Anno X - n° 8
Ottobre 2013
www.comune.bologna.it/iperbole/buonenuove
TARIFFA REGIME LIBERO: POSTE ITALIANE S.P.A. - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE 70% - DCB (BOLOGNA)
Recente indagine
Perché il volontariato
non conosce
periodi di crisi
9
Capitani
Coraggiosi
Se il brand
diventa
nazionale
Nasce il patto
Bologna-Milano
4
Città unite
anche dopo
l’Expo 2015
Conferenza
a Palazzo Grassi
5
Arte e Cultura
due motori
per la crescita
3
Quando capita di perdersi per strade sconosciute
Mi è capitato, ed è un
bene credetemi, di
perdermi per strade
sconosciute.
Un’occasione importante di lavoro, quattro giorni di trasferta,
lontano da casa, dalla famiglia, dai gesti
e i percorsi di tutti i
giorni. Mi sono ritrovato in terra straniera, anche se a poche
ore da Bologna, ed
ecco che ho dovuto
immaginare come
impiegare il tempo
tra un impegno e
l’altro.
Niente di straordinario eppure qualcosa
che ti risucchia in un
vortice, che ti cambia
la prospettiva delle
cose. L’albergo, vecchiotto, a due passi
dalla stazione di Brignole. L’ascensore,
vetusto, che rimane
al piano perché gli
stranieri non sanno
chiudere bene le porte e tu devi arrampicarti per le scale.
Così scopri il piano
nobile di un vecchio
palazzo, i tappeti datati, i termosifoni di
ghisa cesellati. Poi
cominci a lasciarti
accarezzare dall’idea
che quella stanza dai
mobili scuri e pesanti
sia un po’ la tua nuova casa, ti accampi,
lasci un po’ tutto in
disordine, i giornali di
qui, la camicia di là.
Zingaro per quattro
giorni anche per le
strade, pigramente
giù per itinerari nuovi, curiosando per
vetrine storiche, negozi di confetti, con
insegne che parlano
di ‘coloniali’.
Genova è tutta da
scoprire: lasci i delfini
e ti perdi nel porto
vecchio, tra gente
che ti urta con la
sporta o che si chiama dalle finestre.
C’è aria di commerci,
di focaccia che trasuda olio. Un palazzo
occhieggia con la sua
bella rievocazione del
transatlantico Rex, la
Sala delle Grida del
Nuovo Palazzo della
Borsa ti riporta ai
fasti del liberty che,
da queste parti, gioca
sempre la parte del
leone.
Una volta all’anno
bisognerebbe tornare
Visitate il nostro sito
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Il Consiglio direttivo dell’Associazione no profit,
editrice di “Le Buone Notizie”, è così formato:
Giorgio Albéri - Presidente
Fabio Raffaelli - Vice Presidente
Ornella Elefante - Segretario/Tesoriere
Maria Dagradi - Consigliere
Paola Miccoli - Consigliere
Andrea Ponzellini - Consigliere
Luisella Gualandi - Revisore dei conti (Presidente)
Donatella Bruni - Revisore dei conti
Comitato di Redazione:
Roberta Bolelli, Giorgia Fioretti,
Massimo Guandalini, Francesca Rispoli Valenti,
Manuela Valentini
a ‘perdersi’, a Genova
come a Istanbul, per
non sentirsi sempre
obbligati ai soliti passi, alla solita routine.
I medici ancora non
lo consigliano ma,
credetemi, fa bene.
E quando deciderete,
per qualche ora, di
farvi vivere dai carrugi lasciate per favore
il cellulare a casa.
Non c’è nulla di così
importante che non
possa attendere.
Basta un’ora per non
essere più schiavi
della tecnologia.
Buona lettura
dal vostro direttore
Fabio Raffaelli
Le Buone Notizie nasce da un’idea
di Francesca Golfarelli e Fabio Raffaelli
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2
Firma
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Bologna-Milano unite anche dopo l’Expo
I
n seguito a protocolli d’intesa siglati nel
2012, il Sindaco di
Milano Pisapia ed il Sindaco
di Bologna Merola si sono
impegnati a collaborare per
realizzare una piattaforma
di scambio economico, politico e culturale operativa
anche dopo il 2015.
è nato così EXBO’ per promuovere i progetti bolognesi in vista dell’EXPO
2015.
Tale piattaforma dà la possibilità a tutti i cittadini e
produttori di presentare i
loro progetti o prodotti con
priorità ai temi dell’agroalimentare.
Si darà importanza alla
qualità ed alla cultura
dell’alimentazione, della
sostenibilità ambientale,
della tutela della biodiversità e del suolo agricolo,
per la valorizzazione e internazionalizzazione delle
eccellenze agroalimentari
della città di Bologna e del
suo territorio
Si intende quindi, unire la
consolidata tradizione locale di ricerca della qualità
nel settore alimentare in
un ottica di marketing territoriale .
L’obiettivo di EXBO è quello di riunire e coordinare
i protagonisti della gastronomia e del settore
agroalimentare bolognese
per la valorizzazione della
città e del suo patrimonio
Il presidente della Fiera
di Bologna, Duccio Campagnoli, ha dichiarato”
Se Milano ospita l’EXPO,
Bologna potrà essere, con
l’università e la Fiera, il
motore e il luogo con il
quale fa parlare la cultura
della sostenibilità, la ricerca scientifica italiana e il
valore internazionale delle
nostre imprese.
EXBO è il progetto con il
quale, con l’impegno del
Comune e delle sue istituzioni più importanti, la città
di Bologna vuole essere
protagonista di una parte-
artistico. Questo progetto
vede coinvolti sei attori:
Comune di Bologna, CAAB,
Bologna Fiere, Fondazione
Alma Mater, Fondazione
Marino Golinelli, Camera
di Commercio di Bologna
che, attraverso queste
sinergie, si
sono posti
l’obiettivo di
incentivare
il settore turistico e, di conseguenza,
creare uno sviluppo economico.
cipazione al grande evento
dell’EXPO 2015”.
Eleonora Dimichino
Verso Marte con un pizzico d’Italia
D
opo molti anni di
discussioni e difficoltà le due sonde
europee destinate all’esplorazione marziana sono
diventate una realtà qui al
salone aerospaziale parigino di Le Bourget.
Il direttore generale dell’agenzia spaziale europea,
Jean-Jacques Dordain, ha
sottoscritto l’ordine per la
realizzazione dei due veicoli spaziali a Thales Alenia Space (l’investimento
totale è di 1,2 miliardi di
euro).
La prima partenza è fissata
per gennaio 2016 e prevede una sonda che entrerà in
orbita marziana dalla quale
si staccherà un modulo
destinato a sperimentare
le tecnologie necessarie
alla discesa marziana e
che saranno poi utilizzate
nella seconda spedizione,
la quale prenderà il via nel
maggio 2018. Questa seconda porterà a bordo un
rover che si muoverà sul
Pianeta rosso e soprattutto
lo perforerà per cercare nel
sottosuolo tracce di una
vita passata.
A bordo ci sarà un pizzico
d’Italia.
L’Agenzia spaziale italiana
Asi, infatti, ha sostenuto
negli anni con più forza rispetto agli altri Paesi il piano europeo che finalmente
entra nella fase realizzativa
finale, il più d’avanguardia
dell’agenzia europea per
quanto riguarda l’esplorazione.
Seguono la Gran Bretagna
(20%), la Francia (15%) e
la Germania (10%) più altri
minori.
3
Capitani, un brand bolognese per l’Italia
I
l ‘brand’ è, al 100
per cento, bolognese. Non stiamo parlando di un
prodotto, ma di un’iniziativa che da quindici anni riempie le
pagine dei giornali.
