo Amore e olio».
Progetti di crescita?
«Grazie al forte e costante impegno
delle socie nelle numerose attività
di educazione alimentare, molte
donne in questi anni hanno voluto
dare il proprio contributo e l’associazione sta crescendo in tutte le regioni
olivicole
italiane,
in
particolare in Calabria, una delle
regioni più interessanti del panorama olivicolo italiano».
ƒ
I L
F O C U S
La via privilegiata
del prodotto artigianale
Se immaginiamo di guardare dall’alto la Calabria dell’olio, notiamo
che splendidi esempi di olivicoltura
innovativa cercano spazio in quella
tradizionale, da Cosenza fino a Reggio. Il sistema tradizionale di allevamento delle piante porta con sé una
cultura tutta propria di gestione del
tempo, dalla raccolta all’estrazione.
Abitudini profonde, proprie di un
ambiente silenzioso, che svolge la
sua opera guardando più alla quantità che alla qualità. Quell’olio, finisce poi nel mercato di tutti, dove a
dettar legge è il prezzo. Il più basso.
Le cose stanno cambiando. Oliveti
ordinati e ben curati, sgomitando,
hanno guadagnato spazio e da oltre
un decennio l’olivicoltura calabrese è
in evoluzione, nei sistemi di gestione
della pianta, nei tempi di raccolta
delle olive e nelle fasi di estrazione
dell’olio. Un’innovazione del pensiero
che porta al radicamento lento, ma
costante, di progetti di olivicoltura
virtuosa, che fanno sentire la voce
della Calabria dell’olio vero, dell’olio
artigianale. Una Calabria dell’olio
nuova, dinamica, giovane, dove la
testa di uomini e donne vocati all’olivicoltura corre veloce.
QUA L È L A QUA L I T À P E RC E P I TA
DELLA CALABRIA DELL’OLIO?
Quando si tratta di prodotti agroalimentari con tipicità forti, qualità
certificata, con un marchio di territorio che innalza la qualità percepita dei consumatori, l’accesso al
mercato è facile e con esso la vendita. Basta pensare a quanto è forte
il valore del marchio Toscana nei
consumatori. Se il valore del territorio non è forte, è ridotta anche la
qualità percepita, nonostante la qua-
MAURIZIO PESCARI
Giornalista
lità eccellente di un prodotto.
Quanto è forte la qualità percepita
della Calabria dell’olio? La risposta
è dura da digerire. E’ evidente che il
territorio ancora oggi paga in valore
decenni di gestione in cui la quantità ha sempre prevalso sulla qualità.
U N A S T R A DA N U O VA E S I S T E
La strada per dare una svolta alla
situazione attuale, che si trascina a
tutti i livelli da decenni, appare già
tracciata. Anche in Calabria. Basta
saper riconoscere e valutare il lavoro di decine di giovani produttori
di olio, in famiglie giunte alla seconda o alla terza generazione
d’impegno in questo settore, che
hanno dimostrato di aver già cambiato la maniera di veder le cose.
Guardano avanti senza condizionamenti, abbandonano le consuetudini e sanno fare impresa. E non
solo a livello produttivo, con la raccolta all’invaiatura superficiale e
l’estrazione immediata, dettagli
centrali, importanti, ma che da soli
non risolvono il problema.
T E S T E N U O V E P E R U N N U O V O M E R C AT O
I giovani calabresi dell’olio hanno
capito bene l’importanza di essere
padroni della loro attività, di doversi svincolare dalle consuetudini
e di poter disegnare da soli un percorso vincente. Nuove generazioni
fatte di ragazze e ragazzi che hanno
studiato, magari lontano dalla loro
terra, hanno formato la loro mente
professionale svincolandola dalle
consuetudini di famiglia e al termine del loro percorso sono tornati
a casa, per dare da protagonisti un
futuro diverso all’azienda di famiglia, diventando cultori e difensori
della tipicità reale dell’olio calabrese, delle decine di cultivar che lo
caratterizzano, affidandosi con fiducia alla certificazione.
CAPIRE CHI VUOLE IL MIO OLIO,
CREARE IL MIO MERCATO
Questi nuovi imprenditori sanno che
un prodotto si vende se ha il giusto
posizionamento e che questo si ottiene solo da una corretta analisi di
mercato. Ciò significa innanzitutto
fare una netta divisione tra olio industriale e olio artigianale, amplificando le differenze di qualità e di
prezzo di due tipologie di prodotto.
Se per l’olio industriale è il mercato
a determinare il prezzo sullo scaffale
e a quel prezzo tutti devono adeguarsi, pena l’uscita dal mercato
stesso, nel secondo caso, quello del
prodotto artigianale, il prezzo è diverso, perché frutto di costi di produzione diversi e di conseguenza
diverso dovrà essere il posizionamento. Non è l’industria l’antagonista dell’artigiano, l’obiettivo non è lo
scaffale del supermercato generalista, dove il 95% del mercato dell’olio
che gira ha un prezzo tra i tre e i
quattro euro al litro. L’olio artigianale è un’altra cosa e deve tendere a
un mercato diverso, all’interno del
quale lavorare per incrementare la
redditività del prodotto.
Gennaio-Marzo 2014
35
P S R
C A L A B R I A
Verso il nuovo Psr:
azioni mirate, nuove strategie
La nuova Programmazione potrà fare tesoro delle passate
esperienze e rendere l’intervento pubblico più efficace
ALESSANDRO ZANFINO
Autorità di Gestione
del PSR Calabria
2007-2013
Premessa
G I O VA N N I A R A M I N I
Dirigente del Settore 3
del Dipartimento
Agricoltura, Foreste
e Forestazione Regione Calabria
La discussione che si sta sviluppando intorno al nuovo periodo di Programmazione riguarda sostanzialmente due
segmenti di attività. Il primo è da ricondurre alla necessità di adeguarsi con puntualità al percorso logico messo in atto da
livelli istituzionali sovraordinati rispetto
alla sfera regionale. Il confronto con i soggetti responsabili della gestione dei fondi
diversi dal FEASR, la definizione del Contratto di partenariato e infine l’implementazione del Programma di Sviluppo Rurale.
Un’attività impegnativa che implica il rispetto di una tempistica serrata, ma che
deve portarci già nel 2014 alla pubblicazione dei primi bandi per l’utilizzo delle risorse 2014-2020. Relativamente a questo
filone di attività va sottolineato che i rigidi meccanismi di rendicontazione adottati con la programmazione in corso,
stanno determinando una situazione assai
più favorevole rispetto al passato. A fine
2008, infatti, i progetti ancora aperti, relativi alla programmazione 2000-2006,
erano circa il 50% dell’intero programma.
Ancora oggi, a distanza di circa un decennio dai primi bandi esiste un numero elevato di progetti aperti. Nel caso
dell’attuale Programma di Sviluppo Rurale, al contrario, il rischio di disimpegno
automatico delle risorse (N+2) e l’impossibilità di rendicontare Progetti coerenti,
hanno garantito una maggiore efficienza
gestionale. Entro il 2015 le risorse saranno
completamente utilizzate e la Struttura
amministrativa sarà completamente proiettata nella gestione del nuovo pro-
36
gramma, con un periodo di sovrapposizione gestionale limitato al 2014 e 2015.
