Tecniche postraccolta dei prodotti
ortoflorofrutticoli
Ultimo segmento della filiera produttiva in ordine
temporale, la fase postraccolta rappresenta un passaggio
di importanza fondamentale al fine di consentire
il mantenimento di un elevato livello qualitativo
delle produzioni fino al consumatore, garantendo
la conservazione delle caratteristiche organolettiche
e sanitarie dei prodotti orticoli e frutticoli ed una
corretta durata della shelf life (durata in vaso) dei fiori
e delle fronde recisi ed un gradevole effetto nell’impiego
di piante ornamentali nell’interiorscaping o nel landscaping.
L’occasione per fare il punto delle conoscenze
e delle più recenti acquisizioni da parte dei ricercatori
del settore è stata offerta dal workshop “Postraccolta
dei prodotti ortoflorofrutticoli”, svoltosi a Pisa
nel maggio 2001. L’incontro è stato promosso dal Gruppo
nazionale Postraccolta della SOI - Società Orticola
Italiana ed organizzato dalla Scuola Superiore di Studi
Universitari e di Perfezionamento “Sant’Anna” di Pisa.
Questo volume, che raccoglie le relazioni presentate
da ricercatori ed invited speakers nel corso delle due
giornate di workshop, si propone come un utile
strumento di consultazione e di supporto per tutti
gli operatori, tecnici e ricercatori del settore
ortoflorofrutticolo.
L’ARSIA,
Agenzia
Regionale
per lo Sviluppo
e l’Innovazione
nel settore
Agricoloforestale,
istituita
con la Legge
Regionale 37/93,
è l’organismo
tecnico
operativo
della Regione
Toscana per
le competenze
nel campo
agricoloforestale,
acquacolturapesca
e faunisticovenatorio.
Tecniche postraccolta dei prodotti ortoflorofrutticoli
Atti ARSIA
Tecniche postraccolta
dei prodotti ortoflorofrutticoli
• Atti ARSIA
7
atti
Arsia ATTI 7 Raccolta
4-06-2002 12:43 Pagina 1
• Atti ARSIA
Arsia ATTI 7 Raccolta
4-06-2002 12:43 Pagina 2
ARSIA • Agenzia Regionale per lo Sviluppo
e l’Innovazione nel settore Agricolo-forestale
via Pietrapiana, 30 - 50121 Firenze
tel. 055 27551 - fax 055 2755216/2755231
www.arsia.toscana.it
email: [email protected]
Scuola Superiore di Studi Universitari
e di Perfezionamento “Sant’Anna”
via Carducci, 40 - Pisa
SOI - Società Orticola Italiana
piazza Puccini, 4
50144 Firenze
“Postraccolta dei prodotti ortoflorofrutticoli”
III Workshop nazionale del Gruppo di Lavoro Postraccolta
della SOI - Società Orticola Italiana
Pisa, 24-25 maggio 2001
con il patrocinio di ARSIA-Regione Toscana e di FruitControl
Il volume è stato realizzato con il contributo del programma
interregionale “Supporti per il settore floricolo”.
Coordinamento della pubblicazione:
Claudio Carrai, ARSIA
Cura redazionale, grafica e impaginazione:
LCD srl, Firenze
Stampa: EFFEEMME LITO srl, Firenze
Fuori commercio, vietata la vendita
© Copyright 2002 ARSIA • Regione Toscana
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Tecniche postraccolta dei prodotti
ortoflorofrutticoli
a cura di
Fabio Mencarelli
Istituto di Tecnologie Agroalimentari, Università della Tuscia - Viterbo
Giovanni Serra
Scuola Superiore di Studi Universitari e di Perfezionamento “Sant’Anna” - Pisa
ARSIA • Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione
nel settore Agricolo-forestale, Firenze
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Sommario
Presentazione
Maria Grazia Mammuccini
Prefazione
9
11
Fabio Mencarelli, Giovanni Serra
Un modello alternativo per l’inibizione dell’effetto dell’etilene da parte
dell’1-metilciclopropene (1-MCP)
13
Fisun G. Celikel - Atatürk Central Horticultural Research Institute, Yalova (Turkey)
Michael S. Reid - Department of Environmental Horticulture, University of California, Davis (USA)
An alternative model for the inhibition of ethylene action
by 1-methylcyclopropene (1-MCP)
19
(Versione in lingua inglese)
Interazione dei ciclopropeni con i siti di legame dell’etilene
23
Edward C. Sisler - Department of Molecular and Structural Biochemistry,
North Carolina State University, Raleigh (USA)
Margrethe Serek - Department of Horticulture, Institute of Floriculture,
Tree Nursery and Plant Breeding, University of Hannover, Germany
Cyclopropenes interacting with ethylene binding sites
27
(Versione in lingua inglese)
1. Selezione assistita in garofano: utilizzo di marcatori molecolari
per il miglioramento della longevità dei fiori recisi
29
L. De Benedetti, G. Burchi, C. Bianchini, S. Bruna, A. Mercuri, T. Schiva
Istituto Sperimentale per la Floricoltura, Sanremo (IM)
2. Effetto dell’ombreggiamento sulla qualità della fronda recisa Ruscus racemosus L.
37
N. Oggiano - ARSIA, Regione Toscana
A. Mensuali Sodi, G. Serra - Scuola Superiore di Studi Universitari e di Perfezionamento “Sant’Anna”, Pisa
B. Nesi - Istituto Sperimentale per la Floricoltura S.o.p, Pescia (PT)
3. Caratterizzazione fisiologica della senescenza fogliare in fiori recisi
di Alstroemeria
A. Ferrante - Scuola Superiore di Studi Universitari e di Perfezionamento “Sant’Anna”, Pisa
D.A. Hunter, M.S. Reid - University of California, Davis (USA)
43
Arsia ATTI 7 Raccolta
6
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AT T I
ARSIA
4. Conservazione di fiori recisi di Limonium gmelinii e Limonium otolepis.
Risultati di due anni di sperimentazione
49
M. Devecchi - Dipartimento di Agronomia, Selvicoltura e Gestione del Territorio, Università di Torino
5. Effetto della colorazione e di soluzioni preservanti
sulla vase life di crisantemo
57
T. Maturi, S. Viscardi, S. De Pascale - Dipartimento di Ingegneria agraria e Agronomia del territorio
Università degli Studi “Federico II”, Napoli
6. Studio del comportamento post-vendita in piante da vaso
di Osteospermum ecklonis
65
A. Mensuali Sodi, A. Ferrante - Scuola Superiore di Studi Universitari e di Perfezionamento “Sant’Anna”, Pisa
A. Giovannini, C. Mascarello, A. Allavena - Istituto Sperimentale per la Floricoltura, Sanremo (IM)
7. Accumulo dei trascritti di Pp-LTP1 e Pp-LTP2, gli allergeni della pesca,
durante la maturazione e la fase postraccolta
71
A. Botton, C. Bonghi, M. Begheldo, A. Rasori, P. Tonutti
Dipartimento di Agronomia Ambientale e Produzioni Vegetali, Università di Padova
8. Evoluzione delle caratteristiche qualitative di pesche e nettarine nella fase
di distribuzione (Primo contributo)
79
C. Peano, G. Giacalone, F. Paciello - Dipartimento di Colture Arboree, Università di Torino
R. Berruto - DEIAFA Sez. Meccanica Agraria, Università di Torino
9. La determinazione non-distruttiva di alcuni parametri di qualità
della frutta: risultati delle esperienze condotte con il sistema NIRs
(Near InfraRed spectroscopy)
87
G. Costa, M. Noferini, G. Fiori, M. Montefiori, O. Miserocchi, C. Andreotti
Dipartimento di Colture Arboree, Università di Bologna
10. Analisi non distruttiva di danni patologici su pesche
95
R. Oberti, M. Fiala, R. Guidetti - Istituto di Ingegneria Agraria, Università di Milano
11. Attività glicosidasiche in ciliegio dolce (Prunus avium L.) durante la maturazione
97
C. Gerardi, F. Blando, A. Santino, G. Zacheo
Istituto di Ricerca sulle Biotecnologie Agroalimentari, CNR, Lecce
12. Influenza dell’1-metilciclopropene sulla maturazione e sulla qualità
aromatica di due varietà di albicocche
103
R. Botondi, D. De Santis, R. Forniti, K. Vizovitis, F. Mencarelli
Istituto di Tecnologie Agroalimentari, Università della Tuscia, Viterbo
13. Effetto dei trattamenti postraccolta e dei metodi di conservazione
sulla qualità delle castagne
I. Mignani - Dipartimento di Produzione Vegetale, Sezione di Coltivazioni Arboree, Università di Milano
A.M. Vercesi - Istituto di Patologia Vegetale, Università di Milano
M.C. Casiraghi - Dipartimento di Scienze e Tecnologie Alimentari e Microbiologiche,
Sezione di Nutrizione, Università di Milano
109
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T E C N I C H E P O S T R A C C O LTA D E I P R O D O T T I O R T O F L O R O F R U T T I C O L I
14. Conservabilità del mandarino Palazzelli confezionato con film plastici
aventi diverse caratteristiche fisiche
7
117
S. D’Aquino, M. Agabbio, I. Pinna - Istituto per la Fisiologia della Maturazione
e della Conservazione del Frutto delle Specie Arboree Mediterranee, CNR, Sassari
L. Piergiovanni - DISTAM, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Alimentari
e Microbiologiche, Università di Milano
15. Cambiamenti fisici delle cere epicuticulari e conservabilità dei frutti
di pompelmo in seguito a trattamento con acqua calda
125
G. D’hallewin, M. Schirra, S. Marceddu - Istituto per la Fisiologia della Maturazione
e della Conservazione del Frutto delle Specie Arboree Mediterranee, CNR, Sassari
16. Effetto di trattamenti di termoterapia e con sali di calcio per la conservazione
di frutti di arancio di cultivar pigmentate
127
M. Mulas, B. Perinu, A.H.D. Francesconi
Dipartimento di Economia e Sistemi Arborei, Università di Sassari
M. Schirra, G. D’hallewin - Istituto per lo Studio della Fisiologia della Maturazione
e della Conservazione del Frutto delle Specie Arboree Mediterranee, CNR, Sassari
17. Controllo del marciume verde dei frutti di agrume in postraccolta
mediante trattamenti con acqua calda
133
G. Lanza, E. Di Martino Aleppo, M.C. Strano - Istituto Sperimentale per l’Agrumicoltura, Acireale (CT)
18. Utilizzo della spettroscopia NIR per la determinazione non distruttiva
della qualità dei prodotti ortofrutticoli
141
M. Guizzardi - APO CONERPO, Villanova di C. (BO)
T. Spimpolo - SACMI, Imola (BO)
19. L’attività respiratoria in frutti interi e in sospensioni cellulari
147
F. Venturi, C. Vitagliano
Scuola Superiore di Studi Universitari e di Perfezionamento “Sant’Anna”, Pisa
R. Fiorentini, G.P. Andrich
Dipartimento di Chimica e Biotecnologie Agrarie, Università di Pisa
20. Naso elettronico e spettroscopia-VIS: tecniche ifenate per la predizione
delle caratteristiche della frutta
153
C. Di Natale, A. Macagnano, A. D’Amico
Dipartimento di Ingegneria Elettronica, Università di Roma “Tor Vergata”
M. Zude Sasse, B. Herold - Institut für Agrartechnik Bornim e.V. (ATB), Potsdam (Germany)
21. Modificazioni passive di atmosfera di vegetali di IV gamma in imballaggi
a porosità controllata
157
L. Piergiovanni, P. Fava, F. Mostardini
Dipartimento di Scienze e Tecnologie Alimentari e Microbiologiche, Università di Milano
22. Cinetica del contenuto di acido ascorbico in pere Conference durante
la conservazione in atmosfera controllata
P. Eccher Zerbini, A. Rizzolo, A. Brambilla, P. Cambiaghi, M. Grassi
IVTPA, Istituto sperimentale per la Valorizzazione Tecnologica dei Prodotti Agricoli, Milano
165
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8
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AT T I A R S I A
23. Stima della suscettibilità al danneggiamento impattivo di frutti di cloni
Golden delicious attraverso indice sintetico
173
P. Menesatti, G. Paglia, M. Uniformi, M. Sperduti, S. Solaini
Istituto Sperimentale per la Meccanizzazione Agricola, Monterotondo (Roma)
A. Zanella, R. Stainer - Centro di Sperimentazione Agraria e Forestale Laimburg, Ora (BZ)
24. Effetto dell’antagonista naturale Candida sake per il controllo dei marciumi
su frutti di melo trattati in postraccolta con DPA
179
A. Zanella, S. Degasperi, L. Lindner, K. Marschall,
Centro di Sperimentazione Agraria e Forestale Laimburg, Ora (BZ)
P. Pernter - Centro di Consulenza per la Fruttiviticoltura dell’Alto Adige, Lana (BZ)
25. Attività contro patogeni postraccolta di microrganismi della fillosfera
e carposfera di piante agrarie
189
G. Lima, R. Castoria, F. De Curtis, L. Caputo, A.M. Spina, V. De Cicco
Dipartimento di Scienze Animali, Vegetali e dell’Ambiente, Università del Molise, Campobasso
26. Effetti delle agrotecniche di coltivazione e della conservazione
su alcuni parametri produttivi e di qualità del pomodoro tipo Cherry
199
V. Miccolis - Dipartimento di Produzione Vegetale, Università della Basilicata, Potenza
G. Rocco Quinto, F. Aiello, C.C. Santoro, G. Lucarelli - Progetto POP-FESR 1994-99
S. Vanadia - Metapontum Agrobios, Metaponto (MT)
27. Attività antiossidante di frutti di Annurca a confronto con due cultivar
di melo a diffusione internazionale
209
C. Di Vaio, M. Buccheri
Dipartimento Arboricoltura, Botanica e Patologia Vegetale, Università “Federico II”, Napoli
G. Graziani, A. Ritieni
Dipartimento Scienza degli Alimenti, Università “Federico II”, Napoli
Elenco dei partecipanti al workshop
217
Indice analitico degli Autori
221
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Presentazione
Ultimo segmento della filiera produttiva in ordine
temporale, la fase postraccolta rappresenta un passaggio di importanza fondamentale al fine di consentire il
mantenimento di un elevato livello qualitativo delle
produzioni fino al consumatore, garantendo il mantenimento delle caratteristiche organolettiche e sanitarie
dei prodotti orticoli e frutticoli ed una corretta durata della shelf-life (durata in vaso) dei fiori e delle fronde recisi ed un duraturo gradevole effetto nell’impiego di piante ornamentali intere nell’interiorscaping o
nel landscaping; tutti requisiti in assenza dei quali verrebbe vanificata anche la migliore tecnica di produzione e la più incisiva azione di marketing.
L’occasione offerta dal workshop Postraccolta dei
prodotti ortoflorofrutticoli promosso dal Gruppo Nazionale Postraccolta della Società Orticola Italiana ed
organizzato dalla Scuola Superiore di Studi Universitari e di Perfezionamento “Sant’Anna” di Pisa, è stata
quindi particolarmente importante per l’agricoltura
toscana e nazionale, per fare il punto delle conoscenze
e delle più recenti acquisizioni da parte dei ricercatori.
Nel settore ortoflorofrutticolo, nel quale l’ARSIA è
impegnata in molteplici attività, la Scuola Superiore
“Sant’Anna” ha garantito e garantisce fruttuose collaborazioni. È proprio nell’ambito di questo gruppo di
studiosi impegnati nella ricerca di tecniche innovative
per il postraccolta delle fronde recise che sono stati
raggiunti risultati molto lusinghieri, di rilievo interna-
zionale, che devono essere interpretati come uno
sprone a sostenere e valorizzare i giovani e capaci ricercatori che operano nelle nostre università.
La ricerca in agricoltura si trova in un momento
molto particolare, sia per i cambiamenti relativi alla
politica, l’organizzazione e la metodologia della ricerca, sia per le riforme in atto del CNR, dell’ENEA, degli
Istituti del Ministero per le Politiche Agricole e Forestali-MiPAF. Tutte queste riforme sono tese a favorire
l’incontro tra il mondo imprenditoriale agricolo ed i
rappresentanti del mondo scientifico, in modo da
accorciare sempre più le distanze tra la domanda di
innovazione ed i detentori o comunque i soggetti più
accreditati alla individuazione delle risposte. In questo
contesto l’ARSIA svolge un ruolo che, anche attraverso
queste iniziative, intende rendere sempre più ampio
ed incisivo.
L’auspicio è che la pubblicazione delle relazioni presentate da ricercatori ed invited speakers nel corso delle
due giornate di workshop possa essere un utile strumento di consultazione e di supporto per tutti gli operatori, tecnici e ricercatori del settore ortoflorofrutticolo e possa fornire anche spunti per ulteriori approfondimenti.
Maria Grazia Mammuccini
Amministratore ARSIA
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Prefazione
La fase postraccolta dei prodotti ortoflorofrutticoli
freschi sta diventando sempre più importante e il numero dei ricercatori che si dedicano alla ricerca in questo
settore è cresciuto esponenzialmente, come è stato
messo in evidenza dalla larga partecipazione al Postharvest 2000 che si è svolto a Gerusalemme. Il motivo di
questo sviluppo è da ricercare nell’intensa movimentazione di cui sono oggetto questi prodotti – all’interno
dello stesso continente, tra continenti e tra un emisfero
e l’altro; prodotti a cui si richiedono standard qualitativi sempre più elevati. Questo interscambio continuo
determina la necessità di far fronte a problemi di carattere fitopatologico (trattamenti postraccolta), fisiologico (maturazioni non ottimali), tecnologico (packaging,
mezzi di trasporto, celle di stoccaggio) e anche di carattere logistico e, in definitiva, economico.
In questo contesto, complesso e articolato, la ricerca
italiana sta riscuotendo un crescente successo anche a
livello internazionale e la presenza molto attiva di un
Gruppo Nazionale Postraccolta, costituito nell’ambito
della Società Orticola Italiana, ha permesso di ottenere
da parte del Comitato del Postharvest Working Group
(ISHS), il compito di organizzare, nel 2004 a Verona e
per la prima volta in Italia, il Postharvest 2004. Un traguardo esaltante ma anche molto impegnativo.
Per questo motivo, l’organizzazione di questo III
workshop da parte della Scuola di Superiore di Studi
Universitari e di Perfezionamento “Sant’Anna” di Pisa
ha costituito un’ottima occasione per far conoscere i
risultati della ricerca nel settore a livello nazionale, ma
ha consentito anche di valutare positivamente il ruolo
scientifico, oltre a quello organizzativo, che il Gruppo
Nazionale Postraccolta potrà avere nel Postharvest
2004.
Le relazioni riportate in questo volume documentano un’ampia visione della situazione attuale della
ricerca italiana nel campo del postraccolta, che come
curatori del volume consideriamo di un buon livello
anche internazionale. Siamo molto grati a tutti i Colleghi per la loro partecipazione e per il contributo
sostanziale che ha consentito il successo di questo
workshop, nonché alle istituzioni, pubbliche e private,
che ne hanno consentito l’organizzazione.
Un particolare e sentito ringraziamento rivolgiamo
all’Amministratore ARSIA-Regione Toscana, Maria
Grazia Mammuccini, e a Natale Bazzanti e Claudio
Carrai il cui contributo alla riuscita del workshop e di
questa pubblicazione è stato essenziale.
Fabio Mencarelli
Istituto di Tecnologie Agroalimentari
Università della Tuscia - Viterbo
Giovanni Serra
Scuola Superiore di Studi Universitari
e di Perfezionamento “Sant’Anna” - Pisa
Arsia ATTI 7 Raccolta
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Un modello alternativo per l’inibizione dell’effetto
dell’etilene da parte dell’1-metilciclopropene (1-MCP)
Fisun G. Celikel
Atatürk Central Horticultural Research Institute, Yalova (Turkey)
Michael S. Reid
Department of Environmental Horticulture, University of California, Davis (USA)
Riassunto
Singoli petali di garofano (Dianthus caryophyllus L.) rispondono alla
presenza di basse concentrazioni di
etilene (1 µL L-1) con l’accartocciamento entro le 24 ore. La normale
inibizione dell’azione dell’etilene
ottenuto esponendo i petali a 100 nL
L-1 di 1-MCP per un’ora non veniva influenzata dalla presenza di
una concentrazione del 2% di CO2,
Introduzione
Le attuali conoscenze in merito
all’azione a cascata dell’etilene e le
proprietà della proteina codificata
dal gene putativo del sito di legame con l’etilene (ETR-1) sono
state riviste da McGrath ed Ecker,
(1998). Questa proteina è considerata coinvolta nella formazione
di un dimero attivo con 6 domini
transmembrana (3 per polipeptide), uno ione Cu I complessato
con ogni polipeptide e i domini
della proteina kinasi nel C-terminale, presubilmente funzionante
nella trasmissione del segnale all’etilene. Si pensa che la proteina
ETR-1 agisca come un regolatore
negativo la cui normale funzione è
mantenere una proteina regolatrice intermedia (CTR 2) in uno stadio attivo in modo da prevenire
l’attività di una tappa successiva
nel segnale a cascata catalizzato da
EIN-1.
ma era bloccata dalla presenza di 1
µL L-1 di etilene nell’ambiente di
trattamento. Aumentando il tempo
di esposizione l’1-MCP superava
l’effetto contaminante dell’etilene,
tanto che entro 6 ore i petali non
venivano più influenzati da una
successiva esposizione all’etilene.
Petali pre-trattati per 2 ore con etilene e poi sottoposti a ventilazione
recuperavano rapidamente la capacità di reagire all’1-MCP. Si è
supposto che l’1-MCP inibisca l’azione dell’etilene, legandosi in maniera
competitiva ed irreversibile ai siti di
legame dell’etilene nella proteina
del sito di attacco. I dati ottenuti
risultano meglio comprensibili con
un modello alternativo in cui l’1MCP si lega ad un sito che si rende
libero durante le modificazioni allosteriche che accompagnano la normale attività kinasi della proteina
in assenza di etilene.
È stato supposto (Sisler et al.,
1999) che l’1-metilciclopropene,
un potente inibitore dell’azione
dell’etilene, si leghi in maniera irreversibile (o quasi) al sito di legame dell’etilene. Nel corso di studi
diretti a determinare le condizioni
ottimali per un uso commerciale
dell’1-MCP su fiori recisi e piante
in vaso, sono stati notati alcuni
aspetti curiosi delle relazioni tra 1MCP ed etilene (McKay, 1999).
Tra i fiori sensibili all’etilene, il
garofano è uno dei più studiati
(Borochov e Woodson, 1989). In
precedenza erano stati impiegati
singoli petali per valutare la fisiologia dell’azione dell’etilene nel
garofano (Mor e Reid, 1980). Non
soltanto i fiori di garofano sono
estremamente sensibili all’etilene,
ma anche la cinetica del sito di
legame nel garofano è già stato
determinato (Sisler et al., 1986;
van Doorn et al., 1993). Perciò in
questo studio sono stati usati peta-
li di garofano come modello di
risposta all’etilene per studiare
ulteriormente il meccanismo di
inibizione dell’etilene da parte
dell’1-MCP.
Materiali e metodi
Materiale vegetale
Fiori di garofano non trattati
sono stati acquistati dai floricoltori o raccolti direttamente nelle
serre dell’Università ad uno stadio
standard di maturità commerciale
(petali del bordo più esterno orizzontali).
Trattamenti con 1-MCP
I fiori o i petali sono stati posti
in camere sigillate nelle quali è
stata mantenuta una forte circolazione dell’aria con un piccolo ventilatore. L’1-MCP in polvere
(EthylBloc) è stato gentilmente
fornito dalla Floralife Inc.
Arsia ATTI 7 Raccolta
14
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AT T I
ARSIA
Fig. 1 - Effetto della concentrazione dell’etilene sulla
risposta all’etilene di petali trattati con 1-MCP. I petali
del controllo (aria) e del trattamento con 1-MCP (50 nL
L-1, 6 h, 24°C) furono esposti a differenti concentrazioni
di etilene per 24 ore a 24°C
Fig. 1 - Effect of ethylene concentration on the ethylene
response of 1-MCP-treated petals. Control (air) and 1MCP-treated (50 nL L-1, 6 h, 24°C) petals were exposed to
different ethylene concentrations for 24 h at 24°C
Fig. 2 - Effetto della CO2 e dell’etilene sull’efficacia del
trattamento con 1-MCP. I petali furono trattati in
contenitori contenenti aria, 2% di CO2, o 2 µL L-1
di etilene prima dell’inezione di 1-MCP concentrato, tale
da ottenere una concentrazione del trattamento di 200
nL L-1 di 1-MCP. Dopo un’ora i petali furono rimossi dai
contenitori, aerati ed esposti a 1 µL L-1 di etilene per 24
ore a 24°C
Fig. 2 - Effect of CO2 and ethylene on the efficacy
of 1-MCP treatment. Petals were in jars containing air,
2% CO2, or 2 µL L-1 ethylene prior to the injection of 1MCP concentrate to provide a treatment concentration
of 200 nL L-1 1-MCP. After one h the petals were
removed from the treatment jars, aerated, and exposed
to 1 µL L-1 ethylene for 24 h at 24°C
Il quantitativo di polvere necessario ad ottenere la concentrazione voluta di 1-MCP nella camera
veniva posto in una piccola piastra
Petri ed il trattamento è stato attivato aggiungendo 10 ml di acqua
o di tampone alcalino. In alternativa, una soluzione concentrata di
1-MCP concentrato è stato preparato rilasciando il gas da una quantità nota di EthylBloc polvere in
una beuta graduata sigillata con un
tappo di gomma. I volumi calcolati del concentrato sono stati iniettati poi nelle camere di trattamento per ottenere la concentrazione
finale per il trattamento.
Misura della risposta
all’etilene
Il bordo esterno dei petali è stato
asportato da quattro fiori per ogni
ripetizione e due petali da ogni
fiore sono stati prelevati per prepa-
rare repliche di 8 petali per determinare la risposta all’etilene. La base di ciascun petalo veniva posta in
una provetta di vetro da 1 ml e le 8
provette erano poste in un porta
provette, dopo aver misurato la larghezza massima iniziale di ogni
petalo. I contenitori sono stati posti a 20°C per 24 ore in una camera ventilata con un flusso corrente
di aria (40 L h-1) contenente 1 µL
L-1 di etilene. Dopo il trattamento
la larghezza massima dei petali è
stata rimisurata.
Effetto dell’etilene e della CO2
sull’azione dell’1-MCP
Gruppi replicativi di petali di
garofano sono stati posti in bottiglie sigillate contenenti aria (controllo), 2% di CO2 o 2 µL L-1 di
etilene e poi è stato iniettato l’1MCP concentrato al fine di ottenere l’esposizione ad una concen-
trazione di 100 µL L-1 di 1-MCP.
Dopo un’ora i petali sono stati
rimossi dalle bottiglie, aerati ed
esposti a 1 µL L-1 di etilene per 24
ore a 24°C.
Interazioni dell’etilene
con l’1-MCP
a) I petali sono stati trattati per
6 ore a 24°C con 50 µL L-1 di 1MCP e successivamente esposti a
24°C all’etilene ad una concentrazione da 1 a 1000 µL L-1. L’apertura dei petali è stata misurata
dopo 24 ore.
b) I petali sono stati trattati con
una miscela contenente 1 µL L-1 di
etilene e 100 µL L-1 di 1-MCP per
diversi periodi di tempo variabili
da 15 minuti a 1 ora. A seguito del
trattamento i petali sono stati
esposti per 24 ore a 1 µL L-1 di etilene prima di misurare la larghezza
dei petali.
Arsia ATTI 7 Raccolta
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T E C N I C H E P O S T R A C C O LTA D E I P R O D O T T I O R T O F L O R O F R U T T I C O L I
15
Fig. 3 - Effetto della durata del trattamento 1-MCP
+ etilene sulla risposta dei petali all’ormone. I petali
furono trattati con una miscela contenente 1 µL L-1
di etilene e 100 nL L-1 di 1-MCP per diversi periodi di
tempo e poi (dopo aerazione) esposti per 24 ore
a 1 µL L-1 di etilene (a 24°C)
Fig. 3 - Effect of 1-MCP + ethylene treatment time on
response of petals to ethylene exposure. Petals were
treated with a mixture containing 1 µL L-1 ethylene
and 100 nL L-1 1-MCP for different periods then (after
aeration) exposed for 24 h to 1 µL L-1 ethylene (at 24°C)
Fig. 4 - Effetto del tempo di aerazione dopo trattamento
con etilene sull’efficacia di 15 minuti di trattamento con
1-MCP. I petali furono trattati a 24°C con 2 µL L-1 di
etilene per 2 ore, poi ventilati per diversi periodi (tra 0 e
40 minuti) prima del trattamento per 15 minuti con 100
nL L-1 di 1-MCP. I petali nel seguente trattamento furono
esposti per 24 ore a 1 µL L-1 di etilene per determinare
l’efficienza del trattamento con 1-MCP
Fig. 4 - Effect of aeration time after ethylene treatment
on efficacy of a 15 min 1-MCP treatment. Petals were
treated at 24°C with 2 µL.L-1 ethylene for 2 h, then
ventilated for different periods (between 0 and 40 min)
before treatment for 15 min with 100 nL L-1 1-MCP.
Following the treatment the petals were exposed for 24
h to 1 µL.L-1 ethylene to determine the effectiveness of
the 1-MCP treatment
c) I petali venivano trattati a
20°C con 2 µL L-1 di etilene per 2
ore, poi ventilati per diversi periodi (3 ore e 40 minuti) prima del
trattamento per 15 minuti con
100 µL L-1 di 1-MCP. Dopo il
trattamento i petali sono stati
esposti per 24 ore a 1 µL L-1 di etilene per determinare l’efficacia del
trattamento con l’1-MCP.
Risultati
1) L’effetto della
concentrazione dell’etilene
della risposta all’etilene
di petali trattati con 1-MCP
L’esposizione per 24 ore a 0,1
µL L-1 di etilene non ha avuto
alcun effetto sui petali di garofano
(fig. 1), ma a 1 µL L-1 i petali del
controllo erano accartocciati al
65% ed erano completamente
accartocciati (75%) a 10 ppm di
etilene. I petali trattati con 1-MCP
non erano influenzati dal trattamento per 24 ore con concentrazioni di etilene fino a 1000 µL L-1.
2) Effetto della CO2 e dell’etilene sull’efficacia di 1-MCP
La presenza di 1 µL L-1 di etilene nella camera di trattamento
bloccava del tutto l’inibizione dell’azione dell’etilene ottenuta trattando i petali con 1-MCP (100 µL
L-1 per 1 ora) (fig. 2). Al contrario
la presenza di CO2 al 2% nell’aria
della camera di trattamento non
ha avuto alcun effetto sull’efficacia
dell’1-MCP.
3) Interazioni tra etilene e 1-MCP
Con l’aumentare del tempo, il
trattamento con una miscela di eti-
lene (1 µL L-1) ed 1-MCP (100 µL
L-1) risultava sempre più efficace
nell’inibire l’azione dell’etilene
(fig. 3), tanto che in 6 ore il trattamento risultava efficace come un
trattamento più breve con 1-MCP
in atmosfera priva di etilene.
Quando i petali venivano esposti
a 2 µL L-1 di etilene per 2 ore poi
trattati con 1-MCP in aria, (100
µL L-1 per 1 ora a 24°C) non risultavano protetti dagli effetti dell’etilene (fig. 4).
Comunque se i petali venivano
arieggiati per 10 minuti prima dell’applicazione dell’1-MCP, l’accartocciamento dei petali in risposta
ad una successiva esposizione all’etilene veniva ridotto fortemente e
dopo 40 minuti di aerazione l’effetto inibitorio di un trattamento
con 1-MCP veniva completamente
riattivato.
Arsia ATTI 7 Raccolta
4-06-2002 12:43 Pagina 16
AT T I
16
A.
ARSIA
B.
Fig. 5 - Via schematica attualmente accettata dell’azione
dell’etilene e dell’accettato modo d’azione dell’1-MCP.
A. In assenza di etilene, l’attività kinasi del recettore
(ETR-1) catalizza il primo passo della risposta a cascata
del (CTR2);
B. Quando l’etilene si lega al recettore di membrana l’attività kinasi si blocca e la risposta a cascata è attivata;
C. L’1-MCP si pensa che sia legato irreversibilmente al
sito di legame ETR-1 e mantiene l’attività kinasi perfino
in presenza dell’etilene
C.
Fig. 5 - Schematic of the presently-accepted pathway of ethylene action, and of the accepted mode of action of 1-MCP.
A. In the absence of ethylene, kinase activity of the
receptor (ETR-1) turns of the first step in the response
cascade (CTR2);
B. When ethylene binds, kinase activity is inhibited and
the response cascade is initated;
C. 1-MCP is thought to bind irreversibly to the ethylene
binding site on ETR-1, and maintain kinase activity even
in the presence of ethylene
A.
B.
Fig. 6 - Modello alternativo schematico per l’inibizione
dell’azione dell’etilene dall’1-MCP.
A. Il cambiamento allosterico accompagna l’attività
kinasi del recettore (ETR-1) rivela un dominio in cui l’1MCP può legarsi;
B. Quando l’1-MCP si lega l’attività kinasi è irreversibilmente attivata e il sito di legame per l’etilene non è
esposto;
C. Se l’etilene si lega per prima l’attività kinasi è disattivata e il sito di legame per l’1-MCP non è esposto
C.
Fig. 6 - Schematic of proposedn alternative model for
the inhibition of ethylene action by 1-MCP.
A. The allosteric changes accompanying the kinase activity of the receptor (ETR-1) reveal a domain to which 1MCP can bind;
B. When 1-MCP binds, the kinase is irreversibly turned
ON, and the ethylene binding pocket is not exposed;
C. If ethylene binds first, the kinase is turned OFF, and
the 1-MCP binding pocket is therefore not exposed
Arsia ATTI 7 Raccolta
4-06-2002 12:43 Pagina 17
T E C N I C H E P O S T R A C C O LTA D E I P R O D O T T I O R T O F L O R O F R U T T I C O L I
Discussione
La fisiologia, la biochimica e l’evidenza molecolare suggeriscono
che il sito di attacco dell’etilene (la
proteina codificata da ETR-1) è
un regolatore negativo dell’azione
dell’etilene (McGrath, 1998). In
assenza dell’etilene, una funzione
kinasi della proteina si pensa che
mantenga il primo elemento della
catena di risposta dell’etilene (il
Raf kinosi omolog, CTR 2) in uno
stato inattivo (fig. 5A). Quando
l’etilene si lega, l’attività kinasi
viene inibita, di conseguenza cessa
l’inibizione di CTR2 e si attiva la
cascata (fig. 5B). Sisler ed i suoi
colleghi hanno suggerito che l’1MCP, è un inibitore molto efficace dell’azione dell’etilene (Sisler,
1996) agisce attaccandosi al sito di
legame dell’etilene (fig. 5C), prevenendo il legame con l’etilene ed
ancora mantenendo e forse anche
accentuando l’attività kinosi che
mantiene inattiva la cascata di
risposta. I dati da noi ottenuti in
questa ricerca non calzano perfettamente con questo modello.
Sembrerebbe, veramente, che il
sito di legame non sia più disponibile per l’etilene una volta che vi si
è legata l’1-MCP, perché le concentrazioni di etilene fino a 1000
µL L-1 non sono riuscite a provocare la tipica risposta di accartocciamento nei petali trattati con 1MCP (fig. 1). Tuttavia, se l’1MCP si attacca fortemente e irreversibilmente al sito di legame è
difficile spiegare il fatto che la pre-
senza di etilene nella camera di
trattamento riduca fortemente
l’efficacia dell’1-MCP (fig. 3).
Inoltre, sebbene CO2 sia un inibitore effettivo e competitivo dell’azione dell’etilene (Burg and
Burg, 1967), la sua presenza ad
alte concentrazioni non ha nessun
effetto sull’efficacia dell’1-MCP
(fig. 3). Enzimi cinetici convenzionali non spiegavano la disuguale
interazione tra l’etilene e l’1-MCP.
Quando 1-MCP ed etilene sono
presenti nella miscela di trattamento, un trattamento breve non è
efficace (fig. 4) Mentre il tempo di
esposizione è più lungo, l’effetto
inibitorio dell’1-MCP diviene evidente. Questo potrebbe essere
spiegato come un lento rilascio
dell’etilene dai siti di attacco come
proposto da Bleecker (1999), ma
mentre l’etilene viene rimosso
dalle camere di trattamento, l’1MCP è quasi immediatamente
inefficace nell’inibire in maniera
irreversibile l’azione dell’etilene
(fig. 4), suggerendo che l’etilene si
lega e si distacca dal sito di legame
molto rapidamente.
L’insieme di questi dati suggerisce un modello alternativo per spiegare l’interazione tra 1-MCP ed il
sito di legame dell’etilene (fig. 6). Si
suppone che i cambiamenti allosterici relativi all’attività della kinasi
della proteina suggeriscano l’esistenza di un sito di legame alternativo fra l’1-MCP (fig. 6A).
Quando l’1-MCP si lega a questo
sito, lo fa in maniera irreversibile e
mantiene l’attività della kinasi anche
17
in presenza di etilene, forse prevenendo cambiamenti allosterici che
espongono il sito di attacco dell’etilene. Quando l’etilene è presente,
l’attività della kinasi (ed i conseguenti cambiamenti allosterici) vengono inibiti, così che il sito di attacco dell’1-MCP non è disponibile
(fig. 6C). La lenta acquisizione dell’attività inibitoria in miscele di etilene e 1-MCP potrebbe essere attribuito al distacco dell’etilene dal sito
di attacco ed alla conseguente attività occasionale della kinasi di attacco di 1-MCP ai siti di legame 1MCP disponibili. Che questo distacco dell’etilene avvenga è dimostrato dalla relativamente rapida
acquisizione di sensibilità all’1MCP di petali di garofano quando
l’etilene viene rimosso dalla camera
entro 10 minuti (25 minuti incluso
il tempo di esposizione all’1-MCP)
l’esposizione ad 1-MCP provoca l’inibizione del 50% della risposta normale all’etilene.
Questi dati possono essere utili
per chi impiega l’1-MCP come
strumento per reprimere gli effetti
negativi dell’etilene in fase di commercializzazione. Evidente che la
presenza di etilene nell’atmosfera
di trattamento provocherà la necessità di trattamenti con 1-MCP a
concentrazioni maggiori e/o per
tempi più lunghi. Poiché questi
trattamenti vengono normalmente
effettuati in ambienti chiusi, può
essere utile sapere che l’accumulo
di CO2 della respirazione non sentirà effetti negativi sull’attività
dell’1-MCP.
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18
4-06-2002 12:43 Pagina 18
AT T I
ARSIA
Bibliografia
BLEECKER A.B., HALL A.E., RODRIGUEZ F.I., ESCH J.J., BINDER B.
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MCGRATH R.B., ECKER J.R. (1998) Ethylene signaling in Arabidopsis:
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delayed senescence in a group of related carnation cultivars. Cellular
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1992.
Arsia ATTI 7 Raccolta
4-06-2002 12:43 Pagina 19
An alternative model for the inhibition of ethylene action
by 1-methylcyclopropene (1-MCP)*
Fisun G. Celikel
Atatürk Central Horticultural Research Institute, Yalova (Turkey)
Michael S. Reid
Department of Environmental Horticulture, University of California, Davis (USA)
Abstract
Individual carnation (Dianthus
caryophyllus L.) petals respond to
the presence of low concentrations of
ethylene (1 µL L-1) by a predictable
inrolling within 24 h. The normal
inhibition of ethylene action achieved by exposing petals to 100 nL L-1
1-MCP for 1 h was unaffected by
the presence of 2% CO2, but was
Introduction
Present understanding of the
ethylene action cascade and the
properties of the protein encoded
by the putative ethylene-binding
site (ETR-1) was reviewed by
McGrath and Ecker (1998). The
protein is suggested to form an
active dimer with 6 transmembrane domains (3 per polypeptide), a Cu I ion complexed with
each polypeptide, and protein
kinase domains on the C-terminus, presumably functioning in
transmission of the ethylene signal. The ETR-1 protein is
thought to act as a negative regulator whose normal function is to
maintain an intermediary regulatory protein (CTR2) in an active
state so that it prevents the activity of a further step in the signal
cascade catalyzed by EIN-1.
eliminated by the presence of 1 µL
L-1 ethylene in the treatment atmosphere. As the treatment time
increased, 1-MCP overcame the
effect of contaminating ethylene, so
that by 6 h the petals were no longer
affected by subsequent exposure to
ethylene. Petals pre-treated for 2
hours with ethylene then ventilated
in air rapidly recovered their ability to respond to 1-MCP. 1-MCP has
been suggested to inhibit ethylene
action by competitively (and irreversibly) attaching to the ethylene
binding domain in the binding site
protein. Our data are more consistent with an alternative model in
which 1-MCP binds to a site that is
exposed during the allosteric
changes that accompany the normal
kinase activities of the binding site
in the absence of ethylene.
1-methylcyclopropene, a potent
inhibitor of ethylene action has
been suggested by Sisler et al.
(1999) to bind irreversibly (or
nearly so) to the ethylene binding
site. In studies aimed at determining optimal conditions for commercial application of 1-MCP to
cut flowers and potted plants, we
noted some curious aspects of the
relationship between 1-MCP and
ethylene (McKay, 1999). Among
ethylene-sensitive flowers, carnations are perhaps the most-studied (Borochov and Woodson,
1989). We previously used individual petals to examine the physiology of ethylene action in carnations (Mor and Reid, 1980). Not
only are carnation flowers very
sensitive to ethylene, but also the
kinetics of the binding site in carnations have already been determined (Sisler et al., 1986; van
Doorn et al., 1993). We therefore
used carnation petals as a model
ethylene response system to further investigate the mechanism of
1-MCP inhibition of ethylene
action.
Materials and methods
Plant Material
Untreated carnation flowers
were obtained from commercial
growers, or were harvested directly from the University greenhouse
at standard commercial maturity
(petals in the outermost whorl
horizontal).
Treatment with 1-MCP
Flowers or petals were placed in
sealed chambers (aquaria or ‘Mason’ jars) in which vigorous air circulation was provided by a small
* Versione originale in lingua inglese dell’intervento di F.G. Celikel e M.S. Reid. Le figure a cui rimanda il testo si possono vedere
alle pp. 14-16 dove compare la traduzione in italiano.
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20
4-06-2002 12:43 Pagina 20
AT T I A R S I A
fan. 1-MCP in a bound form
(EthylBloc) was generously provided by Floralife Inc. The calculated weight of powder required
to obtain the desired concentration of 1-MCP in the chamber was
placed in a small petri dish, and
the treatment was started by the
addition of 10 ml water or alkaline
buffer. Alternatively, a 1-MCP
concentrate was prepared by
releasing the gas from a weighed
quantity of the EthylBloc powder
in a volumetric flask sealed with a
rubber septum. Calculated volumes of the concentrate were
injected into the treatment chambers to provide the final treatment
concentration.
µL L-1. The inrolling of the petals
was measured after 24 h.
b) Petals were treated with a
mixture containing 1 µL L-1 ethylene and 100 nL L-1 1-MCP for
different periods of time from 15
min to 10 h. Following treatment
the petals were exposed for 24 h
to 1 µL L-1 ethylene before measurement of inrolling.
c) Petals were treated at 20°C
with 2 µL L-1 ethylene for 2 h,
then ventilated for different periods (between 0 and 40 min)
before treatment for 15 min with
100 nL L-1 1-MCP. Following the
treatment the petals were exposed
for 24 h to 1 µL L-1 ethylene to
determine the effectiveness of the
1-MCP treatment.
Measurement
of the ethylene response
The outer whorl of petals was
removed from each of four replicate flowers, and two petals from
each flower were taken to provide
replicate sets of 8 petals for determination of the response to ethylene. The base of each petal was
placed in a 1 ml glass vial, and the
8 vials were placed in a small rack.
The initial largest width of each
petal was measured. The racks
were placed at 20°C for 24 h in a
chamber ventilated with a flowing
air stream (40 L.h-1) containing 1
ppm ethylene, and the largest
width of the petals was again measured.
Effect of ethylene and CO2 on
1-MCP action
Replicate sets of carnation petals
were placed in Mason jars containing air (control), 2% CO2, or 2 µL
L-1 and 1-MCP concentrate was
then injected to provide a treatment concentration of 100 nL L-1
1-MCP. After one h the petals
were removed from the treatment
jars, aerated, and exposed to 1 µL
L-1 ethylene for 24 h at 24°C.
Interactions of ethylene
and 1-MCP
a) Petals were treated for 6 h at
24°C with 50 nL L-1 1-MCP and
then exposed at 24°C to ethylene
at concentrations from 1 to 1000
Results
1. Effect of ethylene
concentration on the
ethylene response
of 1-MCP-treated petals
A 24 h treatment with 0.1 µL L-1
ethylene had no effect on carnation
petals (fig. 1), but at 1 µL L-1 the
control petals inrolled 65%, and
were completely (75%) inrolled in
10 ppm ethylene. 1-MCP-treated
petals were unaffected by treatment for 24 h with concentrations
of 1-MCP as high as 1000 µL L-1.
2. Effect of CO2 and C2H4 on
the effectiveness of 1-MCP
The presence of 1 µL L-1 ethylene in the treatment chamber
completely inhibited the inhibition of ethylene action achieved by
treating petals with 1-MCP (100
nL L-1, 1 h) (fig. 2). In contrast,
the presence of 2% CO2 in the
treatment atmosphere had no
effect on the efficacy of 1-MCP.
3. Interactions between
ethylene and 1-MCP
As the time increased, treatment
with a mixture of C2H4 (1 µL L-1)
and 1-MCP (100 nL L-1) was
increasingly effective in inhibiting
ethylene action (fig. 3), so that by
6 h the treatment was as effective
as treatment with 1-MCP for
shorter periods in ethylene-free
air. When petals were exposed to 2
µL L-1 ethylene for 2 hours, then
treated with 1-MCP in air (100 nL
L-1, 1 h, 24°C) they were not protected from the effects of ethylene
(fig. 4). However, if the petals
were aerated for 10 minutes
before application of 1-MCP, the
in-rolling in response to subsequent ethylene exposure was substantially reduced, and after 40
min aeration, the inhibitory effects
of the 1-MCP treatment had been
fully restored.
Discussion
Physiological, biochemical and
molecular evidence suggests that
the ethylene binding site (the protein encoded by ETR-1) is a negative regulator of ethylene action
(McGrath and Ecker, 1998). In
the absence of ethylene, a kinase
function of the protein is thought
to maintain the first element of
the ethylene response cascade (the
Raf kinase homolog, CTR1) in an
inactive state (fig. 5A). When ethylene binds, the kinase activity is
inhibited, thereby releasing the
inhibition of CTR2 and initiating
the cascade. (fig. 5B) Sisler and his
colleagues have suggested that 1MCP, a startlingly effective inhibitor of ethylene action (Sisler
et al., 1996) does so by attaching
to the ethylene binding site (fig.
5C), preventing ethylene binding,
yet maintaining and perhaps even
accentuating the kinase activity
that keeps the response cascade
inactive. Our data do not fit readily into this model. It does indeed
seem that the binding site is not
longer accessible to ethylene once
1-MCP has bound to it, since
concentrations of ethylene as high
as 1000 µL L-1 failed to elicit the
typical in-rolling response in 1MCP-treated petals (fig. 1). However, if 1-MCP strongly and irreversibly attaches to the binding
site, it is hard to explain the fact
that the presence of ethylene in
the treatment chamber strongly
reduces the effectiveness of 1-
Arsia ATTI 7 Raccolta
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T E C N I C H E P O S T R A C C O LTA D E I P R O D O T T I O R T O F L O R O F R U T T I C O L I
MCP (fig. 3). Moreover, although
CO2 is an effective and competitive inhibitor of ethylene action
(Burg and Burg, 1967), its presence at a high concentration had
no effect on the efficacy of 1MCP (fig. 3). Conventional enzyme kinetics do not explain the
lopsided relationship between
ethylene and 1-MCP. When 1MCP and ethylene are present in
the treatment mixture, short-term
treatment is ineffective (fig. 4),
yet as the treatment time is
extended, the inhibitory effect of
1-MCP becomes apparent. This
could be explained as a slow
release of ethylene from the binding site as proposed by (Bleecker
et al., 1999), but when ethylene is
removed from the treatment system, 1-MCP is almost immediately effective in irreversibly inhibiting the action of ethylene (fig. 4),
suggesting that ethylene binds to
and is released from the binding
site very rapidly.
Taken together, these data suggest an alternative model for the
References
BLEECKER A.B., HALL A.E., RODRIGUEZ F.I., ESCH J.J., BINDER B.
(1999) - The ethylene signal transduction pathway. biology and biotechnology of the plant hormone ethylene II. Thira (Santorini), Greece, 5-8
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BURG S.P., BURG E.A. (1967) - Molecular requirements for the biological
activity of ethylene. Plant Physiology
42: 144-152.
21
interaction between 1-MCP and
the ethylene binding site (fig. 6).
We propose that the allosteric
changes inherent in the kinase
activity of the binding site protein
reveal an alternative 1-MCP binding site (fig. 6A). When 1-MCP
binds to this site, it does so irreversibly, and maintains activity of
the kinase, even in the presence of
ethylene, perhaps by preventing
allosteric changes that expose the
ethylene-binding domain. When
ethylene is present, the kinase
activity (and accompanying allosteric changes) are inhibited, so
the 1-MCP binding domain is
unavailable (fig. 6C). The slow
acquisition of inhibitory activity in
mixtures of ethylene and 1-MCP
could be attributed to desorbtion
of ethylene from the binding site
and resulting occasional kinase
activity and binding of 1-MCP to
exposed 1-MCP binding domains.
That such desorbtion occurs is
indicated by the relatively rapid
acquisition of sensitivity of carnation petals to 1-MCP when ethyl-
Acknowledgments
Fisun Celikel was the recipient of a travel
award from the Turkish Ministry of Agriculture. The research reported here was
supported in part by financial assistance
from the American Floral Endowment,
Floralife Inc., and the California Cut
Flower Commission.
MCGRATH R.B., ECKER J.R. (1998) Ethylene signaling in Arabidopsis:
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delayed senescence in a group of related carnation cultivars. Cellular
and molecular aspects of the plant
hormone ethylene. Agen, France,
1992.
ene is removed from the system –
within 10 minutes (25 minutes
including the 1-MCP treatment
time) 1-MCP treatment results in
50% inhibition of binding activity.
Our data are of interest to those
using 1-MCP as a tool for combating the negative effects of ethylene
in commerce. Clearly, the presence
of ethylene in the treatment atmosphere will result in a requirement
for higher 1-MCP treatment concentrations and/or longer times.
Since treatment is normally in a
closed space, it is useful to know
that accumulation of respiratory
CO2 will have no negative effects
on 1-MCP activity.
Arsia ATTI 7 Raccolta
4-06-2002 12:43 Pagina 23
Interazione dei ciclopropeni con i siti di legame dell’etilene
Edward C. Sisler - Department of Molecular and Structural Biochemistry,
North Carolina State University, Raleigh (USA)
Margrethe Serek - Department of Horticulture, Institute of Floriculture,
Tree Nursery and Plant Breeding, University of Hannover (Germany)
and Department of Agricultural Sciences, Horticulture, The Royal Agricultural
and Veterinary University, Frederiksberg C (Denmark)
Riassunto
Alcuni ciclopropeni si legano con
il recettore per l’etilene e prevengono
gli effetti dell’etilene. Una serie di
ciclopropeni, 1-metilciclopropene, 3metilciclopropene, 1,3-dimetilciclopropene e 1,2-dimetilciclopropene,
Introduzione
In precedenza quattro composti
ciclopropene, 1-metilciclopropene, 3-metilciclopropene e 3-3 dimetilciclopropene sono stati segnalati come potenti inibitori dell’effetto dell’etilene, attraverso il
blocco del recettore dell’etilene
(Sisler et al., 1996a; Sisler et al.,
1996b; Sisler e Serek, 1997; Sisler
e Serek, 1999; Sisler et al., 1999).
Dopo il trattamento con questi
composti l’applicazione di etilene
fino alla concentrazione di 1000
µL L-1 non induce risposta all’etilene per diversi giorni. A seconda
dei composti usati i frutti di banana rispondono di nuovo all’etilene
dopo 7-12 giorni. Questi quattro
composti risultano attivi a concentrazioni particolarmente basse.
Un’esposizione di 24 ore al ciclopropene o all’1-metilciclopropene,
con una concentrazione bassa
come 0,7 µL L-1, è sufficiente a
bloccare la maturazione della banana per 12 giorni a 24°C. Concentrazioni più elevate di 3-metilciclopropene, di 2 µL L-1 erano
necessarie per ottenere lo stesso
sono stati saggiati come antagonisti
dei recettori dell’etilene su frutti di
banana. Tutti i composti saggiati
hanno disattivato i recettori dopo
una singola esposizione di 24 ore.
Sono state evidenziate differenze
significative nella concentrazione
necessaria (0,7-20.000 µL L-1 per
24 ore) a disattivare il recettore e
nel periodo di disattivazione da 3 a
12 giorni in funzione del composto.
effetto. Il 3,3-dimetilciclopropene
è risultato essere meno efficace e
arrestava la maturazione per solo 7
giorni, inoltre la concentrazione
richiesta per ottenere una più
lunga risposta era anche più alta
(500 µL L-1) rispetto ai precedenti composti menzionati.
Sono state valutate le possibili
combinazioni di sostituzione nei
ciclopropeni. Nel presente lavoro
si descrivono alcune delle più importanti scoperte e indagini riguardo al potenziale e all’impiego
di questi composti a seconda della
loro relazione con il recettore dell’etilene.
µL L-1 di etilene per 18 ore al giorno. È stato così determinato il
tempo necessario perché le banane
divenissero sensibili all’etilene.
Materiali e metodi
Materiale vegetale
Banane verdi (Musa sapientum
L.) sono state acquistate direttamente dal mercato. Al fine di
determinare i tempi d’insensibilizzazione, le banane sono state
esposte ad una concentrazione
saturante di ciclopropene. Dopo
questo trattamento, le singole
banane sono state esposte a 333
Parole chiave: banana, ciclopropene, etilene, inibizione, recettare,
maturazione.
Composti chimici
Tutti i composti chimici sono
stati preparati secondo le procedure riportate in: Bolesov et al.,
1990; Closs et al., 1963; Closs e
Krantz, 1966; Hopf e Wachholz,
1986; Ivanov e Domnin, 1987;
Koster et al.; 1970; Magid et al.,
1970.
Misurazione della clorofilla
Il contenuto di clorofilla è stato
misurato secondo il metodo di
Arnon (1949). Le concentrazioni
dei composti sono state determinate attraverso gascromatografia
(Sisler e Serek, 1997).
Risultati
I ciclopropeni risultano attivi
dopo una singola esposizione e
rimangono legati per diversi giorni
a 24°C. La concentrazione di ciclopropene in fase gassosa necessaria a
Arsia ATTI 7 Raccolta
24
4-06-2002 12:43 Pagina 24
AT T I
ARSIA
Fig. 1 - Concentrazione minima di ciclopropeni necessaria e tempo d’insensibilità all’etilene di banane esposte
a diversi composti di ciclopropeni
disattivare il recettore dell’etilene
varia in maniera significativa da 0,7
µL L-1 (ciclopropene, 1-metilciclopropene) a 20.000 µL L-1 (1,3,3trimetilciclopropene) (fig. 1). Tuttavia, tutti e tre i composti disattivano il recettore per un uguale
periodo di tempo, 12 giorni.
Sembra che il numero di giorni
di disattivazione del recettore sia
influenzato dalla sostituzione dei
gruppi funzionali. I composti che
hanno la posizione 1 (doppio legame) sostituita disattivano il recettore per un periodo più lungo (12
giorni) rispetto a quelli che hanno
la posizione 3 con doppia sostituzione. L’1-2-dimetilciclopropene
rappresenta un’eccezione. In questo composto entrambe le posizioni sul doppio legame sono sostituite e la sua attività risulta molto
meno accentuata rispetto agli altri
composti.
La presenza di un gruppo metile, etile o acetile in posizione 3
provoca (la disattivazione) il blocco del recettore per un periodo più
breve rispetto a quando sono presenti 2 gruppi metile.
Fig. 1 - Minimum concentration of cyclopropene needed
and time of insensitivity to ethylene of bananas exposed
to cyclopropene compounds
Discussione
I dati esposti mostrano che il
ciclopropene compete con l’etilene
nei siti di legame nelle piante e blocca le risposte all’etilene piuttosto che
indurla (Sisler et al., 1996a; 1996b;
Sisler et al., 1999).
Se ci sono dei gruppi di sostituzione sull’anello dell’etilene, sia la
concentrazion richiesta per l’inattivazione che la durata del legame
con il recettore è influenzata dall’effetto sterico ed elettronico. Un
gruppo metile sull’anello del ciclopropene ha un effetto relativamente piccolo sull’attività e sulla durata
dell’inattivazione del recettore. La
presenza di due gruppi ha un effetto più consistente sulla concentrazione necessaria al blocco, mentre
3 gruppi di sostituzione hanno un
effetto ancora più forte. Ciò è probabilmente da imputarsi al fatto
che questi gruppi liberano elettroni nell’anello del ciclopropene e
liberano tensioni strutturali. La
tensione è ritenuta responsabile
degli effetti anti-etilene di composti nelle piante (Sisler e Yang,
1984; Sisler e Serek, 1997).
La sostituzione in posizione 1 ha
indotto 12 giorni di disattivazione
tranne che nel caso del doppio
legame in presenza di 2 gruppi
metile. Le basi scientifiche di questo effetto sono sconosciute. Non
c’era nessun chiaro effetto sterico
osservato sebbene il 3,3-dimetilciclopropene, il 3-metil-3-vinilciclopropene ed il 3-metil-3-etenilciclopropene manifestavano un periodo
di protezione più breve, facendo
ipotizzare un effetto sterico.
Come da ipotesi, una più alta
concentrazione di 3,3-dimetilciclopropene è richiesto del metilvinil e del metil-etenilciclopropene. Ci si dovrebbe attendere un
livello più basso per la quantità di
3-metil-3etenilciclopropene
necessario per la disattivazione.
Un effetto sterico può anche essere coinvolto.
Le più recenti ricerche hanno
dimostrato che i composti dell’1ciclopropene con catene più lunghe rimangono molto attive ed
alcuni sono attivi per più lunghi
periodi rispetto all’1-metilciclopropene. Tuttavia, ulteriori studi in
merito sono attualmente in corso.
Arsia ATTI 7 Raccolta
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T E C N I C H E P O S T R A C C O LTA D E I P R O D O T T I O R T O F L O R O F R U T T I C O L I
Bibliografia
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ethylene responses by 1-methylcyclopropene and 3-methylcyclopropene. Plant
Growth Regul. 27: 105-111.
Arsia ATTI 7 Raccolta
4-06-2002 12:43 Pagina 27
Cyclopropenes interacting with ethylene binding sites*
Edward C. Sisler - Department of Molecular and Structural Biochemistry,
North Carolina State University, Raleigh (USA)
Margrethe Serek - Department of Horticulture, Institute of Floriculture,
Tree Nursery and Plant Breeding, University of Hannover (Germany)
and Department of Agricultural Sciences, Horticulture, The Royal Agricultural
and Veterinary University, Frederiksberg C (Denmark)
Abstract
Some cyclopropenes bind with the
ethylene receptor and prevent an
ethylene response. A range of cyclopropenes, 1-methylcyclopropene, 3methylcyclopropene, 1,3-dimethylcyclopropene, 3,3-dimethylcyclopropene, 1,3,3-trimethylcyclopropene,
Introduction
Previously four compounds:
cyclopropene,
1-methylcyclopropene, 3-methylcyclopropene
and 3,3-dimethylcyclopropene has
been reported as potent inhibitors
of ethylene action, by blocking the
ethylene receptor (Sisler et al.,
1996a e 1996b; Sisler and Serek,
1997; Sisler and Serek, 1999;
Sisler et al., 1999). After treatment with these compounds application of ethylene even at the concentration 1000 µL L-1 does not
induce an ethylene response for
several days. Depending on the
compound, the bananas respond
to ethylene again after 7-12 days.
These four compounds are active
at remarkably low concentrations.
24 h of exposure to cyclopropene
or 1-methylcyclopropene, with as
little as 0.7 nL L-1 for 24h is sufficient to block ripening of bananas
3-methyl-3-vinylcyclopropene, and
3-methyl-3-ethynylcyclopropene,
and 1,2-dimethylcyclopropene were
tested as antagonists to the ethylene
receptor in bananas. All tested compounds inactivated the receptor
after a single 24 hrs exposure. Significant differences were found in
the concentration required (0.7-
20,000 nL L-1 for 24h) to inactivate
the receptor and in the period of
inactivation, 3-12 days at 24°C
depending on the compound.
at 24°C for 12 days. Higher concentrations, 2 nL L-1, were needed
of 3-methylcyclopropene to
achieve the same effect. 3,3-dimethylcyclopropene was less effective
and blocked ripening for 7 days
only, and the concentration required for maximum response was
also higher (500 nL L-1) compared
to above mentioned compounds.
There are a range of possible
combinations of substitution on
cyclopropenes. This report describes some of the more important findings and facts about the
use and potential of these compounds as they relate to the ethylene receptor.
cially. To determine the time of
insensitivity, bananas were exposed
to a saturating amount of cyclopropene. After this treatment, single bananas were exposed to 333
µL L-1 of ethylene for 18 h each
day. The time required for the
bananas to become sensitive to
ethylene was determined.
Keywords: banana, cyclopropenes,
ethylene, inhibition, receptor,
ripening.
Chemicals
All chemicals were prepared by
published procedures: Bolesov et
al., 1990; Closs et al., 1963; Closs
and Krantz, 1966; Hopf and
Wachholz, 1986; Ivanov and
Domnin, 1987; Koster et al.,
1970; Magid et al., 1970.
Chlorophyl measurements
Materials and methods
Plant material
Green bananas (Musa sapientum L.) were obtained commer-
Chlorophyll was measured by
the method of Arnon (1949).
Concentrations of compounds
were measured by gas chromatography (Sisler and Serek, 1997).
* Versione originale in lingua inglese dell’intervento di E.C. Sisler e M. Serek. La figura a cui il testo rimanda si può vedere a p. 24
nell’ambito della traduzione in italiano.
Arsia ATTI 7 Raccolta
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AT T I A R S I A
28
Results
Cyclopropenes are effective after
single exposure and remain bound
for many days at 24°C. The concentration of cyclopropenes in the
gas phase necessary to inactivate
the ethylene receptor varied significantly from 0.7 nL L-1 (cyclopropene, 1-methylcyclopropene)
to 20,000 nL L-1 (1,3,3-trimethylcyclopropene) (fig. 1). However,
all three compounds inactivate the
receptor for an equal period of
time, 12 days.
It appears that the number of
days the compounds inactivate the
receptor is influenced by substitution. The compounds having the
number one (double bond) position substituted inactivate the
receptor for longer periods of time
(12 days) than when only the three
position is di-substituted. 1,2dimethylcyclopropene is an exception. In this compound both positions on the double bond are substituted which results in much less
activity than other compounds.
The presence of a methyl, ethylene or acetylene group in the 3
position causes the inactivation of
References
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in isolated chloroplasts. Polyphenoloxidase in Beta Vulgaris. Plant Physiol 24: 1-15.
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CLOSS G.L., KRANTZ K.D. (1966) - A
simple synthesis of cyclopropene. J.
Org. Chem. 31: 638.
the receptor for a shorter period
than when 2 methyl groups are
present.
Discussion
The data reported here show
that cyclopropenes compete with
ethylene in plants for binding sites
and block ethylene responses
rather than induce them (Sisler et
al., 1996a; Sisler et al., 1996b;
Sisler et al., 1999). As substitutions are made on the cyclopropene ring, both the concentration required for inactivation as
well as the duration of binding
appear to be influenced by steric
and electronic effects. One methyl
group on the cyclopropene ring
has a relatively small effect on
activity and duration of inactivation. The presence of two groups
have a large effect on the concentration required and 3 groups have
an even larger effect. This effect is
probably due to these groups
releasing electrons into the cyclopropene ring and relieving structural strain. Strain is thought to be
responsible for anti-ethylene ef-
HOPF H., WACHHOLZ G. (1986) Gas-phase kinetics of pyrolysis of 1,2dimethylcyclopropene. J. Chem. Soc.
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cyclic olefins. Phytochemistry 23:
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SISLER E.C., DUPILLE E., SEREK M.
(1996) - Effect of 1- Methylcyclopro-
fects of compounds in plants
(Sisler and Yang, 1984; Sisler and
Serek, 1997).
Substitution in the 1-position
induced 12 days of inactivation
except when the double bond had
two methyl groups. The basis of
this effect is unknown. There was
no clear steric effect observed
although 3,3-dimethylcyclopropene, 3-methyl-3-vinylcyclopropene and 3-methyl-3-ethynylcyclopropene did have shorter protection times suggesting a steric
effect.
As might be expected, a higher
concentration of 3,3-dimethylcyclopropene is required than that of
the methyl-vinyl and the methylethynyl cyclopropenes. A lower
value for the amount of 3-methyl3-ethynylcyclopropene required
would be expected. A steric effect
may also be involved.
The newest investigations showed that 1-cyclopropene compounds with longer chains remain
very active and some are active for
much longer periods of time than
1-methylcyclopropene. Further
investigations are in progress.
pene, and methylenecyclopropene on
ethylene binding and ethylene action
on cut carnations. Plant Growth Regul. 18: 79-86.
SISLER E.C., SEREK M., DUPILLE E.
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ethylene responses by 1-methylcyclopropene and 3-methylcyclopropene. Plant
Growth Regul. 27: 105-111.
Arsia ATTI 7 Raccolta
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1. Selezione assistita in garofano:
utilizzo di marcatori molecolari per il miglioramento
della longevità dei fiori recisi
L. De Benedetti, G. Burchi, C. Bianchini, S. Bruna, A. Mercuri, T. Schiva
Istituto Sperimentale per la Floricoltura, Sanremo (IM)
Riassunto
In garofano (Dianthus caryophyllus L.), la durata in vaso dei
fiori rappresenta un carattere fondamentale per decretare il successo
economico di una nuova cultivar.
Nel nostro Istituto, diverse varietà
di garofano sono state caratterizzate relativamente alla longevità dei
fiori recisi. In particolare, la cultivar Roland ha presentato fiori
molto longevi che non rilasciano
etilene dopo la raccolta. L’analisi
genetica del carattere ha evidenziato che la durata in vaso è probabilmente un carattere complesso di
tipo quantitativo in cui è coinvolto
più di un singolo gene e che questi
geni mostrano effetti di tipo prevalentemente additivo.
Marker assisted selection in
carnation: use of molecular
markers to improve cut
flower longevity
Abstract
Vase life is one of the most important traits considered in carnation
breeding. Research on post-harvest
physiology in carnation (Dianthus
caryophyllus L.) has been carried
out in our Institute since 1992: the
role of ethylene in flower senescence
was investigated and several genotypes with different post-harvest life
and climateric behaviours were
identified. The cv Roland had the
La disponibilità di marcatori
molecolari correlati alla durata in
vaso dei fiori costituirebbe un
importante mezzo per la selezione
precoce di progenie con fiori più
longevi. Pertanto, al fine di individuare marcatori molecolari in
grado di discriminare in una popolazione i genotipi caratterizzati da
una maggiore durata in vaso dei
fiori, sono state effettuate analisi
RAPD preliminari sulla cv Roland
e sulle altre quattro cv caratterizzate da elevata produzione di etilene e ridotta longevità dei fiori. I
primer che hanno rilevato polimorfismo tra la cv Roland e le altre
varietà sono stati utilizzati per lo
studio della segregazione delle
bande in progenie F1 derivanti
dall’incrocio Roland x Milady.
Sono state individuate 8 bande
RAPD che, prese singolarmente, sono
in grado di differenziare significativamente un gruppo di progenie
con fiori più longevi da un gruppo
con fiori meno longevi. È stata rilevata una correlazione positiva e
significativa tra il valore di longevità delle singole progenie ed il punteggio attribuito ad ogni progenie
in base al numero di bande RAPD
simili al genitore più longevo
(Roland). L’utilizzo generale di
queste bande come marcatori per la
selezione precoce del carattere durata in vaso dovrà essere verificato in
altri incroci.
longest vase life with a late and very
low ethylene production in comparison with the other cultivars, such as
Milady, in which ethylene released by
the flower promoted and accelerated
senescence. Post-harvest flower life
was studied in a cross between these
two cultivars. The higher values of
the Coefficient of Variability in the
progenies than in the parents indicated segregation of gene(s) controlling this characteristic. Narrow
sense heritability of cut flower life,
estimated through offspring-parent
regression, was 0.6. Flower life
resulted probably a complex quantitative trait in carnation, involving
more than a single gene or mechanism. Our data suggested that
flower life is controlled by genes showing predominantly additive effects.
In this work, RAPD analysis was
used for the identification of
molecular markers associated with
cut flower longevity. Sixty random
primers were initially tested in five
carnation cultivars, including Roland and Milady. Primers producing useful bands were determined
in 8 individuals F1 (Roland x
Milady) showing different values of
longevity. DNAs from 73 randomly
chosen F1 offspring were successively
analysed with the selected primers.
Parole chiave: breeding, garofano,
RAPD markers, postraccolta, etilene.
Arsia ATTI 7 Raccolta
30
4-06-2002 12:43 Pagina 30
AT T I A R S I A
For each RAPD band tested, the
progeny was divided into two groups
according to the parental band pattern and the statistical significance
of the differences in vase life
between the two groups was evaluated. As a result, eight bands were
Introduzione
La durata del fiore in vaso rappresenta un carattere fondamentale
per decretare il successo economico
di una cultivar. Basti pensare che
molte specie con attitudine ornamentale mostrano proprio nella
durata in vaso il maggiore limite al
successo commerciale. Nella pratica, il saggio della longevità è la
prima operazione effettuata sulle
nuove progenie dagli ibridatori.
Una ricerca sulla durata in vaso
dei fiori di garofano (Dianthus
caryophyllus) fu iniziata nel nostro
Istituto nel 1992 (Burchi et al.,
1993a, 1993b). Diverse varietà
commerciali furono caratterizzate
relativamente alla longevità dei
fiori sulla pianta o in vaso dopo la
raccolta (Burchi et al., 1993a,
1998). Cinque varietà furono
valutate anche relativamente alla
produzione di etilene che, come
noto, accelera il processo di senescenza dei tessuti vegetali. L’identificazione della cultivar Roland
con fiori molto longevi che non
useful for the discrimination of a
more longeve population.
Statistical analysis showed a positive correlation between the score of
each progeny (number of RAPD
markers similar to Roland) and its
longevity. These bands will be tested
in other crosses to verify their general use for the assisted selection of cut
flower life character in carnation.
rilasciano etilene permise di valutare la correlazione esistente tra
produzione di etilene e longevità
dei fiori (Burchi et al., 1994). L’analisi genetica di progenie F1 e
Back-cross, derivanti da un programma di incroci tra la cv Roland
e la cultivar Milady caratterizzata
da diverso comportamento climaterico e da fiori poco longevi, mise
in evidenza che la durata in vaso è
probabilmente un carattere complesso di tipo quantitativo in cui è
coinvolto più di un singolo gene.
Gli elevati valori di ereditabilità del
carattere, sia in senso lato (0,9)
che in senso stretto (0,6), suggerirono che il carattere è controllato
da geni che mostrano effetti di
tipo prevalentemente additivo
(Burchi et al., 1999).
I marcatori molecolari sono
ormai largamente impiegati per il
miglioramento genetico delle
piante di interesse agrario. Nelle
ornamentali, la loro applicazione
ha trovato ampio spazio nella
identificazione varietale (Torres et
al., 1993; Scott et al., 1996), nel-
l’analisi delle relazioni filogenetiche (Cerny et al., 1996) e della
variabilità del germoplasma (Wolff
e Peters-Van Rijn, 1993; Debener
et al., 1996). Solo più recentemente è stato riportato il loro impiego
per la localizzazione di geni di
interesse (Scovel et al., 1998;
Debener e Mattiesch, 1999). Tra i
marcatori utilizzabili, la tecnica
RAPD (Random Amplified Polymorphic DNA) (Williams et al.,
1990) costituisce una metodologia
relativamente semplice e rapida,
non richiede l’utilizzo di sonde
specifiche ed è in grado di rilevare
polimorfismo in più loci.
In garofano, la disponibilità di
marcatori molecolari correlati alla
durata in vaso costituirebbe un
importante mezzo per la selezione
precoce di progenie con fiori più
longevi. Basti pensare che nella pratica gli ibridatori, partendo dai semi
F1, impiegano quasi due anni
prima di poter valutare questo
carattere nelle progenie e che il 90%
di queste viene subito scartato proprio per la scarsa longevità dei fiori.
Keywords: breeding, carnation,
RAPD markers, post-harvest,
ethylene.
Fig. 1 - Produzione di etilene in
relazione al numero di giorni dopo
la raccolta nei fiori di 5 cultivar di
garofano
Fig. 1 - Ethylene production in
relation to the number of days after
flower harvest in 5 carnation cultivars
Arsia ATTI 7 Raccolta
4-06-2002 12:43 Pagina 31
T E C N I C H E P O S T R A C C O LTA D E I P R O D O T T I O R T O F L O R O F R U T T I C O L I
31
Per tale motivo ci si è proposti di
condurre una analisi RAPD preliminare su cultivar di garofano caratterizzate da diversa durata dei fiori
e da diverso comportamento climaterico, con il fine di individuare
dei primer in grado di rilevare
polimorfismo tra le varietà con
diversa longevità postraccolta. I
primer selezionati sono stati quindi utilizzati per lo studio della
segregazione delle bande nelle
progenie F1 derivanti dall’incrocio
Roland x Milady.