E che oggi diventa nazionale, ‘contagiando’ piazze importanti come Genova, Milano e Roma.
‘Capitani Coraggiosi’, il marchio legato
a doppio filo alla figura del giornalista
ed editore Fabio Raffaelli, nato per valorizzare e promuovere le aziende emiliano romagnole, soprattutto in momenti difficili come quello attuale, mettendo
in luce capacità innovative e radicamento
a tradizione e territorio, esce quindi da un
ambito strettamente regionale promuovendo al tempo stesso l’immagine di Bologna a livello nazionale.
‘Dopo aver raccontato le gesta di oltre
un centinaio di imprenditori storici locali, emiliano romagnoli ma soprattutto
bolognesi (l’iniziativa
è sempre stata sostenuta da Confindustria
Emilia Romagna ndr)
– spiega Raffaelli –
ci è sembrato giusto
Riuscitissima la prima edizione del premio Capitani dell’Anno organizzata a Genova con il concorso di Baker Tilly Revisa.
Nella foto di gruppo alcuni tra gli imprenditori premiati, l’eccellenza dell’economia ligure.
confrontare il nostro
modo di fare impresa con quello di altre
regioni.
Cercando di trovare un minimo comune denominatore tra
aziende che hanno
tutte lottato allo spasimo per superare i
marosi della recessione, trovando anzi
nuovi spazi di mercato a livello internazionale’.
‘Capitani dell’Anno’,
così si chiamerà l’iniziativa a livello nazionale (il debutto è
stato a Genova il 28
Garrone e Costa tra i premiati di Genova
4
settembre, poi toccherà a Milano il 26
ottobre, conclusione a Roma il 9 novembre), ha trovato immediatamente il consenso e l’appoggio delle Regioni
Liguria, Lombardia
e Lazio, nonché delle Province e dei Comuni, ma anche della stampa locale che
ha salutato l’iniziativa come una ‘boccata d’ossigeno’ in un
momento così povero di gratificazioni per
gli imprenditori, ‘costretti a veri e propri
tour de force per salvare aziende e posti
di lavoro’.
Fondamentale il sostegno tecnico, per
valutare storie, aziende ma anche fatturati dell’Osservatorio Economico Baker Tilly Revisa, nato
a Bologna, nel 2010,
con uno slogan che
recitava ‘più economia, meno politica’.
“Il nostro Gruppo –
spiega Maurizio Godoli, presidente di
Baker Tilly Revisa,
specializzata in audit
e consulenza, oggi operativa in Italia con
un organico di circa
170 persone e con 9
uffici – ha voluto dare un contributo attivo a una rinascita italiana anche in termini di conoscenze economiche.
Ogni giorno viviamo gioie e preoccupazioni delle grandi
e medie aziende del
nostro Paese, abbiamo sentito il dove-
re di lanciare un segnale forte e chiaro a
imprenditori e società civile perché si approfondiscano temi di
strettissima attualità
economica”.
‘Capitani dell’Anno’,
che nel 2014 toccherà altre importanti
città italiane, da Torino a Firenze, si avvale anche del sostegno, a livello nazionale di FNSI (Federazione Nazionale Stampa Italiana),
GUS, giornalisti uffici stampa, AIDDA e
UNAGA.
Spinelli, un capitano venuto dalla gavetta
Arte e Cultura come motori di crescita
S
ettembre ha
visto Palazzo
Grassi (Circolo
Ufficiali dell’Esercito)
ospitare un importante evento organizzato dal Soroptimist
International, Club di
Bologna, e dall’Associazione Imprenditrici e Donne Dirigenti
di Azienda (AIDDA),
delegazione Emilia
Romagna.
Cuore della serata
conviviale l’applauditissima conferenza
del prof. Fabio Alberto Roversi Monaco “Arte e cultura
come motore di sviluppo e di crescita. Storia di Genus
Bononiae”. Il Prof.
Roversi Monaco ha
calamitato l’attenzione dei presenti, tra i
quali diverse autorità
cittadine, toccando i
rapporti tra impresa
e cultura e tra cultura
e istituzioni, e concludendo con la storia delle realizzazioni
artistiche per la città
Il più piccolo laboratorio
quantistico a fotoni
L
Nella foto, da sinistra, il Generale Antonio De Vita con la Signora, il
Questore Vincenzo Stingone, la Presidente del Club Soroptimist Rosanna
Scipioni, il relatore Fabio Roversi Monaco, la Presidente dell’AIDDA
Daniela Maschio, il Prefetto Angelo Tranfaglia, Maria Giulia Roversi
Monaco.
sviluppate nella carica di presidente della
Fondazione Carisbo e
con le risposte alle domande delle socie e dei
loro numerosi ospiti.
At t u a l e P r e s i d e n t e
di Genus Bononiae e
prossimo Presidente
dell’Accademia di Belle
Arti, Fabio Roversi Monaco ha soddisfatto le
aspettative di entrambi
i Club delineando un
quadro di sviluppo economico e di capacità
di occupazione e di intrapresa, in particolare
femminile, in grado di
trarre forza dall’arte e
dalla cultura.
La conferenza è stata
aperta dalle Presidenti
dei due Club, Rosanna
Scipioni e Daniela Maschio, e chiusa dal Prefetto Angelo Tranfaglia.
Rosanna Scipioni
Arrivano i nuovi tecnomateriali
O
ltre la natura. Dai laboratori
scientifici stanno uscendo
nuovi tecnomateriali che
superano in qualità e prestazioni
quelli che si rinvengono in natura.
Gli ultimi arrivati sono il liquido che
non cristallizza mai e il materiale
più assorbente del mondo. Il primo, inoltre, vede lo «zampino» di
ricercatori italiani dell’Università La
Sapienza di Roma.
Appartiene al mondo della materia
soffice - composto da sostanze
come i gel, i colloidi, le schiume
o le creme che sono troppo dense
per essere liquide e troppo morbide per essere solide - e servirà a
realizzare materiali innovativi con
proprietà elettriche, meccaniche e
ottiche controllabili. Si tratta di un
nuovo colloide che non cristallizza
mai, realizzato da Frank Smallenburg e Francesco Sciortino del
dipartimento di fisica di Sapienza,
che hanno annunciato la scoperta
su Nature Physics.
I colloidi sono soluzioni di parti-
celle, della dimensione da 10-20
nanometri fino al micron, disperse
in un liquido o in un gas.
I ricercatori della Sapienza sono
arrivati a generare liquidi che rimangono tali a tutte le temperature, più stabili dei solidi. Serviranno
a produrre gel e vetri di ultima
generazione destinati ad avere
applicazioni in numerosi campi:
da quello medico (gel per lenti a
contatto o biocompatibili per la
ricostruzione di cartilagini ossee),
a quello agricolo (gel repellente
degli insetti o come sostituto della
terra per piante in vaso) a quello
ambientale (vetri molecolari con
particolari proprietà isolanti). «Le
molecole colloidali saranno fondamentali nella realizzazione di
materiali in grado di influenzare
le tecnologie future in modi che
ancora non riusciamo a immaginare e probabilmente il loro uso
rivoluzionerà la nostra vita come
circa un secolo fa fece la plastica»,
ha spiegato Sciortino.
o scorso anno il premio Nobel per la
fisica è stato assegnato al francese
Serge Haroche e all’americano David J. Wineland per i loro studi sul futuro
sviluppo del computer quantistico. È su
questa strada che i ricercatori del dipartimento di fisica dell’Università La Sapienza di Roma, dell’Istituto di fotonica
e nanotecnologie del Consiglio nazionale
delle ricerche (Ifn-Cnr) e del Politecnico
di Milano hanno realizzato in un chip di
vetro di pochi centimetri il più piccolo laboratorio in grado di simulare fenomeni
fisici quantistici complessi. Il dispositivo
utilizza i fotoni per trasmettere i dati
e rappresenta un primo passo verso il
processore del futuro, che avrà capacità
e velocità di calcolo straordinariamente
superiori ai computer di oggi. Gli studi
sono stati pubblicati sulle riviste Nature
Communications e Nature Photonics.
