Metodi di separazione dei componenti di miscele Esperienza n. 1: esempio di filtrazione Materiali: tre provette e due pipette un imbuto un cerchio di carta due becker con ciascuno all’interno: Pb NO3 (=nitrato di piombo) e K I (=ioduro di potassio) La reazione che andremo a sperimentare è la seguente: Pb (NO3 )2 + 2 K I → 2 K NO3 + ↓Pb I2 Svolgimento: 1. in una provetta si versano cinque ml di Pb NO3 prelevati dal becker con una pipetta e in un’altra provetta vengono messi altri cinque ml di 2 K I 2. Successivamente si mescolano le due differenti sostanze in una terza provetta , avviene una reazione chimica e si forma un liquido di colore giallo, con all’interno dei piccoli granuli di colore giallo, cioè il Pb I2 3. La miscela formatasi dalla reazione è eterogenea 4. Prendiamo ira un imbuto e inseriamo all’interno un pezzo di carta circolare piegato a forma di cono e inumidito per poterlo far aderire all’imbuto. 5. Mettiamo l’imbuto sopra una provetta e versiamo 2 K NO3 + ↓Pb I2 (la miscela ottenuta dalla reazione tra le sostanze) 6. Sopra l’imbuto resta il ↓Pb I2 (ioduro di piombo) Infatti è troppo denso per essere filtrato dalla carta Dall’imbuto invece scende acqua con 2 K NO3 7 Osservo che avviene una reazione di scambio doppio, infatti da ioduro di potassio e da nitrato di piombo si passa a ioduro di piombo e nitrato di potassio. Esperienza n.2 : di cromatografia su carta Materiali: una beuta con 50 ml circa di acetone diversi tipi di penne o pennarelli strisce di carta Svolgimento: mettiamo in una beuta 50 ml circa di acetone. Poi con una penna faccio due punti sulla striscia di carta disposti vicino a uno dei lati corti della striscia. Inserisco la striscia di carta nella beuta, senza immergere i due punti di inchiostro nell’acetone, ma ponendoli appena sopra. Osservo che la striscia di carta si imbeve di acetone, che man mano sale sulla striscia grazie alla capillarità. In questo processo trascina il colore dell’inchiostro durante la salita. Il colore viene trasportato dal diluente (acetone) durante la sua salita e si formano delle strisce di diversi colori, per esempio nel caso dell’inchiostro di una penna nera si formano strisce di colore viola, questo perché in realtà l’inchiostro è formato da diverse sostanze di diversi colori. Le strisce di colore più lunghe vengono formate dalle sostanze che vengono trasportate dal diluente più velocemente (capacità di absorbimento). Esperienza n.3: Esperimenti con la fiamma (becco bunsen) Obbiettivo: osservare i comportamenti alla fiamma di vari metalli. Materiali occorrenti: 1) becco bunsen, 2) vetrine d’orologio x6, 3) spatula, 4) filo di platino su supporto di vetro, 5) acido cloridrico, 6) becker, 7) solfato di rame, 8) cloruro di sodio, 9) cloruro di stronzio, 10) cloruro di bario, 11) cloruro di calcio, 12) cloruro di litio, 13) nitrato di potassio. Svolgimento: 1. Accendere il becco bunsen 2. assicurarsi che il filo di platino sia pulito, mettendolo alla fiamma. Se questo, dopo essere stato immerso nel’acido cloridrico contenuto nel becker, non fa colori significa che esso è pulito. 3. Quando è pulito, immergere il filo di platino in una delle sostanze( solfato di rame, cloruro di sodio…), poi metterlo alla fiamma. 4. dopo averlo messo alla fiamma ed averlo pulito di nuovo (immergendolo nell’acido cloridrico oppure sfregarlo con la spatola) possiamo provare con altre sostanze. Osservazioni: - Mettendo le varie sostanze alla fiamma possiamo osservare che per ogni sostanza messa alla fiamma otteniamo un determinato colore: 1. Clouro di stronzio………………………….…rosso 2. Cloruro di litio……………………………..….fucsia 3. Cloruro di calcio………………..………….…arancio 4. Cloruro di bario……………………………….verde 5. Solfato di rame………………………………..verde smeraldo 6. Nitrato di potassio…………………………..viola 7. Cloruro di sodio………………………………..arancio Conclusioni: Il cambiamento di colore della fiamma è dovuto a uno spostamento degli elettroni delle varie sostanze: un elettrone esterno dell’elemento, sottoposto al calore, si eccita (passa ad un livello più esterno), quando ritorna al suo stato stazionario emette energia sotto forma di radiazione luminosa, che noi osserviamo alla fiamma. Esperienza n.4: Sali in acqua OBBIETTIVO: Verificare se tutti i Sali in acqua si comportano nello stesso modo. MATERIALE OCCORRENTE: Sostanze: 2058 Becker Cloruro di sodio (NaCl) Solfato d’ammonio ((NH4)2SO4) Acetato di sodio (CH3COONa) Carbonato di sodio (Na2CO3) Carbonato di calcio (CaCO3) Carbonato d'ammonio ((NH4 )2CO3) Nitrato d'ammonio (NH4 NO3) Nitrato di sodio (NaNO3) Nitrato di potassio (KNO3) Cloruro d'ammonio (NH4Cl) 1 cilindro graduato Scatola Cartina per canne Acqua distillata puzzetta PROCEDIMENTO: Versare, tramite un cilindro graduato, 10 millilitri di acqua distillata in un becker. Aggiungere cloruro di sodio nel becker tramite una spatola e agitare. Verificare il pH tramite una cartina al tornasole. Ripetere l'operazione per ogni sostanza. DATI SPERIMENTALI: Sostanze Reazione pH Cloruro di sodio + H2O Neutro 6,5 Solfato d’ammonio + H2O Acido 6 Acetato di sodio + H2O Basico 7,5 Carbonato di sodio + H 2O Basico 11 Carbonato di calcio + H2O Neutro 7 Carbonato d'ammonio + H2O Basico 8 Nitrato d'ammonio + H2O Acido 5 Nitrato di sodio +H2O Neutro 6,5 Nitrato di potassio + H2O Neutro 6,5 Cloruro d'ammonio +H2O Acido 5 OSSERVAZIONI: Quando il pH della soluzione è compreso tra 1 e 6,99 si ha una idrolisi acida, cioè nel sale sono presenti un acido forte e una base debole. Quando il pH della soluzione è compreso tra 7,01 e 11 si ha una idrolisi basica, cioè nel sale sono presenti un acido debole e una base forte. Se il pH della soluzione è 7 non avviene alcuna idrolisi e perciò il sale è composto da un acido e una base debole o forte. Esperienza n.5: Macchie di Runge Le macchie di Runge sono macchie colorate che si formano su un foglio di carta cromatografica a causa delle reazioni che avvengono versano opportune soluzioni. L'esito finale è molto bello. MATERIALE NECESSARIO Carta cromatografica ( o carta da filtro) Cornice di legno e 4 puntine 3 contagocce 1 batuffolo d'ovatta o un pezzetto di spugna REAGENTI NECESSARI SOL.1: 1,5g di solfato di manganese (MnSO4 ) e 0,5g di solfato di rame pentaidrato (CuSO4 . 5H2O) in 16ml di acqua distillata SOL.2: 2g di ammonio diidrogeno fosfato (NH4H 2PO 4) in 16 ml di acqua distillata SOL.3 0,5g di ferrocianuro di potassio (K4[Fe(CN)6]) ,1g di cromato di potassio (K2CrO4) in 16 ml di acqua distillata. Successivamente si aggiungono a questa soluzione 10ml di soluzione di idrossido di potassio (KOH) al 10% (ottenuta sciogliendo 1,25g di KOH in 12,5ml d'acqua distillata). PROCEDIMENTO 1. Attaccare il foglio di carta alla cornice con le puntine in modo che questo sia teso. 2. Il foglio deve essere imbevuto della SOL.1 (non versare direttamente la soluzione. Usare un batuffolo d'ovatta o un pezzetto di spugna [la spugna va poi gettata o lavata e riutilizzata solo per le esperienze: il solfato di rame è tossico se ingerito]. 3. Versare la SOL. 1 goccia a goccia al centro della carta. Ogni goccia deve essere versata solo quando la precedente è stata assorbita. Ripetere questo procedimento fino ad ottenere una macchia di grandezza desiderata. Fare asciugare. 4. Quando la carta è completamente asciutta versare 3 gocce della SOL.2 in mezzo alla macchia e far asciugare. 5. Versare goccia a goccia (facendo attenzione a versare sempre sullo stesso punto) la SOL.3 COSA ACCADE E PERCHE' Via via che si aggiungono le gocce delle varie soluzioni, esse reagiscono con i composti già presenti sul foglio dando prodotti di vari colori. Le reazioni che avvengono sono un po' complesse (perchè sono in gioco un gran numero di reagenti) e dunque non è opportuno prenderle in considerazione. Si formano delle macchie circolari. Infatti le soluzioni si allargano per capillarità della carta. Il foglio così com'era dopo l'aggiunta di Sol.1 e Sol.2... ...e dopo l'aggiunta di Sol.3 Questo procedimento, oltre a costituire un bel "gioco chimico" sta alla base di un procedimento analitico ampiamente usato: la cromatografia. __________________________________________________________________________________ Esperienza n.6: Combustione di un nastro di Magnesio (E-S) MATERIALE OCCORRENTE : Pinze da crogiolo (o pinze lunghe) REAGENTI : Pezzo di nastro di magnesio (10cm) PROCEDIMENTO : Prendere con le pinze il nastro di magnesio e scaldare l'estremità libera con un fiammifero o con un accendino. Dopo pochi istanti il nastro si incendierà ed inizierà una combustione luminosissima.E' raccomandabile che lo sperimentatore indossi occhiali da sole. COSA ACCADE E PERCHE' :La combustione è una reazione di ossidoriduzione che avviene a carico di una sostanza (nel nostro caso Mg) che viene ossidata dall' ossigeno (nel caso illustrato l'ossigeno atmosferico). La combustione del magnesio è così luminosa perchè Mg ad alta temperatura reagisce anche con l'azoto presente nell'aria formando dei nitruri. Esperienza n.7: Reazione del Magnesio con l'acqua (S) MATERIALE OCCORRENTE Becher da 250ml (o da 100ml) Piastra elettrica riscaldante REAGENTI Pezzo di nastro di magnesio (5cm) Soluzione alcolica di fenolftalenina [FACOLTATIVO] Acqua fredda N.B. La fenolftalenina (si trova in farmacia e ne bastano poche gocce) è un reagente che cambia colore a seconda che l'ambiente sia acido (incolore) o basico (rosso scarlatto). In questa esperienza il suo uso permette di visualizzare la formazione di idrossido di magnesio che, essendo basico, farà colorare in rosso la soluzione. Non è indispensabile per l'esperienza in quanto la reazione del magnesio con l'acqua (a caldo) avviene con svolgimento di idrogeno che può essere visto direttamente PROCEDIMENTO : Si pone il nastro di magnesio nel becher con dell'acqua (100ml o 50ml a seconda che si usi un becher da 250ml o 100ml) e si versano 2-3 gocce di fenolftaleina. Accendere la piastra riscaldante ed attendere che l'acqua si sia scaldata. COSA ACCADE E PERCHE' Il magnesio è un metallo alcalino terroso e reagisce con l'acqua secondo la reazione Mg + 4H2O Mg(OH)2 + H2 Tuttavia questa reazione presenta una velocità (cinetica) lenta, tanto che in acqua fredda la reazione praticamente non avviene. L'acqua (addizionata di fenolftaleina) resta incolore. Aumentando la temperatura per riscaldamento, la reazione inizia a procedere in maniera vivace e si nota lo svolgimento di idrogeno (bolle) attorno al pezzo di magnesio. Contemporaneamente, la soluzione inizia a colorarsi di rosso scarlatto, dapprima attorno al Mg e poi in tutto il recipiente, perchè l'idrossido di magnesio che si forma è una base che fa virare la fenolftaleina. NOTE : Questa esperienza permette di illustrare due concetti importanti: quello di acidità/basicità ed indicatore e quello di cinetica. Inoltre dimostra in un modo molto semplice che la cinetica di una reazione è in- fluenzata dalla temperatura. La reazione può essere illustrata anche ad alunni delle scuole elementari, anche se ritengo che si tratti di concetti ancora complicati per un bambino e quindi a parte la parte scenografica-magica, non si riuscirebbe a far capire facilmente cosa c'è dietro. Esperienza n.8: Inchiostri Simpatici (E-S) MATERIALE OCCORRENTE Foglio di carta Pennino (va bene anche uno stuzzicadenti ma sarà un po' più difficile scriverci) 2 bottiglie con spruzzatore da profumo REAGENTI Cloruro o solfato di ferro (da sciogliere in acqua in piccola quantità) Cloruro o solfato di rame (da sciogliere in acqua in piccola quantità) Ammoniaca diluita Ferrocianuro di potassio (da sciogliere in acqua) Acido cloridrico diluito (acido muriatico) poche gocce da versare nella soluzione col sale di ferro PROCEDIMENTO Si utilizzano le soluzioni di sale di ferro o di rame per scrivere col pennino su foglietti (se ne possono preparare anche 2 o 3 separatamente). In particolare si possono raccomandare le seguenti soluzioni: Scrivere 1 foglio con sale di ferro (A) Scrivere 1 foglio con sale di rame (B) Scrivere 1 foglio con sali di ferro e rame (C) Versare nelle bottiglie con lo spruzzatore l'ammoniaca e la