Problema iracheno e
rallentamento
dell’economia:
tra teoria e realtà
Carlo Salvatori
Presidente di UniCredito Italiano
Sora, 27 giugno 2003
Premessa
• Qualsiasi conflitto è, prima di tutto, un
evento drammatico che non sempre trova
spiegazioni razionali e che spesso porta con
se il segno dell’insufficienza e della sconfitta
di tutti quegli strumenti di dialogo e
confronto che dovrebbero permettere una
pacifica convivenza di tutti i Popoli e di tutte
le Nazioni.
• Per questo motivo, la guerra è un evento che presenta sempre gravi conseguenze
umane e sociali e non può che essere percepita, prima di tutto, come causa di morte e
sofferenza per le popolazioni civili che la devono subire.
• Ogni conflitto porta conseguenze di straordinaria ampiezza per tutti i campi dell’agire
umano e le ripercussioni economiche, che come vedremo possono anch’esse assumere
una grande rilevanza, rappresentano una parte dell’intera dimensione dell’evento.
2
Agenda
Guerre ed economia: aspetti teorici
Il conflitto iracheno
Considerazioni conclusive
3
Non vi sono dubbi sul fatto che la previsione economica abbia assunto, nell’attuale contesto, una
importanza estremamente rilevante e sia divenuta strumento indispensabile per tutti, dai politici agli
economisti, dai finanzieri agli industriali.
Se è vero comunque che la previsione economica può oramai vantare elevati livelli di precisione,
grazie soprattutto alla sofisticatezza delle tecniche utilizzate, è altrettanto vero che, in concomitanza
di un evento bellico, tale attività mostra ancora una certa fragilità e insufficienza.
Una testimonianza di questo fatto è data dalla estrema variabilità delle previsioni che vengono
elaborate in concomitanza di una guerra e della elevata dimensione del gap che separa queste
previsioni dai risultati reali verificati ex post.
Anche nel caso del recente conflitto iracheno, numerosi centri di ricerca, think tank internazionali e
banche d’affari hanno elaborato interessanti ricerche e previsioni che, nella maggior parte dei casi,
non hanno però presentato un minimo di concordanza di output ed una metodologia di approccio ed
una sistematicità metodologica adeguata.
4
Le previsioni economiche sono oggi più che mai uno
strumento molto importante in tutti i tipi di attività
“It is better to be
vaguely right than
precisely wrong”.
John Maynard Keynes
5
Il grande economista Keynes, che ben conosceva i limiti della ricerca e della previsione economica,
soprattutto in concomitanza di eventi di carattere straordinario, quali appunto una guerra, usava dire
che era sicuramente meglio essere vagamente corretti piuttosto che sbagliare con grande
precisione.
Anche noi pertanto proveremo ad addentrarci in quest’area che presenta ancora zone grigie con lo
scopo non di realizzare un’analisi alternativa a quelle già presentate ma, semplicemente, di
focalizzare i fattori che maggiormente incidono in un momento economico così delicato, come un
evento bellico, e valutarne il peso e l’importanza.
Mentre gli storici hanno documentato gli errori commessi nella valutazione dei costi dei conflitti, poco
è stato scritto sugli errori delle previsioni economiche, ma un paio di esempi saranno sufficienti per
chiarire questi aspetti.
6
La storia ha insegnato che la stima dei costi di un conflitto è una
della previsioni economiche più difficili da realizzare
Guerra civile americana 1861 – 65
Scostamento tra costi previsti e costi sostenuti
In valore
assoluto
(mil USD)
3.200
In % del
GDP
84%
240
Costi
previsti
L’errore di valutazione
dipende dalla:
Errore
1.200%
Errore
1.300%
• Complessità delle
previsioni
7%
Costi a
consuntivo
Costi
previsti
Costi a
consuntivo
• Lunghezza del conflitto
• Rottura di numerosi
“meccanismi” economici
che in tempo di pace
consentono di effettuare
previsioni a fronte di
rischi di valutazione
piuttosto modesti
Guerra nel Vietnam 1964 - 72
Scostamento tra costi previsti e costi sostenuti
In valore
assoluto
(mld USD)
111
In % del
GDP
Errore
800%
Errore
1.100%
10
Costi
previsti
12
1,5
Costi a
consuntivo
Costi
previsti
Costi a
consuntivo
7
In occasione della guerra civile del 1861, la segreteria del tesoro di Lincoln aveva stimato i costi
diretti del conflitto per il Nord in 240 milioni di dollari, pari a circa il 7% del PIL del tempo. Il costo a
consuntivo è, invece, risultato essere pari a 3200 miliardi di dollari, ossia 13 volte la stima
originariamente calcolata.
Avvicinandoci nel tempo, anche i costi legati alla guerra nel Vietnam furono enormemente
sottostimati. La previsione originale sottostimò i costi contendendoli in 10 mld di dollari, apri all’1.5%
del PIL statunitense. L’errore, dettato da una previsione di guerra breve, fu del 1.100%. La guerra,
protrattasi fino al 1973, ha determinato un ammontare di costi diretti compreso tra i 110 ed i 150 mld
di dollari. A queste cifre dovrebbero essere aggiunti, peraltro, anche i costi indiretti più difficili da
stimare e che comprendono inflazione, instabilità economica e tensione nel clima di fiducia tra la
popolazione.
Gli esempi esposti, che potrebbero però essere arricchiti di numerosi altri casi, indicano l’enorme
errore di valutazione che, ex post, può essere ricondotto a numerosi fattori tra i quali meritano di
essere menzionati soprattutto:
1.
La complessità delle previsioni, che in tempo di guerra devono considerare un numero
di fattori sensibilmente superiore a quello normalmente esaminato
2.
La lunghezza del conflitto, che di per sé uno degli elementi più incerti da stimare
3.
E infine la rottura di numerosi “meccanismi” economici che in tempo di pace
consentono di effettuare previsioni piuttosto precise e che in tempo di guerra non
sono più utilizzabili in quanto si modificano alcuni parametri di riferimento
Proviamo adesso ad esaminare una delle variabili economiche fondamentali in tempo di guerra: i
costi diretti del conflitto.
8
I costi complessivi di un conflitto sono ovviamente legati alla
sua durata ma, in una guerra moderna, tendono ad essere
molto più elevati di un tempo
• Guardando unicamente ai conflitti
di teatro esterni al territorio
americano, è interessante notare
come la guerra di Corea e quella
del Vietnam, pur presentando un
costo complessivo assai più
elevato di quello della prima
guerra del golfo, esprimono dei
costi “annuali” sensibilmente
inferiori.
