SPAZIO LIBERO
Numero 34 – marzo 2007
Anno
III
RUBRICHE:
Editoriale Mondo filiali Attualità C’era una volta Cinema e cultura Flash
EDITORIALE
CCNL: AREA CONTRATTUALE OBIETTIVO FONDAMENTALE
La vita lavorativa è scandita da tantissimi momenti importanti, eppure il rinnovo del contratto
collettivo nazionale di lavoro rimane, in termini collettivi, il più importante, trattandosi della
cornice all’interno della quali si sostanzia la prestazione lavorativa.
La specificità del modello contrattuale italiano è avere due livelli negoziali: quello nazionale, di
categoria (i bancari) e quello aziendale, il contratto cioè della società dove si lavora.
Tuttavia, l’ancoraggio saldo a norme generali, che stabilisca livelli salariali e di trattamento
garantiti per tutti, è nel CCNL: nessuno, neanche i dipendenti della superbanca
Intesa/Sanpaolo, può farcela da solo.
Anzi moltissime delle preoccupazioni che la fusione porta con sé potrebbero essere mitigate
proprio dal Contratto Nazionale.
Infatti se c’è un pezzo che è soggetto ad un forte attacco in Intesa/Sanpaolo, come in tutto il
sistema, è l’area contrattuale.
Per area contrattuale si intende il perimetro entro il quale si applica il contratto del credito.
Un’attività direttamente o indirettamente collegata alla banca non è indifferente se rientri o
meno nell’area contrattuale: se non rientra, infatti, chi ci lavora potrebbe vedere applicato, ad
esempio, il contratto del commercio o il contratto di qualche settore industriale.
Data dal 1990 il tentativo delle aziende di espellere dall’area contrattuale pezzi importanti di
lavorazione, come per esempio il settore dell’elaborazione dati; si trattava (e si tratta) del
tentativo di scomporre tutto il ciclo produttivo.
Ci vollero giorni e giorni di sciopero, con varie decine di ore perse in busta paga, per vincere
quella battaglia e se, da allora, c’è un filo rosso che lega le richieste della categoria è proprio
la salvaguardia dell’area contrattuale.
Ora tutto ciò torna alla ribalta perché sono in atto forzature ed elusioni tese a smantellare le
garanzie insite nell’area contrattuale.
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EDITORIALE
”
segue “CCNL: AREA CONTRATTUALE OBIETTIVO FONDAMENTALE
Assistenza, consulenza, promozione e supporti effettuate per via telefonica e telematica alla
clientela, pur restando comprese nelle attività bancarie fondamentali, sono nell’occhio del
ciclone, soprattutto nella nostra realtà, così come non possiamo considerare al sicuro
società finanziarie, di carte di credito, di credito al consumo e, chissà, anche alcune
tipicamente di filiale.
Aggiungiamo, per avere il quadro completo, anche la maniera più classica per aggirare le norme
garantiste dei contratti nazionali che è la delocalizzazione all’estero (innanzitutto est
Europa) di attività produttive, per avere, secondo le aziende, il duplice vantaggio di minor
costo del lavoro e minore (o addirittura mancante) sindacalizzazione dei lavoratori (è
quello che ha fatto Unicredito)
Pensiamo, realisticamente, che tentativi simili possano non esserci nella più grossa banca
italiana e per di più in ristrutturazione causa fusione?
Per tali ragioni, al di là delle più classiche e sacrosante richieste di un contratto, come gli
aumenti salariali (€ 188 per la figura di riferimento), riteniamo importante la difesa
dell’area contrattuale per il settore creditizio.
MONDO FILIALI
TRA FANTASMI (FALSI) E VESSAZIONI (VERE)
Appare inevitabile in questo momento, come in tutti i momenti di passaggio, l’inseguirsi di voci,anche le
più disparate e fantasiose, circa le modalità operative, la gestione, dei “nuovi padroni” di
Intesa.
Domani toccherà alla previdenza, dopodomani alla assistenza e via togliendo e tagliando.
Fortunatamente tutte le garanzie sono in piedi: vanno confermate e rimodulate per l’intero Gruppo e ci
sono tavoli di trattativa per raggiungere lo scopo di istituti contrattuali ed economici omogenei
tra le varie banche.
Per cui, anziché inseguire fantasmi, preferiamo attenerci ai fatti e una serie di fatti non ci piace.
Come sempre cominciamo dai più deboli: donne – madri - fruitrici di part time.