soluzione di ferrocianuro (le due soluzioni sono incolori, quindi è conveniente scrivere il contenuto di ciascuna). Se si è seguito il consiglio dato, spruzzare il foglio A e C col ferrocianuro e il foglio B con l'ammoniaca. COSA ACCADE E PERCHE' I foglietti scritti con le due soluzioni (fatti asciugare precedentemente) appaiono completamente incolori. Quando si spruzzano i reagenti si hanno le colorazioni Foglio A: la scritta apparirà in blu intenso Foglio B: la scritta apparirà in blu intenso Foglio C: le parti scritte col sale di ferro appariranno in blu, quelle scritte col sale di rame in marrone Questo esperimento si basa sul fatto che i sali di ferro a contatto col ferrocianuro danno un complesso colorato in blu intenso (blu di Prussia), quelli di rame danno un complesso marrone col ferrocianuro e blu con l'ammoniaca. Le reazioni che avvengono sono 2Fe++ + K4[Fe(CN)6] Fe2[Fe(CN)6] + 4K+ (reazione del sale di Fe con ferrocianuro: blu di Prussia) 2Cu++ + K4[Fe(CN)6] Cu2[Fe(CN)6 ] + 4K+ (reazione del sale di Cu con ferrocianuro: marrone) Cu++ + 4NH3 + 2H2O [Cu(NH3)4 (H2O)2]++ (reazione del sale di Cu con ammoniaca: blu) Esperienza n.9: Facciamo bruciare il ferro Forse non tutti sanno che il ferro, posto in adeguate condizioni, può bruciare in modo piuttosto vivace. Per effettuare questa esperienza occorre il seguente materiale: Un vaso di vetro stretto e profondo (va benissimo uno di quei recipienti usati per contenere olive o sottaceti) della capacità di 250-300 ml Dell'acqua ossigenata a 10-12 volumi come quella che si usa per disinfettare le ferite Un po' di biossido di manganese (può essere ricavato aprendo una batteria a secco, non del tipo alcalino, è contenuto nella pasta nera che circonda l'elettrodo centrale di carbone) o di permanganato di potassio (reperibile in farmacia) Una ventina di centimetri di filo di ferro o di rame Un po' di paglietta di ferro del tipo usato per pulire le pentole Si procede così: si pone in fondo al vaso un pizzico di biossido di manganese o permanganato e vi si versa sopra un po' di acqua ossigenata. Si svilupperanno delle bollicine di gas, si tratta di ossigeno puro derivante dalla decomposizione dell'acqua ossigenata. Poiché l'ossigeno puro è più pesante dell'aria tenderà a rimanere all'interno del vaso, dopo qualche minuto l'aria contenuta nel vaso sarà molto più ricca di ossigeno dell'aria normale. Si prende il pezzo di filo di ferro o rame e ad un'estremità si lega la paglietta di ferro, si provvede a scaldare quest'ultima alla fiamma di un accendino e si introduce poi nel vaso (senza immergerla nel liquido che si trova in fondo), il ferro della paglietta diverrà incandescente, brucerà producendo scintille luminose e si fonderà completamente come effetto del calore generato dalla reazione con l'ossigeno. Esperienza n.10: IL GRIDO DELL'IDROGENO L'idrogeno è il primo di tutti gli elementi chimici, si presenta come un gas leggerissimo, costituito da molecole biatomiche, altamente infiammabile. In passato, per la sua leggerezza, veniva usato per gonfiare i palloni aerostatici, i pericoli dovuti all'infiammabilità hanno portato ad abbandonare quest'impiego. Per usi industriali grandi quantità di idrogeno vengono prodotte mediante elettrolisi dell'acqua. Per produrre le piccole quantità necessarie per questa esperienza ci serviremo di una reazione chimica. Materiale necessario: due provette di vetro o plastica o due altri recipienti cilindrici alti e stretti, con una capacità di 20-25 ml, un po' di lamierino di zinco che può essere ricavato dall'involucro di una pila a secco, un po' di acido muriatico, reperibile in tutti i supermercati. ATTENZIONE: l'acido muriatico non è altro che acido cloridrico diluito, non c'è pericolo che causi gravi ustioni alla pelle ma bisogna assolutamente evitare di ingerirlo o di far giungere spruzzi agli occhi, va tenuto fuori dalla portata dei bambini e può rovinare indumenti su cui sia accidentalmente versato. In una provetta si pongono alcuni pezzetti di zinco e 3-4 ml di acido muriatico, si vedranno svilupparsi numerose bolle di gas, si tratta di idrogeno generato dalla reazione tra l'acido e lo zinco 2HCl + Zn ZnCl2 + H 2 In alternativa si possono usare una soluzione di NaOH e dei pezzetti di fogli di alluminio come descritto nella pagina sciogliere l'alluminio Poniamo sopra la provetta la seconda provetta capovolta, cioè con l'apertura rivolta verso il basso, l'idrogeno essendo molto più leggero dell'aria si raccoglierà in questa seconda provetta. Dopo 5-6 minuti allontaniamo la seconda provetta, sempre tenendola capovolta, da quella in cui si genera l'idrogeno ed accostiamo all'imboccatura un fiammifero acceso: si sentirà un leggero scoppio e, se si osserva con attenzione, si potrà vedere una fiamma all'interno della provetta mentre lo spostamento d'aria dello scoppio spegnerà il fiammifero. L'idrogeno ha reagito con l'ossigeno dell'aria producendo vapore d'acqua (dopo la reazione sulle pareti interne della provetta si troverà della condensa. Il suono prodotto dallo scoppio varia a seconda delle dimensioni della provetta, in alcuni casi farà l'effetto di un gridolino acuto. L'esperienza descritta può essere vista in un breve filmato Esperienza n.11: Produzione del CLORO Il cloro (simbolo Cl) è un gas appartenente al gruppo degli alogeni, di colore verdastro, più pesante dell'aria, non si trova libero in natura a causa della sua elevata reattività, se prodotto in forma pura è costituito da molecole biatomiche di formula Cl2 ATTENZIONE: il cloro puro è tossico e molto irritante per gli occhi e per le vie respiratorie, l'esperienza descritta di seguito deve quindi essere effettuata in un locale ben aerato e bisogna evitare di aspirare direttamente il gas che si forma (dato che è più pesante dell'aria rimarrà per la maggior parte confinato nel recipiente in cui si fa sviluppare. Materiale necessario: Una beuta da 250 cc Permanganato di potassio Acido cloridrico o acido muriatico Del filo di rame nudo L'acido cloridrico è corrosivo, bisogna quindi evitare di versarlo su abiti e soprattutto sulla pelle, il permanganato di potassio (KmnO4) oltre ad essere velenoso macchia sia i vestiti che la pelle, entrambe queste sostanze vanno usate con cautela. Si ponga nella beuta una piccola quantità di permanganato e poi si aggiungano 20 cc di acido, dalla miscela si sprigioneranno bolle di gas mentre il colore inizialmente violetto diventerà nero a causa della riduzione del manganese. Osservando contro luce si vedrà formarsi all'interno della beuta uno strato di gas di colore verde pallido. A questo punto si scaldi su una fiamma un estremo del filo di rame e poi lo si inserisca nella beuta avendo cura di non immergerlo nel liquido, il filo di rame diverrà rapidamente incandescente e si consumerà per la formazione di cloruro di rame dalla reazione diretta tra il metallo ed il cloro. Se invece che un filo di rame si impiega un filo di ferro questo brucerà producendo un fumo arancione costituito da cloruro ferrico. Esperienza n.12: ANIDRIDE CARBONICA L'anidride carbonica, formula CO2, è un gas, incolore, inodore e più pesante dell'aria. Normalmente è presente nell'atmosfera in una proporzione dello 0,033% ed è prodotta da: eruzioni vulcaniche, combustione dei materiali contenenti carbonio e respirazione. L'anidride carbonica non è né combustibile né comburente, cioè non brucia e non è in grado di combinarsi con i materiali combustibili per permettere loro di bruciare; per quest'ultimo motivo viene impiegata per costruire estintori. Come produrre l'anidride carbonica e dimostrare la sua capacità di spegnere le fiamme. Per produrre l'anidride carbonica si pongano in un cilindro da 300-400 cc alcuni frammenti di calcare (carbonato di calcio) o mezzo cucchiaino di bicarbonato o carbonato di sodio, aggiungere 20-30 cc d'acqua e 5 cc di acido cloridrico. Si svilupperà una reazione chimica con tumultuosa produzione di bollicine di anidride carbonica secondo la reazione: CaCO3 + 2HCl CaCl2 + CO 2 + H2O Ovvero il carbonato di calcio reagisce con l'acido cloridrico per formare cloruro di calcio + anidride carbonica + acqua.. Poiché l'anidride carbonica è più pesante dell'aria rimarrà all'interno del cilindro. Nel frattempo si sarà preparato un beker da 500 cc nel quale si sarà posto un mozzicone di candela acceso, agendo con la massima delicatezza si inclinerà il cilindro in cui è stata prodotta l'anidride carbonica in modo che il gas si versi nel beker come fosse un liquido, si usi una certa attenzione in modo da non versare anche il liquido che si trova sul fondo. La candela si spegnerà. Ripetendo alcune volte l'operazione di versamento del gas ad un certo punto sarà impossibile riaccendere la candela dato che il beker sarà pieno di anidride carbonica che spegnerà immediatamente qualsiasi corpo acceso venga introdotto nel recipiente. Esperienza n.13: PISTOLA DEL VOLTA Alessandro Volta, noto per l'invenzione della pila, è stato uno dei massimi scienziati della fine del '700, una sua invenzione non molto nota è quella che andiamo a presentare in questa pagina. L'idea gli era venuta osservando che il alcune zone paludose lungo le rive del lago di Como, salivano dal fondo delle bollicine di gas, volendo vedere se si trattava di un gas infiammabile ideò un apparecchio costituito da un robusto recipiente di vetro in cui erano inseriti due elettrodi di metallo. Raccoglieva il gas nel recipiente, lo tappava e poi, grazie ad un'altra sua invenzione l'elettroforo del Volta, faceva scoccare una scintilla elettrica che causava lo scoppio della miscela di aria e gas, il tappo che chiudeva il recipiente veniva sparato via con forza. Realizziamo ora l'esperienza con materiali moderni e facilmente reperibili: una robusta bottiglia di plastica da 50-100 cc, due viti, un po' d'alcool. Nel disegno a fianco dovrebbe essere chiaramente visibile la realizzazione: si inseriscono le due viti nella plastica della bottiglia sino a che le loro punte non giungono a 4-5 mm di distanza. Si mettono poi nella bottiglia 2 o 3 gocce di alcool (va bene il normale alcool denaturato che si usa per pulire e disinfettare). Per produrre la scintilla si può usare il generatore di alta tensione descritto in un'altra pagina di questo sito o un qualsiasi altro dispositivo in grado di produrre una robusta scintilla. Messo l'alcool nella bottiglia si tappa per bene e si aspetta un minuto o due in modo che l'aria all'interno del recipiente si sa turi di vapore, poi si fa scoccare la scintilla. Ci sarà uno scoppio abbastanza rumoroso e il tappo verrà lanciato a diversi metri di distanza.Il principio alla base di questa esperienza è lo stesso alla base del funzionamento dei motori a scoppio, la scintilla fa scoppiare la miscela di vapore infiammabile ed aria che spinge, nel caso del motore a scoppio, il pistone. Attenzione: l'esperienza descritta è, nonostante la sua rumorosità, completamente innocua, è sempre opportuno però prendere qualche precauzione, in particolare non eccedete con la quantità di alcool e non impiegate liquidi maggiormente infiammabili come la benzina. Esperienza n.14: SUBLIMAZIONE La sublimazione è il passaggio diretto dallo stato solido allo stato aeriforme, senza passare per lo stato liquido. Questo fenomeno si verifica per diversi materiali in cui le molecole sono legate debolmente tra loro, per cui basta un modesto aumento di temperatura perché si separino e si disperdano sotto forma di gas. La sublimazione avviene anche a temperatura ambiente ed è evidente in materiali come la canfora e la naftalina, impiegati normalmente come tarmicidi, le cui palline o scaglie tendono a ridursi di dimensioni sino a scomparire del tutto senza bisogno di scaldarle. Il materiale ideale per dimostrare la sublimazione è lo iodio, questo, se riscaldato, da origine ad evidenti vapori di colore viola intenso (il nome dell'elemento: Iodio, deriva dalla parola greca che significa viola, proprio per ricordare il colore dei vapori). Lo Iodio è un elemento del gruppo degli alogeni, che si presenta allo stato puro sotto forma di molecole