Il secondo segmento di attività riguarda
la definizione delle strategie regionali da
mettere in atto per superare le criticità
emerse e per rendere l’intervento pubblico
in agricoltura sempre più efficace in termini di crescita della competitività delle
aziende, di tutela del territorio, di valorizzazione del paesaggio, di tutela dell’ambiente naturale e di miglioramento delle
condizioni di vita nelle aree rurali.
Questo secondo aspetto costituisce la sfida
più importante rispetto alla quale dobbiamo misurare la capacità di innovazione
del sistema, andando al di là dell’efficienza
gestionale delle risorse economiche e introducendo elementi nuovi e più coerenti
con le esigenze espresse da un settore primario che si conferma il fulcro dell’economia regionale, ma che necessita di
profondi processi di innovazione. E’ in
questo indirizzo che si propongono le riflessioni che seguono.
Differenti politiche
per differenti territori
Il territorio regionale presenta una forte
variabilità ambientale. La carta dei suoli
della Calabria descrive 150 diverse tipologie di suoli che si combinano con un numero assai elevato di differenti paesaggi.
Anche il clima determina condizioni particolarmente varie, con precipitazioni che
variano dai 500 mm del versante ionico ai
1.500-2.000 del versante tirrenico. Tale
variabilità ambientale
si riflette in maniera
diretta sulle potenzialità produttive del territorio e in modo
particolare sull’attitudine a specifiche destinazioni agricole o
silvopastorali. A questa complessità ambientale e produttiva
deve saper guardare il
Piano di Sviluppo Rurale, con interventi diversificati sulla base
delle specificità territoriali. Si tratta di
cambiare l’attuale paradigma basato su un
programma che guarda in maniera indistinta a tutto il territorio regionale per
passare a un programma più articolato
che introduce forti elementi discriminanti
basati su una zonazione spinta del territorio. In altri termini, è necessario domandarsi in quali territori è possibile produrre
eccellenze in grado di competere in un
mercato sempre più difficile e concentrare
gli sforzi in tali ambienti. Se è vero, ad
esempio, che l’olivicoltura trova idonee
condizioni edafiche su tutto il territorio
regionale, è pur vero che soltanto alcuni
comprensori esprimono prodotti di elevata
qualità (es. aree DOP, quote altimetriche
più elevate, suoli a tessitura grossolana,
etc). Tutte le produzioni regionali, dai prodotti di nicchia a quelli maggiormente
rappresentativi, presentano areali di produzione a maggiore attitudine. L’azione
incentivante dell’intervento pubblico deve
accompagnare i processi di crescita in tali
areali, dove maggiore può essere l’efficacia delle azioni messe in atto.
Territorializzazione spinta significa anche
rafforzamento dell’efficacia di alcune misure. Si pensi, ad esempio, agli interventi
finalizzati alla conservazione degli elementi tipici del paesaggio. E’ opportuno finanziare il ripristino di muretti a secco su
tutto il territorio regionale? Oppure è più
efficace concentrare gli interventi in aree
preliminarmente individuate (Costa Viola,
alcune aree del versante tirrenico o della
pre-Sila) in cui tali elementi rappresentano
un aspetto distintivo del paesaggio?
La forte variabilità
ambientale del territorio
calabrese – 150 diverse
tipologie di suoli –
si riflette direttamente
sulle produzioni agricole
e silvopastorali
Semplificazione amministrativa
La semplificazione amministrativa deve
diventare una precondizione nella gestione dei fondi comunitari. Tuttavia, la
complessità procedurale e, soprattutto, la
necessaria azione di controllo e di trasparenza gestionale, configgono con la necessità di dare risposte in tempi certi al
sistema produttivo. E’ evidente che una
appropriata definizione del target dei
beneficiari delle singole Misure può contribuire significativamente al miglioramento dell’efficienza amministrativa.
Attualmente il rapporto risorse disponibili per Misura e istanze di
aiuto è pari a 1:10. Ciò ha deterL’intervento pubblico
minato grandi difficoltà gestionali
con ritardi non sostenibili nella sedeve accompagnare
lezione dei beneficiari e nell’erogai processi di crescita
zione delle risorse. Un rapporto 1:3
sarebbe sufficiente a garantire una
delle realtà produttive
adeguata selezione dei progetti
che maggiormente guardano
migliori e al contempo consentirebbe di ridurre notevolmente i
al territorio e al mercato
tempi di risposta della macchina
amministrativa regionale. Per le
Misure strutturali indirizzate al miglioramento della competitività del settore primario, l’identificazione dei beneficiari
con le realtà produttive che guardano al
mercato risulterebbe più coerente con le
finalità degli interventi e costituirebbe un
forte elemento di semplificazione amministrativa (es. PLV maggiore di una certa
soglia, numero di occupati, IAP, CD, etc.).
Gennaio-Marzo 2014
37
C A L A B R I A
Un nuovo protagonismo
dell’Amministrazione pubblica
P S R
Alcune linee di intervento delle politiche di
sviluppo rurale presuppongono la definizione di precise strategie regionali, al fine
di rendere più coerenti le azioni messe in
atto rispetto alle reali criticità del territorio.
L’Amministrazione pubblica deve costruire
il quadro di riferimento all’interno del quale
raccogliere e valutare le idee progettuali,
favorendo in tal modo, la convergenza delle
singole iniziative su un progetto complessivo orientato al rafforzamento dei singoli
comparti e più in generale del sistema agricolo e agroindustriale. Un primo esempio è
rappresentato dalle Misure volte alla valorizzazione delle risorse umane, formazione
e informazione in primo luogo. L’analisi dei
fabbisogni formativi e informativi per i
diversi comparti produttivi e per i diversi
territori deve essere posta alla base dell’implementazione dei bandi e della selezione delle idee progettuali: un approccio
nuovo in grado di contribuire a fare della
formazione un reale elemento di crescita
del territorio, evitando sovrapposizioni di
percorsi formativi non sempre coerenti con
le esigenze del contesto produttivo. E’ necessario riportare lo strumento al servizio
dell’agricoltura evitando il processo inverso
che mette al centro le esigenze delle strutture di formazione.
Anche nel caso della ricerca per le innovazioni di prodotto e di processo è necessario
coinvolgere le iniziative progettuali sulla
base di orientamenti regionali preliminarmente definiti. Il dialogo fra sistema agricolo e mondo della ricerca deve muovere
dalla consapevolezza che i fondi per lo sviluppo rurale contribuiscono alla sperimentazione e al trasferimento di innovazioni in
grado di incidere concretamente nel settore
agricolo e agro-ambientale. La sperimentazione di un nuovo sistema di packaging capace di aumentare la serbevolezza di un
prodotto ortofrutticolo, ad esempio, e non
l’estrazione delle sostanze polifenoli che dal
vinacciolo. In altri termini la ricerca, anche
nel settore agricolo, deve continuare a essere prerogativa di istituzioni di ricerca,
mentre le innovazioni in grado di dare risposte concrete al sistema produttivo possono essere il frutto dell’azione sinergica fra
mondo della ricerca e imprese agricole.
La politica agricola
regionale ha conseguito
risultati concreti
negli ultimi anni:
valga per tutti
l’esempio degli oli
extravergini di qualità,
la cui valorizzazione
si riverbera positivamente
sull’intero sistema
produttivo calabrese
38
E’ evidente che ciò presuppone la definizione di un documento di indirizzo capace
di raccogliere priorità di intervento condivise con tutti i portatori di interesse.
