MENSILE
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921 00 8
1 0 33 0
6,00 € - Anno XXVIII, n. 330, giugno 2011 - Tariffa R.O.C. (ex 20/B): Poste Italiane S.p.A. - Sped. in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1, DCB Roma
T E C N I C A >> G R A N F O N D O >> S A L U T E >> I T I N E R A R I
>>NEVI SPINAS
TITANIO ITALIANO
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>> STATI UNITI: NEW YOR
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ESPERIENZA INDIMENTICA
COLLI
>> CESENATICO: NOVE
GLI IMMANCABILI 12.000
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>> MARCHE: STRAROSS
TRA IL MARE E LE COLLINE
>>WILIER IZOARD XP
UNA “ENTRY” EVOLUTA
GRANFONDO
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esplodendo. I ciclisti am
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sempre stati in bilico tra
agonismo
e cicloturismo di lunga
distanza.
Il Paese è la patria della
Race Across
America e di decine e dec
ine di corse
gemelle ad anima più cic
loturistica,
ma Central Park è anche
il luogo dove
ogni sabato e ogni dome
nica si
ingaggiano sfide bollen
ti in circuito.
Negli Usa, le granfond
o sono sbarcate
da tre o quattro stagioni,
proprio
sull’onda di quelle dolom
itiche
e appenniniche che mo
lti americani
hanno testato nell’ultim
o decennio
e poi raccontato in pat
ria.
Nessuno, però, aveva ma
i osato
“abbordare” New York
e nessuno aveva
pensato di organizzare
una corsa
davvero internazionale
. La folle idea
non è venuta nemmeno
a due cittadini
americani o a una società
sportiva,
ma a due “green card ho
lders”
(Lidia e Uli Fuhme, lei
di origini
polacche, lui tedesco),
ragazzi
appassionati di bici e di
agonismo
che hanno provato a tra
mutare
un sogno in realtà.
UN SOGNO E UNA FORM
ULA
Il sogno si è concretizz
ato lo scorso
8 maggio, con l’edizione
inaugurale”
della Gran Fondo New
York, una corsa
di sicuro imperfetta, ma
che per il
movimento ciclistico ha
rappresentato
una pietra miliare: ha fat
to scoprire
che la metropoli di Ne
w York è
compatibile, anzi per alc
uni versi è
proprio adatta, a un gra
nde evento
ciclistico agonistico. Un
evento che,
se si consoliderà, sarà di
certo molto
costoso sia in termini eco
nomici che di
impegno personale, ma
potrebbe avere
un valore simbolico fen
omenale.
A New York hanno sce
lto una formula
di corsa agonistica spu
ria: classifica
finale sì, ma basata sul
la somma dei
tempi delle quattro salite
previste.
È la formula del Giro del
le Dolomiti
e anche dell’ultima LaPin
arello. Una
formula che non imped
isce alla corsa di
avere incroci protetti e
scorta per la
testa del gruppo e che
non riduce in
alcun modo la libertà ind
ividuale nella
scelta della velocità. Un
a formula che
comunque limita molto
i rischi in
discesa e in pianura ed
evita sia
i giochini di squadra che
le volate,
che oltre ad alzare il tas
so di rischio
deformano le granfond
o facendole
pericolosamente assom
igliare a corse
professionistiche di ser
ie B.
L’impegno newyorkese
è grosso, perché
nessuno aveva mai pro
posto una corsa
ai margini della città, al
di fuori di
Central Park. La dome
nica prima della
granfondo si era svolto
il Five Boro
Bike Tour, una pedalata
a numero
k
Prima edizione della Gran Fondo New York. Una prova già molto bella, che può e deve
crescere in tutti i sensi. Ecco l’analisi di chi l’ha vissuta come osservatore privilegiato.
di Marco Bonarrigo
GRAN FONDO
NEW YORK
Chi è avanti
e chi indietro?
SPORTOGRAF.COM
k
new yor
GRANFONDO
GRAN FONDO
NEW YORK
Chi è avanti
e chi indietro?
chiuso (30.000 pettorali esauriti
in poco tempo, 70 kilometri di tracciato,
75 dollari di iscrizione...) che è una sorta
di storico, gigantesco antipasto della
granfondo, ma a carattere puramente
ricreativo: la dimostrazione di quanto
grande sia l’anima ciclistica di questa
città.
MANHATTAN
O NON MANHATTAN?
La città di New York, per molti europei,
coincide riduttivamente con Manhattan,
la sua isola più celebre. La Gran Fondo
New York, della Manhattan vera e
propria ha sfruttato solo i primi
1000 metri, quelli lungo la campata
bassa del Washington Bridge, da dove la
corsa partiva. Poi 100 miglia di tracciato
- per molti tratti davvero bellissimo tra le colline del New Jersey e dello Stato
di New York, prima costeggiando la riva
dell’Hudson e poi scollinando sulla
Bear Mountain. Un tracciato molto
“americano” ed estremamente
interessante per la varietà dei paesaggi:
l’accesso al via dai Docklands, il ponte,
lo skyline di Manhatthan, la zona vip
e bellissima di Palisades, la periferia,
la campagna e la montagna della East
Cost. Un viaggio nel paesaggio, ovvero
quello che dovrebbe sempre essere una
granfondo.
Se si parla del percorso, non si può
non dire che la Gran Fondo New York
ha ottenuto partenza e passaggio (con
chiusura al traffico) sulla corsia “bassa”
del George Washington Bridge,
il ponte sospeso sull’Hudson che collega
il cuore della città al New Jersey.
Con un passaggio di 106 milioni di auto
l’anno, il George Washington Bridge è di
gran lunga il ponte più trafficato del
mondo e la prima porta di accesso
automobilistica a New York City:
per questo la sua “conquista” da parte
degli organizzatori ha un valore enorme.
LO SPIRITO DEI PARTECIPANTI
Chi è il fondista americano? È un atleta
molto più curioso, molto più rilassato
e decisamente “meno performante”
di quello italiano medio, se per
performance si intendono tempi di
percorrenza e Vam di scalata. Ama le
bici di alto e altissimo livello e ci spende
molti soldi, considera l’allenamento
una cosa seria e quasi sempre si serve
di un coach on-line o in carne ed ossa.
Si appoggia più a un negozio di bici che
a un team vero e proprio, sogna un
viaggio per venire a correre in Italia
(Maratona, Eroica e Nove Colli sono
dei miti), appartiene a classi sociali
medie e alte, intende l’agonismo
prevalentemente come sfida contro se
stesso. Per chi spesso corre a piedi negli
Usa (New York, ma anche Boston
o Chicago) tutto ciò non è una novità.
Qui, che si corra in bici o a piedi, le
griglie di partenza sono quasi sempre
suddivise in “tempi finali previsti” e uno
ci si dispone in base al tempo in cui
prevede di terminare la corsa, senza
che nessuno ti controlli o imponga nulla.
Vi immaginate una cosa simile da noi?
UNA CORSA SICURA
Negli Usa i volontari non sono
autorizzati a controllare il traffico
e lungo le decine e decine di incroci
del percorso c’erano solo poliziotti.
Pur essendo totalmente a digiuno di
questo tipo di evento (non facile da
disciplinare, visto che i passaggi si
susseguono per ore), gli “sceriffi” degli
stati di New York e del New Jersey
hanno saputo gestire i passaggi senza
rallentamenti, senza nervosismo e in
maniera elastica. Nessuna protesta,
poche cadute, un solo ricovero in
ospedale.