I ricercatori, grazie alla tecnica di scrittura mediante laser a impulsi ultrabrevi,
hanno realizzato un circuito ottico all’interno di un chip in vetro. «Questa potente tecnologia», spiega Roberto Osellame
dell’Ifn-Cnr di Milano, «consente di
realizzare microprocessori fotonici con
un elevato grado di integrazione e con
architetture tridimensionali altamente
innovative. I fotoni che si propagano attraverso tali circuiti realizzano molteplici
interconnessioni, riuscendo a simulare e
prevedere il comportamento di sistemi
fisici molto più complessi».
Per simulare il comportamento di vari
tipi di particelle, i ricercatori hanno
«costretto» i fotoni a comportarsi, a
seconda delle condizioni sperimentali,
sia come bosoni (la classe a cui appartengono i fotoni) sia come fermioni
(la classe di elettroni, protoni, neutroni). Questo risultato è stato ottenuto
nell’esperimento condotto con il gruppo
della Scuola normale superiore di Pisa.
«Questo esperimento ci dà la possibilità di comprendere il vero significato
e il potenziale di un simulatore quantistico», commenta Paolo Mataloni del
dipartimento di fisica della Sapienza.
«Non un vero computer quantistico, in
grado di risolvere qualsiasi tipo di calcolo, per la cui realizzazione la strada è
ancora lunga, ma piuttosto un sistema
dedicato alla soluzione di problemi specifici legati a fenomeni fisici particolari,
in accordo con l’intuizione del premio
Nobel Richard Feynmann secondo la
quale solo un sistema quantistico può
simulare il comportamento di un altro
sistema quantistico».
5
Una mente attiva sogna ad occhi aperti
N
elle fantasie,
un serbatoio
inesauribile di
idee e suggerimenti
capaci di dare nuovo
slancio alla nostra
vita, molti pensano che sognare ad
occhi aperti, quelli
poco importanti, non
serva, lo fanno solo
le persone insoddisfatte.
Io la penso in modo
diverso: è normale
per una mente attiva. Con il sogno ad
occhi aperti il nostro
cervello ci mette in
comunicazione con
una ricca serie di immagini e di trame
mentali che ci rende
consapevoli dei problemi non risolti della
nostra esistenza.
I sogni ad occhi aperti rappresentano una
parte molto reale ed
importante del nostro
sviluppo, una risorsa
di cui ci possiamo
servire per modificare una situazione
oscura, fare piani per
il futuro o tentare
nuovi modi per stabilire rapporti con le
persone che ci circondano. Questi tipi
di sogni rendono la
vita più colorita e
stimolante, purchè,
beninteso non ci si
lasci trasportare nei
momenti meno adatti
come, per esempio
nel corso di una riunione di affari.
6
Gli scrittori, di norma, si abbandonano spesso alle loro
fantasie, spingendo
fino alle più svariate
e bizzarre situazioni
che passano per la
loro mente. Alcuni
importanti libri hanno
avuto origine dopo
avere sognato la storia ad occhi aperti
(magari seduti su
una sedia davanti al
mare o sdraiati in un
prato guardando il
cielo).
Sognare, può essere anche importante
sognando il passato
a vantaggio del futuro, per sviluppare
la personalità come
si fa, di norma, desiderando di volere essere superiore
a ciò che abbiamo
raggiunto nel campo
della società, ovvero
aspetti nascosti della
nostra ambizione che
varrebbe la pena di
coltivare e che ci eravamo preclusi.
Io credo che sognare
ci renda più tranquilli. Fantasticare
prima di dormire,
sicuramente, ci rende il sonno più sereno. Sono sempre
più convinto che, nei
momenti di grande
tensione ed irritabilità, abbandonarsi
Mezzora di esercizio basta per dimagrire
U
no studio danese rivela
che si perde più peso facendo attività fisica
per solo mezzora
al giorno piuttosto
che sottoponendosi
a un esercizio prolungato e stressante. Sorprendentemente i ricercatori
scandinavi hanno
osservato infatti
che chi si attiene ai
trenta minuti di attività quotidiana ha un calo del peso superiore
di circa un terzo rispetto a chi si
esercita per il doppio del tempo.
La spiegazione? Trenta minuti
lasciano maggiori energie e motivazioni, mentre un allenamento
pesante rischia di lasciare semplicemente svuotati.
Lo studio, promosso dall’università di Copenhagen e pubblicato
sullo Scandinavian Journal of
Public Health, ha coinvolto 60
uomini danesi moderatamente
sovrappeso, ma in buone con-
dizioni di salute, dividendoli
successivamente in due gruppi e
monitorandoli per 13 settimane.
Un primo gruppo svolgeva un’attività fisica di circa mezz’ora tutti
i giorni distribuita tra jogging
e cyclette, mentre il secondo
gruppo si allenava allo stesso
modo per circa un’ora. A conclusione della sperimentazione
i ricercatori hanno notato che i
primi, nonostante l’esercizio ben
più morbido, erano dimagriti di
3,6 chili contro i 2,7 persi dagli
“sfegatati”.
alle fantasie, ci possa
impedire di agire con
avventatezza.
Col sogno non si è più
soli. Ricordare alcuni
dialoghi con persone
a noi care, ci fa provare piacere e la solitudine ci sembrerà
meno penosa.
Indubbiamente molte persone temono
che abbandonarsi
alle fantasticherie
possa poi rendere
difficile il ritorno alla
realtà o alla concreta
valutazione di fatti
reali. Penso di potere smentire questo
concetto. Di solito
una persona normale
è in grado di distinguere ciò che si può
tradurre in realtà.
Il guaio è che troppo presto smettiamo
di sognare ad occhi
aperti per tuffarci in
altre attività da cui
l’immaginazione è
esclusa.
Troppo spesso ci impegniamo in conversazioni vuote e inutili
o stiamo seduti a seguire distrattamente
i programmi della
televisione. Se ogni
giorno dedicassimo
un po’ di tempo alla
meditazione o a fantasie divertenti, potremmo cominciare
a trarre profitto dalle
grandi capacità di
immaginazione di cui
siamo dotati.
Giorgio Albéri
Piero Mioli ovvero la musica nel sangue
I
ntervistiamo Piero
Mioli, grande esperto di musica e fiore
all’occhiello del nostro
Conservatorio. Professore, può spiegare ai Lettori le sue innumerevoli
attività legate per lo più
al mondo della musica?
L’amabile pentagono del
mio lavoro comprende la
lettura, lo studio, l’ascolto, la scrittura e la parola.
Grandi sono le soddisfazioni
derivatemi dall’abbondanza
del lavoro svolto: dall’insegnamento impartito (a non
meno di 600 studenti) alle
pubblicazioni effettuate,
mentre un po’ di rammarico
deriva dall’avere poco frequentato la società, l’attualità politica, la quotidianità
del mio paese e della mia
città . Credo tuttavia che
una delle forme di coraggio
che la vita impone sia la
conoscenza di se stessi, la
certezza e anzi l’accettazione delle proprie possibilità
e impossibilità: insomma,
se tutto sommato “mi vado
bene” per gli aspetti che
ritengo positivi, vorrà dire
che quelli che mi sembrano
negativi erano necessari,
intrinseci agli altri.
