Le notifiche in proprio
a mezzo PEC
(con fac-simili e testo interattivo, bookmark interni
e link esterni a normativa, dottrina e giurisprudenza)
Versione 2.2 del 8 aprile 2015
avv. Juri Rudi
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INDICE
PREFAZIONE
§ 1. Premesse generali sulle notifiche in proprio.
SEZIONE A: I pre-requisiti.
§ 2. La qualità di avvocato.
§ 3. La procura alle liti (pre-requisito).
§ 4. La Posta Elettronica Certificata (PEC).
§ 4.1. Che valore ha?
§ 4.2. È obbligatoria?
§ 4.3. I “pubblici elenchi” PEC.
§ 4.3.1. Il domicilio digitale del cittadino.
§ 4.3.2. L'elenco PEC delle PA (per Uffici Giudiziari ed Avvocati).
§ 4.3.3. Il Registro Imprese.
§ 4.3.4. L'INI-PEC.
§ 4.3.5. Il REGINDE.
§ 4.3.6. L'IPA (ex pubblico elenco)
§ 5. La firma digitale.
§ 5.1. Che formato può avere?
§ 5.1.1. La firma CAdES.
§ 5.1.2. La firma PAdES.
§ 5.2. Che efficacia ha?
§ 5.3. Si può disconoscere?
§ 5.4. Ha data certa?
SEZIONE B: I requisiti.
§ 6. Il corpo ed il “subject” della PEC.
§ 7. Gli allegati della PEC.
§ 7.1. L'atto da notificare.
§ 7.1.1. Le caratteristiche dell'atto da notificare
§ 7.1.1.1. Il divieto di elementi attivi.
§ 7.1.1.2 Il formato pdf dell'atto da notificare.
§ 8. La procura alle liti (allegato).
§ 9. I documenti (eventuali) da notificare.
§ 10. La relata di notifica.
SEZIONE C: Il perfezionamento ed i vizi della notifica.
§ 11. Il perfezionamento della notifica a mezzo PEC.
§ 12. I vizi della notifica.
SEZIONE D: Il deposito in cancelleria e fattispecie particolari.
§ 13. Il deposito in Cancelleria della notifica a mezzo PEC.
§. 14. Gli avvisi alla cancelleria.
§ 15. Fattispecie particolari.
§ 15.1. La notifica di precetto cambiario o su assegno.
§ 15.2. L'intimazione di sfratto.
§ 15.3. La richiesta di pignoramento.
§ 15.4. La trascrizione della domanda giudiziale notificata in proprio.
SEZIONE E: Normativa e fac simili.
§ 16. Normativa.
§ 17. Fac simili.
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PREFAZIONE
§ 1. Premesse generali sulle notifiche in proprio.
L'avvocato può eseguire notifiche in proprio ai sensi della L. n. 53/1994, e
precisamente con raccomandata, sia cartacea sia digitale cioè a mezzo Posta
Elettronica Certificata (PEC). In entrambi i casi, tale notifica in proprio “equivale a
quella effettuata a mezzo ufficiale giudiziario”1, da cui tuttavia si differenzia per le
seguenti ragioni:
a) competenza territoriale della notifica in proprio
A differenza di quanto previsto per gli ufficiali giudiziari 2, l'avvocato che notifichi in
proprio non ha limiti di competenza territoriale3. Ciò è ancor più vero nel caso delle
notifiche telematiche, dato che le PEC sono inviata ad un indirizzo virtuale o digitale,
sicché per esse non ha logicamente senso parlare di competenza territoriale in senso
fisico. Ciononostante, la notifica a mezzo PEC è di fatto limitata al territorio italiano,
dato che, al momento, la PEC non è uno standard internazionale, quindi è ben
difficile che un soggetto straniero, non avente sede in Italia, ne sia dotato.
b) atti che è possibile notificare in proprio
A differenza degli ufficiali giudiziari (i quali, pur con i limiti territoriali di cui si è
detto, possono infatti notificare qualsiasi tipo di atto), l'avvocato:
1) non può notificare in proprio atti che siano di stretta competenza degli ufficiali
giudiziari, perché contenenti anche una intimazione o dichiarazione degli stessi, oltre
all'attività di notifica, come ad esempio: offerte reali, pignoramenti immobiliari e
1 Cassazione civile 24/03/2011, n. 6811.
2 Cfr. l'art. 107, co. 2, D.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229, secondo cui gli Ufficiali Giudiziari
Giudiziari possono notificare solo gli atti relativi agli affari di competenza dell’autorità giudiziaria
alla quale sono addetti (ad es., a qualunque destinatario, una citazione a comparire avanti al
tribunale della propria circoscrizione) oppure, se di altra autorità, solo a chi risieda o abbia sede
nella propria circoscrizione (ad es., ad un residente presso la propria circoscrizione, una citazione a
comparire avanti altro tribunale).
3 Consiglio di Stato, sez. VI, 15/06/2011, n. 3646 (riforma Tar Basilicata, n. 99 del 2009); TAR.
Abruzzo Pescara, sez. I, 03/06/2008, n. 537; Consiglio di Stato, sez. V, 28/09/2005, n. 5185
(conferma Tar Piemonte, sez. II, 24 gennaio 2005 n. 76); Cassazione civile, sez. I, 25/06/2003, n.
10077; Cass. n. 1938/2000.
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presso terzi, preavvisi di rilascio, intimazioni a testi (fatta ovviamente eccezione per
l'ipotesi di cui al novellato art. 250 cpc), ecc.;
2) può notificare in proprio esclusivamente atti giudiziali in materia civile ed
amministrativa4, mentre non ha particolari limitazioni (fatto salvo quanto si dirà, a
breve, sulla relativa procura alle liti) per quanto riguarda la notifica degli atti
stragiudiziali, ivi compresi gli atti introduttivi della procedura arbitrale 5. Per citare
due tra le più importanti discipline giuridiche, è quindi preclusa dalla legge stessa la
possibilità per l'avvocato di notificare in proprio atti giudiziali in materia tributaria e
penale (ad es., atto di intimazione al teste, atto di costituzione di parte civile,
chiamata del responsabile civile, ecc.). Tale discriminazione verso penalisti e
tributaristi, tuttavia, dovrebbe in teoria essere più apparente che reale, visto che è
comunque consentito loro di “notificare” i propri atti attraverso l'ancor più semplice
strumento della raccomandata6, e quindi -potrebbe ritenersi- anche mediante semplice
PEC (cioè senza neppure i crismi e le formalità della L. n. 53/1994), che a quella è a
tutti gli effetti di legge equiparabile ed equiparata 7. Invece, la recente giurisprudenza,
che si è espressa sul punto, nega in tali ambiti l'equiparazione tra raccomandata
cartacea e PEC, affermando appunto l'inammissibilità della raccomandata digitale8.
4 Art. 1 L. n. 53/1994. Si consideri, tuttavia, che l'art. 16 quater, co. 3 bis, DL n. 179/2012,
introdotto dall'art. 46, co. 2, DL “Orlando” sul PCT n. 90/2014, pare escludere, in modo
incredibilmente contorto, la notifica PEC nel processo amministrativo, sicché in tale ambito sarebbe
possibile effettuare notifiche telematiche in proprio solo in materia stragiudiziale.
5 Sigillò F., La notifica a mezzo PEC: le modalità operative.
6 Cfr. Cass. 21 febbraio 2008, n. 14223, nonché artt. 121 e 152 cpp.
7 In proposito, si veda Sala Avvocati Frascati, tumblr del 21/08/2013.
8 In materia penale, cfr. Cassazione penale, sez. III, sentenza 13.02.2014 n. 7058; in materia
tributaria, cfr. CTR Benevento, sentenza n. 395/2013. A quest’ultimo proposito, tuttavia, si segnala
Arcella R., Quesiti e risposte: notifica ricorso tributario via pec ex L. 53/94, è possibile?, il quale
ritiene ammissibile la notifica a mezzo PEC del ricorso tributario, alla luce del principio affermato
da Cass. n. 6811/2011 e Cass n. 18385/2013.
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SEZIONE A: I PRE-REQUISITI.
Per poter effettuare una notifica in proprio a mezzo PEC sono necessari alcuni
presupposti, e precisamente:
a) essere avvocati;
b) avere la procura alle liti;
b) disporre di una PEC;
c) possedere una firma digitale.
Invece, a differenza della notifiche in proprio a mezzo servizio postale cartaceo, per
quelle eseguite a mezzo PEC non è (più) necessario lo speciale registro cronologico9
né l'autorizzazione del COA di appartenenza10, sicché queste ultime possono essere
eseguite anche da chi abbia procedimenti disciplinari in corso, così come da chi abbia
già subito sanzioni disciplinari di gravità pari almeno alla sospensione 11, e senza
doversi preoccupare di produrre in giudizio l’autorizzazione stessa a pena di nullità
della notifica (sanabile esclusivamente dalla costituzione in giudizio della parte
avversa)12.
§ 2. La qualità di avvocato.
Per poter effettuare una notifica in proprio occorre essere avvocato 13, quindi iscritto
all'albo14 (o alla sezione speciale degli avvocati stabiliti in Italia) 15, mentre non è
9 Art. 8, co. 4 bis, L. n. 53/1994.
10 L'obbligo in parola è stato opportunamente eliminato dall'art. 46 DL “Orlando” n. 90/2014, che
ha modificato, tra gli altri, gli artt. 1 e 7 L. n. 53/1994.
11Resta inteso che, durante il periodo di sospensione, la notifica costituirebbe illecito penale e
disciplinare: Consiglio Nazionale Forense (pres. Alpa, rel. Ferina), sentenza del 21 ottobre 2013, n.
195.
12Cfr. Cassazione civile, sez. V, tributaria 19 febbraio 2014, n. 3934.
13 Gli artt. 1 e 7 L. n. 53/1994, nella loro versione originale, facevano anche riferimento al
“procuratore legale”, il cui albo è stato poi soppresso dall'art. 1 L. n. 27/1997, la quale -al
successivo art. 3- ha altresì stabilito che “procuratore legale”, dovunque ricorra, si intende
sostituito “avvocato”. Il termine “procuratore legale” non può quindi intendersi riferito ai
“praticanti”.
14 Sul requisito di effettivo esercizio della professione, cfr. ora gli artt. 15, co. 1, lett. e); 17, co. 9,
lett. c); 21, co. 1 e 4, L. n. 247/2012.
15 Cfr. Consiglio Nazionale Forense (pres. Alpa, rel. Mascherin), sentenza del 30 settembre 2008,
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sufficiente il mero possesso del titolo professionale, che infatti non si perde con la
cancellazione volontaria o amministrativa (per incompatibilità), ma solo a seguito di
provvedimento disciplinare, ossia con la radiazione16 ovvero -prima che fosse abolita
come sanzione deontologica17- con la cancellazione disciplinare.
Ne consegue che la notifica in proprio non può essere eseguita da praticanti, né da
associazioni professionali o s.t.p. quali soggetti giuridici autonomi e distinti dai
singoli professionisti che li compongono.
§ 3. La procura alle liti (pre-requisito).
Fatta ovviamente eccezione per i casi di difesa in proprio 18, per poter effettuare una
notifica telematica in proprio è necessaria 19 la procura alle liti del cliente ex art. 83
cpc, quindi rilasciata all'avvocato come difensore e non come mero domiciliatario, il
quale ultimo è infatti legittimato a ricevere ma non pure ad effettuare dette
notifiche20.
Poiché la legge non distingue, la procura alle liti è necessaria anche per la notifica in
proprio degli atti stragiudiziali21; tuttavia, siccome l'art. 83 cpc cit. consente
l'autentica della firma da parte dell'avvocato solo per gli atti giudiziali (e per il
precetto), ne deriva che per gli atti stragiudiziali la procura dovrà essere
necessariamente rilasciata con atto pubblico o scrittura privata autenticata 22 ma non
dall'avvocato, giacché “il difensore è sprovvisto di un potere certificatorio generale,
potendo esercitare quello conferitogli dalla legge nelle sole ipotesi espressamente
n. 105.
16 Art. 2, co. 7 e 8, L. n. 247/2012.
17 Art. 53 L. n. 247/2012.
18 Art. 86 cpc e art. 13, co. 1, L. n. 247/2012.
19 Art. 1 L. n. 53/1994.
20 Cfr. Cass., Sez. III, 10 ottobre 2014, n. 21414, nonché Cass. 10/01/2011, n. 357, secondo cui la
notifica in proprio effettuata dal mero domiciliatario sarebbe addirittura inesistente; dello stesso
avviso, Consiglio di Stato, sez. V, 22/03/2012, n. 1631 (conferma TAR Friuli Venezia Giulia n. 93
del 2011); contra, Cassazione civile 28/02/2013, n. 5096, secondo cui, invece, si tratterebbe di
nullità “rilevabile d'ufficio e sanabile ex tunc per effetto della sua rinnovazione, disposta a norma
dell'art. 291 c.p.c. o attuata spontaneamente dalla parte”.
21 Art. 1 L. n. 53/1994.
22Art. 83, co. 2, cpc.