Costi di alcuni tra i maggiori conflitti
Durata del
conflitto
(mesi)
Costi Diretti
Totali
(miliardi $
2002)
Guerra civile
48
62,00
1.686
104
26
Prima guerra mondiale
19
190,60
2.489
24
15
Seconda guerra mondiale
44
2896,30
20.388
130
35
Guerra di Korea
37
335,90
2.266
15
5
Guerra del Vietnam
90
494,30
2.204
12
2
Prima guerra del Golfo
1
76,10
306
1
12
Costi pro
capite
($ 2002)
Costo
(% del GDP
annuo)
Costo
medio
annuo
GDP
Source: U.S. Commerce Department, Historical Statistics of the United States, Government Printing Office, 1975, vol. 2,
series Y and Al Nofi, Statistical Summary: America’s Major Wars at http://www.cwc.lsu.edu/cwc/other/stats/warcost.htm.
Estimate in 2002 dollars are reflated using the GDP deflator. The costs include only costs to the U.S. federal budget and
generally exclude postwar costs of veterans’ pensions and health benefits
• Per valutare il dato è necessario
considerare che una quota
rilevante di questi costi riguarda la
fase del pre-conflitto e che,
pertanto, una guerra breve viene
proporzionalmente appesantita
più di un conflitto di lungo
periodo.
• E’ però altrettanto evidente che il
protrarsi di una guerra moderna
oltre il breve periodo (1 – 3 mesi)
rischia di presentare un costo
complessivo particolarmente
rilevante
9
Fonte: The Cowles Foundation for Research in Economics at Yale University – William D. Nordhaus – The
Economic Consequences of a war with iraq – December 2002
I costi complessivi di un conflitto sono ovviamente legati alla sua durata ma, in una guerra
moderna, i costi annuali tendono ad essere molto più elevati di un tempo
Cerchiamo di comprendere meglio questo aspetto. La prima guerra del Golfo, quella per
intenderci scoppiata nel 1991 per liberare il Kawait, è costata poco più di 76 miliardi di dollari al
valore del 2002 pari all’1% del PIL Usa. Se tale conflitto fosse durato un anno, la stima del suo
impatto sul PIL sarebbe stata circa del 12%.
Pe confronto, un anno della Guerra del Vietnam è costata “solo” il 2% del PIL.
Per valutare l’onere economico di una guerra moderna è necessario considerare che una quota
rilevante di questi costi riguarda la fase del pre-conflitto e che, pertanto, una guerra breve viene
proporzionalmente appesantita più di un conflitto di lungo periodo.
E’ altrettanto evidente che il protrarsi di una guerra moderna oltre il breve periodo (1 – 3 mesi)
rischia di presentare un costo complessivo particolarmente rilevante.
La valutazione dei costi di un conflitto non è fine a se stessa in quanto diviene un elemento
fondamentale per comprendere il possibile ruolo di stimolo alla crescita economica che ha
permesso l’individuazione della cosiddetta “iron law of wartime booms” che potremmo tradurre
come “la regola economica di ferro della guerra”
10
L’incremento delle spese militari associate ad un conflitto ha svolto
nel passato una funzione di stimolo alla crescita economica ed ha
permesso la definizione della “Iron Law”
Stimolo alla crescita economica dalle spese per la difesa
69,1
Incremento delle spese militari
(in % del GDP)
Crescita nel periodo del GDP (%)
41,4
26,7
9,7
8,0
10,5
9,7
1,9
0,3
-1,3
Seconda Guerra
Mondiale Ante
Pearl Harbor
Seconda
Guerra
Mondiale
Guerra di
Corea
Guerra del
Vietnam
Guerra del
Golfo
1939-41
1939-45
Dal 3/1950
al 3/1951
Dal 3/1965
al 1/1967
Dal 3/1990
al 1/1991
The “iron law” of
wartime booms
Storicamente, tutti i principali
conflitti sono stati seguiti da fasi
di espansione economica.
Il grafico mostra come tutte le
maggiori guerre del passato,
che hanno comportato un
sensibile
incremento
delle
spese militari in rapporto al
GDP,
abbiano sostenuto la
ripresa dell’economia
La regola di ferro è però venuta
meno in occasione della Guerra
del Golfo dove la spesa
aggiuntiva per la difesa,
peraltro assai esigua, nulla ha
potuto nel risollevare le sorti
dell’economia.
11
Fonte: The Cowles Foundation for Research in Economics at Yale University – William D. Nordhaus – The
Economic Consequences of a war with iraq – December 2002
Attraverso la “iron law of wartime booms” gli economisti sono riusciti a spiegare il nesso che ha legato
per decenni i costi della guerra con la successiva ripresa economica.
Il grafico esposto ci fa vedere, in modo estremamente immediato, questa relazione. A fronte, ad
esempio, dell’incremento delle spese militari della seconda guerra mondiale e della guerra di Corea
rispettivamente di 41,4% e 8%, la crescita del GDP americano è stata del 69,1% e del 10,5%.
La prima guerra del Golfo ha segnato però un’inversione di tendenza spiegabile con la progressiva
riduzione del peso del settore pubblico rispetto a quello privato nel ruolo di “motore dell’economia”.
Questo ha fatto sì che l’incremento delle spese militari non sia stato in grado di generare quell’effetto
propulsivo sul PIL che si era verificato in occasione dei precedenti eventi bellici.
In questo caso inoltre i fattori psicologici che influenzano l’economia nel breve termine e che influenzano
pesantemente i mercati azionari, i tassi di cambio e gli indici di fiducia hanno spinto ad una riduzione
degli investimenti e delle decisioni di consumo, in particolare di quelle relative ai beni durevoli.
Proviamo quindi ad esaminare più in profondità il peso delle aspettative in caso di conflitto armato.
12
La prima guerra del Golfo ha dimostrato come le differenti
componenti dell’economia reagiscano in misura diversa alle
incertezze legate al conflitto
A
Rilevazioni satellitari e informazioni dei servizi portano
a ritenere completo lo schieramento iracheno sui
confini con il Kuwait e inevitabile l'invasione
B
2 agosto: Truppe irachene entrano nel Kuwait ed
occupano Kuwait City; l'Emiro si rifugia in Arabia
Saudita.
C
28 settembre: Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni
Unite sconfessa il già poco credibile tentativo iracheno
di collegare la crisi del Golfo al problema palestinese
30 settembre: i francesi, con l'invio di nuove truppe
della Legione Straniera, rafforzano il loro dispositivo
militare.
2 ottobre: la portaerei Indipendence entra nel Golfo
Persico e completa il dispositivo militare statunitense.
D
16 gennaqio: Inizia l'offensiva alleata
E
27 febbraio: Kuwait City è conquistata dalle truppe
alleate. A sud di Bassora uno scontro tra mezzi
corazzati americani e carri iracheni vede ancora una
volta questi ultimi soccombere. L'ambasciatore
iracheno all'ONU annuncia l'accettazione di tutte le
risoluzioni riguardanti l'Iraq. Il presidente George Bush
comunica la cessazione delle ostilità a partire dalle ore
6.00 del 28 febbraio.