Materiali e metodi
Materiale vegetale
Per la messa a punto della tecnica di analisi RAPD e per le analisi
preliminari sono state utilizzate le
seguenti 5 cultivar: Roland, che
presenta fiori molto longevi che
non rilasciano etilene durante la
senescenza; Blondie, Milady, Roger e Stanarthur, che presentano
invece fiori meno longevi che rilasciano molto etilene (fig. 1). Nella
progenie F1 dell’incrocio Roland
x Milady (l’unica combinazione,
tra tutte quelle effettuate tra le
cinque varietà, che abbia fornito
un numero di progenie – 156 –
sufficientemente elevato), sono
stati selezionati 8 individui sulla
base dei valori di durata in vaso dei
fiori: quattro di questi (ISF.61,
ISF.65, ISF.80 e ISF.117) mostravano un basso valore del carattere,
gli altri quattro invece (ISF.34,
ISF.44, ISF.114 e ISF.150) presentavano un valore elevato di longevità. Per le analisi successive,
invece, sono stati scelti casualmente 73 individui F1 (fig. 2). I valori
di longevità riportati nel testo
indicano il numero di giorni trascorsi tra la raccolta dei fiori e l’appassimento dei petali, rilevati nel
mese di febbraio.
Analisi RAPD
Il DNA è stato estratto da 0,1 g
di giovani foglie utilizzando il kit
“Dneasy Plant mini kit” della ditta
Qiagen. La miscela di amplificazione conteneva 25 ng di DNA
genomico, MgCl2 1,5 µM, 60 ng
Fig. 2 - Valutazione della durata in vaso nella progenie F1
Evaluation of vase life in F1 progeny
di primer, dNTP 100 µM ciascuno, 1 unità di Taq polimerasi GibcoBRL (Life Technologies Italia)
in un volume finale di 25 µl. Sono
stati utilizzati decameri random
sintetizzati pressi la ditta TIBMOLBIO (Genova, Italia), le cui sequenze coincidono con alcune
delle sequenze dei primer appartenenti ai kit A, B, C ed E della ditta
Operon Technologies.
Le reazioni sono state effettuate
in un Thermal Cycler PCR
Express (Hybaid) programmato
per i seguenti cicli: una denaturazione iniziale di 3´ a 92°C, seguita
da 45 cicli con la fase di denaturazione a 92°C per 20´´, la fase di
annealing a 40°C per 30´´, la fase
di estensione a 72°C per 1´ seguita da un ciclo a 75°C per 10´ e da
un ciclo a 65°C per 10´´.
I prodotti di amplificazione
sono stati separati mediante corsa
elettroforetica su gel di agarosio
all’1,5% in tampone TAE 1X (Tris
acetato 40 mM, EDTA 1 mM),
colorati in etidio bromuro e analizzati agli ultravioletti mediante
programma di immagini Bio-Profil
Image Analysis Software.
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32
Risultati
Questi primer sono stati saggiati
sulle 4 progenie F1 che mostravano i più elevati valori di longevità
del fiore e sulle 4 che presentavano
i valori più bassi.
Di questi primer, 11 hanno prodotto delle bande (tab. 1) in grado
di discriminare il gruppo più longevo da quello meno longevo. È
stato quindi attribuito un punteggio ad ogni singolo individuo in
base al numero totale di bande
Le 5 cultivar sono state analizzate utilizzando 60 primer. Di questi, 10 non hanno prodotto bande
di amplificazione e 13 sono risultati monomorfici. Dei rimanenti
primer discriminanti la cv Roland
dalla cv Milady e dalle altre varietà,
27 sono stati selezionati in base
alla capacità di produrre bande
riproducibili (66 bande totali).
simili a Roland. Gli individui più
longevi hanno presentato il punteggio più elevato (tab. 2).
Il pattern di amplificazione prodotto dai primer precedentemente
selezionati è stato studiato in 73
individui F1 (fig. 3). Per ogni singola banda RAPD analizzata, la progenie è stata distinta in due gruppi
in base alla similarità con l’uno o
con l’altro genitore. La differenza
tra i valori medi di longevità dei
Tab. 1 - Primer selezionati per l’analisi della progenie F1 e relative bande RAPD
amplificate nella cv Roland o nella cv Milady
Tab. 1 - Primers selected for the analysis of the progenies F1 and RAPD bands produced in the cv Roland or in the cv Milady
Primer
Sequenza
5’-3’
Codice
banda
5056
5059
5060
agtcagccac
gaccgcttgt
gttgcgatcc
5061
5066
5070
ggtgcgggaa
catccccctg
acccccgaag
5072
5091
5098
gtcccgacga
cccaaggtcc
ggtgacgcag
5103
5104
tggaccggtg
ctcaccgtcc
56-0
59-1
60-2
60-3
60-5
61-5
66-4
70-3
70-9, 1
70-9,2
72-2
91-3
98-2
98-5
103-3
104-2
104-4
Dimensione del
frammento (bp)
Roland
Milady
+
–
+
–
+
+
+
–
–
+
+
–
–
+
–
+
+
–
+
–
+
–
–
–
+
+
–
–
+
+
–
+
–
–
1650
1500
1100
1050
650
1200
1800
1500
1350
1300
1000
1700
900
750
1300
1650
1000
LEGENDA: bp = paia di basi + = banda presente – = banda assente
Tab. 2 - Punteggio totale (score) attribuito ad otto progenie F1 (le 4 più longeve e le 4 meno longeve)
in base alla similarità delle singole bande RAPD con Roland (1) o con Milady (0)
Tab. 2 - Score of eight F1 progenies (4 less longeve and 4 more longeve) based on the similarity
of the single RAPD bands with Roland (1) or Milady (0)
Singole bande
Progenie
56.
0
59.
1
60.
2
60.
3
60.
5
61.
5
66.
4
70.
3
70.
9,1
70.
9,2
72.
2
91.
3
98.
2
98.
5
103. 104.
3
2
104. Score Longevità
4
media (gg.)
114
1
1
1
1
0
1
1
1
1
1
1
1
0
1
0
0
1
13
31,2
34
150
44
1
1
1
1
1
0
1
0
0
1
1
0
0
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
0
1
1
0
1
1
0
1
0
0
1
0
1
0
1
1
0
1
1
1
1
0
1
0
1
1
1
1
14
13
9
30,9
29,4
24,8
61
65
1
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
1
0
1
0
0
1
1
1
1
0
1
1
0
0
1
0
1
0
0
1
0
1
0
6
7
16,7
13,8
80
117
0
0
1
0
0
0
0
0
0
0
1
0
1
0
0
0
0
0
0
0
0
0
1
0
0
0
0
0
0
0
0
0
1
0
5
0
12,4
12,4
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Fig. 3 - Separazione elettroforetica
dei frammenti amplificati con il primer 5098 negli individui F1 e nei
parentali. A) pattern dei primi 35
individui; B) pattern dei rimanenti
38 individui. Le frecce bianche indicano nei parentali le bande polimorfiche analizzate, dall’alto verso il
basso rispettivamente: 98-2, 98-5.
A lato è riportata la migrazione dei
pesi molecolari dello standard in
paia di basi
Fig. 3 - Electrophoretic pattern of
the fragments amplified with the
5098 primer in F1 offspring and in
their parents. A) bands from the
first 35 offspring; B) bands from the
remaining 38 individuals. The polymorphic bands, indicated in the parents by white arrows, are the following: 98-2 (top) and 98-5 (bottom). Molecular weights (left side)
are given in base pairs
Fig. 4 - Diagramma di correlazione
tra il punteggio totale determinato
dal numero di bande simili a Roland
e la longevità media della progenie
Fig. 4 - Correlation diagram
between total score (number of
bands similar to Roland) and mean
values of the progeny longevity
due gruppi è stata valutata statisticamente mediante analisi della
varianza. Otto bande sono risultate
in grado di discriminare significativamente una popolazione più longeva da una meno longeva (tab. 3).
Per ogni individuo F1 analizzato si
è quindi determinato un punteggio in base al numero di bande
simili a Roland. Come risultato, gli
individui caratterizzati da maggiore longevità dei fiori hanno presentato in generale anche un maggior
punteggio (tab. 4). Queste osservazioni sono state confermate dai
risultati dell’analisi statistica dei
dati. L’analisi di regressione ha
dimostrato la presenza di una correlazione positiva tra punteggio
attribuito e longevità dei fiori (fig.
4). Il coefficiente di correlazione è
risultato pari a 0,543 con P altamente significativo (< 0,0001).
Discussione e conclusioni
Nelle ornamentali, l’identificazione di marcatori molecolari
utilizzabili per la selezione assistita
è riportata in pochissimi esempi.
In garofano è stato identificato un
marcatore che è strettamente concatenato al locus che controlla il
numero dei petali dei fiori (Scovel
et al., 1998). In rosa, la costruzione di una mappa genetica, usando
marcatori RAPD e AFLP, ha permesso l’identificazione di marcatori strettamenti concatenati al
locus che controlla il numero dei
petali e al locus che controlla il
colore del fiore (Debener et al.,
1999).
Allo scopo di identificare dei
marcatori molecolari correlati alla
durata del fiore reciso in garofano,
si è utilizzata la metodica RAPD per
Arsia ATTI 7 Raccolta
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34
Tab. 3 - Individuazione delle bande RAPD in grado di discriminare significativamente
la popolazione F1 per la longevità dei fiori
Tab. 3 - Identification of RAPD bands able to discriminate significatively the population F1 for flower longevity
Codice
banda
Roland
n. individui
come Roland
Longevità media
(giorni)
Milady
n. individui
come Milady
Longevità media
(giorni)
60-2
60-3
60-5
+
–
+
15
12
41
24,3
21,0
21,0
–
+
–
58
61
32
19,3
19,6
19,9
0,0142 *
0,2334 n.s.
0,2484 n.s.
61-5
66-4
+
+
39
46
21,3
20,7
–
–
34
27
19,2
19,6
0,0193 *
0,2006 n.s.
70-3
70-9,1
70-9,2
–
–
+
21
35
38
21,8
20,8
19,9
+
+
–
52
38
35
19,2
19,9
20,8
0,0083 **
0,3446 n.s.
0,3446 n.s.
72-2
91-3
+
–
18
32
22,6
21,6
–
+
55
41
19,3
19.2
0,0017 **
0,0107 *
98-2
98-5
104-2
–
+
+
12
43
46
21,8
20,0
21,5
+
–
–
61
30
27
19,3
20,3
18,6
0,0380 *
0,0991 n.s.
0,0014 **
104-4
+
43
21,5
–
30
18,4
0,0006 ***
LEGENDA
+ = banda presente
– = banda assente
Significatività delle
differenze tra le medie
(p ≤ 0,05)
n.s. = differenza tra le medie non significativa
Tab. 4 - Punteggio totale (score) attribuito alla progenie F1 analizzata (73 individui)
in base alla similarità delle singole bande RAPD con Roland (1) o con Milady (0)
Tab. 4 - Score of the tested progeny F1 (73 genotypes) based on the similarity of the single RAPD bands with Roland (1) or with Milady (0)
Progenie
114
150
35
108
136
5
104
28
102
67
127
20
113
132
4
126
36
59
Roland
128
10
81
153
51
116
Score
Longevità media
(giorni)
Progenie
Score
6
5
6
3
3
6
3
5
3
4
5
5
3
5
5
4
3
4
8
3
4
3
6
2
4
31,2
29,4
27,5
26,4
26,0
25,4
24,4
23,7
23,6
23,5
23,4
23,2
23,0
22,7
22,5
22,5
22,4
22,1
21,9
21,9
21,7
21,6
21,5
21,2
21,0
42
105
110
125
133
83
155
25
130
93
15
38
122
119
134
21
16
103
1
135
62
33
60
13
86
2
1
4
3
5
2
6
5
5
3
3
3
1
5
4
4
3
1
0
2
3
4
3
4
1
Longevità media
(giorni)
21,0
21,0
20,9
20,9
20,4
20,2
20,1
20,1
20,1
20,1
20,1
20,1
20,1
20,0
20,0
20,0
20,0
20,0
20,0
19,9
19,6
19,5
19,5
19,1
19,0
Progenie
11
58
131
46
49
45
137
68
12
89
118
61
Milady
52
100
19
76
78
48
90
18
69
73
2
37
Score
4
3
3
1
0
4
1
3
1
2
3
3
0
1
0
3
2
1
0
5
1
2
3
2
1
Longevità media
(giorni)
18,7
18,7
18,5
18,0
18,0
17,7
17,7
17,6
17,2
17,0
16,8
16,7
16,7
16,2
16,2
15,8
15,8
15,5
15,4
15,0
14,2
14,0
13,6
13,3
13,2
Arsia ATTI 7 Raccolta
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T E C N I C H E P O S T R A C C O LTA D E I P R O D O T T I O R T O F L O R O F R U T T I C O L I
l’analisi di individui F1 derivanti
dall’incrocio tra una varietà caratterizzata da elevata longevità del
fiore reciso e bassissima produzione di etilene con una varietà caratterizzata da minore durata in vaso
del fiore. Un set di primer preselezionati, saggiato su un numero
limitato di progenie comprendenti
individui con elevati valori del
carattere ed individui con ridotta
longevità, ha permesso l’individuazione di alcune bande che
mostravano pattern opposti nei
due gruppi. L’analisi della presenza o assenza di queste bande su di
Bibliografia
BURCHI G., MENSUALI-SODI A., PANIZZA M., BIANCHINI C. (1993a) Preliminary results of molecular studies on senescence in carnation
flowers ageing on plant or in vase: 1.
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MERCURI eds., Proceedings of the
XVIIth Eucarpia Symposium, Sanremo 1-5 marzo 1993, pp. 199-206.
BURCHI G., MERCURI A., DEANDREIS
G., SCHIVA T. (1993b) - Preliminary results of molecular studies on
senescence in carnation flowers
ageing on plant or in vase: 2. Changes in polypeptide and isoenzymes patterns. In: SCHIVA T., MERCURI A.
(eds.), Proceedings of the XVIIth
Eucarpia Symposium, pp. 229-240,
Istituto Sperimentale per la Floricoltura, Sanremo.
BURCHI G., MERCURI A., MENSUALISODI A., PANIZZA M., SCHIVA T.
(1994) - Variazioni nella produzione di etilene e nei patterns polipeptidici ed isoenzimatici in fiori di garofano mediterraneo e di Alstroemeria
durante la senescenza su pianta o in
35
un numero più ampio di progenie
ha dimostrato come all’aumentare
del numero di bande simili al
parentale più longevo aumenti il
valore medio del carattere. Utilizzando questi marcatori in un programma di selezione assistita, gli
individui con minore punteggio
potrebbero essere quindi precocemente scartati: ciò comporterebbe
un notevole vantaggio sia per la
notevole riduzione dei tempi per
effettuare il saggio sulle progenie,
sia per il numero molto minore di
progenie da portare in campo per
le successive valutazioni.
Progetto finalizzato Mi.P.A. “Prodotti e
Tecnologie Innovative su Piante Ornamentali” - Pubblicazione n. 178
vaso. Italus Hortus 3: 3-9.
BURCHI G., BIANCHINI C., MERCURI
A., FOGLIA G., SCHIVA T. (1998) Primi risultati dell’analisi genetica
del carattere “longevità postraccolta”
su alcune specie ornamentali. Italus
Hortus 5-6: 47-51.
BURCHI G., BIANCHINI C., MERCURI
A., FOGLIA G., ROSELLINI D., SCHIVA T. (1999) - Analysis of postharvest flower life in a cross between carnation cultivars with different ethylene responses. Journal of Genetics and
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TRIGIANO R.N., STARMAN T.W.
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of Petunia taxa. Theor. Appl.
Genet. 92: 1009-1016.
DEBENER T., BARTELS C., MATTIESCH
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variation between a group of rose cultivars and selected wild rose species.
Molecular Breeding 2: 321-327.
DEBENER T., MATTIESCH L. (1999) Construction of a genetic linkage
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SCOTT M.C., CAETANO-ANOLLES G.,
TRIGIANO R.N. (1996) - DNA
Amplification Fingerprinting Identifies Closely Related Chrysanthemum Cultivars. J. Amer. Soc. Hort.
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SCOVEL G., BEN MEIR H., OVADIS M.,
ITZHAKI H., VAINSTEIN A. (1998) RAPD and RFLP markers tightly
linked to the locus controlling carnation (Dianthus caryophyllus) flower
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TORRES A.M., MILLAN T., CUBERO J.I.
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using random amplified polymorphic
DNA markers. Hortscience 28:
333-334.
WILLIAMS J.G.K., KUBELIK A.R., LIVAK
K.J., RAFALSKI J.A., TINGEY S.V.
(1990) - DNA polymorphisms
amplified by arbitrary primers are
useful as genetic markers. Nucleic
Acids Res. 18: 6531-6535.
WOLF K., PETERS-VAN RIJN J. (1993) Rapid detection of genetic variability
in chrysanthemum using random
primers. Heredity 71: 335-341.
La validità generale dell’utilizzo
di queste bande come marcatori
per una precoce selezione del
carattere longevità potrà essere
confermata solo attraverso lo studio di progenie derivanti da altri
incroci. Inoltre, lo screening di un
numero maggiore di primer
potrebbe fornire ulteriori e più
efficienti marcatori.
Arsia ATTI 7 Raccolta
4-06-2002 12:43 Pagina 37
2. Effetto dell’ombreggiamento sulla qualità della fronda
recisa Ruscus racemosus L.
N. Oggiano -
ARSIA, Regione Toscana
A. Mensuali Sodi, G. Serra
Scuola Superiore di Studi Universitari e di Perfezionamento “Sant’Anna”, Pisa
B. Nesi - Istituto Sperimentale per la Floricoltura S.o.p., Pescia
Riassunto
Nell’ambito del genere Ruscus
(Fam. Liliaceae) la specie Ruscus
racemosus L. (Danaë racemosa
Moench) è la più coltivata per la
produzione di fronde recise, presenta steli lunghi fino a 1 metro, cladodi lanceolati e nei mesi invernali
bacche rosso vivo.
Essendo una specie sciafila tipica
del sottobosco, il Ruscus deve essere
allevato in condizioni d’ombreggiamento al fine di evitare danni
dovuti ad un eccessivo irraggiamento (ingiallimento fogliare, filloptosi, ecc.), soprattutto nei periodi
estivi.
Effect of shading on cut
foliage quality of Ruscus
racemosus L.
Abstract
Ruscus racemosus L. (Liliaceae)
is one of the most important species
cultivated for cut foliage production. It presents long stems (up to 1
m.), lanceolate cladophylls and
bright red berries in winter months.
As a sciophilous species, typical of
brushwood, it must be grown under
shading in order to avoid damages
from excessive radiation (foliage
yellowing, leaf drop, ecc.) particu-
Studi, effettuati presso l’Università della Florida, hanno infatti
messo in luce come in specie molto
diffuse per la produzione della
fronda recisa (Ruscus hypophyllum, Aspidistra elatior e Ophyopogon jaburan) i migliori risultati
dal punto di vista della qualità
della produzione, intesa come lunghezza e peso dello stelo fogliare, si
ottengano con percentuali d’ombreggiamento del 50-80%. Tra i
parametri qualitativi della produzione deve essere considerata anche
la durata postraccolta della fronda
recisa. Scopo di questo lavoro è stato
di valutare l’effetto di tre diversi
livelli d’ombreggiamento (50, 70 e
90%) sia sull’entità della produzione che su alcuni parametri qualitativi quali lunghezza e peso dello
stelo, contenuto in clorofilla e comportamento della fronda recisa
durante la vita in vaso (durata
della vita in vaso, degradazione
della clorofilla e produzione d’etilene). I risultati ottenuti hanno indicato che l’ombreggiamento è in
grado di migliorare sia la quantità, sia la qualità della produzione
del Ruscus racemosus L.
larly during the summer season. As
a matter of fact studies carried out
at the University of Florida pointed
out that in species very diffused for
the cut foliage production, such as
Ruscus hypophyllum, Aspidistra
elatior and Ophyopogon jaburan
the best results, as far as the quality
of production is concerned (weight
and length of the stems), are
obtained with shading percentage
ranging from 50 to 80%. Postharvest length has to be considered one
of the qualitative parameters of
production. The aim of this research
was the evaluation of the effect of
three shading levels (50, 70 and
90%) on quantity of production as
well as on some qualitative parameters such as weight and length of the
stems, chlorophyll content and behaviour of cut foliage during vase
life (vase life duration, chlorophyll
degradation and ethylene production). Results showed that shading
of Ruscus racemosus L. plants can
improve both quality and quantity
of production.
Parole chiave: Ruscus, fronda
recisa, ombreggiatura, postraccolta.
Keywords: Ruscus, cut foliage,
shading, postharvest.
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AT T I A R S I A
Introduzione
Al genere Ruscus (Fam. Liliaceae) appartengono alcune specie
di interesse ornamentale, sia per
uso come pianta da giardino, sia
come fronda recisa. Nell’ambito
di questo genere la specie Ruscus
racemosus L. (Danaë racemosa
Moench) è la più coltivata per la
produzione di fronde recise (Farina, 1987) e presenta steli lunghi
fino a 1 metro, cladodi lanceolati,
fiori poco appariscenti, giallo-verdastri in maggio-giugno, seguiti
da bacche rosso vivo, contenenti
un solo seme, in inverno.
Essendo una specie sciafila tipica
del sottobosco il Ruscus deve essere allevato in condizioni di ombreggiamento al fine di evitare
danni dovuti ad un eccessivo irraggiamento (ingiallimento fogliare,
filloptosi, ecc.), soprattutto nei
periodi estivi (Accati e Rapetti,
1983).
Alcuni studi, effettuati presso
l’Università della Florida, hanno,
infatti, messo in luce come in specie molto diffuse per la produzione della fronda recisa (Ruscus
hypophyllum, Aspidistra elatior e
Ophyopogon jaburan) i migliori
risultati dal punto di vista della
qualità della produzione, intesa
come lunghezza e peso dello stelo
fogliare, si ottengano con percentuali di ombreggiamento del 5080%. Inoltre, per Ruscus e Aspidistra è stato osservato che l’ombreggiamento consente di allungare la
durata della vita in vaso delle fronde in misura proporzionale al grado
di ombreggiamento (Stamps, 1996
e 1997).
Tra i parametri qualitativi della
produzione deve essere considerata anche la durata postraccolta
della fronda recisa. L’analisi del
comportamento postraccolta delle
fronde recise, infatti, è un requisito fondamentale anche nella valutazione degli effetti indotti nel
prodotto finale da innovazioni nel
processo produttivo e costituisce
un presupposto importante in programmi di miglioramento genetico che prevedono la selezione, in
base alle caratteristiche di longe-
vità, di individui idonei alla costituzione di ibridi come nel caso
dell’eucalipto (Wirthensohn et al.,
1998) o la ricerca di genotipi con
bassa sensibilità all’etilene come
nel caso dell’Ilex (Joyce et al.,
1990).
Scopo di questo lavoro è stato
quello di valutare l’effetto di tre
diversi livelli di ombreggiamento
(50, 70 e 90%) sia sull’entità della
produzione, sia su alcuni parametri qualitativi quali lunghezza e
peso dello stelo, contenuto in clorofilla e comportamento della
fronda recisa durante la vita in
vaso (durata della vita in vaso,
degradazione della clorofilla e produzione di etilene).
Materiali e metodi
Produzione delle fronde
Le prove sono state condotte
presso la Sezione di Pescia dell’Istituto Sperimentale per la Floricoltura. La ricerca è iniziata nel
luglio 1998 ed ha riguardato la
coltivazione di piante di Danae
racemosa allevate in pien’aria su
terreno con sesto di impianto di
30 cm sulla fila e tra le file, pari a
un investimento di 11 piante/m2.
Sono stati messi a confronto tre
diversi livelli di luminosità (50, 70
e 90%) con un testimone non
ombreggiato. La radiazione solare
è stata ridotta mediante l’utilizzo
di rete ombreggiante nera. Per
ogni tesi sono stati registrati i dati
di tre parcelle ognuna costituita da
15 piante.
Il terreno tendenzialmente sabbio-limoso a pH 6 in fase di preparazione è stato fertilizzato con
una concimazione di fondo come
riportata in tabella:
Tipo di concime
20-10-10
18/46
Solfato di K e Mg
Dolomite
Stallatico
Cornunghia
Solfato di ferro
Torba
Quantità
200 gr/m2
35 gr/m2
60 gr/m2
150 gr/m2
2 Kg/m2
200 gr/m2
132 gr/m2
10 l/m2
L’irrigazione è stata effettuata
mediante impianto di distribuzione localizzata ed è stata somministrata in base all’andamento stagionale. Durante la coltivazione si
è proceduto a fertirrigazioni ogni
trenta giorni durante il periodo
primaverile estivo con una soluzione nutritiva con la seguente composizione
pH 5,5
Elemento
N-NO3
N-NH4
P
K
Ca
Mg
Fe
Mn
C.E. (mS/cm) 1,1
Concentraz. (ppm)
69
15
25
130
72
30
5
0,27
La raccolta delle piante è stata
effettuata all’inizio del periodo
estivo a due anni dall’impianto. Le
fronde sono state raccolte al raggiungimento della maturità fisiologica, selezionate e recise alla lunghezza di 60 cm. Per valutare
quantità e qualità della produzione raccolta, sono stati presi in
esame i seguenti parametri : numero di steli prodotti per pianta, lunghezza e peso degli steli.
Postraccolta
Per la determinazione della longevità 9 fronde per ogni tesi sono
state poste singolarmente in vasi di
vetro Pyrex della capacità di 800
ml con 500 ml di acqua distillata
fino a quando non cominciavano a
comparire i primi sintomi di
ingiallimento, a quel punto la vita
postraccolta è stata considerata
conclusa. I vasi sono stati posti in
un laboratorio in condizioni standard da interno.
È stata monitorizzata sia la produzione di etilene, sia di CO2 da
porzioni apicali di germogli vegetativi (cm 10). Il materiale vegetale è stato chiuso in contenitori di
vetro (Pyrex, Francia) con tappo a
vite forato e dotato di setto di
caucciù. I campioni, costituiti da 2
ml di aria, sono stati prelevati dall’interno dei contenitori con una
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siringa ipodermica, dopo 10 minuti di accumulo al buio per la
determinazione della CO2 e dopo
un’ora alla luce per l’etilene.
La produzione di etilene è stata
misurata tramite analisi gascromatografiche utilizzando un detector
FID e una colonna metallica (150 x
0,4 cm Ø impaccata con Hysep T).
La temperatura della colonna e del
detector erano rispettivamente 70°
e 350°C. Come gas di trasporto è
stato utilizzato N2 a 30 ml min-1.
Per la determinazione della CO2 è
stata utilizzata la stessa colonna ed
un detector TCD. La temperatura
della colonna e del detector erano
rispettivamente 70° e 200°C. N2 è
stato utilizzato come gas di trasporto a 30 ml min-1 e come gas di riferimento a 15 ml min-1. La produzione di etilene è stata effettuata su
5 diversi campioni.
Tutti i dati relativi ai rilievi effettuati sono stati sottoposti all’analisi della varianza e il confronto tra
le medie è stato effettuato con il
test SNK.
39
Risultati e discussione
I risultati ottenuti hanno messo
in evidenza come la produzione di
Ruscus racemosus L. risulta influenzata dal livello di luminosità.
Il numero di steli raccolti per ciascuna pianta, infatti, aumenta in
maniera proporzionale alla riduzione di luminosità, con differenze
statisticamente significative tra le
varie tesi a confronto. La produzione unitaria di steli è risultata
pari a 3,33 steli per pianta nelle
Fig. 1 - Caratteristiche quantitative e qualitative della
produzione di fronde di Ruscus racemosus L. coltivato
in pien’aria (0% ombreggiamento) e sotto diversi livelli
di ombreggiamento (50, 70 e 90%). Colonne con la stessa lettera indicano valori medi non statisticamente
significativi (P ≤ 0,05)
Fig. 2 - Contenuto in clorofilla al momento della raccolta
in Ruscus racemosus L. coltivato in pien’aria (0%
ombreggiamento) e sotto diversi livelli di ombreggiamento (50, 70 e 90%). Nella figura sono riportati i valori
medi ± Errore Standard
Fig. 1 - Quantitative and qualitative features
of production. Ruscus racemosus L. cultured in open air
(0% shading) or under different sheding levels (50, 70
and 90%). Columns with the same letters are not
significantly different (P ≤ 0.05)
Fig. 2 - Chlorophyll content at harvest in Ruscus
racemosus L. cultured in open air (0% shading) or under
different sheding levels (50, 70 and 90%). In the figure
mean values ± standard error are reported
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AT T I A R S I A
Fig. 3 - Durata postraccolta delle
fronde recise di Ruscus racemosus
L. coltivato in pien’aria (0% ombreggiamento) e sotto diversi livelli di
ombreggiamento (50, 70 e 90%).
Nella figura sono riportati i valori
medi ± Errore Standard
Fig. 3 - Post harvest duration of cut
foliage of Ruscus racemosus L.
cultured in open air (0% shading)
or under different sheding levels
(50, 70 and 90%). In the figure mean
values ± standard error are reported
Fig. 4 - Contenuto in clorofilla durante la vita in vaso in Ruscus racemosus L.
coltivato in pien’aria (0% ombreggiamento) e sotto diversi livelli di ombreggiamento (50, 70 e 90%). Nella figura sono riportati i valori medi
± Errore Standard
Fig. 4 - Chlorophyll content during the vase life in Ruscus racemosus L. cultured in open air (0% shading) or under different sheding levels (50, 70 e
90%). In the figure mean values ± standard error are reported
piante allevate in pieno sole, mentre nel caso delle piante coltivate
sotto reti ombreggianti questo
valore è risultato pari a rispettivamente 4,4, 5,13 e 6,0 con l’ombreggiamento del 50, 70 e al 90%
(fig. 1).
Relativamente al peso degli steli
e alla loro lunghezza non sono
state evidenziate differenze significative tra le tesi a confronto. Il
peso degli steli è risultato mediamente pari a 43,65 g mentre la
loro lunghezza è stata di 93,25
cm. Un effetto positivo della riduzione dei livelli di luminosità fino
al 50% sulle dimensioni delle fronde era stato invece osservato in
piante di Ruscus hypophyllum L.
mentre un ulteriore aumento del
livello di ombreggiamento si traduceva in una riduzione del peso
(Stamps, 1996).
Sempre riguardo alla qualità
delle fronde raccolte ed in particolare al contenuto di clorofilla al
momento della raccolta si può evidenziare dalla fig. 2 come questo
parametro sia risultato influenzato
in modo significativo dal livello di
ombreggiamento. Con l’aumento
del livello di ombreggiamento infatti è stato registrato un progressivo aumento del contenuto di
clorofilla che raggiunge i valori
massimi nelle piante coltivate con
la riduzione di luminosità del 90%.
Analogo andamento è stato rilevato riguardo al contenuto di clorofilla a e di clorofilla b. Stamps
(1996) aveva ottenuto livelli minimi di colorazione delle fronde di
R. hypophyllum con un ombreggia-
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mento del 30%, mentre senza
ombreggiamento le fronde avevano una colorazione verde pallido
inaccettabile dal punto di vista
commerciale.
Dopo la raccolta le fronde sono
state sottoposte ad una prova di
conservazione in vaso manifestando una durata media soddisfacente
in tutte le tesi oggetto della ricerca in analogia a quanto osservato
in altre specie di Ruscus come il R.
hypophyllum (Stamps e Boone,
1972) e il R. hypoglossum (Nolan
et al., 1986) confermando l’attitudine di questo genere per la produzione di fronde recise. Le fronde raccolte da piante sottoposte
alla maggiore riduzione di luminosità hanno manifestato una longevità nettamente superiore infatti,
una volta poste in acqua in condi-
zioni ambientali tipiche da interno, sono state in grado di mantenere le caratteristiche ornamentali
per più di 40 giorni (fig. 3). In R.
hypophyllum, Stamps (1997) aveva
invece osservato un aumento lineare della longevità in vaso di
fronde ottenute da piante sottoposte a livelli crescenti di ombreggiamento.
Durante il corso della vita in
vaso il contenuto in clorofilla si è
mantenuto inalterato per le prime
tre settimane manifestando poi
una drastica riduzione in tutti i
trattamenti di ombreggiamento. È
da notare comunque che le differenze di contenuto in clorofilla
osservate al momento della raccolta si sono mantenute nelle fronde
di diversa provenienza per tutto il
periodo in cui i rami hanno man-
Fig. 5 - Produzione di etilene in fronde recise di Ruscus
racemosus L. coltivato in pien’aria (0% ombreggiamento) e sotto diversi livelli di ombreggiamento (50, 70 e
90%). Colonne con le stessa lettera indicano valori medi
non statisticamente significativi (P ≤ 0.05)
Fig. 5 - Ethylene production of cut foliage of Ruscus
racemosus L. cultured in open air (0% shading) or under
different sheding levels (50, 70 and 90 %). Columns with
the same letters are not significantly different
(P ≤ 0.05)
41
tenuto caratteristiche vitali (fig. 4).
La degradazione della clorofilla è
un sintomo di invecchiamento
della foglia comune alla maggior
parte delle piante ma è importante
sottolineare che dai dati sperimentali di questo lavoro risulta evidente come il contenuto iniziale di
clorofilla possa influire positivamente sulla durata della fronda
recisa. In altre specie da fronda,
come l’eucalipto, la degradazione
della clorofilla inizia invece quando ormai il valore commerciale
della fronda è compromesso dalla
modificazione dello stato idrico
(Mensuali et al., 2000).
L’analisi della produzione di etilene da parte delle fronde recise ha
mostrato che i rami di Ruscus rilasciano quantità apprezzabili dell’ormone durante tutto il periodo
Fig. 6 - Produzione di anidride carbonica in fronde recise
di Ruscus racemosus L. coltivato in pien’aria (0%
ombreggiamento) e sotto diversi livelli di ombreggiamento (50, 70 e 90%). Colonne con le stessa lettera
indicano valori medi non statisticamente significativi
(P ≤ 0.05)
Fig. 6 - CO2 production of cut foliage of Ruscus racemosus L. cultured in open air (0% shading) or under different sheding levels (50, 70 and 90%). Columns with the
same letters are not significantly different (P ≤ 0.05)
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AT T I A R S I A
di permanenza in vaso (fig. 5). Il
livello di sintesi varia nei diversi
trattamenti, in particolare nelle
fronde cresciute in pien’aria si è
osservato un aumento significativo
di produzione di etilene dopo 30
giorni dalla raccolta. Ciò conferma
il maggior grado di deterioramento di questo materiale vegetale
rispetto ai rami delle piante ombreggiate.
Per quanto riguarda il processo
respiratorio, le fronde si sono
mantenute attive per tutto il periodo di osservazione. Il processo di
invecchiamento delle foglie è risultato associato ad un aumento del
livello di respirazione; infatti si è
determinato un aumento di produzione di CO2 nelle tesi che
hanno manifestato una minore
longevità in vaso (fig. 6). La produzione di etilene e/o di CO2
dalle foglie in fase di senescenza è
Bibliografia
ACCATI E., RAPETTI S. (1983) - Alcuni aspetti relativi alla coltura della
Danae racemosa Moench (R. racemosus Moench). Giornata di studio
sulle piante da fronda recisa, Bordighera, 7-8 febbraio, pp. 53-59.
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JOYCE D.C., REID M.S., EVANS R.Y.,
1990. Silver Thiosulfate prevents ethylene-induced abscission in Holly and
Mistletoe. Hor science 25: 90-92.
stata determinata anche in altre
specie da fronda a livelli molto
variabili anche se difficilmente
sono stati rilevati andamenti tipicamente climaterici. Tingley e
Price (1990) hanno esaminato la
produzione di etilene da fronde di
16 specie sempreverdi suddividendole in sei gruppi in base al livello
di etilene prodotto: le quantità
variano da un massimo di 2800 nl
kg-1h-1 in Sequoia sempervirens ad
un minimo di 26 nl kg-1h-1 in
Juniperus virginiana.
Conclusioni
Il livello di ombreggiamento ha
influenzato positivamente, oltre
alla quantità intesa come numero
di steli prodotti, anche la qualità
della fronda recisa di Ruscus racemosus L. sia per quanto riguarda
MENSUALI-SODI A., FERRANTE A.,
SERRA G., TOGNONI F. (2000) Alterazioni fisiologiche durante la
vita in vaso di fronde recise di
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level on growth and vase life of “Milky
way” Aspidistra, Variegated Mondo
Grass and Israeli/Holland Ruscus. Cut
foliage grower 12 (1): 1-6.
l’intensità della colorazione, sia
per quanto concerne la durata in
vaso che non sempre è valutata
come parametro qualitativo. È
inoltre da evidenziare come la
senescenza fogliare dei rami recisi
di Ruscus sia caratterizzata da alterazioni della produzione di etilene
e da modificazioni del processo
respiratorio in analogia con quanto è stato osservato più frequentemente nelle specie da fiore reciso.
La perdita di valore ornamentale nelle fronde è risultata, come
prevedibile, strettamente associata
all’invecchiamento della foglia il
cui sintomo più evidente è la de
gradazione della clorofilla.
Lavoro svolto nell’ambito del progetto
ARSIA “Incremento produttivo e valorizzazione commerciale delle fronde recise di
interesse regionale”.
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level and fertilizer rate on cladode
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3. Caratterizzazione fisiologica della senescenza fogliare
in fiori recisi di Alstroemeria
A. Ferrante
Scuola Superiore di Studi Universitari e di Perfezionamento “Sant’Anna”, Pisa
D.A. Hunter, M.S. Reid
University of California, Davis - USA
Riassunto
La perdita di qualità postraccolta dei fiori recisi di Alstroemeria è
di solito associata con la rapida
senescenza delle foglie, le quali possono diventare completamente gialle prima della senescenza e della
caduta dei petali. Le prove sperimentali sono state eseguite sulle cv
Rebecca, Jubilee e Diamond che
mostravano l’ingiallimento a
tempi diversi durate la durata in
vaso. La cv Diamond e la Jubilee
erano le più suscettibili all’ingiallimento, infatti mostravano i primi
sintomi dopo 5-6 giorni dalla raccolta. La cv Rebecca era la meno
suscettibile, infatti le foglie ingiallivano dopo 20-23 giorni. I fiori
Physiological
characterisation of leaf
senescence in cut
Alstroemeria
Abstract
Postharvest quality loss in cut
stems of Alstroemeria commonly is
associated with rapid senescence of
the leaves, which may turn completely yellow before any of the flowers
have senesced. The aim of this work
was to test the possibility that TDZ,
a phenyl urea with potent cytokinin
activity, might prevent leaf yellowing in cut Alstroemeria flowers. The
recisi delle tre cultivar sono stati
pretrattati per 24 ore alla luce con
100 µM di BA e 10 µM di TDZ.
Un altro trattamento continuo al
buio con le stesse concentrazioni di
BA e TDZ è stato effettuato per
discriminare l’effetto della luce.
L’obiettivo del presente lavoro è
stato di testare l’effetto del TDZ che
è una fenil-urea con una potente
azione citochinino-simile nel prevenire l’ingiallimento fogliare nei
fiori recisi di Alstroemeria. I risultati ottenuti hanno dimostrato che
il TDZ inibisce l’ingiallimento
fogliare per un periodo superiore
alla durata della prova (considerata conclusa al trentesimo giorno).
La BA ha ritardato la comparsa
dell’ingiallimento di soli 4-5 giorni
experiment was carried out on three
cultivars; “Rebecca”, “Jubilee” and
“Diamond” that showed leaf yellowing at different times during their
vase life. The cvs “Diamond” and
“Jubilee” were most sensitive to leaf
yellowing. They showed the first
symptoms of leaf yellowing within 56 days of harvest. The cv “Rebecca”
was less sensitive and showed leaf
yellowing after 20-23 days of vase
life. TDZ is an extraordinary
inhibitor of leaf yellowing in
Alstroemeria; leaves of the flowers
treated with TDZ remained completely green throughout the dura-
nelle cv Jubilee e Diamond, mentre
ha addirittura ridotto la durata
nella cv Rebecca. Nella prova svolta al buio il TDZ ha ritardato la
comparsa dell’ingiallimento di soli
3-4 giorni rispetto al controllo e BA.
Quest’ultimo non ha indotto nessun
effetto positivo nell’inibire l’ingiallimento al buio. In conclusione i
risultati ottenuti suggeriscono l’applicazione del TDZ come un efficiente pre-trattamento per inibire
l’ingiallimento fogliare nei fiori
recisi di Alstroemeria.
Parole chiave: Alstroemeria, durata postraccolta, thidiazuron,
benzylaminopurine, senescenza
fogliare, ingiallimento.
tion of the experiment (30 days). BA
delayed yellowing by 4-5 days in
“Jubilee” and “Diamond”, but
reduced the vase life of “Rebecca”.
In the dark, BA was without effect
on leaf yellowing of “Diamond”;
TDZ delayed leaf yellowing by 4-5
days. Our results suggest that TDZ
could be an effective commercial
pre-treatment to prevent leaf yellowing of cut Alstroemeria flowers.
Keywords: TDZ, BA, thidiazuron,
cytokinin, Alstroemeria, leaf yellowing, leaf senescence.
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AT T I A R S I A
Introduzione
L’ingiallimento fogliare è il principale fattore che determina la
durata postraccolta dei fiori recisi
di Alstroemeria. I sintomi d’ingiallimento si manifestano prima della
caduta dei petali rendendo i fiori
non commercializzabili. La perdita
di colore può essere misurata
attraverso la determinazione del
contenuto in clorofilla delle foglie.
I sintomi d’ingiallimento compaiono prima sulle foglie più vecchie e quindi sulla pianta dal basso
verso l’alto. L’applicazione di fitoregolatori esogeni, in particolare
gibberelline e citochinine ritardano efficientemente la comparsa dell’ingiallimento fogliare (Hibma,
1988; Dai e Paull, 1991; Hicklenton, 1991). Tra le gibberelline utilizzate la GA4 e la GA7 sono risultate essere più efficaci della GA3
che è comunemente utilizzata per
ritardare l’ingiallimento nei fiori
recisi di Alstroemeria (Jordi et al.,
1995). Le citochinine ritardano la
comparsa dell’ingiallimento fogliare a concentrazioni leggermente
superiori a quelle delle gibberelline. Nel presente lavoro è stato
testato l’effetto di una citochinina
simile, il thidiazuron. Questo
composto è un sostituto della fenilurea ed è attualmente in commercio come defogliante del cotone
(DROPP), diserbante e fitoregolatore per le colture in vitro. Essendo il TDZ un composto molto più
forte delle normali citochinine è
stato studiato il suo effetto come
potenziale trattamento di postraccolta per la conservazione dei fiori
di Alstroemeria.
Materiali e metodi
Materiale vegetale
Le prove sperimentali sono state
effettuate presso il Dipartimento
Environmental Horticulture dell’Università della California, Davis.
I fiori recisi delle cultivar Rio, Jubilee, Rebecca e Diamond sono stati
spediti dall’azienda Mellano (San
Diego, CA). Appena giunti in laboratorio sono stati selezionati, rita-
gliati in acqua alla lunghezza di 60
cm e posti in vasi con acqua distillata e soluzioni di conservazione per
24 ore.
Trattamenti
Pre-trattamenti di 24 ore sono
stati effettuati con 100 µM di BA
e 10 µM di thidiazuron. Dopo il
trattamento le soluzioni di conservazione sono state sostituite con
acqua deionizzata. La durata postraccolta è stata valutata in una
stanza condizionata a 20°C, con
umidità relativa al 60% e ad una
intensità luminosa di 15 µM m-2 s-1
con un fotoperiodo di 24 ore.
Infine, la cultivar Diamond
risultata più sensibile all’ingiallimento, è stata utilizzata per testare l’effetto di 100 µM di BA e 10
µM TDZ al buio. In questo caso il
trattamento è stato continuo.
Parametri misurati
Durante la vita in vaso i parametri misurati sono stati il contenuto
in clorofilla totale e la durata
postraccolta. Quest’ultima è stata
determinata annotando la comparsa dei primi sintomi d’ingiallimento fogliare. Il contenuto in clorofilla è stato determinato mediante
lettura allo spettrofotometro. L’estrazione della clorofilla è stata
effettuata da dischi fogliari, prelevati dalle foglie intermedie dello
stelo. I campioni sono stati incubati in metanolo (10% del peso
fresco) per una notte in camera
fredda al buio. L’assorbanza spettrofometrica è stata misurata a
662,5 e a 652,4 nm. Il contenuto
in clorofilla è stato calcolato
secondo le formule di Lichtenthaler (1987).
La comparsa dell’ingiallimento e
la caduta dei petali sono stati misurati mediante osservazione giornaliera dei fiori oggetto di studio.
Analisi statistica
L’esperimento è stato realizzato
con 6 replicazioni per ciascun trattamento. Il contenuto in clorofilla
è stato misurato da tre foglie
(repliche) per ciascun stelo. I valori riportati nelle figure sono medie
con i relativi errori standard.
Risultati
Durata postraccolta
I fiori trattati per 24 ore con
TDZ non hanno mostrato nessun
sintomo d’ingiallimento fino alla
fine della prova sperimentale che
si è considerata conclusa dopo 30
giorni di durata in vaso. La BA ha
ritardato l’ingiallimento nelle cultivar più suscettibili come Jubilee
e Diamond (fig. 1), mentre nella
cultivar Rebecca ha avuto l’effetto
contrario. I fiori recisi della cv
Rebecca trattati con BA hanno
mostrato sintomi d’ingiallimento
prima del controllo. Inoltre, tutti
i trattamenti non hanno avuto
nessun effetto sulla caduta dei
petali, eccetto nella cv Diamond
trattata con TDZ che ha ritardato
leggermente l’abscissione dei
petali (fig. 2).
L’incubazione al buio dei fiori
ha accelerato il processo d’ingiallimento rispetto ai trattamenti effettuati alla luce. Ciononostante il
trattamento con TDZ ha ritardato
l’ingiallimento delle foglie nella cv
Diamond di 2-3 giorni rispetto al
controllo e al trattamento con BA
(fig. 3).
Contenuto in clorofilla
Il contenuto in clorofilla totale
nelle tre cultivar è costantemente
diminuito nel controllo, mentre
nei trattamenti è leggermente
diminuito. Le foglie dei fiori trattati con TDZ hanno perso lievemente il contenuto in clorofilla nei
primi 2 giorni di durata in vaso
(fig. 4). Questa perdita non ha
avuto nessun effetto visivo sulla
colorazione delle foglie. Nei giorni
successivi il contenuto in clorofilla
è nuovamente aumentato. Durante
tutto il periodo della prova (30
giorni) i fiori trattati con TDZ non
hanno mostrato nessun sintomo
d’ingiallimento in tutte e tre le cultivar considerate. Al contrario l’efficacia del trattamento con BA è
variato nelle diverse cultivar testate. I fiori recisi della cv Rebecca
non hanno tratto nessun beneficio
dal trattamento con BA, mentre
nelle altre due cultivar la perdita di
clorofilla è stata rallentata.
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Fig. 1 - Durata postraccolta dei fiori
recisi di Alstroemeria trattati con
100 µM BA e 10 µM TDZ
Fig. 1 - Vase life of cut Alstroemeria
flowers treated with water, 100 µM
BA or 10 µM TDZ
Fig. 2 - Abscissione dei petali in tre
cultivar di fiori recisi di Alstroemeria trattati con 100 µM BA e 10 µM
TDZ
Fig. 2 - Petal fall in three cultivars
of cut Alstroemeria flowers treated
with water, 100 µM BA or 10 µM
TDZ
Fig. 3 - Effetto dei trattamenti con
100 µM BA e 10 µM TDZ sull’ingiallimento fogliare dei fiori recisi di
Alstroemeria cv Diamond posti in
camera buia
Fig. 3 - Effect of treatments
with 100 µM BA or 10 µM TDZ on
leaf yellowing in cut Alstroemeria
flowers cv. Diamond held in the
dark
45
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AT T I A R S I A
I fiori recisi della cv Diamond
posti al buio hanno perso il contenuto in clorofilla sia nel controllo,
sia nei trattamenti. Tuttavia nel
trattamento con TDZ la riduzione
del contenuto di clorofilla totale è
stata meno drastica (fig. 5). Le
foglie dei fiori trattati con TDZ
dopo 10 giorni visivamente apparivano verdi al centro lungo le nervature e clorotiche lungo i margini
esterni.
Discussione e conclusioni
Fig. 4 - Contenuto in clorofilla totale nel controllo e nei trattamenti con 100
µM BA e 10 µM TDZ nelle tre cultivar: a) Rebecca, b) Jubilee, c) Diamond
Fig. 4 - Total chlorophyll content of three Alstroemeria cultivars: a) Rebecca,
b) Jubilee, c) Diamond held in the light in water, 100 µM BA or 10 µM TDZ
La senescenza dei fiori recisi è
spesso dovuta ad uno squilibrio
ormonale e nutrizionale indotto
dalla raccolta. Il distacco del fiore
dalla pianta madre o dall’apparato
radicale causa una discontinuità
che impedisce l’interscambio di
ormoni, nutrienti e prodotti metabolici. La conferma di questa teoria è stata data dai risultati ottenuti dall’applicazione di alcuni fitoregolatori esogeni a piante, rami e
foglie recise. La biosintesi delle
citochinine è localizzata nelle radici, per cui una volta che un fiore o
una foglia viene recisa viene meno
l’apporto ormonale. La carenza
delle citochinine induce la comparsa dell’ingiallimento della foglia
o delle foglie del fiore che è stato
raccolto. È stata dimostrato che
l’applicazione di citochinine o di
sostanze ad azione simile è in
grado di ritardare il processo degenerativo. Tuttavia, nell’ambito di
una stessa specie le concentrazioni
e le sostanze ormonali hanno diversa efficacia (van Doorn et al.,
1992; Jordi et al., 1995). Le citochinine esogene e le gibberelline
sono i principali ormoni attualmente utilizzati nei formulati
commerciali per inibire l’ingiallimento fogliare nei fiori recisi di
Alstroemeria (van Doorn e Lieburg, 1993).
I risultati ottenuti, dalle prove
svolte sui fiori recisi delle tre cultivar di Alstroemeria, sono in accordo con le osservazioni sperimentali presenti nella letteratura scientifica. Il TDZ è stato più efficace del
BA nell’inibire l’ingiallimento fo-
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Fig. 5 - Contenuto in clorofilla totale
dei fiori recisi di Alstroemeria cv
“Diamond” posti al buio e trattati
con 100 µM BA e 10 µM TDZ
Fig. 5 - Total chlorophyll content of
cut Alstromeria cv Diamond flowers
placed in the dark in water, 100 µM
BA or 10 µM TDZ
gliare. Questo risultato è dovuto
soprattutto alla forte azione citochinino-simile del TDZ. Nelle colture in vitro è stato sperimentalmente osservato che l’efficacia del
TDZ è circa 10-50 volte più alta
delle normali citochinine. Tale
proprietà è stata utilizzata per
favorire la rigenerazione nelle colture in vitro laddove le comuni
citochinine non hanno avuto successo. Dal punto di vista chimico il
TDZ è un sostituto della fenilurea che è commercialmente in
uso sia come erbicida, sia come defogliante del cotone per favorire la
raccolta meccanica. Le caratteristiche e le proprietà di questa sostanza hanno suggerito una potenziale applicazione per la conservazione dei fiori recisi suscettibili
all’ingiallimento fogliare. I dati
sperimentali hanno confermato
questa ipotesi. Fiori lasciati nella
stanza per la valutazione della vita
in vaso non hanno mostrato nessun sintomo d’ingiallimento per
oltre 3 mesi (dati non mostrati).
L’efficacia di questo bioregolatore
è dovuta soprattutto alla sua natura non metabolizzabile e quindi
alla permanenza dell’azione nel
fiore. Dal punto di vista fisiologico
l’inibizione dell’ingiallimento fogliare è dovuta probabilmente al
mantenimento del normale turnover della clorofilla. In particolare
il TDZ ha anche un effetto diretto
sulla biosintesi come è stato visto
da trattamenti eseguiti sul geranio,
le cui foglie avevano un più alto
contenuto in clorofilla (Visser et
al., 1995).
Inoltre, il TDZ è risultato in
grado di ritardare l’ingiallimento
anche quando i fiori sono stati incubati al buio che è un forte promotore della senescenza fogliare.
Questo risultato suggerisce che il
TDZ potrebbe essere utilizzato
come trattamento per i fiori recisi
e per le piante in vaso destinate
all’esportazione verso mercati
d’oltreoceano, il cui trasporto
avviene in container o locali in
assenza di luce. In futuro il lavoro
da effettuare sarà concentrato sulla
caratterizzazione a livello molecolare dell’azione del TDZ in modo
da conoscere le basi genetiche su
cui agisce questa sostanza e trarne
nozioni utili per le applicazioni
pratiche.
La concentrazione standard di
BA generalmente utilizzata per
trattamenti di postraccolta ha inibito l’ingiallimento fogliare non in
modo esaustivo nelle cv Jubilee e
Diamond, mentre nella cv Rebecca ha addirittura ridotto la durata
in vaso. In quest’ultimo caso probabilmente il BA è risultato essere
fitotossico. Nelle prove al buio la
concentrazione di 100 µM di BA
impiegata è risultata essere del
tutto inefficiente.
In conclusione i risultati ottenuti sono molto promettenti per una
eventuale commercializzazione del
prodotto come fitoregolatore esogeno da utilizzare per la conservazione dei fiori recisi e delle piante
in vaso sensibili all’ingiallimento
fogliare.
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AT T I A R S I A
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4. Conservazione di fiori recisi di Limonium gmelinii
e Limonium otolepis. Risultati di due anni di sperimentazione
M. Devecchi
Dipartimento di Agronomia, Selvicoltura e Gestione del Territorio
Università di Torino
Riassunto
I dati disponibili in letteratura
circa i fenomeni fisiologici della
senescenza fiorale nelle specie tipiche dell’areale mediterraneo risultano molto limitati. A tal fine è
stato condotto uno studio nel corso
di due anni di sperimentazione
sulla senescenza di due specie del
genere Limonium (L. gmelinii e L.
otolepis). Dai risultati emerge
chiaramente l’utilità, soprattutto
Vase life of cut flowers
of Limonium gmelinii
and L. otolepis.
Experimental results
of two years of trial
Abstract
Senescence of cut flowers is a complex process involving wilting, pigment degradation and ultimately,
petal collapse. The rate at which
petal senescence proceeds directly
determines the longevity of the cut
flowers. Few information are available on post-harvest physiology of cut
flowers of “minor” Mediterranean
flower crops. This study was
designed to determine the effect of
different preservative solutions and
pulsing treatments on vase life of
two new important species: Limonium gmelinii and L. otolepis. The
results obtained, during two years
of experimental trials (1999-2000),
concerning keeping quality of
Limonium flowers, are referred in
nel caso della specie L. gmelinii, di
utilizzare un bagnante per favorire l’assorbimento dell’acqua e conseguentemente prolungare la longevità dei fiori e il loro grado di apertura. L’impiego della tecnica del
pulsing, nel caso del L. gmelinii, ha
consentito un migliore assorbimento
dell’acqua da parte degli steli. Per
quanto riguarda la specie L. otolepis, si sono ottenuti risultati meno
soddisfacenti, in termini di assorbimento idrico. L’utilizzo del ba-
gnante si è dimostrato efficace per
gli steli fioriti appartenenti a cloni
testati nel corso del secondo anno di
prove, come il 6/4 e il 10/10, mentre per i cloni PRO e miscuglio si
rendono necessarie ulteriori sperimentazioni.
this paper. Limonium cut flowers,
grown in a glasshouse of the Istituto
sperimentale per la Floricoltura di
Sanremo (Italy), were used. They
were packed and transferred by
truck in containers at 4-5°C. From
harvesting to the beginning of the
experiment there was a delay of
about 24 hours. The experiments
were carried out under natural
light in conditioned room at 20°C;
R.H. was about 60%. At the
arrival to the laboratory flower
stems were recut 1 cm at their ends
under water. Ten flowers were used
in each treatment. The following
data were measured: vase life, daily
fresh weight variation and percentage of flowers opened on each stem.
Data of vase life were subjected to
Anova and Duncan’s multiple test.
During the fist experiment flowers
of L. gmelinii, kept in preservative
solutions (1 and 3), made by respectively sucrose 20 g/l + Irol 100 mg/l
and sucrose 20 g/l and Irol 150
mg/l and flowers pulsed with 20 g/l
+ Irol 100 mg/l + citric acid 100
mg/l had a significantly longer life
than flower of the other treatments
or placed in distilled water (check).
Data obtained show that cut flowers
of L. gmelinii kept in preservative
solutions, including wetting-agent,
such as Irol, have a useful vase life
longer than that of flowers in distilled water, improving water
uptake of the stem. The decline in
water uptake and stem weight was
greatly reduced by a 24 h wettingagent pulse treatment with Irol at
100 ml/litre. It is confirmed that
exists a relation between vase life
and fresh weight variant. In the second experiment, the vase life of cut
flowers of L. gmelinii, kept in the
preservative solution 2, made by 150
mg/l citric acid and sucrose 20 g/l
was 10,4 days. The vase solution (6)
containing 40 g sucrose/l promoted
bud opening so that the vase life of
cut inflorescences was extended to 10
Parole chiave: Limonium gmelinii,
L. otolepis, fiori recisi, soluzioni
conservanti, pulsing.
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days. AOA treatments had little
effect on vase life. In trial experiments carried out, during the second years, with cut flowers of L.
otolepis clones 6/4 and 10/10, the
treatment with sucrose 20 g/l + Irol
Introduzione
La senescenza dei fiori recisi è
un processo complesso che comporta a livello fisiologico varie
modificazioni, tra le quali un
incremento della permeabilità
delle membrane cellulari, quindi,
un avvizzimento dei petali, una
degradazione dei pigmenti e in
ultimo il collasso ed abscissione
dei petali. La rapidità con la quale
la senescenza dei petali procede
determina direttamente la longevità dei fiori recisi (Jones e
McConche, 1995). La peculiare
evoluzione dei processi della senescenza del fiore reciso in ogni singola specie vegetale rende essenziale l’effettuazione di ricerche
approfondite e mirate, anche in
riferimento alle singole varietà coltivate (Bredmose, 1987). I dati
disponibili in letteratura, circa i
fenomeni fisiologici della senescenza fiorale nelle specie tipiche
dell’areale mediterraneo, con particolare riferimento a quelle attualmente considerate “minori”, risultano molto limitati, nonostante
un’importanza crescente di tali
produzioni nel comparto floricolo
italiano (Devecchi et al., 1997;
Vigna et al., 1999). A tal fine è
stato condotto uno studio sulla
senescenza fiorale in due specie del
genere Limonium (L. gmelinii e L.
otolepis), che presentano alcune
difficoltà riguardo alla conservazione in vaso del fiore reciso. I
fiori di Limonium, infatti, pur
potendosi conservare a lungo,
tanto da trovare utilizzazione anche nella preparazione di composizioni di fiori essiccati, vanno
incontro ad una rapida chiusura
che conferisce all’infiorescenza nel
suo insieme un aspetto poco fresco
(Vigna et al., 1999). Si è, pertanto, proceduto a valutare l’efficacia
di alcune soluzioni conservanti e
100 mg/l improved the vase life
until 5,8 days. Always in L.
otolepis, water uptake was better in
the cut flower kept in solution with
wetting-agent, particularly for
clone 6/4 and clone 10/10. Instead
clones PRO and mixed, it will be
necessary further studies.
della tecnica del pulsing per prolungare la durata in vaso degli steli
fioriti di entrambe le specie.
della varianza e al test di Duncan.
Keywords: Limonium gmelinii, L.
otolepis, cut flowers, preservative
solutions, pulsing.
Risultati e discussione
Materiali e metodi
Le prove sperimentali sono state
condotte nei mesi di giugno e di
settembre 1999, e nel mese di
luglio 2000, presso il Dipartimento di Agronomia, Selvicoltura e
Gestione del Territorio della
Facoltà di Agraria di Torino. Le
prove sono state condotte sotto
luce naturale in un ambiente a
temperatura controllata a 20°C ed
umidità relativa pari a circa il 60%.
Al loro arrivo in laboratorio gli
steli fiorali sono stati ritagliati a
circa 1 cm dalla loro base in acqua.
Sono state effettuate dieci ripetizioni per ogni trattamento.
Nelle prove sperimentali effettuate nel 1999 sono stati utilizzati
steli fiorali di Limonium gmelinii e
di L. otolepis; nel 2000 le soluzioni
conservanti sono state testate su
steli recisi di L. gmelinii e di quattro cloni appartenenti a L. otolepis,
ovvero clone 6/4, clone 10/10,
clone PRO e miscuglio. Le piante
sono state coltivate in serra in file
binate senza pacciamatura presso
l’azienda dell’Istituto sperimentale
per la Floricoltura di Sanremo. Nel
corso delle esperienze effettuate
sono stati fatti rilievi giornalieri
per valutare la longevità dei fiori
recisi, la variazione percentuale del
peso fresco e il grado di apertura
dei fiori degli steli durante la conservazione. L’apertura dei fiori è
stata valutata visivamente, considerando i primi 20 cm della porzione apicale dello stelo. Per i trattamenti effettuati nel corso delle
diverse esperienze nei due anni di
prova si fa riferimento alla tab. 1.
I dati riguardanti la longevità dei
fiori sono stati sottoposti all’analisi
Nella tab. 2 si riportano i risultati riguardanti la longevità degli
steli fiorali nelle tre esperienze
condotte nel corso del 1999.
La durata di vita in vaso degli
steli fiorali di L. gmelinii è risultata nella prima prova significativamente maggiore nei trattamenti 1,
3 e 14, caratterizzati nella composizione da una sostanza bagnante
(Irol), sino ad un massimo di 13
giorni nella soluzione composta da
20 g/l di saccarosio e 100 mg/l
del bagnante Irol. Questa soluzione, insieme alla soluzione 6, ha
inoltre svolto una azione efficace
nel mantenimento dell’apertura
dei fiori nel corso del periodo di
conservazione, consentendo agli
steli così trattati di aprire circa il
75% dei loro fiori (figg. 1a-1b).
Relativamente al pulsing, interessante si è dimostrato l’impiego del
saccarosio 20 g/l + Irol 100 mg/l
+ acido citrico 100 mg/l.
Anche nel corso della seconda
esperienza l’impiego del bagnante
ha consentito di ottenere i risultati
più significativi in termini di longevità, con un risultato pari a 11,8
giorni nella soluzione costituita da
saccarosio 20 g/l e Irol 100 mg/l,
rispetto non solo al testimone
(acqua deionizzata e potabile), ma
anche rispetto al formulato commerciale Chrysal GVB alla dose di
50 mg/l. La soluzione composta
da 300 mg/l di HQS e 40 g/l di
saccarosio è risultata la migliore per
l’apertura fiorale, consentendo agli
steli di mantenere il 45% dei fiori
aperti fino all’ultimo giorno di
conservazione (fig. 3a). Per quanto riguarda i trattamenti pulsing,
non si sono verificate grosse differenze nell’apertura fiorale, anche se
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Tab. 1 - Prospetto dei trattamenti effettuati nel corso del 1999 e del 2000
su Limonium gmelinii e L. otolepis
Tab. 1 – List of the treatments carried out during 1999 and 2000 on Limonium gmelinii and L. otolepis
ANNO 1999
Prima prova
Seconda prova
Terza prova
1) 20 g/l di saccarosio + 100 mg/l di Irol
1) 20 g/l di saccarosio + 100 mg/l di Irol
1) 100 mg/l di AIB + 20 g/l di saccarosio
2) 150 mg/l di acido citrico
+ 20 g/l di saccarosio
2) 150 mg/l di acido citrico
+ 20 g/l di saccarosio
2) 100 mg/l di AOA + 20 g/l di saccarosio
3) 20 g/l di saccarosio + 150 mg/l di Irol
3) 50 mg/l di AIB + 20 g/l di saccarosio
3) 100 mg/l di acido citrico
+ 40 g/l di saccarosio
4) 100 mg/l di Irol
4) 100 mg/l di AIB + 20 g/l di saccarosio
4) 300 mg/l di benzoato di sodio
+ 40 g/l di saccarosio
5) 50 mg/l di DDMH + 30 g/l di saccarosio
5) 200 mg/l di HQS + 20 g/l di saccarosio
5) acqua deionizzata
6) 50 ml/l di Chrysal GVB
6) 300 mg/l di HQS + 40 g/l di saccarosio
6) 100 mg/l di Irol + 20 g/l di saccarosio
7) 5 ml/l di Chrysal EVB
7) 50 mg/l di AOA + 20 g/l di saccarosio
8) 10 ml/l di Chrysal RVB
8) 100 mg/l di AOA + 20 g/l di saccarosio
9) acqua deionizzata
9) 50 ml/l di Chrysal GVB
10) acqua potabile
10) acqua deionizzata
11) acqua potabile
Pulsing
Pulsing
11) 40 g/l di saccarosio + 50 mg/l di AgNO3
12) 40 g/l di saccarosio + 50 mg/l di AgNO3
12) 40 g/l di saccarosio
+ 100 mg/l di acido citrico
13) 70 g/l di saccarosio + 100 mg/l di Irol
+ 100 mg/l di acido citrico
13) 20 g/l di saccarosio + 100 mg/l di Irol
+ 100 mg/l di acido citrico
14) 20 g/l di saccarosio + 100 mg/l di AOA
14) 70 g/l di saccarosio + 100 mg/l di Irol
+ 100 mg/l di acido citrico
15) 40 g/l di saccarosio + 200 mg/l di HQS
ANNO 2000
Prova su L. gmelinii
Prova su L. otolepis
1) acqua deionizzata
1) acqua deionizzata
2) 100 mg/l di saccarosio + 100 mg/l di Irol
2) 20 g/l di saccarosio + 100 mg/l di Irol
3) 20 g/l di saccarosio + 200 mg/l di Irol
4) 20 g/l di saccarosio + 300 mg/l di Irol
5) 20 g/l di saccarosio + 100 mg/l di Irol
+ 150 mg/l di acido citrico
1a)
Figg. 1a e 1b - Percentuale di fiori aperti di L. gmelinii (Prima prova - anno 1999)
Figg. 1a and 1b - Opening flower percentage of L. gmelinii (First trial – year 1999)
1b)
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Tab. 2 - Longevità degli steli fiorali di Limonium gmelinii e L. otolepis espresse in giorni (prove 1999)
Tab. 2 – Longevity of Limonium gmelinii and L. otolepis flower stems in days (trials 1999)
Prima prova
Seconda prova
Longevità
Soluz. conservanti
1) 20 g/l di saccarosio
L. gmel.
L. otol.
13,0a*
10,2ab
+ 100 mg/l di Irol
2) 150 mg/l di acido citrico
9,6b
1) 20 g/l di saccarosio
2) 50 mg/l di acido citrico
Longevità
L. gmel.
L. otol.
11,8a*
—
12,0a
8,2b
3) 150 mg/l di AIB
10,4ab
—
7,0d
10,6ab
5) 50 mg/l di DDMH
7,2cd
8,8b
+ 30 g/l di saccarosio
10,2abc
—
8,4ab*
2) 100 mg/l di AOA
8,8ab
3) 100 mg/l di acido citrico
9,6a
+ 40 g/l di saccarosio
4) 100 mg/l di AIB
+ 20 g/l di saccarosio
6,4def
10,2a
4) 300 mg/l di benzoato
di sodio
+ 40 g/l di saccarosio
5) 200 mg/l di HQS
8,0cde
7,8a
5) acqua deionizzata
10,0abc
—
10,0a
5,6c
+ 20 g/l di saccarosio
9,8b
12,8a
6) 300 mg/l di HQS
+ 40 g/l di saccarosio
7) 5 ml/l di Chrysal EVB
L. otol.
1) 100 mg/l di AIB
+ 20 g/l di saccarosio
+ 20 g/l di saccarosio
4) 100 mg/l di Irol
Soluz. conservanti
+ 20 g/l di saccarosio
+ 20 g/l di saccarosio
+ 150 mg/l di Irol
6) 50 ml/l di Chrysal GVB
Soluz. conservanti
+ 100 mg/l di Irol
+ 20 g/l di saccarosio
3) 20 g/l di saccarosio
Terza prova
Longevità
7,2cd
9,8ab
7) 50 mg/l di AOA
6) 100 mg/l di Irol
6,0bc
+ 20 g/l di saccarosio
6,8def
—
6,0ef
10,6a
+ 20 g/l di saccarosio
8) 10 ml/l di Chrysal RVB
7,1cd
9,2ab
8) 100 mg/l di AOA
+ 20 g/l di saccarosio
9) acqua deionizzata
7,1d
8,6b
10) acqua potabile
7,0d
—
Pulsing
11) 40 g/l di saccarosio
9) 50 ml/l di Chrysal GVB
8,4bcde
9,0a
10) acqua deionizzata
5,4f
7,6a
11) acqua potabile
5,0f
—
8,8bcd
—
7,4def
—
7,3a
Pulsing
9,9b
12,6a
+ 50 mg/l di AgNO3
12) 40 g/l di saccarosio
+ 50 mg/l di AgNO3
12) 40 g/l di saccarosio
+ 100 mg/l di acido citrico
9,2bcd
10,4ab
13) 70 g/l di saccarosio
+ 100 mg/l di Irol
+ 100 mg/l di acido citrico
13) 20 g/l di saccarosio
+ 100 mg/l di Irol
+ 100 mg/l di acido citrico
9,3bc
9,8ab
14) 20 g/l di saccarosio
+ 100 mg/l di AOA
5,4f
14) 70 g/l di saccarosio
+ 100 mg/l di Irol
+ 100 mg/l di acido citrico
12,0a
10,2ab
15) 40 g/l di saccarosio
+ 200 mg/l di HQS
7,0def
* Le medie seguite dalla stessa lettera non si differenziano significativamente tra loro al test di Duncan (P= 0,05).
la soluzione contenente Irol e
acido citrico è risultata la più efficace a questo proposito (fig. 3b).
Nel caso del L. otolepis, si è avuta
nella prima prova una situazione
meno differenziata tra i diversi trattamenti, quanto a longevità dei fiori
recisi. Una differenza statisticamente significativa si è evidenziata tra i
trattamenti 6 e 11 (Chrysal GVB 50
ml/l e il pulsing saccarosio 40 g/l +
AgNO3 50 mg/l) e i trattamenti 3,
5 e 9 (20 g/l di saccarosio + Irol
150 mg/l; DDMH 50 mg/l + saccarosio 30 g/l e acqua deionizzata).
Le soluzioni 6, 11 e 12 (pulsing a
base di 40 g/l di saccarosio e 100
mg/l di acido citrico), hanno inol-
tre consentito la maggiore apertura
fiorale (figg. 2a e 2b).
Nella seconda esperienza le soluzioni poste a confronto non
hanno presentato differenze statisticamente significative in termini
di longevità dei fiori recisi. La soluzione 9, composta da 50 ml/l di
Chrysal GVB, ha fornito i migliori
risultati per quanto riguarda la percentuale di fiori aperti (fig. 4), e si
è inoltre dimostrata una delle più
efficaci nel limitare la diminuzione
del peso fresco degli steli (fig. 8).
Nella terza esperienza l’impiego
delle soluzioni 3 e 4 (acido citrico
100 mg/l + saccarosio 40 g/l e
benzoato di sodio 300 mg/l + sac-
carosio 40 g/l) ha consentito di
ottenere risultati di longevità significativamente maggiori rispetto sia
al testimone, sia alla soluzione 6 a
base di Irol 100 mg/l + saccarosio
20 g/l. Le soluzioni 3 e 4 sono
risultate anche le più efficaci nel
mantenere una buona percentuale
di fiori aperti durante tutto il
periodo di conservazione (fig. 5).
In tutte le prove condotte su
steli fioriti di Limonium, si è registrata una progressiva diminuzione
del peso fresco degli steli già a partire dal secondo giorno di conservazione, ma nel caso del L. gmelinii, i trattamenti pulsing hanno
consentito una più graduale ridu-
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53
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zione di peso, permettendo probabilmente una maggiore capacità di
assorbimento da parte dei vasi
degli steli fiorali (figg. 6 e 7).
Nella tab. 3 si riportano anche i
risultati riguardanti la longevità
degli steli fiorali nell’esperienza
effettuata nel 2000. Nella prova
condotta su Limonium gmelinii, la
durata di vita in vaso è risultata
maggiore con l’utilizzo della soluzione 5, composta da 20 g/l di
saccarosio, 150 mg/l di acido
citrico e 100 mg/l di Irol. Si è
infatti rilevata una differenza statisticamente significativa tra questa
soluzione, che ha consentito una
longevità pari a circa 10 giorni,
rispetto non solo al testimone, ma
anche alla soluzione 2, a base di 20
g/l di saccarosio e 100 mg/l di
Irol. La soluzione 5 ha dato i
migliori risultati anche per quanto
riguarda il grado di apertura dei
fiori: rispetto alle altre soluzioni,
ha mantenuto una più alta percentuale di fiori aperti fino all’ultimo
Tab. 3 - Longevità degli steli fiorali di Limonium gmelinii e L. otolepis espresse in giorni (prove 2000)
Tab. 3 – Longevity of Limonium gmelinii and L. otolepis flower stems in days (trials 2000)
Limonium gmelinii
Longevità
Soluz. conservanti
Limonium otolepis
Soluz. conservanti
Longevità
clone 6/4
clone10/10
clone PRO
miscuglio
1) acqua deionizzata
8,8b*
1) acqua deionizzata
5,0a*
5,3a
5,0a
5,7a
2) 100 mg/l di Irol
+ 20 g/l di saccarosio
8,9b
2) 100 mg/l di Irol
+ 20 g/l di saccarosio
5,8b
5,8b
5,0a
5,5a
3) 200 mg/l di Irol
+ 20 g/l di saccarosio
9,7ab
4) 300 mg/l di Irol
+ 20 g/l di saccarosio
9,4ab
5) 100 mg/l di Irol
+ 20 g/l di saccarosio
+ 150 mg/l acido citrico
10,0a
* Le medie seguite dalla stessa lettera non si differenziano significativamente tra loro al test di Duncan (P= 0,05).