Qual è la materia di studio che più lo ha appassionata?
Ho avuto un percorso scolastico nel complesso positivo,
ma mai eccellente: la ragione stava in un carattere
piuttosto introverso, che
giammai mi ha fatto dire una
cosa in più di quanto sapessi
o improvvisare alcunché al
cospetto degli insegnanti;
nella forte predisposizione
per certe materie che mi
portava a impegnarmi meno
nelle altre; nella passione
per la musica che, sebbene
manualmente praticata appena un po’ nello studio del
pianoforte, era però tale da
sottrarre sempre qualche
ora allo studio ufficiale.
Gli interessi culturali di carattere personale si sono
svolti su tre gradini successivi. Alle arti figurative sono
cresciuto in famiglia, con
un padre pittore dilettante
che mi aveva trasferito una
certa facilità di disegno e soprattutto una certa curiosità
per i classici della pittura e
dell’architettura.
Alle lettere sono arrivato per
conto mio, durante le medie, avvicinando la poesia
italiana, latina e spagnola
con un senso di sorpresa, di
compiacimento, di pienissimo ritrovamento.
E la musica?
E’ proprio il terzo passaggio
quello della musica, che
dopo qualche improvviso
approccio, mi ha colto durante il liceo, con la mediazione di Antonella Parma,
una compagna di classe,
poi fidanzata e moglie,
che conosceva autori come
Čajkovskij e il melodramma
in genere. Così la musica
classica è entrata nella mia
vita per non uscirne più. Ho
lavorato al Conservatorio di
Verona, di Parma e di Bologna, dove insegno tuttora
Storia e storiografia della
Musica ed Estetica della musica. All’insegnamento, ho
affiancato fin dall’inizio, una
fitta attività di giornalista,
conferenziere, musicologo,
più tardi anche di consulente e organizzatore culturale
e musicologico. Prima ho
collaborato con riviste; con
la RAI, per numerosi e lunghi cicli sui maggiori musicisti classico-romantici; e
con diversi teatri per programmi di sala e discografie
operistiche.
Sappiamo che ha scritto
numerosi testi che fanno
onore alla musica
Sì, sono passato a testi di
maggior respiro, a libri come
un manuale di storia della
musica, estese monografie
di singoli musicisti, edizioni
integrali di libretti d’opera,
dizionari, atti di convegno,
una Storia dell’opera italiana in quattro volumi.
Tengo corsi all’istituto “Tincani” e all’Università “Primo
Levi” e conferenze presso
diverse istituzioni cittadine e nazionali. La materia
che insegno mi autorizza a
conoscere decorosamente
tutto il percorso storico della
musica d’arte occidentale,
dall’antica Grecia alla contemporaneità, ma le specialità sulle quali ho scritto
più frequentemente sono
l’opera lirica, il melodramma italiano, Rossini e Verdi
in particolare, la poesia per
musica, la cantata e la romanza da camera, il canto e
i cantanti d’opera, la musica
a Bologna e specialmente
quella sacra, la storia del
Conservatorio “G.B. Martini”, la bibliografia musicale
in genere.
Sembra addirittura che
abbia vissuto due vite
quanto ha lavorato!
Dal 1988 sono collaboratore editoriale dell’editore
Mursia, per alcune collane.
Accademico filarmonico dal
1995, nel 2006 sono stato
nominato “consigliere d’arte” della Regia Accademica
Filarmonica di Bologna,
carica che detengo tuttora
e che in particolare mi impegna a curare la redazione
dei programmi di sala dei
concerti e l’organizzazione
di annui convegni o giornate
di studio.
Ma non è tutto!
Ci vuole nascondere che
nel 2013 la Cappella musicale arcivescovile della
basilica dei Servi di Bologna l’ha nominata suo
presidente?
è Presidente onorario
dell’Associazione “Amici
delle Muse”?
Giorgio Albéri
7
Star of Bethlehem per le difficoltà nella vita
I
n italiano: Stella
di Betlemme. E’
una pianta alta
circa trenta centimetri, con piccoli fiori
di colore bianco, che
nasce nei boschi e
nei prati tra aprile e
maggio.
Appartiene alla famiglia dei Fiori di Bach;
trentotto essenze
floreali studiate dal
dottor Bach, un medico inglese, alla fine
dell’ottocento.
re tanti volti: paura
di qualcosa di cui
sono consapevole?
Paura immotivata
senza un riferimento concreto… quasi
uno stato d’animo
permanente? Paura
conseguente ad un
trauma? O piuttosto
ad una perdita?...
Come possiamo
comprendere, è solo
attraverso un lavoro
su di sé, all’interno di
una relazione protet-
nava di avere.
Forse la situazione
critica è anche stata
risolta o forse no,
ma la persona ritiene
comunque di essere
riuscita a … fronteggiarla e gestirla con
efficacia.
Il problema è: tutta
quella sofferenza,
quella fatica, quella
paura, in una parola- quel trauma, è
stato effettivamente
smaltito o soltanto ri-
tare a scioglierlo, facendo sì che quella
esperienza seppure
dolorosa, si trasformi
in risorsa, nel senso
di arricchimento proprio esperienziale.
Per il nostro futuro.
Perché il rischio che
si può correre quando un trauma si è
come bloccato a livello inconsapevole
dentro il nostro percorso di vita, è quello che noi, proprio
per proteggerci da
ulteriori sofferenze,
ci predisponiamo a
vivere la vita…. rallentati. Come spenti,
quasi in sordina, un
po’ al minimo.
E d’altra parte: se la
vita mi ha fatto così
tanto male, meglio
profondamente buono e generoso.
Lui capì quanto questi semplici fiori, che
non sono farmaci
e non devono ovviamente sostituire terapie prescritte
dal proprio curante,
potessero aiutare le
persone ed anche
gli animali a stare
meglio nella propria
vita.
Vediamo allora come
possiamo assumere
la Stella di Betlemme.
Si acquista il flacone
in farmacia o erboristeria e si mettono
quattro gocce sotto
la lingua per quattro
volte al giorno per
ventotto giorni.
E’ importante assu-
La grande scoperta di
questo scienziato fu
quella di intuire l’assonanza tra ciascun
fiore ed una determinata emozione.
Abbiamo già condiviso su questa pagina, un po’ di tempo
fa, alcune riflessioni
sull’utilizzo di questi
importanti rimedi,
sottolineando l’importanza del fatto
che, per potere usufruire al massimo dei
benefici da loro offerti, vengano consigliati all’interno di una
relazione di aiuto,
piuttosto che assunti
di propria iniziativa.
Questo perché, ciascun fiore entra in
contatto con un particolare stato d’animo, che a sua volta
può essere sostenuto ed alimentato da
emozioni secondarie.
Vediamo un esempio: la paura.
La paura può ave-
ta che possiamo predisporci al meglio per
incontrare le nostre
vulnerabilità per poi
soccorrerle.
Ma torniamo alla
Stella di Betlemme,
perché per questo
fiore, il discorso è un
po’ diverso.
è il fiore per i traumi.
Fisici e psichici. Recenti ed antichi.
Ci aiuta a far sì che
l’esperienza traumatica non si incisti nel
percorso esistenziale
dell’individuo, perché
lo aiuta ad elaborarla.Ognuno di noi
può avere incontrato
momenti importanti
di difficoltà o di sofferenza nella propria vita, oppure vi
si può trovare coinvolto adesso. Magari
è riuscito o riesce ad
attivare risorse ed
energie anche molto
potenti, che forse
nemmeno immagi-
mosso e nascosto nei
sotterranei del nostro
essere?è come se
nel nostro tessuto
emotivo si fosse formata una cicatrice.
