UN GRILLO 2? TRA POLITICA DEL RIFIUTO E NUOVA DOMANDA DI VISIBILITÀ* di Mario Morcellini (Direttore del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale Sapienza – Università di Roma) 2 aprile 2014 Sommario: 1. Quando Grillo era “2.0” (ma non troppo). 2. La Seconda Repubblica di Grillo. 3. Grillo o del Bersaglio immobile 1. Quando Grillo era “2.0” (ma non troppo) Sin dalle origini, il MoVimento 5 Stelle si è nettamente distinto sulla scena politica e mediatica per un utilizzo dei media digitali che è stato spesso definito innovativo1. In uno scenario come quello della comunicazione politica italiana, abbastanza “seduto” sulla centralità televisiva e sulla diffidenza delle élites verso la politica in rete 2, le scelte comunicative del movimento guidato da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio si sono distinte per evidenti elementi di “rottura” con logiche e rapporti del giornalismo italiano. La prima parte della “storia” complessa e travagliata tra Grillo e la televisione è stata * L’articolo è il frutto di una riflessione collettiva che coinvolge diversi studiosi e ricercatori del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza Università di Roma, riuniti attorno all’Osservatorio Mediamonitor Politica. Questo articolo, in particolare, si è giovato della collaborazione e delle riflessioni già svolte da Christian Ruggiero e Mattia Gangi, e riportate in http://www.mediamonitor-politica.it/node/309. 1 P. Corbetta, E.Gualmini, Il partito di Grillo, il Mulino, Bologna, 2013. 2 M. Morcellini, Una campagna eccezionale. La politica vecchia e nuova alla prova della battaglia elettorale, infederalismi.it, n. 3, 2013. federalismi.it n. 7/2014 caratterizzata da un rifiuto “strategico”3; nel discorso di Beppe Grillo, più volte espresso in duri “post” pubblicati sul Blog, partecipare ai programmi di telepolitica, ed in particolar modo ai talk show, era idealmente accostato al prendere parte ad un gioco perverso di prossimità con quella stessa politica che il MoVimento voleva “liquidare”. Per distanziarsi in modo eclatante dai partiti, la linea portata avanti dai leader del MoVimento è sempre stata quella di una ostentata astinenza dalle telecamere della Tv generalista. Una totale assenza (solo fisica) dai salotti e dalle piazze del talk italiano che non riguardava soltanto Beppe Grillo ed il suo staff ma che, al contrario, veniva imposta dalle colonne del blog a tutti i eletti del MoVimento4. La pena per chi non aderiva a questa regola aurea ha previsto l’espulsione e l’impossibilità di fare politica sotto il simbolo del MoVimento, con l’ingiunzione a non utilizzare il logo di cui sono depositari Grillo e Casaleggio, come nei casi “storici” di Giovanni Favia e Federica Salsi. La volontà manifesta di non prendere parte ai formati classici della politica televisiva non ha significato automaticamente una “scomparsa” di Grillo e degli altri rappresentati del MoVimento dalla televisione italiana, la quale ha “rincorso” gli eventi del MoVimento, dandogli ampia visibilità durante la campagna elettorale per le politiche del 2013 e prestando dunque il fianco al progetto comunicativo di Beppe Grillo. Divenendo oggetto del desiderio televisivo, ma non concedendosi mai ai molti pretendenti, il MoVimento ha così ottenuto al tempo stesso vasta copertura televisiva e un’immagine estranea rispetto al “sistema” che in tempi di antipolitica è una vera e propria garanzia elettorale5. A questa prima fase, è seguito il grande successo elettorale del MoVimento, ormai diventato partito a tutti gli effetti, che ha portato in Parlamento molti volti nuovi e sconosciuti al Palazzo, al giornalismo e agli italiani. Il passaggio ad uno statuto di ufficialità e necessaria accountability dei parlamentari “grillini” è stato a tratti traumatico: la necessità di tenere un “filo diretto” fra Roma e Genova ha indebolito l’immagine d’indipendenza del gruppo parlamentare a 5 Stelle, e la normalissima necessità di riunioni a porte chiuse è stata 3 Così s’intitola il capitolo dedicato alla “non-campagna” del MoVimento 5 Stelle nei talk show in periodo elettorale contenuto nell’ultimo libro che riporta i risultati dell’analisi Mediamonitor Politica: M. Gangi, Un rifiuto strategico, in M. Morcellini, M. Antenore, C. Ruggiero (a cura di) Talk&Tweet. La campagna elettorale 2013 tra Tv e Twitter, Maggioli, Rimini, 2013. 