2a)
2b)
Figg. 2a e 2b - Percentuale di fiori aperti di L. otolepis (Prima prova – anno 1999)
Figg. 2a and 2b - Opening flower percentage of L. otolepis (First trial – year 1999)
3a)
Figg. 3a e 3b - Percentuale di fiori aperti di L. gmelinii (Seconda prova – anno 1999)
Figg. 3a and 3b - Opening flower percentage of L. gmelinii (Second trial – year 1999)
3b)
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AT T I A R S I A
Fig. 4 - Percentuale di fiori aperti di L. otolepis
(Seconda prova – anno 1999)
Fig. 5 - Percentuale di fiori aperti di L. otolepis
(Terza prova – anno 1999)
Fig. 4 - Opening flower percentage of L. otolepis
(Second trial – year 1999)
Fig. 5 - Opening flower percentage of L. otolepis
(Third trial – year 1999)
Fig. 6 - Variazione di peso di L. gmelinii
(Prima prova – anno 1999)
Fig. 7 - Variazione di peso di L. otolepis
(Prima prova – anno 1999)
Fig. 6 - Fresh weight of L. gmelinii (percentage of initial
weight) (First trial – year 1999)
Fig. 7 - Fresh weight of L. otolepis (percentage of initial
weight) (First trial – year 1999)
giorno di conservazione (fig. 10).
Buoni risultati a questo proposito
sono stati evidenziati anche con
l’impiego della soluzione a base di
20 g/l di saccarosio e 300 mg/l di
Irol, che ha permesso di raggiungere il più alto valore di apertura
fiorale, pari al 50% di fiori aperti.
Gli steli conservati in acqua deionizzata, invece, hanno aperto soltanto il 35% dei fiori, e sono diminuiti di peso più rapidamente degli
altri (fig. 10). Con tutti i trattamenti si è però registrata una graduale riduzione del peso fresco
degli steli già a partire dal quarto
giorno di conservazione (fig. 15).
Le prove condotte sui cloni di L.
otolepis hanno evidenziato una differenza statisticamente significativa, in termini di longevità, tra le
due soluzioni confrontate (acqua
deionizzata e 20 g/l di saccarosio
+ 100 mg/l di Irol), nel caso degli
steli appartenenti al clone 6/4,
dove l’acqua deionizzata ha consentito una durata in vaso pari a 5
giorni, inferiore rispetto ai circa 6
giorni di conservazione dei fiori
posti nell’altra soluzione, e negli
steli appartenenti al clone 10/10.
Negli altri casi non si sono evidenziate differenze statisticamente
significative, e nel clone PRO si è
registrata una durata di 5 giorni
con entrambi i trattamenti.
Per quanto riguarda l’apertura
fiorale, le maggiori differenze tra
le due soluzioni si sono riscontrate
negli steli appartenenti al clone
PRO (fig. 11) e al clone 6/4 (fig.
12). Nel primo caso si è verificata
una riduzione dal 50% di fiori
aperti il primo giorno di conserva-
zione, a circa il 20% il quinto giorno di conservazione, per i fiori
trattati con la soluzione 2, mentre
nel testimone si è passati dal 25%
al 10% di fiori aperti. Le prove
condotte su steli di L. otolepis
clone 10/10 e miscuglio non
hanno invece evidenziato grosse
differenze tra le due soluzioni
messe a confronto (figg. 13 e 14).
È stato anzi riscontrato che negli
steli appartenenti al clone miscuglio, i fiori posti in acqua deionizzata, ad eccezione dell’ultimo
giorno di conservazione, hanno
presentato una leggermente maggiore apertura fiorale (fig. 13).
Infine, in tutti i casi, si è registrata una progressiva diminuzione
del peso fresco degli steli, già a
partire dal terzo giorno di conservazione (fig. 16).
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Fig. 8 - Variazione di peso di L. otolepis
(Seconda prova – anno 1999)
Fig. 9 - Variazione di peso di L. otolepis
(Terza prova – anno 1999)
Fig. 8 - Fresh weight of L. otolepis (% of initial weight)
(Second trial – year 1999)
Fig. 9 - Fresh weight of L. otolepis (% of initial weight)
(Third trial – year 1999)
55
Conclusioni
Dai risultati emerge chiaramente l’utilità, soprattutto
nel caso della specie L. gmelinii di utilizzare un
bagnante per favorire l’assorbimento dell’acqua e conseguentemente prolungare la longevità dei fiori e il loro
grado di apertura. Confrontando infatti le soluzioni
composte dalla stessa quantità di saccarosio e da quantità crescenti di Irol, si evidenzia che i risultati migliori
si sono ottenuti con il maggiore dosaggio di bagnante.
Inoltre, al fine di prolungare il periodo di apertura dei
fiori componenti l’infiorescenza e la durata di conservazione del materiale vegetale, si è rilevata l’efficacia
dell’acido citrico, che consente un miglioramento del
bilancio idrico. L’impiego della tecnica del pulsing, nel
caso del L. gmelinii, ha consentito un migliore assorbi-
Fig. 10 - Percentuale di fiori aperti di L. gmelinii
(Prova anno 2000)
Fig. 10 - Opening flower percentage of L. gmelinii
(Trial – year 2000)
Fig. 11 - Percentuale di fiori aperti di L. otolepis clone
Pro (Prova anno 2000)
Fig. 12 - Percentuale di fiori aperti di L. otolepis clone
6/4 (Prova anno 2000)
Fig. 11 - Opening flower percentage of L. otolepis clone
Pro (Trial – year 2000)
Fig. 12 - Opening flower percentage of L. otolepis clone
6/4 (Trial – year 2000)
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Fig. 13 - Percentuale di fiori aperti di L. otolepis
miscuglio (Prova anno 2000)
Fig. 14 - Percentuale di fiori aperti di L. otolepis
clone 10/10 (Prova anno 2000)
Fig. 13 - Opening flower percentage of L. otolepis
miscuglio (Trial – year 2000)
Fig. 14 - Opening flower percentage of L. otolepis
clone 10/10 (Trial – year 2000)
Fig. 15 - Variazione di peso di L. gmelinii
(Prova anno 2000)
Fig. 16 - Variazione di peso di L. otolepis Clone 10/10
(Prova anno 2000)
Fig. 15 – Fresh weight of L. gmelinii (% of initial weight)
(Trial – year 2000)
Fig. 16 – Fresh weight of L. otolepis Clone 10/10 (% of
initial weight) (Trial – year 2000)
mento dell’acqua da parte degli
steli.
Per quanto riguarda la specie L.
otolepis, si sono ottenuti risultati
meno soddisfacenti, in termini di
assorbimento idrico. L’utilizzo del
Bibliografia
BREDMOSE N. (1987) - Keeping quality of some new flowers for cutting.
Gartner-Tidende 103 (6): 146-147.
DEVECCHI M., SCHUBERT A., VIGNA R.
bagnante si è dimostrato efficace
per gli steli fioriti appartenenti al
clone 6/4 e al clone 10/10, mentre per i cloni PRO e miscuglio si
rendono necessarie ulteriori sperimentazioni.
(1997) - Variazione di alcuni parametri fisiologici durante la conservazione
del fiore reciso di minirosa cv ‘Serena’.
Italus Hortus, vol. 4, 3: 79-83.
ROD J., MCCONCHIE R. (1995) - Characteristics of petal senescence in a
Ringraziamenti
Un particolare ringraziamento per l’aiuto fornito nella raccolta dei dati va a
Roberta Paglia e Stefania Facciuoli.
Lavoro svolto nell’ambito del Progetto
finalizzato del MIPAF “prodotti e tecnologie
innovative su piante ornamentali, n. 228.
non-climateric flower. Acta Horticulturae 405: 216-222.
VIGNA R., DEVECCHI M., ACCATI E.
(1999) - Conservazione di fiori recisi di Delphinium e Limonium. Colture protette 10: 71-78.
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5. Effetto della colorazione e di soluzioni preservanti
sulla vase life di crisantemo
T. Maturi, S. Viscardi, S. De Pascale
Dipartimento di Ingegneria agraria e Agronomia del territorio
Università degli Studi “Federico II”, Napoli
Riassunto
Su steli recisi di crisantemo programmato (cv Green Vesuvio, bianca) è stato impostato un confronto
tra 2 tipologie di coloranti: prodotti consentiti per uso alimentare
(E124 rosso cocciniglia ed E133 blu
brillante) e prodotti commerciali
diffusi per la colorazione dei fiori
(blu trifenilmetano e rosso a base di
coloranti acidi) alla dose di 20 gl-1,
Effects of colouring and
preservative solutions
on the vase-life of cut
Chrysantemums
Abstract
Chrysantemums, in all of their
product forms, are among the most
popular flowers in the world today.
Pot mums, garden mums, pompons
and standard mums can be found
in stores, homes, offices, and landscapes at any time in Italy and in
much of the world. Consumers know,
purchase, and value chrysantemums
for their wide range of colours,
flower sizes, and good keeping qualities. Growers appreciate the
chrysantemum’s reliability in scheduling, consistent year-round demand, and continual cultivar
improvements. In addition, to give
new colours to the cut stems of this
species, the growers usually add
più un testimone non colorato, e 5
soluzioni preservanti: (1% Chrysal,
1% acido ascorbico, 1% etanolo, 5%
ipoclorito di sodio, più controllo in
acqua). I rilievi hanno riguardato:
analisi delle soluzioni, inizio e
durata della colorazione, consumi
idrici, longevità in vaso. Gli steli
colorati hanno evidenziato minori
consumi idrici ed una conservazione più lunga sebbene con un calo
qualitativo iniziale. L’immersione
degli steli in soluzione contenente
ipoclorito di sodio ha determinato
una riduzione del tempo medio di
colorazione e, durante la conservazione in vaso, un aumento della
longevità degli steli colorati con
effetti positivi sulla qualità postraccolta.
colouring materials to the water as
a post-harvest treatment. Most of the
useful colouring materials contain
chemical compounds. The present
study was initiated in order to gain
information on the possibility to substitute these substances producing
toxic waste with no-toxic products
and to investigate the effect of different preservative solutions on the
post-harvest colouration and vaselife of cut stems of chrysantemum cv
Green Vesuvio (white flowers). Two
colours were compared during the
colouration process (blue and red),
two type of colouring compounds
(chemical and natural) and 5
preservative solutions were used
during colouration and vase life
(1% Chrysal, 1% ascorbic acid, 1%
ethanol, 5% sodium ipochloride, plus
a control in water). The stems of
chrysanthemum lasted for 21 days.
The following parameters were mea-
sured: colouring process time, water
uptake, cut stems quality and
longevity. Degree of postharvest
quality was recorded daily on a scale
from 1 (worst quality) to 9 (best
quality). Sodium ipochloride reduced the time needed to colour the
stems. Water uptake declined during vase life. Colouring compounds
affected water consumption of cut
stems by reducing transpiration.
Colouring increased longevity of cut
stems of Chrysantemum. Cut stems
treated by natural colours exhibited
best quality during vase-life. Sodium ipochloride in the keeping solution increased the shelf-life and the
quality of the coloured flowers by
improving water uptake of stems
and contributed to delay wilting.
Parole chiave: Dendranthema
grandiflora, coloranti, longevità,
qualità degli steli fioriti.
Keywords: Dendranthema grandiflora, colouring compounds, shelflife, cut stems quality.
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AT T I A R S I A
Introduzione
Il crisantemo programmato è
ormai presente sul mercato in ogni
mese dell’anno, grazie alle tecniche
d’illuminazione artificiale e di oscuramento, che hanno restituito a
questo fiore, non più associato alla
commemorazione dei defunti, il
suo originario valore ornamentale.
Il fenomeno moda-gusto, estremamente mutevole perché imposto dai velocissimi ritmi dei prodotti di largo consumo, è ugualmente soggetto a rapido cambiamento in campo floricolo e può
essere ben assecondato grazie alla
possibilità di variare in gran misura il colore, la forma, le dimensioni dei fiori. Proprio grazie alla possibilità di colorare i capolini, l’uso
corrente del crisantemo, in alternativa ad altri fiori, ha registrato
notevoli incrementi di consumo,
superando le barriere da parte dei
consumatori.
La colorazione dei fiori recisi di
crisantemo va assumendo rilevanza
crescente nel panorama delle tecniche ornamentali postraccolta, in
quanto esse non vengono più percepite esclusivamente come ampliamento della gamma dei prodotti, ma come aggiornamento del
comparto degli steli recisi sia dal
punto di vista tecnico che economico, coinvolgendo tutti gli operatori della filiera florovivaistica.
I coloranti utilizzati, generalmente, sono sintetici ed appartengono ad una classe di composti
acidi o cationici, ad alto peso
molecolare e solubili in acqua,
comunemente impiegati nell’industria tessile. Tali prodotti, tuttavia,
possono indurre modifiche sul
prodotto finito ed avere risvolti
negativi sull’ambiente in termini
di produzione di reflui chimici di
difficile smaltimento. Con riferimento all’industria tessile, si calcola che circa il 15% della produzione mondiale di coloranti viene
perso nella sintesi o nei processi di
tintura in cui non si ha un esaurimento del 100%. Il principale problema ambientale è quello della
rimozione dei coloranti dagli
effluenti. Infatti, nonostante la
concentrazione di colorante risulti
spesso inferiore a 1 ppm, limite
spesso superato da altri inquinanti,
l’inquinamento appare più drammatico a causa del colore impartito ai corsi d’acqua. Inoltre, numerosi coloranti risultano tossici. Fra
i più tossici, i coloranti azoici e
cationici, fra i meno tossici i pigmenti e i coloranti al tino per la
loro insolubilità in acqua e nei
sistemi lipofili. L’impiego dei
coloranti alimentari è regolato
dalla legge 30 aprile 1962 n. 283 e
successivi D.M. 22 dicembre 1967
e D.M. 1° gennaio 1978, che ne
disciplinano l’impiego e ne fissano
i requisiti di purezza. L’elenco dei
coloranti permessi comprende
circa 35 sostanze di cui una decina
di origine naturale, quali clorofille,
carotenoidi, antociani, xantofille,
caramello ecc. Alcuni prodotti
sono di natura inorganica come
CaCO3, TiO2 FeO, Fe2O3, Al2O3,
Carbone vegetale. Il restante è
costituito da coloranti acidi di sintesi. Con decreto del 1° gennaio
1978 sono stati vietati l’E123,
E125, E126, E130, E152. Restano quindi in vigore circa una quindicina di coloranti per la gamma
che va dal giallo, arancio, rosso,
verde, blu e nero.
Obiettivo della presente ricerca
è stato la valutazione della risposta
di steli recisi di crisantemo programmato alla colorazione con
soluzioni contenenti coloranti
registrati per le preparazioni alimentari, per ottenere un miglioramento delle tecniche di colorazione in termini di facilità di gestione
del trattamento e di riduzione dell’impatto ambientale. Inoltre, le
soluzioni utilizzate per la colorazione potrebbero essere facilmente
additivate con sostanze preservanti, in grado di aumentare la persistenza della colorazione delle
infiorescenze e la vita in vaso dello
stelo reciso.
Nel fenomeno di senescenza
della pianta e dei fiori è coinvolta
una vasta gamma di processi fisiologici e metabolici (Accati, 1990;
Accati e De Ambrogio, 1989;
Mencarelli e Fontana, 1989). I fattori che causano il deterioramento
dei fiori recisi sono principalmente
il ridotto assorbimento idrico nei
vasi xilematici, l’esaurimento degli
zuccheri e i danni da etilene in
seguito al taglio. Il mantenimento
di un equilibrio idrico favorevole è
il fattore più importante che determina la durata del fiore in fase di
conservazione (Durkin, 1980;
Dixon e Petersen, 1989; van
Doorn et al., 1991; Singh e
Moore, 1992). Lo stato idrico
favorevole è determinato dal bilancio tra la quantità di acqua assorbita dai vasi xilematici dello stelo e la
quantità di acqua perduta principalmente attraverso la traspirazione (Durkin, 1980; De Pascale e
Viggiani, 1997; 1998). È noto che
nella conservazione dei fiori recisi i
batteri agiscono negativamente in
due modi: determinando un’occlusione dei vasi xilematici del
fiore, con conseguente minore
assorbimento di acqua, e producendo nell’acqua delle sostanze
tossiche che possono venire assorbite dal fiore (Accati, 1990; Mencarelli e Fontana, 1989; Tesi et al.,
1997; Viggiani e De Pascale,
1998). Oltre alle condizioni ambientali e colturali pre-raccolta, le
condizioni in cui è posto il fiore
durante e subito dopo la raccolta
sono di fondamentale importanza
per una maggiore durata (Mencarelli e Fontana, 1989). Questa è
favorita dal pre-trattamento con
soluzioni conservanti nella cui
composizione sono in genere previste sostanze biocide (antifungine
e antibatteriche), inibitrici dell’etilene, zuccheri per fornire adeguate
sostanze nutritive nella vita
postraccolta (Mencarelli e Fontana, 1989; Mayak, 1987; van
Doorn et al., 1991). Le tecniche
di mantenimento per i fiori recisi
dovrebbero essere di semplice
applicazione, di basso costo e di
ridotto impatto ambientale. Nel
corso della prova si sono utilizzate
alcune delle sostanze preservanti
per incrementare la longevità del
fiore. Le soluzioni saggiate hanno
mirato a ridurre la carica microbica della soluzione circolante e/o a
diminuire l’azione dell’etilene,
come il Chrysal e l’ipoclorito di
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T E C N I C H E P O S T R A C C O LTA D E I P R O D O T T I O R T O F L O R O F R U T T I C O L I
Tab. 1 - Caratteristiche medie degli steli recisi di crisantemo (n = 12)
Tab. 1 - Mean characteristics of Chrysanthemum cut stems (mean values and standard error with n = 12)
Capolini
(n.)
Lunghezza stelo
(cm)
Calibro stelo
(mm)
Foglie
(n.)
Area
(cm2)
Peso fresco
(g)
68,4
0,6
4,8
0,1
24,0
0,5
715,2
36,3
61,1
3,4
Media
15,6
Err. stand. 0,7
sodio e l’etanolo e ad acidificare il
mezzo acquoso, come l’acido
ascorbico (Accati, 1990; De Pascale e Viggiani, 1997; 1998). L’obiettivo è stato quello di individuare tipologie di prodotto idonee
alla messa a punto di soluzioni da
impiegare per la colorazione e la
conservazione degli steli recisi di
crisantemo in tempi brevi, prevedibili e determinabili; di precisare i
protocolli di utilizzazione dei
diversi prodotti al fine di mantenere elevato valore estetico, in termini di qualità e durata dello stelo
reciso.
Materiali e metodi
La ricerca è stata effettuata presso il laboratorio del Dipartimento
di Ingegneria agraria e Agronomia
del territorio su steli recisi di crisantemo programmato (Dendrantema grandiflora) cv Green Vesuvio (di colore bianco).
Il protocollo sperimentale è
stato impostato sul confronto tra:
• 2 tipologie di coloranti: prodotti consentiti per uso alimentare
(E124 rosso ed E133 blu brillante) e prodotti commerciali già diffusi per la colorazione dei fiori
(blu trifenilmetano e rosso a base
di coloranti acidi) aggiunti all’acqua alla dose di 20 gl-1;
• 5 soluzioni durante la colorazione e la conservazione in vaso:
(1% Chrysal, 1% acido ascorbico,
1% etanolo, 5% ipoclorito di sodio,
più il testimone in acqua).
La prova ha previsto un testimone non colorato posto nelle stesse
condizioni delle tesi colorate.
Gli steli di categoria 1a sono stati
raccolti 4 ore prima dell’inizio
degli esperimenti e conservati “in
asciutto” prima del trattamento
colorante. Gli steli trasportati in
laboratorio sono stati recisi in
acqua asportando circa 5 cm, per
evitare la formazione di emboli
alla base dello stelo ed immersi
nelle soluzioni coloranti fino a
processo avvenuto e, in seguito,
posti in cilindri contenenti 1 litro
di soluzione e chiusi con parafilm
per evitare l’evaporazione. Durante i cicli di misura la temperatura
media dell’ambiente di conservazione è stata di 21 ± 1,5°C, l’umidità relativa di 71.5 ± 2,0% e la
luminosità di circa 1000 lux.
È stato utilizzato un disegno
sperimentale a randomizzazione
completa con 3 ripetizioni (3 fiori
per ripetizione).
Le valutazioni effettuate hanno
riguardato:
• caratteristiche degli steli recisi;
• inizio e durata del processo di
colorazione;
• analisi di campioni di soluzione;
• consumi idrici giornalieri;
• qualità dei fiori durante la conservazione in vaso;
• il numero dei giorni trascorsi
dall’inizio del trattamento al manifestarsi dei primi sintomi di appassimento dei capolini e/o alterazione delle foglie.
Le misure di consumo idrico
giornaliero da ciascun cilindro sono state ottenute come differenza
tra due pesate successive.
Prima dell’inizio dei trattamenti,
su campioni di steli recisi sono
stati misurati:
• numero di foglie e superficie
fogliare per stelo con aerametro
elettronico LI-COR 3000;
• lunghezza definitiva e calibro
dello stelo;
• peso fresco e peso secco in stufa
a 60°C delle diverse frazioni dello
stelo fiorito.
Per valutare la “qualità” degli
steli recisi è stata definita una scala
arbitraria di punteggio variabile tra
S.S.
Foglie %
9,7
0,5
S.S.
Capolini %
14,1
0,8
S.S.
Steli %
19,8
0,7
0 e 9:
0 punteggio minimo = alterazione
dell’apparato fogliare e appassimenti dei capolini;
9 punteggio massimo = stelo in
condizioni ottimali.
Risultati
Le caratteristiche medie degli
steli recisi sono riportate in tab. 1.
Gli steli trattati con ipoclorito di
sodio hanno mostrato durante il
trattamento di colorazione un
tasso di assorbimento maggiore ed
il processo si è completato in soli
35 ± 5 minuti, contro i 150 ± 7
minuti, nella media degli altri trattamenti di colorazione (fig. 1). Le
soluzioni utilizzate hanno fatto
registrare valori molto elevati di
conducibilità elettrica, che è risultata massima con aggiunta di ipoclorito. Valori di pH minimi si
sono ottenuti per il colorante blu
di sintesi (fig. 2).
Il tipo di colorante utilizzato ha
influenzato significativamente la
qualità degli steli recisi dopo 10
giorni di conservazione in vaso. I
coloranti naturali hanno fatto
registrare punteggi più elevati
anche rispetto al testimone non
colorato (fig. 3). Il maggiore punteggio può essere attribuito alla
maggiore turgidità dei tessuti,
determinata da un migliore bilancio idrico. In generale, il peggioramento qualitativo osservato nei
primi giorni può essere legato
all’imbrunimento fogliare, causato dall’ossidazione dei fenoli, in
particolare dei leucoantociani che
è stato più evidente nelle tesi colorate con i prodotti chimici. Causa
promovente tale alterazione è il
mantenimento in condizioni di
alta temperatura e di stress idrico
ed il fenomeno sembra favorito
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Fig. 1 - Capolini di crisantemo in fase di colorazione
Fig. 1 - Chrysanthemum cut stems during colouring treatments
dalla presenza di elementi in soluzione quali manganese, zinco e
azoto (Mencarelli, 1989).
Tra i trattamenti preservanti i
risultati migliori sono stati ottenuti con l’ipoclorito di sodio (fig. 4).
L’immersione degli steli in soluzioni contenenti ipoclorito, infatti,
ha migliorato l’aspetto dei fiori,
soprattutto in termini di turgore
delle foglie. Nel complesso la
risposta delle tesi di colorazione al
trattamento conservante è risultata
estremamente variabile in funzione delle complesse interazioni tra i
costituenti chimici. Il testimone ha
fornito il minore punteggio in
acqua, mentre il trattamento con
etanolo ha peggiorato la qualità
degli steli colorati con rosso di sintesi. L’immersione in acido ascorbico ha influenzato negativamente
la qualità degli steli colorati con il
blu chimico (fig. 5).
In termini di vase-life, i coloranti
hanno fatto registrare un incremento della longevità degli steli recisi.
Tra i colori il rosso è risultato più
efficace senza differenze tra le tipologie di prodotto, raggiungendo in
media i 20 giorni (fig. 6).
Tra le tesi di colorazione, i consumi per stelo più elevati sono stati
registrati nel testimone non colorato, mentre i consumi minori
sono stati ottenuti con i coloranti
rossi (8,37 ml d-1) che hanno fatto
registrare anche incrementi di
shelf-life, attribuibili ad una riduzione delle perdite di acqua per
traspirazione che ha migliorato il
bilancio idrico. L’immersione degli steli in soluzioni contenenti
ipoclorito ha determinato un
incremento di longevità, presumibilmente per la ridotta occlusione
dei vasi xilematici che ha compensato le perdite di acqua per traspirazione, consentendo un buon
assorbimento idrico con consumi
per stelo significativamente maggiori (20 ml d-1) (fig. 7).
Discussione e conclusioni
Il mantenimento di un equilibrio idrico favorevole è il presupposto fondamentale per la durata
di vita degli steli in fase di conservazione e lo stato idrico del fiore è
determinato dal bilancio tra la
quantità di acqua assorbita nei vasi
xilematici dello stelo e la quantità
di acqua perduta principalmente
attraverso la traspirazione (Dur-
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kin, 1980; Dixon e Peterson,
1989; Singh e Moore, 1992; De
Pascale e Viggiani, 1997; 1998;
Viggiani e De Pascale, 1998).
Nel caso di steli colorati di crisantemo il processo di senescenza
risulta accelerato dallo stadio di
maturazione alla raccolta che è di
norma più avanzato e dalle condizioni di stress idrico e termico in
cui viene mantenuto il fiore dopo
la recisione (Mencarelli, 1990).
Nonostante non sempre vi sia
accordo tra i diversi autori sul
ruolo e l’importanza dei meccanismi coinvolti nella senescenza dei
fiori recisi, l’aggiunta alla soluzione conservante di biocidi, acidificanti, regolatori di crescita, zuccheri e sali minerali è stata considerata, nei diversi casi, in grado di
rallentare il fenomeno (De Pascale
e Viggiani, 1997; 1998).
La tecnica di colorazione ha
determinato un incremento della
durata in vaso degli steli di crisantemo attraverso un probabile
effetto pulsing ed una riduzione
delle perdite per traspirazione. Gli
steli recisi che avevano subito uno
stress prima di essere immersi nelle
soluzioni coloranti hanno mostrato una notevole capacità di reidratazione. Lo stelo reciso ha reagito
al ridotto assorbimento idrico
limitando la traspirazione probabilmente attraverso un meccanismo segnalato da Bovigny (1995)
di incremento della resistenza alla
diffusione del vapore acqueo attra-
Fig. 3 - Effetto dei trattamenti di
colorazione e dell’immersione in
soluzioni preservanti sulla qualità
degli steli recisi di crisantemo dopo
10 giorni di conservazione in vaso
(medie ± errore standard)
Fig. 3 - Effect of colouring
treatments and preservative
solutions on quality of coloured cut
stems of Chrysanthemum after 10
days (means ± standard error)
61
Fig. 2 - Caratteristiche chimiche delle soluzioni utilizzate (in alto: conducibilità elettrica a 25°C; in basso: pH)
Fig. 2 - Chemical characteristics of colouring solutions (above: Electrical conductivity at 25° C; below: pH)
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Fig. 4 - Steli recisi di crisantemo colorati con coloranti
naturali (sinistra: blu brillante E133; destra: rosso cocciniglia E124) dopo 10 giorni di conservazione in vaso in
soluzione contenente ipoclorito di sodio
Fig. 5 - Effetto dell’immersione di steli recisi di crisantemo colorati in soluzioni preservanti dopo 10 giorni di
conservazione in vaso (da sinistra: blu chimico + acido
ascorbico; testimone; rosso chimico + etanolo)
Fig. 4 - Cut stems of Chrysanthemum coloured using
natural compounds (left: blue E 133; right: red E 124)
held in a solution containing 5% Na ipochloride after
10-day vase-life
Fig. 5 - Effect of preservative solutions on coloured cut
stems of Chrysanthemum after 10-days vase-life (from
left: blue+ ascorbic acid; control; red+ ethanol)
A)
B)
Fig. 6 - Durata media in vaso di steli
recisi di crisantemo in funzione dei
trattamenti applicati (medie ± errore
standard), A) trattamenti di colorazione; B) soluzioni preservanti
Fig. 6 - Vase-life of cut stems of
Chrysanthemum as affected by treatments (means ± standard error) (A:
coloring treatments; B: preservative
solutions)
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Fig. 7 - Consumi idrici giornalieri e
longevità di steli recisi di crisantemo
in funzione dei trattamenti applicati
(medie ± errore standard)
Fig. 7 - Daily water consumptions
and longevity of cut stems of
Chrysanthemum as affected by
treatments (means ± standard error)
verso gli stomi. In particolare,
l’immersione degli steli per un
breve periodo di tempo nella soluzione colorante ha favorito un
maggiore accumulo idrico ritardando la perdita di turgore per un
probabile effetto di “caricamento”
(loading). Tuttavia, nel caso dei
coloranti chimici, la qualità degli
steli colorati è risultata inferiore a
causa di evidenti imbrunimenti
fogliari anche quando alla soluzione è stato aggiunto acido ascorbi-
Bibliografia
ACCATI GARIBALDI E. (1990) - Fiori recisi. Edizioni Agricole, Bologna, 129 pp.
ACCATI GARIBALDI E., DE AMBROGIO F.
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di gladiolo. Colture protette 6: 33-35.
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vaso. Italus Hortus, vol. 4, 3: 74-78.
DE PASCALE S., VIGGIANI S. (1998) Water relations and gas exchanges of
co. I coloranti naturali hanno,
invece, fatto registrare punteggi di
“qualità” con fenomeni di ossidazione dei pigmenti fogliari meno
evidenti.
Con riferimento ai trattamenti,
gli steli immersi in soluzioni contenenti ipoclorito di sodio hanno
fatto registrare tassi di assorbimento idrico più elevati che possono
essere attribuiti all’azione antibatterica del conservante che ha ostacolato l’occlusione dei vasi xilema-
Gli Autori hanno contribuito in parti
uguali alla realizzazione della ricerca.
cut Godetia flowers during vase life.
Adv. Hort. Sci. 12: 153-157.
DIXON M.A, PETERSON C.A. (1989) - A
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Technol. 1: 45-47.
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rosa in vaso. Italus Hortus, vol. 4, 3:
74-78.
tici consentendo di mantenere un
equilibrio idrico dello stelo durante la conservazione in vaso. Il
maggiore assorbimento idrico,
osservato in presenza di ipoclorito
di sodio, ha determinato anche
una minore durata del processo di
colorazione degli steli recisi.
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6. Studio del comportamento post-vendita in piante
da vaso di Osteospermum ecklonis*
A. Mensuali Sodi, A. Ferrante,
Scuola Superiore di Studi Universitari e di Perfezionamento “Sant’Anna”, Pisa
A. Giovannini, C. Mascarello, A. Allavena
Istituto Sperimentale per la Floricoltura, Sanremo (IM)
Riassunto
In considerazione del ruolo significativo svolto dall’etilene sia nel
processo di induzione della fioritura, sia nel processo di invecchiamento degli organi fiorali si è
intrapreso uno studio volto ad evidenziare il coinvolgimento del fitoregolatore sulla fioritura di tre
cloni di piante transgeniche di
Osteospermum ecklonis, esprimenti i geni 35SrolC (C 21),
rolABC (Cl 27) e rolAB (Cl 16), a
confronto con il controllo non trasformato. I geni rolA, B e C, intro-
Post-production behaviour
of Osteospermum ecklonis
potted plants
Abstract
In consideration of the important
role that ethylene plays both during
floral induction and in the flower
senescence processes, the ethylene production has been studied in three
clones of O. ecklonis transgenic
plants with genes encoding for
35SrolC (C 21), rolABC (Cl 27)
and rolAB (Cl 16). Transgenic
dotti in diverse combinazioni,
hanno indotto nella specie ornamentale Osteospermum ecklonis
modificazioni della forma della
pianta, del tempo di fioritura ed
aumentato il numero di fiori per
pianta.
Nell’ambito di questo lavoro è
stata valutata la qualità post-vendita dei diversi cloni determinando
sia la longevità dell’intera pianta
che la durata del singolo fiore. La
determinazione dell’etilene ha indicato che i fiori e le foglie delle
piante caratterizzate dalla presenza del gene rolC (cloni 21 e 27) pre-
sentano un diverso grado di sintesi
dell’ormone. Inoltre, poiché in alcuni sistemi di colture in vitro i geni
rol di Agrobacterium rhizogenes
modificano il metabolismo dell’etilene e la sensibilità dei tessuti, sono
stati realizzati dei trattamenti con
AOA ed ACC al fine di saggiare se
i diversi cloni di Osteospermum
ecklonis siano anche caratterizzati
da una diversa sensibiltà all’etilene.
plants were compared with control
(plants not transformed). Results
obtained showed that rol A, B and C
genes inserted in Osteospermum
ecklonis in different combinations
affected the plant shape, the flowering time and increased the number
of flowers per plant. In this work
post-production quality was evaluated in terms of longevity of the
whole plant and shelf-life of single
flower. Ethylene determination
showed that leaves and flowers of
transformed plants with rolC genes
(clones 21 and 27) have different
ability to produce ethylene. It has
been demonstrated that in some vitro
cultures the rol genes of Agrobacterium rhizogenes modify the ethylene
metabolism and tissues sensitivity.
Therefore treatments with AOA
and ACC were performed in order
to test if different clones also have
different sensitivity to ethylene.
Parole chiave: Osteospermum
ecklonis, fioritura, shelf-life, etilene, postproduzione.
Keywords: Osteospermum ecklonis, flowering, shelf-life, ethylene,
post-production.
* Lavoro svolto nell’ambito del Progetto: “Prodotti e tecnologie innovative su piante ornamentali con particolare riferimento alle
aree del Meridione”. Sottoprogetto: Germoplasma.Unità operativa: Durata post-vendita delle piante da fiore: ruolo dell’etilene su senescenza e stress. Questo lavoro è stato realizzato nell’ambito dell’attività del Gruppo di lavoro Postraccolta (SOI).
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Introduzione
Il genere Osteospermum appartiene alla famiglia delle Asteraceae,
è costituito da piante perenni originarie del Sud Africa note per
questo anche con il nome di
“African Daisy”. Si tratta di piante erbacee o cespugliose che
hanno una limitata restistenza ai
freddi invernali, ma presentano
una fioritura prolungata per tutto
il periodo primaverile fino all’inizio dell’estate. Nella specie ecklonis i “fiori” sono costituiti da
infiorescenze con un disco centra-
le di fiori tubulari blu scuro ed un
anello di fiori del raggio bianchi
che conferiscono ai fiori di questa
specie il tipico aspetto a margherita. La commercializzazione di
queste piante è in aumento in
Europa e nuove varietà vengono
commercializzate come piante da
bordura, da giardino e come vasi
fioriti. Gli obiettivi del miglioramento genetico di questa specie
riguardano essenzialmente il prolungamento del tempo di fioritura, l’aumento di diametro del
capolino e l’incremento dei fiori
del raggio, il miglioramento del-
l’apparato radicale e il conferimento di un habitus compatto.
In considerazione del ruolo
significativo svolto dall’etilene sia
nel processo di induzione della
fioritura sia nel processo di invecchiamento degli organi fiorali si è
intrapreso uno studio volto ad evidenziare il coinvolgimento del
fitoregolatore sulla fioritura di tre
cloni di piante di O. ecklonis, esprimenti i geni 35SrolC (C 21),
rolABC (Cl 27) e rolAB (Cl 16), a
confronto con il clone originario.
I geni rolA, B e C, introdotti in
diverse combinazioni, hanno in-
Fig. 1 - Andamento del numero di fiori aperti e di fiori
chiusi in piante in vaso di Osteospermum ecklonis
DM005 trattate con AOA (1 mM) e ACC (1 mM)
Fig. 2 - Andamento del numero di fiori aperti e di fiori
chiusi in piante in vaso di Osteospermum ecklonis clone
16 (rolAB) trattate con AOA (1 mM) e ACC (1 mM)
Fig. 1 - Open and wilted flowers in potted plants of
Osteospermum ecklonis DM005 treated with AOA
(1 mM) and ACC (1 mM)
Fig. 2 - Open and wilted flowers in potted plants of
Osteospermum ecklonis clone 16 (rolAB) treated with
AOA (1 mM) and ACC (1 mM)
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dotto nella specie ornamentale
Osteospermum ecklonis modificazioni della forma della pianta, del
tempo di fioritura ed aumentato il
numero di fiori per pianta (Giovannini et al., 1999a; Giovannini
et al., 1999b).
Floricoltura di Sanremo e tre cloni
da esso ottenuti attraverso l’inserimento di geni rol da Agrobacterium rhizogenes attraverso la trasformazione di tessuto fogliare
con A. tumefaciens (Giovannini et
al., 1999a): clone 16 (rolAB),
clone 21 (35SrolC) e clone 27
(rolABC).
Materiali e metodi
Materiale vegetale
Le prove sperimentali sono state
eseguite utilizzando il clone di O.
ecklonis DM005 della collezione
dell’Istituto Sperimentale per la
Tutti i cloni sono stati propagati
vegetativamente per talea e le talee
radicate sono state trapiantate in
vasetti di 14 cm di diametro e successivamente mantenute in ambiente controllato.
67
Valutazione del
comportamento postraccolta
La durata dei vasi fioriti è stata
valutata su ogni clone a partire
dalla comparsa di circa 20 fiori
aperti per pianta fino al momento
in cui sulla pianta sono stati presenti fiori aperti e fiori appassiti in
ugual misura. A questo scopo è
stato determinato l’andamento nel
tempo dei fiori aperti e dei fiori
appassiti.
Per verificare la sensibilità dei
fiori di O. ecklonis all’etilene, le
piante di ogni clone sono state
trattate all’inizio del periodo di
Fig. 3 - Andamento del numero di fiori aperti e di fiori
chiusi in piante in vaso di Osteospermum ecklonis clone
21 (rolABC) trattate con AOA (1 mM) e ACC (1 mM)
Fig. 4 - Andamento del numero di fiori aperti e di fiori
chiusi in piante in vaso di Osteospermum ecklonis clone
27 (35SrolABC) trattate con AOA (1 mM) e ACC (1 mM)
Fig. 3 - Open and wilted flowers in potted plants of
Osteospermum ecklonis clone 21 (rolABC) treated with
AOA (1 mM) and ACC (1 mM)
Fig. 4 - Open and wilted flowers in potted plants of
Osteospermum ecklonis clone 27 (35SrolABC) treated
with AOA (1 mM) and ACC (1 mM)
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commercializzazione con soluzioni acquose 1 mM di ACC (acido
1-aminociclopropan-carbossilico)
e con soluzioni acquose 1mM di
AOA (acido amminoossiacetico).
Il trattamento è stato eseguito
spruzzando circa 10 ml di soluzione per ogni pianta fino a completa
bagnatura sia delle foglie che dei
fiori. Analogo trattamento con
sola acqua è stato eseguito come
controllo.
Determinazione dell’etilene
È stata monitorata la produzione
di etilene sia da fiori che da foglie
durante il periodo di fioritura. Singole infiorescenze o porzioni apicali di germogli vegetativi (cm 10)
sono stati chiusi per un’ora in contenitori di vetro (Pyrex, Francia)
con tappo a vite forato e dotato di
setto di caucciù. I campioni erano
costituiti da 2 ml di aria prelevati
dall’interno dei contenitori con una
siringa ipodermica.
La produzione di etilene è stata
misurata tramite analisi gascromatografiche utilizzando un detector
FID e una colonna metallica (150 x
0,4 cm Ø impaccata con Hysep T).
La temperatura della colonna e del
detector erano rispettivamente
70°e 350°C. Come gas di trasporto
è stato utilizzato N2 a 40 ml min-1.
La produzione di etilene da
parte del materiale vegetale era stimata quantificando le perdite di
etilene e la produzione di etilene
abiotico nel sistema utilizzato
(Mensuali-Sodi et al., 1992).
Analisi statistica
dei dati sperimentali
I parametri relativi alla fioritura
dei diversi cloni e agli effetti indotti
dai trattamenti con ACC e AOA
sono stati rilevati su 15 piante; la
Fig. 5 - Produzione di etilene da fiori di Osteospermum
ecklonis di 4 cloni: clone controllo, clone 16 (rolAB),
clone 21 (rolABC), clone 27 (35SrolABC)
Fig. 6 - Produzione di etilene da germogli vegetativi di
Osteospermum ecklonis di 4 cloni: clone controllo, clone
16 (rolAB), clone 21 (rolABC), clone 27 (35SrolABC)
Fig. 5 - Ethylene production from Osteospermum ecklonis flowers of 4 clones: clone control, clone 16 (rolAB),
clone 21 (rolABC), clone 27 (35SrolABC)
Fig. 6 - Ethylene production from Osteospermum ecklonis vegetative shoots of 4 clones: clone control, clone 16
(rolAB), clone 21 (rolABC), clone 27 (35SrolABC)
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produzione di etilene è stata effettuata su 5 diversi campioni. I dati
ottenuti sono stati sottoposti ad
analisi della varianza e la significatività delle differenze osservate fra i
valori medi è stata verificata tramite
il test di Newman-Keuls con P ≤
0,05. Nelle figure sono riportati i
valori delle medie ± errore standard.
Risultati
Nelle figg. 1, 2, 3, 4 sono riportati i rilievi dell’andamento del
numero di fiori aperti e di fiori
appassiti sui quattro cloni. Risulta
evidente che in assenza di qualsiasi trattamento il clone di controllo
(fig. 1) e il clone 16 (fig. 2) presentano un numero massimo di
fiori nettamente inferiore agli altri
due cloni 21 e 27 (figg. 3 e 4). La
senescenza dei fiori, che comincia
con l’appassimento dei fiori del
raggio e si conclude con la loro
caduta, inizia prima del raggiungimento del numero massimo di
fiori aperti per cui sulla pianta si
trovano simultaneamente presenti
sia fiori aperti, che fiori chiusi senza che ciò comprometta in maniera significativa il valore ornamentale della stessa. La durata di
vita commerciale della pianta è
invece compromessa quando il numero di fiori appassiti supera quello dei fiori aperti, ciò si verifica con
un ritardo di 4-5 giorni nei cloni
21 (fig. 3) e 27 (fig. 4).
La somministrazione di AOA
non ha modificato in maniera
significativa l’andamento della fioritura in O. ecklonis, infatti si è osservato solo un leggero aumento
(1-2 giorni) della vita commerciale della pianta nel clone 21 (fig. 3)
Il trattamento con ACC ha indotto un appassimento più precoce dei fiori del clone 21 e ciò ha
causato una riduzione della longevità della pianta di circa tre giorni
(fig. 4), mentre gli altri tre cloni
non hanno mostrato una evidente
sensibilità al trattamento.
La determinazione della produzione di etilene è stata realizzata
nell’arco di tempo che va dalla
piena fioritura (circa 20 fiori aper-
ti per ogni pianta) fino alla completa scomparsa di fiori aperti. I
risultati riportati nella fig. 5 mostrano che i fiori delle piante caratterizzate dalla presenza del gene
rolC (cloni 21 e 27) presentano un
diverso grado di sintesi dell’ormone. In particolare il clone 21 presenta una produzione di etilene
marcatamente superiore al controllo per tutto il periodo di osservazione.
Per quanto riguarda il rilascio di
etilene dai tessuti fogliari, i valori
riportati nella fig. 6 indicano che il
clone 21 e il clone 27 si differenziano dal clone di controllo manifestando nel corso del periodo di
fioritura una maggiore capacità di
sintetizzare etilene.
Discussione
Le osservazioni sulla fioritura
dei cloni 16 (rolAB), 21 (35SrolC)
e 27 (rolABC) confermano gli
effetti indotti dai geni rol dell’Agrobacterium rhizogenes sulla modificazione dell’habitus e della fioritura in O. ecklonis già osservata in
precedenza (Giovannini et al.,
1999a; Giovannini et al., 1999b).
Le combinazioni geniche rolABC
e 35SrolC hanno indotto infatti
una fioritura maggiore e una prolungata longevità del vaso fiorito
trasformando queste piante in un
prodotto ornamentale nettamente
differenziato dal clone originario.
In considerazione di queste particolari modificazioni della fioritura,
in particolare dell’aumento di longevità della pianta, si è ritenuto
interessante indagare sul possibile
ruolo dell’etilene, fitoregolatore
notoriamente coinvolto nel processo di fioritura e di senescenza.
Nei cloni caratterizzati dalla presenza del gene rolC, il clone 21 e
il clone 27, è stata verificata una
aumentatata produzione di etilene
sia da parte degli organi fiorali, sia
da parte delle strutture vegetative.
Questa produzione più elevata di
etilene può essere messa in relazione con le modificazioni indotte dai
geni rol sia nel processo di induzione fiorale, sia nell’aumento
69
delle ramificazioni laterali che si
traduce in un corrispondente aumento dei capolini terminali. È
noto infatti che l’etilene è in grado
di stimolare la fioritura di alcune
specie vegetali ed è coinvolto nella
induzione e nella crescita dei germogli laterali (Van Duck et al.,
1988; Yeang e Hillman, 1982).
I risultati ottenuti indicano inoltre una scarsa sensibilità dell’O.
ecklonis a modificazioni dei livelli
di etilene indotti con l’inibitore
AOA o con il precursore ACC.
Questo comportamento è comune
ad altre specie appartenenti alla
famiglia delle Asteraceae considerate, in generale, scarsamente sensibili all’etilene (Wolterig e Van
Doorn, 1988). La senescenza dei
fiori del clone 21 sembra invece
accelerata dal trattamento con
ACC che innalza la sintesi di etilene (dati non riportati) e leggermente ritardata dall’AOA. Ciò
sembra indicare una modificazione
della sensibilità all’ormone come
possibile conseguenza dell’introduzione del gene rolC sotto il controllo del promotore costitutivo
35SCaMV che sembra accentuare
gli effetti prodotti da questo gene
nelle piante trasformate (Schumulling et al., 1988). Nonostante si
abbiano poche evidenze sperimentali sugli effetti prodotti dai geni
rol sul metabolismo ormonale
(Delbarre et al., 1994; Faiss et al.,
1996), in alcuni sistemi di colture
in vitro è stato tuttavia osservato
che i geni rol di Agrobacterium
rhizogenes modificano il metabolismo dell’etilene e la sensibilità dei
tessuti all’ormone (Spanò et al.,
1988; Smulders et al., 1991). In
conclusione si può affermare che i
risultati ottenuti indicano che il
processo di trasformazione con
geni rol ha indotto nei cloni di O.
ecklonis una diversa attitudine al
rilascio di etilene modificando,
almeno in parte, anche la sensibilità a questo fitoregolatore. Ulteriori indagini dovranno essere
sviluppate per evidenziare come
queste modificazioni possano essere messe in relazione con le diverse caratteristiche ornamentali manifestate dai cloni di O. ecklonis.
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7. Accumulo dei trascritti di Pp-LTP1 e Pp-LTP2, gli allergeni
della pesca, durante la maturazione e la fase postraccolta
A. Botton, C. Bonghi, M. Begheldo, A. Rasori, P. Tonutti
Dipartimento di Agronomia Ambientale e Produzioni Vegetali, Università di Padova
Riassunto
Considerato il progressivo aumento delle allergie alla frutta, è
stata avviata una specifica sperimentazione riguardante alcuni
aspetti molecolari del più importante allergene della pesca (Pru p3).
Questa proteina appartiene al
gruppo delle Lipid Transfer Proteins
(LTPs), proteine responsabili del
trasferimento dei lipidi dagli organelli agli strati esterni della cellula
o ad altri compartimenti. Sono state
utilizzate cinque cultivar di pesco
(Sentry e Royal Gemm, precoci;
Redhaven, intermedia; Summered
e Tardiva Zuliani, tardive) raccolte in corrispondenza della maturazione commerciale e successivamente
conservate per alcuni giorni a 20°C
o a 4°C. La sonda di cDNA è stata
sintetizzata via PCR a partire da
Transcripts accumulation
of Pp-LTP1 and Pp-LTP2,
peach allergenes, during
fruit ripening
and postharvest
Abstract
Considering the increase of fruit
allergy diseases, a specific research
on some molecular aspects of the
major allergen of peach (Pru p3)
has been carried out. Pru p3 shows a
high degree of similarity with the
group of Lipid Transfer Proteins,
named for their ability to transfer
lipids (especially phospholipids)
RNA estratto da epicarpo della cv
Sentry. Il frammento di circa 300
paia di basi (denominato PpLTP1) è stato sequenziato ed è
risultata una totale identità della
sua sequenza aminoacidica dedotta
con quella di Pru p3. L’analisi
Southern ha indicato che Pp-LTP1
appartiene ad una famiglia multigenica composta per lo meno da tre
membri. L’analisi di espressione ha
evidenziato che nel mesocarpo di
tutte e cinque le cv analizzate non
si verifica accumulo di trascritti
specifici. La presenza di mRNA per
Pru p3 è invece stata rilevata alla
raccolta nell’epicarpo di tutte le cv
ad eccezione della cv Redhaven; nei
campioni mantenuti a 20°C l’accumulo del messaggio resta pressoché
costante, mentre il prolungato mantenimento a 4°C causa una diminuzione del trascitto in tutte le cul-
tivar. È stato successivamente isolato
tramite RT-PCR un secondo membro della famiglia di LTPs di pesco.
Le analisi di espressione hanno messo
in evidenza un’espressione differenziale dei due geni: Pp-LTP1 è presente negli stami e in quantità
minore in sepali, petali ed ovario;
Pp-LTP2 è presente solo nell’ovario.
Durante lo sviluppo del frutto, i
trascritti di Pp-LTP1 sono sempre
presenti nell’epicarpo, mentre nel
mesocarpo compaiono solo nella fase
S1. Pp-LTP2 compare nell’epicarpo,
in quantità decrescente col progredire della maturazione. L’espressione di entrambi i geni non viene
influenzata dal trattamento con
propilene.
from organelles to the outer cell
layer and to other compartments.
Although their role is not completely known, they seem to be involved in
defense processes of plants and are
overexpressed in response to pathogen attack and under stress conditions.
Fruits of five peach varieties
(Sentry, Royal Gemm, Summered,
Redhaven, Tardiva Zuliani) have
been harvested in corrispondence of
commercial ripeness and maintained at 20°C or at 4°C. cDNA
probe (named Pp-LTP1) corresponding to Pru p3 allergen has
been PCR-synthesized from polyA+
mRNA extracted from cv Sentry
epicarp, by using primers designed
on the basis of aminoacidic sequence
and peach codon usage. Southern
analysis indicated that Pp-LTP1
belongs to a small multigenic family of at least three members. Northern blot analysis revealed a complete
absence of Pp-LTP1 transcripts in
mesocarp in all the five cultivars
considered. The presence of PpLTP1 mRNA at harvest has been
observed in epicarp of cv Sentry,
Royal Gemm, Summered and Tardiva Zuliani but not in Redhaven.
Parole chiave: allergie, Lipid Transfer Proteins, Prunus persica,
postraccolta.
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AT T I A R S I A
Low temperatures induced a slight
decrease of specific transcripts accumulation, particularly in Tardiva
Zuliani, Redhaven and Sentry.
A second member of the LTPs
multigenic family of peach (named
Pp-LTP2) has been isolated by RTPCR. Northern blot analysis revealed that the two genes show a differential pattern of expression in
Introduzione
La qualità dei prodotti ortofrutticoli viene valutata quasi esclusivamente sulla base delle proprietà
organolettiche e dei requisiti estetici. È tuttavia necessario ampliare
il concetto di “qualità” considerandola anche dal punto di vista
della sicurezza alimentare ed igienico-sanitaria. Esistono infatti
molte patologie alimentari legate
al consumo di quasi tutti i prodotti vegetali. Queste patologie si
possono distinguere, principalmente, in intolleranze ed allergie:
l’intolleranza è una reazione di
origine biochimica o psicogena
che non coinvolge il sistema
immunitario (ad esempio l’intolleranza al lattosio); l’allergia alimentare si verifica, invece, quando il
sistema immunitario reagisce ad
un determinato alimento.
Dei diversi meccanismi immunologici possibili, oggi vengono riconosciuti come allergici solo quelli
mediati dalle immunoglobuline E
(IgE). Questa classe di Ig, a differenza delle IgG e IgG4, presenti
anche nelle persone sane, vengono
prodotte dal sistema immunitario
dei soggetti, detti atopici, in seguito all’ingestione di alimenti allergenici. La reazione tra IgE ed allergene presente nell’alimento induce la
formazione di composti, denominati “mediatori” (ad esempio l’istamina), che causano i sintomi
caratteristici di una reazione allergica (Manconi, 2000).
La sintomatologia di una reazione allergica alimentare può essere
molto varia e coinvolgere diversi
apparati: gastrointestinale (con
vomito, diarrea, crampi), cutaneo
flower tissues. Pp-LTP1 transcripts
are strongly present in stamens and,
at a lower extent, in sepals, petals
and ovary; Pp-LTP2 mRNA has
been detected only in the ovary.
During fruit development, PpLTP1 transcripts are always present in epicarp, while in mesocarp
they accumulate only during the
early grwth stage (S1). Pp-LTP2
expression has been found only in
epicarp, with a decreasing trend
throughout fruit development.
Expression of both Pp-LTP1 and
Pp-LTP2 has not been affected by
treatment with propylene.
(con orticaria, gonfiore, angioedema, eczema), orale (con prurito o
gonfiore di labbra, lingua o mucosa orale), respiratorio (con asma,
edema della glottide, difficoltà
respiratorie). Nei casi più gravi si
possono poi verificare reazioni
generalizzate fino allo shock anafilattico e all’arresto cardiocircolatorio (Food Toxicology News,
1997). In Italia, tra gli alimenti di
origine vegetale, le risposte allergiche più frequenti sono dovute,
nell’ordine, al consumo di mela,
pesca, kiwi, noci, arachidi, pomodoro e sedano, ma anche in seguito all’ingestione di albicocche,
ciliegie, prugne, pere, mandorle,
carote, broccoli, pistacchi, patate e
melone.
La biologia molecolare e le
metodologie biochimiche hanno
permesso di approfondire significativamente la conoscenza sugli
allergeni presenti nei cibi vegetali.
Sorprendentemente, molti degli
allergeni identificati negli alimenti
vegetali sono omologhi a Pathogenesis-related Proteins (PRs), proteine indotte da patogeni, ferite, o
da particolari stress ambientali. Le
PRs sono state classificate in 14
famiglie, i cui membri più importanti sono le chitinasi (famiglia
PR-3) individuate in avocado,
banana, castagna; le proteine antifungali come le Thaumatin-like
Proteins (PR-5) in ciliegie e mele;
le proteine omologhe al maggiore
allergene del polline di betulla Bet
v1 (PR-10) in alcuni ortaggi e
nella frutta e le Lipid Transfer Proteins (PR-14) nella frutta e nei
cereali (Breiteneder et al., 2000).
È importante notare che, soprattutto nell’Europa Centrale e
Settentrionale, individui affetti da
pollinosi da betulla mostrano risposte allergiche in seguito al consumo di alimenti di origine vegetale. Tali manifestazioni sono dovute alla condivisione degli stessi epitopi IgE tra Bet v1 (responsabile
della pollinosi) e gli allergeni omologhi presenti nella frutta, nella
verdura e nei cereali (SànchezMonge et al., 1999).
Secondo recenti indagini statistiche i frutti prodotti da piante
appartenenti alla famiglia delle
Rosacee sono frequentemente
responsabili di reazioni allergiche
(Rodriguez et al., 2000). Questi
frutti vengono largamente usati
nella produzione di succhi di frutta e come ingredienti nello yogurt
o nel tè aromatizzato. Nell’ambito
delle Rosacee, la pesca (Prunus
persica) riveste un ruolo fondamentale sia dal punto di vista del
consumo fresco, sia dal punto di
vista del prodotto trasformato.
Appare quindi di notevole importanza valutare correttamente il
potenziale allergenico di questa
specie, nel tentativo di fornire ai
consumatori degli alimenti ipoallergenici.
I primi studi biochimici hanno
permesso di stabilire che il maggiore allergene della pesca (Pru
p3) è una proteina basica dal peso
molecolare di circa 9KDa (9138
Da) che, come altri allergeni individuati nei frutti delle Prunoidae,
non mostra cross-reattività con
Bet v1 (Pastorello et al., 1994;
1999). Ulteriori indagini hanno
dimostrato che trattamenti termici
a 121°C non sono stati in grado di
diminuire l’allergenicità di Pru p3,
in quanto essa dipende da epitopi
Keywords: allergies, Lipid Transfer
Proteins, Prunus persica, postharvest.
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lineari, relativi cioè alla sequenza
aminoacidica (Brenna et al., 2000).
Si è inoltre testata la stabilità di
Pru p3 nelle condizioni tipiche
dello stomaco: l’allergene, in presenza di un ambiente acido e dell’enzima digestivo pepsina, si è
rivelato estremamente resistente ed
ha mantenuto inalterate le sue proprietà (Asero et al., 2000).
Il confronto tra la sequenza aminoacidica di Pru p3 e quelle presenti nelle banche dati ha messo in
evidenza un’alta omologia con il
gruppo delle Lipid Transfer Proteins (LTPs), (Pastorello et al.,
1999). Queste ultime sono coinvolte nel trasferimento dei lipidi,
in particolare fosfolipidi, dai liposomi ai mitocondri o ai cloroplasti
(Kader, 1996), sebbene successivi
esperimenti abbiano indicato altri
ruoli per queste proteine. Tale
indicazione è supportata dalle informazioni ricavate dal primo
cDNA codificante per LTP isolato
in mais (Tchang et al., 1988).
Analisi di espressione hanno messo
in evidenza la presenza di trascritti
specifici per LTPs solo nelle porzioni aeree della pianta (foglie,
fiori e fusti) e non nell’apparato
radicale di spinacio, tabacco, orzo,
cotone, broccoli, pomodoro e ricino (Kader, 1996). Per quanto
riguarda la localizzazione tissutale
dei trascritti, studiata con l’ibridazione in situ, è stato osservato che
essa è ristretta agli strati epidermici e cutinizzati (Sossountzov et al.,
1991). Infine, analisi Northern e
studi dell’azione dei promotori,
basati sull’analisi dell’espressione
del gene reporter GUS, hanno
indicato che l’espressione delle
LTPs è sensibilmente indotta da
stress di tipo salino in pomodoro
(Torres-Schumann et al., 1992),
dalle basse temperature in orzo
(Molina et al., 1996), da stress
idrici e trattamenti con acido
abscissico in pomodoro (Treviño
et al., 1998).
Lo scopo del presente lavoro è
stato quello di isolare cDNA relativi alle LTPs della pesca, in modo
da poter valutare:
• l’accumulo dei trascritti nei diversi tessuti del frutto e nelle
diverse fasi di sviluppo;
• l’eventuale esistenza di varietà
con un minor potenziale allergenico;
• il possibile effetto del prolungato mantenimento delle pesche a
basse temperature, uno dei trattamenti postraccolta convenzionali.
Materiali e metodi
Materiale vegetale
I frutti di pesco utilizzati negli
esperimenti appartengono a cultivar caratterizzate da epoche di
maturazione diverse: precoci
(Royal Gemm, Sentry e Springcrest), intermedie (Redhaven) tardive
(Summered, Tardiva Zuliani e
Fayette).
I frutti delle cultivar Royal
Gemm, Sentry, Summered, Redhaven e Tardiva Zuliani sono stati
raccolti alla maturità commerciale
e sono stati suddivisi in due lotti
omogenei, mantenuti a 20°C e a
4°C. Ad intervalli regolari sono
stati prelevati dei frutti da entrambe le tesi (A1 = 24h a 20°C; A2 =
48h a 20°C; F1 = 24h a 4°C; F2 =
48h a 4°C) e per ognuno di questi
sono stati determinati la consistenza (con un penetrometro Effegi) e
la produzione di etilene. Per ogni
prelievo sono stati selezionati tre
campioni rappresentativi da cui
sono stati isolati, e immediatamente congelati in azoto liquido, epicarpo e mesocarpo. Da fiori chiusi
della cv Springcrest è stato prelevato l’ovario non impollinato,
mentre da fiori in piena antesi
sono stati isolati sepali, petali,
stami ed ovario impollinato. Successivamente è stato prelevato il
frutticino a 1, 2, 3 e 4 settimane
dalla piena fioritura. Dalla cultivar
Fayette sono stati prelevati frutti in
corrispondenza delle fasi di crescita S1 (prima crescita esponenziale), S2 (indurimento dell’endocarpo), S3 (seconda crescita esponenziale) ed S4 (maturazione). Tali
fasi sono state determinate come
indicato da Tonutti et al., (1997).
Nella fase S1 è stato isolato l’intero pericarpo, mentre nelle fasi suc-
73
cessive è stato possibile separare
epicarpo e mesocarpo. In prossimità della maturazione sono stati
raccolti dei frutti in fase pre-climaterica e climaterica. Una parte dei
frutti è stata mantenuta in aria ed
un’altra in aria+propilene (500
ppm) per 24h.
Tutto il materiale è stato congelato in azoto liquido e conservato
in freezer a –80°C fino al momento dell’utilizzo.
Estrazione degli acidi nucleici
L’estrazione dell’RNA totale è
stata effettuata seguendo il protocollo descritto da Bonghi et al.
(1992) e Callahan et al. (1992).
Rispetto a questi è stato aggiunto
un passaggio per la precipitazione
differenziale dei carboidrati, in
presenza di 2-butossietanolo (2BE) (Manning, 1991), eccetto che
nel caso del mesocarpo.
Il DNA è stato estratto dalle
foglie seguendo la procedura di
Doyle e Doyle (1990) con alcune
modificazioni.
Costruzione delle sonde
Pp-LTP1 e Pp-LTP2
La sonda Pp-LTP1 è stata
costruita tramite PCR (Perkin
Elmer GeneAmp® System 9700)
con primers degenerati (SigmaGenosys, Ltd.) sul cDNA sintetizzato a partire dalla frazione PoliA+
dell’RNA (Oligotex mRNA Mini
Kit, QIAGEN). I primers sono stati
disegnati sulla base della sequenza
aminoacidica totale della proteina
(91 aminoacidi), (Pastorello et al.,
1999). Al fine di limitare il grado
di degenerazione, si è utilizzato il
Codon Usage di Prunus persica. Il
primer senso LTP-5’ corrisponde
alla sequenza del tratto N-terminale ITCGQVS: AT[T/C]AC[A/T]TG
[C/T]GG[T/A/C]CA[A/G]GT[G/T]
TC[T/A]
Il primer antisenso LTP-3’ corrisponde al tratto C-terminale
STNCATVQ: [C/A]AC[T/A]GT[A/T
/G]GC[G/A]CA[G/A]TT[T/A]GT[T
/A]GA.
Per costruire la sonda Pp-LTP2
è stata seguita, con qualche modifica, la tecnica messa a punto da
Theissen e collaboratori (Fischer
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Tab. 1 - Media dei valori di etilene svolto
e di consistenza penetrometrica di cinque frutti*
Varietà
Sentry
Royal Gemm
Redhaven
Summered
Tardiva Zuliani
Campione
Etilene (nl/gpf/h)
Consistenza (Kg)
T0
0,80
a
5,8
a
A1
10,12
b
3,2
b
A2
12,34
b
0,2
c
F1
0,11
a
4,8
a
F2
0,66
a
3,6
ab
T0
0,53
a
4,0
a
A1
22,25
b
0,3
b
F1
0,05
b
4,7
a
F2
0,51
a
4,0
a
T0
2,50
b
3,9
a
A1
9,97
c
0,2
b
F1
0,32
a
2,6
a
F2
0,02
a
0,7
b
T0
0,29
a
6,9
a
A1
2,09
b
3,6
b
A2
33,54
c
2,3
b
F1
0,09
a
7,5
a
F2
0,01
a
5,5
ab
T0
1,59
b
4,5
a
A1
0,40
a
1,3
b
F1
0,09
a
3,7
a
F2
1,18
b
2,9
ab
* I dati rappresentano la media dei valori di etilene svolto e di consistenza penetrometrica di
cinque frutti. Nell’ambito di ciascuna cv e parametro considerato, a lettere diverse corrisponde un valore statisticamente diverso per P = 0,05 (T0 = tempo zero; A1 = 24h a 20°C; A2 =
48h a 20°C; F1 = 24 a 4°C; F2 = 48 a 4°C).
Fig. 2 - Analisi Northern con sonda Pp-LTP1 su mesocarpo ed epicarpo di cinque varietà di pesco (T0 = tempo
zero; A1 = 24h a 20°C; A2 = 48h a 20°C; F1 = 24h a 4°C;
F2 = 48h a 4°C)
Fig. 1 - Analisi Southern condotta
con la sonda Pp-LTP1 sul DNA
genomico di pesco digerito con tre
enzimi di restrizione diversi (HindIII,
EcoRI, BamHI)
Fig. 3 - Analisi di espressione con le sonde Pp-LTP1
e Pp-LTP2 sulle parti del fiore (Pe = petali, Se = sepali,
St = stami, Oni = ovario non impollinato, Oi = ovario
impollinato) e su frutticini raccolti 1, 2, 3 e 4 settimane
dopo la piena fioritura (cv Springcrest)
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et al., 1995) per lo studio dell’espressione di famiglie multigeniche caratterizzate da domini specifici. Per l’identificazione di PpLTP2 il procedimento adottato
rimane nel principio lo stesso, ad
eccezione della marcatura dei primers sostituita da una analisi
Southern condotta con la sonda
Pp-LTP1.
I prodotti di amplificazione
sono stati purificati, subclonati e
sequenziati secondo il protocollo
di Sanger et al. (1977) presso il
CRIBI del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova, utilizzando il kit ABI PRISM Big Dye
Terminator (Perkin Elmer).
L’analisi delle sequenze è stata
condotta utilizzando l’algoritmo
Blastp (Altschul et al., 1997).
Analisi Northern e Southern
Le analisi Northern sono state
effettuate frazionando 15 µg di
RNA totale mediante elettroforesi
in gel denaturante di agarosio
all’1,4%, contenente formaldeide,
a voltaggio ridotto (5 volt/cm).
Per le analisi Southern il DNA
genomico è stato digerito separatamente con tre enzimi di restrizione diversi (BamHI, EcoRI,
HindIII) nella quantità di 10 µg
per ogni digestione. Ognuna di
queste è stata fatta migrare in un
gel di agarosio allo 0,8%, a basso
voltaggio. Dopo il trasferimento
per capillarità secondo la procedura standard (Sambrook et al.,
1989) su membrane di nylon
(Hybond N, Amersham), gli acidi
nucleici sono stati fissati tramite
esposizione agli UV.
Risultati e discussione
La similarità tra le sequenze aminoacidiche, nei tratti noti per
entrambe le LTPs di pesco isolate,
è risultata essere del 59,6%, mentre l’identità tra le sequenze nucleotidiche è del 54%. Entrambe le
sequenze presentano le peculiarità
delle Lipid Transfer Proteins, e
cioè la presenza di residui di cisteina in posizioni conservate e dei
motivi che legano, in vitro, i lipidi
(dati non mostrati).
I risultati dell’analisi Southern
hanno indicato che Pp-LTP1 e PpLTP2 appartengono ad una famiglia multigenica composta per lo
meno da 3 membri (fig. 1). Tale
organizzazione genica è stata osservata in numerose specie (Kader,
1996). L’espressione dei membri
di queste famiglie multigeniche è
temporalmente e spazialmente
controllata per assicurare la presenza di queste molecole proteiche
nei vari stadi dello sviluppo e nelle
differenti condizioni ambientali
(Kader, 1996).
Durante il periodo postraccolta
nei frutti mantenuti in aria a 20°C,
l’evoluzione di etilene è aumentata
in tutte le cv e parallelamente è diminuita la consistenza della polpa
(tab. 1). Il mantenimento a 4°C ha
rallentato notevolmente sia l’evoluzione di etilene che la perdita di
consistenza. Sulla base di tali andamenti sono stati scelti i frutti da
cui estrarre l’RNA per le analisi
Northern.
I risultati ottenuti con le analisi
Northern condotte con la sonda
Pp-LTP1 mettono in risalto la
completa assenza di trascritti per
Pru p3 nel mesocarpo di tutte le
cultivar testate (fig. 2). Questa
osservazione è in accordo con le
indagini immunocitochimiche,
condotte sulle parti eduli del frutto
con IgE specifiche, che hanno
individuato l’allergene esclusivamente nell’estratto proteico ottenuto dall’epicarpo (Lleonart et al.,
1992). Per quanto riguarda l’accumulo del trascritto di Pp-LTP1 nell’epicarpo della cv Sentry, si può
osservare una decisa ibridazione
nel frutto al momento della raccolta (T0), una riduzione dell’accumulo del messaggio dopo 24h in
aria a 20°C (A1) ed una ripresa
dopo 48h in aria (A2). Il mantenimento dei frutti a basse temperature (F1 e F2) ha determinato una
diminuzione dell’accumulo del trascritto. Anche in Royal Gemm si
riscontra la presenza di messaggio
nel frutto appena raccolto, una
lieve diminuzione nel frutto mantenuto in aria ed una tendenziale
diminuzione nel mantenimento a
75
4°C. Nella cv intermedia Summered il trascritto è presente in T0,
resta pressoché costante da A1 ad
A2, mentre da F1 a F2 diminuisce
in maniera quasi impercettibile. In
Redhaven si riscontra un’apparente
anomalia, in quanto nel frutto
appena raccolto (T0) il trascritto
per Pru p3 è totalmente assente; in
A1 il messaggio è visibilmente presente, mentre tende a diminuire da
F1 a F2. Nell’ultima cv considerata
in questo primo screening varietale, la Tardiva Zuliani, il trascritto
del maggiore allergene della pesca
è presente in T0 e nel campione
A1, mentre decresce decisamente
nel prolungare il mantenimento
dei frutti alle basse temperature.
Sono state condotte ulteriori analisi Northern per verificare l’esistenza di un’espressione differenziale
per Pp-LTP1 e Pp-LTP2. Tali analisi hanno messo in evidenza che:
a) i due geni mostrano un’espressione differenziale nelle varie
parti del fiore e durante lo sviluppo dell’ovario (fig. 3). In particolare Pp-LTP1 appare espresso in
maniera molto marcata negli
stami, e quindi con intensità decrescente nei sepali, nei petali ed
infine nell’ovario. Il trascritto corrispondente a Pp-LTP2 è visibile,
invece, solo nell’ovario. Dopo
l’impollinazione si nota una caduta del trascritto di Pp-LTP2 mentre quello di Pp-LTP1, a parte un
incremento ad una settimana dall’impollinazione, non varia in
maniera significativa;
b) durante l’accrescimento del
frutto è stato possibile mettere in
evidenza che Pp-LTP1 è sempre
espresso nell’epicarpo, con un
massimo in S3, mentre nel mesocarpo (fig. 4) è rilevabile solo nello
stadio S1 (45 giorni dopo la piena
fioritura). Questo risultato potrebbe essere spiegato con la difficoltà
di separare nel pericarpo immaturo
i due tessuti. L’espressione di PpLTP2 è visibile solo nell’epicarpo
con un andamento decrescente da
S1 a S4;
c) la transizione da frutto preclimaterico a frutto climaterico è
contraddistinta da una riduzione
dell’accumulo del trascritto corri-
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76
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AT T I A R S I A
Fig. 4 - Analisi Northern con le sonde Pp-LTP1 e Pp-LTP2
su mesocarpo ed epicarpo dei frutti della cv Fayette
nelle quattro fasi di crescita
spondente a Pp-LTP1. Per verificare se esiste una relazione tra trascrizione di Pp-LTP1 e livello di
etilene è stata condotta un’analisi
Northern sui messaggeri estratti
da frutti raccolti allo stadio S3 e S4
dopo un trattamento con propilene (fig. 5). Il trattamento non ha
influito sull’accumulo del trascritto in nessuna delle due fasi.
Conclusioni
Le due LTPs identificate in
pesco presentano un livello di
omologia (59,6%) notevolmente
più basso di quello esistente tra i
membri delle famiglie presenti
nelle Brassicaceae e Solanaceae
(almeno 80%, Pyee e Kolattukudy,
1995; Treviño e O’Connell, 1998),
ma paragonabile a quella del mandorlo (70%, Suelves e Puigdomènech, 1997).
Il primo dato importante riguarda la completa assenza del trascritto per l’allergene Pru p3 nel mesocarpo di tutte le cinque varietà
considerate. Per quanto concerne
l’epicarpo, si può affermare che
nessuna delle cultivar considerate
mostra un potenziale allergenico
Fig. 5 - Analisi Northern su epicarpo di frutti preclimaterici (PRE) e climaterici (CLIM). (T0 = tempo zero;
ARIA = campione mantenuto in aria per 24h; PROP =
campione trattato con propilene 500 ppm per 24h)
decisamente inferiore rispetto alle
altre; è comunque interessante il
dato anomalo della varietà Redhaven, il quale merita ulteriori verifiche ed approfondimenti. Future
indagini molecolari dovranno perciò concentrarsi sul monitoraggio
completo dell’ultima fase di maturazione del frutto e dovranno essere condotte parallelamente delle
analisi immunocitochimiche, allo
scopo di verificare l’effettiva presenza della proteina allergenica. I
dati riguardanti l’epicarpo rafforzano la tesi secondo cui, durante i
processi industriali di trasformazione dei prodotti vegetali, è indispensabile prendere in considerazione la completa rimozione delle
parti allergeniche dal prodotto
finito, in modo da poter fornire ai
consumatori un prodotto inequivocabilmente ipoallergenico.
