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E CU’ SUGNU EU, BABBU NATALI?1
di Claudio Barrella
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– Allora è pronto? – fece l’ispettore lanciando un urlo stretto al
barone.
– Quasi. Focu meu! E adesso come faccio?
Il barone si guardò allo specchio e con un mezzo ghigno
dispiaciuto cercò di stringersi nel vestito da Babbo Natale. La pancia
era cresciuta dall’ultima volta che lo aveva utilizzato. Erano passati
dodici anni, la nipotina aveva reclamato la presenza del barbuto
personaggio con tanto di slitta e renna. Da allora non c’erano state più
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E chi sono io, Babbo Natale?
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occasioni per esibirsi in pubblico. Non ne era intimorito, la famiglia
lo aveva accolto con sano divertimento, ma adesso la scena era
differente. Ci sarebbero stati grandi e piccoli, personaggi importanti e
quasi celebrità della Tebaide.
Come uscirne?
– Ho paura che non si possa fare! – disse con voce ferma e perentoria
il barone.
L’ispettore non reagì nell’immediato.
– Ha sentito?
Ancora nessuna reazione dell’ispettore. Il barone uscì dalla
propria camera da letto e improvvisamente fu investito da una salva
di applausi. L’ispettore e Isabella Cusimano si erano messi d’accordo.
– Sta che è una meraviglia! – esclamò l’ispettore.
– Ha ragione, Carlo. Ti dona l’abito rosso. E poi la barba ti fa
sembrare più affascinante del solito.
– Trovi? – fece il barone pendendo dalle labbra di Isabella.
– Trovo che sarà una bella festa. I Lions saranno contenti di averti
quale ospite d’onore. Io ti ho caldamente sponsorizzato per questa
parte, nessuno in paese avrebbe potuto farlo meglio di te.
Al barone non rimase altro da fare che arrendersi. In fondo si
sentiva un po’ come il barbuto nonnino della Lapponia, così pieno di
amore da voler inondare l’intera Tebaide. La famosa frase che tutti
sono più buoni a Natale non doveva essere una semplice
affermazione qualunquistica, che ognuno avrebbe potuto rigirare a
modo suo. Significava davvero che lo spirito del Natale di
dickensiana memoria doveva vincere su qualsiasi egoismo e far
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rinascere l’uomo dalle proprie ceneri. Sante parole, avrebbe detto la
sua coscienza, prendendo saldamente per i fondelli!
Finita la preparazione, il barone si trasformò nel dispensatore di
regali, nel portatore di luce e di buonumore, nel personaggio-clown
che i bambini dell’asilo della Machiavelli aspettavano con tanto
ardore. Adesso doveva solo calarsi nella parte e recitare la fatidica
frase: avanti con i regali, chi è stato buono tra di voi bambini?
Vigilia di Natale, ore diciassette. Il barone con la sua pancia
ingombrante un po’ somigliante al maresciallo Nicosia, varcò il
portone di casa per entrare nella sua scomodissima utilitaria.
L’ispettore era al posto di guida, mentre Isabella prese posto nei
sedili posteriori. Fuori il tempo era incerto, dalla pioggia umida e
stagnante del mattino si era passati al freddo velato e micragnoso
della serata. Poche anime vive in giro, qualcuno che si affaccendava
negli ultimi acquisti girovagava come una trottola cercando
l’ispirazione dell’ultimo minuto.
Mentre l’auto del barone oltrepassava Via Quattro Novembre
dalla pescheria Filardo una signora emise un grido sonoro, sibilante:
pesce spada freschissimo e se non è fresco lo ributtiamo a mare!
La scuola era a due passi, dal cancello con tanto di bandiera
tricolore si accedeva ad un piccolo ingresso con aiuola e terra battuta.
Solo poche auto potevano godere del beneficio di parcheggiare nella
zona antistante il complesso scolastico. Al barone fu consigliato dalla
presidentessa dei Lions, che aspettava sbattendo i tacchi, di accedere
da dietro; Babbo Natale doveva fare il debutto in modo trionfale e
teatrale dopo il suo discorso introduttivo.
– Forza, barone! Se le dico una cosa promette che non si arrabbierà?
