Il rischio incendio
Ing. Salvatore Digiesi
Il rischio incendio - Parte I
• Quadrilatero del fuoco
• Dinamica dell’incendio
• Prevenzione incendi
Termini e definizioni generali
relativi
all’incendio
Combustione
Reazione chimica sufficientemente rapida di ossidazione di
una sostanza combustibile, accompagnata da sviluppo di
calore, fiamma, di gas, fumo e luce.
Energia
Termini e definizioni generali
relativi all’incendio
Incendio
Combustione sufficientemente rapida e non controllata che
si sviluppa senza limitazioni nello spazio e nel tempo.
Termini e definizioni generali
relativi all’incendio
Combustibile
Sostanza solida, liquida o gassosa nella cui composizione
molecolare sono presenti elementi quali il carbonio,
l’idrogeno, lo zolfo, etc..
Termini e definizioni generali
relativi all’incendio
Fiamma
Combustione di gas con emissione di luce.
Principi della combustione
Condizioni necessarie per la combustione:
a) presenza del combustibile e del comburente
b) per gas e vapori: rapporto tra combustibile e
comburente entro un determinato intervallo (di
infiammabilità)
c) presenza di una sorgente di calore innescante la
reazione (superamento della temperatura di
accensione/ignizione o auto-accensione)
Principi della combustione
Energia
Eventuali
catalizzatori
FUOCO
Comburente
Combustibile
Curva di incendio
Sorgenti d’innesco
1. Accensione diretta: quando una fiamma, una scintilla o altro materiale
incandescente entra in contatto con un materiale combustibile in presenza di
ossigeno. Esempi: operazioni di taglio e saldatura, fiammiferi e mozziconi di sigaretta,
lampade ad incandescenza e resistenze elettriche, scariche elettro-statiche, fulmini.
2. Autocombustione o riscaldamento spontaneo: quando il calore viene prodotto
dallo stesso combustibile come in lenti processi di ossidazione, reazioni
chimiche, decomposizioni esotermiche in assenza d’aria, azione biologica.
Esempi: cumuli di carbone, stracci o segatura imbevuti di olio di lino, polveri di ferro o
nichel, fermentazione di vegetali.
3. Attrito: quando il calore è prodotto dallo sfregamento di due materiali.
Esempi: malfunzionamento di parti meccaniche rotanti quali cuscinetti, motori; urti;
rottura violenta di parti metalliche.
4. Accensione indiretta: quando il calore d’innesco avviene nelle forme della
convezione, conduzione e irraggiamento termico. Esempi: correnti di aria calda
generate da un incendio e diffuse attraverso un vano scala o altri collegamenti verticali
negli edifici; propagazione di calore attraverso elementi metallici strutturali degli
edifici.
PARAMETRI FISICI DELLA COMBUSTIONE
 temperatura o punto di infiammabilità (°C): è la temperatura
minima alla quale i liquidi combustibili emettono vapori in grado di
formare una miscela infiammabile combustibile–aria (cioè tale da dar
luogo ad un incendio in presenza di innesco).
 temperatura di accensione (°C): è la minima temperatura alla
quale la miscela combustibile-comburente inizia a bruciare
spontaneamente in modo continuo senza ulteriore apporto di calore
o di energia dall’esterno.
Punto di infiammabilità
Temperatura di
(auto)accensione
Benzina
> - 20 [°C]
257 [°C]
Gasolio
> 60 [°C]
285 [°C]
PARAMETRI FISICI DELLA COMBUSTIONE
 potere calorifico (MJ/Kg o MJ/ m3): è la quantità di calore
prodotta dalla combustione completa dell’unità di massa o di volume di
una determinata sostanza combustibile.
potere
calorifico superiore: la quantità di calore sviluppata dalla
combustione considerando anche il calore di condensazione del vapore
d’acqua prodotto;
potere calorifico inferiore: il calore di condensazione del vapor d’acqua non
è considerato.
 limiti di infiammabilità e di esplodibilità (% in volume):
per gas e vapori, individuano il campo di infiammabilità all’interno del
quale si ha, in caso d’innesco, l’accensione e la propagazione della
fiamma nella miscela. Più il campo è ampio, più facilmente si verifica la
combustione.
PARAMETRI FISICI DELLA COMBUSTIONE
Alcuni esempi
Punto di infiammabilità
Temperatura di
(auto)accensione
Limite di infiammabilità
inf.
[% Vol]
Limite di infiammabilità sup.
[% Vol]
Acetilene
Gas
335 [°C]
1.5
82.0
Benzina
> -20 [°C]
257 [°C]
0.7
19.0
Gasolio
> 60 [°C]
285 [°C]
0.7
5.0
Metano
Gas
537 [°C]
5.3
14.0
La combustione dei liquidi infiammabili
CLASSIFICAZIONE in base al D.M. 31/12/1934:

Categoria A: liquidi aventi punto di infiammabilità < 21 °C

Categoria B:
“
aventi punto d’infiammabilità compreso tra 21°C e 65°C

Categoria C:
“
aventi punto d’infiammabilità > 65°C
Sostanza
T di infiammabilità (°C)
Categoria
Gasolio
60
B
Acetone
-18
A
Benzina
> -20
A
Alcol metilico
11
A
Olio lubrificante
149
C
Classificazione dei gas
 Nelle applicazioni civili ed industriali i gas, compresi quelli infiammabili,
sono generalmente contenuti in recipienti atti ad impedirne la dispersione
incontrollata nell’ambiente.
 GAS LEGGERO: Gas avente densità rispetto all’aria inferiore a 0,8
(idrogeno, metano, etc.). Un gas leggero quando liberato dal proprio
contenitore tende a salire verso l’alto.
 GAS PESANTE: Gas avente densità rispetto all’aria superiore a 0,8
(GPL, acetilene, etc.). Un gas pesante quando liberato dal proprio
contenitore tende a stratificare ed a permanere nella parte bassa
dell’ambiente ovvero a penetrare in cunicoli o aperture praticate a livello
del piano di calpestio.
 In funzione delle loro modalità di conservazione possono essere
classificati come segue:
Gas compressi
Gas refrigerati
Gas disciolti
Gas liquefatti
Prodotti della combustione (1)
Sono suddivisibili in quattro categorie:
1. Gas di combustione: sono quei prodotti della combustione che
rimangono allo stato gassoso anche quando, raffreddandosi,
raggiungono la temperatura ambiente di riferimento 15 °C. I principali
gas di combustione sono: ossido di carbonio, aldeide acrilica, anidride
carbonica, fosgene (COCl2), idrogeno solforato (H2S), ammoniaca,
anidride solforosa, ossido e perossido di azoto, acido cianidrico (HCN),
acido cloridrico (HCl). La produzione di tali gas dipende dal tipo di
combustibile, dalla percentuale di ossigeno presente e dalla
temperatura raggiunta nell’incendio. Nella maggioranza dei casi, la
mortalità per incendio è da attribuire all’inalazione di questi gas che
producono danni biologici per anossia o per tossicità.