Infine, la promozione dei prodotti regionali sui mercati interni. Anche in questo
caso è necessario mettere in atto strategie
in grado di fare convergere le singole proposte progettuali su un’idea complessiva
di valorizzazione dei prodotti regionali.
Negli ultimi decenni la qualità intrinseca
delle produzioni agricole ha fatto registrare un significativo trend positivo. Dagli
oli lampanti degli anni ’90 agli oli extravergini di qualità di oggi, dai vini da taglio
a importanti etichette che si stanno affermando non solo sui mercati nazionali, dai
prodotti generici a decine di prodotti di
qualità certificata nel settore ortofrutticolo e zootecnico. Un territorio che può
trarre dalla tradizionale marginalità di un
sistema agricolo arcaico elementi importanti per la crescita dei propri prodotti attraverso la valorizzazione dell’immagine.
Un territorio che vanta un utilizzo di input
chimici particolarmente contenuto, in cui,
tra l’altro, un terzo della propria superficie
agricola è gestita in biologico. E’ su questi
aspetti che va costruita una strategia
complessiva di promozione del territorio
calabrese e dei suoi prodotti agricoli. Il
PSR offre un’importante opportunità la
cui efficacia può essere rafforzata attraverso un progetto unico di promozione del
made in Calabria, capace di far coesistere
le iniziative dei singoli soggetti promotori.
La promozione dei singoli prodotti deve
basarsi e deve contribuire alla promozione
dell’intero sistema agricolo regionale.
La progettazione integrata
Le azioni indirizzate a favorire la collaborazione fra i vari soggetti della filiera produttiva (PIF), oppure fra le varie istituzioni che
operano sul territorio rurale (PIAR), sperimentate nel periodo di programmazione
2000-2006 e consolidate nell’attuale periodo di programmazione, devono trovare
nuovi elementi di rafforzamento nel periodo
2014-2020. La positiva esperienza dei progetti integrati di filiera conferma la validità
di questa modalità attuativa del Piano di
Sviluppo Rurale. Basti pensare ai progetti
realizzati nella filiera olio, nel comparto or-
tofrutticolo, in quello zootecnico e non ultimo, in quello vitivinicolo. Particolarmente
interessanti anche le esperienze maturate
in alcune filiere minori come il fico essiccato, la liquirizia di Calabria, il limone di
Rocca Imperiale, etc. Un contributo importante per la crescita qualitativa delle produzioni, per l’introduzione di nuovi processi
produttivi e di nuove strategie di promozione sui mercati nazionali ed esteri.
E’ evidente, tuttavia, la necessità di avviare
una nuova fase della progettazione integrata basata su una più incisiva azione di
coordinamento da parte dell’amministrazione pubblica. L’attivazione di tavoli tecnici di filiera potrebbe contribuire alla
definizione di strategie specifiche e priorità
di interventi da concretizzare in proposte
progettuali rispondenti alle attuali criticità
dei diversi segmenti delle filiere stesse. Tali
proposte progettuali potrebbero costituire
il contenitore all’interno del quale inserire
gli interventi dei singoli beneficiari delle diverse linee di intervento. Ciò consentirebbe
di aumentare l’effetto sinergico delle azioni
messe in atto, evitando sovrapposizioni territoriali di iniziative e una più coerente politica di concentrazione delle produzioni. La
preliminare definizione di proposte progettuali favorirebbe, tra l’altro, una più opportuna distribuzione delle risorse e degli
interventi sia a livello territoriale che per le
singole filiere produttive.
Anche nel caso della progettazione integrata per le aree rurali si rende necessario
rafforzare gli aspetti legati alle specificità
territoriali, favorendo la crescita delle potenzialità endogene delle aree stesse. In
un territorio in cui, alla spiccata variabilità
ambientale, sono associate forti localismi
socio-culturali e differenti dinamiche economico-produttive, i fondi per lo sviluppo
rurale devono saper coniugare i diversi
aspetti di crescita del territorio. Una cornice unica per interventi infrastrutturali,
promozione del turismo rurale, interventi
di tutela e valorizzazione del paesaggio,
non ultimo, rafforzamento dei servizi alle
popolazioni rurali. Ma, con ogni evidenza,
l’integrazione degli interventi deve saper
enfatizzare quelle specificità territoriali
che rendono unico ogni comprensorio. In
altri termini, non una somma di interventi
infrastrutturali, ma una idea complessiva
di crescita del territorio che deve risultare
riconoscibile e coerente con le potenzia-
lità intrinseche dell’area di intervento e le
cui implicazioni positive possono riflettersi sui differenti aspetti della vita nelle
aree rurali e sulla fruibilità delle risorse
paesaggistico-ambientali.
Il ruolo della nuova Agenzia
per lo Sviluppo Agricolo
Fra i soggetti che costituiscono il
sistema amministrativo coinvolto
nella gestione delle politiche agricole comunitarie, un ruolo rilevante
potrà essere svolto dalla nuova
Agenzia Regionale per lo Sviluppo
Agricolo. Se la Struttura del Dipartimento Agricoltura e l’ARCEA, infatti,
sono chiamati alla gestione diretta degli
interventi e all’erogazione delle risorse economiche, dall’ARSAC potrà derivare il valore aggiunto legato al supporto tecnico
agli interventi finanziati. Si pensi ad esempio alla progettazione integrata. Un progetto integrato di filiera, che assorbe
mediamente qualche milione di euro, merita di essere accompagnato, sia nella fase
di elaborazione della proposta che in quella
attuativa, da un referente tecnico di parte
pubblica. Solo così l’Amministrazione potrà
estendere il proprio ruolo, non limitandosi
esclusivamente alla gestione dei fondi, ma
promuovendo modelli virtuosi orientati alla
qualità delle produzioni e alla valorizzazione del territorio.
Anche la complessa questione dei controlli amministrativi e in loco, sia per le
Misure cosiddette a superficie che per
quelle strutturali, potrà essere affrontata
in maniera compiuta, attraverso un coinvolgimento pieno della nuova Agenzia
agricola. Ciò consentirebbe di uscire da
una gestione emergenziale che rende in
qualche caso necessario il ricorso a soggetti esterni (SIN) e accrescerebbe l’autonomia organizzativa con concrete
implicazioni positive per l’intero sistema
agricolo. In altri termini, è necessario abbandonare il concetto di ente strumentale inteso come soggetto esterno
all’Amministrazione regionale per promuovere l’idea dell’integrazione delle
competenze fra i diversi soggetti del sistema amministrativo (Dipartimento
Agricoltura – ARCEA – ARSAC).
Gennaio-Marzo 2014
Festa di nozze tra gli ulivi
secolari della piana
di Gioia Tauro:
i fondi per lo sviluppo
rurale possono incidere
virtuosamente
su un territorio dai forti
localismi socio-culturali
e differenti dinamiche
economico-produttive.
Dall’agricoltura
alla promozione
del turismo rurale,
dalla tutela
e valorizzazione
del paesaggio fino
al rafforzamento
dei servizi
per le popolazioni rurali,
si procede nell’ottica
della crescita integrata
39
S T U D I O
L O
Come si combatte il Cinipide
galligeno del castagno
Nel 2009 è stata segnalata ufficialmente
la presenza in Calabria del Cinipide galligeno del castagno, Dryocosmus kuriphilus
Yasumatsu.