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previste”23. Inoltre, la firma del cliente sulla procura alle liti va sempre autenticata
(dall'avvocato ovvero, specie se relativa ad atto stragiudiziale, da altro pubblico
ufficiale, che tuttavia non può essere l'Ufficiale dell'Anagrafe) 24, e ciò quand'anche la
sottoscrizione del cliente sia avvenuta con firma digitale, giacché la legge non
distingue tra procura alle liti rilasciata con firma autografa o digitale. Tuttavia,
affinché ciò non appaia una contraddizione in termini (dovuta, com'è evidente, al
fatto che la firma digitale -ivi compresa quella del cliente- è autentica ex se, quindi
non si capirebbe l'utilità della seconda autentica da parte dell'avvocato, il quale
peraltro non ha particolari competenze tecniche per certificare l'autenticità di una
firma digitale), deve ritenersi che in tal caso l'attività certificatoria dell'avvocato
spieghi i propri effetti con riferimento all'uso del dispositivo di firma digitale da
parte del suo legittimo titolare, il quale non sarà pertanto più ammesso a provare “con
ogni mezzo” l'eventuale uso indebito del dispositivo stesso da parte di terzi, come
invece potrebbe fare in assenza di autentica da parte dell'avvocato 25, nella specie
essendo infatti necessaria, semmai, la querela di falso 26. Si ritiene pertanto necessario
che, in tal caso, l'autentica della firma avvenga sempre e necessariamente di presenza,
dovendo pertanto escludersi, ad esempio, la possibilità di autenticare la firma di un
file ricevuto via email.
Inoltre, nel caso di procura alle liti cartacea, per l'autentica della relativa firma è
possibile (ma non obbligatoria)27 la cosiddetta “doppia firma” dell'avvocato, cioè:
una, analogica ovvero autografa, sul cartaceo firmato dal cliente; e una, con
dispositivo di firma digitale, sulla procura stessa successivamente scannerizzata come
documento informatico.
23 Cass. n. 5905/2002.
24 Cfr. Cass. 30 agosto 2013 n. 19966.
25 Art. 21, co. 2 bis, CAD.
26 Cass. n. 24639/2010.
27 Si ricorda, peraltro, che non è necessario che la procura sia depositata in originale: Corte di
Cassazione, sez. II Civile, sentenza n. 14808 del 30 giugno 2014. In ogni caso, come vedremo, la
procura cartacea e poi scannerizzata viene “autenticata” con apposita dichiarazione nella relata di
notifica.
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Infine, anche per una questione estetica, è preferibile (ma non obbligatorio) che la
procura sia in calce all'atto (ritenendosi per tale quella rilasciata su documento
informatico separato allegato alla PEC con cui è notificato) 28, ma in tal caso è allora
opportuno che essa sia realmente “speciale”, ossia che contenga i riferimenti specifici
all'atto cui si riferisce (nome parte, tipo di atto): la ratio è quella di evitare che la
procura digitalizzata possa essere “spesa” infinite volte dopo una semplice
duplicazione del relativo file (nelle procure alle liti tradizionali, ovviamente, questa
esigenza è soddisfatta dalla presenza di un unico originale cartaceo).
§ 4. La Posta Elettronica Certificata (PEC).
Per poter effettuare una notifica telematica in proprio è ovviamente necessario avere
un indirizzo di Posta Elettronica Certificata, che è una particolare e-mail, avente
formato digitale “.eml” o “.msg”, rilasciabile, a chiunque ne faccia richiesta, da uno
qualsiasi dei Gestori PEC iscritti nell'elenco tenuto dall'Agenzia per l'Italia Digitale
(ex DigitPA, a sua volta ex CNIPA).
Attualmente, anche ai fini del PCT, la PEC da utilizzare per le notifiche in proprio
deve avere una capacità di almeno 1GB 29, può essere modificata solo dal 1° al 31
gennaio e dal 1° al 31 luglio di ogni anno 30, e deve essere iscritta in almeno uno dei
28 Cfr. art. 83, co. 1, cpc, secondo cui “la procura può essere apposta in calce o a margine”, ma la
“si considera apposta in calce anche se rilasciata […] su documento informatico separato
sottoscritto con firma digitale e congiunto all'atto cui si riferisce mediante strumenti strumenti
informatici individuati con apposito decreto del ministro della giustizia”. A quest'ultimo proposito,
cfr. art. 18, co. 5, DM n. 44/2011, secondo cui “La procura alle liti si considera apposta in calce
all'atto cui si riferisce quando è rilasciata su documento informatico separato allegato al messaggio
di posta elettronica certificata mediante il quale l'atto è notificato. La disposizione di cui al periodo
precedente si applica anche quando la procura alle liti è rilasciata su foglio separato del quale è
estratta copia informatica, anche per immagine”. Ne deriva che la procura alle liti allegata alla PEC
di notifica telematica in proprio è sempre in calce, quand'anche rilasciata a margine: se ne tenga
conto ai fini dell'art. 163 co. 1 n. 6 cpc (che appunto impone di indicare la procura, ma con lex
imperfecta cioè sprovvista di sanzione, nella specie da parte dell'art. 164 cpc), ma soprattutto ai fini
dell'art. 366, co. 1 n. 5, c.p.c. (che impone di indicare la procura a pena di inammissibilità del
ricorso di legittimità: Cassazione civile, sez. I, 23/10/1998, n. 10524, Cassazione civile, sez. I,
09/09/2002, n. 13069).
29 Art. 20, co. 4, DM 44/2011; art. 21 Specifiche tecniche DGSIA 16/4/2014.
30 Art. 20, co. 6, DM n. 44/2011; è comunque fatta salva l'ipotesi, di cui al successivo comma 7, di
cessazione dell'attività da parte del gestore PEC.
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cinque pubblici elenchi PEC31, ed in particolare nel Registro Generale Indirizzi
Elettronici (Reginde)32.
§ 4.1. Che valore ha?
Qualora una PEC sia spedita ad un altro indirizzo PEC 33 essa fornisce “al mittente
documentazione elettronica attestante l'invio e la consegna”34: non è quindi
sufficiente che la PEC sia inviata ad una email non-certificata, o che quest'ultima sia
trasmessa ad una PEC, giacché è infatti necessario che gli indirizzi di posta
elettronica, del mittente e del destinatario, siano entrambi PEC.
Infatti, la trasmissione (invio e ricezione) di una PEC è valida agli effetti di legge 35,
siccome attestata rispettivamente dalle ricevute di accettazione e di consegna 36, che
vengono generate dal sistema in base alla seguente procedura: la PEC spedita dal
mittente passa prima dal suo gestore di posta, che gli rilascia anzitutto la ricevuta di
accettazione e quindi inoltra la PEC al gestore di posta del destinatario, il quale mette
anzitutto la PEC a disposizione del destinatario nella sua casella di posta e quindi
rilascia al mittente la ricevuta di consegna, che certifica in modo opponibile ai terzi
sia la consegna della PEC sia il momento della consegna stessa al destinatario (cd
data certa), e ciò indipendentemente dall'avvenuta sua lettura da parte del destinatario
medesimo37, giacché “il documento informatico trasmesso per via telematica si
intende consegnato al destinatario se reso disponibile all'indirizzo elettronico da
questi dichiarato, nella casella di posta elettronica del destinatario messa a
disposizione dal gestore”38.
In altri termini, la PEC ha lo stesso valore legale di una raccomandata cartacea con
31 Cfr. § 4.3.
32 V. § 4.3.5
33 Art. 5, co. 1, lett. g) e h), DPR 11 febbraio 2005, n. 68 (Regolamento recante disposizioni per
l'utilizzo della posta elettronica certificata, a norma dell'articolo 27 legge 16 gennaio 2003, n. 3).
34 Art. 1, co. 2, lett. g) e h), DPR 68/2005.
35 Art. 4, co. 1, DPR 68/2005.
36 Art. 4, co. 6, DPR 68/2005.
37 Artt. 4, 5, 6 e 10 DPR 68/2005.
38 Art. 14, co. 1, DPR 28 dicembre 2000, n. 445.
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avviso di ricevimento (ma, si noti bene, nel senso di veicolo, cioè di “contenitore”),
purché -come detto- la trasmissione avvenga tra due PEC, ovverosia quella del
mittente e quella del destinatario. A tal proposito è bene avvertire che, ove la
dichiarazione allegata come file alla PEC (o la PEC stessa) 39 non sia stata sottoscritta
mediante firma digitale, è come spedire una raccomandata cartacea non firmata, cioè
priva di “contenuto” giuridico senz'altro riferibile al mittente titolare della PEC40.
§ 4.2. È obbligatoria?
L'attivazione di una casella PEC è facoltativa per i privati cittadini, appunto liberi di
costituire, con essa, un proprio domicilio digitale41.
È invece obbligatoria per le imprese, sia individuali 42 sia collettive43, che devono
appunto comunicare alla CCIAA il proprio indirizzo PEC, a pena di sanzione
amministrativa44. A tal proposito, il Ministero dello Sviluppo economico, con propria
circolare n. 77684 del 9 maggio, ha chiarito che ad ogni impresa deve corrispondere
un indirizzo di PEC alla stessa esclusivamente riconducibile, pena la cancellazione
d’ufficio della PEC stessa ex art. 2191 c.c. e conseguente applicazione della sanzione
amministrativa di cui sopra45. Non è quindi possibile che più imprese, quand'anche tra
loro collegate, abbiano un'unica PEC, così come è escluso che, ad esempio, possa
essere indicata la PEC del proprio commercialista, domiciliatario anche di altre
imprese.
L'obbligo di dotarsi di PEC vige anche per “i professionisti iscritti in albi”, che infatti
comunicano la propria PEC ai rispettivi ordini o collegi di appartenenza 46. Per i
39 Difatti, anche il contenuto, cioè il testo della PEC, e non solo i file allegati alla stessa, può essere
sottoscritto digitalmente, attraverso i certificati digitali della firma: cfr., PEC, voce wikipedia,
nonché questa immagine di esempio.
40 Tale principio, che distingue concettualmente il “contenente” dal “contenuto”, ha trovato recente
conferma nella circolare n. 3/2014 Ragioneria generale dello Stato, nonché conforto in Corte di
Cassazione, sez. III Penale, sentenza n. 7337 del 17 febbraio 2014
41 V. § 4.3.1
42 Art. 5, co. 1, DL n. 179/2012.
43 Art. 16, co. 6, DL n. 185/2008.
44 Art. 2630 cc.
45 In arg. cfr. questo articolo e questo.
46 Art. 16, co. 7, DL n. 185/2008.
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professionisti, tuttavia, l’obbligo in parola non è stato esteso ai corrispondenti enti
collettivi ed in particolare alle associazioni e studi professionali47.
I meccanismi PCT attualmente presenti impongono una relazione necessaria tra
l’indirizzo di PEC del mittente e il firmatario dell’atto depositato telematicamente. A
tal proposito, una interessante novità (per ora solo) annunciata dal documento
esplicativo a corredo del specifiche tecniche DGSIA 16 aprile 2014 è la c.d. “PEC di
Studio”, cioè la possibilità di usare per il deposito telematico di un atto una PEC non
associata necessariamente allo stesso soggetto che appone la firma digitale all'atto
stesso. Come spiega lo stesso documento, “è il caso tipico di avvocati appartenenti a
uno stesso studio legale che condividono un uguale indirizzo PEC comunicato sul
ReGIndE”48. La preannunciata novità si pone in contrasto con la previsione che la
PEC sia esclusivamente riconducibile ad un solo soggetto, come recentemente
affermato dal Ministero dello Sviluppo economico, con propria circolare n. 77684 del
9 maggio 201449.
§ 4.3. I “pubblici elenchi” PEC.
Ai fini della notifica in proprio a mezzo PEC è necessario che la email sia spedita DA
ed A un indirizzo PEC risultante da “pubblici elenchi” 50, esattamente individuati dalla
legge51 e da ritenersi tali “a decorrere dal 15 dicembre 2013”52, che attualmente sono:
1) Domicilio digitale del cittadino;
2) PEC PA (ad uso giudiziario);
47 Per quanto riguarda le STP, l’obbligo di PEC discende e si ricava invece dal fatto che le stesse,
oltre ad essere iscritte in albi, sono iscritte anche nel registro del imprese, e trovano quindi
applicazione le norme sulle società, tra cui appunto quella di indicare la PEC ai fini dell’iscrizione
stessa. In arg. cfr. Società tra professionisti: guida completa.
48 In arg., si rinvia al sito del laboratorio degli avvocati di Bari, che per primo ha dato la notizia.
49 In arg. cfr. questo articolo e questo.
50 Art. 3 bis L. n. 53/1994.
51 Art. 16 ter DL n. 179/2012, convertito con modificazioni dalla L. n. 221/2012, e
successivamente modificato dall’art. 45 bis, co. 2, D.L. “Orlando” n. 90/2014, convertito con
modificazioni dalla L. n. 114/2014.
52 In arg. cfr. Tribunale di Padova 9/5/2013, ingiustamente criticata, la quale ha infatti ritenuto
nulla la notifica effettuata in proprio a mezzo PEC prima della formale nascita dei pubblici elenchi
in parola.
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3) Registro Imprese;
3) IPA;
4) INI-PEC;
5) REGINDE.