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Il barone promise in maniera subdola.
– Quando mi ha raccontato che si vestiva da Babbo Natale ho fatto di
tutto per farmi dare dei giorni di ferie, non potevo perdermi questa
esibizione! – disse l’ispettore sorridendo a mò di sfottò.
– Dica pure la parola giusta: spasso! Lei è venuto per divertirsi alle
mie spalle.
Isabella intervenne per placare gli animi.
– Baruni, attru chi Babbu Natali! Vestiti i ‘sta manèra parimu
Balanzuni ‘nto ballu mascheratu i Bologna a Carnevali...2
– Antonio, stasera hai un compito importantissimo. Dovrai allietare la
vigilia di Natale non solo dei bambini di cinque e sei anni che vi
parteciperanno, ma anche ottenere il massimo dai grandi.
– Equivale a fargli aprire il portafoglio?
La battuta del barone non fece arrabbiare Isabella, ma la fece
arrossire quel tanto che bastava per farla diventare la donna più
interessante che avesse mai conosciuto in vita sua.
– Okay, non c’è bisogno di dire altro, conosco la mia parte a
memoria, è una serata per i piccoli ma anche per raccogliere fondi,
perché così altri bambini che soffrono nel mondo potranno avere un
Natale di gioia.
– Baruni, tu e ‘a filantropia siti ‘a stessa cosa... complimenti
vivissimi...3
Il barone si trascinò a fatica la pesante tuta da palombaro che
indossava, ovvero la giubba rossa, fino allo spogliatoio della scuola
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Barone, altro che Babbo Natale, vestiti così sembriamo Balanzone nel ballo in maschera di Bologna a Carnevale…
Barone, tu e la filantropia siete la stessa cosa… complimenti vivissimi…
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materna. Già sentiva la concitazione, i rumori, le risate, le diavolerie
dei bambini: sembrava un coro celeste!
– Bella atmosfera, non trovi? – fece Isabella sistemando gli ultimi
dettagli prima dell’apparizione in scena di Babbo Natale.
– Sì… – aggiunse il barone coinvolto nella festa.
– Adesso ti lascio. Vado in sala per preparare il tuo arrivo. L’ispettore
ti farà compagnia e ti aiuterà se serve.
Passarono pochi secondi in cui il barone e l’ispettore si
squadrarono con tono di sfida; c’era più goliardia e canzonatura che
serietà in quel duello fatto di strane occhiate. Poi Maffei esplose in
una sonora risata che fece sobbalzare il barone.
– E’ più forte di me, per favore, mi perdoni!
– Piuttosto, pensa che farò bella figura?
– Sì.
– Mi riconosceranno con questa barba?
– Sì.
– Altri monosillabi li conosce? – domandò irritato il barone, che
cominciava ad avere i sudori freddi per il grande nervosismo
dell’attesa.
L’ispettore guardò l’orologio a ripetizione in pochissimo tempo,
aveva una certa smania addosso.
– Adesso vado. C’è Ludovica che mi aspetta!
– Sono davvero felice per lei, ma mi lascia da solo? Come faccio?
– Non si preoccupi, Isabella la avviserà quando entrare. Le preparerò
un bel book fotografico… ci sarà proprio da divertirsi… che Natale,
gente!
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– Sfutti ‘u poliziottu nordista... Restàmmu suli... Eu e ttia, caru Babbu
Natali...4
Dopo dieci minuti di insana attesa, mentre cominciava ad
imperversare un violento temporale, Isabella venne di corsa per
metterlo in allarme: toccava a lui, era venuto il suo momento! Il
barone, che era rimasto per tutto il tempo seduto, si alzò
repentinamente e aggiustandosi la voluminosa pancia, iniziò a
scaldare la voce; doveva sembrare quella di un nonnino in vena di
smielati racconti, di profonde tenerezze, di imperturbabili carezze.
– Uno, due, tre!
– Baruni, non simu ‘nta ‘nu comiziu pubblicu ...5
– Quando sentirai la parola “sorpresa” tu entri in scena. Hai capito,
Antonio?
– Certo, non sono mica rimbambito, cara Isabella!
