Difficoltà:
E (EE per intensità)
Periodo consigliato:
primavera, estate, autunno
Durata del percorso:
5h30’ + 6h 30’
Caratteristiche:
botanico,faunistico,
geologico, storico,
panoramico
C. d’Ainé
1223
Cima M
10
L’Arpette
1611
Breil-sur-Roya
Roche du Tron Roche
1178 Fourquin
1420
Piene-Basse
Olivetta
M. Alto
1289
T. d’Alpe
1587
S. Michele
Fonte Susena
Ponte Pau
Rocchetta
Nervina
M. Abellio
1016
Apricale
a
rvi
Ne
Airole
Perinaldo
Ro
ia
Dolceacqua
Trucco
Torri
64
Villatella
1
Isolabona
Collabassa
M. Grosso
714
Cima dell’Arpetta
861
Cima Veglia Colla Rossa
554
1151
Pigna
Castel Vittorio
Bevera
Soldano
Villatella - Olivetta - Breil sur Roya - Rocchetta Nervina
In alto: il monte Grammondo.
Sopra: campanellina nizzarda. A fianco: una formazione di semprevivo.
4
Un vero e proprio trekking di due giorni alla scoperta di
una realtà spiccatamente alpina, ruvida, intensa. La presenza diffusa di fortificazioni militari sottolinea il carattere di
confine di queste montagne un tempo contese fra Italia e
Francia.
Accesso e punto di partenza
Da Ventimiglia si prosegue in direzione Francia. Dalla frazione Latte si imbocca a destra la comunale per Sant’ Antonio e Villatella. Raggiunta Villatella, non guasta un’occhiata all’abitato: un borgo rurale che conserva alcune
classiche case in pietra viva ed è dominato dalla cresta
bianca (calcarea) e chiazzata dalla vegetazione di Punta
Renuit. Dall’ingresso di Villatella (500m) si risale una ripida strada cementata a tornanti in ambiente ligure-mediterraneo, con i vigneti e gli uliveti a farla da padrone.
Giunti a una colla, si prosegue per lo sterrato a destra per
inoltrarsi in un rado bosco di pini. Si supera la chiesa del
Cimone giungendo per ripido sentiero alla sommità del
monte Grosso (908m.). La salita è scandita (in stagione giusta) dalle fioriture di primule, vedovelle e orchidee, mentre
l’occhio esperto potrà individuare alcune pianticelle “preistoriche” ed esclusive delle Alpi Liguri.
Da qui gli escursionisti più allenati possono agevolmente proseguire in direzione di Passo del Cornà (1050m.) e
continuare ancora a destra salendo sino alla Punta Renuit
(1300m/3h)
L’itinerario presenta un faticoso dislivello e scarsa presenza
di copertura vegetale (da considerare nei mesi più caldi).
Ora si continua a bordare la cima del Grammondo in direzione del punto di raccordo con il GR52 (Grande Randonnée) francese (Passo Treittore) per scedere quindi, anche piuttosto decisamente, verso Olivetta e il rifugio (incustodito) Patrick Gambino. Questo sentiero – fino ad Olivetta
– è inserito nel progetto “La memoria delle Alpi” in quanto
fu utilizzato, nel periodo dal marzo 1939 al maggio 1940,
per condurre oltre confine gli ebrei stranieri. Si raggiungono
velocemente i 683 metri della Cima Rovere e si continua,
in un paesaggio di boschi e pietraie, sino a raggiungere il
fondo della val Bèvera (Ponte Ronconi), per risalire appena
sino al bel borgo di
Olivetta (292m/5h30’)
dove è possibile pernottare. In alternativa ci si può portare
alla vicina frazione San Michele, che occorrerà in ogni caso
raggiungere il mattino dopo per prendere il treno diretti a
Breil sur Roya (285m)
da cui prosegue l’itinerario proposto. Si sale subito ripidamente, lungo un sentiero che offre splendidi scorci panoramici su Breil e raggiunge l’alpeggio di Causset (550m).
Ancora in salita, in mezzo alla pineta, si raggiunge quota
670 per immettersi in un piccolo quanto suggestivo canyon calcareo. Guadato il torrente Zouayné (990m) si risale
l’omonimo vallone, ricco di tornanti, fino al
Collet de l’Ainé (1233m/2h)
Scenografico e panoramico il tratto roccioso e aereo che
lambisce i 1611 metri della Punta dell’Arpetta (si può raggiungere la cima con piccola deviazione) e prosegue fino alla
Testa d’Alpe (1587m/3h)
sull’Alta Via dei Monti Liguri. Si prosegue in lieve discesa
fino a raggiungere i 1170 metri del luogo conosciuto come
Fontana Povera per via di una sorgente modesta. Da qui
si può proseguire in territorio francese fino alla vetta del
monte Fourquin, con opere di fortificazioni militari degli
anni Trenta.