Una cicatrice che può
farci male se la vita ci
espone, nel tempo,
ad ulteriori prove. è
a tutti gli effetti un
blocco, un blocco nel
processo esistenziale
di quella persona.
La Stella ci può aiu-
non espormi troppo,
meglio stare sempre
un passo indietro. Il
rischio è un po’ quello di vivere a metà,
cioè di non riuscire a
godere nemmeno di
quello che c’è qui e
ora, a causa di quella
cicatrice antica…
Il Dottor Bach è stato
un grande medico
e dai Suoi scritti si
comprende quanto
sia stato un uomo
mere il rimedio floreale lontano dai pasti,
dagli alimenti speziati, da aromi forti
come menta e caffè.
Come ho scritto, i
Fiori di Bach non sono
farmaci, ma consiglio
sempre, prima di assumerli, di chiedere
il parere del proprio
medico curante, soprattutto se si è in
corso di terapie.
Paola Miccoli
8
Perché il volontariato non conosce la crisi
I
dati parlano più
di tante parole: sono oltre
109mila le persone
interessate e 5.700
tra associazioni, fondazioni e società cooperative, con una
crescita del 56% dei
bolognesi coinvolti
in dieci anni e addirittura dell’86% dei
lavoratori.
Il che vuol dire, in
sostanza che più
di un bolognese su
dieci, l’11%, è impegnato a vario titolo
nel non profit.
È questo il ritratto
più recente del vo-
lontariato secondo
i ricercatori dell’Istat, confrontando i censimenti del
2001 e del 2011,
su quell’ampio bacino di manodopera e assistenza che
opera senza fini di
lucro nell’assistenza
agli anziani, nello
sport, nella cultura,
nell’ambiente o nella
salute.
Una realtà in crescita in tutta Italia
che ha raggiunto un
peso tutt’altro che
trascurabile nel tessuto produttivo.
Secondo elaborazio-
ni dell’Ufficio statistica della Camera di
commercio, le realtà
attive nel terzo settore sono cresciute
a Bologna del 24%
in dieci anni e oggi
rappresentano oltre il 6% delle unità
economiche attive,
con il 3,4% degli
addetti: ogni cento
imprese si contano
quindi sette istituzioni non profit, che
diventano però la
principale realtà
nelle attività artistiche, sportive e
culturali, così come
nell’assistenza so-
ciale, dove sono 315
ogni 100 imprese.
Alla fine del 2011
il non profit bolognese contava quindi su più di 86mila
volontari (contro i
59mila del 2001),
quasi 15mila lavoratori fissi (erano
8mila) e 7.800 tra
collaboratori esterni
e temporanei (erano
meno di tremila).
Ma non è detto ci sia
da gioirne.
«Le istituzioni non
profit occupano in
maniera crescente
Come sostenere
le Buone Notizie?
Vedi a pagina 2
settori in cui tradizionalmente opera
il comparto pubblico - spiega Andrea
Mancini, capo dipartimento Istat per i
censimenti -.
Ma anche nelle altre
sue componenti si
dimostra dinamico e
capace di rispondere
a bisogni emergenti
di cittadinanza attiva, di tutela dei beni
collettivi, di promozione dei diritti, con
effetti benefici sulla
coesione sociale del
Paese».
30
Bastano
Euro
9
Un bimbo di oggi? Vivrà cento anni
U
na buona notizia
dalla Fondazione
Umberto Veronesi,
che quest’anno celebra i
10 anni dalla sua istituzione erogando 150 Borse di
Ricerca.
Un bambino che nasce
oggi in Italia vivrà probabilmente fino a 100 anni.
È la prima volta nella
storia dell’uomo che un
simile traguardo di vita è
possibile in modo diffuso,
e conferma un trend che
si è nel tempo significativamente sviluppato. Nel
1921 infatti gli ultracentenari in Italia erano 49, nel
2004 erano 7700. Stiamo
quindi vivendo un’occasione straordinaria, che
al tempo stesso ci dà una
straordinaria responsabilità, perché la qualità della
vita che vivremo dipende dalle scelte che nella
nostra società (in primo
luogo a livello politico ed
economico) si vanno facendo oggi.
Nell’arco dell’ultimo trentennio la vita media si
è allungata di circa sei
ore al giorno. Per le statistiche italiane abbiamo
conquistato quasi 30 anni
nell’ultimo secolo. E se nel
2008 gli “over 60” erano
766 milioni in tutto il pianeta, nel 2030 saranno
un miliardo e 400 milioni,
quasi raddoppiando in
poco più di un ventennio. La longevità della
10
popolazione rappresenta
una delle maggiori rivoluzioni dell’era moderna.
Di questa rivoluzione si è
parlato a Venezia dal 19
al 21 settembre, in occasione della IX Conferenza
internazionale The future
of Science - organizzata
come sempre dalle Fondazioni Veronesi, Cini e
Tronchetti Provera – che
quest’anno ha avuto al
centro un tema di larghissimo interesse: The
secrets of longevity.
Secondo le più recenti
proiezioni sull’invecchiamento della popolazione
europea, richiamate da
Mariella Enoc Vice Presidente della Fondazione
Cariplo. entro il 2060 il
vecchio continente sarà
più popoloso (517 milioni
contro 502 nel 2010) ma
anche significativamente
più anziano, con il 30%
degli europei “over 65”.
In questo contesto – ha
sottolineato Enoc
- una delle
positiva: nulla di essenzialmente nuovo. Ciò che
è nuovo, tuttavia, è che
la scienza dell’invecchiamento ci sta aiutando
a scoprire esattamente
come questi fattori lavorano e interagiscono tra
loro.”
E in un futuro “ci sono
alcune interessanti possibilità di utilizzo delle cellule staminali per riparare
organi danneggiati, ma
anche le
staminali
invecchiano. Per il
momento la
più
grandi
sfide
per l’Italia e le
n o s t r e
comunità
locali sta nello sviluppo di
politiche di invecchiamento efficaci considerando
gli anziani come cittadini
attivi e risorse per la nostra società.
Nelle analisi delle molteplici influenze sviluppatesi
attraverso il tempo Ed Howard Friedman ha messo
in evidenza percorsi importanti attraverso i quali
la personalità, le relazioni
sociali, e il benessere influenzano la longevità.
Secondo Thomas Kirkwood, dell’Institute for
Ageing and Health dell’Universià di Newcastle, “i
principali fattori di longevità sono una buona
alimentazione, uno stile di
vita attivo, un’attitudine
strategia
migliore resta
quella di cercare di non
‘rompere i pezzi’: cioè di
fare le cose giuste per
dare al nostro corpo le migliori chances per durare
a lungo.”
Per usare le parole di Umberto Veronesi, che ha anche messo la longevità al
centro di una sua recente
pubblicazione (“Longevità, Bollati Boringhieri) “la
durata e la qualità della
vita dipendono anche
da noi: sono legate alla
riduzione delle calorie,
ma anche alla plasticità
del cervello, alla capacità
delle sue cellule di rigenerarsi, così come alle relazioni affettive e sociali,
il motore della voglia di
vivere. La longevità è un
patrimonio. Ora dobbiamo
imparare a tutelarlo”.