E’ stato compito del Servizio Fitosanitario
Regionale attuare le Misure di emergenza
previste dal Decreto MIPAAF del 30 ottobre 2007, finalizzate a impedire la diffusione dell’insetto. Infatti, a partire dal
2009 si è proceduto a delimitare le aree
infestate attraverso verifiche e monitoraggi in campo, a valutare i livelli di infestazione e a vigilare sulle attività
vivaistiche per la commercializzazione di
materiale sano opportunamente allevato
in siti cosiddetti indenni e accompagnato
dal previsto passaporto delle piante.
a cura del Servizio
Fitosanitario
della Regione Calabria
L’enorme potenziale biotico dell’insetto ha
fatto sì che lo stesso si riproducesse in maniera esponenziale e infestasse l’intero patrimonio castanicolo regionale facendolo
registrare come una presenza endemica.
Ben note sono, oggigiorno, le perdite arrecate all’economia castanicola calabrese, con
particolare riferimento alle produzioni frutticole, dall’infestazione subita. Altrettanto
noto è l’unico mezzo di controllo efficace
contro il Cinipide galligeno del castagno che
risulta essere la lotta biologica attraverso il
suo antagonista naturale, il Torymus sinensis, la cui attività di parassitizzazione delle
larve nemiche, consente di raggiungere un
equilibrio tra le due popolazioni e pertanto
un contenimento dell’infestazione.
FACCIA A FACCIA, IL TERRIBILE PARASSITA E IL SUO ANTAGONISTA NATURALE
Torymus v/s Dryocosmus: la guerra è aperta
Dryocosmus kuriphilus
YASUMATSU, 1951
Famiglia Cynipidae
Genere Dryocosmus
Specie D. kuriphilus
Originario dell’Asia Orientale
(Cina e Giappone), ha fatto la sua
comparsa in Europa nel 2002
con i primi avvistamenti in Italia
nella provincia di Cuneo.
Negli ultimi anni si è diffuso
ulteriormente, interessando
15 delle 20 regioni italiane.
Dal 2009 il Dryocosmus
kuriphilus risulta presente nella Regione Calabria –
primo ritrovamento in agro di San Luca (RC).
Dalle foto, tratte dal web, si notano,
in alto, una femmina che ovidepone su una gemma,
e in basso le galle che troveremo a primavera inoltrata.
40
Torymus sinensis
KAMIJO, 1982
Famiglia Torymidae
Sottofamiglia Toryminae
Genere Torymus
Specie T. sinensis
Originario dell’Asia Orientale
(Cina e Giappone) è antagonista specifico
del Dryocosmus kuriphilus,
meglio conosciuto
come Cinipide galligeno del castagno.
Torymus sinensis, infatti, si comporta
come ectoparassita monofago.
E’ stato introdotto in Italia
per la prima volta a opera
dalla Facoltà di Agraria di Torino
in Piemonte nell’anno 2003 per contrastare
la diffusione del D. kuriphilus.
I primi risultati conseguiti
possono ritenersi incoraggianti.
Copertura geografica dei rilasci di T. sinensis sul territorio regionale anno 2012 e 2013
2012
Aderendo al progetto nazionale finanziato
dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, elaborato nell’ambito
del Tavolo di Filiera Frutta in Guscio, la Regione Calabria, Dipartimento Agricoltura,
ha sviluppato un elaborato tecnico utile a
ottenere un contributo alla realizzazione di
un centro di moltiplicazione del T. sinensis.
Nel 2012 si è dato avvio ai rilasci di T. sinensis nei castagneti calabresi. L’attività
è proseguita nell’anno 2013 con un congruo numero di rilasci incrementato dall’intraprendenza di alcuni castanicoltori
ed enti locali che hanno acquistato coppie
del parassitoide, la cui capacità di controllo andrà testata negli anni a venire.
L’efficacia dei rilasci effettuati sarà direttamente proporzionale alle cure colturali
e agronomiche cui dovranno essere sottoposti i castagneti, al fine di consentire loro
positivi segnali di reazione all’infestazione.
La lotta biologica attuata con il metodo
propagativo, avendo come obiettivo il ripristino degli equilibri fitofago-parassitoide, richiede tempi medio-lunghi. Il
mantenimento della vigoria vegetativa e
produttiva dei castagneti è pertanto di
fondamentale importanza.
L’ormai accertata presenza di diversi parassitoidi autoctoni, capaci anch’essi di
esercitare un buon controllo sul Cinipide
galligeno del castagno, lascia intravedere
una sinergia di azione con i rilasci effettuati, che nei castagneti regionali andrà a
totale beneficio delle piante colpite.
Il Servizio Fitosanitario Regionale intraprenderà, infatti, con il supporto dell’Università Mediterranea degli Studi di Reggio
Calabria, uno studio mirato a verificare, sia
dal punto di vista quantitativo che qualitativo, i possibili antagonisti di casa nostra.
Attualmente tutti i castanicoltori dovrebbero seguire pochi ma validi accorgimenti
al fine di creare le condizioni favorevoli
all’insediamento sia del T. sinensis che
degli altri parassitoidi utili alle strategie
di controllo biologico del Cinipide. I principali suggerimenti da porre in atto sono:
1. evitare di rimuovere le galle dagli alberi
in quanto le stesse possono essere potenzialmente parassitizzate da parte di
predatori naturali;
2013
Distribuzione del numero di rilasci di Torymus sinensis sul territorio regionale suddiviso per province
MIPAAF
Enti/Privati
Gratuiti1
Castagni
monumentali2
Totale
Catanzaro
Cosenza
Crotone
Reggio Calabria
Vibo Valenzia
14
21
4
16
8
42
29
8
-
5
5
-
1
1
3
-
62
56
12
19
8
Totale
63
79
10
5
157
Provincia
1
2
Lanci gratuiti forniti al SFR dalla Green Wood Service srl
Lanci gratuiti forniti su richiesta dalla Green Wood Service srl
2. non effettuare trattamenti chimici nei
castagneti né in zone a essi limitrofe;
3. non distruggere, bruciare o asportare il
fogliame e gli scarti di potatura prima
della fine di maggio dell’anno successivo alle operazioni colturali.
Di fondamentale importanza ai fini fitosanitari e nel rispetto delle norme dettate
dal decreto di lotta obbligatoria, DM 30
ottobre 2007, in caso di nuovi impianti bisognerà che il materiale vegetale sia accompagnato dal passaporto delle piante,
quale unica garanzia di materiale propagativo non infestato.
Ogni utile informazione potrà essere richiesta al Servizio Fitosanitario della Regione Calabria.
Gennaio-Marzo 2014
41
R E T E
R U R A L E
Costruire il cambiamento
con la Rete Rurale nazionale
In piena attività il cantiere per la redazione dei nuovi PSR
improntati a una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva
VINCENZO CARE’
Inea, Rete Rurale Nazionale
Postazione Regionale
della Calabria
Iniziare tempestivamente lo sviluppo del
nuovo Programma di Sviluppo Rurale
2014-2020, un potenziale fattore di successo attorno al quale si stanno concentrano in questi mesi tutti i soggetti
interessati coinvolti nella programmazione dei PSR. La direzione generale Agricoltura della Commissione europea, il
Ministero delle Politiche Agricole, le Regioni stanno già collaborando per mettere
a punto i nuovi programmi per il periodo
2014-2020 e numerosi sono gli incontri
che si susseguono in questi mesi. In un
recente seminario della RESR, Rete rurale
europea (vedi box) i partecipanti hanno
rimarcato che il coinvolgimento dei soggetti interessati in tutte le fasi della programmazione dei PSR costituisce un
importante fattore di successo per la realizzazione degli obiettivi di semplificazione.