2. Fiamme: sono costituite dall’emissione di luce conseguente alla
combustione di gas sviluppatisi in un incendio. Nell’incendio di
combustibili gassosi è possibile valutare approssimativamente il valore
raggiunto dalla temperatura di combustione mediante analisi del colore
della fiamma.
Prodotti della combustione (2)
3.Calore: il calore è la causa principale della propagazione degli incendi.
Realizza l’aumento della temperatura di tutti i materiali e i corpi esposti,
provocandone il danneggiamento fino alla distruzione.
4.Fumi: sono formati da piccolissime particelle:
solide (aerosol)
▫
Sono sostanze incombuste che si formano quando la
combustione avviene in carenza di ossigeno e vengono trascinate
dai gas caldi prodotti dalla combustione stessa.
▫
Normalmente sono prodotti in quantità tali da impedire la visibilità
ostacolando l’attività dei soccorritori e l’esodo delle persone.
▫
Le particelle solide dei fumi e le ceneri rendono il fumo di colore
scuro.
liquide (nebbie o vapori condensati)
▫
sono costituite essenzialmente da vapor d’acqua che al di sotto
dei 100°C condensa dando luogo a fumo di color bianco.
Sostanze estinguenti in relazione al tipo di incendio
L’estinzione dell’incendio si ottiene per:
I.
raffreddamento
II.
separazione del combustibile
III. separazione del comburente (soffocamento)
Tali azioni possono essere ottenute singolarmente o
contemporaneamente mediante l’uso delle sostanze estinguenti,
che vanno scelte in funzione della natura del combustibile e delle
dimensioni del fuoco.
•
•
•
•
•
•
Principali sostanze estinguenti:
acqua
schiuma
polveri
gas inerti
idrocarburi alogenati (HALON)
agenti estinguenti alternativi all’halon
ACQUA
 L’acqua è la sostanza estinguente per antonomasia conseguentemente alla
facilità con cui può essere reperita a basso costo.
 La sua azione estinguente si esplica con le seguenti modalità:
1. abbassamento della temperatura del combustibile per assorbimento
del calore;
2. azione di soffocamento per sostituzione dell’ossigeno con il vapore
acqueo;
3. diluizione di sostanze infiammabili solubili in acqua fino a renderle
non più tali;
4. imbevimento dei combustibili solidi.
 L’uso dell’acqua è consigliato per incendi di combustibili solidi
(classe A), con esclusione di sostanze incompatibili quali sodio e
potassio (a contatto con l’acqua liberano idrogeno), e carburi (liberano
acetilene).
 L’acqua risultando un buon conduttore di energia elettrica non è
impiegabile su impianti e apparecchiature in tensione (classe E).
SCHIUME
 La schiuma è un agente estinguente costituito da una soluzione in H2O di
un liquido schiumogeno. L’azione estinguente avviene per separazione del
combustibile dal comburente e per raffreddamento.
 Le schiume sono impiegate normalmente per incendi di liquidi
infiammabili (classe B), e non possono essere utilizzate su parti in
tensione in quanto contengono acqua (classe E).
 In base al rapporto tra il volume della schiuma prodotta e la soluzione
acqua-schiumogeno d’origine, le schiume si distinguono in schiume:
• ad alta espansione
1:500 - 1:1000
• a media espansione
1:30 - 1:200
• a bassa espansione
1:6 - 1:12
 I liquidi schiumogeni si caratterizzano in base alla loro composizione chimica:
Liquidi schiumogeni fluoro-proteinici
Liquidi schiumogeni sintetici
Liquidi schiumogeni fluoro-sintetici (AFFF - Acqueous Film Forming Foam)
Liquidi schiumogeni per alcoli
SCHIUME
Liquidi schiumogeni fluoro-proteinici: sono formati da una base proteinica
addizionata con composti fluorurati. Essi sono adatti alla formazione di schiume a
bassa espansione, hanno un effetto rapido e molto efficace su incendi di prodotti
petroliferi.
Liquidi schiumogeni sintetici: costituiti da miscele di tensioattivi. Sono adatti
alla formazione di tutti i tipi di schiume e garantiscono una lunga conservabilità nel
tempo, sono molto efficaci per azione di soffocamento su grandi superfici e volumi.
Liquidi schiumogeni fluoro-sintetici (AFFF - Acqueous Film Forming
Foam): sono formati da composti fluorurati. Essi sono adatti alla formazione di
schiume a bassa e media espansione che hanno la caratteristica di scorrere
rapidamente sulla superficie del liquido incendiato. L’impiego degli AFFF realizza
una più efficace azione estinguente in quanto consente lo spegnimento in tempi
più rapidi con una minore portata di soluzione schiumogena per metri quadri di
superficie incendiata.
Liquidi schiumogeni per alcoli: sono formati da una base proteinica
additivata con “metalli” organici (polimeri conduttori di elettricità) . Essi sono adatti
alla formazione di schiume a bassa espansione e sono molto efficaci su incendi di
alcoli, esteri, chetoni, eteri, aldeidi, acidi, fenoli, etc.
POLVERI
 Le polveri sono costituite da particelle solide finissime a base di
bicarbonato di sodio, potassio, fosfati e sali organici.
 L’azione estinguente è prodotta dalla decomposizione delle stesse per
effetto delle alte temperature raggiunte nell’incendio, che dà luogo ad
effetti chimici sulla fiamma con azione anticatalitica ed alla produzione
di anidride carbonica e vapore d’acqua.
 I prodotti della decomposizione delle polveri separano il combustibile
dal comburente, raffreddano il combustibile incendiato e inibiscono il
processo della combustione.
 Le polveri sono adatte per fuochi di classe A, B e C, mentre per
incendi di classe D devono essere utilizzate polveri speciali.
GAS INERTI
I gas inerti utilizzati per la difesa dagli incendi di ambienti chiusi sono
generalmente l’anidride carbonica e in minor misura l’azoto.
 La loro presenza nell’aria riduce la concentrazione del
comburente fino ad impedire la combustione.
 La CO2 non risulta tossica per l’uomo, è un gas più pesante
dell’aria perfettamente dielettrico, normalmente conservato
come gas liquefatto sotto pressione.
 produce differentemente dall’azoto anche un’azione estinguente
per raffreddamento dovuta all’assorbimento di calore generato dal
passaggio dalla fase liquida alla fase gassosa.
 in ogni caso, i gas si sostituiscono all’aria presente in un ambiente
e quindi il loro uso al chiuso deve avvenire in assenza di persone.
IDROCARBURI ALOGENATI
 Gli
idrocarburi alogenati, detti anche HALON (HALogenated hydrocarbON), sono formati da idrocarburi saturi in cui gli atomi di
idrogeno sono stati parzialmente o totalmente sostituiti con atomi di
cromo, bromo o fluoro (alogeni).
 L’azione estinguente degli HALON avviene attraverso l’interruzione
chimica della reazione di combustione. Questa proprietà di natura
chimica viene definita catalisi negativa.
 Gli HALON sono efficaci su incendi che si verificano in ambienti chiusi
scarsamente ventilati e producono un’azione estinguente che non
danneggia i materiali con cui vengono a contatto.