Tornati a Fontana Povera si prende il sentiero che scende al
Rifugio Paù. Nei pressi del rifugio si trova la
Fonte Susena (1063m/4h)
sconsigliata per il possibile inquinamento dell’acqua. Dalla
strada sotto il rifugio parte l’ampia mulattiera per Rocchetta
Nervina (segnavia giallo). Si scende rapidamente fra gli alberi,
lungo un percorso a tornanti e caratterizzato dalla presenza
di alcune case in rovina. Fino a raggiungere lo splendido
Ponte Paù (561m/6h)
Si risale ora fino a raggiungere la mulattiera che taglia a
mezza costa il versante, a strapiombo sul torrente Barbaira
e le sue spettacolari forme di erosione delle rocce calcaree. Si prosegue in uno scenario impressionante, ora roccioso, quindi caratterizzato da terrazzamenti a ulivi. Si
scende infine alla chiesetta di San Bernardo, ormai in vista
di Rocchetta Nervina, antico borgo medievale meritevole di
un’attenta visita e di una meritata, prolungata sosta.
Una tappa dell’Ecomuseo della Biodiversità “Bossaré”
Si attraversa il centro di Olivetta per imboccare a sinistra una stradina parallela
al torrente che conduce al
ponte della Stretta. Dal ponte, sul pendio sopra la strada, la macchia mediterranea
è ricca di specie rigogliose
quali la ginestra di Spagna,
i cisti, il lentisco, il leccio,
il caprifoglio mediterraneo,
la coriaria, il ginepro rosso,
l’alaterno ed il corbezzolo.
Alcune specie di uccelli
scelgono la macchia mediterranea per trascorrere
l’inverno perché qui trovano
gran numero di prede. Guardando in alto, il versante
presenta aree rocciose aperte e diffusi spazi boschivi
di resinose con prevalenza
di pino marittimo; ambienti
di rifugio favorevoli alla lucertola ocellata e altri rettili
nonché habitat idonei per
l’osservazione, nella buona stagione, del biancone,
del falco pecchiaiolo, dello
sparviere. Oltre il ponte della Stretta, l’itinerario prende
il via sotto la carrabile che
fiancheggia un antico beodo
per raggiungere il borgo in
pietra. Si prosegue e si supera un secondo insediamento
fino a un altro ponte in pietra.
Si osservino, ora, gli stretti
meandri del Bèvera e un raro
esempio di habitat fluviale:
maestoso e scenografico, il
corridoio d’acqua è cinto
dal bosco ripariale composto da ontani neri, salici,
pioppi; la ricchezza d’acqua
arricchisce l’ambiente di
specie vegetali come l’alloro, il pungitopo ed il bosso.
Non manca la popolazione
ittica (in particolare il barbo
canino...)
5
Difficoltà:
E (EE per intensità)
Periodo consigliato:
tarda primavera, estate,
autunno
Durata del percorso:
5h 30’
Caratteristiche:
botanico,faunistico,
geologico, storico,
panoramico
discariche delle cave di ardesia, a significare non solo la
situazione geologica del territorio quanto la presenza di un
importante materia prima. Presenza riscontrabile altresì nei
borghi antichi del territorio, in cui è possibile osservare tetti,
portali, e altri manufatti realizzati con questa pietra nera.
M. Saccarello
2200
Passo di Collardente
1601
M. Frontè
M. Cimonasso 2153
2078
Verdeggia
M. Collardente
1777
Realdo
2
Realdo - Monte Saccarello
Dall’alto dei suoi 2200 metri di altitudine il monte Saccarello
- che rappresenta la cima più alta della Liguria - offre un
fantastico panorama a 360°.
Arrivarci può essere faticoso, ma l’itinerario nel cuore delle
Alpi Liguri offre un’esperienza ed emozioni uniche sotto
differenti aspetti: per quanto riguarda la fauna può essere
possibile avvistare camosci, marmotte, udire il rumoreggiare
dei gracchi corallini; sul Saccarello vive una coppia di corvo
imperiale mentre il gallo forcello fa dei prati le sue arene
di canto. Significativi, sotto il profilo geologico, i calcari di
monte Saccarello.
Il poderoso complesso stratificato presenta qui delle ampie
pieghe molto scenografiche.
In alto: le postazioni militari che caratterizzano la
vetta del Saccarello. Sopra:
il panorama che si può ammirare dall’alto dei 2200
metri del Saccarello.
Sotto: Genziana Ligustica.
6
Accesso e punto di partenza
Realdo, punto di partenza del percorso, è un vero e proprio
borgo di montagna dell’alta valle Argentina; un luogo che
restituisce un ambiente insolito, fatto di architetture rurali,
di case in ruvide pietre a vista e di lunghi ballatoi in legno,
di forni per la comunità, di mensole scolpite. Esempi di
una cultura, quella brigasca, da conservare anche nel
linguaggio.
Va detto pure che Realdo, impressionante per apparire
come affacciato a strapiombo su una rupe, offre un
punto tappa convenzionato per le escursioni lungo l’Alta
Via (Tel. 0184.94008 – 348.2713278). Rari, per contro, i
collegamenti in bus. Occorre perciò salire in macchina.
