Capitolo 86 Capitolo 86 ■ Difetti del metabolismo lipidico 86.1 • DIFETTI DELLA -OSSIDAZIONE DEGLI ACIDI GRASSI MITOCONDRIALI • Charles A. Stanley e Michael J. Bennett La -ossidazione mitocondriale degli acidi grassi è una via essenziale per la produzione di energia, particolarmente importante durante prolungati periodi di digiuno, in caso di riduzione dell’apporto calorico dovuta a malattie gastrointestinali o di aumento del dispendio energetico in uno stato febbrile. In queste condizioni l’organismo utilizza prevalentemente gli acidi grassi, invece dei carboidrati, come principale “combustibile”. Gli acidi grassi costituiscono anche un’importante fonte energetica per i muscoli scheletrici e vengono utilizzati come substrato energetico principale dal cuore, per il motivo che sono completamente ossidati a diossido di carbonio e acqua. I prodotti finali dell’ossidazione epatica degli acidi grassi sono i corpi chetonici -idrossibutirrato e acetoacetato, i quali non possono essere ossidati dal fegato, ma costituiscono un’importante riserva energetica nei tessuti periferici e in particolare nel cervello. Difetti genetici a trasmissione recessiva sono stati identificati in pressoché tutti i passaggi noti della via di ossidazione degli acidi grassi (Tab. 86-1). Le manifestazioni cliniche interessano i tessuti con un elevato flusso di -ossidazione, come il fegato, il sistema scheletrico e il muscolo cardiaco. La presentazione più comune consiste in un episodio acuto di coma che mette a rischio la sopravvivenza del paziente, con ipoglicemia indotta da un periodo di digiuno dovuto a chetogenesi epatica deficitaria. Altre manifestazioni includono miocardiopatia cronica e debolezza muscolare o rabdomiolisi acuta indotta da esercizio fisico. I difetti dell’ossidazione degli acidi grassi possono restare asintomatici durante periodi di assenza di stress. La malattia acuta può essere erroneamente diagnosticata come sindrome di Reye o, se fatale, come morte improvvisa del lattante (SIDS). La diagnosi di difetto dell’ossidazione degli acidi grassi non è semplice da diagnosticare, perché l’unico indicatore specifico può essere il riscontro di concentrazioni insolitamente ridotte di chetoni nelle urine, in un bambino con ipoglicemia. I deficit genetici dell’utilizzo dei corpi chetonici rischiano di passare inosservati, perché la chetosi è un reperto prevedibile in presenza di ipoglicemia a digiuno. In alcune circostanze le manifestazioni cliniche sembrano derivare maggiormente dagli effetti tossici dei metaboliti degli acidi grassi piuttosto che dall’inadeguata produzione di energia. In alcuni di questi disturbi (LCHAD, CPT-IA, SCAD e TFP; vedi oltre), la presenza di un feto affetto (omozigote) aumenta il rischio che la madre eterozigote sviluppi steatosi epatica acuta della gravidanza o preeclampsia con sindrome HELLP (Hemolysis, Elevated Liver enzymes, Low Platelets, emolisi, elevazione degli enzimi epatici, riduzione delle piastrine). Malformazioni cerebrali e renali sono state descritte nei casi di grave deficit della flavoproteina che trasferisce elettroni (ETF, Electron Transfer Flavoprotein), di ETF deidrogenasi (ETF-DH) o di carnitina palmitotrasferasi-2 (CPT-II); è possibile che tali deficit riflettano la tossicità in utero dei metaboliti degli acidi grassi. Nei deficit di LCHAD sono state identificate degenerazione retinica progressiva e malattia epatica cronica progressiva. I programmi di screening neonatale che utilizzano la spettrometria di tandem massa (MS/MS) individuano acilcarnitine caratteristiche, consentendo la diagnosi presintomatica. Questi metodi di screening hanno dimostrato che i disturbi dell’ossidazione degli acidi grassi, considerati nel complesso, costituiscono uno dei più diffusi errori congeniti del metabolismo. Le Figure 86-1 e 86-2 illustrano le fasi dell’ossidazione di un tipico acido grasso a catena lunga. Nel ciclo della carnitina gli 84-92ANA.indd 589 ■ Difetti del metabolismo lipidico ■ 589 acidi grassi sono trasportati attraverso la barriera della membrana mitocondriale interna come esteri dell’acilcarnitina. All’interno dei mitocondri, fasi successive del ciclo a quattro passaggi della -ossidazione convertono l’acido grasso attivato (CoA) in unità di acetil CoA. Ciascuno di questi passaggi richiede da due a tre specifici isoenzimi a catena di lunghezze diverse, in grado di adattarsi a specie di acil CoA di dimensioni differenti. La via di trasferimento degli elettroni trasporta gli elettroni generati nel corso del primo passaggio della -ossidazione (acil CoA deidrogenasi) alla catena di trasporto degli elettroni per la produzione di adenosina trifosfato (ATP), mentre gli elettroni generati dal terzo passaggio (3-idrossiacil CoA deidrogenasi) entrano nella catena respiratoria a livello del complesso 1. La maggior parte dell’acetil CoA generato dalla -ossidazione epatica confluisce nella via della chetogenesi, per formare -idrossibutirrato e acetoacetato. DIFETTI DEL CICLO DELLA -OSSIDAZIONE DEFICIT DI ACIL COA DEIDROGENASI (MCAD) A CATENA MEDIA. Il deficit di MCAD (Medium-Chain Acyl CoA) è il più comune difetto dell’ossidazione degli acidi grassi. L’effetto fondatore ha un peso rilevante; la maggior parte dei pazienti discende da europei nordoccidentali e risulta omozigote per una singola mutazione missense: una transizione A-G in posizione 985 del cDNA, che sostituisce una lisina con un acido glutammico a livello del residuo 329 (K329E). Manifestazioni cliniche. I pazienti colpiti presentano, nei primi 3 mesi-3 anni di vita, episodi acuti scatenati da prolungati periodi di digiuno (superiori a 12-16 ore). I segni e i sintomi includono vomito e letargia, che progrediscono rapidamente in coma, convulsioni e insufficienza cardiorespiratoria. In tali circostanze può verificarsi la morte improvvisa del bambino. Il fegato risulta talvolta leggermente ingrossato, con depositi di grasso. Nei primi mesi di vita gli attacchi sono rari, probabilmente perché l’intervallo tra una poppata e l’altra è ridotto, ma poi il rischio aumenta nei bambini più grandi, in particolare durante la notte o in periodi di digiuno dovuti a una malattia infantile intercorrente. La presentazione nei primi giorni di vita è stata segnalata in neonati tenuti inavvertitamente a digiuno troppo a lungo tra una poppata e quella successiva. La diagnosi di MCAD è stata occasionalmente documentata in adolescenti e adulti precedentemente sani; ciò significa che anche soggetti che sono stati asintomatici nel corso dell’infanzia sono a rischio di scompenso metabolico se esposti a prolungati periodi di digiuno. Reperti di laboratorio. Durante gli episodi acuti di solito è presente l’ipoglicemia. Le concentrazioni plasmatiche e urinarie di chetoni risultano eccessivamente ridotte (ipoglicemia ipochetonica), causando, per la relativa ipochetonemia, un’acidemia assente o minima. I test della funzione epatica rivelano un’anomala elevazione degli enzimi epatici (ALT, AST), un aumento dell’ammoniemia nel sangue e un tempo prolungato di protrombina e di tromboplastina parziale. Nel corso dell’attacco acuto, la biopsia epatica mostra steatosi micro o macrovescicolare, dovuta all’accumulo di trigliceridi. Durante i periodi di digiuno o di malattia acuta, i profili urinari degli acidi grassi, ottenuti mediante gas-cromatografia/spettrometria di massa, rivelano concentrazioni insolitamente ridotte di chetoni ed elevati livelli di acidi dicarbossilici a catena media (acido adipico, suberico e sebacico), che derivano dalla omega ossidazione microsomale e perossisomale degli acidi grassi. Le concentrazioni plasmatiche e tissutali di carnitina totale sono ridotte del 25-50% rispetto al normale, mentre è aumentata la frazione di carnitina esterificata. Questo deficit di carnitina secondario si evidenzia in quasi tutti i difetti di ossidazione degli acidi grassi e riflette la competizione tra l’aumento dei livelli di acilcarnitina e il trasporto della carnitina libera verso la membrana plasmatica. Eccezioni significative a questa regola sono rappresentate dai deficit del trasportatore della carnitina attraverso la membrana plasmatica CPT-IA e della -idrossi--metilglutaril CoA (HMG CoA) sintasi. 23-09-2008 11:52:03 590 ■ PARTE X ■ Malattie metaboliche TABELLA 86-1. Difetti dell’ossidazione degli acidi grassi: caratteristiche cliniche e biochimiche DIFETTO ENZIMATICO GENE FENOTIPO CLINICO Trasportatore della carnitina OCTN2 Trasportatore degli acidi grassi a catena lunga FATP1-6 Carnitina palmitoil trasferasi-I CPT-I Carnitina traslocasi Carnitina palmitoil trasferasi-II CACT CPT-II Acil CoA deidrogenasi a catena corta SCAD Acil CoA deidrogenasi a catena media MCAD Acil CoA deidrogenasi a catena molto lunga VLCAD ETF deidrogenasi* ETF-DH Flavoproteina di trasporto degli elettroni* ␣-ETF Flavoproteina di trasporto degli elettroni* -ETF L-3-idrossiacil CoA deidrogenasi a catena corta SCHAD L-3-idrossiacil CoA deidrogenasi a catena lunga LCHAD Proteina mitocondriale trifunzionale MTP 3-Chetoacil-CoA tiolasi a catena lunga LKAT 2,4-Dienoil-CoA reduttasi DECR1 HMG CoA sintetasi HMGCS2 HMG CoA liasi HMGCL Cardiomiopatia, miopatia scheletrica, malattia epatica, morte improvvisa, fibroelastosi ↓ Carnitina totale e libera, acilcarnitine normali, acilglicine e acidi endocardiaca. Screening prenatale e neonatale possibile organici Rara insufficienza epatica acuta dell’infanzia che richiede il trapianto di fegato Riduzione intracellulare di acidi grassi C14, C18, riduzione dell’ossidazione degli acidi grassi Insufficienza epatica, miopatia scheletrica, tubulopatia renale, morte improvvisa Carnitina normale o libera ↑, acilcarnitine, acilglicine e acidi organici del lattante. Screening prenatale e neonatale possibile. La preeclampsia materna normali e l’associazione con la sindrome HELLP sono state descritte in alcuni casi Insufficienza epatica progressiva cronica, persistente ↑ NH2, cardiomiopatia ipertrofica Carnitina normale o libera ↓, anomalo profilo dell’acilcarnitina Esordio precoce o ritardato. Insufficienza epatica, encefalopatia, cardiomiopatia, Carnitina normale o libera ↓, anomalo profilo dell’acilcarnitina rene cistico. Screening neonatale possibile Presentazione da benigna a grave, malattia encefalopatica, miopatia progressiva. Carnitina normale o libera ↓, elevazione dell’acido etilmalonico Screening neonatale possibile. La preeclampsia materna e l’associazione nelle urine, profilo dell’acilcarnitina insolitamente elevato con la sindrome HELLP sono state descritte in alcuni casi Ipoglicemia, encefalopatia epatica, morte improvvisa. Screening neonatale possibile. Carnitina normale o libera ↓, acilglicina plasmatica ↑, acidi grassi La preeclampsia materna e l’associazione con la sindrome HELLP sono state C6-C10 liberi, acil carnitina C8-C10 ↑ descritte in rari casi Cardiomiopatia dilatatoria, aritmia, ipoglicemia, steatosi epatica. Esordio tardivo, Carnitina normale o libera ↓, acil carnitina plasmatica C14:1 C14 ↑, rabdomiolisi indotta da stress, miopatia episodica. Diagnosi prenatale e neonatale acidi grassi plasmatici liberi C10 possibile Ipoglicemia non chetotica a digiuno, anomalie congenite, forme lievi di malattia Carnitina normale o libera ↓, aumento del rapporto tra acil carnitina epatica, cardiomiopatia, miopatia scheletrica e carnitina libera, acil carnitina ↑, acidi organici e acilglicine nelle urine Ipoglicemia non chetotica a digiuno, anomalie congenite, malattia epatica, Carnitina normale o libera ↓, aumento del rapporto tra acil carnitina cardiomiopatia, miopatia scheletrica e carnitina libera, acil carnitina ↑, acidi organici e acilglicine nelle urine Ipoglicemia a digiuno, anomalie congenite, malattia epatica, cardiomiopatia, Carnitina normale o libera ↓, aumento del rapporto tra acil carnitina miopatia scheletrica e carnitina libera, acil carnitina ↑, acidi organici e acilglicine nelle urine Ipoglicemia, iperinsulinemia, cardiomiopatia, miopatia. Screening neonatale possibile Carnitina normale o libera ↓, elevazione degli acidi grassi, acilcarnitine anomale nel plasma, acidi organici anomali nelle urine Screening neonatale possibile. Preeclampsia materna, sindrome HELLP Carnitina normale o libera ↓, aumento del rapporto tra acil carnitina e associazione con AFLP descritte di frequente e carnitina libera, acidi grassi liberi ↑, carnitine C16-OH e C18-OH Grave miopatia cardiaca e scheletrica, ipoglicemia, acidosi, morte improvvisa Carnitina normale o libera ↓, aumento del rapporto tra acil carnitina per iper NH3, aumento degli enzimi epatici, retinopatia. Preeclampsia materna, e carnitina libera, acidi grassi liberi ↑, carnitina C16-OH e C18-OH ↑ sindrome HELLP e associazione con AFLP descritte di frequente Grave presentazione neonatale, ipoglicemia, acidosi, creatina chinasi ↑, Carnitina normale o libera ↓, aumento del rapporto tra acil cardiomiopatia, neuropatia, morte precoce. Esordio tardivo con miopatia. carnitina e carnitina libera, acidi grassi liberi ↑, 2-trans, 4-cis Preeclampsia materna, frequente associazione con sindrome HELLP decadienoilcarnitina ↑ Soltanto un paziente descritto, ipotonia neonatale, grave miopatia scheletrica, Carnitina normale o libera ↓, rapporto tra acil carnitina e carnitina insufficienza respiratoria. Ipoglicemia rara libera ↑, acidi organici e acilglicine normali Ipochetosi e ipoglicemia, raramente miopatia Acidi grassi elevati nel plasma, studi enzimatici su fibroblasti diagnostici Ipochetosi e ipoglicemia, raramente miopatia Carnitina normale o libera ↑, carnitina C5-OH e metilglutaril carnitina ↑, studi enzimatici su fibroblasti diagnostici REPERTI DI LABORATORIO * Nota anche con il nome di acidemia glutarica di tipo II. HELLP, emolisi, enzimi epatici elevati, piastrine ridotte. Da Shekhawat PS, Matern D, Strauss AW: Fetal fatty oxidation disorders, their effect on maternal health and neonatal outcome: Impact os expanded newborn screening on their diagnosis and managment. Pediatr Res 2005;57:78R-84R. I marker diagnostici includono l’aumento plasmatico delle specie di acilcarnitina C8:0, C10:0 e C10:1 e l’aumento dei livelli urinari di acilglicine come essanoil-, suberil- e 3-fenilpropionil glicina. I programmi di screening neonatale che utilizzano la spettrometria di tandem massa riescono a diagnosticare i bambini presintomatici segnalando la presenza di acilcarnitine anomale su sangue absorbito su carta bibula. In molti casi, la diagnosi può essere confermata individuando la comune mutazione A985G. Un’altra mutazione frequente, T199C, è stata documentata in neonati con particolari acilcarnitine, anche se stranamente questo allele non è stato mai riscontrato in pazienti MCAD sintomatici, per cui è ipotizzabile che si tratti di una mutazione lieve. Trattamento. La malattia acuta deve essere trattata tempestivamente mediante l’iniezione endovenosa di una soluzione contenente il 10% di destrosio, allo scopo di prevenire l’ipoglicemia e interrompere il più rapidamente possibile la lipolisi (vedi Capitolo 92). La terapia a lungo termine consiste nell’evitare di restare a digiuno per un periodo superiore a 10-12 ore, adattando quindi le proprie abitudini anche per la notte. La possibilità di ridurre l’apporto di grassi e di assumere un’integrazione di carnitina è controversa. 84-92ANA.indd 590 La necessità di un intervento terapeutico attivo in individui con mutazione T199C resta da stabilire. Prognosi. La mortalità dei pazienti che non hanno ricevuto una diagnosi raggiunge il 25% nel corso del primo attacco acuto. Dall’anamnesi risulta spesso il precedente decesso di un fratello in seguito a MCAD non riconosciuto. Durante un attacco di grave ipoglicemia, alcuni soggetti possono sviluppare una lesione cerebrale permanente. La prognosi in chi sopravvive senza sviluppare lesioni cerebrali è eccellente, perché il deficit di MCAD non provoca debolezza muscolare né miocardiopatia. La tolleranza al digiuno migliora con l’età, mentre i rischi di malattia decrescono. Circa il 50% dei pazienti colpiti non ha mai sperimentato un episodio acuto, per cui è importante sottoporre a test gli eventuali fratelli dei soggetti colpiti, per evidenziare altri membri della famiglia possibilmente asintomatici. DEFICIT DELLA COA DEIDROGENASI A CATENA MOLTO LUNGA (VLCAD). Il deficit di VLCAD (Very Long Chain Acyl Dehydrogenase) veniva definito semplicemente di LCAD prima della scoperta della VLCAD legata alla membrana mitocondriale inter- 23-09-2008 11:52:03 ■ Capitolo 86 Difetti del metabolismo lipidico ■ 591 Acido grasso a catena lunga (C16 palmitato) Carnitina Acido grasso a catena media Membrana plasmatica OCTN2 Trasportatore ? Acil CoA libero a catena lunga carnitina Citosol CPT I CICLO DELLA CARNITINA Catena respiratoria LC acilcarnitina TRANS -OSSIDAZIONE A CATENA BREVE E MEDIA e LC acilcarnitina Enoil CoA ETF-DH ETF Idratasi 3-OH-ACD SCHAD Ciclo della TCA VLCAD LCAD ETF Tiolasi Acetil CoA ETF-DH C14-C10 Acil 2,3 (C16-10) CoA Enoil CoA 3-Chetoacil CoA Membrana mitocondriale interna HMG-CoA sintasi Leucina HMG CoA HMG CoA liasi Acetoacetato Membrana mitocondriale esterna CPT II LC acil CoA grasso MCAD SCAD C8-4 Acil CoA 3-Idrossacil CoA Carnitina TFP -OSSIDAZIONE A CATENA LUNGA -idrossibutirrato SINTESI DEI CHETONI Figura 86-1. Ossidazione mitocondriale degli acidi grassi. La carnitina entra nella cellula grazie all’azione del trasportatore di carnitina/cationi organici (OCTN2). Il palmitato, un tipico acido grasso a 16 atomi di carbonio, è trasportato attraverso la membrana plasmatica e può essere attivato per formare un acil coenzima A (CoA) a catena lunga (LC). Entra poi nel ciclo della carnitina, dove viene transesterificato dalla carnitina plamitoiltrasferasi I (CPT-1), traslocato attraverso la membrana mitocondriale interna dalla carnitina/acilcarnitina traslocasi (TRANS), e infine riconvertito in acil CoA grasso a catena lunga dalla carnitina palmitotrasferasi II (CPT II), per essere sottoposto a -ossidazione. L’acil CoA deidrogenasi a catena molto lunga (VLCAD/LCAD) conduce alla produzione di (C16-10) 2,3 enoil CoA. La proteina trifunzionale (TFP) contiene le attività di enoil CoA idratasi (idratasi), 3-OH-idrossiacil CoA deidrogenasi (3-0H-ACD) e -chetotiolasi (tiolasi). Sono prodotte acetil CoA, FADH e NADH. Gli acidi grassi a catena media e breve (C8-4) possono entrare nella matrice mitocondriale indipendentemente dal ciclo della carnitina. Sono richieste acil CoA deidrogenasi a catena media (MCAD), acil CoA deidrogenasi a catena corta (SCAD) e idrossi acil CoA deidrogenasi a catena corta (SCHAD). L’acetil CoA può quindi entrare nel ciclo di Krebs (TCA). Gli elettroni sono trasportati da FADH alla catena respiratoria mediante la flavoproteina che trasferisce elettroni (ETF) e la flavoproteina che trasferisce elettroni deidrogenasi (ETF-DH). La NADH entra nella catena di trasporto degli elettroni attraverso il complesso I. L’acetil CoA può essere convertita in idrossimetilglutaril (HMG) CoA mediante la -idrossi--metilglutaril CoA sintasi (HMG CoA sintasi) e poi nel corpo chetonico acetoacetato mediante l’azione di -idrossi--metilglutaril CoA liasi (HMG CoA liasi). na. Tutti i pazienti in precedenza diagnosticati come affetti da carenza di LCAD hanno quindi un deficit dell’enzima VLCAD. L’esistenza di pazienti con deficit isolato di LCAD non è mai stata documentata e il ruolo della LCAD nell’ossidazione degli acidi grassi resta da chiarire. I pazienti con carenza di VLCAD risultano solitamente più gravi di quelli con deficit di MCAD, tendono a divenire sintomatici più precocemente e manifestano maggiori problemi cronici (debolezza muscolare o episodi di dolore muscolare e rabdomiolisi). Durante gli attacchi acuti associati al digiuno può essere presente la miocardiopatia. Talvolta il ventricolo sinistro appare ipertrofico o dilatato e mostra scarsa contrattilità all’ecocardiografia. Si sono verificati numerosi casi di morte improvvisa durante un attacco acuto, ma i pazienti che sopravvivono all’episodio vanno incontro a un miglioramento (inclusa la normalizzazione della funzione cardiaca). Gli altri risultati degli esami obiettivo e di laboratorio sono simili a quelli riscontrati nel deficit di MCAD, inclusa la carenza secondaria di carnitina. Il profilo urinario degli acidi grassi mostra aciduria dicarbossilica nonchetotica e nelle urine può anche essere notato 84-92ANA.indd 591 un aumento dei livelli degli acidi dicarbossilici C6-12. La diagnosi è talvolta suggerita da un anomalo profilo dell’acilcarnitina, con presenza nel plasma o nel sangue adbsorbito su carta bibula di acilcarnitina C14:1, 14:0, ma la diagnosi specifica richiede l’esame dell’attività enzimatica della VLCAD su colture di fibroblasti oppure l’analisi mutazionale diretta del gene per VLCAD. Il trattamento si basa in primo luogo sull’evitare il digiuno per periodi superiori a 10-12 ore, quindi in alcuni pazienti risulta utile l’alimentazione intragastrica continua. DEFICIT DELL’ACIL COA DEIDROGENASI A CATENA BREVE (SCAD). È stato segnalato un numero ristretto di soggetti, con fenotipo variabile, che presenta due chiare mutazioni nulle del gene per la SCAD (Short-Chain Acyl Dehydrogenase). Nella maggior parte dei pazienti con diagnosi di deficit della SCAD si riscontrano polimorfismi del DNA del gene per la SCAD e una elevata attività residua. I due polimorfismi più comuni sono G185S e R147W, che sono ritenuti attualmente cambiamenti della suscettibilità che richiedono una seconda mutazione genetica, ancora 23-09-2008 11:52:03 592 ■ PARTE X ■ Malattie metaboliche Palmitato C15 CO CoA CPT-1 C15 CO carnitina Membrana mitocondriale interna TRANS Ciclo della carnitina C15 CO carnitina CPT-2 Trasporto di elettroni C15 CO CoA Catena ETF-DH ETF FAD di trasporto FADH2 degli elettroni R CH2 CH ACD CH CO CoA Idratasi R CH2 CHOH CH NAD NADH R CH2 3 CHO Acetil CoA CO CoA Ciclo di -ossidazione OH ACD CH2 CO CoA Tiolasi C13 CO CoA Acetil CoA C11 CO CoA Acetil CoA C9 CO CoA Acetil CoA C7 CO CoA Acetil CoA C5 CO CoA Acetil CoA C3 CO CoA Acetil CoA Acetil CoA HMG CoA sintasi Leucina bolica. I segni neurologici sono spesso presenti, ma gli individui con la forma lieve della malattia possono essere asintomatici. La diagnosi è suggerita dall’elevazione del livello di butirilcarnitina su sangue adsorbito su carta bibula o plasma e dall’aumento dell’escrezione nelle urine di acido etilmalonico e butirilglicina. Tali anomalie metaboliche sono particolarmente pronunciate in pazienti con mutazioni nulle, ma sono presenti anche in soggetti omozigoti per il polimorfismo. La conferma della diagnosi richiede l’analisi della mutazione. Alcune delle caratteristiche cliniche suggeriscono una sindrome tossica, dovuta forse all’accumulo di metaboliti degli acidi grassi a catena corta. In un paziente è stata segnalata una chetogenesi normale, ciò che implica l’assenza del coinvolgimento dell’ossidazione degli acidi grassi a catena lunga. Il trattamento consiste nell’evitare il digiuno e ridurre l’apporto dietetico di grassi. Idrossimetilglutaril CoA Sintesi dei chetoni HMG CoA liasi Acetoacetato DEFICIT DI 3-IDROSSIACIL COA DEIDROGENASI (LCHAD) A CATENA LUNGA/PROTEINA TRIFUNZIONALE MITOCONDRIALE (TFP). Il deficit di LCHAD (Long-Chain 3-Hydroxyacyl Dehydrogenase) costituisce la seconda più comune forma di difetto dell’ossidazione degli acidi grassi. L’enzima LCHAD è parte della proteina trifunzionale mitocondriale (TFP, TriFunctional Protein), che contiene anche enoil CoA idratasi a catena lunga e -chetotiolasi a catena lunga. Si tratta di una proteina etero-octamerica composta dalle catene 4 e 4, che derivano da geni contigui distinti, con una regione promoter comune. In alcuni pazienti è colpita soltanto l’attività LCHAD della TFP (deficit di LCHAD), mentre altri presentano carenze in tutte e tre le attività (deficit di TFP). Le manifestazioni cliniche includono attacchi acuti di ipoglicemia ipochetotica, simili a quelli riscontrati nel deficit di MCAD. I pazienti mostrano spesso sintomi gravi, come miocardiopatia, crampi e debolezza muscolare e anomalie della funzione epatica (colestasi). L’effetto tossico dei metaboliti degli acidi grassi può produrre retinopatia pigmentosa, insufficienza epatica progressiva, neuropatia periferica e rabdomiolisi. In madri eterozigoti con un feto omozigote colpito da deficit di LCHAD/TFP sono state segnalate complicanze ostetriche potenzialmente mortali: fegato grasso acuto della gravidanza, emolisi, aumento degli enzimi epatici e sindrome da riduzione delle piastrine (HELLP). La morte improvvisa del lattante è un’evenienza frequente. La diagnosi è suggerita dagli elevati livelli plasmatici o su sangue adsorbito su carta bibula di 3-idrossi acilcarnitina a catena lunga C16-C18. Il profilo urinario degli acidi organici può rivelare un incremento dei livelli degli acidi 3-idrossidicarbossilici a catena lunga C6-C14. Il deficit secondario di carnitina è comune. In circa il 60% dei pazienti con deficit di LCHAD si riscontra una mutazione che coinvolge la sottounità , E474Q, la quale, se presente nel feto, è significativamente associata a complicanze ostetriche, sebbene sia probabile che altre mutazioni in entrambe le sottounità abbiano un ruolo nella malattia materna. Il trattamento è simile a quello per deficit di MCAD o LCAD/ VLCAD e prevede essenzialmente di evitare il digiuno. Alcuni ricercatori hanno suggerito l’utilità di integrare la dieta con olio contenente trigliceridi a catena media e acido docosaesaenoico. Il trapianto di fegato non migliora le anomalie metaboliche. -idrossibutirrato Figura 86-2. Via dell’ossidazione mitocondriale del palmitato, un tipico acido grasso a catena lunga (16 atomi di carbonio). Gli enzimi dei diversi passaggi includono carnitina palmitoiltrasferasi (CPT) 1 e 2, carnitina/acilcarnitina traslocasi (TRANS), flavoproteina che trasferisce elettroni (ETF), ETF deidrogenasi (ETF-DH), acil CoA deidrogenasi (ACD), enoil CoA idratasi (idratasi), 3-idrossi-acil CoA deidrogenasi (3-OH-ACD), -chetotiolasi (tiolasi), -idrossi-B-metilglutaril CoA (HGM CoA) sintasi e liasi. sconosciuta, per esprimere un fenotipo clinico. Questi pazienti non presentano ipoglicemia ipochetotica. La miopatia scheletrica sembra predominante, ma non è stato ancora identificato un fenotipo clinico coerente. Alcuni presentano grave acidosi meta- 84-92ANA.indd 592 DEFICIT DI 3-IDROSSIACIL-COA DEIDROGENASI A CATENA CORTA (SCHAD). Sono stati descritti pochissimi pazienti con questo errore congenito e soltanto in cinque casi è stato possibile documentare la presenza di mutazioni della SCHAD (Short-Chain 3-Hydroxyacyl Dehydrogenase). In quattro pazienti provenienti da tre famiglie con mutazioni recessive della SCHAD, la malattia si era presentata con episodi di ipoglicemia ipochetotica dovuti a iperinsulinismo. A differenza dei pazienti con altre forme di difetti di ossidazione degli acidi grassi, questi casi richiedono una specifica terapia per l’iperinsulinemia, per evitare ipoglicemia ricorrente. Nel quinto caso, un bambino eterozigote composto per due differenti mutazioni SCHAD, la malattia si era presentata all’età di 10 anni con una insufficienza epatica fulminante. Altri casi documentati includono: un bambino con attacchi di ipoglicemia 23-09-2008 11:52:03 Capitolo 86 a digiuno e mioglobinuria associata a deficit della SCHAD nei muscoli ma non in colture di fibroblasti; tre bambini con malattia epatica fatale e un lattante deceduto improvvisamente. Questo fenotipo variabile può essere dovuto a eterogeneità genetica. Finora non sono stati individuati specifici marker metabolici del deficit di SCHAD, perciò la diagnosi è particolarmente difficile da stabilire. DIFETTI DEL CICLO DELLA CARNITINA DIFETTO DEL TRASPORTO DELLA CARNITINA ATTRAVERSO LA MEMBRANA PLASMATICA (DEFICIT DI CARNITINA PRIMITIVO). Il deficit di carnitina primitivo è il solo difetto genetico in cui la carenza di carnitina è la causa, piuttosto che la conseguenza, della compromissione dell’ossidazione degli acidi grassi. Nella maggior parte dei casi la malattia si presenta a 1-4 anni di età, con miocardiopatia progressiva associata o meno a debolezza muscolare scheletrica. In una percentuale inferiore di pazienti, la presentazione è con ipoglicemia ipochetotica a digiuno nel primo anno di vita, prima che la miocardiopatia divenga sintomatica. Il difetto responsabile coinvolge il trasportatore della carnitina attraverso la membrana plasmatica che sfrutta il gradiente del sodio, presente nel cuore, nei muscoli e nei reni. Questo trasportatore è responsabile del riassorbimento renale della carnitina e del mantenimento della sua concentrazione intracellulare, da 20 a 50 volte superiore alla concentrazione plasmatica. La diagnosi di difetto del trasporto della carnitina è facilitata dalla presenza nel plasma e nei muscoli dei pazienti di livelli estremamente ridotti di carnitina (1-2% del normale). I genitori eterozigoti presentano livelli palsmatici di carnitina pari al 50% del normale. La chetogenesi a digiuno può risultare normale, perché il trasporto della carnitina nel fegato è regolare, ma può essere alterata dall’interruzione dell’assunzione di carnitina nella dieta. Il profilo urinario degli acidi grassi può rivelare dicarbossilicaciduria ipochetotica in presenza di compromissione dell’ossidazione degli acidi grassi epatici, ma è normale in tutti gli altri casi. Il difetto del trasporto della carnitina può essere dimostrato clinicamente dalla grave riduzione della soglia renale della carnitina, oppure in vitro dalla misura dell’uptake della carnitina