1.10
1.05
Industrial
production
1.00
0.95
Exchange rate
on dollar
0.90
S&P stock
price index
0.85
0.80
Consumer
sentiment
0.75
0.70
A
B
C
D
E
13
Fonte: The Cowles Foundation for Research in Economics at Yale University – William D. Nordhaus – The
Economic Consequences of a war with iraq – December 2002
Se è vero infatti che la prima guerra del Golfo ha dimostrato come le differenti componenti dell’economia
reagiscano in misura diversa alle incertezze legate al conflitto, è altrettanto vero che la variabile delle
aspettative dei mercati sia quella che presenta la maggiore sensibilità all’evento.
Vediamo in dettaglio il grafico esposto. Le reazioni del mondo economico, qui sintetizzate dal sentiment
dei consumatori, dal mercato azionario, dal tasso di cambio del dollaro e dalla produzione industriale,
furono tanto immediate quanto diversificate. Questo ben si vede nell’intervallo che va dal momento A al
momento C e, cioè, da quando dalle rilevazioni satellitari e informazioni dei servizi il mondo comprende
che vi sarà l’invasione del Kawait da parte delle trutte irachene a quando il completamento del dispositivo
militare alleato lascia intendere l’immediato scoppio della guerra e gli osservatori sono concordi nel
ritenere che il conflitto dovrebbe essere di breve durata.
La reazione “emotiva” all’invasione del Kuwait si è concretizzata in un immediato crollo della fiducia dei
consumatori e, in misura minore, dei mercati azionari, che ripresero a crescere solo quando si delineò un
quadro più preciso che avrebbe portato ad una rapida vittoria degli alleati.
Il tasso di cambio del dollaro e la produzione industriale, invece, hanno reagito in modo molto più graduale
ed in misura inferiore. In particolare la produzione industriale, si è lentamente adattata alla riduzione della
domanda che è stata la conseguenza del repentino calo della fiducia dei consumatori.
E’ ancora interessante rilevare che nel momento in cui inizia l’offensiva, indicata al momento D del grafico,
la reazione dei mercati è rapida e positiva.
Dalla tavola possiamo giungere ad una prima interessante conclusione: ciò che penalizza maggiormente
l’economia è l’incertezza relativa ai tempi ed ai modi dell’eventuale conflitto. Il danno all’economia
pertanto è più legato alla fase pre-bellica e non tanto alla sua durata. Nel momento in cui i mercati
ricevono maggiori certezze quali, ad esempio, la definizione dell’inizio del conflitto e concrete prospettive
di rapida conclusione, la loro reazione è sempre positiva.
14
Agenda
Guerre ed economia: aspetti teorici
Il conflitto iracheno
Considerazioni conclusive
15
Il contesto macroeconomico in cui si è collocata la guerra in Iraq
non presenta molte analogie con quello di dodici anni fa…
•
Da un punto di vista prospettico, può essere utile un breve confronto tra il
contesto macro economico e finanziario che ha preceduto la prima Guerra del
Golfo e quello attuale.
•
La situazione attuale è, in primo luogo, caratterizzata da una volatilità di fondo
superiore rispetto a dodici anni fa, a causa del persistere del terrorismo su base
mondiale, delle tensioni provocate dal comportamento della Corea del Nord, della
pressione sui prezzi del petrolio causate dalla crisi politica in Venezuela, fenomeni
non presenti in passato.
•
Spostando l’attenzione sull’economia statunitense, è possibile individuare
alcune similitudini con il 1990: il deficit del bilancio governativo, inflazione
contenuta e tassi di interesse su un sentiero di riduzione. Maggiormente difficile
appare la formulazione di un giudizio sull’economia nel suo complesso: se, alla
vigilia della prima Guerra del Golfo, la congiuntura mostrava chiari segni di
recessione, oggi c’è maggiore incertezza tra coloro che sostengono l’inizio della
ripresa e coloro che vedono un rischio di deflazione.
16
… e anche sul piano finanziario la situazione è molto diversa
• Sul piano strettamente finanziario, invece, non è possibile individuare stringenti
analogie. Nel 1990 Wall Street si trovava nella fase iniziale di un percorso di crescita
consistente mentre oggi si sta affrontando il terzo anno di bear market. Nel periodo di
guerra tra agosto 1990 e fine febbraio 1991, la borsa statunitense ha registrato una
flessione dell’8% per poi risalire(1). L’impatto riconducibile al conflitto può quindi essere
considerato marginale. L’attuale conflitto, d’altro canto, sembra aver avuto un impatto
positivo(2).
• E’ chiaro come lo scoppio di una guerra abbia come effetto immediato quello di ritardare
le decisioni di spesa e di investimento. A tale tendenza, che appare già radicata nei
comportamenti dei soggetti economici, si aggiunge oggi anche la pressione esercitata
sul sistema dalla diminuzione del flusso di investimenti verso gli Stati Uniti, testimoniata
dalla debolezza mostrata dal dollaro. Anche nel periodo che ha preceduto il primo
attacco all’Iraq si era assistito ad una contrazione nella spesa, ma il flusso di
investimenti esteri non aveva mostrato alcuna considerevole flessione.
(1)
La flessione dell’8% fu rispetto al valore mediano dei 12 mesi precedenti, mentre la risalita fu del 25% nell’anno successivo al
minimo segnato nel novembre del 1990.
(2)
Limitando l’osservazione al solo periodo di guerra, l’impatto è stato particolarmente positivo soprattutto per le borse europee:
Francoforte ha recuperato quasi il 10%, Milano oltre il 4%, Londra il 3%. Parigi, in linea con gli indici statunitensi ha registrato
recuperi frazionali. La fase di recupero si è poi consolidata nelle settimane seguenti.
17
Indubbiamente, sotto un profilo economico, il conflitto iracheno ha presentato delle particolarità che lo
hanno reso del tutto differente da altre guerre di teatro che sono state combattute nell’ultimo decennio (ad
esempio, guerra in Afganistan e Kossovo). Questa particolarità sono da ricondurre, in buona misura, al
fatto che l’Iraq si trova su uno dei più grandi giacimenti mondiali di petrolio.
18
Il primo canale attraverso cui il conflitto iracheno ha ripercussioni
sull’economia è quello del prezzo del petrolio
L’Iraq è il secondo
Paese al mondo in
termini di riserve
petrolifere ma per
estrazione è solo il
dodicesimo, con 2,4
milioni di barili al
giorno in quanto la
sua produzione è
contingentata
dall’embargo.