Questa sperimentazione preliminare ha inoltre evidenziato che
le basse temperature potrebbero
costituire un possibile fattore che
inibisce la trascrizione di Pp-LTP1;
in tutte le cultivar prese in considerazione si può notare una diminuzione del messaggio nel prolungare il mantenimento a 4°C, in
alcuni casi con andamento quasi
impercettibile, in altri casi in
maniera decisa.
Le due LTPs studiate presentano espressioni differenziali nei tessuti del fiore e del frutto. La presenza di trascritti per LTPs nel tessuti del fiore è stata riportata per
numerose specie (Kader, 1996),
ma era sempre riferita ad una sola
LTP. Dati relativi all’espressione di
vari membri nei tessuti fiorali sono
disponibili solo per il mandorlo
(Suelves e Puigdomènech, 1997).
Il confronto tra le due specie ha
messo in evidenza un pattern di
espressione molto simile per la
coppia Pp-LTP1 e PruAm1 e per
la coppia Pp-LTP2 e PruAm3.
L’espressione di Pp-LTP1 nel
corso dell’accrescimento del frutto
sembra essere regolata dallo sviluppo, come rilevato per altre
LTPs (Kader, 1996), ed indipendente dall’etilene. Tuttavia l’effetto dell’etilene, di altri ormoni
(ABA, in particolare) e di eventi
abiotici (siccità o salinità) e biotici
sarà oggetto di ulteriori indagini
per definire in maniera più dettagliata l’accumulo dei trascritti e i
fattori di regolazione dell’espressione delle LTPs, al fine di chiarirne i possibili ruoli.
Arsia ATTI 7 Raccolta
4-06-2002 12:45 Pagina 77
T E C N I C H E P O S T R A C C O LTA D E I P R O D O T T I O R T O F L O R O F R U T T I C O L I
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Arsia ATTI 7 Raccolta
4-06-2002 12:45 Pagina 79
8. Evoluzione delle caratteristiche qualitative di pesche
e nettarine nella fase di distribuzione (Primo contributo)
C. Peano, G. Giacalone, F. Paciello - Dipartimento di Colture Arboree, Università di Torino
R. Berruto - DEIAFA, Sezione Meccanica Agraria, Università di Torino
Riassunto
La ricerca si è proposta di considerare l’evoluzione della qualità
dei frutti nell’ultima parte della
filiera produttiva e cioè distribuzione e permanenza del prodotto nel
punto vendita. Tale problematica è
stata affrontata in stretta connessione con gli aspetti della logistica
nell’intento di valutare la possibilità di riduzione dei tempi di
Evolution of Peach
and Nectarine fruit quality
during distribution of the
produce (first paper)
Abstract
The final quality of fruit depends
on many factors. As the centers of
consumption of fresh produce are
usually remote from growing areas,
the logistics and infrastructures
required to transfer the product to
the end user are not less important
than other factors in maintaining
the final quality (Wills et al., 1998).
Temperature and humidity vary
during transport, and the handling
and marketing phases may cause
severe water loss and lead to poor
appearance and changes of
organoleptic characters. The aim of
this study was to evaluate the evolution of quality in peach (cv Elegant
Lady) and nectarine (cv Stark Red
Gold) fruits from the end of packaging in paperboard trays to shelf. The
trial was carried on in collaboration with the Lagnasco Group
Growers Association (Cuneo Province) and two stores. Fruits of each
gestione dei frutti prima dell’arrivo sulla tavola del consumatore.
Si sono presi in considerazione,
campioni di frutti (cultivar Elegant Lady e Stark Red Gold) su cui
è stata valutata perdita di peso,
colore di fondo, sovraccolore, RSR,
consistenza e acidità titolabile. Nel
contempo si sono rilevate, con l’utilizzo di data logger a rilevamento
multiplo, temperatura interna del
frutto, temperatura ed umidità
relativa dell’ambiente. L’evoluzione
dei parametri misurati è risultata
strettamente correlata con le variazioni di temperatura che si sono
verificate soprattutto in prossimità
di ogni cambio di struttura.
cultivar, picked and stored for 10
days in a cold room (0-2°C, RH
95%), were packaged, transported
and presented to the end user in a
display cabinet for 3 days (a reasonable time for waiting to be sold). A
data logger (Hobo H8) was used to
record the fluctuations of room
humidity and temperature, outside
and inside the sample trays (30
fruits each) from packhouse to shelf.
Fruit quality, as expressed in
changes in weight (%), flesh firmness
(kg), color (Minolta colorimeter,
CHR 2000), total soluble solids content (°Brix), titratable acidity
(meq/l), was determined during
each of the following phases. Data
were subjected to single-variable
ANOVA, and means were compared
with the Tukey test. Total soluble
solids and titratable acidity did not
change significantly during the
period considered. The weakest
aspect of the procedure was the frequent changes of temperature (0°C
in the storeroom, 20-25°C during
handling and transport), leading
to deterioration of quality, mostly in
terms of loss of weight and firmness,
and impaired appearance (darkness). The best way to minimise the
deterioration in quality seems to be
by keeping an even and cool temperature (+15°C) during the whole
chain. One empirical parameter has
been studied in order to explain the
influence of different ways of transportation and storage on the firmness (Durofel 10) of the peaches
along the supply chain. The calculated parameter TH is correlated
(R2 = 0,845) with the measure of
firmness taken from many samples
during the trials. The TH takes into
account the temperature gap
between fruit and ambient air, the
influence of relative humidity and
the elapsed time since the departure
from the packing facility. The parameter TH will be useful to predict the
firmness of the fruits given storage
time, storage temperature and
elapsed time since the departure
from the packing facility.
Parole chiave: qualità al consumo,
pesche e nettarine, distribuzione,
vita di scaffale.
Keywords: shelf-life, quality assessment, peach, nectarine, handling, logistic, lead time.
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AT T I A R S I A
Introduzione
Le pesche e le nettarine sono
caratterizzate da elevata deperibilità dopo la raccolta a seguito di
processi fisiologici che comportano
la sovramaturazione dei frutti ed il
decadimento delle principali caratteristiche qualitative. Tali processi
presentano dinamiche variabili in
funzione di cultivar, condizioni
agronomico-colturali preraccolta,
stadio di maturazione e tecnologie
applicate nel postraccolta.
Negli ultimi tempi, però, l’attenzione si è notevolmente spostata sull’ultimo segmento della filiera ortofrutticola ed in particolare
sul trasferimento dei frutti dai luoghi di produzione-conservazione
ai mercati di consumo.
L’affermazione della grande distribuzione organizzata, infatti, ha
messo in luce il ruolo fondamentale che la logistica svolge nel limitare l’insorgenza di una rapida e
generalizzata senescenza dei frutti
causa primaria della riduzione
della ‘vita di scaffale’.
La tecnologia postraccolta deve
essere finalizzata al mantenimento
della ‘qualità globale’ dei frutti,
sempre più messa in discussione
dal consumatore, che passa anche
attraverso una corretta pianificazione e gestione del confezionamento, del trasporto e dei centri di
distribuzione e vendita.
Le conoscenze di tipo fisiologico associate ad una buona logistica
possono consentire una riduzione
delle scorte di prodotto con conseguente riduzione dei tempi della
loro gestione.
L’obiettivo della ricerca è stato
la valutazione, in un’ottica di sistema, della filiera di distribuzione di
pesche e nettarine di qualità attraverso la determinazione dell’evoluzione dei parametri qualitativi
dal confezionamento alla tavola
del consumatore e lo studio delle
soluzioni logistiche e della catena
del freddo applicata al trasporto e
alla vendita.
Materiali e metodi
La prova è stata condotta, nell’anno 2000, in una cooperativa
aderente all’Associazione produttori LAGNASCO GROUP (Lagnasco CN) ed in due punti vendita della
grande distribuzione organizzata,
siti nella cintura torinese (Rivoli ed
Avigliana).
Il piano sperimentale ha previsto
lo studio dell’evoluzione delle
caratteristiche fisico-chimiche di
pesche della cv Elegant Lady e di
nettarine della cv Stark Red Gold
provenienti da aziende del saluzzese, conservate per un periodo di
10 giorni in celle ad Atmosfera
Normale (U.R. 95% - t° 1,5°C).
In due date successive, al momento del confezionamento del
prodotto, si è provveduto alla suddivisione di campioni significativi
di frutti in differenti tesi, una per
ogni punto vendita prescelto,
avendo cura di impostare un rilevamento continuo di t° interna del
frutto, t° ed umidità relativa dell’ambiente con l’utilizzo di data
logger (HOBO System) a rilevamento multiplo. Su un campione di 20
frutti omogenei (calibro AA) sono
stati misurati, ad intervalli di circa
12 ore, peso unitario dei frutti,
colore di fondo e sovraccolore
(colorimetro Minolta, scala C.I.E.
Lab) e la consistenza della polpa
con Durofel (tecnologia non
distruttiva di Copa Instruments e
Ctifl-France). Nello stesso tempo
su campioni omogenei di frutti si è
provveduto all’analisi distruttiva
per valutare l’evoluzione di consistenza della polpa al penetrometro
(kg), RSR (°Brix) e acidità titolabile (meq/l). I dati, ove possibile,
sono stati elaborati con ANOVA
semplice e le medie separate con
test di Tukey.
Inoltre, al fine di mettere in relazione le condizioni ambientali in
cui si venivano a trovare i frutti
lungo tutto il percorso e le variazioni nella consistenza della polpa
(Durofel 10) è stato messo a punto
un parametro denominato TH:
H
TH = ∫ (Th + 1) dh
0
dove:
dh = intervallo di tempo tra una
misurazione e l’altra (ore)
H = istante espresso in numero
di ore trascorse dall’istante zero
(caricamento sul camion) (ore).
Th = parametro empirico da calcolare con la seguente formula:
Th = Tah – Tfh x
100 – Uh
100
dove:
Uh = umidità relativa al momento
h (%)
Tah = temperatura ambiente al
momento h (°C)
Tfh = temperatura al cuore del
frutto, al momento h (°C).
Per ottenere il valore di Durofel
atteso DH occorre applicare la seguente relazione lineare (R2 =
0,845):
dove:
DH = – 0,3621TH + D0 + 2,5
DH = valore di Durofel atteso
all’istante H
D0 = valore di Durofel alla parten-
za della filiera di distribuzione
del prodotto presso la centrale
ortofrutticola
2,5 = termine noto (unità Durofel).
Nel calcolo del Th è stato considerato, in valore assoluto, il salto
termico tra temperatura del frutto
e quella ambiente, l’umidità relativa dell’aria e il tempo trascorso
dall’istante zero. Nel parametro TH
viene inoltre considerata la somma
di valori pregressi Th e delle ore
trascorse dal caricamento sul
camion presso la centrale ortofrutticola che influenzano la durezza e
la qualità della pesca all’istante H.
Risultati
Temperature
Il sistema preso in considerazione per la sperimentazione è rappresentato da tre parti principali: centrale ortofrutticola, piattaforma di
distribuzione e punto vendita.
Dal momento della partenza del
prodotto confezionato all’arrivo
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T E C N I C H E P O S T R A C C O LTA D E I P R O D O T T I O R T O F L O R O F R U T T I C O L I
sullo scaffale di vendita intercorrono
circa 36 ore in condizioni ambientali variabili dovute principalmente al
passaggio tra le strutture. Dal
momento dell’arrivo dei frutti nel
supermercato al momento dell’acquisto possono intercorrere anche
60 ore, ciò in funzione della gestione degli ordini dei singoli negozi.
All’inizio del sistema i frutti, già
confezionati, vengono prelevati
dalla cella a una temperatura di
10°C e caricati sull’autocarro (fig.
1). L’impianto refrigerante dell’autocarro non viene utilizzato e la
temperatura dei frutti sale fino a
oltre 18°C. Verso le ore 6 del mattino, inizia la seconda fase dove
l’impianto frigorifero dell’autocarro viene acceso per circa 2 ore,
durante le quali la temperatura dell’aria nel rimorchio scende a poco
più di 12°C. Il prodotto viene poi
scaricato nella piattaforma di distribuzione dove permane sempre a
temperatura di 15-17°C per circa
18 ore; successivamente i frutti
vengono trasportati su autocarro
non refrigerato al supermercato, e
quindi il prodotto viene posto in
vendita su scaffale non refrigerato,
con temperatura dell’aria di 1920°C, per circa 12-13 ore (fase 5).
Alla sera, nel caso di Rivoli, le pesche vengono poste in cella refrigerata a 6,5-8,5°C (fase 6). L’andamento della temperatura della
polpa del frutto tende ad avvicinarsi alla temperatura ambiente con
andamento asintotico, per giungere
alle ore 7 del mattino ad una temperatura della polpa pari a quella
della cella (fig. 1). A seguito del
riposizionamento sullo scaffale di
vendita, i frutti raggiungono nuovamente i 15°C dopo circa 4 ore.
I tracciati realizzati per tutti i
trasporti monitorati presentano un
andamento simile, con l’unica differenza del punto vendita di Avigliana (fig. 2), nel quale la mancanza di locale refrigerato ha
impedito la refrigerazione notturna del prodotto.
Durofel
La consistenza della polpa diminuisce per entrambe le cultivar
considerate dal primo rilievo effet-
Figg. 1 e 2 - Andamento delle temperature aria ambiente e al cuore del frutto per la cv Elegant Lady, Rivoli (in alto) e Avigliana (in basso)
Figg. 1 e 2 - Air temperature (solid line), middle peach temperature (dashed
line) and TH parameter calculated for the distribution in Rivoli and Avigliana
store, cv Elegant Lady. The chart shows the temperature evolution during the
shelf-life of peaches along the supply chain line from the producer to the
consumer, including transport, distribution centers and stores
Tab. 1 - Evoluzione della consistenza della polpa (Durofel 10)
dal magazzino al punto vendita
Tab. 1 - Evolution of flesh firmness (Durofel 10) from packaginghouse to shelf
CV
STARK RED GOLD
CV
ELEGANT LADY
Ore
Avigliana
Rivoli
Ore
Avigliana
Rivoli
0
16
24
48,85 a
46,55 a
40,45 b
44,25 a
40,60 b
37,24 bc
0
16
24
48,85 a
46,55 a
40,45 b
49,85 a
47,45 a
42,95 b
40
48
25,35 c
22,80 c
33,85 bc
17,20 c
40
72
25,35 c
22,80 c
38,50 c
19,75 d
**
**
**
**
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AT T I A R S I A
Fig. 3 - Relazione tra Durofel
misurato (punti) e atteso (linea),
cv Elegant Lady, in relazione
al parametro TH
Fig. 3 - Relation between the Durofel
value taken (dots) and the expected
one (solid line) for the cv Elegant
Lady. The expected value is based
on a linear relationship within the
Durofel and the TH value, that take
into account the temperature gap
between fruit and ambient air and
the influence of relative humidity
and elapsed time since the departure from the packing facility
tuato presso la cooperativa, all’ultimo in corrispondenza di un ipotetico acquisto (tab. 1). Dai dati rilevati in tutti i casi considerati emerge un forte calo di consistenza in
prossimità del IV rilievo che corrisponde al passaggio della frutta
dalla piattaforma al punto vendita.
Un altro calo importante si verifica
in corrispondenza del rilievo
pomeridiano effettuato sulla frutta
ancora nella piattaforma, cioè circa
24 ore dopo la partenza dalla cooperativa. Il calo di consistenza prosegue in maniera differente a seconda dei punti vendita considerati, in particolare la consistenza raggiunge per entrambe le cultivar
valori più bassi nel punto vendita di
Rivoli rispetto ad Avigliana.
Relazione tra le misurazioni
Durofel e l’andamento delle
temperature dell’ambiente
di conservazione e dei frutti
Sono stati messi in relazione i
valori di Durofel rilevati sui campioni durante tutta la fase di conservazione e le temperature dell’aria ambiente e al cuore del frutto.
Dall’analisi dei dati rilevati appaiono determinanti sull’evoluzione
della consistenza dei frutti le variazioni di temperatura ambiente più
che non le temperature assolute
alle quali viene mantenuto il frutto. Anche la differenza di umidità
relativa rispetto alla saturazione è
stata considerata, con il fine di cal-
colare un parametro da correlare
con la variazione dei valori di
Durofel. L’andamento del Durofel
misurato e di quello calcolato, per
la cv Elegant Lady, è presentato in
fig. 3.
In particolare si può notare
come nel punto vendita di Avigliana (fig. 2) l’assenza di un abbassamento di temperatura nelle ore
notturne (assenza di cella frigorifera; temperature medie frutto =
18,9°C) non comporta diminuzioni di consistenza superiori
rispetto a Rivoli, dove invece è utilizzata una cella frigorifera. Anche
il parametro calcolato TH per le
pesche vendute ad Avigliana risulta avere valori più bassi, rispetto a
quelli verificati nella filiera di
distribuzione di Rivoli (presenza
cella frigorifera; temperatura
media = 16,1°C).
Colore
Dall’elaborazione dei dati emerge una maggiore influenza delle
condizioni di trasporto e conservazione sul colore dell’epidermide
in Stark Red Gold rispetto ad Elegant Lady (tabb. 2-3). Emergono
anche delle differenze fra i due
punti vendita considerati. In particolare nel primo trasporto monitorato si verifica in Stark Red Gold
un graduale aumento del valore
della componente b (giallo-blu)
del colore di fondo che raggiunge
i valori più elevati nel punto vendi-
ta dopo 63 ore dalla partenza dalla
centrale ortofrutticola. Leggermente diverso è invece l’andamento del sovraccolore, in particolare
emerge come la brillantezza (L)
sia sostanzialmente invariata nei
campioni che hanno raggiunto il
punto vendita di Avigliana, mentre
si determina una diminuzione di
tale parametro con il passare delle
ore nei campioni valutati nel
secondo punto vendita (Rivoli).
Poiché i supermercati presentano
differente sistema di gestione del
prodotto, appare evidente che
questa sia la causa del diverso
andamento delle componenti cromatiche. Analoghe considerazioni
possono essere effettuate per
quanto concerne la brillantezza
del colore anche nel secondo trasporto. Emerge infatti che il colore di fondo assume delle tonalità
giallo arancio con il passare delle
ore ed i valori significativamente
più elevati di a e b si evidenziano
negli ultimi rilievi. Andamento
opposto hanno le stesse componenti del sovraccolore. È possibile
che tale andamento cromatico sia
dovuto ad un generale inscurimento delle tonalità determinato
dalle condizioni di conservazione.
Per quanto riguarda Elegant
Lady valgono le stesse considerazioni fatte per le nettarine anche se
in misura meno marcata, probabilmente in relazione alla differente
tipologia di colorazione del frutto
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83
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rilievo precedente) per 5 rilievi successivi ad intervalli orari prefissati
(tab. 4). Dall’elaborazione emerge
una certa differenza fra le due cultivar considerate anche se resta il
dato costante della maggiore per-
che consente di rilevare eventuali
differenze con maggiore difficoltà.
Perdita di peso
È stata valutata in valore assoluto
(calo peso del campione rispetto al
dita di peso all’ultimo rilievo (96
ore). In entrambe le cultivar considerate e per tutti i trasporti si è
riscontrato che le perdite di peso
più basse si sono verificate in corrispondenza di temperature oscillan-
Tab. 2 - Variazioni di colore delle pesche cv Elegant Lady (C.I.E. Lab) in differenti punti della filiera distributiva
Tab. 2 - Evolution of color parameters (C.I.E. Lab) in cv Elegant Lady during distribution chain
PUNTO
VENDITA
AVIGLIANA
colore di fondo
Ore
L
sovracolore
a
b
L
a
colore di fondo
b
Ore
L
a
sovracolore
b
L
a
b
0
62,46
13,3
39,08 ab
34,01 ab
19,28
6,32
0
62,67
14,48
40,97
33,34
26,13 a
16
60,64
17,36
36,83 b
35,20 a
20,89
7,5
30
62,51
14,67
38,63
34,3
22,51 ab
40
61,76
19,9
38,62 ab
34,27 ab
19,03
6,49
54
65,01
11,79
41,09
34,86
21,91 ab
8,51
72
62,61
14,14
42,79 a
34,30 ab
19,91
6,98
100
63,39
18,44
43,5
33,21
20,60 b
8,04
96
61,6
15,56
43,22 a
33,27 b
17,41
6,16
n.s.
n.s.
n.s.
n.s.
n.s.
n.s.
**
**
n.s.
n.s.
b
L
PUNTO
VENDITA
L
7,73
**
n.s.
RIVOLI
colore di fondo
Ore
10,14
sovracolore
a
a
colore di fondo
b
Ore
L
a
0
65
13,45 ab
42,82
35,45
18,94
9,94
0
57,22
21,33
16
66,05
13,98 ab
43,1
34,35
18,67
6,29
30
59,3
19,34
40
65,59
15,40 ab
43,63
34,06
18,25
5,89
54
60,03
19,43
72
62,67
18,08 a
42,59
33,37
17,57
5,53
100
58,95
21,23
96
60,98
10,44 b
43,65
33,94
16
5,22
n.s.
n.s.
n.s.
**
n.s.
n.s.
n.s.
n.s.
sovracolore
b
L
35,95
a
b
32,56 b
25,69 a
9,02
35,07
38,81 a
21,74 ab
36,67
33,89 ab
19,60 b
6,27
39,46
33,45 b
21,08 b
8,9
n.s.
**
**
n.s.
12,35
A lettere uguali corrispondono valori statisticamente non differenti tra loro per P ≤ 0,05.
Values marked with the same letter are not statistically different for P ≤ 0.05.
Tab. 3 - Variazioni di colore delle nettarine cv Stark Red Gold (C.I.E. Lab)
in differenti punti della filiera distributiva
Tab. 3 - Evolution of color parameters (C.I.E. Lab) in Stark Red Gold during distribution chain
PUNTO
VENDITA
AVIGLIANA
colore di fondo
Ore
L
sovracolore
a
b
L
a
colore di fondo
b
Ore
L
a
sovracolore
b
L
a
b
0
69,19
4,7
48,36 b
32,25
32,41
11,87
0
67,33
5,77 b
48,19 ab
34,68
37,69 a
17,92 a
24
70,52
5,97
47,66 b
34,83
31,86
11,65
32
67,77
8,14 ab
45,55 b
37,94
33,55 b
15,24 ab
48
71,1
5,62
50,10 ab
34,82
30,27
11,27
56
64,61
7,02 b
47,34 ab
35,54
31,89 b
12,85 b
63
70,32
6,2
50,98 a
33,38
27,14
9,03
96
67,67
11,97 a
50,44 a
35,39
31,90 b
12,45 b
n.s
n.s
**
n.s.
n.s
n.s
**
**
PUNTO
VENDITA
L
**
**
n.s.
RIVOLI
colore di fondo
Ore
n.s
a
sovracolore
b
L
a
colore di fondo
b
Ore
L
a
sovracolore
b
2,87
47,45 b
33,21 ab
33,2
13,57
0
68,05 ab
24
69,25
5,39
47,84 b
35,80 a
31,58
13,09
32
68,40 ab
8,3 ab
44,91 b
39,07 a
35,06 ab 16,67 ab
48
70,64
4,5
51,31 ab
34,12 ab
31,1
10,78
56
71,08 a
3,87 b
48,85 a
35,56 ab
32,29 b
12,53 b
63
69,68
4,61
52,38 a
30,60 b
30,65
11,31
96
65,77 b
12,93 a
48,31 ab
35,27 b
32,48 b
12,69 b
n.s
n.s.
**
n.s
**
**
**
**
**
A lettere uguali corrispondono valori statisticamente non differenti tra loro per P ≤ 0,05.
Values marked with the same letter are not statistically different for P ≤ 0.05.
36,17 ab
b
67,83
n.s.
48,18 ab
a
0
**
6,14 b
L
37,53 a
18,46 a
**
Arsia ATTI 7 Raccolta
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AT T I A R S I A
84
ti intorno ai 15° C. Tali temperature si sono verificate al secondo rilievo effettuato a 24 nel primo giro
considerato e a 36 ore nel secondo
giro dalla partenza dei frutti dal
magazzino. Nelle prime 12 ore i
cali ponderali sono sempre piuttosto importanti il che si accorda con
il fatto che la temperatura dell’ambiente, e quindi dei frutti, deve
ancora raggiungere la temperatura
di regime.
Tab. 4 - Perdita di peso (g) nelle cv Stark Red Gold ed Elegant Lady
dalla piattaforma di distribuzione al punto vendita
Tab. 4 - Weight loss (g) in Stark Red Gold and Elegant Lady from warehouse to shelf
CV
STARK RED GOLD
Ore
Avigliana
12
24
1,61 b
0,58 cd
Rivoli
Ore
1,44 a
0,54 b
24
36
Avigliana
1,14 b
0,05 c
Rivoli
1,24 bc
0,19 c
36
0,85 c
1,37 a
60
1,94 b
2,44 b
48
0,27 d
1,26 a
72
2,05 b
1,95 b
60
2,48 a
**
1,15 a
**
96
4,34 a
**
5,09 a
**
Residuo secco rifrattometrico
e acidità titolabile
Il parametro relativo al contenuto zuccherino non evidenzia nessuna differenza significativa per le
cultivar considerate ed in entrambi
i trasporti (tab. 5). Per quanto
riguarda l’acidità titolabile, si evidenzia una tendenza alla diminuzione del valore misurato con il
passare delle ore in corrispondenza
dei differenti siti, sia in Elegant
Lady che in Stark Red Gold, nel
secondo trasporto considerato.
Diversa è la situazione nel primo
giro dove emerge, per entrambe le
cultivar, un’acidità inferiore nei
punti vendita rispetto ai siti precedenti.
Conclusioni
CV
ELEGANT LADY
Ore
Avigliana
Rivoli
Ore
Avigliana
Rivoli
12
2,48 c
1,83 b
12
1,94 b
1,86 b
24
36
0,42 e
1,56 d
0,67 c
1,47 b
24
36
0,35 c
2,02 b
0,30 c
1,55 bc
72
96
3,25 b
3,98 a
**
2,88 a
2,80 a
**
72
96
3,03 b
6,71 a
**
2,62 b
5,56 a
**
A lettere uguali corrispondono valori statisticamente non differenti tra loro per P ≤ 0,05.
Values marked with the same letter are not statistically different for P ≤ 0.05.
La prova sperimentale permette
di confermare la notevole influenza
che temperatura e umidità relativa
dell’ambiente hanno sull’evoluzione delle caratteristiche qualitative
dei frutti nella fase distributiva. I
punti di debolezza del sistema
preso in esame, infatti, sono rappresentati dalla difficoltà nella gestione
di questi due parametri a livello di
piattaforma di distribuzione, ma
ancor più di punti vendita.
Tab. 5 - Evoluzione dei parametri organolettici di Elegant Lady e Stark Red Gold
in differenti punti della filiera distributiva
Tab. 5 - Evolution of fruit quality parameters in Elegant Lady and Stark Red Gold during distribution chain
CV
ELEGANT LADY
consistenza polpa (kg)
RSR (° Brix)
acidità titolabile (meq/l)
1° trasporto
2° trasporto
1° trasporto
2° trasporto
Cooperativa
7,4 a
5,2 a
11,6
9,2
121,15 a
95,8 b
Piattaforma
Avigliana
Rivoli
4,5 b
2,1 d
2,9 c
**
4,4 a
2,5 b
2,6 b
**
11,7
11,4
11,2
n.s.
9,6
9,2
8,9
n.s.
104,84 b
98,57 bc
91,40 c
**
97,8 b
139,17 a
139,9 a
**
CV
STARK RED GOLD
consistenza polpa (kg)
1° trasporto
Cooperativa
Piattaforma
Avigliana
Rivoli
5,8
4,2
3,2
3,1
a
b
c
c
**
RSR (° Brix)
2° trasporto
5,3
4,5
2,4
2,4
**
a
b
c
c
1° trasporto
1° trasporto
2° trasporto
acidità titolabile (meq/l)
2° trasporto
11,5
11,1
11,2
11,1
10
9,8
10
9,9
n.s.
n.s.
A lettere uguali corrispondono valori statisticamente non differenti tra loro per P ≤ 0,05.
Values marked with the same letter are not statistically different for P ≤ 0.05.
1° trasporto
2° trasporto
138,33
121,84
111,56
107,64
131,97
131,52
195,24
167,97
**
a
b
c
c
**
b
b
a
ab
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T E C N I C H E P O S T R A C C O LTA D E I P R O D O T T I O R T O F L O R O F R U T T I C O L I
Inoltre, la lunga permanenza dei
frutti sullo scaffale prima dell’acquisto (anche 60 ore) in condizioni spesso non controllate, influenza notevolmente il decadimento
qualitativo dei frutti soprattutto in
termini di perdita di peso e diminuzione della brillantezza degli
stessi. Si è infatti potuto notare
come l’insorgere di fenomeni di
senescenza dei frutti si manifesti
non solo attraverso un notevole
rammollimento della polpa, spesso
ben oltre valori che assicurano
l’accettabilità del frutto, ma anche
con un generalizzato stato di
‘appassimento’ che rende lo stesso
non più attraente.
Da questa prima elaborazione dei
dati è possibile ipotizzare una diversa gestione del freddo là dove emerge un miglior comportamento dei
frutti mantenuti a temperature ten-
Bibliografia
AKTERIAN S. (1996) - Total quality
index and evaluation of the multifactor effect on shelf-life of refrigerated foods. Proc. Refrigeration Science and Technology, Lexington 2-4
october: 133-138.
PAULL R.E. (1999) - Effect of temperature and relative humidity on fresh
commodity quality. Postharvest Biol.
Technol. 15: 263-277.
85
denzialmente più elevate, ma costanti, rispetto a quelli sottoposti, in
alcuni tratti della filiera, a basse temperature. La corretta pianificazione
degli ordini e il miglioramento della
logistica potrebbero ridurre considerevolmente il tempo che intercorre tra il caricamento dei frutti sugli
autocarri e l’arrivo del prodotto
presso il punto vendita. La riduzione del ciclo potrebbe migliorare il
mantenimento delle caratteristiche
dei frutti e/o permettere la raccolta
di frutti più maturi con conseguente miglioramento delle caratteristiche gustative dei frutti, consentendo la riduzione della distanza tra le
aspettative del consumatore e le esigenze del mondo produttivo e
distributivo.
Alcune elaborazioni, inoltre,
hanno consentito di calcolare un
parametro che è correlato con
l’andamento del valore di consistenza della polpa a partire dalle
variazioni delle condizioni termoigrometriche ambientali, della temperatura interna dei frutti e del
tempo trascorso rispetto alla partenza del frutto dalla centrale
ortofrutticola.
Tale parametro, ancora suscettibile di ulteriori affinamenti, potrà
essere impiegato per predire l’andamento della consistenza dei
frutti in diverse situazioni di stoccaggio e trasporto dei medesimi.
PEANO C., GIACALONE G., BOUNOUS
G. (2000) - Changes in fruit quality
of peach and nectarine from transport to market. 4th Int. Conf. on
Postharvest Science, Jerusalem, 2631 march [in press].
PRATELLA G. (1998) - Il trasporto
degli ortofrutticoli. Prima parte.
Frutticoltura 4: 83-85.
SHEWFELT R.L., DIXON P. (1996) Seven principles for better quality of
refrigerated fruits and vegetables.
Proc. Refrigeration Science and
Technology, Lexington 2-4 october:
231-236.
SHEWFELT R.L. (1999) - What is quality? Postharvest Biol. Technol. 15:
197-200.
WILLS R., MCGLASSAN B., GRAHAM
D., JOYCE D. (1998) - Postharvest.
An introduction to the Physiology &
Handling of fruit, vegetables &
ornamentals. CAB Int., U.K., pp.
262.
Ringraziamenti
Si ringrazia il Sig. Domenico Paschetta
presidente dell’Associazione Lagnasco
Group per aver messo a disposizione strutture e personale dell’Associazione, rendendo così possibile lo svolgimento della ricerca,
finanziata dalla Regione Piemonte.
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9. La determinazione non-distruttiva di alcuni parametri
di qualità della frutta: risultati delle esperienze condotte
con il sistema NIRs (Near InfraRed spectroscopy)
G. Costa, M. Noferini, G. Fiori, M. Montefiori, O. Miserocchi, C. Andreotti
Dipartimento di Colture Arboree, Università di Bologna
Riassunto
La spettroscopia nell’infrarosso
vicino è una tecnica che consente di
determinare le caratteristiche
interne dei frutti senza dover ricorrere alla loro distruzione. In condizioni di magazzino la tecnica consente di classificare un ampio campione di frutti sulla base delle loro
Non-destructive assessment
of fruit quality parameters:
results obtained with
a stactionary and portable
NIRs instruments
Abstract
Fruits are graded on the basis of
external appearance factors (skin
color, fruit shape, absence of defects
and bruises, commercial size, etc.)
currently determined by machine on
a given number of fruits. Other
parameters, which may better meet
consumer expectations, as internal
fruit characteristics are traditionally determined in a destructive manner. Currently, near-infrared spectroscopy (NIRs) techniques to evaluate parameters for estimating
maturity have already been used
with fruit (species as orange, peach,
apple, blueberry, papaya, kiwifruit
and persimmon) and vegetables
(tomato, garlic, etc.) and are available as a stationary as well as
portable instrument. The first could
be used in packing house condition to
grade fruits for their internal quality parameter while the portable one
caratteristiche di qualità alle velocità operative delle calibratrici
della frutta. Il sistema può essere
anche portatile ed in condizioni di
campo offre la possibilità di determinare il momento più opportuno
per effettuare la raccolta monitorando l’evoluzione di alcuni parametri sempre sullo stesso campione
di frutti. Si riportano in questo
lavoro la descrizione delle attrezzature impiegate, i principi del loro
funzionamento ed i risultati di
alcune sperimentazioni effettuate
nelle due condizioni operative.
could be used in field condition to
monitor the evolution of some ripening parameters to determine the best
harvesting time. The device is represented by a commercial single-beam
spectrometer with a standard diffraction grating (650-1200 nm,
Near InfraRed). The light is generated by a tungsten halogen lamp,
coupled into a bundle consisting of 6
200 um optical fibers and carried to
the probe end. The fruit will selectively reflect light back into a 7th
fiber which transfers the information to the spectrometer. The probe
end is a stainless cylinder, 50mm
long x 6,35 mm diameter positioned
on the fruit surface and a sponge
ring surrounding the head probe
guarantees that only the fruit reflects
the light reaching the probe. Three
additional 50 W lamps are placed
inside the equipment and directed to
the target fruit. Data acquisition is
schematically operated as follows. In
the case of the stationary instrument
the spectrometer interfaces to a PC
via an analog-to-digital converter
card (the ADC-500 is an ISA-bus
compatible 12-bit A/D card for use
with benchtop spectrometer with a
500 kHz A/D frequency). The ISAbus A/D card interfaces to a desktop
PC. In the case of the portable one
data are transferred to a notebook
via a PCMCIA A/D card (DAQ700). The DAQ-700 has a 100 kHz
A/D frequency, corresponding to an
integration time for the CCD detector of 40,8 ms. As far as statistical
analysis is concerned, each spectrum
was recorded as log (1/R), where R=
reflectance, by averaging a given
number of scans. Calibration, standard analysis procedures of multiple
linear (MLR) and forward stepwise
regression were performed by allowing the SAS software to select the best
regression equations using first
derivative of the spectra. Here are
presented the two NIRs used, the
main operating principle and some
results obtained in specific experiments carried out on some fruit
species.
Parole chiave: spettroscopia nell’infrarosso vicino, Prunus persica,
qualità dei frutti, regressione
multipla lineare.
Keyword: Near InfraRed spectroscopy, Prunus persica, soluble
solids content, flesh firmness, acidity, multiple linear regression.
Arsia ATTI 7 Raccolta
88
4-06-2002 12:45 Pagina 88
AT T I A R S I A
Introduzione
La qualità dei prodotti ortofrutticoli viene nella pratica determinata impiegando criteri visivi ed
analitici. I criteri di tipo visivo
(forma, dimensione, colore, rispetto della forma tipica del frutto
della specie considerata, eventuale
assenza di difetti sull’epidermide,
ecc.) presentano la caratteristica di
essere non distruttivi e quindi ipoteticamente applicabili ad un vasto
numero di frutti campione. I criteri visivi non sono però in grado di
fornire sufficienti informazioni
sugli aspetti di tipo biochimico e
fisiologico che caratterizzano un
frutto in maturazione. Il ricorso a
criteri analitici diventa quindi
necessario per determinare le
caratteristiche interne dei frutti
(durezza della polpa, contenuto in
solidi solubili ed in amido, acidità). Mentre le determinazioni
non-distruttive possono essere determinate su di un ampio campione se non addirittura su tutta la
partita (ad esempio, la suddivisione in classi di calibro commerciale
dei frutti), tutti gli altri parametri
devono essere necessariamente
estrapolati da un campione vista
l’onerosità delle determinazioni,
sia in termini di tempo che di
costo. Ciò limita fortemente l’ampiezza del campione al quale fare
riferimento per la descrizione del
fenomeno analizzato. Inoltre, in
considerazione dell’estrema variabilità dimostrata da questi parametri sia in frutti provenienti dallo
stesso albero che, a maggior ragione, in frutti provenienti da alberi
diversi dello stesso impianto
(Smith et al., 1994), la limitazione
imposta dall’onerosità economica
e di tempo di analisi di tipo
distruttivo rappresenta un limite
operativo e metodologico certamente non trascurabile. Peraltro
recentemente sono stati proposti
metodi non-distruttivi capaci di
valutare le caratteristiche esterne
ed interne dei prodotti ortofrutticoli. Queste metodologie sono
basate sullo studio delle proprietà
chimiche, fisiche e chimico-fisiche
dei frutti; in particolare la spettro-
scopia nell’infrarosso vicino (tecnica che rientra nello studio delle
proprietà elettromagnetiche dei
frutti) si è dimostrata tra le più
promettenti sia per i risultati ottenuti per la valutazione non distruttiva di alcuni dei parametri sopra
elencati, sia per la duttilità evidenziata in funzione di un possibile
impiego in campo (Chuma et al.,
1976; Kawano, 1994a e 1994b;
Kawano et al., 1992; Lammertyn
et al., 1998; Costa et al., 1999a e
1999b; Andreotti et al., 2000). La
strumentazione NIRs è in grado di
operare ad elevate velocità d’esercizio, ed è quindi potenzialmente
possibile il suo impiego in linea
sulle macchine selezionatrici adottate per la calibrazione della frutta.
Si riportano i dati ottenuti in
alcuni anni di indagini con due
strumentazioni NIRs, una stazionaria ed una portatile sia in condizioni di magazzino per verificare la
possibilità di effettuare una selezione dei frutti sulla base delle
loro caratteristiche interne, sia in
condizioni di campo per la determinazione dello stadio di maturazione dei frutti.
Materiali e metodi
Strumentazione
La strumentazione che è stata
impiegata è un semplice spettrometro prodotto dalla Ocean Optics Inc. (fig. 1). Esso opera nella
regione dell’infrarosso vicino fra i
650 nm e 1200 nm. La radiazione
della luce incidente è emessa da
una sorgente alogena al tungsteno
e, per avere una maggiore penetrazione nel frutto, sono state aggiunte alla strumentazione originale tre lampade con una potenza
di 50 W ciascuna. La radiazione
riflessa viene poi convogliata in un
fascio di 6 fibre ottiche poste a
contatto con il frutto e trasportata,
per qualche metro, fino a raggiungere l’ingresso dello spettrometro.
Una lente convergente ha poi il
compito di concentrare la luce
proveniente dal frutto sulla superficie di un reticolo di diffrazione
separandola in singole lunghezze
d’onda. Infine, ogni singola radiazione viene poi convertita in un
segnale elettrico per mezzo di un
trasduttore ottico. In questa indagine è stato fatto uso del sistema
“in interattanza”, dove il campo
visivo del sensore è separato dalla
superficie illuminata da una apertura sigillata in contatto con la
superficie del frutto. I sistemi applicabili oggi con la metodologia
NIRs sono peraltro fondamentalmente tre: “in riflettanza”, “in trasmittanza” e “in interattanza”. Il
sistema “in riflettanza” possiede il
detector sistemato nella stessa
posizione di incidenza del raggio
luminoso, a differenza di quello
“in trasmittanza” dove il detector
può trovarsi diametralmente opposto al raggio luminoso incidente
(fig. 2). Lo spettrometro viene
collegato a seconda del modello
‘stazionario’ o ‘portatile’ ad un
desktop (computer da tavolo) o ad
un notebook (computer portatile). La strumentazione impiegata
permettono l’individuazione o anche la quantificazione del composto sfruttando le proprietà della
spettroscopia nell’infrarosso vicino, attraverso la misura dell’energia che interagisce con le molecole del campione prima di raggiungere il detector. Quando un prodotto è esposto ad un raggio luminoso incidente, parte della luce
viene riflessa, parte trasmessa e
parte assorbita (fig. 3). Circa il 4%
della luce incidente viene riflessa
dalla superficie esterna, e prende il
nome di riflessione speculare. La
riflessione speculare è considerata
essere indipendente dall’assorbimento, infatti contiene tutte le
lunghezze incidenti aventi un’intensità proporzionale a quella
emessa dalla sorgente non essendo
stata modificata dalla superficie
riflettente. Il rimanente 96% dell’energia incidente viene trasmessa
attraverso i tessuti cellulari e fuoriesce vicino al punto incidente.
Questo tipo di energia viene chiamata riflettanza diffusa. Una parte della luce incidente non riflessa
dal campione viene diffusa o
dispersa (scattering) dalle piccole
interfacce interne al tessuto, e una
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parte dell’energia è assorbita dal
materiale sotto la superficie (assorbanza). Infine, rimane una piccola
parte dell’energia che fuoriesce dal
lato opposto al punto incidente
chiamata trasmittanza. Viene definita diretta quando attraversa un
liquido limpido e diffusa quando
attraversa una sostanza ad elevato
potere disperdente come ad esempio un frutto.
Materiale vegetale
Sono state prese in considerazione alcune cultivar di alcune specie frutticole. Più precisamente per
il melo sono state effettuate misure sulle cultivar del gruppo Gala e
Fuji e Golden delicious, per il pero sono state considerate William,
Abate Fétel, Conference e Passa
Crassana, per il pesco Springred,
Weinberger, Redhaven e Stark Red
Gold e per l’actinidia Hayward.
Metodologia sperimentale
In condizioni di magazzino per
ognuna delle cultivar considerate
sono stati analizzati almeno 80
frutti letti con la strumentazione
NIRs per l’acquisizione degli spettri di assorbanza. La zona di appoggio della sonda sull’epidermide su ogni frutto veniva segnata
onde effettuare esattamente nello
stesso punto le determinazioni
distruttive dei parametri di qualità.
In campo l’acquisizione degli spettri è stata effettuata a partire da
circa un mese prima della prevista
Fig. 1 - Rappresentazione schematica della strumentazione NIR stazionaria
(sopra) e portatile (sotto)
Fig. 1 - Configuration of NIR portable (over) and stationary (below) used for
the experiments
data di raccolta. I rilievi sono stati
eseguiti con cadenza prima settimanale e poi più ravvicinata in
prossimità della raccolta. Per ogni
data di rilievo è stata acquisita la
lettura NIRs degli spettri di assor-
banza di tutti i frutti campione
considerati e le determinazioni distruttive hanno previsto gli stessi
accorgimenti usati in magazzino
(analisi distruttiva del frutto nella
stessa posizione della lettura non-
Fig. 2 - Il NIR misura l’energia che interagisce con le
molecole del campione prima di raggiungere il detector
Fig. 3 - Interazione della radiazione luminosa con le
particelle solide del composto
Fig. 2 - The study of molecular structure and dynamics
through the absorption, emission, and scattering of light
Fig. 3 - Relationship between light radiation and particle
of the fruit
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Fig. 4 - Confronto fra spettri di
assorbanza di frutti ad epoca di
maturazione diversa
Fig. 4 - Comparison between
spectra of fruits characterized
by a different maturity
Fig. 5 - Andamento dei solidi
solubili in Stark Red Gold
Fig. 5 - Evolution of soluble solids
in Stark Red Gold nectarine fruit
determined by refractometer
and by NIR
Fig. 6 - Scatterplot relativo
al contenuto in solidi solubili
determinato sulla cultivar
Stark Red Gold
Fig. 6 - Scatterplot of calibration
of soluble solids data in Stark Red
Gold nectarine
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distruttiva). Inoltre ad ogni data di
rilievo, su piante contigue a quelle
considerate, veniva prelevato un
campione di 20 frutti scelti a caso,
misurato con la strumentazione
NIRs e quindi portato in laboratorio per le analisi di tipo distruttivo
dei parametri di maturazione dei
frutti. Le determinazioni distruttive hanno riguardato il contenuto
in solidi solubili, la durezza della
polpa, il peso secco (porzione di
circa 5 grammi di polpa di frutto
posti in stufa alla temperatura di
60-70°C per 48 ore o liofilizzati) e
il tenore in acidi organici totali
(titolazioni con NaOH).
Elaborazione statistica:
calibrazione e predizione
Per ogni cultivar è stato costruito un modello di calibrazione per
ognuno dei parametri presi in considerazione. Per la costruzione dei
modelli è stato considerato un
campione di almeno 80 frutti raccolti ed analizzati in corrispondenza delle diverse date di lettura e
campionamento. La scelta è stata
imposta dalla necessità di includere nel modello spettri di assorbanza elettromagnetica corrispondenti a frutti estremamente eterogenei
nei valori dei diversi parametri
della maturazione analizzati quali
quelli che si possono avere in un
lasso di tempo corrispondente a
circa un mese prima della presunta
data di raccolta. Questa procedura
permette infatti di ottenere un
modello di calibrazione “robusto”, cioè in grado di essere applicato con successo per la predizione di alcuni indici della maturazione oscillanti all’interno di un
“range” di valori piuttosto ampio.
Ciò è stato facilmente realizzabile
nelle prove di campo dove i frutti
erano raccolti ad un diverso grado
di maturazione. Per ognuno dei
campioni scelti per i modelli di
calibrazione, i valori di assorbanza
(fig. 4) a lunghezze d’onda comprese tra 650 e 1200 nm sono stati
trasformati in valori di derivata
prima o seconda ed utilizzati come
variabili indipendenti nella regressione. La variabile dipendente è
rappresentata dai valori dei para-
Tab. 1 - Picchi di assorbimento dell’acqua e dei carboidrati
a determinate lunghezze d’onda
Tab. 1 - Wavelength, absorber molecule and model peak position
Lunghezze
Posizione picchi ± larghezza (nm)
(nm)
Molecole
°Brix
830-840
H2O e Cx(H2O)n
842 ± 10
842 ± 10
DM
870-890
Cx(H2O)n*
878 ± 15
886 ± 12
900-930
Cx(H2O)n**
924 ± 10
938
H2O
936 ± 10
94 ± 2
958
H2O**
958 ± 7
960 ± 10
970-990
1010-1030
1053
Cx(H2O)n*** e H2O
984 ± 12
986 ± 11
Cx(H2O)n e H2O
1016 ± 4
1022 ± 8
Cx(H2O)n
1052 ± 15
1048 ± 12
metri di maturazione considerati
(solidi solubili totali, acidità e peso
secco, ecc.) determinati distruttivamente. I valori di assorbanza nel
caso della durezza della polpa dei
frutti di pesco sono anche stati utilizzati tal quali al fine di ottenere
un modello di calibrazione più
“robusto”. Gli spettri di assorbanza dei campioni sono stati analizzati ed elaborati da un software
creato con uno specifico linguaggio di programmazione contenente molte librerie necessarie allo sviluppo di alcuni algoritmi matematico-statistici. La predizione dei
caratteri di qualità considerati è
ottenuta attraverso il calcolo della
correlazione esistente fra i valori di
assorbanza a specifiche lunghezze
d’onda ed i parametri qualitativi
determinati analiticamente (e distruttivamente) per gli stessi campioni di frutti. L’equazione di calibrazione è stata poi applicata sugli
spettri di assorbanza di un set di
frutti di predizione rappresentato
dal campione di frutti residui. La
bontà della calibrazione viene
espressa dal numero di lunghezze
d’onda selezionate, dal coefficiente di determinazione multiplo R2
(usato per stimare la variazione di
y spiegata dalla regressione) e dal
parametro SEC (standard error of
calibration). Il coefficiente R2 può
anche raggiungere l’unità se il
numero di coefficienti nel modello
uguaglia il numero di osservazioni
(tutte le lunghezze d’onda). La
difficoltà che si incontra nella creazione del modello di calibrazione è
proprio quella di riuscire ad ottenere il più alto valore di R2 con il
minore numero di lunghezze
d’onda per rendere più robusto e
generale il modello di predizione.
Normalmente si usano alcuni accorgimenti per ridurre il numero
di lunghezze d’onda, come l’eliminazione delle frequenze che
non portano informazione al
modello costruito per la rilevazione di un determinato composto
(tab. 1). Per esempio, non utilizzeremo mai lunghezze d’onda lontane dai picchi di assorbimento di un
determinato composto. È stato
inoltre usato un segmento (numero di punti che sono mediati per
ottenere il valore ad una determinata lunghezza d’onda; esso può
variare da 8 a 20 nm) ed un gap
(spazio che può essere lasciato fra
un segmento e l’altro e che può
variare da 0 a 20 nm). Calibrazioni di 2-4 lunghezze d’onda, SEC
contenuti e R elevati consentono
un SEP (standard error of prediction) contenuto. Un’ulteriore
verifica che viene usata per valutare la bontà del modello costruito
è l’SDR (standard deviations ratio)
SDR = SD/SEP
dove SD è la deviazione standard
del data set. Indica la quantità
d’informazione chimica che viene
“estratta” dagli spettri. Il risultato
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di questo rapporto deve essere
superiore o uguale a 3 per considerare significativo e positivo il
processo predittivo.
Risultati
Si riportano alcuni risultati ottenuti con la strumentazione stazionaria e portatile.
Sistema NIRs stazionario
Nella tab. 1, relativa ai valori di
acidità determinati complessivamente su 4 cultivar di pero (William, Abate Fétel, Conference e
Passa Crassana), è riportata la relazione fra la bontà dell’analisi statistica effettuata ed il numero di
lunghezze d’onda impiegate. Dall’analisi della tabella si nota come
al crescere del numero di lunghez-
ze d’onda si migliorino tutti i
parametri (R, SEC e SEP) esaminati. Prendendo in considerazione i
valori di R è infatti interessante
vedere come una sola lunghezza
d’onda consente il raggiungimento di valori di 0,83 più che rappresentativi del fenomeno studiato.
Crescendo il numero delle lunghezze d’onda sino a 4 si arriva a
migliorare il valore di R sino a
0,91 determinando ovviamente
anche una corrispondente riduzione dello scarto nel SEC e nel SEP.
Peraltro va considerato che maggiore è il numero di lunghezze
d’onda minore è la ‘robustezza’
della previsione (tab. 2).
È altresì importante rilevare che
con una unica acquisizione dello
spettro si riescono a determinare
più parametri di qualità, se sono
ovviamente a disposizione i valori
Tab. 2 - Relazione tra parametri statistici
e il numero di lunghezze d’onda
Tab. 2 - Best results of calibration and prediction as related to the number
of considered wavelength in intact pear fruit of the four considered varieties
λ1
λ2
771.5
771.5
771.5
771.5
755,5
755,5
755,5
λ3
723,5
723,5
λ4
R
739.5
0,83
0,89
0,91
0,91
SEC
SEP
0,90
0,71
0,67
0,64
1,33
1,00
0,93
0,74
Bias
0,53
0,37
0,30
– 0,30
Tab. 3 - R, SEC, SEP, Bias calcolato e numero e range di lunghezze
d’onda per i parametri di qualità sulle 4 cultivar di pero selezionate
Tab. 3 - R2, R, standard error of calibration (SEC) and prediction (SEP) and Bias
calculated for SSC and FF indexes of the four pear varieties considered
Carattere
R
RSS
Durezza polpa
Acidità
Peso secco
0,7
0,7
0,91
0,77
SEC
SEP
1,22
0,7
0,64
1,53
1,15
0,9
0,74
1,35
Bias
– 0,1
+ 0,25
– 0,3
– 0,1
λ (n)
Range
5
5
4
5
700-900
700-900
700-900
700-900
Tab. 4 - Parametri di qualità, R e SEC
ottenuti con le lunghezze d’onda considerate
delle determinazione distruttive.
Nella tab. 3 sono per l’appunto riportati i solidi solubili, la durezza
della polpa, l’acidità e il contenuto
in sostanza secca dei frutti di alcune cultivar di pero ottenuti con
una unica acquisizione di misure
di assorbanza.
Sistema NIRs portatile
La strumentazione portatile è
stata impiegata in condizioni di
pieno campo su frutti di pesco,
nettarine ed actinidia. Nella tab. 4
sono riportati i valori determinati
su pesco Redhaven e sulla nettarina Stark Red Gold relativi al contenuto in solidi solubili, alla durezza della polpa e all’acidità. In linea
generale i valori migliori sono stati
ottenuti sul contenuto in solidi solubili, ma altrettanto interessanti
possono essere ritenute anche le
altre determinazioni considerando
che sono state tutte ottenute con
un numero massimo di 3 o 4 lunghezze d’onda. Le equazioni di
calibrazione ottenute sono state
quindi applicate sugli spettri elettromagnetici di tutti i frutti considerati e si è quindi verificata la
capacità dei modelli di calibrazione di prevedere i valori assunti dai
diversi indici di maturazione indagati, e quindi di poter monitorare
l’evoluzione durante il corso dell’evento fisiologico. Nella fig. 5
sono riportate le curve rappresentative dell’andamento dei solidi
solubili della cv Stark Red Gold
ottenute sia tramite le analisi
distruttive di volta in volta realizzate, sia attraverso l’interpretazione
degli spettri elettromagnetici registrati dall’apparecchiatura NIRs. Si
riporta come esempio lo scatterplot ottenuto sulla cv Stark Red
Gold (fig. 6) relativo al contenuto
in solidi solubili determinati sia
con il metodo tradizionale che con
quello NIRs.
Tab. 4 - Quality traits, R and SCE as affected by the number of wavelength
Specie/cultivar
Carattere
Pesco/Redhaven
Solidi solubili
Durezza
Acidità
Solidi solubili
Acidità
Nettarina/ Stark Red Gold
R
SEC
Lunghezza d’onda
0,94
0,91
0,89
0,95
0,84
0,67
1,70
0,63
0,61
0,75
2
3
4
4
4
Conclusioni
Questi ultimi anni hanno indicato che i consumatori richiedono
una qualità intrinseca superiore dei
prodotti ortofrutticoli, prova ne
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sia la costante disaffezione dei
consumatori che lamentano la
scarsa qualità dei frutti. È complicato peraltro offrire ai consumatori frutti di qualità uniforme impiegando tecniche tradizionali distruttive per effettuare classificazioni sulla base della loro qualità
interna in quanto queste debbono
forzatamente essere effettuate su
di un limitato campione di frutti
che può non essere rappresentativo della partita esitata. L’uso di
metodologie di valutazione nondistruttive (NIRs, naso elettronico, NMR etc.) consente di poter
operare su grandi quantitativi di
prodotto e di poter effettuare selezioni e standardizzazioni dei frutti
sulla base di alcuni parametri di
qualità interna dei frutti, come ad
esempio il contenuto zuccherino,
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93
l’acidità, la durezza della polpa,
etc. I sistemi NIRs, nati soprattutto per un utilizzo nelle centrali di
raccolta e lavorazione della frutta
(Chuma et al., 1976; Kawano
1994a e 1994b; Kawano et al.,
1992; Lammertyn et al., 1998),
stanno trovando le prime applicazioni commerciali anche nel
nostro paese per gli interessanti
risultati ottenuti e possono altresì
avere grandi prospettive in un utilizzo in campo per la determinazione dello stadio di maturazione
dei frutti (Costa et al., 1999a e
1999b; 2000; Andreotti et al.,
2000; Noferini e Andreotti,
2000). I risultati ottenuti indicano
la concreta possibilità di poter
disporre di un quadro completo di
informazioni relative ai diversi
aspetti qualitativi intrinseci ed ai
Ringraziamenti
Ricerca svolta nell’ambito del Progetto
“Aspetti biochimici e molecolari della
maturazione dei frutti di pesco” finanziato dal MURST (Cofin ex-40% 1998-2000).
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parametri della maturazione e di
poter selezionare in condizioni di
magazzino i frutti sulla base delle
loro caratteristiche interne.
In condizioni di campo, altrettanto interessante si è dimostrato
l’impiego di strumentazioni NIRs
portatili che consentono di stimare con buona precisione il momento ottimale dell’epoca di raccolta, aspetto questo in grado di
influenzare in maniera rilevante la
capacità dei frutti di sviluppare
pienamente tutte le loro qualità
organolettiche e gustative.
Arsia ATTI 7 Raccolta
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10. Analisi non distruttiva di danni patologici su pesche
R. Oberti, M. Fiala, R. Guidetti
Istituto di Ingegneria Agraria, Università di Milano
Riassunto
La richiesta di standard qualitativi sempre più elevati nel settore
ortofrutticolo impone la messa a
punto di sistemi per il riconoscimento delle alterazioni dei frutti in
postraccolta più affidabili ed orientati a dotare i centri di conferimento di un maggior livello d’automazione. Il problema del marciume sui frutti è uno dei maggiori
ostacoli per la loro commercializzazione ed è particolarmente marcato
per le pesche in quanto frutta velocemente deperibile. Questa ricerca
ha applicato un sistema di visione
per la valutazione di difetti d’origine patologica presenti su pesche di
varietà Elegant Lady. Con questa
tecnica sono state analizzate le
modifiche delle proprietà di riflettanza indotte sul tessuto vegetale
dal marciume. La prima fase del
lavoro ha messo a punto una procedura di inoculazione di frutti sani
con Penicillium sp., precedentemente isolato da mela. La fase successiva ha previsto l’acquisizione delle
immagini, a tempi diversi dall’inoculazione, di quattro lotti formati
da 20 pesche ciascuno. Le immagini sono state acquisite a intervalli
di 24 ore per quattro giorni successivi e a 15 lunghezze d’onda comprese nell’intervallo tra 380 e 1010
nm. Per l’acquisizione delle immagini si è utilizzata una telecamera
digitale con monocromatore, costituito da una ruota motorizzata,
controllata attraverso un computer,
in cui sono alloggiati quindici filtri
con bande passanti distribuite nell’intervallo spettrale compreso tra
380 nm e 1010 nm. Attraverso
l’ausilio di un opportuno software è
stata eseguita, infine, un’attenta
analisi delle immagini valutando i
dati di riflettanza della zona sana
e di quella infetta.
Un’analisi comparativa dei dati
ottenuti ai diversi tempi, per i
diversi lotti ha dato i seguenti risultati:
• dopo 24 ore dall’inoculazione è
presente una leggera differenza tra
le curve della riflettanza media del
tessuto sano e di quello infetto, nell’intervallo spettrale compreso tra
440 e 600 nm; inoltre intorno agli
800 nm la curva della zona infetta
subisce una caduta legata all’accentuato assorbimento della luce da
parte dell’acqua, qui maggiormente presente a causa dell’infezione.
Questo fenomeno rimarrà costante
per i tempi successivi;
• dopo 48 ore dall’inoculazione
non si manifesta, nell’intervallo tra
440 e 600 nm, alcun aumento del
valore assoluto della separazione tra
le curve di riflettanza del tessuto
sano e di quello infetto ma una riduzione della dispersione dei dati intorno alla media, il che indica la maggiore significatività del fenomeno;
• tra le 48 e le 72 ore dall’inoculazione è interessante rilevare che si
verifica, nell’intervallo tra 440 e
600 nm, una decisa inversione di
posizione reciproca tra la curva di
riflettanza dei frutti sani, che nei
tempi precedenti stava sopra a
quella dei frutti infetti, e quest’ultima. In questa fase infatti iniziano ad intravedersi anche ad occhio
nudo le sporulazioni biancastre del
Penicillio che presentano un potere
riflettente maggiore, mentre prima
di questa fase la zona infetta
mostrava colorazione più scura
rispetto alla zona sana, e quindi
minor potere riflettente;
• dopo 72 ore dall’inoculazione i
fenomeni rilevati dopo 48 ore subiscono una netta accentuazione.
L’analisi delle immagini ha evidenziato che le modificazioni della
riflettanza indotte dal patogeno
sono particolarmente evidenti utilizzando l’immagine acquisita a
440 nm; lavorando a tale lunghezza d’onda il sistema permette di
evidenziare la zona infetta a 48-72
ore dall’inoculazione, quando l’infezione è di dimensioni ancora limitate e difficilmente visibile ad
occhio nudo. La metodologia seguita è facilmente integrabile su linee
di cernita automatiche, basandosi
essenzialmente su una telecamera
CCD monocromatica equipaggiata con un filtro, centrato sulla lunghezza d’onda di 440 nm.
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11. Attività glicosidasiche in ciliegio dolce
(Prunus avium L.) durante la maturazione
C. Gerardi, F. Blando, A. Santino, G. Zacheo
Istituto di Ricerca sulle Biotecnologie Agroalimentari - CNR, Lecce
Riassunto
La maturazione dei frutti di due
cultivar di ciliegio dolce (Lapins e
Ferrovia) è stata studiata in relazione alla variazione in peso, solidi
solubili, consistenza dei frutti e
attività di dieci enzimi glicosidici.
I frutti sono stati raccolti a quattro
stadi di maturazione: immaturo
(stadio I), invaiatura (stadio II),
maturo (stadio III) e sovramaturo
(stadio IV). Per ogni stadio di
maturazione delle due cultivar, le
Glycosidase activities in
sweet cherry (Prunus avium
L.) during ripening
Abstract
Excessive cherry softening can
cause a decreased fruit storability
and a considerable economic loss.
The mechanism that regulates
changes in firmness during fruit
ripening is not fully understood. In
a previous work a β-glucosidase
activity, modulated during cherry
ripening, was isolated and characterised (Gerardi et al., 2001). In
an attempt to better investigate the
role of glycosidase activities in sweet
cherry ripening we studied the enzymatic changes of ten glycosidases in
two sweet cherry cultivar (Lapins
analisi qualitative hanno confermato le maggiori dimensioni e consistenza dei frutti della cv Ferrovia.
Tra le attività enzimatiche solubili in acqua, durante la maturazione si osserva un aumento della
β-glucosidasi e della β-fucosidasi in
entrambe le cultivar.
Al contrario, per le attività glicosidasiche di parete, nella cv Ferrovia la β-galattosidasi aumenta del
60% tra lo stadio I e lo stadio IV,
mentre nella cv Lapins aumenta
del 51% nelle stesse condizioni. L’at-
tività β-fucosidasica aumenta di
nove volte nella cv Ferrovia e di
quattro volte nella Lapins.
L’attività β-galattosidasica, nella cv Lapins, aumenta regolarmente tra il I e il III stadio, nella Ferrovia è più alta nel I e nel IV stadio
quando la consistenza dei frutti e i
solidi solubili subiscono marcate
variazioni.
and Ferrovia) at four ripening stages: unripe (stage I), turning (stage
II), ripe (stage III) and full-ripe
(stage IV).
Quality measurements were carried out at the four ripening stages
reported above. In cv Lapins weight
increases were significant between
stage II and III, while they were constant in cv Ferrovia. Fruit firmness
declined constantly in both cultivar,
but was always higher in cv Ferrovia.
The solid soluble content increased
gradually from stage I to stage III in
both cultivar, while it rose sharply
from stage III to stage IV.
Of the tested glycosidases, β-fucosidase and β-glucosidase showed the
highest activity in the water-soluble
protein sample. The activities of
both these enzymes increased throughout fruit ripening from stage I to
stage IV. In the salt-extracted protein sample, which represents the
proteins covalently or ionically
bound to cell wall, β-galactosidase
and β-fucosidase possessed the highest activity. The activity of both
increased from stage I to stage III
and then it showed a slight decrease
at the over-ripe stage. From these
results we can hypothesize that βglucosidase, β-fucosidase and βgalactosidase play a role in cherry
fruit ripening and softening.
Parole chiave: Prunus avium, glicosidasi, frutti, maturazione.
Keywords: Prunus avium, glycosidases, cherry fruit, ripening.
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AT T I A R S I A
Introduzione
L’eccessivo ammorbidimento
della polpa nei frutti carnosi determina considerevoli perdite economiche, dovute ad una minore possibilità di conservazione degli stessi, ad un diminuito apprezzamento visivo e ad una maggiore suscettibilità agli attacchi fungini. I meccanismi che regolano i cambiamenti della consistenza durante la
maturazione dei frutti non sono
ancora completamente conosciuti.
Si pensa che questi cambiamenti
coinvolgano componenti strutturali della parete dei frutti, quali le
pectine, attraverso l’azione di
enzimi idrolitici (Brady, 1987;
Fisher et al., 1991). La ciliegia è
considerata un frutto non climaterico, ed i meccanismi che regolano
la maturazione di queste drupe
sono ancora sconosciuti. Studi
recenti hanno formulato l’ipotesi
secondo la quale l’ammorbidimento del frutto di ciliegio non dipenda dalla depolimerizzazione delle
pectine, bensì da una diversa interazione fra i polimeri della parete
durante il processo di maturazione
(Batisse et al., 1994). Questa ipotesi è supportata da diverse evidenze sperimentali, quali il rilevamento di basse attività poligalatturonasiche (PG) e pectinmetilesterasiche
(PME) (Blando et al., 1997), da
una limitata depolimerizzazione
delle pectine e da una perdita di
galattosio ed arabinosio osservata
durante la maturazione (Batisse et
al., 1994; Batisse et al., 1996). In
un lavoro precedente, è stata isolata e caratterizzata una proteina
responsabile per la maggior parte
dell’attività β-glucosidasica, un
enzima idrolitico associato anche
alla parete, che mostra una modulazione durante la maturazione
(Gerardi et al., 2001).
Scopo di questo lavoro è stato
quello di misurare i cambiamenti
in attività enzimatica di dieci diverse glicosidasi, in due cultivar di
ciliegio dolce (Lapins e Ferrovia)
che differiscono per la consistenza
della polpa, in quattro diversi stadi
di maturazione.
Materiali e metodi
Materiale vegetale
Frutti di ciliegio dolce (Prunus
avium L.), cv Ferrovia e cv Lapins,
raccolti nella primavera 2000 in un
ceraseto ubicato in provincia di
Brindisi, sono stati prelevati da tre
diverse piante, a differenti stadi di
maturazione: immaturo (stadio I),
invaiatura (stadio II), maturo (stadio III) e sovramaturo (stadio IV).
Analisi qualitativa
I diametri longitudinale e trasversale e il peso di 50 frutti per
ogni stadio di maturazione sono
stati misurati. La percentuale di
solidi solubili (°Brix) è stata ricavata dalla lettura al rifrattometro
(Bertuzzi) di alcune gocce di
succo ottenuto dai frutti. La consistenza dei frutti interi e non congelati è stata misurata con un
penetrometro (tr, Forlì), premendo un cilindro del diametro di 1,5
mm contro la parete equatoriale
del frutto. Tutti i dati ottenuti da
queste misurazioni risultano dalla
media di 50 misurazioni.
Preparazione della polvere
di acetone
La polpa di diversi frutti della
stessa cv (65 g), ad un determinato stadio di maturazione, è stata
trattata con 0,5 volumi di acetone
freddo (–20°C). La mistura è stata
omogenata due volte per 45 secondi in un Waring blender alla
massima velocità. L’omogenato è
stato filtrato attraverso un imbuto
Buchner con carta da filtro e successivamente lavato con due volumi di acetone freddo.
La polvere di acetone ottenuta è
stata asciugata a temperatura ambiente e conservata a –20°C sotto
atmosfera di N2.
Estrazione delle proteine
e dosaggio delle attività
β-glicosidasiche
Le proteine totali sono state
estratte dalla polvere di acetone
secondo la metodologia riportata
in Gerardi et al. (2001). Le proteine sono state quantificate secondo
il metodo di Bradford (1976)
usando l’albumina da siero bovino
come standard.
Le attività β-glicosidasiche sono
state dosate con il metodo di Ross
et al. (1993). Quantità diverse di
campioni proteici sono stati
aggiunti ad un tampone sodio acetato 25 mM pH 4.0 contenente
0.3% di β-mercaptoetanolo e 2
mM del corrispondente p-nitrofenolo β-D glicopiranoside (Sigma).
Dopo 60 minuti di incubazione a
30°C nei pozzetti di una piastra da
microtiter, la reazione viene bloccata aggiungendo 200 µl di
Na2CO3. Il p-nitrofenolo formatosi è stato determinato spettrofotometricamente come assorbanza a
405 nm. Una unità di attività βglicosidasica è definita come la
quantità di proteina capace di rilasciare 1 µmole di p-nitrofenolo per
minuto.
Risultati e discussione
Il rilevamento dei dati di accrescimento dei frutti, dallo stadio
acerbo (I) a quello sovramaturo
(IV), ha evidenziato che i valori
medi relativi al peso dei frutti di
Ferrovia, erano sempre superiori a
quelli della Lapins. Per quest’ultima cultivar, il maggior tasso di
accrescimento si verifica fra lo stadio II e lo stadio III, mentre per la
Ferrovia il peso dei frutti aumenta
ad un tasso costante, dallo stadio I
al IV (fig. 1). La consistenza dei
frutti in entrambe le cv risulta
costantemente diminuire nel
periodo di tempo monitorato. La
consistenza nella cv Lapins diminuisce ad un tasso costante fra lo
stadio I e lo stadio III, mentre fra
lo stadio III e lo stadio IV il decremento è meno marcato. Nella cv
Ferrovia il maggior decremento di
consistenza della polpa si verifica
fra lo stadio I e lo stadio II (fig. 2).
Questi dati confermano la maggiore consistenza dei frutti della
Ferrovia rispetto a quelli della
Lapins. Il contenuto in solidi solubili dei frutti di entrambe le cultivar incrementa ad un tasso costante fra lo stadio I e lo stadio III,
non presentando alcuna differenza
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Fig. 1 - Modificazioni del peso
di frutti di ciliegio (cv Lapins e
cv Ferrovia) in 4 differenti stadi
di maturazione. Ogni punto
rappresenta la media di 50 repliche
± deviazione standard
Fig. 1 - Weight changes in cherry
fruits (cv Lapins e cv Ferrovia)
during four ripening stages.
Data are the means of 50 samples
± standard deviation
Fig. 2 - Modificazioni della
consistenza di frutti di ciliegio
(cv Lapins e cv Ferrovia) in 4
differenti stadi di maturazione.
Ogni punto rappresenta la media di
50 repliche ± deviazione standard
Fig. 2 - Firmness changes in cherry
fruits (cv Lapins e cv Ferrovia)
during four ripening stages.
Data are the means of 50 samples
± standard deviation
Fig. 3 - Modificazioni del contenuto
in solidi solubili di frutti di ciliegio
(cv Lapins e cv Ferrovia) in 4
differenti stadi di maturazione.
Ogni punto rappresenta la media di
50 repliche ± deviazione standard
Fig. 3 - Changes in total soluble
solid content in cherry fruits (cv
Lapins e cv Ferrovia) during four
ripening stages. Data are the means
of 50 samples ± standard deviation
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Tab. 1 - Attività glicosidasiche dosate in campioni proteici estratti in H2O da polvere di acetone
di frutti di ciliegio (cv Lapins) a quattro stadi di maturazione*
Tab. 1 - Glycosidases activity detected in “H2O-extracted” proteins from acetone powder of cherry fruits (cv Lapins)
at four ripening stages**
Glycosidase
Enzyme activity (U/mg of proteins)
Stage I
Stage II
Stage III
Stage IV
β-D-glucosidase
β-D-galactosidase
1.669 ± 0.365
0.291 ± 0.005
4.844 ± 0.224
0.562 ± 0.100
4.175 ± 0.780
0.451 ± 0.014
6.484 ± 0.048
0.916 ± 0.040
α-D-galactosidase
β-D-fucosidase
α-L-arabinopyranosidase
0.192 ± 0.030
3.021 ± 0.711
0.413 ± 0.070
0.300 ± 0.015
3.027 ± 0.038
0.922 ± 0.034
0.433 ± 0.066
3.796 ± 0.050
0.912 ± 0.109
0.197 ± 0.005
6.674 ± 0.022
1.358 ± 0.381
β-D-xylosidase
α-L-ramnosidase
0.028 ± 0.002
N.D.
0.122 ± 0.036
N.D.
0.208 ± 0.010
N.D.
0.216 ± 0.009
N.D.
α-D-fucosidase
α-D-mannosidase
β-D-mannosidase
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
* Stadio I (acerbo), stadio II (invaiatura), stadio III (maturo), stadio IV (sovramaturo). I risultati rappresentano la media ± la deviazione standard
di quattro valori ottenuti da preparazioni diverse di polvere di acetone. N.D. = non determinato.
** Stage I (unripe), stage II (turning), stage III (ripe) stage IV (full-ripe). Results are the mean ± standard deviation of values obtained from four
separate acetone powder preparations. N.D. = not detected.
Tab. 2 - Attività glicosidasiche dosate in campioni proteici estratti in H2O da polvere di acetone
di frutti di ciliegio (cv Ferrovia) a quattro stadi di maturazione*
Tab. 2 - Glycosidases activity detected in “H2O-extracted” proteins from acetone powder of cherry fruits (cv Ferrovia)
at four ripening stages**
Glycosidase
Enzyme activity (U/mg of proteins)
Stage I
Stage II
Stage III
Stage IV
β-D-glucosidase
β-D-galactosidase
α-D-galactosidase
0.338 ± 0.109
0.046 ± 0.010
0.156 ± 0.003
2.263 ± 0.219
0.172 ± 0.026
0.168 ± 0.048
8.909 ± 0.771
1.381 ± 0.155
0.366 ± 0.009
12.310 ± 1.953
1.892 ± 0.194
0.275 ± 0.015
β-D-fucosidase
α- L-arabinopyranosidase
β-D-xylosidase
α-L-ramnosidase
α-D-fucosidase
0.405 ± 0.066
0.104 ± 0.003
0.020 ± 0.000
N.D.