su fibroblasti o linfoblasti in coltura. Le mutazioni del trasportatore di carnitina/cationi organici (OCTN2) sono alla base del disturbo. Il trattamento con dosi farmacologiche di carnitina orale (100-200 mg/kg/die) è estremamente efficace nel correggere la miocardiopatia e la debolezza muscolare, nonché eventuali disturbi della chetogenesi a digiuno. Durante il trattamento, la concentrazione totale di carnitina nei muscoli resta 5% rispetto al normale. DEFICIT DI CARNITINA PALMITOILTRASFERASI-IA (CPT-IA). Il deficit epatico e renale dell’isozima CPT-IA è stato documentato in dozzine di bambini. Le manifestazioni cliniche includono ipoglicemia ipochetotica a digiuno con occasionale anomalo aumento della funzione epatica e, più raramente, acidosi tubulare renale. Cuore e muscolatura scheletrica non sono coinvolti, perché l’isozima dei muscoli non è colpito. Il profilo urinario degli acidi grassi a digiuno rivela dicarbossilicaciduria C6-C12 ipochetotica. L’analisi dell’acilcarnitina plasmatica segnala prevalentemente carnitina libera e una ridotta percentuale di carnitina acilata. Questa osservazione ha consentito la formulazione della diagnosi di CPT-IA, in seguito a screening neonatale mediante spettrometria di tandem massa. Il deficit di CPT-IA è l’unico difetto dell’ossidazione degli acidi grassi in cui il livello totale di carnitina risulta aumentato fino al 150-200% oltre il normale. Questo reperto può essere spiegato dall’assenza degli effetti inibitori delle acilcarnitine a catena lunga sul trasportatore della carnitina nei tubuli renali. La presenza del deficit enzimatico può essere dimostrata su colture di fibroblasti o linfoblasti. In un caso documentato, il deficit di CPT-IA nel feto è stato collegato a steatosi epatica acuta della gravidanza nella madre. Il trattamento è analogo a quello per il deficit di MCAD e prevede 84-92ANA.indd 593 ■ Difetti del metabolismo lipidico ■ 593 essenzialmente di evitare le situazioni che rendono necessaria la chetogenesi durante il digiuno. DEFICIT DI CARNITINA-ACILCARNITINA TRASLOCASI (CACT). Questo difetto della proteina di trasporto attraverso la membrana mitocondriale interna delle acilcarnitine blocca l’entrata degli acidi grassi a catena lunga nei mitocondri per l’ossidazione. Il fenotipo clinico di questo disturbo determina una compromissione grave e generalizzata dell’ossidazione degli acidi grassi. Nella maggior parte dei neonati la malattia si presenta con attacchi di ipoglicemia indotti dal digiuno, iperammoniemia e collasso cardiorespiratorio. Tutti i neonati sintomatici mostrano miocardiopatia e debolezza muscolare. Sono stati identificati anche diversi pazienti con deficit parziale di traslocasi, che sviluppano una forma più lieve della malattia, senza coinvolgimento cardiaco. Non è stata evidenziata la presenza di specifici acidi organici nel plasma o nelle urine, ma si segnala un aumento dei livelli plasmatici di acilcarnitine a catena lunga. La diagnosi può essere stabilita su fibroblasti o linfoblasti in coltura. Il gene umano è stato clonato e nei pazienti colpiti sono state individuate mutazioni. Il trattamento è simile a quello raccomandato per gli altri difetti dell’ossidazione degli acidi grassi. DEFICIT DI CARNITINA PALMITOILTRASFERASI-II (CPT-II). Sono state descritte tre forme di deficit di CPT-II. La presentazione prenatale di questo disturbo è associata a grave deficit enzimatico e la mortalità neonatale è elevata in presenza di reni displasici, malformazioni cerebrali e lievi anomalie faciali. Anche la forma a esordio infantile si associa a un grave deficit dell’attività enzimatica e presenta le stesse caratteristiche cliniche e di laboratorio del deficit di CACT. Una forma più lieve si può manifestare invece in età adulta, con rabdomiolisi episodica. Il primo episodio solitamente non si verifica prima della tarda infanzia o dell’adolescenza. Gli attacchi possono essere scatenati dall’esercizio prolungato. È presente dolore muscolare e la mioglobinuria può essere talmente grave da causare insufficienza renale. I livelli sierici di creatinina chinasi risultano aumentati fino a 5000-100 000 U/L. L’ipoglicemia a digiuno non è stata segnalata, ma il digiuno può contribuire agli attacchi di mioglobinuria. La biopsia muscolare mostra un aumento della deposizione di grassi neutri. La presentazione miopatica del deficit della CPT-II è associata alla comune mutazione S113L. Una forma intermedia di CPT-II si può avere nella prima infanzia con insufficienza epatica indotta dal digiuno, miocardiopatia e miopatia scheletrica con ipoglicemia ipochetotica, ma questa forma non causa le gravi alterazioni dello sviluppo della forma a esordio neonatale. Questo quadro clinico è simile a quello riscontrato in caso di deficit della VLCAD e prevede un trattamento identico. I pazienti sono solitamente eterozigoti per una delle mutazioni gravi e per una di quelle lievi. La diagnosi di tutte le forme di deficit di CTP-II può essere formulata dimostrando il deficit dell’attività enzimatica nei muscoli o in altri tessuti oppure su colture di fibroblasti. È disponibile l’analisi della mutazione. DIFETTI DELLA VIA DI TRASPORTO DEGLI ELETTRONI DEFICIT DELLA FLAVOPROTEINA DI TRASFERIMENTO DEGLI ELETTRONI (ETF) E DELLA FLAVOPROTEINA DEIDROGENASI DI TRASFERIMENTO DEGLI ELETTRONI (EFT-DH) (ACIDURIA GLUTARICA DI TIPO 2, DEFICIT MULTIPLO DELLA ACIL COA DEIDROGENAZIONE). L’ETF (Electron Transfer Flavoprotein) e l’ETF-DH funzionano trasferendo elettroni nella catena di trasporto mitocondriale degli elettroni da reazioni di deidrogenazione catalizzate da VLCAD, MCAD e SCAD, oltre che dalla glutaril CoA deidrogenasi e almeno quattro enzimi coinvolti nell’ossidazione di amminoacidi a catena ramificata. I deficit di ETF e ETF-DH determinano un quadro patologico che combina le caratteristiche della compromissione dell’ossidazione degli acidi grassi e quelle dell’ossidazione di diversi altri amminoacidi. Il deficit completo di una delle 23-09-2008 11:52:03 594 ■ PARTE X ■ Malattie metaboliche due proteine è associato a grave malattia nel periodo neonatale, caratterizzata da acidosi, ipoglicemia, coma, ipotonia, miocardiopatia e un insolito odore di piedi sudati dovuto all’inibizione dell’isovaleril CoA deidrogenasi. Alcuni neonati colpiti presentano dismorfia facciale e reni policistici simili a quelli osservati nelle forme gravi di deficit di CPT-II; ciò suggerisce che gli effetti tossici dei metaboliti accumulati si verifichino già in utero. La diagnosi può essere formulata sulla base del profilo degli acidi organici urinari, che mostra anomalie corrispondenti al blocco dell’ossidazione degli acidi grassi (etilmalonato e acidi dicarbossilici C6-C10), della lisina (glutarato) e degli amminoacidi a catena ramificata (isovaleril-, isobutiril- e -metilbutiril-glicina). La maggior parte dei bambini colpiti gravemente non sopravvive al periodo neonatale. Il deficit parziale di ETF e ETF-DH causa un disturbo che mima le caratteristiche del deficit MCAD o di altri difetti più lievi dell’ossidazione degli acidi grassi. Questi pazienti presentano attacchi di coma ipochetotico da digiuno. Il profilo urinario degli acidi organici rivela un’elevazione primaria degli acidi dicarbossilici e dell’etilmalonato, derivati dagli intermedi degli acidi grassi a catena breve. È presente un deficit secondario della carnitina. Alcuni pazienti con le forme lievi di deficit di ETF/ETF-DH traggono giovamento dal trattamento con dosi elevate di riboflavina, cofattore della via per il trasferimento degli elettroni. DIFETTI DELLA VIA DELLA SINTESI CHETONICA DEFICIT DI -IDROSSI--METILGLUTARIL COA (HMG COA) SINTASI. La HMG CoA sintasi costituisce la tappa che limita la conversione di acetil CoA derivato dalla -ossidazione (nel fegato) degli acidi grassi in chetoni. Diversi pazienti con questo difetto sono stati identificati di recente. La malattia si presenta con ipoglicemia ipochetotica a digiuno, in assenza di segni di compromissione cardiaca o della muscolatura scheletrica. Il profilo urinario degli acidi organici mostra solo una lieve aciduria ipochetotica dicarbossilica. A differenza di tutti gli altri difetti dell’ossidazione degli acidi grassi, i livelli plasmatici e tissutali di carnitina sono normali. Una differente sintasi, presente nel citosol per la biosintesi del colesterolo, non risulta colpita. Il difetto dell’HMG CoA sintasi è espresso solo nel fegato e non può essere dimostrato su colture di fibroblasti. Il gene è stato clonato ed è stato possibile descrivere le mutazioni dei pazienti affetti. Evitare il digiuno costituisce di solito un trattamento efficace. DEFICIT DI -IDROSSI--METILGLUTARIL COA LIASI. Vedi Capitolo 85.6. DIFETTI DELL’UTILIZZO DEI CHETONI I chetoni -idrossibutirato e acetoacetato sono i prodotti terminali dell’ossidazione degli acidi grassi epatici e costituiscono un’importante fonte di substrati metabolici per il cervello durante i periodi di digiuno. Due difetti dell’utilizzo dei chetoni nel cervello e in altri tessuti periferici si presentano con episodi di coma “iperchetotico”, con o senza ipoglicemia. DEFICIT DI SUCCINIL-COA:3-CHETOACIDO COA TRASFERASI (SCOT). Sono stati segnalati diversi pazienti con deficit di SCOT. La presentazione caratteristica avviene nel lattante, con ricorrenti episodi di grave chetoacidosi indotta dal digiuno. Tuttavia, le anomalie dell’acilcarnitina plasmatica e degli acidi organici nelle urine non consentono di distinguere questa patologia dalle altre cause di chetoacidosi. Il trattamento degli episodi richiede l’infusione di glucosio e di grandi quantità di metaboliti, fino alla stabilizzazione metabolica. Tutti i pazienti manifestano un’anomala iperchetonemia, anche tra episodi catabolici. La SCOT è responsabile dell’attivazione dell’acetoacetato nei tes- 84-92ANA.indd 594 suti periferici, poiché utilizza il succinil CoA come donatore per formare acetoacetil CoA. Il deficit di attività può essere dimostrato nel cervello, nei muscoli e nei fibroblasti dei pazienti colpiti. Il gene è stato clonato e sono state descritte diverse mutazioni. DEFICIT DELLA -CHETOTIOLASI. Vedi Capitolo 85.6. Andresen BS, Dobrowolski SF, O’Reilly L, et al: Medium-chain acyl-CoA dehydrogenase (MCAD) mutations identified by MS/MS-based prospective screening of newborns differ from those observed in patients with clinical symptoms: Identification and characterization of a new, prevalent mutation that results in mild MCAD deficiency. Am J Hum Genet 2001;68:1408–1418. Bonnefont JP, Djouadi F, Prip-Buus C, et al: Carnitine palmitoyltransferases 1 and 2: Biochemical, molecular and medical aspects. Mol Aspects Med 2004;25:495–520. Clayton PT, Eaton S, Aynsley-Green A, et al: Hyperinsulinism in short-chain L-3-hydroxyacyl-CoA dehydrogenase deficiency reveals the importance of beta-oxidation in insulin secretion. J Clin Invest 2001;108:457–465. Den Boer MEJ, Dionisi-Vici C, Chakrapani A, et al: Mitochondrial trifunctional protein deficiency: A severe fatty acid oxidation disorder with cardiac and neurologic involvement. J Pediatr 2003;142:s684–s688. Den Boer MEJ, Wanders RJA, Morris AAM, et al: Long-chain 3-hydroxyacylCoA dehydrogenase deficiency: Clinical presentation and follow-up of 50 patients. Pediatrics 2002;109:99–104. Elpeleg ON, Hammerman C, Saada A, et al: Antenatal presentation of carnitine palmitoyltransferase II deficiency. Am J Med Genet 2001;102:183–187. Fukao T, Mitchell GA, Song XQ, et al: Succinyl-CoA:3-ketoacid CoA transferase (SCOT): Cloning of the human SCOT gene, tertiary structural modeling of the human SCOT monomer, and characterization of three pathogenic mutations. Genomics 2000;68:144–151. Gregersen N, Andresen BS, Corydon MJ, et al: Mutation analysis in mitochondrial fatty acid oxidation defects: Exemplified by acyl-CoA dehydrogenase deficiencies, with special focus on genotype-phenotype relationship. Hum Mutat 2001;18:169–189. Klose DA, Kolker S, Heinrich B, et al: Incidence and short-term outcome of children with symptomatic presentation of organic acid and fatty acid oxidation disorders in Germany. 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Yang Z, Yamada J, Zhao Y, et al: Prospective screening for pediatric mitochondrial protein defects in pregnancies complicated by liver disease. JAMA 2002;288:2163–2166. 86.2 • DIFETTI DEGLI ACIDI GRASSI A CATENA MOLTO LUNGA • Hugo W. Moser DIFETTI PEROSSISOMALI Questi difetti geneticamente determinati sono causati o dall’impossibilità di formare oppure di mantenere il perossisoma o dal deficit della funzione di un singolo enzima normalmente localizzato in questo organello. Tali disturbi gravemente invalidanti sono molto più frequenti di quanto si ritenesse in passato e presentano un’ampia gamma di fenotipi. 23-09-2008 11:52:03 Capitolo 86 EZIOLOGIA. I difetti perossisomali sono suddivisi in due categorie principali (Tab. 86-2). La categoria A include i difetti della biogenesi perossisomale (PBD, Peroxisomal Biogenesis Disorders), il cui difetto di base consiste nell’impossibilità di importare una o più proteine in questo organello. Nella categoria B, il difetto coinvolge una singola proteina perossisomale. Il perossisoma è un organello subcellulare circondato da una membrana singola, presente in tutte le cellule fatta eccezione per gli eritroci maturi; sono stati identificati oltre 50 enzimi perossisomali diversi. Alcuni di questi sono coinvolti nella produzione e decomposizione di perossido di idrogeno, altri partecipano al metabolismo di lipidi e amminoacidi. La maggior parte degli enzimi perossisomali è sintetizzata nella sua forma matura su poliribosomi liberi e poi entra nel citoplasma. Le proteine destinate al perossisoma contengono specifiche sequenze segnale (PTS, Peroxisome Targeting Sequences). Nella maggior parte dei casi, le proteine della matrice perossisomale contengono PTS1, una sequenza di 3 amminoacidi nel terminale carbossilico. PTS2 è invece una sequenza amminica terminale fondamentale per l’importazione di enzimi coinvolti nel metabolismo del plasmalogeno e degli acidi grassi a catena ramificata. L’importazione di proteine prevede una complessa serie di reazioni, che coinvolgono almeno 23 proteine differenti, definite perossine, codificate dai geni PEX. Nella Tabella 86-3 sono riassunti i geni PEX deficitari negli stati patologici. ■ ■ Difetti del metabolismo lipidico 595 TABELLA 86-2. Classificazione dei difetti perossisomali A: DIFETTI DELL’IMPORTAZIONE DI PEROSSISOMI A1: Sindrome di Zellweger A2: Adrenoleucodistrofia neonatale A3: Malattia infantile di Refsum A4: Condrodisplasia puntata rizomelica B: DEFICIT DI UN SINGOLO ENZIMA PEROSSISOMALE B1: Adrenoleucodistrofia legata all’X B2: Deficit di acil CoA ossidasi B3: Deficit dell’enzima bifunzionale B4: Deficit di tiolasi perossisomale B5: Malattia di Refsum classica B6: Deficit di 2-metilacil CoA racemasi B7: Deficit di DHAP aciltransferasi B8: Deficit di alchil-DHAP sintasi B9: Aciduria mevalonica B10: Aciduria glutarica di tipo III B11: Iperossaluria di tipo I B12: Acatalasemia puntata, opacamento corneale, cataratta congenita e retinopatia, malattia cardiaca congenita e caratteristiche dismorfiche. PATOGENESI. È probabile che tutti i cambiamenti patologici siano secondari al difetto perossisomale. Nei PBD, diversi enzimi perossisomali smettono di funzionare (Tab. 86-4) e quelli assenti o presenti in numero ridotto, anche se sono sintetizzati normalmente, vengono tuttavia degradati più velocemente, perché non protetti al di fuori del perossisoma. Non è chiaro in che modo le funzioni perossisomali deficitarie determinino la vasta gamma di manifestazioni patologiche. I PBD, suddivisi in 12 gruppi di complementazione, sono associati a difetti di importazione geneticamente determinati. I difetti molecolari sono stati definiti in 10 di questi gruppi (vedi Tab. 86-3). Le caratteristiche e la gravità del quadro patologico variano sulla base della natura del difetto di importazione e del grado di compromissione di questa funzione. Tali difetti genetici causano patologie alle quali è stato attribuito un nome prima EPIDEMIOLOGIA. Fatta eccezione per le adrenoleucodistrofie legate all’X (X-ALD), tutti i difetti perossisomali elencati in Tabella 86-2 si trasmettono con modalità autosomica recessiva. X-ALD è il disturbo più comune, con un’incidenza stimata a 1/17 000. L’incidenza combinata degli altri disturbi perossisomali è di circa 1/50 000. ANATOMIA PATOLOGICA. L’assenza o la riduzione del numero di perossisomi è patognomonica per il difetto della biogenesi. Nella maggior parte dei disturbi si evidenzia la presenza dei cosiddetti “perossisomi fantasma”, sacche contenenti proteine integre di membrana perossisomale prive del normale complemento di proteine di matrice. I cambiamenti patologici, osservati in diversi organi, includono marcati e caratteristici difetti della migrazione neuronale, cirrosi micronodulare epatica, cisti renali, condrodisplasia TABELLA 86-3. Fattori della biogenesi perossisomale (PEX) e loro alterazioni nei disturbi della biogenesi perossisomale (PBD) GRUPPO DI COMPLEMENTAZIONE PEROSSINA 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 26 CARATTERISTICHE AAA ATPasi 143-kd C3HC4 proteina integrale di membrana perossisomale legata allo zinco 35-52 kd Proteina integrale di membrana perossisomale 51-52 kd Enzima associato al perossisoma coniugato all’ubiquitina 21-24 kd Recettore PTS 1 AAA ATPasi 12-127 kd Recettore PTS 2 Proteina associata al perossisoma 71-81 kd Proteina integrale di membrana perosossimale 42 kd C3HC4 proteina integrale di membrana perossisomale legata allo zinco Proteina di membrana perossisomale coinvolta nella proliferazione perossisomale 27-32 kd C3HC4 proteina integrale di membrana perossisomale legata allo zinco 48 kd SH-3 contenente proteina integrale di membrana perossisomale 40-43 kd Proteina integrale di membrana perossisomale 41 kd Proteina citosolica 48 kd Proteina di membrana perossisomale periferica 39 kd Proteina intrinseca di membrana perossisomale? 27-30 kd Proteina di membrana perossisomale a dita di zinco 35-39 kd Proteina di membrana perossisomale prenilata KKI 1 10 GIAPPONE AMS E 2 F 5 2 4 11 C 7 NUMERO DEI PAZIENTI STUDIATI NEL KKI KKI 99 2 FENOTIPO ZS, NALD, IRD ZS CROMOSOMA 7q21-22 2 16 43 ZS, NALD ZS, NALD RCDP 12p13.3 6p21.1 6q22-24 B 5 ZS, NALD 8q21.1 H 6 2 ZS, NALD, IRD ZS, NALD 9 D 1 ZS 8 J A G 7 ZS ZS, NALD, IRD ZS 3 4 3 1 Siti di aggancio per i fattori Pex1p e Pex6p AMS, Amsterdam; KKI, Kennedy Krieger Institute. Da Moser HW: Genotype-phenotype correlations in disorders of peroxisome biogenesis. Mol Genet Metalab 1999;68:316. 84-92ANA.indd 595 23-09-2008 11:52:04 596 ■ PARTE X ■ Malattie metaboliche TABELLA 86-4. Reperti di laboratorio anomali che accomunano i difetti della biogenesi perossisomale Perossisomi assenti o in numero ridotto Catalisi nel citosol Sintesi deficitaria e ridotti livelli tissutali di plasmalogeni Ossidazione deficitaria e accumulo anomalo di acidi grassi a catena molto lunga Ossidazione deficitaria e accumulo di acido fitanico dipendente dall’età Difetti in alcuni passaggi della formazione degli acidi biliari e accumulo dei prodotti intermedi Difetti dell’ossidazione e dell’accumulo di acido L-pipecolico Aumento dell’escrezione urinaria di acido dicarbossilico di riconoscerne il collegamento con il perossisoma: la sindrome di Zellweger (ZS, Zellweger Syndrome), l’adrenoleucodistrofia neonatale (NALD, Neonatal AdrenoLeukoDystrophy), la malattia di Refsum infantile (IRD, Infantile Refsum Disease) e la condrodisplasia puntata rizomelica (RCDP, Rhizomelic ChondroDysplasia Punctata). Si ritiene attualmente che i primi tre disturbi si collochino lungo un continuum clinico: la ZS è la più grave, la NALD quella intermedia e la IRD la meno grave. Queste malattie sono causate da 11 differenti difetti genetici, che colpiscono principalmente l’importazione di proteine che contengono la sequenza segnale PTS1; non è possibile individuare il difetto genetico sulla base delle caratteristiche cliniche. La gravità clinica varia a seconda del grado di compromissione dell’importazione delle proteine. Le mutazioni che aboliscono completamente l’importazione sono spesso associate al fenotipo ZS, mentre una mutazione missense, che implica la conservazione parziale della funzione, determina un fenotipo più lieve. Un difetto di PEX7 che provoca l’importazione delle proteine che utilizzano PTS2 è associato a RCDP, mentre difetti di PEX7 che risparmiano parzialmente l’importazione sono collegati a fenotipi più lievi, alcuni dei quali somigliano alla malattia di Refsum classica. I disturbi genetici che coinvolgono singoli enzimi perossisomali hanno solitamente manifestazioni cliniche più ristrette e si presentano successivamente al periodo neonatale, spesso nell’adolescenza o in età adulta. Le manifestazioni cliniche possono essere collegate al difetto biochimico. L’insufficienza surrenale primaria di X-ALD è causata dall’accumulo di acidi grassi a catena molto lunga (VLCFA) nella corteccia surrenale e la neuropatia periferica nella malattia di Refsum è determinata dall’accumulo di acido fitanico nelle cellule di Schwann e nella mielina. PDB con fenotipi atipici o più lievi. I neonati con sindrome di Zellweger mostrano anomalie evidenti e riconoscibili. Assume una particolare importanza diagnostica la presenza di una facies tipica (fronte alta, occhi a mandorla, arcate sopraorbitali ipoplastiche ed epicanto; Fig. 86-3), grave debolezza e ipotonia, convulsioni neonatali e anomalie oculari (cataratta, glaucoma, opacamento corneale, macchie di Brushfield, retinopatia pigmentaria e displasia nervosa). A causa dell’ipotonia e dell’aspetto “mongoloide”, può essere sospettata la sindrome di Down. I bambini con la sindrome di Zellweger raramente vivono più di qualche mese. Oltre il 90% mostra ritardo della crescita postnatale. La Tabella 86-5 elenca le principali anomalie cliniche. Nei pazienti con ALD neonatale le caratteristiche dismorfiche sono assenti o lievi. Le convulsioni neonatali sono frequenti. Si nota un certo grado di sviluppo psicomotorio, ma il ritardo delle funzioni resta grave o gravissimo e può esserci una regressione dello sviluppo dopo i 3-5 anni, probabilmente in seguito a leucodistrofia progressiva. Attualmente diversi pazienti hanno raggiunto i 30-40 anni e, sebbene disabili, sono in uno stato stabile. Epatomegalia, compromissione della funzione epatica, degenerazione pigmentosa della retina e grave sordità sono invariabilmente presenti. La funzione surrenocorticale è solitamente danneggiata, ma la malattia di Addison vera e propria è un’evenienza rara. La condrodisplasia puntata e le cisti renali sono assenti. I pazienti con malattia di Refsum infantile possono sopravvivere fino alla seconda decade e oltre. Sono in grado di camminare, benché con andatura atassica e base allargata. Le funzioni cognitive presentano un grave ritardo. Tutti i pazienti manifestano 84-92ANA.indd 596 Figura 86-3. Quattro pazienti con sindrome cerebroepatorenale di Zellweger. Si notano la fronte alta, l’epicanto e l’ipoplasia delle arcate sopraorbitali. (Per gentile concessione di Hans Zellweger.) TABELLA 86-5. Principali anomalie cliniche nella sindrome di Zellweger CARATTERISTICHE ANOMALE Fronte alta Platicefalia Fontanella allargata, suture evidenti Arcata sopraorbitale piatta Radice nasale bassa/ampia Epicanto Palato ogivale Deformità delle orecchie esterne Micrognazia Eccesso di cute sul collo Macchie di Brushfield Cataratta/cornea offuscata Glaucoma Anomala pigmentazione della retina Pallore del disco ottico Grave ipotonia Risposta di Moro anomala Iporeflessia o areflessia Suzione inefficace Nutrizione per sonda gastrica Convulsioni epilettiche Ritardo psicomotorio Disturbi dell’udito Nistagmo DATI DERIVATI DA DESCRIZIONI DATI OSSERVATI NUMERO PERCENTUALE NUMERO PERCENTUALE 60 53 58 97 16 14 13 81 57 50 55 96 33 29 33 100 23 20 23 100 36 32 33 92 37 32 35 95 40 35 39 97 18 16 18 100 13 11 13 100 6 5 5 83 35 31 30 86 12 11 7 58 15 13 6 40 23 20 17 74 95 83 94 99 26 23 26 100 57 50 56 98 77 68 74 96 26 23 26 100 61 54 56 92 45 39 45 100 21 18 9 40 37 32 30 81 Da Heymans HAS: Cerebro-hepato-renal (Zellweger) syndrome: Clinical and biochemical consequences of peroxisomal dysfunctions. Thesis, University of Amsterdam, 1984. 23-09-2008 11:52:04 Capitolo 86 perdita neurosensoriale dell’udito e degenerazione pigmentosa della retina; appaiono lievemente dismorfici e possono presentare epicanto, radice nasale piatta, orecchie a impianto basso. L’ipotonia precoce e l’epatomegalia con compromissione della funzionalità sono comuni. I livelli di colesterolo plasmatico e delle lipoproteine a bassa ed elevata densità sono moderatamente ridotti. La condrodisplasia puntata e le cisti renali corticali sono assenti. Lo studio post mortem su pazienti con questa malattia rivela cirrosi epatica micronodulare e surreni piccoli e ipoplastici. Non emergono malformazioni cerebrali, fatta eccezione per una grave ipoplasia dello strato granulare cerebellare e la localizzazione ectopica delle cellule di Purkinje nello strato molecolare. La malattia si trasmette con modalità autosomica recessiva. Alcuni pazienti con disturbi PBD hanno fenotipi più lievi e atipici. La presentazione avviene talvolta con neuropatia periferica oppure con retinopatia, perdita visiva o cataratta nell’infanzia, nell’adolescenza e nell’età adulta; a questi pazienti viene diagnosticata la malattia di Charcot-Marie-Tooth o sindrome di Usher. Alcuni soggetti sono sopravvissuti fino alla quinta decade. I difetti di PEX7, che comunemente conducono al fenotipo RCDP, possono determinarne uno più lieve, con manifestazioni cliniche simili a quelle della malattia di Refsum classica (deficit di fitanoil CoA idrossilasi). Condrodisplasia puntata rizomelica (RCDP). Questo disturbo, caratterizzato dalla presenza di focolai punteggiati di calcificazione all’interno della cartilagine ialina, è associato a nanismo, cataratta (72%) e malformazioni multiple dovute a contratture. I corpi vertebrali presentano una fessura coronale riempita di cartilagine, risultato dell’arresto dello sviluppo embrionale. La marcata brevità della parte prossimale degli arti causa la bassa statura (Fig. 86-4A). Le anomalie radiologiche consistono nell’accorciamento delle ossa prossimali degli arti, nella disostosi metafiseale e nei disturbi della calcificazione (Fig. 86-4B). Peso, altezza e circonferenza cranica risultano inferiori al terzo percentile e il ritardo mentale è grave. I cambiamenti cutanei, come quelli riscontrati nell’eritroderma ittiosiforme, sono presenti nel 25% dei pazienti. Difetti isolati dell’ossidazione perossisomale degli acidi grassi. I disturbi contrassegnati con le sigle da B1 a B3 (vedi Tab. 86-2) coinvolgono uno dei tre enzimi implicati nell’ossidazione degli acidi grassi. Le loro manifestazioni cliniche sono simili a quelle ■ Difetti del metabolismo lipidico ■ 597 del continuum sindrome di Zellweger/ALD neonatale/malattia di Refsum infantile; soltanto gli esami di laboratorio consentono di distinguerle dai disturbi della biogenesi perossisomale. I difetti dell’enzima bifunzionale sono comuni e si riscontrano nel 15% dei pazienti con il fenotipo del continuum sindrome di Zellweger/ ALD neonatale/malattia di Refsum infantile. I pazienti con deficit isolato di acil CoA ossidasi presentano un fenotipo più lieve, analogo a quello dell’ALD neonatale. Difetti isolati della sintesi del plasmalogeno. I plasmalogeni sono lipidi nei quali il primo atomo di carbonio del glicerolo è legato a un alcol invece che a un acido grasso. Sono sintetizzati attraverso una complessa serie di reazioni, i cui primi due passaggi sono catalizzati dagli enzimi perossisomali diidrossiacetone fosfato alchil transferasi e sintasi. Il deficit di uno di questi due enzimi (B4 e B5 nella Tab. 86-2) determina un fenotipo clinicamente indistinguibile dal difetto dell’importazione perossisomale RCDP. Quest’ultimo disturbo è causato da un difetto di PEX7, il recettore della sequenza segnale 2. È altrettanto grave del deficit di plasmalogeno nei disturbi B4 e B5, ma presenta anche un difetto dell’ossidazione dell’acido fitanico. Il fatto che i disturbi B4 e B5 siano associati al fenotipo completo di RCDP suggerisce che un deficit dei plasmalogeni sia sufficiente a produrlo. Malattia di Refsum classica. L’enzima deficitario (fitanoil CoA ossidasi) è localizzato nel perossisoma. Le manifestazioni della malattia includono perdita visiva conseguente a retinite pigmentosa, ittiosi, neuropatia periferica, atassia e occasionalmente aritmia cardiaca. A differenza della malattia di Refsum infantile, la funzione cognitiva è normale e non sono presenti malformazioni congenite. Spesso la malattia non si manifesta fino alla prima età adulta, ma i disturbi visivi (come cecità notturna, ittiosi e neuropatia periferica) possono aversi già dall’infanzia o dall’adolescenza. La diagnosi precoce è importante perché una dieta priva di acido fitanico consente di correggere la neuropatia periferica e previene la progressione delle manifestazioni visive e a carico del sistema nervoso centrale. Il fenotipo della malattia classica può essere causato anche da difetti di PEX7. Deficit di 2-metilacil CoA racemasi. Questo disturbo è causato da un difetto enzimatico che determina l’accumulo di acidi grassi a catena ramificata (acido fitanico e acido pristanico) e di acidi biliari. La presentazione è con neuropatia periferica di tipo adulto e degenerazione pigmentosa della retina. Figura 86-4. A, Neonato con condrodisplasia puntata rizomelica (RCDP). Si vedono la marcata brevità della parte prossimale degli arti, la radice nasale piatta, l’iperlorismo e le lesioni desquamanti cutanee. B, Si vedono l’evidente accorciamento dell’omero e l’epifisi punteggiata a livello di spalle e gomito. (Per gentile concessione di John P. Dorst.) A 84-92ANA.indd 597 B 23-09-2008 11:52:04 598 ■ PARTE X ■ Malattie metaboliche REPERTI DI LABORATORIO. I test di laboratorio per i disturbi perossisomali possono essere suddivisi sulla base di tre livelli di complessità. Livello 1: il paziente ha un difetto perossisomale? È possibile rispondere a questa domanda mediante test non invasivi facilmente reperibili (Tab. 86-6), tra cui la misura plasmatica di VLCFA è quello più comunemente utilizzato. I livelli plasmatici di VLCFA TABELLA 86-6. Difetti perossisomali che coinvolgono l’ossidazione degli acidi grassi: approccio diagnostico MALATTIA Sindrome di Zellweger ESAMI Plasma Adrenoleucodistrofia neonatale Malattia di Refsum infantile RBC Fibroblasti Condrodisplasia rizomelica puntata Plasma RBC Fibroblasti Emizogote ALD legata all’X Plasma Fibroblasti Eterozigote ALD legata all’X Plasma Fibroblasti Difetto dell’enzima bifunzionale Plasma Fibroblasti Deficit di acil CoA ossidasi Plasma Fibroblasti Deficit di 2-metil acil CoA Plasma racemasi Fibroblasti Malattia di Refsum classica VLCFA Acido fitanico REPERTI Aumento Aumento legato all’età Acido pristanico Aumento legato all’età Acido pipecolico Acido biliare Livelli di plasmalogeno Livelli dei VLCFA Ossidazione dei VLCFA Sintesi del plasmalogeno Ossidazione fitanica, pristanica Localizzazione della catalisi Immunocitochimica Complementazione DNA Acido fitanico Aumento Aumento, pattern anomalo Aumento variabile Aumento Riduzione Riduzione Riduzione Perossisomi assenti Vedi Tabella 86-1 Vedi Tabella 86-1 Aumento VLCFA Livelli di plasmalogeno Sintesi del plasmalogeno Ossidazione dell’acido fitanico DNA VLCFA Difetto PEX7 Aumento Livelli dei VLCFA Ossidazione dei VLCFA Immunoreattività ALDP DNA VLCFA Aumento Riduzione Assente nel 70% Mutazione ABCD1 Aumento variabile nell’85% Livelli di VLCFA Immunoreattività ALDP DNA VLCFA Aumento variabile nel 90% Riduzione variabile Mutazione ABCD1 Aumento Acido fitanico Acido pristanico Acidi biliari Livelli di VLCFA Ossidazione dell’acido pristanico Localizzazione della catalisi Enzimi Aumento Aumento Aumento, pattern anomalo Aumento Riduzione VLCFA Livelli di VLCFA Ossidazione di VLCFA Enzima Acido pristanico Acido biliare Ossidazione dell’acido pristanico Enzima Normale Riduzione Riduzione Riduzione Perosossimale Deficit di proteina D-bifunzionale Aumento Aumento Riduzione Deficit di acil CoA ossidasi Aumento Aumento, pattern anomalo Riduzione Plasma Acido fitanico Deficit di 2-metil acil CoA ossidasi Aumento Fibroblasti Acido pristanico Enzima Riduzione Deficit di fitanoil CoA ALD, adrenoleucodistrofia; VLCFA, acidi grassi a catena molto lunga. 