Riserve di Petrolio
Produzione di Petrolio
Dettaglio Primi dieci Paesi
Dettaglio Primi dieci Paesi
(miliardi di barili al 1° gennaio 2002)
(milioni di barili al giorno - anno 2002)
Arabia Saudita
Iraq
EmiratiArabi
Kuwait
Iran
Venezuela
Russia
Libia
Messico
Nigeria
Secondi 10
Altri
261,8
112,5
97,8
96,5
89,7
77,7
48,6
29,5
26,9
24
110,2
57
Fonte: World oil and gas review 2002
Arabia Saudita
Stati Uniti
Russia
Iran
Messico
Norvegia
Cina
Venezuela
Canada
Emirati Arabi Uniti
Secondi 10
Altri
8,5
8,1
7,0
3,8
3,6
3,4
3,3
3,1
2,7
2,6
Fonte: World oil and gas review 2002
19
Fonte: Elaborazioni interne su dati del World Oil and gas review - 2002
16,7
12,5
Nel grafico di sinistra della slide sono elencati i primi Paesi al mondo in termini di riserve di petrolio e l’Iraq
figura al secondo posto dopo l’Arabia Saudita.
Si tratta di una quantità assolutamente enorme che finora ha pesato ben poco sui mercati mondiali delle
estrazioni in quanto i rigidi vincoli imposti dall’embargo dell’ONU all’estrazione del greggio in Iraq hanno
fatto sì che questo Paese, come si vede dal grafico di destra, non compaia tra i primi produttori.
Abbiamo detto che il petrolio è l’elemento distintivo di questo conflitto in termini economici. Sarebbe forse
più giusto parlare di prezzo del petrolio. Permettetemi quindi due parole su questo fattore.
Numerose sono le variabili che influiscono sulla definizione del prezzo del greggio nel caso del conflitto
iracheno. Tra tutte meritano una esplicita menzione:
1.
Il comportamento del cartello dell’Opec
2.
La possibile distruzione dei pozzi petroliferi a seguito di azioni militari
3.
Il possibile allargamento degli eventi bellici ad un’area più vasta di quella costituita dal solo
territorio iracheno quali, ad esempio, il bombardamento dei pozzi sauditi o kuwaitiani più
vicini al confine iracheno
4.
Le possibili azioni di disturbo e sabotaggio operate ad terroristi ed aventi ad obiettivo la
distribuzione del greggio
Dopo aver individuato il petrolio quale elemento distintivo del recente conflitto iracheno rispetto ad altre
guerre recenti, vediamo quali conflitti presentano caratteristiche analoghe e quali ripercussioni abbiano
avuto sul mercato del greggio.
20
Ogni conflitto che ha interessato aree dotate di ingenti riserve
petrolifere ha determinato considerevoli oscillazioni nelle
quotazioni …
Evoluzione del prezzo del petrolio: 1970 - 2002
45
1991: GUERRA
DEL GOLFO E
FIAMMATA
DEL PREZZO
DEL PETROLIO
40
Dollari nominali al barile
35
30
25
20
1979 - 80:
1979:
SECONDA
CRISI
PETROLIFERA
GUERRA
IRAN - IRAQ
15
10
1973: PRIMA CRISI
PETROLIFERA
5
0
1970
1975
1980
1985
21
Fonte: Elaborazioni interne su dati vari
1990
1995
2000
Dal grafico esposto in questa slide emerge con una certa immediatezza come ogni conflitto che ha
interessato aree dotate di ingenti riserve petrolifere abbia determinato considerevoli oscillazioni nelle
quotazioni del prezzo del greggio.
Così accadde nel 1979 – 1980 in occasione del conflitto Iran – Iraq che, ricordiamo, coinvolgeva due primari
produttori mondiali e così accadde anche nel 1991 in occasione della prima guerra del Golfo.
Per gli analisti sembra però difficile che si possa riproporre uno scenario simile a quello che seguì
quest’ultima guerra, quando ad una fiammata dei prezzi, che spinse il greggio dai 15 dollari al barile del
periodo pre conflitto a circa 32 dollari al barile, seguì un repentino abbassamento che favorì il rilancio
dell’economia.
A questo punto è giusto chiederci in quale misura la variazione del prezzo del petrolio può influire
sull’andamento dell’economia mondiale?
Secondo Goldman Sachs un rialzo prolungato dei prezzi petroliferi del 50% rispetto ad una valore base,
individuato in 25 dollari, potrebbe impattare in termini di riduzione sul Pil dei paesi industrializzati per circa un
punto percentuale.
Le oscillazioni del prezzo del petrolio influenzano l’attività economica globale, innanzitutto, attraverso
cambiamenti in termini di attività commerciale: coloro che beneficiano di prezzi del petrolio più elevati
hanno, infatti, una propensione al consumo più bassa rispetto a coloro che subiscono tale aumento.
Essendo il petrolio uno dei più importanti fattori della produzione, uno shock del suo prezzo determina anche
spostamenti dell’offerta aggregata e, naturalmente, pressioni inflazionistiche. Ovviamente le economie
maggiormente penalizzate sarebbero quelle europee e quella statunitense in quanto principali importatori
della materia prima.
Tra i motivi di preoccupazione che hanno preceduto il conflitto iracheno vi è l’attuale debolezza
congiunturale, che rende l’economia mondiale più vulnerabile ad eventuali shock nella produzione di
petrolio.
Una corretta previsione del prezzo del petrolio diviene
fondamentale per valutare qualsiasi impatto del
22
conflitto sull’andamento dell’economia.
… cosicché tutte le principali ipotesi di valutazione dell’impatto
della guerra irachena sull’economia hanno guardato, in primo
luogo, all’evoluzione del prezzo del petrolio
Prezzo del petrolio (Dollari al barile / 2002$)
Prezzi del petrolio nelle differenti ipotesi di scenario
80
70
Trend ante conflitto
Esito favorevole
Esito sfavorevole
60
50
40
Condizione di base:
25 dollari per barile
alla fine del 2002
30
20
10
1990
1995
2000
2005
2010
23
Fonte: elaborazioni del Nucleo Studi e Ricerche di UniCredito Italiano su dati di Energy Information
Administration – Annual Energy Revue 2001 – Washington DC – November 2002
2015
In questa slide ho cercato di sintetizzare e di rendere visivamente comprensibile il ventaglio di ipotesi
considerate dagli analisti prima dello scoppio del conflitto.
Il grafico infatti riporta una delle previsioni dell’andamento del prezzo del petrolio più autorevoli. Essa si
basa sull’ipotesi che il prezzo del petrolio, al momento dell’ inizio del conflitto, si collochi intorno ai 25
dollari al barile. Il momento di inizio del conflitto è cerchiato in giallo.
Le previsioni sull’evoluzione del prezzo del greggio elaborate prima dell’11 settembre portavano a
prevedere una evoluzione lineare del prezzo del petrolio nel tempo fino ad un livello di circa 32 – 33 dollari
al barile per il 2015 (linea azzurra sul grafico).
L’avvento della guerra in Iraq però ha costretto gli analisti a considerare le diverse ipotesi di svolgimento
del conflitto ed a valutarne gli impatti sul prezzo del petrolio.