 Tuttavia, alcuni HALON per effetto delle alte temperature dell’incendio
si decompongono producendo gas tossici per l’uomo, già a basse
concentrazioni.
 Inoltre il loro utilizzo è stato recentemente limitato da disposizioni
legislative emanate per la protezione della fascia di ozono stratosferico.
Sostanze estinguenti in relazione al tipo di incendio
DINAMICA DELL’INCENDIO
Nell’evoluzione dell’incendio si possono individuare quattro fasi :
1.
2.
3.
4.
Fase di ignizione
Fase di propagazione
Incendio generalizzato (flash over)
Estinzione e raffreddamento
TEMPERATURA
(flash-over)
TEMPO
ignizione
propagazione
incendio
generalizzato
estinzione
DINAMICA DELL’INCENDIO
1. Fase di ignizione
•
•
•
•
•
•
•
•
Dipende dai seguenti fattori:
Infiammabilità del combustibile
Possibilità di propagazione della fiamma
Grado di partecipazione al fuoco del combustibile
Geometria e volume degli ambienti
Possibilità di dissipazione del calore nel combustibile
Ventilazione dell’ambiente
Caratteristiche superficiali del combustibile
Distribuzione nel volume del combustibile, punti di contatto
2. Fase di propagazione
Caratterizzata da:
• Produzione dei gas tossici e corrosivi
• Riduzione di visibilità a causa dei fumi di combustione
• Aumento della partecipazione alla combustione dei combustibili
solidi e liquidi
• Aumento rapido delle temperature
• Aumento dell’energia di irraggiamento
DINAMICA DELL’INCENDIO
3. Incendio generalizzato (flash-over)
• Brusco incremento della temperatura
• Crescita esponenziale della velocità di combustione
• Forte aumento di emissioni di gas e di particelle incandescenti, che si
espandono e vengono trasportate in senso orizzontale, e soprattutto in
senso ascensionale
• Formazione di zone di turbolenze visibili
• I combustibili vicini al focolaio si autoaccendono, quelli più lontani si
riscaldano e raggiungono la loro temperatura di combustione con
produzione di gas di distillazione infiammabili.
4. Estinzione e raffreddamento
• Quando l’incendio ha terminato di interessare tutto il materiale
combustibile ha inizio la fase di decremento delle temperature all’interno
del locale a causa della progressiva diminuzione dell’apporto termico
residuo e della dissipazione di calore attraverso i fumi ed i fenomeni di
conduzione termica.
ESPLOSIONE
• Risultato di una rapida espansione di gas dovuta ad una reazione chimica
di combustione.
• Gli effetti della esplosione sono: produzione di calore, una onda d’urto ed
un picco di pressione.
• Quando la reazione di combustione si propaga alla miscela infiammabile
non ancora bruciata con una velocità minore di quella del suono la
esplosione è chiamata DEFLAGRAZIONE.
• Quando la reazione procede nella miscela non ancora bruciata con
velocità superiore a quella del suono l’esplosione è detta DETONAZIONE.
Gli effetti distruttivi delle detonazioni sono maggiori rispetto a quelli delle
deflagrazioni.
• Una esplosione può aver luogo quando gas, vapori o polveri infiammabili, entro il
loro campo di esplosività, vengono innescati da una fonte di innesco avente
sufficiente energia.
• In particolare, in un ambiente chiuso saturo di gas, vapori o polveri l’aumento della
temperatura dovuto al processo di combustione sviluppa un aumento di pressione
che può arrivare fino ad 8 volte la pressione iniziale.
Effetti dell’incendio sull’uomo
1.
2.
3.
4.
ANOSSIA (a causa della riduzione del tenore di ossigeno nell’aria)
AZIONE TOSSICA DEI FUMI
RIDUZIONE DELLA VISIBILITÀ
AZIONE TERMICA
Sono determinati dai prodotti della combustione:
•
•
•
•
Gas di combustione: ossido di carbonio (CO), anidride carbonica (CO2),
idrogeno solforato (H2S), anidride solforosa (SO2), ammoniaca (NH3),
acido cianidrico(HCN), acido cloridrico (HCl), perossido d’azoto (NO2),
aldeide acrilica(CH2CHCHO), fosgene (COCl2)
Calore: il calore è dannoso per l’uomo potendo causare, oltre a
direttamente bruciature, la disidratazione dei tessuti, difficoltà o blocco
della respirazione.
Fumo
Fiamma
PRINCIPALI CAUSE E PERICOLI DI INCENDIO
Deposito o manipolazione non idonea di sostanze infiammabili o
combustibili
Accumulo di rifiuti, carta o altro materiale combustibile che può essere
facilmente incendiato (accidentalmente o deliberatamente)
Negligenza nell'uso di fiamme libere e di apparecchi generatori di calore;
Inadeguata pulizia delle aree di lavoro e scarsa manutenzione delle
apparecchiature
Impianti elettrici o utilizzatori difettosi, sovraccaricati e non
adeguatamente protetti
Riparazioni o modifiche di impianti elettrici effettuate da persone non
qualificate
Apparecchiature elettriche lasciate sotto tensione anche quando
inutilizzate
Utilizzo non corretto di impianti di riscaldamento portatili
Ostruzione dei canali di ventilazione, con conseguente surriscaldamento,
di apparecchi di riscaldamento, macchinari, apparecchiature elettriche e
di ufficio
Prevenzione e Protezione
PREVENZIONE
INCENDI
Prevenzione
propriamente detta
Protezione
Protezione
attiva
Misure precauzionali
d’esercizio
Protezione
passiva
PREVENZIONE INCENDI
La sicurezza antincendio è orientata alla salvaguardia
dell’incolumità delle persone ed alla tutela dei beni e
dell’ambiente, mediante il conseguimento dei seguenti
obiettivi primari:
1. Riduzione al minimo delle occasioni di incendio.
2. Stabilità delle strutture portanti per un tempo utile ad
assicurare il soccorso agli occupanti.
3. Limitata produzione di fuoco e fumi all'interno delle opere
e limitata propagazione del fuoco alle opere vicine.
4. Possibilità che gli occupanti lascino l'opera indenni o che
gli stessi siano soccorsi in altro modo.
5. Possibilità per le squadre di soccorso di operare in
condizioni di sicurezza.
Protezione passiva
L’insieme delle misure di protezione che non richiedono azioni
umane o azionamenti, anche automatici, di impianti (sono quindi
misure insite nelle strutture)
Possono essere realizzate da:
1. barriere antincendio;
2. isolamento dell’edificio;
3. distanze di sicurezza esterne ed interne;
4. muri tagliafuoco, schermi etc.;
5. strutture aventi caratteristiche di resistenza al fuoco
commisurate ai carichi d’incendio;
6. materiali classificati per la reazione al fuoco;
7. sistemi di ventilazione;
8. sistema di vie d’uscita dimensionate in base al massimo
affollamento ipotizzabile dell’ambiente di lavoro e alla
pericolosità delle lavorazioni.