La programmazione efficace dello sviluppo rurale si fonda su un partenariato
solido, pertanto devono essere stabilite
procedure di buona governance che garantiscano una comunicazione continua
tra i numerosi partner coinvolti nella preparazione dei PSR.
Coordinare la non-cooperazione ed evitare la mancanza di comunicazione tra le
autorità responsabili dei PSR e le rispettive controparti di altri programmi di sviluppo è importante per poter sfruttare le
sinergie esistenti e assicurare l’elaborazione di programmi pienamente integrati
e adattati alle specifiche esigenze nazionali e regionali. Un ruolo svolto istituzionalmente dal Ministero per le Politiche
Agricole, Alimentari e Forestali (MiPAAF),
EMILIA REDA
Inea, Rete Rurale Nazionale
Postazione Regionale
della Calabria
Sempre più animato
il confronto
sui nuovi orientamenti
della Commissione
Europa per aprire
la strada a progetti
quanto mai innovativi,
integrati ed efficaci
42
ma amplificato dalle attività della Rete
Rurale Nazionale, che nel corso degli ultimi mesi si è attivata con numerose iniziative di discussione sui temi chiave della
nuova programmazione 2014-2020, rappresentando un luogo di connessione e
supportando lo scambio di esperienze e
conoscenze con eventi, convegni e workshop sulle nuove tematiche chiave che
guideranno l’agricoltura europea nel periodo 2014-2020. Per fare il punto sul livello di programmazione e sulle priorità
da mettere a fuoco, facendo tesoro dell’esperienza maturata, si sono susseguite
numerose iniziative di presentazione delle
novità di programmazione: Quadro comunitario, Accordo di Partenariato, nuove regole per i Programmi di Sviluppo Rurale,
sottoprogrammi tematici. A tal proposito
la Rete Rurale Nazionale ha portato all’attenzione delle amministrazioni regionali i
nuovi orientamenti della Commissione
Europea con un seminario dal titolo Elementi per la preparazione dei PSR
2014-2020: le linee guida della Commissione Europea, incentrato su alcuni
temi cruciali che attengono alla costruzione del Programma, destinato alle Autorità di Gestione e a tutti quei soggetti
che concorrono alla valutazione ex ante,
all’analisi di contesto e dei fabbisogni e
alla redazione della strategia da inserire
nel PSR (documenti consultabili on line
sul sito www.reterurale.it).
Luci accese anche sulle Misure agroambientali e sul clima con l’esordio di una
nuova Misura Agroclimatico-ambientale
che incorporerà tutte le azioni di tutela
dell’ambiente e del clima e che sarà di-
stinta dall’agricoltura
biologica, che godrà
in futuro di un’apposita Misura con
un’identità specifica;
per approfondire queste novità è stato dedicato un apposito
convegno Le Misure agro-climatico-ambientali nella Programmazione 20142020. Sempre al fine di accompagnare le
amministrazioni regionali impegnate nella
redazione dei PSR 2014-2020, la Task
Force Leader ha organizzato un ciclo di
seminari su Il Leader nei PSR 2014-2020
per favorire il confronto sul contributo di
Leader nel mobilitare il potenziale endogeno, su quale ruolo e compiti per i GAL
per il miglioramento della governance locale, su come gestire le strategie di sviluppo locale con un approccio monofondo
o plurifondo. Programmare efficaci interventi in favore delle zone montane sfruttando le opportunità offerte dai PSR
2014-2020 per promuovere lo sviluppo
sostenibile, la crescita economica e la
creazione di nuovi posti di lavoro. Questi
i temi al centro del dibattito della confe-
renza organizzata in collaborazione con
Euromontana dal titolo La vitalità delle
montagne europee nella programmazione 2014-2020 per discutere e individuare soluzioni che garantiscano,
attraverso politiche innovative, la difesa
del territorio, la qualità del contesto sociale ed economico, la gestione del paesaggio. I lavori per la programmazione
2014-2020 sono ormai in piena attività ed
è già in cantiere l’elaborazione del nuovo
Programma della Rete Rurale nazionale
per il periodo 2014-2020, l’appuntamento
per la condivisione con il Partenariato si è
svolto il 29 ottobre con in incontro dal titolo Costruire il cambiamento: confronto
con il partenariato sulla nuova Rete Rurale Nazionale 2014-2020.
Seguici su Facebook e su Twitter o vai su
www.reterurale.it
ERRATA CORRIGE
A pagina 41 del numero
scorso di Calabria Rurale,
nell’ambito dell’articolo
Giovani agricoltori
e Buone Pratiche:
risultati eccellenti è stata
erroneamente indicata
in provincia di Crotone,
invece che di Cremona,
l’azienda agricola Cascina
Rospigliosi ad Annicco.
La redazione se ne scusa
con i lettori
e con gli interessati.
U N N E T WO R K I N T E R N A Z I O N A L E P E R L’ I N T E R C O N N E S S I O N E D I R E A LTA ’ E I N I Z I AT I V E
La Rete europea per lo sviluppo rurale
La RESR costituisce il centro di
collegamento per le parti
coinvolte nello sviluppo rurale in
tutta l’Unione europea (UE).
Scoprite come la RESR
contribuisce all’efficace
attuazione dei programmi di
sviluppo rurale degli Stati
membri, promuovendo lo sviluppo
e la condivisione delle conoscenze
e facilitando lo scambio di
informazioni e la cooperazione
in tutta l’Europa rurale.
Per saperne di più
Connettere l’Europa rurale…
http://enrd.ec.europa.eu/it/
Gennaio-Marzo 2014
43
PAT
P R O D O T T I A G R O A L I M E N TA R I T R A D I Z I O N A L I
I mille gusti della bontà
ROSARIO FRANCO
Funzionario ARSAC c/o
Dipartimento Agricoltura,
Foreste e Forestazione
Continua il nostro viaggio alla scoperta di luoghi, storie e potenzialità produttive
legati ai prodotti agroalimentari tradizionali. Questa volta parliamo di fichi
I fichi
PIA RISPOLI
Funzionario ARSAC c/o
Dipartimento Agricoltura,
Foreste e Forestazione
Bartolomeo Bimbi, Fichi,
dipinto tra il 1690 e il 1700,
è conservato a Firenze,
Galleria Palatina
Tra i 269 Prodotti Agroalimentari Tradizionali della Regione Calabria ci sono i fichi
in diverse declinazioni. Crocette,
fichi
essiccati, fichi
freschi
al
forno, fichi ripieni, pallone
di fichi, trecce
di fichi, che
rappresentano
altrettante varianti dell’utilizzo di questo
frutto
che
potrà, così, gustarsi durante
tutto l’anno. La
coltivazione del
fico, diffusa in tutto il territorio regionale da tempi antichissimi è particolarmente
diffusa in provincia di Cosenza e soprattutto nei paesi
della costa tirrenica: Belmonte Calabro, San Lucido,
Amantea, San Fili e non solo.