La linea rossa traccia l’evoluzione del prezzo del petrolio nell’ipotesi che il conflitto presenti l’esito più
favorevole: conflitto armato di brevissima durata, perdite contenute, nessun danno agli impianti di
estrazione, nessuna tensione terroristica internazionale, partecipazione della popolazione alla cacciata di
Saddam Hussein. Questo quadro potrebbe portare ad una riduzione del prezzo del petrolio già nel breve
termine e al mantenimento di un costo inferiore a quello “normale” anche nel medio lungo termine (circa
31 dollari al barile nel 2015).
All’opposto, la linea nera traccia l’evoluzione del prezzo del petrolio nel caso di esito meno favorevole del
conflitto. Si tratta di una ipotesi che prevede un conflitto di non breve periodo, caratterizzato da perdite
piuttosto ingenti, l’incendio di un certo numero di pozzi estrattivi e rigurgiti terroristici.
La curva del prezzo che viene così disegnata presenta un picco immediato ed una quasi altrettanto rapida
discesa che porta, nel lungo termine, il prezzo, del petrolio ad un livello di poco superiore a quello
“normale” sui 36 – 37 dollari al barile.
Questo particolare andamento a picco trova la sua spiegazione nella tavola della pagina seguente.
24
Nel lungo termine l’evoluzione del prezzo è determinata
prevalentemente da fattori legati alle quantità di greggio estratte
Effetto sul prezzo del petrolio
($ al barile)
Effetto dell’aumento della probabilità di guerra del 10% sul
prezzo future del petrolio (ipotesi a inizio 2003)
15
+ $11 sul
prezzo Spot
10
+ $9,5 sul
prezzo a marzo
+ $5 sul prezzo
a giugno
5
+ $2 sul prezzo
a dicembre
0
Dal 2004 – 2005 il prezzo non appare
più modificato dal rischio guerra
-5
Spot
Giu
‘03
Dic
‘03
Dic
‘04
Dic
‘05
Dic
‘06
Dic
‘07
Dic
‘08
25
Fonte: Stanford Graduate School of Business - Andrew Leigh, Justin Wolfers e Eric Zitzewitz - What do Financial Markets
Think of War in Iraq? March 2003
Dic
‘09
L’aumento del
prezzo del
petrolio a
seguito del
conflitto
presenta una
curva di rapido
calo in
considerazione
della
previsione di
assenza di
conseguenze
negative stabili
di medio e
lungo periodo
Da questa tavola si vede come nel lungo termine l’evoluzione del prezzo del petrolio sia determinata
prevalentemente da fattori legati alle quantità di greggio estratte ed immesse sul mercato mondiale.
Il grafico mostra l’evoluzione del prezzo del petrolio su tutti i contratti di vendita, dal contratto spot (prezzo
immediato) fino ai contratti a termine di lungo periodo, nel caso in cui la probabilità di guerra aumenti di 10
punti percentuali.
Ben si vede quindi come un forte aumento di probabilità del conflitto spinga ad un aumento del prezzo
spot di circa 11 dollari al barile e come già a tre mesi l’aumento del prezzo si riduca a 9,5 dollari al barile,
a sei mesi a 5 dollari al barile e ad un anno a due dollari al barile.
Questa curva si spiega con il fatto che il conflitto non porta a modifiche stabili nel tempo né della capacità
estrattiva né delle condizioni di mercato.
Durante la prima guerra del Golfo la curva presentava un andamento meno inclinato e tale da mantenere
maggiormente nel tempo gli aumenti del prezzo del petrolio. Questo era dovuto al fatto che l’area del
conflitto interessava un numero maggiore di centri estrattivi, sia in Iraq che in Kuwait, e le truppe irachene
erano in grado di mettere fuori uso, attraverso un’attività di sabotaggio, un numero considerevole di pozzi.
Data questa curva, permettetemi di esaminare anche in quale misura il prezzo del petrolio dipenda dalla
probabilità di conflitto e, quindi, se vi è una relazione stretta tra andamento del prezzo del greggio e
probabilità di guerra in area di estrazione
26
Il prezzo del petrolio ha presentato una stretta relazione diretta
con la probabilità del conflitto
Prezzo del petrolio e probabilità della guerra
$36
100%
$31
75%
Prezzo del
petrolio
50%
$26
Probabilità di un conflitto
armato in Irak
$21
25%
$16
0%
20 sett.
2002
18 ott.
2002
15 nov.
2002
13 dic.
2002
10 gen.
2003
27
Fonte: Stanford Graduate School of Business - Andrew Leigh, Justin Wolfers e Eric Zitzewitz - What do Financial Markets
Think of War in Iraq? March 2003
7 feb.
2003
Il grafico esposto in questa slide esprime in modo apprezzabile la stretta relazione che ha legato
l’andamento del prezzo del petrolio e la probabilità del conflitto armato. Alla riduzione della probabilità di
guerra si accompagna una proporzionale diminuzione del prezzo del greggio che riprende però a salire
nel momento in cui la probabilità di conflitto aumenta.
Ritengo che per comprendere appieno questa relazione sia necessario ricordare che il prezzo del petrolio
in caso di conflitto risente molto dei rischi direttamente connessi alle vicende belliche quali l’incendio dei
pozzi, il sabotaggio delle pipeline e i possibili rallentamenti nella distribuzione del greggio via mare per la
precedenza data alle esigenze militari.
Il petrolio tuttavia non è l’unico canale di trasmissione degli effetti della guerra sull’economia. Un altro
canale di grande importanza è individuabile nel deterioramento del clima di fiducia
28
Un ulteriore canale di trasmissione degli effetti della guerra
sull’economia è individuabile nel deterioramento del clima di
fiducia
Andamento principali variabili economiche durante il conflitto
Numeri indice
Prezzo
petrolio
1,2
Prezzo
dell’oro
Indice
S&P 500
1,1
Cambio
Euro/Dollaro
1
Produzione
industriale
0,9
0,8
Fiducia
consumatori
0,7
20 marzo 03
Inizio conflitto
set-02
29
apr-03
Il grafico esposto in questa slide è simile a quello esaminato prima e relativo al primo conflitto del Golfo.
Il grafico ci mostra il crollo del clima di fiducia dei consumatori che ha preceduto lo scoppio del conflitto in
Iraq e come questo sia stato rapidamente assorbito in seguito alla positiva evoluzione dello stesso.
Il prezzo dell’oro, tipico bene rifugio oggetto di massicci investimenti in periodi caratterizzati da forte
incertezza, ha subito un aumento in prossimità dell’inizio del conflitto salvo poi tornare sui livelli dello
scorso ottobre.
A differenza della prima guerra del Golfo, il calo della fiducia non è stato accompagnato da un’analoga
discesa dei corsi azionari i quali erano già stati pesantemente influenzati da altri fattori quali i grandi crack
societari quali Enron e Woorldcom che hanno interessato diverse aziende americane nel corso del 2002.
La produzione industriale non ha registrato variazioni di rilievo mentre il dollaro ha registrato una
progressiva svalutazione nei confronti dell’Euro.