L’ANIMA DEL VOLONTARIO
Questa è la vera differenza, non solo
con le granfondo italiane ma proprio
L’ABBRACCIO
ALLA CITTÀ
Nelle pagine
precedenti, Ivan Piol,
organizzatore di una
delle prove top italiane,
la Sportful Dolomiti
Race, “abbraccia” la
Gran Fondo New York e
la Grande Mela.
All’Expo erano presenti
con i propri stand
anche la Maratona
delle Dolomiti (pagina
a destra, foto piccola) e
LaPinarello Cycling
Marathon. Pinarello era
anche sponsor della
manifestazione.
con il nostro sistema sportivo e sociale.
Il 90 per cento dei quattrocento
volontari in servizio all’Expo, sul
tracciato e all’arrivo, era stato reclutato
on-line con un bando sul sito Internet
della corsa. Persone di tutte le etnie
e condizioni sociali, sveglie,
motivatissime e felici di essere parte
dell’evento. Sono e saranno anche loro
il futuro di questa corsa, sono e
dovrebbero essere loro la forza di
qualunque evento di massa anche in un
Paese come il nostro dove il
reclutamento è sempre più faticoso
e spesso mediato da associazioni di
“volontari” che però operano chiedendo
almeno un rimborso spese.
SPORTOGRAF.COM
/
«La Gran Fondo New York, di Manhattan ha sfruttato la campata
bassa del Washington Bridge, da dove la corsa partiva. Poi 100 miglia
di tracciato tra le colline del New Jersey e dello Stato di New York,
prima costeggiando la riva dell’Hudson e poi scollinando sulla
Bear Mountain. Un tracciato molto “americano” ed estremamente
interessante per la varietà dei paesaggi: l’accesso al via dai Docklands,
il ponte, lo skyline di Manhatthan, la zona vip e bellissima di
/
Palisades, la periferia, la campagna e la montagna della East Cost».
I COSTI? ALTI
Sono alti, sia per chi partecipa che per
chi organizza, specie se si guarda alle
granfondo italiane. Il pettorale per
New York costava 210 dollari
che, anche con il cambio attuale, molto
vantaggioso, sono il doppio diquelo per
la Maratona delle Dolomiti.
Nel prezzo erano inclusi la maglia
della corsa, i ristori, un piccolo
pasta party conclusivo. Prezzi alti
anche per chi voleva comprare una
maglia tecnica
in più (110 dollari) o un paio
di pantaloncini (120 dollari).
Il problema è che gli standard
organizzativi americani sono onerosi e
lavorare su New York costa una fortuna.
Il solo affitto del quartier tappa - la
Roseland Ballroom - per tre giorni è
costato decine di migliaia di
dollari, la corsa
complessivamente quasi
mezzo milione: roba da
eguagliare una prova top in
k Italia.
new yor
GRATTACIELI
E DOLOMITI
Allo stand
della Maratona
si illustrano le vette
e le differenze
altimetriche tra le
montagne dolomitiche
e i più alti grattacieli
di New York:
un modo divertente
per promuovere
la prova di Corvara.
L’ATMOSFERA? ORIGINALISSIMA
Di gran lunga l’aspetto più bello della
corsa. Vigilia e pasta party post gara in
una gloriosa balera di Broadway, prima
decaduta e ora così vintage da ospitare
show al top. Il trasferimento al via
all’alba tramite l’Hudson River
Greenway, la ciclabile che circonda
Manhattan. L’allineamento e il via sul
ponte, che ricorda molto da vicino
quello della celeberrima maratona.
Poi il tracciato: uno scorcio di East k
79
GRANFONDO
Coast che per paesaggi urbani
e naturali è originalissimo.
L’atmosfera in gara, bella soprattutto
per gli europei, così come i ristori
e le time station. Bella la premiazione
finale: una vera e propria festa
che non aveva nulla a che fare
con le nostre premiazioni, distribuzioni
di materiale spesso tristissime e
disertate da tutti.
IL FUTURO?
SPORTOGRAF.COM
GRAN FONDO
NEW YORK
Chi è avanti
e chi indietro?
Corsa imperfetta, l’abbiamo detto:
a volte per ingenuità, spesso perché
k
new yor
NEL CUORE
DI NEW YORK
La mitica Roseland
Ballroom, a poche
centinaia di metri da
Times Square e Central
Park, è stata il centro
delle operazioni pre
e post gara.
Il nostro portale
Cycling.it era il media
partner ufficiale
per l’Italia della
Gran Fondo New York.
Nella sezione Photo
Gallery, tante immagini
da non perdere.
riusciranno a mettere assieme almeno
quattro o cinquemila persone, l’evento
potrà avere ben altra risonanza.
Potrebbe non volerci molto tempo,
ma il tempo conta perché solo con
moltissimi partecipanti una corsa del
genere può sostenersi dal punto di vista
economico e avere forte potere
“politico”.
E GLI EUROPEI?
Con 150 italiani arrivati dal nostro
Paese (più circa altrettanti residenti
negli Usa), la Gran Fondo New York è
stata un evento tricolore. New York
tira, a dispetto dei prezzi e della
logistica complessa, specie per chi si
SPORTOGRAF.COM
l’obiettivo da raggiungere è complesso.
La Gran Fondo New York deve
arrivare a Manhattan e non fermarsi a
una rotonda a fianco del Hudson, nel
New Jersey, com’è accaduto quest’anno,
con grande delusione dei partecipanti.
Il primo obiettivo degli organizzatori
per il 2012 è trovare un varco per
arrivare dentro Manhattan, magari
attraverso la stessa ciclabile del
Washington Bridge, che però è stretta
e in alcuni tratti pericolosa.
Una possibilità (come pure una finish
line in Central Park) che sarà
strettamente legata alla capacità di
persuasione del gruppo organizzativo e
anche alla progressione del numero dei
partecipanti. Che quest’anno, pur
avendo toccato i vertici per una
granfondo negli Usa, sono stati un po’
al di sotto delle aspettative: circa
duemila gli arrivati tra granfondo e
mediofondo. Diciamo che, quando si
80
/
Nella migliore tadizione
del “melting pot”, lo spirito
americano e quello italiano
si sono fusi in modo molto
originale, così come l’uso
dell’iPad più tecnologico
da parte dello staff non stonava
assolutamente con l’aria vintage
della Roseland Ballroom.
La Gran Fondo New York fa parte
/
SPORTOGRAF.COM
del World Cycling Tour dell’Uci.
porta dietro la bici da casa. Per chi se lo
può permettere, la gita resta
indimenticabile e l’esperienza ciclistica
di quelle da non perdere. Fermo
restando che forse è proprio lo spirito
di chi organizza e di chi partecipa uno
degli aspetti più belli di tutto il viaggio.
Come pure l’idea che per chi organizza
non ci sono luoghi tabù. Da noi è
giudicato impossibile correre a Milano,
ma anche, più semplicemente,
proteggere due strade di Bergamo per
consentire un arrivo tranquillo a chi
corre la Gimondi: non si fa per non
disturbare la domenica dei milanesi
e la loro passeggiata automobilistica.
A New York si fa e basta. E quando
l’evento diventa affidabile e importante,
nulla è impossibile, nemmeno arrivare
in Central Park tramite una
5th Avenue chiusa al traffico.
!
Chi è avanti e chi indietro?