biatomiche debolmente legate a formare scaglie con lucentezza metallica. Per eseguire questa esperienza è necessaria una piccola quantità di Iodio metallico, reperibile nelle farmacie e nei negozi di prodotti chimici, Una capsula od altro piccolo recipiente di vetro o porcellana, Un becco di Bunsen o una lampada ad alcool con relativo treppiede e retina spaccafiamma, Un beker contenente acqua fredda. La disposizione è quella del disegno a fianco. Si mette nella capsula una piccola quantità (meno di mezzo cucchiaino da caffè), di scaglie di Iodio, si pone la capsula sulla fiamma. Dopo qualche secondo si vedranno alzarsi vapori di Iodio intensamente colorati di viola, in brevissimo tempo lo Iodio messo nella capsula scomparirà completamente senza lasciare traccia. Se al momento in cui si sviluppano i vapori si mette ad una decina di centimetri sopra la capsula un beker contenete acqua fredda, i vapori di Iodio andranno a condensarsi sotto il fondo dove formeranno dei cristalli violetti di Iodio puro, il raffreddamento determinerà il passaggio diretto dallo stato gassoso allo stato solido. ATTENZIONE: i vapori di Iodio sono irritanti per gli occhi e per le vie respiratorie, l'esperienza va quindi condotta in locale ben ventilato e usando una quantità molto piccola di Iodio. Esperienza n.15: CROMATOGRAFIA SU CARTA La cromatografia è una tecnica per la separazione di una miscela di soluti, in cui la separazione si produce per una differente velocità di spostamento dei singoli soluti in seno ad un mezzo poroso sotto l'azione di un solvente in moto. Il nome cromatografia, che significa "scrittura col colore", deriva dal fatto che le prime esperienze con questo genere di tecnica, condotte dal biologo russo Tswett nel lontano 1906, consistettero in una separazione dei pigmenti delle piante. Quella che vogliamo descrivere qui è una semplice separazione cromatografica del carotene da una miscela di pigmenti vegetali estratti dalle foglie, per la preparazione della miscela si veda la pagina ESTRAZIONE DELLA CLOROFILLA in altra parte di questo sito. Come supporto per il processo è stata impiegata della comune carta da filtro, per l'esattezza una strisciolina lunga 12 cm e larga 2 ritagliata da un disco per filtrazione mediante imbuto. Risultati migliori si possono ottenere usando l'apposita carta per cromatografia, in mancanza di qualsiasi tipo di carta da filtro si può provare ad usare della comune carta assorbente bianca. Come solvente per la cromatografia è stato impiegato un liquido, venduto nei supermercati e nelle drogherie col nome di "Avio" ed utilizzato come smacchiatore, questo è composto di esano (un idrocarburo) e dicloropropano (un idrocarburo clorurato). Per effettuare l'esperienza si prenda la striscia di carta da filtro, a circa 1,5 cm da un'estremità si depositi, usando una pipetta, una striscia dell'estratto di pigmenti vegetali, si cerchi di depositare una striscia stretta e si asciughi subito la carta con un comune asciugacapelli in modo che il liquido non si sparga troppo nella carta, si ripeta alcune volte l'operazione, sempre nella stessa zona, in modo da ottenere una striscia di colore abbastanza intenso. Si prepari il recipiente per la cromatografia vera e propria, va benissimo un vasetto di vetro per sottaceti con relativo coperchio (vedi foto), sul fondo del vasetto si versa uno strato di circa 5 mm di Avio, si tappa il vaso e si aspetta qualche minuto finchè l'interno si satura di vapore. Si prenda la striscia di carta su cui è stata deposta la miscela di pigmenti e si metta nel recipiente in modo che l'estremità inferiore peschi nel liquido ( è consigliabile, per il successivo recupero, praticare, a circa 3 - 4 mm dall'estremità superiore, un foro in cui far passare un filo che verrà fermato poi dal coperchio del vaso). Si lasci migrare il solvente lungo la carta sino a che è giunto a 1 cm dal bordo superiore, a questo punto si tolga la carta e la si metta ad asciugare, l'aspetto apparirà come nella foto a fianco: la clorofilla (anzi la miscela di clorofilla A e clorofilla B) si sarà spostata molto poco e formerà una banda confusa a poca distanza dal punto di partenza, il carotene invece formerà una sottile banda di colore arancio nel punto più lontano in cui è giunto il solvente. Se volete provare... Se avete la possibilità di procurarvi diversi solventi potete vedere se i risultati della cromatografia sono diversi. Vi posso suggerire di provare con i seguenti materiali: Alcool metilico o miscele di alcool metilico ed alcool etilico. Etere, Acetone, Miscele di idrocarburi Si può anche tentare la separazione cromatografica dei componenti di altri materiali: ad esempio inchiostri e liquidi pigmentati di vario genere. Attenzione: la maggior parte delle sostanze nominate sono infiammabili, alcune sono anche nocive per ingestione e per inalazione prolungata dei vapori, agite quindi con cautela ed operate in luoghi ben ventilati. Esperienza n.16: COL CAVOLO... I coloranti indicatori sono delle sostanze che cambiano colore a seconda della concentrazione di ioni idrogeno nel mezzo in cui sono disciolti, sono cioè in grado di indicare l'acidità o l'alcalinità di una soluzione. Sono conosciute più di cinquanta sostanze dotate di questa proprietà, la più nota è senza dubbio la tintura di tornasole, ricavata da un lichene, che assume colore blu in soluzione basica e rosso in soluzione acida. In questa pagina voglio suggerirvi la preparazione di un indicatore con mezzi economici ed ecologici... infatti la materia prima è il cavolo cappuccio viola, comunissimo ortaggio reperibile nei negozi di frutta e verdura nel periodo autunno inverno. Oltre al cavolo occorrono un po' di alcool a 95° e dell'acqua. Si procede così: si prende una foglia di cavolo, la si fa a pezzettini e la si pone in un mortaio con qualche cc di alcool, con il pestello si comprimono i pezzi di foglia, si aggiunge un po' d'acqua e si continua a "maltrattare" la foglia col pestello, si versa il liquido, che avrà assunto una colorazione violetta, in un recipiente di vetro e si ripete l'operazione tre o quattro volte. Alla fine avrete ottenuto 25-30 cc di liquido violetto, a questo punto il vostro indicatore è pronto e potete verificare che cambia colore aggiungendo alla soluzione una base o un acido. La foto mostra i risultati: a sinistra è stata aggiunta una piccola quantità di una base (comune bicarbonato di sodio), la soluzione è diventata blu. La seconda provetta mostra la soluzione al naturale, cioè senza aggiunta di acidi o di basi. Nella terza provetta sono state aggiunte tre o quattro gocce di succo di limone (acido debole) Nell'ultima provetta sono state aggiunte alcune gocce di aceto (acido un po' più forte). Come si può vedere mentre con la base il colore vira al blu con gli acidi si ha un viraggio al rosso tanto più intenso quanto più acida è la soluzione. Conclusa l'esperienza il resto del cavolo potete metterlo in pentola.... Esperienza n.17: RICERCA DELLA VITAMINA C La Vitamina C, o acido ascorbico è un fattore essenziale dell'alimentazione umana, la sua mancanza prolungata nell'alimentazione causa lo scorbuto malattia grave, ad esito spesso fatale, che in passato colpiva soprattutto i marinai che rimanevano in mare per lunghi periodi senza potersi approvvigionare di cibi freschi. Oltre che per gli esseri umani la vitamina C è indispensabile per tutti i primati e per i porcellini d'India, mentre altri mammiferi non ne hanno bisogno in quanto sono in grado di sintetizzarla partendo dal glucosio. L'essenzialità di questa sostanza è dovuta, in gran parte, al fatto che è un intermedio del ciclo degli acidi tricarbossilici, cioè del processo con il quale l'organismo consuma il glucosio per produrre energia, è inoltre un efficace antiossidante e, secondo alcuni medici, protegge l'organismo dalle infezioni. Di seguito viene presentato un semplice sistema per rivelare la presenza di vitamina C in bevande quali i succhi di frutta, bevande gasate e simili. MATERIALE OCCORENTE Un po' d'amido Tintura di iodio Acqua Provette e vetreria assortita PROCEDURA Si scioglie in 100 cc di acqua calda una piccola quantità di amido (200 o 250 mg valutati ad occhio, va benissimo l'amido che si trova nei supermercati e che viene impiegato per stirare). In 10 cc d'acqua si versano 3-4 gocce di tintura di iodio Si versano in due provette 5 cc di soluzione di amido e si aggiunge qualche goccia della soluzione di iodio; il liquido assume una colorazione blu-violetta. A questo punto si aggiunge in una delle due provette un po' del liquido in esame, ad esempio del succo di limone o di arancia, se è presente vitamina C la soluzione tornerà incolore. Vedere l'esempio della foto a fianco nella quale la provetta di sinistra contiene la miscela soluzione di amido-iodio, mentre nella provetta di sinistra alla medesima soluzione è stato aggiunto del succo di limone. Dimostrazione di come alcuni elementi rilascino energia sotto forma di luce colorata. (file.doc, 1 pag) Scarica l'appunto Anteprima VALENTINA ROLANDO Laboratorio di chimica SAGGIO ALLA FIAMMA OBIETTIVI: Dimostrare come alcuni elementi rilascino energia sotto forma di luce colorata. MATERIALI: Bacchetta di vetro con filo di nichelcromo terminale Becco Bunsen Vetrino blu Provetta contenente alcuni cc di HCl diluito al 37% Cloruro di: rame, bario, stronzio, litio, potassio, sodio PROCEDURA: Pulire bene la bacchetta immergendola nell'HCl e ponendola a contatto con la fiamma ripetutamente Ripetere questa operazione ogni volta che si è saggiato un sale ed assicurarsi che la fiamma sia sempre neutra prime di procedere con l'esperienza Immergere il nichelcromo prima nell'acido, poi in un sale. Porre i cristalli di sale sulla fiamma ed annotarsi le reazioni Provare l'esperimento con cristalli di sali diversi contemporaneamente. Guardare la fiamma attraverso il vetrino blu. RICHIAMI TEORICI: Fornendo energia termica ad ognuno di questi cloruri facciamo in modo che l'elettrone posto nell'ultima orbita compia un salto quantico in un'orbita ancora più esterna. L'emissione di luminosità colorate è dovuta al fatto che l'elettrone, tornando nel suo sito iniziale, ceda energia. Il saggio è caratteristico di ogni elemento perché a seconda della ?E emessa la lunghezza d'onda varia, e con lei il colore visibile. Utilizzare la parte più esterna della fiamma; quella con una colorazione più rossiccia detta ossidata La funzione dell'HCl è duplice: pulire la bacchetta dai sali, e permettere al numero minimo indispensabile di cristalli di rimanere attaccati alla bacchetta. È una sostanza estremamente volatile che non influisce assolutamente sulla reazione chimica che si svolge fornendo calore ai vari elementi. ERRORI: Tenere sempre la bacchetta inclinata verso il basso: in questo modo i cristalli fusi saranno più facilmente rimovibili. Fare attenzione che questi non formino agglomerati sul filo di nichelcromo per evitare incrostazioni. CLORURO DI: bario litio sodio rame stronzio Potassio COLORAZIONE ASSUNTA: verde chiar... Esperienza n.18: RICERCA DEGLI ZUCCHERI Molti alimenti, di origine sia vegetale che animale, contengono zuccheri, semplici o complessi (ad esempio il saccarosio, lo zucchero che viene normalmente usato per dolcificare il caffè, è un disaccaride costituito da una molecola di glucosio e una di fruttosio unite assieme. L'amido è invece formato da un gran numero di molecole di glucosio legate in catene): tra questi possiamo citare la frutta, il miele, il latte. La presenza di zuccheri negli alimenti può essere facilmente dimostrata ricorrendo alla reazione di Fehling, per questo scopo occorre innanzitutto preparare i due reattivi chiamati Fehling A e Fehling B. Reattivo di Fehling A: in 100 cc di acqua distillata o deionizzata si sciolgono 7 grammi di solfato di rame (CuSO4), questo è un sale di colore blu, facilmente reperibile in quanto molto usato in agricoltura e giardinaggio. Reattivo di Fehling B: in 80 cc di acqua distillata calda si sciolgono 34 grammi di sale di Seignette (tartrato doppio di sodio e potassio, reperibile in