Dalla sala calò il silenzio, ci fu prima la presentazione della
presidentessa dei Lions, una vera arringapopoli, una che non difettava
di parole e senso del palcoscenico; la sua arte oratoria la portò a
toccare vette incredibili, il suo discorso fiume sembrava interminabile
e logorroico. Il barone che non ne poteva più, cominciò a sbadigliare,
a rimettersi seduto, tanto il segnale convenuto ancora non era
arrivato. Fu in quella stancante attesa, in quella terra di nessuno, che
la sua mente cominciò a proiettarsi nel passato. Volò attraverso il
tempo, toccando le propaggini della propria infanzia fino ad una
vigilia di Natale indimenticabile, quando aveva otto anni. Suo padre,
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Sfotte il poliziotto nordista… siamo rimasti da soli… io e te, caro Babbo Natale…
Barone, non stiamo ad un comizio pubblico…
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uomo intransigente quanto dotato di enorme zelo per la forma, aveva
preparato nel salotto del palazzo una piccola festa per i compagni di
scuola del barone. C’erano davvero tutti, Nicotra, Spallanzino, Silipo
e anche Bufala mentre intorno diluviava come all’epoca di Noè; tutti
si erano vestiti con maglioni rossi intonati con l’ambiente natalizio,
che il barone senior aveva predisposto. Al culmine della festa ci fu un
problema all’impianto elettrico e la luce andò via. Disperatamente il
barone bambino che aveva solo otto anni, cercò di far ritornare la
luce, persino con le preghiere di devozione dirette al Bambino Gesù.
La serata finì male tra la delusione dei suoi compagni di scuola e
quella di suo padre mortificato per il fallimento, che disse
semplicemente una cosa per consolarlo, qualcosa che aveva da tempo
rimosso: quando da grande farai una festa controlla sempre che non
ci sia un temporale fuori!
Ne ebbe il terrore al solo ricordo. Perché suo padre non aveva avuto
per lui le parole dolci che ogni figlio si sarebbe aspettato come
conforto?
Tradotto mente e psiche nel viaggio del tempo non si rese conto
che Isabella aveva pronunciato il suo discorso e che aveva detto la
parola magica, che non era simsalabim, ma “sorpresa”. Rinvenendo
dal torpore il barone si alzò di scatto e avanzando come un palombaro
fece il suo ingresso ad effetto nella sala. Fu un shock incredibile!
L’ambiente era gremito di bambini urlanti, festanti, sciamanti, che
facevano un vero e proprio pandemonio; i grandi, invece,
sghignazzavano e parlottavano negli angoli bui come se stessero
tramando un complotto ai suoi danni. Giunto al centro della sala
cercò di far uscire il proprio fiato, ma una non identificabile arsura
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alla gola lo fece rimanere attaccato solo ad un atono bisbiglio.
Isabella lo guardava sconsolata, mentre l’ispettore che aveva sotto
braccio il Sostituto Procuratore Servidei, era incredulo davanti alla
scena muta del barone.
– Baruni, parra sinnò ‘ndi lincianu e facimu ‘a figura d’i ficandiàni
sutta ‘u suli...6
Il barone cercò nella propria memoria la frase jolly, imparata per
esordire in maniera convincente. Come faceva? Chi di voi bambini ha
fatto il bravo? Acqua. Chi di voi si è comportato bene? Fuocherello.
– Avanti con i regali, chi di voi bambini è stato buono? Fuoco!
In quel preciso istante il barone fu investito da un’orda famelica
di esemplari nani appartenenti alla razza umana; lo cinsero da ogni
parte del vestito e ognuno a modo suo lo ricoprì di attenzioni. C’era
chi gli saltellava sulle scarpe, chi si appendeva sui pantaloni, chi
ancora emulando Messner scalava la sua pancia per arrivare a toccare
la sua mistica barba finta. Alla fine ne prese uno in braccio che gli
tirò la barba, ma fece appena in tempo a rimettersela a posto che una
scarica dal cielo preannunciò il riacutizzarsi di un temporale
dormiente per tutta la giornata. Tanta acqua e poi un improvviso
black out. Il passato che ritornava! Miserere!