Ciascun Elenco ha un database autonomo. Nel caso di contrasto di risultanze tra i vari
database, ovvero nel caso in cui l'indirizzo PEC di un destinatario riportato da un
Elenco (ad es., l'ini-pec) non corrisponda a quello dello stesso destinatario riportato
da un altro Elenco (ad es., il Registro Imprese), la notifica effettuata ad uno dei due
indirizzi deve ritenersi comunque validamente effettuata.
Allo stato, e fatta comunque salva l'ipotesi dell'ordine del giudice, magari ex artt. 210
e 211 cpc, il controllo storico degli indirizzi PEC risultanti dai pubblici registri non è
aperto a tutti: per l'ini-pec, ad esempio, il controllo dello storico è accessibile ai soli
responsabili degli Ordini e dei Collegi53. Per tale motivo, nell'eventualità che il
destinatario della notifica cambi il proprio indirizzo PEC successivamente alla
notifica telematica, è opportuno che il notificante stampi la pagina a video dell'Elenco
Pubblico da cui ha estratto l'indirizzo il giorno della notifica (la stampa di pagina web
riporta infatti, a margine, gli estremi temporali): sebbene tale stampa non valga visura
(sicché in caso di eccezione occorre munirsi di idoena certificazione), essa ha
comunque efficacia probatoria come tutte le copie del genere, ex art. 2719 cc.
§ 4.3.1. Il domicilio digitale del cittadino.
Il domicilio digitale dei cittadini inseriti nell'anagrafe nazionale della popolazione
residente54 contiene (soltanto) le PEC comunicate volontariamente dai cittadini alla
PA55, la quale, dopo averle ricevute, “comunica con il cittadino esclusivamente
tramite il domicilio digitale dallo stesso dichiarato” 56, tant'è vero che: 1) ove tale
indirizzo PEC sia stato comunicato, “ogni altra forma di comunicazione non può
Arcella R., sito web.
54 Art. 4 DL n. 179/2012, che ha aggiunto l'art. 3 bis al CAD.
55 Art. 3 bis, co. 1, CAD.
56 Art. 3 bis, co. 4, CAD.
53
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produrre effetti pregiudizievoli per il destinatario”57; 2) in mancanza, cioè “in assenza
del domicilio digitale”, le comunicazioni della PA ai cittadini avvengono attraverso
l'invio, per posta ordinaria o raccomandata con avviso di ricevimento, della copia
analogica (ossia della stampa cartacea), sottoscritta con firma autografa o
contrassegno, dei documenti informatici sottoscritti con firma digitale58.
Al momento, tale elenco pubblico non risulta ancora istituito e non è pertanto
utilizzabile ai fini delle notifiche in proprio a mezzo PEC. Tuttavia, anche quando tale
elenco sarà costituito, dubito che le PEC ivi elencate potranno essere utilizzate dagli
avvocati ai fini delle notifiche in proprio, giacché utilizzabili limitatamente ai
rapporti tra PA e privati, come precisato in questo avviso rivolto ai Curatori
fallimentari, come riportato in questo articolo.
§ 4.3.2. L'elenco PEC delle PA (per Uffici Giudiziari ed Avvocati).
L'elenco PEC della PA59, formato dal Ministero della Giustizia, è “consultabile
esclusivamente dagli uffici giudiziari e dagli avvocati” 60, previo accesso in modalità
autenticata a pst.giustizia.it61.
§ 4.3.3. Il Registro Imprese.
Il Registro Imprese è un pubblico elenco ai sensi dell'art. 16 quater DL 179/2012,
stante il richiamo all'art. 16 DL 185/2008.
La consultazione di tale database di PEC è pubblica e gratuita (previo inserimento di
codice CAPTCHA antispam) dal sito http://www.infoimprese.it/.
57 Art. 3 bis, co. 4, CAD.
58 Art. 3 bis, co. 4, CAD.
59 Ai sensi dell'art. 1, co. 2, D.Lgs. 165/2001, “Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le
amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni
educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le
Province, i Comuni, le Comunità montane e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie,
gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e
loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le
amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale”.
60 Art. 16, co. 12, DL n. 179/2012.
61 Arcella R. sito web.
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§ 4.3.4. L'INI-PEC.
L'Indice Nazionale Indirizzi PEC di imprese e professionisti (INI-PEC)62 è l'elenco
pubblico che contiene gli indirizzi PEC pubblicati nel registro delle imprese e negli
albi professionali63 ed è accessibile da “tutti i cittadini tramite sito web e senza
necessità di autenticazione”64.
Esso è ufficialmente istituito (quindi utilizzabile ai fini delle notifiche in proprio a
mezzo PEC) ed è raggiungibile a questo indirizzo.
§ 4.3.5. Il REGINDE.
Il REGINDE (REgistro Generale INDirizzi Elettronici) è l'elenco pubblico nel quale
confluiscono tutti gli indirizzi PEC pubblicati negli altri elenchi pubblici (istituiti ed
istituendi), da cui appunto la definizione di “registro generale”.
Tale elenco pubblico è ufficialmente istituito (quindi utilizzabile ai fini delle notifiche
in proprio a mezzo PEC nonché già ora quotidianamente utilizzato dalla cancelleria
per le sue comunicazioni ex art. 136 cpc) ed è raggiungibile, previa autenticazione
crittografica, all'interno dell'area riservata del Portale del Ministero della Giustizia
dedicato al processo telematico.
§ 4.3.6. L'IPA.(ex Elenco Pubblico)
L'Indice delle Pubbliche Amministrazioni (IPA)65 è un elenco pubblico consultabile
da chiunque (e non solo da Uffici Giudiziari ed avvocati)66, popolato da ogni singola
PA67, che deve comunicare la propria PEC (una per ciascun registro di protocollo),
entro 30 novembre 201468, alla AgID - Agenzia per l’Italia Digitale (già69 DigitPA, a
62 Art. 16 bis CAD.
63 Art. 16 bis, co. 2, CAD.
64 Art. 16 bis, co. 3, CAD.
65 Art. 16 DL n. 185/2008.
66 Cfr. § 4.3.2.
67 Cfr. art. 1, co. 2, D.Lgs. n. 165/2001.
68 La proroga è stata fissata dall'art. 47 DL “Orlando” sul PCT n. 90/2014. In arg. cfr. Sigillò F., La
notifica a mezzo PEC: le modalità operative.
69 DL 22 n. 83/2012.
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sua volta già70 CNIPA), “che provvede alla pubblicazione di tali caselle di posta in un
elenco consultabile per via telematica”71, appunto l'IPA.
Tale elenco pubblico è ufficialmente istituito ed è raggiungibile a questo indirizzo.
Tale database è stato un pubblico elenco sino al 18 agosto 2014, giacché la Legge di
conversione del c.d. DL Orlando, tra le altre novità, ha escluso l'utilizzabilità di tale
elenco ai fini delle notifiche in proprio. L’unico indice ora utilizzabile per le
notifiche via pec alle pubbliche amministrazioni è quindi l'elenco PEC delle PA per
Uffici Giudiziari ed Avvocati (v. supra), consultabile in modalità autenticata da
pst.giustizia.it72.
In modo più specifico, è altresì possibile consultare (ma, anche questo, non ai fini
delle notifiche in proprio telematiche, non essendo ricompreso neppure questo tra gli
elenchi pubblici di cui all'art. 16 ter DL n. 179/2012) l'Elenco degli Uffici Giudiziari.
§ 5. La firma digitale.
Per poter effettuare una notifica telematica in proprio è necessario avere una firma
digitale, che è una sottoscrizione di tipo elettronico basata su un certificato digitale e
su un sistema di chiavi crittografiche (una pubblica e una privata) correlate tra loro,
che consente al titolare tramite la chiave privata e al destinatario tramite la chiave
pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e
l'integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici 73,
indipendentemente dal tipo di supporto fisico sul quale è memorizzato74.
Essa è rilasciata da Certificatori autorizzati75 e può essere apposta ad un documento
(ovviamente informatico, quindi un file) mediante un particolare dispositivo
(smartcard, chiavetta USB, firma remota), i cui certificati elettronici hanno, per
ragioni di sicurezza (potenzialmente violabile con il progresso tecnologico), una
70 D.Lgs. n. 177/2009.
71 Art. 16, co. 8, DL n. 185/2008.
72 Arcella R. sito web.
73 Art. 1, co. 1, lett. S, CAD.
74 Cfr. Ragioneria generale dello Stato, Circolare n. 3 del 20 gennaio 2014.
75 Art. 1, co. 1, lett. S, CAD, nonché art. 1, lett. N, DPR n. 445/2000.
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validità limitata nel tempo76.
§ 5.1. Che formato può avere?
Il legislatore prevede e disciplina diversi tipi di firma digitale, tra cui la Cades e la
Pades77.
§ 5.1.1. La firma CAdES.
La firma Cades (acronimo di CMS Advanced Electronic Signatures) è il formato di
firma digitale più diffuso78.
Fino al 15/5/2014, data di entrata in vigore delle nuove Specifiche tecniche DGSIA
del 16 aprile 2014, la firma Cades79 era l'unica ammessa all'interno del PCT 80, ma
-nonostante la possibilità di firmare in Pades (su cui, v. oltre)- rimane tuttora un tipo
di firma comunque necessario, giacché la firma Pades non può essere apposta in file
diversi dai pdf (come, ad esempio, il file xml della busta telematica). A ciò si
aggiunga che molti redattori-atti prevedono l'opzione “firma tutto” con un clic solo,
che apporrà l'unica firma buona per tutti i file (anche non pdf), cioè, per l'appunto, la
Cades81.
Essa
aggiunge
al
file
così
sottoscritto
l'estensione
“.p7m” 82
(ad
es.
[nomefile].pdf.p7m), che rappresenta la c.d. “busta crittografica”83, giacché al suo
interno contiene appunto il documento originale, l’evidenza informatica della firma e
76 L'art. 1 D.P.R. 10 novembre 1997 n. 513, cit., ora abrogato, stabiliva che tale validità non poteva
essere superiore a 3 anni; l'art. 15, co. 5, DPCM 30/3/2009, stabilisce ora che è lo stesso
certificatore a determinare “il periodo di validità dei certificati qualificati anche in funzione della
robustezza crittografica delle chiavi impiegate”.
77 Si rinvia, in proposito, ai video-tutorial realizzati dal Gruppo di Lavoro della Fondazione Italiana
per l'Innovazione Forense (FIIF), fondazione del Consiglio Nazionale Forense (CNF), e pubblicati
nel relativo canale youtube, precisamente qui, qui e qui.
78 Cfr. Firma digitale: il formato CAdES e il p7m.
79 Art. 1 lett. D Deliberazione CNIPA n. 45 del 21 maggio 2009.
80 Ne deriva che, in passato, era possibile firmare digitalmente solo in Cades un atto giudiziario da
depositare successivamente in Cancelleria tramite PCT.
81 Si riproduce, nel testo, l'acuta osservazione pubblicata su OrdineAvvocatiAgrigento.
82 Art. 21, co. 6, Deliberazione CNIPA n. 45 del 21 maggio 2009.
83 Art. 1, co. 1, lett. l e art. 24, co. 1, lett. A, Deliberazione CNIPA n. 45 del 21 maggio 2009.
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la chiave per la verifica della stessa84.
Tale ultimo concetto ci permette di introdurre la distinzione tra firme “multiple” e
“parallele” (utile, ad es., nel caso in cui si intenda notificare telematicamente in
proprio un atto a firma congiunta dei codifensori):
- le firme digitali multiple sono apposte da diversi soggetti allo stesso documento
informatico85;
- le firme digitali parallele sono apposte da diversi soggetti allo stesso documento
informatico utilizzando la medesima busta crittografica86.
Dunque, da un punto di vista tecnico 87, una stessa busta crittografica può contenere
più firme digitali, quindi sarebbe possibile firmare digitalmente più volte un
medesimo file, senza che questo stia necessariamente pure e sempre nella medesima
“busta crittografica” con unica estensione finale in p7m, come appunto nel caso delle
firme multiple.
Dalle firme multiple e parallele deve tenersi distinta la c.d. “controfirma”, che
consiste nella “firma apposta ad una precedente firma”88.
Quindi, si badi bene, la controfirma non viene apposta ad un “documento” (né ad una
“busta crittografica”, cioè ad un documento già sottoscritto digitalmente)89, ma ad una
“precedente firma”, ovvero si firma... una firma altrui. Ora, siccome la firma è
l'assunzione della GIURIDICA paternità di ciò che si sottoscrive 90, con la predetta
controfirma si assumerebbe la paternità della firma altrui. Il che è, giuridicamente,
contraddittorio. Infatti, l'Agenzia per l'Italia Digitale91 per “controfirma” intende
semplicemente la firma successiva che “re-imbusta in una nuova busta CAdES la
84 Cfr. note dell'Agenzia per l'Italia Digitale.
85 Art. 1, co. 1, lett. I, Deliberazione CNIPA n. 45 del 21 maggio 2009.
86 Art. 1, lett. L, e art. 24, co. 1, lett. A, Deliberazione CNIPA n. 45 del 21 maggio 2009.
87 In arg. cfr. voce wikipedia.
88 Artt. 1 lett f e 24 co. 1 lett. B, Deliberazione CNIPA n. 45 del 21 maggio 2009.
89 Art. 21 Deliberazione CNIPA n. 45 del 21 maggio 2009.
90 Cfr., per tutte, Cassazione civile, sez. VI, 01/08/2013, n. 18491.
91 Cfr. note dell'Agenzia per l'Italia Digitale.
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busta generata dalla sottoscrizione precedente (c.d firma matrioska)”, che -detta cosìha effettivamente un senso, il quale tuttavia non corrisponde alla definizione
normativa della “controfirma” di cui si è appena detto.