Protezione attiva
L’insieme delle misure di protezione che richiedono l’azione di un
uomo o l’azionamento di un impianto finalizzate alla precoce
rilevazione dell’incendio, alla segnalazione e all’azione di
spegnimento dello stesso.
Possono essere realizzate con:
1. impianti di rivelazione automatica d’incendio
2. dispositivi di segnalazione e d’allarme
3. estintori
4. rete idrica antincendio
5. impianti di spegnimento automatici
Misure specifiche di prevenzione incendi
Le principali misure di prevenzione incendi, finalizzate alla
riduzione della probabilità di accadimento di un incendio,
possono essere riassunte in alcune semplici regole:
Realizzazione di impianti elettrici a regola d'arte (Norme CEI).
Collegamento elettrico a terra di impianti, strutture, serbatoi etc.
Installazione di impianti parafulmine
Dispositivi di sicurezza degli impianti di distribuzione e di
utilizzazione delle sostanze infiammabili.
Ventilazione dei locali.
Utilizzazione di materiali incombustibili
Adozione di pavimenti ed attrezzi antiscintilla
Segnaletica di Sicurezza, riferita in particolare ai rischi presenti
nell’ambiente di lavoro.
Il rischio incendio - Parte II






Quadro normativo
Carico di incendio
Resistenza al fuoco
Compartimentazione e vie di esodo
Sistemi di ventilazione
Presidi antincendio
Principali riferimenti legislativi
• L. 27 dicembre 1941 n. 1570, affidamento ai VV.F. del servizio di prevenzione ed
estinzione incendi
• D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, art. 13 (uscite di emergenza), art. 14 (porte e portoni),
Capo VI (DIFESA CONTRO GLI INCENDI E LE SCARICHE ATMOSFERICHE) con
misure generiche su prevenzione ed estinzione degli incendi
• L. 26 luglio 1965, n. 966, “Disciplina delle tariffe, delle modalità di pagamento e dei
compensi al personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco per i servizi a
pagamento”  Art. 4. Certificato Prevenzione Incendi (C.P.I.)
• D.M. 16 febbraio 1982, “… determinazione delle attività soggette alle visite di
prevenzione incendi.”  periodicità dei controlli (validità del C.P.I.)
• D.P.R. 12 gennaio 1998, “Regolamento recante disciplina dei procedimenti relativi
alla prevenzione incendi”
• D. M. 4 maggio 1998, “Disposizioni relative alle modalità di presentazione ed al
contenuto delle domande per l’avvio dei procedimenti di prevenzione incendi, nonché
all’uniformità dei connessi servizi resi dai Comandi provinciali dei Vigili del Fuoco”
• L. n. 46 / 1990,, “Norme per la sicurezza degli impianti”  Art.1 - c.1 g) impianti di
protezione antincendio
• …. norme specifiche riguardanti le attività a rischio di incidente rilevante
Principali riferimenti legislativi
• D.Lgs. 81/2008, come modificato e integrato dal D.Lgs 106/2009.
• D.M. 30/11/1983, “Termini, definizioni generali e simboli grafici di prevenzione
incendi.”
• Circolare Min. dell’Interno, Servizi Antincendio (M.I.S.A.) n. 91/1961, “Norme
per la protezione contro il fuoco dei fabbricati a struttura in acciaio destinati ad uso
civile” caratteristiche dei rivestimenti per la protezione antincendio
• D.M. 9 marzo 2007, “Prestazioni di resistenza al fuoco delle costruzioni nelle
attivita' soggette al controllo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”
• D.M. 10 marzo 1998, “Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione
dell’emergenza nei luoghi di lavoro”
• D.Lgs. n. 493/1996 - Allegato IV, Prescrizioni per la segnaletica destinata ad
identificare e ad indicare l'ubicazione delle attrezzature antincendio
Nuovo approccio
Vecchio approccio
Norme di
tipo prescrittivo
Nuovo approccio
Modelli di
tipo prestazionale
• Obiettivi non esplicitati dalla
normativa
• Prescrizioni espresse in termini
di obiettivi
• Progettare secondo una regola
tecnica
• Progettare in funzione degli
scenari possibili
• Indicazione dei requisiti
minimi (resistenza al fuoco,
altezze, distanze, ecc.)
• Considerare le reazioni fra
sistemi e soluzioni
• Valutazione dell’intero sistema in
condizioni reali
D.M. 9 marzo 2007 - Prestazioni di resistenza
al fuoco delle costruzioni nelle attività soggette al
controllo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco
Obiettivi
Al fine di limitare i rischi derivanti dagli incendi, le
costruzioni devono essere progettate, realizzate e
gestite in modo da garantire
 la stabilità degli elementi portanti per un tempo utile ad assicurare
il soccorso agli occupanti;
 la limitata propagazione del fuoco e dei fumi, anche riguardo alle
opere vicine;
 la possibilità che gli occupanti lascino l'opera indenni o che gli
stessi siano soccorsi in altro modo
 la possibilità per le squadre di soccorso di operare in condizioni di
sicurezza.
Responsabilità
 L’INDIVIDUAZIONE DEI VALORI CHE
ASSUMONO I PARAMETRI POSTI ALLA BASE
DELLA DETERMINAZIONE DELLE AZIONI DI
PROGETTO È A CARICO DEL PROGETTISTA
 IL MANTENIMENTO DELLE CONDIZIONI CHE
DETERMINANO L’INDIVIDUAZIONE DELLE
AZIONI DI PROGETTO È A CARICO DEL TITOLARE
DELL’ATTIVITÀ
Norme abrogate
 Circ. Min. dell'interno 14 settembre 1961, n. 91,
recante norme di sicurezza per la protezione contro il fuoco
dei fabbricati a struttura in acciaio destinati ad uso civile
 D.M. del Ministro dell'interno 6 marzo 1986, recante
«Calcolo del carico di incendio per locali aventi strutture
portanti in legno»
 All'allegato A al D.M. dell'interno 30 novembre 1983,
recante «Termini, definizioni generali e simboli grafici di
prevenzione incendi» sono modificate le definizioni di
– «carico di incendio»
– «compartimento antincendio»
– «resistenza al fuoco»
Reazione al fuoco
D.M. 26 giugno 1984 - “Classificazione di reazione al fuoco ed omologazione
dei materiali ai fini della prevenzione incendi.”
 Grado di partecipazione di un materiale combustibile al fuoco al




quale è sottoposto.
Individua l'attitudine di un materiale ad accendersi quando è
innescato (da una piccola fiamma o a propagare l'incendio quando è
in presenza di un forte calore radiante).
I materiali sono assegnati alle classi definite tra [0-5], con
l'aumentare della loro partecipazione alla combustione;
quelli di classe "0" sono non combustibili.
La reazione al fuoco è determinata con prove di laboratorio.
La classe di reazione al fuoco viene accertata mediante
certificazione. L'omologazione ha validità di 5 anni ed è rinnovabile
alla scadenza su domanda del produttore.