In ogni orto e giardino, in Calabria, esisteva la pianta di
fico che con i suoi frutti rappresentava fonte di prelibatezze per il palato. I fichi,
poiché frutti delicati, potevano essere gustati per brevi
periodi, appena maturi. Essi
tuttavia si prestavano bene
all’essiccazione, cosa che
parzialmente poteva avvenire
anche sulla pianta, e pertanto questa pratica si diffuse moltissimo. I fichi
venivano perciò posti su cannizzi ed essiccati al sole. Una
volta completata questa fase
venivano utilizzati per la preparazione di diversi prodotti
che oggi ritroviamo tra i prodotti tradizionali della nostra
regione.
Come per tanti PAT esistono
mille varianti nella preparazione. I fichi seccati venivano
accostati alla frutta secca
(noci, nocciole, mandorle),
alle scorzette di agrumi e aromatizzati con cannella. Anche
le forme con cui si completava la preparazione erano
diverse: coroncine, crocette,
trecce, tenute insieme da rametti di mirto.
La pianta
Famiglia
Moraceae
Genere
Ficus
Nome scientifico
Ficus carica L.
Varietà
Dottato (la più utilizzata)
UN PO’ DI STORIA
Per raccontare dei fichi in Calabria ci affidiamo a quanto
scritto dall’abate Giovanni Fiore da Cropani (1622-1683)
nella sua opera Della Calabria Illustrata. Le sue parole
ci fanno ben comprendere come, a pieno titolo, i fichi
rientrano tra i prodotti agroalimentari tradizionali
della nostra regione e quale importante risorsa alimentare
ed economica abbiano costituito per la popolazione.
Alla fine dell’elencazione
dei frutti di cui la Calabria
è ricca, mette in evidenza
“come tutti i mesi dell’anno
la Calabria dà frutta verde
su degli alberi”. Così i fichi
si trovano a giugno,
ad agosto fino a dicembre,
con tanta varietà di specie
che “l’occhio appena
crede a se medesimo”.
Ci descrive l’abbondanza
di specie, il meraviglioso
sapore, i raccolti da giugno
a dicembre cui seguono
i frutti essiccati che
"variamente acconciati"
venivano esportati
a Napoli, in Sicilia,
a Roma, Malta e altrove.
44
Crocette
Ingredienti
Crucette
Fichi secchi, cannella,
zucchero, noci,
nocciole e mandorle,
scorze di arance,
limoni e cedri
Tecniche di lavorazione
I fichi bianchi, provenienti
da zone non ricche
di acqua, si raccolgono
quando sono parzialmente
appassiti mettendoli
a essiccare al sole,
su apposite stuoie.
Quando sono essiccati
si spaccano in due
lasciandoli attaccati
al peduncolo,
si imbottiscono di noci
o mandorle o nocciole
e buccia di agrumi.
Ingredienti
Fichi secchi,
zucchero,
cannella,
buccia di arancia
essiccata
L’Abate Giovanni Fiore
da Cropani
Francesco Fiore
nacque a Cropani
il 5 giugno 1622.
Avviatosi alla vita
religiosa, prese i voti
della Riforma
cappuccina con il nome
di Giovanni.
Insegnò filosofia
e teologia e fu grande
predicatore.
Esercitò cariche
nell’Ordine
sia nella provincia
cappuccina calabrese
che in missione altrove.
Morì a Cropani,
nel suo convento,
il 5 dicembre 1682.
da Della Calabria Illustrata
a cura di Ulderico Nisticò,
Rubbettino Editore
La particolarità del pallone
di fichi consiste
nell’impiego di foglie di
fico cotte al forno insieme
con i frutti, il prodotto
ottenuto assume così
un caratteristico sapore
che lo contraddistingue.
Lavorazione
Da maggio a settembre
NEWS DAL SETTORE 2
Valorizzazione e promozione,
produzioni agricole e filiere produttive
Gazzetta Ufficiale della Repubblica
Italiana n. 147 del 25 giugno 2013,
supplemento n. 52
Tredicesima revisione dell’elenco
nazionale dei prodotti
agroalimentari tradizionali
La Regione Calabria ha iscritto il 269°
prodotto nella Categoria 5 – Prodotti
vegetali allo stato naturale
o trasformati: “Anona Cherimola”
Mill. Coltivata nei comuni costieri
della provincia di Reggio Calabria
da Bagnara a Brancaleone.
Si richiudono appiattendoli
e incrociandoli.
Si cospargono di polvere
di zucchero e cannella.
Successivamente si
cuociono in forni
moderatamente caldi,
alimentati con frasche
di olivo o ginestra.
Pallone di fichi
Paddruni i ficu
Tecniche di lavorazione
I fichi raccolti parzialmente
appassiti si essiccano
al forno, moderatamente
caldo, alimentato con
frasche di olivo e ginestra.
I fichi vengono rivoltati
spesso fino al
raggiungimento di un
denso colore marrone.
Una volta raffreddati,
si cospargono di polvere di
zucchero, di cannella e di
buccia di arancia essiccata,
quindi si foggia il tutto
a mo’ di un pallone delle
dimensioni di un pugno
e lo si avvolge in foglie
di fico, raccolte il giorno
precedente il
confezionamento e messe
ad appassire sovrapposte
in ceste di vimini.
Il pallone viene quindi
legato con raffia
e ripassato nuovamente
nel forno dolcemente
caldo per breve tempo.
In annate di particolare
siccità i fichi, essendo
più duri, devono essere
ammorbiditi con del miele
Gennaio-Marzo 2014
di fichi per essere meglio
foggiati.
Materiali e attrezzature
utilizzati: foglie di fico,
rafia, ceste di vimini, forno.
Bibliografia
1. Giovanni Fiore da Cropani,
Della Calabria Illustrata,
Arnoldo Editore
2. Giovanni Fiore da Cropani,
Della Calabria Illustrata,
a cura di Ulderico Nisticò,
Rubbettino Editore
3. Gabriella Lo Feudo, Irene
Notaro, Daniela Rende,
Ricette a confronto. Fichi
secchi a merenda, Le nuvole
4. Vincenzo Curci, Prodotti
tipici della terra di Calabria,
Edizioni Prometeo,
Novembre 2000
5. Ugo Campisani, Tradizioni
in Calabria. Agricoltura
e artigianato, Edizioni
Orizzonti Meridionali,
Luglio 1998
Si ringraziano i signori Giulia
e Dino Colavolpe di Belmonte
Calabro e il signor Luciano
D’Agostino di Cittanova
(Biblioteca comunale)
per la loro straordinaria
sensibilità che ha consentito
la realizzazione
di questo articolo.
45
Esperienza e conoscenza
per proteggere e valorizzare
L ’ E V E N T O
L A F O N D A Z I O N E S E L V I C O LT O R I F O R E S TA L I D E L L A C A L A B R I A
Gli obiettivi
principali sono
diffondere
la cultura
dei boschi
e ridurre
lo spopolamento
montano
La manifestazione Calabria Expo Edilizia
2013 si è volta nel Parco Industriale di
Rende, promossa dall’Ordine degli Ingegneri di Cosenza, dalla Fondazione Mediterranea per l’Ingegneria e dalla
Fondazione Selvicoltori Forestali della Calabria, con il patrocinio della Regione Calabria, della Provincia di Cosenza e del
Comune di Rende.