A ciò si aggiunga che, nel caso di firme digitali plurime (siano esse multiple o
parallele ovvero controfirme), vi è incertezza normativa sull'estensione finale che
dovrebbe avere il file pluri-sottoscritto, giacché:
- secondo l'art. 21, co. 6, Delibera CNIPA del 2009, ad ogni nuova firma, al file si
aggiungerebbe una nuova estensione p7m (ad es., nel caso di due firme,
[nomefile].pdf.p7m.p7m);
- secondo l'art. 12 Specifiche tecniche DGSIA del 16 aprile 2014, pur dopo ogni
nuova firma, il file manterrebbe un'unica estensione p7m (ad es., nel caso di due
firme, [nomefile].pdf.p7m).
Per tagliare la testa al toro, l'Agenzia per l'Italia Digitale non distingue tra firme
“plurime” e firme “parallele”, che accomuna entrambe sotto l'unica dicitura di firme
“congiunte”92.
Ad ogni modo, le applicazioni di verifica di firma digitale dei certificatori accreditati
devono poter gestire almeno 5 firme plurime, parallele e controfirme93.
§ 5.1.2. La firma PAdES.
La firma Pades (acronimo di PDF Advanced Electronic Signatures)94 è un particolare
tipo di firma digitale, che, dal 15/5/2014, è tra i tipi di firma digitale ammesse nel
PCT95.
Tale tipo di firma digitale consente di firmare solo file in formato pdf, ai quali non
aggiunge alcuna estensione (che pertanto rimangono “.pdf”: ad es., [nomefile].pdf),
così restando leggibili con i comuni reader disponibili per questo formato96.
92 Cfr. note dell'Agenzia per l'Italia Digitale.
93 Art. 26 Deliberazione CNIPA n. 45 del 21 maggio 2009.
94 Art. 1, lett. U, Deliberazione CNIPA n. 45 del 21 maggio 2009.
95 Art. 12, co. 2, Specifiche tecniche DGSIA 16/04/2014.
96 Art. 1 lett. u, e art. 21, co. 6, Deliberazione CNIPA n. 45 del 21 maggio 2009; Art. 12 Specifiche
pagina 18 di 45
Anche il file PAdES è un “contenitore” (al cui interno si trova il documento
sottoscritto digitalmente e la relativa firma digitale), sicché, al pari del file Cades, può
pertanto definirsi “busta crittografica”97.
§ 5.2. Che efficacia ha?
La firma digitale attribuisce al documento informatico così sottoscritto:
a) la stessa efficacia probatoria della scrittura privata ex art. 2702 cc98;
b) i requisiti di forma ad probationem e ad substantiam richiesti dalla Legge99.
Entrambi i suddetti effetti giuridici sono subordinati al fatto che:
c) il dispositivo di firma adoperato abbia “un certificato qualificato che, al momento
della sottoscrizione, non risulti scaduto di validità ovvero non risulti revocato o
sospeso”100;
d) il documento informatico sottoscritto sia privo di “macroistruzioni o codici
eseguibili, tali da attivare funzionalità che possano modificare gli atti, i fatti o i dati
nello stesso rappresentati”101.
§ 5.3. Si può disconoscere?
Anzitutto, non v'è dubbio che sia ammissibile il disconoscimento dell'uso, giacché
“l'utilizzo del dispositivo di firma si presume riconducibile al titolare, salvo che
questi dia prova contraria”102: si tratta, pertanto, di una mera presunzione semplice
(juris tantum), che può essere superata con ogni mezzo, ivi comprese prove
tecniche DGSIA 16/04/2014.
97 Art. 1 co. 1, lett. L, e art. 24 co. 1 lett. A Deliberazione CNIPA n. 45 del 21 maggio 2009; cfr.
pure note dell'Agenzia per l'Italia Digitale.
98 Art. 21, co. 2 bis, CAD; cfr. pure L. 15 marzo 1997 n. 59 (c.d. legge Bassanini) e D.P.R. 10
novembre 1997 n. 513, ora abrogato.
99 Art. 21, co. 2 bis, CAD.
100 Art. 21, co. 3 e art. 24, co. 3, CAD.
101 Art. 3, co. 3, DPCM 30 marzo 2009. In arg. cfr. pure DPCM 22 febbraio 2013 (Regole tecniche
in materia di generazione, apposizione e verifica delle firme elettroniche avanzate, qualificate e
digitali).
102 Art. 21, co. 2, CAD.
pagina 19 di 45
testimoniali, presunzioni contrarie e financo semplici indizi103.
Meno semplice è invece stabilire se, oltre alla querela di falso (esperibile nel caso,
appena esaminato, di uso indebito del dispositivo di firma da parte di terzi), sia anche
ammesso il disconoscimento della firma digitale in senso stretto (cioè ex art. 214
cpc).
In altri termini, occorre chiedersi se sia possibile disconoscere l'attendibilità degli
algoritmi di firma apposti al documento sottoscritto, ovvero che essi non siano
senz'altro riconducibili al dispositivo stesso, il che -data l'affidabilità dei sistemi di
crittografia alla base della firma (i quali consentono di ricondurla in modo univoco e
senza rilevanti margini di errore al relativo dispositivo di firma del titolare)- sarebbe
come ammettere il disconoscimento delle impronte digitali o, peggio ancora,
dell'esame del DNA (la cui attendibilità è prossima al 100%).
Ebbene, al quesito mi pare debba darsi, ciononostante, risposta positiva. Infatti:
1) il disconoscimento riguarda le scritture private non autenticate né riconosciute104;
2) il documento informatico sottoscritto con firma digitale ha l'efficacia prevista
dall'articolo 2702 c.c.105;
3) secondo l'art. 2702 cc, la scrittura privata fa piena prova, fino a querela di falso,
della provenienza delle dichiarazioni da chi l'ha sottoscritta:
3a) se colui contro il quale la scrittura è prodotta ne riconosce la sottoscrizione, in
modo espresso o tacito106,
ovvero
103 Cfr., per tutte, Cassazione civile, sez. II, 18/09/2013, n. 21387 e Cassazione civile, sez. II,
2/12/2008, n. 28618.
104 Cfr., per tutte, Cass. SSUU, n. 3734/1986, la quale ha altresì precisato che la querela di falso
riguarda per lo più gli atti pubblici o le scritture private autenticate o riconosciute, il che non
esclude l'ammissibilità della querela di falso avverso una mera scrittura privata, specie per il falso
ideologico.
105 Art. 21, co. 2, CAD.
106 Cfr. art. 215 cpc.
pagina 20 di 45
3b) se questa è legalmente considerata come riconosciuta107;
4) è legalmente considerata come riconosciuta la sottoscrizione autenticata dal notaio
o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato108;
5) anche la firma digitale può essere autenticata (ai sensi dell'art. 2703 cc) da un
notaio o da altro pubblico ufficiale109, che in sostanza non farà altro che attestare che
la firma digitale è stata apposta in sua presenza, chiudendo a sua volta l'atto di
autentica con la sua firma digitale110.
Ne deriva che la firma digitale, non autenticata dal notaio, non è legalmente
considerata come riconosciuta (ex artt. 2072-3 cc) e può essere pertanto disconosciuta
ex art. 214 cpc. Ove, invece, sia stata riconosciuta, in modo espresso o o tacito,
ovvero sia stata autenticata, sarà necessario proporre la (sola) querela di falso.
Diversamente ragionando, cioè se non fosse necessaria l'autenticazione della firma
digitale da parte del notaio al fine di ottenerne i relativi effetti giuridici (ivi compresa
la trascrivibilità dell'atto), non avrebbe alcun senso prevederne invece espressamente
la relativa disciplina111.
In buona sostanza, occorre pertanto distinguere l'aspetto tecnico da quello giuridico.
A fronte di questo quadro normativo, negare il disconoscimento giuridico della firma
digitale sulla base di ragioni tecniche che inducono ad escluderne le possibilità di
accoglimento, sarebbe come ritenere giuridicamente improponibile un atto di
citazione sol perché assai presumibilmente infondato nel merito112.
107 Art. 2702 cc, ultima parte.
108 Art. 2703 c.c.
109 Cfr. art. 25 CAD.
110 Art. 52 bis D.Lgs. n. 110/2010.
111 Cfr. art. 25 CAD.
112 A conferma del fatto che, dal punto di vista tecnico, l'attendibilità QUASI assoluta (prossima al
100%, come il test del DNA) degli algoritmi alla base della firma digitale non basta di per sè sola ad
escludere, dal punto di vista giuridico, l'ammissibilità del relativo disconoscimento, basti pensare
che gli stessi risultati del test del DNA (affidabili anch'essi al 99,9%) possono comunque essere
affetti da errore, come dimostra questo recente episodio di cronaca, sicché appare azzardato -anche
da un punto di vista tecnico e non soltanto giuridico- escludere la possibilità di contestare (in
astratto ed in diritto) l'esattezza di un dato tecnico, per quanto appaia ex ante improbabile (in
concreto ed in fatto) che il dato stesso sia erroneo.
pagina 21 di 45
In definitiva, deve quindi ritenersi ammissibile anche il disconoscimento ex art. 214
cpc della firma digitale. Del resto, anche perché l'affidabilità degli algoritmi è, in
realtà, un atto di fede (e, non per niente, gli stessi subiscono periodici aggiustamenti,
come dimostra la stessa durata necessariamente limitata -3 anni- dei certificati di
firma, che non reggerebbero all'infinito ai progressi tecnologici ed informatici).
Ciò è tanto più vero ove si consideri che il CAD non attribuisce al documento firmato
digitalmente una fede privilegiata, ma esclusivamente l'efficacia della scrittura
privata (facendo appunto rinvio all'art. 2702 cc) e non quella dell'atto pubblico o con
firme autenticate (art. 2703 cc): quest'ultimo documento non può essere
disconosciuto, mentre il primo sì; se l'ordinamento avesse voluto sottrarre il
documento sottoscritto digitalmente dalla procedura di verificazione, avrebbe dovuto
espressamente dirlo, ed all'uopo sarebbe stato sufficiente rinviare all'art. 2703 cc,
anziché all'art. 2702 cc.
Tale tesi, che trova peraltro il conforto nella dottrina che si è occupata
dell'argomento113, ridimensiona, in base alle regole del nostro ordinamento giuridico,
il c.d. “principio di non ripudiabilità” della firma digitale, che in ambito nazionale
può pertanto essere ricondotto, con buona approssimazione, al mito.
§ 5.4. Ha data certa?
A differenza di quanto potrebbe ritenersi, la firma digitale non attribuisce di per sé al
documento così firmato anche una data certa. A tal fine è, ad esempio, idonea la
Marca o Validazione Temporale, che è uno strumento digitale, liberamente
acquistabile (a parte) da un Certificatore Accreditato, il quale permette appunto di
associare, ad un documento informatico, una data ed un'ora certe, quindi
giuridicamente opponibili ai terzi114. Tale marca temporale (che dal punto di vista
113 Cfr. Rana Giuseppe, Il valore probatorio del documento elettronico; Minussi Daniele, Valore
legale della firma digitale; Graziano Nicola, Il disconoscimento del documento informatico
sottoscritto con firma digitale. Contra, Finocchiaro Giusella, Ancora novità legislative in materia di
documento informatico: le recenti modifiche al Codice dell’amministrazione digitale, nonché, ma
espressamente riferita alla disciplina previgente al CAD, Bonanno Marisa, Azioni di
disconoscimento del documento informatico.
114 Art. 1, co. 1, lett. i, DPCM 22 febbraio 2013; art. 20, co. 3, CAD.
pagina 22 di 45
tecnico si basa, al pari della firma digitale, su dei certificati aventi una scadenza
determinata, ma comunque di volta in volta rinnovabili nel tempo) può essere apposta
su qualsiasi tipo di documento informatico (che può essere già firmato o non firmato
digitalmente) ed in qualunque tempo (cioè, al momento della formazione del
documento o anche successivamente).
Nel caso di documento sottoscritto con firma digitale avente certificato valido ma
successivamente scaduto, sospeso o revocato, l'eventuale apposizione della marca
temporale in un momento precedente alla scadenza, revoca o sospensione del
certificato consente di garantire nel tempo la validità della firma stessa, perché ne
accerta
la
regolarità
dei
certificati
al
momento
della
sottoscrizione.