Carico di incendio
(D.M. 9 marzo 2007 – “Prestazioni di resistenza al fuoco delle costruzioni nelle attività
soggette al controllo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”)
 Potenziale termico netto della totalità dei materiali
combustibili contenuti in uno spazio corretto in base ai
parametri indicativi della partecipazione alla combustione dei
singoli materiali
 Il carico di incendio è espresso in [MJ]; convenzionalmente 1 [MJ]
è assunto pari a 0,054 [chilogrammi di legna equivalente]
Capacità portante in caso di incendio
 Attitudine della struttura, di una parte della struttura
o di un elemento strutturale a conservare una
sufficiente resistenza meccanica sotto l’azione del
fuoco con riferimento alle altre azioni agenti
Capacità di compartimentazione in caso
d’incendio
 Attitudine di un elemento costruttivo a conservare, sotto
l’azione del fuoco, oltre alla propria stabilità, un sufficiente
isolamento termico ed una sufficiente tenuta ai fumi e ai gas
caldi della combustione, nonché tutte le altre prestazioni se
richieste
Capacità portante (R) attitudine
di un elemento da costruzione a
conservare la resistenza meccanica
sotto l'azione del fuoco
Tenuta (E) attitudine di un
elemento da costruzione a non
lasciar passare né produrre se
sottoposto all'azione del fuoco su
un lato fiamme, vapori o gas caldi
sul lato non esposto.
Isolamento termico (I) attitudine
di un elemento da costruzione a
ridurre, entro un dato limite, la
trasmissione del calore
Resistenza
al
fuoco
(D.M. 9 marzo 2007 – “Prestazioni di resistenza al fuoco delle costruzioni nelle attività
soggette al controllo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”)
“…riguarda la capacità portante in caso di incendio, per una
struttura, per una parte della struttura o per un elemento
strutturale nonché la capacità di compartimentazione rispetto
all’incendio per gli elementi di separazione sia strutturali, come muri
e solai, sia non strutturali, come porte e tramezzi”
Classi
di
Resistenza
al
fuoco
(D.M. 16 febbraio 2007 – “Classificazioni di resistenza al fuoco di prodotti ed elementi
costruttivi di opere da costruzione”)
R - Capacità portante
E - Tenuta
I - Isolamento
W - Irraggiamento
M - Azione meccanica
C - Disp aut di chiusura
S - Tenuta al fumo
P o PH - Continuità di corrente o capacità di segnalazione
G - Resistenza all’incendio della fuliggine
K - Capacità di protezione al fuoco
D - Durata della stabilità a temperatura costante
DH - Durata della stabiltà lungo la curva standard tempo-temp
F - Funzionalità degli evacuatori motorizzati di fumo e calore
B - Funzionalità degli evacuatori naturali di fumo e calore
Classe di resistenza al fuoco
 Intervallo di tempo espresso in minuti, definito in base al
carico di incendio specifico di progetto, durante il quale il
compartimento antincendio garantisce la capacità di
compartimentazione
 Classi di resistenza al fuoco stabilite dalla D.M. 9/3/2007:
15, 20, 30, 45, 60, 90, 120, 180, 240, 360.
 Sono di volta in volta precedute dai simboli indicanti i requisiti
che devono essere garantiti (R, E, I, W, M, S, …), per
l'intervallo di tempo descritto, dagli elementi costruttivi
portanti e/o separanti che compongono la costruzione
Carico d'incendio specifico
 carico di incendio riferito all'unità di superficie lorda
n
qf 
gi
g H
i 1
i
i
 mi  i
A
[MJ/m 2 ]
massa dell’i-esimo materiale combustibile [kg]
Hi potere calorifico inferiore dell’i-esimo materiale combustibile [MJ/kg] I valori di Hi dei
materiali combustibili possono essere determinati per via sperimentale in accordo
con UNI EN ISO 1716:2002 ovvero essere mutuati dalla letteratura tecnica
mi fattore di partecipazione alla combustione dell’i-esimo materiale combustibile pari a
0,80 per il legno e altri materiali di natura cellulosica e 1,00 per tutti gli altri
materiali combustibili
ψi fattore di limitazione della partecipazione alla combustione dell’i-esimo materiale
combustibile pari a 0 per i materiali contenuti in contenitori appositamente
progettati per resistere al fuoco; 0,85 per i materiali contenuti in contenitori non
combustibili e non appositamente progettati per resistere al fuoco; 1 in tutti gli altri
casi
A superficie in pianta lorda del compartimento [m2]
Carico d'incendio specifico di
progetto
 carico d'incendio specifico corretto in base ai parametri
indicatori del rischio di incendio del compartimento e dei
fattori relativi alle misure di protezione presenti
 costituisce la grandezza di riferimento per le valutazioni
della resistenza al fuoco delle costruzioni
q f ,d   q1   q 2   n  q f
2
[MJ/m ]
I fattori di correzione
 δq1 è il fattore che tiene conto del rischio di incendio in
relazione alla dimensione del compartimento
Superficie in pianta lorda del
2
compartimento (m )
q1
Superficie in pianta lorda del
2
compartimento (m )
q1
A < 500
1,00
2.500 < A < 5.000
1,60
500 < A < 1.000
1,20
5.000 < A < 10.000
1,80
1.000 < A < 2.500
1,40
A > 10.000
2,00
 δq2 è il fattore che tiene conto del rischio di incendio in relazione
al tipo di attività svolta nel compartimento
Classi di
rischio
Descrizione
q2
I
Aree che presentano un basso rischio di incendio in termini di probabilità di innesco,
velocità di propagazione delle fiamme e possibilità di controllo dell'incendio da parte
delle squadre di emergenza
0,80
II
Aree che presentano un moderato rischio di incendio in termini di probabilità
d'innesco, velocità di propagazione di un incendio e possibilità di controllo dell'incendio
stesso da parte delle squadre di emergenza
1,00
III
Aree che presentano un alto rischio di incendio in termini di probabilità d'innesco,
velocità di propagazione delle fiamme e possibilità di controllo dell'incendio da parte
delle squadre di emergenza
1,20
I fattori di correzione
 δn =
Pδ
i
ni
è il fattore che tiene conto delle differenti misure di protezione
Richieste di prestazione
Le prestazioni da richiedere ad una costruzione, in funzione
degli obiettivi di sicurezza, sono individuate nei seguenti Livelli
Livello I
Nessun requisito specifico di resistenza al fuoco dove le conseguenze della
perdita dei requisiti stessi siano accettabili o dove il rischio di incendio sia
trascurabile
Livello II
Mantenimento dei requisiti di resistenza al fuoco per un periodo sufficiente
all'evacuazione degli occupanti in luogo sicuro all'esterno della costruzione
Livello III
Mantenimento dei requisiti di resistenza al fuoco per un periodo congruo
con la gestione dell'emergenza
Livello IV
Requisiti di resistenza al fuoco tali da garantire, dopo la fine dell'incendio,
un limitato danneggiamento della costruzione
Livello V
Requisiti di resistenza al fuoco tali da garantire, dopo la fine dell'incendio, il
mantenimento della totale funzionalità della costruzione stessa
IMPORTANTE: I livelli di prestazione comportano
l'adozione di differenti classi di resistenza al fuoco
Livelli I e II di prestazione
 Il livello I di prestazione non è ammesso per le costruzioni che
ricadono nel campo di applicazione del decreto
 Il livello II di prestazione può ritenersi adeguato per costruzioni (e ai
relativi impianti tecnologici di servizio e depositi)
– fino a due piani fuori terra ed un piano interrato
– isolate (eventualmente adiacenti ad altre purché strutturalmente
e funzionalmente separate)
– destinate ad un’unica attività non aperta al pubblico
 Le classi di resistenza al fuoco necessarie per garantire il livello II di
prestazione sono le seguenti, indipendentemente dal valore assunto
dal carico di incendio specifico di progetto:
– 30 per costruzioni ad un piano fuori terra, senza interrati
– 60 per costruzioni fino a due piani fuori terra e un piano
interrato
– Sono consentite classi inferiori a quelle precedentemente
indicate se compatibili con il livello III di prestazione
Livello III di prestazione
Il livello III di prestazione può
ritenersi adeguato per tutte le
costruzioni rientranti nel campo di
applicazione del decreto fatte
salve quelle per le quali sono
richiesti i livelli IV o V (specifiche
esigenze del committente o
costruzioni destinate ad attività di
particolare importanza)
 Le classi di resistenza al fuoco
necessarie per garantire il livello
III sono indicate nella tabella, in
funzione del carico d'incendio
specifico di progetto (qf,d)

Carichi d'incendio specifici di
progetto (qf,d)
Classe
Non superiore a 100 MJ/m2
0
Non superiore a 200 MJ/m2
15
Non superiore a 300 MJ/m2
20
Non superiore a 450 MJ/m2
30
Non superiore a 600 MJ/m2
45
Non superiore a 900 MJ/m2
60
Non superiore a 1200 MJ/m2
90
Non superiore a 1800 MJ/m2
120
Non superiore a 2400 MJ/m2
180
Superiore a 2400 MJ/m2
240
Livelli IV e V di prestazione
 I livelli IV o V possono essere oggetto di
specifiche richieste del committente o
essere previsti dai capitolati tecnici di
progetto.
