a
sterisco
Sull’omogeneizzato di carne c’è scritto in bella evidenza manzo prosciutto. Accanto alla parola prosciutto c’è però
un asterisco, che rimanda a una nota esplicativa in fondo
all’etichetta. In caratteri microscopici, naturalmente. La
giovane mamma, che sta facendo la spesa al supermercato, legge la nota “Coscia di maiale non stagionata” e si
chiede interdetta: che vuol dire? Una cosa sola: che non è
prosciutto. E dunque quel titolo è un inganno.
Ma può accadere di peggio. Fece molto scalpore qualche anno fa il caso di una vettura americana lanciata sul
mercato a meno di settemila euro, una vera e propria offerta speciale. Anche qui ai piedi della réclame cinque righe
di nota spiegavano che un tale prezzo stracciato era possibile “grazie agli incentivi statali, in caso di rottamazione di un veicolo euro 0 o euro 1”, ossia di una macchina
antiecologica. Di solito per offerta speciale s’intende uno
sconto sul prezzo di listino. L’incentivo statale, invece, è
un’agevolazione che lo Stato fa all’acquirente per incrementare la lotta all’inquinamento. E dunque potevano
sorgere equivoci. Come se non bastasse, la stessa nota
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Asterisco
precisava che l’offerta era valida “nelle concessionarie che
aderiscono all’iniziativa”. Ebbene, Il Salvagente, settimanale dei consumatori, fece una rapida indagine tra i concessionari di mezza Italia. La risposta fu categorica: lasciate
perdere il prezzo promozionale, quello vero oscilla tra gli
8300 e i 9000 euro.
Viene voglia di chiedersi: ma se l’eventuale compratore scopre in tempo il trucco, non ci rimette l’immagine
dell’azienda? Il fatto è che molti consumatori ci cascano e
la pratica dell’asterisco dilaga. Negli Stati Uniti l’asterisco
è ammesso nella comunicazione pubblicitaria per “informazioni aggiuntive” e non per contraddire il messaggio
principale. Malgrado la legge però i pubblicitari usano
l’asterisco troppo spesso per ingannare il consumatore.
Da noi, idem. Il periodico dell’Unione Nazionale Consumatori, Le scelte, esaminò nove quotidiani nazionali in
un giorno qualsiasi, compilando una classifica. In testa
alla classifica degli annunci con asterisco ci sono i prodotti finanziari (29,5%), seguiti dalle auto (15,6%), dalle case editrici, dalle tv via satellite e poi, nell’ordine, da
compagnie aeree, prodotti alimentari, assicurazioni. Ben
il 18,8% della pubblicità, in quel giorno di settembre del
2007, aveva il veleno in coda. Stessa prova con otto settimanali. Il settore merceologico più asteriscato è risultato
essere quello della cartomanzia (47%), seguito dalle suonerie dei cellulari con il 28% e dai prodotti finanziari con
il 19%. (Vedi anche la voce Pubblicità)
I prodotti finanziari, dunque, in assoluto si rivelano i
più infidi. Esempio: la réclame di una società che offre pre-
Antonio Lubrano
stiti a interessi “assolutamente convenienti”, addirittura
“imbattibili”, è centrata sull’immagine di un pensionato:
gli promette “fino a sessantamila euro di prestito”, purché mostri il cedolino della pensione. Poi l’interessato dà
un’occhiata all’asterisco e sempre sforzando la vista scopre che a quella offerta possono accedere solo i trentacinquenni con 15 anni di anzianità di servizio. Ossia del
pensionato nemmeno l’ombra.
La situazione peggiora quando all’asterisco ricorre l’industria alimentare. Esempio: una nota marca di merendine a basso contenuto di grassi promuove i suoi snack alla
frutta con questo slogan: “Il prodotto contiene almeno il
50% di grassi in meno”. L’asterisco spiega: “In meno della
media delle merende più vendute (fonte: dati Iri)”. Già,
ma non si sa quali siano le merende più vendute e che cosa
sia questo Iri. Una volta c’era l’Istituto per la ricostruzione industriale, il cui acronimo era appunto Iri, ma adesso
non esiste più.
“Lei si fida delle pubblicità con l’asterisco?”, mi hanno
chiesto. Ho risposto di no. O almeno non di tutte. Del
resto, per scoprire l’inganno basta leggerlo, infine, questo
benedetto asterisco.
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G
ratis
È convinzione generale che a questo mondo nessuno
ti regala niente. Eppure la parola gratis non si logora mai.
Anzi, conserva intatta tutta la sua magia. Ma che cosa,
realmente, non richiede esborso di denaro oggi? Ci penso
un istante e mi compare davanti agli occhi un cartello che
vidi una volta in una vecchia osteria: “Oggi paghi, domani no”.