Molte colleghe stanno ricevendo delle sorprese allorquando, all’approssimarsi della scadenza del proprio
part time, alla domanda di rinnovo, sorgono difficoltà nella conferma del precedente orario, in
particolare per due fattispecie:
l’orario modulato su sei ore giornaliere consecutive (8,20 – 14,20)
la possibilità di usufruire sia del part time, sia dello slittamento a ¾ d’ora dell’orario di entrata
e, conseguentemente, d’uscita.
Entrambi i casi sono assolutamente legittimi:
il primo in quanto non supera le sei ore oltre le quali scatta l’obbligo dell’intervallo (D.Lgs.
66/2003 art.8);
il secondo così come consentito dall’art.55 del Contratto integrativo aziendale vigente che fa
esplicito riferimento al combinato disposto di pert time e di slittamento di orario.
La giustificazione aziendale deriverebbe da questioni di sicurezza: non rimarrebbe nessuno nella filiale
e mancherebbe soprattutto la vigilanza, ancorché. i casi di mancato rinnovo sono anche in sedi
quale quella di Napoli, dove la vigilanza è costante o in filiali grandi, dove qualcuno rimane
sempre durante l’intervallo . L
Qui due dubbi:
come può una disposizione interna inficiare ben più importanti norme legislative e contrattuali,
perché tra la “forza” delle norme non può esservi confronto tra quelle di legge e disposizioni
interne di un’azienda;
eliminate le filiali grandi,dunque il problema rimarrebbe nelle filiali piccole le quali, soprattutto
in Area Campania sono senza guardiania ed ecco il massimo dell’ipocrisia aziendale: perché il
problema sicurezza nelle filiali piccole - senza guardiania appunto - sorge alle ore 13,35 e
non dalle ore 8,20; perchè aggiungere al danno della mancata vigilanza, la beffa del mancato
part time per donne già in sofferenza?
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MONDO FILIALI
segue:”TRA FANTASMI (FALSI) E VESSAZIONI (VERE)”
IL PART TIME NASCE DALL'ESIGENZA DI AVERE ORARI DIVERSI DA QUELLI ORDINARI IN
RELAZIONE ALLE NECESSITA‘, INNANZITUTTO DI DONNE E MADRI (E DELLE LORO
FAMIGLIE) E QUINDI: A BISOGNI DIVERSI ORARI DIVERSI; O LA FLESSIBILITA' DEVE
ESSERE SOLO A VANTAGGIO AZIENDALE?
LE RICHIESTE DI MODIFICA DEGLI ORARI DI PART TIME SONO RICHIESTE DI MODIFICA DI
EQUILIBRI FAMILIARI FATICOSAMENTE RAGGIUNTI E COMUNQUE FINO AD OGGI
CONCESSI, RAGION PER CUI APPAIONO, NEI FATTI, INUTILI VESSAZIONI.
ULTIMA OSSERVAZIONE,IL GRUPPO INTESA SAN PAOLO SI VANTA DI REDIGERE UN
BILANCIO SOCIALE, PARTE DEL QUALE E’ LA RELAZIONE SOCIALE, DOVE VENGONO
INDICATE TUTTE LE ATTIVITA’ VERSO I PORTATORI DI INTERESSE, TRA CUI ANCHE IL
PERSONALE: EBBENE, SI PUO’ LEGGERE, A PROPOSITO DELLE PARI OPPORTUNITA’:
CONCILIAZIONE CASA/LAVORO.
QUALE DISTANZA TRA PROPAGANDA E REALTA’!
IL SINDACATO HA MEZZI, ANCHE DI COMUNICAZIONE, PER IL RISPETTO DELLE PERSONE,
MA SPERIAMO CHE POSSA PREVALERE IL BUON SENSO.
Pubblichiamo un breve, nudo, racconto di dura d’attualità
L’APPARTAMENTO
Rolando l’aveva acquistato da poco. Quattro vani, cucina, servizi e box. Le case non sono mattoni e
cemento, ma spazi umani che assumono, di chi l’abita, odori di vestiti e cucina, ordine e
disordine, colore delle pareti, profumo di detersivo e naftalina, odore di pulito e puzza di aria
viziata.