84-92ANA.indd 598 Citosolica risultano elevati in molti pazienti con disturbi perossisomali, ma non nella totalità dei casi. La principale eccezione è costituita dall’RCDP, in cui i livelli di VLCFA sono normali mentre quelli di acido fitanico plasmatico sono aumentati e quelli di plasmalogeno nei globuli rossi ridotti. In altri disturbi perossisomali le anomalie biochimiche sono ancora meno marcate. Di conseguenza si consiglia di eseguire un set di test, che includa la misura dei livelli plasmatici di VLCFA, degli acidi fitanico, pristanico e pipecolico e dei livelli di plasmalogeno nei globuli rossi. Le tecniche di spettrometria di tandem massa consentono di quantificare la presenza di acidi biliari in plasma e urine. Questo set di test, eseguito su campioni di 2 mL di sangue venoso, permette di individuare la maggior parte dei difetti perossisomali, la cui presenza viene resa estremamente improbabile da risultati nella norma. Livello 2: qual è la natura precisa del disturbo perossisomale? Nella Tabella 86-6 sono elencate le principali anomalie biochimiche dei vari disturbi perossisomali. Se associato alla presentazione clinica, il set di test menzionato è spesso sufficiente per identificare la natura precisa del difetto. L’elevazione plasmatica dei livelli di VLCFA consente la diagnosi di X-ALD nei pazienti di sesso maschile. La marcata riduzione dei livelli di plasmalogeno negli eritrociti, associata all’aumento plasmatico dell’acido fitanico, permette di confermare la diagnosi in un paziente con le caratteristiche cliniche della RCDP. La malattia di Refsum classica può essere diagnosticata dimostrando l’aumento dell’acido fitanico associato a livelli normali o ridotti di acido pristanico. Nei deficit dell’enzima D-bifunzionale e di 2-metilacil CoA racemasi, i livelli di acido pristanico e fitanico risultano entrambi aumentati. L’identificazione precisa del difetto perossisomale può richiedere studi più approfonditi su colture di fibroblasti cutanei, che consentano la formulazione della diagnosi differenziale tra PBD e difetti dell’enzima bifunzionale. Nei PBD i perossisomi del paziente sono assenti e la catalasi è nella frazione solubile, mentre nel difetto dell’enzima bifunzionale i perossisomi sono presenti e la catalasi è nella frazione particolata. I test sui fibroblasti sono richiesti per identificare la natura del difetto molecolare nei PDB. La necessità di ricorrere a questi esami di approfondimento viene stabilita sulla base delle circostanze individuali. La precisa definizione del difetto del probando consente una diagnosi prenatale più accurata nelle gravidanze a rischio ed è indispensabile per l’identificazione dei portatori sani. È inoltre importante per la prognosi nei pazienti con difetti di PEX1, che sono presenti nel 60% dei casi con PBD e circa il 50% dei portatori di questi difetti presenta l’allele G843D associato a un fenotipo significativamente più lieve rispetto a quello riscontrato in altre mutazioni. Livello 3: qual è il difetto molecolare? Come illustrato nella Tabella 86-3, nella maggior parte dei PBD il difetto molecolare è stato identificato. La definizione del difetto nel probando, oggi offerta in diversi laboratori, è essenziale per l’individuazione dei portatori e per accelerare la diagnosi prenatale. DIAGNOSI. Sono disponibili svariati test non invasivi che consentono una precisa e precoce diagnosi dei disturbi perossisomali (vedi Tab. 86-6), distinguendoli dall’ampia gamma di altre condizioni patologiche responsabili di ipotonia, convulsioni, deficit staturo-ponderale o caratteristiche dismorfiche. I medici esperti riescono a riconoscere facilmente la sindrome di Zellweger classica grazie alle sue manifestazioni cliniche. I pazienti con PBD spesso non mostrano lo spettro clinico completo della malattia, perciò sono identificabili soltanto grazie agli esami di laboratorio. Le caratteristiche cliniche utili sul piano diagnostico includono: grave ritardo psicomotorio, debolezza e ipotonia, caratteristiche dismorfiche, convulsioni neonatali, retinopatia, glaucoma o cataratta, deficit uditivi, ingrossamento del fegato e compromissione della funzione epatica, condrodisplasia puntata. La presenza di almeno una di queste anomalie aumenta la probabilità della diagnosi. Sono state descritte anche forme atipiche più lievi, che si presentano con neuropatia periferica. 23-09-2008 11:52:05 Capitolo 86 ■ Difetti del metabolismo lipidico ■ 599 Alcuni pazienti con difetti isolati dell’ossidazione perossisomale degli acidi grassi (gruppo B) presentano caratteristiche in comune con i disturbi del gruppo A; il riscontro di livelli insolitamente elevati di VLCFA consente di formulare la diagnosi differenziale. I pazienti con RCDP devono essere distinti da quelli con altre cause di condrodisplasia puntata. Oltre alla sindrome di Zellweger e alla embriopatia da warfarin, queste patologie includono: la forma autosomica dominante della condrodisplasia puntata (sindrome di Conradi-Hunermann), caratterizzata da una migliore prognosi in termini di sopravvivenza, dall’assenza di marcata brevità degli arti e da un livello intellettivo solitamente normale; una forma dominante legata all’X; una forma recessiva legata all’X, associata alla delezione della porzione terminale del braccio corto del cromosoma X. La brevità degli arti, il ritardo psicomotorio e l’ittiosi suggeriscono la presenza della RCDP. L’esame di laboratorio decisivo è il riscontro di livelli insolitamente ridotti di plasmalogeno nei globuli rossi e la compromissione della capacità di sintetizzarlo in colture di fibroblasti cutanei. Questi difetti biochimici non sono presenti negli altri tipi di condrodisplasia puntata. Quest’ultima può essere associata anche a un difetto di 3-idrossisteroide-8, 7-isomerasi, un enzima coinvolto nella biosintesi del colesterolo. ADRENOLEUCODISTROFIA (LEGATA ALL’X) COMPLICANZE. I pazienti con sindrome cerebroepatorenale di Zellweger hanno disabilità multiple, che includono i disturbi del tono muscolare e della deglutizione, le anomalie cardiache, la malattia epatica e le convulsioni. L’unico trattamento possibile è quello sintomatico, ma la prognosi è infausta: la maggior parte dei pazienti decede nei primi mesi di vita. I pazienti con RCDP possono sviluppare quadriparesi in seguito alla compressione della base del cranio. EPIDEMIOLOGIA. L’incidenza minima di X-ALD nei soggetti di sesso maschile è 1/21 000, mentre l’incidenza combinata di maschi X-ALD e donne eterozigoti nella popolazione generale è stimata a 1/17 000. Nessuna razza risulta maggiormente colpita rispetto ad altre. I vari fenotipi si riscontrano spesso in membri dello steso gruppo familiare. PREVENZIONE. Vedi Capitoli 33 e 84. TRATTAMENTO. La terapia più efficace nella malattia di Refsum classica consiste nell’eliminazione dalla dieta dell’acido fitanico. Nei pazienti con le varianti più lievi del difetto di importazione dei perossisomi si è dimostrato utile un intervento multidisciplinare precoce, che include una terapia occupazionale e fisica, l’uso di supporti acustici, il ricorso a metodi di comunicazione alternativa e il sostegno ai genitori. Malgrado il ritardo mentale resti grave o gravissimo nella maggior parte dei pazienti, alcuni riescono a fare progressi nell’acquisizione delle capacità di base e mantengono una condizione di stabilità nell’adolescenza. Le terapie sperimentali per mitigare le anomalie biochimiche secondarie prevedono la somministrazione orale di acido docosaesaenoico (50-100 mg/die), sia in forma di etil estere sia in quella di trigliceride in cui uno degli acidi grassi è stato sostituito con acido docosaesaenoico. Questa terapia consente la normalizzazione (in plasma ed eritrociti) dei livelli di questa sostanza, che svolge importanti funzioni fisiologiche nella retina e nel cervello, ma nei soggetti con difetti della biogenesi perossisomale risulta gravemente ridotta, in seguito alla compromissione delle ultime due tappe della sua sintesi. Sono stati documentati casi di miglioramento clinico con questa terapia. La somministrazione orale di acido colico e acido chenodesossicolico (100-250 mg/die), allo scopo di ridurre i livelli dei prodotti intermedi degli acidi biliari (presumibilmente tossici), può risultare efficace. COUNSELING GENETICO. Tutti i difetti perossisomali, fatta eccezione per l’iperossaluria di tipo 1, sono diagnosticabili nel primo o secondo trimestre di gestazione. I test, simili a quelli descritti per la diagnosi postnatale (vedi Tab. 86-6), prevedono l’esame di campioni di villi coriali o di amniociti. Grazie al monitoraggio di oltre 300 gravidanze, sono stati identificati oltre 60 feti colpiti, senza incorrere in alcun errore diagnostico. A causa del 25% di rischio di recidiva, le coppie con un figlio malato devono essere informate sulla possibilità di ricorrere alla diagnosi prenatale. Gli eterozigoti possono essere identificati nell’X-ALD e in tutti i disturbi nei quali il difetto molecolare è stato identificato (vedi Tab. 86-3). 84-92ANA.indd 599 L’X-ALD è una malattia geneticamente determinata associata all’accumulo di VLCFA saturi e ad una progressiva disfunzione della corteccia surrenale e della sostanza bianca del sistema nervoso centrale e periferico. EZIOLOGIA. L’anomalia biochimica responsabile del disturbo è l’accumulo di VLCFA saturi non ramificati, con una catena lunga 24 atomi di carbonio o più. La caratteristica più evidente è l’eccesso di acido esacosanoico (C26:0). Tale accumulo di acidi grassi è determinata da una degradazione perossisomale geneticamente deficitaria. Il difetto biochimico di base compromette la funzione della lignoceroil CoA ligasi perossisomale, enzima che catalizza la formazione di CoA derivato dai VLCFA. Il gene deficitario (ABCD1) codifica per la membrana perossisomale (ALDP). Sono state identificate oltre 400 differenti mutazioni e la maggior parte delle famiglie ne presenta una “privata” specifica di quel gruppo familiare (per l’elenco aggiornato, vedi il sito web http://www.x-ald. nl). Il gene è stato mappato sul cromosoma Xq28. Il meccanismo attraverso il quale il difetto ALDP conduce all’accumulo di VCLF e alla patologia X-ALD è ignoto. ANATOMIA PATOLOGICA. Caratteristiche inclusioni citoplasmatiche lamellari sono evidenziate con il microscopio elettronico nelle cellule adrenocorticali, nelle cellule testicolari di Leydig e nei macrofagi del sistema nervoso. Tali inclusioni, probabilmente costituite da colesterolo esterificato con VLCFA, sono particolarmente prominenti nelle cellule della zona fascicolata della corteccia surrenale, la cui distensione è causata dai lipidi e dalla successiva atrofia. Nel sistema nervoso si riscontrano due tipi di lesione. Nella forma cerebrale infantile grave e in quella adulta progressiva, la demielinizzazione è associata a una risposta infiammatoria, che si manifesta con l’accumulo di linfociti perivascolari, in particolare nella regione parieto-occipitale. Nella forma adulta a progressione lenta (adrenomieloneuropatia, AMN), il reperto principale consiste nell’assonopatia distale, che colpisce i tratti lunghi del midollo spinale. La risposta infiammatoria è lieve o assente. PATOGENESI. La disfunzione surrenale è probabilmente una diretta conseguenza dell’accumulo di VLCFA. La distensione delle cellule della zona fascicolata è provocata dall’anomalo accumulo di lipidi. Il colesterolo esterificato con VLCFA è relativamente resistente al colesterolo estere idrolasi stimolata dall’ormone adrenocorticotropico (ACTH); ciò limita la capacità di convertire il colesterolo in steroidi attivi. Inoltre, l’eccesso di C26:O aumenta la viscosità della membrana plasmatica, interferendo con la funzione dei recettori e con le altre funzioni cellulari. Non si riscontra alcuna correlazione tra il fenotipo neurologico e la natura della mutazione o la gravità del difetto biochimico (diagnosticato mediante misura dei livelli plasmatici di VLCFA), né tra il grado di coinvolgimento surrenale e del sistema nervoso centrale. La gravità della malattia e la sua progressione sono invece correlate all’intensità della risposta infiammatoria, la quale può essere mediata da citochine e può implicare una risposta autoimmune scatenata, con modalità sconosciuta, dall’eccesso di VLCFA. L’antigene CD1 è coinvolto, come anche il danno mitocondriale e lo stress ossidativo. Circa il 50% dei pazienti non sperimenta alcuna risposta infiammatoria, per cui è stata postulata l’esistenza di un gene modificato che funziona come una sorta di “termostato” per regolarla. MANIFESTAZIONI CLINICHE. Emergono cinque fenotipi distinti, tre dei quali si presentano nell’infanzia, con vari sintomi e segni. 23-09-2008 11:52:05 600 ■ PARTE X ■ Malattie metaboliche In tutti i fenotipi lo sviluppo è solitamente normale nei primi 3-4 anni. Nella forma cerebrale infantile di ALD, i sintomi sono notati per la prima volta tra i 4 e gli 8 anni (21 mesi è la segnalazione di esordio più precoce). Le manifestazioni iniziali più comuni sono l’iperattività (spesso scambiata per un disturbo da deficit dell’attenzione) e il peggioramento del rendimento scolastico. La discriminazione uditiva è spesso compromessa, mentre la percezione del tono è preservata; ciò spiega le difficoltà del bambino nell’uso del telefono e il calo della performance nei test di intelligenza che prevedono la presentazione di item verbali. Anche l’orientamento spaziale risulta spesso compromesso. Altri sintomi iniziali sono costituiti da disturbi della visione, atassia, grafia illeggibile, convulsioni e strabismo. I disturbi visivi dipendono spesso dal coinvolgimento della corteccia cerebrale, che compromette in grado variabile la capacità visiva. Le convulsioni si verificano in quasi tutti i pazienti e possono costituire la manifestazione di esordio della malattia. In altri soggetti l’esordio avviene con l’aumento della pressione intracranica o con lesioni unilaterali massive. La compromissione della risposta alla stimolazione ACTH è presente nell’85% dei casi, nei quali si nota anche una lieve iperpigmentazione. Tuttavia, nella maggior parte dei pazienti con questo fenotipo, la disfunzione surrenalica è riconosciuta solo successivamente alla formulazione della diagnosi, suggerita dai sintomi cerebrali. La ALD cerebrale infantile tende a progredire rapidamente, con aggravamento di spasticità e paralisi, perdita visiva e uditiva e della capacità di parlare o deglutire. L’intervallo medio tra il primo sintomo neurologico e uno stato apparentemente vegetativo è di 1,9 anni. I pazienti possono sopravvivere in questo stato per altri 10 anni o più. I soggetti con la forma adolescenziale di ALD sperimentano i sintomi neurologici tra i 10 e i 21 anni. Le manifestazioni sono simili a quelle delle ALD cerebrale infantile, ma la progressione è più lenta. In circa il 10% dei casi la malattia ha un esordio acuto, con stato epilettico, crisi surrenali, encefalopatia acuta o coma. L’adrenomieloneuropatia si manifesta per la prima volta nella tarda adolescenza o nella prima età adulta, con una paraparesi progressiva, causata dalla degenerazione dei tratti lunghi del midollo spinale. In circa il 50% dei casi si riscontra anche una compromissione della sostanza bianca cerebrale. Il fenotipo “solo Addison” spesso non viene riconosciuto. Si calcola che almeno il 25% dei pazienti maschi con malattia di Addison presenti il difetto biochimico della ALD. In molti di questi, il sistema nervoso è preservato, mentre altri manifestano sottili segni neurologici. Parecchi acquisiscono adrenomieloneuropatia in età adulta. Il termine “ALD asintomatica” si applica a pazienti con difetto biochimico della ALD, ma privi di disturbi neurologici o endocrini. La quasi totalità dei soggetti portatori del difetto genetico prima o poi diviene sintomatica. Sono stati segnalati solo rari casi di pazienti asintomatici fino alla sesta o settima decade. Circa il 50% delle donne eterozigoti sviluppa una sindrome simile all’adrenomieloneuropatia, ma più lieve e ad esordio tardivo. L’insufficienza surrenale è rara. REPERTI RADIOLOGICI E DI LABORATORIO. Il reperto di laboratorio più specifico e importante è il riscontro di livelli insolitamente elevati di VLCFA nel plasma, nei globuli rossi o su colture di fibroblasti cutanei. Il test andrebbe eseguito in un laboratorio specializzato. Risultati positivi sono ottenuti in tutti i pazienti di sesso maschile con X-ALD e nell’85% delle donne portatrici. L’analisi della mutazione è il metodo più efficace per l’identificazione dei portatori. TC e RM. I pazienti con ALD cerebrale infantile o adolescenziale mostrano lesioni della sostanza bianca cerebrale che alla RM rivelano una localizzazione e uno schema di attenuazione caratteristici. Nell’80% dei casi le lesioni sono simmetriche e coinvolgono la materia bianca periventricolare nei lobi occipitale e posteriore parietale. Circa il 50% dei soggetti mostra una ghirlanda di materiale di contrasto accumulato anteriormente alle lesioni ipodense posteriori (Fig. 86-5A). Quest’area corrisponde alle zone di intensa infiltrazione linfocitica perivascolare, dove la barriera ematoencefalica si interrompe. Nel 12% dei pazienti le lesioni iniziali sono frontali. Possono riscontrarsi anche lesioni unilaterali che producono un effetto massa analogo a quello dei tumori cerebrali. La RM consente di delineare con maggiore chiarezza le anomalie della materia bianca, evidenziando eventuali lesioni sfuggite alla TC (Fig. 86-5B). Compromissione della funzione surrenale. Oltre l’85% dei pazienti con la forma infantile presenta elevati livelli plasmatici di ACTH e un anomalo aumento dei livelli di cortisolo nel plasma in seguito a iniezione endovenosa di 250 g di ACTH. DIAGNOSI E DIAGNOSI DIFFERENZIALE. Le manifestazioni di esordio della ALD cerebrale infantile sono difficili da distinguere dai più comuni disturbi da deficit dell’attenzione o dai disturbi dell’apprendimento. La ALD è suggerita dalla progressione rapida, dai segni di demenza e dalle difficoltà di discriminazione uditiva. Anche negli stadi precoci, TC e RM possono mostrare anomalie marcate. Altre leucodistrofie (vedi i Capitoli 599 e 610.10) o sclerosi multipla (vedi Capitolo 600.1) possono produrre questi risultati radiografici. La diagnosi definitiva richiede Figura 86-5. A, La TC con mezzo di contrasto mostra le anomalie tipiche dell’adrenoleucodistrofia (ALD) localizzate a livello della corteccia parieto-occipitale, evidenziando zone inattive bilaterali ipodense (HO; indicate dalla frecce). Le immagini RM pesate in T2 mostrano un segnale a elevata intensità proveniente dalla materia bianca parieto-occipitale insolitamente luminosa. La RM consente di identificare il coinvolgimento subcorticale, mentre la separazione tra zone attive è apprezzata al meglio con la TC, perché nella RM sia le zone attive sia quelle inattive appaiono come aree a elevata intensità di segnale. È ipotizzabile che tale importante distinzione sarà facilitata dall’introduzione di un mezzo di contrasto paramagnetico. Viene confrontato il coinvolgimento ipodenso mostrato dalla TC (frecce e punte di freccia in A) con le lesioni a elevata risoluzione della RM nella figura B. (Per gentile concessione di Kumar AJ, Rosenbaum WE, Naidu S, et al: Adrenoleukodystrophy: Corresponding MR imaging with CT. Radiology 1987;165:497-504.) A 84-92ANA.indd 600 B 23-09-2008 11:52:05 Capitolo 86 quindi la dimostrazione dell’eccesso di VLCFA, che si verifica soltanto nell’X-ALD e negli altri difetti perossisomali, i quali risultano distinguibili dalla X-ALD sulla base della presentazione clinica durante il periodo neonatale. Nelle forme cerebrali della ALD è possibile riscontrare un aumento della pressione intracranica e lesioni con effetto massa unilaterali, talvolta erroneamente diagnosticate come gliomi, anche successivamente a biopsia cerebrale (diversi pazienti sono stati sottoposti a radioterapia prima di giungere alla diagnosi corretta). La misura dei VLCFA nel plasma o su campioni ottenuti attraverso biopsia cerebrale è il test più affidabile per la formulazione della diagnosi differenziale. La forma adolescenziale o adulta di ALD può essere confusa con disturbi psichiatrici, demenza o epilessia. La diagnosi è suggerita dal riscontro di lesioni della materia bianca mediante TC o RM e la misurazione dei VLCFA fornisce la conferma. L’ALD non può essere differenziata sul piano clinico dalle altre forme di malattia di Addison; è dunque raccomandabile che tutti i pazienti maschi con malattia di Addison siano sottoposti a verifica dei livelli di VLCFA. I pazienti ALD solitamente non possiedono anticorpi contro il tessuto surrenale nel loro plasma. COMPLICANZE. L’insorgenza di insufficienza surrenale è una complicanza evitabile. I problemi neurologici più complessi sono quelli collegati al riposo a letto, le contratture, il coma e i disturbi della deglutizione. Inoltre, possono riscontrarsi disturbi comportamentali, lesioni associate ai disturbi dell’orientamento spaziale, compromissione di visione e udito, convulsioni. TRATTAMENTO. La terapia corticosteroidea è efficace in caso di insufficienza surrenale o ipofunzione adrenocorticale (vedi Capitolo 576). Questo trattamento aumenta la forza e il benessere del paziente e in alcuni casi può salvargli la vita, ma non altera il corso della disabilità neurologica. Trapianto di midollo osseo. Il trapianto di midollo osseo può essere utile nei pazienti che mostrano precoci segni di demielinizzazione infiammatoria, la lesione tipica della forma a rapida progressione che colpisce ragazzi e adolescenti con fenotipo X-ALD. Dal momento che si tratta di una procedura a elevato rischio, i pazienti devono essere accuratamente selezionati. Il meccanismo responsabile degli effetti benefici non è stato ancora chiarito con precisione. Le cellule derivate dal midollo osseo esprimono ALDP, la proteina deficitaria nell’X-ALD; il 50% delle cellule microgliali cerebrali deriva dal midollo osseo. È dunque ipotizzabile che la sostituzione delle cellule colpite con cellule contenenti il gene normale modifichi il milieu cerebrale a sufficienza da correggere il disturbo metabolico cerebrale. Ma è possibile anche che l’effetto favorevole sia da attribuire alla modifica della risposta infiammatoria cerebrale. Il follow-up a 5 e 10 anni di ragazzi e adolescenti con coinvolgimento cerebrale precoce ha mostrato una stabilizzazione e, in alcuni casi, un certo miglioramento. Al contrario, il trapianto di midollo non si è rivelato efficace in pazienti che già presentavano gravi lesioni cerebrali, nel quale caso è possibile che l’intervento acceleri la progressione della malattia. Il QI non verbale sembra avere un valore predittivo: il trapianto non è raccomandabile nei pazienti con QI non verbale significativamente inferiore a 80. Sfortunatamente, in oltre il 50% dei casi diagnosticati in seguito ai sintomi neurologici, la malattia è già troppo avanzata per procedere al trapianto. L’intervento può essere preso in considerazione nei soggetti con sintomi neurologici lievi o assenti, che nella maggior parte dei casi sono identificati attraverso lo screening dei parenti di pazienti sintomatici. Anche lo screening mediante misura dei livelli plasmatici di VLCFA nei soggetti con la malattia di Addison contribuisce all’identificazione dei candidati per il trapianto. A causa dell’elevato rischio (la mortalità è compresa tra il 10 e il 20%) e poiché fino al 50% dei pazienti non trattati non sviluppa demielinizzazione infiammatoria cerebrale, il trapianto non è raccomandato in assenza di un dimostrabile coinvolgimento cerebrale. La RM può contribuire a questa decisione cruciale, 84-92ANA.indd 601 ■ Difetti del metabolismo lipidico ■ 601 rilevando anomalie prima della comparsa di sintomi neurologici o neuropsicologici clinicamente evidenti. Il monitoraggio mediante RM di ragazzi e adolescenti asintomatici fra i 3 e i 15 anni andrebbe effettuato a intervalli di 6 mesi-1 anno. Se la RM è normale, il trapianto è controindicato, mentre in caso di riscontro di anomalie il paziente andrebbe valutato a intervalli di tre mesi per determinare la natura progressiva dell’anomalia stessa, anche attraverso un accurato esame neurologico e neuropsicologico. Il trapianto è preso in considerazione se la progressione neurologica viene confermata. La RM spettroscopica contribuisce a determinare la natura progressiva. Non è chiaro se il trapianto di midollo possa risultare efficace nei casi di pazienti adulti con adrenomieloneuropatia, in assenza di coinvolgimento infiammatorio del midollo spinale. Olio di Lorenzo. La somministrazione dell’olio di Lorenzo a bambini asintomatici riduce il rischio di sviluppo del fenotipo cerebrale infantile. Questo olio (una miscela 4:1 di gliceril trioleato e gliceril trierucato), associato a una dieta particolare, è raccomandato in bambini di età inferiore agli 8 anni privi di sintomi neurologici e con RM cerebrale normale; durante la terapia il paziente deve essere sottoposto a un attento monitoraggio mediante RM cerebrale e tramite la verifica della funzione surrenale. In caso di sviluppo di anomalie RM progressive, viene valutata la possibilità di ricorrere al trapianto di cellule staminali emopoietiche, quando le lesioni sono ancora nella fase iniziale. L’olio di Lorenzo non altera la progressione della malattia in pazienti con coinvolgimento cerebrale. Altre terapie. L’interferone- e le terapie immunosoppressive non sono risultate efficaci. La terapia con lovastatina e 4-fenilbutirrato è attualmente in fase di sperimentazione. La terapia genica si è rivelata promettente su colture di cellule e nel modello mirino, ma non è ancora disponibile per i trial umani. Terapia di sostegno. I disturbi comportamentali e neurologici progressivi associati alla forma infantile dell’ALD sono estremamente difficili da affrontare per le famiglie. Per ciascun paziente è necessario elaborare un programma di assistenza globale, che includa la famiglia, il medico, il personale infermieristico per le visite a domicilio, le autorità scolastiche e i consulenti. La partecipazione a gruppi di sostegno per genitori si è rivelata spesso utile (negli Stati Uniti, United Leukodystrophy Foundation, 2304 Highland Drive, Sycamore, IL 60178). La comunicazione con le autorità scolastiche è fondamentale perché, in seguito alla Public Law 94-142, i bambini con diagnosi di ALD hanno diritto a un trattamento speciale. A seconda della progressione della malattia, i programmi di intervento prevedono la possibilità per il bambino di seguire lezioni a casa propria o in ospedale. La gestione della malattia varia a seconda dello stadio. Le fasi precoci sono caratterizzate da sottili cambiamenti affettivi e comportamentali, nonché da una marcata riduzione della durata di attenzione. Il counseling con gli insegnanti è dunque fondamentale. Le alterazioni del ritmo sonno-veglia possono essere tenute sotto controllo attraverso un prudente uso di sedativi, come cloralio idrato (10-50 mg/kg), pentobarbital (5 mg/kg) o difenidramina (2-3 mg/kg). Quando la leucodistrofia progredisce, la principale preoccupazione consiste nella modulazione del tono muscolare e nel supporto della funzione bulbare. Il baclofen in dosi progressive (da 5 mg 2 volte/die a 25 mg al dì) è il più efficace agente farmacologico per il trattamento degli spasmi muscolari acuti e dolorosi. Possono essere somministrati anche altri farmaci, purché il paziente sia sottoposto ad attento monitoraggio per verificare gli eventuali effetti collaterali e le interazioni tra farmaci. La leucodistrofia progredisce fino alla perdita del controllo bulbare della muscolatura. All’inizio è possibile affrontare il problema passando a una dieta con cibi in forma di purè o pappa, ma il ricorso a una sonda nasogastrica o alla gastrostomia è spesso inevitabile. Almeno un terzo dei pazienti presenta convulsioni focali o generalizzate, che normalmente rispondono ai farmaci anticonvulsivanti standard. 