4 N. Genga, Le liste del MoVimento 5 Stelle: l’iperdemocrazia dei carneadi, in federalismi.it, n. 3, 2013. 5 M. Morcellini, M. Antenore, C. Ruggiero (a cura di) Talk&Tweet. La campagna elettorale 2013 tra Tv e Twitter, Maggioli, Rimini, 2013. www.federalismi.it 2 facilmente stigmatizzata come “tradimento” della politica dello streaming, o della massima trasparenza. La strategia del MoVimento è stata in qualche modo di contenimento, quando non proprio difensiva nei confronti dei media e della politica mainstream, condita da attacchi diretti nei confronti dei giornalisti e della funzione giornalistica stessa di rappresentazione della politica e del lavoro svolto in quel Parlamento da “aprire come una scatola di tonno”. In piena continuità con il disprezzo nei confronti di una politica accusata di essere incapace di portare avanti interessi collettivi, nei primi mesi parlamentari del MoVimento la retorica del leader è stata spesso incentrata sul collateralismo dell’informazione ed il fallimento di un giornalismo asservito al sistema dei partiti. Ora arriva quella che, da molti punti di vista, sembra una svolta radicale. A dire il vero, una prima svolta in termini ideologici si era verificata con un cambio di strategia nei confronti della televisione, che ha visto apparire nei tal show italiani prima di tutto i parlamentari più fedeli alla linea del partito (come Luigi Di Maio ed Alessandro Di Battista). In alcune interviste concesse durante i comizi in piazza, lo stesso Grillo aveva preannunciato un cambio, spingendosi fino ad un’ammissione di “utilità” del mezzo televisivo ai fini di diffusione delle istanze del MoVimento. Forse proprio per non perdere il suo status di epicentro comunicativo del MoVimento, o meglio per attirare su di sé l’occhio della telecamera evitando così una “pluralizzazione” dei punti di vista6, improvvisamente Grillo si concede ai giornalisti. Prima attraverso un’articolata intervista a la Repubblica, quotidiano tra i più attaccati dall’ex comico, e poi con il lungo colloquio all’interno del programma di Enrico Mentana, Bersaglio Mobile. Entrambe le scelte dimostrano una profonda comprensione delle logiche della politica mediatizzata e non sono prive di significato: dovendosi finalmente confrontare con il giornalismo italiano, Grillo sceglie prima il più noto giornale-partito7, simbolo di un movimento d’opinione che è di sinistra ma difficilmente condivide e appoggia fino in fondo le scelte della sinistra politica. Poi il terzo polo televisivo, e la compagnia di un conduttore che ha fatto le fortune del più grande Tg della Tv privata, salvo rifugiarsi nella “nicchia” de La7 per una “scelta di libertà”8. 6 Si tratta, infatti, anzitutto di una caratteristica dei vecchi partiti “correntisti”. Ma soprattutto, in un’ottica di partito personale, potrebbe essere un primo segnale di sfaldamento della leadership “assoluta”, che trova un precedente illustre nel “tradimento” dei leader alleati di Silvio Berlusconi avvenuto dal 2010 in poi. 7 G. Pansa, Comprati e venduti. I giornali e il potere negli anni '70, Milano, Bompiani, 1977; A. Agostini, Giornalismi, il Mulino, Bologna, 2004. 8 M. Morcellini, Neogiornalismo. Tra crisi e Rete, come cambia il sistema dell’informazione, Mondadori Università, Milano, 2011. www.federalismi.it 3 2. La Seconda Repubblica di Grillo La nuova stagione della politica comunicativa di Grillo si apre con un’intervista ad Antonio Tricomi, che la Repubblica sapientemente scinde (in modo quasi cross-mediale, pur all’interno dello stesso contenitore) in un contributo per la redazione napoletana ed uno per la sezione dedicata alle interviste politiche nazionali del quotidiano di via Cristoforo Colombo. Dal punto di vista editoriale, in entrambi i casi l’approccio è tradizionale, ma quel che in altre circostanze sarebbe un cliché (il titolo costruito per enfatizzare le parole del leader: per il nazionale, «Grillo: "In