Il fattore che maggiormente preoccupava i mercati alla vigilia del conflitto era, senza dubbio, il prezzo del
petrolio. Questo dopo essersi impennato in occasione delle settimane che hanno preceduto l’inizio
dell’intervento anglo-americano, è rapidamente ritornato sui livelli del 2002.
E’ comunque del tutto evidente la stretta relazione che intercorre tra l’andamento della fiducia dei
consumatori e il prezzo del petrolio, legati tra loro da una funzione inversa.
Permettetemi però di tornare sul comportamento del mercato azionario, qui sintetizzato con l’indice
Standard and Poor dei primi 500 titoli azionari del marcato americano.
30
Infine, un altro importante canale di trasmissione è rappresentato
dalla reazione dei mercati finanziari
Probabilità di guerra e mercato azionario
1000
100
950
80
900
60
850
40
800
20
0
750
Set-02
Ott-02
Nov-02
Dic-02
Gen-03
Probabilità di guerra (sx)
S&P future (dx)
31
Feb-03
700
Le variazioni della
probabilità di una
guerra hanno
influenzato
l’andamento del
mercato borsistico:
l’indice S&P è
cresciuto in
novembre in seguito
ad una riduzione del
rischio guerra mentre
è diminuito in
dicembre a causa di
un nuovo aumento
della probabilità di un
conflitto
Anche in questo caso, il grafico esprime in modo apprezzabile la relazione inversa piuttosto stretta che ha
legato l’andamento del mercato borsistico alla probabilità del conflitto armato.
Ben si vede infatti come alla riduzione della probabilità di guerra si accompagnava un proporzionale
aumento dell’indice di borsa che riprendeva però a scendere nel momento in cui la probabilità di conflitto
aumentava.
A questo punto, esaminati i principali canali di trasmissione degli effetti della guerra sull’economia,
verifichiamo in quale misura il conflitto ha impattato sull’evoluzione dell’economia e attraverso quali
meccanismi ha agito.
32
L’IMF ha stimato il possibile impatto del conflitto iracheno
attraverso questi tre canali: iniziando dal prezzo del petrolio…
Impatto della crescita di 5$ al barile del prezzo
del petrolio dopo un anno sulla Bilancia
Commerciale (in % del Pil)
Impatto della crescita di 5$ al barile del prezzo
del petrolio dopo un anno (in % del Pil)
-0,3
PIL mondiale
-0,3
Paesi industrializzati
-0,4
Usa
-0,4
Area Euro
-0,2
Giappone
-0,2
Altri
-0,2
Paesi in via di sviluppo
-0,1
America Latina
-0,4
Asia
Est Europa e Africa
PIL mondiale
Paesi industrializzati
Usa
Area Euro
Giappone
Altri
Paesi in via di sviluppo
America Latina
-0,5
Asia
Est Europa e Africa
0,1
Fonte: stime International Monetary Fund
Fonte: stime International Monetary Fund
33
0
-0,2
-0,1
-0,1
-0,2
0,2
0,2
0
0,2
Uno dei più autorevoli centri di ricerca economica, l’International Monetary Fund, ha elaborato delle
previsioni per valutare in quale misura un prolungato aumento del prezzo del petrolio potesse impattare
sull’andamento del Prodotto Interno Lordo e sulla Bilancia Commerciale dei principali Paesi e aree
economiche. Il risultato è quello esposto nei due grafici di questa slide.
In particolare, è stato previsto che un prolungato aumento di 5 dollari del prezzo del petrolio al barile:
• avrebbe impattato negativamente per uno 0,3% sul Pil mondiale, con influenze più pesanti sulle
economie USA, europee e asiatiche;
• Avrebbe avuto un effetto tendenzialmente neutro sulla bilancia commerciale mondiale, che
avrebbe così mantenuto un equilibrio tra le limitate riduzioni dei Paesi occidentali e i modesti
incrementi dei Paesi in via di sviluppo
Soffermiamoci un attimo sul grafico di sinistra.
Essendo il petrolio uno dei più importanti fattori della produzione, una variazione nella sua quotazione
determina uno spostamento dell’offerta aggregata e genera pressioni inflazionistiche.
Per comprendere l’ampiezza del rallentamento economico è indispensabile considerare che l’attuale
debolezza congiunturale rende l’economia mondiale più vulnerabile ad eventuali shock nella produzione
di petrolio e ai conseguenti incrementi di prezzo.
Ovviamente le economie maggiormente penalizzate, in ipotesi di incremento del prezzo del greggio,
sarebbero quelle europee e quella statunitense in quanto principali importatrici della materia prima.
All’opposto, le economie più avvantaggiate dall’aumento del prezzo, quelle dei Paesi produttori, non
sono in grado di trasmettere alcun beneficio all’economia in quanto questi Paesi sono caratterizzati da
una propensione al consumo più bassa rispetto a coloro che subiscono tale aumento.
Come abbiamo già avuto modo di vedere, la guerra genera soprattutto un’ attesa che viene misurato in
34
termini di clima di fiducia dei consumatori.
… verificando poi l’impatto sulla crescita economica del calo del
clima di fiducia …
Impatto cumulativo di una
prolungata riduzione della
fiducia sulla crescita
Usa
Germania
Francia
Italia
Uk
-1,0
-0,7
-0,3
-0,3
-0,1
Fonte: Tavola 1.13 del World Economic Outlook, aprile
2003 Economic Outlook, aprile 2003
35
La tavola esposta esprime una sintesi delle previsioni dell’impatto sulla crescita economica di una
prolungata riduzione della fiducia.
Alla base di queste previsioni vi è la considerazione che la mancanza di fiducia da parte dei consumatori
e delle imprese presenta implicazioni negative sulle decisioni di consumi ed investimenti.
Venendo ad un maggior dettaglio, questa tavola ci mostra quanto un prolungato shock sul clima di
fiducia, del tutto simile, in termini di entità, a quello che ha seguito l’attacco terroristico dell’11 settembre,
avrebbe potuto ridurre la crescita negli Stati Uniti di circa un punto percentuale e quella degli altri paesi
di una misura di poco inferiore.
Si tratta di effetti obiettivamente “pesanti” che devono essere letti in stretta relazione con l’ampiezza del
calo del clima di fiducia. A tale riguardo è opportuno ricordare che la riduzione registrata nell’ottobre
2001 fu obiettivamente rilevante tanto che l’indice di fiducia elaborato dal Conference Board scese a
85.3 da 97 di settembre per poi ulteriormente deprimersi a novembre (84.9).
Va ancora aggiunto che questa previsione di riduzione del clima di fiducia, considerata nei termini ora
descritti, potrebbe rivelarsi ancora sottostimata nel caso in cui l’azione militare dovesse essere seguita
da nuovi attacchi terroristici. In questo caso l’impatto sulla crescita economica sarebbe ancora più
pesante.