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Barone, parla se no ci linciano e facciamo la figura dei fichi d’india sotto il sole…
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Il black out elettrico aveva paralizzato la sala, i bambini
continuavano a correre all’impazzata, scalmanandosi dietro giochi
fantasma, approfittando della complicità del buio. Il barone si era
fatto prendere dalla vecchia paranoia del passato, solo che adesso non
aveva più otto anni. Con l’aiuto di qualche torcia e candela di fortuna
si fece un po’ di luce nell’ambiente e si scoprì con grande dispiacere
per i più piccoli che tutti i regali posti sotto un gigantesco albero
erano spariti.
– Malanova u ‘ndavi7 – esclamò il barone esterrefatto.
L’ispettore infilò una mano dentro la sua giacca ma non trovò
né la fondina, né la pistola. In queste occasioni evitava di portarla e se
ne lagnò. Il maresciallo Nicosia invitò tutti alla calma mentre il
brusio di lamentazione intorno aumentava a dismisura; anche la
presidentessa dei Lions si fece prendere dal panico, fino ad arrivare
ad esclamare: mi hanno rovinato la festa e il Natale! Dopo di che
sbatté i tacchi a terra per il grande nervosismo, facendo più rumore di
una grancassa.
– Chi è stato? – domandò Isabella allarmata.
– Maresciallo, faccia chiudere la sala! Nessuno deve uscire.
Nicosia realizzò che quanto detto dal barone corrispondeva
all’unica cosa da farsi. Chi aveva rubato i regali era ancora presente
tra gli ospiti e secondo una sottile teoria non era stato solo un uomo
ad agire. Questo pensò il barone, mentre si grattava la barba finta.
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Che siano maledetti
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– Perché barone? Chi ha rubato è anche sparito ormai dalla
circolazione! – esclamò il maresciallo.
– Errato – replicò il barone, cominciando a far funzionare la sua testa
totale.
Isabella cercò di calmare la presidentessa, mentre l’ispettore
gettava un occhio a destra e uno a sinistra, come se le facce presenti
potessero essere giudicate innocenti o colpevoli solo dalla loro
fisiognomica.
– Mi spiega con calma perché il ladro non ha agito da solo?
– Ispettore, ragioni un attimo. Per quanto tempo è andata via la
corrente elettrica?
– Un minuto, massimo due.
Il barone chiese ad un bidello di turno per quella serata speciale
dove si trovava il quadro elettrico generale. L’uomo rispose che la
famosa scatola dei comandi era posta fuori, in una piccola struttura in
muratura al riparo dalle intemperie; era stata spostata all’esterno dopo
gli ultimi lavori di riammodernamento dei locali, ma per mancanza di
fondi era stata lasciata fuori. Un’anomalia!
– Ottimo, come sospettavo! – aggiunse il barone fregandosi le mani e
poi la barba ispida e pungente.
– Non la seguo.
– Il ladro secondo lei è stato così bravo da spegnere i comandi
generali, togliere la corrente, entrare indisturbato dentro la sala,
saccheggiare i regali e poi tornare al proprio posto tra gli ospiti?
Oppure a fuggire via?
– Se ha fatto tutto da solo, sì!
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Il barone invitò il fidato ispettore a seguirlo fuori. Si fecero
aprire la sala dal maresciallo, mentre la maggior parte degli ospiti
rumoreggiava imbufalita per il trattamento; ci fu anche un consigliere
provinciale che minacciò azioni legali contro la prigionia forzata alla
quale veniva sottoposto.
Il maresciallo fece passare, assecondando chi aveva più cervello
ed intuito di lui. Il barone percorse sotto la pioggia battente con passo
veloce il tragitto dall’entrata fino alla struttura in muratura. Dietro
come un segugio avanzava felpato l’ispettore che si guardava intorno.
Il barone fece idealmente tana, colpendo con il palmo della mano il
gabbiotto dei comandi e dopo aver ridato corrente alla Machiavelli
con lo stesso passo si avviò verso l’interno dei locali.
– Quanto ci abbiamo impiegato?
– Maremma, barone ha ragione! Più di un minuto.