23-09-2008 11:52:05 602 ■ PARTE X ■ Malattie metaboliche COUNSELING GENETICO E PREVENZIONE. Il counseling genetico e la prevenzione primaria e secondaria dell’X-ALD rivestono un’importanza cruciale. Approfonditi programmi di screening devono essere offerti a tutti i parenti di pazienti sintomatici; uno di questi programmi ha consentito l’identificazione di oltre 250 soggetti maschi asintomatici e di 1200 donne eterozigoti per X-ALD. I test plasmatici consentono di verificare l’aumento dei livelli di VLCFA già dal giorno della nascita. L’identificazione dei maschi asintomatici permette di avviare tempestivamente la terapia steroidea (se necessaria) e di prevenire le crisi surrenali (che possono avere un esito fatale). La RM cerebrale fa sì che vengano identificati i candidati per il trapianto di midollo in uno stadio in cui questa procedura ha la maggiore probabilità di successo. La misura dei livelli di VLCFA è raccomandata in tutti i pazienti di sesso maschile con malattia di Addison, essendo stato dimostrato che l’X-ALD è la causa di insufficienza surrenale in 25% di maschi con questa malattia. L’identificazione delle donne eterozigoti per X-ALD è più difficile, dal momento che i livelli plasmatici di VLCFA sono normali nel 15-20% dei casi, per cui è più facile commettere errori nel corso del consulto genetico. Se i livelli di VLCFA sono normali, sia nel plasma sia su colture di fibroblasti cutanei, il rischio di falso negativo è ridotto ma non eliminato. L’analisi del DNA permette l’accurata individuazione dei portatori, purché la mutazione sia già stata trovata in un membro del gruppo familiare; questa procedura è raccomandata per l’identificazione di donne eterozigoti. La diagnosi prenatale sui feti di sesso maschile affetti è realizzata mediante la misurazione dei livelli di VLCFA su colture di amniociti o cellule di villi coriali, oppure mediante analisi della mutazione. Ogni volta che un nuovo paziente con X-ALD è identificato, è opportuno elaborare un pedigree dettagliato, che contribuisca alla segnalazione delle donne portatrici e dei maschi affetti. Durante il counseling è importante prestare la massima attenzione agli aspetti sociali, emotivi ed etici collegati alla malattia. Difetti perossisomali Baumgartner MR, Poll-The BT, Verhoeven NM, et al: Clinical approach to inherited peroxisomal disorders: A series of 27 patients. Ann Neurol 1998;44:720–730. 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Mol Genet Metab 1999;66:128–136. 84-92ANA.indd 602 Kemp S, Pujol A, Waterham HR, et al: X-linked adrenoleukodystrophy mutation database: Role in diagnosis and clinical correlations. Hum Mutat 2001;18:499–515. Moser AB, Kreiter N, Bezman L, et al: Plasma very long chain fatty acids in 3,000 peroxisome disease patients and 29,000 controls. Ann Neurol 1999;45:100–110. Moser HW, Loes DJ, Melhem ER, et al: X-linked adrenoleukodystrophy: Overview and prognosis as a function of age and brain magnetic resonance imaging abnormality: A study involving 372 patients. Neuropediatrics 2000;31:227–239. Moser HW, Raymond GV, Dubey P: Adrenoleukodystrophy: New approaches to a neurodegenerative disease. JAMA 2005;294:3131–3134. Moser HW, Raymond GV, Lu SE, et al: Follow-up of 89 Lorenzo’s Oil treated asymptomatic adrenoleukodystrophy patients. Arch Neurol 2005;62:1073–1080. 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Nel dopoguerra, gli americani ben nutriti presentavano un tasso di malattie coronariche cardiache (CHD, Coronary Heart Disease) più elevato rispetto agli europei costretti al razionamento. Il Seven Countries Study ha approfondito le differenze geografiche, sociali ed etniche nella diffusione delle CHD, rilevando una inequivocabile associazione tra il consumo medio di grassi saturi, il colesterolo plasmatico e la mortalità in seguito a CHD. Nel 1960, il livello medio del colesterolo ematico negli Stati Uniti raggiungeva i 220 mg/dL, mentre nel 1991 era sceso a 205 mg/dL. Nel 1977 il Cooperative Lipoprotein Phenotyping Study ha dimostrato la relazione inversa tra HDL (High Density Lipoprotein, lipoproteine ad alta densità) e CHD. I trial clinici di modifiche della dieta e interventi farmacologici volti a ridurre i livelli di colesterolo sono stati avviati negli anni ’70, fornendo la base per lo screening e il trattamento standard raccomandato dal National Cholesterol Education Program (NCEP). I progressi nell’esatta conoscenza delle basi molecolari del metabolismo delle lipoproteine hanno consentito una migliore comprensione delle anomalie fenotipiche e l’elaborazione di strategie di intervento sempre più mirate. Tra tutte le malattie croniche, la CHD è quella maggiormente influenzata dai fattori genetici e ambientali. Questo disturbo multifattoriale è fortemente associato all’aumentare dell’età e al genere maschile, benché nelle donne sia probabilmente sottodiagnosticato. Nei fumatori il rischio raddoppia. La vita sedentaria e l’eccessivo consumo di grassi saturi, con conseguente adiposità, determinano una modifica dei livelli plasmatici di lipoproteine aterogeniche. La storia familiare è un riflesso dell’influenza combinata di stile di vita e predisposizione genetica alla malattia cardiaca precoce. Il rischio associato a una storia familiare positiva è 1,7 volte superiore rispetto alle famiglie senza questa storia. La patogenesi dell’aterosclerosi inizia durante l’infanzia. Nelle vittime delle guerre di Corea e Vietnam, era stata notata un’avanzata formazione di placche e strie nelle arterie coronariche e nell’aorta. Il Johns Hopkins Precursors Study ha dimostrato che gli studenti di medicina di razza bianca e sesso maschile con 23-09-2008 11:52:05 Capitolo 86 livelli di colesterolo ematico nel quartile inferiore, mostravano un’incidenza di CHD del 10% nelle tre decadi successive, mentre negli studenti che si collocavano nel quartile superiore l’incidenza era del 40%. Il Pathobiological Determinants of Atherosclerosis in Youth (PDAY) Study ha dimostrato una relazione significativa tra peso del grasso addominale ed estensione dell’aterosclerosi riscontrata durante l’autopsia di soggetti fra i 15 e i 34 anni. Il Bogalusa Heart Study, condotto su oltre 3000 bambini e adolescenti, ha fornito i dati longitudinali più completi sul rapporto tra la presenza e la gravità dei fattori di rischio di CHD e la gravità (parzialmente quantificabile) dell’aterosclerosi. L’“ipotesi dell’origine fetale” è basata sull’osservazione che i bambini nati sottopeso presentano una maggiore incidenza di malattie cardiache da adulti. Studi epidemiologici confermano inoltre l’idea che le condizioni prenatali e postnatali influenzino la salute dell’adulto. I bambini con un peso elevato rispetto all’età gestazionale e con una madre diabetica o obesa presentano un rischio maggiore di sviluppare una “sindrome metabolica” (resistenza all’insulina, diabete di tipo II, obesità, CHD). L’allattamento al seno di neonati pretermine ha un effetto cardioprotettivo a lungo termine, oltre i 13-16 anni. I bambini allattati al seno, divenuti adolescenti, presentano concentrazioni ridotte di proteina C-reattiva e un rapporto tra LDL (Low-Density Lipoproteins, lipoproteine a densità ridotta) e HDL del 14% inferiore rispetto ai bambini allattati artificialmente. Anche la povertà è associata a esiti negativi sulla salute. In Irlanda del Nord, lo Young Hearts Project ha dimostrato che i fattori di rischio comportamentale sono influenzati dallo status socioeconomico e risultano già ben stabiliti nell’adolescenza, malgrado non emergano differenze biologiche evidenti. LIPIDI EMATICI E ATEROGENESI Numerosi studi epidemiologici hanno dimostrato l’associazione tra l’ipercolesterolemia e la malattia aterosclerotica. I progressi nelle tecniche di laboratorio per la misura di altre lipoproteine selezionate hanno contribuito alla nostra comprensione del ruolo dei lipidi ematici nell’insorgenza delle malattie cardiache. La possibilità di misurare sottoclassi di lipidi e marker infiammatori ha ulteriormente chiarito il processo di aterogenesi e di rottura delle placche responsabile delle sindromi coronariche acute. L’aterosclerosi colpisce prevalentemente le arterie coronariche, ma coinvolge spesso anche l’aorta, le arterie degli arti inferiori e le carotidi. Lo stadio iniziale dello sviluppo dell’aterosclerosi è contrassegnato dalla disfunzione endoteliale e dall’ispessimento dell’intima-media nei preadolescenti con fattori di rischio come l’obesità o l’ipercolesterolemia familiare. Il complesso processo di penetrazione della parete dei vasi può essere dovuto a una varietà di insulti, inclusa la presenza di particelle LDL ossidate altamente tossiche. Linfociti e monociti penetrano il rivestimento endoteliale danneggiato, trasformandosi in macrofagi carichi di lipidi LDL e in seguito in cellule schiumose. Tale accumulo è controbilanciato dalle particelle HDL capaci di rimuovere i depositi di ■ ■ Difetti del metabolismo lipidico 603 lipidi dalle pareti dei vasi. La formazione di placche è accelerata da una processo infiammatorio, dato dall’aumento della proteina C reattiva che coinvolge macrofagi e pareti delle arterie. La deposizione di lipidi all’interno del rivestimento subendoteliale conduce alla formazione di strie lipidiche macroscopiche, fino a un certo grado ancora reversibili. Lo stadio successivo dello sviluppo delle placche determina il danneggiamento delle cellule muscolari lisce, stimolate dal rilascio di citochine tissutali e fattori di crescita. L’ateroma è composto da un nucleo di sostanza lipidica, separato dal lume tramite il collagene e i muscoli lisci (Fig. 86-6). La crescita della placca aterosclerotica può provocare l’ischemia del tessuto irrorato dall’arteria. L’infiammazione cronica dell’ateroma, forse causata da agenti infettivi come Chlamydia pneumoniae, provoca l’instabilità della placca e la conseguente rottura. L’aderenza delle piastrine conduce alla formazione di emboli nel sito della rottura, causando un infarto miocardico o un evento cerebrovascolare. METABOLISMO E TRASPORTO DELLE LIPOPROTEINE PLASMATICHE Le anomalie del metabolismo delle lipoproteine sono associate a diabete mellito e aterosclerosi prematura. Le lipoproteine sono complessi solubili di lipidi e proteine, che influiscono sul trasporto dei lipidi assorbiti attraverso la dieta o sulla sintesi da parte di fegato e tessuti adiposi (per l’utilizzazione e l’immagazzinamento). I lipidi alimentari sono trasportati dall’intestino tenue sotto forma di chilomicroni. I lipidi sintetizzati dal fegato come lipoproteine a densità molto bassa (VLDL, Very Low Density Lipoproteins) sono catabolizzati a lipoproteine a densità intermedia (IDL, Intermediate Density Lipoproteins) e a densità ridotta (LDL). Le proteine ad alta densità (HDL) sono coinvolte nel metabolismo di VLDL e chilomicroni, nonché nel trasporto di colesterolo. Gli acidi grassi liberi non esterificati sono lipidi metabolicamente attivi derivati dalla lipolisi di trigliceridi immagazzinati nel tessuto adiposo che si lega all’albumina per circolare nel plasma (Fig. 86-7). Le lipoproteine sono costituite da un nucleo centrale di trigliceridi e colesteril esteri (CE) circondato da fosfolipidi, colesterolo e proteine (Fig. 86-8). La densità delle diverse classi di lipoproteine è inversamente proporzionale al rapporto lipidi-proteine (Fig. 86-9). Le proteine costituenti sono chiamate apolipoproteine (Tab. 86-7). Oltre al loro ruolo strutturale, sono responsabili di una varietà di funzioni metaboliche, inclusa quella di cofattori o inibitori di vie enzimatiche e mediatori del legame tra lipoproteine e recettori della superficie cellulare. ApoA è la principale apolipoproteina HDL; ApoB è presente nelle LDL, VLDL, IDL e nei chimomicroni; ApoB-100 è derivata dal fegato, mentre apoB-48 proviene dall’intestino tenue. ApoC-I, C-II e C-III sono piccoli peptidi importanti nel metabolismo dei trigliceridi. ApoE, presente nelle VLDL, HDL, nei chilomicroni e nei residui di chilomicroni, svolge un ruolo notevole nella clearance dei trigliceridi. Arteria Tonaca avventizia Figura 86-6. Lo stadio precoce dello sviluppo dell’aterosclerosi inizia con la penetrazione del rivestimento della parete dei vasi da parte delle cellule infiammatorie. La deposizione di lipidi all’interno del rivestimento endoteliale dell’arteria conduce alla distruzione delle cellule muscolari lisce, per formare un nucleo lipidico ateromatoso, che preme sul lume. L’infiammazione cronica causa l’instabilità della placca, con conseguente rottura e completa occlusione del lume in seguito a formazione di coagulo. Monocita/ Macrofago Cellule muscolari lisce Lume Intima Endotelio Tonaca media Endotelio Cellule muscolari lisce 84-92ANA.indd 603 Strato subendoteliale Nucleo lipidico 23-09-2008 11:52:05 604 ■ PARTE X ■ Malattie metaboliche Muscolo FFA Adipe Chilomicrone Letto vascolare LPL Figura 86-7. Vie metaboliche esogena, endogena e inversa del colesterolo. La via esogena trasporta i grassi alimentari dall’intestino tenue al fegato e alla periferia, in forma di chilomicroni. La via endogena conduce alla secrezione di lipoproteine a densità molto bassa (VLDL) dal fegato e al loro catabolismo in proteine a densità intermedia (IDL) e lipoproteine a bassa densità (LDL). I trigliceridi sono idrolizzati dalle particelle di VLDL grazie all’azione della lipoprotein-lipasi (LPL) nel letto vascolare, con conseguente formazione di acidi grassi liberi (FFA, Free Fatty Acid), per l’utilizzazione e l’immagazzinamento nei muscoli e nel tessuto adiposo. Il metabolismo delle lipoproteine ad alta densità (HDL) è responsabile del trasporto del colesterolo in eccesso dai tessuti periferici al fegato, dove viene escreto nella bile. Le particelle di HDL-3 nascenti derivate dal fegato e dall’intestino tenue sono esterificate nelle più mature particelle HDL-2 dal movimento (mediato da enzimi) di chilomicroni e VLDL nel nucleo delle HDL, rimosso dalla circolazione mediante endocitosi. VLDL Residuo di chilomicrone Vasi linfatici IDL LDL Via esogena Via endogena Fegato Trasporto inverso del colesterolo HDL 3 HDL 2 VLDL Intestino tenue Tessuti periferici Chilomicrone TRASPORTO DEI LIPIDI ESOGENI (ALIMENTARI). Tutti i lipidi alimentari, fatta eccezione per i trigliceridi a catena media, sono efficacemente trasportati nella circolazione mediante drenaggio linfatico dalla muscosa intestinale. I trigliceridi e il CE si combinano con apoA e apoB-48 nella mucosa intestinale per formare chilomicroni, trasportati nella circolazione periferica attraverso il sistema linfatico. Le particelle di HDL donano ai chilomicroni gli apoC-II richiesti per l’attivazione della lipoproteina lipasi (LPL) all’interno dell’endotelio capillare dei tessuti adiposo, cardiaco e muscoloscheletrico. Gli acidi grassi liberi sono ossidati, riesterificati per essere immagazzinati come trigliceridi o rilasciati nella circolazione legati all’albumina per essere trasportati nel fegato. Dopo l’idrolisi del nucleo dei TG, le particelle di apoC ritornano nelle HDL. Il successivo contributo di apoE ai residui di chilomicroni facilita il legame tra questa particella e i recettori epatici per LDL (LDL-R). All’interno dell’epatocita, il residuo di chilomicrone può essere incorporato nelle membrane, riescreto come lipoproteina nella circolazione o secreto come acido biliare. Normalmente tutti i lipidi introdotti con la dieta sono eliminati entro 8 ore dal pasto, fatta eccezione per gli individui con un disturbo del metabolismo dei chilomicroni. L’iperlipidemia postprandiale è un fattore di rischio per l’aterosclerosi. L’anomalo trasporto di chilomicroni e dei loro residui può determinare il loro assorbimento nelle pareti dei vasi sanguigni in forma di cellule schiumose, causate dall’ingestione di CE da parte dei macrofagi (stadio iniziale dello sviluppo delle strie lipidiche). TRASPORTO DI LIPIDI ENDOGENI DAL FEGATO. La via endogena delle lipoproteine consiste nella formazione e secrezione delle VLDL dal fegato e nel catabolismo in particelle IDL e LDL. Gli acidi grassi usati nella formazione epatica delle VLDL so- 1,20 HDL 1,10 Fosfolipide Colesterolo non esterificato Densità g/mL Colesterolo estere LDL 1,06 IDL 1,02 VLDL 1,006 1,00 APOB-100 5 10 20 40 60 80 1000 Diametro, mm Lipoproteina a bassa densità Figura 86-8. Modello schematico di una lipoproteina a bassa densità (LDL), costituita da un nucleo centrale di colesteril esteri circondato da fosfolipidi, colesterolo e proteine. 84-92ANA.indd 604 Figura 86-9. La densità delle diverse classi di lipoproteine è inversamente proporzionale al rapporto tra i lipidi e le proteine. Dato che i lipidi sono meno densi, più ne sono contenuti nella particella, maggiori sono le dimensioni della stessa, mentre la sua densità decresce. HDL, lipoproteine ad alta densità; LDL, lipoproteine a bassa densità; IDL, lipoproteine a densità intermedia; VLDL, lipoproteine a densità molto bassa. 23-09-2008 11:52:06 Capitolo 86 ■ Difetti del metabolismo lipidico ■ 605 TABELLA 86-7. Caratteristiche delle lipoproteine principali LIPOPROTEINA* Chilomicroni Residuo di chilomicrone VLDL IDL LDL HDL ORIGINE Intestino Chilomicroni Fegato, intestino VLDL VLDL Fegato, intestino, VLDL, chilomicroni DIMENSIONI (nm) 80-1200 40-150 30-80 25-35 18-25 5-20 DENSITÀ (g/mL) 0,95 1,0006 0,95-1,006 1,006-1,019 1,019-1,063 1,125-1,210 COMPOSIZIONE % PROTEINE LIPIDI 1-2 98-99 6-8 92-94 7-10 90-93 11 89 21 79 32-57 43-68 APOLIPOPROTEINE* C-I, C-II, C-III, E, A-I, A-II, A-IV, B-48 B-48, E B-100, C-I, C-II, C-III B-100, E B-100 A-I, A-II, A-IV, C-I, C-II, C-III, D, E *Le lipoproteine sono costituite da un nucleo centrale di trigliceridi e colesteril estere circondato da fosfolipidi, colesterolo e proteine. Le proteine costituenti sono chiamate apolipoproteine. HDL, lipoproteine ad alta densità; LDL, lipoproteine a bassa densità; IDL, lipoproteine a densità intermedia; VLDL, lipoproteine a densità molto bassa. no derivati principalmente dall’assorbimento dalla circolazione. Le VLDL (composte da trigliceridi, colesteril esteri, fosfolipidi e apoB-100) sono trasportate dal fegato con la stessa rapidità con cui vengono sintetizzate. Le particelle di VLDL secrete nella circolazione si combinano con le apoliproteine C ed E. Le loro dimensioni sono determinate dalla quantità di trigliceridi presenti, che si rimpiccioliscono progressivamente a mano a mano che i TG sono idrolizzati dall’azione di LPL, producendo acidi grassi liberi per l’utilizzazione o l’immagazzinamento nei muscoli o nel tessuto adiposo. L’idrolisi dell’80% dei TG presenti nelle VLDL produce IDL contenenti una identica quantità di colesterolo e TG e i cui residui sono convertiti in LDL, da rilasciare nei tessuti periferici o nel fegato. ApoE si lega a questi residui per consentire il legame con le cellule e la successiva incorporazione nei lisosomi. Gli individui con deficit di apoE2 o di trigliceridi lipasi epatica accumulano IDL nel plasma. Le particelle di LDL contengono il 70% del colesterolo plasmatico negli individui normali. I recettori LDL sono presenti sulla superficie di quasi tutte le cellule. La maggior parte delle LDL sono assorbite dal fegato e il resto è trasportato ai tessuti periferici, come le ghiandole surrenali e la gonadi (per la sintesi steroidea). La dislipidemia è enormemente influenzata dall’attività delle LDL-R. Anche l’efficienza della conversione delle VLDL in LDL svolge un ruolo importante nell’omeostasi lipidica. HDL E TRASPORTO INVERSO DEL COLESTEROLO. Dal momento che la secrezione epatica di lipidi nella bile è l’unico meccanismo per la rimozione del colesterolo dal corpo, il trasporto del colesterolo in eccesso dalle cellule periferiche da parte delle HDL costituisce una funzione vitale. Le HDL sono cariche di apoA-I contenente lipoproteine non aterogeniche (a differenza delle lipoproteine B). Le particelle di HDL a ridotto contenuto di colesterolo secrete da fegato e intestino tenue sono esterificate nelle più mature particelle HDL-2, mediante l’azione dell’enzima lecitina-colesterolo aciltransferasi (LCAT), che facilita il movimento dei chilomicroni e delle VLDL nel nucleo della HDL. Le HDL-2 possono riportare i colesteril esteri alle lipoproteine apoB, con la mediazione della proteina di trasferimento del colesterolo esterificato; oppure le particelle ricche di colesterolo sono rimosse dal plasma da parte degli endociti, completando il trasporto inverso del colesterolo. Ridotti livelli di HDL possono essere genetici (deficit di apoA-I) o secondari all’incremento dei TG plasmatici. IPERLIPOPROTEINEMIA IPERCOLESTEROLEMIA (TAB. 86-8) Ipercolesterolemia familiare (FH). La FH (Familiar Hypercholesterolemia) è una malattia monogenica autosomica codominante causata da mutazioni che colpiscono il recettore LDL. È caratterizzata da un impressionante aumento del colesterolo LDL, da malattia cardiovascolare precoce e da xantomi tendinei. Gli studi molecolari hanno consentito di identificare cinque classi di mutazioni che compromettono la capacità del colesterolo LDL di legarsi al recettore LDL. Alcune delle 800 mutazioni descritte alterano la sintesi del recettore LDL (recettore negativo), mentre altre danneggiano la capacità di legame o determinano il rilascio nell’interfaccia lipoproteina-recettore. Tali mutazioni negative provocano fenotipi più gravi rispetto alle mutazioni responsabili di deficit del recettore. FH omozigote. Gli omozigoti FH ereditano due geni per il recettore LDL anomalo, con conseguente marcato aumento del colesterolo plasmatico a livelli che raggiungono i 500-1200 mg/ dL. La concentrazione dei trigliceridi resta normale o lievemente elevata, mentre i livelli di HDL possono risultare lievemente ridotti. Questa malattia colpisce 1/1 000 000 persone. Nei pazienti con recettore negativo l’attività recettoriale è ridotta a 2% del normale, mentre i soggetti con recettore deficitario, nei quali il 25% dell’attività è preservato, hanno una prognosi migliore. La prognosi è comunque negativa a prescindere dal tipo di aberrazione del recettore LDL. Fino dall’infanzia è presente grave aterosclerosi, che coinvolge la radice aortica e le arterie coronariche. La malattia può esordire con xantomi, che causano un ispessimento del tendine di Achille o dei tendini estensori delle TABELLA 86-8. Iperlipoproteinemia DISTURBO Ipercolesterolemia familiare Deficit familiare di ApoB-100 Ipercolesterolemia autosomica recessiva Sitosterolemia Ipercolesterolemia poligenica Iperlipidemia combinata familiare (FCHL) Disbetalipoproteinemia familiare Chilomicronemia familiare (Frederickson di tipo I) Ipertrigliceridemia familiare (Frederickson di tipo IV) Ipertrigliceridemia familiare (Frederickson di tipo V) Deficit della lipasi epatica familiare LIPOPROTEINE ELEVATE LDL LDL LDL LDL LDL LDL, TG LDL, TG TG ↑↑ TG ↑ TG ↑↑ VLDL REPERTI CLINICI Xantoma tendineo, CHD Xantoma tendineo, CHD Xantoma tendineo, CHD Xantoma tendineo, CHD CHD CHD Xantoma tubero-eruttivo, malattia vascolare periferica Xantoma eruttivo, epatosplenomegalia, pancreatite ±CHD Xantoma ±CHD CHD GENETICA AD AD AR AR AD AD AR AD AD AR INCIDENZA STIMATA 1/500 1/1000 1/1 000 000 1/1 000 000 1/30? 1/200 1/10 000 1/1 000 000 1/500 1/1 000 000 AD, autosomica dominante; AR, autosomica recessiva; CHD, malattia coronarica cardiaca; LDL, lipoproteine a bassa densità; TG, trigliceridi; VLDL, lipoproteine a densità molto bassa. 84-92ANA.indd 605 23-09-2008 11:52:06 606 ■ PARTE X ■ Malattie metaboliche mani, oppure con lesioni cutanee localizzate su mani, gomiti, ginocchia o natiche (Figg. 86-10, 86-11 e 86-12). Può essere presente arco corneale. La storia familiare rivela spesso la prevalenza di malattie cardiache premature nei parenti di entrambi i genitori. La diagnosi può essere confermata dalla misura dell’attività del recettore LDL su colture di fibroblasti cutanei. L’espressione fenotipica della malattia può essere valutata anche mediante misura dell’attività recettoriale sulla superficie dei linfociti, utilizzando il separatore cellulare o sorter. I pazienti omozigoti non trattati raramente sopravvivono fino all’età adulta. La morte improvvisa in seguito all’insorgenza di sintomi di insufficienza coronarica è un’evenienza comune. L’aferesi LDL, per rimuovere selettivamente le particelle di LDL dalla circolazione, è consigliata in molti bambini, nel tentativo di rallentare la progressione dell’aterosclerosi. Anche il trapianto di fegato si è dimostrato efficace nel ridurre i livelli di colesterolo LDL, ma le complicanze legate all’immunosoppressione sono comuni. Gli inibitori della HGM CoA reduttasi sono spesso efficaci su specifiche classi di recettori LDL deficitari. L’associazione di ezetimibe, che blocca selettivamente l’assorbimento di colesterolo nell’intestino e che oggi ha ampiamente sostituito l’uso dei chelanti degli acidi biliari, consente un ulteriore modesto declino dei livelli di LDL. FH eterozigote. È una delle mutazioni di gene singolo più comuni associate a sindromi coronariche acute, aterosclerosi e coronaropatia (CHD) negli adulti. La sua prevalenza mondiale è di 1/500 individui, ma la frequenza in popolazioni specifiche come i franco-canadesi, gli afrikaner e i libanesi cristiani può raggiungere 1/250, a causa dell’effetto fondatore di nuove mutazioni uniche. Figura 86-12. Xantoma eruttivo sulla superficie esterna dell’avambraccio. (Da Durrington P: Dyslipidemia, Lancet 2003; 362: 717-731.) Figura 86-10. Xantoma del tendine di Achille (ipercolesterolemia eterozigote familiare). (Da Durrington P: Dyslipidemia, Lancet 2003; 362: 717-731.) Figura 86-11. Xantoma striato palmare. (Da Durrington P: Dyslipidemia, Lancet 2003; 362: 717-731.) 84-92ANA.indd 606 Nelle società occidentali, le malattie cardiache sono responsabili di oltre il 50% dei decessi. La patogenesi della CHD è al tempo stesso ambientale e genetica; l’espressione fenotipica della malattia è determinata dalle complesse interazioni tra questi due fattori. Per esempio, i cinesi con FH eterozigote che vivono in Cina hanno un livello di colesterolo medio pari a 168 mg/dL, mentre nei cinesi emigrati in Canada il livello sale a 288 mg/dL. Questa impressionante disparità nei livelli di lipoproteine collegata alla localizzazione geografica è destinata a ridursi progressivamente, in seguito alla diffusione in Cina di abitudini dietetiche e stili di vita occidentali. Dal momento che la condizione di eterozigote FH è codominante con penetranza pressoché completa, il 50% dei parenti di primo grado degli individui colpiti e il 25% dei parenti di secondo grado svilupperanno la malattia. Si stima che l’FH colpisca 10 milioni di persone nel mondo. I sintomi di CHD solitamente esordiscono tra i 45-48 anni negli uomini e dieci anni dopo nelle donne. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha elaborato una serie di strategie di intervento individualizzate per contrastare gli effetti dell’FH su morbilità e mortalità. Una percentuale relativamente ridotta della popolazione presenta una quota sproporzionata di disturbi cardiovascolari. L’espressione clinica della malattia è inequivocabile e il trattamento è efficace. La storia familiare riveste un’importanza fondamentale nel suggerire la diagnosi. Se dall’anamnesi risultano episodi di CHD o un’ipercolesterolemia dei genitori, il bambino andrebbe sottoposto a esame del colesterolo plasmatico. I livelli plasmatici di colesterolo LDL non consentono la diagnosi inequivocabile di FH eterozigote, ma i valori sono generalmente doppi rispetto a quelli normali per l’età, a causa dell’allele disfunzionale o assente. Il programma MED-PED (Make Early 23-09-2008 11:52:06 Capitolo 86 Diagnosis-Prevent Early Death), elaborato in Utah, prevede una serie di criteri diagnostici. Protocolli analoghi sono stati formulati anche nel Regno Unito e in Olanda. La diagnosi in famiglie FH ben definite si basa su soglie di selezione delle LDL. In famiglie mai diagnosticate in precedenza, per la formulazione della diagnosi sono richieste soglie di selezione più elevate e criteri più rigorosi, che dimostrino il modello ereditario autosomico. Con il livello di colesterolo totale di 310 mg/dL, soltanto il 4% delle persone della popolazione generale presenta FH, mentre la percentuale sale al 95% nei soggetti parenti di primo grado di individui malati. La probabilità matematica di FH, verificata dalla genetica molecolare, si basa su una coorte di popolazione statunitense e può non essere applicabile in altri Paesi. Livelli molto elevati di colesterolo nei bambini suggeriscono l’opportunità di effettuare uno screening dei parenti di primo e secondo grado (screening “inverso” per il colesterolo). Un bambino o adolescente (di età inferiore ai 18 anni) con un livello di colesterolo plasmatico di 270 mg/dL e/o LDL-C di 200 mg/dL ha una probabilità dell’88% di essere affetto da FH. In presenza di un parente di primo grado con FH dimostrata, la diagnosi è virtualmente certa (Tab. 86-9). Per diagnosticare una probabile FH in un bambino con genitore affetto, è sufficiente un’elevazione modesta del colesterolo totale (a 220 mg/dL; LDL-C 155 mg/dL). Il trattamento dei bambini con FH dovrebbe cominciare con una dieta a ridotto contenuto di grassi (vedi oltre), ma essa da sola non è sufficiente a riportare i livelli di colesterolo a valori accettabili (LDL-C 130 mg/dL). L’Expert Panel on Blood Cholesterol Levels in Children and Adolescents (National Cholesterol Education Program) ha promulgato una serie di linee guida per la somministrazione di farmaci in grado di ridurre il livello di colesterolo nei bambini (di età superiore ai 10 anni). La terapia farmacologica dovrebbe essere presa in considerazione in caso di LDL-C 160 mg/dL e in presenza di una storia familiare di malattia cardiaca precoce; in assenza di tale storia (per es. se il bambino è stato adottato), valori 190 mg/dL consigliano l’opportunità della terapia. Attualmente i chelanti degli acidi biliari sono usati di rado, sebbene ne sia stata dimostrata la sicurezza, a causa della scarsa compliance da parte dei pazienti e dei risultati insoddisfacenti. L’ezetimibe blocca l’assorbimento di colesterolo nel tratto gastrointestinale e implica un rischio ridotto di effetti collaterali. Dati preliminari suggeriscono che l’ezetimibe possa ridurre il co- TABELLA 86-9. Percentuale di giovani al di sotto dei 18 anni nella quale si prevede la presenza di FH sulla base dei livelli di colesterolo di genitori e parenti prossimi con FH COL. TOTALE (mg/dL) 180 190 200 210 220 230 240 250 260 270 280 290 300 310 COL. LDL (mg/dL) 122 130 138 147 155 164 172 181 190 200 210 220 230 210 PRIMO GRADO 7,2 13,5 26,4 48,1 73,1 90,0 97,1 99,3 99,9 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 PERCENTUALE CON FH A QUEL LIVELLO GRADO DI PARENTELA TERZO POPOLAZIONE SECONDO GRADO GRADO GENERALE 2,4 0,9 0,01 5,0 2,2 0,03 10,7 4,9 0,07 23,6 11,7 0,19 47,5 27,9 0,54 75,0 56,2 1,8 93,7 82,8 6,3 97,6 95,3 22,2 99,5 99,0 57,6 99,9 99,8 88,0 100,0 100,0 97,8 100,0 100,0 99,6 100,0 100,0 99,9 100,0 100,0 100,0 Col., colesterolo; FH, ipercolesterolemia familiare; LDL, lipoproteina a bassa densità. Da Williams RR, Hunt SC, Schumacher MC et al, Diagnosing heterozygous familial hypercholesterolemia using new practical criteria validated by molecular genetics. Am J Cardiol 1993;72: 171-176. 84-92ANA.indd 607 ■ Difetti del metabolismo lipidico ■ 607 lesterolo totale di 20-30 mg/dL, ma il farmaco non è stato ancora valutato nei bambini con trial clinici controllati. Gli inibitori della HMG CoA reduttasi sono diventati il farmaco di elezione per il trattamento dell’FH, grazie all’estrema efficacia e ottimo profilo di sicurezza. I dati clinici disponibili ne dimostrano l’efficacia anche nei bambini e i rischi di elevazione degli enzimi epatici e di miosite non sono superiori rispetto agli adulti (vedi oltre). Deficit familiare di ApoB-100 (FDB). L’FDB (Familial Defective apoB) è una malattia autosomica dominante indistinguibile dalla eterozigote FH. I livelli di colesterolo LDL sono aumentati, mentre i trigliceridi risultano normali; gli adulti sviluppano spesso xantoma tendineo e CHD prematura. L’FDB è causato da una mutazione nella regione legante il recettore dell’apoB-100, il ligando del recettore LDL. La frequenza nelle popolazioni di culture occidentali è di circa 1/700. La mutazione responsabile è solitamente una sostituzione della glutammina per l’arginina in posizione 3500 in apoB-100, che determina una riduzione della capacità del recettore LDL di legare il colesterolo LDL, impedendone così la rimozione dalla circolazione. Test di laboratorio specifici sono in grado di distinguere tra FDB e FH, ma visto che il trattamento è identico, questa diagnosi differenziale è utile solo a fini di ricerca. Ipercolesterolemia autosomica recessiva. Questa rara malattia, causata da un difetto del recettore LDL che media l’endocitosi nel fegato, si presenta con una grave ipercolesterolemia, a livelli intermedi tra quelli riscontrati nella FH omozigote e in quella eterozigote. Particolarmente frequente nei sardi, risponde moderatamente al trattamento con gli inibitori dell’HMG CoA reduttasi. Sitosterolemia. Rara malattia autosomica recessiva caratterizzata da un eccessivo assorbimento di steroli, causata da mutazioni nel sistema della proteina ATP-binding cassette transporter, responsabile della limitazione dell’assorbimento di steroli nell’intestino tenue e della promozione dell’escrezione biliare delle piccole quantità assorbite. I livelli di colesterolo plasmatico possono risultare gravemente aumentati, provocando xantomi tendinei e aterosclerosi prematura. La diagnosi può essere confermata mediante la misurazione dei livelli plasmatici di sitosterolo. Il trattamento con gli inibitori dell’HGM CoA reduttasi non è efficace, mentre sono utili gli inibitori dell’assorbimento di colesterolo (come l’ezetimibe e i chelanti degli acidi biliari). Ipercolesterolemia poligenica. L’elevazione primaria del colesterolo LDL in bambini e adulti è spesso poligenica; gli effetti di vari geni sono potenziati dalle influenze ambientali (in primo luogo dalla dieta). I livelli plasmatici di colesterolo sono moderatamente aumentati, mentre quelli dei trigliceridi sono nella norma. L’ipercolesterolemia poligenica si riscontra in famiglie i cui membri condividono lo stesso stile di vita, ma non segue un modello ereditario prevedibile (a differenza dei difetti dei geni singoli). Il trattamento dei bambini con ipercolesterolemia poligenica consiste nel promuovere uno stile di vita più sano, riducendo l’apporto di grassi saturi ed effettuando attività fisica regolare (almeno un’ora al giorno). L’instaurazione di una terapia farmacologica per la riduzione del colesterolo è raramente necessaria. IPERCOLESTEROLEMIA CON IPERTRIGLICERIDEMIA Iperlipidemia familiare combinata (FCHL). La FCHL (Familial Combined HyperLipidemia) è una malattia autosomica dominante caratterizzata da un moderato aumento di colesterolo LDL e di trigliceridi nel plasma e da una riduzione del livello plasmatico di colesterolo HDL. Con una frequenza di 1/200, è l’alterazione primitiva del metabolismo lipidico più comune. Non è stata evidenziata alcuna aberrazione metabolica singola che colleghi FCHL con l’aterogenesi, ma è dimostrato che il 20% degli individui che sviluppa CHD entro i 60 anni presenta FCHL. La storia familiare di malattia cardiaca precoce è tipicamente positiva; la diagnosi formale richiede che almeno due parenti di primo grado presentino una delle tre varianti della dislipidemia: (1) colesterolo LDL nel plasma 90º percentile; (2) colesterolo LDL e trigliceridi 90º percentile; (3) trigliceridi 90º percentile. Alcuni individui possono passare da un fenotipo a un altro. Gli xantomi non compaiono. La diagnosi è avvalorata dal riscontro di un aumento 23-09-2008 11:52:08 608 ■ PARTE X ■ Malattie metaboliche dei livelli plasmatici di apoB, con incremento delle particelle LDL piccole e dense. Bambini e adulti con FCHL presentano anche adiposità, ipertensione e iperinsulinemia; questi reperti suggeriscono la presenza di una sindrome metabolica, la cui diagnosi formale è definita dal NCEP’s Adult Treatment Panel III (ATP III), che identifica sei componenti principali: obesità addominale, dislipidemia aterogenica, ipertensione, resistenza all’insulina con o senza compromissione della tolleranza al glucosio, infiammazione vascolare e ipercoagulabilità. Si stima che il 30% degli adulti sovrappeso soddisfi i criteri per la diagnosi di sindrome metabolica (inclusi i due terzi con FCHL). Gli ispanici e gli asiatici del subcontinente indiano meridionale sono particolarmente suscettibili. I meccanismi responsabili dell’associazione tra adiposità viscerale, sindrome metabolica e diabete di tipo II non sono stati ancora completamente precisati. Un principio unificante plausibile è la constatazione che l’obesità causa stress del reticolo endoplasmatico, con conseguente soppressione della segnalazione del recettore dell’insulina, calo della resistenza all’insulina e aumento della risposta infiammatoria. Come tutto ciò si colleghi all’aterogenesi non è chiaro. Si ipotizza che l’ipercolesterolemia e forse anche l’ipertrigliceridemia aumentino il rischio di malattia cardiovascolare in pazienti con FCHL. Quando le caratteristiche della sindrome metabolica sono incluse in modelli logistici, la condivisione di parametri eziologici come l’aumento dell’adiposità viscerale diviene evidente. Quest’ultimo fatto avviene anche con l’età e, malgrado la scarsità dei dati a riguardo, costituisce certamente un fattore di rischio per malattia cardiaca e diabete nei bambini. Misurazioni longitudinali della circonferenza addominale e la determinazione del grasso intra-addominale mediante RM sono attualmente in fase di sperimentazione, ma nella pratica pediatrica l’indice di massa corporea è tuttora il più utilizzato per valutare l’adiposità. La sindrome metabolica fornisce una drammatica dimostrazione dell’interazione tra fattori genetici e ambientali. La suscettibilità genetica è essenziale per l’insorgenza della malattia cardiaca prematura in individui con FCHL. Ma uno stile di vita poco salutare, una dieta scorretta e la mancanza di attività fisica contribuiscono all’obesità e alle altre caratteristiche della sindrome metabolica. La modifica dello stile di vita costituisce un elemento imprescindibile della terapia. Ciò include una dieta povera di grassi saturi, grassi trans, colesterolo e zuccheri. È importante inoltre aumentare il consumo di frutta e di verdure e praticare un’ora di attività fisica moderata al giorno. La compliance da parte di bambini e genitori costituisce spesso un problema; una modifica graduale delle abitudini ha più probabilità di successo rispetto a una dieta drastica e aggressiva. È fondamentale che i genitori del bambino (o il caregiver) siano coinvolti nel processo terapeutico. I livelli plasmatici di trigliceridi tendono a rispondere alle restrizioni dietetiche (in particolare all’eliminazione delle bibite dolcificate). I livelli ematici di colesterolo possono scendere del 10-15%, ma se il colesterolo LDL resta 160 mg/dL è opportuno prendere in considerazione la terapia farmacologica. Disbetalipoproteinemia familiare (FDBL, iperlipoproteinemia di tipo II). La FDBL (Familial DysBetaLipoproteinemia) è causata da mutazioni del gene per l’apolipoproteina E (apoE), che se viene esposta a influenze ambientali (come una dieta ricca di grassi o troppo calorica, o un eccessivo consumo di alcol), può condurre a un tipo misto di iperlipidemia. I pazienti mostrano un aumento simile di colesterolo e trigliceridi nel plasma. A differenza delle altre cause di ipertrigliceridemia associate a una riduzione di HDL, il colesterolo HDL è normale. Questo raro disturbo colpisce 1/10 000 persone. ApoE media la rimozione dalla circolazione di chilomicroni e residui di VLDL legandosi ai recettori di membrana degli epatociti. Il gene polimorfico apoE si esprime in tre isoforme: apoE3, apoE2 e apoE4. E4 è l’allele “normale”, presente nella maggior parte della popolazione. L’isoforma apoE2 presenta un’affinità inferiore per il recettore LDL e ha una frequenza del 7%. L’1% circa della popolazione è omozigote per apoE2/E2, la più comune mutazione associata con FDBL, ma soltanto una minoranza esprime la malattia. 84-92ANA.indd 608 L’espressione richiede una patologia scatenante, come il diabete, l’obesità, la malattia renale o l’ipotiroidismo. Gli individui omozigoti per apoE4/E4 sono a rischio per la malattia di Alzheimer a esordio tardivo. Nella maggior parte dei pazienti con FDBL, la malattia si presenta in età adulta con caratteristici xantomi. Gli xantomi tuberoeruttivi somigliano a grappoli d’uva e si sviluppano su ginocchia, natiche e gomiti. Un’altra caratteristica tipica è la colorazione giallo-arancio delle pieghe delle mani (xantoma palmare). L’aterosclerosi, che si presenta spesso come malattia vascolare periferica, può insorgere nella quarta o quinta decade. Nei bambini la malattia tende a esordire con un’eruzione cutanea meno riconoscibile, solitamente in seguito a una malattia scatenante. La diagnosi di FDBL è stabilita mediante elettroforesi delle lipoproteine, che dimostra un aumento della banda beta contente i residui delle stesse. La misura diretta della VLDL mediante ultracentrifugazione è eseguita in laboratori specialistici. Un rapporto VLDL/trigliceridi totali 0,30 conferma la diagnosi. L’ApoE genotipizzazione per l’omozigosità apoE2 può essere realizzata, confermando la diagnosi in presenza dei reperti obiettivi caratteristici. Un risultato negativo non esclude necessariamente la malattia, perché altre mutazioni di apoE possono causare manifestazioni ancora più gravi. Il trattamento farmacologico della FDBL è necessario, per ridurre la probabilità di aterosclerosi sintomatica negli adulti. Gli inibitori dell’HMG CoA reduttasi, l’acido nicotinico e i fibrati si sono rivelati ugualmente efficaci. La FDBL tende a rispondere alla restrizione dietetica. IPERTRIGLICERIDEMIA. Il disturbo familiare caratterizzato da lipoproteine ricche di trigliceridi include varianti rare e comuni del sistema di classificazione di Frederickson: la chilomicronemia (tipo I), l’ipertrigliceridemia familiare (tipo IV) e la più grave forma combinata di ipertrigliceridemia e chilomicronemia (tipo V). Anche il deficit di lipasi epatica (HL) determina una forma simile di iperlipidemia combinata. Chilomicronemia familiare (iperlipidemia di tipo I). Questo raro difetto di un singolo gene, come l’ipercolesterolemia familiare, è dovuto a una mutazione che colpisce la clearance delle lipoproteine contenenti apoB. Il deficit o l’assenza della lipoproteina lipasi (LPL) o del suo cofattore apoC-II (che facilita la lipolisi), causano un grave aumento plasmatico dei chilomicroni ricchi di trigliceridi. I livelli di colesterolo HDL diminuiscono. A causa del marcato ritardo della clearance di queste particelle, il plasma assume un aspetto lattescente, anche dopo un digiuno prolungato Figura 86-13. Plasma lattescente di un paziente con dolore addominale acuto. (Da Durrington P: Dyslipidemia, Lancet 2003; 362: 717-731.) 23-09-2008 11:52:08 Capitolo 86 (Fig. 86-13). La chilomicronemia determinata dal deficit di LPL è associata a una modesta elevazione dei trigliceridi, che non si verifica in caso di deficit o assenza di apoC-II. Entrambi i disturbi si trasmettono con modalità autosomica recessiva, con una frequenza di 1/1 000 000. Solitamente la malattia si presenta durante l’infanzia con pancreatite acuta. Talvolta compaiono xantomi eruttivi su braccia, ginocchia e natiche. L’epatosplenomegalia è frequente. La diagnosi è stabilità mediante dosaggio dell’attività lipolitica dei trigliceridi. Il trattamento della chilomicronemia prevede restrizioni dietetiche rigorose e la somministrazione di vitamine liposolubili. I trigliceridi a catena media assorbiti nel sistema venoso portale possono aumentare l’assorbimento totale di grassi e anche l’assunzione di olio di pesce può avere effetti benefici. Ipertrigliceridemia familiare (FHTG, iperlipidemia di tipo IV). La FHTG (Familial HyperTriGlyceridemia) è un disturbo autosomico dominante dall’eziologia sconosciuta, che si verifica in 1/500 individui. È caratterizzato da un aumento 90º percentile dei trigliceridi plasmatici (range: 250-1000 mg/dL), spesso associato a una lieve elevazione del colesterolo plasmatico e ad una riduzione di HDL. Solitamente la FHTG non si manifesta fino all’età adulta, benché sia espressa nel 20% dei bambini colpiti. A differenza della FCHL, la FHTG non è ritenuta aterogenica. È probabilmente causata da un deficit del catabolismo delle VLDL oppure, meno frequentemente, dall’iperproduzione di questa classe di lipoproteine. La diagnosi dovrebbe includere la presenza di almeno un parente di primo grado con ipertrigliceridemia. La FHTG deve essere differenziata da FCHL e FDBL, perché queste ultime richiedono un trattamento più aggressivo, per prevenire la malattia vascolare coronarica o periferica. La diagnosi differenziale è solitamente possibile sul piano clinico, poiché nella FHTG si riscontrano ridotti livelli di colesterolo LDL; la misura dei livelli di apoB può essere utile nelle situazioni più ambigue. Talvolta si osserva una forma più grave di ipertrigliceridemia, caratterizzata da un aumento dei livelli di chilomicroni oltre che delle particelle VLDL (tipo V nella classificazione di Frederickson). I livelli di trigliceridi sono spesso 1000 mg/dL. La malattia si riscontra raramente nei bambini. A differenza della chilomicronemia (tipo I), il deficit di LPL o apoC-II non è presente. Questi pazienti sviluppano spesso xantomi eruttivi in età adulta, mentre negli individui con ipertrigliceridemia di tipo IV questo sintomo non compare. La malattia può esordire con una pancreatite acuta. Come per le altre ipertrigliceridemie, un eccessivo consumo di alcol o una terapia con estrogeni possono esacerbare la malattia. Prima di stabilire la diagnosi di FHTG, è necessario escludere le altre cause secondarie di ipertrigliceridemia transitoria, come una dieta ricca di zuccheri semplici e carboidrati, un eccessivo consumo di alcol o una terapia estrogenica. Adolescenti e adulti andrebbero interrogati circa il consumo quotidiano di bibite zuccherate. L’eliminazione di tali bevande consente spesso di ottenere un drastico calo dei livelli di trigliceridi e del peso corporeo nei soggetti obesi. Quando l’indice di massa corporea si stabilizza, anche i livelli di colesterolo HDL tendono a risalire. Le malattie pediatriche associate all’iperlipidemia includono l’ipotiroidismo, la sindrome nefrotica, l’atresia biliare, le glicogenosi, la malattia di Niemann-Pick, la malattia di Tay-Sachs, il lupus eritematoso sistemico, l’epatite e l’anoressia nervosa (Tab. 86-10). I farmaci che causano un’esacerbazione dell’iperlipidemia includono l’isotretinoina, i diuretici tiazidici, i contraccettivi orali, gli steroidi, i -bloccanti, gli immunosoppressori e gli inibitori della proteasi usati nel trattamento dell’HIV. Il trattamento dell’ipertrigliceridemia nei bambini richiede raramente la somministrazione di farmaci, a meno che livelli 1000 mg/dL persistano malgrado l’instaurazione di una dieta a ridotto contenuto di grassi, zuccheri e carboidrati e l’aumento dell’attività fisica. In tali casi l’obiettivo è di prevenire episodi di pancreatite. L’utilizzo di fibrati e niacina, comune negli adulti, non è consigliabile nei bambini. Gli inibitori dell’HGM reduttasi sono ragionevolmente efficaci nel ridurre i livelli dei trigliceridi e le esperienze finora accumulate sembrano dimostrare l’assenza di effetti collaterali significativi. 84-92ANA.indd 609 ■ Difetti del metabolismo lipidico ■ 609 TABELLA 86-10. Cause secondarie di iperlipidemia IPERCOLESTEROLEMIA Ipertiroidismo Sindrome nefrotica Colestasi Anoressia nervosa Farmaci: progesterone, tiazide, tegretol, ciclosporina IPERTRIGLICERIDEMIA Obesità Diabete di tipo II Alcol Insufficienza renale Sepsi Stress Sindrome di Cushing Gravidanza Epatite AIDS, inibizione della proteasi Farmaci: steroidi anabolici, -bloccanti, estrogeni, tiazide RIDUZIONE DI HDL Fumo Obesità Diabete di tipo II Malnutrizione Farmaci: -bloccanti, steroidi anabolici HDL, lipoproteina ad alta densità. Deficit di lipasi epatica. Il deficit di lipasi epatica è un disturbo autosomico recessivo estremamente raro, responsabile di un aumento plasmatico di colesterolo e trigliceridi. La lipasi epatica idrolizza i trigliceridi e i fosfolipidi in residui di VLDL e IDL, prevenendo la loro conversione in LDL. I livelli di colesterolo HDL tendono a crescere piuttosto che a diminuire, suggerendo così la diagnosi. Il dosaggio dell’attività di HL nel plasma eparinato consente di confermare la diagnosi. DISTURBI DEL METABOLISMO DELLE HDL Ipoalfaliproteinemia primaria. La presenza isolata di ridotti livelli di colesterolo HDL è un disturbo familiare che spesso sembra seguire un pattern di ereditarietà autosomica dominante, ma può insorgere indipendentemente dalla storia familiare. È il più comune disturbo del metabolismo delle HDL. Per definizione, il colesterolo HDL deve essere 10º percentile per genere ed età, con trigliceridi e colesterolo LDL nella norma. Il collegamento tra questo disturbo e l’accelerazione dell’aterosclerosi è controverso. Si nota tuttavia una riduzione della sintesi di apoA-I e un aumento del catabolismo di HDL. La diagnosi differenziale è con le cause secondarie di riduzione del colesterolo HDL: la sindrome metabolica e rare malattie come il deficit di LCAT e la malattia di Tangeri. Ipoalfaliproteinemia familiare. Questa insolita malattia comporta una riduzione del rischio di CHD tra i membri familiari. I livelli plasmatici di colesterolo HDL superano gli 80 mg/dL. Deficit di apoA-I familiare. Le mutazioni del gene apoA-I possono risultare in una completa assenza di HDL nel plasma. L’HDL nascente è prodotto nel fegato e nell’intestino tenue. Il colesterolo libero proveniente dalle cellule periferiche è esterificato da LCAT, consentendo la formazione di particelle mature di HDL. ApoA-I è richiesto per la normale funzione enzimatica di LCAT. L’accumulo di colesterolo libero nella circolazione causa opacità corneale, xantomi palmari e aterosclerosi prematura. Tuttavia, alcuni pazienti presentano mutazioni di apoA-I che consentono un più rapido catabolismo della proteina, non associato ad aterogenesi, malgrado i livelli di colesterolo HDL siano compresi tra 15 e 30 mg/dL. Malattia di Tangeri. Questa malattia autosomica dominante è associata a livelli di colesterolo HDL 5 mg/dL ed è causata da una mutazione di ACDA1, una proteina che facilita il legame fra colesterolo cellulare e apoA-I. Ciò determina un accumulo di colesterolo libero nel sistema reticoloendoteliale, che si manifesta con ipertrofia tonsillare, caratteristico colorito arancio 23-09-2008 11:52:09 610 ■ PARTE X ■ Malattie metaboliche ed epatosplenomegalia. L’accumulo di colesterolo nelle cellule di Schwann può causare neuropatia periferica intermittente. La diagnosi andrebbe sospettata in presenza di un bambino con tonsille ipertrofiche tendenti all’arancione e bassi livelli di colesterolo HDL. Deficit familiare di lecitina colesterolo aciltransferasi (LCAT). Le mutazioni che colpiscono LCAT interferiscono con l’esterificazione del colesterolo, prevenendo la formazione di particelle di HDL mature. Ciò determina un rapido catabolismo di apoA-I. La libera circolazione di colesterolo nel plasma aumenta notevolmente, con conseguente opacità corneale e livelli di colesterolo HDL 10 mg/dL. Il deficit parziale di LCAT è noto con il nome di malattia con “occhio di pesce”, mentre il deficit completo determina anemia emolitica e insufficienza renale progressiva nella prima età adulta. Questa rara malattia non sembra provocare aterosclerosi prematura. Gli esami di laboratorio per la conferma della diagnosi prevedono la dimostrazione della riduzione dell’esterificazione del colesterolo nel plasma. Deficit della proteina di trasferimento del colesteril estere (CETP). Le mutazioni che coinvolgono il gene per la CETP (Cholesteryl Ester Transfer Protein) sono localizzate sul cromosoma 16y21. La CETP facilita il trasferimento delle lipoproteine dalle HDL mature alle VLDL e ai chilomicroni (e viceversa), regolando in questo modo il trasporto di colesterolo verso il fegato, per l’escrezione nella bile. Circa il 50% delle particelle mature di HDL2 è rimosso direttamente dalla circolazione da parte dei recettori HDL posti sulla membrana degli epatociti. Il restante 50% dei colesteril esteri che si trovano nel nucleo delle HDL è scambiato con trigliceridi nel nucleo delle lipoproteine apoB (VLDL, IDL, LDL), per essere trasportato nel fegato. Il deficit omozigote di CEPT è stato osservato in sottogruppi della popolazione giapponese con livelli di colesterolo HDL estremamente elevati (150 mg/dL). MALATTIE ASSOCIATE ALLA RIDUZIONE DI COLESTEROLO. I deficit delle lipoproteine contenenti apo-B e i disturbi del metabolismo intracellulare del colesterolo implicano bassi livelli plasmatici di colesterolo. Abetalipoproteinemia. Questa rara malattia autosomica recessiva è causata da mutazioni del gene che codifica la proteina microsomiale deputata al trasporto dei trigliceridi, necessaria per trasferire i lipidi ai nascenti chilomicroni nell’intestino tenue e alle VLDL nel fegato. Ciò determina l’assenza di chilomicroni, VLDL, LDL e apoB, nonché livelli estremamente ridotti di colesterolo plasmatico e trigliceridi. I sintomi di presentazione, nelle prima infanzia, sono malassorbimento dei grassi, diarrea e deficit staturo-ponderale. La degenerazione spinocerebellare, secondaria al deficit di vitamina E, si manifesta con perdita dei riflessi tendinei profondi, che progredisce verso l’atassia e la spasticità degli arti inferiori negli adulti. I pazienti con abetalipoproteinemia vanno incontro anche a retinopatia pigmentosa progressiva, associata a una riduzione della visione notturna e dei colori, fino alla cecità. I sintomi neurologici e la retinopatia possono condurre all’erronea diagnosi di atassia di Friedreich. La diagnosi differenziale è suggerita dalla presenza nell’abetalipoproteinemia di malassorbimento e acantocitosi su striscio di sangue periferico. La maggior parte delle manifestazioni cliniche della malattia è il risultato del malassorbimento di vitamine liposolubili, come E, A e K. Il trattamento precoce con integratori vitaminici (in particolare della E) può rallentare significativamente lo sviluppo delle sequele neurologiche. La vitamina E in genere è trasportata dall’intestino tenue al fegato dai chilomicroni, mentre il suo rilascio nella circolazione e nei tessuti periferici dipende dalla via endogena delle VLDL. I genitori di bambini con abetalipoproteinemia presentano livelli ematici di lipidi e apoB nella norma. Ipobetalipoproteinemia familiare. L’ipobetalipoproteinemia omozigote familiare è associata a sintomi molto simili a quelli dell’abetalipoproteinemia, ma è trasmessa con modalità autosomica codominante. La malattia è causata da mutazioni del gene che codifica per la sintesi di apoB-100. Può essere differenziata dall’abetalipo- 84-92ANA.indd 610 proteinemia perché i genitori eterozigoti dei probandi presentano livelli plasmatici di colesterolo LDL e apoB inferiori alla norma del 50%. La condizione eterozigote non è associata a sintomi o sequele di alcun tipo. L’incapacità selettiva di secernere apoB-48 dall’intestino tenue determina una malattia simile all’abetalipoproteinemia e all’ipoabetalipoproteinemia omozigote. Questo disturbo, talvolta definito malattia di Anderson, è caratterizzato da un insufficiente assorbimento di chilomicroni, con conseguente steatorrea e deficit di vitamine liposolubili. Sindrome di Smith-Lemli-Opitz (SLOS). I pazienti con SLOS (Smith-Lemil-Opitz Sindrome) presentano spesso anomalie congenite multiple e ritardo evolutivo, causati dal ridotto livello plasmatico di colesterolo e dall’accumulo dei suoi precursori (Tabb. 86-11 e 86-12). L’analisi del pedigree familiare ha rivelato una modalità di trasmissione autosomica recessiva. Le mutazioni del gene DHCR7 (7 deidrocolesterol-7 reduttasi) determinano un deficit dell’enzima microsomiale DHCR7, necessario per completare la tappa finale della sintesi del colesterolo. Non è ancora stato chiarito in che modo i difetti della sintesi del colesterolo provochino le malformazioni congenite, ma dal momento che il colesterolo è uno dei componenti principali della mielina, lo sviluppo neurologico risulta gravemente compromesso. L’incidenza della SLOS è stimata a 1/20 000-60 000 nelle popolazioni di razza bianca, con una frequenza leggermente superiore negli ispanici e un’incidenza ridotta nei soggetti a discendenza africana. Può verificarsi l’aborto spontaneo di un feto SLOS. La mortalità nel periodo neonatale è elevata nei casi di SLOS di tipo II. Se il livello di colesterolo plasmatico è 20 mg/dL, la sopravvivenza è improbabile. Gli esami di laboratorio devono essere effettuati mediante gas-cromatografia, perché le tecniche standard per il dosaggio delle lipoproteine includono la misura dei loro precursori, con conseguente rischio di ottenere un risultato falso positivo. I casi più lievi possono manifestarsi soltanto nella tarda infanzia. Le varianti fenotipiche includono all’estremo più grave microcefalia, malformazioni cardiache e cerebrali e insufficienza multi organo; nei casi più lievi si riscontrano caratteristiche dismorfiche e ritardo dello sviluppo. Il trattamento include la supplementazione di colesterolo (tuorlo d’uovo) e di inibitori dell’HMG CoA reduttasi, per prevenire la sintesi di precursori tossici prossimi al blocco enzimatico. TABELLA 86.11. Principali caratteristiche cliniche della sindrome di Smith-Lemli-Opitz: anomalie frequenti (>50% dei pazienti) ANOMALIE CRANIOFACIALI Microcefalia Blefaroptosi Narici anteverse Retromicrognazia Orecchie a impianto basso, ruotate posteriormente Palatoschisi Ampi alveoli mascellari Cataratta (50%) ANOMALIE SCHELETRICHE Sindattilia delle dita dei piedi II/III Polidattilia postassiale (50%) Deformità equinovaro (50%) ANOMALIE GENITALI Ipospadia Criptorchidsmo Ambiguità sessuale (50%) ANOMALIE DELLO SVILUPPO Ritardo dello sviluppo pre- e postnatale Disturbi dell’allattamento Ritardo mentale Anomalie comportamentali Da Haas D, Kelley RI, Hoffman GF: Inherited disorders of cholesterol biosynthesis. Neuropediatrics 2001; 32: 113-122. 