Anche i mercati finanziari risultano penalizzati dall’accresciuta incertezza geopolitica che si traduce in
più elevati premi per il rischio ed in una riduzione delle valutazioni azionarie.
Nei paesi finanziariamente più evoluti e caratterizzati da un diffuso possesso di azioni, in particolare,
una caduta dei corsi azionari è destinata a ripercuotersi negativamente sull’economia attraverso una
contrazione dei consumi e degli investimenti.
36
… e infine della flessione dei mercati azionari
Effetto di una prolungata riduzione del 10% sulla
capitalizzazione del mercato (%)
Vendite dettaglio Investimenti
Usa
Giappone
Germania
Francia
Uk
Canada
Olanda
Nord America e Uk
Europa Continentale
-1,3
-2,4
…
-0,5
-1,5
-1,5
-0,7
-1,4
-0,4
Fonte: Edison and Slok (2001, 2002)
37
-1,5
-2,4
…
…
-3,0
-2,9
-0,8
-2,5
…
La tabella ci mostra in quale misura una prolungata riduzione del 10% dei corsi azionari potrebbe
provocare significative riduzioni delle vendite al dettaglio e degli investimenti, misurabili nell’ordine
dell’uno/due per cento, nelle principali economie occidentali.
La riduzione delle vendite sarebbe una diretta conseguenza del ridimensionamento dell’effetto ricchezza
che seguirebbe ad un calo prolungato dei corsi azionari.
La contrazione degli investimenti sarebbe invece più direttamente connessa alla instabilità politica e alle
relative conseguenze sulle aspettative che una guerra implica.
La tabella esposta infine conferma un concetto che abbiamo già avuto modo di chiarire: il mercato
azionario tende sempre a premiare la stabilità ed a soffrire per la situazione di incertezza che
generalmente precede una guerra.
A questo punto però vorrei entrare un po’ più nel dettaglio di questo aspetto ed esaminare in modo un po’
più approfondito come e quanto la borsa soffre le incertezze legate al conflitto.
38
Si è riscontrata una particolare sensibilità del mercato borsistico a
tutti gli eventi connessi alla vicenda bellica …
Sensibilità dell’indice borsistico S&P 500 agli annunci
Data un variazione media degli
indici di borsa in periodo di
conflitto (pre e durante)
dell’1,08% (per le variazioni
negative) e dell’1,06% (per le
variazioni positive), gli annunci
più rilevanti portano a variazioni
sensibilmente superiori alla
media di periodo.
Periodo esaminato 1° gennaio – 2 aprile (ingresso in Bagdad)
-1,08%
Fase Pre Conflitto
Gli ispettori ONU annunciano di non
09/01/03 avere scoperto armi chimiche in Iraq
17/01/03 Saddam Hussein annuncia che
l’Iraq è pronto per la guerra
30/01/03 Bush annuncia che l’Iraq continua a
rifiutarsi di collaborare
1,94
-1,4
1,95
-2,58
Fase bellica
La CNN annuncia la possibile resa
13/03/03 dell’Iraq prima dell’inizio del conflitto
3,45
21/03/03 Inizio soddisfacente del conflitto
28/03/03
Bush e Blair parlano di conflitto
probabilmente lungo
• La borsa tende a premiare la
stabilità e la certezza del futuro.
Tutte le notizie che forniscono
chiarezza presentano pertanto
una correlazione positiva con le
variazioni e la borsa tende a
amplificarne l’impatto
-2,28
ispettori ONU lascia intravedere
14/02/03 Gli
una riduzione del rischio di guerra
La Turchia non consente l’utilizzo di
10/03/03 basi militari da parte degli USA
1,06%
2,3
-1,77
Ingresso delle truppe alleate a
02/04/03 Baghdad
2,61
39
• Tutte le notizie che
contribuiscono a ridurre le
certezze e ad aumentare la
complessità del quadro di
riferimento portano a
oscillazioni negative.
• La borsa non ama la guerra e
soffre per le incertezze che la
precedono.
• La borsa premia tutte le notizie
che lasciano sperare in una
soluzione rapida del conflitto
La tabella esposta è un po’ complessa ma è in grado di fornirci informazioni di grande interesse.
Con riferimento alla recente guerra in Iraq, abbiamo esaminato il periodo pre bellico che, come dimostrato
in precedenza, è quello che fa maggiormente soffrire i mercati finanziari. Per precisione, abbiamo preso il
periodo che va dal 1° gennaio 2003 al 2 aprile 2003 che corrisponde all’ingresso delle truppe alleati in
Bagdad e, in una certa approssimazione, al termine della fase più incerta del conflitto.
In tale periodo, le variazioni medie dell’indice borsistico Standard and Poor registrano dei valori di 1,08%
per le oscillazioni negative e 1,06% per quelle positive.
Si tratta di valori superiori a quelli registrati in periodi non interessati da incertezze legate alla guerra, che
presentano valori, sia positivi che negativi, di circa 0,8%.
La cosa però più interessante è vedere come gli annunci di eventi o previsioni direttamente legati al
conflitto e capaci di modificare il quadro generale di riferimento muovano la borsa ben oltre le normali
oscillazioni di periodo. Si tratta di quello che generalmente viene definito “effetto annuncio” e che in
questa tavola abbiamo quantificato con puntualità.
Infine, una lettura d’insieme dei dati ci mostra che tutte le notizie che accrescono le incertezze ed
aumentano la complessità del quadro di riferimento, quali il fatto che la Turchia non conceda l’utilizzo delle
proprie basi militari alle truppe statunitensi o che le difficoltà militari spingano Bush e Blair a dichiarare la
possibilità che il conflitto possa durare più dei tempi previsti, si traducono in variazioni negative dei corsi
azionari.
All’opposto, risultano premiate tutte le notizie che riducono il rischio di guerra o lasciano intravedere una
sua rapida soluzione.
Il rischio associato alla guerra in Iraq però ha inciso in misura significativa sulla variabilità di una serie di
grandezze finanziarie che va ben oltre il solo mercato borsistico.
40
… anche se il rischio associato alla guerra in Iraq ha inciso in
misura significativa sulla variabilità di tutta una serie di grandezze
finanziarie
• Una crescita del fattore rischio associato alla guerra ha
determinato un ampliamento considerevole della volatilità di
alcune variabili finanziarie.
• L’impatto sulle oscillazioni è stato elevato sul rendimento dei TBond decennali e sullo spread tra rendimento dei titoli corporate e
T-Bond (rispettivamente di 5 volte e di 1,3 volte nei giorni
caratterizzati da importanti notizie legate all’andamento del
conflitto)
• Lo stesso si è presentato moderato sull’andamento dei corsi
azionari, sul dollaro e sul prezzo future del petrolio
• L’oro presenta una sostanziale impermeabilità al conflitto
41
Fonte: ns elaborazioni su dati in “The Effects of War Risk on U.S. Financial Markets”, Federal Reserve, April 23, 2003
Non posso ancora entrare nel dettagli anche perché rischierei forse di annoiarvi ma ritengo interessante
notare, per sommi capi, i comportamenti di altre variabili finanziarie.