farmacia) e 12 grammi di idrossido di sodio (NaOH, la comune soda caustica utilizzata anche per sturare lavandini ingorgati), si lascia raffreddare la soluzione e poi si aggiunge acqua sino a 100 cc. Le due soluzioni vanno conservate separatamente, al momento dell'uso si mescolano in parti uguali nella quantità necessaria per l'esperienza, la miscela delle due soluzioni, che ha un colore blu intenso, deve essere utilizzata entro non più di 20-30 minuti dalla preparazione. Per effettuare la prova si pone in una provetta 1 cc del liquido in cui si vuol evidenziare la presenza di zuccheri e si aggiungono 2 cc della miscela preparata. Si scalda il tutto alla fiamma per alcuni secondi. In presenza di zuccheri il liquido acquisterà una colorazione variabile tra il giallo-uovo, l'arancio ed il rosso mattone, lasciando a riposo la provetta per un po' di tempo il colore si depositerà sul fondo sotto forma di un precipitato insolubile di composti di rame. Per poter apprezzare meglio l'effetto è opportuno che il liquido su cui si effettua il test sia limpido, nel caso di succo di frutta contenente particelle solide in sospensione è meglio effettuare la filtrazione prima di effettuare la ricerca. Se si vuole evidenziare la presenza di zucchero (lattosio) nel latte è bene aggiungere a 10 cc di latte tre o quattro gocce d'aceto per far precipitare le proteine, filtrare il tutto ed utilizzare la soluzione limpida così ottenuta. Nel caso la quantità di zuccheri presente nel campione fosse bassa il colore può diventare, invece che giallo o rosso, di un verde torbido. ATTENZIONE: questo test non funziona con il saccarosio Esperienza n.19: Ricerca delle Proteine Le Proteine sono i costituenti essenziali degli organismi viventi, si tratta di catene, spesso molto lunghe, costituite dall'unione di venti tipi di amminoacidi. Gli amminoacidi sono composti chimici che presentano un gruppo acido (COOH) ed un gruppo amminico (NH2), gli amminoacidi si uniscono a formare le proteine grazie ad un legame tra il gruppi acidi ed amminici. A sinistra potete vedere la struttura di uno degli amminoacidi più semplici, l'alanina. Oltre a Carbonio, ossigeno, idrogeno ed azoto alcuni amminoacidi contengono anche zolfo, particolarmente ricche di amminoacidi solforati sono le proteine contenute nelle uova, è per questo che quando le uova cominciano a decomporsi emanano il tipico odore da uova marce dovuto all'acido solfidrico (H2S). Per dimostrare la presenza di proteine in soluzione faremo uso della capacità dei legami tra amminoacidi di legarsi ai sali di rame dando origine a composti intensamente colorati. Per questa esperienza sono necessari i seguenti materiali: Soluzione di idrossido di sodio (NaOH), 12 grammi in 100 cc di acqua. Soluzione di solfato di rame (CuSO4), 1 grammo in 100 cc di acqua. Come campione di può usare del latte o sciogliere un po' di albume d'uovo (1 g valutato ad occhio) in 100 cc di acqua, meglio se prima si scioglie nell'acqua un grammo di sale da cucina. Procedimento: si prendono due provette e nella prima (bianco) si pongono 2 cc di acqua, nella seconda (test) si mettono invece 2 cc di latte o di soluzione di albume. Si aggiungono ad entrambe le provette 2 cc della soluzione di NaOH e si mescola. Si aggiunge, in ciascuna provetta, 0,5 cc di soluzione di solfato di rame. Il liquido della provetta bianco diventerà di un colore azzurro chiaro, il liquido contenente proteine acquisterà un intenso colore blu-violaceo. Dopo un po' di tempo si formerà sul fondo delle provette un precipitato dovuto al deposito di composti insolubili del rame. L'esperienza può essere effettuata anche con materiali solidi, ad esempio ponendo in una provetta un minuscolo frammento di formaggio, aggiungendo 2 cc di acqua e due 2 di soluzione di NaOH ed attendendo una decina di minuti prima di aggiungere la soluzione di solfato di rame. Attenzione: l'NaOH è un prodotto corrosivo, viene anche chiamato soda caustica, la soluzione di 12 g in 100 cc è concentrata e se cade sulla pelle può provocare fastidiose bruciature, va quindi usata con cautela, bisogna il particolare evitare di ingerirla e di metterla a contatto con gli occhi. Il solfato di rame, come tutti i sali di metalli pesanti, risulta velenoso, evitate quindi l'ingestione. Esperienza n.20: SCRITTURA INVISIBILE Abbiamo già presentato, nella pagina scrittura invisibile, un metodo molto semplice per scrivere senza che nessuno possa leggere e poi far apparire la scrittura. In questa pagina vi vogliamo presentare due semplici ricette per inchiostri simpatici. Inchiostro ai sali di cobalto Si prepara sciogliendo in 100 cc di acqua distillata 5 grammi di cloruro di cobalto (CoCl2), si ottiene una soluzione di color rosa chiaro, usandola per scrivere, soprattutto se si usa carta leggermente colorata, si ottengono delle scritte difficilmente visibili. Scaldando leggermente la carta su cui è stata tracciata la nostra scritta quest'ultima diventa visibile con un colore azzurro, torna a scomparire dopo qualche tempo. Il fenomeno si basa sull'igroscopicità del cloruro di cobalto, questo allo stato anidro, privo cioè di acqua di cristallizzazione, è di colore blu (blu cobalto...), allo stato idratato invece è di colore rosa; riscaldando la carta il cloruro di cobalto impiegato per scrivere perde l'acqua di cristallizzazione e quindi diventa di colore blu, un po' alla volta riacquista acqua dall'umidità dell'atmosfera e quindi la scritta sbiadisce e scompare. Su questo fenomeno si basa anche il "funzionamento" di quelle statuette, reperibili presso i negozi di oggetti ricordo, che sono blu con tempo secco e rosa con tempo piovoso Se questa prima ricetta non vi soddisfa, sia per la facilità con cui si può far comparire la scritta sia per la non facile reperibilità del cloruro di cobalto (bisogna cercarlo nei negozi di prodotti chimici), eccovi una seconda ricetta. Inchiostro allo iodio Si prepara molto facilmente sciogliendo in 100 cc di acqua 15 grammi di ioduro di potassio (KI, reperibile in farmacia). Con questa soluzione si può tracciare una scritta assolutamente invisibile, dato che lo ioduro di potassio è del tutto incolore, che non appare scaldando la carta. Per farla apparire occorre inumidire la carta con una soluzione di ipoclorito di sodio (NaClO, la comune candeggina usata per le pulizie), in questo modo la scritta acquista colore bruno e diventa leggibile. Per cancellare il tutto si può usare una soluzione di tiosolfato di sodio, anche questo reagente può essere trovato in farmacia o nei negozi di materiale fotografico dato che è impiegato per i bagni di "fissaggio" delle pellicole. Esperienza n.21: Vegetazione chimica Semplice esperienza che permette di veder crescere degli "Alberi" da una soluzione chimica. Occorrente: Del ferrocianuro di potassio K4 Fe(CN)6 reperibile nei negozi di prodotti chimici Del solfato di rame CuSO4 in cristalli Dell'acqua distillata. Si prepara una soluzione all'1% di ferrocianuro di potassio in acqua distillata e vi si pone un cristallo di solfato di rame, si vedrà che questo si copre rapidamente di una patina bruna, aspettando un po' dal cristallo si alzerà un "tronco" bruno dal quale potranno distaccarsi dei "rami" del medesimo colore. Dopo un po' si sarà formato un vero e proprio albero e, aspettando abbastanza a lungo, gran parte del recipiente si riempirà di ramificazioni. L'aspetto dell'"albero" che si formerà dipende da diversi fattori quali la concentrazione della soluzione, la temperatura, la forma e le dimensioni del cristallo di solfato di rame. Cosa succede: il solfato di rame, a contatto con la soluzione di ferrocianuro di potassio, forma ferorcianuro di rame, composto insolubile, questo forma attorno al cristallo una pellicola semipermeabile, cioè che lascia passare l'acqua ma non i soluti. L'acqua passa dalla soluzione alla zona attorno al cristallo provocando il rigonfiamento della pellicola di ferrocianuro e sciogliendo nuovo solfato di rame, dopo un po' di tempo la pellicola si rompe lasciando uscire la soluzione di solfato di rame, a contatto con la soluzione di ferrocianuro si forma una nuova pellicola e così via fino all'esaurimento dei reagenti o al punto di equilibrio tra la soluzione di ferrocianuro e quella di solfato di rame. Attenzione: nel sentir parlare di cianuro qualcuno penserà ad un potente veleno, in realtà il ferrocianuro di potassio non è particolarmente velenoso (il che non significa che si possa mangiare tranquillamente, o berne la soluzione...) bisogna però evitare di metterlo a contatto con l'acido solforico, altrimenti si può liberare acido cianidrico, prodotto gassoso estremamente tossico. "Alberi" metallici Esempi di "vegetazioni chimiche" da unire a quello già presentato nella pagina vegetazione chimica Cominciamo con l'albero di Diana, i materiali occorrenti sono i seguenti: Acqua distillata o deionizzata Nitrato d'argento AgNO3 Del filo di rame nudo, cioè privo di isolante (sia plastica che vernice) Si sciolgano in 100 cc di acqua distillata o deionizzata, 0,5g di nitrato d'argento, a soluzione avvenuta si immergano nel liquido alcuni sottili fili di rame nudo. I fili di rame, che sono i rami del nostro albero, si ricopriranno rapidamente di "foglie" aghiformi lucenti, si tratta di argento puro. La reazione chimica che si verifica è la seguente: Cu + 2AgNO3 à 2Ag + Cu(NO3)2 Cioè un atomo di rame reagisce con due molecole di nitrato d'argento per dare due atomi d'argento più una molecola di nitrato di rame. La causa della reazione è da ricercare nella maggiore attività chimica del rame rispetto all'argento. ATTENZIONE: Il nitrato d'argento è velenoso, caustico e macchia di nero pelle e vestiti. Va quindi usato con molta cautela. È reperibile in farmacia. Per scioglierlo non si deve usare l'acqua di rubinetto dato che questa, nella maggior parte dei casi, contiene cloro che reagisce con il nitrato d'argento per dare sali d'argento insolubili. Albero di Saturno. Materiale occorrente: Acetato di piombo Acqua distillata o deionizzata Lamierino di zinco In 100 cc di acqua distillata sciogliete un grammo di acetato di piombo, a soluzione avvenuta immergetevi una sottile striscia di lamierino di zinco. Dopo pochi minuti lo zinco si coprirà di piccoli cristalli lucenti. Il meccanismo di reazione è simile a quello visto per l'albero di Diana, solo che in questo caso a depositarsi dalla soluzione è il piombo che viene sostituito dallo zinco. DI NUOVO ATTENZIONE: Anche l'acetato di piombo è reperibile in farmacia, come tutti i sali di piombo è molto velenoso ed inoltre ha un sapore molto dolce tanto da venir anche chiamato "zucchero di piombo", va quindi trattato con cautela e, data la sua dolcezza, non va assolutamente lasciato alla portata dei bambini. I nomi dei nostri "alberi" dipendono dal fatto che gli antichi associavano i metalli ai pianeti del sistema solare allora conosciuti e agli dei che erano identificati con i pianeti, lo schema era il seguente: Sole Oro Mercurio Mercurio Venere Rame Luna Argento (dea Diana) Marte Ferro Giove Stagno Saturno Piombo Abbiamo già proposto le esperienze relative all'argento e al piombo, vediamo ora quella relativa allo stagno. Per realizzarla occorrono: del cloruro stannico (SnCl4) o stannoso (SnCl2) dell'acqua distillata o deionizzata qualche pezzetto di lamierino di zinco. Si prepara una soluzione all'1% circa del sale in acqua distillata, il cloruro stannoso si scioglie meglio del cloruro stannico la cui soluzione appare lattescente. Si mette nella soluzione un pezzetto di lamierino di zinco sospeso ad un filo, lo zinco comincerà rapidamente a coprirsi di cristalli aghiformi con lucentezza argentea, si tratta di cristalli di stagno. Se invece si getta nel recipiente qualche pezzetto di zinco in alcune ore si formerà un "albero" dall'aspetto piumoso formato di stagno puro. La reazione è la seguente: 2Zn + SnCl4 2ZnCl2 + Sn Estraendo lo stagno puro così ottenuto e ponendolo ad una temperatura inferiore a 18 °C questo si trasformerà in una polvere grigia a causa del passaggio dalla forma , argentea e malleabile, alla