La salita, da Realdo, ai 1600 metri del Passo di Collardente
(Alta Via dei Monti Liguri, tappa numero 5) non è proibitiva
ma certo impegnativa: si sale di circa 600 metri, lungo un
sentiero di raccordo segnalato con striscia bianco-rossa,
attraverso scenari alpestri e selvaggi: subito una mulattiera
raggiunge ripida (200 metri di dislivello) la chiesetta di
Sant’Antonio. Un brevissimo pezzo di strada asfaltata quindi
ancora la mulattiera nel bosco.
Lungo la salita è possibile scorgere gli ingressi e le
Il Passo di Collardente (1601m/1h 45’)
segna lo spartiacque fra le valli Argentina e Roja. Mentre
laggiù, in territorio francese, a quota 879 metri, si trova
la stupenda chiesetta di Notre Dame des Fontaines, tutta
affrescata, all’interno, con gli stupendi dipinti del XV
secolo firmati dal Canavesio. Capolavori dello stesso artista
possono essere ammirati anche, e in special modo, a Pigna
e dintorni.
Decisa è per contro la salita al monte Saccarello, attraverso
boschi di conifere e tracciati di crinale. Il sentiero taglia il
versante occidentale del monte. Ci si muove oltre il confine
e il panorama sulle Alpi Marittime nonché sulla conca di
Briga offre emozioni imperdibili. Il Passo del Saccarello
(2145m) non è lontano dalla vetta, ci si arriva con una lieve
deviazione. Dal
Monte Saccarello (2200m/3h)
il panorama a tutto campo è, nelle belle giornate, qualcosa
di eccezionale: ci si trova nel punto di incontro fra Liguria,
Piemonte e Francia.
La vetta del Saccarello è caratterizzata dal contrasto fra
la statua del Redentore e la batteria di protezione armata
realizzata agli inizi del XX secolo. Quattro cannoni erano
puntati sui valloni che risalivano da Briga e diversi colli
compresi tra il monte Bertrand e il Passo di Collardente.
Per il ritorno si può scendere lungo lo stesso sentiero e, una
volta giunti a Realdo, visitare anche la vicina e “gemella”
Verdeggia, altro e alto esempio di civiltà rurale. Rimandando
al mattino successivo il ritorno a casa.
Dall’alto verso il basso:
bovini al pascolo; il rododendro; il sorbo degli uccellatori.
Il pascolo alpino e la strada della cucina bianca
Dalla costa si risale la SS28 fino Acquetico, poco oltre Pieve di Teco; qui si imbocca la SP3 in
direzione di San Bernardo di Mendatica, che si raggiunge dopo circa 15 Km. Partendo da nord
(Ormea) il piccolo nucleo è raggiungibile anche per la SP1 che si incrocia con la SS28 in località case di Nava, quasi al confine con il Piemonte.Da San Bernardo si prosegue sulla provinciale
per Garezzo (SP2) per circa 3 km (di cui solo uno su fondo asfaltato) fino a Case Penna.
Da Case Penna (margheria per ricovero bestiame) ci si inoltra in una zona a bosco montano di
caducifoglie, con begli esemplari di maggiociondolo alpino, sorbo montano, acero di monte,
frassino maggiore, sorbo degli uccellatori e nocciolo. Usciti dal bosco ci si trova dirimpetto al
magnifico scenario dell’Alpe di Fronté (anfiteatro erboso con segni di morfologia glaciale relitta) e si penetra, scendendo il sentiero segnalato, nel profumato pascolo alpino, caratterizzato
da un complesso di piante erbacee (prevalentemente paleo rupestre e avena di Parlatore) e da
una grande ricchezza di specie floricole quali il semprevivo, la genziana ligustica, la genziana
lutea e, vicino a bordi rocciosi, una profumatissima lavanda. La progressiva espansione di
vegetazione arbustiva (rosa canina, lampone, ginepro nano, salice nano) segnala tuttavia la
regressione del pascolo. Spesso frequentati da gruppi numerosi di marmotte, questi ambienti
rappresentano l’habitat privilegiato dell’aquila reale, che necessita di grandi spazi aperti per
cacciare.Tra i passeriformi è possibile individuare il culbianco, lo spioncello, il luì piccolo. A
valorizzare la realtà del pascolo alpino è istituita la Strada della Cucina Bianca, via di prodotto riconosciuta, che ha come punto di riferimento principale Mendatica ma abbraccia l’ex
territorio brigasco. Caratteristici i formaggi, dal brusso al formaggio di malga, e alcune ricette
tipiche quali gli streppa e caccia là (vedi “I Prodotti del territorio”).
7
Periodo consigliato:
primavera, estate,
autunno
Durata del percorso:
2h ca.