Mi riferisco, in particolare, all’elevato impatto sulle oscillazioni nel rendimento dei titoli del tesoro
statunitense ed allo spread tra rendimento degli stessi ed i titoli corporate che, nei giorni caratterizzati da
importanti notizie legate all’andamento del conflitto, è risultato essere rispettivamente di 5 volte e 1.3 volte
maggiore rispetto ad un periodo “normale”.
Contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, le oscillazioni del prezzo del petrolio non sono tra
quelle che maggiormente hanno risentito del conflitto, bensì sono le fluttuazioni dei mercati
obbligazionari,azionari e valutari ad aver maggiormente risentito dei rischi connessi al conflitto.
La crescita del rischio associato alla guerra non ha, un po’ sorprendentemente, prodotto effetti rilevanti
sulla variabilità delle quotazioni dell’oro. Una possibile interpretazione indica che i rischi di guerra non
hanno determinato un grande spostamento delle decisioni degli investitori verso i beni liquidi e sicuri.
Questa interpretazione accresce la possibilità che i negativi effetti sui corsi azionari, titoli corporate,
rendimenti dei titoli di stato e dollaro, riflettano, almeno parzialmente, la percezione che la guerra
accresca i pericoli per l’economia americana piuttosto che un cambiamento nella propensione al rischio
degli investitori.
Per comprendere appieno l’impatto economico del conflitto è comunque opportuno contestualizzare
correttamente la vicenda bellica ed è quello che cercherò di fare a chiusura della mia presentazione.
42
Agenda
Guerre ed economia: aspetti teorici
Il conflitto iracheno
Considerazioni conclusive
43
La guerra irachena, infatti, non può spiegare da sola lo stato della congiuntura economica
mondiale, piuttosto, il suo impatto deve essere considerato in un ambito più generale
caratterizzato da una progressiva diminuzione del ritmo di crescita che ha tracciato un trend
cedente che l’incertezza che ha preceduto il conflitto ha naturalmente contribuito ad acuire.
44
E’ opportuno contestualizzare correttamente la vicenda bellica
irachena …
Crescita % PIL reale (trimestre su trimestre)
2
1,5
1
0,5
0
1999
II
III
IV
2000
II
III
IV
2001
II
III
IV
2002
II
III
IV
2003
-0,5
Italia
Unione Europea
USA
Scoppio della guerra in Iraq
45
Indipendentemente
dallo scoppio della
guerra in Iraq, la
crescita delle
principali economie
occidentali è
progressivamente
diminuita tracciando
un trend cedente
acuito dall’incertezza
che ha preceduto il
conflitto
L’evento bellico più recente, in particolare, ha concorso ad acuire i fattori di debolezza che già
caratterizzavano la fase ciclica: l’economia americana era appena uscita da una nuova fase recessiva
avviatasi con lo scoppio della bolla speculativa (che aveva portato il Nasdaq a perdere, in poco più di tre
anni, il 70% della propria capitalizzazione); a questo fatto si è poi aggiunto il crollo del clima di fiducia, a
seguito dell’attacco alle torri gemelle e dell’aumentato rischio di nuovi attacchi terroristici, e i numerosi
scandali finanziari (primo fra tutti il caso Enron)
La guerra irachena pertanto è stato l’ultimo degli eventi negativi di una catena piuttosto lunga che, come
effetto, ha prodotto senz’altro un peggioramento del clima d’incertezza procrastinando ulteriormente
l’avvio della ripresa economica. La soluzione del conflitto, nel complesso relativamente rapida, ha allo
stesso modo impattato favorevolmente sulla fiducia dei mercati e dei consumatori ma di per sé non potrà
essere in grado di far ripartire il ciclo, che dovrà essere sostenuto da politiche monetarie e fiscali
appropriate.
I costi economici del conflitto sono pertanto di difficile quantificazione considerati anche il breve periodo di
tempo che è passato dalla fine della guerra ed il periodo di transizione che sta vivendo l’area irachena,
non esente da difficoltà.
46
… i cui costi economici rimangono difficili da quantificare
•Oggi è ancora troppo presto per quantificare
con precisione il costo della guerra irachena
•Tale stima appare poi particolarmente
complessa in considerazione dell’elevato
livello di integrazione delle principali
economie mondiali
Previsioni andamento del PIL anno 2003
ott-02
giu-03
Stati Uniti
3,0%
2,3%
Eurozona
1,9%
0,7%
Italia
1,8%
1,0%
•La differenza tra le previsioni di crescita pre
e post guerra non può rappresentare una
stima del costo del conflitto ma è comunque
in buona misura ricollegabile ad esso
•L’impatto negativo appare molto più
pronunciato per l’economia europea, anche
perché caratterizzata da fondamentali
economici più deboli
•Le previsioni di crescita dell’economia
statunitense beneficiano, in una prospettiva
di medio termine, dello stimolo derivante dal
processo di ricostruzione e dai vantaggi
legati al raggiungimento di una maggior
stabilità politica in un’area economicamente
importante e storicamente instabile
Fonte: Consensus Economics - media delle previsioni
di tutti i principali istituti di ricerca dell'area
di riferimento
47
L’elevato livello di integrazione delle principali economie mondiali rende questa stima ancora più
complessa.
Una buona approssimazione dell’impatto economico provocato dal conflitto è rappresentata dagli
scostamenti tra le previsioni di crescita per il 2003 formulate prima e dopo la guerra dai principali istituti di
ricerca, precisando che non si tratta di una misurazione esauriente ma comunque in buona misura
riconducibile al conflitto.
Osservando la tabella, vediamo come l’impatto negativo appare molto più pronunciato per l’economia
europea, per la quale la previsione di una crescita dell’1.9% effettuata nell’ottobre 2002 è stata ridotta,
dopo la fine della guerra, allo 0.7% a causa di fondamentali economici più deboli rispetto all’economia
statunitense, per la quale la stima di crescita è stata portata al 2.3% da un precedente 3.0%. In questo
caso, le previsioni di crescita beneficiano, nel medio periodo, dello stimolo derivante dal processo di
ricostruzione e dai vantaggi legati alla stabilizzazione politica di un’area economicamente importante.
L’economia italiana, infine, sulla scia di quella europea le previsioni di crescita per il 2003 sono state
ridotte all’1% da un originario 1.8%. La guerra e l’incertezza che ne deriva, pertanto, hanno provocato un
costo per l’economia italiana di circa 0.8 punti percentuali del PIL anche se da noi, forse più che altrove,
tale scostamento è originato anche da fattori che con il conflitto non hanno molto a che fare
48
Problema iracheno e
rallentamento
dell’economia:
tra teoria e realtà
Carlo Salvatori
Presidente di UniCredito Italiano
Sora, 27 giugno 2003
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