forma grigia e fragile, questo fenomeno prende il nome di "peste dello stagno" ed è uno dei motivi per cui nelle saldature si usa una lega di stagno e piombo e non stagno puro. ALBERO DEL SOLE È possibile ottenere dei cristalli d'oro mettendo un filo di rame nudo in una soluzione di cloruro aurico AuCl3, se avete del cloruro aurico che vi cresce fate la prova e poi fateci sapere… ATTENZIONE: i sali di stagno, come quelli di tutti i metalli pesanti, sono tossici, vanno quindi maneggiati con cautela e ne va evitata l'ingestione. Esperienza n.22: Amalgama Ricollegandoci agli articoli sulle vegetazioni chimiche, già presentati in altre pagine di questo sito, vi presentiamo un'altra esperienza che permette di ottenere piacevoli formazioni cristalline. Materiali necessari: Soluzione di nitrato d'argento (AgNO3 ) allo 0,5% in acqua distillata o deionizzata Una goccia di mercurio Si mettono in un recipiente di vetro 50-60 cm3 di soluzione di nitrato d'argento, si aggiunge una goccia di mercurio e si lascia il tutto a riposo. Dopo un paio d'ore sulla goccia di mercurio cominceranno ad apparire dei cristalli aghiformi, nel giro di alcuni giorni si formerà un vero "porcospino" di cristalli lunghi 4-5 mm. Cosa succede: Il mercurio, essendo piò reattivo dell'argento, passa in soluzione sotto forma di ione mercurico, secondo la reazione: 2AgNO + Hg Hg(NO3)2 + 2Ag L'argento liberato nella reazione da origine con il mercurio ad una lega detta Amalgama che forma i cristalli lucenti. Attenzione: i composti d'argento e quelli di mercurio sono tossici, nel caso del mercurio sono tossici anche i vapori che questo metallo libera. Inoltre il mercurio forma amalgami oltre che con l'argento anche con l'oro, è quindi in grado di danneggiare anelli o altri gioielli che vengano accidentalmente a contatto con esso. Esperienza n.23: GIARDINO DI SILICIO Questo articolo vuole aggiungersi a quelli già presentati sulle "vegetazioni chimiche" (vedere in proposito l'indice della sezione chimica), qui vogliamo spiegarvi come si può realizzare in un vaso di vetro un giardino con una "vegetazione" multicolore in grado di crescere in pochi minuti. Osservate l'immagine a sinistra, anche se un po' rovinata dal riflesso della luce sul vetro potete chiaramente riconoscere all'interno del vaso delle bizzarre formazioni, alcune ramificate altre no, di diversi colori. Per ottenere una cosa del genere occorre il seguente materiale: Silicato di sodio, questo si può trovare in polvere nei negozi di prodotti chimici per laboratorio, oppure in soluzione, come liquido sciropposo e molto denso, col nome di "vetro solubile", presso diversi negozi tra cui quelli che vendono prodotti per giardinaggio (è impiegato, tra le altre cose, per proteggere gli alberi dai parassiti del legno). Se partite dalla polvere preparate una soluzione in acqua deionizzata o distillata di 15-20 g di silicato di sodio ogni 100 ml. Se invece partite dalla soluzione acquosa dovrete diluirla sino ad ottenere una densità di 1050 - 1060 g/l. Una volta preparata la vostra soluzione ponete in essa piccole quantità di sali di rame, ferro, magnesio, cobalto ed altri sali metallici (vanno bene sia i solfati che i cloruri che i nitrati, purchè siano solubili in acqua), i risultati migliori si ottengono non tanto con cristalli singoli bensì con piccoli grumi di polvere cristallina. In pochi minuti cominceranno a svilupparsi dei filamenti ramificati o diritti che, come nel caso della foto, potranno giungere sino alla superficie del liquido. Il colore dipenderà dalla natura del metallo contenuto nei sali impiegati, sempre facendo riferimento alla foto le strutture ramificate in primo piano sono state ottenute con solfato di magnesio, il lungo filamento blu deriva da cloruro di cobalto mentre la massa marrone sulla sinistra è stata prodotta da un cristallo di solfato ferrico. Altri sali con cui si può sperimentare ottenendo "alberi" colorati sono quelli di rame, cromo, ecc. Sta a voi provare.. Perchè succede: il meccanismo è abbastanza semplice: i sali posti nella soluzione di silicato di sodio iniziano a sciogliersi, immediatamente questo soluto reagisce col silicato formando attorno ai cristalli una membrana semipermeabile, cioè una membrana che lascia passare l'acqua ma non i soluti, per effetto della pressione osmotica altra acqua attraversa la membrana che si gonfia sino a che scoppia facendo si che la soluzione di sale che conteneva venga a contatto con la soluzione di silicato di sodio, si forma una nuova membrana e il ciclo si ripete sino a che le concentrazioni dei sali all'interno e all'esterno della membrana sono uguali, allora il ciclo si ferma . Se desiderate conservare il vostro giardino siliceo per un lungo periodo fate in modo di sistemarlo in un vaso ben chiuso, questo perchè con l'andar del tempo l'anidride carbonica presente nell'aria si scioglierebbe nella soluzione determinando la precipitazione di acido silicico. Esperienza n.24: ARGENTATURA Una semplice esperienza per ricoprire d'argento una superficie di vetro. Ringraziamo gli amici di "Oasi Felice" che ce l'hanno suggerito. Per realizzare l'esperienza è necessario il seguente materiale: Acqua distillata o deionizzata (si trova in tutti i supermercati), non usate l'acqua di rubinetto che solitamente contiene cloro. Nitrato d'argento AgNO3 Idrossido di sodio NaOH Ammoniaca (si trova anche questa nei supermercati) Soluzione acquosa di NH3 Formalina (si può acquistare in farmacia) In una provetta si scioglie in acqua distillata qualche cristallo di nitrato d'argento. A soluzione avvenuta si aggiunge, goccia a goccia una soluzione di idrossido di sodio. La soluzione diventerà torbida e sul fondo si depositerà un materiale di colore nero, si tratta di idrossido di argento. Aspettate qualche minuto, finché tutto l'idrossido d'argento si sarà depositato sul fondo, poi con una pipetta eliminate il liquido soprastante. Al precipitato di idrossido d'argento aggiungete qualche goccia di ammoniaca e agitate, aggiungete ancora ammoniaca, poco alla volta, e continuate ad agitare, il precipitato si scioglierà dando origine ad un complesso di argento con lo ione ammonio contenuto nell'ammoniaca. In un recipiente di vetro ben pulito mettete un po' di acqua distillata e aggiungete un paio di gocce di soluzione di formalina (la formalina è una soluzione acquosa di formaldeide, normalmente si trova in commercio alla concentrazione del 40%), se non avete formalina potete sciogliere in acqua un po' di glucosio, non provate col saccarosio, il comune zucchero da cucina, perché con questo la reazione non funziona. Nel recipiente contenente la soluzione di formalina versate il liquido che avete precedentemente preparato con l'ammoniaca. La soluzione diventerà rapidamente di colore marrone poiché l'argento in soluzione è ridotto dalla formaldeide, un deposito lucente di argento metallico si formerà sul vetro del recipiente. E' molto difficile ottenere una bella argentatura uniforme, questo dipende da molti fattori come: la perfetta pulizia della superficie di vetro, le concentrazioni delle soluzioni impiegate ecc. normalmente otterrete un'argentatura a chiazze come quella mostrata nella foto. ATTENZIONE: fatta eccezione per l'acqua, tutti i reagenti impiegati sono tossici, l'ammoniaca inoltre ha un odore pungente e poco gradevole. La soluzione di idrossido d'argento in ammoniaca, se lasciata seccare esplode... Esperienza n.25: \Bottiglia magica Un semplice ma divertente esperimento per farsi compatire dagli amici... Occorrente: Glucosio o destrosio idrossido si sodio (la solita soda caustica reperibile nei supermercati) Blu di metilene Si prepara una soluzione di 1,2 g di glucosio in 100 cc di acqua, in un altro recipiente si prepara una soluzione di 12 g di NaOH in 50 cc di acqua, infine si scioglie in 2 o 3 cc di acqua una punta di spatolino di blu di metilene. Si versano in un pallone o beuta da 400 cc prima la soluzione di glucosio, poi 8 cc di soluzione di NaOH e infine diverse gocce di soluzione di blu di metilene, il liquido acquisterà una intensa colorazione blu. Tappate il recipiente ed aspettate qualche minuto (solitamente da 3 a 5), la soluzione si schiarirà e finirà col divenire incolore, a questo punto prendete il vostro recipiente e agitatelo energicamente, la soluzione diventerà nuovamente blu per tornare nuovamente incolore dopo essere stata lasciata a riposo per un paio di minuti. La reazione si può ripetere diverse volte anche se la colorazione diventa man mano meno intensa e il colore svanisce sempre più rapidamente. Cosa succede: nell'ambiente fortemente alcalino per la presenza di NaOH il glucosio si ossida ad acido glucuronico, nel contempo il blu di metilene si riduce dando origine ad un composto incolore, quando si agita energicamente il recipiente quest'ultimo composto reagisce con l'ossigeno dell'aria formando nuovamente il colore blu. Esperienza n.26: I serpenti del faraone Un classico esperimento di chimica "da intrattenimento": un mucchietto di polvere da cui, una volta acceso, si formano prolungamenti serpentiformi che possono raggiungere una discreta lunghezza. L'esperimento classico si effettua formando un mucchietto di polvere di solfocianuro di mercurio Hg(SCN)2 , cui, dopo averlo inumidito con un paio di gocce di acetone, si dà fuoco. Purtroppo il solfocianuro di mercurio, oltre che essere difficilmente reperibile, è anche molto tossico, e tossici sono anche i gas che si sviluppano durante la combustione che, qualora foste in grado di procurarvi il reagente, va assolutamente condotta sotto cappa aspirante. In ogni caso non preoccupatevi, siamo qui su questa pubblica piazza... scusate, siamo qui dicevo per suggerirvi una variante innocua dell'esperimento, realizzabile con materiali di facilissima reperibilità e grazie alla quale potrete convincere definitivamente parenti ed amici che non avete tutte le rotelle a posto. Il materiale occorrente è il seguente: Un po' di sabbia asciutta Bicarbonato di sodio Zucchero Alcol, va benissimo il comune alcol denaturato Su un supporto refrattario, che può essere ad esempio un vecchio piatto, si versa un po' di sabbia fino a formare un mucchietto. Al centro si crea una depressione larga 2-3 cm e si versano in essa due cucchiaini di bicarbonato sopra il quale si sistema una quantità più o meno uguale di zucchero. Si versano infine sul tutto 10 cc di alcol e, una volta che quest'ultimo è stato assorbito, si dà fuoco. Dopo qualche secondo lo zucchero comincerà a fondere e, in parte a bruciare, e cominceranno a formarsi dei prolungamenti di color grigio scuro che continueranno a crescere per qualche minuto assumendo spesso un aspetto serpentiforme. Cosa succede: Il calore generato dalla combustione dell'alcol fa sciogliere lo zucchero e nel contempo fa decomporre il bicarbonato liberando anidride carbonica, i rigonfiamenti che si formano sono costituiti da zucchero fuso mescolato a carbone generato dalla combustione del medesimo, il tutto gonfiato da anidride carbonica. Come già detto l'esperimento è completamente innocuo, non si generano gas tossici e neppure fumi, solo un odore di caramello causato dallo zucchero bruciato. Esperienza n.27: CRISTALLI DI ALLUME I cristalli rappresentano la forma "ordinata" della materia allo stato solido, gli atomi o le molecole che formano il cristallo sono collocati nello spazio secondo una precisa disposizione geometrica come conseguenza il cristallo assume la forma caratteristica. In questa pagina vogliamo proporre la coltivazione di cristalli di allume di rocca KAl(SO4 )2 un materiale reperibile nei negozi di colori (viene impiegato come mordente nella colorazione dei tessuti) a prezzo molto contenuto. Per iniziare scioglieremo l'allume in acqua (possibilmente distillata o deionizzata) calda nella proporzione di 40 grammi di allume ogni 100 cc di acqua. Lasciando raffreddare la soluzione sul fondo si formeranno dei piccoli cristalli di allume. Raccogliamone uno, questo sarà il germe cristallino, mediante un sottile filo di cotone sospendiamolo nella soluzione come si