Tutto richiama al suo inquilino, anche la tonalità della mobilia e il rumore della credenza che
sbatte. Rolando era una persona perbene e lavorava da una vita come tutti, del resto, in
Brianza ed era riuscito a coronare il suo sogno di acquistare quel bellissimo appartamento. Lo
considerava il primo della sua vita, mentre in realtà era il secondo perché uno lo aveva
ereditato dal suo povero babbo che non c’era più, insieme alla azienda di famiglia che gli dava
ben a campare: era un monolocale a pian terreno di modesto valore, malmesso e abbastanza
fatiscente, che aveva destinato ad una piccola rendita locandolo ad un immigrato arabo. In tal
modo, il Rolando, poteva finanziarne la ristrutturazione con il canone per poi venderlo ad un
prezzo maggiorato, sempre sperando nel continuo rialzo del prezzo degli immobili. Lo avrebbe
ceduto volentieri anche subito, ma com’era ridotto non ci avrebbe ricavato molto.
Qualsiasi acquirente si sarebbe demoralizzato. Appariva, infatti come un alloggio molto misero e
degradato con i fili della luce penzolanti, il condominio trascurato e il ballatoio spesso
puzzolente di urina di gatto, mentre non era raro avvistare sul terrazzo, dove affacciava l’unica
finestra, degli escrementi di ratto. All’interno dei suoi 30mq, imprigionato tra le mura
scrostate, vi era la cucina tutta rappresentata da un fornello annerito dalla fiamma del
metano, con la relativa bombola collegata alla cannella del gas. Di fronte un piccolo frigo ed un
divano letto, all’occorrenza anche sedia di un microtavolo 4x4. Sotto il divano letto era
disponibile un materasso che, quando utilizzato poteva trovare posto, durante la notte, solo a
terra nell’angolo tra l’ingressino ed il bagno, sicché per andarvi, la notte, occorreva scavalcare
chi vi dormiva sopra.
segue:”L’appartamento”
Ma questo non era un problema del Rolando, dato che lui l’alloggio lo aveva dato in fitto
solo ad un inquilino, Abduz, che veniva dall’Egitto era impiegato come manovale, almeno
sapeva lui, tanto non erano fatti suoi.
Abduz, detto per inciso, non attirava propriamente le sue simpatie. Era un buon cristiano il
Rolando, e quel tipo cosi strano e diverso non lo digeriva. Bisognava inoltre che vi fosse
un po’ d’ordine, di moralità, di difesa delle radici cristiane in cui fermissimamente
credeva, mentre invece quell’Abduz e i suoi amici stavano diventando maggioranza, e
succedeva che i frequentatori della moschea fossero in numero maggiore di chi invece
passava la domenica in parrocchia. “Quando li metti tutti insieme, quelli li – sbottava il
Rolando con i suoi amici – è ovvio che poi nascano di quei casini!”. Lui ci andava alle
fiaccolate quando c’era da protestare per le prostitute, gli zingari, le rapine in villa, gli
omicidi. Ma in fondo Abduz non gli sembrava male, pagava regolarmente il fitto e
questo, per quanto gli interessava, era l’importante. Ma certo che se fosse stato per
lui l’appartamento l’avrebbe dato in fitto ad un italiano, almeno avrebbe capito le sue
lamentele (anche se poco gli avrebbero interessato). Magari l’avrebbe locato volentieri
anche ad un meridionale. Ma oramai non era facile trovarne per fittare locali. Non era
più come prima quando i napuli aveva colonizzato la Brianza e si accontentavano di stare
in 8 in una stanza. Bei tempi quelli, la domanda era forte e qualche fortunato si poteva
anche permettere di affiggere il cartello “non si fitta ai meridionali” come anche il suo
babbo aveva fatto proprio per quello stesso appartamentino anni fa.
Quando il signor Rolando si presentò alla porta di Abduz si fece pagare i 300 euro e,
felicitandosi con se stesso per la regolarità del pagamento, scappò via disturbato dalla
puzza di piscio di gatto. Non aveva notato che il suo inquilino aveva una busta di panni
sporchi vicino al fornello del gas.
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segue:”L’appartamento”
Se ne fosse accorto lo avrebbe fatto spegnere subito, dato che se fosse scoppiato
l’appartamento, oltre a perdere la proprietà e la rendita si sarebbe trovato nei pasticci.
“Figuriamoci!”. Abduz era oltretutto irregolare, ed il Rolando sui giornali non ci voleva
finire.
Abduz, da poco tornato dalla moschea che assiduamente frequentava, si accese la sua
cannetta. Gli era avanzato un po’ di “fumo” dato che lo spacciava ogni mattina davanti alla
scuola del quartiere. Era diventato un ottimo puscher. Lavorava bene e presto, forse,
sarebbe passato ad un giro più grosso. La sera, Fatih finalmente gli pagò quel che gli
spettava. Era stato chiaro con lui. Non un giorno di più o lo avrebbe sbattuto fuori. Gli
subaffittava l’appartamento, ma stando ben attento a nasconderlo al sig. Rolando che
altrimenti li avrebbe cacciati via. Oppure aumentatogli il fitto, magari.