In mancanza di marca temporale, la successiva invalidità del certificato di firma
(perché, ad es., semplicemente non rinnovato alla scadenza), secondo alcuni
comporterebbe come conseguenza che il documento sarebbe da ritenersi
giuridicamente senz'altro privo di firma digitale valida (perché appunto scaduta al
momento del controllo). La tesi non convince del tutto. Infatti, gli effetti giuridici
della firma digitale sono subordinati al fatto che il dispositivo adoperato abbia “un
certificato qualificato che, al momento della sottoscrizione, non risulti scaduto di
validità ovvero non risulti revocato o sospeso”115. Ebbene, ai sensi dell'art. 2704 cc
(che ritengo applicabile anche in tale ambito)116, la data certa del documento
informatico sottoscritto digitalmente (ma privo di marca temporale) ben può
accertarsi aliunde, come ad esempio dalla data della PEC in cui fosse allegato, specie
nel caso di notifiche telematiche.
115 Art. 24, co. 3, CAD.
116 Del mio stesso avviso è il Consiglio Nazionale del Notariato - Commissione informatica (rel.
Zagami R.), Il fattore tempo: la marcatura temporale.
pagina 23 di 45
SEZIONE B: I requisiti.
§ 6. Il corpo ed il “subject” della PEC.
Nell'oggetto della PEC va indicata la dizione: “notificazione ai sensi della legge n. 53
del 1994”117, mentre non vi sono indicazioni relative al contenuto obbligatorio del
corpo del messaggio, che è pertanto libero “anche se, in base a prassi non uniformi e
comunque rispondenti a profili di cortesia nei confronti del destinatario, vi è chi usa
segnalare in esso la presenza di file digitalmente firmati e per la cui lettura è
necessaria preventiva acquisizione di specifici software (gratuiti e disponibili on line
ed off line)”118.
§ 7. Gli allegati della PEC.
Nel caso di notifica telematica in proprio, gli allegati della relativa PEC si
distinguono in necessari ed eventuali, a seconda che debbano o, semplicemente,
possano essere allegati alla notifica.
Gli allegati necessari sono:
1) il provvedimento o l'atto (giudiziale o stragiudiziale) da notificare;
2) la relata di notifica.
Gli allegati eventuali sono:
3) la procura alle liti;
4) altri documenti.
§ 7.1. L'atto da notificare.
Pur nei limiti esposti supra119, l'avvocato può notificare in proprio per via telematica
sia atti giudiziari propri (per i quali è ovviamente necessaria la sottoscrizione
-analogica e/o digitale- ex art. 125 cpc), sia atti o provvedimenti altrui120 (per i quali,
117 Art. 3 bis co. 4 L. n. 53/1994.
118 Sigillò F., La notifica a mezzo PEC: le modalità operative. Nello stesso senso, le indicazioni
della FIIF.
119 Cfr. § 1.
120 In arg. cfr. L'Unione Lombarda degli Ordini Forensi.
pagina 24 di 45
essendo appunto altrui, la firma digitale dell'avvocato non serve 121), i quali possono
essere:
A) originariamente cartacei (e quindi scannerizzati, cioè digitalizzati, proprio ai fini
della notifica): in tal caso, l'avvocato, con dichiarazione fatta nella relazione di
notificazione in proprio122, deve attestare la conformità del file all'originale cartaceo
“a norma dell'art. 22, co. 2, CAD”123.
B) informatici nativi: nel caso di atti propri, l'avvocato provvede a “stamparli in pdf”
direttamente dall'editor testi (ad es., word, openoffice, libreoffice, ecc.); nel caso di
atti (anche altrui) o provvedimenti già depositati in un procedimento giudiziario e
presenti nel relativo fascicolo telematico, l'avvocato attesta la conformità del file che
notifica all'originale presente nel predetto fascicolo 124, così da poterlo direttamente ed
utilizzare ai fini della notifica in autonomia, cioè senza doverne chiedere alla
cancelleria copia autentica cartacea da scannerizzare: l'intervento della cancelleria, al
momento, è necessario per il rilascio della Formula Esecutiva (perché, ancora, solo
cartacea). Ad ogni modo, secondo quanto annunciato, sarà comunque possibile
ottenere dalla Cancelleria copia “autentica” digitale, corredata da un apposito
“contrassegno di conformità”125, essendo già ora possibile effettuare il pagamento
telematico delle copie.
Si ricorda, infine, che l'autenticazione del contenuto presente nel fascicolo telematico
riguarda solo gli atti e i provvedimenti126, e non pure i documenti.
§ 7.1.1. Le caratteristiche dell'atto da notificare.
A differenza del passato (in cui mancava una disciplina espressa circa le
caratteristiche del file da notificare telematicamente), ora le specifiche tecniche
121 In arg. si segnala tuttavia il contrario, autorevole avviso di Roberto Arcella.
122 Art. 3 bis, co. 5, L. n. 53/1994 e art. 18, co. 4, DM n. 44/2011.
123 Art. 3 bis, co. 2, L. n. 53/1994.
124 Cfr. art. 16 bis, co. 9 bis, DL n. 179/2012, introdotto dall'art. 51, co. 2, DL “Orlando” n.
90/2014.
125 Artt. 21 co. 1 e 30 DM n. 44/2011; artt. 22 e 23 Specifiche tecniche DGSIA del 16/04/2014.
126 Art. 16 bis, co. 9 bis, DL n. 179/2012, introdotto dall'art. 51, co. 2, DL “Orlando” n. 90/2012.
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DGSIA del 16/04/2014 stabiliscono (art. 19 bis) che il file dell'atto da notificare in
proprio a mezzo PEC deve essere127:
a) privo di elementi attivi;
b) in formato pdf.
§ 7.1.1.1. Il divieto di elementi attivi.
La ratio del divieto in parola128, secondo cui l'atto da notificare in proprio deve essere
“privo di elementi attivi”129, “tra cui macro e campi variabili” 130, è evidentemente
quella di impedire che un file depositato in giudizio tramite PCT possa subire delle
modifiche (più o meno automatiche) successive al deposito stesso, aggirando così le
norme in tema di preclusioni processuali e di tutela del contraddittorio. Senza
considerare inoltre che la modifica automatica di un file successiva alla sua
sottoscrizione farebbe venir meno il valore della firma digitale (che dopo la modifica
stessa non sarebbe più verificabile)131. La regola de qua deve ritenersi di portata
generale (non vale, cioè, solo per il PCT e le notifiche telematiche in proprio): ogni
documento
informatico
sottoscritto
digitalmente
deve
essere
privo
di
“macroistruzioni o codici eseguibili, tali da attivare funzionalità che possano
modificare gli atti, i fatti o i dati nello stesso rappresentati”132.
Per tali ragioni, è allora agevole ricomprendere nella categoria degli “elementi attivi”
vietati le due esemplificazioni fatte dallo stesso Ministero (per bocca della DGSIA) e
cioè le macro e i campi variabili.
Ma con le seguenti precisazioni.
Anzitutto, nessun dubbio che alcuni campi attivi, come ad esempio quelli dei pdf
127 Art. 11 DM n. 44/2011; art. 12 Specifiche tecniche DGSIA 16 aprile 2014.
128 Art. 19 bis Specifiche tecniche DGSIA del 16/04/2014.
129 Artt. 12 e 13 Specifiche tecniche DGSIA del 16/04/2014.
130 Art. 13 Specifiche tecniche DGSIA del 16/04/2014 cit.
131 L'acuta osservazione è di Francesco Paolo Micozzi.
132 Art. 3, co. 3, DPCM 30 marzo 2009. In arg. cfr. pure DPCM 22 febbraio 2013 (Regole tecniche
in materia di generazione, apposizione e verifica delle firme elettroniche avanzate, qualificate e
digitali).
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compilabili, ancorché rarissimi nella pratica giudiziaria, siano senz'altro ricompresi
nel divieto in parola, che però non pare possa valere indiscriminatamente per tutti i
campi attivi. Ad esempio, la generazione automatica del numero delle pagine avviene
proprio tramite comandi di campo, ma a nessun cancelliere, nemmeno al più pignolo,
verrebbe ovviamente in mente di respingere il deposito di un atto le cui pagine
fossero così numerate.
Inoltre, sempre per restare nell'ambito dei due esempi fatti dalla DGSIA, le macro (ad
esempio, quella che aggiorna automaticamente la data ad ogni apertura del
documento) smettono di essere tali cioè di funzionare come macro dopo che il file
viene convertito in PDF, ovvero nel formato idoneo al deposito tramite PCT. Quindi
le macro potranno continuare ad essere utilizzate nel momento in cui redigiamo l'atto
con il nostro editor di testi (Word, Open Office, Libre Office), sicuri del fatto che di
esse non rimarrà traccia un volta che il file sarà convertito o trasformato in pdf ai fini
del deposito tramite PCT. Se così è, ed è così senz'altro, non vedo che spazio di
operatività vi sia per il divieto in parola con specifico riferimento alle macro (che del
divieto
stesso
dovrebbero
addirittura
rappresentare
l'esemplificazione
più
emblematica).
E fin qui possiamo intanto tirare una parziale somma: le due citate esemplificazioni
offerteci del Ministero sono in realtà eventi rarissimi (moduli compilabili), non
assoluti (i campi ininfluenti, come ad es. le note a pie' di pagina) e comunque da
intendersi cum grano salis perché in realtà nient'affatto vietate (le macro da editor a
pdf).
Ciò detto, siccome gli esempi fattici dalla DGSIA non ci sono stati di grande aiuto,
dobbiamo provare a procedere con le nostre gambe, e trovare quindi autonomamente
il modo di riempire di contenuto la definizione “elementi attivi”. Ma forse, più che
riempire, conviene svuotare.
Quindi, pur con qualche iniziale titubanza da parte di alcune Cancellerie, deve allora
ritenersi che “elementi attivi” significhi “parti del testo potenzialmente modificabili
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da una sorgente esterna”133.
Conseguentemente, deve anzitutto ritenersi ammesso, proprio perché non ricompreso
nell'ambito di operatività del citato divieto di “elementi attivi”, l'inserimento di
immagini incorporate nel file pdf testuale, che ciononostante mantiene invariata tale
sua natura, conforme alle specifiche tecniche134, le quali infatti, da un lato, richiedono
che l'atto principale sia un pdf non scannerizzato (come appunto nella specie) e,
dall'altro lato, consentono che in detto file pdf testuale siano inseriti elementi non
attivi (come appunto una banale ed inattiva jpg incorporata nel testo).
In secondo luogo, devono altresì ritenersi tecnicamente ammissibili anche i link, che
NON sono infatti elementi attivi.
Ciò vale sicuramente per i link interni o segnalibri (ad es., il rinvio ai vari paragrafi
dell'atto).
Per quelli esterni, invece, le perplessità non riguardano tanto il citato divieto (non
costituendo essi, tecnicamente, un “elemento attivo” nel senso appena chiarito),
quanto piuttosto il fatto che il link ad una risorsa esterna appare violare la ratio
sottostante al divieto stesso, cioè -come detto- quello di evitare che l'atto o
documento depositato possa beneficiare di integrazioni successive al deposito stesso,
e, ovviamente, un link del genere conduce ad un contenuto estraneo al processo, che è
modificabile in ogni tempo e senza controllo, così vanificando la citata ratio.
Effettivamente, un tale strumento potrà quindi essere un problema in termini di tutela
del contraddittorio (si pensi alla pagina linkata che venga modificata dopo la
scadenza del termine per le repliche), ma a mio avviso le attuali regole e specifiche
tecniche non consentono di vietare l'inserimento di link del genere negli atti, quindi la
soluzione va cercata altrove ed esula pertanto dal tema di questo articolo. In tale sede
è quindi sufficiente rilevare quanto segue. A parte la semplicità nell'aprirlo, cosa
cambia da un punto di vista sostanziale tra un link contenuto in un atto giudiziario del
133 La felice sintesi definitoria è di Giovanni Rocchi.
134 Art. 12 Specifiche tecniche DGSIA del 16 aprile 2014.
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PCT e quello indicato in una tradizionale citazione cartacea? In questo secondo caso,
che nella pratica è frequentissimo, a qualcuno è mai venuto in mente di eccepire la
violazione del contraddittorio? E perché, allora, questo rinvio tecnologico ammesso
nel processo tradizionale dovrebbe essere vietato proprio nell'ambito del processo
tecnologico per antonomasia? Il discrimine di ammissibilità consiste davvero nella
presunta pigrizia del giudice, che nel caso di atto cartaceo non ricopia a manina quel
link nel proprio browser? Una inammissibilità processuale del genere, fondata
sull'accidia presunta dei giudici, non credo supererebbe il vaglio di costituzionalità.
In definitiva, stante quanto sopra, il file depositabile tramite PCT ben può avere il
seguente contenuto: tale atto è stato depositato telematicamente in via sperimentale e
non sono stati riscontrati problemi di sorta135, come pure confermato dalla DGSIA.
§ 7.1.1.2 Il formato pdf dell'atto da notificare.
Le Specifiche tecniche DGSIA del 16/04/2014 stabiliscono che l'atto da notificare in
proprio può essere un pdf testuale (co. 1, art. 19 bis) oppure in formato immagine
cioè scansionato (co. 2, art. 19 bis). La norma precisa tuttavia che, nel caso in cui la
notifica abbia ad oggetto un “atto del processo da trasmettere telematicamente
all’ufficio giudiziario”, questo deve allora essere in pdf testuale (co. 3, art. 19 bis).