81
GRANFONDO
A
A
8 SECONDI
una “granfondo” negli Stati
già nei mesi precedenti, cioè da quando
Uniti avevo già partecipato:
ho saputo che avrei partecipato alla
era una “century ride”,
corsa e da quando ho preso atto della
cioè una gara con distanza
formula originale con cui questa
superiore alle 100 miglia,
granfondo avrebbe definito la classifica:
come la Gran Fondo New York.
niente ordine d’arrivo stilato in base al
Ma in quel caso - era la Ride for the
passaggio sul traguardo, ma una
Roses, in Wisconsin - si trattava
graduatoria stabilita tenendo
di una cicloturistica, come
conto delle quattro salite più
la maggior parte delle
dure dislocate lungo
manifestazioni amatoriali
i 160 kilometri di percorso.
organizzate negli Usa sulle lunghe
Insomma, un’occasione ghiotta
k
r
o
y
new
distanze. Mai, invece, mi era
proprio per me che, oltre a
capitato di confrontarmi
essere un cicloamatore evoluto, ho
agonisticamente con i cicloamatori
anche una spiccata vocazione per le
d’oltreoceano. L’occasione della
salite. E poi - pensavo - i cicloamatori
Gran Fondo New York, per me che il
statunitensi hanno notoriamente un
vizio dell’agonismo non riesco proprio a
livello di specializzazione che a un
togliermelo, è stata insomma la più
cicloamatore evoluto proveniente
propizia. Ho cominciato ad allenarmi
dall’Italia fa sorridere: noi corriamo k
84
Il racconto della granfondo più “cool”
del momento da parte di chi l’ha corsa
davvero: i giorni precedenti la gara,
i problemi con il fuso orario e le “sgambate”
del sabato sul ponte di Brooklyn e al mitico
Central Park. E poi, domenica 8 maggio,
si entra in griglia, per affrontare 100 miglia
e quattro salite cronometrate, lì dove la
competizione è stata pura e c’era da battersi
con un team locale molto agguerrito
e organizzato. Il risultato? Secondo
in classifica, per soli 8 secondi...
SPORTOGRAF.COM
di Maurizio Coccia
DALLA
GLORIA
85
GRANFONDO
/
Il rapporto che New York
ha con la bicicletta è meno critico
di quello che una metropoli da
otto milioni di abitanti potrebbe
far pensare. Anzi, le due ruote
sono una componente rilevante
del patrimonio della Grande
Mela. A New York in migliaia
si muovono sulle messanger bike
e in milioni fanno sport.
Molti di meno, invece, usano
la bici in metropolitana...
A 8 SECONDI
DALLA GLORIA
quasi tutte le domeniche, il ciclismo
ce lo abbiamo nel sangue e il
cicloturismo quasi non sappiamo
neanche dove sia di casa... Tutto facile,
insomma? Macché! Prima di tutto,
alcuni dei concorrenti al via erano
tutt’altro che sprovveduti e poi, se vai
a correre negli Usa dall’Italia, devi
considerare variabili tutt’altro che
secondarie, come, ad esempio, il cibo
che trovi nel posto e, soprattutto, il
jet lag che dovrai metabolizzare il più
presto possibile. Se poi la granfondo di
cui si parla parte e arriva in una delle
metropoli vive del mondo, le cose si
complicano ancora di più.
FUSO COL FUSO
Partenza da Roma Fiumicino alle 14.50,
arrivo a New York alle 18.30, che in
realtà sarebbero le 24.30 ora italiana.
Il mio arrivo nella “Grande Mela”
è stato giovedì notte, più o meno 60 ore
prima della prova. Atterrato al mitico
Jfk, la stanchezza non la sento,
probabilmente perché eccitato dai giorni
e dalla gara avvincente che mi
aspettano.
Le operazioni di controllo alla dogana
/
SPORTOGRAF.COM
e del ritiro del corposo bagaglio bici
scorrono lisce. L’unica pecca, il volo,
a bordo del 767 Alitalia. E pensare che
la compagnia di bandiera era anche
sponsor della granfondo...
L’arrivo in albergo è alle 20 ora locale:
sono al centralissimo Sheraton Hotel,
sulla 7th Avenue, a due passi da Times
Square. Il tempo di sistemare i bagagli
e poi via per una cena veloce a
Manhattan. Hamburger? Patatine?
Cheese Cake? Tutt’altro: la cucina è solo
uno dei tanti aspetti in cui New York
esprime la sua essenza poliedrica, di città
che offre davvero tutto ciò che una
persona possa desiderare o immaginare.
Puoi mangiare il cibo di tutto il mondo,
fritto o light, da gourmand o da atleta,
ecc., ma è sempre molto
difficile mangiare male.
Così, dopo una
rinfrescante insalatona,
una birra e un gelato,
k
r
o
y
vado a letto a
w
ne
mezzanotte, in pratica alle 6
del mattino ora italiana. Sono distrutto,
mi addormento in meno di un minuto,
ma alle 4.30 sono già con gli occhi
spalancati. Colpa del jet lag, appunto.
È impossibile riprendere sonno, allora
meglio alzarsi e dedicarsi
a qualcosa di utile, ad esempio togliere
la bici dal borsone rigido e poi montarla
direttamente nella camera dell’albergo.
Fuori è ancora buio, ma dalla finestra
non vedo neanche una stella: ci sono
solo le mille e più finestre dei grattacieli
alti almeno centocinquanta metri.
E io sono lì che armeggio con i quick
release e il reggisella. Curioso, no?
La colazione la faccio alle 7, in un
I PRO AL VIA
Il più atteso sulla
griglia di partenza
era di sicuro George
Hincapie (sopra, in
maglia rossa), vera e
propria leggenda del
ciclismo newyorkese.
Come è andata
la granfondo del
pro americano?
Ha pedalato in tutta
tranquillità, scortando
un gruppo di amici
di vecchia data.
Oltre ad Hincapie,
tra i pro al via c’era
anche Andrea Tonti,
che a dire il vero ha
abbandonato l’attività
da quattro mesi. Anche
Tonti ha pedalato senza
agonismo, realizzando
un video sulla
manifestazione
per la Rai.
supermercato. Sì, perché qui alcuni
supermercati hanno anche lo spazio
dove mangiare ciò che hai appena
preso dagli scaffali.
Torno in camera per vestirmi da ciclista,
per andare a fare qualche foto
ambientata in bicicletta: direzione ponte
di Brooklyn e poi Central Park.
Più che la stanchezza, sento una strana
sensazione di stordimento: è sempre
il jet lag, che ti fa sentire intontito e
abbassa la soglia dell’attenzione.
Una “sgambata” sul ponte di Brooklyn
è forse il modo migliore per svegliarmi
un po’!
Per evitare il traffico di Manhattan
preferisco, con scarpette e bici in spalla,
raggiungere il posto con la subway,
la mitica metropolitana: prendo la linea
blu, per circa dieci fermate. New York è
la città dove anche le persone più
eccentriche, anticonformiste e singolari
passano inosservate, dove chiunque
veste come vuole senza che nessun altro
si volti stupito ad osservarlo... ma, dalle
facce che vedo, capisco che trovare un
ciclista con body e casco dentro un
vagone della subway è qualcosa che
suscita un certo stupore anche qui... k
(continua a pag. 90)
SPORTOGRAF.COM
GRANFONDO
k
new yor
A sinistra, birilli sulla strada:
sono quelli che delimitavano
la carreggiata per il tratto
comune di percorso, dove
da un lato si transitava
all’andata, dall’altro per
il ritorno. Il percorso
disegnava infatti un
andirivieni su un asse
“sud-nord” di una
cinquantina di kilometri,
con il punto più meridionale
a New York e il più
settentrionale sulla
suggestiva Bear Mountain.