Era stato difficile per Fatih racimolare i suoi 700 euro. Lavorava come operaio 12 ore al
giorno, a nero, in un capannone buio e opprimente, a cucire scarpe che avrebbero
comodamente ospitato piedi fortunati, con una paga poco superiore a quanto doveva pagare
ad Abduz per il posto-materasso che gli concedeva nel suo appartamento. Un angolo
dormitorio scomodo e squallido. E la cosa che più odiava era il doversi spostare nel sonno
quando Abduz andava in bagno.
Sdraiandosi a notte inoltrata sul suo materasso, che comunque era tutto quel che possedeva,
pensò alla sua ragazza, a come sarebbe stato bello averla accanto, almeno quanto
impossibile realizzare il suo sogno. Doveva lavorare di più, molto di più per mantenersi,
pagare il fitto ad Abduz e mandare qualcosa a casa, oltre a cullare il suo piccolo sogno.
Per questo aveva cercato e trovato un nuovo lavoro. Il suo nuovo principale per fortuna non
gli aveva fatto problemi per i documenti mancanti alla sua regolarizzazione di immigrato.
Si addormentò subito, stanchissimo. Fatih era mite ed umile così facendo buona impressione a
tutti. In fondo anche Abduz era contento di avergli subaffittato il posto letto, così come
il sig. Rolando di averlo assunto.
Chi ricorda Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti?
Essi hanno una storia analoga a tanti altri emigranti: partiti per gli USA alla ricerca
di una terra promessa che si rivela fatale, la loro professione anarchica e atea è
una delle cause, oltre alla miseria, della loro partenza per quel continente carico di
speranze e aspettative. A loro, purtroppo, toccò la condanna più infamante per
qualsiasi lavoratore o lavoratrice: furto e omicidio. L'omicidio del ragioniere che
consegnava le paghe il 15 aprile 1920, è ormai cosa certa, non fu mai commesso
dai due compagni; i capi d'accusa furono vagamente ricostruiti su testimonianze
incerte ed approssimative: l'obiettivo della giustizia americana era tutt'altro:
colpire due persone, anche innocenti, non per il reato imputatogli, ma per la loro
attività politica pubblicamente nota. Gli USA negli anni '20 erano un paese teso ed
infestato da "sporchi rossi", come espicitamente ammise uno dei giudici popolari,
dunque era necessario creare il precedente, far capire a tutti e tutte che la
giustizia si sarebbe mossa in maniera implacabile contro ogni oppositore del
sistema. Il processo durò solo sette settimane ed a questo seguirono numerosi
appelli di clemenza, ma la sorte di Nicola e Bartolomeo era segnata dal giorno in
cui iniziò la loro odissea. "Ora ho capito, invece, che soffro perchè sono colpevole.
Sto soffrendo perchè sono colpevole di essere un rivoluzionario, ed indubbiamente
lo sono; sto soffrendo perchè sono italiano, ed indubbiamente ero e sono un
italiano; sto soffrendo molto più per la mia famiglia e per i miei cari che per me
stesso; ma sono sinceramente convinto di aver ragione, al punto che se mi
condannassero due volte, e se potessi rinascere altre due volte, vivrei nello stesso
modo, come ho fatto fino ad oggi", scrisse Bartolomeo.
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segue: Chi ricorda Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti?
Nel 1977 lo stato del Massachusetts ha riabilitato i due anarchici,
mettendo in dubbio la correttezza del procedimento, ma non
dichiarandone l'illegittimità di fondo. Ad ogni modo ciò non serve a
riportare in vita Nick e Bart, come erano chiamati dai loro compagni
statunitensi.
“Se non fosse stato per quest'evento, avrei vissuto la mia vita tra gli
uomini disprezzati. Sarei morto ignoto, sconosciuto, un fallito. Questa è
allo stesso tempo la nostra carriera ed il nostro trionfo. Mai in tutta la
nostra vita, abbiamo sperato di lavorare per la tolleranza, per la
giustizia, per la comprensione tra gli uomini, come invece ci capita di
fare in questo momento. Le nostre parole, le nostre vite, i nostri
dispiaceri... di colpo il nulla! La fine delle nostre vite - la vita di un
buon calzolaio e di un povero pescivendolo - è tutta qui!" (Nicola Sacco)
ENNIO MORRICONE
Il maestro Morricone è stato premiato quest’anno dall’Academy of Arts of the Motion Pictures
con l’Oscar alla carriera per il contributo dato alla musica per il cinema. E’ certamente un
riconoscimento tardivo dovuto ad un compositore che ha lasciato già da tempo il suo forte
segno nel campo cinematografico e che gode di universale popolarità.