23-09-2008 11:52:09 Capitolo 86 ■ Difetti del metabolismo lipidico ■ 611 tosi, viene ceduto ai lisosomi, per essere idrolizzato dalla lipasi lisosomiale. Il difetto dell’idrolisi causato dalla completa assenza dell’enzima causa l’accumulo di colesteril estere all’interno delle cellule. Nella prima infanzia compaiono epatosplenomegalia, steatorrea e deficit staturo-ponderale, che causano la morte del paziente entro il primo anno. Il disturbo dell’immagazzinamento di esteri del colesterolo è una forma meno grave della malattia, in cui è preservata un certa attività della lipasi. Malattia di Niemann-Pick di tipo C. Questo disturbo del trasporto intracellulare del colesterolo è caratterizzato dall’accumulo di colesterolo e sfingomielina nel sistema nervoso centrale e nel sistema reticoloendoteliale. Questa malattia neurologica autosomica recessiva causa un’elevata mortalità entro l’adolescenza. TABELLA 86-12. Malformazioni degli organi interni tipiche dei pazienti con grave sindrome di Smith-Lemli-Opitz SITEMA NERVOSO CENTRALE Ipoplasia del lobo frontale Allargamento dei ventricoli Agenesi del corpo calloso Ipoplasia cerebellare Oloprosencefalia SISTEMA CARDIOVASCOLARE Canale atrioventricolare Difetto dell’atrio settale Dotto arterioso pervio Difetto membranoso del setto ventricolare TRATTO URINARIO Ipoplasia renale o aplasia Cisti corticale renale Idronefrosi Duplicazione ureterale TRATTO GASTROINTESTINALE Malattia di Hirschsprung Stenosi del piloro Dismotilità refrattaria Malattia epatica progressiva colestatica e non colestatica SISTEMA POLMONARE Ipoplasia polmonare Lobazione anomala SISTEMA ENDOCRINO Insufficienza surrenale Da Haas D, Kelley RI, Hoffmann GF: Inherited disorders of cholesterol biosynthesis. Neuropediatrics 2001; 32: 113-122. DISTURBI DEL METABOLISMO INTRACELLULARE DEL COLESTEROLO Xantomatosi cerebrotendinea. Questa malattia autosomica recessiva si presenta clinicamente nella tarda adolescenza, con xantomi tendinei, cataratta e neurodegenerazione progressiva. È causata dall’accumulo tissutale di prodotti intermedi degli acidi biliari, in forma di colestanolo, in seguito a mutazioni del gene per lo sterolo 27-idrossilasi, un enzima necessario per la normale sintesi mitocondriale degli acidi biliari nel fegato. Il trattamento precoce con acido chenodesossicolico riduce i livelli di colesterolo e previene lo sviluppo dei sintomi. Malattia di Wolman e disturbo dell’immagazzinamento di esteri del colesterolo. La malattia di Wolman, autosomica recessiva, è causata dalla mancanza della lipasi acida lisosomiale. Dopo che il colesterolo LDL è incorporato nella cellula mediante endoci- ANDAMENTO DELLE LIPOPROTEINE IN BAMBINI E ADOLESCENTI. La Tabella 86-13, formulata sulla base dei Lipid Research Clinics Population Studies, illustra la distribuzione dei livelli di lipoproteine nella popolazione giovanile americana. Il colesterolo plasmatico totale aumenta rapidamente da una media di 68 mg/ dL alla nascita, a un livello approssimativamente doppio entro la fine del periodo neonatale. La concentrazione sale gradualmente fino alla pubertà, quando il livello medio raggiunge i 160 mg/dL. Durante la pubertà si verifica un calo transitorio, dovuto a un lieve decremento del colesterolo HDL nei maschi e a un leggero calo del colesterolo LDL nelle femmine. L’andamento negli anni seguenti è facilmente prevedibile. Livelli elevati di colesterolo circolante tendono a concentrarsi in gruppi familiari, in seguito alle influenze genetiche e ambientali. Il livello di colesterolo totale ritenuto accettabile in bambini e adolescenti è 170 mg/dL; livelli compresi tra 170 e 199 mg/dL sono considerati borderline; valori superiori a 200 mg/dL sono elevati. Il livello di colesterolo LDL accettabile è 110 mg/dL; il livello borderline è pari a 170-199 mg/dL; livelli superiori a 200 mg/dL sono elevati. SCREENING DEL COLESTEROLO EMATICO. L’Expert Panel on Blood Cholesterol Levels in Children and Adolescents elaborato dal NCEP nel 1991 stabilisce le linee guida per la misura del colesterolo. Tale protocollo raccomanda un approccio selettivo, basato sui seguenti criteri. È opportuno sottoporre a screening bambini e adolescenti i cui genitori o nonni abbiano presentato documentate malattie coronariche prima dei 55 anni di età. È opportuno sottoporre a screening bambini e adolescenti con un genitore che presenta un livello di colesterolo ematico >240 mg/dL. È opportuno sottoporre a screening bambini e adolescenti nei quali non è possibile ottenere la storia familiare, in particolare se presentano altri fattori di rischio. TABELLA 86-13. Colesterolo plasmatico e livelli dei trigliceridi nell’infanzia e nell’adolescenza: medie e percentili TRIGLICERIDI TOTALI (mg/dL) Cordone ombelicale 1-4 anni Maschi Femmine 5-9 anni Maschi Femmine 10-14 anni Maschi Femmine 15-19 anni Maschi Femmine COLESTEROLO TOTALE (mg/dL) 5° PRINCIPALE 75° 42 68 – COLESTEROLO (mg/dL) DELLE LIPOPROTEINE A BASSA DENSITÀ (LDL) 5° PRINCIPALE 14 34 75° – 90° – 95° 84 90° 95° 5° PRINCIPALE – 103 17 29 29 34 56 64 68 74 85 95 99 112 114 112 155 156 170 173 190 188 203 200 – – 28 32 52 64 58 74 70 103 85 126 125 131 155 164 168 176 183 190 189 197 33 39 63 72 74 85 94 104 111 120 124 125 160 160 173 171 188 191 38 36 78 73 88 85 125 112 143 126 118 118 153 159 168 176 183 198 COLESTEROLO (mg/dL) DELLE LIPOPROTEINE AD ALTA DENSITÀ* (HDL) 75° – 90° – 95° 50 5° 13 – – – – – – – – – – 63 68 93 100 103 115 117 125 129 140 202 205 64 68 97 97 109 110 122 126 191 207 62 59 94 96 109 111 123 129 PRINCIPALE – 75° – 90° 35 95° 60 – – – – – – – – 38 36 42 38 49 47 56 53 74 73 132 136 37 37 40 40 46 45 55 52 74 70 130 137 30 35 34 38 39 43 46 52 63 74 * Sono evidenti i differenti percentili elencati per il colesterolo HDL. I dati sul cordone ombelicale sono tratti da Strong W: Atherosclerosis: Its pediatric roots. In Kaplan N, Stamler J (eds): Prevention of Coronary Heart Disease. Philadelphia, WB Saunders, 1983. I dati per i bambini di 1-4 anni delle Tabelle 6, 7, 20 e 21 e tutti gli altri dati delle Tabelle 24, 25, 32, 33, 36 e 37 sono tratti da Lipid Research Clinics Population Studies Data Book, Vol. 1, The Prevalence Study. NIH publication No. 80-1527. Washington, DC, National Institutes of Health, 1980. 84-92ANA.indd 611 23-09-2008 11:52:09 612 ■ PARTE X ■ Malattie metaboliche L’American Academy of Pediatrics e l’American Heart Association (AHA) hanno sottoscritto questi criteri. L’applicazione di tale protocollo condurrà allo screening del 25% dei giovani americani, nei quali la probabilità di una base familiare dell’ipercolesterolemia è elevata. Si prevede che il 59% dei bambini con livelli ematici elevati di colesterolo non venga individuato a causa della mancanza di uno screening universale. Questi dati sono tuttavia fonte di dubbi e controversie, dal momento che alcuni, per esempio, ritengono che affidarsi alla storia familiare e al riscontro nei genitori di livelli di colesterolo 240 mg/dL costituisca un criterio troppo poco sensibile e difficile da applicare. Malgrado le difficoltà di compliance, queste linee guida si basano comunque su un ragionamento corretto. Se dalla storia clinica risulta aterosclerosi cardiaca prematura, il bambino presenta un rischio più elevato di dislipidemia. Al contrario, i bambini che non soddisfano i criteri per lo screening hanno una probabilità ridotta di possedere una forte predisposizione genetica alla malattia cardiaca. Molto probabilmente, il 59% dei bambini con ipercolesterolemia non individuato dai medici che si attengono alle linee guida citate presenta una moderata elevazione dei livelli di colesterolo, dovuta a influenze ambientali come una dieta scorretta o uno stile di vita sedentario. Le strategie di prevenzione primaria dirette al complesso della popolazione includono attività fisica quotidiana e una dieta a ridotto contenuto di grassi saturi. I bambini e adolescenti che richiedono un trattamento farmacologico per la riduzione del colesterolo sono identificati nella quasi totalità dei casi da medici che seguono le linee guida descritte. La diagnosi precoce e il trattamento dei soggetti a rischio di CHD a causa di una suscettibilità genetica sono fondamentali per la salute pubblica. Si stima che attualmente soltanto il 20% delle persone con ipercolesterolemia eterozigote familiare sia stato diagnosticato e meno del 10% di questi pazienti è trattato nella maniera corretta. Uno studio dettagliato condotto nel Regno Unito ha dimostrato l’utilità in termini di rapporto costobeneficio di uno “screening a cascata” dei familiari di probandi FH. Lo screening dei giovani è particolarmente importante, perché il trattamento preventivo consente un allungamento della vita media. La ben documentata non conoscenza di molti genitori dei livelli del proprio colesterolo rende problematica l’applicazione dei criteri esposti. Appaiono invece del tutto infondate le preoccupazioni riguardo ai possibili danni psicologici per i bambini sottoposti allo screening e al rischio di abuso di farmaci che riducono il colesterolo. Negli Stati Uniti, la preoccupante epidemia di obesità infantile, che in alcuni gruppi a rischio raggiunge punte del 50%, suggerisce l’opportunità di screening più ampi, per identificare i soggetti con sindrome metabolica. Se lo screening è effettuato a causa dell’obesità, si consiglia la misura del profilo lipidico a digiuno piuttosto che del colesterolo ematico totale, in modo da evidenziare ipertrigliceridemia e/o ridotti livelli di colesterolo HDL, fattori di rischio per la malattia cardiaca e il diabete di tipo 2. Le linee guida NCEP non specificano l’età alla quale i bambini a rischio andrebbero sottoposti al test, ma 5 anni è considerata un’età ragionevole, perché in questo stadio dello sviluppo neurologico è possibile intervenire sulla dieta dei soggetti con ipercolesterolemia. VALUTAZIONE DEI RISCHI E TRATTAMENTO DELL’IPERLIPIDEMIA. Il programma NCEP consiglia una valutazione dei rischi basata sui livelli di colesterolo LDL (Fig. 86-14). L’intervallo tra i followup e le modifiche della dieta sono determinati dalla gravità della dislipidemia. In caso di riscontro di ipercolesterolemia border-line (LDL 110-129 mg/dL), è necessario avviare tempestivamente la dieta AHA Step I: le calorie consumate in forma di grassi non devono superare il 30% dell’apporto calorico giornaliero; le calorie consumate in forma di grassi saturi non devono superare il 10% dell’apporto calorico giornaliero; l’apporto totale quotidiano di colesterolo deve essere limitato a 300 mg/dL. 84-92ANA.indd 612 I genitori vanno informati sugli altri fattori di rischio per malattia cardiaca, come l’uso di tabacco. È opportuno inoltre ripetere la valutazione del bambino l’anno successivo. La persistenza di livelli di colesterolo LDL elevati (130 mg/ dL) segnala la necessità di una valutazione più ampia e di una più radicale modifica dello stile di vita. L’esame obiettivo approfondito ed esami di laboratorio addizionali sono eseguiti per escludere la presenza di cause secondarie dell’iperlipidemia (vedi Tab. 86-10). Anche gli altri membri del gruppo familiare andrebbero sottoposti a screening del colesterolo ematico. Se il livello di colesterolo LDL non scende a valori 130 mg/dL, è necessario ricorrere alla dieta AHA Step II, che consente un consumo medio di grassi non superiore al 30% dell’apporto calorico totale (come nella Step I), ma limita l’assunzione di grassi saturi a 7-8% dell’apporto calorico globale; l’intake di colesterolo consentito scende a 200 mg/die. I test di laboratorio di follow-up, la misura di altezza e peso corporeo per il calcolo dell’indice di massa corporea e la verifica della compliance alla dieta andrebbero effettuati a intervalli di 3-6 mesi. La revisione del 2004 della NCEP ATP III ha aumentato il livello minimo accettabile di colesterolo HDL da 35 mg/dL a 40 mg/ dL. In presenza di basso colesterolo HDL è opportuno informare il paziente sui rischi di obesità, tabacco e vita sedentaria. Nei bambini di età inferiore ai due anni non è opportuna alcuna restrizione dietetica di grassi e colesterolo, a causa del rischio di insorgenza di deficit staturo-ponderale e di un rallentamento dello sviluppo. Tuttavia, anche l’iperalimentazione del bambino deve essere fortemente scoraggiata, perché un numero crescente di bambini eccede i parametri pubblicati dall’U.S. Centers for Disease Control and Prevention. Il mito che un bambino grasso sia un bambino sano non è facile da sfatare. Il National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES III) ha dimostrato l’importanza di una dieta sana nei bambini fra i 3 e i 9 anni. Malgrado il calo del livello medio di consumo di grassi rispetto all’indagine NHANES II, non emergeva alcuna compromissione dello stato nutrizionale, né della crescita. Lo studio prospettico Dietary Intervention Study in Children (DISC) ha confrontato bambini sottoposti alla dieta AHA Step I con bambini che seguono una dieta “normale”, con un contenuto calorico in forma di grassi del 33-34% (e un 13% di grassi saturi). Non è stata riscontrata alcuna differenza tra i due gruppi in termini di altezza, peso, micronutrienti o benessere psicologico, ma i bambini a dieta AHA presentavano livelli di colesterolo LDL inferiori. Il Committee on Nutrition of the American Academy of Pediatrics suggerisce, nei bambini al di sopra dei due anni, una riduzione dell’apporto di grassi a vantaggio di cereali, frutta, verdura, latticini non grassi, legumi, pesce, carne bianca e altri cibi ricchi di proteine. Negli ultimi anni si è assistito alla diffusione di diete povere di carboidrati e ricche di grassi, mirate a ottenere una rapida riduzione del peso. L’intake illimitato di grassi deve essere fortemente sconsigliato, come anche il consumo senza restrizioni di zuccheri e carboidrati. I carboidrati dovrebbero fornire il 55% delle calorie, ottenute dal consumo di carboidrati complessi come pasta, alcune verdure, patate, legumi, cereali e pane integrale. Le proteine dovrebbero invece apportare il 15-20% delle calorie e dovrebbero contenere tutti gli acidi grassi essenziali. L’esclusione di carne o pesce dalla dieta deve essere compensata dall’assunzione di proteine di derivazione vegetale, in modo da garantire il giusto equilibrio dei nutrienti. I cibi ricchi di fibre, come frutta, verdure e cereali sono raccomandati per il loro eccellente contenuto di nutrienti come componenti di una dieta a basso contenuto di grassi saturi. I bambini dovrebbero assumere quotidianamente almeno 5 tipi di frutta o verdura. Si raccomanda tuttavia di verificare il contenuto di sodio delle verdure in scatola o surgelate. Questi consigli dietetici garantiscono l’apporto calorico ideale per uno sviluppo sano, ma nella società attuale la compliance da parte del bambino e dei genitori è costantemente minacciata. I bambini apprendono le loro abitudini alimentari dai genitori. L’adozione di un regime alimentare ha maggiori probabilità di successo se si applica non soltanto al singolo bambino, ma all’in- 23-09-2008 11:52:09 Capitolo 86 ■ Difetti del metabolismo lipidico ■ 613 Valutazione dei rischi Anamnesi familiare positiva o livelli ematici di colesterolo elevati nel genitore o CVD prematura Analisi delle lipoproteine a digiuno Accettabile Colesterolo LDL 110 mg/dL Figura 86-14. Diagramma a flusso della classificazione, dell’educazione e del follow-up dei bambini basato sui livelli di lipoproteine a bassa densità (LDL) e di colesterolo. CVD, malattia cardiovascolare; HDL, lipoproteina ad alta densità. (Da Williams CL, Hagman LL, Daniels SR et al: Cardiovascular health in childhood. Circulation 2002; 106: 143-160.) Borderline Colesterolo LDL 110-129 mg/dL Ripetizione dell’analisi delle lipoproteine e confronto con i valori precedenti Accettabile Colesterolo LDL 110 mg/dL Ripetizione dell’analisi delle lipoproteine entro 5 anni Counseling sui fattori di rischio e le abitudini dietetiche Borderline Colesterolo LDL 110-129 mg/dL Counseling sui fattori di rischio Dieta Step-One Follow-up a un anno Elevato Colesterolo LDL 130 mg/dL Colesterolo HDL 35 mg/dL* Persistenza dell’elevazione Colesterolo LDL 130 mg/dL Valutazione clinica completa (anamnesi, esame obiettivo, test di laboratorio) • Ricerca di cause secondarie • Indagine dei disturbi familiari Screening di tutti i membri del gruppo familiare Intervento clinico intensivo: dieta Step-One o Step-Two† Obiettivo della terapia: riduzione del colesterolo LDL a valori 130 mg/dL (valore ideale: 110 mg/dL) *In caso di riscontro di un basso livello di colesterolo HDL, il paziente deve essere informato sui fattori di rischio (fumo, dieta ricca di grassi saturi, vita sedentaria, sovrappeso). †Per pazienti con età inferiore a 10 anni: LDL-C 190 mg/dL (o 160 mg/dL in presenza di fattori di rischio addizionali). Se questo obiettivo non viene raggiunto, è opportuno prendere in considerazione il ricorso alla terapia farmacologica. tero gruppo familiare. Assumere i pasti tutti insieme e ad orari prestabiliti è preferibile. I nonni e gli altri caregiver andrebbero istruiti a non tentare un bambino a dieta. Negli Stati Uniti, la diffusione dell’obesità ha spinto i responsabili di alcuni distretti scolastici a eliminare i distributori di bibite dolcificate, sostituendole con bevande alternative più salutari. La tendenza alla vita sedentaria da parte dei giovani contribuisce all’allarmante aumento dell’obesità nell’intera nazione, che a sua volta incrementa la prevalenza di altri fattori di rischio, come la dislipidemia e l’ipertensione. La National Association for Sport and Physical Education (NASPE) raccomanda un’ora di attività fisica quotidiana adeguata per l’età. I lunghi periodi di inattività (più di due ore davanti al televisore o al computer) sono ritenuti dannosi. Terapia farmacologica (Tabb. 86-14 e 86-15). Secondo l’Expert Panel for Children and Adolescents (NCEP), il trattamento farmacologico dell’iperlipidemia deve essere preso in considerazione nei bambini con età minima di 10 anni dopo il fallimento di una dieta della durata di almeno sei mesi e precisamente quando: • • il colesterolo LDL resta >190 mg/dL; il colesterolo LDL resta >160 mg/dL ed emerge una storia familiare positiva di malattia cardiovascolare prematura (CVD, CardioVascular Disease) prima dei 55 anni; oppure permangono uno o più fattori di rischio per CVD malgrado i tentativi di modificare lo stile di vita. Queste linee guida (arbitrarie ma ragionevoli) sono basate sulla probabilità statistica del bambino di presentare una forma ere- 84-92ANA.indd 613 ditaria di dislipidemia, come l’ipercolesterolemia familiare (FH). L’età minima di 10 anni è stata stabilità perché è a quest’età che le strie lipidiche risultano osservabili per la prima volta nelle coronarie e nell’aorta. In rari casi la terapia può essere avviata ancora più precocemente, se i livelli di colesterolo sono particolarmente elevati e la storia familiare conferma la prevalenza della malattia coronarica precoce. Le esperienze accumulate negli ultimi 15 anni nel trattamento farmacologico di bambini e adolescenti con iperlipidemia hanno consentito di ampliare le opzioni terapeutiche, migliorare la compliance e potenziare l’efficacia. In passato, i farmaci di elezione erano i chelanti degli acidi biliari, come la colestiramina e il colestipolo, che tramite l’interruzione della circolazione enteropatica degli acidi biliari promuovono la sintesi nel fegato di nuovi acidi biliari a partire dal colesterolo. Ma gli effetti collaterali gastrointestinali e il cattivo sapore di questi farmaci compromettono la compliance. Gli inibitori della HGM CoA reduttasi, noti con il nome di statine, sono molto efficaci nel ridurre il livello di colesterolo LDL e l’infiammazione delle placche, diminuendo così il rischio di un evento coronarico improvviso nei pazienti adulti, già da qualche settimana dopo l’esordio della terapia. Questa classe di farmaci funziona bloccando la biosintesi intraepatica del colesterolo, stimolando così la produzione di un maggior numero di recettori LDL sulla superficie cellulare. Il programma NCEP ATP consiglia una terapia aggressiva di riduzione del colesterolo LDL 23-09-2008 11:52:09 614 ■ PARTE X ■ Malattie metaboliche TABELLA 86-14. Farmaci utilizzati per il trattamento dell’iperlipidemia FARMACO Inibitori dell’HMG CoA reduttasi (statine) Chelanti degli acidi biliari: Colestiramina Colestipol MECCANISMO D’AZIONE ↑↓Sintesi del colesterolo e VLDL ↑Recettori LDL epatici ↑Bile ed escrezione INDICAZIONE LDL elevate DOSE INIZIALE 5-80 mg qhs LDL elevate 4-32 g/die 5-40 g/die Acido nicotinico ↓Sintesi epatica delle VLDL Derivati dell’acido fibrico: Gemfibrozil ↑LPL ↓VLDL Olio di pesce Inibitori dell’assorbimento di colesterolo: Ezetamibe LDL elevate TG elevati TG elevati 100-2000 mg 3 volte/die ↓produzione delle VLDL TG elevati 3-10 g/die ↓Assorbimento intestinale del colesterolo LDL elevate 10 mg/die 600 mg 2 volte/die LDL, lipoproteine a bassa densità; LPL, lipoproteina lipasi; TG, trigliceridi; VLDL, lipoproteine a densità molto bassa. TABELLA 86-15. Effetti collaterali dei farmaci per la riduzione dei livelli lipidici FARMACO, MODALITÀ DI AZIONE E LOCALIZZAZIONE DELL’EFFETTO STATINE Cute Sistema nervoso Fegato Tratto gastrointestinale Muscoli Sistema immunitario Capacità di legame delle proteine EFFETTO Eruzione cutanea Calo della concentrazione, disturbi del sonno, mal di testa, neuropatia periferica Epatite, perdita di appetito, calo ponderale, aumento delle amminotransferasi sieriche (duplicazione o triplicazione rispetto al limite superiore normale) Dolore addominale, nausea, diarrea Dolore muscolare o debolezza, miosite (solitamente con creatina chinasi sierica >1000 U/L), rabdomiolisi con insufficienza epatica Sindrome simile al lupus (lovastatina, simvastatina o fluvastatina) Riduzione della capacità di legame della varfarina (lovastatina, simvastatina o fluvastatina) RESINE CHE SI LEGANO AGLI ACIDI BILIARI Tratto gastrointestinale Pienezza addominale, nausea, flatulenza, costipazione, emorroidi, ragadi anali, attivazione di diverticoliti, diminuzione dell’assorbimento di vitamina D nei bambini Fegato Lieve aumento dell’amminotransferasi sierica (esacerbato dal concomitante trattamento con una statina) Sistema metabolico Aumento dei trigliceridi nel siero pari al 10% (superiore in pazienti con ipertrigliceridemia) Elettroliti Acidosi ipercloremica in bambini e pazienti con insufficienza renale (colestiramina) Interazione farmacologica Capacità di legame di varfarina, digossina, diuretico tiazide, tirossina, statine ACIDO NICOTINICO Cute Arrossamento, pelle secca, prurito, ittiosi, acantosi nigricans Occhi Congiuntivite, edema maculare cistoide, distacco retinico Tratto respiratorio Congestione nasale Cuore Aritmia sopraventricolare Tratto gastrointestinale Pirosi, disturbi della motilità intestinale o diarrea Fegato Lieve aumento delle amminotransferasi sieriche; epatite con nausea e affaticabilità Muscoli Miosite Sistema metabolico Iperglicemia (incidenza del 5% più elevata in pazienti con diabete), aumento del 10% dell’acido urico sierico FIBRATI Cute Eritema cutaneo Tratto gastrointestinale Mal di stomaco, dolore addominale (soprattutto con gemfibrozil), bile satura di colesterolo, aumento dell’1-2% dell’incidenza di calcoli biliari Tratto genitourinario Disfunzioni erettili (soprattutto con clofibrato) Muscoli Miosite con compromissione della funzione renale Proteine plasmatiche Interferenze con i legami della varfarina, che richiedono una riduzione della dose del 30% Fegato Aumento delle amminotransferasi sieriche Da Knopp RH: Drug treatment of lipid disorders. N Engl J Med 1999; 341: 498-512. 84-92ANA.indd 614 a valori 70 mg/dL in individui con documentata malattia coronarica. Questa informazione è particolarmente rilevante, perché i bambini che soddisfano i criteri per il ricorso al trattamento farmacologico hanno quasi certamente ereditato la malattia da uno dei genitori. Accade spesso che, durante il trattamento di un bambino, si finisca per affrontare la questione dello screening e del trattamento di genitori o nonni. Le statine sono efficaci anche nei bambini e consentono, se necessario, di dimezzare il livello del colesterolo LDL, permettendo anche una moderata riduzione dei trigliceridi e, talvolta, favorendo un aumento del colesterolo HDL. È stato inoltre dimostrato l’effetto riducente l’ispessimento dell’intima-media della carotide in bambini tra gli 8 e i 18 anni. Prima di prescrivere questi farmaci, è opportuno considerarne gli effetti collaterali, principalmente la disfunzione epatica e più raramente la rabdomiolisi con insufficienza renale secondaria. Non ci sono prove, tuttavia, che queste complicanze insorgano con maggiore frequenza nei bambini rispetto agli adulti e anche il dolore della muscolatura scheletrica sembra meno problematico nei bambini. Le statine sono controindicate nei pazienti con malattia epatica attiva e durante la gravidanza e l’allattamento. È opportuno un monitoraggio regolare degli enzimi epatici e della creatinina fosfochinasi in caso di dolore muscolare o debolezza. Un aumento degli enzimi epatici superiore al triplo suggerisce che la terapia farmacologia debba essere sospesa. È importante ribadire che i bambini con una modesta elevazione del colesterolo, come quella riscontrata nell’ipercolesterolemia poligenica, non vanno mai sottoposti a terapia con statine, a causa dei loro effetti collaterali. Gli altri farmaci che riducono il livello di colesterolo, come l’acido nicotinico e i fibrati, sono stati utilizzati con minore frequenza nei bambini rispetto ai chelanti degli acidi biliari e alle statine. L’acido nicotinico è stato talvolta selezionato per il trattamento di bambini con marcata ipertrigliceridemia a rischio di pancreatite acuta, benché la riduzione dell’apporto alimentare di zuccheri complessi e carboidrati sia solitamente sufficiente a ridurre i livelli di trigliceridi. L’ezetimibe è utile nella popolazione pediatrica, in virtù della sua efficacia e degli scarsi effetti collaterali. Questo farmaco riduce il livello plasmatico di colesterolo LDL, bloccando l’assorbimento di sterolo negli enterociti. Negli adulti è talvolta usato in associazione alle statine, quando queste ultime non riescono a ottenere la riduzione del colesterolo desiderata. Non sono ancora stati condotti trial clinici sufficientemente ampi per valutare la monoterapia con ezetimibe nei bambini, ma i numerosi casi documentati sembrano dimostrarne la straordinaria efficacia, combinata alla relativa assenza di effetti collaterali. Dunque, in presenza di una ipercolesterolemia moderata, l’ezetimibe può essere tranquillamente consigliato invece di una statina (alla dose di 10 mg/die). I genitori preoccupati dall’idea che il figlio possa essere costretto ad assumere la statina per il resto della vita 23-09-2008 11:52:09 Capitolo 86 accolgono di buon grado la possibilità di utilizzare l’ezetimibe. A prescindere dal farmaco scelto, l’obiettivo della terapia è la riduzione del colesterolo LDL a valori 130 mg/dL (ma l’ideale è rappresentato da valori 110 mg/dL). A differenza di quanto raccomandato per gli adulti ad alto rischio, nei bambini non è consigliabile ottenere una riduzione ancora maggiore. Austin MA, Hutter CH, Zimmern RL, et al: Familial hypercholesterolemia and coronary heart disease: A huge association review. Am J Epidemiol 2004;160:421–429. De Jongh S, Ose L, Szamosi T, et al: Efficacy and safety of statin therapy in children with familial hypercholesterolemia. Circulation 2002;106:2231–2237. Demerath E, Muratova V, Spangler E, et al: School-based obesity screening in rural Appalachia. Prev Med 2003;37:553–560. Durrington P: Dyslipidaemia. Lancet 2003;362:717–731. Goldberg AC, Aditi S, Ji L, et al: Efficacy and safety of ezetimibe coadministered with simvastatin in patients with primary hypercholesterolemia: A randomized, double-blind, placebo-controlled trial. Mayo Clin Proc 2004;79:620–629. Grundy SM, Hansen B, Smith SC, et al: Clinical management of metabolic syndrome: Report of the American Heart Association/National Heart, Lung, Blood Institute/American Diabetes Association Conference on Scientific Issues Related to Management. Circulation 2004;109:551–556. 