vede nel disegno a sinistra. Lasciamo il contenitore scoperto in un luogo senza polvere, vedremo che, di giorno in giorno, il nostro germe cristallino crescerà poichè, man mano che l'acqua evapora, l'allume presente in soluzione andrà a depositarsi su di esso. Nel giro di una settimana circa (dipende molto dalla velocità con cui avviene l'evaporazione) otterremo un cristallo di rispettabili dimensioni in cui sarà riconoscibile la tipica forma ottaedrica dei cristalli di allume. Il procedimento descritto può essere impiegato per far crescere cristalli di altri sali solubili in acqua, lasciamo alla vostra fantasia e alla vostra curiosità provare con altri materiali. Esperienza n.28: Cristallizzazione istantanea (o quasi) Una semplice esperienza sulla cristallizzazione, materiale occorrente: Sodio tiosolfato in cristalli, si trova in commercio anche sotto il nome di sodio iposolfito, la formula è Na2 S2 O3 + 5H 2O (questa è l'acqua di cristallizzazione), il prodotto è facilmente reperibile nei negozi che vendono materiale per lo sviluppo delle foto dato che viene impiegato per preparare i bagni di fissaggio. Mettete un po' di cristalli in un becher e riscaldate su di una fiamma ad alcol (su un becco bunsen se lo avete...), dopo qualche minuto il sale si scioglierà completamente dando origine ad un liquido trasparente denso. Una volta che il sale si è sciolto coprite il becher con un vetro da orologio e lasciate raffreddare, vedrete che non avviene nessuna solidificazione anche dopo che il liquido si è raffreddato fino a temperatura ambiente. Fate cadere nel liquido qualche cristallino di tiosolfato, vedrete che nel giro di pochi secondi nel fondo del recipiente si formeranno dei cristalli ed in pochi minuti l'intera massa del liquido si sarà trasformata in un ammasso di cristalli. Che cosa è avvenuto: la massa del tiosolfato è rimasta liquida sinchè non sono stati aggiunti dei piccoli cristalli che hanno funzionato da nuclei di cristallizzazione, detto in termini semplicistici questi cristallini hanno "insegnato" al materiale allo stato liquido come disporsi per passare allo stato solido. Esperienza n.29: Vulcano in casa Niente paura, non vi proponiamo la creazione di un Etna o di uno Stromboli casalingo, ma una semplice esperienza pirotecnica di effetto abbastanza spettacolare. Per la realizzazione sono necessari i seguenti ingredienti: o o o o Un po' di permanganato di potassio (KMnO4) in polvere. Della glicerina o glicerolo che dir si voglia (si può acquistare in farmacia) Qualche goccia di un qualsiasi acido, va benissimo l'aceto o il succo di limone Della polvere di alluminio. Procedimento: In un mortaio di vetro o porcellana, o altro recipiente adatto si mescolano circa due cucchiaini da caffè di permanganato di potassio con un pizzico di polvere d'alluminio. Si mette la miscela ottenuta su di una lastra di metallo o su un vecchio piattino di porcellana, si forma un monticello e in cima si fa una cavità. Si mettono nella cavità 2-3 gocce di glicerina pura, si aggiunge poi una goccia di acido. La miscela comincerà a sfrigolare e produrrà, per un breve periodo, una vivace fiamma, con lancio attorno di "lapilli" incandescenti che non sono altro che particelle di polvere di alluminio infiammate. Dopo pochi istanti la fiamma si spegnerà, la miscela rimarrà incandescente per qualche istante e poi finirà per spegnersi. Cosa succede: Il permanganato di potassio reagisce con l'acido dando origine ad una piccola quantità di anidride permanganica (Mn2O7), sostanza altamente ossidante che reagisce con la glicerina con forte produzione di calore che fa bruciare il resto della glicerina e l'alluminio presente nella miscela. Qui potete vedere un breve filmato sull'esperienza. Attenzione: il permanganato di potassio (che abbiamo già incontrato in altre esperienze) è velenoso e macchia sia la pelle sia i vestiti, va quindi trattato con cautela. Non effettuate l'esperienza in un luogo che non abbia un buon ricambio d'aria, si produce parecchio fumo, non tossico ma fastidioso (non vorremmo essere causa di liti con mogli o genitori...) Esperienza n.30: Alluminotermia L'alluminio, in polvere sottile, può reagire energicamente con ossidi metallici sviluppando una temperatura molto elevata, questo processo, noto come alluminotermia, viene impiegato per saldature istantanee. Qui vi proponiamo la realizzazione dell'esperienza in piccola scala. ATTENZIONE l'esperienza è potenzialmente pericolosa, seguite con cura le indicazioni date, non usate quantità di reagenti superiori a quelle indicate, usate una mascherina antipolvere quando maneggiate la polvere di alluminio e occhiali protettivi quando fate avvenire la reazione. La reazione, fortemente esotermica, si produrrà tra l'alluminio in polvere e l'ossido di un metallo, in questo caso abbiamo impiegato l'ossido di manganese. I materiali occorrenti sono i seguenti: ossido di manganese (MnO), alluminio in polvere, permanganato di potassio, glicerina, un qualsiasi acido anche debole. Si pesano 3,6 g di ossido di manganese e 2,7 g di polvere di alluminio, si mescolano bene in un mortaio e poi si dispongono su di un piatto o una lastra di metallo in modo da formare un monticello con una cavità nel centro, nella cavità si mettono un paio di cucchiaini di permanganato di potassio, si versano sul permanganato 3 o 4 gocce di glicerina e una goccia di acido (va bene qualsiasi acido diluito). A questo punto ci si allontana rapidamente dalla zona dove avverrà la reazione, dopo qualche secondo la miscela permanganato-glicerina comincerà a fumare, il calore prodotto dalla reazione tra queste due sostanze innescherà la reazione tra alluminio e ossido di manganese secondo l'equazione: 3MnO + 2Al3Mn + Al 2O3 Cioè 3 molecole di ossido di manganese reagiscono con 2 atomi di alluminio per dare origine a 3 atomi di manganese e una molecola di ossido di alluminio. La reazione produce una fiamma estremamente luminosa e calda (fino a 3000°), le foto riportate a fianco dovrebbero dare un'idea chiara di ciò che accade, la prima è stata ripresa nel momento culminante della reazione, la seconda pochi istanti dopo. Se desiderate realizzare questa esperienza vi consigliamo, oltre a stare attenti a non appicare incendi di mettervi all'aperto dato che si produce una notevole quantità di fumo. In alterrnativa all'ossido di manganese si può usare l'ossido ferrico (Fe2O3 ), in tal caso la quantità da impiegare è di 5,2 g. Esperienza n.31: ACCENDERE IL FUOCO CON L'ACQUA Le reazioni chimiche esotermiche sono quelle che avvengono con liberazione di energia, solitamente sotto forma di calore. Esempi noti a tutti di reazione esotermiche sono quelle di combustione, ad esempio il metano reagisce con l'ossigeno dell'aria bruciando e producendo luce e calore. Da notare che, nonostante le reazioni esotermiche liberino energia, non sempre si avviano spontaneamente, anzi nella maggior parte dei casi è necessaria una piccola quantità di energia iniziale (la scintilla che accende la fiamma nel caso del metano), o la presenza di un materiale catalizzatore, per avviare la reazione. Una volta avviata poi la reazione si autoalimenta e può procedere in modo violento (pensate ad esempio a cosa succede se si fa scoccare una scintilla, ad esempio accendendo la luce, in una stanza contenente un miscuglio di metano ed aria...). Nell'esperienza che viene qui presentata si sfrutta una reazione esotermica tra lo Iodio e l'Alluminio. Materiale occorrente: Iodio metallico (reperibile in farmacia o presso i negozi di prodotti chimici) Alluminio in polvere (reperibile nei negozi di colori) Procedimento Si pongono in un mortaio di vetro o porcellana un cucchiaino da caffè di Iodio (si presenta sotto forma di scagliette dall'aspetto metallico) e un uguale quantitativo di polvere di Alluminio. Di pesta bene col pestello fino ad ottenere una miscela omogenea badando a rompere le scaglie di Iodio in pezzi più piccoli possibile. ATTENZIONE: la polvere di alluminio è sottile e leggera e tende a disperdersi facilmente nell'aria, pur non essendo pericolosa come altre polveri metalliche cercate di inspirarne il meno possibile. NUOVAMENTE ATTENZIONE: PER LA PARTE CONCLUSIVA DELL'ESPERIENZA METTETEVI ALL'APERTO! Su di un foglio di carta mettete la miscela che avete preparato in modo da formare un piccolo cono, fate un piccolo incavo sulla sommità del cono e versatevi un paio di gocce d'acqua. Dopo qualche secondo la miscela comincerà a sfrigolare ed emetterà un intenso fumo viola (vapori di Iodio), la carta su cui avete messo la miscela potrà accendersi e bruciare o venir carbonizzata senza fiamma per effetto dell'intenso calore. EVITATE DI ASPIRARE I VAPORI VIOLA DI IODIO, SONO IRRITANTI, PER QUESTO MOTIVO RIPETIAMO DI EFFETTUARE L'ESPERIENZA ALL'APERTO. Cosa succede: Una piccola quantità di Iodio si scioglie nell'acqua sotto forma di molecole biatomiche I2, queste reagiscono con l'alluminio secondo la reazione: 2Al + 3I2 2AlI3 Cioè 2 atomi di Alluminio reagiscono con tre molecole di iodio per dare 2 molecole di ioduro di alluminio, la reazione produce calore che riscalda la miscela rendendo più rapide altre reazioni, si ha cioè un processo a catena che, avviatosi in modo lento diventa sempre più rapido sino all'esaurimento dei reagenti, il calore prodotto fa anche sublimare (vedi l'esperimento sublimazione) una parte dello Iodio producendo il fumo viola. Esperienza n.32: Fiammiferi & mal di gola Il clorato di potassio, KClO3, è un composto chimico un tempo impiegato come antisettico del cavo orale. Per il passato era facilmente reperibile in farmacia sotto forma di compresse da mezzo grammo, attualmente quest'impiego è cessato, è però probabile che se ne possa ancora trovare qualche compressa nell'armadietto dei medicinali. Si può anche trovare in alcuni negozi di colori ed articoli per belle arti oltre che presso i fornitori di prodotti chimici. Per l'esperienza qui presentata può essere sostituito dal clorato di sodio, NaClO3 Questo sale ha la proprietà di essere un energico ossidante e come tale può essere impiegato per determinare l'accensione di alcune sostanze. L'esperienza che vi andiamo a proporre richiede l'impiego dei seguenti materiali: Clorato di potassio Zucchero Acido solforico Si mescolano clorato di potassio in polvere e zucchero in proporzione 1:2, si pone la miscela così preparata in un piattino di porcellana o su una piastra di metallo (non esagerate con la quantità), si bagna con una goccia di acido solforico non troppo diluito, va bene quello che viene impiegato per le batterie delle automobili. La miscela comincerà a sfrigolare e, dopo qualche istante, comincerà a bruciare con una fiamma di colore azzurro. Perché succede: L'acido solforico determina la liberazione di acido clorico, questo, essendo un energico ossidante causa l'accensione dello zucchero. Questa reazione è stata impiegata per realizzare i primi fiammiferi che erano costituiti da un bastoncino con un'estremità ricoperta da una pasta di clorato di potassio e zucchero, erano decisamente poco pratici perché per l'uso occorreva portarsi appresso una bottiglietta di acido solforico… Attenzione: L'acido solforico, anche se diluito, è sempre un materiale pericoloso, va quindi maneggiato con estrema precauzione, evitando di versarlo sulla pelle e sui vestiti, inoltre, qualora si voglia diluire con acqua, si deve tener presente che bisogna sempre versare, lentamente, l'acido nell'acqua e mai l'acqua nell'acido. L'esperienza descritta va fatta impiegando piccole quantità di miscela zucchero-clorato di potassio e facendo attenzione che il fuoco non si propaghi a materiali infiammabili. Si consiglia l'uso di occhiali di protezione Esperienza n.33: BUM!! ESPERIMENTO ESPLOSIVO Vi presentiamo un'esperienza da effettuare con una certa cautela, dato che produrrà come risultato uno scoppio abbastanza forte. Si tratta della preparazione del triioduro di azoto e della conseguente dimostrazione che questa sostanza è molto instabile ed esplode al minimo urto. Data la potenziale pericolosità la quantità da preparare è