Roberta Bolelli
‘Parchi nel cuore’ per salvare un nostro tesoro
“P
archi nel
cuore”, è
il nome del
progetto in Rete promosso dalla provincia di Bologna che
riunisce cinque parchi sotto lo stesso
ente. Sono il parco
regionale del Corno
alle scale, il parco
dei Gessi bolognesi,
il parco storico di
Monte Sole, il parco
regionale dei laghi
di Suviana e Brasimone e il parco regionale dell’abbazia
di Monteveglio. Una
macro area per l’Emilia orientale dove
vivono circa 800mila
persone e sono rappresentati 19 comuni della provincia di
Bologna e i 17 della
Gestione integrata
delle aree protette
della pianura.
Sandro Ceccoli, presidente dell’Ente parchi e bio-diversità
dell’Emilia orientale,
spiega che il progetto “Servirà per
zare i loro prodotti.
“È solo mettendo in
rete tutti gli operatori
presenti che si possono creare occasioni
di sviluppo economico” afferma Lucia
Montagni, direttore
dell’Ente.
Il percorso di attuazione sarà completato nella primavera
del 2014.
riorganizzare le aree
protette – spiega
Sandro Ceccoli, presidente dell’Ente parchi e bio diversità- e
per sfruttare i bandi
europei per rilanciare
l’area e farla percepire come un tesoro
che va valorizzato”.
Sarà quindi importante competere a
livello europeo per
attrarre i fondi comunitari e rilanciare
in maniera decisa
l’economia agro-alimentare dell’area:
“Bisogna far rinascere il territorio – racconta il presidente tornare a coltivare la
terra, arrestando così
la fuga dei giovani”.
Le associazioni e
i produttori che
aderiranno all’Ente
potranno
utilizzare
il nuovo
logo dei
parchi per
pubbliciz-
Piante sane? Accarezzatele
P
ensavate di avere il
pollice verde? Di sapere tutto su quanta
luce, acqua e fertilizzanti
sono necessari per le piante del vostro appartamento
o del vostro giardino?
E avete persino diffuso
nella stanza le note di
Beethoven che, come dimostrerebbe una recente
ricerca sudcoreana, sarebbero in grado di far fiorire
a comando alcune piante o
di accelerarne la crescita?
Ottimo.
Ma non basta. Se volete
veramente bene alle vostre
piante dovete accarezzarle
dolcemente. Non perché
soffrano di mancanza d’affetto, bensì perché le vostre
carezze le
proteggeranno
dalle malattie, incrementando le
loro difese
immunitarie.
A questa conclusione
è giunto
uno studio di un gruppo
di ricerca internazionale
pubblicato da Bmc Plant
Biology.
Già lo scorso anno una ricerca americana della Rice
University aveva azzardato
che toccare delicatamente
le piante stimola la produzione dell’ormone jasmonato che aiuta la crescita
dei fiori e ne rinforza il
«sistema immunitario».
Ora a dare credito a questa
teoria giunge un lavoro che
ci rassicura: strofinando
delicatamente tra il pollice
e l’indice le foglie di una
stretta parente della senape (la pianta da laboratorio
Arabidopsis thaliana) si
attiva un meccanismo di
difesa innato. In pochi minuti di amorosi toccamenti
si verificano cambiamenti
biochimici, che inducono la
pianta a diventare più resistente a Botrytis cinerea,
fungo che provoca la muffa
grigia.
Lo assicurano Floriane
L’Haridon del dipartimento
di biologia dell’Università
di Friburgo in Svizzera, e
i suoi colleghi autori del
lavoro. Non perdete tempo quindi a parlare con le
piante (altra indicazione
spesso suggerita), prendetele invece tra le dita e
accarezzatele
11
L’invidia? Difficile ma bisogna combatterla
P
urtroppo viviamo in
un mondo dominato
dall’invidia. Il termine
invidia, come si legge nel
vocabolario, si riferisce a
uno stato d’animo per cui,
in relazione a un bene o
una qualità posseduta da
un altro, si prova spesso
astio e si desidera il male
di colui che ha quel bene o
qualità.
è un sentimento negativo
che si prova nei confronti
di una o più persone che
hanno qualcosa che noi
non possediamo e può
essere diretto (quando
si vorrebbe ciò che l’altro ha) oppure indiretto
(quando si desidera che
l’altro perda ciò che ha).
Nei secoli, tanti sono stati i
filosofi che si sono interessati dell’invidia, ma ho provato grande ammirazione
quando ho letto l’Omelia di
Basilio di Cesarea e ritengo
sia talmente attuale che ne
riporto alcuni brani tradotti
direttamente dalla lingua
greca.
“Fra le passioni, che insorgono nell’animo umano,
non ce n’è nessuna più
devastante dell’invidia.
Non è di gran danno a chi
è rivolta, ma è il primo ed
esclusivo male di chi la possiede. Come infatti la ruggine corrode il ferro, così
l’invidia consuma l’anima in
12
cui dimora. Essa, infatti, è
tristezza per il successo del
prossimo. Perciò, né mestizia, né afflizione abbandoneranno mai l’invidioso.
Il campo del vicino è fertile? La sua casa è ricolma
di ogni bene? Le gioie non
lo abbandonano? Tutto ciò
per l’invidioso è nutrimento
alla sua malattia e crescita
del suo dolore.
Uno è coraggioso? In salute? Questo colpisce l’invidioso. Un altro è più bello?
È un’ulteriore ferita per
l’invidioso.
Un tale eccelle per superiorità intellettuale? Un altro
è ricco e molto generoso
nel donare e condividere i
suoi beni con i poveri ed è
ricolmato di lodi da quanti
ha beneficato?
Tutte queste cose sono
ferite e lesioni che gli spezzano il cuore.
Resta una cosa sola a rimedio del male: quando vede
crollare qualcosa di ciò che
invidiava.
Il suo odio finisce quando
vede nella sventura colui
che invidiava per la sua
felicità; e diviene oggetto
di compassione colui per
il quale provava gelosia.
Quando lo vede in lacrime,
quando l’osserva nell’afflizione, allora si riappacifica
e gli è amico. Si muove
a pietà per il mutamento
della sua condizione di vita,
cambiata in modo radicale;
esalta le fortune passate,
non per un sentimento di
umana compassione e di
partecipazione al suo dolore, ma per rendergli più
insopportabile la sventura. Insomma, è nemico di
ciò che uno possiede, ma
amico di ciò che uno ha
perduto.
L’invidia è la forma di inimicizia più difficile da vincere.
E quanto più grandi sono i
servizi che riceve, tanto più
si indigna, si affligge ed è
infastidito. Di tale malattia
si potrebbe lodare una cosa
sola: tanto più è violenta,
tanto più tormenta chi ce
l’ha. Come infatti le frecce
scagliate con forza, quando
colpiscono un oggetto duro
e rigido, ritornano contro
chi le ha scagliate, così
anche gli strali dell’invidia, non fanno male a chi
è invidiato, ma trafiggono
l’invidioso.
Gli invidiosi si rivelano dallo
sguardo: il loro occhio è
asciutto e cupo, la guancia
consunta, le sopracciglia
contratte, l’anima agitata
dalla passione, incapace
di discernere la verità dei
fatti.
Se uno cade, come può
succedere nelle vicende
umane, lo divulgano e desiderano che tutti ne siano
al corrente. In modo calunnioso, giudicano una perso-
na di grande nobiltà come
volgare, chi è generoso
come uno spendaccione,
un bravo amministratore
come una persona gretta.
Insomma, non smettono
mai di attribuire ad ogni
virtù il nome del vizio contrario.
In conclusione, chi si eleva
con il pensiero al di sopra
delle realtà umane e volge lo sguardo a ciò che è
veramente buono e degno
di lode, farà molta fatica a
giudicare i beni corruttibili
e terreni come realtà felici
e invidiabili. Chi è così, e
non si lascia affascinare
dalle cose grandi di questo
mondo, non può essere
assalito dall’invidia. Sii invece giusto, temperante,
saggio, coraggioso e paziente nelle sofferenze per
la pietà.