Operatori, professionisti e accademici del
settore sono stati impegnati sulla tematica Il rilancio della filiera bosco legno in
Calabria - utilizzo in edilizia, mentre l’associazione SelviForCalabria ha partecipato
a una delle conferenze con il contributo
Boschi di Calabria e gestione sostenibile per
una produzione legnosa di pregio.
In Calabria la realtà silvana, malgrado
estesi disboscamenti e incendi nel corso dei
secoli, col diverso intento di prelevare
quantità ingenti di legname o di recuperare
terreni al pascolo e all’agricoltura, è ancora
una delle più interessanti d’Italia per l’entità delle superfici occupate, la presenza di
specie arboree autoctone e peculiari, le
produzioni legnose di qualità che potrebbero ottenersi con una diversa gestione
Lo stand dell’associazione
SelviForCalabria
selvicolturale nei popolamenti più significativi e infine per il valore tecnologico degli
stessi assortimenti se la materia prima
legno fosse trasformata e venduta in Calabria.
Nei tre Parchi Nazionali (Pollino, Sila,
Aspromonte) e in quello Regionale (Serre),
la componente principale è costituita proprio dal bosco e da talune specie di conifere e di latifoglie che danno lustro e
segnano la Calabria forestale.
Ma si tratta di una risorsa boschiva trascurata solo se si pensa che la regione, allineandosi al resto dell’Italia, importa
annualmente circa l’80% del proprio fabbisogno di legno.
Gli obiettivi di SelviForCalabria sono:
• diffondere la cultura dei boschi nelle
funzioni elettive di protezione e produzione;
• contribuire a ridurre lo spopolamento
montano;
• rappresentare la necessità di rafforzare,
ringiovanire e impiegare nel modo dovuto gli operai idraulico-forestali,
unico vero presidio per la salvaguardia
dei boschi e la difesa idrogeologica.
T U T TO F O O D 2 01 3
L’agroalimentare calabrese in rete per fare rete
L’Assessorato Agricoltura Foreste
e Forestazione ha organizzato
nell’ambito di Tutto Food 2013,
svoltosi a Milano, un ciclo di seminari
informativi dal titolo: “Agroalimentare
di Calabria: trait d’union per lo
sviluppo dell’economia regionale”,
a cui hanno partecipato trenta
aziende calabresi.
Queste azioni – ha commentato
l’Assessore all’Agricoltura Michele
Trematerra – servono a valorizzare
46
le straordinarie eccellenze calabresi,
le specificità, la qualità e la tecnologia
nella produzione.
Secondo il Dirigente Generale del
Dipartimento Giuseppe Zimbalatti,
“le aziende presenti all’evento avranno
la possibilità di mettere in rete
le proprie conoscenze: se lo facessero
anche tutte le realtà presenti sul
territorio, la Calabria avrebbe
la possibilità di fare un grande salto
di qualità”. Durante i seminari,
che hanno interessato tutti i settori
produttivi del comparto, è emerso che
la riduzione dei consumi sul mercato
italiano è stata attenuata dalla crescita
delle esportazioni.
E’ ora necessario avviare una seria
programmazione a lungo termine,
in grado di individuare nuovi
modelli organizzativi più appropriati
che possano coniugarsi con l’elevato
standard qualitativo dei prodotti
della regione.
LEGGI
TUTTI I PROVVEDIMENTI
Le leggi regionali
nel settore agricolo
pubblicate nel 2013
MANUELA LACARIA
Giornalista
Funzionario ARSAC
L . R . N . 5 6 D E L 3 0 D I C E M B R E 2 01 3
Provvedimento generale recante norme di tipo
ordinamentale e finanziario (Collegato alla manovra
di finanza regionale per l’anno 2014)
Nell’anno 2013 la Regione Calabria ha emanato
58 leggi regionali, di cui 12 attinenti il settore agricolo,
agroindustriale e, più in generale, lo sviluppo rurale.
Di seguito se ne riporta una sintesi
L . R . N . 5 5 D E L 1 8 D I C E M B R E 2 01 3
BUR n. 24 del 16 dicembre 2013, S.S. n. 7 del 31 dicembre 2013
Modifiche alla legge regionale 23 settembre 2013, n. 45
(Interventi per la riscoperta della dieta mediterranea)
L’articolo 5 modifica alcune
norme regionali che riguardano
BUR n. 24 del 16 dicembre 2013, S.S. n. 6 del 27 dicembre 2013
il settore (ARSAC, Calabria Verde,
Confidi, forestazione).
Modifica l’articolo 4 comma 3
della L.R. 45/2013.
L . R . N . 4 5 D E L 2 3 S E T T E M B R E 2 01 3
L . R . N . 4 2 D E L 2 A G O S TO 2 01 3
Interventi per la riscoperta della dieta mediterranea
BUR n. 18 del 16 settembre 2013, S.S. n. 7 del 30 settembre 2013
Riconoscimento delle Agenzie di Sviluppo Locale
BUR n. 15 del 1° agosto 2013, S.S. n. 3 dell’8 agosto 2013
La Regione valorizza e diffonde
la dieta mediterranea, dichiarata patrimonio dell’unanimità
dall’Unesco nel 2010, quale stile
di vita e disciplina nutrizionale
migliorativa per la salute.
Viene costituito un gruppo di lavoro interdipartimentale, composto da personale dei
Dipartimenti: Tutela della Salute,
Formazione e Lavoro, Cultura e
Pubblica Istruzione e Agricoltura, Foreste e Forestazione.
Scopo della legge: valorizzare i
prodotti alimentari alla base
della dieta mediterranea; divul-
garla; promuovere corsi di formazione per operatori della ristorazione tesi all’acquisizione
di competenze, pratiche e tradizioni della dieta mediterranea;
realizzare studi medico-scientifico-statistici. I suddetti obiettivi, da realizzarsi entro il 31
dicembre 2014, saranno pubblicizzati all’interno dello Spazio
Calabria nell’ambito dell’Expo
Milano 2015. Il gruppo di lavoro
sarà sostituito dalla Fondazione
per la dieta mediterranea, con
sede a Nicotera (VV) che opererà
a decorrere dal 1° gennaio 2015.
L . R . N . 4 4 D E L 2 A G O S TO 2 01 3
Modifiche ed integrazioni alla legge regionale
20 dicembre 2012, n. 66
(Istituzione dell’Azienda Regionale
per lo Sviluppo dell’Agricoltura e disposizioni
in materia di sviluppo dell’agricoltura)
BUR n. 15 del 1° agosto 2013, S.S. n. 3 dell’8 agosto 2013
Le modifiche riguardano: l’art.
5 (Comitato Tecnico d’Indirizzo); l’art. 6 (il Collegio dei
sindaci diventa monocratico,
composto da un membro effettivo e da un membro sup-
plente); viene aggiunto l’art. 11
bis (con cui vengono trasferiti
gli impianti irrigui gestiti dall’A.R.S.S.A. ai Consorzi di Bonifica: si tratta di 22 impianti e
25 dipendenti).