molto piccola. La preparazione è semplicissima: mettete in una provetta 10 cc di ammoniaca (la comune ammoniaca che si trova nei supermercati) ed aggiungete una punta di spatolino di iodio in cristalli (circa 100 mg). Tappate la provetta e lasciate procedere la reazione per circa un giorno. Passato questo tempo vedrete sul fondo della provetta una certa quantità di materiale nero, di volume molto superiore a quello dello iodio aggiunto. Questo è il triioduro di azoto che servirà per il seguito dell'esperienza, eliminate il liquido e mettete il materiale solido su un piattino metallico, magari il coperchio di un barattolo, o, come nella foto, sulla pietra del davanzale di una finestra; evitate di mettere il triioduro di azoto in un recipiente di vetro che, con l'esplosione, può produrre schegge pericolose!! Mettete il preparato in un luogo dove si possa asciugare (il davanzale di una finestra lontano dai vetri è l'ideale, anche perché mentre il materiale si asciuga libera un poco piacevole odore di ammoniaca). Il campione usato nell'esperienza è la piccola massa nera che appare sul ripiano della finestra nella foto superiore. Quando vi sembra che il vostro preparato sia asciutto prendete una bacchetta lunga almeno 1 m e, rimanendo a distanza di sicurezza, toccatelo, se è ben asciutto esploderà producendo una densa nuvola di fumo viola, si tratta di vapori di iodio. Cosa succede: il triioduro di azoto NI3 è un materiale instabile e, con uno stimolo minimo, si decompone secondo la seguente reazione: 2NI3 N2 + 3I2 Cioè due molecole di triioduro di azoto si decompongono dando origine ad una molecola di azoto e tre di iodio, la reazione produce molto calore per cui lo iodio se ne va sotto forma di vapore viola. RACCOMANDAZIONI: il triioduro di azoto, come già detto è molto instabile, quindi non si può conservare, preparate solo la piccolissima quantità necessaria per la dimostrazione. Quando avete messo il preparato ad asciugare evitate di toccarlo o spostarlo, può esplodervi tra le mani!! Infine ripetiamo evitate si metterlo in vetri da orologio, capsule di petri od altri recipienti di vetro! Consigliabile anche l'uso di occhiali di protezione. Esperienza n.34: ALLUMINIO Abbiamo già visto, nell' articolo sull'alluminotermia, che l'alluminio, in polvere sottile, è in grado di bruciare con notevole produzione di calore e di luce. L'esperienza che proponiamo in questa pagina è una ulteriore conferma della capacità di questo metallo di bruciare in modo spettacolare quando è mescolato in opportuna proporzione con un agente ossidante energico quale il clorato di sodio (NaClO3) o di potassio (KClO 3). ATTENZIONE!!! Questa esperienza è potenzialmente pericolosa, chi desiderasse tentarla tenga presente le seguenti precauzioni: Usare un quantitativo molto piccolo di materiale (attenersi alle indicazioni seguenti), Agire lontano da materiali infiammabili, Mantenere una ragionevole distanza dal punto in cui avviene la reazione. Attenzione anche all'effetto abbagliante della combustione. USARE OCCHIALI DI PROTEZIONE! Preparazione dell'esperimento: in un mortaio si mescolino accuratamente 1,2g di clorato di sodio con 0,3g di alluminio in polvere sottile (si usi possibilmente una mascherina antipolvere per evitare di inalare la polvere di alluminio). Si versi la miscela in un piatto di metallo, si abbia cura di sistemarlo ben lontano da materiali infiammabili! Per l'accensione si possono usare un paio di fiammiferi accesi sistemati su una bacchetta lunga almeno un metro in modo da poter restare ad una sufficiente distanza dalla reazione. Dopo qualche secondo di contatto con il fuoco dei fiammiferi la miscela prenderà fuoco e brucerà con estrema velocità producendo una luce abbagliante e lanciando intorno scintille infuocate (potete osservare il fenomeno nel filmato). La reazione che si verifica è la seguente: Al + NaClO3 AlO3 + NaCl Cioè il clorato di sodio, sostanza comburente, cede il suo ossigeno all'alluminio che brucia con molta energia formando ossido di alluminio. Come sottoprodotto della reazione dal clorato di sodio si forma cloruro di sodio, il comune sale da cucina. Esperienza n.35: Fotografia La fotografia (non quella digitalizzata...) si basa sulla proprietà di diversi composti d'argento di decomporsi alla presenza della luce lasciando un deposito scuro d'argento metallico. La seguente esperienza vuole dimostrare, in modo primitivo, questo fenomeno. Materiali necessari: Una soluzione di ioduro di potassio 0,2% (in mancanza di ioduro di potassio si possono usare soluzioni di bromuro di potassio o anche di comune cloruro di sodio) Una soluzione di Nitrato d'argento 0,5% Alcuni pezzi di carta da filtro o di carta assorbente bianca. Si immerge un pezzo di carta da filtro nella soluzione di ioduro di potassio in modo che ne sia ben impregnato, si estrae e si asciuga. Per la seconda parte bisogna operare in un ambiente poco illuminato: si pone la carta impregnata in soluzione di ioduro nella soluzione di nitrato d'argento, si lascia impregnare e poi, sempre operando in un ambiente semibuio, si asciuga. A questo punto la carta fotosensibile è pronta, ponendo sopra la carta un oggetto, ad esempio una chiave, ed esponendola ad una forte luce si vedrà che, dopo qualche minuto, la carta si scurirà tranne che nella parte coperta dall'oggetto che rimarrà chiara fornendo così un'immagine negativa dell'oggetto stesso. Nell'immagine a fianco si possono vedere due "foto" ottenute mettendo a contatto della carta sensibile due disegni in negativo ottenuti con una stampante laser su foglio di acetato trasparente. Cosa accade: il nitrato d'argento reagisce con lo ioduro di potassio dando ioduro d'argento AgNO3 + KI AgI + KNO 3 Quest'ultimo è scomposto liberando argento metallico che conferisce il colore marrone (o nero a seconda della concentrazione) alla carta. Dopo poco tempo, se la carta rimane esposta alla luce l'immagine negativa scompare e il foglio diventa di un colore scuro uniforme, per evitare questo occorre immergere la carta in un bagno di fissaggio che asporti lo ioduro d'argento che non ha reagito, questo si può ottenere lavando la nosra foto con una soluzione di tiosolfato di sodio (detto anche sodio iposolfito). Esperienza n.36: Cianografia Un procedimento fotografico che non impiega i sali d'argento, molto usato, sino a poco tempo fa, per riprodurre progetti (i cosiddetti "blueprint"). Materiale necessario: Citrato di ferro ammoniacale verde (reperibile presso negozi di materiale fotografico) Ferricianuro di potassio (reperibile presso gli stessi negozi del primo) Una lampada alogena o meglio una lampada di Wood sul tipo di quelle impiegate per controllare se le banconote sono false. Procedimento: Preparare due soluzioni, una di 20 g di citrato ferrico ammoniacale in 100 cc d'acqua deionizzata, la seconda di 16 g di ferricianuro di potassio sempre il 100 cc di acqua deionizzata. Attenzione: a questo punto occorre procedere in condizioni di scarsa illuminazione. In una bacinella mescolate le due soluzioni e poi immergete alcuni pezzi di carta sino a che non si siano ben impregnati con la miscela. Mettete la carta ad asciugare al buio. Preparate un disegno su un supporto trasparente, ad esempio acetato, tenendo presente che la stampa verrà in negativo. Prendete uno dei pezzi di carta sensibilizzata, che avrà un colore giallino, sovraponetevi il disegno e mettete il tutto sotto la lampada di Wood per una decina di minuti, con la lampada alogena o con la luce del sole può essere necessario un tempo più lungo, per trovare il tempo adatto potete provare ad esporre alla luce delle striscioline di carta sensibile e vedere quanto tempo impiegano a colorarsi di blu. Passato il tempo di esposizione il risultato dovrebbe essere come quello della foto: la parte trasparente nel disegno apparirà di colore blu, mentre le parti nere avranno il colore giallino della carta sensibile. Lavate la vostra cianografia con abbondante acqua corrente per eliminare il reagente che non è stato colpito dalla luce (altrimenti dopo un po' vi troverete con un pezzo di carta di colore blu uniforme). Fate asciugare. Cosa succede: I raggi ultravioletti o, più lentamente, la luce visibile, determinano la reazione tra il citrato ferrico ammoniacale e il ferricianuro di potassio con la formazione di ferrocianuro ferrico, detto anche blu di Prussia, un materiale insolubile che quindi rimane nella carta dando colore blu alle parti colpite dalla luce. Esperienza n.37: Magnesio Il magnesio è un elemento chimico, numero atomico 12, che allo stato puro si presenta come un metallo molto leggero di colore argenteo. Si può acquistare presso i rivenditori di prodotti chimici sotto forma di polvere o di nastro, se ne possono anche recuperare pezzetti (in genere di lega, non di magnesio puro) presso industrie che realizzano manufatti in leghe leggere (ad esempio certi tipi di cerchioni per ruote o matrici per stampa). Per realizzare le esperienze che seguono è necessario procurarsi un po' di magnesio sotto forma di nastro o di frammento metallico sottile. Tenendo un pezzetto di magnesio con una pinza lunga si mette sul fuoco di una fiamma ad alcool, dopo qualche secondo comincerà a bruciare con luce molto viva lasciando un residuo bianco di ossido di magnesio (MgO). La combustione sarà più rapida e la luce prodotta più intensa se si mette il magnesio acceso in un recipiente in cui sia stato prodotto ossigeno puro con la tecnica già descritta nella pagina far bruciare il ferro, potete vedere l'effetto nella foto a fianco oppure in un breve filmato. L'affinità del magnesio per l'ossigeno è molto elevata, tanto da poter spezzare i legami tra idrogeno ed ossigeno presenti nella molecola d'acqua secondo la reazione: Mg + H2O MgO + H 2 Cioè un atomo di magnesio si combina con l'ossigeno di una molecola d'acqua formando ossido di magnesio e liberando una molecola di idrogeno, naturalmente, data la temperatura della reazione, l'idrogeno così formatosi brucia immediatamente. Questa reazione è il motivo per cui per spegnere incendi in cui siano coinvolti manufatti di magnesio non si deve usare l'acqua, questa infatti, oltre a non spegnere l'incendio, dà origine a idrogeno che può provocare violente esplosioni (lo stesso fenomeno si verifica anche con l'alluminio e il titanio). Per vedere la combustione dell'idrogeno in queste condizioni si porta ad ebollizione in una beuta un po' d'acqua, quando dall'imboccatura esce vapore si mette sopra l'apertura un pezzetto di magnesio acceso (sempre tenendolo con la pinza...), si vedrà che, immerso nel flusso di vapore, il magnesio brucia più energicamente, inoltre attorno ad esso si formerà una fiamma dovuta alla combustione dell'idrogeno che si forma. Anche di questa esperienza è possibile vedere un filmato. Precauzioni: la prima precauzione da prendere è prestare attenzione a non appiccare incendi! Attenzione anche a non toccare il magnesio acceso con le mani, scotta! Infine non fissate per troppo tempo il magnesio che brucia, potreste restare abbagliati. Esperienza n.38: Estrazione elettrolitica dello IODIO Proponiamo la preparazione di una soluzione di iodio a partire dallo ioduro di potassio (KI), per mezzo della corrente elettrica. Per realizzare questa esperienza sono necessari i seguenti materiali: Ioduro di potassio (reperibile in farmacia o presso i negozi che forniscono materiali per lo sviluppo foto) Acqua demonizzata Una batteria da 4,5 V Una striscia di carta assorbente o di carta da filtro Due pezzi di mina di matita Filo e morsetti per collegamenti. Si sciolgono in 100 cc di acqua deionizzata 2 g di ioduro di potassio (quantità non critica, si può procedere ad occhio), una volta avvenuta la soluzione si distribuisce in parti uguali in due recipienti di vetro. In ciascuno dei due recipienti si pone un pezzo di mina collegato ad un polo della batteria. Si prende la striscia di carta da filtro, si impregna per bene con la soluzione e si mette a far da ponte tra i due recipienti, assicuratevi che peschi nel liquido in entrambi i recipienti. La foto a lato