 I livelli IV o V di prestazione possono
altresì essere richiesti dalla autorità
competente per costruzioni destinate ad
attività di particolare importanza.
Livelli IV e V di prestazione
Per garantire i livelli di prestazione IV e V
le costruzioni devono essere oggetto delle
seguenti verifiche:
 Capacità portante mantenuta per tutta la
durata dell’incendio
 Regime deformativo contenuto
 Capacità portante residua che consenta
interventi di ripristino (livello IV)
 Capacità portante residua adeguata alla
funzionalità immediata della costruzione
(livello V)
Scenari e incendi convenzionali di progetto
 Per definire le azioni del fuoco, devono essere determinati i principali scenari
d'incendio e i relativi incendi convenzionali di progetto, sulla base di una
valutazione del rischio d'incendio
 INCENDIO CONVENZIONALE DI PROGETTO incendio definito attraverso
una curva di incendio che rappresenta l’andamento, in funzione del tempo,
della temperatura media dei gas di combustione nell’intorno della superficie
degli elementi costruttivi
 gli incendi convenzionali di progetto devono essere applicati ad un
compartimento dell’edificio alla volta, salvo che non sia diversamente indicato
nello scenario d’incendio (in un edificio multipiano sarà possibile considerare
separatamente il carico di inc. dei singoli piani)
Curva naturale
Incendio convenzionale
di progetto
L’andamento delle temperature negli
elementi sarà valutato in riferimento
(determinata in base a modelli di incendio ed a
parametri fisici che definiscono le variabili di stato
del compartimento)
In riferimento all’intera durata dell’incendio
Curva nominale
(adottata per la classificazione delle costruzioni
e per le verifiche di resistenza al fuoco di tipo
convenzionale)
Per un tempo pari alla classe di resistenza
Curve nominali di incendio
Nominale
dove:
qg temperatura media dei
gas di combustione [C°]
t tempo [min]
Temperatura [C°]
 Curva nominale standard
Idrocarburi
Esterna
40
70
1200
1100
1000
900
800
700
600
500
400
300
0
10
20
30
50
60
tempo [min]
 Curva nominale degli idrocarburi (per la capacità portante)
 Curva nominale esterna
80
90
Curve naturali di incendio

Nel caso in cui il progetto sia condotto con un approccio prestazionale,
la capacità portante e/o la capacità di compartimentazione, in alternativa
al metodo che fa riferimento alle classi, può essere verificata rispetto
all'azione termica della curva naturale di incendio, applicata per
l'intervallo di tempo necessario al ritorno alla temperatura ordinaria, da
determinarsi attraverso:
- modelli di incendio sperimentali;
- modelli di incendio numerici semplificati;
- modelli di incendio numerici avanzati.

Le curve di incendio naturale dovranno essere determinate per lo specifico
compartimento, con riferimento a metodi di riconosciuta affidabilità e
facendo riferimento al carico di incendio specifico di progetto ponendo pari
ad 1 i coefficienti ni relativi alle misure di protezione che si intende
modellare
TEMPERATURA
TEMPO
Curve naturali di incendio
Deve essere eseguita anche la verifica della capacità portante e/o della
capacità di compartimentazione degli elementi costruttivi rispetto all'azione
termica della curva di incendio nominale standard con riferimento alle classi in
funzione del carico d'incendio specifico di progetto
Carichi d'incendio specifici di progetto (qf,d)
Classe
Non superiore a 300 MJ/m2
0
Non superiore a 450 MJ/m2
15
Non superiore a 600 MJ/m2
20
Non superiore a 900 MJ/m2
30
Non superiore a 1200 MJ/m2
45
Non superiore a 1800 MJ/m2
60
Non superiore a 2400 MJ/m2
90
Superiore a 2400 MJ/m2
120
 I valori del carico d'incendio e delle caratteristiche del compartimento, adottati
nel progetto per l'applicazione dei metodi suddetti, costituiscono un vincolo
d'esercizio per le attività da svolgere all'interno della costruzione SEMPRE!
Poteri calorifici
(1)
Poteri calorifici
(2)
Classificazione di resistenza al fuoco
(D.M. 16 febbraio 2007 – “Classificazioni di resistenza al fuoco di prodotti ed elementi costruttivi di
opere da costruzione”)
 Le prestazioni di resistenza al fuoco dei prodotti e degli
elementi costruttivi possono essere determinate in base ai
risultati di:
a) prove (all. B)
b) calcoli (all. C)
c) confronti con tabelle (all. D)
 L’uso delle tabelle è strettamente limitato alla
classificazione di elementi costruttivi per i quali è richiesta
la resistenza al fuoco nei confronti della curva temperaturatempo standard e delle altre azioni meccaniche previste in
caso di incendio
Classificazione di resistenza al fuoco
(D.M. 16 febbraio 2007 – “Classificazioni di resistenza al fuoco di prodotti ed elementi
costruttivi di opere da costruzione”)
Esempio: Murature non portanti di blocchi
Valori minimi (mm) dello
spessore s di murature di
blocchi di laterizio (escluso
l’intonaco) sufficienti a garantire i
requisiti EI per le classi indicate
esposte su un lato che rispettano le
seguenti limitazioni:
• altezza della parete fra i due solai o
distanza fra due elementi di
irrigidimento con equivalente funzione di
vincolo dei solai non superiore a 4 m
• presenza di 10 mm di intonaco su
ambedue le facce ovvero 20 mm sulla
sola faccia esposta al fuoco
Compartimentazione
(D.M. 9 marzo 2007 – “Prestazioni di resistenza al fuoco delle costruzioni nelle attività
soggette al controllo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”)
E’ una delle protezioni passive più diffuse.