SPORTOGRAF.COM
SPORTOGRAF.COM
A 8 SECONDI
DALLA GLORIA
SPORTOGRAF.COM
SPORTOGRAF.COM
Alla vigilia della Gran Fondo
New York, tra gli stranieri al via,
in pochi si aspettavano di
incontrare scenari così suggestivi
dal punto di vista naturalistico.
Di “metropolitano” il percorso
aveva solo il kilometro iniziale
sul George Washington Bridge, da
dove sulla sinistra si poteva
ammirare lo skyline di Manhattan.
Tutto il resto della gara si
sviluppava tra le colline verdi degli
stati del New Jersey
e di New York, attraversando nel
primo tratto la zona residenziale, lì
dove i miliardari della Grande
Mela hanno le loro ville da favola.
Ma oltre al percorso,
a suscitare una certa sorpresa tra
i partecipanti è stata anche
l’altimetria: in pochi si aspettavano
di trovare un percorso così duro.
Oltre alle quattro salite
cronometrate, la gara prevedeva
infatti una serie numerosa di salite
di media lunghezza. Basta dire che
il dislivello complessivo registrato
dal nostro Garmin è stato di 2550
metri, equivalente al dislivello
della maggior parte delle nostre
granfondo. Condizioni tecniche
simili hanno messo a dura prova
i partecipanti, la cui preparazione
media era sicuramente inferiore a
quella che si può trovare nelle
granfondo di casa nostra.
GRANFONDO
/
L’autore del servizio in azione
sulla prima salita cronometrata,
il Colle della Punta Rocciosa:
«Dopo il tappeto di rilevazione
del tempo, inizio a pedalare
“a tutta”. Transito primo sul
tappeto di fine salita, qualche
istante prima dei sei avversari.
Capisco di avere un certo
vantaggio e di avere buone
possibilità per fare altrettanto
nelle successive salite e vincere
/
la classifica finale. E invece...».
A 8 SECONDI
DALLA GLORIA
(segue da pag. 87)
SGAMBATA A CENTRAL-PARK
Sabato mattina, giorno prima della
corsa: prima di andare a ritirare il
numero e il pacco gara nell’area adibita
nel centro di Manhattan, decido di fare
un giretto in bici a Central Park:
è questo il luogo scelto da tutti
i newyorkesi per lo sport, e siccome
i newyorkesi sono un popolo di sportivi
90
vari eventi e questa volta nientemeno
che per una granfondo. Curioso, no?
IL VIA DAL PONTE
SPORTOGRAF.COM
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Domenica 8 maggio, giorno della corsa:
la sveglia suona alle 5, due ore prima
della partenza. Sveglia all’alba?
Mica tanto: il fuso non l’ho ancora
metabolizzato e la sveglia a quell’ora
non è poi così tragica. Peccato solo che
il giorno prima sia andato a letto
a mezzanotte, cioè a alle 6 in Italia...
Mi vesto veloce, faccio colazione in
camera con un muffin e un succo
d’arancia e alle 5.30 sono già in strada,
a Manhattan. È ancora buio, è
domenica, la città è semideserta. Inizio
veri (gli obesi in questa città sono cosa
rara, al contrario di quanto accade in
molte altre zone degli States), è lecito
aspettarsi un sacco di gente sui viali
dell’enorme cuore verde della Grande
Mela. In effetti, andare in bici a Central
Park il sabato si può, ma bisogna stare
attenti non solo ai tantissimi ciclisti,
ma, soprattutto, ai podisti e a tutti i mille
sportivi che si aggirano nel parco con i
mezzi più strani: pattini, improbabili bici
da cronometro, vogatori mobili che si
muovono azionando gambe e braccia
simultaneamente, ecc.
Così come accade a me, anche molti
AGONISTI
DENTRO
Il loro livello di
allenamento non è
certamente evoluto
come quello dei
cicloamatori italiani,
nonostante questo la
maggior parte degli
statunitensi al via ha
messo in campo il suo
indomabile spirito
combattivo.
La posizione finale in
classifica? Quella, per
gli americani, conta
meno: quel che era più
importante ed eccitante
era approfittare di tutte
le occasioni di
competizione che
offriva la gara.
a risalite Manhattan attraverso i suoi
dei ciclisti che incontro già vestono
grattacieli, mi sembra curioso che
la maglia ufficiale della Gran Fondo
sto andando al via di una granfondo.
New York: è il gadget ufficiale della
La partenza è assai lontana dall’albergo:
corsa, da indossare obbligatoriamente
è al George Washington Bridge, uno dei
l’indomani. Molti di quelli che la maglia
ponti più grandi della città, che
non ce l’hanno, mi avvicinano
collega New York al New Jersey
incuriositi per capire cosa sia
e che per l’occasione della
quella “GranFondo New York”
granfondo è stato
che vedono scritta a chiare lettere
eccezionalmente chiuso al
sulla maglia. C’è un profondo
k traffico. Ai ciclisti è riservata la
r
o
interesse per l’evento, immagino
y
w
e
n
corsia inferiore di questo ponte
che il prossimo anno
dalle dimensioni gigantesche: ha un
i partenti potrebbero essere molti di più
doppio livello di corsie, superiore e
di quelli che hanno partecipato alla
inferiore.
prima edizione.
I kilometri da fare per arrivare allo start
Quanti erano? I preiscritti erano circa
sono una decina, il modo migliore per
2000, tutti elencati presso la Roseland
percorrerli è attraverso la ciclabile che
Ballroom, la suggestiva location adibita
costeggia il fiume Hudson: è una delle
a ritiro dei pacchi gara e poi al pasta
tante ciclabili di una città che di corsie
party e alle premiazioni finali.
riservate ai ciclisti ne ha per centinaia
Pensate, qui ha anche suonato un mito
di kilometri, tutte pulite, tutte
come Bob Dylan! Ora è utilizzata per
k
91
GRANFONDO
A 8 SECONDI
DALLA GLORIA
perfettamente funzionanti e tutte
rispettate dai pedoni. Proprio come in
Italia...
PRONTI, VIA!
SPORTOGRAF.COM
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Raggiungo il via alle 6.30,
transitando attraverso una
corsia preferenziale creata
dagli organizzatori proprio per
k
i ciclisti e delimitata non dalle
new yor
solite frecce, ma da fiaccole
poste sull’asfalto. Mi viene da pensare a
un’“americanata”, e invece in questa
cornice così originale per essere una
granfondo tutto sembra abbinarsi a
pennello a un evento così unico e
particolare. Il mio pettorale
è il 21, mi dà il diritto alla prima griglia.
In realtà, qui le griglie sono pura
formalità, perché al “Pronti, via!”
nessuno scatterà a tutta, visto che per
aspettare la prima salita cronometrata
bisogna attendere 51 kilometri, tutti
cicloturistici. Più che altro, la prima
griglia è riservata a chi si è iscritto per
prima, agli ospiti dell’organizzazione e,
in particolare, alle “guest star”: il primo
di questi è George Hincapie, leggenda
del ciclismo statunitense e newyorkese
in particolare. Nonostante ora viva in
New Jersey, Hincapie è nato proprio
a Manhattan: appena arriva in griglia,
alle 6.55, si alza un fragoroso applauso.