Caratteristiche:
botanico, geologico,
storico, panoramico
Gola del Corvo
1403
M. Toraggio
1971
M. Lega
1566
3
Rifugio Muratone - Prati di Toraggio
Vette rocciose, aspre, dall’aspetto dolomitico; tutto intorno
uno scenario ruvido e selvaggio, come solo la montagna
vera sa offrire. E nessuno direbbe mai, una volta quassù,
che il festival di Sanremo dista appena una ventina di chilometri. Per contro anche a queste quote i fiori dicono la
loro, in un sorprendente incontro fra specie mediterranee
e altre, tipicamente alpine, originarie di migliaia e migliaia
di anni fa, quando le Alpi, comprese queste Liguri, erano
finite sotto ghiaccio.
cima del monte: le postazioni militari di di monte Lega
rappresentano una tappa degli “Itinerari della memoria
in provincia di Imperia”. La batteria in caverna proteggeva le Opere della Posizione di Resistenza e controllava
i sentieri dalla Francia. C’erano quattro postazioni per i
cannoni, due casematte per mitragliatrice, depositi munizioni, ricoveri per il presidio, tutto scavato nella montagna, per complessivi 400 metri di galleria.
Sopra la batteria, in posizione eccezionalmente esposta
verso il ripido versante francese, si trova l’Osservatorio.
Si riprende il sentiero lungo l’Alta Via, aperto sulla val
Nervia e caratterizzato da agevoli saliscendi. Le rocce
lungo la strada sul versante soleggiato permettono la presenza di molte specie termofile, anche se si sono superati
i 1000 metri di quota. Sullo sfondo la vista si apre all’affascinante vista sul monte Toraggio, mentre si raggiunge
l’’intaglio della
Gola del Corvo (1403m/2h 10’)
In alto: l’imponente Passo
del Corvo; sopra: un tratto
del sentiero ai prati di Toraggio.
Non sono lontani, ormai, i profumati prati del Toraggio
lungo le pendici meridionali dello stesso monte, che invitano a una sosta prima di affrontare il ritorno lungo lo
stesso tratto dell’Alta Via.
Il bosco di abete bianco
Accesso e punto di partenza
A partire dalla linea di costa si percorre per circa 20
Km la val Nervia in direzione Nord e prima di arrivare
a Pigna si imbocca a sinistra la SP n° 69 per Gouta, percorrendo la strada asfaltata in salita per 15 Km sino a
raggiungere la sella (punto di ristoro). Si prende quindi a
destra la sterrata in direzione di Scarassan - Passo Muratone e tenendo sempre la destra si raggiunge, dopo
poco più di 3 km, il Rifugio Muratone (1180m), dove è
possibile parcheggiare.
Lo stesso rifugio – una vecchia caserma ristrutturata – è
attrezzato con 34 posti letto, cucina, sala da pranzo (40
posti), riscaldamento. Si tratta di un posto tappa convenzionato con l’Alta Via dei Monti Liguri e di proprietà
del Comune di Pigna.
In alto: i prati di Toraggio.
Al cento: il panorama dall’osservatorio militare del
monte Lega.
Sopra: l’Euplagia Quadripunctuaria.
8
Si procede a piedi, lungo la comoda sterrata che si dirige
verso NE, aprendosi a eccezionali scorci panoramici. Il
tracciato dell’alta Via aggira il monte Lega. Una salita alla
vetta del
monte Lega (1566m/1h)
attraverso una deviazione sulla sinistra è consigliabile non soltanto per via del panorama che si gode dalla
Nei pressi della Sella di Gouta (vedi “Accesso e punto di partenza” per come arrivare) si
sviluppa un interessante e agevole percorso nella foresta di abete bianco, specie presente, in
Liguria, solo nell’Imperiese.
Lasciato il bel prato che fiancheggia la strada provinciale ci si immerge nell’ombreggiato ambiente dell’abetina. Per circa un chilometro si percorre l’ampia pista semipianeggiante. A valle
i grandi abeti si elevano nella loro maestosità, lasciando intravedere qua e là, sulla collina di
fronte, lo scenario “speculare” del bosco di conifere.
Il bosco è abitato da specie animali quali la rara martora, il gufo reale - che trascorre il giorno
nascosto nelle cavità di grandi alberi - lo scoiattolo e altri roditori di piccole dimensioni (cosiddetti “micromammiferi”).
Nelle radure può capitare di avvistare l’elusivo capriolo, che in queste aree trova facile foraggiamento; segno della sua presenza i “fregoni”, segni lasciati dallo strofinamento delle corna
sulle cortecce. In primavera si possono osservare anche ciuffi di peli bianchi sulla vegetazione.
Come si spiega la presenza dell’abete bianco in un ambiente non proprio suo? Esso potrebbe
essere stato favorito nel tempo attraverso i prelievi delle altre essenze. Un fatto testimoniato
dall’invasione progressiva dell’abetina a opera di latifoglie montane quali l’acero di monte ed
il salicone. Per contro, la presenza del pino silvestre - anch’esso molto diffuso nella abetina
- sarebbe dovuta, come per l’abete, all’azione dell’uomo. Per via della scarsa luminosità, il
sottobosco rileva solo pochi arbusti quali il nocciolo e la laureola.
