Brescia, 16 novembre 2015
Prof. Andrea Beretta Zanoni
Ordinario di Strategia aziendale
Università di Verona
In evidenza 21.7.15
• Outlook positivo…. Ma con tante fragilità
• USA: lift- off (quando ?)
• Cina: soft landing (?)
• Grecia: guardare oltre
• QE BCE: ok con volatilità strutturale
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Agenda oggi
1. Previsioni e aspettative: Italia e RoW
2. Cina: la grande incognita
3. Divorzio nelle politiche monetarie
4. Il “Nuovo Mediocre”
5. Conclusioni
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Italia: attese
•La crescita già acquisita in Italia per il 2015 è dello 0,7%.
•Nei mesi di settembre e di ottobre le stime di crescita per il 2015
sono sostanzialmente migliorate: dallo 0,6/0,7% a valori più vicini
all’1% (ultima stima Ue 5 novembre +0,9% e +1,5%; Ocse 0,8 e
1,4).
•In ottobre il FMI per 11 delle prime 16 economie del mondo abbassa
le previsioni: alza solo Italia e UK
•A settembre la fiducia delle famiglie è salita a 112,7 (valore più alto
dal 2002), e quella delle imprese è salita a 106,9 (valore più alto dal
2007). Nei primi 7 mesi le vendite in GDO crescono del 2% sul 2014.
A ottobre dato confermato.
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Italia: attese
•Le
ragioni della crescita sono per il
momento soprattutto di carattere esogeno
(tassi bassi, mini euro, prezzo del petrolio),
ma anche collegate ad una contrazione del
rallentamento del credito.
•E’
una
crescita
ancora
fragile
(e
quantitativamente ancora modesta, con un
ritardo dell’8,9% sui livelli pre crisi e del
4,7% sul picco del II trim 2011), con
investimenti ancora in ritardo.
•Il clima generale comunque è finalmente
cambiato.
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FMI: aggiornamento ottobre
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FMI: tassi di crescita PIL
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FMI:
tassi di crescita PIL
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Euro Focus
• Secondo il FMI uno dei principali problemi nell’area Euro è rappresentato
dalle sofferenze bancarie, pari a circa 900 mld.
• Blocco nuove erogazioni e compressione marginalità degli istituti di credito.
• Bad bank ? Procedure stragiudiziali ?
• Secondo il FMI se si risolvesse il problema in area Euro si liberebbe nuovo
credito per circa 600 mld.
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FMI: aggiornamento ottobre
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Il punto su Brescia
Davide Fedreghini (AIB)
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Cina
•I tassi di crescita stanno calando.
•Il FMI calcola che ogni punto perso dal PIL cinese costa 0,3 punti in tutti i paesi asiatici. Secondo il
CSC se la Cina crescesse del 4% la crescita globale andrebbe al 2,3% contro l’attuale 3% stimato.
L’Italia perderebbe lo 0,5% di crescita del PIL (metà delle attese)
•La svalutazione dello Yuan avviata a partire dall’11 agosto (circa il 2%) è una correzione
fisiologica…. Anche se non si può certo escludere la volontà di Pechino di ridurre il calo dell’export
•Non aiutano i dubbi molto diffusi sull’affidabilità delle statistiche elaborate da Pechino (che ancora
non rispetta gli standard internazionali di calcolo). Molti gli indicatori di allarme (consumo energia
elettrica, prezzo in calo dell’immobiliare, calo consumi di acciaio, calo dei volumi di merci
trasportate dai treni…..).
•Secondo molti analisti la crescita reale si aggira intorno al 4% .
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Cina
Problema di fondo:
Passare gradualmente da un’economia
trainata dagli investimenti e dall’export ad un’economia trainata
dai consumi, con scalata della catena del valore aggiunto (e
parzialmente da investimenti ed export) (New Normal)
Il tutto senza perdere troppi punti percentuali di crescita
(indispensabili per stabilità sociale) (Soft landing)
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Cina
Tenendo conto che:
1.Oggi gli investimenti Cinesi valgono circa il 45% del PIL, contro un 20% circa
nell’area UE (sono saliti moltissimo a partire dal 2008, per timore della crisi,
alimentati dal credito bancario).
2.Parallelamente è cresciuto il debito: nei paesi emergenti è raddoppiato dal
2007 ad oggi (50% del PIL)
3.Se l’economia decelera troppo rapidamente (+3/4% ?) gli investimenti
possono ridursi drasticamente con conseguente collasso della domanda.
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Cina
1.Problema 1: ridurre l’eccesso di debito (bolle e volatilità)
2.Problema 2: rimodulare l’economia verso i consumi interni
3.Problema 3: mantenere un tasso di crescita sufficientemente dinamico
Con un caveat: L’economia di mercato è una cosa seria e complessa. I Cinesi devono
capire che un semiliberismo in cui il Governo orienta tutto (anche il sentiment) non può
funzionare per sempre (La botte piena….).
La sfida: Riforme sociali, welfare, governance dei mercati, liberalizzazioni….
Nel frattempo ad Agosto la Germania vede un calo dell’export pari al 5,2% (effetto Cina
e Russia).
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BCE: QE2 ?
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BCE: QE2 ?
• La BCE è pronta ad iniettare liquidità aggiuntiva a partire da dicembre (Draghi 22/10).
Quindi rispetto al programma originario (QE1), che dovrebbe terminare a settembre 16
con immissione di 60mld al mese probabile allungamento dei tempi e rafforzamento
delle quantità.
• Dati sull’inflazione a settembre: l’indice scende ancora dello 0,1% su base annua (ci
riavviciniamo a scenari deflattivi). Problema anche fuori dall’Euro (UK, USA, e ormai
anche Cina, con 1,6% contro 2% atteso a settembre).