E' opportuno chiarire la portata di tale norma.
Ove letteralmente intesa, essa riguarderebbe esclusivamente gli atti giudiziari, cioè
quelli di parte: pertanto, non riguarderebbe i provvedimenti del giudice (ad es., le
ordinanze ex art. 186 ter cpc), né i verbali di udienza (ad es., quello in cui si ammette
l'interrogatorio del contumace), né -insomma- atti diversi da quelli di parte, i quali
possono pertanto essere notificati in pdf immagine.
Qualora, invece, come appare più probabile, la disposizione de qua si ritenga
applicabile non solo agli “atti” ma anche ai provvedimenti, si rendono allora
necessarie alcune considerazioni.
135 Ringrazio Andrea Pontecorvo per aver effettuato il test in parola, e Pietro Calorio, che ne dà
atto cortesemente in questo articolo.
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Anzitutto, la ratio della norma: essa intenderebbe rendere funzionale e conforme la
disciplina della notifica telematica in proprio con le regole del PCT, ed in particolare
con i principi secondo cui:
a) il deposito tramite PCT dell'atto notificato deve avvenire inserendo l'atto stesso
“all'interno della busta telematica e, come allegati, la ricevuta di accettazione e la
ricevuta di avvenuta consegna relativa ad ogni destinatario della notificazione”136;
b) l'atto principale deve essere in pdf testuale137.
Ebbene, ove si ritenesse -sub a) cit- che l'atto notificato debba essere depositato come
atto principale (la norma non lo impone, ma lo si potrebbe dedurre dal fatto che gli
altri documenti notificati siano depositati come “allegati”), allora l'atto notificato
stesso dovrebbe essere -sub b) cit.- appunto in formato pdf testuale. Si
comprenderebbe, quindi, il motivo per cui le Specifiche tecniche DGSIA del 16 aprile
2014 imporrebbero (art. 19 bis co. 3) che l'atto da notificare in proprio a mezzo pec
sia in pdf testuale al fine di essere poi depositato telematicamente (come atto
principale): tale parentetica, però, è un falso presupposto, giacché il deposito tramite
PCT della notifica telematica non richiede, in realtà, che l'atto notificato sia l'atto
principale del deposito stesso, ma anzi ciò è addirittura sconsigliabile, specie nel caso
in cui l'atto da notificare sia più di uno (ad es., ricorso monitorio e relativo decreto
ingiuntivo), il che, peraltro, avviene sempre, se si pensa al file della relata di notifica
telematica.
In definitiva, l'art. 19 bis co. 3 delle Specifiche tecniche DGSIA del 16 aprile 2014 si
fonda su un falso presupposto (che l'atto notificato vada depositato come atto
principale) e va disapplicato perché in contrasto con i princìpi e la gerarchia delle
fonti: infatti, dette Specifiche tecniche DGSIA del 16 aprile 2014 non potrebbero
(legittimamente) fissare dei limiti all'oggetto della notifica in proprio, la quale è
appunto disciplinata da una legge dello Stato (L. n. 53/1994), ovviamente non
136 Cfr. art. 12 Specifiche tecniche DGSIA 16 aprile 2014.
137 Cfr. art. 12 Specifiche tecniche DGSIA 16 aprile 2014.
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derogabile da norme di fonte succedanea. Ne discende che, ove l'atto notificato
telematicamente in proprio non sia in pdf testuale ma immagine (si pensi al verbale
-non telematico- ammissivo dell'interrogatorio del contumace, da depositarsi
necessariamente tramite PCT, anche se notificato a mezzo PEC), la conseguenza non
sarà ovviamente la nullità della notifica (nullità peraltro non prevista da alcuna
norma), ma esclusivamente quella che in tal caso il deposito dovrà e potrà avvenire
comunque telematicamente138.
§ 8. La procura alle liti (allegato).
La procura alle liti, come detto139, è un pre-requisito della notifica in proprio 140, ma
ciò non significa che essa debba anche essere necessariamente allegata alla notifica in
proprio a pena di invalidità della notifica stessa141, giacché “la notifica della procura
non è richiesta da alcuna norma, né pare che la conoscenza della procura possa essere
vista come una necessaria garanzia per il convenuto il quale, se vorrà controllare i
poteri del procuratore, alla stregua dei documenti allegati al ricorso, avrà l’onere di
costituirsi”142. Tale principio, sebbene espresso in forma piuttosto prudente (“né
pare”), è senz'altro condivisibile. Esso si riferisce, tuttavia, alla notifica degli atti
giudiziali. Nel caso degli atti stragiudiziali, infatti, il destinatario dell'atto non ha
modo di verificare (in alcuna cancelleria) i poteri rappresentativi dell'avvocato
notificatore. Occorre quindi chiedersi se, per tale seconda ipotesi, la procura alle liti
debba necessariamente allegarsi all'atto notificato. Ebbene, da una lettura frettolosa
delle massime che hanno affrontato l'argomento, al quesito sembrerebbe doversi dare
risposta affermativa. Ma si tratterebbe, per l'appunto, di una lettura frettolosa, alla
quale può così ovviarsi:
a) in una pronuncia ormai risalente143 si è affermato che “affinché la diffida ad
adempiere, intimata alla parte inadempiente da un soggetto diverso dall'altro
138 Del mio stesso avviso è Roberto Arcella.
139 Cfr. § 3.
140 Art. 1 L. n. 53/1994.
141 L'art. 3 bis L. n. 53/1994, infatti, non la menziona come allegato necessario.
142 Tribunale di Milano, Sezione VIII civile (Consolandi E.), sentenza del 14 gennaio 2010.
143 Cassazione civile, 25 marzo 1978, n. 1447.
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contraente, possa produrre gli effetti di cui all'art. 1454 c.c., è necessario che quei
soggetto sia munito di procura scritta del creditore, e che tale procura sia allegata, o
comunque portata a conoscenza del debitore con mezzi idonei, atteso il carattere
negoziale della diffida medesima”;
b) pronunce successive144 si sono discostate da tale indirizzo, affermando che “la
procura per la diffida ad adempiere a norma dell'art. 1454 c.c., ancorché questa sia
atto unilaterale, deve essere fatta per iscritto soltanto nei casi previsti dalla legge e
quindi se per il contratto, che si intende risolvere, la forma scritta sia richiesta ad
substantiam o anche soltanto ad probationem e non quando riguardi beni mobili, per
cui può essere anche conferita tacitamente, sempre che promani dall'interessato e sia
manifestata con atti o fatti univoci e concludenti”;
c) a fronte di tale contrasto giurisprudenziale, tutto incentrato sulla forma della
procura, è intervenuta la Cassazione a Sezioni Unite145, che si è così espressa: “Il
principio da enunciare è quindi: La procura relativa alla diffida ad adempiere di cui
all'art. 1454 c.c., deve essere rilasciata per iscritto, indipendentemente dal carattere
eventualmente solenne della forma richiesta per il contratto destinato in ipotesi ad
essere risolto”.
Com'è evidente, tale pronuncia, pur aderendo all'orientamento più risalente sub a),
secondo cui la procura va fatta sempre per iscritto (il che è indubbio nel caso di
notifiche in proprio), non ha tuttavia fatto proprio anche il principio relativo alla
necessità che tale procura scritta debba pure essere “allegata, o comunque portata a
conoscenza del debitore con mezzi idonei”, come pure affermava la Cassazione del
1978. Tale omissione nel principio di diritto è piuttosto significativa, sebbene a volte
trascurata146. D'altra parte, nella prassi quotidiana, le lettere di messa in mora e diffida
144 Cassazione civile, sez. II, 01/09/1990, n. 9085 e Cass. 26 giugno 1987 n. 5641.
145 Cassazione civile, SS.UU., sentenza 15 giugno 2010 n. 14292.
146 Ad es., Tribunale Varese, sez. I, 22/05/2012 imputa a Cass. SSUU n. 14292/2010 cit. la
massima di Cass. n. 1447/1978, quindi comprensiva dell'inciso: “è necessario che quel soggetto sia
munito di procura scritta del creditore, e che tale procura sia allegata, o comunque portata a
conoscenza del debitore con mezzi idonei”.
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inviate dagli avvocati mai contengono allegata la procura scritta del cliente, sicché
non si comprende perché tale formalità -del tutto assente nel caso dell'invio tramite
raccomandata cartacea- debba essere osservata nel caso di raccomandata digitale, che
peraltro dà anche maggiori garanzie circa la sua provenienza.
Ad ogni modo, ove si decidesse -sempre in base al noto principio del minimax, tanto
caro agli avvocati più tuzioristici- di notificare anche la procura alle liti, essa
andrebbe allegata come file autonomo147. Qualora la procura alle liti sia stata
rilasciata in formato cartaceo, cioè sottoscritta con firma autografa del cliente e
quindi scannerizzata, nel momento di allegare tale atto digitalizzato, l'avvocato deve
attestarne la conformità all'originale cartaceo “a norma dell'art. 22, co. 2, CAD”148,
con dichiarazione da farsi nella relazione di notificazione in proprio149, giacché la
procura alle liti rientra nel concetto di “atto” in senso lato, per il quale -ove
digitalizzato mediante scannerizzazione da un formato cartaceo- è appunto
necessaria, come detto150, la predetta certificazione di conformità.
§ 9. I documenti (eventuali) da notificare.
L'avvocato può notificare in proprio per via telematica anche dei documenti,
eventualmente allegati all'atto vero e proprio.
A differenza di quanto previsto per l'atto151, la legge non disciplina espressamente il
formato digitale dei file contenenti i documenti da notificare.
Tuttavia, ai fini del loro eventuale successivo deposito telematico in Cancelleria, tali
147 Ciò è senz’altro vero nel caso in cui la procura sia cartacea e sottoscritta di pugno dal cliente e
dall’avvocato e quindi scannerizzata, oppure allorché sia digitale e sottoscritta da cliente ed
avvocato con firma Cades. Ove, invece, sia firmata digitalmente (da cliente ed avvocato) con firma
Pades (ammessa dalle Specifiche tecniche DGSIA del 16 aprile 2014), la procura stessa può anche
essere a margine o in calce nel medesimo file dell'atto cui acceda (ad es., la citazione): in tal caso,
cliente ed avvocato potranno apporre le rispettive firme Pades esattamente come se fossero firme di
pugno, cioè in corrispondenza dei propri nomi, come indicati nel testo da sottoscrivere. In questi
termini, non è quindi esatto dire che la procura alle liti deve sempre e necessariamente essere su un
file ad hoc cioè autonomo. In arg. cfr., in particolare, la nota 28.
148 Art. 3 bis, co. 2, L. n. 53/1994.
149 Art. 3 bis, co. 5, L. n. 53/1994 e art. 18, co. 4, DM n. 44/2011.
150 V., supra, § 7.1.
151 V., supra, § 7.1.1.
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file devono necessariamente essere in un formato digitale consentito dal PCT
(ovvero: .pdf, .odf, .rtf, .txt, .jpg, .gif, .tiff, .xml, e le compressioni .zip, .rar, .arj
purché contenenti file nei predetti formati), privo di elementi attivi (ad esempio,
macro e campi variabili), con la precisazione che, nel caso di formati compressi, la
firma digitale (comunque facoltativa) va apposta dopo la compressione152.
Trattandosi di (meri) documenti, non è necessario che essi siano firmati digitalmente,
né autenticati dall'avvocato mediante quella certificazione di conformità all'originale
con attestazione da inserire nella relazione di notificazione in proprio, giacché essa è
prevista dalla legge153 con esclusivo riferimento all'“atto” (scannerizzato dal cartaceo)
e non pure ai “documenti” (il dubbio deriva dal fatto che il termine “atto” potrebbe
essere usato in senso generico, cioè come “allegato” di qualsiasi tipo).
§ 10. La relata di notifica.
La relata della notifica telematica in proprio non va (più) inserita nel corpo del
messaggio, ma deve essere allegata alla PEC come documento informatico nativo
digitale (cioè file direttamente “stampato in pdf” e non scannerizzato), ovviamente
dopo averlo firmato digitalmente154.
Essa deve contenere155:
a) il nome, cognome ed il codice fiscale dell'avvocato notificante;
b) il nome e cognome o la denominazione e ragione sociale ed il codice fiscale della
parte che ha conferito la procura alle liti;
c) il nome e cognome o la denominazione e ragione sociale del destinatario;
d) l'indirizzo di posta elettronica certificata a cui l'atto viene notificato;
e) l'indicazione dell'elenco da cui il predetto indirizzo è stato estratto;
f) l'eventuale attestazione di conformità all'originale cartaceo dell'atto informatico
152 Art. 12 DM n. 44/2011; art. 13 Specifiche tecniche DGSIA del 16/04/2014.
153 Art. 3 bis, co. 2 e 5, L. n. 53/1994 e art. 18, co. 4, DM n. 44/2011.
154 Art. 3 bis co. 5 L. n. 53/1994; art. 18 DM n. 44/2011; art. 18 DM n. 48/2013.
155 Art. 3 bis co. 5 e 6, L. n. 53/1994.
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allegato;
g) l'ufficio giudiziario, la sezione, il numero e l'anno di ruolo (solo per le notificazioni
effettuate nel corso di un procedimento).