COMPARTIMENTO ANTINCENDIO parte della costruzione
organizzata per rispondere alle esigenze della sicurezza in caso di
incendio e delimitata da elementi costruttivi idonei a garantire, sotto
l’azione del fuoco e per un dato intervallo di tempo, la capacità di
compartimentazione
– Superficie lorda di un compartimento Superficie in pianta
compresa entro il perimetro interno delle pareti delimitanti il
compartimento
– Gli obiettivi della compartimentazione sono:
1. Garantire la resistenza meccanica delle strutture
2. Impedire la propagazione di fuoco, fumo e calore
– Tra le tecniche di compartimentazione, la migliore è quella che
prevede la separazione fisica dei locali mediante aria
(caratterizzata da bassa impedenza chimica)
Compartimentazione dell’edificio
FILTRO A PROVA DI FUMO
(D.M. 30/11/1983)
Vano delimitato da strutture con resistenza al fuoco REI predeterminata, e
comunque non inferiore a 60‘, dotato di due o più porte munite di congegni di
autochiusura, con resistenza al fuoco REI predeterminata, e comunque non
inferiore a 60‘
+
una delle 3 seguenti possibilità realizzative:
a.
b.
c.
dotato di camino di ventilazione di sezione adeguata e comunque
non inferiore a 0,10 m2 sfociante al di sopra della copertura
dell'edificio
mantenuto in sovrappressione ad almeno 0,3 mbar, anche in
condizioni di emergenza
aerato direttamente verso l'esterno con aperture libere di superficie
non inferiore ad 1 m2 con esclusione di condotti.
a. Filtro a prova di fumo con
camino di ventilazione
b. Filtro a prova di fumo
mantenuto in sovrapressione
c. Filtro a prova di fumo aerato
direttamente verso l’esterno con
apertura libera di 1 m2
Scala a prova di fumo (D.M. 30/11/1983)
Scala in vano costituente compartimento antincendio avente accesso per ogni piano mediante porte di resistenza al fuoco almeno RE predeterminata e dotate di congegno
di autochiusura - da spazio scoperto o da disimpegno aperto per almeno un lato su
spazio scoperto dotato di parapetto a giorno.
Scala a prova di fumo interna (D.M. 30/11/1983)
"Scala in vano costituente
compartimento antincendio
avente accesso, per ogni
piano, da filtro a prova di
fumo".
INTERCAPEDINE ANTINCENDIO
(D.M. 30/11/1983)
 Vano di distacco
– con funzione di aerazione e/o scarico di prodotti della combustione di
larghezza trasversale non inferiore a 0,60 m
– con funzione di passaggio di persone di larghezza trasversale non
inferiore a 0,90 m
 Longitudinalmente è delimitata dai muri perimetrali (con o senza aperture)
appartenenti al fabbricato servito e da terrapieno e/o da muri di altro
fabbricato, aventi pari resistenza al fuoco.
 Per la funzione di passaggio di persone, la profondità della intercapedine
deve essere tale da assicurare il passaggio nei locali serviti attraverso
varchi aventi altezza libera di almeno 2 m. Superiormente è delimitata da
"spazio scoperto".
INTERCAPEDINE ANTINCENDIO
Altezza antincendio degli edifici
(D.M. 30/11/1983)
 Altezza massima misurata dal
livello inferiore dell'apertura più
alta dell'ultimo piano abitabile e/o
agibile, escluse quelle dei vani
tecnici, al livello del piano esterno
più basso.
 In base all’altezza antincendio
risultano definiti:
a. valori delle superfici massime di
compartimentazione
b. valori della resistenza al fuoco delle
strutture portanti e separanti
c. caratteristiche delle scale di sicurezza
Spazio scoperto (D.M. 30/11/1983)
Spazio a cielo libero o superiormente grigliato avente, anche se delimitato su tutti i
lati, superficie minima in pianta (mq) non inferiore a … 3h1 ecc.
Spazio scoperto
Luogo sicuro
D.M. 30/11/1983:
Spazio scoperto ovvero compartimento antincendio,
– separato da altri compartimenti mediante spazio
scoperto o filtri a prova di fumo
– avente caratteristiche idonee a ricevere e contenere un
predeterminato numero di persone (luogo sicuro
statico)
– ovvero a consentirne il movimento ordinato (luogo
sicuro dinamico)
D.M. 10/3/1998:
luogo dove le persone possono ritenersi al sicuro dagli effetti
di un incendio
Luogo sicuro
Sistema di vie di uscita (D.M. 30/11/1983)
 Percorso senza ostacoli al deflusso che consente alle persone che occupano
un edificio o un locale di raggiungere un luogo sicuro.

Uscita: Apertura atta a consentire il deflusso di persone verso un luogo sicuro avente
altezza non inferiore a 2,00 m.
 Modulo di uscita: Unità di misura della larghezza delle uscite. Il "modulo uno", che si
assume uguale a 0,60 m, esprime la larghezza media occupata da una persona.
Altre definizioni contenute nel
D.M. 10/3/98
Uscita di piano
uscita che consente alle persone di non essere ulteriormente
esposte al rischio diretto degli effetti di un incendio e che può
configurarsi come segue:
a) uscita che immette direttamente in un luogo sicuro
b) uscita che immette in un percorso protetto attraverso il
quale può essere raggiunta l'uscita che immette in un luogo
sicuro;
c) uscita che immette su di una scala esterna.
PERCORSO PROTETTO:
percorso caratterizzato da una adeguata protezione contro gli effetti di
un incendio che può svilupparsi nella restante parte dell'edificio. Esso
può essere costituito da un corridoio protetto, da una scala protetta o
da una scala esterna.
Criteri di dimensionamento
(D.M. 10/3/1998)
Lunghezza del percorso d’esodo
 Dove è prevista più di una via di uscita, la lunghezza del percorso per
raggiungere la più vicina uscita di piano non dovrebbe essere superiore ai valori
sottoriportati:
– 15  30 metri (tempo max di evacuazione 1 min.) per aree a rischio di
incendio elevato
– 30  45 metri (tempo max di evacuazione 3 min.) per aree a rischio di
incendio medio
– 45  60 metri (tempo max di evacuazione 5 min.) per aree a rischio di
incendio basso.
 i percorsi di uscita in un'unica direzione devono essere evitati per quanto
possibile ed i relativi limiti di lunghezza sono
– 6  15 metri (tempo di percorrenza 30 secondi) per aree a rischio elevato
– 9  30 metri (tempo di percorrenza 1 minuto) per aree a rischio medio
– 12  45 metri (tempo di percorrenza 3 minuti) per aree a rischio basso.