• Pesa il rallentamento globale e il prezzo basso del petrolio (che per altri versi è un
bene). La BCE avrebbe osservato una correlazione molto forte tra il prezzo del petrolio
e l’inflazione attesa. Se il petrolio scendesse ancora allora sarebbe difficile puntare le
aspettative verso il target (2%).
• Implicitamente volontà di mantenere l’Euro/Dollaro ad un cambio vantaggioso, a fronte
dei ritardi dell’intervento della FED sui tassi. E infatti dopo intervento Draghi l’Euro
scende in pochi minuti da 1,134 a 1,115.
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Inflazione 3.0 ?
• Molte Banche Centrali, incluso la BCE e la Banca Cinese stanno lanciando messaggi
espansivi. Dal 2009 ad oggi le BC hanno tagliato i tassi 626 volte e stampato quantità
enormi di moneta. I risultati dal punto di vista della crescita, del lavoro e dell’inflazione
sono deludenti.
• I problemi sono probabilmente di tipo strutturale e non possono essere risolti
unicamente con la politica monetaria. Cinghia di trasmissione allentata: in Europa dal
2008 i profitti delle quotate sono calati del 14,9% ma i p/e sono salti del 114,7%.
• Demografia: secondo Moody’s tra 15 anni la popolazione lavorativa mondiale
potrebbe essere la meta dell’attuale
• Digitalizzazione: secondo Morgan Stanley nei prossimi 20 anni il progresso digitale
potrebbe mettere a rischio a livello globale circa il 50% dei posti di lavoro (con grandi
incognite sui nuovi posti creati).
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USA: tassi
•La Fed il 17 settembre decide di non alzare i tassi (tra 0 e 0,25 sui Fed
Funds). Decisione presa a maggioranza, sulla base di diverse circostanze.
•Nonostante lo spettacolare secondo trimestre (+3.7%) la crescita USA doveva
rimanere sia nel 15 che nel 16 sotto il 2,5% (ma le ultime previsione alzano
le stime); l’inflazione nel 2015 non dovrebbe superare lo 0,5% per avvicinarsi
al target del 2% solo nel 2017. L’occupazione migliora (5,1%) forse in modo
ancora un po’ lento (però il target è raggiunto)
•Soprattutto è la situazione cinese a spiegare la decisione: rallentamento,
dubbi sulle statistiche, dubbi sulla capacità del governo di traghettare
l’economia verso il new normal.
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USA: tassi
•
Il debito dei paesi emergenti (Cina inclusa) è più che raddoppiato dal 2007
ad oggi (circa 50%) del PIL. Parte di questo debito è denominato in dollari
(da 4 mila mld a 18 mila mld in un decennio) e un rialzo dei tassi lo
renderebbe forse insostenibile. Fallimenti societari e contagio al sistema
bancario.
•
Ulteriore motivo tecnico: la Cina ha difeso il cambio negli ultimi mesi
vendendo attività finanziarie in dollari e comprando yuan (quasi 150 mld di
cui 100 in titoli stato USA). Se si aumentano i tassi il dollaro si rafforza
ulteriormente e la Cina intensifica il “QE al contrario” sottraendo liquidità e
rischiando di mandare gli USA in recessione.
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USA: tassi
•Eppure… prima o poi (probabilmente il 16 dicembre)
•Il
più basso tasso di interesse nella storia, necessario, ha
molte
controindicazioni (oltre alla volatilità).
• Favorisce l’accumulazione di debito
• Genera distorsioni allocative nelle risorse
• Privilegia gli impieghi finanziari verso quelli produttivi (investimenti fissi
lordi)
• Toglie progressivamente margini di manovra alle autorità monetarie
•E’ problematica la concomitante propensione espansiva di BCE (Qe2) perché
rischia di rendere troppo pronunciato l’indebolimento dell’euro contro dollaro
(frenando quindi l’azione della FED).
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“Nuovo Mediocre”
•
E’ un modo nuovo di definire il rischio di prolungata stagnazione.
•
Alcuni nodi strutturali a livello globale: bassa produttività, invecchiamento strutturale,
alto indebitamento. Tutto ciò mina la propensione agli investimenti
•
A metà del 2014 l’indebitamento complessivo dei paesi avanzati arriva al 280% del
PIL e al 120% del PIL nei paesi emergenti (la Cina al 217%).
•
In un contesto di bassa crescita e bassa inflazione l’alto debito induce risparmio nelle
famiglie, nelle imprese, nei governi.
•
Anche la demografia sfavorevole (in Europa colpisce soprattutto l’Italia e la
Germania) rallenta la propensione agli investimenti. In Italia poi il valore aggiunto
destinato al lavoro (nel privato) è tornato ai massimi di metà anni ‘70 (74,3% nel
manifatturiero) comprimendo la marginalità sul capitale (con conseguente
disincentivo agli investimenti)
•
Occorrerebbe riattivare il consueto circolo virtuoso fatto di fiducia, investimenti,
consumi e crescita inclusiva (con rafforzamento della classe media).
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Conclusioni
• Italia bene: ci sono le condizioni per alimentare un nuovo ciclo di
sviluppo
• Nella prospettiva globale ci troviamo in fase di transizione con alcune
incognite importanti (andamento della Cina sopra le altre)
• L’Occidente, Europa in particolare, dovrebbero assumere un nuovo
ruolo di guida nella crescita globale
• La politica monetaria espansiva deve rientrare nell’alveo della
normalità a partire dalla FED. Evitando guerre valutarie
• Fuori dalla crisi….. Ci sono i cambiamenti strutturali
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