Europa prenderemo più voti del Pd, noi a Strasburgo con 25 parlamentari"» e per il locale « Grillo a tutto campo: "De Magistris il male minore, ma la vera novità è Di Maio"») diviene il fulcro di ciò che il giornale sta comunicando: Grillo, l’inarrivabile, ha accettato di parlare con noi. Non c’è altro elemento autocelebrativo, l’attacco è in entrambi i casi cronachistico, parte dalla notizia del nuovo tour del “comico della politica”9 (che il 3 aprile sarà al Palapartenope) ed entra immediatamente nel vivo delle scelte del M5S per le elezioni europee prossime venture. La strategia di Grillo è chiara: operare un efficace rovesciamento semantico del monito dello Spiegel, brandito dai suoi avversari come un’arma contro di lui: che il pericolo per l’Europa non sia l’Euro né il debito, ma proprio Beppe Grillo. Una formulazione idealmente in grado di rievocare i più antichi tòpoi del nemico alle porte, dei cavalli cosacchi pronti ad abbeverarsi alle acquasantiere di San Pietro. Ma Grillo non solo non sfugge quest’immagine apocalittica, la rende il suo claim, parte integrante di quella che è forse l’operazione meglio riuscita di branding politico degli ultimi anni10. Non solo: provvede a declinarla sul caso specifico delle elezioni europee con un’operazione retorica altrettanto ardita e dirompente. Grillo dà per acquisito che il MoVimento stia procedendo nella sua rivoluzione del Parlamento italiano imponendo alla “vecchia” politica di confrontarsi con una composizione degli organi rappresentativi dello Stato che per un quarto raffigura istanze eterogenee ma unite dalla protesta antielitista. Allo stesso modo, ora il leader del MoVimento dichiara di voler portare a Strasburgo un “drappello” di 25 europarlamentari a 5 Stelle che prendano in carico una missione forse ancor più ardua. Dare un senso ad una istituzione percepita come lontana dalla cittadinanza, di cui quasi nessuno conosce funzioni e utilità – ed è indubbio che la scarsa, 9 Definizione originariamente utilizzata da Michele Prospero per definire Silvio Berlusconi, forse ancor più calzante nel caso di Grillo. M. Prospero, Il comico della politica. Nichilismo e aziendalismo nella comunicazione di Silvio Berlusconi, Ediesse, Roma, 2010. 10 A. Mattiacci, Ve lo do io il marcheting!, Logo Fausto Lupetti Editore, Milano, 2013. www.federalismi.it 4 disattenta e strumentale copertura che i media italiani danno della politica europea costruisce un quadro perfettamente coerente con le premesse del leader del MoVimento. L’antieuropeismo “viscerale” à la Lega Nord lascia, nelle parole di Grillo, spazio ad un atteggiamento idealmente maieutico: mandare al Parlamento Europeo “dai 20 ai 25 parlamentari. Gente onesta, preparata, che studierà le leggi, cercherà di capire quello che ci sta succedendo”. Anche gli esempi di quel che questi “onesti cittadini” dovranno riuscire a fare sono tutto sommato calzanti: “Ma sapete che la squadra di traduttori che lavora a Strasburgo deve tradurre le leggi in 28 lingue? Ve lo immaginate, tradurre una legge dal lituano al rumeno? Chi li controlla, questi traduttori?”. Compiti tecnici più che politici, lontani dall’idea di aprire l’istituzione come una “scatoletta di tonno”, destino idealmente assegnato al Parlamento italiano nel 2013. Prevale ora l’intenzione di capire i meccanismi “oscuri” della politica europea, per imparare a imbrigliare una forza inarrestabile che negli anni non sembra aver lavorato a favore del nostro paese. E’ importante che nelle divergenze tra i due interventi, affrontando il tema del rapporto con i concorrenti politici (interni ed esterni), Grillo utilizzi toni inusitatamente “morbidi”, quasi “riflessivi”. Immediata la replica alle polemiche interne con Fucksia e Pepe, lo spostamento dell’attenzione sulla “best practice” rappresentata da Luigi Di Maio, in entrambi gli articoli. Un solo affondo, nei confronti di Renzi, nell’intervista nazionale (“Quando cominci a toccare le pensioni la gente non ti vota più”). È interessante, che, pur nella complessiva pacatezza dell’intervento, il nome-logo più citato sia quello di Matteo Renzi. L’attuale Presidente del Consiglio, infatti, attraverso