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McGovern e Robert Desnick Le malattie da accumulo lisosomiale sono causate da deficit ereditari di un’idrolasi lisosomiale, che causano l’accumulo del particolare substrato dell’enzima (Tab. 86-16). Fatta eccezione per la malattia di Wolman e il disturbo dell’accumulo di esteri del colesterolo, i substrati lipidici condividono una struttura comune, che include una ceramide (2-N-acilsfingosina) dalla quale sono derivati i vari sfingolipidi mediante sostituzione di esosi, fosforilcolina o uno o più acidi sialici residui del gruppo idrossile terminale della ceramide. La via metabolica degli sfingolipidi nel tessuto nervoso (Fig. 86.15) e negli organi viscerali (Fig. 86-16) è nota; ciascuna tappa catabolica può presentare uno specifico difetto metabolico geneticamente determinato. Dal momento che gli sfingolipidi sono componenti essenziali di tutte le membrane cellulari, l’incapacità di degradare tali sostanze e il loro conseguente accumulo provocano alterazioni morfologiche e fisiologiche, nonché manifestazioni cliniche caratteristiche dei disturbi dell’immagazzinamento lipidico (vedi Tab. 86-16). Il progressivo accumulo lisosomiale di glicosfingolipidi nel sistema nervoso centrale causa neurodegenerazione, mentre l’accumulo nelle cellule viscerali può determinare organomegalia, anomalie scheletriche, infiltrazione polmonare e altre manifestazioni. L’accumulo di un substrato in uno specifico tessuto dipende dalla sua distribuzione normale nel corpo. Gli esami diagnostici per l’identificazione degli individui colpiti si basano sulla misura di specifiche attività enzimatiche su leucociti isolati o colture di fibroblasti. Nella maggior parte dei 84-92ANA.indd 615 ■ Difetti del metabolismo lipidico ■ 615 disturbi sono disponibili metodi per l’individuazione dei portatori sani e per la diagnosi prenatale. Una diagnosi accurata è essenziale per fornire al paziente un counseling genetico. La caratterizzazione dei geni che codificano per specifici enzimi necessari per il metabolismo degli sfingolipidi ha consentito di ampliare le opzioni terapeutiche, che includono la sostituzione degli enzimi ricombinanti e la terapia genica. L’identificazione di specifiche mutazioni patogenetiche facilita la diagnosi pre- e postnatale e il riconoscimento dei portatori. Per alcuni disordini (come la malattia di Gaucher), è stato possibile elaborare correlazioni genotipo-fenotipo che facilitano la previsione della gravità della malattia, consentendo un counseling genetico più preciso. Queste malattie si trasmettono con modalità autosomica recessiva, fatta eccezione per la malattia di Fabry legata all’X. GANGLIOSIDOSI GM1. La gangliosidosi GM1 si presenta più frequentemente nella prima infanzia (malattia di tipo 1), ma è stato descritto anche un esordio giovanile (tipo 2). Entrambe le patologie si trasmettono con modalità autosomica recessiva e sono il risultato di un deficit dell’attività della -galattosidasi, un enzima lisosomiale codificato da un gene localizzato sul cromosoma 3 (3p21.33). Il disturbo è caratterizzato da un accumulo patologico di gangliosidi GM1 nei lisosomi delle cellule neurali e viscerali, i cui effetti sono tuttavia più evidenti a livello cerebrale. Inoltre, nei pazienti con gangliosidosi GM1 si riscontra anche un accumulo nel fegato del mucopolisaccaride cheratan solfato, escreto attraverso le urine. Il gene della -galattosidasi è stato isolato e sequenziato; ciò ha reso possibile l’identificazione delle mutazioni patogenetiche responsabili di entrambi i tipi della malattia. Le manifestazioni cliniche della forma infantile di gangliosidosi GM1 (tipo 1) comprendono epatosplenomegalia, edema ed eruzioni cutanee (angiocheratoma). L’esordio si verifica solitamente nei primi sei mesi di vita, con un ritardo evolutivo seguito da un progressivo ritardo psicomotorio e dalla comparsa di convulsioni tonico-cloniche. I pazienti presentano una facies tipica, con impianto basso delle orecchie, bozze frontali, radice nasale depressa e filtro allungato. Fino al 50% dei pazienti ha una macchia rosso ciliegia sulla macula. Si osservano epatosplenomegalia e anomalie scheletriche simili a quelle delle mucopolisaccaridosi (anomalie vertebrali, allargamento della sella turcica, ispessimento del calvario). Entro il primo anno di vita, la maggior parte dei pazienti perde la vista e l’udito in seguito a grave compromissione neurologica, caratterizzata da rigidità decerebrata. La mortalità nei primi 3-4 anni è elevata. La gangliosidosi GM1 a esordio giovanile (tipo 2) è un’entità clinica distinta, che si manifesta a età variabili. I pazienti colpiti presentano sintomi neurologici quali atassia, disartria, ritardo mentale e spasticità. Il deterioramento è lento e i pazienti possono sopravvivere fino alla quarta decade. Il coinvolgimento viscerale e le anomalie morfologiche e scheletriche tipiche del tipo 1 sono assenti. Per entrambe le forme non è attualmente disponibile alcun trattamento. La diagnosi di gangliosidosi GM1 andrebbe sospettata in presenza di un bambino con le caratteristiche cliniche tipiche. La dimostrazione del deficit di attività della -galattosidasi su leucociti periferici o colture di fibroblasti cutanei consente di confermare la diagnosi. Le malattie che condividono alcuni aspetti della gangliosidosi GM1 includono la malattia di Hurler (mucopolissaccaridosi di tipo 1), la malattia a cellule con inclusi e la malattia di Niemann-Pick (NPD, Niemann-Pick Disease) di tipo A. La diagnosi differenziale è facilitata dal dosaggio delle specifiche attività enzimatiche. I portatori sani del disturbo sono identificati mediante la misurazione dell’attività enzimatica su globuli bianchi o colture di fibroblasti cutanei; la diagnosi prenatale è realizzata tramite la determinazione dell’attività enzimatica su colture di amniociti o villi coriali. GANGLIOSIDOSI GM2. La gangliosidosi GM2 include la malattia di Tay-Sachs e la malattia di Sandhoff. Entrambe derivano dal deficit di attività della -esosaminidasi e dall’accumulo lisosomiale di gangliosidi GM2, in particolare nel sistema nervoso centrale. Sulla base dell’età di comparsa delle manifestazioni e delle ca- 23-09-2008 11:52:10 616 ■ PARTE X ■ Malattie metaboliche ↑ GAG URINARIE ↑ OLIGOSACCARIDI PATOLOGICI – – – – – – – – – (+) (+) – – – – + + – – – – – – – Ceramidasi -galattosidasi e sialidasi -galattosidasi -esosaminidasi A e B – – (+) (+) – – – ++ ++ – – (+) ++ + (+) + ++ + (+) – – + ++ ++ ++ – _ (+) – + – _ + (+) + – + – – – – (+) + ++ ++ + – + + – ++ – + + – – – + – – – – – – – – – + + + Glucocerebrosidasi Glucocerebrosidasi Glucocerebrosidasi Sfingomielinasi Arilsolfatasi A -galattocerebrosidasi – (+) (+) (+) – – – – – – – – + + + ++ – – – – – – – – – ++ + + ++ ++ – + (+) (+) – – – + (+) – + + – – – (+) ++ ++ – – – (+) (+) (+) – – – (+) – – – – – – – – – – – + – – – – – – – – + + + – – – Trasporto intracellulare del colesterolo Acido lipasi Palmitoil-proteintioesterasi (CLN1) Peptidasi insensibile alla pepstatina (CLN2). Varianti Finlandia (CLN5), Turchia (CLN7) e Italia (CLN6) CLN3, proteina di membrana CLN4, probabilmente eterogeno – (+) – – – – – – (+) + – – – (+) – – + – + + – – + + – – + + – – – – (+) (+) – – – – – – – – – – + + + + – – – – – – – – – (+) – – – – – – + + – – (+) – – – – – – – – – (+) (+) – – – – Aspartilglucosaminasi – – – – – (+) (+) + ++ ++ + – – ++ (+) (+) + (+) – – + (+) + – – – – + + ++ ++ + + – ++ – + – – + ++ (+) – + (+) + + + – – – – + – + – – – – – – ++ ++ (+) – ++ – – (+) – (+) (+) (+) (+) – – + + + + – – + + – – – – – – – + + + + + + + Sconosciuto -galattosidasi -fucosidasi -mannosidasi -mannosidasi -N-acetilgalattosaminidasi Sialidasi Sialidasi MACCHIA ROSSO CILIEGIA LINFOCITI VACUOLATI – – – ANGIOCHERATOMA ++ (+) (+) OFFUSCAMENTO CORNEALE ++ – – NEUROPATIA PERIFERICA + (+) + SPASTICITÀ DETERIORAMENTO MENTALE ++ + – N-acetilglucosaminilfosfotransferasi N-acetilglucosaminilfosfotransferasi MIOCLONO COINVOLGIMENTO CARDIACO, INSUFFICIENZA CARDIACA (+) – – DIFETTO ENZIMATICO EPATOSPLENOMEGALIA LINEAMENTI GROSSOLANI, DISOSTOSI MULTIPLA NOMENCLATURA MUCOLIPIDOSI Mucolipidosi II, malattia a cellule con inclusi Mucolipidosi III, pseudo-Hurler Mucolipidosi IV SFINGOLIPIDOSI Malattia di Fabry Malattia di Farber Galattosialidosi Gangliosidosi GM1 Gangliosidosi GM2 (malattia di Tay-Sachs, malattia di Sandhoff ) Gaucher tipo I Gaucher tipo II Gaucher tipo III Niemann-Pick tipo 1 (A e B) Leucodistrofia metacromatica Malattia di Krabbe DISTURBI DELL’IMMAGAZZINAMENTO LIPIDICO Niemann-Pick tipo II (C e D) Malattia di Wolman Lipofuscinosi ceroide infantile (Santavuori-Hantia) Lipofuscinosi ceroide infantile tardiva (JanskyBielschowsky) Lipofuscinosi ceroide giovanile (Spielmeyer-Vogt) Lipofuscinosi ceroide, forma adulta (Kufs, Parry) OLIGOSACCARIDOSI Aspartilglucosaminuria Fucosidosi -mannosidosi -mannosidosi Malattia di Schindler Sialidosi I Sailidosi II IDROPE FETALE TABELLA 86-16. Diagnosi differenziale delle malattie da accumulo lisosomiale ++, marcata; +, spesso presente; (+), incostante o evidente solo nella fase tardiva; –, non presente GAG, glicosaminoglicani Modificata da Hoffmann GF, Nyhan WL, Zchoke J et al: Storage in Inherited Metabolic Diseases, Philadelphia, Lippincott, Williams & Wilkins, 2002, pp. 346-351. ratteristiche cliniche, entrambi i disturbi sono classificati nelle forme a esordio infantile, giovanile e adulto. La -esosaminidasi è composta da due isozimi: -esosaminidasi A (composto da una sottounità e una ) e -esosaminidasi B (composto da due sottounità ). Il deficit della -esosaminidasi è il risultato di mutazioni della sottounità , che causano la malattia di Tay-Sachs. Invece, mutazioni della sottounità determinano un deficit di entrambe le -esosaminidasi (tanto la A quanto la B), provocando la malattia di Sandhoff. Entrambe le malattie si trasmettono con modalità autosomica recessiva. La prima è particolarmente diffusa nella popolazione ebrea askenazita, con una frequenza dei portatori di 1/25. Sono state finora identificate più di 50 mutazioni, per la maggior parte associate alle forme infantili. Tre mutazioni sono responsabili di circa il 98% degli alleli mutanti della malattia di Tay-Sachs nei portatori ebrei askenaziti (incluso un allele associato con la forma a esordio adulto). Le mutazioni che causano le forme subacuta o cronica producono proteine con una certa attività enzimatica residua, il cui livello è correlato alla gravità della malattia. I pazienti con la forma infantile della malattia di Tay-Sachs presentano manifestazioni cliniche di perdita di abilità motorie, intensificazione del riflesso di allarme, pallore maculare e macchie retiniche rosso ciliegia (vedi Tab. 86-16). I bambini colpiti 84-92ANA.indd 616 solitamente si sviluppano normalmente fino ai 4-5 mesi, quando la diminuzione del contatto oculare e l’esagerata risposta di trasalimento (iperacusia) cominciano a essere notati. Può svilupparsi macrocefalia, non associata a idrocefalo. Nel secondo anno di vita insorgono convulsioni che richiedono una terapia anticonvulsivante. La degenerazione nervosa progressiva conduce alla morte entro i 4-5 anni. La forma a esordio giovanile si presenta inizialmente con atassia e disartria, ma non sempre si nota la macchia rosso ciliegia sulla macula. Le manifestazioni cliniche della malattia di Sandhoff sono simili alle precedenti, ma prevedono anche epatosplenomegalia, coinvolgimento cardiaco e lievi anomalie ossee. L’esordio della forma giovanile è con atassia, disartria e deterioramento mentale, ma senza espansione viscerale e presenza della macchia rosso ciliegia sulla macula. Per entrambe le malattie non è disponibile alcun tipo di trattamento. La diagnosi di malattia di Tay-Sachs infantile e malattia di Sandhoff è solitamente sospettata in un bambino con disturbi neurologici associati alla caratteristica macchia rossa. La diagnosi definitiva è determinata dalla misura del livello di -esosaminidasi A e B su leucociti. Il dosaggio enzimatico consente la diagnosi differenziale tra le due malattie, perché nella malattia di Tay-Sachs si riscontra soltanto il deficit di -esosaminidasi A, mentre nella malattia di Sandhoff sia le -esosaminidasi A sia le 23-09-2008 11:52:10 Capitolo 86 Neuramidasi gal gal glc ceramide NAcgal gal NANA NANA NANA NAcgal gal NANA ■ Difetti del metabolismo lipidico ■ 617 glc-ceramide Ganglioside GM1 -galattosidasi Gangliosidosi GM1 Polisialogangliosidi NAcgal gal glc-ceramide NANA -esosaminidasi A Gangliosidosi GM2 (Tay-Sachs, Sandhoff e altre) gal glc-ceramide NANA Ganglioside GM3 neuraminidasi PC-ceramide Sfingomielinasi Malattia di Niemann-Pick gal glc-ceramide Lattosilceramide -galattosidasi Gangliosidosi GM1, malattia di Krabbe glc-ceramide Glucosilceramide -glucosidasi Malattia di Gaucher SO4 gal Sulfatide Sulfatasi ceramide Galattosilceramide -galattosidasi gal-ceramide Leucodistrofia metacromatica Malattia di Krabbe Ceramidasi ceramide sfingosina acido grasso Malattia di Farber Figura 86-15. Vie metaboliche degli sfingolipidi nei tessuti nervosi. Il nome dell’enzima che catalizza ciascuna reazione è fornito insieme al nome del substrato su cui agisce. Gli errori congeniti sono indicati con la doppia barra che interrompe le frecce (le reazioni) e il nome del difetto (o dei difetti) associati è riportato nel riquadro più vicino. Per la denominazione dei gangliosidi è stata adottata la nomenclatura di Svennerholm. Le configurazioni anomeriche sono fornite solo per la formazione iniziale del composto. Gal, galattosio; glc, glucosio; NAcgal, N-acetilgalattosamina; NANA, acido N-acetilneuraminico; PC, fosforilcolina. B sono carenti. La diagnosi prenatale nelle gravidanze a rischio è realizzata mediante amniocentesi o prelievo di un campione di villi coriali. La determinazione della -esosaminidasi A e B consente l’identificazione dei portatori nelle famiglie. Per prevenire la malattia di Tay-Sachs si consiglia lo screening (precedente alla gravidanza) di tutte le coppie in cui almeno uno dei due membri è di origine ebrea askenazita, mediante determinazione dell’attività della -esosaminidasi A su leucociti periferici o plasma. Gli studi molecolari per identificare lo specifico difetto molecolare nei portatori consentono la diagnosi prenatale delle coppie a rischio, mediante determinazione enzimatica e genotipica. L’incidenza della malattia di Tay-Sachs è stata drasticamente ridotta dall’introduzione dei programmi di screening sulla popolazione ebrea askenazita. Lo screening neonatale è possibile mediante la misurazione di specifici marcatori dei glicosfingolipidi. MALATTIA DI GAUCHER. La malattia di Gaucher è una lipidosi multisistemica caratterizzata da problemi ematologici, organomegalia e coinvolgimento scheletrico (che si manifesta con dolore osseo e fratture patologiche; vedi Tab. 86-16). Costituisce il più comune disturbo dell’accumulo lisosomiale e il difetto genetico prevalente nella popolazione ebrea askenazita. Sulla base della presenza o assenza di manifestazioni neurologiche e della loro progressione, è stato possibile distinguere tre sottotipi clinici: il ti- 84-92ANA.indd 617 po 1 (forma adulta o non neuropatica); il tipo 2 (forma infantile o neuropatica acuta); il tipo 3 (forma giovanile o di Norrbottnian). Tutti e tre i tipi si trasmettono con modalità autosomica recessiva. Il tipo 1, responsabile del 99% dei casi, è particolarmente diffuso tra gli ebrei askenaziti, con un’incidenza di circa 1/1000 e una frequenza di 1/18. La malattia di Gaucher è il risultato del deficit di attività dell’idrolasi lisosomiale (acido -glucosidasi), codificata da un gene localizzato sul cromosoma 1q21-q31. Questo difetto enzimatico provoca l’accumulo nelle cellule del sistema reticoloendoteliale di substrati glicolipidici non degradati, in particolare glucosilceramide, fino a che tale deposizione determina un’infiltrazione nel midollo osseo, epatosplenomegalia progressiva e complicanze scheletriche. Quattro mutazioni (N370S, L444P, 84insG e IVS2) sono responsabili del 95% degli alleli mutanti nei pazienti ebrei askenaziti e consentono perciò lo screening in questa popolazione. Le correlazioni genotipo-fenotipo che sono state notate forniscono una spiegazione molecolare per l’eterogeneità clinica osservata nella malattia di Gaucher di tipo 1, caratterizzata da gravità ed età di esordio variabili. Nei pazienti omozigoti per la mutazione N370S, l’esordio è tardivo e il decorso più indolente rispetto ai pazienti con una copia di N370S e un altro allele comune. 23-09-2008 11:52:10 618 ■ PARTE X ■ Malattie metaboliche fuc fuc gal gal NAcglc gal glc gal NAcglc gal glc ceramide NAcgal Glicosfingolipidi gruppo sanguigno A -galattominidasi -galattosidasi ceramide fuc gal NAcglc Malattia di Fabry Glicosfingolipidi gruppo sanguigno B gal gal glc glc ceramide Glicosfingolipidi gruppo sanguigno O -fucosidasi Fucosidosi gal NAcgal gal NAcglc gal glc-ceramide -galattosidasi ceramide GM1 gangliodisosi Globoside -esosaminidasi A e B NAcglc Gangliosidosi GM2 (Sandhoff) gal glc-ceramide -esosaminidasi (probabilmente A e B) Gangliosidosi GM2, alcuni tipi Triesosilceramide -galattosidasi gal gal glc-ceramide gal Malattia di Fabry glc-ceramide Lattosilceramide -galattosidasi Gangliosidosi GM1, malattia di Krabbe Gangliosidosi GM3 neuraminidasi NANA gal glc glc-ceramide Glucosilceramide -glucosidasi ceramide Malattia di Gaucher Sfingomielinasi PC-ceramide Malattia di Niemann-Pick Ceramidasi ceramide sfingosina acido grasso Malattia di Farber Figura 86-16. Vie metaboliche della degradazione degli sfingolipidi negli organi viscerali e nei globuli bianchi e rossi. Vedi la legenda della Figura 86-15. Fuc, fucoso; NAcglc, N-acetilglucosamina. Le manifestazioni cliniche del tipo 1 esordiscono a un’età variabile, compresa tra la prima infanzia e la tarda età adulta, ma la maggior parte dei pazienti sintomatici è adolescente. I sintomi di presentazione includono ematomi da trombocitopenia, fatica cronica secondaria all’anemia, epatomegalia (con o senza aumento degli enzimi epatici), splenomegalia e dolore osseo. Alcuni soggetti presentano coinvolgimento polmonare fino dall’esordio. I pazienti sintomatici nella prima decade solitamente non sono ebrei, presentano ritardo dello sviluppo e un decorso della malattia più grave. In altri soggetti con forma più lieve e decorso benigno la malattia è scoperta casualmente durante esami medici di routine. Nei casi sintomatici la splenomegalia è progressiva e può diventare massiva. Il coinvolgimento scheletrico è frequente, in particolare la deformità a fiasco di Erlenmeyer del femore distale. Il coinvolgimento osseo, evidente in circa il 20% dei casi, si presenta con dolore osseo o fratture patologiche. Lesioni litiche possono svilupparsi nelle ossa lunghe come femore, coste o pelvi; l’osteoporosi può svilupparsi in una fase molto precoce. Si riscontrano anche crisi ossee, con grave dolore e tumefazione. Emorragie secondarie alla trombocitopenia si manifestano con 84-92ANA.indd 618 epistassi o ematomi, spesso trascurate fino alla comparsa di sintomi più gravi. Lo sviluppo e l’intelligenza sono nella norma, se si escludono i bambini con grave ritardo dello sviluppo secondario agli effetti della malattia cronica. La caratteristica patognomonica della malattia di Gaucher è la presenza di cellule di Gaucher nel sistema reticoloendoteliale, in particolare nel midollo osseo (Fig. 86-17). Queste cellule, che misurano 20-100 m di diametro, hanno un tipico aspetto a carta stropicciata, risultato delle inclusioni di substrato intracitoplasmatico. Il citoplasma delle cellule di Gaucher reagisce positivamente alla colorazione PAS. La presenza di queste cellule nel midollo osseo e nei campioni di tessuti è altamente suggestiva della malattia di Gaucher, per quanto si possano trovare anche nei pazienti con leucemia granulocitica e mieloma. La malattia di Gaucher di tipo 2 è molto meno comune del tipo 1 e non possiede alcuna predilezione etnica. È caratterizzata da un rapido decorso neurodegenerativo con esteso coinvolgimento viscerale, che conduce al decesso nei primi due anni di vita. La malattia esordisce con ipertonia, strabismo e organomegalia. Il deficit staturo-ponderale e lo stridore causato dal laringospasmo 23-09-2008 11:52:10 Capitolo 86 Figura 86-17. Cellule della milza di un paziente con malattia di Gaucher, infarcite di glucocerebrosidi. sono tipici. Dopo un periodo di regressione psicomotoria, che si protrae per diversi anni, la compromissione respiratoria causa la morte del paziente. La malattia di Gaucher di tipo 3 appare nell’infanzia con manifestazioni cliniche intermedie tra quelle del tipo 1 e 2, causando il decesso entro i primi 10-15 anni. È particolarmente diffusa nella popolazione svedese della contea di Norrbotten, con un’incidenza di 1/50 000. Il coinvolgimento neurologico insorge più tardivamente e con un decorso meno grave rispetto al tipo 2. La malattia di tipo 3 è ulteriormente suddivisa nei sottotipi 3a e 3b, sulla base dell’estensione del danno neurologico e della presenza di miotonia progressiva e demenza (tipo 3a) o di paralisi sopranucleare (tipo 3b). La malattia di Gaucher deve essere presa in considerazione nella diagnosi differenziale di pazienti con organomegalia inspiegabile, tendenza agli ematomi, dolore osseo (o una combinazione di questi sintomi). L’esame del midollo osseo solitamente rivela la presenza delle cellule di Gaucher. In caso di sospetto, la diagnosi deve essere confermata mediante determinazione dell’attività dell’acido -glucosidasi su leucociti isolati o fibroblasti in coltura. L’identificazione del portatore è realizzata con il dosaggio enzimatico e con la successiva conferma dei risultati mediante un test molecolare. Ai membri delle famiglie ebree deve essere offerta l’opportunità di sottoporsi allo screening, considerando che l’eterogeneità può essere talmente elevata, anche nello stesso gruppo familiare, da condurre alla diagnosi di individui asintomatici. La diagnosi prenatale è realizzabile mediante determinazione dell’attività enzimatica su campioni villi coriali o colture di cellule prelevate dal liquido amniotico. Il trattamento dei pazienti con malattia di Gaucher di tipo 1 prevede la terapia di sostituzione enzimatica con acido ricombinante -glucosidasi (imiglucerasi). La maggior parte dei sintomi extrascheletrici (organomegalia, indici ematologici) è reversibile mediante una dose iniziale dell’enzima di 60 UI/kg, somministrato per infusione endovenosa a cadenza quindicinale. Una dose di mantenimento mensile consente di migliorare la struttura ossea, ridurre il dolore e indurre una crescita compensatoria nei bambini colpiti. Una piccola percentuale di pazienti è stata sottoposta a trapianto di midollo osseo, ma questa procedura, benché curativa, possiede un elevato indice di morbilità e mortalità, per cui richiede un’attenta selezione dei candidati. Malgrado la terapia di sostituzione enzimatica non alteri la progressione neurologica nei pazienti con malattia di Gaucher di tipo 2 e 3, è stata utilizzata in alcuni casi selezionati come palliativa, in particolare nel caso di un grave coinvolgimento viscerale. Sono attualmente in sperimentazione trattamenti alternativi, come l’uso di agenti in grado di limitare la sintesi di glucosilceramide mediante inibizione chimica della glucosilceramide sintasi o la terapia genetica per la malattia di tipo 1. 84-92ANA.indd 619 ■ Difetti del metabolismo lipidico ■ 619 MALATTIA DI NEIMANN-PICK (NPD). La descrizione iniziale di questa malattia si riferiva alla forma oggi nota con il nome di NPD di tipo A, una malattia infantile fatale caratterizzata da deficit staturo-ponderale, epatosplenomegalia e una rapida degenerazione neurologica progressiva, responsabile del decesso entro i primi 2-3 anni di vita. La NPD di tipo B è una forma non neuronopatica osservata in bambini e adulti. Quella di tipo C è invece una forma neuronopatica risultato di un deficit del trasporto di colesterolo. Tutti e tre i sottotipi sono ereditati con modalità autosomica recessiva e presentano una gamma estremamente variabile di manifestazioni cliniche (vedi Tab. 86-16). I tipi A e B sono provocati dal deficit di attività della sfingomielinasi acida, un enzima lisosomiale codificato da un gene localizzato sul cromosoma 11 (11p15.1-p15.4). Questo difetto enzimatico causa un accumulo patologico del fosfolipide sfingomielina e di altri lipidi nel sistema monocita-macrofago (sede primaria della patologia). La progressiva deposizione di sfingomielina nel sistema nervoso centrale è responsabile del decorso neurodegenerativo osservato nel tipo A; la deposizione nel tessuto non neurale causa invece le manifestazioni sistemiche del tipo B, inclusa la progressiva malattia polmonare osservata in alcuni pazienti. Il gene per l’acido sfingomielinasi è stato sequenziato e sono note svariate mutazioni responsabili di NPD A e B. Le manifestazioni cliniche e il decorso dell’NPD A sono uniformi e caratterizzati da un aspetto normale alla nascita (ma talvolta si segnala un ittero prolungato nel periodo neonatale). Entro i 6 mesi di età si manifestano epatosplenomegalia, moderata linfoadenopatia e ritardo psicomotorio, seguiti da regressione neuroevolutiva e dal decesso entro i 3 anni. Con la crescita, la perdita della funzione motoria e il deterioramento delle capacità intellettuali risultano sempre più debilitanti; negli stadi finali la spasticità e la rigidità sono evidenti. I bambini colpiti perdono il contatto con l’ambiente. A differenza del fenotipo A, la presentazione e il decorso del tipo B risultano più variabili. La maggior parte dei casi è diagnosticata nell’infanzia, in seguito al riscontro casuale, durante l’esame obiettivo, di un aumento del volume del fegato o della milza (o di entrambi). Al momento della diagnosi, i pazienti con NPD di tipo B presentano solitamente un lieve coinvolgimento polmonare, che si evidenzia nella radiografia del torace con una infiltrazione reticolare diffusa o finemente nodulare. Normalmente, i sintomi polmonari compaiono negli adulti. Nella maggior parte dei pazienti l’epatosplenomegalia è particolarmente marcata nell’infanzia, ma la prominenza addominale si attenua con la crescita. Nei casi più lievi le manifestazioni patologiche sono minime e la splenomegalia può passare inosservata fino all’età adulta. In alcuni pazienti con NPD di tipo B il calo della capacità di diffusione polmonare causato dall’infiltrazione alveolare risulta evidente nella tarda infanzia o in prima età adulta e continua a progredire con l’età. I soggetti colpiti più gravemente vanno incontro a grave compromissione polmonare entro i 15-20 anni. Questi pazienti presentano valori PO2 ridotti e dispnea sotto sforzo. Sono stati descritti casi di broncopolmonite fatale e cor pulmonale. Il coinvolgimento epatico grave può causare cirrosi, ipertensione portale e ascite. Una pancitopenia clinicamente significativa, dovuta a ipersplenismo secondario, può richiedere una splenectomia parziale o completa; questa evenienza deve essere evitata per quanto possibile, perché provoca di frequente una progressione della malattia polmonare con esiti potenzialmente fatali. In generale, i pazienti di tipo B non presentano coinvolgimento neurologico e hanno un QI nella norma. In alcuni di essi si riscontrano aloni o una macchia rosso ciliegia sulla macula e lievi sintomi neurologici (neuropatia periferica). Fatta eccezione per un possibile ittero prolungato nel periodo neonatale, i pazienti con NPD C appaiono normali nei primi 1-2 anni, ma in seguito sperimentano un decorso neurodegenerativo lento e progressivo. La loro epatosplenomegalia è meno grave rispetto ai pazienti con i tipi A e B e la sopravvivenza fino all’età adulta è possibile. Il difetto biochimico responsabile della malattia nei pazienti di tipo C è un’anomalia nel trasporto del colesterolo, che causa l’accumulo di sfingomielina e colesterolo 23-09-2008 11:52:10 620 ■ PARTE X ■ Malattie metaboliche nei lisosomi e una riduzione secondaria parziale dell’attività della sfingomielinasi acida (vedi Capitolo 86.3). Nei pazienti con NPD di tipo B la splenomegalia è solitamente la prima manifestazione notata nell’infanzia. Tuttavia nei casi più lievi l’aumento di dimensioni può passare inosservato fino all’adolescenza o all’età adulta. La presenza delle caratteristiche cellule NPD negli aspirati midollari conferma la diagnosi di NPD B. Anche i pazienti con NPD C possono presentare estese infiltrazioni di cellule NPD nel midollo osseo, perciò tutti i casi sospetti devono essere valutati sul piano enzimatico, mediante la misura dell’attività della sfingomielinasi acida su leucociti periferici, fibroblasti in coltura o linfoblasti (o una combinazione di questi tre tipi di cellule). I pazienti con malattia di tipo A e B presentano un marcato aumento dei livelli (1-10%), mentre nel tipo C si osserva una riduzione di attività. L’identificazione enzimatica dei portatori di NPD è problematica. Nelle famiglie in cui è stata riscontrata la specifica lesione molecolare, tutti i membri devono essere testati mediante analisi del DNA. La diagnosi prenatale dei tipi A e B è realizzata senza difficoltà con la misura dell’attività della sfingomielinasi acida su colture di amniociti o villi coriali; l’analisi molecolare delle cellule fetali consente di confermare la diagnosi. La diagnosi clinica di NPD C può essere dimostrata dalla positività alla colorazione con filipina su colture di fibroblasti e/o identificazione di una specifica mutazione del gene NPC. Non esiste alcun trattamento specifico per la NPD. Il trapianto ortotopico di fegato in un bambino con il tipo A e il trapianto di cellule amniotiche in diversi pazienti con il tipo B si sono rivelati fallimentari. Il trapianto di midollo in un piccolo numero di pazienti con il tipo B ha consentito la riduzione del volume di fegato e milza, del contenuto di sfingomielina nel fegato, del numero di cellule di Niemann-Pick nel midollo e dell’infiltrazione polmonare. Tuttavia, in