Morricone è degno erede e continuatore di una gloriosa tradizione di compositori italiani che al
cinema hanno dato capolavori di “musica applicata”.
Già negli anni 50 con Mario Nascimbene (autore e vincitore di un Oscar, tra l’altro, della musica
de “I vichinghi” di Richard Fleischer con Kirk Douglas) la musica italiana si faceva strada a
Hollywood, capace di innovare la musica da cinema innestando in essa elementi musicali propri
della tradizione lirico-operistica italiana. Questo percorso è’ proseguito poi con il grande
successo di Nino Rota, con le musiche de“Il Padrino”. In verità, Rota era già da tempo
famosissimo per il suo lavoro musicale, forte e imprescindibile, sui film di Fellini, coi quali
aveva già vinto prima premi Oscar. La novità di Rota consisteva soprattutto nell’innovare la
musica da cinema riprendendo motivi di musica e canzoni della musica popolare tipica delle
regioni italiane del sud. Infatti, il tema d’amore de “Il Padrino” è ripreso da una canzone del
Maestro già usata nel film “Fortunella” di Eduardo De Filippo degli anni ’50, canzone che
ripropone motivi musicali tipici delle canzoni popolari e folkloriche della Sicilia.
In questa altissima tradizione si innesta la Musica da cinema di Morricone, diventato subito
compositore di successo con la colonna sonora di “Per un pugno di dollari” di Sergio Leone.
Così come Rota ha legato la sua musica ai film di Fellini, Morricone lega imprescindibilmente la
sua musica ai film di Sergio Leone, diventandone elemento essenziale nell’evocare le
atmosfere e le emozioni che il cinema di Leone vuole trasmettere. Non stiamo qui ad elencare
le sue composizioni, che sono notissime.
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segue:Ennio Moricone_
Morricone è stato capace, però, di innestare la sua musica anche in altri tipi di
cinema, compresi quelli Hollywoodiani, come per esempio in “Mission” di Roland
Joffè con De Niro oppure ne “Gli Intoccabili” e “Mission to Mars” entrambi di
Brian De Palma. La caratteristica della scrittura compositiva musicale di Morricone
è nella creazione di orchestrazioni di pregnante armonia nelle quali però si eleva,
sempre e solo, uno strumento (prediletti voce solista e tromba o trompetta) a
indicare l’emozione da trasmettere, quasi sempre una grande malinconia evocativa,
Ricordiamo soprattutto, ma gli esempi possono essere innumerevoli, l’assolo di tromba
di “Per un pugno di dollari”, oppure la voce solista che si eleva dal coro di “C’era
una volta il West” oppure l’assolo di tromba, struggente e meraviglioso, di “Mission
to Mars”,nel quale è stato capace di trasmettere tutta la tragedia della perdita
della persona amata ma anche la malinconia, la nostalgia legata ad essa.
Ecco, se pensiamo anche a “C’era una volta in America” di Leone, la malinconia (cosa
ben diversa dalla tristezza) è il sentimento e l’emozione preponderante che le
musiche di Morricone hanno veicolato e, probabilmente, anche il motivo del suo
grande successo nel mondo. Questo sentimento, legato intrinsecamente alla
nostalgia, pone il “soggetto malinconico” in un rapporto di evocazione positiva con il
suo “oggetto d’amore” perso o mancante. La scrittura malinconica insita nella
musica di Morricone ha sempre trasmesso, in modo forte e pregnante, questa
sensazione anche a chi questa musica la fruisce.
Per noi tutto ciò dà il senso ed il segno della grandezza del Maestro Morricone. Il
nostro desiderio, sempre, è quello di sentire, ascoltare al più presto ed ancora
altre musiche che Egli vorrà regalarci.
FLASH
La Redazione
Giorgio Campo
Alfredo Conte
Antonio Coppola
Antonio D’Antonio
Mario De Marinis
Antonio Forzin
Amedeo Frezza
Rosalia Lopez
Raffaele Meo
Italo Nobile
Maria Teresa Rimedio
Anna Maria Russo
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