Il percorso sfocia in una piccola radura soleggiata. Intorno a essa, ancora tracce di manufatti
storici, opere di fortificazioni impiegate nel periodo prebellico e bellico.
9
Periodo consigliato:
primavera avanzata,
estate, autunno
Durata del percorso:
3h
Porta Bertrand
1954
Sella della Valletta
1860
Porta Bertand (1953m/1h30’).
Qui si prende a sinistra il sentiero ben segnalato (Alta Via.)
che in breve entra nel bosco ombroso di conifere. Si procede ora su un autentico tappeto erboso e ricco di fiori fino
in località
Nella pagina a fianco: il panorama verso colle Melosa.
Dall’alto: il versante del Pietravecchia, il falco pellegrino e ancora la cima del Pietravecchia
Caratteristiche:
botanico, faunistico,
geologico, panoramico
Colla Melosa
1540
4
Colla Melosa - Porta Bertrand - Sella della Valletta
Flora Rupestre
Fattori quali la scarsità di
suolo, l’aridità, compensata solo in parte dall’ umidità atmosferica, il forte
irradiamento solare - con il
conseguente riscaldamento ed il successivo raffreddamento notturno - hanno
selezionato entità vegetali
particolarmente adattate a
sopravvivere in ambienti
inospitali.
In più la particolare posizione geografica - e il conseguente mutamento dei
caratteri ambientali - rende
possibile, qui, la contiguità
e la coesistenza di specie
dissimili. Avviene pertanto
una “risalita in quota” di
specie mediterranee quali
il timo e l’euforbia spinosa,
cui fa riscontro una “discesa a bassa quota” di specie
artico-alpine quali la sassifraga a foglie opposte.
Sono inoltre presenti in
elevato numero endemismi
esclusivi quali l’euforbia di
Vallino, la moehringia di
Le Brun, il fiteuma di Balbis oltre ad altri, più diffusi,
quali la sassifraga lingulata, la sassifraga spatolata,
l’aquilegia di Reuter, la
viola di Valdieri.
10
Ancora un mondo verace e selvaggio, fatto di ambienti rupestri e boschi di conifere. Situazioni inaspettate, così vicino
alla Riviera dei Fiori, a rendere ancora una volta unica la
natura mare-monti che caratterizza, forse più di ogni altra
regione in Italia, la Liguria.
Accesso e punto di partenza
Dalla SS1 Aurelia si imbocca la strada per la val Nervia
procedendo per una ventina di chilometri fino al borgo
medievale di Pigna, meritevole di visita. Superato il centro
abitato e l’arroccato nucleo di Castelvittorio, si prenda la
SP 65 di Colla Langan percorrendola per intero fino a una
selletta (Colle Langan, quota 1125). Qui si volta a sinistra
(SP 67) per arrivare dopo 6 Km alla Colla Melosa. Da segnalare, qui, la presenza del rifugio nuovo Franco Allavena,
posto tappa convenzionato lungo l’Alta Via dei Monti Liguri, con 70 posti letto e 80 posti a tavola.
È possibile arrivare anche dalla valle Argentina, salendo
fino a Molini di Triora, per arrivare lungo la SP 65 a Colle
Langan e da qui proseguire come già indicato.
Lasciata l’auto al parcheggio nei pressi del rifugio Allavena,
si prosegue verso Nord per imboccare quasi subito il sentiero sulla destra che sale verso il rifugio Grai e procede
prima nel bosco, quindi in ambiente aperto.
Si raggiunge la panoramica strada militare in prossimità del
rifugio e si prosegue verso destra, risalendo fino alla piccola
selletta di
Sella della Valletta (1860m/2h).
Da qui si prende a sinistra, riguadagnando in breve la militare
che si percorre ora in discesa, soffermandosi sull’ambiente
roccioso e sulla folta e varia presenza di piante rupestri.
Raggiunto il punto di partenza (rifugio Allavena) merita una
sosta la panoramica panchina che permette di ammirare in
grande tranquillità un panorama che abbraccia le maestose
vette dei monti Toraggio e Pietravecchia.
Nei pressi del rifugio Allavena prende il via uno sterrato
(impiegato in inverno per lo sci di fondo) che risale dolcemente il monte Corma in direzione sud. Si percorre la
strada per circa 200 metri fino a incontrare sul lato destro
un sentierino che, procedendo a zig-zag attraverso il fitto
bosco misto di conifere e qualche latifoglia, raggiunge in
breve una bella balconata erbosa, che offre in direzione sud
una panoramica sulla vallata del torrente Nervia, mentre
guardando avanti (direzione ovest) appaiono in tutto il loro
fiero rigore le rupi dei monti Toraggio e Pietravecchia.
Lo spazio attrezzato consente di esaminare attentamente
(meglio se con l’ausilio di un binocolo) i singolari caratteri
dell’ambiente naturale e di osservare con relativa facilità le
specie animali che vi abitano.