Qualche foto di rito e poi viene dato il
92
via. Ci si muove sul ponte con lo skyline
di Manhattan che si staglia sulla sinistra:
emozione pura. Dopo qualche centinaia
di metri, il ponte diventa tunnel
e il gruppo s’infila veloce nella galleria
che conduce al confine con il New
Jersey. Proprio lì gli americani
cominciano a urlare festosi come fossero
bambini: è una situazione che nelle
partenze da brivido delle granfondo
italiane non sarebbe davvero
immaginabile. Ancora una volta mi
viene da pensare che, in Italia, del vero
spirito granfondistico forse non abbiamo
capito niente...
L’ARRIVO NELLA
ROTONDA
Nella foto grande di
questa pagina, l’arrivo
nella rotonda criticato
da molti. In realtà,
l’arrivo sarebbe dovuto
essere alla fine della
discesa, sul lungofiume,
ma tre giorni prima
della prova il permesso
è stato annullato.
A TUTTA SULLE SALITE
La prima al 51° kilometro, la seconda
al 63°, poi la terza e più lunga - 6 km al 75° kilometro e infine la quarta, corta
e ripida come le prime due, al 115°
kilometro: la sequenza delle salite
cronometrate della Gran Fondo
New York me l’ero scritta su un foglietto
che avevo attaccato al tubo superiore
della bici, un po’ come fanno i corridori
alla Parigi-Roubaix per ricordarsi dei
tratti di pavè. Capire quando sarebbero
arrivati e quanto sarebbero stati lunghi
i tratti a cronometro era infatti
fondamentale per gestire al meglio
LA GRAN FONDO
CON IL GARMIN
A sinistra, il Garmin
Edge 800 con cui
abbiamo corso
la granfondo.
Sono evidenti
i dati registrati.
Sopra, Maurizio Coccia,
l’autore del servizio,
subito dopo l’arrivo:
ha una bandiera
italiana per celebrare
il 150° anniversario
dell’Unità d’Italia.
le energie e per organizzare
alimentazione e recupero tra un tratto
e l’altro.
Siamo al 45° kilometro: anche se fino
a questo punto la granfondo è ancora
cicloturistica, a condurre la corsa si è
formato un gruppetto di una ventina
di fondisti che percepisco essere quello
dei più allenati. In particolare,
a “preoccuparmi” è un sestetto in maglia
bianco-rossa: loro la maglia ufficiale
della granfondo non la indossano, forse chissà - perché hanno avuto una deroga
dall’organizzatore motivata da esigenze
imposte loro dagli sponsor. Per me
è un’ulteriore conferma che si tratta
di gente allenata, da tenere d’occhio.
Per averne la certezza mi avvicino a uno
di loro, a quello che mi sembra avere
“la gamba” più allenata. Gli chiedo:
«Conosci la prima salita?». Glielo
chiedo non tanto per avere informazioni
dettagliate, ma più che altro per intuire
quali sono le velleità di questo ragazzo
che pedala davvero bene e che, per di
più, ha una scorta di cinque compagni
pronti a dargli una mano. Lui, in inglese,
mi conferma di conoscere bene il posto
e che la salita è «very short but very
steep at the beginning and easier at the
end» («molto corta, ma molto ripida
all’inizio e più facile alla fine»). Già, lo
immaginavo: mi sa proprio che questo
sarà un osso duro!
Non ci sto a pensar troppo e, una volta
oltrepassato il tappeto di rilevazione del
tempo, inizio a pedalare “a tutta”, stando
solo attento alla cadenza di pedalata,
perché so che pedalare troppo duro può
essere il modo peggiore per restare
in debito nelle tre salite successive.
Transito tra i primi sul tappeto di fine
salita, qualche istante prima dei sei in
maglia bianco-rossa. Capisco subito
di avere accumulato un certo vantaggio
e a quel punto mi viene da pensare di
avere buone possibilità per fare
altrettanto nelle successive salite e
vincere la classifica finale... Ma in
bicicletta i conti definitivi non conviene
mai farli troppo presto...
NELLA MORSA DEI NEWYORKESI
Tra la prima e la seconda salita
cronometrata ci sono una decina di
kilometri per recuperare: è il momento
giusto per pedalare un po’ in agilità,
per alimentarsi velocemente con un gel
e, soprattutto, per familiarizzare con gli
avversari, proprio adesso che tutti sono
stati obbligati a scoprire le proprie carte.
Inizio dunque a parlare con il tipo
in maglia bianco-rossa che, a occhio,
mi sembra il più allenato del team.
Si chiama Chris Johnson, è nato
in California e vive a Philadelphia.
k
93
GRANFONDO
A 8 SECONDI
DALLA GLORIA
In passato ha corso come professionista
in squadre statunitensi, ma dallo scorso
anno ha abbandonato ufficialmente
l’agonismo per dedicarsi all’attività
amatoriale evoluta correndo tra le fila
del Team No Tubes, che è la squadra
amatoriale più competitiva della east
coast. In pratica, è un po’ come fosse
la “Cicli Maggi” d’oltreoceano... Come
Johnson, sono ex professionisti anche
altri dei suoi cinque compagni di squadra
in gara oggi. Tra loro c’è anche Clayton
Barrows, un ventinovenne che fino al
2009 ha corso professionista con il team
Continental Agisko Dart. Nonostante
abbia un fisico da passista possente, in
salita Barrows pedala eccome. Sulla
seconda salita cronometrata mette in
testa un suo compagno di squadra a
tirare. La salita inizia pedalabile e poi
s’impenna: in una situazione del genere è
fondamentale stare a ruota. Ma la fila
indiana si sgretola nella seconda parte
della salita, là dove la pendenza passa
rapidamente dal 3 al 12 per cento. Io dò
il massimo di me stesso, ma Barrows e il
suo compagno Mike Margarite hanno
qualcosa in più di me e mi precedono sul
tappeto posto al Gpm. Diavolo, questi
americani vanno proprio forte! Loro mi
parlano delle gare corte a circuito che li
vedono impegnati quasi ogni domenica,
ma, a quanto pare, non vanno niente
male neanche sulle lunghe distanze.
Tant’è: capisco subito che l’esito della
corsa si deciderà sulla terza salita, quella
di Bear Mountain, molto più lunga delle
prime due, per questo l’unica dove si
potrebbe provare a fare la differenza.
Peccato, però, che i 6 kilometri di
lunghezza sviluppino un dislivello di 360
metri: in pratica, una salita molto
pedalabile, dove è logico che i sei del
Team No Tubes facciano gioco di
squadra e si mettano a tirare un po’
l’uno, un po’ l’altro. Così effettivamente è
e io non posso fare altro che stare
incollato il più possibile a loro, che tra le
altre cose questa salita e le altre le
conoscono bene e le hanno persino
provate qualche giorno prima della gara.
La salita di Bear Mountain inizia con
pendenze del 4, 5 per cento, dove
saliamo costanti a 30 all’ora. Il secondo
tratto è più ripido ed è lì che ho le uniche
possibilità di provarci: forzo a tutta e,
manco a dirlo, mi porto dietro Barrows,
che mi “francobollo” la ruota. Niente da
fare, questo diavolo di americano va
proprio forte! Rallento un po’ per far
tirare lui, poi ancora provo a scattare, ma
senza esito. Arriviamo quasi assieme al
Gpm, dove però il mio compagno di
avventura mi pianta uno scatto secco a
200 metri, guadagnando un’altra
preziosa manciata di secondi.
A quel punto capisco che sarà difficile
sovvertire l’ordine di arrivo con l’ultima
salita, con la rampa corta ma ripida
chiamata Colle della Punta Rocciosa.