La Regione Calabria riconosce i
soggetti responsabili di patti territoriali (Protekos SpA; Promotir
Srl; Sila Sviluppo Scarl; Alto Tirreno Cosentino SpA; Lameziaeuropa SpA; Vibo Sviluppo SpA;
Patto Territoriale dello Stretto
SpA; Locride Sviluppo SpA) quali
Agenzie di sviluppo locale.
Le Agenzie hanno lo scopo di
promuovere lo sviluppo sociale,
economico e occupazionale,
qualificare le competenze e le
risorse umane e accrescere la
competitività e l’attrattività dei
territori valorizzando i sistemi
produttivi locali.
Tra i compiti delle Agenzie: animazione territoriale; promozione
dell’attività d’impresa; stimolo,
supporto e creazione di reti d’impresa; marketing territoriale e politiche di attrazione di nuovi
investimenti; stimolo e supporto
all’internazionalizzazione delle
imprese e dei territori; promozione dei prodotti tipici locali e
dei loro territori; promozione e
supporto della certificazione delle
produzioni locali e all’impiego
delle energie rinnovabili e delle
tecnologie ambientali; supporto
per l’accesso ai finanziamenti;
formazione e qualificazione delle
risorse umane e promozione della
cultura d’impresa; promozione
dell’innovazione tecnologica e
della ricerca applicata in collaborazione con università calabresi e
centri di ricerca.
L . R . N . 3 8 D E L 2 A G O S TO 2 01 3
Modifiche ed integrazioni alla legge regionale
17 maggio 1996, n. 9
(Norme per la tutela e la gestione della fauna
selvatica e l’organizzazione del territorio ai fini
della disciplina programmata dell’esercizio venatorio)
BUR n. 15 del 1° agosto 2013, S.S. n. 3 dell’8 agosto 2013
Modifica e integra l’articolo 24 della L.R. n. 9/96.
Gennaio-Marzo 2014
47
L . R . N . 2 6 D E L 3 0 M A G G I O 2 01 3
L . R . N . 2 4 D E L 1 6 M A G G I O 2 01 3
Modifiche e integrazioni alla legge regionale
17 maggio 1996, n. 9
(Norme per la tutela e la gestione della fauna
selvatica e l’organizzazione del territorio ai fini
della disciplina programmata dell’esercizio venatorio)
Riordino enti, aziende regionali,
fondazioni, agenzie regionali,
società e consorzi comunque denominati,
con esclusione del settore sanità
BUR n. 10 del 16 maggio 2013, S.S. n. 2 del 24 maggio 2013
BUR n. 11 del 1° giugno 2013, S.S. n. 1 del 7 giugno 2013
La legge, al fine di coniugare la
conservazione e la tutela dell’ambiente con la corretta pratica venatoria, modifica la L.R.
n. 9/1996. Tra i punti principali: l’introduzione dell’Osservatorio Faunistico Venatorio
Regionale con lo scopo di assicurare un approccio scientifico alla programmazione
faunistico-venatoria; la creazione di zone umide artificiali;
l’istituzione di un numero
verde antibracconaggio per la
segnalazione e la denuncia di
fatti di reato in materia ambientale che danneggino gravemente l’ambiente e la
corretta pratica venatoria; la
riduzione del 50% dell’importo
della tassa per il rilascio dell’abilitazione all’esercizio venatorio per coloro che abbiano
70 anni o meno di 20.
Con l’art. 13 (Agricolture, montagne e foreste) viene riorganizzata
la Fondazione Mediterranea Terina che dovrà perseguire compiti
di: ricerca industriale e sviluppo
sperimentale, trasferimento tecnologico e divulgazione scientifica nel settore della qualità
agroalimentare, della sicurezza
alimentare e della salute, nonché
compiti di certificazione delle
produzioni tipiche e di qualità.
Inoltre, la legge abroga la parte
della Legge Regionale n. 9/1996
(Norme per la tutela e la gestione
della fauna selvatica e l’organizzazione del territorio ai fini della
disciplina programmata dell’esercizio venatorio) che istituiva il
Garante sull’esercizio venatorio.
L . R . N . 21 D E L 2 M A G G I O 2 01 3
L . R . N . 2 5 D E L 1 6 M A G G I O 2 01 3
Modifica all’articolo 41, comma 2,
della legge regionale 27 dicembre 2012, n. 69
BUR n. 9 del 2 maggio 2013, S.S. n. 1 del 10 maggio 2013
Istituzione dell’Azienda regionale
per la forestazione e le politiche per la montagna –
Azienda Calabria Verde – e disposizioni in materia
di forestazione e di politiche della montagna
Modifica la L.R. 69/2012 al fine di
garantire la copertura finanziaria
dei Piani attuativi di Forestazione
relativi agli anni 2011 e 2012.
BUR n. 10 del 16 maggio 2013, S.S. n. 2 del 24 maggio 2013
Viene istituita l’Azienda Calabria Verde, azienda regionale
per la forestazione e per le politiche della montagna, ente
pubblico strumentale che sostituisce l’AFOR (Azienda forestale
della Regione Calabria), in liquidazione dal 2007. L’Azienda
esercita: le funzioni dell’AFOR
non connesse alla procedura di
liquidazione; quelle svolte dalle
Comunità montane (che vengono soppresse e poste in liquidazione); le attività regionali
di prevenzione e lotta agli incendi boschivi; le attività di servizio di monitoraggio e
sorveglianza idraulica della rete
idrografica calabrese; gli interventi volti alla prevenzione e al
risanamento dei fenomeni di
dissesto idrogeologico.
L’Azienda dovrà improntare la
propria gestione anche in senso
produttivo, valorizzando il patrimonio e attuando una concreta pianificazione delle
attività di amministrazione dei
beni a essa affidati, compresa
la valorizzazione industriale ed
energetica della filiera forestalegno, con pratiche improntate
alla gestione forestale ecocompatibile. L’Azienda, che ha sede
legale a Catanzaro e articolazioni territoriali a livello distrettuale, è soggetta al vincolo del
pareggio di bilancio. Nelle entrate sono compresi, oltre ai
trasferimenti pubblici, le tariffe
o i corrispettivi per i servizi resi
e i proventi dell’attività economica svolta (utilizzazione forestale, vendita del materiale
legnoso, gestione del patrimonio forestale, etc.).
48
L . R . N . 9 D E L 21 M A R Z O 2 01 3
Modifiche alla legge regionale 4 dicembre 2012,
n. 62 (Istituzione di Ecomusei in Calabria)
BUR n. 6 del 16 marzo 2013, S.S. n. 2 del 28 marzo 2013
Modifica la definizione di Ecomuseo: "Per Ecomuseo si intende
la pratica partecipata di valorizzazione del patrimonio culturale,
materiale e immateriale, elabo-
rata e sviluppata da un soggetto
organizzato, espressione di una
comunità locale, nella prospettiva dello sviluppo sostenibile di
un determinato territorio".
L . R . N . 8 D E L 21 M A R Z O 2 01 3
Modifiche alle leggi regionali 10/2013 e 69/2012
BUR n. 6 del 16 marzo 2013, S.S. n. 2 del 28 marzo 2013
Le modifiche (articolo 14 della
Legge Regionale 69/2012 e articolo 16 della Legge Regionale n.
10/2003) riguardano l’Ente Parco
regionale e, in particolare, il Consiglio Direttivo e la gratuità della
partecipazione alla Comunità del
Parco da parte dei componenti.
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