l’evoluzione della sua politica della “rottamazione”, un uso sapiente dei media, e la costruzione di un’immagine di sé dinamica e “contro” la politica tradizionale, finisce per occupare uno spazio politico che è quello di Grillo. Anche perché è plausibile immaginare che il guadagno in termini di voti anti-istituzioni sarà, per il PD di Renzi, una compensazione e forse un guadagno rispetto alla perdita di voti “identitari”. La prima immersione di Grillo nel mainstream sembra dunque tutt’altro che conflittuale, il flusso comunicativo si adatta al suo corpo, a tratti lo sostiene a galla, quasi non oppone una corrente propria, consentendo al leader del MoVimento 5 Stelle di nuotare nella sua direzione, con minime incertezze e uno stile quasi aggraziato. Che contrapposto alla figura del leader scarmigliato che caccia in malo modo le telecamere dalle piazze gremite offre una possibilità www.federalismi.it 5 di coniugare l’istanza antipolitica che continua a emergere chiaramente dalle parole di Grillo con un’immagine di sé più vicina alla quella fortunata esperienza di marketing politico echeggiata sotto il nome di “forza tranquilla”11. 3. Grillo o del Bersaglio immobile Particolarmente interessante, da un punto di vista comunicativo, appare l’intervista con Enrico Mentana del 21 marzo 2014, che non solo segna l’entrata del leader del MoVimento nel campo televisivo, ma offre di lui un’immagine innovativa. Pacato nei modi, duro come sempre nei contenuti, Grillo “apre” dichiarando di non temere affatto il mezzo televisivo, e al tempo stesso “gioca” sulla sua strategia nell’immaginare gli spettatori attoniti nel vederlo in un atteggiamento diverso da quello dei suoi comizi, non scarmigliato, non urlante, non volgare. Una dichiarazione di intenti che però non esclude una polemica di fondo nei confronti soprattutto di Matteo Renzi, sempre ridicolizzato dall’uso di aggettivi squalificanti come “il bamboccio”, “il bambino”, “l’ebetino”. Il primo attacco diretto avviene tramite un’operazione retorica ad effetto, rivoltando la dichiarazione del Segretario del Pd che gli aveva teso la mano durante le consultazioni e stigmatizzando infelicemente ed in funzione apertamente polemica tale atteggiamento come snobismo – il peccato maggiore della politica italiana, quello che più di tutti ha caratterizzato il consenso trasversale del M5S alle elezioni politiche del 201312. Non mancano altri affondi, : Renzi è il Presidente del Consiglio non eletto che ha “accoltellato alle spalle” Letta, il promotore del Fiscal Compact che è un trattato destinato a “strozzare” l’Italia per vent’anni, il “bambino” che va in Europa per farsi deridere dai grandi leader. Grande spazio durante l’intervista viene inoltre dedicato alle tematiche europee. Scomparsa, forse opportunisticamente, la tematica dell’uscita dalla Moneta unica, Grillo prende le distanze dalle posizioni della Lega13, propone di andare a Strasburgo per pretendere “un’altra Europa”, in cui “nessuno rimanga indietro”, in cui la parte “immorale” del debito non deve essere pagata. Propone il M5S come una “assicurazione sulla vita” per l’Italia in crisi. Prosegue animato, infervorato, ma gli attacchi e le autodifese virulente lasciano spazio a dati e 11 L’innovativa campagna elettorale di François Mitterrand per la Presidenza della Repubblica Francese del 1981 è ricordata per lo slogan, coniato dal pubblicitario Jacques Séguéla, "La forza tranquilla". Una formula ancor più efficace in quanto tratta da un celebre discorso di Léon Blum, Capo del Governo provvisorio della Repubblica francese dal 1946 al 1947. 