un paziente biopsie epatiche prelevate fino a 33 mesi dopo il trapianto hanno mostrato una riduzione soltanto moderata della sfingomielina immagazzinata. A tutt’oggi il trapianto polmonare non è mai stato eseguito nei pazienti con malattia di tipo B e grave compromissione polmonare, ma sono stati segnalati due casi sottoposti a lavaggio polmonare completo, con risultati variabili. Le prospettive future per il trattamento della malattia di tipo B includono la sostituzione enzimatica e la terapia genica. Qualsiasi tentativo di trattamento delle forme A e B è attualmente precluso dal grave coinvolgimento neurologico. MALATTIA DI FABRY. Questo errore congenito del metabolismo degli sfingolipidi è caratterizzato da angiocheratomi (telangectasie cutanee), ipoidrosi, opacità corneali e lenticolari, acroparestesie e malattia vascolare renale, cardiaca e/o cerebrale (vedi Tab. 8616). La malattia si trasmette con modalità autosomica recessiva legata all’X e si manifesta nel sesso maschile, con una prevalenza stimata di 1/40 000. Alcuni soggetti sono colpiti da una forma a esordio tardivo, con attività residua della -galattosidasi A, che si manifesta con malattia renale e/o cardiaca (inclusa la miocardiopatia ipertrofica e l’insufficienza renale). Le donne eterozigoti per il fenotipo classico possono essere colpite altrettanto gravemente degli uomini oppure risultare del tutto asintomatiche, in seguito alla variabilità dovuta all’inattivazione random dell’X. La malattia è il risultato della deficitaria attività dell’-galattosidasi A, un enzima lisosomiale codificato da un gene localizzato sul braccio lungo del cromosoma X (Xq22). Tale difetto enzimatico causa l’accumulo di glicosfingolipidi neutri, prevalentemente globotriaosilceramide, nel plasma e nei lisosomi delle cellule vascolari endoteliali e della muscolatura liscia. La progressiva deposizione vascolare di glicosfingolipidi provoca ischemia e infarto (manifestazioni più gravi della malattia). Le sequenze genomiche e del cDNA che codificano per l’-galattosidasi A hanno consentito di identificare più di 200 differenti mutazioni nel gene -galattosidasi A responsabili del deficit dell’accumulo lisosomiale, che includono sostituzioni di amminoacidi, riarrangiamenti genetici e difetti dello splicing dell’mRNA. I maschi con il fenotipo classico presentano lesioni cutanee, acroparestesie, ipoidrosi e alterazioni oculari, mentre in quelli 84-92ANA.indd 620 con la forma a esordio tardivo la patologia esordisce in età adulta, con malattia cardiaca e/o renale. Gli angiocheratomi classici solitamente compaiono nell’infanzia e possono suggerire la diagnosi precoce; tendono ad aumentare in numero e dimensioni con l’età. Le lesioni, alcune appena visibili, altre di diversi millimetri di diametro, sono puntate, piatte o leggermente rilevate; di colore rosso scuro o blu-nero, non si decolorano con la pressione; le più grandi possono manifestare una lieve ipercheratosi. Nella maggior parte dei casi, tali lesioni tendono ad addensarsi tra l’ombelico e il ginocchio, ma possono comparire anche in altre sedi, inclusa la mucosa orale. Le localizzazioni più comuni includono anche cosce, natiche, ombelico, basso addome, scroto e glande. Si nota una tendenza alla simmetria. Sono state descritte varianti della malattia prive di lesioni cutanee. La sudorazione è di solito ridotta o assente. Le opacità corneali e lenticolari, osservabili con la lampada a fessura, sono presenti nei soggetti colpiti e nel 70% degli eterozigoti asintomatici. Anche la tortuosità dei vasi di retina e congiuntiva è un sintomo comune, risultato del coinvolgimento vascolare sistemico. Il dolore è il sintomo più debilitante che colpisce bambini e adolescenti. Le crisi di Fabry, che durano da qualche minuto a diversi giorni, sono contrassegnate da un dolore tormentoso e bruciante a mani, piedi e arti distali, solitamente associato all’esercizio, alla fatica, alla febbre o ad una combinazione di questi fattori. Tali dolorose acroparestesie tendono a divenire meno frequenti nella terza e quarta decade di vita, ma in alcuni casi possono peggiorare, diventando ancora più gravi e frequenti. Gli attacchi di dolore addominale o al fianco simulano l’appendicite o una colica renale. I principali sintomi patologici sono il risultato del progressivo coinvolgimento del sistema vascolare. Nella fase iniziale del decorso della malattia, nei sedimenti urinari compaiono cilindri, globuli rossi e inclusioni lipidiche con la caratteristica configurazione “a croce di Malta”. Tra la seconda e quarta decade si sviluppano proteinuria, isostenuria, graduale deterioramento della funzione renale e iperazotemia. I reperti cardiovascolari possono includere ipertensione, ipertrofia del ventricolo sinistro, dolore toracico con i caratteri dell’angina, ischemia miocardica, infarto e insufficienza cardiaca. L’insufficienza mitralica è la lesione valvolare più comune. Il riscontro di anomalie elettrocardiografiche ed ecocardiografiche è comune. Le manifestazioni cerebrovascolari sono il risultato del coinvolgimento multifocale dei piccoli vasi. Gli altri sintomi includono bronchite cronica con dispnea, linfedema degli arti inferiori senza ipoproteinemia, diarrea episodica, osteoporosi, ritardo della crescita e della pubertà. La mortalità è spesso associata a uremia o malattia vascolare cardiaca o cerebrale. Prima dell’emodialisi e del trapianto renale, l’età media della mortalità era 41 anni. Nelle varianti con esordio tardivo e attività residua dell’-galattosidasi, si riscontrano la malattia cardiaca e una lieve proteinuria, ma solitamente la funzione renale è integra. La manifestazioni cardiache includono ipertrofia della parete del ventricolo sinistro e del setto interventricolare e anomalie elettrocardiografiche tipiche della miocardiopatia. Alcuni pazienti vanno incontro a miocardiopatia ipertrofica, infarto miocardico o entrambi. Nei pazienti la diagnosi nei maschi con la forma classica è formulata senza difficoltà grazie al riscontro anamnestico di acroparestesie dolenti e ipoidrosi, alla presenza di caratteristiche lesioni cutanee e all’osservazione di opacità corneali e lenticolari tipiche. La malattia è spesso erroneamente diagnosticata come febbre reumatica, eritromelalgia o nevrosi. La diagnosi differenziale delle lesioni cutanee deve escludere gli angiocheratomi scrotali benigni (malattia di Fordyce) e l’angiocheratoma circoscritto. Angiocheratomi identici a quelli della malattia di Fabry sono stati segnalati nella fucosidosi, nell’aspartilglicosaminuria, nella gangliosidosi GM1 a esordio tardivo, nella galattosialidosi, nel deficit di -acetilgalattosamidasi e nella sialidosi. Le varianti a esordio tardivo sono state identificate in pazienti sottoposti a emodialisi cronica. Al pari di quelle cardiache, tali varianti renali sono prive delle manifestazioni iniziali classiche, come la comparsa di angiocheratomi, acroparestesie, ipoidrosi e opacità corneali. 23-09-2008 11:52:11 Capitolo 86 La diagnosi della forma classica e delle varianti è confermata sul piano biochimico dalla dimostrazione della marcata riduzione di attività dell’lfa-galattosidasi A nel plasma, su leucociti isolati o colture di fibroblasti o linfoblasti. Le donne eterozigoti possono presentare opacità corneali, lesioni cutanee isolate e un livello di attività intermedio dell’galattosidasi A nel plasma o nelle cellule. In rari casi queste pazienti hanno manifestazioni cliniche altrettanto gravi di quelle degli uomini. Nelle famiglie colpite dalla malattia di Fabry, le donne asintomatiche vanno diagnosticate mediante analisi diretta della specifica mutazione di quel gruppo familiare. La diagnosi prenatale è realizzabile mediante la dimostrazione del deficit di attività dell’-galattosidasi A o della presenza di una specifica mutazione genetica su villi coriali ottenuti nel primo trimestre della gravidanza o su colture di amniociti prelevati con amniocentesi nel secondo trimestre. Potenzialmente, lo screening neonatale è in grado di rilevare la malattia di Fabry. In passato il trattamento, aspecifico e di supporto, si limitava all’uso di fenitoina e/o carbamazepina, per ridurre la frequenza e l’intensità delle acroparestesie croniche e le periodiche crisi di dolore insopportabile. Il trapianto renale e l’emodialisi consentono la sopravvivenza dei pazienti con insufficienza renale. L’-galattosidasi ricombinante è un enzima sicuro ed efficace utilizzato nella terapia di sostituzione, alla dose di 1 mg/kg, a cadenza quindicinale. FUCOSIDOSI. Questa rara malattia autosomica recessiva è causata da un deficit dell’attività dell’-fucosidasi e dal conseguente accumulo di glicosfingolipidi, glicoproteine e oligosaccaridi contenenti fucoso nei lisosomi di fegato, cervello e di altri organi (vedi Tab. 86-16). Il gene per l’-fucosidasi è localizzato sul cromosoma 1 (1p24) e sono state identificate specifiche mutazioni patogenetiche. Benché il disturbo sia panetnico, la maggior parte dei pazienti è italiana o statunitense. Si nota un’estrema variabilità del fenotipo clinico. Nei soggetti colpiti più gravemente la malattia esordisce nel primo anno di vita, con ritardo evolutivo e caratteristiche somatiche analoghe a quelle della mucopolisaccaridosi (bozze frontali, epatosplenomegalia, lineamenti grossolani e macroglossia). L’accumulo nel sistema nervoso centrale determina una neurodenegerazione progressiva e implacabile, con esito fatale nell’infanzia. I pazienti colpiti dalle forme più lievi presentano angiocheratomi, ma hanno una speranza di sopravvivenza più elevata. Non è disponibile alcuna terapia specifica. La diagnosi è confermata dalla dimostrazione del deficit di attività della -fucosidasi su leucociti periferici o colture di fibroblasti. L’identificazione dei portatori e la diagnosi prenatale sono realizzabili mediante la determinazione dell’attività enzimatica. MALATTIA DI SCHINDLER. Questa malattia autosomica recessiva è il risultato di un deficit dell’attività dell’-N-acetilgalattosaminidasi e dal conseguente accumulo di sialilati, asialoglicopeptidi e oligosaccaridi (vedi Tab. 86-16). Il gene per l’enzima è mappato sul cromosoma 22 (22q13.1-13.2). La malattia è clinicamente eterogenea e sono stati identificati due fenotipi principali. Il tipo I consiste in una distrofia neuroassonale a esordio infantile. Dopo i primi 9-15 mesi di sviluppo normale, i bambini colpiti vanno incontro a un rapido decorso neurodegenerativo, che causa grave ritardo psicomotorio, cecità corticale e convulsioni miocloniche frequenti. La malattia di tipo II, a esordio variabile, è invece caratterizzata da un lieve ritardo e dalla presenza di angiocheratomi. Per entrambe le forme non è disponibile alcuna terapia. La diagnosi è confermata dalla dimostrazione del deficit enzimatico su leucociti o colture di fibroblasti cutanei. LEUCODISTROFIA METACROMATICA (MLD). L’MLD (Metachromatic LeukoDystrophy) è una malattia autosomica recessiva che colpisce la sostanza bianca ed è causata da un deficit di arilsolfatasi A (ASA), necessario per l’idrolisi dei glicosfingolipidi solfatati. Un’altra forma è invece determinata da un deficit di una proteina attivatrice degli sfingolipidi (SAP1), richiesta per la formazione del complesso substrato-enzima. Il deficit dell’attività enzimatica 84-92ANA.indd 621 ■ Difetti del metabolismo lipidico ■ 621 genera l’accumulo nella sostanza bianca di glicosfingolipidi solfatati, con conseguenti demielinizzazione e neurodegenerazione. Il gene ASA si trova sul cromosoma 22 (22q13.31qter); le specifiche mutazioni individuate sono classificate in due gruppi, correlati alla gravità della malattia. Le manifestazioni cliniche della forma infantile a esordio tardivo (la più comune) si presentano solitamente tra i 12 e i 18 mesi, con irritabilità, difficoltà di deambulazione e iperestensione del ginocchio che causa genu recurvatum. I riflessi tendinei profondi sono diminuiti o assenti. Il graduale logoramento muscolare, la debolezza e l’ipotonia determinano uno stato di grave debilitazione. Con il progredire della malattia, compaiono nistagmo, convulsioni miocloniche, atrofia oculare e quadriparesi, con esito fatale nella prima decade di vita (vedi Tab. 86-16). La forma giovanile del disturbo ha un corso più indolente e un esordio tardivo (fino ai 20 anni), che avviene con disturbi della deambulazione, deterioramento mentale, incontinenza urinaria e difficoltà emotive. La forma adulta, che si presenta dopo la seconda decade, presenta manifestazioni cliniche analoghe alla forma giovanile, ma le difficoltà emotive e la psicosi sono più marcate. Sia nella forma giovanile sia in quella adulta si riscontrano anche demenza, convulsioni, diminuzione dei riflessi e atrofia oculare. La caratteristica patognomonica della MLD è la deposizione di granuli metacromatici, che colorano fortemente con PAS e blu alcian nella sostanza bianca cerebrale. Le inclusioni neuronali sono evidenziabili nel mesencefalo, nel ponte, nel midollo, nella retina e nel midollo spinale; la demielinizzazione colpisce il sistema nervoso periferico. Il trapianto di midollo osseo ha consentito una normalizzazione dei livelli enzimatici nel sangue periferico, ma non sembra rallentare il decorso neurologico. L’intervento di elezione resta perciò la terapia di supporto. La diagnosi è sospettata in pazienti con le caratteristiche cliniche della leucodistrofia. I reperti suggestivi di MLD sono una riduzione della velocità di conduzione nervosa, un aumento delle proteine nel liquido cerebrospinale, la presenza di depositi metacromatici in biopsie di nervo surale e di granuli metacromatici nei sedimenti urinari. La conferma della diagnosi richiede la dimostrazione della ridotta attività di ASA su leucociti o fibroblasti cutanei in coltura. Il deficit della proteina attivatrice degli sfingolipidi è diagnosticato mediante dosaggio della concentrazione di SAP1 su colture di fibroblasti, utilizzando uno specifico anticorpo della proteina. L’individuazione dei portatori e la diagnosi prenatale sono disponibili per tutte le forme. DEFICIT MULTIPLO DI SOLFATASI. Questa malattia autosomica recessiva è il risultato del deficit dell’attività di tre enzimi: l’arilsolfatasi A, B e C. Solfatidi, mucopolisaccaridi, steroidi solfati e gangliosidi si accumulano nella corteccia cerebrale e nei tessuti viscerali, determinando un fenotipo clinico con caratteristiche della leucodistrofia e della mucopolisaccaridosi. Può riscontrasi anche una grave ittiosi. L’identificazione dei portatori e la diagnosi prenatale sono realizzabili mediante la misura delle attività enzimatiche. L’unico trattamento disponibile è quello di supporto. MALATTIA DI KRABBE. Definita anche leucodistrofia a cellule globoidi, è una malattia autosomica recessiva infantile con esito fatale, provocata dal deficit dell’attività enzimatica della galattocerebrosidasi e dall’accumulo nella sostanza bianca di galattosilceramide, normalmente riscontrata soltanto nella guaina mielinica. Il gene per la galattocerebrosidasi si trova sul cromosoma 14 (14q31) e sono state identificate specifiche mutazioni patogenetiche. La forma infantile, a rapida progressione, esordisce nella prima infanzia con irritabilità, convulsioni e ipertonia (vedi Tab. 86-16). L’atrofia ottica è evidente già nel primo anno di vita e lo sviluppo mentale risulta gravemente compromesso. Con il progredire della malattia, sia l’atrofia ottica sia il ritardo evolutivo si aggravano e subentra opistotono. Si riscontra un esito fatale entro il terzo anno di vita. È stata descritta anche una forma infantile tardiva, che esordisce dopo i 2 anni e ha un decorso clinico analogo a quello della forma precoce. Il trapianto di midollo è stato tentato in diversi casi a esordio tardivo, ma senza 23-09-2008 11:52:11 622 ■ PARTE X ■ Malattie metaboliche risultati significativi. Il trapianto di cellule da sangue del cordone ombelicale nei primi 2 mesi di vita dei pazienti presintomatici ha consentito l’attecchimento dell’innesto e la normalizzazione dei livelli ematici di galattocerebrosidasi. Nei follow-up a tre anni, l’acquisizione delle tappe evolutive, la mielinizzazione cerebrale e le funzioni cognitive risultano nella norma rispetto all’età. Ciononostante, alcuni pazienti manifestano un ritardo del linguaggio da lieve a moderato e un ritardo da lieve a grave della motricità grossolana. La diagnosi di malattia di Krabbe si basa sulla dimostrazione dello specifico deficit enzimatico nei globuli bianchi o su colture di fibroblasti cutanei. L’identificazione dei portatori e la diagnosi prenatale sono disponibili. MALATTIA DI FARBER. Questa malattia autosomica recessiva è il risultato di un deficit dell’enzima lisosomiale ceramidasi e del conseguente accumulo di ceramide in vari tessuti, in particolare nelle articolazioni. I sintomi possono esordire già nel primo anno di vita, con articolazioni tumefatte e dolenti e formazione di noduli (Fig. 86-18), talvolta diagnosticati come artrite reumatoide. Con la progressione della malattia, i noduli e le formazioni granulomatose sulle corde vocali causano raucedine e difficoltà respiratorie. Il deficit staturo-ponderale è comune. In alcuni pazienti si riscontra una moderata disfunzione del sistema nervoso centrale (vedi Tab. 86-16). La mortalità in seguito a polmonite ricorrente nell’adolescenza è elevata. Attualmente non è disponibile alcuna terapia specifica. La diagnosi deve essere sospettata nei pazienti con noduli a livello delle articolazioni, in assenza degli altri sintomi tipici dell’artrite reumatoide. In tali casi, l’attività della ceramide può essere determinata su colture di fibroblasti o globuli bianchi. L’individuazione dei portatori e la diagnosi prenatale sono disponibili. MALATTIA DI WOLMAN E DISTURBO DELL’ACCUMULO DI ESTERI DEL COLESTEROLO. Questi disturbi autososmici recessivi dell’accumulo lisosomiale sono il risultato di un deficit della lipasi acida e del conseguente accumulo di colesterolo esteri e trigliceridi nelle cellule schiumose istiocitiche della maggior parte degli organi viscerali. Il gene lisosomiale per la lipasi acida è localizzato sul cromosoma 10 (10q24-q25). La malattia di Wolman possiede il fenotipo clinico più grave e ha un esito fatale nell’infanzia. Le caratteristiche cliniche, evidenti già nella prima settimana di vita, includono deficit staturo-ponderale, vomito cronico, distensione addominale, steatorrea ed epatosplenomegalia (vedi Tab. 86-16). Di solito è presente anche l’iperlipidemia e possono insorgere una disfunzione epatica e una fibrosi. La presenza di calcificazioni delle ghiandole surrenali è un sintomo patognomonico della malattia. La mortalità entro i primi sei mesi è elevata. Il disturbo dell’accumulo degli esteri del colesterolo costituisce una forma meno grave della malattia, solitamente diagnosticata soltanto in età adulta. L’epatomegalia può essere l’unica anomalia evidente, ma gli individui colpiti presentano un rischio significativo si sviluppare aterosclerosi prematura. Non si osserva alcuna calcificazione surrenale. La diagnosi e l’identificazione dei portatori è basata sulla misura dell’attività della lipasi acida su leucociti o colture di fibroblasti cutanei. La diagnosi prenatale è realizzata mediante misurazione della riduzione dei livelli enzimatici su colture di villi coriali o amniociti. Non è disponibile alcuna terapia per i due disturbi. In pazienti con disturbo dell’accumulo degli esteri del colesterolo è stata tentata la somministrazione di agenti soppressori della sintesi del colesterolo, in combinazione con colestiramina e con una modifica della dieta (vedi Capitolo 86.3). Charrow J, Anderson HC, Kaplan P, et al: Enzyme replacement therapy and monitoring for children with type 1 Gaucher disease: Consensus recommendations. J Pediatr 2004;144:112–120. Clark JTR: Narrative review: Fabry disease. Ann Intern Med 2007;146: 425–433. Desnick RJ, Brady R, Barranger J, et al: Fabry disease, an under-recognized multi-systemic disorder: Expert recommendations for diagnosis, management, and enzyme replacement therapy. Ann Intern Med 2003;138: 338–346. Elstein D, Abrahamov A, Hadas-Halpern I, et al: Gaucher’s disease. Lancet 2001;358:324–337. Escolar ML, Poe MD, Provenzale JM, et al: Transplantation of umbilical-cord blood in babies with infantile Krabbe’s disease. N Engl J Med 2005;20:2069–2080. Johnson WG: The clinical spectrum of hexosaminidase deficiency diseases. Neurology 1981;31:1453–1456. Kaplan P, Anderson HC, Kacena KA, Yee JD: the clinical and demographic characteristics of nonneuronpathic Gaucher disease in 887 children at diagnosis. 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Inizialmente era stata sospettata la presenza di artrite reumatoide. 84-92ANA.indd 622 La mucolipidosi II (ML-II o I-cell disease) e la mucolipidosi III (ML-III o polidistrofia pseudo-Hurler) sono rare malattie a trasmissione autosomica recessiva, biochimicamente simili, che condividono alcune caratteristiche cliniche della sindrome di Hurler. Sono il risultato di un’anomalia nel trasporto di enzimi lisosomali appena sintetizzati, normalmente riconosciuti da specifici recettori localizzati sulla superficie della membrana lisosomiale, che reagiscono alla presenza di residui di mannoso-6-fosfato. Questi marker di riconoscimento sono sintetizzati nel corso di una reazione a due fasi che si realizza nell’apparato del Golgi, mediata da due attività enzimatiche. Sia nella ML-II sia nella ML-III si riscontra un deficit dell’enzima che catalizza il primo passaggio, l’UDP-N-acetilglucosamina: N-acetilglucosamina-1-fosfotransferasi lisosomiale. Tale deficit causa la secrezione dell’enzima nella matrice extracellulare. Dato che gli enzimi lisosomali richiedono l’ambiente acido dei lisosomi per funzionare, i pazienti con 23-09-2008 11:52:11 Capitolo 87 questo difetto accumulano differenti substrati. La diagnosi di ML-II e ML-III è formulata in seguito al riscontro di un’elevazione dell’attività enzimatica lisosomiale nel siero o mediante dimostrazione della riduzione dei livelli enzimatici su colture di fibroblasti cutanei. È possibile anche la misura diretta dell’attività della fosfotransferasi. La diagnosi prenatale e l’identificazione dei portatori sono realizzabili in entrambi i disturbi, mediante misurazione dell’attività enzimatica lisosomiale su colture di cellule. Lo screening neonatale con spettrometria di tandem massa consente di diagnosticare la ML-II. MUCOLIPIDOSI II (ML-II O I-CELL DISEASE). Questa malattia condivide molte delle manifestazioni cliniche della sindrome di Hurler, ma non si riscontra mucopolisaccariduria e l’esordio è più precoce (vedi Tabella 86-16). Alcuni pazienti mostrano caratteristiche cliniche evidenti fino dalla nascita, come lineamenti grossolani, anomalie craniofaciali, limitazione dei movimenti articolari e ipotonia. Nel feto può essere presente idrope non immune. In altri pazienti la malattia compare nel primo anno di vita con grave ritardo psicomotorio, lineamenti grossolani e manifestazioni scheletriche che includono cifoscoliosi e gibbo lombare. Si può riscontrare anche lussazione congenita dell’anca, ernia inguinale e ipertrofia gengivale. A causa del grave e progressivo ritardo psicomotorio, la mortalità nella prima infanzia è elevata. Non è disponibile alcun trattamento. MUCOLIPIDOSI III (ML-III O POLIDISTROFIA PSEUDO-HURLER). Questa malattia (meno grave della precedente) ha un esordio più tardivo e consente la sopravvivenza del paziente fino all’età adulta. Le manifestazioni iniziali, intorno ai 4-5 anni, includono rigidità articolare e bassa statura. Si nota in seguito la progressiva distruzione delle articolazioni dell’anca e una moderata disostosi multipla. La radiografia mostra ali iliache tozze, appiattimento dell’epifisi prossimale del femore, coxa valga della testa femorale, ipoplasia del terzo anteriore delle vertebre lombari. I reperti oftalmici includono offuscamento corneale, retinopatia e astigmatismo; i sintomi visivi sono rari (vedi Tab. 86-16). Alcuni pazienti presentano disturbi dell’apprendimento o ritardo mentale. Il trattamento è sintomatico e mirato ad alleviare i sintomi ortopedici. Capitolo 87 ■ Disturbi del metabolismo dei carboidrati Priya S. Kishnani e Yuan-Tsong Chen La sintesi e la degradazione dei carboidrati forniscono l’energia necessaria per la maggior parte dei processi metabolici. I carboidrati principali includono i monosaccaridi (glucosio, galattosio e fruttosio) e un polisaccaride (glicogeno). Le vie metaboliche dei carboidrati sono illustrate nella Figura 87-1. Il glucosio è il principale substrato del metabolismo energetico e i suoi livelli ematici sono mantenuti costanti dalla continua assunzione alimentare e dai processi di gluconeogenesi e glicogenolisi del glicogeno. Il metabolismo del glucosio genera adenosina trifosfato (ATP, Adenosine TriPhosphate) mediante glicolisi (conversione del glucosio o del glicogeno in piruvato), fosforilazione ossidativa mitocondriale (conversione del piruvato in diossido di carbonio e acqua) o entrambi i processi. Il glucosio alimentare deriva dall’ingestione di polisaccaridi (principalmente amido) e disaccaridi (lattosio, maltosio e saccarosio). L’assunzione orale di glucosio è irregolare e incostante, perciò per mantenere uno stato euglicemico è necessario produrlo a partire dagli amminoacidi, principalmente dall’alanina (gluconeogenesi); tuttavia, l’attivazione di questo processo richiede tempo. La scissione del glicogeno epatico garantisce una rapida liberazione di glucosio, 84-92ANA.indd 623 ■ Disturbi del metabolismo dei carboidrati ■ 623 contribuendo a mantenere una concentrazione ematica costante. Il glicogeno costituisce la principale fonte energetica immagazzinata nei muscoli, utilizzabile durante l’attività fisica. I monosaccaridi galattosio e fruttosio forniscono il “combustibile” necessario per il metabolismo cellulare, ma svolgono un ruolo meno determinante rispetto al glucosio. Il galattosio è derivato dal lattosio (galattosio + glucosio) presente nel latte e nei suoi derivati; costituisce un’importante fonte energetica nell’infanzia, ma deve essere prima metabolizzato a glucosio. Il galattosio (esogeno o endogeno, cioè sintetizzato dal glucosio) è un’altra importante componente di alcuni glicolipidi, glicoproteine e glicosaminoglicani. Le fonti alimentari del fruttosio sono il saccarosio (fruttosio + glucosio, sorbitolo) e il fruttosio stesso, presente in frutta, verdura e miele. I disturbi del metabolismo del glicogeno ne causano l’accumulo nei tessuti, per cui si parla di malattie da accumulo del glicogeno (Tab. 87-1). I disturbi della gluconeogenesi e della via glicolitica (inclusi quelli del metabolismo di galattosio e fruttosio) non determinano alcun accumulo di glicogeno (vedi Tab. 87-1), al contrario del disturbo del metabolismo del piruvato nella via di conversione in diossido di carbonio e acqua mediante fosforilazione ossidativa, che è spesso associato ad acidosi lattica. 87.1 • GLICOGENOSI • Priya S. Kishnani e Yuan-Tsong Chen Le glicogenosi, o malattie da accumulo del glicogeno (GSD, Glycogen Storage Disease), sono il risultato di deficit di vari enzimi o proteine di trasporto nelle vie metaboliche del glicogeno (vedi Fig. 87-1), del quale in queste patologie si riscontrano anomalie qualitative e/o quantitative. Tali deficit enzimatici sono classificati con una numerazione progressiva, che riflette l’ordine cronologico di identificazione, ma possono essere nominati anche sulla base degli organi coinvolti e delle manifestazioni cliniche in glicogenosi epatiche e muscolari (vedi Tabella 87-1). In ogni caso, si utilizzano comunemente le denominazioni fino al numero VII. Esistono più di 12 forme di glicogenosi. Le più comuni, che solitamente si presentano nella prima infanzia, sono il deficit di glucosio-6-fosfatasi (tipo I), il deficit di acido lisosomiale glucosidasi (tipo II), il deficit di enzima deramificante (tipo III) e il deficit della fosforilasi chinasi epatica (tipo IX). Il deficit di miofosforilasi (tipo V, malattia di McArdle) è il più diffuso tra gli adolescenti e gli adulti. La frequenza di tutte le forma di GSD è di 1/20 000 nati vivi. GLICOGENOSI EPATICHE Le GDS che colpiscono prevalentemente il fegato includono i seguenti deficit: di glucosio-6-fosfatasi (tipo I), di enzima deramificante di tipo III, di enzima deramificante di tipo IV, di fosforilasi epatica (tipo VI), di fosforilasi chinasi epatica (tipo IX, in precedenza denominato GSD VIa), di glicogeno sintetasi (tipo 0) e del trasportatore-2 del glucosio. Dato che il metabolismo epatico dei carboidrati è responsabile dell’omeostasi del glucosio plasmatico, questo gruppo di disturbi causa tipicamente ipoglicemia a digiuno ed epatomegalia. Alcuni deficit (tipo III, IV e IX) possono essere associati a cirrosi. Anche altri organi sono talvolta coinvolti (disfunzione renale nel tipo I e miopatia scheletrica e/o cardiomiopatia nei tipi III e IV e in alcune rare forme di deficit di fosforilasi chinasi). GLICOGENOSI DI TIPO I (DEFICIT DI GLUCOSIO-6-FOSFATASI O TRASLOCASI, MALATTIA DI VON GIERKE). La GSD di tipo I è causata dall’assenza o dal deficit di attività della glucosio-6-fosfatasi nel fegato, nei reni e nella mucosa intestinale. Nel sottotipo Ia, l’enzima glucosio-6-fosfatasi risulta deficitario, mentre nel tipo Ib manca la traslocasi che lo trasporta attraverso la membrana microsomale. Entrambi i difetti provocano una inadeguata conversione epatica del glucosio-6-fosfato in glucosio attraverso 23-09-2008 11:52:11