Fauna “Rupestre”
Le pietraie, le rupi e le pareti rocciose, in cui la vegetazione è scarsa o assente, possono apparire a prima vista luoghi inospitali per gran parte degli animali. Eppure, nonostante non sia
facile individuare luoghi idonei per costruire il nido o la tana, alcuni uccelli quali i gracchi e il
corvo imperiale, il rondone maggiore e il picchio muraiolo vi si adattano perfettamente.
Anche alcune specie di rapaci utilizzano le pareti rocciose per la costruzione del nido: l’aquila
reale, il gheppio, il pellegrino, il gufo reale.
Nelle praterie in prossimità delle pareti non è raro poi intravedere gruppi di camosci, che si
spostano da un versante all’altro a seconda delle stagioni.
11
Periodo consigliato:
primavera, estate
Durata del percorso:
1h
Caratteristiche:
botanico, faunistico,
geologico
Ponte Schiarante
B. Cornia
1546
Tanaro
28
Nava
5
La Valle del Tanarello
Lo Scazzone
Lo scazzone (cottus gobio)
è un piccolo pesce di circa
15cm dal corpo fusiforme e
privo di squame. Predilige
le acque fredde e può abitare anche ad alte quote,
intorno ai 1200 metri di
altitudine e ama stare adagiato sul fondo del corso
d’acqua.
Pesce tipico del distretto
padano, frequenta anche le
acque dell’Appennino centro-settentrionale, mentre
nell’Imperiese lo si riscontra solo qui, nella valle del
Tanarello.
Si ciba di uova e avannotti
di trota e individua la sua
tana sotto i sassi.
Nella pagina a fianco:
splendido panorama alpino
dalla valle del Tanarello
12
Nella parte alta delle valli i corsi d’acqua si presentano
ripidi e incassati e l’acqua scorre impetuosa formando
talora cascate e “marmitte dei giganti” (conche scavate nella roccia dall’erosione dell’acqua). Un percorso
agevole e breve si sviluppa attraverso scenari di grande interesse e aperti a stupendi scorci panoramici.
Accesso e punto di partenza
Lungo la SS28 si raggiunge, a partire a sud da Imperia e a nord da Ormea, la località Ponti di Nava,
al confine tra le province di Imperia e di Cuneo; si
prosegue quindi lungo la panoramica provinciale
in direzione di Viozene per circa cinque chilometri
fino a incontrare, sulla sinistra, un’ampia area attrezzata per picnic e, quindi, un ponte che scavalca il
fiume Tanaro. Oltre il ponte si prosegue sulla pista
che penetra la val del Tanarello (che qui scorre qualche decina di metri più in basso presentando acque verdi cristallo zampillanti tra poderose vasche
d’erosione) e dopo circa 1,5 chilometri, all’altezza
del ponte Schiarante, si prende a sinistra fermandosi
dopo poche centinaia di metri, a lato del torrentello
denominato Rio Fonda.
gico per la presenza di un piccolo affioramento di
marmo locale e di una maestosa piega del poderoso
complesso roccioso che costituisce il fianco montuoso della valle del Tanaro. L’itinerario taglia letteralmente le rocce e permette di osservarne da vicino le
caratteristiche.
In passato, tra la folta vegetazione delle rive, costruiva
le sue tane la lontra, vorace divoratrice di pesci. Tra
gli anfibi è possibile incontrare la rana temporaria o,
più facilmente, avvistare nelle pozze le piccole sagome dei bruni girini; nell’umido fogliame o in ombrosi
anfratti si ripara la salamandra pezzata.
Il popolamento ittico della zona si distingue nettamente da quello degli altri torrenti provinciali per le
sue caratteristiche spiccatamente padane, essendo
caratterizzato dalla presenza della trota marmorata e
dello scazzone. Quest’ultimo vive nel rio Fonda e rappresenta una specie ittica assolutamente autoctona.
La ricchezza della vegetazione e la varietà degli
ecoambienti a contorno del corso d’acqua favoriscono la presenza di numerose specie di uccelli; particolarmente dipendente da un ambiente torrentizio di
elevata qualità è la presenza del merlo acquaiolo.
Si raggiunge in breve il punto di arrivo dell’itinerario
vero e proprio. Va detto in ogni caso che l’intera valle
è percorribile senza difficoltà e offre, nella stagione
calda, la possibilità di fare il bagno.
Tornati al ponticello di Schiarante, una deviazione
conduce alla cosiddetta “Tana Cornarea”, che i nostri
progenitori abitarono nell’età del bronzo e dove sono
stati trovati resti dell’Ursus speleo.
Ribes Rosso
Arbusto che può raggiungere il metro e mezzo di
altezza, il ribes rosso (ribes
rubrum) predilige i boschi e i cespuglieti umidi
nell’Italia settentrionale.
Tipici i frutti, bacche dal
colore rosso traslucido.