– Diciamo un minuto e mezzo. Converrà che uscire e poi rientrare per
rubare i regali ed infine scappare implichi un lasso di tempo
maggiore. E poi, domanda fondamentale, come facevano a sapere il
momento giusto per fare black out in sala e far man bassa dei regali?
– Ho capito. Un complice fuori e il ladro dentro. Però è stato
sicuramente Speedy Gonzales… per nascondere tutti i pacchi così in
fretta!
– Converrà, allora, che i regali sono ancora dentro la scuola.
– Non perde un colpo, barone! – disse l’ispettore arrendendosi alla
ragion di stato.
Le facce in sala erano tante. C’era quella del parroco del paese,
del commercialista con moglie attempata, dell’avvocato con lo
sguardo da arringatore, della contessa annoiata, del politicante
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arrivista, del notaio altezzoso; sembrava una giungla di colori e di
espressioni ed ognuno poteva essere il colpevole.
– Chi di loro? – domandò l’ispettore irrequieto.
Mentre il maresciallo si affaccendava nel mantenere la calma, il
barone iniziò la perlustrazione dei locali. Iniziò a contare i propri
passi, a circoscrivere l’area di azione dell’ipotetico ladro e nonostante
la forsennata ricerca, non si arrivò a capo di nulla. I regali erano
spariti, divorati dal tempo, risucchiati da un buco nero enorme e
fatale. Come fare per acquietare il piagnisteo e gli strilli dei bambini
inferociti?
– Barone, è già mezzora che cerca. Ho fatto venire i miei uomini
dalla caserma, ma devo aprire. Mannaja, proprio a Natale! – disse
sconfortato il maresciallo.
Il barone chiese ancora un po’ di tempo. La sua mente
funzionava come una supernova, che illuminandosi per un fenomeno
esplosivo al suo interno, diventava luminosa, aperta come un
paracadute e pronta a cogliere i dettagli.
– Ispettore, i regali sono ancora qui. Stabiliamo una cosa,
innanzitutto. Cosa contenevano i pacchi dono?
Fu interpellata la presidentessa dei Lions, la quale superata la
fase di isteria collerica, confermò che si trattava di giocattoli per i
piccoli e generi alimentari da destinare ai bisognosi.
– Barone, cose non di particolare valore – replicò l’ispettore Maffei
distrattamente.
– Allora siamo davanti a dei ladruncoli di infima categoria. Anzi,
soggetti molto sfortunati.
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– Come barone, li difende pure? Stasera c’è il gotha di Tebe, con
gente lustrata a festa, abiti sgargianti, orologi, collane, catenine e
tanto altro reliquiario di alta gioielleria, per non parlare poi degli
assegni che sarebbero andati a ruba per la famosa gara di
beneficienza a chi dimostrava di essere il più vanitoso nell’offrire, e
cosa fanno i ladri, rubano i pacchi dono?
Isabella era in piena sintonia con il barone. Anche la Servidei si
rese conto che il ragionamento tornava.
Finora, ispettore, abbiamo considerato il furto solo da un punto
di vista, vale a dire che i ladri volessero compiere un furto agendo
con un infiltrato e un complice dall’esterno, ma abbiamo scartato una
cosa importante.
– Quale? – fece l’ispettore, più propenso all’azione che alla politica
delle parole.
– Che i ladri hanno agito per estremo bisogno. Condanniamo pure
l’atto vergognoso del furto, ma sfido chiunque nel dire che non è stata
opera di gente sopraffina!
L’ispettore si guardò intorno piuttosto spiazzato.
– E allora chi è stato secondo lei?
Il barone diede uno sguardo intorno e dopo un veloce
pellegrinaggio tra facce arrabbiate e facce presuntuose, calò il suo
poker d’assi sull’unico rimasto secondo le sue elucubrazioni.
– Lui, per esempio! – esclamò il barone additando il presunto
colpevole.
– Il bidello? – fece l’ispettore divertito.
– Ecce homo! – disse il barone esclamando.
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Il barone chiese alla presidentessa di chiamare il bidello, che di
nome faceva Pasquale Marafioti, e di farlo accomodare in una saletta
dell’asilo adibita a ripostiglio. L’ispettore seguì a ruota.
– Signor Marafioti, da quanto tempo lei è il custode della scuola?
