Scrive Giuseppe Solito in Benaco, nel 1897: I pescatori del Benaco possono dividersi in due categorie: quelli che esercitano esclusivamente la pesca come una professione, quelli, che chiameremo avventizi, i quali vi si dedicano per una parte dell’anno soltanto, saltuariamente: calcolo che in tutto il lago primi siano presso a poco 700 con circa 500 barche pescareccie; e secondi più di 1.500. Il pescatore avventizio è sarto, calzolaio, contadino, falegname, bracciante o che altro, ed esercita la pesca a tempo perduto, quando gli mancano il solito lavoro ed il solito guadagno, generalmente non ha reti ma una tirlindana, e va con essa a caccia del carpione, della trota o dell’altro pesce, ma più del primo in barchetta o a prestito o a nolo con un compagno della sua condizione con cui poi divide la preda o il ricavato. Non occorre dire che il pescatore avventizio non potrebbe vivere se non esercitasse un altro mestiere. Il pescatore di professione è proprietario di reti e di barche e vive tutto l’anno coi proventi della pesca. Quando non può pescare occupa il suo tempo nel racconciare le reti vecchie o nell’allestirne di nuove, aiutato nell’opera dalle donne e dai figli, chè generalmente egli ha famiglia numerosa. Il pesce lo vende agli incettatori, con cui ha accordo annuale di prezzo per ogni specie; rarissimo è il caso che lo venda per proprio conto. Associazione Culturale Tanto per Cambiare con il patrocinio di Assessorato alla Cultura del Comune di Gargna Gargnano presenta la mostra etnografica Pesca e Pescatori del Gar Garda Carpione In “Campione sul Garda e le sue memorie” (1916), A. Cipani riporta un ricordo del marchese Giovan Antonio Marchetti: Questo dì -11 agosto 1768- resterà memorabile per la pesca del carpione. Dall’alba di questa mane e fino quasi al tramontar del sole, 36 barche con cento e più pescatori dei paesi delle due rive: Limone, Malcesine, Casson, Brenzon, Torri, Gargnano e Bogliaco, nell’alto del lago (fra Campion e Casson, Madonna di Tignale e Brenzon) ritrassero la somma intera, da me veduti e contati carpioni 2.916. Alla Messa da me celebrata il 12 agosto, in rendimento di grazie et laude a San Ercolano patrono della pesca, assisterono tutti li fortunati pescatori, finita la quale fu grande giubilazione per tutto lo giorno. Cipani racconta pure che risulta che gli Archetti, signori di Campione, nel 1766 abbiano fatto dono di carpioni al cardinal Giovanni Molin, vescovo di Brescia e così al Doge di Venezia, Alvise IV Mocenigo, ed al vescovo Giovanni Nani, patrizio veneto, nel febbraio del 1778. 25 aprile – 9 maggio maggio dalle ore 16 alle 21 Ex Palazzo Comunale di Gargnano Ingresso libero Info: [email protected] 0365.71432 Nella relazione inviata da Giuseppe Michiel nel 1617 al Senato Veneto si parla di Gargnano: Nelle ville che sono sulla riva del lagho hanno copia di barche grandi et picciole, de quali si servono nel pescare et in particolare di carpioni, essendo particolarmente il nervo di detta pescagione nel mezo del golfo, per mezo di dette terre, in luoco detto il Trep, sopra la qual pesca de carpioni vivono e si mantengono più che uomini cinquecento con le loro famiglie. Alcune spiagge ghiaiose in territorio di Limone erano rinomate per la fréga delle àole. Proprio per la loro abilità in questo tipo di pesca, i limonesi erano e sono soprannominati Pìca àole. Angher (Rivabella) e il Prà de la Fam sono spiaggette tignalesi formate dai detriti dei torrenti Piovere e Baès. Al Prà facevano scalo barche, barconi e battelli. Le foci dei torrenti limonesi San Giovanni e Pura sono per secoli i luoghi più noti per la pesca del carpione, come scrive Grattarolo già nel ‘500. La grande redditività del carpione diede adito a discussioni animate ed a contenziosi. A Gardone Riviera il 20 giugno 1890 viene proibita l’essicazione del pesce sulla spiaggia di località Sette Case. La pesca ed il turismo non riescono in quel periodo a fare collimare interessi ed esigenze. L’Isola del Garda (territorio di San Felice) sarebbe stata data in feudo da Federico II a Biemino da Manerba nel 1221. Costui, a sua volta, l’avrebbe data a gli uomini di lei con tutte le ragioni che gli spettavano delle pescherie e de’ guadi, racconta M. Butturini nel 1885 in La Pesca nel lago di Garda. Il più antico documento sull’esercizio della pesca è il diploma del 6 ottobre 969 con cui Ottone I concede alla Comunità di Maderno la libertà di cacciare, pescare ed uccellare a piacimento per tutto il lago Benaco. Lo scrive F. Bettoni nel 1880 nella Storia della Riviera di Salò. I privilegi sono confermati nel 1160 da Federico I e nel 1322 da Roberto di Sicilia. La Comunità di Salò vanta diritti antichissimi di pesca riconfermati da Venezia per venticinque tiri di balestra allo intorno come racconta F. Micheletti nel 1878 in Viaggio attorno al Garda. Nel 1554 il Magistrato delle Ragioni Vecchie investe tale Mazzoleni del diritto di pesca nel golfo, dai molini di Barbarano fino ai confini con San Felice, dietro versamento di un canone annuo di 6 ducati. L’investitura passa poi al Comune che la cede ai privati aventi proprietà a lago. Un diploma di Federico II nel 1221 alla Comunità di Scovolo ordina che al Comune non si debba porre divieto di caccia, pesca, commercio e uccellagione per tutto il lago Benaco racconta Giuseppe Solito nel 1897 in Benaco. Nell’800, Portese è uno dei più importanti centri gardesani con ben 5 ré mac’ in dotazione ai suoi pescatori che li usano associati in compagnie di otto uomini ciascuna. Si ricordano ancora quelle della Speranza, dei Bare, dei Mosche e degli Zane. Nel 1588 il Governo Veneziano revoca la concessione per la pesca sulle rive di Manerba: la pesca, però, può essere praticata senza tendere funi o gettare ancore, scrive Butturini. Molti documenti testimoniano di lunghe e accese rivalità tra pescatori di Moniga, San Felice, Manerba, Padenghe e Desenzano. Il Vo del Corno di Spina a Desenzano è particolarmente conteso. Nel 1518 una Ducale assegna solo alla gente di Desenzano di potervi esercitare la pesca.