Ontano Bianco
L’ontano bianco (Alnus incana) può raggiungere i 30
metri di altezza ed è caratterizzato da una chioma fitta,
con foglie dalle sfumature
grigiastre. La sua corteccia è liscia, di colore grigio
chiaro.
La val Tanarello rappresenta un tipico habitat di
questa pianta, che predilige i terreni sassosi quali
giustappunto i greti dei torrenti mentre rifugge i terreni semisommersi.
Diffuso nelle Alpi, l’ontano
è riscontrabile anche nell’Appennino settentrionale.
Nell’ombroso sottobosco degli ontaneti a ontano
bianco e nero, le piante pioniere e i salici quali il salice rosso e il salice ripario tipici delle zone spondali
non sono più in grado di crescere, prediligendo essi
un ambiente bene illuminato.
Il suolo di questi habitat viene arricchito di sostanze nutritive a ogni inondazione; così, ai margini del torrente
e nelle radure spondali, sono presenti i consorzi di alte
erbe o megaforbie, tra cui è frequente il farfaraccio.
Nella stessa zona, negli ambienti freschi e umidi è
anche rinvenibile il ribes rosso.
Il percorso, che si sviluppa per buona parte lungo il
Tanarello, è interessante anche sotto il profilo geolo-
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1446
Periodo consigliato:
primavera avanzata,
estate, autunno
Rezzo
Durata del percorso:
3h
Caratteristiche:
botanico, faunistico,
geologico, storico-culturale,
panoramico
P. Mezzaluna
1454
P.zo Penna
1460
P. Teglia
1387
6
S. Bernardo
di Conio
Il Bosco di Rezzo
Un itinerario quasi fiabesco attraverso il mondo della faggeta, dominato dalla presenza ancora viva dei segni della laboriosità dell’uomo e da memorie di una civiltà più arcaica..
Particolare la fauna, alcuni volatili e vari mammiferi roditori,
alcuni di dimensioni “micro”, in una zona prediletta, nei secoli passati, dal lupo.
Accesso e punto di partenza
Procedendo lungo la SS28 del Col di Nava si raggiunge il Colle S. Bartolomeo per percorrere, nell’ultimo tratto, la vecchia sede dismessa della statale.
Al colle si imbocca la SP.21 in direzione di San Bernardo di Conio. Si supera tale nucleo prendendo la
provinciale per Rezzo, , lo si abbandona dopo 2,7
Km per salire in direzione di Passo Teglia (1387m),
che si raggiunge dopo circa tre chilometri e mezzo
di salita nel bel mezzo dell’ombrosa faggeta.
Dall’alto: il lupo, antico
abitante di queste zone, e
il panorama dal passo di
Mezzaluna. Nella pagina a
fianco: il giglio martagone e
la salamandra.
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Dalla provinciale si imbocca la comoda pista sterrata
che, con andamento in falso piano, si inoltra nel bosco,
dapprima misto quindi a prevalenza di faggio, fino ad
assumere il tipico aspetto della faggeta. Giunti a quota
1392 m. un piccolo squarcio aperto nel bosco consente
di affacciarsi verso la valle Argentina e ammirare il panoramico promontorio di Drego, in cui sono ben visibili
i terrazzamenti esposti a sud degli abbandonati coltivi
montani nonché le antiche costruzioni agresti dei pastori.
Proseguendo lungo il sentiero ci si inoltra ancora nella bella
faggeta, con un sottobosco che presenta quali uniche specie di arbusto il nocciolo e l’agrifoglio. Ciò è dovuto al fatto
che il faggio non ama molto la compagnia di altre essenze
arboree e poche riescono a convivere.
Le faggete sono per contro ricche di specie erbacee,
spesso a fioritura primaverile precoce. Tra queste vi sono
l’epatica, il bucaneve, l’anemone bianco, le viole, la felce
maschio, le cardamini, il sigillo di Salomone, l’aquilegia.
Fioriscono invece in estate altre specie quali la lattuga
montana, il geranio nodoso, la sassifraga a foglie cuneate.
Il faggio predilige zone caratterizzate da un’umidità atmosferica elevata, cioè quei rilievi montuosi particolarmente
interessati - nella stagione estiva - dalla frequente formazione di nubi.
Tra gli animali che abitano il bosco vi sono alcuni volatili, quali il notturno allocco e il picchio rosso maggiore
nonché mammiferi roditori quali il ghiro, proverbiale per
il suo profondo letargo, e alcuni “micromammiferi”, così
chiamati per le piccole dimensioni, che vivono in buchi
dei tronchi o tra le radici e le cavità del terreno, svolgendo un ruolo importante nella catena alimentare. Tra i
mammiferi di dimensioni maggiori sono frequenti la volpe e il cinghiale, ma un tempo il gatto selvatico e il lupo
frequentavano questi luoghi. Tanto che il bosco di Rezzo
è stato in passato teatro di numerose uccisioni, da parte
dell’uomo, di questo predatore dalla ingiustificata fama.