Qui parto ancora a tutta, questa volta la
spunto per qualche metro sul mio diretto
avversario, ma sicuramente nella somma
dei tempi lui avrà fatto meglio di me.
«Congratulations, I’m sure you are the
winner», gli dico. Così sarà. Il suo tempo
totale sarà migliore del mio di 8 secondi,
pochi, ma quelli che bastano per mettere
" PARLA IL VINCITORE, CLAYTON BARROWS #
C
i tenevamo a fare bene in questa gara organizzata a
New York, dove c’è la sede del nostro team e dove ci
sono molti dei nostri sponsor. In squadra siamo nove
in tutto, alcuni di noi vivono a New York mentre altri vengono
dalla Pennsylvania, dal Wisconsin e dalla California. Facciamo
attività amatoriale a livello nazionale e molti di noi hanno corso
professionisti negli anni passati. La mia gara? Ho dato il massimo nelle salite cronometrate, cercando di recuperare il più possibile tra una salita e l’altra. Vorrei ringraziare tutto il team, che
mi ha aiutato tanto».
«
94
IL PODIO
Nella foto, il podio: il
vincitore Clayton
Barrows tiene in mano
il primo premio, una
fiammante Pinarello.
Alla sua sinistra,
Maurizio Coccia
innaffia il pubblico
con lo champagne:
per molti è stato lui
il vincitore morale
della prima Gran Fondo
New York, avendo
corso praticamente
da solo contro
un team di ex pro.
il suo nome nella prima Gran Fondo
New York. A me rimane il secondo
posto assoluto, un bel paio di ruote
Mavic come premio (al primo invece
è andata una fiammante Pinarello...)
e una premiazione con i fiocchi al
Roseland Ballroom, proprio dove si
ritiravano i pacchi gara.
IL BILANCIO DELLA GRANFONDO
Il bilancio della gara? Agonisticamente
parlando, direi che il mio è più che
positivo. Altrettanto positivo è il
responso oggettivo della manifestazione.
A onor del vero bisogna ricordare le
critiche che gli organizzatori hanno
ricevuto da più di un partecipante
(soprattutto gli italiani) per via di un
arrivo posizionato in un posto un po’
angusto, per via di strade in certi tratti
dissestate e, soprattutto, per la
mancanza dell’acqua nella zona
d’arrivo. In realtà, volendo esprimere
un’opinione su una granfondo così
k
r
o
new y
particolare, bisognerebbe prima di
tutto liberarsi dal “metro italiano” di
valutazione delle granfondo.
Ricordiamoci bene che non è
sicuramente stato facile organizzare un
evento simile in una città come New
York e altrettanto difficile sarà stato
allestire la granfondo per i due
organizzatori Lidia ed Uli Fluhme, che in
questo settore erano nuovi e che
nonostante questo hanno messo tutte le
loro energie, sostenendo tutti gli impegni
del caso e, soprattutto, sostenendo le
spese e gli oneri altissimi che richiede
New York per organizzare eventi simili.
A proposito, Lidia e Uli hanno già
annunciato la data della seconda
Gran Fondo New York. Io, ovviamente,
!
spero di esserci ancora...
i Pa d , i P h o n e , i Po d To u c h e A p p S to re s o n o m a rc h i re g i st ra t i d i A p p le I n c .
Revolution
> MOBILE
> 6/2011
L’evoluzione
è diventata Rivoluzione:
LA BICICLETTA
è arrivata sull’iPad.
Ed è cominciata
una nuova Era
nel modo di informare
e comunicare.
LA BICICLETTA
si può leggere
direttamente sull’iPad,
sull’iPhone
e sull’iPod Touch,
sfogliando pagina
per pagina la copia
del giornale.
Con le frecce
ci si muove avanti
o indietro, mentre con un
“tap”
si ingrandisce
e con due si torna alla
pagina intera.
Naturalmente,
si può zoomare
ulteriormente usando il
movimento delle dita
ed è possibile
visualizzare sia pagine
singole
sia doppie pagine.
E non è finita qui.
Ci sono, infatti,
grandi novità.
(...)
for iPhone & iPad
NEW WAYS OF COMMUNICATION
GRANFONDO
GF NEW YORK
PARLANO I
PROTAGONISTI
Ecco i commenti raccolti dopo
l’arrivo: molte le voci positive, ma anche
qualche critica costruttiva. L’opinione
comune? Un evento del genere non
k
r
o
y
w
e
n
può che crescere nel futuro.
CARLOS FAMILY
GLENN PEPE
«Vengo dal West Virginia, 300
km da New York. È stata più dura di quello che pensavo. Le
granfondo, fino a ieri, non sapevo cosa fossero. Quanto ho
impiegato? Non mi interessa!»
«Sono di Montreal, Canada.
Correre con il traffico controllato e i bivi presidiati dalla polizia
è stata un’esperienza eccitante.
La mia non è stata una gara veloce, ma di sicuro divertente».
LUCIA VAZQUEZ
DAVID MOORE
DREW FLAWDELY
DZMITRY BUBEN
«Direi che sette ore e mezza per
fare 100 miglia non sono davvero male per me. Ho incontrato un sacco di italiani. Sono
esausta, ma superdivertita».
«Questa non è la prima “century ride” organizzata a New York.
Qualche anno fa c’è stato un
evento simile. I ciclisti newyorkesi sono molto competitivi».
«Per essere uno che pedala solo il sabato, a Central Park, finire la gara è stato un grande risultato. La formula delle salite
cronometrate accontenta tutti».
«Ho fatto un errore: salire duro
sulle prime salite per poi pagare sulle ultime. Così sono finito
solo 130° di categoria. Sono albanese, ma vivo da anni a NYC».
ANTONIO CANTORE
GRAHAM JOHNSON
FERRUCCIO PALLADINI
FRANCESCA PONZANELLI
«Prima della gara gli organizzatori sono venuti in Italia a vedere come si organizza una granfondo. Però la granfondo ha lasciato un po’ a desiderare per i
ristori e per l’arrivo».
«Vivo a Brooklyn. Conosco a
memoria queste strade e queste salite, perché mi ci alleno
molto spesso, ma farle in corsa
è stata tutta un’altra cosa. L’organizzazione? Ecellente».
«Non avevo mai corso negli
Usa, ho saputo della granfondo
da Internet. Bella gara e posti
belli. In realtà, venendo a New
York, non mi immaginavo un
percorso così impegnativo».
«La mia trasferta è iniziata male: al Jfk la mia bici non è arrivata. È arrivata il giorno dopo,
ma non mi sono sentita di correre. Comunque ci sono state
diverse critiche sulla corsa».
82
GREGOR SEAH
JOHN ROBERTS
ELISABETTA BEIGUIDI
ANDRE DUMAS
«È stato eccitante partire dal George Washington Bridge. In passato, qui nella zona di New
York, avevo già corso delle “century ride”, ma questa di sicuro
è stata la meglio organizzata».
«Vengo dalla Florida. Divertente mettersi alla prova sulle salite cronometrate. Certo, se mi
avessero permesso di mettere
la maglia sociale, i miei sponsor
sarebbero stati più contenti».
«Bella atmosfera, ma strade disastrate. E in più mancava lo
striscione d’arrivo, oltre alla medaglia e all’acqua a fine gara.
Con 200 dollari di iscrizione mi
aspettavo un servizio diverso».
«Dopo due maratone podistiche, finalmente qui a New York
è stata la volta di una maratona ciclistica. Credo che questa
gara possa crescere molto: il ciclismo qui è molto praticato».