– Ventotto anni! Una vita …
– E dove vive?
Sembrava una domanda semplice, una di quelle a cui si poteva
rispondere dicendo “abito in Via Carluccio Castracani, numero
trentaquattro, all’altezza della Farmacia Dioniso, proprio prima del
busto in gesso di Verdi, quello profanato nell’ultimo Capodanno”;
invece Marafioti fece quasi scena muta, trattenuto da un forte senso
di imbarazzo.
– Qui, barone!
– Nel presidio scolastico?
– Per forza. Mi cacciàru d’a casa mia chilli gran figghj ‘i puttana d’u
Comuni!8
– Per quale motivo?
– Avevo lo sfratto, come si dice in questi casi “esecutivo”.
– E la sua famiglia?
– Mia moglie è morta dieci anni fa, mentre l’unico figlio che abbiamo
avuto se n’è andato a lavorare in Germania. Qui non c’è lavoro, non
si campa.
Per il barone fu tutto più chiaro e anche tutto più malinconico,
perché la sua congettura era andata a bersaglio.
– E come se la passa?
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Mi cacciarono dalla mia casa quei gran figli di puttana del Comune!
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Il bidello ebbe un altro momento di imbarazzo, arrossì
velocemente in viso.
– Non bene. E’ finito l’interrogatorio?
– No! – fu la risposta secca del barone.
– E cosa altro vorrebbe sapere? Il mio codice fiscale, il mio numero
di previdenza sociale, quanti pasti faccio al giorno … forza … sono a
sua disposizione.
– Chi è il suo complice?
– Quali complici? – esplose Pasquale Marafioti alzando la voce.
– Non le conviene fare tanto baccano, tanto noi due sappiamo che è
stato lei a commettere il furto.
– Io?
– Si e con l’aiuto di un complice.
Marafioti si mise a ridere con un suono gutturale della voce, una
scarica amara di nervi; si leggeva palpabile nella sua reazione
emotiva tanta agitazione.
– E come avrei fatto?
– Lei, – riprese il barone con molta flemma – ha predisposto la cosa
in modo tale da ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo.
Un complice fuori che avrebbe dovuto staccare l’interruttore della
corrente elettrica nel gabbiotto proprio nel momento fatidico
dell’entrata in scena di Babbo Natale!
– E’ interessante, barone!
– E le dirò di più, facendo il tragitto per andare ad azionare
l’interruttore mi sono accorto che era inevitabile infangarsi le scarpe,
troppa pioggia e quindi troppo fango intorno alla scuola. Quindi
erano stati due uomini a fare il lavoro, uno dentro ed uno fuori.
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– Mi sta accusando, barone?
– Si!
– Lei non è un pubblico ufficiale, non può trattenermi qui senza il
permesso della legge.
L’ispettore si frappose tra il barone e Marafioti che intendeva
uscire. Sbarrò il passaggio, mettendosi a guardia della porta.
– Questo è sequestro di persona!
– Ispettore, le risulta? – fece il barone con voce bassa e misurata.
– A me no. Stiamo solo avendo una civile conversazione. Mi sembra
che lei, signor Marafioti, debba spiegarci un po’ di cose – aggiunse
Maffei con serietà e perentorietà.
– Non vi devo nulla. Spiegatemi dove avrei messo la refurtiva.
Il barone diede qualche passo intorno al bidello prima di
riprendere la sua personale arringa.
– Vede, sospetto di lei perché conosce la scuola. Nessuno degli
invitati avrebbe potuto compiere il furto con le modalità del nostro
caso. I regali rubati non si trovano perché lei li ha nascosti bene da
qualche parte ed è questa la vera risposta al mistero.
– Voglio proprio vedere … – si fece scappare Marafioti in un
accenno di rabbia.
– E’ solo questione di tempo. Il nostro maresciallo Nicosia farebbe
un’accurata perquisizione dei locali e prima o poi verremmo a capo
della faccenda. Resta da stabilire il movente, ciò che la spinta a farlo.
Possiamo fare anche mezzanotte e aspettare il Bambino Gesù. Io non
ho fretta!