N.D.
4.281 ± 0.331
0.192 ± 0.036
0.033 ± 0.004
N.D.
N.D.
11.494 ± 3.175
1.872 ± 0.258
0.183 ± 0.038
N.D.
N.D.
17.690 ± 0.790
1.816 ± 0.109
0.173 ± 0.008
N.D.
N.D.
α-D-mannosidase
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
β-D-mannosidase
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
* Stadio I (acerbo), stadio II (invaiatura), stadio III (maturo), stadio IV (sovramaturo). I risultati rappresentano la media ± la deviazione standard
di quattro valori ottenuti da preparazioni diverse di polvere di acetone. N.D. = non determinato.
** Stage I (unripe), stage II (turning), stage III (ripe) stage IV (full-ripe). Results are the mean ± standard deviation of values obtained from four
separate acetone powder preparations. N.D. = not detected.
significativa tra le due cultivar. Fra
gli stadi III e IV, i frutti della cv
Ferrovia mostrano un maggiore
incremento nel contenuto di solidi
solubili (fig. 3).
Fra tutte le attività enzimatiche
solubili in acqua, che rappresenta-
no le proteine citosoliche e apoplastiche, relative alla cv Lapins,
quelle più rilevanti erano la βfucosidasi e la β-glucosidasi. Entrambe aumentano costantemente
durante la maturazione (tab. 1).
Tra le glicosidasi saggiate in que-
sto studio anche l’attività β-galattosidasica e α-arabinopiranosidasica mostravano un notevole incremento durante l’ammorbidimento
dei frutti, così come le β-xilosidasi,
che incrementano di dieci volte, in
entrambe le cultivar, fra lo stadio I
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Tab. 3 - Attività glicosidasiche dosate in campioni proteici estratti in tamponi salini
da polvere di acetone di frutti di ciliegio (cv Lapins) a quattro stadi di maturazione*
Tab. 3 - Glycosidases activity detected in “NaCl-extracted” proteins from acetone powder
of cherry fruits (cv Lapins) at four ripening stages**
Glycosidase
Enzyme activity (U/mg of proteins)
Stage I
Stage II
Stage III
Stage IV
β-D-galactosidase
β-D-fucosidase
0.250 ± 0.011
0.073 ± 0.070
0.342 ± 0.003
0.304 ± 0.014
0.418 ± 0.085
0.334 ± 0.017
0.378 ± 0.106
0.316 ± 0.090
α-D-mannosidase
β-D-glucosidase
α-galactosidase
0.012 ± 0.000
0.036 ± 0.010
0.161 ± 0.036
0.162 ± 0.050
0.113 ± 0.040
0.103 ± 0.010
0.186 ± 0.062
0.154 ± 0.050
0.118 ± 0.037
0.183 ± 0.015
0.100 ± 0.020
0.083 ± 0.012
α-L-arabinopyranosidase
β-D-xylosidase
0.008 ± 0.001
N.D.
0.056 ± 0.006
N.D.
0.055 ± 0.001
N.D.
0.093 ± 0.004
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
α-D-fucosidase
α-L-ramnosidase
β-D-mannosidase
* Stadio I (acerbo), stadio II (invaiatura), stadio III (maturo), stadio IV (sovramaturo). I risultati rappresentano la media ± la deviazione standard
di quattro valori ottenuti da preparazioni diverse di polvere di acetone. N.D. = non determinato.
** Stage I (unripe), stage II (turning), stage III (ripe) stage IV (full-ripe). Results are the mean ± standard deviation of values obtained from four
separate acetone powder preparations. N.D. = not detected.
Tab. 4 - Attività glicosidasiche dosate in campioni proteici estratti in tamponi salini
da polvere di acetone di frutti di ciliegio (cv Ferrovia) a quattro stadi di maturazione*
Tab. 4 - Glycosidases activity detected in “NaCl-extracted” proteins from acetone powder
of cherry fruits (cv Ferrovia) at four ripening stages**
Glycosidase
Enzyme activity (U/mg of proteins)
Stage I
Stage II
Stage III
Stage IV
β-b-D-glucosidase
β-D-galactosidase
α-D-mannosidase
0.010 ± 0.001
0.234 ± 0.025
0.050 ± 0.012
0.142 ± 0.015
0.183 ± 0.008
0.019 ± 0.004
0.127 ± 0.001
0.146 ± 0.010
0.003 ± 0.000
0.105 ± 0.006
0.370 ± 0.044
0.105 ± 0.006
α-galactosidase
β-D-fucosidase
α-L-arabinopyranosidase
β-D-xylosidase
α-D-fucosidase
0.092 ± 0.009
0.045 ± 0.012
0.022 ± 0.003
N.D.
N.D.
0.085 ± 0.007
0.404 ± 0.075
0.040 ± 0.004
N.D.
N.D.
0.060 ± 0.004
0.397 ± 0.074
0.027 ± 0.001
N.D.
N.D.
0.044 ± 0.012
0.403 ± 0.061
0.053 ± 0.012
N.D.
N.D.
α-L-ramnosidase
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
β-D-mannosidase
N.D.
N.D.
N.D.
N.D.
* Stadio I (acerbo), stadio II (invaiatura), stadio III (maturo), stadio IV (sovramaturo). I risultati rappresentano la media ± la deviazione standard
di quattro valori ottenuti da preparazioni diverse di polvere di acetone. N.D. = non determinato.
** Stage I (unripe), stage II (turning), stage III (ripe) stage IV (full-ripe). Results are the mean ± standard deviation of values obtained from four
separate acetone powder preparations. N.D. = not detected.
e lo stadio IV (tabb. 1 e 2). Nella cv
Ferrovia l’incremento di attività βglucosidasica, dallo stadio immaturo al sovramaturo, è complessivamente di circa quaranta volte, e
per la β-fucosidasi l’incremento è
di circa quarantacinque volte, rive-
lando un grosso coinvolgimento
delle suddette attività enzimatiche
nel processo maturativo (tab. 2).
Fra le attività enzimatiche associate alla parete, le più rilevanti
erano la β-galattosidasi e la β-fucosidasi, in entrambe le cultivar. La
β-galattosidasi mostrava un incremento, rispettivamente, del 60% e
del 51%, in frutti della cv Ferrovia
e della cv Lapins, passando dallo
stadio I allo stadio IV. La β-fucosidasi mostrava un incremento notevole, rispettivamente, di quasi nove
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volte nlla cv Ferrovia, e di quattro
volte nella cv Lapins, passando
dallo stadio I allo stadio IV.
L’attività β-galattosidasica mostrava un diverso comportamento
nelle due cultivar: nella Lapins, il
regolare incremento in attività
enzimatica, che si verifica fra lo
stadio I ed il III, mostra un trend
simile alla diminuzione di consistenza ed all’aumento in °Brix;
nella cv Ferrovia, l’attività βgalattosidasica è più alta nello stadio I, quando la consistenza dei
frutti registra la maggiore diminuzione, e nello stadio IV, quando l’accumulo in solidi solubili è
più elevato.
Bibliografia
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ZACHEO G., RUSSO G. (1997) Attività enzimatiche responsabili del
processo di maturazione dei frutti di
ciliegio e possibili correlazioni con il
Conclusioni
L’ammorbidimento dei frutti di
ciliegio procede, secondo i pochi
studi effettuati (Fils-Lycaon,
Buret, 1990; Batisse et al., 1994;
Batisse et al., 1996), attraverso una
graduale solubilizzazione delle
pectine, senza che si verifichi una
loro depolimerizzazione, dovuta
all’assenza di attività endo-PG.
Tale solubilizzazione può essere
favorita dall’azione di enzimi glicosidasici, i quali, d’altra parte, sono
responsabili della perdita di residui
di galattosio dalle catene laterali di
zuccheri neutri (Fisher et al.,
1991). Queste evidenze sperimen-
tali avvalorano l’ipotesi che proprio
diverse attività glicosidasiche siano
responsabili dei cambiamenti di
consistenza che avvengono durante la maturazione.
Il presente studio conferma una
correlazione tra le variazioni di
alcune attività glicosidasiche (principalmente glucosidasi, galattosidasi e fucosidasi) e quelle in peso,
consistenza e solidi solubili nei
frutti di ciliegio durante la maturazione. Questi risultati fanno supporre un coinvolgimento delle
suddette attività nel processo di
maturazione dei frutti e nel fenomeno di ammorbidimento della
polpa.
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12. Influenza dell’1-metilciclopropene sulla maturazione
e sulla qualità aromatica di due varietà di albicocche
R. Botondi, D. De Santis, R. Forniti, K. Vizovitis, F. Mencarelli
Istituto di Tecnologie Agroalimentari, Università della Tuscia, Viterbo
Riassunto
Due tradizionali varietà italiane di albicocche, la Ceccona e la
San Castrese, conosciute per i differenti aspetti qualitativi, sono state
raccolte ad un avanzato stadio di
maturazione e sono state trattate
con 1-MCP alle differenti concentrazioni di 0.5, 1, 1.5 ppm. I campioni sono stati analizzati per le
diverse caratteristiche qualitative
(SSC, acidità, consistenza), produzione di etilene, attività delle glicosidasi e composti volatili. L’impiego
di 1-MCP a 1 ppm per 12 ore è
Influence of
1-Methylcyclopropene on
ripening and aroma of two
varieties of apricots
Abstract
Apricots of two Italian traditional varieties, Ceccona e San Castrese,
known for different quality aspects,
were picked at an advanced ripening stage and then treated with 1MCP at different concentration,
0.5, 1, 1.5 ppm. Fruits were
analysed for quality characteristics
risultato molto efficace nel ridurre
la produzione di etilene in entrambe le varietà ed il risultato è
stato un migliore mantenimento
della consistenza in confronto al
campione di frutti non trattato. Le
altre caratteristiche qualitative
non sono state influenzate dal trattamento con 1-MCP. L’attività
della α e della β galattosidasi, è
diminuita nella varietà Ceccona,
ma non in quella San Castrese.
Altre glicosidasi come la glucosidasi, mannosidasi e la xilosidasi
hanno mostrato lo stesso comportamento. I campioni della varietà
Ceccona hanno mostrato un più
elevato contenuto di composti volatili rispetto a quelli della varietà
San Castrese. I campioni della
varietà Ceccona avevano anche un
maggior contenuto di terpinene, di
alcoli e di esteri. L’impiego di 1MCP ha diminuito il contenuto dei
composti volatili mantenendo elevato il contenuto di terpinene, di
alcoli e di aldeidi ad indicazione di
un ritardo nella maturazione.
(SSC, acidity, firmness), ethylene
production, glycosidases activities,
and volatiles. 1-MCP at 1 ppm for
12 hours was very effective to reduce
the ethylene production in both
varieties and the result was a better
maintenance of the firmness compared to the untreated fruits. The
other quality characteristics were
unaffected by the MCP treatment.
α and β galactosidases activity, here
reported, were diminished in Ceccona fruits but not in San Castrese.
Other glycosidases such as glucosi-
dase, mannosidase, and xilosidase
showed the same behaviour. Ceccona
fruits showed higher content in
volatiles compared to San Castrese.
Ceccona fruits had higher content
terpinene, alcohols, and esters. 1MCP reduced the content of
volatiles keeping high content of terpinene, alcohols and aldehydes.
Parole chiave: albicocche, 1-MCP,
etilene, consistenza, glicosidasi,
composti volatili.
Keywords: apricot, 1-MCP, ethylene, firmness, glycosidases, volatiles.
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AT T I A R S I A
Introduzione
Il maggior problema distributivo per i frutti di albicocco riguarda la rapida perdita di consistenza
associata ad una qualità organolettica scadente. Il motivo di ciò è da
imputare alla raccolta eccessivamente anticipata che viene svolta
al fine di avere un frutto con maggior consistenza che possa più
facilmente essere condizionato e
distribuito. L’etilene svolge un
ruolo importante nell’accelerare il
rammollimento delle albicocche
innescando l’autocatalitica produzione di etilene (Nanos et al.,
1997) anche se spesso la perdita di
consistenza inizia prima che si
possa leggere gascromatograficamente l’etilene (Cardarelli, 2000).
Il motivo di ciò risiede probabilmente nella diversa sensibilità
all’etilene più che nella produzione per cui basse concentrazioni
non analizzabili sono a livello cellulare sufficienti per innescare il
processo. L’1-metilciclopropene è
l’ultimo composto di sintesi
impiegato nel controllo dell’azione dell’etilene (Serek et al., 1994)
e la sua efficacia nel controllo del
rammollimento dell’albicocca è
stata già valutata da Chaine et al.
(1997). Recentemente Fan et al.
(2000) hanno mostrato un considerevole effetto del 1-MCP nel
ritardare la crescita climaterica dei
frutti di albicocca soprattutto in
frutti raccolti ad uno stadio di
maturazione anticipato. In questo
lavoro su due varietà San Castrese
e Ceccona, abbiamo studiato l’influenza del 1-MCP sulla maturazione e la qualità dei frutti con
particolare attenzione agli enzimi
glicosidasici e ai composti volatili.
Materiali e metodi
Frutti di albicocca delle varietà
San Castrese e Ceccona sono stati
prelevati ad uno stadio di maturità
commerciale avanzata (rispettivamente 14 e 10°Brix) e, parte di
questi, sono stati trattati con 1MCP (metilciclopropene) alla concentrazione di 1 ppm per la durata
di 12 ore a 18°C, successivamente
sono stati conservati rispettivamente per 4 e 6 giorni in condizioni di shelf-life. Con cadenze determinate sono stati fatti dei prelievi
di frutti per le analisi previste.
In particolare abbiamo valutato
la produzione di etilene (Fractovap
4200, Carlo Erba Ins. munito di
colonna di 1 m in acciaio con allumina attivata 80/100 mesh e di
F.I.D. come rivelatore) e la consistenza dei frutti in maniera nondistruttiva (INSTRON, Universal
Testing Machine). Per l’attività glicosidasica si è seguita la metodica
descritta da Botondi et al. (2000).
L’analisi dei composti volatili è
stata condotta con la tecnica SPME
(PDMS/DVB) e l’analisi gascromatografica su colonna capillare
con standard di riferimento.
Fig. 1A - Produzione di etilene di
frutti di albicocca Ceccona trattati
al tempo 0 con 1 ppm di 1-MCP
per 12 ore e conservati a 18°C.
Ogni dato rappresenta la media
di 3 repliche ± D.S.
Fig. 1A - Ethylene production of
apricots Ceccona treated with 1
ppm 1-MCP for 12 h at 18°C and
stored at the same temperature.
Each value is the mean of
3 reps ± SD
Fig. 1B - Produzione di etilene di
frutti di albicocca San Castrese
trattati al tempo 0 con 1 ppm
di 1-MCP per 12 ore e conservati
a 18°C. Ogni dato rappresenta la
media di 3 repliche ± D.S.
Fig. 1B - Ethylene production of
apricots San Castrese treated with
1 ppm 1-MCP for 12 h at 18°C and
stored at the same temperature.
Each value is the mean
of 3 reps ± SD
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Fig. 2 - Consistenza dei frutti
di albicocca San Castrese e Ceccona
trattati al tempo 0 (zero) con 1
ppm di 1-MCP per 12 ore e conservati a 18°C. Ogni dato rappresenta
la media di 10 repliche ± D.S.
Fig. 2 - Firmness (deformation to
3N) of S.Castrese and Ceccona
apricots treated with 1 ppm 1-MCP
for 12 h at 18°C and stored at the
same temperature. Each value
is the mean of 10 reps ± SD
Discussione e conclusioni
La produzione di etilene, pur
mostrando un andamento simile
nel tempo tra le due varietà considerate, ha evidenziato invece una
produzione molto più elevata nella
Ceccona rispetto alla San Castrese;
l’1-MCP ha controllato significativamente la produzione di etilene
mantenendola costante nel tempo
rispetto ai frutti di controllo di ciascuna delle due varietà, in cui la
produzione aumentava mostrando
il tipico andamento climaterico
(figg. 1A e 1B).
Per quanto riguarda gli altri
parametri qualitativi presi in esame
non si evidenziano differenze
significative né tra le tesi considerate, né tra le varietà: in particolare l’acidità diminuisce nel tempo
regolarmente nella San Castrese
sia per il controllo, sia per il trattato mentre rimane piuttosto costante per la Ceccona; il contenuto
di solidi solubili totali varia limitatamente nel corso della prova (da
14°Brix a 14,5 dopo 4 giorni di
conservazione per la San Castrese
e da circa 10°Brix a circa 10,5 a
fine prova nel caso della Ceccona);
anche i parametri a e b di colore
non mostrano variazioni particolari nel tempo tra le tesi di controllo
e le trattate con MCP (dati non
riportati).
La riduzione nella produzione di
etilene da parte dell’1-MCP si
riscontra nella variazione della consistenza dove i frutti trattati con
MCP rammolliscono più lentamente dei rispettivi controlli (fig.
2) e questo è più evidente per la
Ceccona che per la San Castrese.
In un lavoro precedente (Botondi
et al., 2000), è stato osservato
come la pectinmetilesterasi avesse
un andamento decrescente senza
differenze significative tra i frutti
trattati in aria e con 1-MCP nella
varietà Ceccona mentre nella San
Castrese l’1-MCP riduceva l’attività enzimatica. In questo lavoro
abbiamo studiato diverse glicosidasi di cui riportiamo però solo l’attività delle galattosidasi, α e β, che
comunque rappresentano un
esempio di comportamento anche
delle altre glicosidasi studiate.
L’attività dell’α-galattosidasi dei
frutti della varietà Ceccona trattati
con 1-MCP diminuisce con il
tempo mentre quella dei frutti in
aria aumenta e questo è in parallelo con la produzione di etilene (fig.
3). Nella varietà San Castrese l’attività è stabile e non esiste differenza
tra i due trattamenti. L’attività
della β-galattosidasi nei frutti della
varietà Ceccona aveva un comportamento simile a quella dell’α-galattosidasi mentre per i frutti della
San Castrese assistiamo ad un picco
di attività indipendente dal trattamento (fig. 4). Anche le altre glicosidasi presentavano un comportamento simile. Sembra quindi che
l’effetto dell’1-MCP sull’etilene e
quindi sul mantenimento della
consistenza, nella varietà Ceccona,
raccolta anticipatamente rispetto
alla San Castrese, abbia una risposta anche sull’attività glicosidasica.
A seguito dei dati precedenti sulla
pectinmetilesterasi, possiamo ipotizzare che le glicosidasi giochino
un ruolo nel rammollimento e che
questo sia condizionato dall’etilene. Tale ruolo è stato ipotizzato
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Fig. 3 - Attività α-galattosidasica in
albicocche Ceccona (sopra) e San
Castrese (sotto) dopo trattamento
con 1-MCP per 12 ore a 18°C. I dati
sono la media di 3 letture
Fig. 3 - Activity of α-galactosidase
in apricots Ceccona (above) and
San Castrese (below) after 1-MCP
treatment for 12 h at 18°C. Data
are the mean of 3 readings
Fig. 4 - Attività β-galattosidasica in
albicocche Ceccona (sopra) e San
Castrese (sotto) dopo trattamento
con 1-MCP per 12 ore a 18°C. I dati
sono la media di tre letture
Fig. 4 - Activity of β-galactosidase
in apricots Ceccona (above) and
San Castrese (below) after 1-MCP
treatment for 12 h at 18°C. Data are
the mean of 3 readings
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Tab. 1 - Contenuto (ppm) dei principali gruppi di composti volatili in albicocche San Castrese e Ceccona
dopo 4 e 6 giorni, rispettivamente, dal trattamento con 1-MCP (1 ppm) per 12 ore a 18°C
Tab. 1 - Content (ppm) of main volatiles groups in apricots Ceccona and San Castrese after 4 and 6 days,
respectively, from the treatment with 1-MCP (1 ppm) for 12 h at 18°C
SAN CASTRESE
CECCONA
Aria
1-MCP
Aria
Esteri
26
15
35
1-MCP
59
Aldeidi
0,1
0,6
3,1
4,5
Alcoli
0,6
4,2
14,5
11,5
Lattoni
3,0
2,5
1,1
0,5
—
—
0,6
2,1
Terpinene
anche da Rose e Bennett (1999).
Tale riduzione di attività potrebbe
avere anche effetto nella composizione volatile, dove si assiste ad un
maggior contenuto in aldeidi e terpinene in frutti trattati con 1-MCP
dopo 6 giorni dal trattamento (tab.
Bibliografia
BOTONDI R., CARDARELLI M., MENCARELLI F. (2000) - The role of ethylene
in regulating cell wall-degrading
enzyme activity using antisense
ACC-oxidase in cantaloupe melons.
Acta Horticulturae 510: 471-477.
CARDARELLI M. (2000) - Aspetti biochimici e molecolari nella maturazione postraccolta delle albicocche. Tesi
di Dottorato in Biotecnologie, Università della Tuscia, Viterbo, Italy.
CHAINE H., GOUBLE B., SOUTY G.,
1). Nella varietà San Castrese l’effetto dell’1-MCP è anche evidente
ma non sulle glicosidasi, confermando quanto ipotizzato da Botondi et al. (2000) in melone, un
ruolo delle glicosidasi nelle prime
fasi di maturazione. Anche nella
San Castrese, il rallentamento nel
rammollimento provoca un ritardo
nella comparsa dei composti volatili
tipici della piena maturazione delle
albicocche quali esteri e lattoni e
invece permangono in alta concentrazione le aldeidi e gli alcoli.
ALBAGNAC G., JAQUEMIN G., REICH
M., AUDERGON J.M. (1997) Influence of the ethylene inhibitor 1MCP on the maturiy of apricots. XI
Intern. Symp. on Apricot Culture.
Veria, Greece, 25-30 maggio 1997.
FAN X., ARGENTA L., MATTHEIS J.P.
(2000) - Inhibition of ethylene action
by 1-methylcyclopropene prolongs storage life of apricots. Postharvest Biol.
Technol. 20: 135-142
NANOS G.D., LAZARIDOU M., TSOUKIDOU M., SFAKIOTAKIS E.M. (1997) Effect of temperature and propylene
on apricot ripening. XI Intern.
Symp. on Apricot Culture. Veria,
Greece, 25-30 maggio 1997.
ROSE J.K.C., BENNETT A.B. (1999) Cooperative disassembly of the cellulose-xyloglucan network of plant cell
walls: parallels between cell expansion
and fruit ripening. Trends in Plant
Science 4(5): 176-182.
SEREK M., SISLER E.C., REID M.S.
(1994) - Novel gaseous ethylene binding inhibitor prevents ethylene effects
in potted flowering plants. J. Amer.
Soc. Hort. Sci. 119: 1230-1233.
Arsia ATTI 7 Raccolta
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13. Effetto dei trattamenti postraccolta e dei metodi
di conservazione sulla qualità delle castagne
I. Mignani - Dipartimento di Produzione Vegetale,
Sezione di Coltivazioni Arboree, Università di Milano
A.M. Vercesi - Istituto di Patologia Vegetale, Università di Milano
M.C. Casiraghi - Dipartimento di Scienze e Tecnologie Alimentari
e Microbiologiche, Sezione di Nutrizione, Università di Milano
Riassunto
Il presente lavoro abbina la valutazione qualitativa di due cultivar
locali della Valle Camonica (Brescia) coltivate a circa 900 m di
altezza s.l.m., con il confronto di
tecniche di conservazione tradizionale ed innovative. Le castagne sono state trattate o no con
Effects of postharvest
treatments and storage
conditions on chestnut
quality
Abstract
Interest in chestnut culture is
increasing because of both its healthy
nutritional composition especially
high in carbohydrates, dietary fibre,
potassium, vitamin B2 and PP,
lysine, both for curiosity about
ancient traditional foods. Fruits are
grown either for fresh market or for
production of special pasta, flour,
cookies, cakes, jams, candies and
many other typical foodstuffs. The
nut loses viability rapidly after harvest due to fruit rots and insects in
spite of its low water content and
leathery skin. Several storage methods were applied in the past to prolong its post-harvest life, as curing
in water, underground storage,
dehydration by means of charcoal
fires with a little air. The main aim
of these methods was to increase fruit
availability during winter, considering that chestnuts were the basic
food source for many mountain pop-
curatura per nove giorni, sterilizzazione a caldo per 45 minuti a 51°C,
soluzione all’1% NaHCO3, e successivamente conservate per 60 o 105
giorni in frigorifero normale (1°C)
o dotato di sistemi di Atmosfera
Controllata (AC) con due diversi
regimi gassosi (2.5% CO2, 1.5% O2 e
20% CO2, 2% O2). Ne è emerso che
la curatura tradizionale e le conser-
vazioni in AC si sono manifestate
molto efficaci nel controllo dei marciumi e che le AC, soprattutto quella ad alto tenore di CO2, mantengono un’ottima qualità del frutto
in termini di freschezza e caratteristiche organolettiche.
ulations in the past centuries.
The present work considers two
local cultivar (Catot and Platella)
of chestnut from Vallecamonica,
(Brescia, Northern Italy) grown at
900 m a.s.l. Nut are treated or not
with traditional curing (nine days
submerged in water), hot (51°C)
water for 45 min, NaHCO3 1% and
stored for 60 and 105 days in cold
room (1°C) equipped or not with
two different Controlled Atmosphere
conditions (CA1: 2.5 % CO2, 1.5 %
O2; CA2: 20% CO2, 2% O2). At harvest and after the storage period, a
set of 200 fruit each of cv ‘Platella’
from control, cured and CA2 treatments, is peeled, washed in 95%
ethanol for 30’’ and 5% NaOCl for
60’’, rinsed twice in sterile water, cut
into halves, plated in Petri dishes
containing 6% NaCl agar and
incubated at 24°C for 15 and 21
days, to assess fungal contamination.
Traditional curing, heat treatment and CA at high CO2 are very
effective in controlling fruit rots for
the first period of storage (December), then their effect decreases and
heat treatment becomes ineffective.
CA at high CO2 content maintains
the best quality of fruits in term of
freshness, taste and flavour till the
end of storage: on middle February
the chestnuts looked as fresh and
bright as just picked. Cured and
heat treated fruits are respectively a
little or very dry. NaHCO3 treatment has no effect in controlling
fruit rots, in spite of its positive
effect on other kind of fruits and
this may be due to chestnut peel too
thick and leathery. The treatments
seem to have a selective effects on
different fungal contaminants; i.e.
curing shows a quite good effect in
reducing contamination due to all
fungi except from Penicillium spp.,
and CA gives exellent results, but it
is ineffective in controlling Aspergillus niger.
Cv Platella is more contaminated by fungi at harvest than Catot,
and it is very reactive to treatments.
The treatments, except NaHCO3,
are effective in controlling insect
development into fruits.
Parole chiave: castagne, qualità, conservazione, atmosfera controllata.
Keywords: chestnut, quality, storage, Controlled Atmosphere.
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AT T I A R S I A
Introduzione
L’interesse per la coltura del
castagno sta aumentando sia per la
produzione di frutti a particolare
contenuto nutrizionale ricco di
carboidrati disponibili, fibra alimentare, prevalentemente insolubile, potassio, vitamine B2 e PP e
lisina (Desmaison et al., 1986), sia
per la crescente curiosità per i cibi
tradizionali e del passato. Il frutto
viene utilizzato sia per il consumo
fresco che per la preparazione di
numerosi alimenti e dolci tipici di
ogni zona di Italia.
La castagna si deteriora molto
facilmente subito dopo la raccolta
a causa del basso contenuto di lipidi (5% contro il 60-70% di altre
specie di “frutta secca”), dell’elevato contenuto di acqua (50-55%)
e della presenza di un epicarpo
molto poroso e non lignificato che
facilita gli scambi gassosi con l’esterno; le castagne sono, inoltre,
spesso affette da marciumi dovuti
a vari miceti o contaminate da
larve di insetti che le rendono
facilmente deperibili o che ne
impediscono l’esportazione. Per
far fronte a queste problematiche,
nel passato sono state messe a
punto delle tecniche tradizionali di
conservazione, come la curatura in
acqua, la conservazione in ricciaia
o la essicazione in metato, che permettessero di procrastinare la
disponibilità dell’alimento nel corso dell’inverno. Oggi l’elevato
prezzo spuntato dal prodotto fresco di buona qualità, le sue potenzialità nutrizionali e la forte richiesta dello stesso anche ad inverno
inoltrato possono giustificare l’utilizzo di tecnologie più innovative
o costose, dal semplice utilizzo di
celle frigorifere, all’impiego di pretrattamenti con elevati tenori di
CO2 e di conservazioni in Atmosfere Controllate o del congelamento a –20°C per il prodotto
destinato alla utilizzazione industriale. Tuttavia, poiché le tecniche
tradizionali di conservazione mantengono la loro validità nel caso di
commercializzazioni a breve e
medio termine, non c’è ancora
una ampia casistica di sperimenta-
zioni di tecniche adatte per le lunghe conservazioni che il mercato
attuale inizia a richiedere; le poche
sperimentazioni pubblicate si riferiscono prevalentemente all’uso di
Atmosfere Controllate a diversi tenori di CO2 e all’uso di pretrattamenti con elevate concentrazioni
di CO2 per pochi giorni prima di
altre tipologie di conservazione
(Anelli et al., 1982; Anelli, 1986;
Fadanelli et al., 1994; Nour-Eldin
et al., 1995) e la loro efficacia
viene spesso considerata più in termini di controllo patologico che di
mantenimento delle qualità organolettiche e nutrizionali delle castagne.
Materiali e metodi
Nel presente lavoro sono stati
considerate due cultivar locali di
castagne (Catot e Platella) provenienti da Paspardo (BS), in Valle
Camonica, coltivate a circa 900 m
di altezza s.l.m., raccolte durante
la campagna 2000 da piante sulle
quali erano già stati fatti interventi
fitosanitari per il risanamento dal
“cancro corticale”. I frutti, suddivisi in dieci ripetizioni da 0,5 kg
ciascuna, sono stati sottoposti ai
seguenti trattamenti di conservazione, presso il Dipartimento di
Produzione Vegetale, Sezione di
Coltivazioni Arboree dell’Università di Milano:
• controllo alla raccolta non trattato;
• curatura in acqua per 9 giorni e
conservazione a 2°C;
• conservazione a 2°C senza pretrattamenti;
• sterilizzazione a caldo in acqua a
51°C per 45’ e conservazione a
2°C;
• conservazione in cella ad Atmosfera Controllata (CO2 2,5%; O2
1,5%; T 1°C) [AC1];
• conservazione in cella di Atmosfera Controllata (CO2 15%; O2
2%; T 1°C ) [AC2];
• immersione in soluzione all’1%
NaHCO3.
I frutti sono stati conservati per
60 o 105 giorni a 1°C.
La conservazione è durata fino
al 16 dicembre 2000 e al 15 febbraio 2001 e dopo una sosta di 5
giorni a temperatura ambiente i
frutti sono stati esaminati esternamente e quindi tagliati a metà ed
esaminati internamente per il rilievo della presenza di marciumi e
larve di insetti.
200 frutti sani della cv Platella
appartenenti alle tesi di controllo,
curatura e AC2, suddivise in quattro ripetizioni da 50 frutti ciascuna, sono stati sbucciati, sterilizzati
in etanolo 95% per 30’’ e NaOCl
5% per 60’’, sciacquati due volte in
acqua sterile, tagliati a metà in
condizioni di sterilità e posti in
piastre Petri contenenti agar sale
(Doster et al., 1994). Le piastre
così preparate sono state incubate
a 24°C per 21 giorni allo scopo di
evidenziare l’eventuale presenza di
contaminanti fungini.
Un campione di frutti per ciascun rilievo è scottato in acqua
bollente per circa un minuto per
poterlo sbucciare manualmente
con maggior facilità, quindi è stato
congelato, liofilizzato, macinato
con un mulino a pale ed infine la
farina così ottenuta è stata conservata in barattoli ermetici a –20°C
per le analisi centesimali.
Le determinazioni del contenuto
di umidità e ceneri sono state effettuate per essiccamento in stufa e
incenerimento in muffola secondo le
metodiche ufficiali AOAC n. 925.29
(1995); quella delle proteine con il
metodo ufficiale AOAC n. 925.31
(1995), usando un distillatore Kjeldahl semiautomatico BUCHI 321
(fattore di conversione azoto/proteine = 6,25); la sostanza grassa è
stata analizzata con il metodo Soxhlet, secondo le metodiche ufficiali
AOAC per i prodotti amidacei. La
determinazione degli zuccheri solubili è stata effettuata mediante estrazione in acqua a caldo e successiva
analisi per HPLC con colonna SUPERCOSIL-NH2 (25 cm di lunghezza;
4,6 mm di diametro; porosità 5
µm), utilizzando come eluente una
miscela di acetonitrile : H2O = 75 :
25 e flusso di 1,5 ml/min (Brighenti F. et al., 1987).
La determinazione dell’amido
totale è stata effettuata secondo
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metodica enzimatica (Champ M.,
1992): l’amido presente nel campione è stato gelatinizzato con
alcali e completamente idrolizzato
a glucosio mediante l’impiego di
amiloglucosidasi fungina; l’amido
resistente è stato determinato con
la stessa metodica applicata alla
frazione residua, ottenuta dopo
estensiva idrolisi con amilasi pancreatica e precipitazione con solventi (etanolo, acetone) della frazione indigerita.
I dati sono stati analizzati statisticamente per l’analisi della varianza e successivo test di Tukey,
tramite pacchetto statistico SPSS.
Risultati
Le due cultivar di castagne considerate, Catot e Platella presentano, se non trattate con tecnologie
di conservazione, l’incidenza di
marciumi e contaminazione di
insetti raffigurata nel grafico della
fig. 1. Alla raccolta non sembrano
essere presenti marciumi del frutto, mentre sono rilevabili larve di
insetti, prevalentemente balanino
(Curculio elephas), leggermente
più numerose in Platella. Nel
primo periodo di conservazione
(dicembre) nei frutti non trattati si
sviluppano in modo significativo i
marciumi del frutto in quantità
inferiori in Catot (18,7%) che in
Platella (34,5%); a fine conservazione (febbraio) l’incidenza dei
marciumi è più contenuta ma sem-
Fig. 1 - Tesi di controllo, non
trattata: incidenza di marciumi del
frutto e di larve di insetti nel corso
della conservazione a 2°C. A lettere
diverse corrispondono differenze
significativamente diverse per
P ≤ 0,05 secondo Tukey
Fig. 1 - Control, not treated: fruit
rots and insect incidence during 2°C
storage. Bars with different letters
are significantly different for
P ≤ 0.05 according to Tukey
pre maggiore in Platella. La presenza di insetti rimane costante nel
tempo e senza differenze significative fra le cultivar.
L’applicazione dei diversi metodi
di conservazione (fig. 2), fino a
metà dicembre migliora in genere la
quantità di frutti sani in tutte le tesi,
eccetto che nel trattamento con
bicarbonato; la curatura, la conservazione in AC ad alto tenore di
CO2 e la sterilizzazione a caldo
riducono significativamente la presenza di marciumi del frutto, mentre nessun trattamento si diversifica
nel contenimento degli insetti. A
fine conservazione solo AC2 e curatura hanno una maggior percentuale di frutti sani con la minore, seppur non diversa dal controllo, incidenza di marciumi; la tesi trattata
con bicarbonato ha una maggiore
presenza di danni da insetto.
La cv Catot presenta una minore incidenza di marciumi rispetto
alla Platella; la conservazione in
AC2 induce in questa cultivar il
maggior numero di frutti sani e la
curatura riduce in modo significativo la presenza di marciumi. Sulla
Platella i frutti in atmosfera ad alto
tenore di CO2 e curati hanno sia
più frutti sani, sia meno incidenza
di marciumi e su questa cultivar
anche il bicarbonato riduce l’incidenza di marciumi anche se in
misura inferiore degli altri due
trattamenti efficaci.
L’identificazione della popolazione fungina contaminante i frutti della cv Platella non trattati, o
111
sottoposti a curatura o conservati
in AC2, incubati su agar sale dopo
opportuna sterilizzazione, sia alla
raccolta che dopo conservazione,
ha rivelato la presenza di individui
appartenenti a dodici diversi generi fungini; in fig. 4 vengono riportati i dati di incidenza dei generi
riscontrati con maggiore frequenza. Dai dati appare subito che
Penicillium è il genere più diffuso,
sia alla raccolta che dopo conservazione. Alla raccolta la tesi non
trattata presenta una forte incidenza di Penicillium spp. ed Aspergillus niger dei quali, però, la curatura impedisce significativamente lo
sviluppo, mentre compaiono, sia
pure con frequenza minima, Alternaria spp. e Phoma spp. che
non sono rilevati nei frutti non
trattati. A fine conservazione nella
tesi di controllo si è molto ridotta
la presenza di A. niger mentre è
decisamente aumentata l’incidenza di Alternaria spp. e, in misura
minore, Phoma spp.; la curatura
perde la sua efficacia ed i contaminanti fungini presenti nei frutti
curati non si diversificano significativamente dal controllo fuorché
che per l’assenza di Phoma spp. La
conservazione in AC2 riduce in
modo ottimale la presenza dei funghi contaminanti, eccetto che per
A. niger che aumenta anche se in
modo non significativo rispetto
agli altri due trattamenti.
Dall’analisi delle medie di composizione centesimale (tab. 1) per
trattamento si riscontra una dimi-
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Fig. 2 - Incidenza di marciumi del
frutto e larve di insetti durante la
conservazione di castagne trattate
con diverse tecnologie di
conservazione. A lettere diverse
corrispondono differenze significativamente diverse per P ≤ 0,05
secondo Tukey
Fig. 2 - Fruit rots and insect
incidence in chestnuts stored with
different methods. Bars with
different letters are significantly
different for P ≤ 0.05 according
to Tukey
Fig. 3 - Incidenza di marciumi del
frutto e larve di insetti nelle due
cultivar di castagne durante la
conservazione con diverse
tecnologie. A lettere diverse
corrispondono differenze significativamente diverse per P ≤ 0,05
secondo Tukey
Fig. 3 - Fruit rots and insect
incidence in chestnuts cv ‘Catot’
and ‘Platella’ stored with different
methods. Bars with different letters
are significantly different
for P ≤ 0.05 according to Tukey
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Tab. 1 - Composizione centesimale delle castagne in funzione dei trattamenti di conservazione*
Tab.1 - Effect of storage treatments on chestnut centesimal composition **
Trattamento
% Ceneri
% Proteine
% Grassi
% Amido
% Amido res.
Raccolta
Curatura in acqua
3,85a
4,29ba
2,34a
2,58a
6,58c
5,68ab
4,53a
5,02a
47,69d
41,75c
6,23b
4,02a
Frigoconservaz. a 2°C
Sterilizzazione a caldo
5,02b
5,91c
3,61a
5,27b
5,31a
6,36bc
4,69a
4,36a
35,52b
28,03a
3,85a
3,26a
Trattamento
% Umidità
% Fruttosio
% Glucosio
% Saccarosio
% Maltosio
% Zuccheri
Raccolta
Curatura in acqua
0,32a
0,41a
0,39a
0,54a
1,45a
5,69bc
2,57b
0,48a
5,91a
6,77a
Frigoconservaz. a 2°C
Sterilizzazione a caldo
0,97c
0,71b
1,03c
0,77b
4,04b
6,86c
2,65b
0,51a
7,89a
8,01a
* In ogni colonna, a lettere diverse corrispondono differenze significativamente diverse per P ≤ 0,05 secondo Tukey.
** In each column, different letters mean significant differences for P ≤ 0.05 according to Tukey.
nuizione delle proteine nelle castagne trattate rispetto alla raccolta,
riduzione significativa solo nel caso
in cui le castagne siano state conservate con la curatura e con la conservazione frigorifera, mentre i
campioni che hanno subìto la sterilizzazione hanno mantenuto la percentuale in proteine a valori analoghi a quelli osservati per la raccolta.
Il tenore in amido è influenzato
significativamente dal trattamento
di conservazione; la sterilizzazione
in particolare riduce drasticamente
il tenore di amido, mentre per gli
altri trattamenti si rileva una diminuzione della percentuale in amido,
rispetto alla raccolta, meno drastica
ma comunque significativa. Non si
verificano invece variazioni di rilievo per le percentuali di amido resistente nei diversi trattamenti, che
tuttavia ne riducono il contenuto
rispetto alla raccolta. Di contro i
Fig. 4 - Incidenza di contaminanti
fungini nella cv Platella alla raccolta
e dopo la conservazione con curatura o AC. A lettere diverse corrispondono differenze significativamente
diverse per P ≤ 0,05 secondo Tukey
Fig. 4 - Incidence of fungal contaminants in chestnuts cv Platella at harvest and after storage with curing
and CA. Bars with different letters
are significantly different for
P ≤ 0.05 according to Tukey
trattamenti di conservazione hanno
effetti significativi sulla percentuale
in zuccheri: per il saccarosio ad
esempio, lo zucchero più rappresentativo della castagna, si verifica
un incremento significativo in tutti
i trattamenti considerati, aumento
che risulta particolarmente marcato
nella sterilizzazione.
Discussione
Le due cultivar di castagne considerate, Catot e Platella presentano alla raccolta una situazione
qualitativamente soddisfacente,
senza marciume del frutto e con
una incidenza di insetti tollerabile.
Tuttavia la forte deperibilità di
questa specie si manifesta pienamente al primo controllo 60 giorni dopo la raccolta, quando l’incidenza dei marciumi è tale da non
rendere più commerciabile la partita; la situazione rimane pressocché stabile fino a fine conservazione per la cv Platella, mentre i marciumi sono assai ridotti (3,9%)
nella Catot, probabilmente per
una campionatura sperimentale
casualmente meno inquinata. La
forte incidenza di marciumi già al
primo controllo indica che lo sviluppo dei marciumi è rapido e
quindi la necessità di impiegare
tecniche di conservazione efficaci
anche per periodi di stoccaggio a
breve e medio termine.
Tutti i metodi di conservazione
sono efficaci, eccetto che il trattamento con bicarbonato, nel mantenere una elevata quantità di frutti sani per un periodo a medio termine di conservazione e fra di essi
i risultati migliori in termini qualitativi si hanno con le Atmosfere
Controllate che mantengono in-
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tatta la freschezza e la turgidità dei
frutti come fossero appena raccolti. Il bicarbonato probabilmente
non riesce a penetrare all’interno
del tegumento cuoioso delle castagne, dato che su altre specie è in
grado di controllare lo sviluppo di
marciumi in postraccolta (Sportelli, 2000). Dato che i diversi trattamenti non influiscono in modo
significativo sulla presenza di
insetti, la loro efficacia nell’aumentare i frutti sani è prevalentemente dovuta alla capacità di
ridurre i marciumi e la curatura, la
conservazione in AC ad alto tenore di CO2 e la sterilizzazione a
caldo si confermano come i metodi che meglio controllano lo sviluppo dei patogeni (Anelli et al.,
1986; Fadanelli et al., 1994;
Nour-Eldin et al., 1995). Il controllo della qualità dei frutti diventa più difficile col progredire del
tempo, a conferma della alta deperibilità di questa specie e a febbraio
solo la curatura e l’AC2 danno
risultati positivi. La curatura tradizionale si conferma così un metodo paragonabile in termini di efficacia alle tecnologie più innovative, ma la freschezza dei frutti viene
salvaguardata maggiormente dalla
tecnologia ad AC. La sterilizzazione a caldo disidrata i frutti che si
induriscono e sono più difficili da
considerare adatti alla commercializzazione per il consumo fresco.
Nell’ambito delle due cultivar, i
dati fanno supporre che la Platella
sia più suscettibile della Catot ai
marciumi e questa maggior incidenza permette anche di esaltare
l’efficacia delle conservazioni con
alto tenore di CO2 e tramite la tradizionale curatura, che comunque
si rivelano le modalità migliori anche per la Catot.
L’identificazione della popolazione fungina contaminante i frutti della cv Platella non trattati, o
curati o conservati in AC2, mette
ancora una volta in risalto l’efficacia della curatura come metodo di
conservazione valido, seppur per
brevi periodi. Penicillium spp. è il
micete più frequentemente isolato,
sia alla raccolta che dopo conservazione, come già riscontrato da
Washinghton e collaboratori
(1997). La forte riduzione di A.
niger dopo la conservazione, nelle
castagne non trattate, rispetto a
quelle appena raccolte, suggerisce
una ridotta capacità del micete a
sopravvivere alla temperatura di
conservazione (2°C), mentre sembra che ciò non influisca su Alternaria spp. che compare frequentemente anche nella tesi curata, dove
non viene ritrovato Phoma spp.
Questi dati suggeriscono una possibile efficacia selettiva dei trattamenti nei confronti dei diversi
generi fungini, che viene confermata anche dalla situazione dei
frutti conservati in AC, dove è stata
osservata una efficace riduzione
della contaminazione fungina se si
eccettua A. niger che è presente in
misura superiore, anche se in modo
non statisticamente significativo,
rispetto sia al controllo, sia alla tesi
sommersa in acqua.
L’analisi delle caratteristiche
nutrizionali delle castagne conservate a 2°C ha evidenziato delle differenze significative, rispetto alle
castagne esaminate alla raccolta,
dovute ad un minor contenuto in
proteine, amido totale e resistente
mentre si assiste ad un aumento
della percentuale di zuccheri solubili che può essere spiegato considerando la fisiologia della castagna
che durante il periodo di conservazione continua a respirare utilizzando come substrato l’amido.
Successivamente si è ritenuto
opportuno effettuare un’analisi
per vedere come varia la composizione dei nutrienti nelle castagne
trattate con il metodo tradizionale
della curatura e della sterilizzazione a caldo. Si è osservato che la
curatura, rispetto alla conservazione frigorifera a 2°C preserva maggiormente il contenuto proteico,
lipidico, di amido totale e resistente, di contro si ha una diminuizione degli zuccheri solubili. Anche la
sterilizzazione si è rivelata efficace
come trattamento di conservazione delle castagne in quanto anch’essa, rispetto alla conservazione
frigorifera a 2°C, mantiene elevato
il contenuto in proteine e in grassi, ma è meno efficace per la con-
servazione degli altri principi alimentari come l’amido (totale e
resistente) e gli zuccheri che invece hanno una tendenza a diminuire. È possibile che il trattamento
termico in fase di sterilizzazione
induca una parziale gelatinizzazione dell’amido, rendendolo quindi
più accessibile agli enzimi idrolitici. Poiché sia la curatura che la sterilizzazione a caldo comportano
una sosta in acqua per tempo prolungato o a temperature elevate, si
può ipotizzare un effetto di solubilizzazione degli zuccheri, già
riscontrato da Wells e Payne
(1980), che si riflette poi sui contenuti centesimali.
Conclusioni
La ricerca ha messo in evidenza
la necessità di tecnologie di conservazione anche per periodi brevi e
medi di stoccaggio, a causa della
elevata e rapida deperibilità delle
castagne. Nell’ambito dei diversi
metodi considerati la tradizionale
curatura e l’atmosfera controllata
ad alto tenore di CO2 hanno dato
migliori risultati per il controllo
dello sviluppo dei marciumi del
frutto, inoltre le conservazioni in
AC hanno mantenuto un eccezionale livello qualitativo in termini di
freschezza dei frutti, che non si differenziano per aspetto e qualità
organolettiche da quelli appena
raccolti. La curatura preserva
meglio della semplice conservazione a 2°C il contenuto proteico, lipidico e di amido totale e resistente ma induce una diminuzione di
zuccheri solubili. I trattamenti
considerati non si differenziano nel
contenimento da danni da insetto.
Ringraziamenti
Gli autori ringraziano la dott. Delia
Garegnani e la sig.na Ilaria Giaimi che
hanno collaborato al lavoro come tesi di
laurea. Gli autori hanno contribuito al
presente lavoro in parti uguali.
Lavoro in parte finanziato dal Consorzio
della Castagna di Valle Camonica,
Paspardo (BS).
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14. Conservabilità del mandarino Palazzelli confezionato
con film plastici aventi diverse caratteristiche fisiche
S. D’Aquino, M. Agabbio, I. Pinna - Istituto per la Fisiologia della Maturazione
e della Conservazione del Frutto delle Specie Arboree Mediterranee, CNR, Sassari
L. Piergiovanni - DISTAM, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Alimentari
e Microbiologiche, Università di Milano
Riassunto
Frutti di mandarino Palazzelli
confezionati con 2 film plastici
aventi diversa permeabilità ai gas
ed al vapore acqueo, sono stati conservati per un mese a 8°C e 90-95%
di umidità relativa (UR), cui ha
fatto seguito una settimana di shelflife (20°C e 65-75% UR), o tenuti
per un mese ed una settimana unicamente in condizioni di shelf-life
(20°C e 65-75% UR). L’effetto
Preservability of Palazzelli
mandarins packaged with
plastic films with
different characteristics
Abstract
Palazzelli mandarins were
wrapped with two plastic films with
different characteristics of permeance to gases and water vapour
and then stored at 8°C and 90-95%
Introduzione
La produzione di mandarini e
mandarino-simili in Italia è rappresentata per lo più da clementine e
dal mandarino avana (Starrantino,
1999). Infatti, sebbene negli ultimi 20 anni il panorama varietale si
sia enormemente arricchito grazie
al lavoro di miglioramento genetico ed all’introduzione di cultivar
della durata di conservazione è
stato più importante, nella riduzione dell’acidità titolabile e del
contenuto di vitamina C, di quello
determinato dai due regimi termici e dal confezionamento con i film
plastici, fatta eccezione per il film
meno permeabile. I parametri
qualitativi dei frutti confezionati
con questo film e mantenuti costantemente a 20°C subivano, infatti,
forti alterazioni rilevate sia dalle
analisi chimiche, sia dall’analisi
sensoriale. L’applicazione delle pellicole plastiche, anche se in misura
differente in relazione alle specifiche caratteristiche fisiche, ha
ridotto significativamente le perdite di peso e l’invecchiamento dei
frutti. I parametri fisiologici e qualitativi indicano una elevata attività metabolica del mandarino
Palazzelli e la scarsa conservabilità
a 8°C a causa dell’elevata attività
respiratoria e della consistente perdita di acidità e vitamina C.
RH for 1 months followed by a week
of shelf-life at 20°C and 65-75%
RH or held continuously at shelflife condition for 1 months plus 1
week. Indifferently than storage
temperature, chemical parameters
underwent to important losses over
the course of storage. Wrapping had
an important influence on chemical changes and taste only in the
case of the less permeable film stored
continuously at 20°C. On the other
hand wrapping reduced significantly weight losses and ageing,
even if a great difference was
revealed between the two films.
Due to its high metabolic activity
and important losses of acidity and
vitamin C over the storage period
Palazzelli mandarins seems not
suitable for long storage period,
even if are stored at 8°C.
di pregio provenienti da altri paesi
agrumicoli, il numero di cultivar
coltivate su larga scala è estremamente ridotto e limitato a varietà a
precoce e media epoca di maturazione. Da febbraio a maggio il
mercato nazionale è rifornito da
frutta proveniente dall’estero, specialmente dalla Spagna e da Israele. Appare quindi di grande importanza economica la coltivazione di
cultivar a maturazione tardiva e lo
studio del loro comportamento
nella fase postraccolta, sia in condizioni di shelf-life che refrigerate.
I mandarino-simili si differenziano
dagli altri agrumi per l’elevata attività metabolica e per l’alta deperibilità che, ovviamente, risulta più
accentuata quando la conservazione avviene in condizioni non controllate di temperatura e umidità.
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Il mandarino Palazzelli, al pari di
altre cultivar tardive (Malvasio,
Fortune, Ortanique), grazie alle
sue eccellenti caratteristiche organolettiche potrebbe risultare particolarmente interessante dal punto
di vista commerciale se opportunamente frigoconservato ed esitato sul mercato nei mesi di maggio
e giugno, prima cioè che giunga a
maturazione la frutta estiva.
L’obiettivo di questa prova è
stato valutare la risposta del mandarino Palazzelli, raccolto ad inizio aprile, alla conservazione sia in
condizioni refrigerate che simulate
di mercato. Inoltre, si è voluta
valutare la risposta dei frutti alla
conservazione in atmosfera modificata mediante l’impiego di pellicole plastiche aventi differenti permeabilità al vapore acqueo ed ai
gas. Gli agrumi, infatti, in condizioni di shelf-life, possono andare
incontro ad un rapido processo di
invecchiamento per l’eccessiva traspirazione che ne pregiudica l’aspetto estetico.
Esperienze condotte in precedenza (D’Aquino et al., 1997,
1998a, 1998b, 1999a, 1999b,
2001), hanno mostrato che concentrazioni di CO2 superiori a 68% possono innescare gravi fenomeni di anaerobiosi, specie se in
ambiente non refrigerato. Per tale
motivo uno dei film plastici utilizzati è stato il Tyvek®, polietilene
ad alta densità che, a causa dell’elevata porosità della struttura,
risulta completamente permeabile
ai gas.
Materiali e metodi
Trattamenti e condizioni
di conservazione
Frutti di mandarino Palazzelli
sono stati raccolti il 2 aprile 1999
dal campo collezione dell’IMFPP di
Oristano. Dopo essere stati opportunamente selezionati, i frutti
sono stati pesati singolarmente e
chiusi, in numero di 5, in sacchetti (180 x 200 mm) di Tyvek® (Du
Pont) o di polietilene a bassa densità (PE) (Goglio, MI). Un terzo
lotto di frutti non è stato confe-
zionato. Le caratteristiche fisiche
del film PE erano le seguenti: spessore 50 µm; permeabilità al vapore
acqueo 3,5 g/ 24 h m2 105 Pa a
38°C e 100% di Delta UR; permeabilità all’O2 5200 cm3/24 h
m2 105 kPa a 38°C e 100% ∆UR;
permeabilità alla CO2 25000
cm3/24 h m2 105 kPa a 38°C e
100% UR. Per quanto concerne il
Tyvek, si tratta di una pellicola
porosa che, pur presentando
buona resistenza meccanica, non
oppone alcuna resistenza al passaggio dei gas e del vapore acqueo.
Metà dei frutti di ogni singolo
trattamento sono stati conservati
per un mese a 8°C e 95% di UR,
cui ha fatto seguito una settimana
di condizioni simulate di shelf-life
a 20°C e 75% di UR. L’altra metà
dei frutti è stata posta direttamente in shelf-life per un mese e una
settimana.
Analisi ed osservazioni
L’attività respiratoria è stata eseguita su 10 frutti per trattamento
secondo le modalità riportate in
una nota precedente (D’Aquino et
al., 1998a). I rilievi sono stati effettuati alla raccolta, dopo un mese
di conservazione, prima che i frutti fossero trasferiti in shelf-life, 24
ore dopo il trasferimento e dopo
una settimana di shelf-life. A distanza di 4 ore dal prelievo effettuato per la determinazione dell’attività respiratoria, gli stessi frutti venivano utilizzati per l’analisi
del contenuto endogeno di CO2 e
di O2 (D’Aquino et al., 1998b).
L’analisi della composizione dell’atmosfera interna alle confezioni
(CO2 e O2) è stata eseguita su 10
confezioni per ogni singolo trattamento e regime termico; da ogni
sacchetto sono stati prelevati 20
mL di aria, che venivano direttamente iniettati in un analizzatore
(Servomex 1450B3) munito di un
detector ad infrarossi per la CO2 e
di uno paramagnetico per l’O2.
Alla fine del periodo di refrigerazione e dopo la successiva settimana di shelf-life, su un campione di
50 frutti per trattamento sono
stati determinati il calo peso, l’incidenza dei marciumi e l’aspetto
estetico. Per quest’ultimo parametro è stata adottata una scala soggettiva compresa tra 9 ed 1, in cui
9 rappresentava il frutto fresco
appena raccolto, 7 un frutto ancora in buone condizioni di freschezza; 5 il limite di commerciabilità
ed i valori inferiori a 5 frutti non
più commerciabili con segni crescenti di senescenza.
Su 10 frutti è stato rilevato l’indice penetrometrico, utilizzando
un penetrometro del tipo Effegì,
munito di un puntale di 2 mm di
diametro, eseguendo le determinazioni su due punti della zona
equatoriale diametralmente opposti. Gli stessi frutti sono stati successivamente utilizzati per la determinazione della deformazione,
espressa come la diminuzione in
mm del diametro trasversale del
frutto sottoposto al peso di un kg
per 10 secondi.
Sul succo di 30 frutti per trattamento suddivisi in repliche di 10
frutti, sono state condotte le normali analisi chimiche (Agabbio et
al., 1999): pH; acidità titolabile
(AT espressa come percentuale di
acido citrico); solidi solubili totali
(SST, espressi come °Brix), indice
di maturazione (rapporto SST/
AT), vitamina C (mg di acido
ascorbico/100 mL di succo).
Infine, un panel test costituito
da 10 elementi ha eseguito l’analisi gustativa, esprimendo un giudizio sintetico di gradimento, secondo una scala soggettiva compresa
tra 1 e 9, dopo aver assaggiato i
frutti delle diverse tesi, serviti
sbucciati e suddivisi in spicchi.
I dati ottenuti sono stati sottoposti all’analisi della varianza e la
separazione delle medie è stata eseguita utilizzando il test di Duncan.
Risultati
Attività respiratoria,
composizione dell’atmosfera
endogena ed interna
alle confezioni
L’attività respiratoria, che alla
raccolta era di circa 14 mL/kg h di
CO2 (fig. 1), subiva una forte diminuzione durante il periodo di refri-
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gerazione nei frutti posti ad 8°C
(valori medi di circa 3,5 mL/ kg h
dopo due giorni, e inferiori a 3
mL/kg h dopo 30 giorni). In
seguito al trasferimento a 20°C, in
condizioni di shelf-life, l’attività
respiratoria subiva un temporaneo
incremento con valori medi superiori a quelli riscontrati alla raccolta, per poi scendere sino a 8-10
mL/kg h alla fine della settimana
di shelf-life. Nei frutti non confezionati ed in quelli racchiusi nei
sacchetti Tyvek posti direttamente
a 20°C, con il procedere della conservazione si evidenziava una progressiva riduzione dell’attività
respiratoria con una produzione
finale media di CO2 di circa 5
mL/kg h, sensibilmente inferiore
rispetto a quella dei frutti refrigerati. Nei frutti conservati a 20°C e
avvolti nel film PE l’attività respiratoria (dopo 24 ore dalla rimozione
del film) era significativamente più
alta di quella delle altre due tesi
Fig. 1 - Evoluzione dell’attività
respiratoria in frutti di mandarino
Palazzelli durante il periodo di
conservazione. Per ogni periodo i
valori seguiti da lettere diverse
sono significativamente differenti
per P ≤ 0,05. La separazione delle
medie è stata effettuata con il test
di Duncan
conservate a 20°C.
Il contenuto di CO2 endogeno,
che alla raccolta mostrava una
notevole variabilità attorno ad un
valore medio di circa 1,5 kPa, scendeva sino a 0,2 kPa nei frutti conservati a 8°C alla fine del mese di
refrigerazione, mentre in quelli
posti direttamente a 20°C della tesi
non confezionata e della tesi avvolta con la pellicola Tyvek cresceva
progressivamente superando a fine
prova 5 kPa. In seguito al trasferimento a 20°C delle tesi refrigerate
la pressione della CO2 endogena
tornava agli stessi livelli della raccolta ed alla fine della settimana
prevista di shelf-life toccava punte
di 2 kPa. Nella tesi confezionata
con il film in PE e mantenuta
costantemente a 20°C si registravano valori leggermente superiori o
simili a quelli dei frutti refrigerati
(fig. 2). Un andamento complementare ed opposto si osservava
per la pressione parziale di O2 (fig.
3) con valori compresi tra 19 e
12,7 kPa, ma con i livelli più alti
nelle tesi refrigerate ed in quella
confezionata con il film di polietilene e conservata a 20°C. I valori
più bassi si osservavano nei frutti
non confezionati ed in quelli avvolti nella pellicola Tyvek mantenuti
costantemente a 20°C (fig. 3).
L’effetto barriera dei due film,
come era prevedibile, è risultato
molto diverso. Infatti, mentre nelle confezioni realizzate con il
Tyvek, indipendentemente dalla
temperatura di conservazione le
pressioni parziali della CO2 e dell’O2 risultavano leggermente diversi rispetto a quelle normalmente riscontrate nell’atmosfera esterna, in quelle realizzate con il film
PE si avevano valori profondamente diversi (fig. 4). In particolare, nella tesi conservata a 20°C si
rilevavano valori medi intorno a
14 kPa per la CO2 e intorno a 4-5
kPa per l’O2; nella tesi refrigerata,
Attività respiratoria
Fig. 1 - Changes in respiration
activity in Palazzelli mandarin fruit
over the storage period. For each
inspection time the averages followed by different letters are
significantly different at P ≤ 0,05.
Mean separation was accomplished
by Duncan’s test
Fig. 2 - Evoluzione delle pressioni
parziali della CO2 endogena nel
corso della conservazione del
mandarino Palazzelli. Per ogni
periodo i valori seguiti da lettere
diverse sono significativamente
differenti per P ≤ 0,05.
La separazione delle medie è stata
effettuata con il test di Duncan
Fig. 2 - Changes of endogenous CO2
partial pressure over the storage
period of Palazzelli mandarins. For
each inspection time the averages
followed by different letters are
significantly different at P ≤ 0,05.
Mean separation was accomplished
by Duncan’s test
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CO2 endogena
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O2 endogeno
Fig. 3 - Evoluzione delle pressioni
parziali dell’O2 endogena nel corso
della conservazione del mandarino
Palazzelli. Per ogni periodo i valori
seguiti da lettere diverse sono
significativamente differenti
per P ≤ 0,05. La separazione delle
medie è stata effettuata con il test
di Duncan
Fig. 3 - Changes of endogenous O2
partial pressure over the storage
period of Palazzelli mandarins.
For each inspection time the
averages followed by different
letters are significantly different
at P ≤ 0,05. Mean separation was
accomplished by Duncan’s test
Evoluzione della CO2 all’interno delle confezioni
Fig. 4 - Influenza delle condizioni di
conservazione sull’evoluzione della
pressione parziale di CO2 all’interno
delle confezioni. Per ogni periodo i
valori seguiti da lettere diverse
sono significativamente differenti
per P ≤ 0,05. La separazione delle
medie è stata effettuata con il test
di Duncan
Fig. 4 - Effect of the storage
conditions on the evolution of the
in-package CO2 partial pressure
over the storage period. For each
inspection time the averages
followed by different letters are
significantly different at P ≤ 0,05.
Mean separation was accomplished
by Duncan’s test
Evoluzione dell’O2 all’interno delle confezioni
Fig. 5 - Influenza delle condizioni di
conservazione sull’evoluzione della
pressione parziale di O2 all’interno
delle confezioni. Per ogni periodo i
valori seguiti da lettere diverse
sono significativamente differenti
per P ≤ 0,05. La separazione delle
medie è stata effettuata con il test
di Duncan
Fig. 5 - Effect of the storage
conditions on the evolution of the
in-package O2 partial pressure over
the storage period. For each
inspection time the averages
followed by different letters are
significantly different at P ≤ 0,05.
Mean separation was accomplished
by Duncan’s test
sin quando i frutti erano mantenuti a 8°C la pressione della CO2
era di poco superiore a 4 kPa, saliva a circa 16 kPa 24 ore dopo il
trasferimento in shelf-life per poi
scendere sino a 15 kPa dopo la
settimana di shelf-life. La pressione dell’O2 si manteneva intorno a
15 kPa in ambiente refrigerato,
scendeva a livelli di poco superiori
a 2 kPa nelle 24 ore successive al
trasferimento a 20°C, per attestar-
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Fig. 6 - Influenza dei fattori sperimentali sulle variazioni dell’indice
penetrometrico durante il periodo
di conservazione. Per ogni periodo i
valori seguiti da lettere diverse
sono significativamente differenti
per P ≤ 0,05. La separazione delle
medie è stata effettuata con il test
di Duncan
121
Consistenza
Fig. 6 - Effect of the experimental
factors on firmness, as resistance
in g against the penetration of 2
mm needle in diameter connected
to an Effegì penetrometer, over the
storage period. For each inspection
time the averages followed by
different letters are significantly
different at P ≤ 0,05.
Mean separation was accomplished
by Duncan’s test
Fig. 7 - Influenza dei fattori sperimentali sulle variazioni della deformazione, come diminuzione del diametro trasversale per l’effetto causato dalla pressione esercitata dal
peso di 1 kg per 10 secondi. Per
ogni periodo i valori seguiti da lettere diverse sono significativamente differenti per P ≤ 0,05. La separazione delle medie è stata effettuata
con il test di Duncan
Deformazione
Fig. 7 - Effect of the experimental
factors on deformation, as the mm
in reduction of the transversal axe
of the fruit after having placed 1 kg
weight for 10 s. For each inspection
time the averages followed by different letters are significantly different at P ≤ 0,05. Mean separation
was accomplished by Duncan’s test
si, alla fine della settimana di shelflife, intorno a 5 kPa, valore simile
a quello rilevato nelle confezioni
PE mantenute costantemente a
20°C (fig. 5). Questi dati fanno
riferimento a confezioni prive di
marciumi. In quelle in cui erano
presenti frutti affetti da alterazioni microbiologiche si registravano
pressioni parziali di CO2 molto
più elevate, che raggiungevano
anche 19-20 kPa in condizioni di
shelf-life, e con valori di O2 intorno ad 1-2 kPa.
Consistenza
La resistenza offerta all’avanzamento del penetrometro è stata
sostanzialmente stabile nei frutti
refrigerati per tutto il periodo di
permanenza in cella mentre subiva una significativa crescita du-
rante la settimana di shelf-life. Gli
incrementi più alti si registravano
nei frutti non confezionati ed in
quelli confezionati con Tyvek
posti direttamente in condizioni
di shelf-life (fig. 6). Un andamento opposto si evidenziava nelle
tesi confezionate con il film PE,
indipendentemente dalla temperatura di conservazione (fig. 6).
Un andamento del tutto simile si
è verificato anche per la deformazione, (fig. 6).
Anche in questo caso le variazioni più consistenti si sono avute
nelle tesi di controllo ed in quelle
confezionate con Tyvek tenute
costantemente in shelf-life per le
quali, in seguito all’applicazione
del peso di 1 kg, si avevano riduzioni medie del diametro trasversale di 5 mm (fig. 7).
Calo peso, aspetto
estetico e marciumi
I dati mostrati in tab. 1 evidenziano una forte efficacia del film
PE nel bloccare le perdite di peso
sia nei frutti refrigerati che in quelli mantenuti costantemente a
20°C. Infatti, a fine conservazione, per le due tesi si registravano
perdite dell’1,9% e dello 0,88%. Al
contrario, la barriera opposta dal
film Tyvek alla traspirazione è stata
di poca entità e le differenze di
calo peso rispetto al controllo,
anche se statisticamente significative, risultavano di poca importanza pratica (tab. 1). Molto importante è stata l’influenza della temperatura di conservazione nel condizionare le perdite di peso; i frutti non confezionati e refrigerati
accusavano una riduzione 4,8%
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Tab. 1 - Perdite di peso, incidenza dei marciumi ed evoluzione dell’aspetto estetico e dell’accettabilità
gustativa in frutti di mandarino Palazzelli durante il periodo di conservazione*
Tab. 1 - Weight losses, decay and changes in overall appearance and eating acceptability
over the storage period of Palazzelli mandarins**
Durata conservazione
Calo peso (%)
Aspetto estetico (n. indice)
Marciumi (%)
Analisi gustativa (n. indice)
—
9
0
9
Controllo - 8°C
Film Tyvek - 8°C
Film PE - 8°C
4,80 c
2,96 b
0,72 a
8,4 c
8,1 c
9,0 d
1a
1a
2a
8,5 c
8,5 c
8,8 c
Controllo - 20°C
Film Tyvek - 20°C
17,79 d
16,66 d
5,0 a
5,8 b
3a
2a
6,5 b
6,7 b
1,39 a
8,0 c
28 b
3,0 a
Controllo - 8°C
Film Tyvek - 8°C
Film PE - 8°C
6,53 c
4,42 b
0,88 a
6,7 c
7,0 c
8,4 d
3a
2a
10 b
7,1 c
7,4 c
6,5 c
Controllo - 20°C
Film Tyvek - 20°C
Film PE - 20°C
22,40 e
18,92 d
1,90 a
4,5 a
5,2 b
7,2 c
3a
1a
35 c
6,0 b
6,2 b
2,0 a
Raccolta
1 mese
Film PE - 20°C
1 mese + 1 sett. shelf-life
* Per ogni periodo di conservazione i valori seguiti da lettere differenti sono significativamente diversi per P ≤ 0,05.
La separazione delle medie è stata effettuata con il test di Duncan.
** For each storage period, values in columns are statistically different for P ≤ 0.05.
Means separation has been accomplished by the Duncan’s test.
Tab. 2 - Evoluzione dei parametri chimici durante il periodo di conservazione
e la successiva settimana di shelf-life a 20°C
Tab. 2 - Changes of the chemical parameters over the refrigeration period and the following week in shelf-life conditions at 20°C
Durata conservazione
Raccolta
pH
3,59
Acidità Titolabile (AT)
(% acido citrico)
Solidi Solubili
Totali (SST) °Brix
Indice di maturazione
(AT/SST)
Vitamina C
(mg/100 mL)
0,92
11,45
12,45
33,00
1 mese
Controllo - 8°C
Film Tyvek - 8°C
Film PE - 8°C
Controllo - 20°C
Film Tyvek - 20°C
3,93
3,92
3,93
3,89
3,98
a
a
a
a
a
0,83
0,78
0,75
0,81
0,75
c
bc
b
c
b
11,40
11,27
10,53
11,97
11,80
b
b
ab
b
b
13,73
14,44
14,04
21,27
15,73
a
b
b
e
c
23,62
24,66
23,07
23,69
24,34
b
b
b
b
b
Film PE - 20°C
4,19 b
0,63 a
10,17 a
16,14 d
18,40 a
Controllo - 8°C
Film Tyvek - 8°C
Film PE - 8°C
4,07 ab
3,97 a
3,99 a
0,81 b
0,78 b
0,78 b
12,0 bc
11,53 b
11,17 b
14,81 ab
14,79 ab
14,32 a
24,08 c
23,62 c
18,93 b
Controllo - 20°C
Film Tyvek - 20°C
3,93 a
4,00 a
0,84 b
0,78 b
12,63 c
11,83 b
15,04 b
15,17 b
24,16 c
22,58 c
Film PE - 20°C
4,19 b
0,57 a
9,61 a
16,86 c
16,30 a
1 mese + 1 sett. shelf-life
* Per ogni periodo di conservazione i valori seguiti da lettere differenti sono significativamente diversi per P ≤ 0,05.
La separazione delle medie è stata effettuata con il test di Duncan.
** For each storage period, values in columns are statistically different for P ≤ 0.05.
Means separation has been accomplished by the Duncan’s test.
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rispetto al peso iniziale sin quando
tenuti a 8°C, contro il 16,66%
della corrispondente tesi mantenuta costantemente a 20°C.
Un forte legame si è evidenziato
tra perdite di peso ed alterazione
dell’aspetto estetico. Le tesi conservate ad 8°C mantenevano quasi
inalterato lo stato di freschezza
della raccolta per tutto il periodo di
refrigerazione, specialmente la tesi
confezionata con il film PE. Diversamente i frutti non confezionati e
posti direttamente a 20°C dopo un
mese riportavano gravi segni di
senescenza e non erano più commerciabili. Aspetto migliore presentavano quelli confezionati con il
film Tyvek che riportavano un
punteggio medio intorno a 6 (limite di commerciabilità) (tab. 1).
Per quanto concerne le alterazioni microbiologiche, in linea generale, l’incidenza dei marciumi è
stata molto contenuta, se si esclude
la tesi conservata a 20°C e confezionata con il film PE, che a fine
conservazione accusava perdite del
35%. Lo sviluppo dei marciumi è
stato fortemente condizionato dall’elevata umidità relativa creatasi all’interno delle confezioni PE e
dalle condizioni termiche ottimali
incontrate in condizioni di shelflife. Infatti, la tesi PE refrigerata
alla temperatura di 8°C contava
perdite insignificanti (2%), ma che
raggiungevano il 10% nella successiva settimana di shelf-life a 20°C
(tab. 1).
Parametri chimici
ed analisi gustativa
Non sono state riscontrate differenze sostanziali per quanto concerne i parametri chimici tra i frutti refrigerati e quelli conservati a
20°C. Una crescita generale del
pH è stata rilevata in tutte le tesi
durante il periodo di prova, indipendentemente dalla temperatura,
ma con gli incrementi maggiori nei
frutti avvolti nel film PE posti
direttamente in shelf-life o trasferiti
in shelf-life dopo un mese di refrigerazione (tab. 2). Un analogo
comportamento ha caratterizzato
l’evoluzione dell’acidità titolabile e
del contenuto di vitamina C (tab.
2). Sostanzialmente stabile è stato
invece il contenuto in SST, fatta
eccezione per la tesi confezionata
con il film in PE e conservata a
20°C, per la quale a fine prova si
registravano perdite di quasi
2°Brix. Per contro, nello stesso
periodo, nelle tesi non confezionate di entrambi i regimi termici i
SST risultavano più alti della raccolta, specie per la tesi conservata a
20°C, per un probabile fenomeno
di concentrazione causato dalle
eccessive perdite di peso.