Non è (più) necessario, invece, che la relata indichi gli estremi del provvedimento
autorizzativo del Consiglio dell'Ordine nel cui albo l'avvocato notificante è iscritto,
né il numero cronologico della notifica156: dati, questi, che infatti servono solo per la
notifiche in proprio a mezzo servizio postale cartaceo157.
156 Art. 8, co. 4 bis, L. n. 53/1994.
157 V., supra, § 1.
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SEZIONE C: Il perfezionamento ed i vizi della notifica.
§ 11. Il perfezionamento della notifica a mezzo PEC.
Anche per le notifiche telematiche in proprio (che, come quelle cartacee, sono
eseguite a mezzo posta, seppur di tipo elettronico) opera il principio della scissione
soggettiva del momento perfezionativo del procedimento notificatorio per il
notificante ed il destinatario (scissione rilevante ogni qual volta dall'individuazione
della data di notificazione possano discendere decadenze, o altri impedimenti,
distintamente a carico dell'una o dell'altra parte). Nel caso delle notifiche a mezzo
posta
cartacea,
detto
principio
è
stabilito
dalla
giurisprudenza
(anche
costituzionale)158; nel caso delle notifiche telematiche, invece, è la legge stessa 159 a
stabilire espressamente che essa si perfeziona, per il soggetto notificante, nel
momento in cui la PEC viene spedita (e precisamente allorché viene generata dal
sistema la PEC “ricevuta di accettazione”, con la firma digitale del gestore di posta
del mittente, che dice appunto di aver accettato la PEC) e, per il destinatario, nel
momento in cui essa viene ricevuta (e precisamente allorché viene generata dal
sistema la PEC “ricevuta di consegna”, con la firma digitale del gestore di posta del
158 In tal senso, cfr. Tribunale di Modena (Di Pasquale R.), sentenza n. 1817 del 28 novembre
2012, nonché T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I, 18/09/2012, n. 958; T.A.R. Lazio Roma, sez. I,
08/11/2011, n. 8551; Tribunale Modena, 08/07/2011; T.A.R. Basilicata Potenza, sez. I, 11/05/2011,
n. 252; T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 09/03/2011, n. 676; Tribunale Piacenza, 08/03/2011, n.
200; Cassazione civile, sez. III, 28/02/2011, n. 4919 (Conferma Appello Roma, 24 giugno 2008);
T.A.R. Lazio Latina, sez. I, 16/02/2011, n. 160; Cass. 30 luglio 2009, n. 17748; T.A.R. Veneto
Venezia, sez. I, 10/09/2010, n. 4681; Tribunale di Bologna (Marulli M.), 29 luglio – 4 agosto 2010;
T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 16/06/2010, n. 1841; T.A.R. Umbria Perugia, sez. I, 01/06/2010,
n. 353; Consiglio di Stato n. 2055 del 13 aprile 2010 (Riforma Tar Piemonte, sez. I, 10 aprile 2009,
n. 1081); T.A.R. Sicilia Palermo, sez. III, 10/03/2010, n. 2665; T.A.R. Lazio Roma, sez. III,
08/02/2010, n. 1620; T.A.R. Umbria Perugia, sez. I, 20/01/2010, n. 20; Cassazione civile, sez. III,
13/11/2009, n. 24041; T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 11/11/2009, n. 11068; T.A.R. Veneto Venezia,
sez. II, 11/09/2009, n. 2393; Cassazione civile, sez. I, 30/07/2009, n. 17748; Tribunale di Modena
(Cigarini R.), sentenza n. 4093 del 6 maggio 2009; Tar Veneto n. 2393/2009; Cass. n. 24041/2009
(in GaD n. 6/10, pag. 59); Cass. n. 17748/2009; T.A.R. Piemonte Torino, sez. I, 10/04/2009, n.
1018; Cass. n. 15081/2004; Cass. n. 6402/2004; Cassazione civile, sez. III, 19/01/2004, n. 709;
Cassazione civile, sez. II, 25/09/2002, n. 13922. Contra, Tribunale di Modena (Rovatti A.), sentenza
n. 295 del 23 febbraio 2010, nonché Tribunale Cassino, 21/10/2010, n. 734 e T.A.R. Piemonte
Torino, sez. I, 09/04/2008, n. 604 (poi cassato, però, da Consiglio di Stato n. 2055 del 13 aprile
2010 cit.).
159 Art. 3 bis, co. 3, L. n. 53/1994.
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destinatario, che dice di avergliela consegnata o, per meglio dire, messa a
disposizione, giacché la notifica si consolida cioè si considera definitivamente
perfezionata nel momento in cui arriva al server del destinatario 160, a prescindere poi
dal fatto che quest'ultimo non la scarichi dal server stesso per leggerla 161, magari
perché non ricorda la password162).
Ovviamente, anche nelle notifiche telematiche, il predetto effetto anticipato per il
notificante è di tipo provvisorio, cioè subordinato al successivo perfezionamento
della notifica lato destinatario163.
Nel caso in cui la consegna della PEC al destinatario non sia andata a buon fine (ad
es., perché casella di posta ordinaria anziché certificata, oppure a causa di virus, per
casella piena, ecc.), entro le successive 24 ore dalla spedizione il mittente viene
informato con un avviso di mancata consegna 164. In tal caso, la notifica non può
ritenersi perfezionata sicché viene meno l'effetto “anticipato” di cui si è detto, ed il
mittente deve quindi utilizzare uno strumento notificatorio alternativo, previa
eventuale rimessione in termini165, ove la notifica non sia andata a buon fine per fatto
non imputabile al mittente (ad es., casella PEC del destinatario piena), non potendo
l'avvocato beneficiare dello strumento processuale concesso alla Cancellerie per il
caso di comunicazioni non andate a buon fine per “colpa” dell'avvocato destinatario
(cioè della possibilità di depositare l'atto in formato cartaceo nella cancelleria
stessa)166.
A differenza delle notifiche in proprio a mezzo raccomandata cartacea (la cui
spedizione è vincolata agli orari di apertura degli sportelli postali), nel caso di
notifiche telematiche (spedibili in qualsiasi ora del giorno e della notte) viene allora
in rilievo l'art. 147 cpc (che è norma generale applicabile anche alle notifiche a mezzo
160 Cfr. Art. 1335 cc.
161 App. Bologna, 30 maggio 2014; in arg. cfr. pure questo articolo.
162 Cassazione civile Sentenza, Sez. Lav., 02/07/2014, n. 15070.
163 Per tutte, Corte Cost. n. 318/2009.
164 Cfr. Art. 6.3 regole tecniche DM 2/11/2005.
165 Cfr. art. 153, co. 2, cpc.
166 Cfr. Art. 16, co. 6, DL n. 179/2012.
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PEC in quanto non derogata dalla disciplina specifica dettata per le PEC), secondo
cui “le notificazioni non possono farsi prima delle ore 7 e dopo le ore 21” 167 (si noti
che la norma de qua non fa alcuna distinzione tra giorni feriali e festivi, quindi è ben
possibile notificare in proprio anche la domenica)168.
E' allora a tali orari che dovrà tenersi conto ai fini della predetta scissione del
momento perfezionativo, ditalché per il notificante occorrerà aver riguardo all'ora in
cui è stata spedita la PEC o per meglio dire all'ora in cui è stata generata la pec di
ricevuta del server mittente (ad es., alle ore 20,59), mentre per il destinatario
occorrerà aver invece riguardo all'ora in cui la notifica è stata ricevuta o per meglio
dire all'ora in cui è stata generata la pec di consegna del server destinatario (ad es.,
alle ore 21,01), con la conseguenza che, negli esempi fatti, per il notificante (ed ai fini
della verifica dei suoi termini di decadenza) bisognerà aver riguardo al giorno in cui è
stata effettivamente spedita, mentre per il destinatario (ed ai fini della verifica dei
suoi termini di decadenza) bisognerà aver riguardo al giorno successivo.
Infatti, il mancato rispetto del suddetto orario è sì causa di nullità (ovviamente
sanabile ex art. 156 cpc per raggiungimento dello scopo), MA in tal caso la notifica
effettuata o ricevuta dopo le ore 21 si considera effettuata o ricevuta il giorno dopo,
167 Come ricorda Cassazione n. 3478/1979, la ratio dell'art. 147 c.p.c. è quella di tutelare il riposo
e la quiete del destinatario della notificazione, il quale è pertanto legittimato a rifiutare la notifica
fuori orario, sicché la norma non si applica alle notifiche a mezzo posta ma solo a quelle in cui vi
può essere un disturbo fuori orario, come ad esempio quelle effettuate a mani da parte dell'ufficiale
giudiziario. Ma, se la ratio è questa, la quiete del destinatario ben può essere violata da una pec di
notifica che arriva, magari al cellulare, mentre il destinatario della stessa è a cena o sta facendo
colazione. E' ben vero che il destinatario che non voglia essere disturbato, può spegnere il cellulare,
ma il destinatario non vuole e ha diritto di non essere disturbato da una PEC di notifica, mica dalle
altre email, che vuole continuare a ricevere (senza dover disabilitare ogni sera dopo le 21 e
riattivare ogni mattina dopo le 7 l'account PEC, ed evitare, due volte al giorno tutti i giorni, che in
quell'orario riceva l'inoltro delle PEC alla email normale. A ciò si aggiunga che nel caso della PEC
non è neppure attuabile il rimedio suggerito dalla citata Cassazione, visto che la PEC stessa, una
volta che arriva al server del destinatario, non può essere da questa rifiutata. In definitiva, se è vero
-come è vero- che la PEC disturba la quiete del destinatario, sarei personalmente contrario ad
escluderla dall'operatività dell'art. 147 cpc, che altrimenti attuerebbe un trattamento diverso ed
irragionevole fra fattispecie uguali: l'ufficiale giudiziario non può disturbare, mentre l'avvocato sì.
La cara vecchia costituzione credo che non lo gradirebbe. Del mio stesso avviso, i colleghi di
Giuseppe Vitrani e Pietro Calorio (in questo articolo), nonché Carlo Piana (in questo articolo) e
Mario Sabatino (in questo articolo).
168 Cass. n. 158/1977.
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quindi a tale momento dovrà farsi eventualmente slittare, lato notificante e/o
destinatario, il momento perfezionativo della notifica.
§ 12. I vizi della notifica.
Le notificazioni telematiche in proprio sono affette da nullità rilevabile d'ufficio
(quindi non da inesistenza)169 se manca qualcuno dei requisiti soggettivi ed oggettivi
previsti dalla legge170.
Così, sono ad esempio nulle (e non inesistenti) le notifiche telematiche in proprio
eseguite con relata di notifica priva di sottoscrizione 171, ovvero (forse) in assenza di
procura alle liti dal mero domiciliatario172, ovvero in difetto (quando era ancora
necessaria) dell'autorizzazione del COA173.
Trattandosi di nullità, anche in tal caso trova applicazione il principio generale di cui
all'art. 156 cpc, secondo cui la nullità non può essere pronunciata, se la notifica
telematica in proprio ha comunque raggiunto il proprio scopo174.
169 Cassazione civile, sez. II, 10/03/2011, n. 5743, nonché Cassazione civile, sez. III, 22/06/2001,
n. 8592, Cassazione civile, sez. III, 04/04/2001, n. 4986.
170 Art. 11 L. n. 53/1994.
171 T.A.R. Sardegna Cagliari, sez. I, 26/03/2009, n. 363.
172 Cassazione civile n. 21414 del 10/10/2014 nonché Cassazione civile 28/02/2013, n. 5096;
contra, Cass. 10/01/2011, n. 357 nonché Consiglio di Stato, sez. V, 22/03/2012, n. 1631 (conferma
Tar Friuli Venezia Giulia n. 93 del 2011), secondo cui la notifica in proprio effettuata dal mero
domiciliatario è invece inesistente, quindi non sanabile.
173 In arg. cfr. Cass. 19 febbraio 2014 n. 3934, la quale ha ritenuto necessaria la produzione in
giudizio dell'autorizzazione in parola, altresì precisando che, ai fini della sanatoria della nullità nel
caso in cui si tratti di notifica avente ad oggetto un atto introduttivo, è necessario che il
convenuto/resistente si costituisca in giudizio, solo in tal modo sanando la nullità per
raggiungimento dello scopo ex art. 156 cpc. Nel senso che solo l'inesistenza dell'autorizzazione (e
non pure l'omessa produzione in giudizio della autorizzazione esistente) sia causa di nullità
(ovviamente sanabile), cfr. le più equilibrate e meno formalistiche Cassazione civile, sez. III,
04/04/2001, n. 4986; Cassazione civile, sez. un., 01/12/2000, n. 1242.
174 T.A.R. Puglia Bari, sez. I, 06/02/2013, n. 170; T.A.R. Sardegna Cagliari, sez. I, 26/03/2009, n.
363; Cassazione civile, sez. trib., 05/08/2004, n. 15081; Tribunale Modena, 11/02/2004; Cassazione
civile, sez. un., 01/12/2000, n. 1242.