Marafioti sudò freddo per qualche secondo, manteneva ancora
viva la sua aria da sfrontato, ma qualcosa nel suo atteggiamento stava
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iniziando a venir meno, forse un senso di colpa oppure la voglia di
liberarsi di un macigno, che gli ingombrava la coscienza.
– Sono stato io! Basta, lo ammetto …
Marafioti si accusò platealmente, liberandosi finalmente.
– Per quale motivo?
– Il complice è mio fratello Attilio. L’ho fatto per lui.
– Buona questa! – fece l’ispettore con una sottile ironia.
– Proprio così. Siamo gli unici rimasti della nostra famiglia, non
abbiamo altri parenti, lui ha me e io ho lui. Una settimana fa si è
presentato da me parlandomi di un certo debito che aveva contratto
con degli strozzini del paese. Aveva bisogno di soldi, sua moglie lo
ha abbandonato perché …
– Baruni, pari ‘nu cuntu du libbru Cuore...9
– Perché beveva!
– Perché rubare proprio i regali di Natale?
Marafioti addolcì la sua voce, divenne agnello misericordioso
tutto d’un tratto attraverso una trasformazione inusuale.
– Non siamo delinquenti io e mio fratello! Lo abbiamo fatto per
disperazione. Sapevo dell’evento dei Lions e ho pensato che la
vendita degli oggetti rubati poteva fruttare a mio fratello una somma
tale da ripagare il suo debito.
Marafioti passò alla fase successiva della mutazione. Si gettò a
terra in ginocchio e implorando il barone, gli tirava il vestito rosso da
Babbo Natale.
– Che sceneggiata, barone! E’ un volgare ladro – aggiunse quasi
cinicamente l’ispettore.
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Barone, sembra un episodio tratto dal libro Cuore…
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Il barone rimase per qualche istante perplesso, trascinato da una
strana emozione partecipativa nei confronti di quel dramma in corso.
– Barone, non mi dica che ci crede veramente?
– Si, gli credo!
– Perché? – insistette l’ispettore non credendo alle proprie orecchie.
– Chi ruba dei regali con così scarso valore proprio la notte di Natale?
– Un disperato! – replicò meccanicamente l’ispettore.
– Appunto. Solo la disperazione può essere il movente ad un atto così
increscioso.
– Mi criditi, baruni?10 Siamo povera gente, senza niente. Lo so,
abbiamo sbagliato ma non sapevo dove sbattere la testa.
Il barone sorrise per uno strano impulso.
– Stasera si è voluto vendicare?
Marafioti si alzò in piedi con la faccia ancora più mortificata di
prima.
– Sì, barone!
– Del fatto che tutti si divertivano, mentre lei e suo fratello dovevate
scontare le pene dell’inferno.
– Sì.
– Bella la trovata di farlo proprio poco prima dell’annuncio della
distribuzione dei regali!
– Barone, ma che sta dicendo? Facciamogli anche un applauso! Io
sono un tutore della legge e potrei anche arrestarlo.
– Si, ispettore. Lei ha ragione, ma non questa sera. E’ la notte di
Natale!
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Mi credete, barone?
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L’ispettore
strabuzzò
gli
occhi
non
comprendendo
le
farneticazioni del barone-Babbo Natale.
– Vede ispettore, Marafioti ha ragione quando parla di disperazione,
di gesto estremo, di voglia di farsi beffe di quelli che si trovano in
sala adesso, ai quali importa poco forse se ci sono persone in
difficoltà. La loro unica preoccupazione è di spassarsela stasera, di
far scartare i regali ai propri bambini. Sono ciechi! Noi due, ispettore,
possiamo ancora vederci e fare la differenza. Se condanniamo i
fratelli Marafioti stasera, ci comporteremmo alla stessa stregua di
quelli che sono in sala. Io personalmente preferisco perdonare che
colpevolizzare. Preferisco indugiare che giudicare. A lei la scelta.
Può anche denunciarli, le ho espresso la mia volontà di non farlo!
– Baruni, parràsti propriu comu a Cesari Beccaria... bravo e
complimenti…11
L’ispettore traballò sul posto, le sue certezze si andavano
lentamente sfaldando e si chiedeva nel proprio intimo se una seconda
chance era da concedere dopotutto. Assolvere o condannare? Questo
era il dilemma natalizio.