Per quanto concerne l’analisi
gustativa, i panellisti non hanno avvertito un appiattimento del gusto
come ci si poteva aspettare a causa
delle perdite di acidità titolabile e
per la crescita del pH. I frutti sono
stati apprezzati meno che alla raccolta, ma i fattori che più hanno
contribuito alla riduzione del giudizio sono da ascrivere alla perdita
di croccantezza dei segmenti, che
in certe tesi apparivano flaccidi, ed
alla formazione di off-flavour a
carico dei frutti confezionati con il
film PE e conservati continuamente a 20°C. In linea generale l’indice di gradimento rimaneva positivo
anche a fine prova, ad eccezione
dei frutti confezionati con il film
PE e mantenuti costantemente a
20°C; il punteggio più alto veniva
attribuito alle tesi sottoposte a
refrigerazione (tab. 1).
Discussione e conclusioni
I dati rilevati hanno messo in evidenza una forte riduzione dell’attività metabolica sia nei frutti del controllo e della tesi Tyvek mantenuti
costantemente in condizioni di
shelf-life, sia in quelli delle altre tesi
refrigerate. L’evoluzione della composizione dell’atmosfera endogena
è stata diversa nei frutti sottoposti ai
due regimi termici. Infatti, mentre
nei frutti refrigerati si è avuta una
riduzione della pressione parziale
della CO2, nei frutti del controllo
ed in quelli della tesi Tyvek conservati a 20°C c’è stata una crescita
della pressione endogena della CO2
con la conseguente riduzione della
pressione dell’O2. Un simile com-
123
portamento, già peraltro osservato
da altri autori (Ben-Yehoshua,
1969; Ben-Yehoshua et al., 1979,
1985; Purvis, 1983; Eaks 1991)
trova giustificazione nel cambiamento di permeabilità ai gas cui
vanno incontro i tessuti della buccia
quando sottoposti a forti perdite di
acqua per traspirazione (Ben-Yehoshua, 1987). I frutti non confezionati e quelli della tesi Tyvek conservati a 20°C riportavano, infatti, a
fine conservazione cali peso compresi tra il 19 ed il 22,5% circa, favorendo, ovviamente, una forte disidratazione dell’epicarpo. Un riflesso
fisiologico molto importante di
questo fenomeno è stata la crescita
del gradiente delle pressioni parziali
della CO2 e dell’O2 tra l’atmosfera
che circonda il frutto e gli spazi
vuoti all’interno del frutto stesso, e
l’incremento della CO2 endogena a
scapito di quella dell’O2. Questa
evoluzione non è stata osservata nei
frutti confezionati con il film PE
mantenuti a 20°C i quali, una volta
liberati dalla pellicola plastica, non
accusando alcun disseccamento
della buccia, ristabilivano tra l’atmosfera endogena e quella esterna un
gradiente simile a quello esistente
prima dell’applicazione del film.
L’attività respiratoria e le pressioni
parziali della CO2 e dell’O2 endogeni si attestavano quindi su valori
simili a quelli rilevati alla raccolta,
non molto diversi da quelli osservati nelle tesi refrigerate, nelle quali le
limitate perdite di peso per traspirazione non determinavano un abbassamento della permeabilità della
buccia. Una più elevata concentrazione di CO2, in concomitanza di
una più bassa concentrazione di O2
porta ad una riduzione dell’attività
metabolica (Kader, 1986) se la
ridotta disponibilità di O2 non spinge verso il metabolismo anaerobico.
In tal senso, la crescita della concentrazione di CO2 nei frutti del controllo e di quelli confezionati con il
film Tyvek conservati a 20°C, favorendo la riduzione dell’intensità
respiratoria, ha avuto riflessi positivi
dal punto di vista nutrizionale.
Infatti, le perdite di acidità e di vitamina C registrate sono comparabili
con quelle riscontrate nei frutti fri-
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AT T I A R S I A
goconservati, anche se l’eccessivo
calo peso può in parte aver mascherato una quota delle perdite per il
probabile effetto di concentrazione
del succo.
Diversamente, l’applicazione del
film PE per i frutti posti direttamente a 20°C ha avuto un effetto
negativo: la richiesta di energia da
parte dei tessuti non potendo essere
soddisfatta dalla normale via metabolica per la carenza di O2 ha favorito il metabolismo anaerobico, con
riflessi negativi a livello nutrizionale
(maggior perdita di acidi, zuccheri,
vitamina C) e gustativa (formazione
di sostanze volatili indesiderabili).
In condizioni refrigerate, invece, il
confezionamento con il film PE ha
bloccato quasi del tutto le perdite di
peso e mantenuto lo stato di freschezza dei frutti riscontrato al
momento della raccolta, almeno
sino al trasferimento in shelf-life.
Il Tyvek, non comportando
alcun cambiamento nella composizione dell’atmosfera interna alle
Bibliografia
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New York.
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esterno e creando solo una debole
barriera al passaggio del vapore
acqueo, ha determinato solo una
lieve riduzione del calo peso e dell’invecchiamento dei frutti, mentre sostanzialmente simile al controllo è stata l’influenza sui parametri fisiologici e chimici.
Sicuramente in questa prova il
film Tyvek non ha evidenziato
effetti particolarmente positivi per
poter essere utilizzato tal quale.
Tenuto conto però che uno dei
principali fattori che determinano
la perdita di qualità degli agrumi è
l’eccessiva traspirazione (BenYehoshua, 1969) e che gran parte
dei film plastici disponibili assicurano condizioni fisiologiche ottimali solo in condizioni refrigerate,
per l’eccessivo accumulo di CO2
che si viene a creare a temperatura
ambiente, il Tyvek in certi casi potrebbe trovare applicazione come
elemento di chiusura di vaschette
in polietilene. In tal caso la crea-
(1997) - Effect of high temperature
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D’AQUINO S., PIGA A., AGABBIO M.
(1999) - Atti del Progetto speciale
“Miglioramento della qualità dei
zione di un lato molto permeabile
ai gas ed al vapore acqueo potrebbe mediare la scarsa o nulla permeabilità del materiale che costituisce il contenitore.
In conclusione, dai risultati ottenuti possiamo trarre importanti
indicazioni per migliorare la conservabilità del mandarino Palazzelli che, se sottoposto a regimi termici più bassi potrebbe essere frigoconservato in condizioni ottimali per un mese. Ciò consentirebbe di esitare un prodotto di
qualità in un periodo in cui le condizioni di mercato potrebbero
essere più favorevoli per la scarsa
presenza di mandarino e simili
Gli autori hanno contribuito in parti
uguali alla realizzazione del presente
lavoro.
Vivi ringraziamenti vanno al p.a. Domenico Mura per la collaborazione offerta
nello svolgimento delle analisi chimiche.
prodotti alimentari”. Trattamenti
postraccolta per il mantenimento
qualitativo dei frutti di Mandarino
“Fremont” in condizioni di shelf-life.
Firenze, pp. 67-80.
D’AQUINO S., MOLINU M.G., PIGA A.,
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Arsia ATTI 7 Raccolta
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15. Cambiamenti fisici delle cere epicuticulari
e conservabilità dei frutti di pompelmo in seguito
a trattamento con acqua calda
G. D’hallewin, M. Schirra, S. Marceddu
Istituto per la Fisiologia della Maturazione e della Conservazione del Frutto
delle Specie Arboree Mediterranee - CNR, Sassari
Riassunto
Frutti di pompelmo della cultivar
Marsh Seedless sono stati non trattati (controllo) o sottoposti a trattamento per immersione in acqua a
50°C per 3 minuti, conservati per
11 settimane a 9°C e, successivamente, mantenuti in condizioni
simulate di mercato per una settimana a 20°C (shelf-life). Rispetto
ai frutti non trattati, il trattamento con acqua calda ha ritardato la
comparsa dei patogeni (circa 3-4
settimane) e ridotto in modo statisticamente significativo l’incidenza
dei frutti marci fino alla nona set-
timana di conservazione, ma ha
perso la sua efficacia nel controllo
dei marciumi alla fine della refrigerazione e specialmente durante la
shelf-life. Il trattamento con acqua
calda non ha determinato significative differenze sulle caratteristiche
organolettiche del frutto (gusto,
aroma), sulla consistenza e sugli
indici di qualità interna (solidi
totali solubili, acidità, etanolo e acetaldeide nel succo) ma ha causato
una apparente fusione e successivo
rimodellamento delle cere epicuticulari. Ciò ha determinato la quasi
totale scomparsa della ‘struttura a
scaglie’ delle cere, tipica dei frutti
maturi, l’occlusione delle cavità stomatiche di numerosi stomi e la
copertura di microlesioni superficiali. Alla fine della conservazione è
stata osservata la ricomparsa di
numerosi cracks, mentre le camere
stomatiche risultavano seriamente
danneggiate, in modo simile ai
frutti non trattati. La perdita di
efficacia del trattamento con acqua
calda nel controllo dei marciumi
nei frutti sottoposti a prolungati
periodi di conservazione è stata associata alle ricomparsa dei cracks e
alle alterazioni degli stomi, fattori
che favoriscono le infezioni dei patogeni da ferita.
Arsia ATTI 7 Raccolta
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16. Effetto di trattamenti di termoterapia
e con sali di calcio per la conservazione di frutti
di arancio di cultivar pigmentate
M. Mulas, B. Perinu, A.H.D. Francesconi
Dipartimento di Economia e Sistemi Arborei, Università di Sassari
M. Schirra, G. D’hallewin - Istituto per lo Studio della Fisiologia della Maturazione
e della Conservazione del Frutto delle Specie Arboree Mediterranee - CNR, Sassari
Riassunto
Frutti di arancio Tarocco raccolti in due località e conservati a
8°C per 6 settimane, più una settimana a 20°C, oppure trattati per
immersione in acqua a 25°C o
52°C per 3 minuti prima della
conservazione, hanno mostrato
riduzione dei marciumi e del
danno da freddo come effetto della
Effect of thermoterapy
and calcium salts
treatments on storage
of bloody oranges
Abstract
This paper deals with three experiments on the effects of postharvest
hot water dipping and hot air treatments, and field calcium nitrate
spray on chilling injury (0-3 scale,
from absent to severe), decay (% of
rotten fruit) and weight loss (%) of
pigmented orange fruits. In the first
trial, mature Tarocco fruit produced in Uta (CA, Southern Sardinia) and Nuraxinieddu (OR,
Central-Western Sardinia) were
harvested in January 1997. After
harvest, fruit from each locality
were selected for absence of defects
and uniform size, placed in plastic
boxes (40 fruit/box, 4 boxes/replicate, 3 replicates/treatment) and
submitted to one of the following
treatments: 1) control: storage at
8°C and 95% relative humidity
(RH) for 6 weeks plus one week at
termoterapia.
Trattamenti con nitrato di calcio
al 3% effettuati su piante di arancio
Tarocco da agosto a novembre hanno
ridotto minimamente il danno da
freddo dopo la conservazione dei
frutti a 1°C per 17 giorni, più 14
giorni a 8°C e shelf-life.
L’immersione in acqua calda a
50°C per 3 minuti o il curing a
37°C per 48 ore ha ridotto efficace-
mente i danni da freddo su arance
Tarocco, Moro, Sanguinello e
Doppio Sanguigno conservate per
17 giorni a 1°C, due settimane a
8°C e shelf-life.
20°C and 75% RH, 2) 3-min water
dip at 25°C and stored as control,
and 3) 3-min hot water dip at
52°C and stored as control. Thermotheraphy caused a decrease in
decay and chilling injury after storage and shelf-life of Tarocco fruit.
Fruit harvested in Uta had a lower
chilling injury and a higher decay
than those from Nuraxinieddu.
In the second trial, Tarocco trees
growing in Uta were sprayed with
3% calcium nitrate in August, September, October or November 1999.
In January 2000, fruit were harvested, selected and arranged in
boxes as in the first trial, and then
stored for 17 days at 1°C and 95%
RH plus 14 days at 8°C and 95%
RH plus 7 days at 15°C and 75%
RH. Calcium nitrate treatments
did not cause a significant reduction in fruit chilling injury, except
for November-treated fruit evaluated after storage period and before
shelf-life. Anyway, chilling injury
remained lower or at most equal to
1 (light, 0-3 scale), and decay was
minimal (less than 4%) in all treatments. Fruit treated in November
showed a significant increase in
weight loss. However, average values
of all treatments were quite low
and reached a maximum of 9% in
November-treated fruit in comparison to 7% of control after shelf-life.
In the third trial, mature Tarocco, Moro, Sanguinello and Doppio
Sanguigno pigmented oranges were
harvest in Fenosu (OR) in February 2000. Fruit were selected and
arranged as previously described,
and then treated as follows: 1) control: storage at 1°C and 95% RH
for 17 days plus two weeks at 8°C
and 95% RH plus one week at 20°C
and 75% RH, 2) hot-air treatment
at 37°C for 48 h and storage as control, and 3) hot-water dip at 50°C
for 3 min and stored as control. Both
thermotheraphy treatments reduced
efficiently chilling injury of pigmented oranges. Fruit decay was
minimal or absent in all fruit. Even
though hot-water dip caused a significant increase in fruit weight
Parole chiave: agrumi, postraccolta, danno da freddo, termoterapia, calcio.
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AT T I A R S I A
loss, the maximum values observed
were for Doppio Sanguigno fruit
treated with that treatment reaching 8% after shelf-life in comparison
Introduzione
Le attuali dinamiche di espansione del mercato mondiale degli
agrumi lo rendono sempre più
competitivo anche per quanto
riguarda la qualità del prodotto
fresco, che il consumatore vorrebbe il più possibile privo di residui
di pesticidi, anche nelle fasi di conservazione e commercializzazione
postraccolta (Lesser, 2000). Questa tendenza ha da tempo imposto
la ricerca di mezzi alternativi ai
comuni fitofarmaci o prodotti chimici per il controllo delle alterazioni postraccolta tipiche degli
agrumi, quali i marciumi e il
danno da freddo (Lurie, 1998;
Schirra et al., 2000a).
Tra i metodi alternativi di controllo di tali patologie, sono stati
riscoperti e sperimentati alcuni
mezzi di controllo fisico, come
l’impiego della termoterapia in
forma di immersione in acqua
calda per alcuni minuti o tramite
somministrazione di aria o vapore
caldo per 2-3 giorni (Porat et al.,
2000; Schirra et al., 1997; 1998a).
Altre tecniche prevedono, invece, il ricorso a trattamenti con sali
di calcio in campo o in postraccolta direttamente sui frutti, ritenendo una buona dotazione di questo
elemento nei tessuti dell’epicarpo
un fattore di protezione contro il
danno da freddo e gli attacchi di
funghi patogeni (Martinez-Romero et al., 1999; Mulas, 1997; Zaragoza et al., 1996).
Le cultivar di arancio pigmentate hanno mantenuto in Italia, negli
ultimi decenni, una quota decisamente maggioritaria della produzione
agrumicola
nazionale
(Schirra et al., 1997). Si tratta di
una produzione per certi versi
caratteristica, decisamente di qualità e che dopo molti anni di crisi
viene in parte riscoperta dal consumatore italiano per le sue caratteri-
to 7% of control fruit. Possible negative effects of hot-air treatment on
organoleptic characteristics of pigmented oranges are also discussed.
Keywords: Citrus, postharvest, chilling injury, thermotherapy, calcium.
stiche di freschezza e valore nutrizionale. Uno dei problemi che
accompagnano la commercializzazione delle cultivar di arancio pigmentate italiane è, però, la loro
tendenza alla senescenza, con precoce perdita delle ottime caratteristiche gustative, e notevole sensibilità alle alterazioni postraccolta
(Mulas et al., 2001).
Per migliorare la disponibilità di
queste arance sul mercato nazionale ed internazionale si impone,
quindi, una verifica della possibilità di applicare anche su di esse
alcune delle tecniche alternative di
controllo delle alterazioni postraccolta che hanno fornito utili prospettive per molti tipi di agrumi: la
termoterapia e i trattamenti con
sali di calcio in campo.
In questo articolo vengono presentati i risultati di diverse prove in
cui, oltre a trattamenti postraccolta di termoterapia su arance di cultivar pigmentate, sono stati sperimentati anche trattamenti con
nitrato di calcio direttamente sulle
piante prima della raccolta.
mane, con una ulteriore settimana
di commercializzazione simulata a
20°C e 75% di UR; b) un secondo
gruppo, anch’esso di controllo,
sottoposto a trattamento per immersione in acqua a 25°C per 3
minuti e conservato come il precedente; c) un terzo gruppo sottoposto a trattamento per immersione in acqua a 52°C per 3 minuti
prima della conservazione.
Dopo 6 settimane di conservazione e dopo la shelf-life sono stati
determinati la percentuale di frutti
colpiti da marciumi e l’indice del
danno da freddo attraverso la
media dei numeri indice attribuiti
a ciascun frutto su una scala da 0
(assente) a 3 (grave) per la gravità
dei sintomi osservati.
I dati sono stati sottoposti ad
analisi della varianza mediante
applicazione del software MSTATC e la separazione delle medie è
stata ottenuta mediante il test di
Tukey.
Materiali e metodi
Primo esperimento
Frutti maturi della cultivar
Tarocco sono stati raccolti nel
mese di gennaio del 1997 in due
distinte località della Sardegna
centro-meridionale: Uta (CA) e
Nuraxinieddu (OR). Immediatamente dopo la raccolta i frutti provenienti da ciascuna località sono
stati selezionati per l’assenza di
difetti e l’uniformità del calibro,
sistemati in cassette di plastica
contenenti ciascuna 40 frutti e
suddivisi in tre gruppi contenenti
ciascuno tre replicazioni di quattro
cassette ciascuna: a) un gruppo di
controllo avviato direttamente alla
conservazione a 8°C con 95% di
umidità relativa (UR) per 6 setti-
Secondo esperimento
Piante adulte di arancio della
cultivar Tarocco, allevate in un
campo sperimentale situato ad Uta
(CA) nella Sardegna meridionale,
sono state sottoposte a trattamenti con soluzioni di nitrato di calcio
al 3%. Il tempo di trattamento era
di 2 minuti e il volume di soluzione applicato era di circa 18 L per
pianta. I trattamenti sono stati eseguiti in epoche differenti e precisamente nei mesi di agosto, settembre, ottobre e novembre del 1999.
Dopo la raccolta, avvenuta nel
mese di gennaio del 2000, i frutti
sono stati selezionati e suddivisi
come nel precedente esperimento,
sottoponendoli poi a conservazione a 1°C per 17 giorni con 95% di
UR e due settimane a 8°C. Dopo
la conservazione i frutti sono stati
lasciati per ulteriori 7 giorni a
15°C e 75% di UR (shelf-life).
I rilievi del danno da freddo, dei
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129
T E C N I C H E P O S T R A C C O LTA D E I P R O D O T T I O R T O F L O R O F R U T T I C O L I
Tab. 1 - Effetto della località, termoterapia e condizioni di conservazione1 sull’indice del danno
da freddo e sulla percentuale di marciumi di arance della cultivar Tarocco (1997)2
Tab. 1 - Effects of locality, thermotherapy and storage conditions1 on chilling injury index
and percentage of decay of Tarocco oranges (1997)2
Località
Uta
Oristano
ANOVA
1
2
1
2
Trattamento
Indice del danno da freddo (0 - 3)
Marciumi (% frutti colpiti)
6 settimane
6 settimane
+ shelf-life
6 settimane
6 settimane
+ shelf-life
Test
Acqua 25°C
Acqua 52°C
0,98 a
1,06 a
0,30 b
1,08 b
1,14 b
0,96 b
8,6 ab
12,0 a
4,6 bc
40,2 a
43,7 a
24,4 b
Test
Acqua 25°C
1,10 a
1,16 a
1,64 a
1,82 a
6,1 b
1,0 c
12,1 c
11,2 c
Acqua 52°C
0,40 b
0,88 b
0,0 c
5,0 c
Variabile
Gradi di libertà
F calcolati
Località (A)
1
3,51 ns
15,31 **
18,18 **
77,01 **
Errore
Trattamento (B)
8
2
50,65 **
13,74 **
16,05 **
30,55 **
AxB
Errore
2
16
0,01 ns
9,30 **
7,70 **
6,86 **
6 settimane a 8°C e 95% UR; 7 giorni di shelf-life a 20°C e 75% UR.
Medie seguite da lettere uguali nella stessa colonna non differiscono significativamente per P ≤ 0,05 (test di Tukey).
ns = non significativo, * P ≤ 0,05; ** P ≤ 0,01.
6 weeks at 8°C and 95% RH; 7 days of shelf-life at 20°C and 75% R.H.
Means followed by the same letters within the column are not significantly different at P ≤ 0.05 (Tukey test).
ns = non significative, * P ≤ 0.05; ** P ≤ 0.01.
marciumi e del calo peso sono stati
effettuati a fine conservazione a
1°C, a fine conservazione a 8°C e
dopo la shelf-life, come nel primo
esperimento e così il trattamento
statistico dei dati per il confronto
dei trattamenti di campo.
I frutti sono stati analizzati per la
perdita di peso, la gravità delle dermatosi e l’incidenza dei marciumi
come nel precedente esperimento,
confrontando l’efficacia degli interventi di termoterapia separatamente per ciascuna cultivar.
Terzo esperimento
Frutti delle cultivar di arancio
pigmentate Tarocco, Moro, Sanguinello e Doppio Sanguigno
sono stati raccolti a maturità nel
mese di febbraio del 2000 da un
campo sperimentale situato a
Fenosu (OR). I frutti, selezionati e
suddivisi in gruppi come descritto
nel primo esperimento sono stati
avviati direttamente alla conservazione a 1°C e 95% di UR per 17
giorni e due settimane a 8°C, con
una successiva shelf-life di una settimana a 15°C e 75% di UR, oppure sottoposti a termoterapia
preventiva per immersione in acqua calda a 50°C per tre minuti o
tramite curing a 37°C per 48 ore
in atmosfera satura di umidità.
Risultati e discussione
Nella prima prova, l’immersione
dei frutti di Tarocco in acqua calda
a 52°C per 3 minuti ha prodotto
una sensibile riduzione dell’incidenza percentuale di marciumi, sia
dopo la conservazione a 8°C che
dopo la shelf-life. Tale trattamento
ha causato anche una riduzione del
danno da freddo rispetto all’immersione dei frutti in acqua a 25°C
per 3 minuti e ai frutti non trattati,
in particolare prima della shelf-life
(tab. 1). Questi risultati sono simili a quelli ottenuti da diversi autori
per arance Tarocco (Schirra et al.,
1998a), mandarini Fortune (Mulas
et al., 1998) e pompelmi Star Ruby
(Porat et al., 2000).
Per quanto riguarda la provenienza degli agrumi, in generale, i
frutti raccolti ad Uta (sud Sardegna) avevano un più basso indice
di danno da freddo ed una più elevata incidenza di marciumi, rispetto a quelli raccolti a Nuraxinieddu
(centro-ovest della Sardegna) (tab.
1). Una riduzione del danno da
freddo ed un aumento dell’incidenza di marciumi nei frutti di
Tarocco e di pompelmi Star Ruby
sono stati già osservati a seguito di
raccolte tardive (Schirra et al.,
1997; 2000b). Siccome nella nostra prova tutti i frutti sono stati
raccolti nello stesso giorno, è probabile che i frutti raccolti ad Uta
presentassero una maggiore resistenza al danno da freddo legata
ad uno stadio di maturazione più
avanzato rispetto a quelli raccolti a
Nuraxinieddu.
Nella seconda prova, i trattamenti con nitrato di calcio hanno ridotto solo parzialmente il danno da
freddo delle arance conservate per
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Tab. 2 - Effetto del nitrato di calcio applicato a differenti epoche prima della raccolta (gennaio 2000)
sull’indice di danno da freddo, sulla percentuale di marciume e di calo peso di arance
della cv Tarocco dopo due periodi di conservazione e dopo la shelf-life*
Tab. 2 - Effect of calcium nitrate applied at different times before harvest (January 2000) on chilling injury index
and on the percentage of decay and weight loss of oranges cv Tarocco after two storage periods and shelf-life**
Parametro
Conservazione
Danno da freddo
Marciumi (%)
Calo peso (%)
Test
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
17 gg a 1°C
0,14 a
0,09 a
0,05 a
0,04 a
0,04 a
17 gg a 1°C + 14 gg a 8°C
0,78 a
0,48 ab
0,78 a
0,41 ab
0,28 b
17 gg a 1°C + 14 gg a 8°C + SL
1,05 a
0,55 a
0,99 a
0,58 a
0,54 a
17 gg a 1°C
0,00 a
0,00 a
1,03 a
1,03 a
0,00 a
17 gg a 1°C + 14 gg a 8°C
1,03 a
0,00 a
1,03 a
1,03 a
0,00 a
17 gg a 1°C + 14 gg a 8°C + SL
2,10 a
0,00 a
3,13 a
2,10 a
0,00 a
17 gg a 1°C
1,82 c
1,87 c
1,96 c
2,16 b
2,68 a
17 gg a 1°C + 14 gg a 8°C
3,75 c
4,02 c
4,51 b
4,17 bc
5,23 a
17 gg a 1°C + 14 gg a 8°C + SL
7,29 c
7,46 c
8,19 ab
7,64 bc
8,57 a
*
Shelf-life = 7 giorni a 15°C e 75% UR.
Medie seguite da lettere uguali nella stessa riga non differiscono significativamente per P ≤ 0,05 (test di Tukey).
**
Shelf-life = 7 days at 15°C and 75% RH.
Means followed by the same letters within the row are not significantly different at P ≤ 0.05 (Tukey test).
Tab. 3 - Effetto della termoterapia1, della quarantena a freddo e successivo periodo di conservazione
e di shelf-life2 sull’indice di danno da freddo e sulla percentuale di perdita di peso
di quattro cultivar di arance dolce pigmentate3
Tab. 3 - Effects of postharvest thermotheraphy1, cold quarantine, and successive storage period and shelf-life2
on chilling injury index and percentage of weight loss of four bloody orange cultivars3
Cultivar
Conservazione
Danno da freddo (0-3)
Test
Tarocco
17
17
17
17
gg
gg
gg
gg
a
a
a
a
1°C
1°C + 14 gg a 8°C
1°C + 14 gg a 8°C + SL
1°C
0,42
1,04
1,78
0,62
Aria
calda
a
a
a
a
0,04
0,09
0,42
0,00
Perdita di peso
Acqua
calda
b
b
b
b
0,01
0,04
0,38
0,00
b
b
b
b
Test
1,56
2,92
4,88
1,67
a
b
b
a
Aria
calda
1,58
3,01
5,31
1,77
a
ab
b
a
Acqua
calda
1,55
3,32
5,87
1,80
a
a
a
a
Moro
17 gg a 1°C + 14 gg a 8°C
17 gg a 1°C + 14 gg a 8°C + SL
17 gg a 1°C
1,27 a
1,60 a
0,03 a
0,00 b
0,05 b
0,00 a
0,04 b
0,11 b
0,04 a
3,23 b
5,70 b
2,32 a
3,47 ab
6,50 a
1,95 b
3,92 a
7,07 a
1,94 b
Sanguinello
17 gg a 1°C + 14 gg a 8°C
17 gg a 1°C + 14 gg a 8°C + SL
17 gg a 1°C
0,41 a
0,63 a
0,24 a
0,33 a
0,35 a
0,02 a
0,17 a
0,56 a
0,01 a
3,86 b
6,35 b
2,20 a
3,91 b
6,57 b
2,08 a
4,36 a
7,24 a
2,04 a
17 gg a 1°C + 14 gg a 8°C
17 gg a 1°C + 14 gg a 8°C + SL
0,89 a
1,16 a
0,03 b
0,04 b
0,01 b
0,03 b
4,00 a
6,75 b
4,01 a
7,17 ab
4,44 a
7,62 a
Doppio
Sanguigno
1
2
3
1
Test = non trattato; Aria calda = 48 ore a 37°C, UR > 95%; Acqua calda = 3 minuti di immersione in acqua a 50°C.
Shelf-life = 7 giorni a 20°C e 75% di UR.
Medie seguite da lettere uguali nella stessa riga e per lo stesso parametro non differiscono statisticamente per P ≤ 0,05 (test di Tukey).
Control = non treated; Hot air = 48 h at 37°C, RH > 95%; Hot water = 3 min water dip at 50°C.
Shelf-life = 7 days at 20°C and 75% RH;
3
Means followed by the same letters within the row and for the same parameter are not significantly different at P ≤ 0.05 (Tukey test).
2
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T E C N I C H E P O S T R A C C O LTA D E I P R O D O T T I O R T O F L O R O F R U T T I C O L I
17 giorni a 1°C e dopo la shelf-life.
Solamente il trattamento fatto a
novembre ha causato una riduzione
significativa del danno da freddo
rispetto al test, nei frutti conservati
per 17 giorni a 1°C seguito da 14
giorni a 8°C, anche se i frutti di
tutte le tesi avevano danni inferiori
a 1 (lieve) nella scala di valutazione.
I frutti di Tarocco conservati si
sono mantenuti in buone condizioni, con minimi danni da freddo e
praticamente assenza di marciumi,
indipendentemente dalla tesi considerata (tab. 2).
Per quanto riguarda il calo peso,
in genere, i frutti trattati a novembre hanno presentato un calo peso
superiore alle altre tesi, quelli trattati a settembre e ottobre hanno
avuto dei valori intermedi, mentre
quelli trattati ad agosto e il test
avevano i valori più bassi (tab. 2).
In termini pratici i valori di perdita
di peso osservati in questa prova
erano contenuti e abbastanza simili per tutte le tesi. È possibile che in
condizioni più favorevoli all’insorgenza del danno da freddo o con
agrumi più sensibili, i trattamenti
con nitrato di calcio in campo
abbiano una efficacia diversa. Inoltre, visto che l’effetto dei trattamenti con sali di calcio dipende
anche da fattori come la concentrazione e il tipo di sale utilizzato
(Schirra e Mulas, 1994; Schirra et
al., 1994; Mulas, 1997), sarebbero
opportune ulteriori verifiche per
determinare le eventuali concentrazioni e epoca di intervento ottimali per ridurre il danno da freddo
su arance pigmentate.
Nella terza prova, i trattamenti
di termoterapia per immersione in
acqua calda a 50°C per 3 minuti o
tramite curing a 37°C per 48 ore
sono stati ugualmente efficaci nel
contenere i danni da freddo su
arance delle cultivar Tarocco, Moro, Sanguinello e Doppio Sanguigno conservate per 17 giorni a
1°C, due settimane a 8°C e mantenute in condizioni di shelf-life. In
generale, i frutti delle cultivar
Tarocco e Moro hanno mostrato
una maggiore suscettibilità al
danno da freddo rispetto alle altre
due cultivar. La cv Sanguinello, in
particolare, si è dimostrata più resistente al danno da freddo in tutte
le tesi (tab. 3). In concordanza con
i nostri risultati, in prove sperimentali condotte in Israele, l’immersione in acqua calda a 53°C per 2
minuti e il curing a 36°C per 3
giorni hanno causato una riduzione del danno da freddo di pompelmi Star Ruby (Porat et al., 2000).
Tuttavia, altri autori che hanno utilizzato frutti di mandarini Fortune
hanno trovato una maggiore resistenza al danno da freddo in frutti
trattati con curing a 37°C per 3
giorni rispetto all’immersione in
acqua calda a 53°C per 3 minuti
(Sala e Lafuente, 2000).
L’incidenza dei marciumi delle
quattro cultivar pigmentate è stata
irrilevante per tutte le tesi (dati non
presentati), raggiungendo un massimo di 3,3% di frutti colpiti della
cv Doppio Sanguigno trattati con
aria calda alla fine della shelf-life.
Altri studi hanno dimostrato, tuttavia, una riduzione dell’incidenza
di marciumi di frutti di arancio
Tarocco trattati con aria calda
(Lanza et al., 2000) e di pompelmi
Star Ruby sottoposti a immersione
in acqua calda (Porat et al., 2000).
Per quanto riguarda il calo peso,
questo è stato maggiore nei frutti
trattati per immersione in acqua
calda, leggermente inferiore in
quelli trattati con aria calda e
ancora più basso nelle arance non
trattate (tab. 3). Un significativo
aumento della perdita di peso era
già stato riportato per frutti di
Tarocco, di mandarini Fortune e
di pompelmi Marsh raccolti tardivamente e trattati per immersione
in acqua calda (Schirra e D’hallewin, 1997; Schirra et al., 1997;
1998b). Contrariamente ai nostri
risultati, la perdita di peso registrata durante la conservazione di
pompelmi Star Ruby è stata superiore in seguito a trattamenti con
aria calda, mentre non veniva
influenzata dall’immersione in
acqua calda (Porat et al., 2000). I
risultati di questi esperimenti e le
discordanze riscontrate, rafforzano comunque i dubbi espressi da
alcuni autori (Schirra e Ben-Yehoshua, 1999) circa la costante con-
131
cordanza tra perdita di peso dei
frutti conservati e insorgenza del
danno da freddo (Wang, 1993).
La degustazione dei frutti conservati nel terzo esperimento ha
consentito di rilevare la presenza di
off-flavours nei frutti delle quattro
cultivar di arance pigmentate trattati con aria calda, probabilmente
per un aumento del contenuto di
etanolo e/o acetaldeide. Infatti,
frutti delle stesse cultivar sottoposti
a trattamenti di disinfestazione in
aria calda in cui la temperatura
interna del frutto raggiungeva 44 o
46°C per 100 o 50 minuti, rispettivamente, hanno avuto un peggioramento delle loro caratteristiche
organolettiche per un accumulo
anormale di alcool ed acetaldeide
nel succo in seguito ai trattamenti
(Mulas et al., 2001). In altri studi,
la formazione di off-flavours probabilmente legata a livelli elevati di
etanolo era stata dimostrata in
arance Tarocco conservate per 10
settimane a 9°C con una shelf-life
di una settimana a 21°C (Agabbio
et al., 1999). Frutti sottoposti ad
immersione in acqua calda, invece,
non mostravano un aumento di
etanolo (Schirra et al., 1997).
Conclusioni
I risultati ottenuti nelle diverse
prove hanno messo in evidenza
l’importanza di fattori quali cultivar,
condizioni climatiche e/o grado di
maturazione dei frutti, trattamenti
di termoterapia, tempi e condizioni
di conservazione dei frutti delle cultivar di arance pigmentate Tarocco,
Moro, Sanguinello e Doppio Sanguigno sulla manifestazione del
danno da freddo, l’incidenza dei
marciumi e sul calo peso.
Il trattamento per immersione
dei frutti in acqua calda si è rilevato più promettente di quello con
aria calda, perché ha causato una
efficace riduzione del danno da
freddo senza un peggioramento
significativo delle caratteristiche
organolettiche dei frutti. In considerazione dell’importanza di tali
risultati, sono in corso ulteriori
verifiche sugli effetti della termo-
Arsia ATTI 7 Raccolta
132
4-06-2002 12:45 Pagina 132
AT T I A R S I A
terapia con aria calda ed acqua
calda sia sui parametri discussi in
questo lavoro che sulle caratteristiche chimiche e organolettiche
delle arance pigmentate.
Per quanto riguarda gli effetti
dei trattamenti con nitrato di calcio in campo, ulteriori informazio-
Bibliografia
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ni dovrebbero essere raccolte sull’efficacia di diverse concentrazioni ed epoche di trattamento anche
sulle quattro cultivar di arance pigmentate studiate, ma in condizioni
più favorevoli al manifestarsi del
danno da freddo.
Ringraziamenti
MULAS M., PERINU B., FRANCESCONI
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Gli autori hanno contribuito in parti
uguali alla realizzazione della presente
ricerca finanziata in parte dall’Unione
Europea (FAIR CT-4096) e dal MURST
(cofinanziamento al 60%).
Arsia ATTI 7 Raccolta
4-06-2002 12:45 Pagina 133
17. Controllo del marciume verde dei frutti di agrume
in postraccolta mediante trattamenti con acqua calda
G. Lanza, E. Di Martino Aleppo, M.C. Strano
Istituto Sperimentale per l’Agrumicoltura, Acireale (CT)
Riassunto
La più grave malattia crittogamica dei frutti di agrume in
postraccolta è causata dal Penicillium digitatum Sacc., agente del
marciume verde. Il ricorso a tecniche di difesa chemioterapica, nonostante il loro ruolo fondamentale,
incontra una manifesta avversione
che rende indispensabile la ricerca
di metodi alternativi agli attuali,
rappresentati da molecole di sintesi.
Le ragioni che supportano tale
orientamento hanno diversa estrazione: una legislazione sempre più
restrittiva, particolarmente in Italia, un settore fitoiatrico teso a
ridurre la problematica dell’insorgenza di biotipi dei patogeni con
ridotta sensibilità ai principi attivi, un’opinione pubblica sempre più
indirizzata verso il consumo di pro-
Evaluation of hot water
treatments to control
postharvest green mold
in Citrus fruit
Abstract
Green mold caused by Penicillium
digitatum Sacc. is one of the most
economically damaging post-harvest diseases in citrus fruit. Fungicides are currently used to manage
the prevention of decay. However, to
support the worldwide effort to
eliminate or at least reduce pesti-
dotti esenti da residui di fitofarmaci. Si può ipotizzare pertanto che la
richiesta di frutti non trattati con
fungicidi diverrà sempre più pressante negli anni a venire.
Frutti di limone cv Femminello
siracusano ed arancio cv Tarocco,
portanti infezioni incipienti (24 h
dalla inoculazione), sono stati immersi per 3 minuti in acqua a
52°C o sottoposti a trattamenti
spray con acqua calda a livelli termici più elevati (62°C) e ridotti
tempi di esposizione (20 secondi) in
combinazione con l’impiego di
spazzole. Sono stati valutati l’efficacia sulla incidenza del marciume
verde, gli effetti della esposizione a
trattamenti termici sulla vitalità
dei conidi del patogeno in vitro, la
riduzione della microflora epifitica
dei frutti e l’induzione di materiale positivo al fluoroglucinolo nella
sede delle lesioni.
L’immersione dei frutti in acqua
calda ha ridotto sui frutti di limone cv Femminello siracusano l’incidenza del marcio ed inibito, sui
frutti di arancio cv Tarocco, il
marciume verde comportandosi similmente al fungicida Imazalil,
notoriamente molto efficace. Buona
la riduzione del marciume verde in
seguito al trattamento spray sui
frutti di limone, mentre meno efficace è risultata l’azione antipenicillium di tale trattamento sui
frutti di arancio.
Vengono riferiti inoltre gli effetti
di tali trattamenti sulla qualità
dei frutti, dopo simulato periodo di
mercantilizzazione.
cide residues in food, alternative
means of decay control have been
suggested. There is an increasing
demand for fruit not treated with
chemical fungicides and this trend
will probably become more dominant in years to come. Although
feasible for physiologically young
fruits of low susceptible varieties, the
extension of this option on decayprone cultivars can result in rates
of decay that exceed the commercially acceptable levels.
This paper addresses the effectiveness of hot water treatments as alter-
native means to control postharvest
green mold of Femminello siracusano lemon and Tarocco orange
fruits. Fruit were inoculated with
spores of Penicillium digitatum and
24 hours later submitted to treatments. Treatments selected for evaluation were hot water dipping
(HWD) at 52°C for 3 min. and
short hot water brushing (SHWB) at
62°C for 20 s. These treatments were
compared with an effective-fungicide standard treatment (Imazalil)
applied at 1g a.i./L and an
untreated control. Green mold inci-
Parole chiave: agrumi, marciume
verde, trattamenti con acqua
calda.
Arsia ATTI 7 Raccolta
134
4-06-2002 12:45 Pagina 134
AT T I A R S I A
dence was assessed after 2 weeks of
storage at 23°C.
In our tests, hot water dipping
and short hot water brushing were
effective in reducing infections
already established. Efficacy of hot
water dipping on Tarocco orange
was comparable to Imazalil, whereas short hot water brushing,
although reducing the incidence of
green mold compared to the untreated control, did not give satisfactory results. In lemon fruit both
treatments reduced green mold
incidence to about 20%, compared
with 99% of the untreated control.
In vitro studies we found that
heating at 62°C was more effective
in inhibiting P. digitatum spore
germination than heating at 52°C
for longer exposure time. In any
Introduzione
Le malattie crittogamiche dei
frutti di agrume in postraccolta,
indicate genericamente come
“marciumi”, sono causate da
micromiceti. Penicillium digitatum Sacc. ed italicum Weh., agenti
rispettivamente del marciume
verde ed azzurro, rappresentano le
due entità fungine più devastanti
verso le quali è ben nota la elevata
suscettibilità delle cultivar di arancio pigmentate (Di Martino Aleppo et al., 1996) e dei limoni a raccolta tardiva, rendendo pertanto
indispensabile il ricorso a tecniche
di difesa chemioterapica. La prevenzione si basa essenzialmente
sull’impiego di fungicidi di sintesi
che rappresentano i mezzi più efficaci e semplici per il controllo dei
marciumi. Malgrado l’attività e
l’affidabilità, gli elevati costi per la
sintesi e la sperimentazione di
nuovi principi attivi, le difficoltà
incontrate per la loro approvazione, le continue restrizioni d’uso
dettate dalla legislazione fitosanitaria, frenano gli interessi dell’industria agrochimica a sviluppare
nuovi formulati nel settore
postraccolta, che rappresenta un
modesto segmento di mercato.
case the one day delay in fungal
development following heat treatment at 52°C may play a special
role, allowing wound healing
processes to set themselves in motion.
As far as histochemical reaction is
concerned, the induction of phloroglucinol-HCL positive compounds in the injury sites was not
evident until three days after short
hot water brushing treatment,
whereas at 20°C showed the highest
rating, dipping was intermediate.
The conspicuous reduction of epiphytic microbial population on the
fruit surface after short hot water
brushing, did not show significant
difference among the temperatures
tested (20, 58, 62°C).
Hot water treatments did not
cause surface damage or color
change and did not influence internal quality parameters. Weight loss
(%) after two weeks showed the lowest value in Tarocco orange submitted to short hot water brushing.
Regarding rheological parameters,
softness and deformation were only
in Tarocco orange influenced after
hot water treatments.
Hot water treatments can provide a good control of green mold
decay, but the lack of residual protection against infections that can
develop on new injury sites, make
these treatments more suitable for
fruits that are carefully handled
and sold soon after harvest, rather
than stored.
Tutto ciò, insieme alla manifesta
avversione da parte dei consumatori, preoccupati degli effetti residuali di tali prodotti di sintesi sulle
derrate alimentari, ha dato un
notevole impulso allo sviluppo ed
al perfezionamento di tecnologie
che consentano di evitare o ridurre
al minimo i trattamenti chimici
dopo la raccolta. Vi è in atto una
crescente domanda di frutti non
trattati con fungicidi dopo la raccolta e tale tendenza diverrà dominante negli anni a venire. Sebbene
possibile per frutti fisiologicamente
giovani e di varietà poco suscettibili ai patogeni prevalenti, l’estensione di tale opzione a varietà suscettibili e a frutti in avanzato stadio di
maturazione, si traduce frequentemente in incidenze di marcio insostenibili. Il trattamento per immersione dei frutti in acqua calda (5253°C per 2-3 minuti), è stato sperimentato in diversi Paesi con risultati ritenuti accettabili sul contenimento del marcio da Penicilli
(Couey, 1989; Schirra et al., 1997;
Smoot et al., 1965). La necessità di
installare vasche nei magazzini di
lavorazione e la durata di immersione dei frutti rappresentano però
degli ostacoli all’adozione di tale
trattamento fisico, particolarmente
nelle centrali agrumicole che movimentano consistenti volumi di prodotto. Recentemente è stato messo
a punto in Israele (Porat et al.,
2000) un trattamento spray con
acqua calda, a livelli termici più elevati e ridotti tempi di esposizione,
in combinazione con l’impiego di
spazzole per la pulizia dei frutti e
l’abbattimento della carica microbica totale.
Keywords: citrus, green mold, hot
water treatments.
Materiali e metodi
Frutti maturi di limone [Citrus
limon (L.) Burm. f.] cv Femminello siracusano ed arancio (Citrus
sinensis Osbeck) cv Tarocco sono
stati selezionati manualmente
dopo la raccolta. Campioni di frutti, esenti da imperfezioni e di pezzatura uniforme, sono stati lavati
con acqua a temperatura ambiente, asciugati all’aria e sistemati in
alveolari alloggiati in cassette di
plastica. I frutti sono stati lesionati
ed inoculati in zona equatoriale
alla profondità di 2 mm con un
ago di 1,5 mm di larghezza
immerso in una sospensione conidica (1 x 106/mL-1) di P. digitatum Sacc. prima dell’uso. Il P.
digitatum isolato 75/90 era alle-
Arsia ATTI 7 Raccolta
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vato e mantenuto su APD. La
sospensione di spore è stata aggiustata tramite assorbanza a 425 nm.
I frutti sono stati mantenuti per 24
ore dopo inoculazione a temperatura ambiente, per simulare le condizioni ricorrenti dalla raccolta alla
applicazione dei trattamenti in
magazzino.
Trattamenti con acqua calda
Per i trattamenti in immersione
(I) i frutti di ciascuna replicazione
sono stati messi in un contenitore
perforato ed immersi per 3 minuti
in acqua a 52 ±1°C contenuta in
una vasca termostatata di acciaio
inossidabile da 100 litri. La vasca
era dotata di pompa per la circolazione dell’acqua, di una resistenza
di 2000 watt e di sonda elettronica per il mantenimento della temperatura. Nel trattamento spray
(S+S) i frutti sono stati sottoposti,
durante il transito su spazzole
rotanti di crine sintetico disposto
elicoidalmente, a getti con acqua
alla temperatura di 62 ± 1°C per
20 secondi. La temperatura del
getto d’acqua in prossimità del
frutto è stata constantemente
monitorata tramite un termometro a lettura digitale. Questi trattamenti sono stati comparati con un
controllo non trattato (C) ed un
trattamento fungicida con Imazalil
(F) alla dose di 1 g/L.
Dopo i trattamenti, i frutti sono
stati mantenuti a 23°C ed elevata
percentuale di umidità relativa per
due settimane. Le replicazioni (5
di 20 frutti per trattamento) sono
state posizionate at random e la
valutazione dei frutti affetti da
marciume verde è stata effettuata
dopo 1 e 2 settimane, sebbene in
alcuni esperimenti le osservazioni
sono state prolungate alla quarta
settimana dal trattamento per
accertare la possibilità di infezioni
tardive.
Saggi “in vitro” sulla vitalità
dei conidi dopo esposizione ai
trattamenti termici
Provette contenenti 9 mL di
acqua distillata, dopo sterilizzazione, sono state immerse in bagno
termostatico a 52 o 62°C. Quan-
do l’acqua nelle provette ha raggiunto la temperatura (misurata
tramite termometro), è stato aggiunto 1 ml di una sospensione
conidica di P. digitatum (concentrazione finale 1x104 conidi/ml-1).
Dopo 3 min. a 52°C e 20 o 60 s a
62°C, la sospensione contenuta
nella provetta è stata immediatamente raffreddata in una miscela
di acqua e ghiaccio sino al raggiungimento di 20°C. Le provette
controllo sono state immerse in
bagno termostatico a 20°C per 60
secondi. Aliquote (100 µL) della
sospensione conidica sono state
piastrate su agar patata destrosio
(APD) in scatole Petri ed incubate
a 23°C. Per ciascun trattamento
sono state utilizzate quindici piastre. Il numero delle unità formanti colonie (UFC) è stato conteggiato dopo 48, 72 e 96 ore.
Effetti dei trattamenti
con acqua calda sulla carica
microbica epifitica
Per valutare la riduzione della
microflora epifitica, frutti di limone cv Femminello siracusano, dopo trattamento spray con acqua
calda per 20 secondi, sono stati
posti in beaker contenenti 200 ml
di acqua distillata sterile ed incubati per 1 ora su un agitatore orbitale (200 g/min.). Le acque di
lavaggio sono state diluite serialmente e 100 µL di ciascuna diluizione sono stati piastrati su agar
patata destrosio (APD) in scatole
Petri. Il numero delle unità formanti colonie (UFC) è stato determinato dopo 3 giorni di incubazione a 23°C. Per ciascun trattamento la microflora di tre frutti è
stata valutata separatamente. I
frutti trattati con acqua a 20°C
fungevano da controllo.
Analisi chimico-fisiche
Un aspetto da non sottovalutare
in un trattamento che prevede
l’impiego di alte temperature è
quello riguardante la qualità dei
frutti. Per valutare i riflessi dei trattamenti termici sulle caratteristiche qualitative sono state effettuate analisi chimico-fisiche su arance
e limoni.
135
I parametri rilevati dopo 2 settimane dal trattamento su 20 frutti
per tesi, mantenuti a temperatura
ambiente, sono stati: colore dell’epicarpo nelle sue componenti L*,
a* e b* tramite colorimetro,
espresso come indice di colore
(ICC = 1000 x a* / L* x b*) (Jiménez Cuesta et al., 1981); resa in
succo (%); acidità espressa in percentuale di acido citrico anidro;
solidi solubili totali (°Brix); misure
riguardanti la consistenza del frutto valutando la durezza alla penetrazione (puntale 8 mm) in kg e la
deformazione residua in mm basata sulla risposta del frutto ad una
forza di compressione di 3 kg esercitata sul suo asse longitudinale
per 30 secondi e successivo rilascio
per 30 secondi. Dopo 1 e 2 settimane dal trattamento è stata verificata la perdita di peso, determinandola singolarmente su 20 frutti per tesi.
Induzione di materiale
positivo al floroglucinolo-HCL
La deposizione di materiali positivi al floroglucinolo nella sede
della lesione è stata determinata
seguendo il metodo descritto da
Gurr, 1965. L’intensità della reazione nella zona di lesione veniva
rilevata dopo 1, 2, 3 e 4 giorni
dalla fine del periodo di esposizione alle temperature.
Analisi statistica
I dati sono stati elaborati
mediante analisi della varianza
semplice (ANOVA) seguita dal test
di Duncan per la separazione delle
medie. Per i valori espressi in percentuale (incidenza del marcio e
calo peso) l’analisi statistica è stata
applicata dopo trasformazione nei
rispettivi valori angolari. I valori
della deviazione standard vengono
riportati sulla vitalità dei conidi
dopo esposizione ai trattamenti
termici.
Risultati
I trattamenti con acqua calda
hanno ridotto (tab. 1) il marciume
verde in frutti portanti infezioni
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136
Tab. 1 - Efficacia dei trattamenti con acqua calda sulle infezioni incipienti (24 h) di P. digitatum
in frutti di limone cv Femminello siracusano e di arancio cv Tarocco
Tab. 1 - Effect of hot water treatments on the incidence of 24 h incipient P. digitatum infections
in Femminello siracusano lemon and Tarocco orange
Trattamento
Marcio* (%)
Limone
Immersione a 52°C per 3 minuti (I)
Arancio
16 BC
3C
Spray a 62°C per 20 secondi su spazzole (S+S)
Imazalil (F)
21 B
0C
51 B
0C
Controllo (C)
99 A
82 A
* Medie in colonne seguite dalla stessa lettera non sono statisticamente significative (test di Duncan 1%). Sono riportati i valori reali; l’analisi
statistica è stata effettuata sui valori angolari.
* Means in columns followed by the same letter are not significantly different (according to Duncan’s Multiple Range Test, 1%). Actual values
are shown; statistical analysis used arcsine-transformed data.
Fig. 1 - Riduzione della microflora
epifitica in frutti di limone
cv Femminello siracusano dopo
trattamenti termici di breve durata
su spazzole.
Colonne con differenti lettere
sono significativamente differenti,
secondo il test di Duncan, 1%
Fig. 1 - Reduction of the epiphytic
microflora in Femminello
siracusano lemon after short hot
water brushing. Columns with
different letters are significantly
different, according to Duncan’s
Multiple Range Test, 1%
Fig. 2 - Deposizione di materiali
positivi al floroglucinolo-HCl in
lesioni sull’epicarpo di limone dopo
diversi trattamenti termici
Fig. 2 - Deposition of pg-HCl
positive compounds in lemon
peel injuries following different
hot water treatments
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Tab. 2 - Sopravvivenza dei conidi di Penicillium digitatum
sottoposti a differenti immersioni in acqua calda
Tab. 2 - Penicillium digitatum spore viability as affected by different hot water dips
Trattamento
Unità formanti colonia/piastra*
Incubazione in ore
48
72
96
52°C per 180 secondi
2
(0,45)
100
(6,61)
112
(5,15)
62°C per 20 secondi
62°C per 60 secondi
2
1
(1,79)
(0,71)
2
1
(1,52)
(0,45)
16
8
(2,00)
(0,45)
20°C per 60 secondi (controllo)
450 (16,01)
456 (17,30)
457 (17,53)
* Ciascun valore è la media di quindici replicazioni. In parentesi–deviazione standard.
* Each value is the mean of fifteen replicates. In brackets-standard deviation.
Tab. 3 - Parametri fisici in frutti di limone cv Femminello siracusano e di arancio cv Tarocco
dopo 2 settimane a temperatura ambiente
Tab. 3 - Physical parameters in Femminello siracusano lemon and Tarocco orange after 2 weeks at room temperature
Parametro
ICC buccia
Deformazione (mm)
Compattezza (kg)
Calo peso (%)
Limone
I sett.
II sett.
Totale
I
S+S
-0,73
n.r.
7,9
3,8
3,1
6,9
-0,69
n.r.
8,2
3,8
2,9
6,7
Arancio
C
-0,72
n.r.
8,1
3,6
2,3
5,9
I
S+S
C
7,1
2,1
2,6
3,5
2,9
6,4
7,4
2,6
2,5
3,3
1,6
4,9
7,3
1,8
3,7
3,4
2,8
6,2
AB
B
A
a
A
B
B
b
B
A
A
a
* Medie in riga seguite dalla stessa lettera non sono statisticamente significative (test di Duncan 1%). Sono riportati i valori reali;
l’analisi statistica del calo peso (%) è stata effettuata sui valori angolari.
* Means in rows followed by the same letter are not significantly different (according to Duncan’s Multiple Range Test, 1%).
Actual values are shown; weight loss (%) statistical analysis used arcsine transformed data.
incipienti (24 ore dall’inoculazione). Sui frutti della cv Tarocco è
stato ottenuto un ottimo livello di
protezione con l’immersione dei
frutti in acqua a 52°C per 3 minuti, paragonabile a quello del fungicida Imazalil, notoriamente efficace. Il trattamento a livelli termici
più elevati, ma per più brevi tempi
di esposizione, sebbene abbia
ridotto l’incidenza del marciume
verde, non ha dato risultati soddisfacenti in quanto le incidenze di
marcio hanno superato di gran
lunga i livelli considerati accettabili commercialmente. Sui frutti di
limone entrambi i trattamenti termici hanno ridotto l’incidenza del
marcio all’incirca dell’80% rispetto
al controllo. Livelli di protezione
paragonabili al fungicida Imazalil
sono stati raggiunti dopo trattamento per immersione, come
riportato in precedenti esperienze
(Lanza et al., 1998; 2000) solo
nelle produzioni estive (verdelli)
di limone che rispondono bene a
tale trattamento.
Il trattamento termico a 62°C è
stato più efficace nell’inibire la germinazione dei conidi di P. digitatum rispetto al trattamento a 52°C
praticato per un tempo di esposizione più lungo (tab. 2). Da rilevare comunque che la inibizione termica del patogeno (1 giorno)
indotta dal trattamento a 52°C,
sebbene transitoria, è determinante
consentendo ai tessuti lesionati di
mettere in atto meccanismi difensivi più efficaci e duraturi.
La carica microbica epifitica,
valutata su frutti di limone, ha
subito una consistente riduzione
dal trattamento spray abbinato alle
spazzole indipendentemente dal
livello termico applicato (fig. 1).
In merito alle reazioni biochimiche coinvolte, zone floroglucinolo
positive (fig. 2) consistenti in aumentata sintesi di lignina e di
sostanze lignino simili o, come
suggerito da Stange et al., 1993,
di gomma da ferita contenente
diversi composti con attività antifungina, non erano evidenti sino a
tre giorni dopo il trattamento
spray su spazzole a 62°C, mentre
al secondo giorno, mostravano la
più intensa reazione colorimetrica
a 20°C e reazione intermedia
dopo immersione a 52°C.
I risultati ottenuti sono incoraggianti in quanto al contenimento
del marcio non fa riscontro un
deprezzamento del frutto documentato dai dati qualitativi. Gli
unici parametri che hanno risentito
in maniera più o meno evidente del
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AT T I A R S I A
trattamento, mostrando differenze
significative, sono stati quelli fisici
(deformazione e compattezza)
facendo registrare, solo nei frutti di
arancio cv Tarocco, dopo due settimane dal trattamento spray a
62°C, il valore più elevato di deformazione ed il più basso di compattezza (tab. 3). Per quanto riguarda
il calo peso non si sono evidenziate
differenze significative fra le tesi a
confronto, ad eccezione del trattamento spray a 62°C nel Tarocco
con il valore più basso. Nessuna
variazione significativa del colore
dell’epicarpo né danni fitotossici
sono stati osservati sui frutti, anche
in quelli trattati a 62°C.
Discussione
I trattamenti per immersione in
acqua calda vengono usati da
parecchi anni per il controllo delle
malattie fungine sui frutti ed
ortaggi (Couey, 1989; BarkaiGolan and Philips, 1991). Indagini recenti, effettuate sugli agrumi
(Porat et al., 2000), hanno evidenziato nella fusione e successivo
rimodellamento delle cere epicuticolari, presenti sulla superficie del
frutto, il principale meccanismo di
azione. Il cambiamento fisico delle
cere, indotto dal trattamento termico, determina la copertura delle
microlesioni superficiali attraverso
le quali i patogeni da ferita penetrano nel frutto. Questi interventi
rappresentano un utile mezzo
alternativo all’impiego dei fungicidi di sintesi sul controllo del marciume verde dei frutti di agrume di
produzione biologica. Sebbene sia
l’immersione dei frutti sia il tratta-
mento spray su spazzole non
abbiano indotto nelle nostre prove
alcun effetto fitotossico, in accordo con quanto riportato in studi
precedenti (Lanza et al., 1998,
2000; Schirra et al., 1995), il rilascio di oli essenziali con insorgenza di oleocellosi può verificarsi su
frutti freddi e turgidi. Si raccomanda pertanto, in tale evenienza,
di ritardare di 1-2 giorni il trattamento termico al fine di ridurre la
turgidità dell’epicarpo dei frutti
(Smilanick et al., 1995).
Indagini sono in corso per mettere a punto, sulle nostre più rappresentative varietà di agrume, la
migliore combinazione temperatura-durata di esposizione e valutare
sia l’influenza delle condizioni
pedoclimatiche e colturali sull’efficacia di tali trattamenti, sia l’insorgenza di potenziali danni sull’epicarpo dei frutti. Si sta inoltre valutando l’applicazione di interventi
integrati con composti naturali al
fine di migliorarne l’efficacia. Il
trattamento spray con acqua calda
abbinato alle spazzole, mantenendo queste ultime in una migliore
condizione sanitaria, riduce al
minimo la possibilità di contaminazione del frutto da parte dei patogeni presenti nell’ambiente di lavorazione e ne migliora l’aspetto.
Conclusioni
Questi trattamenti termici, che
non necessitano di autorizzazioni
all’impiego, evitano i trattamenti
con fungicidi nel postraccolta,
periodo nel quale la metabolizzazione dei principi attivi è rallentata. Fra i vantaggi possiamo anno-
verare, oltre alla buona azione eradicante, quella di non promuovere
la selezione di razze resistenti nella
popolazione dei patogeni. Sebbene il trattamento termico non
riduca la sporulazione, ciò non
rappresenta un serio problema in
quanto le spore non sono fungicida-resistenti e la contaminazione
cosmetica dei frutti ad opera delle
spore (soilage) può essere facilmente rimossa.
Tali interventi non influiscono,
se ben applicati, sulla qualità ma,
lasciando i frutti privi di copertura
fungicida non sono in grado di
proteggerli da reinfezioni che possono instaurarsi in presenza di
lesioni e contaminazione ambientale. Pertanto il loro impiego non
può prescindere dall’attuazione di
tutti i mezzi in grado di minimizzare le lesioni sui frutti, quali accurate lavorazioni in magazzino, e da
misure decontaminanti presso gli
ambienti di lavorazione al fine di
ridurre la densità di inoculo dei
patogeni. I trattamenti termici
sono in grado di agire solo sulle
infezioni in atto e dovrebbero essere seguiti da un fungicida per ottenere un’azione protettiva nel
tempo (Brown et al., 1996). La
mancata protezione residuale sui
frutti limita pertanto l’applicabilità
di tali interventi solo ai frutti destinati all’immediata commercializzazione (Barkai-Golan et al., 1991).
Lavoro svolto nell’ambito del progetto A
36: “Agrumicoltura: ricerca e trasferimento di innovazioni tecnologiche”; Programma Operativo Multiregionale; Attività di sostegno ai servizi di Sviluppo per
l’Agricoltura; Misura 2.
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4-06-2002 12:45 Pagina 139
T E C N I C H E P O S T R A C C O LTA D E I P R O D O T T I O R T O F L O R O F R U T T I C O L I
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Arsia ATTI 7 Raccolta
4-06-2002 12:45 Pagina 141
18. Utilizzo della spettroscopia NIR per la determinazione
non distruttiva della qualità dei prodotti ortofrutticoli
M. Guizzardi - APO CONERPO, Villanova di C. (BO)
T. Spimpolo - SACMI, Imola (BO)
Riassunto
È stata impostata una serie di
prove finalizzate alla verifica operativa dell’“F 5” (Fantec – Sacmi),
analizzatore NIR per la determinazione non distruttiva della qualità dei prodotti ortofrutticoli.
I test sono stati condotti su pere
(Abate Fetel, Conference, Decana
del Comizio, Kaiser e William) e
Non destructive
determination of fruits
quality using NIR
spectroscopy
Abstract
Since some years, physical nondestructive techniques such as Near
Infra Red - NIR spectroscopy have
been added to the traditional systems previously used for the (destructive) determination of quality
index.
On an applied level, the measurement, through a non-destructive method, of qualitative parameters such
as solid soluble content or acidity
(and firmness), can allow a commercial classification of the fruits on
the basis of organoleptic characteristics: in line integrated equipment
are operating in Japan since some
years while in Europe (Italy and
Spain) systems of this kind have
recently been implemented.
A series of tests have been set to
achieve an operative check of the
Sacmi “F-5” NIR analyser for the
actinidia (Hayward). In particolare si è provveduto a costruire per
ciascuna cultivar adeguate curve
di taratura per il rilievo dei seguenti parametri qualitativi: residuo secco rifrattometrico, acidità
titolabile, durezza; le prestazioni
dello strumento sono state quindi
verificate su campioni casuali di
prodotto.
Dalle prove condotte emerge una
buona affidabilità del sistema (predizione dei dati) fatta salva la corretta taratura dello strumento.
non-destructive inspection of fruit
quality.
Tests have been made on pears
(Abate Fetel, Conference, Comice,
Bartlett, Bosc) and kiwifruit (Hayward).
Officially communicated by manufacture quality index are: solid
soluble content (SSC), acidity,
ripeness and internal diseases (watercore, browncore).
For each cultivar, we have built
up suitable calibration curves for
the control of the following qualitative parameters: S.S.C., acidity
(official parameters) and firmness
(new parameter not studied yet).
The samples for calibration have
been prepared following the principle of the maximum heterogeneity
in terms of dimensions (calibers)
and ripening level: for each species
and cultivar, 100 fruits have been
selected representing the wider
range of typologies (minimum,
maximum and intermediate caliber; different ripening levels).
The spectra relevant to the SSC,
acidity and ripeness have been
acquired according to two orientations of the fruits in the caps, and to
two pre-fixed temperatures, corresponding to the extreme thermal levels (minimum and maximum) of
the produce under process.
The fruits, suitably numbered,
have been submitted to the analytical control: for each fruit, the following parameters have been checked:
SSC (by means of the digital Atago
PR – 101 Palette refractometer),
acidity (titration by means of the
Titrino 719 S, Methrom) and firmness (by means of the digital T.R.
Turroni penetrometer).
The solid soluble content and the
acidity have been determined on the
juice obtained by squeezing the
fruit median portion (portion corresponding to the 60-80% of the
fruit). Firmness has been measured
on n. 4 opposite spots in the equatorial area, after peeling.
Coupling the laboratory data
acquired on each single fruit with
the related spectra has given the pos-
Parole chiave: Near InfraRed,
spettroscopia, F 5, Sacmi, Fantec,
pere, actinidia, Abate Fetel,
Conference, Decana del Comizio,
Kaiser, Hayward, residuo secco
rifrattometrico, acidità titolabile, durezza.
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AT T I A R S I A
sibility to build up the calibration
curves for the required parameters.
As to the kiwifruit, the calibration curve has been build up with
reference to an internal disease,
that is the low colouring of the pulp
(“albinism”), by using sound fruits
or fruits showing different levels of
albinism.
The calibration curves for SSC,
acidity and firmness have been
improved, when necessary, with the
addition of spectra obtained by the
passage of properly selected fruits.
The analysis has been made on
samples of 50 fruits, obtained
through a random selection from
different stocks. In this case too, the
fruits had different dimensions
and different ripening levels.
The data have been analysed
through the instrument internal
software, according to the method
MLR (Multiple Linear Regression).
Introduzione
Numerosi sono i parametri
messi a punto, per le diverse specie
ortofrutticole, al fine di descrivere
la qualità di prodotto. I fattori
qualitativi che influenzano maggiormente l’apprezzamento del
consumatore sono rappresentati
dal contenuto zuccherino – Residuo Secco Rifrattometrico o RSR –
e dall’acidità titolabile (Kader,
1996), unitamente alla durezza
(Rood, 1957; Beever and Hopkirk, 1990).
Alle tradizionali metodiche di
determinazione (di tipo distruttivo) di tali parametri si sono da
alcuni anni affiancate tecniche non
distruttive quali la spettroscopia
Near InfraRed - NIR (Ventura M.,
de Jager A., 1997; McGlone A.A.,
Kawano S., 1998; Carlini P. et al.,
2000).
Sul piano applicativo la misura,
per via non distruttiva di parametri
qualitativi come RSR, acidità titolabile e durezza può consentire una
classificazione commerciale dei
frutti sulla base delle caratteristiche organolettiche: attrezzature
The region of wavelength used for
the analysis was included between
650 nm and 970 nm.
For each calibration curve, the
F5 analyser supplies indications relevant to the regression coefficient
and to the standard deviation.
To have a graphical representation of the prediction results, report
the outline of the data (analytical
and predicted ones) for SSC, acidity
and firmness obtained on pears
and kiwifruits. (figg. 1-8).
The comprehensive analysis of the
results (table 1) shows the reliability
degree of the equipment in terms of
SEC (Standard Error of Calibration) and of SEP (Standard Error
of Prediction). As a matter of fact,
we can see that the SEP noticed during the tests is always lower than the
standard error quoted on the catalogue of the producer (SEP equal to
± 0,5 °Brix as to the sugar content,
± 10% of fruit total acidity as to the
acidity).
The evaluation of the results has
to take in consideration the type of
used analyser: being an equipment
integrated “in line” into production plants, we believe that the performances we have reached are
quite interesting. Most likely, this
system has unexplored potentiality:
the intention is to enlarge the experimentation by extending it to other
fruits and vegetables and to check
the possibility of identifying further
quality parameters so as to make the
best possible use of this instrument.
automatizzate installate in linea
sono già operanti da alcuni anni in
Giappone (Kawano S., 1994)
mentre in Europa (Italia e Spagna)
sistemi di questo tipo sono stati
implementati di recente.
Il presente studio è stato effettuato su uno di questi sistemi,
ossia sull’analizzatore NIR prodotto dalla Sacmi di Imola per la
verifica operativa dello strumento
su pere ed actinidia.
è stata fissata a 3 frutti/sec, mentre la verifica dei modelli di taratura è stata effettuata alle condizioni
operative, ossia a 5 frutti/sec.
I parametri rilevabili dall’analizzatore, secondo quanto dichiarato
dal costruttore, sono i seguenti:
RSR, acidità titolabile, grado di
maturazione, imbrunimento interno e vitrescenza. Le prove in
oggetto avevano una duplice finalità: la verifica delle prestazioni
relativamente a due parametri
dichiarati (RSR, acidità titolabile);
lo studio di parametri non dichiarati ma di interesse agronomico e
commerciale (durezza della polpa
in actinidia e pere e scarsa colorazione del mesocarpo – “albinismo” – nell’actinidia).
L’allestimento del campione per
la taratura è stato effettuato
seguendo il criterio della massima
eterogeneità in termini di dimensioni (calibri) e stadio di maturazione dei frutti: per ciascuna specie
e cultivar sono stati selezionati
100 frutti rappresentativi della più
ampia gamma di tipologie (calibri
minimo, massimo ed intermedi;
stadi di maturazione assortiti).
Materiali e metodi
L’analizzatore oggetto di verifica (F 5) è il prodotto di una partnership tra Sacmi Imola (Italia) e
Fantec (Hamamatsu – Giappone).
La tecnologia si basa sul principio
della trasmittanza di luce alogena
all’interno del frutto; per le prove
in oggetto è stata utilizzata l’attrezzatura destinata all’analisi di
frutti di piccole dimensioni (diametro massimo 120 mm) con
apparato illuminatore costituito da
12 lampade (potenza 1200 watt).
La velocità del nastro trasportatore per l’acquisizione degli spettri
Keywords: Near InfraRed, spectroscopy, F 5, Sacmi, Fantec, pear,
kiwifruit, Abate Fetel, Conference, Comice, Bartlett, Bosc, Hayward, solid soluble content, acidity, firmness.
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Fig. 1 - Distribuzione dei dati
relativi al °Brix rifrattometrico vs
°Brix predetto dal NIR
Fig. 1 - Scatter plots of °Brix
by refractometer vs °Brix by NIR
Fig. 2 - Determinazione °Brix
su pere Conference
Fig. 2 - °Brix evaluation
on Conference pear
Fig. 3 - Determinazione °Brix
su actinidia Hayward
Fig. 3 - °Brix evaluation
on Hayward kiwifruit
143
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AT T I A R S I A
Gli spettri relativi ai parametri
RSR, acidità titolabile e durezza
sono stati acquisiti secondo due
orientamenti (ortogonali tra loro
per le pere, con angolo di rotazio-
ne di 180° per l’actinidia) dei frutti sulla tazza, e a due temperature
prestabilite, corrispondenti ai livelli termici estremi (minimo e massimo) del prodotto da lavorare.
I frutti, opportunamente numerati, sono stati sottoposti a determinazione analitica: per ciascun
frutto è stato determinato il RSR
(tramite rifrattometro digitale
Fig. 4 - Distribuzione dei dati
relativi all’acidità titolabile vs
acidità predetta dal NIR
Fig. 4 - Scatter plots of acidity
by tritrater vs acidity by NIR
Fig. 5 - Determinazione acidità
titolabile su pere Decana
del Comizio
Fig. 5 - Triatable acidity evaluation
on Comice pears
Fig. 6 - Determinazione durezza
su pere Kaiser
Fig. 6 - Firmness evaluation
on Bosc pears
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Atago PR – 101 Palette), l’acidità
titolabile (utilizzando il titolatore
Titrino 719 S, Methrom) e la
durezza (mediante penetrometro
digitale T.R., Turroni). Il contenuto zuccherino e l’acidità titolabile sono stati determinati su
succo estratto mediante spremitura della porzione mediana del frutto (porzione corrispondente al 6080% del frutto stesso); la durezza è
stata rilevata su quattro punti contrapposti nella zona equatoriale
previa asportazione dell’epidermide. L’abbinamento dei dati acquisiti in laboratorio sui singoli frutti
con gli spettri relativi ha consentito la costruzione delle curve di
taratura per i parametri ricercati.
Relativamente all’actinidia si è
provveduto a costruire una curva
di taratura per un difetto interno
del frutto, ossia la scarsa colorazio-
Fig. 7 - Determinazione durezza
su actinidia Hayward
Fig. 7 - Firmness evaluation
on Hayward kiwifruit
Fig. 8 - Rilievo scarsa colorazione
della polpa su actinidia
Fig. 8 - Light colour of flesh
on kiwifruit
Tab. 1 - SEC e SEP relativi a RSR, acidità titolabile e durezza
Tab. 1 - SEC e SEP for SSC, triatable acidity and firmness
Prodotto
actinidia
Parametro
Hayward
Abate Fetel
pere
Conference
Decana
Kaiser
William
Taratura SEC
Verifica SEP
°Brix
0,426
0,374
acidità titolabile
0,469
0,379
durezza
1,510
1,390
0,301
°Brix
0,281
acidità titolabile
0,045
0,038
durezza
0,565
0,561
0,310
°Brix
0,330
acidità titolabile
0,044
0,037
durezza
0,734
0,499
°Brix
0,324
0,376
acidità titolabile
0,078
0,077
durezza
0,610
0,823
°Brix
0,360
0,361
acidità titolabile
0,068
0,069
durezza
0,649
1,009
0,564
°Brix
0,475
acidità titolabile
0,080
0,067
durezza
0,920
0,325
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AT T I A R S I A
ne della polpa (“albinismo”), tramite utilizzo di frutti sani o con
differenti gradi di albinismo.
Le curve di taratura per RSR, acidità titolabile e durezza sono state
perfezionate, se necessario, arricchendole con spettri ottenuti dal
passaggio di frutti opportunamente selezionati.
La verifica è stata condotta su
campioni di 50 frutti, scelti in
maniera randomizzata da differenti partite: anche in questo caso i
frutti avevano dimensioni e stadi
di maturazione disformi.
Risultati
I dati sono stati analizzati tramite il software interno dello strumento, secondo il metodo MLR
(Multiple Linear Regression).
La regione di lunghezze d’onda
utilizzata per l’analisi era compresa
Bibliografia
BEEVER D.J., HOPKIRK G. (1990) Fruit development and fruit physiology. In: WARRINGTON I.J., WESTON
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CARLINI P., MASSANTINI R., MENCARELLI F. (2000) - Valutazione “non
distruttiva mediante spettroscopia
Vis-NIR e regressione PLS dei solidi
tra 650 nm e 970 nm.