Beh, tanto per cominciare, la free press. Tutte le mattine
uscendo di casa trovi in appositi contenitori dei quotidiani
di piccolo formato, Leggo, City, Metro, E-polis, D-News, che
riportano le notizie essenziali, in prevalenza cronaca cittadina e previsioni del tempo, traboccanti pubblicità. Non
costano nulla. Una buona cosa, se poi una volta leggiucchiati non diventassero spazzatura a vista.
E poi, un bicchiere d’acqua al bar. Di rubinetto, non di
minerale, ben s’intende. E non sempre è offerto col sorriso.
A proposito di bar, fino a una trentina d’anni fa a Napoli
vigeva un’usanza civilissima, quella del “caffè sospeso”.
Sicuramente ne avrete sentito parlare: persone di buon
reddito sorbendo un caffè ne lasciavano un altro pagato
Antonio Lubrano
alla cassiera, per un cliente qualsiasi che pur desiderando
la bevanda nera non avesse moneta sufficiente per concedersela. E la cassiera registrava in un quaderno l’offerta,
pronta a girarla a chi entrando pronunciasse la fatidica
frase: “Ci fosse un caffè sospeso?”. Temo che questa bella
abitudine si sia persa. So per certo che negli anni Ottanta
una docente universitaria trasferitasi a Roma tentò di lanciare la moda nella capitale. I giornali diedero gran rilievo
a una idea così generosa, ma il caffè sospeso fallì miseramente. E sono pressoché scomparsi, lo avrete sicuramente
notato, gli omaggi di Natale e Pasqua che i commercianti
riservavano ai clienti fissi.
Se invece ci trasferiamo su internet, la gratuità è dilagante. Ho visitato almeno dieci siti che accolgono annunci
gratuiti di ogni genere: case, auto e moto usate, animali
domestici, baratti vari, foto. C’è chi ti stampa fino a 500
foto senza chiederti un centesimo! Ma soprattutto abbondano le offerte di lavoro nei due sensi: chi si offre e chi propone. è talmente fitta la gamma che un altro sito consiglia
“come orientarsi nella giungla delle offerte gratuite”. Mi
sono fermato su uno che annuncia: “Offerte voli gratis”.
Lo scorro con attenzione ma non ne trovo una che sia
una. Si tratta piuttosto di una serie di promozioni hotelviaggio, ovviamente “a prezzi stracciati”.
Fuori dal web tengono bene il campo le promozioni:
“Prendi tre e paghi due”, per esempio. Nelle intenzioni
dell’azienda il terzo è gratuito. Di solito con questa formula si vendono dentifrici, prodotti di bellezza, bottiglie
di vino, giusto per fare qualche esempio. Non mancano le
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Gratis
brutte sorprese: “Riempi questo modulo, riceverai a casa
a titolo gratuito…” e può essere una cornice come un portacenere, un oggetto qualsiasi. Però quando il prodotto arriva, il destinatario deve pagare le spese di spedizione. Il
ragionamento è semplice: “Se è gratis e io non ho chiesto
quel tale prodotto perché devo pagare qualcosa?”. Chi ha
spedito l’omaggio ha arricchito di un nome la sua lista di
contatti e da quel momento nessuno salverà più il destinatario da offerte cartacee di acquisto.
Talvolta la parola gratis sortisce l’effetto contrario. Da
alcuni anni in qua i consigli notarili di varie città, a cominciare da Milano, lanciano campagne promozionali per invitare chi si accinge a comprare casa a far visita al notaio
per evitare trappole. La consulenza è assolutamente gratuita, la parcella comparirà soltanto quando si arriverà al
rogito e ognuno è libero di scegliere il notaio che vuole.
Bene, le diffidenze sono ancora altissime.
Poi c’è anche il gratis apparente. Che vuol dire? Cito un
solo caso, il più macroscopico: la scuola dell’obbligo. Ma
sì, certo, la scuola pubblica è gratuita, però i responsabili
degli istituti dicono chiaro e tondo che le casse scolastiche
sono vuote: se un computer si guasta non è possibile ripararlo o sostituirlo, se manca l’inchiostro la fotocopiatrice
si spegne, se finisce la carta igienica ci devono pensare i
genitori degli alunni a pagare una nuova fornitura. Né ci
sono fondi per la cancelleria o per rifornire di materiali i
laboratori didattici. Un gruppo di 250 dirigenti scolastici
del Lazio ha inviato ai genitori una lettera nella quale si lamenta dei troppi tagli ai bilanci degli istituti di istruzione e
Antonio Lubrano
chiede un aiuto in denaro sonante. Ma non è una questione relativa ad una sola regione, i debiti assillano le scuole
di mezza Italia e l’allarme corre da Parma a Piacenza,
Crema, Bologna, Firenze, Palermo, Napoli, Bergamo. Per
far fronte alle esigenze di un anno scolastico sembra ormai indispensabile il contributo volontario delle famiglie,
in media cento euro all’anno. Basteranno? Scuola dell’obbligo, un gratis apparente.
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un articolo di antonio lubrano