STEVEN SUBER
STEVEN PATEK
DAVID COOKS
MARCO SACCANI
«Si dovrebbe pensare a un trasporto dall’arrivo alle premiazioni. Dopo 100 miglia di gara,
non puoi far farne altre dieci
per andare al pasta party».
«Vivo a Long Island. Credo che
questo evento non possa che
crescere, così come stanno crescendo le altre granfondo organizzate negli Usa».
«A casa mia, a Montreal, tre settimane fa ero sotto zero. Non
sono molto allenato, ma quando ho saputo dell’evento ho fatto di tutto per non perderlo».
«Sono venuto con il tour operator Terramia. Di granfondo negli Usa ne avevo già fatte, ma
organizzate meglio di questa.
Qui mancava l’acqua all’arrivo».
MAURICIO SANCHEZ
MONIA CALDERONI
WAREN KATZESTEIN
STEFANO MORAZZONI
«Sono di Città del Messico, ma
vivo a New York. Non potevo
non esserci, anche se 200 dollari di iscrizione sono troppi, soprattutto se paragonati ai prezzi delle granfondo europee».
«Ero qui ad accompagnare il
mio compagno. Della corsa ho
visto la partenza e l’arrivo. Sicuramente è stata una granfondo
diversa da quelle italiane. Bella
esperienza, la ripeteremo».
«Per me che sono di Boston
questo era un percorso al top,
con molte salite. Partire dal ponte George Washington e vedere Manhathan a sinistra è stato
emozionante!»
«Rispetto alla granfondo italiane è tutta un’altra storia: è stato bello vedere la gente uscire
di casa per applaudirti anche se
passi per ultimo. In Italia, purtroppo, tutto questo non esiste».
83
IN GARA
D
edacciai
Strada, Deda
Elementi,
Campagnolo,
Fulcrum,
Selle San
Marco, Vittoria, Elite,
Gaerne, Limar, Giordana,
Rudy Project e Sci-Con:
a loro vanno i nostri primi
ringraziamenti per
averci fornito il telaio,
i componenti, gli accessori
e l’abbigliamento con cui
abbiamo corso la Gran
Fondo New York
(e poi un grazie va anche
agli amici del negozio
romano Pro-Bike, che la bici
ce l’hanno gentilmente,
velocemente e perfettamente
montata per andare a correre
nella Grande Mela).
k
di Maurizio Coccia
Correre in America con una bici tutta italiana, con telaio,
componentistica, accessori e abbigliamento tutti “made in Italy”: questa
l’idea - realizzata - che ci è venuta in mente qualche mese fa, quando
abbiamo organizzato la trasferta granfondistica più emozionante di
questa stagione 2011: la Gran Fondo New York.
k
new yor
IN GARA
ITALIANA
NEW YORK
UN’
A
La Zoncolan è un modello
dell’altissima gamma di Selle San
Marco. Si tratta, in particolare, di
una sella appartenente alla famiglia
delle selle con scafo affusolato,
molto adatte per utilizzatori con
bacino piccolo come era il mio caso.
La parte posteriore garantisce un
ottimo comfort, mentre la sagoma
rastremata della parte del “naso”
ha consentito di cambiare punto di
seduta in base al momento di gara.
Ci è stata fornita nella leggerissima
versione Carbon FX, con telaio in
carbonio e peso di 157 g.
A sinistra, il profilo generoso del nuovo manubrio
Deda Elementi M35: di particolare, questa curva
ha il diametro della parte alto-centrale, che si
mantiene oversize, da 35 mm, per tutto il suo sviluppo. In gara, sezioni così generano un nuovo tipo di impugnatura, distribuiscono meglio la pressione sul palmo della mano e ampliano le possibilità di trovare posizione diverse. Il tutto è condito
da un ulteriore vantaggio tecnico: la rigidità.
Per i 173 cm di altezza del tester la misura più adatta del telaio Strada Nerissimo è stata la S,
corrispondente a una 52 cm. Il telaio è inoltre disponibile nelle misure XS, M, L e XL, corrispondenti, rispettivamente, alle 50.5, 53.5, 55.5 e 57.5 cm. In tutti i casi la geometria del frame prevede angoli di sella e di sterzo molto adatti all’uso agonistico e altrettanto indicati per
una prova ricca di salite da fare “a tutta” come era appunto la Gran Fondo New York.
Gruppo trasmissione al top per il telaio Nerissimo: il montaggio “made in Italy” non
poteva che essere Campagnolo, con il gruppo di vertice della Casa, il Super Record a
11 velocità. Per la Gran Fondo New York abbiamo scelto di utilizzare un pacco pignoni 12-27 unito a una guarnitura 53-39. Le pedivelle? 172.5 mm.
Sulla nostra bici tutta “made in Italy” portata oltreoceano non poteva mancare un
adesivo “I love Italy”. Oltre a questo, per ricordare la posizione e la lunghezza delle quattro salite cronometrate, sul tubo superiore è stato applicato un adesivo con
la descrizione dettagliata delle quattro salite. In pratica, un po’ come fanno i pro alla Parigi-Roubaix, che sulle bici attaccano un promemoria con i settori di pavè.
La forcella? Una full-carbon con foderi dalla forma alare, che danno ottimi risultati
aerodinamici e che si abbinano perfettamente con le linee “spigolose” dei tubi . La
forcella è prodotta specificatamente per il Nerissimo e ha un cannotto in carbonio.
Il suo comportamento in gara? Scattante in salita e facilmente guidabile in discesa.
In una gara che solo le salite
avrebbero deciso la classifica
non potevamo che scegliere
un set votato alla massima
leggerezza: ecco allora le Racing Light, le basso profilo
della Fulcrum con cerchio in
carbonio. Nella versione per
tubolare che abbiamo usato,
la coppia pesa solo 1420 g,
divisi tra i 546 g dell’anteriore e i 680 g della posteriore.
k
new yor
Il Moro è stato progettato dalla
Elite per chi cerca un portaborraccia non convenzionale e, al
tempo stesso, elegante. L’apertura frontale permette l’inserimento di borracce di diversi
formati: standard da 74 mm,
ma, appunto, anche non convenzionali, come da 73 o 75
mm di diametro. È un portaborraccia leggerissimo, realizzato da una lastra di carbonio.
Sollecitazioni importanti quelle ricevute
dalla bici nel primo tratto di gara, dove
si risaliva il fiume Hudson lungo una salita con asfalto molto dissestato: in questa situazione hanno svolto un ottimo lavoro i foderi posteriori del telaio Nerissimo, con la loro forma corposa che annulla le torsioni laterali e migliora anche
l’assorbimento dei colpi.
Il logo del nostro sito Internet Cycling.it (media partner esclusivo per l’Italia della Gran Fondo
New York) compare sulla Zoncolan, la sella che Selle San Marco ci ha personalizzato per l’occasione. La sella poggiava su un reggisella fornito da Deda Elementi: nel caso specifico, era il
modello Zero 100 da 31.6 mm, con struttura in alluminio e peso di 229 g.
Le coperture ce le ha fornite Vittoria: i Corsa Evo SC, il modello più evoluto della Casa, in
versione per tubolare, più performante rispetto a quella per copertoncino. I Corsa Evo SC sono l’evoluzione dei Corsa Evo CX, rispetto ai quali sono migliorati, ad esempio, nella mescola, rivelatasi molto adatta all’asfalto granuloso che caratterizzava molti tratti della granfondo.