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SEZIONE D: Il deposito in cancelleria e fattispecie particolari.
§ 13. Il deposito in Cancelleria della notifica a mezzo PEC.
A seguito delle Specifiche tecniche DGSIA del 16 aprile 2014, e quindi a far data dal
15 maggio 2014, l'estensione digitale della PEC (“.eml” e “.msg”) è annoverata tra i
formati consentiti175, sicché è possibile riversare la notifica direttamente nel fascicolo
processuale digitale attraverso il PCT, con le modalità previste dall', ovvero
“inserendo l'atto notificato all'interno della busta telematica e, come allegati, la
ricevuta di accettazione e la ricevuta di consegna relativa ad ogni destinatario”176.
Ove letteralmente intesa, tale modalità non prevede il deposito della PEC ma
dell'“atto notificato”, ovvero dell'allegato principale (ma non esclusivo) della PEC
stessa, la quale infatti contiene anche la relata di notifica, l'eventuale procura alle liti,
ecc., che tuttavia non sono contemplati nella disposizione che disciplina il deposito
telematico della PEC: poiché la PEC (con i relativi allegati) non può essere l'atto
principale (che deve necessariamente essere in formato pdf), tale norma stabilisce
quindi che il deposito ha ad oggetto “l'atto notificato” (e le due ricevute PEC di
consegna e accettazione): poiché, tuttavia, l'atto notificato è sempre più di uno (c'è
infatti, come minimo, anche il file della relata di notifica, nonché, tuzioristicamente,
la procura alle liti; oppure si pensi al ricorso per decreto ingiuntivo con pedissequo,
ma in separato file, decreto ingiuntivo), anziché scegliere arbitrariamente quale file
indicare come “atto principale”, questo può essere costituito da una “nota di
deposito”, già frequente nella prassi (si pensi all'integrazione dei documenti richiesti
nel procedimento monitorio, oppure al deposito di “buste multiple”).
Per l'ipotesi in cui la PEC non possa depositarsi telematicamente (si pensi, per quanto
riguarda i tribunali, a malfunzionamenti dei servizi informatici, o, per quanto riguarda
gli uffici giudiziari diversi dai tribunali, a mancate autorizzazioni a ricevere depositi
telematici, ecc.), esistono diverse alternative:
175 Per l'atto: art. 12 DM n. 44/2011 e art. 12 Specifiche tecniche DGSIA del 16 aprile 2014; per i
documenti: art. 13 DM n. 44/2011 e art. 13 Specifiche tecniche DGSIA del 16 aprile 2014.
176 Art. 19 bis Specifiche tecniche DGSIA del 16 aprile 2014 cit.
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1) stampare177 la PEC (ovviamente con i relativi allegati, unitamente alle due ricevute
di accettazione e consegna)178 e procedere così al deposito del cartaceo stesso, con
l'attestazione prevista dall'art. 9, co. 1 bis, L. n. 53/1994, secondo cui “Qualora non si
possa procedere al deposito con modalità telematiche dell'atto notificato [a mezzo
pec], l'avvocato estrae copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica
certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e
ne attesta la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte ai sensi
dell'articolo 23, comma 1, CAD”. Contrariamente a quanto affermato da alcuni
commentatori179, con tale attestazione da parte dell'avvocato (all'uopo “considerato
pubblico ufficiale ad ogni effetto”)180, il deposito della PEC anche in formato digitale
non è quindi necessario, ma semplicemente opportuno.
2) Fatta eccezione per ben determinati procedimenti espressamente previsti dalla
legge (ovvero: ricorsi per cassazione, tributari e contro contravvenzioni), la
costituzione in giudizio non potrebbe avvenire mediante l'invio alla Cancelleria di
una raccomandata o di una PEC (che alla posta cartacea è a tutti gli effetti di legge
equiparata), ma dovrebbe avvenire a mano, al fine di consentire al Cancelliere il
controllo del contenuto del fascicolo (in particolare, il versamento del contributo
unificato). L'uso del condizionale è dovuto al contrasto nomofilattico: a) parte della
giurisprudenza ritiene infatti che la costituzione in giudizio a mezzo posta (e quindi
anche mediante l'invio di PEC) sarebbe affetta da nullità, addirittura insanabile 181; b)
altra giurisprudenza, sempre della Cassazione ed altrettanto recente (peraltro a
Sezioni Unite), ritiene invece che la costituzione in giudizio a mezzo posta (e quindi
anche mediante l'invio di PEC) integrerebbe una mera “irritualità” e, semmai, una
nullità comunque sanabile dall'evidente (ed immancabile) raggiungimento dello
177 Nel caso in cui si perda il file delle ricevute di notifica, lo si può richiedere al gestore della
PEC, che lo conserva per 30 mesi, mentre quelle inviate a mezzo PCT sono conservate 5 anni dai
gestori PEC del Ministero: art. 4, co. 3, DM n. 44/2011.
178 Art. 6.5.2.1 Norme Tecniche PEC DM 2/11/2005.
179 Trib. Prato, pres. Genovese - rel. Brogi, decreto del 23/5/2013; Tar Campania – Sentenza n.
1756 del 3 aprile 2013.
180 Art. 6, co. 1, L. n. 53/1994.
181 Cassazione n. 12391/2013.
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scopo182. Tale contrasto impone ovviamente all'avvocato di optare per la scelta più
prudente, che è quella di evitare la costituzione in giudizio a mezzo posta (racc. o
PEC), anche alla luce di quella giurisprudenza che afferma la responsabilità
professionale dell'avvocato nel caso in cui, in presenza di un contrasto, abbia scelto la
strada più rischiosa per il cliente183.
In ogni caso, al momento di tale deposito -sia esso cartaceo o telematico- non sarà più
necessario provvedere al pagamento delle marche 184 di cui all'art. 10 L. n. 53/1994,
che sono state infatti abolite per le notifiche in proprio telematiche 185 e sono rimaste
solo per le cartacee.
§. 14. Gli avvisi alla cancelleria.
Nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo o di impugnazione, il soggetto
notificante deve darne contestuale avviso alla Cancelleria del giudice che ha
pronunciato il provvedimento opposto o, rispettivamente, impugnato186. Ove gli atti in
questione siano notificati in proprio dall'avvocato, tale onere è soddisfatto con il
semplice deposito di copia dell'atto notificato 187. Tuttavia, mentre nel caso di
opposizione a decreto ingiuntivo, tale “avviso” mediante deposito può ritenersi
integrato dall'iscrizione a ruolo della opposizione stessa presso la Cancelleria che è
(funzionalmente) la medesima di quella del giudice che ha emesso il decreto opposto,
nel caso di impugnazione, la Cancelleria alla quale fare l'avviso (ossia, quella del
giudice di primo grado) è invece differente da quella presso cui si deposita la nota di
iscrizione a ruolo dell'appello, sicché tale iscrizione non basta ai fini dell'avviso e può
quindi capitare che l'avvocato notificante in proprio ometta l'incombente de quo. Per
tale ipotesi, tuttavia, la giurisprudenza ritiene che il mancato avviso alla cancelleria
182 Cass. SSUU n. 5160/2009.
183 Cass. n. 18612/2013.
184 Art. 10 L. n. 53/1994: euro 2,60 fino a due destinatari; euro 7,70 da tre a sei destinatari; euro
12,40 per più di sei destinatari.
185 Art. 44 DL “Orlando” n. 90/2014.
186 Art. 645 cpc e, rispettivamente, art. 123 disp. att. cpc.
187 Art. 9 L. n. 53/1994.
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non comporti alcuna nullità188.
§ 15. Fattispecie particolari.
§ 15.1. La notifica di precetto cambiario o su assegno.
Poiché la notifica del precetto cambiario o su assegni presuppone la certificazione dei
titoli ex art. 480 cpc da parte dell'ufficiale giudiziario (certificazione che non può
essere fatta dall'avvocato, sprovvisto di poteri certificatori generali), la notifica a
mezzo PEC di tale precetto può avvenire solo nella forma scannerizzata del cartaceo,
che contenga cioè anche la predetta certificazione da parte dell'Ufficiale (oltre,
ovviamente, alla trascrizione dei titoli, che generalmente si fa mediante
fotocopiatura)189.
A titolo meramente informativo si segnala il contrario avviso del COA di Torino, il
quale ritiene invece che tale tipo di precetto non possa essere notificato in proprio,
giacché si tratterebbe in thesi di un atto proprio dell'ufficiale giudiziario (come ad
esempio il pignoramento o il preavviso di rilascio). Tale tesi non è condivisibile,
poiché la certificazione dei titoli da parte dell'Ufficiale Giudiziario non modifica la
paternità giuridica del precetto, che rimane pur sempre un atto dell'avvocato (o del
cliente, nel caso di firma personale di questi).
§ 15.2. L'intimazione di sfratto.
Poiché la notifica dell'intimazione di sfratto non può ritenersi effettuata “a mani” del
destinatario, vi sarebbe la necessità di fare l'avviso ex art. 660 cpc190.
§ 15.3. La richiesta di pignoramento.
Nel caso di sentenza e/o precetto notificati a mezzo PEC, al momento della richiesta
188 Cassazione civile, sez. I, 25/02/2011, n. 4704.
189 In arg. cfr. tuttavia questo interessante articolo di Roberto Arcella.
190 Tribunale di Modena (Marconi A.L.), ordinanza del 23 luglio 2013. Contra, Tribunale di
Mantova (Bulgarelli A.), 17 giugno 2014, che, nella mancata comparizione dell'intimato, ha ritenuto
superfluo l'avviso ex art. 660 cpc, convalidando l'intimato sfratto notificato a mezzo PEC. In arg.
cfr. pure Tribunale Catanzaro 22/2/2014, secondo cui l'avviso di cui all'art. 660 cpc non potrebbe
essere effettuato in proprio dall'avvocato, giacché la norma si riferirebbe espressamente (ed
esclusivamente) all'Ufficiale Giudiziario. In arg. cfr. questa discussione su twitter.
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del pignoramento sarà sufficiente rammostrare e consegnare all'ufficiale giudiziario
la stampa della PEC (ovviamente con i relativi allegati, unitamente alle due ricevute
di accettazione e consegna) con l'attestazione di conformità all'originale digitale,
rilasciata dall'avvocato stesso191, che all'uopo “è considerato pubblico ufficiale ad
ogni effetto”192, con la conseguenza che le relative certificazioni fanno fede fino a
querela di falso193.
§ 15.4. La trascrizione della domanda giudiziale notificata in proprio.
Per la trascrizione della domanda giudiziale notificata in proprio è necessaria la c.d.
“copia ad uso trascrizione”, che al momento (cioè fin quando non sarà possibile
effettuare tale trascrizione direttamente in via telematica) può essere solo cartacea194.
Tale copia consiste nella stampa della PEC (e dei relativi allegati, unitamente alle due
ricevute di accettazione e consegna) e può essere rilasciata (non dall'ufficiale
giudiziario ma) dal cancelliere dopo l'iscrizione a ruolo, oppure confezionata
direttamente dall'avvocato notificante. In quest'ultimo caso, l'avvocato, nella veste di
“pubblico ufficiale”195, procede alla stampa della PEC (e dei relativi allegati,
unitamente alle due ricevute di accettazione e consegna) e ne attesta la conformità
all'originale digitale196.
191 Art. 9, co. 1 bis, L. n. 53/1994.
192 Art. 6, co. 1, L. n. 53/1994.
193 App. Venezia, sez. lav., 20/02/2012.
194 La trascrivibilità della domanda notificata a mezzo PEC è stata espressamente confermata dal
Conservatore di Verona al collega Francesco Tregnaghi, che ringrazio per la segnalazione.
195 Art. 6, co. 1, L. n. 53/1994.
196 Art. 9, co. 1 bis, L. n. 53/1994.
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SEZIONE E: Normativa e fac simili.
§ 16. Normativa.
- Circolare Min. Giustizia del 27 giugno 2014
- L. n. 53/94 (notifiche in proprio)
- D.Lgs. n. 82/2005 (codice amministrazione digitale o CAD)
- DPR 11 febbraio 2005, n. 68 (Regolamento recante disposizioni per l’utilizzo della
posta elettronica certificata)
- DM Giustizia n. 44/2011 (Regole tecniche o Regolamento)
- Provvedimento DGSIA 16 aprile 2014 (Specifiche tecniche in attuazione del
predetto Regolamento)
- DL n. 179/2012 (decreto crescita)
§ 17. Fac simili.
- Attestazione di conformità di atti e provvedimenti estratti dal fascicolo informatico
- Procura alle liti telematica
- Relata di notifica telematica
- PEC di notifica telematica (per usarlo come modello, aprire il file e quindi cliccare
CTRL + E)
- Attestazione di conformità del cartaceo all’originale telematico (ad es., per uso:
iscrizione a ruolo cartacea di domanda giudiziale notificata telematicamente; richiesta
di pignoramento su precetto/titolo notificato/i telematicamente; trascrizione di
domanda giudiziale notificata telematicamente; ecc.)
Avvertenze: i file sono in formato “.odt”,
quindi apribili, tra gli altri, con Open Office o Libre Office.
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Le notifiche in proprio a mezzo PEC