– E va bene. Ha vinto, barone. Mi ha convinto. Anche io in fondo
credo che non siano dei delinquenti incalliti. E adesso come ce ne
usciamo con i regali?
– Ispettore, ho la soluzione giusta!
Il barone fece un passo verso il bidello e dall’alto della sua
nuova investitura in qualità di Babbo Natale per una notte, fece una
proposta alla quale non si poteva rinunciare.
– Ci vuole un altro black out!
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Barone, hai parlato proprio come Cesare Beccaria… bravo e complimenti …
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Marafioti baciò le mani del barone e dopo la commozione del
momento si avviò verso l’uscita.
– Lo spirito del Natale le fa male, barone!
– Su una cosa le do ragione. Una notte come questa può anche
cambiare le persone e stasera sentivo di dover essere un uomo
migliore. Lei come si sente, adesso?
– Uno che si è fatto appena scappare un ladro! Maremma impestata!
Si misero a ridere di gusto, mentre accorreva il maresciallo
Nicosia che come al solito cadeva dalle nuvole.
– Abbiamo trovato il ladro?
– No, maresciallo! Ma i regali sì!
Dopo cinque minuti di concitazione in sala, tra strilli di bambini,
imprecazioni, lagnanze e tanta vanità, ci fu un nuovo mancamento di
luce. Improvvisamente, quasi per incanto celeste, era riscoppiato un
sublime temporale, l’acqua veniva giù a goccioni solidi e batteva
sulle imposte e sulle finestre con inaudita violenza. Nemmeno tempo
di trasecolare per la rabbia naturale degli elementi che ci fu
nuovamente un fiat lux.
I regali ricomparvero sotto l’albero di Natale e il barone che si
trovava al posto giusto e al momento giusto, disse con indicibile
sicurezza: avanti con i regali, chi di voi bambini è stato buono?
Tra gli invitati ci fu chi parlò di sublime scherzo organizzato dai
Lions per dare una carica di suspense alla serata, e chi ancora aveva
predetto un miracolo prima della mezzanotte. La festa si riebbe per
incanto e nessuno più si soffermò sul mistero della sparizione dei
regali di Natale.
– Come hai fatto, Antonio? – gli chiese Isabella sorpresa.
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– E’ la notte di Natale, no?
– Ho capito che vuoi tenere il segreto. Non insisto! Ho avuto tanta
paura che la raccolta fondi potesse andare in malora.
– Andrà tutto bene. I nostri cari invitati sborseranno la loro parte per i
poveri, i diseredati, gli orfanelli e per tutti coloro che soffrono in
questa notte santa!
La festa finì alle dieci e come una sacra processione molti si
avviarono in fila indiana verso l’uscita; chi rientrava con i piccoli e
chi si dirigeva verso la messa della mezzanotte, in fondo stava per
nascere il Bambino Gesù.
– Si è divertito, barone? – fece con non poco sarcasmo l’ispettore.
– Mai vissuta una vigilia così intensa e piena per il mio spirito.
– Mi toglie una curiosità. Come ha fatto a capire che c’entrava
Marafioti?
– Ho visto che c’era un letto in un’aula in disuso e nessuno avrebbe
potuto nascondere la refurtiva meglio di lui.
– Ma scommetto che lei non si fermerà a questo suo atto di bontà, ne
farà anche un altro. Indovinato?
– Ispettore, quanta arguzia! Siccome ho fatto trenta, farò trentuno.
Aiuterò Attilio Marafioti a ripagare il suo debito e vedrò di parlare
con qualcuno che conta in Comune per fare entrare Pasquale in una
lista di assegnazione per una casa.
– Adesso si che è davvero Babbo Natale!
Il barone si fece una grossa risata e prendendo sotto braccio
l’ispettore si avviò fuori dalla scuola materna. Non pioveva più, il
temporale si era smorzato come per incanto e un filare di stelle
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luminose si era aperto un varco nella calotta buia del cielo,
sgusciando dietro nembi e cirri minacciosi.
Sembrava quasi che la stella cometa fosse nei paraggi.
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