12 M. Morcellini, Un risultato eccezionale. L'impatto del disagio giovanile e sociale sui risultati elettorali 2013, infederalismi.it, n. 5, 2013 13 In questa occasione, il leader dei 5 Stelle compie un atto di “guerriglia comica”: attraverso un breve “urlo”, Grillo “allerta” gli spettatori nei confronti del tentativo di Mentanadi accostareil MoVimento alla Lega Nord. www.federalismi.it 6 storie che riguardano il debito, l’Expo, la democrazia interna del MoVimento. Mentana ha difficoltà a trattenerlo, ma non a difendersi personalmente né professionalmente. Espleta senza difficoltà la sua funzione di mediatore quando Grillo fa riferimento al capo delle relazioni esterne del Monte dei Paschi di Siena, instaura un rapporto persino cordiale con il suo intervistato nel chiedergli di chiamare Renzi per nome e non per epiteti come “pupazzo”, e si fa scappare una risata quando Grillo replica che “la gente capisce a chi mi riferisco”. Dopo aver puntato il focus dell’intervista sulle posizioni politiche di Beppe Grillo rispetto alle imminenti elezioni europee, Mentana sposta l’attenzione sulle vicende interne al MoVimento ed in particolar modo al ruolo di Grillo nelle recenti espulsioni dei senatori “dissidenti”. Si parla inoltre dell’esposizione mediatica di quelli che Mentana definisce “piccoli Grillo che crescono”, ancora primi tra tutti Di Maio e Di Battista, e del rapporto del leader con questi giovani esponenti. Dopo un primo piccolo “sgambetto”, l’invito che Grillo fa guardando la telecamera (e riferendosi dunque al pubblico a casa) a non fidarsi dell’informazione italiana, “magari non di questa che è la meno peggio, ma non fidatevi dei giornali italiani”, il leader parla dei ragazzi del MoVimento come di una nuova incarnazione del “cittadino onesto”. Nella visione di Grillo, i dissidenti hanno scelto volontariamente di allontanarsi dalla linea ufficiale, hanno perso il contatto con la “base”, sono stati sfiduciati dall’assemblea parlamentare e quindi non sono stati “espulsi” come scelta monolaterale ma come conseguenza di una volontà più grande. Agendo ai limiti delle tradizioni democratiche, la posizione del singolo che si ponga come sfida alla linea ufficiale del MoVimento diventa una minaccia alla volontà popolare e va censurata anche economicamente in quanto tale. Solo poche battute sulle scelte politiche del MoVimento durante il primo anno di legislatura e sul rapporto burrascoso con il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che “l’ha sparata grossa chiedendo un raddoppio di carriera, ed è il responsabile dell’attuale sistema dei partiti”. In generale, chi da ormai anni segue le vicende politiche e comunicative del MoVimento e del suo leader-megafono (rivelatrice in proposito l’autodefinizione che Grillo da di sé stesso ad inizio intervista, “ex-comico, megafono, non so nemmeno io cosa sono ormai”) ha la sensazione di assistere ad un “aggiustamento di tiro” da parte di un Beppe Grillo che in qualche modo accetta l’apparizione televisiva come un necessario intervento in vista di obiettivi più grandi, quali ad esempio le elezioni europee. Sembrerebbe che il leader abbia deciso di dare una svolta decisiva in termini strategici impegnandosi nella promozione delle www.federalismi.it 7 posizioni dei 5 Stelle, all’interno di quella televisione che rimane la prima fonte di informazione politica nel nostro paese14. In qualche modo l’apparizione del capo, prima auto-censuratosi dalle telecamere e “presente” solo dalle colonne del suo blog, sembrerebbe svolgere una nuova funzione rassicurante. Non solo nei confronti dei giovani parlamentari, sottoposti in questi giorni ad una forte attenzione mediatica e ad accuse di “leninismo”, ma anche e soprattutto nei confronti di una base elettorale probabilmente sfiduciata dai magri risultati parlamentari e da un’imprevista guerra intestina. Attraverso quella che, almeno sul piano comparativo, sembra un’invasione televisiva, Grillo ricorda agli elettori dei 5 Stelle la forza intatta del MoVimento e la riconoscibilità delle sue posizioni anche in vista della campagna elettorale per le europee. È evidente un riposizionamento tattico quanto strategico: una leadership preoccupata e pressata dagli eventi, ma capace di superare l’antica riluttanza pur di allargare il proprio elettorato potenziale dalla cerchia primigenia (“e-lettori” del blog e soggetti sfiduciati non del tutto estranei alla politica in rete) e coinvolgere un pubblico che, in attesa del nuovo tour di comizi-spettacolo, ha bisogno di sentire, dalla scatola televisiva, il richiamo del leader. 14 47° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, FrancoAngeli, Milano, 2013. www.federalismi.it 8