La nuova curva Deda Elementi M35
ha ovviamente un attacco manubrio
“dedicato”, il Trentacinque, con diametro del morsetto speculare ai 35
mm di sezione della curva. A parte il
diametro di connessione, le caratteristiche strutturali di questo attacco
manubrio sono identiche a quelle del
famoso attacco Zero 100, quindi troviamo una struttura in alluminio forgiato con un’accurata lavorazione interna ai fini dell’alleggerimento. Noi
abbiamo utilizzato un’estensione da
120 mm, con inclinazione di 82 gradi.
Il peso? 136 g.
IN GARA
La maglia tecnica che celebrava la granfondo New York, da usare in gara (faceva parte del kit di iscrizione), era realizzata da Giordana, così come i pantaloncini. Tutto molto comodo, adattissimo al
clima del periodo e di gran gusto: veramente molto belli i colori e le grafiche.
Solo 200 g per la misura L del casco che
abbiamo utilizzato alla Gran Fondo New
York. È stato quanto
di meglio si potesse
usare in una granfondo in cui la classifica
si decideva in salita e
dove la leggerezza era
quindi un requisito
prioritario.
Oltre che per il colore, uno sgargiante giallo-fluo che di questi tempi va molto
di moda e che tra l’altro si abbinava perfettamente con la maglia ufficiale della
granfondo, gli occhiali Noyz forniti da Rudy Project si caratterizzano per le
qualità delle lenti RP Optics, che neutralizzano i raggi ultravioletti.
Le scarpe fornite da Gaerne sono
un’anteprima 2012, le G. Mythos
Plus, eccezionalmente corredate da
un tricolore sulla talloniera. Utilizzano il sistema antiscalzata Hell
Grip Plus che, attraverso un materiale sintetico posto internamente
alla talloniera, impedisce la fuoriuscita del piede negli scatti. E in effetti ce ne siamo accorti subito,
non appena scattati in fuorisella
per la prima salita cronometrata...
Una valida e immediata soluzione alle forature è il Pit Stop, il
“gonfia e ripara” che Vittoria ha
progettato sia per i copertoncini
che per i tubolari. Ripara fori fino a 3 mm. Per fortuna, però,
non ci è servito...
Il gps Edge 800 della Garmin sulla “consolle”: è stato
la nostra “guida” americana a New York, utilissimo
sia per orientarci nelle strade di Manhattan, ma anche
per monitorare e tenere
sotto controllo il nostro
sforzo durante i tratti cronometrati della granfondo.
Oltre al sistema di localizzazione satellitare, infatti,
l’Edge 800 è provvisto anche di cardiofrequenzimetro, contapedalate, altimetro e tachimetro, funzioni
fondamentali per controllare la performance.
ITALIANA
NEW YORK
UN’
A
100
Per il trasporto aereo della
bicicletta è stata necessaria la borsa rigida, che
protegge la bici da eventuali urti nelle fasi di carico e scarico bagaglio. La
borsa fornitaci dalla specialista Sci-Con è stata la
soluzione migliore in questo senso.
Si tratta di marchi tutti italiani,
schiena e senza avere alcun
perché la scelta di correre
problema di adattamento alla
con una bici interamente
posizione o ai nuovi materiali
“made in Italy” non è stata
che stavo utilizzando.
casuale, nell’anno in cui
Cosa significa tutto questo?
si celebra il 150° anniversario
Di sicuro significa che il mio
dell’Unità d’Italia. E a dirla tutta,
fisico ha una buona elasticità
è stata anche un’occasione
muscolare e un buon
ghiotta per le gambe di chi
allenamento, ma è anche
scrive, visto che tutti i materiali
la dimostrazione che il telaio
utilizzati in corsa erano di
che stavo usando avevano
altissima gamma, di ultima
un’impostazione geometrica
generazione e, non da ultimo,
indovinata e che l’assetto e
in possesso di un peso davvero
l’ergonomia dei componenti
ridotto. Una volta montata,
era di ottimo livello. Scendendo
e comprensiva di pedali e di
nei dettagli, possiamo dire che il
portaborraccia, la nostra
carattere del telaio Dedacciai
bicicletta ha fermato l’ago della
Strada Nerissimo è
bilancia elettronica ad appena
particolarmente corsaiolo, ha
6.5 chili. Era quanto di meglio
una geometria votata al rilancio
potesse esserci per affrontare una e ha un’impostazione angolare
corsa in cui la classifica finale
che facilita e invita alla
era definita solo ed
variazione di ritmo. Il peso
esclusivamente dal tempo totale
nominale, poi, è di tutto rispetto,
risultante dalla somma di quattro visto che la misura 52 da me
salite cronometrate. Tuttavia,
utilizzata registra un peso di
anche nelle discese e nei lunghi
circa 1100 grammi.
tratti in pianura che la
In particolare, il frame è
corsa prevedeva, la bici si
costruito con lo standard
è comportata davvero
monoscocca e prevede
bene e lo ha fatto sia dal
la realizzazione in
punto di vista della
k carbonio anche dei
new yor
guidabilità in discesa, sia da
drop-out posteriori
quello della rigidità laterale.
e delle punte della forcella in
Non era questa una cosa
dotazione, la Dedacciai Strema,
scontata quando si scende ben
monoscocca anche questa.
al di sotto del “tetto” dei 7 chili.
Vale la pena ricordare che
E non è neanche troppo scontato nonostante non sia il top di
che, appena saliti su una bici con gamma dei telai di produzione
cui non hai mai pedalato, il tuo
Dedacciai Strada - al vertice c’è
corpo riesca subito a trovare un
il modello Superscuro, da soli
feeling immediato con il mezzo.
990 grammi -, il Nerissimo
Ho infatti utilizzato per la prima
utilizza tutti gli standard tecnici
volta questa bicicletta montata
che al giorno d’oggi
in modo super personalizzatao
caratterizzano i frame da
martedì 3 maggio, cioè solo
competizione: innanzitutto
cinque giorni prima della corsa:
la tramatura del carbonio è
giusto un ottantina di kilometri
unidirezionale, il tubo di sterzo
per sistemare la posizione e
adotta profili interni differenziati
prendere un po’ di dimestichezza e i cablaggi dei cavi freno
con il “carattere” di guida del
scorrono tutti internamente
mezzo che, come molti sanno,
al tubo superiore, ottenendo così
è sempre un po’ diverso
risultati pregevoli anche dal
dall’altro. Ho fatto poi un’altra
punto di vista estetico.
uscita corta il giorno successivo
Il produttore stesso, d’altra parte,
e poi l’ho ripresa
ci ha confermato che quello del
la vigilia della corsa, sabato
look è un aspetto rilevante
7 maggio, per una sgambata
su questo telaio indirizzato
leggera per le vie di New York
principalmente ai cicloamatori
e per i viali di Central Park.
evoluti: tutto il Nerissimo è
Poi, domenica, c’è stata la corsa
disegnato con profili davvero
vera, 160 kilometri con le
originali, che privilegiano forme
quattro salite cronometrate e con “spigolose”, proprio quelle che
una media finale considerevole,
trasmettono immediatamente un
se si pensa che la maggior parte
senso di tecnologia e modernità,
della gara era cicloturistica:
le stesse che, in una città come
33 km/h. Tutto questo senza
New York, non ci sono affatto
!
avvertire il minimo dolore alla
sembrate fuori luogo.
Grandi prestazioni
scrivono la storia.
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GRANFONDO - Campagnolo Gran Fondo New York