Trai i rettili sono presenti la salamandra pezzata, l’orbettino ed anche, in punti aperti più soleggiati, il colubro liscio, serpentello color grigio-caffelatte a macchie scure.
Lungo il sentiero, a monte di un punto sosta attrezzato, si
possono osservare alcune piazzole cinte da bassi muri a
secco, un tempo utilizzate per la produzione del carbone.
Proseguento ancora un tratto si raggiunge un luogo singolare, carico di atmosfera magica ma inquietante, chiamato
“la sotta di S. Lorenzo” (ruderi di un luogo di culto agreste
ancora visibili a bordo del passaggio)
Il ritorno avviene per lo stesso percorso dell’andata.
La sotta di San Lorenzo
L’itinerario descritto ripercorre un tratto dell’antica via Marenca che, via crinale, collegava le
valli costiere con gli alpeggi delle più alte cime delle Alpi liguri raggiungendo quindi Tenda e il
Piemonte. Numerose percorrenze soriche di accesso a quest’antica “autostrada” sono ancora
indicate sulle mappe catastali. La zona di S.Lorenzo era un crocevia di particolare significato
storico in quanto ritenuto antichissimo punto di incontro fra popolazioni celtiche e più avanti
luogo idoneo ad ospitare fiere e mercati, in cui avvenivano gli scambi dei prodotti fra popolazioni liguri e piemontesi. Il termine “sotta” sta per conca e indica la depressione geologica
che, nella zona, è stata ipoteticamente generata da un cedimento sotterraneo. L’alpeggio estivo era consentito fino al 24 di agosto. Anche oggi la ricchezza del pascolo dell’Alpe di Rezzo
(sottostante la zona della sotta) è ben riconosciuta.
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Altre vie per conoscere
la Rete natura 2000 imperiese
L’Ecomuseo della biodiversità e il museo della fauna selvatica
A Col di Nava (Pornassio) il Museo della fauna selvatica offre un percorso tra gli ambienti naturali più significativi
del ponente ligure, ricchi di specie vegetali ed animali di grande pregio, e prepara il visitatore alla scoperta di
tali ambienti sul territorio.
Inoltre una rete di punti di visita accompagna il visitatore alla conoscenza dell’articolata biodiversità naturale
imperiese attraverso escursioni su percorsi guidati studiati ad hoc per consentire l’osservazione in natura degli
animali e degli ambienti di pregio. Attraverso la rete di sentieri a partire dall’ambiente lagunare costiero e della
macchia mediterranea, salendo in quota si incontrano diversi tipi di bosco termofilo e mesofilo sino ad arrivare
alla faggeta ai lariceti e alle praterie erbose subalpine.
http://biodiversita.provincia.imperia.it/
SIC Point c/o Museo Civico di Storia Naturale di Genova A. D’Oria
Il Museo di Storia Naturale, vero e proprio monumento dalla scienza e alla natura ligure, si arricchisce di uno
spazio permanente di informazione sugli ambienti naturali e sulle specie animali e vegetali d’interesse comunitario presenti nel territorio ligure. Si tratta di una struttura dinamica con momenti di animazione scientifica
e culturale, che consente l’utilizzo di strumenti multimediali, incontri e interviste, diversificando le offerte informative e didattiche sulla base delle tipologie dei visitatori, sempre coniugando rigore scientifico e semplice
divulgazione.
Osservatorio Regionale Ligure per la biodiversità e le misure di conservazione della Rete Natura 2000
Iniziativa della regione Liguria e del DIPTERIS dell’Università di Genova, ha la funzione di raccogliere, validare
e archiviare i dati naturalistici: di pianificare il monitoraggio delle specie e degli habitat liguri d’interesse comunitario; di predisporre una lista rossa delle specie e degli habitat che risultino particolarmente vulnerabili o
minacciati di estinzione.
Pubblicazioni
• Biodiversità in Liguria - La rete Natura 2000 anno 2002 a cura della Regione Liguria
• Guida alla conoscenza delle specie liguri della Rete Natura 2000 schede per il riconoscimento, la gestione ed
il monitoraggio. anno 2006 a cura di Regione Liguria
• Lupi e uomini nella montagna alpina ligure (2005), L. Farina, Provincia di Imperia
• Il Gatto selvatico nelle Alpi Liguri (2005), P. Gavagnin, Provincia di Imperia
• I Chirotteri delle Alpi Liguri (2005), M. Calvini, Provincia di Imperia
• I Rapaci diurni delle Alpi Liguri (2005) M. Calvini, Provincia di Imperia
• Monitoraggio del lupo sulle Alpi Liguri Imperiesi (2006) P. Gavagnin, Provincia di Imperia
• I Pesci d’acqua dolce della Provincia di Imperia (2006) Borroni, Provincia di Imperia
• Indagine di approfondimento su T. Tanarello e T. Arroscia (2006) I. Borroni, Provincia di Imperia
• Incontri con la Natura in Liguria anno 2005 a cura di Regione Liguria
• Valori e rarità della Flora Ligure anno 2005 a cura di Regione Liguria
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