Così infatti salverai te stesso e avrai una notorietà più
grande per beni più grandi.
La virtù infatti dipende da
noi e la possiede chi ama
la fatica.
Non vedi che gran male
è l’ipocrisia? Anch’essa è
frutto dell’invidia. La finzione, infatti, nasce negli
uomini soprattutto dall’invidia, quando covano odio
nel loro cuore, ma mostrano un’apparenza mascherata d’amore.
è una grande lezione, a noi
seguirla.
Donatella Bruni
Una pausa per riflettere e sorridere
13
Cicognani, innamorato pazzo di New York
N
ew York, New
York cantava
a squarciagola
Frank Sinatra nei primi anni ’80, inconsapevole che poco dopo
il suo brano sarebbe
diventato l’inno ufficiale della metropoli
americana.
Tuttavia, New York,
con i suoi grattacieli
vertiginosi e le luci
abbaglianti, ha costituito da sempre una
fonte inesauribile d’ispirazione per registi
cinematografici, teatrali ed artisti. Non
è stato diverso per il
ceano, ha dato vita
ad una serie di scatti
destinati ad immor-
delle grandi città.
Mentre tutto scorre
rapidamente, Cico-
quei piccoli, bellissimi
dettagli che la frenesia della vita quoti-
fotografo bolognese
Nicola Cicognani
che, durante un lungo soggiorno oltreo-
talare i particolari
della Grande Mela,
simbolo per eccellenza del dinamismo
gnani si ferma, osserva con attenzione
e congela gli istanti,
mettendo in evidenza
diana non ci consente
più di contemplare.
Fino al 10 ottobre
alla Galleria Forni di
14
Bologna (Via Farini
26), il fotografo presenterà al pubblico
40 scatti selezionati
dal suo nuovo ciclo
di lavori che lo hanno visto impegnato
per ben due anni.
Le sue opere risultano estremamente
‘vere’, immediate ed
incisive, grazie all’uso di una macchina
digitale usata quasi
come fosse un’analogica tradizionale. Un
racconto per immagini quindi, nato dalla
curiosità di sapere e
narrato per mezzo di
una lente d’ingrandimento che rivela
una realtà nuova e
affascinante. Cicognani ha intrapreso
un viaggio nel dinamismo metropolitano
con una valigia carica
di aspettative. Oggi
il fotografo ci prende
per mano per illustrarci una New York
del tutto inedita, poiché interiorizzata e
filtrata dalla sua personalissima visione.
Il risultato? Non più
movimento, ma staticità. Non più grandi
skyline, ma prospettive circoscritte. E
soprattutto non più
impersonalità, ma
poesia e sentimentalismo.
Manuela Valentini
Arte e Finanza insieme nella Grande Magia
D
a ottobre nelle sale
espositive del MAMbo i capolavori e le
opere più significative della
Collezione UniCredit ci guidano nei percorsi seduttivi
del sapere non scientifico.
Alla magia nella storia
dell’arte è infatti dedicata
la mostra La Grande Magia.
Opere scelte dalla collezione Unicredit, al MAMbo dal
20 ottobre 2013 a Bologna
fino al 16 febbraio curata
da Gianfranco Maraniello
Direttore del MAMbo e Walter Guadagnini Presidente
della Commissione Scientifica “UniCredit per l’Arte”, in collaborazione con
Bärbel Kopplin, curatrice
della Collezione HypoVereinsbank – UniCredit Bank
AG (la Banca tedesca del
Gruppo).
Una interessante occasione
per ammirare parte della
ricca Collezione Unicredit,
che raccoglie opere acqui-
luogo un patrimonio di identità: testimonia
il legame con il
tessuto locale
ed un impegno
in cultura radicato nel tempo
e condiviso da
tutte le singole
banche confluite nel Gruppo.
La collezione è
testimonianza
di quest’impegno ed è intesa
come un “bene
in movimento”,
un bene da condividere con un
pubblico sempre
più vasto.”
Le opere selezionate (93
capolavori) coprono un
arco di tempo che va dal
Cinquecento ai giorni nostri. Il percorso parte dai
lavori più antichi per ar-
state dalle varie Banche
confluite nel Gruppo: un
patrimonio importante, 60
mila opere in prevalenza
moderne e contemporanee, tra le più importanti e
prestigiose collezioni corporate in Europa.
Come ha osservato Walter
Guadagnini “Il patrimonio
di UniCredit è in primo
rivare ai lavori di artisti
contemporanei delle ultime generazioni, passando
per maestri come Gustav
Klimt, Giorgio de Chirico,
Fernand Léger, Edward
Weston, Kurt Schwitters,
Yves Klein, Arnulf Reiner,
Georg Baselitz, Gerhard
Richter, Peter Blake, Christo, Günter Brus, Hermann
Nitsch, Mimmo Jodice, Gilberto Zorio, Giulio Paolini,
Richard Long, Candida
Höfer, Giuseppe Penone,
Fischli e Weiss e Shirin
Neshat, solo per citarne
alcuni. Con spazi dedicati
all’avvento della Fotografia
e del Cinema: una selezione di lavori provenienti
dalla collezione Fotografis
di UniCredit Bank Austria
AG già esposta a Salisburgo e filmati resi disponibili
grazie alla collaborazione
con la Fondazione Cineteca di Bologna. Importanti
istituzioni museali europee,
che le espongono in virtù
di accordi con UniCredit,
hanno messo a disposizione diverse opere in mostra.
Tra queste: l’Albertina di
Vienna (Klimt), il Museum
der Moderne di Salisburgo
(collezione Fotografis), il
MACRO e il MAXXI di Roma
(Arienti, Zorio, Paolini e Op
de Beek), il Neues Museum
di Norimberga (Hein).
L’allestimento nell’imponente struttura della Sala
delle Ciminiere del MAMbo,
nell’edificio storico dell’ex
Forno del Pane, condurrà
il visitatore in un percorso
nel quale il contesto espo-
sitivo delle opere contribuisce alla fascinazione dello
spazio magico.
In Mostra è disponibile un
Catalogo che contiene, oltre alla riproduzione delle
opere esposte, testi critici
dei curatori e di altri studiosi e intellettuali sul temi
dell’esposizione.
Nella coproduzione de “La
Grande Magia” si amplia
una ormai lunga collaborazione tra il MAMbo e UniCredit a sostegno dell’arte
fin dal 2007, anno in cui è
stata avviata la partnership
sulla sezione della Collezione Permanente del Museo
denominata Focus on Contemporary Italian Art, con
l’intento di promuovere e
collezionare l’arte italiana
contemporanea, affiancando la sezione dell’arte
italiana dal secondo dopoguerra a oggi, vista attraverso l’esperienza dell’ex
Galleria d’Arte Moderna di
Bologna e, da novembre
2012, la sezione che ospita le collezioni del Museo
Morandi, la più ampia e
rilevante raccolta pubblica
di lavori del grande pittore
bolognese.
Roberta Bolelli
15
Il popolo della notte
Continua la pubblicazione
del racconto di Federico Nenzioni.
L’eremita è un pazzo?
Anche se lo fosse,
sarebbe comunque un pazzo felice.
Frederick Konrad
Archi di vari stili si susseguono lungo
la volta del torrente Aposa.
L’eremita
Il vegliardo si protese verso di
noi: “State tranquilli, il vostro
amico è al sicuro, lo rivedrete
presto”.
Non fu possibile saperne di più,
alle nostre domande rispondeva che a tempo debito avremmo avuto tutti i chiarimenti
del caso.