L’analizzatore F 5 fornisce, per
ciascuna curva di taratura, indicazioni relative al coefficiente di
regressione e alla deviazione standard. Volendo rappresentare graficamente i risultati di predizione, si
riportano gli andamenti dei dati
(analitici e predetti) per RSR, acidità titolabile e durezza ottenuti
su pere e actinidia (figg. 1-8).
L’analisi complessiva dei risultati
(tab. 1) mostra il grado di affidabilità dell’attrezzatura in termini di
SEC (Standard Error of Calibration) e di SEP (Standard Error of
Prediction). In particolare si rileva
che il SEP rilevato nel corso delle
prove risulta sempre inferiore
all’errore standard dichiarato in
catalogo dalla ditta costruttrice
(SEP pari a ± 0,5°Brix per il parametro contenuto zuccherino, ±
10% dell’acidità totale del frutto
per il parametro acidità titolabile).
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MCGLONE A.A., KAWANO S. (1998) Firmness, dry matter and soluble
solids assessment of postharvest kiwi-
Conclusioni
La valutazione dei risultati non
può prescindere dal tipo di analizzatore utilizzato: trattandosi di un
sistema installato in linea nei magazzini di lavorazione dei prodotti
ortofrutticoli, riteniamo molto
interessanti le prestazioni ottenute. Il sistema probabilmente possiede potenzialità non completamente conosciute: si intende ampliare la sperimentazione estendendola ad altri prodotti ortofrutticoli e verificare la possibilità di
individuare altri parametri di qualità in modo da utilizzare al meglio
questo strumento di analisi.
Ringraziamenti
Si ringraziano per la fattiva collaborazione i Direttori e lo staff tecnico delle Strutture coinvolte nel Progetto (Coop.va Emiliafrutta ed Intesa).
fruit by NIR spectroscopy. Postharvest Biol. Technol. (13): 131-141.
ROOD P. (1957) - Development and
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Arsia ATTI 7 Raccolta
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19. L’attività respiratoria in frutti interi
e in sospensioni cellulari
F. Venturi, C. Vitagliano
Scuola Superiore di Studi Universitari e di Perfezionamento “Sant’Anna”, Pisa
R. Fiorentini, G. Andrich
Dipartimento di Chimica e Biotecnologie Agrarie, Università di Pisa
Riassunto
Il trasferimento di massa dell’O2
presente nell’atmosfera di conservazione che, attraversando l’epidermide esterna, diffonde all’interno
delle cellule, rappresenta uno degli
stadi fondamentali che regola la
respirazione aerobia di un ortofrutticolo frigoconservato in atmosfera
Respiratory activity
evaluated for fruits and
their corresponding cellular
cultures
Abstract
To develop an innovative cell
which utilises a dynamic system to
control the storage of fresh horticultural products in refrigerated and
controlled atmosphere, it is necessary
to individuate a mathematical
model able to correlate the respiration process of stored products with
time and working conditions adopted (temperature and gas composition of storage atmosphere).
The oxygen mass-transfer across
the product skin, its following cellular utilisation to promote the oxidation of an organic substrate (e.g.
sugar) to produce H2O and CO2,
the release of CO2 to reach the cell
atmosphere, represent the main
kinetic steps connected with aerobic
respiration of cells present inside an
horticultural product.
If the resistance connected with the
product skin is so high to make the
O2 mass transfer the rate determining step of the whole respiratory
controllata. Poiché i dati sperimentali relativi sia alla respirazione
aerobia (consumo di O2) di mele
Golden delicious che alla fermentazione alcolica (produzione CO2 consumo O2), non si discostano sensibilmente in funzione dello stato di
aggregazione delle cellule (frutti
interi; colture cellulari), si è potuto
escludere che l’epidermide delle mele
intere costituisse una barriera diffusionale tale da rendere il trasferimento dell’O2 lo stadio cineticamente limitante il processo respiratorio.
process, the rate of respiration process
would become equal to that connected with O2 diffusion.
The O2 consumption rate measured for Golden delicious apples was
than compared with that found
using cellular suspension obtained
from pulp portion of the same fruits.
If the respiration rate, assumed
equal to that of O2 consumption,
measured for cellular cultures would
be statistically greater than that
found for the whole fruits, the kinetic role played by fruit skin would be
verified. On the contrary if similar
values of respiratory rates are
obtained for both systems analysed
(whole fruits, cellular suspensions)
the rate determining step would be
associated to a different part of respiratory pathway (e.g. cellular oxidation). So the first phase of experimental work was devoted to individuate a laboratory procedure to develop suspension cultures starting from
cellular portion taken from mesocarp
tissue of Golden delicious apples. To
obtain high friable callus the pulp
portions extracted from the apples
were cultured using two different
media (Nitsch and Pech) to promote
the formation of undifferentiated
tissue (callus). The chemical compositions of two media utilised are very
similar differing only on the number
and the amounts of vitamins added.
The O2 consumption and CO2
production rates were than evaluated using analogous amounts of
whole fruits and corresponding cellular suspensions working at three
temperatures (6, 16 and 21°C),
three PO2 (0, 3, 21 kPa) and two
PCO2 (0, 15 kPa). As the aerobic
respiration rates (equal to O2 consumption rate) as well as those related to alcoholic fermentation (measured as difference between CO2 production and O2 consumption rates)
did not statistically vary as a function of biological material employed
(fruits or their suspension cultures)
it is possible to exclude O2 mass
transfer trough apple skin could represent the rate determining step of
whole respiratory process.
Parole chiave: frigoconsevazione in
atmosfera controllata, mele Golden delicious, colture cellulari,
cinetica respiratoria.
Keywords: refrigerated and controlled atmosphere storage, Golden
delicious apples, cellular cultures,
kinetics of respiratory process.
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AT T I A R S I A
Introduzione
Tra i numerosi e diversificati
fenomeni fisici e biochimici che
possono alterare le caratteristiche
nutrizionali, le qualità organolettiche e di sicurezza d’uso di un
ortofrutticolo conservato allo stato fresco, caratterizzato da un
metabolismo attivo anche in fase
di postraccolta, la respirazione
aerobia gioca un ruolo essenziale.
Una mirata riduzione della velocità con cui procede il metabolismo energetico permette infatti di
rallentare tutte le attività cellulari e
quindi di procrastinare la senescenza del prodotto che può essere così conservato per tempi più
lunghi (Biale J.B. et al., 1981).
Su tale principio si basa la frigoconservazione in atmosfera controllata. Scegliendo, infatti, opportunamente la temperatura e la
composizione gassosa dell’ambiente di conservazione, è possibile indurre la desiderata riduzione
del metabolismo cellulare dell’ortofrutticolo conservato allo stato
fresco (Kader A. et al., 1980; Bohling H. et al., 1985; Anelli G. e
Mencarelli F., 1990).
Attualmente le celle impiegate
nella frigoconservazione in atmosfera controllata degli ortofrutticoli allo stato fresco utilizzano una
tecnologia basata su un criterio
unidirezionale per cui l’apparato
di controllo imposta i valori delle
variabili operative (temperatura e
composizione gassosa) per realizzare le condizioni di processo più
adatte alla conservazione di un
certo prodotto, prescindendo
dallo stato fisiologico che lo caratterizza. Poiché nella generalità dei
casi queste condizioni sono state
sperimentalmente individuate utilizzando materiale contraddistinto
da uno stato ottimale di maturazione commerciale, esse non
appaiono in grado di assicurare la
stessa efficienza operativa allorquando con il procedere del
tempo di conservazione, il materiale immagazzinato va incontro
ad inevitabili cambiamenti fisiologici (senescenza).
La disponibilità di un modello
matematico che descriva l’andamento nel tempo dei processi
respiratori in funzione delle condizioni operative adottate (temperatura e composizione gassosa),
potrebbe permettere di sostituire
la tecnologia tradizionale basata su
una logica unidirezionale, con una
più innovativa basata su una logica
bidirezionale, che prevede l’instaurarsi di un dialogo continuo e
costruttivo tra sistema di controllo
e materiale conservato all’interno
della cella. In questo caso l’apparato di controllo modificherà nel
tempo le variabili operative, ottimizzandone i valori in funzione
del mutato stato fisiologico del
prodotto conservato (controllo
dinamico).
L’impiego di questo approccio
innovativo implica:
a) la disponibilità di un modello
matematico in grado di descrivere
l’evoluzione della respirazione aerobia e della fermentazione alcolica del prodotto conservato, in funzione del tempo e delle modalità
di conservazione (Andrich et al.,
2000);
b) l’individuazione di uno o più
parametri chimici e/o fisiologici
che possano fungere da markers
dello stato fisiologico dei frutti
presenti all’interno della cella.
Il trasferimento di massa dell’O2 che dall’atmosfera di conservazione diffonde all’interno dei
frutti fino a raggiungere il sito attivo di catalisi localizzato nei mitocondri, la sua successiva interazione con un substrato carbonioso
(es. esoso) a produrre CO2 ed
H2O e l’immissione della CO2 così
prodotta nell’atmosfera di conservazione, rappresentano i tre stadi
fondamentali in cui è possibile
suddividere il processo respiratorio
di un frutto conservato allo stato
fresco all’interno di una cella di frigoconservazione in AC (Burton
W.G., 1978). In una serie di trasformazioni consecutive solo la più
lenta assume rilevanza cinetica
dato che, rappresentando lo stadio
limitante, determina la velocità
con cui decorre l’intero processo.
La formulazione di un modello
matematico in grado di assicurare
un’efficiente gestione dinamica
presuppone l’individuazione dello
stadio lento e delle variabili che lo
influenzano.
La barriera diffusionale presentata dall’epidermide dei frutti
potrebbe potenzialmente costituire lo stadio cineticamente limitante la respirazione aerobia. Il confronto tra la velocità di consumo
dell’O2 dovuta a frutti interi con
quella misurata utilizzando sospensioni cellulari da questi derivate e quindi in assenza della resistenza creata dall’epidermide dei
frutti, permetterebbe di stabilire se
la diffusione dell’O2 possa rappresentare lo stadio lento della respirazione aerobia dei frutti interi.
Infatti, se la velocità di metabolizzazione dell’O2 dovuta alle cellule
in sospensione risultasse significativamente superiore a quella misurata nei frutti interi, sarebbe il trasferimento di materia a costituire
lo stadio lento e, quindi, limitante
la respirazione aerobia. Al contrario, l’assenza di una differenza statisticamente significativa tra le
velocità di consumo dell’O2 nei
due sistemi considerati (sospensioni cellulari, frutti interi) consentirebbe di individuare nella trasformazione intracellulare lo stadio
cineticamente limitante la respirazione aerobia.
Materiali e metodi
La produzione di colture cellulari a partire da polpa di frutti - La
produzione di colture cellulari a
partire da polpa di mele Golden
delicious si è sviluppata in accordo
alle seguenti fasi sperimentali: 1)
sviluppo del “callo” cellulare su
porzioni di polpa di mela; 2) trasferimento e crescita del callo prodotto su mezzo nutrizionale agarizzato (piastre solide); 3) produzione di una sospensione cellulare liquida a partire da cellule prelevate dalla piastra agarizzata.
Sviluppo del “callo” cellulare su
porzioni di polpa di mela - a) disinfezione superficiale dei frutti utilizzati mediante una prima completa
immersione in etanolo al 70%
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Tab. 1 - Composizione dei due mezzi di crescita utilizzati (mg/l)
per produrre colture cellulari da polpa di mele
Tab. 1 - Composition of both growth media utilised (mg/l) to obtain cellular cultures from apple pulp
Componenti inorganici
Mezzo di Nitsch*
Mezzo di Pech**
Componenti organici
Mezzo di Nitsch
Mezzo di Pech
1900
1900
Mio-inositolo
100
0,1
—
1650
Acido nicotinico
5
1,0
CaCl2 • 2H2O
440
440
Glicina
2
—
MgSO4 • 7H2O
370
370
Cloroidrato di piridossina
0,5
1,0
KH2PO4
170
170
Cloroidrato di tiamina
0,5
1,0
MnSO4 • H2O
25
22,3
Acido folico
0,5
—
H3BO3
10
6,2
Biotina
0,05
0.01
ZnSO4 • 7H2O
10
10
Ascorbato di sodio
50
50
KI
—
0,83
Tiourea
25
25
180
KNO3
NH4NO3
Na2MoO4 • 2H2O
0,25
0,25
Asparagina
—
CuSO4 • 5H2O
0,025
0,025
Pantotenato di Ca
—
1,0
CoCl2 • 5H2O
—
0,025
Acido 2,4-diclorofenossiacetico
1000
1000
5 ml/l
5 ml/l
Benzilaminopurina
5 • 10-7
0,1
Saccarosio
3% (P/V)
4% (P/V)
Soluzione di Fe***
*
Nitsch et al., 1970;
** Pech et al., 1974
seguita da quella, prolungata per
venti minuti, in una sospensione di
Ca(ClO)2 al 7%, resa sterile per filtrazione; b) dai frutti disinfettati
sono state ricavate frazioni di polpa
di spessore 2÷4 mm, ciascuna
approssimativamente del peso di
30-40 mg; c) per ridurre al minimo
i problemi dovuti all’imbrunimento dei tessuti di polpa esposti all’ossigeno atmosferico, nel lasso di
tempo che è intercorso tra il taglio
delle fettine e la loro deposizione
sul mezzo di coltura, le porzioni di
polpa sono state immerse in una
soluzione sterile equiponderale di
acido citrico (80 mg/l) ed acido
ascorbico (80 mg/l). Operando
con mele in stadi di differenziamento precoci è stato necessario
ricavare le frazioni di polpa immergendo il frutto intero nella soluzione antiossidante; d) i cilindri di
polpa, ottenuti da queste fettine,
sono stati incisi mediante tagli
paralleli praticati con un bisturi
previamente sterilizzato.
Trasferimento e crescita del callo
prodotto su mezzo nutrizionale agarizzato - a) le porzioni di polpa
così ottenute vengono poste a contatto con 20 ml del mezzo di crescita e differenziamento (tab. 1)
gelificato con agar su piastra Petri
(5 porzioni di polpa/piastra); b) le
*** Soluzione composta da: FeSO4 • 7H2O (5,57 g/l); Na2EDTA (7,45 g/l).
piastre sono state conservate a
20°C in assenza di luce al fine di
favorire la produzione di callo che,
inizialmente, si presentava opaco e
compatto; c) con frequenza mensile, porzioni di questo callo venivano rinnovate mediante trasferimento di un’aliquota del materiale
ottenuto e ripetendo la stessa procedura. Si originava così una nuova
frazione di callo friabile e traslucido più idoneo ad originare sospensioni cellulari in mezzo liquido.
Sviluppo di una sospensione cellulare liquida a partire da cellule
prelevate dalla piastra agarizzata a) Una porzione di circa 3-4
grammi di callo friabile e traslucido venivano addizionate a 10 ml
di mezzo fresco (tab. 1) in una
beuta da 100 ml mantenuta all’interno di una cella di conservazione
a 23°C su un agitatore ruotante
(125 rpm). A 16 h di luce (1500
lux) seguivano 8h di permanenza
al buio per favorire la desiderata
proliferazione cellulare; b) al fine
di assicurare alle cellule in evoluzione una piena disponibilità di
tutte le necessarie sostanze nutrizionali, trascorsi 10 giorni dall’inoculo, 1,5 ml della sospensione
venivano immessi in una nuova
beuta contenente 10 ml di mezzo
fresco; c) procedendo in modo
analogo a quanto precedentemente descritto, dopo 45 giorni si
otteneva una proliferazione cellulare tale da consentire l’insemenzamento, in beute da 250 ml, di
80 ml di mezzo fresco. Le sospensioni così ottenute risultavano
facilmente conservabili in quanto
rinnovabili con una cadenza di 10
giorni mediante inoculo di 8 ml
della coltura preesistente in 80 ml
di mezzo sterile; d) l’andamento
nel tempo della curva di crescita
cellulare, caratteristica peculiare di
queste sospensioni, è stato valutato misurando il volume cellulare
impaccato (PCV) che corrisponde
a quello occupato dalla frazione
solida (pellet) che si accumula, per
centrifugazione (2500 rpm per
5’), sul fondo della provetta contenente 10 ml della soluzione colturale analizzata; e) per la determinazione delle cellule attive rispetto a
quelle ormai inattivate ma ancora
presenti nella sospensione cellulare, è stato utilizzato il test della
fluoresceina (Venturi, 2001).
L’attività respiratoria e fermentativa di frutti interi e di sospensioni cellulari al variare delle condizioni di conservazione adottate
(temperatura e composizione gassosa) - Sulla base della stechiometria
che regola i processi analizzati e
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considerando che il substrato utilizzato nel metabolismo energetico delle mele è essenzialmente
costituito da glucidi, la velocità
con cui procede la respirazione
aerobia è stata assunta pari a quella che regola la scomparsa dell’O2
dall’atmosfera di conservazione,
mentre quella connessa alla fermentazione alcolica è stata calcolata come differenza tra le velocità di
produzione di CO2 e quella relativa al consumo di O2.
L’andamento nel tempo sia della
velocità di accumulo della CO2
che di consumo dell’O2 è stato
valutato in frutti interi o nelle corrispondenti sospensioni cellulari
cercando di mantenere le variabili
operative (PO2, PCO2 e temperatura) il più possibile inalterate nel
tempo. A tale scopo sono state utilizzate le procedure sperimentali e
l’apparato già disponibili presso il
Dipartimento di Chimica e Biotecnologie agrarie dell’Università
di Pisa (Andrich et al., 1991).
Risultati e discussione
Colture cellulari liquide da polpa
di mele Golden delicious - Nella
produzione di sospensioni cellulari liquide da polpa di mela sono
stati utilizzati i due mezzi colturali di crescita descritti in tabella 1,
utilizzando come matrice cellulare
di partenza porzioni di polpa prelevate sia da mele alla maturità
commerciale che da frutti nelle
prime fasi di sviluppo. Questi due
mezzi presentano significative
sovrapposizioni prevedendo entrambi l’impiego di un’auxina
forte, quale il 2,4-D (acido 2,4-
diclorofenossiacetico) o il NAA
(acido naftalenacetico), in aggiunta alla BAP (benzilamminopurina)
come sostanze ormonali in grado
di promuovere la crescita e lo sdifferenziamento cellulari e del saccarosio come substrato energetico. Il
tipo e la quantità delle sostanze
vitaminiche previste tende invece a
diversificarsi in funzione del
mezzo analizzato.
In accordo a quanto riportato
in letteratura (Nitsch et al., 1970;
Pech e Fallot, 1974), l’impiego del
solo 2,4-D, a dosaggi relativamente elevati (1-6 g/l), promuove una
significativa anche se ridotta proliferazione delle cellule del mesocarpo di mele o di pere e determina
un incremento nella friabilità del
callo ottenuto. Queste elevate
concentrazioni non possono però
essere mantenute durante le suc-
PCO2= 0 kPa
PCO2= 15 kPa
Fig. 1 - Andamento della respirazione aerobia in frutti interi (■) ed in
colture cellulari (❏) al variare della
PO2 e della temperatura utilizzate
(PCO2= 0 kPa; PCO2= 15 kPa)
Fig. 1 - Evolution of aerobic respiration in fruits (■) and cellular cultures (❏) as a function of PO2 and
temperature utilised (PCO2= 0 kPa;
PCO2= 15 kPa)
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cessive fasi di accrescimento e
quindi nel corso dei diversi trasferimenti da un mezzo agarizzato
esaurito alla nuova piastra di proliferazione. Infatti il callo in accrescimento non deve venire a contatto per più di cinque/sei volte
con un mezzo fresco che contenga
elevati quantitativi di questo ormone e ciò allo scopo di evitare
l’accumulo degli indesiderati effetti tossici connessi con il suo utilizzo (Pech et al., 1974).
Nel corso di questa sperimentazione si sono ottenuti buoni risultati operando con concentrazioni di
1 g/l di 2,4-D. Inoltre, in accordo
con quanto riportato in letteratura
(Nitsch et al., 1970), la BAP è la
citochinina che, in associazione al
2,4-D o al β-NAA, ha indotto la
proliferazione cellulare più vigorosa, anche se, operando in assenza di
auxine, non è in grado di promuovere la moltiplicazione cellulare.
L’aggiunta di BAP non risulta più
indispensabile per promuovere la
crescita della popolazione cellulare
quando questa decorra all’interno
del mezzo liquido.
La produzione di tessuto formato da cellule indifferenziate
(callo) è stata sempre ottenuta a
prescindere dal livello di maturazione della polpa utilizzata. Tuttavia, mentre il callo proveniente dai
tessuti più maturi si è rivelato inadatto ad essere utilizzato come
starter nella produzione di sospensioni cellulari liquide, in quanto
opaco e compatto, quello prodotto a partire da cellule prelevate da
mele nelle prime fasi di sviluppo, si
è rivelato idoneo allo scopo. In
questo caso, infatti, è stato possibile selezionare un callo friabile e
traslucido in grado di generare
sospensioni cellulari liquide.
Il raggiungimento della stabilità
per le sospensioni cellulari liquide
veniva indicato dall’evoluzione
della curva di crescita che tendeva
a ripetersi inalterata a prescindere
dal numero di repliche realizzate
(Pech e Fallot, 1974). Solo colture stabili sono state quindi impiegate nelle determinazioni cinetiche per valutarne l’attività respiratoria aerobia e fermentativa.
Determinazioni cinetiche - Per
garantire che il numero di cellule
biologicamente attive all’interno
della sospensione cellulare utilizzata rimanesse pressoché costante
nel corso della prova sperimentale,
sono state utilizzate sospensioni
cellulari che avessero raggiunto la
fase stazionaria (circa 10 giorni
dall’inoculo).
PCO2= 0 kPa
PCO2= 15 kPa
Fig. 2 - Andamento della fermentazione alcolica in frutti interi (■) ed
in colture cellulari (❏) al variare
della PO2 e della temperatura utilizzate (PCO2= 0 kPa; PCO2= 15 kPa)
Fig. 2 - Evolution of alcoholic
fermentation in fruits (■) and
cellular cultures (❏) as a function
of PO2 and temperature utilised
(PCO2= 0 kPa; PCO2= 15 kPa)
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Poiché il volume di cellule
impaccate (PCV) ottenibili per
centrifugazione non variava significativamente con l’inoculo utilizzato (44÷46%), i dati cinetici ottenuti risultavano confrontabili in
quanto ottenuti operando con un
numero paragonabile di cellule
attive in quanto frazione costante
(stessa zona della curva di crescita)
di una popolazione pressoché invariata di cellule vegetali.
Operando con colture cellulari, la
raccolta dei dati cinetici terminava
se il numero di cellule biologicamente attive risultava inferiore al
90% di quelle inizialmente utilizzate. Le prove condotte in condizioni
anaerobiotiche risultarono pertanto
più brevi (circa 30%) delle corrispondenti determinazioni effettuate operando in presenza di O2.
Le velocità connesse alla respirazione aerobia e alla fermentazione alcolica esibite sia dai frutti
interi che dalle corrispondenti sospensioni cellulari sono state valutate operando a tre diverse temperature (6, 16, e 21°C), tre valori di
PO2 (0, 3, 21 kPa) e due valori di
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PCO2 (0 e 15 kPa). Mentre l’attività aerobia ed anaerobia dei frutti
interi e delle sospensioni cellulari
tende ad incrementare con la temperatura, la velocità respiratoria
cresce con la PO2 per decrescere
all’aumentare del tenore di CO2
nell’atmosfera di conservazione
(figg. 1 e 2). I più elevati intervalli
di confidenza che caratterizzano i
dati raccolti utilizzando le sospensioni cellulari, ne evidenziano l’elevata variabilità dovuta essenzialmente alla complessa tecnologia
che ne caratterizza la produzione.
L’attività fermentativa presentata
da ambedue i sistemi (frutti interi
e colture cellulari) risulta inversamente proporzionale alle concentrazioni con cui i due gas respiratori (O2 e CO2) compaiono nell’atmosfera della cella.
I risultati ottenuti indicano che
le velocità con cui procedono sia
la respirazione aerobia (fig. 1) che
la fermentazione alcolica (fig. 2)
nelle condizioni sperimentali analizzate non sembrano diversificarsi in modo statisticamente significativo al variare del materiale bio-
logico utilizzato (sospensioni o
frutti interi). Per cui, la barriera
diffusionale connessa con l’epidermide dei frutti non sembra
offrire una resistenza così elevata
da rendere il trasferimento gassoso tra l’atmosfera di conservazione ed il frutto lo stadio cineticamente limitante l’intero processo
respiratorio. Infatti la presenza o
l’assenza (colture cellulari) di questo ostacolo non influenza le velocità con cui decorrono sia la respirazione aerobia che la fermentazione alcolica.
Quindi, in accordo con quanto
già trovato nel corso di una precedente sperimentazione che, pur
essendo basata su un diverso
approccio sperimentale (Andrich
et al., 1998), aveva raggiunto una
analoga conclusione, i risultati
conseguiti permettono di escludere in via definitiva che, nelle condizioni sperimentali adottate, il
trasferimento di massa dell’O2
dall’atmosfera di conservazione
all’interno dei frutti possa costituire lo stadio lento della respirazione cellulare.
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Agraria, Scuola Superiore di Studi
Universitari e di Perfezionamento
“Sant’Anna” di Pisa.
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20. Naso elettronico e spettroscopia-VIS: tecniche ifenate
per la predizione delle caratteristiche della frutta
C. Di Natale, A. Macagnano, A. D’Amico
Dipartimento di Ingegneria Elettronica, Università di Roma “Tor Vergata”
M. Zude Sasse, B. Herold
Institut für Agrartechnik Bornim e.V. (ATB), Potsdam (Germany)
Riassunto
Il grado di maturazione della
frutta è in genere determinato
dalla combinazione dei parametri
qualitativi e quantitativi che ne
determinano l’aspetto, la compattezza, il gusto e la fragranza. Le
variazioni fisiologiche dettate dal
metabolismo, e che portano alla
maturazione, sono parametri parzialmente misurabili perché determinati da un certo numero di
caratteristiche biochimiche, mentre
più complesso appare essere il giudi-
Electronic nose and visible
light spectroscopy (VIS):
hyphenate techniques
for fruit’s characteristics
prediction
Abstract
Ripeness and fruit quality are considered as the relevant parameters to
evaluate the value of fruits. Ripeness
is defined by measurable physiological changes into the fruit metabolism.
While, fruit quality is a more global
fruit parameter that can not easily
be predicted by a certain number of
fruit characteristics. In recent years,
non-destructive methods to analyse
fruit parameters have been subject of
zio sulla qualità globale del frutto.
Negli ultimi anni, numerose ricerche sono state rivolte all’analisi dei
parametri della frutta utilizzando
metodi non distruttivi, ma attualmente nessun metodo sembra riuscire a fornire tutte le informazioni
necessarie per caratterizzare la
qualità del frutto. Così, la fusione
di sensori basati su differenti principi di misura potrebbe accrescere le
informazioni e, di conseguenza,
essere un promettente metodo per la
predizione dei parametri sia di
maturazione sia di qualità sui pro-
dotti in commercio. In questo lavoro si descrive un esperimento sulle
pesche mirato alla fusione delle
informazioni acquisite da un sensore olfattivo artificiale (naso elettronico) e da uno spettrometro a luce
visibile. La metodologia qui proposta ha riportato alcuni risultati
incoraggianti evidenziando il vantaggio ottenuto nel fondere insieme
i dati ottenuti da sensori differenti.
extensive researches.
The most evident achieved result
is that none of the proposed approaches seems to provide all the
necessary information to characterise fruits. Therefore, sensor fusion
is suggested to be a promising tool to
take into account different measurement principles improving the
information and, as a consequence,
the prediction of ripeness and quality of marketable products. Among
the investigated possibility optical
spectroscopy and aroma sensing are
considered particularly interesting.
In this paper, an experiment
aimed at fusing together the information acquired by an aroma sen-
sor (electronic nose) and a visible
light spectroscopy is described. The
instruments were tested measuring
a number of peaches and evaluating the cultivars, and a number of
parameters measured with conventional destructive methods.
The methodology here proposed
showed positive results and provided
the evidence that, when different
sensor information are fused together
a general improvement of the
knowledge about the samples is
obtained.
Parole chiave: naso elettronico, spettroscopia a trasmissione parziale,
pesche, qualità, fusione di sensori.
Keywords: electronic nose, partial
transmission spectroscopy, peaches,
quality, sensor fusion.
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AT T I A R S I A
Introduzione
Quando si parla di qualità di un
prodotto, si intende quel carattere
globale determinato dall’interazione tra il campione in esame ed il
consumatore, così che lo strumento per eccellenza, utilizzato per
determinare la qualità di un prodotto, appare essere rappresentato
dai sensi umani. Allo stato attuale,
infatti, gruppi di persone sono
addestrate per valutare le caratteristiche qualitative del campione,
assegnarne un giudizio e in qualche modo influenzare lo sviluppo
dei nuovi prodotti. Il lavoro di
ricerca degli ultimi anni ha mirato
allo sviluppo di nuove tecniche
non-distruttive volte a misurare
quei parametri determinanti alcuni
aspetti qualitativi della frutta. Tali
tecniche hanno lo scopo di essere
rapide, con breve trattamento del
campione, di facile esecuzione e
con la possibilità di essere usate nei
processi di controllo e in sistemi di
classificazione dei prodotti. Fra le
tecniche studiate (Abbott, 1999),
la spettroscopia e l’analisi olfattiva
sembrano particolarmente promettenti, soprattutto per le informazioni correlate alla maturazione e a
quei parametri inerenti la qualità
globale. Tra i parametri di riferimento considerati nei processi di
maturazione è la clorofilla, la cui
concentrazione nel tegumento
contribuisce al colore del frutto:
infatti, durante la maturazione, la
quantità di questo pigmento diminuisce gradualmente. Le tecniche
spettroscopiche, operanti nelle
regioni UV, visibile e NIR, per le
misurazioni dei pigmenti della
frutta, appaiono promettenti strumenti per analisi accurate e non
eccessivamente costose. Esiste una
vasta letteratura sulle misure ottiche di pigmenti e altri costituenti
della frutta e la loro correlazione
con maturazione e qualità. Le proprietà ottiche della frutta si basano
sulla riflessione, l’assorbanza, o la
diffusione della luce dal campione.
Parte della luce assorbita penetra
per pochi mm in profondità nei
tessuti procurando, a varie lunghezze d’onda, l’eccitazione di
alcuni legami chimici registrando
così utili informazioni sul contenuto dei pigmenti nella frutta. Le
prestazioni del metodo dipendono
dalla penetrazione della radiazione
nell’interno del frutto (Lammertyn, 2000). Per questo motivo,
il sistema spettroscopico è realizzato con le fibre ottiche in modo da
porre a contatto con il frutto sia la
sonda illuminante che quella ricevente. In questo modo si ottiene la
cosiddetta spettroscopia a trasmissione parziale.
Per quanto riguarda lo studio
delle informazioni contenute nello
spazio di testa della frutta, esso è
stato effettuato fino ad oggi con
tecniche di chimica analitica convenzionale, come ad esempio
gascromatografia e spettrometria
di massa. In vari studi sono state
trovate numerose correlazioni tra
gli aspetti qualitativi dei frutti e la
composizione del loro spazio di
testa, in termini sia quantitativi
che qualitativi (Visai, 1997).
Nonostante queste scoperte incoraggianti, l’analisi del pattern delle
sostanze volatili prodotte dai campioni in esame, non è stata di facile applicazione per usi industriali.
Lo sviluppo recente di strumentazioni basate sull’olfatto artificiale
(nasi elettronici) di facile uso, portatili e con metodi di campionamento semplificati, sembrano aprire nuove frontiere sul mercato in
questo settore. La possibilità di
utilizzare uno strumento di analisi
in grado di fornire informazioni
oggettive e fondamentali nei criteri di giudizio sulla qualità, hanno
stimolato la maggior parte delle
applicazioni dei nasi elettronici su
alimenti e bevande. Nonostante
questo, scarsa attenzione è stata
prestata alle applicazioni relative al
settore ortofrutticolo, infatti pochi
lavori hanno riportato risultati
positivi nella determinazione di
maturazione e qualità in questo
campo: banane (Hines, 1999),
pomodori (Sinesio, 2000), mele e
arance (Di Natale, 2001). I componenti volatili della frutta cambiano in concentrazione e composizione durante la crescita e la
maturazione. Studi analitici sui
componenti volatili delle pesche
hanno riportato, in totale, un centinaio di composti comprendenti
alcooli, aldeidi, alcani, esteri, chetoni, lattoni e terpeni (Sevenants,
1996): l’aroma di pesca non è
però attribuibile ad uno o diversi
componenti, ma è considerato
come la risposta integrata dell’organo olfattivo a tutto il complesso
sistema dei volatili organici sviluppati. Il sistema naso elettronico
cerca così di emulare quello che
avviene in natura, permettendo
però di ottenere una maggiore
oggettività nei giudizi e nelle classificazioni qualitative. In questo
lavoro, sono state raggruppati due
differenti approcci strumentali
nell’analisi degli stessi campioni
(pesche). I dati sono stati analizzati per valutare due differenti cultivar di frutta e confrontati con una
serie di parametri misurati con le
metodologie distruttive convenzionali: MT-fermezza, °Brix, acidità, contenuto di clorofilla, carotenoidi e antociani. Lo scopo principale di questo lavoro è lo studio
degli eventuali vantaggi provenienti da un possibile strumento
virtuale ottenuto dalla combinazione della spettroscopia con il
naso elettronico.
Materiali e metodi
Due cultivar di pesche sono state
acquistate al dettaglio, per un totale di 40 campioni. Ciascun frutto è
stato misurato due volte con uno
spettrometro a trasmissione parzialen, nei lati rosso e verde del frutto, e una volta con il naso elettronico. In seguito sono state applicate le analisi distruttive convenzionali, come parametri classici di riferimento: fermezza, °Brix, acidità,
clorofilla, carotenoidi e antociani.
Nel range di lunghezza d’onda utilizzata (400-800 nm) i maggiori
assorbenti sono la clorofilla, i carotenoidi e gli antociani: gli spettri di
riflessione e di trasmittanza mostrano nel visibile un minimo
dovuto alla tipica banda di assorbimento della clorofilla, vicino a 680
nm. In tal modo, la diminuzione
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155
T E C N I C H E P O S T R A C C O LTA D E I P R O D O T T I O R T O F L O R O F R U T T I C O L I
Fig. 1 - Identificazione corretta
ottenuta da ciascun set di dati
del contenuto di clorofilla durante
la progressiva maturazione della
frutta può essere espressa dalla
variazione del punto di inflessione
(red-edge) sulla scala delle lunghezze d’onda o per mezzo delle variabili latenti usando lo spettro totale
(Zude, 2000).
Tab. 1 - Valutazione di 6 parametri di riferimento: errore medio
EN
GS
RS
EN+GS
EN+RS
Firmness
°Brix
Acidity
Chlorophyll
Carotinoid
Anthocyan
38%
40%
43%
40%
45%
8%
2%
13%
10%
8%
43%
43%
44%
43%
43%
18%
18%
17%
17%
10%
7%
5%
7%
4%
4%
63%
57%
2%
71%
1%
Il naso elettronico
Gli spazi di testa sono stati misurati con il LibraNose, uno strumento progettato e costruito nei
laboratori dell’Università di Roma
“Tor Vergata” e della Technobiochip (Marciana Marina). Questo
naso elettronico è basato sulle proprietà chimiche sensoriali delle
porfirine e di composti analoghi.
Le molecole depositate come film
allo stato solido dimostrano notevoli proprietà di adsorbimento per
una varietà di molecole dell’atmosfera ambiente. È possibile sintetizzare porfirine con proprietà
selettive differenti (Di Natale,
2000) semplicemente variando il
metallo in posizione centrale,
oppure variando i sostituenti in
posizione periferica o effettuando
variazioni sulla struttura molecolare. Il risultato è che un array di
sensori basati su tali molecole ha
un comportamento simile al sistema olfattivo degli esseri viventi (Di
Natale, 1996). Il risultato, ottenibile da un campionamento con il
naso elettronico, rappresenta l’immagine chimica, nel suo complesso, della combinazione delle so-
stanze volatili costituenti l’odore
in esame. Nel LibraNose il sistema
di trasduzione delle molecole
adsorbite è costituito da Microbilance di Quarzo Piezoelettrico,
(QMB), capaci di trasdurre le variazioni di massa registrate sui film di
porfirine, in variazioni di frequenza di un segnale elettrico. Il LibraNose è costituito da otto di tali
sensori, e ciascuno è ricoperto da
una differente metalloporfirina. I
sensori sono posti, in posizione
radiale, in una camera di misura
circolare del volume di circa 10 cc,
in cui viene inviato lo spazio olfattivo da analizzare, sotto flusso
costante generato da una pompa
inserita nel sistema. In questo
lavoro, le misure sono state effettuate chiudendo ciascun frutto in
un barattolo di vetro per 30 minuti, tempo necessario per ottenere
una composizione stabile di molecole volatili in equilibrio con il
frutto stesso, quindi lo spazio di
testa è flussato nella camera di
misura, e si registrano le variazioni
di frequenza per ciascun sensore.
Il campionamento è stato effettuato in condizioni di temperatura e
umidità controllate. I dati sono
stati analizzati separatamente ed
unendo i dati dei due strumenti
allo scopo di determinare sia la
classificazione strumentale delle
cultivar, sia la stima dei parametri
di riferimento. L’analisi dati è stata
effettuata principalmente per
mezzo della Partial Least Square,
testata con il metodo del leaveone-out. Si è analizzata inoltre la
possibilità di ottenere un vantaggio dalla fusione dei dati confrontati con i risultati ottenuti singolarmente. I dati sono stati elaborati con MATLAB.
Risultati e discussione
I dati sono stati analizzati allo
scopo di determinare due differenti tipi di informazione: qualitativa
(discriminazione delle due cultivar) e quantitativa (stima dei parametri di riferimento). I dati strumentali sono stati utilizzati per
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AT T I A R S I A
formare cinque differenti set di
dati: naso elettronico (EN), spettro ottenuto sul lato verde (GS),
spettro ottenuto sul lato rosso
(RG), naso elettronico insieme
allo spettro ottenuto sul lato verde
(EN+GS), e naso elettronico con
lo spettro ottenuto sul lato rosso
(EN+RS). I risultati dell’analisi
qualitativa sono espressi attraverso
la percentuale dell’identificazione
corretta delle cultivar (fig. 1).
L’informazione fornita dallo
spettro ottenuto dal lato verde del
frutto è meno correlata con la cul-
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DI NATALE C., MANTINI A., MARTINELLI E., MACAGNANO A., PAOLESSE
tivar delle pesche, mentre gli altri
dati vi contribuiscono in maniera
determinante. È interessante notare il miglioramento della prestazione osservato nella fusione dei
dati ottenuti dalle due strumentazioni. L’analisi quantitativa può
essere valutata considerando la
media del valore assoluto dell’errore relativo (RAE) compiuto stimando ciascuno dei sei parametri
di riferimento. Per ciascun parametro la stima è stata ottenuta
applicando la Partial Least Squares. I valori dell’errore medio così
ottenuti sono elencati nella tab. 1.
La media degli errori ha evidenziato che in alcuni casi c’è una
forte affinità tra una singola metodologia e il parametro analizzato,
come nel caso dello spettro del
lato rosso per gli antociani. È interessante notare però l’incremento
generale delle prestazioni che si
ottiene dalla fusione dei dati dei
due strumenti. In particolare, l’unione del naso elettronico con lo
spettro del lato rosso contribuisce
a migliorare la caratterizzazione
dei campioni.
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21. Modificazioni passive di atmosfera di vegetali
di IV gamma in imballaggi a porosità controllata
L. Piergiovanni, P. Fava, F. Mostardini
Dipartimento di Scienze e Tecnologie Alimentari e Microbiologiche, Università di Milano
Riassunto
Sono stati studiati imballaggi
porosi di nuova concezione, valutandone le caratteristiche di permeabilità ai gas e la loro potenziale utilità nel confezionamento dei
prodotti di IV gamma.
La porosità presenta discontinuità distribuite in modo casuale
nello spessore del materiale e di
dimensioni molto diverse. Queste
Passive atmosphere
changes in pourous
packages for minimally
processed vegetables
Abstract
Innovative packages, produced
with a new technology, leading to a
particular kind of porosity was
studied in order to characterise
their permeability properties and to
investigate the potential use for
minimally processed vegetables. The
porosity presents discontinuities
which are random distributed
along the thickness of the material
and with quite different dimensions. These characteristics substantially avoid any possible microbial
contamination phenomena across
the packaging material. In comparison with the standard, non porous,
package, the new material shows
caratteristiche garantiscono che
attraverso il materiale non avvengano passaggi di materia che possano insudiciare o contaminare
batteriologicamente l’alimento
confezionato.
Rispetto alla versione compatta,
il materiale reso poroso presenta
valori di permeabilità ai gas anche
10 volte superiori e selettività dimezzate.
La conservazione di un’insalata
di cicorino (Cychorium intybus)
nelle due versioni, porosa e compatta, del nuovo imballaggio ha dimostrato che l’elevata permeabilità e
la bassa selettività effettivamente
impediscono che nell’imballaggio si
determinino condizioni di asfissia e
metabolismi di natura anaerobica.
high values of oxygen and carbon
dioxide permeability and, moreover,
quite lower selectivity. The permeance measurements were done by a
simple method applied to the finished packages and which consists
in detecting the rate at which the
permeating gas partial pressure
rises inside the closed package. Both
the standard and porous new packages were analysed for oxygen and
carbon dioxide permeability alone
and sealed with a very permeable
PVC cling film. In all the circumstances the porous sample showed
highest permeability and lowest
selectivity. With such diffusional
properties the porous package seems
ideal for high respiring products
and an experimental packaging of
minimally processed salad was
tried. The storage experiments of a
minimally processed salad (Cycho-
rium intybus), both in the standard
and porous packages, showed that,
actually, the high gas transmission
rates and low ratio permeability
(selectivity) avoid anaerobic metabolism, extending the shelf-life of the
packaged produce. The passive gas
composition modifications, monitored into the two kind of trays and
also in the usual package form of
the salad (a polypropylene tray and
a PVC cling film wrapping)
demonstrated that the new package
was the only one in which anaerobic
conditions were not reached during
the storage time of 7 days at 5°C.
Also chemical and sensorial evaluations of the packed salad showed the
superiority of the new porous package for this particular application.
Parole chiave: confezionamento,
permeabilità, porosità, vegetali
freschi.
Keywords: packaging, permeability,
porosity, fresh produce.
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AT T I A R S I A
Introduzione
Le esigenze di conservazione di
molti prodotti vegetali, in particolare quelli resi pronti per il consumo come i prodotti di IV gamma,
richiedono l’impiego di imballaggi
dotati di proprietà diffusionali tali
da evitare l’insorgere di un metabolismo anaerobio: un’alta velocità di trasmissione dei gas, utile
per garantire l’allontanamento
dell’anidride carbonica che si accumula per effetto della respirazione
ed una bassa selettività (il rapporto
tra la permeabilità all’anidride carbonica ed all’ossigeno), indispensabile per garantire un adeguato
rifornimento di ossigeno (Piergiovanni et al., 1997). Le esperienze
condotte in questi anni, tuttavia,
hanno dimostrato che la maggior
parte delle materie plastiche oggi
impiegate per il food packaging
non è in grado di offrire le prestazioni desiderate (Lee et al.,
1995;1996). Una definitiva soluzione al problema potrebbe venire
dalla sintesi di nuovi polimeri ma
l’impresa rischia di essere molto
costosa e problematica sul piano
ambientale ed attualmente il maggiore interesse è rivolto verso altre
possibili ipotesi. Da un lato la possibilità di combinare insieme materiali diversi, già conosciuti e considerati idonei per il contatto alimentare (Piergiovanni et al.,
1997; Exama et al., 1993); dall’altro, ricorrendo alla perforazione
del materiale di confezionamento
con tecniche più o meno sofisticate che vanno dalla perforazione
meccanica all’uso del laser. Molti
studi, in effetti, sono stati condotti in questi anni circa la possibilità
di prevedere le modificazioni di
atmosfera e le caratteristiche di
permeabilità di imballaggi perforati, sulla base della geometria e
delle dimensioni delle discontinuità presenti nel materiale (Lee e
Renault, 1998; Baugerod, 1980;
Renault et al., 1994; Ratti et al.,
1996; Edmond et al., 1991; Mannapperuma e Singh, 1994; Fishman et al., 1996; Ngadi et al.,
1997). La pratica di perforare la
confezione, tuttavia, non offre
sempre sufficienti garanzie di igie-
Fig. 1 - Evoluzione a 25°C
dell’atmosfera interna agli
imballaggi a struttura compatta
e porosa
Fig. 1 - Changes of the atmosphere
into the porous and standard
packages at 25°C
Fig. 2 - Evoluzione a 5°C
dell’atmosfera interna agli
imballaggi a struttura compatta
e porosa
Fig. 2 - Changes of the atmosphere
into the porous and standard
packages at 5°C
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nicità e/o si rivela piuttosto costosa e problematica. Una innovativa
tecnologia di produzione consente
oggi di realizzare manufatti plastici con caratteristiche di porosità
modulabile a costi molto contenuti. La porosità ha tuttavia la peculiarità di non essere geometricamente regolare; in altre parole le
discontinuità sono distribuite in
modo casuale nello spessore del
materiale e sono di dimensioni
molto diverse. Queste caratteristiche, se da un lato rendono praticamente impossibile una previsione
matematica della diffusione gassosa, dall’altro garantiscono che
attraverso il materiale non avvengano passaggi di materia che possano insudiciare o contaminare
batteriologicamente l’alimento
confezionato. In questo lavoro è
stata condotta la caratterizzazione
delle proprietà diffusionali di alcuni contenitori, prodotti con tale
tecnologia, che sono stati inoltre
impiegati per confezionare sperimentalmente un’insalata di cicorino di IV gamma.
Materiali e metodi
Prodotti vegetali
È stato impiegato del cicorino
(Cichorium intybus) tagliato in
liste sottili, lavato e pronto per il
consumo, fornito da un supermercato nel comune di Milano.
Materiali di confezionamento
• Imballaggi sperimentali semirigidi in materiale plastico a struttura compatta e porosa.
• Film in PVC plastificato (Arti
Grafiche Fabbri, Vignola) dello
spessore di 9 µm.
• Film in alluminio rivestito di
lacca termosaldante (Du Pont de
Nemours International S.A., Meyrin) dello spessore di 50 µm.
disperso ed agitato blandamente
per 1 minuto 16 g di prodotto;
• le valutazioni sensoriali dell’aspetto del vegetale attraverso un
test dell’ordinamento. Si è proceduto acquisendo, attraverso uno
scanner, immagini digitalizzate dei
prodotti in diversi momenti della
conservazione e si è quindi chiesto
ad un gruppo di 20 osservatori di
ordinarle in base alla sensazione di
freschezza che comunicavano. Per
ogni campione si è calcolato il punteggio totale, sommatoria dei punteggi forniti da tutti gli osservatori,
che è stato confrontato con i valori ricavati dalle tabelle di significatività di Kramer (Kramer, 1936).
Permeabilità ai gas
La determinazione della permeabilità all’ossigeno ed all’anidride carbonica degli imballaggi a
diversa struttura è stata effettuata a
due temperature (5 e 25°C), sigillandoli con un film di alluminio
(barriera assoluta) o di PVC plastificato ad alta permeabilità, dopo
averli riempiti con un’atmosfera
contenente il 30% di CO2 il 70% di
N2. Le variazioni di composizione
dell’atmosfera interna sono state
seguite nel tempo mediante analisi
gascromatografica (Fava et al.,
1993) e dall’evoluzione dell’atmosfera è stato possibile risalire alla
permeabilità dell’imballaggio grazie all’algoritmo proposto da Cameron e Yang (Cameron e Yang,
1982; Flodin et al., 1999).
Risultati e discussione
Permeabilità delle vaschette
Seguendo le variazioni di composizione dell’atmosfera interna ai
due imballaggi sperimentali chiusi
con il foglio di alluminio termosaldabile, è stato possibile determinare la permeabilità dovuta alle
loro pareti. A titolo d’esempio
nelle figg. 1-2 sono rappresentate
le evoluzioni di ossigeno e anidride carbonica alle due temperature,
nei due differenti tipi di contenitore (compatto e poroso). Come è
evidente, nel caso degli imballaggi
porosi l’equilibrio con l’esterno è
raggiunto dopo circa 24 ore mentre in quelli compatti anche dopo
48 ore la composizione dell’atmosfera interna è ancora molto differente da quella dell’aria esterna. Il
monitoraggio delle variazioni di
atmosfera nel tempo è stato ripetuto per almeno 4 campioni per
ogni tipologia ed ogni temperatura; i dati ottenuti hanno permesso
Analisi dell’insalata
di IV gamma
La qualità del cicorino è stata
valutata nel corso di una conservazione a 5°C effettuando periodicamente:
• le analisi dell’atmosfera interna alle confezioni con la stessa
metodologia utilizzata per le
prove di permeabilità;
• le misure del pH esocellulare,
determinando il pH di 10 mL di
acqua distillata, filtrata su carta da
filtro rapida, dopo avervi disperso
ed agitato blandamente per 1
minuto 10 g di prodotto;
• le misure della torbidità,
determinando l’assorbanza a 660
nm di 100 mL di acqua distillata,
filtrata su colino dopo avervi
Tab. 1 - Permeabilità e selettività a due temperature per i due differenti tipi di imballaggio
Tab. 1 - Permeability and selectivity at two temperatures for the different type of packaging
PO2 a
Imballaggio poroso
Imballaggio compatto
a
cm3 24h-1 bar-1;
b
PCO2 a
Sb
5°C
25°C
5°C
25°C
5°C
25°C
1200 ± 200
5°C
100 ± 50
1400 ± 400
25°C
200 ± 70
1400 ± 300
5°C
300 ± 60
2000 ± 600
25°C
500 ± 90
1,2
5°C
3,0
1,4
25°C
2,5
selettività PCO2/PO2
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AT T I A R S I A
Fig. 3 - Evoluzione della concentrazione di anidride carbonica nelle
confezioni di cicorino di IV gamma,
nei tre differenti imballaggi,
durante la conservazione a 5°C
Fig. 3 - Changes of carbon dioxide
levels into the 3 different packages
of minimally processed salad
during the experimental storage
at 5°C
Fig. 4 - Evoluzione della concentrazione di ossigeno nelle confezioni
di cicorino di IV gamma, nei tre
differenti imballaggi, durante
la conservazione a 5°C
Fig. 4 - Changes of oxygen levels
into the 3 different packages
of minimally processed salad
during the experimental storage
at 5°C
Fig. 5 - Differenze registrate tra il
minimo ed il massimo punteggio
ottenuto dai prodotti nel test di
preferenza per ordinamento,
durante la conservazione a 5°C
Fig. 5 - Differences between
minimum and maximum scores
attributed in the acceptability test
during the experimental storage
at 5°C
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di ricavare, con la procedura già
menzionata (Cameron et al.,
1982; Flodin et al., 1999), i valori
medi di permeabilità ai gas che
sono riportati nella tab. 1 insieme
ai valori dell’intervallo fiduciale
per una probabilità del 95%. Ad
entrambe le temperature il valore
di selettività delle strutture porose
risulta dimezzato rispetto a quello
delle strutture compatte ed anche
i valori assoluti di permeabilità
sono significativamente differenti.
È possibile riconoscere, negli imballaggi a struttura porosa, il tipico comportamento di un flusso
capillare non selettivo, proprio di
discontinuità di discreta dimensione; anche le variazioni di permeabilità determinate dalla temperatura sembrano indicare la prevalenza di un fenomeno di trasmissione indifferenziata, rispetto a
fenomeni di vera permeazione
attraverso pareti integre; infatti
l’aumento di temperatura di 20°C
ha solo un modesto effetto per la
struttura porosa mentre per quella
compatta si registrano incrementi
del 100%.
Le misure sono poi state ripetute, solo alla temperatura di 5°C, su
contenitori sigillati con un film ad
alta permeabilità ai gas (PVC plastificato), quali quelli normalmente impiegati nel settore dei prodotti ortofrutticoli ed i risultati
ottenuti sono sintetizzati nella tab.
2. Vi è da considerare che i valori
ottenuti per la struttura compatta
sono affetti da un notevole errore
Tab. 2 - Permeabilità e selettività a 5°C per i due differenti tipi
di imballaggio, sigillati con film di PVC plastificato
Tab. 2 - Permeability and selectivity at 5°C for the different type of packaging,
sealed with plasticised PVC film
Imballaggio poroso
Imballaggio compatto
a
cm3 24h-1 bar-1;
b
PO2 a
PCO2 a
Sb
1500 ± 400
600 ± 90
2900 ± 600
5500 ± 600
1,9
4,1
selettività PCO2/PO2
di misura. L’elevata selettività determinata dalla combinazione imballaggio semirigido più film di
PVC ha infatti portato ad una
significativa riduzione del volume
di gas contenuto nella confezione
durante la prova, in quanto il volume di anidride carbonica permeato
all’esterno non veniva rimpiazzato
dall’ossigeno che permeava all’interno. L’algoritmo utilizzato per il
calcolo della permeabilità, tuttavia,
presuppone la costanza del volume
libero della confezione e l’adozione del volume medio tra inizio e
fine della prova, come è stato fatto
in questo caso, ha sicuramente
introdotto un errore nella stima
della permeabilità. In ogni caso, le
differenze tra le due strutture non
vengono meno quando gli imballaggi sono combinati con un film
molto permeabile come quello utilizzato ed il contenitore poroso
presenta comunque una permeabilità, specie all’ossigeno, più alta e,
soprattutto, una selettività decisamente più bassa.
Confezionamento sperimentale
di cicorino di IV gamma
I risultati ottenuti caratterizzando le proprietà diffusionali degli
imballaggi a struttura porosa giustificano pienamente l’ipotesi di
impiegare tale tipo di contenitore
con un prodotto ad alta velocità di
respirazione come le insalate di IV
gamma. L’alta permeabilità all’ossigeno e la bassa selettività dovrebbero infatti evitare per questo tipo
di prodotti l’insorgenza di metabolismi anaerobici, garantendo un
adeguato apporto di ossigeno. Per
verificare questa ipotesi 100 g di
cicorino sono stati confezionati
nei contenitori dei due differenti
tipi di struttura, chiusi in aria con
il film di PVC plastificato. Nell’arco di una conservazione a 5°C di
una settimana sono state condotte
alcune determinazioni analitiche
per verificare lo stato di conservazione, sia sul cicorino confezionato sperimentalmente negli imballaggi a struttura porosa e compatta, sia sullo stesso prodotto mante-
Tab. 3 - Alcuni parametri qualitativi del Cicorino di IV gamma all’inizio ed alla fine della conservazione
a 5°C nei due differenti imballaggi
Tab. 3 - Some qualitative indexes of minimally processed salad, during the experimental storage at 5°C
into the different type of packaging
Cicorino in imballaggio
poroso
pH esocellulare
Cicorino in imballaggio
compatto
Cicorino in imballaggio
convenzionale
t1gg
t7gg
t1gg
t7gg
t1gg
7,0
7,4
7,1
7,6
7,5
7,1
t1gg
t7gg
t1gg
t7gg
t1gg
t7gg
Percentuale O2
0,067
t1gg
0,122
t7gg
0,095
t1gg
0,128
t7gg
0,0625
t1gg
0,1285
t7gg
Percentuale CO2
16,2
t1gg
10,4
t7gg
15,5
t1gg
1,6
t7gg
7,7
t1gg
1,9
t7gg
1,9
3,0
2,1
2,8
4,5
3,4
Torbidità
t7gg
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162
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AT T I A R S I A
nuto nella confezione originale
costituita da un vassoio di polipropilene ed un avvolgimento di PVC
plastificato. Vi è da considerare
che nelle confezioni originali
erano contenuti 150 g di prodotto
e che l’avvolgimento con film di
PVC non garantiva una completa
ermeticità della confezione.
Le modificazioni passive di atmosfera sono rappresentate nelle
figg. 3-4. Come ci si poteva attendere sulla base dei valori di permeabilità, si notano poche differenze per quanto riguarda il livello di anidride carbonica e differenze più consistenti per ciò che
riguarda la concentrazione di ossigeno: dopo 8 giorni la situazione
nel contenitore poroso è decisamente diversa da quella della
struttura compatta e della vaschetta convenzionale dove si determinano condizioni di sostanziale
asfissia. Le migliori condizioni di
conservazione che si realizzano
nella struttura porosa sono state
documentate anche dagli altri
controlli analitici eseguiti: pH,
torbidità e valutazioni sensoriali.
Nella tab. 3 sono riuniti i risultati
Bibliografia
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delle determinazioni di pH esocellulare, torbidità e composizione dell’atmosfera condotte dopo
un giorno e dopo 7 giorni di conservazione a 5°C; i valori presentati sono medie di almeno 3 o 4
determinazioni diverse.
I test sensoriali di ordinamento
delle immagini non hanno mai
denotato differenze statisticamente significative tra i campioni e per
questa ragione non si presentano
in dettaglio i loro risultati; tuttavia
le differenze tra i punteggi minori
e maggiori registrate per ciascuna
confezione sembrano indicare una
modesta preferenza verso l’insalata
conservata nel contenitore poroso
come si può osservare dall’istogramma presentato nella fig. 5.
Le misure di permeabilità effettuate sui contenitori, cosiddetti a
struttura porosa e compatta, hanno
inequivocabilmente dimostrato che
la tecnologia di produzione adottata consente di introdurre nel materiale una effettiva porosità. Gli alti
valori di trasmissione di ossigeno e
anidride carbonica che sono stati
misurati, la modesta influenza della
temperatura e, soprattutto, i bassi
valori di selettività calcolati rendono conto del fatto che nella associazione tra flusso gassoso di tipo
capillare tra le discontinuità dell’imballaggio e diffusione attivata
gassosa nelle parti compatte del
contenitore, il primo fenomeno
prevale sul secondo. Un regime di
trasmissione gassosa di questo tipo
è compatibile con un’estensione di
vita commerciale dei prodotti vegetali ad alta intensità di respirazione,
in quanto rende pressoché impossibile l’instaurarsi di condizioni asfittiche nell’imballaggio. Le prove
preliminari condotte con un’insalata di cicorino di IV gamma hanno
dimostrato una migliore conservazione nell’imballaggio poroso e
quindi incoraggiano a proseguire in
questa direzione, anche in considerazione del fatto che la tecnologia
di produzione della struttura porosa è economica e il grado di porosità è facilmente modulabile per
soddisfare le eventuali esigenze di
prodotti differenti.
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Arsia ATTI 7 Raccolta
4-06-2002 12:46 Pagina 163
T E C N I C H E P O S T R A C C O LTA D E I P R O D O T T I O R T O F L O R O F R U T T I C O L I
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Arsia ATTI 7 Raccolta
4-06-2002 12:46 Pagina 165
22. Cinetica del contenuto di acido ascorbico in pere
Conference durante la conservazione in atmosfera controllata
P. Eccher Zerbini, A. Rizzolo, A. Brambilla, P. Cambianghi, M. Grassi
IVTPA, Istituto sperimentale per la Valorizzazione Tecnologica dei Prodotti Agricoli, Milano
Riassunto
Nell’ambito di una ricerca sulle
cause dell’imbrunimento interno o
cuore bruno (CB) nelle pere Conference è stato studiato il contenuto
in acido ascorbico (AA) e acido
deidroascorbico (DHAA) durante
il primo periodo di conservazione.
Nel 1999 e nel 2000 le pere sono
state raccolte a due gradi di maturazione (commerciale e molto tardiva) e quindi conservate per 6 mesi
in due regimi di atmosfera controllata (AC, 2% O2 + 0,7% CO2 e 2%
O2 + 5% CO2). Prima dell’AC i
frutti sono stati refrigerati a
–0,5°C per una settimana (AC
senza ritardo) oppure per 3 (1999)
e 6 (2000) settimane (AC ritardata). Alla raccolta sono stati valutati parametri di qualità e di maturazione (massa, colore, durezza,
idrolisi dell’amido, solidi solubili,
Ascorbic acid changes
during controlled
atmosphere storage
in Conference pears
Abstract
The content of ascorbic (AA) and
dehydroascorbic acid (DHAA) in
Conference pears during the first
period in storage was studied as a
part of a research on the causes of the
appearance of Brown Heart (BH).
In 1999 and 2000 pears were
harvested in two times (normal
and very late) and stored for 6
indice di Streif). A fine conservazione i frutti sono stati controllati
per la presenza di CB.
L’AA è stato determinato alla
raccolta e durante i primi 50 (1999)
o 100 giorni dalla raccolta (2000).
Il DHAA è stato analizzato solo nel
1999. La degradazione dell’AA è
stata studiata mediante l’analisi
della regressione non lineare.
Lo stato di maturazione dei frutti alla raccolta è risultato molto
simile tra i due anni. In entrambi
gli anni AA è diminuito durante
la conservazione secondo un modello esponenziale, ma con differente
velocità di diminuzione. Nel 1999
i frutti molto tardivi hanno presentato un K molto più elevato, mentre
non si è osservato alcun effetto
significativo della concentrazione
di CO2 e del ritardo di applicazione dell’AC. Nel 2000 i frutti tardivi conservati in AC ad alta CO2
senza ritardo hanno presentato un
K maggiore rispetto agli altri trattamenti. Il DHAA non è risultato
influenzato dal tempo di conservazione né dal trattamento in AC.
L’incidenza di CB a fine conservazione è stata maggiore nei frutti
molto tardivi in entrambi gli anni
e dopo AC in alta CO2 nel 1999. In
entrambi gli anni non si è avuto
alcun effetto dell’AC ritardata sull’incidenza di CB. La maggior
incidenza di CB corrisponde ai
trattamenti dove la diminuzione
di AA è più rapida. Sembra quindi che la diminuzione di acido
ascorbico sia un fattore necessario
per la comparsa dell’imbrunimento
interno, ma non sufficiente a determinarla.
months in two controlled atmosphere (CA) regimes: 2% O2 + 0,7%
CO2 and 2% O2 + 5% CO2. Before
CA, fruits were cooled at –0,5° C
for one week (CA with no delay) or
for 3 or 6 weeks respectively in 1999
and 2000 (CA with delay). At harvest several maturity parameters
were measured (mass, colour, firmness, starch hydrolysis, soluble solids,
Streif index). After storage, fruits
were cut to check the presence of BH.
AA was analyzed at harvest and
during the first 50 (1999) or 100
(2000) days after harvest. DHAA
was analysed only in 1999. The
changes in AA content were studied
by non linear regression analysis.
Maturity stage at harvest was
very similar in the two years. In both
years AA decreased according to an
exponential model, with different
initial slope (K) in the two years. In
1999 very late harvested fruits
showed a higher K, while no significant effect was found due to CO2
concentration nor delayed CA. In
2000 very late harvested fruits
stored in high CO2 with no delay
showed a significantly higher K
Parole chiave: pere Conference,
atmosfera controllata, cuore
bruno, acido ascorbico.
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AT T I A R S I A
than all other treatments. DHAA
content was not affected by time of
storage nor by CA treatment. After
storage the frequency of BH affected
pears was higher in late harvested
fruits in both years, and in fruits
Introduzione
Le pere Conference conservate
in atmosfera controllata (AC) possono essere soggette ad alterazioni
specifiche come il cuore bruno
(CB) (Bertolini et al., 1997). L’alterazione può iniziare al cuore o
nel tessuto corticale del frutto, ma
una zona di circa 1 cm sotto l’epidermide resta sempre indenne dall’alterazione. La parte di polpa
colpita da CB diventa bruna e
asciutta, ma non rammollisce, e
talvolta presenta caverne. La raccolta tardiva e un’alta concentrazione di CO2 favoriscono la comparsa dell’alterazione. Anche i fattori climatici sono importanti;
infatti le pere coltivate nell’Europa
settentrionale sono più soggette
all’alterazione di quelle coltivate
nelle regioni mediterranee. Un
ritardo nell’applicazione dell’AC
sembra ridurre l’incidenza dell’alterazione.
L’acido ascorbico (AA) è un
importante elemento del sistema
antiossidante che costituisce il
meccanismo di difesa contro i
radicali liberi responsabili delle
ossidazioni. L’AA può essere facilmente ossidato ad acido deidroascorbico (DHAA). Quest’ultimo a
sua volta può essere nuovamente
ridotto, rigenerando così l’AA,
oppure può essere ossidato ulteriormente e irreversibilmente
(Cooke, 1974). Sia il DHAA che
l’AA hanno un’azione vitaminica
(vitamina C) dal punto di vista
della nutrizione umana. L’AA
tende a diminuire durante la conservazione di frutti e ortaggi.
Nelle pere si è trovato che il contenuto di AA diminuiva in condizioni di AC favorevoli al cuore
bruno, cioè con basso O2 ed alta
CO2 (Veltman et al., 2000).
Lo scopo della presente ricerca è
stored in high CO2 in 1999. In both
years delaying CA did not reduce
BH incidence. Higher BH incidence was found in the treatments
where the decrease of AA was higher.
It seems that the decrease of AA is a
necessary factor for BH appearance,
but not sufficient to determine it.
di studiare l’andamento del contenuto di vitamina C in relazione
all’incidenza di cuore bruno nelle
pere Conference coltivate in Italia,
focalizzando l’attenzione sul primo
periodo di conservazione, che è
quello in cui compare l’alterazione.
2000 il trattamento di AC ritardato è stato applicato solo ai frutti
della raccolta tardiva conservati col
5% CO2. Dopo 6 mesi di conservazione i frutti (2 casse per trattamento) sono stati tagliati in senso
longitudinale per controllare la
presenza di cuore bruno ed eventuali caverne.
Keywords: Conference pears, controlled atmosphere, brown heart,
ascorbic acid.
Materiali e metodi
Vitamina C
Frutti
Pere Conference sono state raccolte a Campogalliano (Modena)
il 23 agosto e il 6 settembre 1999,
e il 22 agosto e il 5 settembre
2000. In entrambi gli anni la
prima raccolta corrispondeva alla
raccolta commerciale, mentre la
seconda raccolta era molto tardiva,
allo scopo di favorire l’eventuale
comparsa di CB. I frutti di ogni
raccolta sono stati randomizzati
fra i diversi trattamenti e le diverse
epoche di esame. Un campione di
20 frutti è stato analizzato alla raccolta per i parametri di qualità e di
maturazione: massa del frutto,
colore (Minolta CR-200), durezza
(puntale 8 mm di diametro, velocità della traversa dell’apparecchio
Instron 200 mm/min), idrolisi
dell’amido (punteggio 1-10 secondo una scala fotografica), residuo secco rifrattometrico, indice
di Streif (Streif, 1996).
Conservazione
Dopo la raccolta i frutti sono
stati refrigerati a –0,5°C per una
settimana prima dell’AC (procedura normale, senza ritardo)
oppure sono stati refrigerati per 3
(nel 1999) o per 6 settimane (nel
2000) prima dell’AC (trattamento
con AC ritardata). Le pere sono
state conservate in AC con 2% O2
e 0,7% CO2. I frutti della seconda
raccolta sono stati conservati
anche in 2% O2 e 5% CO2. Nel
Nel 1999 i campioni per le analisi della vitamina C sono stati prelevati alla raccolta e dopo 3, 7, 9,
11, 14, 16, 18, 22, 24, 29, 37 e 46
giorni dalla raccolta da tutti i trattamenti di conservazione. I campioni da 3 a 16 giorni della prima
raccolta sono andati perduti. Nel
2000 l’AA è stato determinato alla
raccolta e settimanalmente nelle
prime 6 settimane dalla raccolta,
quindi ogni 15 giorni fino a circa
100 giorni di conservazione. Ogni
campione era costituito da 5 pere;
per l’analisi veniva prelevata la
polpa nella zona dove compare il
CB, cioè la zona equatoriale escludendo la parte più vicina all’epidermide. Si sono usate 2 replicazioni per ogni trattamento ed
epoca di esame. I frutti trovati
affetti da CB venivano esclusi dall’analisi. I campioni prelevati dai
frutti sono stati congelati in azoto
liquido e conservati a –80°C fino
all’estrazione. L’estrazione di AA è
stata condotta su ghiaccio e sotto
illuminazione ridotta omogeneizzando i campioni in acido metafosforico 6% e filtrando su carta in
un matraccio da 50 ml; gli estratti
sono stati tenuti a 2°C fino alla
separazione con HPLC. Il DHAA
è stato analizzato come AA dopo
riduzione con omocisteina (Chiari
et al., 1993). L’AA totale è stato
calcolato come somma di AA e
DHAA. I particolari e una discussione sulla procedura di campiona-
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167
T E C N I C H E P O S T R A C C O LTA D E I P R O D O T T I O R T O F L O R O F R U T T I C O L I
Tab. 1 - Parametri di qualità e maturazione alla raccolta
Tab. 1 - Mean quality variables at harvest
Anno
raccolta
massa g
L*
a*
b*
durezza N
amido (1-10)
s.s. °Brix
indice Streif
1999
1 normale
2 molto tardiva
252 b
301 a
61,1 a
62,4 a
-16,3 a
-14,8 a
36,2 a
37,4 a
63,2 a
50,7 b
1,5 b
3,2 a
13,9 a
14,8 a
0,35 a
0,20 b
2000
1 normale
2 molto tardiva
196 b
249 a
58,9 b
60,8 a
-16,2 a
-15,4 a
34,7 b
36,7 a
62,9 a
53,3 b
4,9 a
4,1 a
14,3 a
14,6 a
0,10 b
0,15 a
Le medie seguite da lettere diverse sono significativamente differenti con P > 95% (test di Tukey).
Tab. 2 - Medie ± errore standard del contenuto di AA e DHAA (mg AA/100g PF) alla raccolta
Tab. 2 - Means ± standard error of AA and DHAA (mgAA/100g FW) content at harvest
1999-2000
Raccolta
1 normale
2 tardiva
2000-2001
AA
DHAA
AA totale
% DHAA su AA totale
AA
5,67 ± 1,08
3,67 ± 0,56
3,57 ± 0,53
1,99 ± 0,36
9,24 ± 1,61
5,66 ± 0,20
38,83 ± 1,00
35,51 ± 7,65
2,79 ± 0,35
4,10 ± 0,80
*
*
*
*
* Differenze significative (P < 0,05) tra le raccolte.
Tab. 3 - Risultati dell’analisi della regressione non lineare per la degradazione di AA
durante la conservazione espresso come percentuale di quello rilevato alla raccolta. Anno 1999
Tab. 3 - Results of non-linear regression analysis for AA degradation during storage, as percentage of AA at harvest. Year 1999
Raccolta
1
1
2
2
2
2
normale
normale
tardiva
tardiva
tardiva
tardiva
% CO2
0,7
0,7
0,7
0,7
5
5
ritardo AC
no
sì
no
sì
no
sì
mento dai frutti freschi, sul metodo di estrazione e sulla scelta delle
condizioni cromatografiche sono
riportati in Rizzolo et al. [in stampa]. Il DHAA non è stato analizzato nel 2000.
Analisi statistica
I dati sono stati analizzati con
l’analisi della varianza e il test di
Tukey con P < 0,05. Sulla percentuale di frutti colpiti da CB è stata
effettuata la trasformazione angolare prima dell’analisi statistica. Per
descrivere l’andamento dell’AA
nel tempo, si è considerato il contenuto di AA ad ogni esame come
percentuale di quello rilevato alla
raccolta, e si è applicata l’analisi
della regressione non lineare per
parametro K
Limiti approssimati di confidenza al 95%
stima
errore standard
minimo
massimo
0,073
0,068
0,117
0,110
0,114
0,109
0,008
0,005
0,013
0,010
0,008
0,008
0,056
0,058
0,091
0,090
0,098
0,092
0,090
0,078
0,143
0,130
0,131
0,126
stimare i parametri dei modelli
(SHas/STAT software, SAS Institute Inc., Cary, NC 27513).
Risultati
R2
0,907
0,955
0,811
0,819
0,918
0,884
diradamento meno spinto dei frutti. In entrambi gli anni alcuni frutti della raccolta tardiva hanno presentato disfacimento interno da
sovramaturazione. In questo caso
la totalità della polpa si presentava
molle, imbrunita e succosa.
Maturità alla raccolta
Gli indici di maturazione alla
raccolta sono riportati in tab. 1.
Nei due anni lo stato di maturazione alla raccolta è risultato
molto simile per quanto riguarda
la durezza, che è considerata il
miglior indice di maturazione per
le pere. L’indice di Streif è differente nei due anni a causa di una
minor idrolisi dell’amido nel
1999. Nel 2000 le pere erano di
dimensioni minori a causa di un
Acido ascorbico
Nel 1999 alla raccolta il contenuto di AA e AA totale (AA+
DHAA) era più basso nei frutti
raccolti tardivamente, ma la proporzione DHAA/AA totale non è
cambiata con l’epoca di raccolta.
Nel 2000 invece alla raccolta i
frutti della prima raccolta presentavano contenuto di AA inferiore
ai frutti della seconda raccolta,
contrariamente a quanto trovato
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AT T I A R S I A
Fig. 1 - Diminuzione dell’acido
ascorbico (AA) come percentuale
del contenuto in AA osservato alla
raccolta, in pere raccolte alla maturità commerciale (H1) o molto tardiva (H2), durante la conservazione
con lo 0,7% o il 5% di CO2 in AC
senza ritardo (no delay) o in AC
ritardata (delay). Anno 1999
a)
Fig. 1 - Decrease of ascorbic acid
(AA) as per cent of AA content
measured at harvest, in pears of
normal (H1) and late (H2) harvest
times, during storage in 0.7
or 5% CO2. Year 1999
b)
Fig. 2 - Diminuzione dell’acido
ascorbico (AA) come percentuale
del contenuto in AA osservato alla
raccolta, in pere raccolte alla
maturità commerciale (H1) o molto
tardiva (H2), durante la conservazione con lo 0,7% o il 5% di CO2.