Affollamento e esodo
 Capacità di deflusso o di sfollamento: "Numero massimo di persone che, in un
sistema di vie d'uscita, si assume possano defluire attraverso una uscita di
"modulo uno".
Tale dato, stabilito dalla norma, tiene conto del tempo occorrente per lo sfollamento
ordinato di un compartimento. (D.M. 30/11/1983)
Massimo affollamento
 Densità di affollamento (D.M. 30/11/1983)
"Numero massimo di persone assunto per unità di superficie lorda
di pavimento ".
 Massimo affollamento ipotizzabile (D.M. 30/11/1983)
"Numero di persone ammesso in un compartimento.
E' determinato dal prodotto della densità di affollamento per la
superficie lorda del pavimento.”
Affollamenti caratteristici
locali di riunione
mense, aule e simili
uffici e locali di lavoro
autorimesse non sorvegliate
autorimesse sorvegliate
locali di deposito
aree adibite a vendita in
centri commerciali
0,7 [p/m2]
0,7 [p/m2]
0,1 [p/m2]
0,1 [p/m2]
0,01 [p/m2]
0,04 [p/m2]
0,2 [p/m2]
Criteri di dimensionamento
(D.M. 10/3/1998)
Uscite di piano
 Per luoghi a rischio di incendio medio e basso la larghezza complessiva delle
uscite di piano ( numero complessivo di moduli di uscita necessari allo sfollamento
totale del compartimento) deve essere non inferiore a:
A
L   0.60 [m]
50
 A = affollamento (numero di persone presenti al piano)
 50 = numero massimo di persone che possono defluire attraverso un
modulo unitario di passaggio, tenendo conto del tempo di
evacuazione.
 La larghezza L deve essere un multiplo di 0.6 [m] ( ± 5 %)
 La larghezza minima di una uscita non può essere inferiore a 0,80 metri (con
tolleranza del 2%)
Esempi applicativi
 Esempio 1
 Affollamento di piano = 75 persone.
 Larghezza complessiva delle uscite = 75/50*0.6 = 0.9  2
moduli da 0,60 m
 Numero delle uscite di piano = 2 da 0,80 m cadauna raggiungibili
con percorsi di lunghezza non superiore a quella fissata al punto
3.3, lettera c del DM 10.3.1998
 Esempio 2
 Affollamento di piano = 120 persone.
 Larghezza complessiva delle uscite = 120/50*0.6 = 1.44  3
moduli da 0,60 m
 Numero delle uscite di piano = 1 da 1,20 m + 1 da 0,80 m
raggiungibili con percorsi di lunghezza non superiore a quella
fissata al punto 3.3, lettera c del DM 10.3.1998
Sistemi di ventilazione di locali
industriali
 Sono
sistemi di protezione attiva dall’incendio.

sfoghi di fumo e di calore:
 funzionamento generalmente automatico a mezzo di fusibili od altri
azionamenti
 l’apertura può essere anche manuale
 è preferibile avere il maggior numero possibile di sfoghi

aperture a shed
si possono prestare ad ottenere dei risultati soddisfacenti, se vengono
predisposti degli sportelli di adeguate dimensioni ad apertura
automatica o manuale

superfici vetrate normali
l’installazione di vetri semplici che si rompano sotto l’effetto del calore
può essere adottata a condizione che sia evitata la caduta dei pezzi di
vetro per rottura accidentale mediante rete metallica di protezione
Aree delle aperture di sfogo nelle
coperture dei fabbricati industriali
Carico di incendio
Grado di
rischio
[MJ/m2]
[Mcal/m2]
% area
fabbricato
Basso
630÷1130
150÷270
0.65÷1.20
Medio
1130÷2390
270÷570
1.20÷1.70
Alto
2390÷4520
570÷1080
1.70÷2.50
Esempi di aperture di sfogo
Evacuatori di fumo e di calore (EFC)
 Sono sistemi di protezione attiva dall’incendio.
 Generalmente utilizzati in combinazione con impianti di rivelazione
 Sono basati sullo sfruttamento del movimento verso l’alto delle
masse di gas caldi generate dall’incendio che, a mezzo di aperture
sulla copertura, vengono evacuate all’esterno.
 Gli EFC devono essere installati, per quanto possibile, in modo
omogeneo nei singoli compartimenti, a soffitto in ragione, ad
esempio, di uno ogni 200 m2 (su coperture piane o con pendenza
minore del 20 %) come previsto dalla regola tecnica di progettazione
(UNI - VVF 9494)
Evacuatori di fumo e di calore (EFC)
Consentono di:
– Agevolare lo sfollamento delle persone presenti e
l’azione dei soccorritori (meno fumo almeno fino ad
un’altezza da terra tale da non compromettere la
possibilità di movimento)
– Agevolare l’intervento dei soccorritori rendendone più
rapida ed efficace l’opera
– Proteggere le strutture e le merci contro l’azione del
fumo e dei gas caldi, riducendo in particolare il rischio e
di collasso delle strutture portanti
– Ritardare o evitare l’incendio a pieno sviluppo - “flash
over”
Senza EFC
Con EFC
Presidi antincendio
Estintore carrellato
Estintore portatile a polvere
Presidi antincendio
Idrante antincendio a muro
Presidi antincendio
Naspi a parete
Presidi antincendio
Idrante a colonna soprasuolo
UNI 9485 – 9486 - 9487
Presidi antincendio
Idrante antincendio sottosuolo
Presidi antincendio
Rete antincendio
Simbologia nei disegni tecnici e
nella piante informative (D.M. 30/11/1983)
IDRANTE UNI 45
Idrante
DN 45
NASPO UNI 25
(nella UNI 10779)
Simbologia secondo
D.M. 30/11/1983
DN 25
Lancia AI
IDRANTE UNI 70
DN 70 (nella UNI 10779)
Simbologia secondo
D.M. 30/11/1983
Verifica Area protetta - UNI 45
R  20 [m]
Verifica Distanze UNI 70
R  30 [m]
Ubicazione delle attrezzature di
spegnimento (D.M. 10/3/1998)
 “Gli estintori portatili devono essere ubicati
preferibilmente lungo le vie di uscita, in prossimità delle
uscite e fissati a muro.
 Gli idranti ed i naspi antincendio devono essere ubicati
in punti visibili ed accessibili lungo le vie di uscita, con
esclusione delle scale. La loro distribuzione deve
consentire di raggiungere ogni punto della superficie
protetta almeno con il getto di una lancia.
 In ogni caso, l'installazione di mezzi di spegnimento di
tipo manuale deve essere evidenziato con apposita
segnaletica.
Segnaletica di
sicurezza
Attrezzature
antincendio
Pulsante di allarme
antincendio
Segnaletica di
sicurezza
Salvataggio
Punto di raccolta
Scarica

Scarica - Politecnico di Bari