“Diteci, almeno, dove siamo e
chi siete”, gli chiedemmo.
“La pazienza è una virtù che
qui si pratica assiduamente
da secoli; mi chiamo Gaitanen
e sono il decimo eremita che
custodisce questo luogo. Da
500 anni qui preghiamo per
coloro che stanno là sopra e
ci prendiamo cura del popolo della notte che da tempo
immemorabile abita in questi
luoghi perennemente oscuri.
È gente che ha molto sofferto, che il mondo ha respinto
e perseguitato e che in questi
segreti anfratti ha ritrovato
pace e dignità. Alcuni di loro
si sono macchiati di crimini e
qui si sono riconciliati con loro
stessi e con l’umanità che, con
le loro azioni, hanno ferito.
Qui si pratica una forma di
solidarietà attiva, ci si aiuta
vicendevolmente secondo gli
insegnamenti del primo eremita che si è rifugiato qui agli
inizi del 1500.
Ma ora basta, avrete fame,
andiamo di là a mangiare un
boccone”.
Ma per noi, che con il sonno
avevamo recuperato la nostra
abituale curiosità, ciò che l’eremita ci aveva raccontato non ci
bastava affatto.
Lo tempestammo con un fuoco
di fila di domande, mettendo
a dura prova la sua pazienza:
virtù che, a detta di Gaitanen,
si praticava lì assiduamente da
secoli.
“Quanto tempo dovremo ancora aspettare prima di rivedere
Sussezza? Chi è stato il primo
eremita e quali le circostanze
che l’hanno portato qui? Dove
si nasconde il popolo della notte? E, anzitutto, come uscire da
questi luoghi?
Intanto, seguimmo Gaitanen
in cucina, dove bolliva una
pentola di zuppa di legumi che
divorammo sebbene non fossero mai stati la nostra passione.
Ormai rassegnato, Gaitanen si
predispose a raccontare.
“Vorrei cominciare parlandovi
del primo eremita, perché tutto
quanto prende inizio da lui.
Si chiamava Lapo Bonomo e,
a dispetto del nome, non era
per niente un buon uomo. Si
era arricchito con il commercio
della seta e con l’usura. Non
guardava in faccia a nessuno,
perseguiva il suo solo interesse e aveva gettato sul lastrico
molti onesti artigiani, incorporandone i beni.
La sua sposa, Beatrice, era invece mite di cuore e timorata
di Dio; soffriva molto per le
malefatte del marito e pregava
la Madonna e tutti i Santi che gli
intenerissero il cuore, arrivando
perfino ad offrire la propria vita
per la sua conversione.
Circostanza che si verificò durante il parto del loro primogenito. A Lapo, la morte della
moglie e del figlio gli procurò
un immenso dolore: si chiuse
in se stesso, trascurò gli affari, sprofondò in un abisso di
malinconica indolenza. E ne
sarebbe certamente morto se,
una notte, non avesse sognato
la moglie che lo scongiurò, se
avesse voluto riunirsi a lei, di
seguire l’esortazione evangelica
“Se vuoi essere perfetto, vendi
quello che possiedi e dallo ai
poveri”.
Seguirono per Lapo anni di
tormenti, di tentazioni fortissime, finché il giorno di Pasqua
del 1500 allo sciogliersi delle
campane si sciolse pure quel
nero grumo che gli opprimeva
il cuore.
Distribuì i suoi beni ai poveri
e affidata la vecchia madre
ad una comunità femminile, si
ritirò sul Monte delle Formiche,
luogo impervio e selvaggio a
quaranta chilometri da Bologna, vivendo in preghiera,
povertà e castità.
Si racconta che qui ebbe una
visione in cui un anacoreta
divideva il proprio tempo tra la
preghiera e la coltivazione di
un orticello. Da questo dedusse che, oltre alla preghiera si
dovesse dedicare a un’attività
concreta.
Ritornò a Bologna, dove si ritirò nel sottosuolo e cominciò
ad assistere sia spiritualmente
che materialmente gli emarginati e i perseguitati che vi si
rifugiavano.
Ben presto la sua fama di santità si diffuse in città e fuori e
molti accorsero per condividerne la vita.
Fra tutte le persone che volevano stare vicino a lui, ne scelse
una che doveva succedergli alla
sua morte. Da allora questa
consuetudine si è via via tramandata nei secoli.
Quando rese l’anima a Dio,
si narra che tutte le campane
delle chiese poste lungo i corsi
d’acqua in città e nel contado
suonassero a festa, da sole,
Lulù e il gigante buono
Sussezza, ultimo del gruppetto
dei fuggitivi, teneva a fatica
il passo del compagno che lo
precedeva.
Gli dolevano le gambe e la
milza, il cuore gli scoppiava nel
petto, ma teneva duro: la paura
di essere raggiunto gli metteva
le ali ai piedi; ma per quanto
tempo ancora avrebbe potuto
continuare in quelle condizioni?
All’improvviso vide gli amici che
16
si infilavano ad uno ad uno in
una cavità che si apriva in basso a destra, stretto passaggio
che si perdeva nel buio.
Senza perdere un attimo, si
apprestava ad imitare Calzinaz che lo sopravanzava di
qualche passo, quando due
robuste braccia lo afferrarono
brutalmente, scaraventandolo
a terra.
Lametta era su di lui, gli oc-
chi iniettati di sangue, i denti
digrignanti; si sentì perduto;
quando, improvvisamente,
alle sue spalle, si materializzò
un omone con due mani simili
a prosciutti che, afferrato il
furfante per i capelli lo scagliava, quasi fosse un giocattolo,
nell’Aposa.
Quindi, messosi Sussezza sotto
un braccio come un fagotto,
prendeva la rincorsa e s’infilava
senza intervento umano, per
celebrare la sua ascesa al cielo.
Ora, io sono l’ultimo eremita e
fra non molto dovrò scegliermi
il successore”.
“Ma il popolo della notte dov’è?,
non abbiamo visto in giro
nessuno e di cosa vive?”, gli
chiedemmo.
“È molto più numeroso di quel
che si pensi, ma assai vasti
sono i luoghi in cui siamo. Vivono negli scantinati delle case
che danno sui canali, in anfratti
naturali, su diversi livelli; dove
siamo ad esempio è il secondo,
ma ne esistono altri sotto di noi.
Alcuni lavorano in superficie e
fanno ritorno la sera, altri non
si muovono da qui da anni;
tutti poi non si fanno vedere
volentieri, contraddirebbero le
ragioni per cui sono in questo
luogo.
Ci riuniamo una volta al mese,
più spesso in caso di necessità,
per parlare, discutere, tenere
unita questa comunità e per distribuire beni di prima necessità
ai più bisognosi.
Gli aiuti arrivano da diverse
fonti, parenti, amici, lasciti, ma
anche da questue e furtarelli.
In questo la banda dei bassotti
non ha eguali; gli scatoloni su
cui siete atterrati, ce li hanno
spediti loro attraverso lo scivolo
che avete percorso per arrivare
qui”.
“E quando potremo riabbracciare Sussezza e far ritorno
a casa?”, gli domandammo
ancora.
“Domani sera si riunirà il popolo
della notte e il vostro amico
sarà con loro, per quanto il
vostro ritorno a casa…si vedrà”.
L’amore guarda
non con gli occhi
ma con l’anima
William Shakespeare
fra le fiamme che sbarravano
il passaggio. Fu un bruciante e
soffocante attimo, poi il gigante
riemerse dall’altra parte fra un
crepitante vortice di scintille.
Fine 7a puntata
(segue nei prossimi numeri)
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Perché il volontariato non conosce periodi di crisi