dovrebbe dare un'idea precisa di come vada preparato l'esperimento. Collegando i due pezzi di mina alla batteria avrà inizio la reazione chimica: nel recipiente collegato al polo negativo (a sinistra nella foto) cominceranno a svilupparsi bollicine di idrogeno mentre nel recipiente collegato al polo positivo (a destra) si libererà iodio di colore giallo-bruno che finirà per colorare la soluzione. La striscia di carta da filtro impregnata di soluzione funge da "ponte salino" ed assicura il contatto elettrico tra le due soluzioni, se la togliete la reazione si ferma nonostante i due elettrodi di grafite siano ancora collegati alla batteria. Dopo circa mezz'ora dall'inizio della reazione la soluzione nel bicchiere collegato al polo positivo avrà acquistato un evidente colore bruno chiaro, potete controllare che questo è dovuto allo iodio mettendo qualche goccia della soluzione in una provetta in cui ci sia un po' di soluzione di amido: apparirà una colorazione blu scura tipica della reazione dell'amido con lo iodio, anche un pezzo di carta immerso nel liquido acquisterà una colorazione blu dovuta alla reazione dello iodio con la cellulosa. La soluzione di iodio (soluzione iodo-iodurata o di Lugol) può essere conservata ed impiegata in altre esperienze come la ricerca degli amidi negli alimenti. Esperienza n.39: Carbonizzare lo zucchero L'esperimento che vi proponiamo serve a dimostrare la fortissima affinità dell'acido solforico per l'acqua. Per realizzarla servono due componenti: Un po' di zucchero (il comune saccarosio usato per addolcire il caffè) Dell'acido solforico concentrato ( nel caso specifico abbiamo usato un prodotto reperibile nei supermercati come disgorgante a base di acido solforico concentrato) ATTENZIONE: l'acido solforico concentrato provoca ustioni alla pelle e se viene in contatto con gli occhi può provocare danni seri, si consiglia quindi l'uso di guanti ed occhiali di protezione, inoltre si possono sviluppare vapori irritanti per cui operate in un ambiente ben ventilato. . Lo svolgimento dell'esperienza è molto semplice: prendete un becher da 50cc e riempitelo per circa un quarto di zucchero in polvere. Aggiungete lentamente 3 o 4 cc di acido solforico concentrato. Dopo qualche secondo avrà inizio la reazione di carbonizzazione dello zucchero che proce rapidamente sino a riempire il recipiente con una massa sugnosa nera. La reazione è fortemente esotermica per cui il recipiente si scalderà molto, non toccatelo sinchè non si sarà reffreddato. E' buona precauzione sistemare sotto il becher un recipiente di vetro, come si può vedere nella foto, per il caso che il becher si rompa a causa del calore, in questo modo la miscela di zucchero e acido non si spargerà sul tavolo su cui state effettuando l'esperimento Che cosa succede: come abbiamo già detto sopra l'acido solforico è estremamente avido d'acqua, reagisce con essa in modo fortemente esotermico (a questo proposito ricordiamo una precauzione fondamentale da impiegare quando si deve diluire acido solforico con acqua: versare sempre lentamente l'acido nell'acqua, in modo che il calore che si produce possa essere assorbito alla massa dell'acqua, non versare mai l'acqua nell'acido il rapido riscaldamento può lanciare attorno schizzi di acido!). Riprendiamo la spiegazione: il saccarosio è un disaccaride (formato da due molecole di zuccheri semplici, una di glucosio e una di fruttosio) di formula C12H22O11 si può considerare come formato da 12 atomi di carbonio e 11 molecole d'acqua (la cosa in realtà non è così, ma usiamo questa immagine per rendere più facile la comprensione dell'esperienza). L'acido solforico sottrae le molecole d'acqua lasciando il carbonio, inoltre l'intenso calore prodotto dalla reazione porta alla formazione di vapore d'acqua che dà origine alle bolle che rendono la massa di carbonio simile ad una spugna. E- sperienza n.40: Scrivere col fuoco Una semplice esperienza da intrattenimento. Materiale occorrente: un po' di clorato di sodio o di potassio, dei fogli di carta. In un piccolo becher si mettono 10 cc di acqua, si aggiunge clorato di sodio e si fa sciogliere, una volta che sia tutto sciolto se ne aggiunge un altro po' e si continua fino a che non si riesce più a scioglierne; si ottiene in questo modo una soluzione satura del sale. Con un pennellino si traccia su un foglio di carta un disegno usando la soluzione preparata come inchiostro. Si fa asciugare il foglio, una volta che è ben asciutto si tocca un punto del disegno tracciato (è meglio segnare il punto con un piccolo tratto di matita prima di fare il disegno) con la brace ottenuta accendendo un bastoncino, va bene un comune stuzzicadenti. La carta comincerà a bruciare lentamente senza fiamma seguendo il tracciato del disegno. Cosa succede: il clorato di sodio, che è un energico ossidante, fornisce alla carta l'ossigeno necessario per la combustione, la carta non impregnata della soluzione del sale invece non brucia perchè non raggiunge la necessaria temperatura di accensione. Il disegno che appare nella foto è molto banale, causa le limitate capacità artistiche dell'autore, lasciamo alla vostra fantasia la realizzazione di disegni più elaborati... Esperienza n.41: Ossidazioni e riduzioni Una semplice esperienza per vedere gli effetti di ossidazione e riduzione e come usando i medesimi reagenti in proporzioni diverse si ottengano effetti completamente diversi. I materiali occorrenti sono i seguenti: Iposolfito di sodio, detto anche tiosolfato di sodio Na2S2O3 5H2 O Solfato di rame CuSO 4 5H2O Si preparano due soluzioni: una di 2,4 g di iposolfito di sodio in 20 cc di acqua distillata o deionizzata e una di 2,5 grammi di solfato di rame sempre in 20 cc di acqua demonizzata. Si preparano due provette. Nella prima provetta si mettono 8 cc della soluzione di iposolfito e 8 cc della soluzione di solfato di rame, si mescola e si lascia riposare. Nel giro di pochi secondi la soluzione, inizialmente azzurra, acquisterà un colore verde pallido come nella foto a sinistra. Dopo una decina di minuti la soluzione diventerà torbida e comincerà a depositarsi un voluminoso precipitato giallo (foto a destra), si tratta di zolfo puro, formatosi per riduzione di uno dei due atomi di zolfo di Na2S2O3 che è passato dal numero di ossidazione +2 al numero di ossidazione 0 mentre l'altro atomo di zolfo presente nella molecola è passato dal numero di ossidazione +2 al +4 (solfito) o al +6 (solfato), invece il rame di CuSO4 è passato dal numero di ossidazione +2 (rameico) al numero di ossidazione + 1(rameoso). Si sono verificate diverse reazioni di cui quelle indicate sono le principali. Nella seconda provetta si mescolano le due soluzioni in rapporto 3 parti di soluzione di iposolfito e una parte di soluzione di solfato di rame, nel caso specifico 12 cc di soluzione di iposolfito e 4 cc di soluzione di solfato di rame. Inizialmente la soluzione diviene incolore, dopo alcune ore comincia ad apparire una torbidità di colore simile a quello del rame. Circa un giorno dopo l'inizio dell'esperienza sul fondo della provetta si raccoglie un precipitato di colore bruno Si tratta di un miscuglio di rame metallico, solfuro rameico CuS e solfuro rameoso Cu2S. Lo zolfo elementare si è formato in tracce minime. La foto a destra mostra la differenza visiva dei due risultati. Esperienza n.42: Zucchero fiammeggiante Un semplice esperimento per far bruciare in modo violento il comune zucchero che si mette nel caffè. Attenzione l'esperienza può risultare pericolosa, usate quantità molto piccole di reagenti, mettetevi lontano da materiali infiammabili e, possibilmente, usate occhiali di protezione. Inoltre l'esperimento produce molto fumo (non tossico) per cui operate all'aperto o in ambiente ben ventilato. Materiali necessari: 0,5 g di saccarosio (il comune zucchero domestico) 0,5 g di nitrato di potassio KNO3 . Pesate i quantitativi indicati dei due reagenti ridotti in polveri fini, mescolateli ben bene e metteteli su di un supporto di materiale non infiammabile, possibilmente su di un piattino metallico, il piattino di porcellana che appare nelle foto e nel filmato alla fine dell'esperienza si è spaccato per effetto del calore. Per l'accensione potete usare una miccia preparata impregnando un pezzo di filo di cotone o una strisciolina di carta da filtro con una soluzione concentrata di nitrato di potassio e poi facendo asciugare. Mettete la vostra miccia in modo che un estremo sia immerso nella polvere e poi accendete l'altra estremità. Quando la parte accesa raggiunge la polvere questa si accenderà e brucerà con fiamma molto viva. Potete osservare il fenomeno nel filmato. Cosa succede: il nitrato di potassio che è un buon comburente fornisce l'ossigeno necessario per la rapida combustione dello zucchero. Esperienza n.43: Calice di fuoco Un divertente esperimento spudoratamente copiato dal sito tavola periodica, questa esperienza dimostra le capacità ossidanti del nitrato di potassio (KNO3). Il materiale necessario è il seguente: un po' di nitrato di potassio, un pezzetto di carbone, ottimo il carbone di legna che si trova in sacchi nei supermercati. In un recipiente di vetro (possibilmente di vetro robusto per evitare che si rompa per il calore) si mette uno strato di nitrato di potassio. Si scalda su una fiamma ad alcol il pezzetto di carbone (tenendolo naturalmente con una pinza...) sinchè non comincia ad apparire una parte incandescente, a questo punto si mette il carbone sul nitrato di potassio. Il carbone comincerà a bruciare vivacemente lanciando scintille tutto intorno. Cosa succede: il nitrato di potassio che è un buon comburente a contatto con il carbone caldo libera ossigeno che rende rapida e vivace la combustione. Il calore liberato dalla combustione fonde il nitrato di potassio, perciò ad un certo punto si vede il pezzetto di carbone galleggiare sul sale fuso. Potete vedere l'esperienza nel filmato in formato wmv. Naturalmente non bisogna esagerare nei quantitativi di materiale usato ed operare lontano da materiali infiammabili. Esperienza n.44: Reazioni Di “Sintesi” Schema di reazione: s ostanza A + s ostanza B = sos ta nza AB O2 2 Mg + magnesio = ossigeno dell’aria 2 MgO ossido di magnesio In laboratorio: si prenda una striscia di nastro di magnesio di circa 5 cm e la si lasci bruciare tenendola sulla fiamma del becco bunsen con una pinza di legno. Il magnesio brucia con forte luminosità, formando l’ossido di magnesio bianco polverulento. Esperienza n.45: Reazioni Di “Analisi” Schema di reazione: sostanza CD = sostanza C + sostanza D 2 HgO ossido mercurico = 2 Hg + mercurio O2 ossigeno In laboratorio: in una provetta si metta della polvere rossa di ossido mercurico, aiutandosi con una spatola. Si porti la provetta, sorreggendola con una pinza di legno, sulla fiamma del becco bunsen sotto cappa e si scaldi. L’ossido mercurico si decompone in mercurio e ossigeno. L’ossigeno che si sviluppa attiva la combustione. Infatti avvicinando uno stecchino di legno appena spento, così che sulla sua punta rimanga ancora un punto d’ignizione, all’apertura della provetta, esso riprende fuoco. Esperienza n.46: Reazioni Di “Scambio Semplice” Schema di reazione: A + BC = Zn + 2HCl = zinco acido loridrico AC + ZnCl2 + cloruro di zinco B H2 idrogeno In laboratorio: si prenda dello zinco in forma granulare e si tratti in una provetta con circa 2 ml di acido cloridrico diluito. Si potrà osservare una vivace effervescenza dovuta allo sviluppo di idrogeno gassoso. Esperienza n.47: Reazioni Di “Doppio Scambio” Schema di reazione: AB + CD = AD Pb (NO3)2 + 2KI = nitrato di piombo ioduro di potassio + CB PbI2 + 2KNO3 ioduro nitrato di potassio di piombo In laboratorio: in una provetta si metta un po’ di soluzione acquosa di nitrato di piombo ed in un’altra un po’ di soluzione di ioduro di potassio. Entrambe le soluzioni sono incolori. Alla soluzione di nitrato di piombo si aggiunga un po’ di soluzione di ioduro di potassio. Si vedrà allora apparire un precipitato giallo di ioduro di piombo che tende a raccogliersi sul fondo della provetta.