Anno 2000
Fig. 2 - Decrease of ascorbic acid
(AA) as per cent of AA content
measured at harvest, in pears of
normal (H1) and late (H2) harvest
times, during storage in 0.7 or 5%
CO2. Year 2000
Fig. 3 - Residui dei valori osservati
rispetto ai valori previsti dal modello esponenziale come percentuale
AA presente alla raccolta in pere
della raccolta tardiva conservate
senza ritardo in 0,7% o 5% CO2.
Anno 1999
Fig. 3 - Residual of observed values
from the exponential model as percentage of AA at harvest in late harvest fruits stored with no delay in
0.7% or 5% CO2. Year 1999
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169
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Tab. 4 - Risultati dell’analisi della regressione non lineare per la degradazione di AA durante
la conservazione espresso come percentuale di quello rilevato alla raccolta. Anno 2000
Tab. 4 - Results of non-linear regression analysis for AA degradation during storage, as percentage of AA at harvest. Year 2000
raccolta
% CO2
ritardo AC
parametro K
Limiti approssimati di confidenza al 95%
stima
errore standard
minimo
massimo
R2
1 normale
0,7
no
0,0261
0,0037
0,0184
0,0338
2 tardiva
0,7
no
0,0337
0,0041
0,0249
0,0424
0,883
2 tardiva
5
no
0,0569
0,0042
0,0483
0,0655
0,938
2 tardiva
5
si
0,0353
0,0032
0,0286
0,0420
0,861
l’anno prima (tab. 2).
In entrambi gli anni il contenuto di AA nella prima fase di conservazione è risultato seguire un
modello esponenziale:
AA% = 100 e – K giorni
dove AA% è la percentuale rispetto al valore di AA misurato alla
raccolta, ed è la base dei logaritmi
naturali, giorni è il numero di
giorni dopo la raccolta, K è un
parametro che indica la pendenza
iniziale della curva. I risultati dell’analisi della regressione non
lineare per il 1999 sono riportati
nella tab. 3 e nella fig. 1. Il parametro K è risultato significativamente maggiore nei frutti della
raccolta tardiva rispetto a quelli
della raccolta normale. I frutti
della seconda raccolta quindi
hanno perso più rapidamente il
loro contenuto di AA, che si è
dimezzato già dopo 7 giorni in
confronto agli 11 giorni dei frutti
della prima raccolta e si è ridotto al
30% rispettivamente dopo 11 e 18
giorni. Non è stato riscontrato
alcun effetto significativo della
concentrazione di CO2, né del
ritardo nell’applicazione dell’AC,
sebbene i frutti di questi ultimi
trattamenti tendessero ad avere un
valore di K leggermente inferiore,
indicante una diminuzione di AA
meno rapida.
Nel 2000 i parametri K sono
risultati molto più bassi rispetto
all’anno precedente (tab. 4). Nei
frutti della seconda raccolta conservati con il 5% CO2 senza ritardo
la pendenza iniziale della curva era
significativamente più alta che
negli altri trattamenti, che fra loro
non erano differenti. La percentuale di AA si è dimezzata già
dopo 15 giorni nei frutti posti
senza ritardo in 5% CO2, in confronto ai 27 giorni della prima raccolta e ai 22 giorni per i frutti della
seconda raccolta in 0,7% CO2 o in
5% con ritardo e si è ridotta al 30%
rispettivamente dopo 22, 55 e 36
giorni (fig. 2).
In confronto all’anno precedente, la diminuzione di AA è stata
più lenta: infatti, secondo il modello, nel 1999 l’AA nelle pere
conservate in 5% CO2 senza ritardo era ridotto a meno dell’1%
dopo 46 giorni, mentre nel 2000
un valore simile è stato raggiunto
solo dopo 90 giorni.
Nel 1999 si è notato un andamento particolare delle differenze
tra i valori stimati dal modello e i
valori osservati (residui) soprattutto
nei frutti della seconda raccolta
conservati in 0,7% CO2: nella prima
fase della conservazione (circa 20
giorni) i dati osservati erano generalmente inferiori a quelli predetti
dal modello, e invece più alti di
quanto predetto dal modello dopo
20 giorni. Questo andamento sembra indicare una diminuzione estremamente rapida seguita da un certo
recupero di AA (fig. 3). Nel 2000
non è stato osservato un andamento simile nei residui.
Per quanto riguarda il DHAA,
analizzato solo nel 1999, non è
stato rilevato alcun effetto del
tempo di conservazione né del
trattamento in AC; in media il
contenuto di DHAA è rimasto di
1,33 ± 0,2 mg/100 g PF per tutti
i trattamenti. Il rapporto DHAA/
0,769
AA totale è stato quindi influenzato principalmente dall’andamento
della diminuzione di AA, ed è
risultato significativamente crescente in modo lineare con il
tempo di conservazione nei frutti
della seconda raccolta in 5% CO2,
sia con ritardo che senza, e in
quelli della prima raccolta senza
ritardo (fig. 4).
Cuore bruno
Nel 1999 l’incidenza di CB
dopo 6 mesi di conservazione è
stata significativamente influenzata
dall’epoca di raccolta e dalla concentrazione di CO2: la percentuale
di frutti colpiti era maggiore nella
raccolta tardiva e in 5% CO2
rispetto allo 0,7% CO2. Non è
stato rilevato alcun effetto del
ritardo dell’introduzione in AC
(tab. 5). Nel 2000 l’incidenza
totale di CB è stata influenzata
significativamente solo dall’epoca
di raccolta, mentre nei frutti della
seconda raccolta non si sono rilevati effetti significativi della concentrazione di CO2 o del ritardo
(tab. 5). Nei frutti della seconda
raccolta conservati in bassa CO2 i
sintomi sono per lo più leggeri,
mentre i frutti con sintomi più
gravi erano più frequenti con 5%
CO2 (dati non presentati).
Dal confronto fra i dati del 1999
e del 2000 si può osservare che
non ci sono differenze nei frutti
della raccolta normale fra i due
anni. Nei frutti della seconda raccolta conservati in alta CO2 l’incidenza totale di CB è maggiore nel
1999, e con maggior frequenza di
sintomi gravi.
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AT T I A R S I A
170
Fig. 4 - Rapporto DHAA/AA totale
(%) in pere raccolte alla maturità
commerciale (H1) o molto tardiva
(H2) durante il primo periodo di
conservazione. Legenda: ❒ = H2,
0,7% CO2 con ritardo; ■ = H2, 0,7%
CO2 senza ritardo; ❍ = H2, 5% CO2
con ritardo; ● = H2, 5% CO2 senza
ritardo; ∆ = H1, 0,7% CO2 con ritardo; ▲ = H1, 0,7% CO2 senza ritardo
Fig. 4 - Ratio DHAA/Total AA (%) in
pears of normal and very late harvest during the first period of storage. Captions: ❒ = H2, 0.7% CO2
delay; ■ = H2, 0.7% CO2 no delay;
❍ = H2, 5% CO2 delay; ● = H2, 5%
CO2 no delay; ∆ = H1, 0.7% CO2
delay; ▲ = H1, 0.7% CO2 no delay
Tab. 5 - Percentuale di frutti colpiti da CB
dopo 6 mesi di conservazione*
Tab. 5 - Per cent fruits affected by BH after 6 months’ storage**
trattamento
H1
H1
H2
H2
H2
H2
0,7%
0,7% rit.
0,7%
0,7% rit.
5%
5% rit.
1999-2000
1,6
2,2
27,5
30,8
54,9
60,2
c
c
b
b
a
a
2000-2001
4,2 b
35,3 a
42,8 a
50,0 a
* Le medie sono state ottenute dalla trasformazione angolare e riportate in percentuale.
In ogni colonna le medie seguite da lettere diverse sono significativamente diverse
per P < 0,05 (test di Tukey).
** Means were obtained after angular transformation, and then retransformed into per cent.
In each column means followed by different letters are significantly different with P < 0,05
(Tukey’s test).
Discussione e conclusioni
Alla raccolta il contenuto di AA
ha mostrato risultati opposti nei
due anni per quanto riguarda l’effetto della maturità dei frutti.
Lentheric et al. (1999) hanno trovato minori quantità di AA nei
frutti più maturi di pere Conference. Anche nelle mele AA diminuisce nei frutti più maturi (Lee e
Kader, 2000). Noi abbiamo trovato risultati simili a questi solo nel
1999, e opposti nel 2000. Dai
nostri risultati del 1999, il DHAA
ha avuto un andamento parallelo a
quello dell’AA, mentre Lentheric
et al. (1999) non hanno trovato
differenze in DHAA con lo stato
di maturazione alla raccolta.
La diminuzione di AA è stata
collegata alla comparsa di CB
(Veltman et al., 1999). La diminuzione di AA da noi riscontrata
durante la conservazione è molto
maggiore di quella riportata da
Veltman et al. (2000), che nei
primi 100 giorni di conservazione
hanno trovato perdite del 70% di
AA. In questo studio una perdita
del 70% si è raggiunta nel 1999 in
11 o 18 giorni a seconda della raccolta e nel 2000 in 22 o 55 giorni
a seconda del trattamento. Nel
1999 la rapidità di perdita di AA è
stata doppia che nel 2000. La
diminuzione di AA in conservazione è un fenomeno comune nei
prodotti ortofrutticoli e viene
accelerata dall’alta CO2 (Bangerth,
1977). La diminuzione di AA e
l’aumento del rapporto DHAA/
AA totale indica l’esposizione delle
pere a stress ossidativo durante la
conservazione, soprattutto con il
5% CO2. Nella nostra ricerca la
diminuzione di AA avviene già con
il raffreddamento (fig. 1b) e, nel
2000, è accelerata dall’alta CO2.
Dopo la diminuzione iniziale,
nelle pere Conference l’AA non
presenta ulteriori variazioni significative per il resto del periodo di
conservazione (Veltman et al.,
2000). Ciò è confermato da nostri
studi precedenti su pere Conference raccolte a maturazione commerciale che presentavano un contenuto di AA pari a 0,67 e 0,26
mg/100 g PF dopo 8 mesi di conservazione rispettivamente in 0,7%
e 5% CO2 (dati non pubblicati),
che corrispondono abbastanza
bene ai valori più bassi trovati al
termine del periodo di osservazione in questo studio.
Considerando i risultati dell’incidenza di CB nei due anni, la maggior incidenza di sintomi gravi
riscontrata nel 1999, soprattutto
nel 5% CO2, non contrasta col
fatto che nel 1999 l’AA è diminuito più in fretta, concedendo quindi
più tempo per lo sviluppo del CB.
Il ritardo nell’applicazione dell’AC non ha portato a significative
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diminuzioni di CB né con 3, né
con 6 settimane di ritardo, contrariamente a quanto si riscontra in
Olanda e Belgio, dove il ritardo
dell’AC è ormai una pratica corrente per ridurre il rischio di CB.
Evidentemente l’eccessiva suscettibilità al CB causata dalla raccolta
molto tardiva supera i possibili vantaggi offerti dal ritardo dell’AC.
In conclusione si è dimostrato
che durante la conservazione l’AA
nelle pere Conference diminuisce
secondo un modello esponenziale,
variabile con l’anno e con i diversi
trattamenti. Il DHAA è rimasto
costante nel primo periodo di conservazione in tutti i trattamenti. La
maturazione avanzata alla raccolta
e la conservazione in alta CO2
accentuano la degradazione dell’AA e favoriscono la comparsa del
CB. La comparsa di CB è legata
alla diminuzione del contenuto di
171
AA, ma probabilmente l’alterazione è determinata anche da altri fattori relativi alla capacità antiossidante, come la velocità di funzionamento del sistema antiossidante
del frutto.
Ringraziamenti
Lavoro finanziato dalla Commissione
Europea (FAIR, CT-96-1803).
Bibliografia
BANGERTH F. (1977) - The effect of different partial pressures of CO2, C2H4
and O2 in the storage atmosphere on
the ascorbic acid content of fruits and
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development in pears (Pyrus communis L. cv Conference). Physiol. Plant.
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VELTMAN R.H., KHO R.M., VAN
SCHAIK A.C.R., SANDERS M.G.,
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acid and tissue browning in pears
(Pyrus communis L. cvs Rocha and
Conference) under controlled atmosphere conditions. Postharvest Biol.
Technol. 19: 129-137.
Arsia ATTI 7 Raccolta
4-06-2002 12:46 Pagina 173
23. Stima della suscettibilità al danneggiamento impattivo
di frutti di cloni Golden delicious attraverso indice sintetico
P. Menesatti, G. Paglia, M. Uniformi, M. Sperduti, S. Solaini
Istituto Sperimentale per la Meccanizzazione Agricola, Monterotondo (Roma)
A. Zanella, R. Stainer
Centro di Sperimentazione Agraria e Forestale Laimburg, Ora (BZ)
Riassunto
Uno dei principali problemi di
scadimento qualitativo dei frutti è
rappresentato dal danneggiamento
di origine impattiva che determina, soprattutto per Pomacee e Drupacee, un considerevole danno economico.
L’entità e il tipo di danno è in
relazione a fattori interni alle varie
cultivar come la conformazione fisica-geometrica dei frutti, la loro
struttura-tessitura e la composizione chimica. Questi fattori, a loro
volta, dipendono da condizioni
agro-climatiche e colturali che nell’insieme determinano la proprietà
di suscettibilità al danneggiamento
impattivo (danneggiabilità), altresì
comunemente indicata come resistenza alle manipolazioni. Gli
autori hanno effettuato valutazioni utilizzando uno specifico dispositivo “impattivo” (dispositivo per
Evaluation of bruising
susceptibility to impact
damage of apple clones
Golden delicious
by synthetic index
Abstract
Impact damage is one of the main
causes of deterioration of marketed
fruit and it represents, especially for
Pomaceae and Drupaceae, a
considerable economic loss.
A number of research techniques
have been used to evaluate the resis-
caduta verticale su piano rigido),
correlando l’entità del danno a
variabili impattive e fisico-morfologiche dei singoli frutti elaborando
complessi modelli statistici interpretativi (regressioni multiple nonlineari MNLR con operatore logaritmico in base 10). Successivamente, è
stato elaborato un protocollo di calcolo per sintetizzare in un solo valore numerico l’insieme dei contributi significativi che determinano l’espressione quantitativa del danno.
L’impiego di un solo indice, pur
nella tolleranza statistica del metodo, ha l’obiettivo di rendere più
immediata la comparazione tra
cultivar e l’effetto agro-colturale.
L’indice di danno per caduta
(DDI) è il risultato di una serie di
elaborazioni statistico-numeriche,
basato su un modello significativo
di regressione multipla. Il calcolo
del DDI procede per approssimazioni numeriche a partire dall’equa-
zione logaritmica più significativa
tra danno e variabili morfologiche,
impattive (caduta libera su superficie rigida) e di maturità. L’indice
di danno per caduta rappresenta il
valore dell’altezza di caduta, espressa in mm, cui corrisponde una probabilità massima del 5%, di avere
frutti presentanti danni medi di
estensione superiore ai 3 mm.
Sono state effettuate prove di
valutazione impattiva alla raccolta su due differenti cloni di Golden
delicious(Klon B, Reinders: Val
Venosta – Alto Adige) per due anni
successivi, determinando specifici
valori di danneggiabilità. Tali
valori, inferiori ai 22 mm, indicano una sensibilità al danneggiamento molto elevata.
tance of fruit and cultivars to different kinds of mechanical stress in
order to set limits that must not be
exceeded during handling and
transportation operations.
The causes of physical damage are
complex to analyse and they are
related to inner factors of the various cultivar such as physico-geometrical conformation, texture and
chemical composition of fruit.
These factors depend on agronomic
and climatic conditions, that determine the property ‘bruising suscepti-
bility’ (damageability) of fruit.
The authors carried out experimental evaluations in order to
analyse the problem of the physical
damage caused to two different
apple clones of Golden delicious
(Klon B, Reinders), using a standard impact device (allowing vertical fall on to a rigid plate), correlating the amount of damage with
impact and physico-morphological
variables specific to the fruit and
processing complex interpretative
statistical models (multiple non-
Parole chiave: danneggiabilità,
impatti, Golden delicious, postraccolta, cloni.
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AT T I A R S I A
linear regressions-MNLR with logarithmic operator in base of 10).
Subsequently, a processing method
was elaborated in order to assemble
into a single numerical value the
degree of damageability. The purpose
of a single numerical index is for
ease of use and both for the cultivars
themselves and the effects of agronomic treatments and/or practices.
The drop damage index (DDI) is
the result of a series of statisticnumerical steps, based on a significant model of multiple regression.
The calculation procedure of DDI is
based on numerical approximation,
starting from the most significant
logarithmic equation that links
Introduzione
Uno dei principali problemi di
scadimento qualitativo dei frutti è
rappresentato dal danneggiamento
di origine impattiva (Bolien &
Dela Rue, 1994; Shulte et al.,
1990; Shulte et al., 1991) che
determina, soprattutto per Pomacee e Drupacee, un considerevole
danno economico. L’esplicazione
di questo fattore di non-qualità è
strettamente legato al verificarsi di
eventi sollecitativi o impattivi meccanici, operati nelle fasi di raccolta
manuale e nella selezione postraccolta (Brusewitz & Bartsch, 1989).
Tuttavia, l’entità e il tipo di danno
è in relazione anche a fattori interni alle varie cultivar e dei singoli
frutti, come la conformazione fisica-geometrica dei frutti, la loro
struttura-tessitura e la composizione chimica (Klein, 1987; Mowatt
& Banks, 1994). Questi fattori, a
loro volta, dipendono da condizioni agro-climatiche e colturali.
La selezione postraccolta può
limitare l’impatto di tale problema
sul consumatore, comportando
però un rilevante scarto di prodotto. Risultanze sperimentali degli
autori indicano per Golden delicious soglie impattive molto basse
per le quali può esplicarsi un
danno di evidente rilevanza organolettica (aspetto) e commerciale.
damage to morphological, impact
and maturity variables (hardness).
The drop damage index represents
the drop height value (in mm) for
which the maximum probability of
obtaining fruits with a medium
damage higher than 3 mm, is equal
to 5%.
Impact experiments have been
conducted at harvest time on two
different Golden delicious clones
(Klon B, Reinders) in Val Venosta
(Alto Adige), for two following
years. The obtained specific values of
damageability were lower than 22
mm, indicating a very high bruising
susceptibility. On the whole, the two
clones showed very low DDI values,
confirming what observed from
fruit growers, that remark the
extreme bruising susceptibility of
Golden delicious. Nevertheless,
Klon B had an average impact
threshold (13 mm) 30% lower than
Reinders (19 mm), showing a major
susceptibility to impact bruising.
The evaluation of bruising susceptibility of the two clones calculated with the proposed index, considering also the seasonal differences,
resulted reliable.
Tali soglie possono essere facilmente raggiunte e superate, anche
nelle operazioni di raccolta
manuale e nella stessa fase di vendita al dettaglio del prodotto. In
realtà, può essere lo stesso acquirente a danneggiare il prodotto,
con una pratica poco accorta come
l’accatastamento eccessivo o la
manipolazione troppo rapida.
Tutto ciò indica come operare
nella sola direzione dello sviluppo
di macchine, sempre più raffinate,
per la selezione, possa non essere
sufficiente per limitare l’incidenza
economica del problema.
La ricerca si indirizza in modo
innovativo, verso lo studio delle
cause danneggiative (predisponenti o limitanti) al fine di parametrare il contributo varietale e successivamente l’influenza dell’itinerario agronomico e colturale sulla
danneggiabilità (Dela Rue, 1996;
Shoorl & Holt, 1980; Studman &
Banks, 1989). L’impatto è prodotto mediante attrezzature appositamente realizzate di tipo dinamico
(dispositivo per caduta verticale su
piano rigido), in condizioni ben
definite e standardizzabili per i
confronti (Menesatti et al., 1999).
L’impiego di modelli statistici di
regressione multipla lineare (MLR)
o non-lineare (MNLR), consente
un’analisi più approfondita e significativa circa la correlazione del-
l’entità del danno con diverse
variabili fisico-geometriche del
frutto e impattive (Menesatti &
Paglia, 2001). Il fine intermedio è
quello di ottenere informazioni sui
campioni di prova e di elaborare
modelli interpretativi e previsionali, che possano fornire indicazioni
più generalizzabili.
Successivo approfondimento è
quello di sintetizzare, per ciascuna
cultivar in esame, il valore della
suscettibilità al danneggiamento,
mediante espressione quantitativa
di uno specifico indice. Questo
indice – denominato DDI (drop
damage index o indice di danneggiamento da caduta) – rappresenta
il valore soglia dell’altezza di caduta cui corrisponde una data probabilità di danneggiamento della cultivar in questione. Il riferimento
ad un unico indice numerico ha la
finalità di evidenziare, in modo
sintetico e più facilmente comprensibile, i confronti tra cultivar e
gli effetti di pratiche agronomiche
e tecniche colturali.
Obiettivo del presente lavoro è
quello di confrontare il differente
grado di sensibilità al danneggiamento impattivo di due cloni di
Golden delicious (Klon B e Reinders), una delle cultivar più sensibili agli impatti. Il confronto è
stato ripetuto per due differenti
anni consecutivi.
Keywords: Bruising susceptibility,
impacts, Golden delicious, postharvest, clones
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Materiali e metodi
L’indice di danno per caduta
(DDI) è il risultato di una serie di
elaborazioni statistico-matematiche basate su un modello di regressione non-lineare multipla
(MNLR) con operatore logaritmico
in base 10, determinato per ciascuna cultivar o clone valutando il
contributo di differenti variabili
indipendenti sull’entità del danno
provocato per caduta diretta su
supporto rigido. Alla determinazione dell’indice contribuiscono
distinte fasi operative:
a) procedura impattiva per caduta;
b) misura del danno e delle variabili associate (impattive, morfologiche);
c) analisi statistica di regressione
multipla logaritmica;
d) elaborazione numerica dell’indice DDI.
Procedura impattiva
Le prove di caduta vengono
effettuate su un campione di frutti
debitamente predisposto, con una
attrezzatura impattiva realizzata
dagli autori per prove di caduta
libera su superficie rigida (Menesatti et al., 1999).
La distanza tra il piatto in acciaio
e il bordo inferiore di ogni singolo
frutto sospeso identifica il valore
dell’altezza di caduta. Nella prova
in oggetto il suo valore è stato randomizzato nell’intervallo compreso tra 20 e 400 mm.
Misura delle variabili
morfologiche, impattive
e del danno
Per le prove sono stati utilizzati
campioni di frutti di due differenti
cloni di Golden delicious, Klon B e
Reinders. I frutti sono stati raccolti a maturità commerciale, per due
anni consecutivi (1998 e 1999) in
un campo sperimentale del Centro
di Ricerca Agraria e Forestale
Laimburg, sito in Val Venosta
(Alto Adige). Dopo una settimana
di conservazione refrigerata a 4°C,
i frutti sono stati trasportati presso
il laboratorio dell’ISMA a Monterotondo e sottoposti a prova entro le
24 ore successive all’arrivo. Com-
Fig. 1 - Misura delle variabili morfologiche, della misura di impatto
e del danno
Fig. 1 - Measure of the morphological, damages and point of impact variables
plessivamente sono stati analizzati
346 frutti: 113 a clone per il 1998,
60 per il 1999.
Per ciascun frutto sono state
misurate le variabili morfologiche,
impattive, di maturità e del danno
(fig. 1) di seguito elencate:
1. massa (g);
2. diametro equatoriale del frutto (mm);
3. lunghezza dell’asse longitudinale (mm) o altezza del frutto;
4. diametro del danno (mm),
rappresentato dal diametro del
frutto in corrispondenza del punto
di impatto orientato parallelamente al piano equatoriale del frutto;
5. altezza del danno (mm), pari
alla distanza tra le proiezioni del
centro dell’area di impatto e la
sommità del frutto, rappresentata
dall’asse passante per l’inserzione
del peduncolo;
6. durezza Magness-Taylor (kg)
misurata con dinamometro digitale,
pari alla forza massima di penetrazione del puntale di diametro 11
mm affondante per 8 mm nella
polpa del frutto privato della buccia,
in prossimità del punto del danno;
7. diametro massimo e minimo
dell’area danneggiata, misurati dopo asportazione della buccia del
frutto (sensibilità della misura 2
mm);
8. profondità del danno visualizzata attraverso taglio longitudinale
normale all’asse dell’equatore passante per l’area danneggiata (sensibilità della misura 1 mm);
9. diametro medio del danno
(Dmean) come media tra diametro
massimo, minimo e profondità.
Per evitare fenomeni di marcescenza, la lesione penetrometrica
era occlusa con biomastice sterilizzante. Il danno è stato rilevato
dopo 48 ore dal momento dell’impatto.
Analisi statistica di
regressione multipla logaritmica
L’insieme delle variabili misurate hanno costituito la base dati per
l’elaborazione statistica mediante
regressione non-lineare multipla
(MNLR), dove la variabile dipendente era costituita dal valore
medio del danno (Dmean) per ciascun frutto. Precedenti esperienze
degli autori hanno consentito di
determinare che il modello non-
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AT T I A R S I A
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Tab. 1 - Variabili fisico-morfologiche (media ± deviazione standard)
Tab. 1 - Physico-morphological variables (mean ± standard deviation)
Clone
anno
altezza caduta
(mm)
peso
(g)
durezza
(kg/cm2)
altezza frutto
(mm)
Ø del frutto al punto
di impatto (mm)
h del frutto al punto
di impatto (mm)
Klon B
Klon B
Reinders
1998
1999
1998
213,1 ± 119,6
210,0 ± 116,3
213,1 ± 119,6
239,1 ± 49,9
253,9 ± 32,9
225,9 ± 37,0
4,9 ± 0,6
5,8 ± 0,5
5,0 ± 0,7
69,7 ± 10,5
78,0 ± 4,8
76,8 ± 5,6
68,3 ± 11,7
75,0 ± 11,0
66,7 ± 14,0
40,1 ± 23,7
33,2 ± 21,1
37,7 ± 25,3
Reinders
1999
210,0 ± 116,3
239,4 ± 38,7
5,2 ± 0,6
83,5 ± 4,6
69,8 ± 12,6
30,5 ± 24,0
Tab. 2 - Parametri statistici di analisi di regressione multipla logaritmica*
Tab. 2 - Statistical parameters of logarithmic multiple regression analysis**
Clone
anno
Klon B
1998
Variabili
LOG10 altezza caduta
LOG10 massa
durezza
intercetta
Klon B
1999
LOG10 altezza caduta
altezza frutto
intercetta
Reinders
1998
1999
R2 adj
SEE
12,22
0,000
0,627
2,65
9,83
0,003
-1,13
0,025
0,835
1,47
0,759
1,89
0,891
1,66
-30,04
0,000
12,32
0,000
0,09
0,062
-18,03
0,000
LOG10 altezza caduta
14,17
0,000
LOG10 massa
11,33
0,000
intercetta
Reinders
Livello probabilità
coefficienti
Coeff. X
LOG10 altezza caduta
diametro frutto
intercetta
-43,86
0,000
13,90
0,000
0,27
0,000
-38,66
0,000
* Il modello di riferimento è descritto dall’equazione (1): Y= h (log) H + a (log) X1 + b (log) X2 + n (log) Xn + I dove Y è il danno stimato (mm);
H l’altezza di caduta (mm); X1...Xn le altre variabili indipendenti; h il coefficiente di H; a, b ...n sono i coefficienti delle altre variabili indipendenti
e I, l’intercetta. SEE è l'errore standard della stima, R2 adj, il valore del coefficiente di correlazione adjusted.
** The reference model is described by Eqn. (1): Y=h (log) H + a (log) X1 + b (log) X2 + n (log) Xn + I where Y is the estimed mean damage
(mm); H the drop height (mm); X1 ......Xn the other independent variables; h the coefficient of H; a, b ...n are the coefficients of the other independent variables and I the intercept value. SEE is the standard error of the estimate and R2 adj. is the adjusted correlation coefficient.
Tab. 3 - Statistiche di danneggiabilità e valori dell'indice di danneggiamento da caduta (DDI)*
Tab. 3 - Damage statistics and Drop Damage Index (DDI) values**
Clone
anno
DDI (mm)
durezza
(kg/cm2)
totale
% frutti danneggiati
20-50
51-150
151-400
media danno frutti danneggiati, mm
totale
20-50
51-150
151-400
Klon B
1998
13 ± 2
4,9
88%
25%
89%
98%
16
11
12
17
Klon B
1999
12 ± 2
5,8
93%
33%
100%
100%
17
9
12
18
Reinders
1998
22 ± 1
5,0
85%
8%
78%
98%
16
9
11
17
Reinders
1999
16 ± 1
5,2
98%
83%
100%
100%
15
6
9
18
-0,54
-0,48
-0,28
-0,75
-0,45
-0,60
-0,26
-0,49
-0,71
0,46
0,52
0,72
0,25
0,55
0,40
0,74
0,51
0,29
Coefficiente Pearson di correlaz.
tra i tutti i valori DDI e tutti i valori
relativi a ciascun parametro in col.
Livello di Probabilità
del coefficiente Pearson
* Nella seconda parte, sono riportati i coefficienti Pearson di correlazione tra i tutti i valori DDI e tutti i valori relativi a ciascun parametro in colonna, con il livello di probabilità associato.
** In the second part, the values of the Pearson correlation coefficients are reported with the associated probability level. These values are calculated between all the DDI values and all the values of each parameter in column.
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lineare più rispondente (Menesatti
et al., submitted) risultava essere
quello per il quale ad una o più
variabili significative del modello
additivo multiplo era applicato l’operatore logaritmico in base 10
(log10). L’equazione determinata
era del tipo:
Y = h • (log)H + a • (log)X1+
+ b • (log)X2 + ...n • (log)Xn + I
dove Y è il danno stimato, H l’altezza di caduta (mm), h il coefficiente dell’altezza di caduta, X1 …
Xn altre variabili indipendenti
(massa, volume, altezza frutto,
durezza, ecc), a, b, ...n i loro coefficienti, I l’intercetta, log l’operatore logaritmico in base 10 applicabile a una o più variabili indipendenti.
Per ciascun clone è stato determinato il modello di massima correlazione (R2 adjusted) e di minore errore standard della stima
(SEE), che soddisfaceva le condizioni di significatività di ciascuna
variabile e l’assenza di collinearità
tra le variabili. Le analisi sono state
effettuate con il software Statistica,
procedura regressione multipla
non-lineare applicando l’operatore
log10. Dall’Eqn (1) con procedura
di calcolo numerico è stato successivamente calcolato l’indice di
danneggiamento per caduta (DDI)
dei campione in prova.
Il calcolo è stato effettuato su un
foglio elettronico nel quale erano
disposte 104 formule di Eqn (1),
da cui si otteneva una corrispondente lista di Y (danno stimato),
previo inserimento per ciascuna
formula di valori di H e delle Xn. I
valori delle Xn erano estratti
casualmente dall’intervallo osservato secondo procedura di estrazione casuale gaussiana (massima
probabilità di estrazione per il
valore pari alla media osservata).
Anche i valori di H erano attribuiti
casualmente, ma erano scelti all’interno di intervalli arbitrari progressivamente più ristretti rispetto
al valore dell’indice di danno.
Questo infatti è il valore della classe di H, cui corrisponde la frequenza minima di presenza dell’e-
vento danneggiamento, stabiliti
primariamente il valore soglia del
danno stimato, sotto il quale Y =
0, e la frequenza minima percentuale di presenza del danneggiamento. Da rilievi sperimentali
(Menesatti & Paglia, 2001) si è
stabilito il valore soglia del 5%,
quale frequenza minima oltre la
quale considerare significativo l’evento danno, con una soglia minima di “visibilità” del danno (medio) pari a 3 mm. Al di sotto di tali
soglie, si considera il danno nullo e
non commercialmente rilevante.
Dato l’elevato numero di valori
che caratterizza ciascun calcolo del
DDI, la frequenza può essere letta
come una stima attendibile della
probabilità del verificarsi dell’evento “danneggiamento”.
Risultati
Nella tab. 1, sono riportati i
principali parametri di statistica
descrittiva relativi ai valori delle
singole variabili morfologiche.
Si può notare, nel confronto tra
i due cloni e due anni di raccolta,
una sostanziale uniformità in termini morfologici e, in misura
minore, anche per la durezza. I
valori di quest’ultimo parametro
indicano un grado di maturazione
similare tra i cloni e gli anni e consente un confronto più coerente in
termini di sensibilità al danneggiamento (fattore spesso influenzato
dal grado di maturazione).
In tab. 2 sono indicati i principali parametri statistici in merito alle
regressioni multiple logaritmiche
risultate più significative per ciascun clone e anno. Si può notare
come la variabile impattiva sia
sempre presente nel modello con
significatività e in forma logaritmica. Oltre all’altezza di caduta, è
sempre presente una variabile
morfologica del frutto (altezza o
diametro del frutto, massa), mentre in un solo caso (Klon B, 1998)
risulta significativa la variabile di
maturità (durezza). Tutti i modelli logaritmici sono risultati altamente significativi all’ANOVA, con
valori di R2 superiori a 0,6.
177
In tab. 3 sono indicate le statistiche di danneggiamento dei frutti e
i valori di media del danno per differenti intervalli di altezza di caduta. Si può notare come le percentuali di danneggiamento e l’estensione quantitativa del danno siano
già elevate per intervalli di altezza
di caduta molto contenuti (20-50
mm). Per altezze di caduta superiori ai 50 mm, la percentuale di
danneggiamento è prossima, in
molti casi, al 100%.
Dai soli dati di danneggiabilità,
non è desumibile una differenziazione netta tra i cloni e/o anni.
Dove è maggiore la percentuale di
danneggiamento, si trova contemporaneamente il valore più basso
dell’estensione media del danno
(Reinders, 1999).
Nella tab. 3 sono anche riportati
i valori determinati dell’indice di
danno DDI.
Più è alto il valore dell’indice,
più il frutto deve considerarsi resistente al danneggiamento impattivo. Nell’ambito della procedura di
calcolo, dato l’elevato numero di
funzioni inserite, il valore del DDI
oscilla di ± 1 o ± 2 mm, rispetto al
valore centrale più frequente.
In termini generali, si può osservare come i valori determinati dell’indice DDI siano in tutti i casi
molto bassi, a conferma di quanto
osservato nella pratica dai frutticoltori, che rilevano l’estrema sensibilità di Golden delicious al danneggiamento impattivo.
Osservando le differenze tra
cloni e anni di produzione, si può
notare come in media Klon B sia
risultato circa il 30% più sensibile
di Reinders, con differenze tra gli
anni variabili tra il 40% (1998) e il
25% (1999).
Per ciascun clone, le differenze
imputabili all’anno di produzione
sono nettamente diverse: per Klon
B in pratica il valore dell’indice
non cambia, mentre Reinders registra una diminuzione di resistenza
del 27% tra 1999 e 1998.
Considerando l’insieme dei valori per cloni e anni, i valori dell’indice DDI non sono risultati correlati
significativamente né ad alcun
parametro del danno (frequenze di
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178
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AT T I A R S I A
danneggiamento o media del
danno a dato intervallo di caduta),
né alla durezza (tab. 3, seconda
parte). Ciò può indicare come l’indice proposto consideri un insieme
complesso e articolato di variabili,
come desumibile dai modelli di
regressione, sintetizzando l’insieme stesso in un unico valore.
Conclusioni
Il presente lavoro ha permesso
di mettere in evidenza, attraverso
l’utilizzo di un indice sintetico
innovativo (DDI), una differenza
apprezzabile nella sensibilità al
danneggiamento impattivo tra due
cloni di Golden delicious per due
anni consecutivi.
Il valore indicato rappresenta il
valore massimo atteso per l’altezza
di caduta per la quale può stimarsi
una probabilità del danno del frutto pari al 5%, con valori del danno
medio superiori a 3 mm.
Complessivamente, i due cloni
presentano valori dell’indice DDI
molto bassi, a conferma di quanto
osservato nella pratica dai frutticoltori, che rilevano l’estrema sensibilità di Golden delicious al danneggiamento impattivo.
Tuttavia, il Klon B ha una soglia
impattiva (13 mm) in media il 30%
più bassa di Reinders (19 mm) e
quindi è risultato più sensibile di
quest’ultimo clone al danneggiamento impattivo.
Considerando anche le differenze
stagionali, la valutazione della danneggiabilità dei due cloni operata
attraverso l’indice proposto è risultata sufficientemente affidabile.
MENESATTI P., PAGLIA G. (2001) Determination of a Drop Damage
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MENESATTI P., BENI C., PAGLIA G.,
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4-06-2002 12:46 Pagina 179
24. Effetto dell’antagonista naturale Candida sake
per il controllo dei marciumi su frutti di melo trattati
in postraccolta con DPA
A. Zanella, S. Degasperi, L. Lindner, K. Marschall
Centro di Sperimentazione Agraria e Forestale Laimburg, Ora (BZ)
P. Pernter
Centro di Consulenza per la Fruttiviticoltura dell’Alto Adige, Lana (BZ)
Riassunto
Nel presente lavoro si è valutata
l’efficacia dell’antagonista naturale Candida sake CPA-1 per il
controllo dei marciumi su frutti di
melo cv Red delicious. Candida sake
CPA-1 è stata sempre impiegata in
combinazione a difenilammina
(DPA). Come agenti patogeni sono
stati applicati Penicillium expansum, Botrytis cinerea e microorganismi contenuti nella soluzione di
DPA del ‘drencher’ di un impianto
commerciale. I trattamenti sono
stati effettuati negli anni 1998 e
1999. Dopo 60 giorni di conservazione in atmosfera controllata è
stata valutata la frequenza e la
severità del danno. L’efficacia di
Candida sake CPA-1 nel controllo
degli agenti patogeni è risultata
limitata. Tuttavia nel primo anno
di questo lavoro è stato ottenuto il
controllo pressoché totale di B. cine-
Introduzione
Il protocollo di produzione
integrata dei frutti di melo AGRIOS
vieta, in Alto Adige, qualsiasi impiego di prodotti fungicidi in
postraccolta. Inoltre, lo sviluppo
di resistenze ai fungicidi (Eckert et
al., 1994) ha rafforzato l’interesse
per metodi alternativi di controllo
dei patogeni in postraccolta (Janisiewicz, 1998). Il controllo biologico degli agenti patogeni tramite
un antagonista naturale potrebbe
rea. Per il controllo di P. expansum
il risultato migliore ottenuto è stata
una riduzione di 20% della frequenza di infezioni.
Nel 1999 l’applicazione dell’acqua del ‘drencher’ come inoculo ha
provocato un danno pressoché totale
causato principalmente da Mucor
spp. Nel 1998, successivamente
all’applicazione di un’altra soluzione del ‘drencher’ come inoculo, è
stata ottenuta una riduzione di
43% della frequenza di infezioni
tramite 108 ufc/mL di C. sake
CPA-1 rispetto al dosaggio minore
di 107 ufc/mL di C. sake CPA-1.
L’effetto limitato di C. sake CPA-1
osservato nel nostro lavoro potrebbe
essere stato causato da una maggiore virulenza dei ceppi patogeni
impiegati, come dimostra la gravità dei marciumi. Nel 1998 la
concentrazione di DPA impiegata è
stata di 1200 mg/L. Nel 1999 la
concentrazione di DPA è stata
aumentata a 1800 mg/L per ottenere la concentrazione usuale nel
trattamento anti-riscaldo delle
mele. I risultati suggeriscono che
l’impiego di DPA potrebbe avere
ridotto l’efficacia di controllo dei
marciumi tramite Candida sake
CPA-1. Tuttavia è stata osservata
una buona colonizzazione delle
lesioni con Candida sake CPA-1 (5
• 105 ufc/lesione) in combinazione
a DPA (1800 mg/L). È discusso un
possibile ruolo del DPA nell’inibizione di meccanismi biochimici e
strutturali che determinano l’azione antagonistica di Candida sake.
essere un’alternativa, particolarmente nei casi di trattamento con
difenilammina (DPA) in postraccolta delle mele contro il fenomeno del riscaldo tramite irrorazione
con cortina d’acqua (‘drencher’).
Dato che il ricambio della soluzione di DPA abitualmente avviene
solo dopo alcuni giorni, si ha
un’accumulazione di agenti patogeni. I frutti della cv Red delicious
sono particolarmente suscettibili
alle contaminazioni con spore fungine, dato che hanno il canale sti-
lare pervio, ma devono subire un
trattamento con DPA per la lunga
conservazione. È diffuso l’utilizzo
di lieviti come antagonisti naturali,
tra i quali Candida spp. (Vinas et
al., 1998; Lima et al., 1997), per
lo studio del biocontrollo dei
patogeni fungini in postraccolta.
Con l’aggiunta di addittivi come
glycolchitosan o nisin si cerca di
migliorare l’efficacia di biocontrollo rispetto ai fungicidi sintetici
(El-Ghaouth A. et al., 2000a; ElGhaouth A. et al., 2000b; El-
Parole chiave: Candida sake, Penicillium expansum, Botrytis cinerea, Mucor spp., controllo biologico, antagonista naturale, mela,
atmosfera controllata, marciume
postraccolta, DPA.
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AT T I A R S I A
Neshawy S.M., Wilson C.L.,
1997). Attualmente sono in commercio tre prodotti per il biocontrollo: Candida oleophila Montrocher e due ceppi di Pseudomonas syringae van Hall con il rispettivo marchio commerciale Aspire,
Biosave-100 e Biosave-110 (ElGhaouth et al., 2000b).
Da uno screening di 993 ceppi
di batteri e lieviti epifiti svolto
all’Università di Leida (Spagna),
Candida sake (Saito & Ota) van
Uden & Buckley ceppo CPA-1 è
risultato l’organismo più efficace
nel controllo di Penicillium
expansum Link, Botrytis cinerea
Pers. e Rhizopus nigricans
(Ehrenb) Lind su mele, sia a temperatura ambiente che in condizioni di conservazione a 1°C
(Vinas et al., 1998). C. sake CPA1 applicata prima della raccolta dei
frutti di melo ha avuto un effetto
di controllo, non influenzato dall’impiego di pesticidi, sulla microflora residente sulla superficie dei
frutti dopo un periodo di conservazione di 7 mesi. È stata osservata una riduzione significante di
Penicillium spp. e Cladosporium
spp., mentre Alternaria spp. non
è stata influenzata (Teixido et al.,
1998c). L’effettività di controllo
di C. sake CPA-1 su P. expansum
in ferite artificiali di mele si è rivelata più alta se applicata in postraccolta che prima della raccolta dei
frutti (Teixido et al., 1999). È
stato osservato un buon adattamento di C. sake CPA-1 alle basse
temperature (1°C) impiegate in
conservazione (Vinas et al., 1998).
L’efficacia di C. sake CPA-1 nel
biocontrollo di P. expansum su
mele in conservazione è aumentata drasticamente in condizioni di
atmosfera controllata (Usall et al.,
2000). C. sake CPA-1 resiste alle
forze meccaniche delle pompe e
negli ugelli degli spruzzatori per
l’applicazione in campo (Vinas et
al., 1998). Dal punto di vista sanitario Candida sake CPA-1 non è
mai stata trovata in associazione
con animali omeotermi, non si
moltiplica a temperatura corporea
(> 34°C) ed è disattivata in
sospensione di succo gastrico
dopo un’ora, inoltre è un organismo ubiquitario, che si trova su
frutti maturi e in prodotti alimentari come sake, birra (Vinas et al.,
1998).
Nel presente lavoro si è valutata
l’efficacia di differenti trattamenti
con l’antagonista naturale Candida sake CPA-1 (Università di Lleida, Spagna) per il controllo dei
marciumi causati da P. expansum e
da B. cinerea oltre che da altri
agenti patogeni provenienti dalle
acque di un sistema commerciale
di irrogazione di DPA per il trattamento antiriscaldo. Diversamente
da altri studi in questo lavoro il
trattamento sperimentale è stato
svolto sempre in combinazione
con l’antiossidante DPA. La ricerca è stata effettuata negli anni
1998 e 1999 su mele della cv ‘Red
delicious’ non trattate con fungicidi prima del raccolto. I frutti sono
stati feriti artificialmente ed inoculati. È stata valutata la frequenza e
la severità dei marciumi provocati.
La valutazione del danno è avvenuta dopo un periodo di conservazione di 60 giorni ad atmosfera
controllata.
Materiali e metodi
Frutti
Le prove sono state eseguite nel
1998 e ripetute nel 1999 su frutti
di mele cv Red delicious. I frutti
per la prova del 1999 con l’acqua
del ‘drencher’ provenivano da Laives (Bolzano). I frutti degli altri
trattamenti provenivano da Laces
(Val Venosta, Alto Adige) e non
sono stati trattati con fungicidi
negli ultimi trenta giorni prima del
raccolto. I frutti sono stati raccolti
in uno stadio ottimale per la conservazione in atmosfera controllata. Lo schema sperimentale era
costituito da un blocco randomizzato con 4 ripetizioni. Ciascuna
ripetizione era costituita da una
cassetta contenente circa 60 frutti.
Organismi
Candida sake (Saito & Ota) van
Uden & Buckley CPA-1 (Università di Lleida, Spagna) è stata
messa a disposizione dalla ditta
SIPCAM S.p.A. (Pero, Italia) in
forma di sospensione liquida e
conservata a +4°C. La concentrazione delle unità formanti colonie
valutata prima del trattamento dei
frutti nel 1999 è stata di 2,3 • 109
ufc/mL. Le concentrazioni dell’inoculo nelle prove sono state di
107 e 108 ufc/mL.
Penicillium expansum Link LB8/89 è stato isolato da una infezione carpellare di mela in Alto
Adige. La sospensione di 4,5 • 105
conidi/mL (acqua distillata, 1 L;
Tween 20, 0,01 mL, estratto di
malto, 1 g) è stata ottenuta da una
cultura su Sabourad-Agar. Le concentrazioni dell’inoculo nelle prove sono state di 104 conidi/mL.
Nel 1999 è stato aggiunto un trattamento con la concentrazione di
103 conidi/mL.
Botrytis cinerea Pers.:Fr. è stata
isolata sia da mela che da uva in
Alto Adige. La sospensione di 8,3
• 106 conidi/mL è stata ottenuta
su Pea-Agar (acqua distillata, 1 L;
piselli omogeneizzati, 160 g; saccarosio, 5 g; agar, 20 g; pH 6). La
concentrazione dell’inoculo nelle
prove è stata di 104 conidi/mL.
Per studiare l’effetto degli agenti patogeni presenti nella realtà
commerciale è stata impiegata l’acqua del ‘drencher’ per il trattamento postraccolta con DPA come inoculo. I campioni sono stati
prelevati in una cooperativa frutticola dell’Alto Adige quando si
prevedeva la più alta concentrazione di microorganismi contaminanti, dopo un ciclo settimanale di
trattamenti in sequenza di mele cv
Morgenduft (DPA, 1000 mg/L),
Stayman Winesap (DPA, 1200
mg/L), Granny Smith e Red delicious (DPA, 1800 mg/L).
Trattamenti
I frutti sono stati lavati per immersione con detergente, risciacquati abbondantemente con
acqua di fonte e nel 1999 successivamente disinfettati con una soluzione di etanolo (70%). I frutti
sono stati feriti a livello equatoriale ai due lati con una punta conica
di metallo avente un diametro di 3
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mm ed una profondità di 5 mm. Si
è cercato di procurare le ferite (in
totale 2 per frutto) sia sulla parte
soleggiata, sia su quella ombreggiata quando il sovracolore del
frutto permetteva di distinguerlo.
I frutti sono stati trattati in due
fasi, prima con una soluzione di
DPA o di C. sake CPA-1 e DPA
per 60 secondi nel 1998 e per 30
secondi nel 1999, negli stessi
tempi successivamente con la rispettiva soluzione di agente patogeno dopo un’asciugatura dei
frutti per un minimo di 60 minuti
e un massimo di 70 minuti. I trattamenti sono stati effettuati tramite immersione di ogni cassetta con
60 frutti circa in vasche contenen-
Fig. 1 - Effetti dell’antagonista C.
sake CPA-1 in combinazione con
DPA sulla frequenza di infezioni
causate da B. cinerea in ferite artificiali di mele cv ‘Red delicious’ conservate per un periodo di 60 giorni
in atmosfera controllata. I valori
corrispondono alla media di 4 ripetizioni del trattamento, ciascuna
costituita da > 50 frutti (>100 ferite).
È indicata la deviazione standard
Fig. 2 - Effetti dell’antagonista C.
sake CPA-1 in combinazione con
DPA sul grado di severità dei danni
da marciume causati da B. cinerea
in ferite artificiali di mele cv ‘Red
delicious’ conservate per un periodo di 60 giorni in atmosfera controllata. L’indice di severità è calcolato
normalizzando gli indici del diametro del danno. Il valore massimo
corrisponde ad un diametro di
lesione > 51 mm. I valori corrispondono alla media di > 400 ferite.
Lettere differenti nella stessa serie
di trattamenti indicano differenze
significanti tra le medie per P < 0,05
(Tukey-B test)
ti 45 o 50 L della rispettiva soluzione in quattro ripetizioni. Prima
sono stati effettuati i bagni con
DPA in assenza di C. sake CPA-1,
successivamente i bagni con i rispettivi dosaggi minori, più tardi le
concentrazioni sono state aggiustate al dosaggio maggiore di C.
sake CPA-1 e agenti patogeni. Per
prevenire contaminazioni con C.
sake CPA-1 dei frutti non trattati
con la medesima, questi furono
immersi per primi nella soluzione
dei patogeni. Tutti i frutti sono
stati trattati con DPA (1200
mg/L nel 1998 e 1800 mg/L nel
1999; ‘No Scald DPA 31’, 31%
pari a 318 g/L, SIPCAM, Italia).
Per permettere l’asciugatura dopo
181
i trattamenti i frutti sono rimasti
per una giornata a temperatura
ambiente. I frutti sostarono per tre
giorni in cella frigorifera (1°C, 9095% umidità relativa) prima del
periodo di conservazione di 60
giorni in atmosfera controllata
(+1°C, 92-95% umidità relativa;
1999: 2,5% O2, 3,0% CO2; 1998:
1,1% O2, 1,4% CO2).
Dinamiche di popolazione
su superfici e ferite dei frutti
Le dinamiche di popolazione di
microorganismi sulla superficie e
nelle ferite dei frutti sono state
osservate sia su frutti trattati con
C. sake CPA-1 (108 ufc/mL) e P.
expansum (103 conidi/mL) che su
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4-06-2002 12:46 Pagina 182
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frutti trattati solamente con P.
expansum (103 conidi/mL). Campioni di quattro frutti (uno per
ripetizione del trattamento) sono
stati prelevati 1, 7, 20 e 60 giorni
dopo il trattamento per determinare il numero di unità formanti
colonie su Agar nutritivo WL
(MERCK: 1.10866.; 77 g/L; pH
5,5) e Agar YM (OXOID:
CM920,Yeast and Mould Agar; 41
g/L; pH 6,2). Da ogni frutto sono
stati prelevati due campioni di buccia e due campioni di ferite. Con
un perforatore di sughero sterilizzato di 10 mm di diametro sono
stati prelevati prima i campioni di
buccia. Successivamente con la
stessa sonda è stato prelevato un
cilindro di polpa attorno alla ferita
di circa 10 mm di profondità dopo
aver disinfettato (etanolo, 70%) la
superficie circostante le ferite.
Ogni campione di buccia e ogni
campione di ferita rispettivamente
in 10 mL e 100 mL di soluzione
salina fisiologica sterile è stato trattato con un mescolatore da laboratorio (Laboratory Blender Stomacher 400, Seward) per 2 minuti a
velocità normale per estrarre gli
organismi. I rilievi sono stati effettuati su 4 differenti livelli di diluizione seriata (10-1-10-4) dopo tre
giorni di incubazione a 28°C.
Risultati
Botrytis. In assenza di C. sake
CPA-1 la frequenza di infezioni
causate da B. cinerea si è rivelata
inferiore a quella di P. expansum
ed in entrambi gli anni 1998 e
1999 approssimativamente allo
stesso livello del 75% di ferite
infette dopo il periodo di conservazione di 60 giorni in atmosfera
controllata (fig. 1). Il quadro è
diverso per quanto riguarda la
severità dell’infezione col ceppo di
B. cinerea isolato nel 1999 che è
stata assai più pronunciata che col
ceppo del 1998 (fig. 2). L’effetto
antagonistico di C. sake CPA-1
sulla frequenza delle infezioni nel
1998 è stato marcato con differenze significative tra le due dosi,
mentre nel 1999 non è stato
osservato un effetto significativo
(fig. 1). La maggiore virulenza
osservata nel ceppo del 1999 (fig.
2) potrebbe spiegare questa man-
Rilievi
Dopo il periodo di conservazione dei frutti è stata rilevata la frequenza del danno per ogni ripetizione in percentuale di ferite infette e la severità del danno classificando le ferite secondo il diametro
dei marciumi riscontrati usando il
seguente indice (diametro infezione in mm=indice): nessuna infezione = 0; < 5 = 1 (solo nel 1999);
6-10 = 2; 11-15 = 3; 16-20 = 4;
21-26 = 5; 27-32 = 6; 33-38 = 7;
39-42 = 8; 43-46 = 9; 47-50 = 10;
>51 = 11. L’indice di danneggiamento è stato normalizzato moltiplicando i valori per 100/n (n...
indice massimo).
I dati sono stati analizzati statisticamente mediante analisi della
varianza (ANOVA). È stato usato il
test di Tukey-B per la separazione
delle medie (P < 0,05).
Fig. 3 - Effetti dell’antagonista C. sake CPA-1 in combinazione con DPA
sulla frequenza di infezioni causate da P. expansum in ferite artificiali di mele
cv ‘Red delicious’ conservate per un periodo di 60 giorni in atmosfera controllata. P. expansum è stato impiegato in due diverse concentrazioni:
A) 103 conidi/mL, B) 104 conidi/mL. I valori corrispondono alla media
di 4 ripetizioni del trattamento, ciascuna costituita da > 50 frutti
(> 100 ferite). È indicata la deviazione standard
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canza di un effetto significativo di
antagonismo di C. sake CPA-1
sulla percentuale di infezioni nel
1999 (fig. 1). Mentre nel 1998
con l’alto dosaggio di C. sake
CPA-1 (108 ufc/mL) si è raggiunta un’efficacia dell’azione antagonistica totale sulla frequenza delle
infezioni di 82% (94% di biocontrollo su B. cinerea sola) con 13%
di ferite infette, nel 1999 si ottenne di media un’efficacia del 18%
con 60% di infezioni.
Penicillium. La patogenicità di
P. expansum (104 conidi/mL) in
assenza di C. sake CPA-1 si è rivelata pressoché totale in entrambi
gli anni della ricerca colpendo
rispettivamente 99% e 89% delle
ferite negli anni 1998 e 1999 (fig.
3). Nel 1999 non si è osservato un
effetto antagonistico significativo
di C. sake CPA-1. Nel 1998 l’alto
dosaggio di C. sake CPA-1 (108
ufc/mL) ridusse significativamente la frequenza di infezioni da 99%
Fig. 4 - Effetti dell’antagonista C. sake CPA-1 in combinazione con DPA sul
grado di severità dei danni da marciume causati da P. expansum in ferite
artificiali di mele cv ‘Red delicious’ conservate per un periodo di 60 giorni in
atmosfera controllata. P. expansum è stato impiegato in due diverse
concentrazioni: A) 103 conidi/mL, B) 104 conidi/mL. L’indice di severità è
calcolato normalizzando gli indici del diametro del danno. Il valore massimo
corrisponde ad un diametro di lesione > 51 mm. I valori corrispondono alla
media di > 400 ferite. Lettere differenti nella stessa serie di trattamenti
indicano differenze significanti tra le medie per P < 0,05 (Tukey-B test)
183
a 80%, e da 99% a 91% la dose
meno concentrata di C. sake CPA1 (107 ufc/mL). L’efficacia dell’azione antagonistica totale sulla frequenza delle infezioni è stata del
20% e 8% rispettivamente. Un inoculo di P. expansum meno concentrato (103 conidi/mL) – applicato
solamente nel 1999 – causò meno
infezioni: in assenza di C. sake
CPA-1 79%, mentre 72% e 67%
rispettivamente con la dose maggiore e minore dell’antagonista.
L’efficacia dell’azione antagonistica sulla frequenza delle infezioni –
rispettivamente 15% e 8% – ebbe
livelli simili a quella osservata nel
1998 però con l’inoculo di P.
expansum più concentrato (104
conidi/mL).
Per quanto concerne il grado di
severità dell’infezione il quadro è
simile a quanto osservato su B.
cinerea. Mentre in assenza di C.
sake CPA-1 la frequenza di infezioni da P. expansum nel 1999 era
minore che nel 1998, nel 1999 la
severità delle infezioni era più
accentuata (circa del 40%) che nel
1998 (fig. 4). Inoltre è stata osservata una differenza lieve ma significativa tra P. expansum 104 conidi/mL (indice di severità 72,7) e
P. expansum 103 conidi/mL (indice di severità 67,9) come mostrano le dimensioni delle infezioni
(tab. 1). La virulenza più accentuata di P. expansum nel 1999
potrebbe spiegare perché nel 1999
non è stata osservata una riduzione significativa del danno mediante C. sake CPA-1, come è avvenuto nel 1998 (fig. 3).
Inoculo reale. Gli agenti patogeni presenti nell’acqua del ‘drencher’ (cortina d’acqua) del sistema
di irrogazione di DPA per il trattamento antiriscaldo nel 1999
hanno causato l’infezione quasi
completa delle lesioni (fig. 5) e sviluppato il danno più severo (fig. 6)
rispetto a B. cinerea e P. expansum.
Il trattamento con C. sake CPA-1
ha avuto effetto leggermente negativo aumentando significativamente la frequenza del danno da
89% a 95% rispettivamente in
assenza e con 108 ufc/mL di C.
sake CPA-1 (fig. 5). Mucor spp. è
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AT T I A R S I A
stato identificato come causa principale del danneggiamento pressoché totale dei frutti colpiti (tab. 1).
Gli agenti patogeni dell’acqua del
‘drencher’ prelevata nel 1998
hanno provocato una frequenza di
infezioni simile alla situazione del
1999 in presenza di 107 ufc/mL
di C. sake CPA-1 (fig. 5), causando però danni meno severi (fig. 6).
Inoltre, con il dosaggio superiore
di C. sake CPA-1 (108 ufc/mL) è
stata osservata una riduzione significativa della frequenza di infezioni e della severità del danno.
Dinamiche di popolazione della
microflora su superficie e lesioni
dei frutti in presenza di P. expansum (103 conidi/mL) e DPA
durante il periodo di conservazione in atmosfera controllata. Immediatamente un giorno dopo il trattamento con C. sake CPA-1 (108
ufc/mL) è stata riscontrata una
buona colonizzazione delle lesioni
con 7 • 105 ufc/lesione. Nei primi
venti giorni la popolazione di C.
sake CPA-1 è diminuita leggermente (tab. 2). A termine del
periodo di conservazione in atmosfera controllata (60 giorni) P.
expansum si era diffuso entro le
lesioni e non è stato possibile valutare la densità di C. sake CPA-1
che pure era presente. Nello stesso
momento anche le lesioni non
trattate con C. sake CPA-1 erano
invase da P. expansum senza traccia
di colonie di lieviti. All’inizio su
queste lesioni sono stati identificati batteri in costante aumento e
lieviti diversi da C. sake CPA-1 per
le caratteristiche morfologiche
delle colonie. Il numero di questi
lieviti era inferiore rispetto alle
lesioni trattate con C. sake CPA-1
approssimativamente di 10-3 (tab.
2). Con o senza trattamento di C.
sake CPA-1 non è stata riscontrata
la presenza di microorganismi sulla superficie dei frutti (tab. 2).
Fig. 5 - Effetti dell’antagonista C.
sake CPA-1 in combinazione con
DPA sulla frequenza di infezioni
causate da un inoculo proveniente
da un sistema di irrogazione di DPA
commerciale (inoculo del ‘drencher’) in ferite artificiali di mele cv
‘Red delicious’ conservate per un
periodo di 60 giorni in atmosfera
controllata. I valori corrispondono
alla media di 4 ripetizioni del trattamento, ciascuna costituita da > 50
frutti (> 100 ferite). È indicata la
deviazione standard
Fig. 6 - Effetti dell’antagonista C.
sake CPA-1 in combinazione con
DPA sul grado di severità dei danni
da marciume causati da un inoculo
proveniente da un sistema di irrogazione di DPA commerciale (inoculo del ‘drencher’) in ferite artificiali
di mele cv ‘Red delicious’ conservate per un periodo di 60 giorni in
atmosfera controllata. L’indice di
severità è calcolato normalizzando
gli indici del diametro del danno. Il
valore massimo corrisponde ad un
diametro di lesione >51 mm. I valori
corrispondono alla media di >400
ferite. Lettere differenti nella stessa
serie di trattamenti indicano differenze significanti tra le medie per
P<0,05 (Tukey-B test)
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Discussione
Nel presente lavoro la frequenza
delle infezioni causate da P. expansum è stata ridotta del 20%
mediante C. sake CPA-1 (fig. 3).
Impiegando lo stesso ceppo di C.
sake per il controllo di P. expansum, Usall et al. (2000) ha osservato una riduzione del 97% della
frequenza delle infezioni in atmosfera controllata, mentre è stata
osservata una riduzione del 50% in
atmosfera normale (Teixido et al.,
1999). Entrambe le ricerche sono
state svolte con mele della cv Golden delicious. Nel 1999, in condizioni di atmosfera controllata simili a quelle ottimali (3% O2; 3%
CO2) determinate da Usall et al.
(2000), la riduzione della frequenza dei marciumi provocati da P.
expansum tramite C. sake CPA-1
non è risultata significativa. Tuttavia nel presente lavoro la virulenza
del ceppo di P. expansum in assenza di C. sake CPA-1, valutata
mediante il diametro dei marciumi
causati (tab. 1), è risultata simile a
quella osservata da Usall et al.
(2000) nello stesso periodo di
conservazione in atmosfera controllata, ed è marcatamente superiore alla conservazione in atmosfera normale come osservato da
Teixido et al., 1999 ed in parte da
Usall et al., 2000.
L’azione antagonistica di C. sake
CPA-1 (108 ufc/mL) nei confronti di B. cinerea è stata pressoché
totale solo nel primo anno di
prova. Questo effetto potrebbe
dipendere da una virulenza minore
rispetto al ceppo impiegato l’anno
successivo. Questa ipotesi trova
supporto dal fatto che i due ceppi
non si sono distinti per la frequenza delle infezioni in assenza di C.
sake CPA-1 (fig. 1), bensì marcatamente nella severità del danno (fig.
2). Col nostro ceppo più virulento
di B. cinerea sono state osservate
infezioni di diametro superiore di
circa il 50% rispetto a Vinas et al.
(1998). Vinas et al. (1998) hanno
osservato una riduzione del 92%
del diametro delle infezioni dopo
60 giorni in atmosfera normale.
Negli anni 1998 e 1999 le
Tab. 1 - Effetti dell’antagonista C. sake CPA-1 in combinazione
con DPA (1800 mg/L) su P. expansum, B. cinerea
ed acqua del ‘drencher’ (inoculo reale) nel 1999*
Trattamenti postraccolta (DPA, 1800 mg/L)
Diametro danno (mm)
P. expansum (104 conidi/mL)
23,5
+ C. sake (107 ufc/mL)
+ C. sake (108 ufc/mL)
23,5
23,5
P. expansum (103 conidi/mL)
+ C. sake (107 ufc/mL)
+ C. sake (108 ufc/mL)
18,0
18,0
13,0
B. cinerea (104 conidi/mL)
+ C. sake (107 ufc/mL)
29,5
13,0
+ C. sake (108 ufc/mL)
Testimone non trattato
23,5
0
Acqua del ‘drencher’ (inoculo reale)
> 51
+ C. sake (107 ufc/mL)
+ C. sake (108 ufc/mL)
Testimone non trattato
> 51
> 51
0
* Dopo 60 giorni di conservazione dei frutti in atmosfera controllata. Viene riportato il diametro medio corrispondente alla mediana dell’indice di valutazione dei marciumi.
Tab. 2 - Dinamiche di popolazione della microflora su superficie
(0,8 cm2) e lesioni (3 x 5 mm) dei frutti durante il periodo
di conservazione in atmosfera controllata*
Giorni
Concentrazione di C. sake (ufc/mL)
0
108
0
Superficie
108
Lesione
Lieviti, (batteri) formanti colonie
1
7
20
60
<
<
<
<
102
102
102
102
<
<
<
<
102
102
102
102
4 • 102 (2 · 102)
3 • 102 (8 • 103)
2 • 102 (3 • 104)
P. exp.
7 • 105
5 • 105
3 • 105
C. sake; P. exp.
P. exp. = P. expansum
* I frutti sono stati trattati con C. sake CPA-1 e DPA (1800 mg/L) ed inoculati
con P. expansum (103 conidi/mL). Sono riportate le unità formanti colonie di lieviti
e, tra parentesi, di batteri.
prove fatte con inoculi provenienti dall’acqua del ‘drencher’ di un
impianto commerciale hanno
dimostrato la vastità della problematica reale. Nel 1999 è stato
osservato il danno pressoché totale causato principalmente da
Mucor spp. – un patogeno solitamente non preso in considerazione dai vari autori. I risultati ottenuti nel presente lavoro suggeriscono che un miglioramento del
controllo con antagonisti naturali
è forse da ricercarsi nella selezione
di ceppi autoctoni.
L’efficacia non costante e limitata dimostrata da C. sake CPA-1 nel
controllo biologico da noi osservata nel corso dei due anni di questo
lavoro e rispetto ad altri studi
(Usall et al., 2000; Teixido et al.,
1999; Vinas et al., 1998) può
avere più cause. Forse la presenza
di eventuali residui nutrienti nel
liquido di coltura di C. sake CPA1 ha favorito la crescita accelerata
degli agenti patogeni rispetto alla
moltiplicazione del lievito (Ro-
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berts, 1990). Nel nostro lavoro si
è cercato di evitare l’effetto di risanamento delle ferite nei frutti
(Lakshminarayana et al., 1987)
che potrebbe essere interpretato
come effetto di antagonismo di C.
sake CPA-1 (Roberts 1990). È già
stata dimostrata l’importanza dello
stato fisiologico di C. sake CPA-1
applicata per l’azione di biocontrollo. Teixido et al. (1998a,
1998b) hanno proposto che il
miglioramento dell’idoneità ecologica e della tolleranza a stress
ambientali di C. sake CPA-1
dipenda dal contenuto intracellulare di polioli e zuccheri.
C. sake CPA-1 nel presente lavoro è stata applicata sempre in combinazione al DPA, un antiossidante usato per prevenire il fenomeno
del riscaldo delle mele. Nel 1999
la concentrazione di DPA è stata
aumentata a 1800 mg/L rispetto a
1200 mg/L nel 1998, per ottenere il dosaggio impiegato solitamente negli impianti commerciali.
Questo aumento di dosaggio
potrebbe avere causato la minore
efficacia di C. sake CPA-1 nel
1999. Tuttavia Vinas et al. (1998)
asseriscono la compatibilità di C.
sake CPA-1 con il DPA. Nel presente lavoro questa affermazione
viene supportata dall’osservazione
che C. sake CPA-1 nelle lesioni
trattate con 1800 mg/L di DPA
(tab. 2) compariva in numero simile a quanto riportato da Usall et al.
(2000) per C. sake CPA-1 in
Bibliografia
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EL-GHAOUTH A., SMILANICK J.L.,
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saitoana by the addition of glycolchi-
atmosfera controllata e dagli autori Vinas et al. (1998) e Teixido et
al. (1999) in atmosfera normale.
Una densità di popolazione delle
lesioni simile venne riportata pure
per Aureobasidium pullulans a
temperatura ambiente (Ippolito et
al., 2000).
Il meccanismo d’azione dei lieviti per il controllo biologico di B.
cinerea su Candida saitoana (ElGhaouth et al., 1998) e Pichia
guilliermondii (Wisniewski et al.,
1991) si basa su un’azione citotossica del lievito espletata nei confronti del patogeno mediante adesione alle ife e su un’induzione di
difese strutturali nel tessuto della
mela. Inoltre sviluppano azione
competitiva per nutrienti e spazio.
È noto che inibitori della crescita
fungina come la chitinasi fanno
parte dell’arsenale antibiotico delle
piante (Schlumbaum et al., 1986).
In presenza di Aureobasidium pullulans è stato osservato un aumento pronunciato delle attività di β1,3-glucanasi, chitinasi e perossidasi (Ippolito et al., 2000). La
limitata azione antagonistica potrebbe essere effetto della presenza
del DPA.
Il DPA potrebbe avere influenzato i meccanismi biochimici di
resistenza ai patogeni e dell’adesione delle cellule di C. sake CPA1 alle ife, come osservato per certi
zuccheri ed agenti che alterano
l’integrità delle proteine (Wisniewski et al., 1991).
Ringraziamenti
Si ringraziano la ditta SIPCAM S.p.A
(20016 Pero, MI) che ha fornito Candida
sake CPA-1 (Università di Lleida, Spagna), inoltre P. Cazzanelli, A. Lunger e J.
Gasser per l’ottima collaborazione.
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IPPOLITO A., EL-GHAOUTH A., WIL-
Conclusioni
L’impiego dell’antagonista naturale C. sake CPA-1 in combinazione con DPA nel controllo dei
marciumi causati da P. expansum,
B. cinerea ed acqua del ‘drencher’
su frutti di melo ha mostrato una
efficacia non costante e limitata.
L’effetto limitato di C. sake CPA1 osservato nel nostro lavoro è probabilmente dovuto a una maggiore
virulenza dei ceppi patogeni impiegati, come dimostra la gravità dei
marciumi. L’impiego della soluzione di DPA del ‘drencher’ di un
impianto commerciale ha rivelato la
vastità della problematica reale. Nel
1999 Mucor spp., un microorganismo solitamente non incluso nelle
ricerche sul biocontrollo, è stato la
causa principale del danno pressoché totale. Un possibile miglioramento nel biocontrollo per mezzo
di antagonisti naturali potrebbe
essere ricercato nella selezione di
ceppi autoctoni.
La presenza del DPA potrebbe
avere provocato la limitata azione
di biocontrollo di C. sake CPA-1
influenzando i meccanismi biochimici e strutturali che determinano
l’azione antagonistica.
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25. Attività contro patogeni postraccolta di microrganismi
della fillosfera e carposfera di piante agrarie
G. Lima, R. Castoria, F. De Curtis, L. Caputo, A.M. Spina, V. De Cicco
Dipartimento di Scienze Animali, Vegetali e dell’Ambiente, Università del Molise, Campobasso
Riassunto
Nella difesa degli ortofrutticoli
da patogeni presenti in postraccolta, l’uso continuato e non sempre
razionale di fungicidi di sintesi ha
determinato effetti indesiderati,
quali insorgenza di resistenza nei
patogeni, rischi per il consumatore e
per l’ambiente, con la conseguente
necessità di individuare nuove strategie di lotta. Tra queste, la lotta
biologica basata sull’impiego di
Activity against postharvest
diseases of microorganisms
from the phyllospere and
carposhere of agricultural
crops
Abstract
Public opinion is concerned about
safety of fresh fruits and vegetables
which are an important part of the
human diet. Consequently, research
and legislation are more and more
targeted to promote the development
of a more sustainable agriculture. As
regards the control of postharvest
fungal diseases of fruits and vegetables the frequent and not always
rational application of synthetic
fungicides has determined undesirable effects (the raise of resistant
pathogen strains, the persistence of
microrganismi antagonisti selezionati tra quelli naturalmente presenti sulla carposfera e fillosfera di
vegetali è tra le strategie più promettenti. Tra i potenziali antagonisti, lieviti e funghi lievitiformi,
microrganismi ben adattati e diffusi sulla superficie di differenti
specie vegetali sembrano i più interessanti.
Questo lavoro fornisce un quadro
sintetico delle ricerche svolte nel settore presso il nostro Dipartimento e
riguardanti la selezione, la caratterizzazione, lo studio dei meccanismi d’azione e l’ottimizzazione dell’attività di alcuni potenziali
agenti di lotta biologica. I risultati
ottenuti sono discussi anche in relazione all’avanzamento delle ricerche nel settore.
residues in fruits and deregistration
of some products). Therefore, there is
a need to find alternative methods to
control such diseases. In this regard,
biological control by antagonistic
microorganisms appears to be a very
promising strategy to replace or integrate the use of synthetic fungicides.
The positive role of natural antagonists of phyllosphere and carposphere
in suppressing disease development
has been widely demonstrated. Several isolates of bacteria, filamentous
fungi and yeasts have been selected
from the naturally occurring
microflora and applied on fruits
and vegetables for their high biocontrol activity against postharvest
pathogens. Yeasts, including yeastlike fungi, are microorganisms well
adapted and widespread on fruit
and vegetable surfaces and they are
considered particularly suitable for
postharvest use, because of their high
inhibitory capacity, rapid colonization of fruit wounds and modes of
action.
This paper reports an overview of
the researches carried out at our
Department in the field of biological control of postharvest diseases.
The main results regarding selection, characterization, studies on
modes of action and optimisation of
the antagonistic activity of some
potential biological control agents
are reported and discussed.
Parole chiave: ortofrutticoli, patogeni postraccolta, lotta biologica,
lieviti, funghi lievitiformi, biofungicidi.
Keywords: fruits and vegetables,
postharvest diseases, biological
control, yeasts, yeast-like fungi,
biofungicides.
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AT T I A R S I A
Introduzione
I prodotti ortofrutticoli durante
la fase di postraccolta sono soggetti a consistenti perdite dovute a
marciumi causati da patogeni fungini, la cui prevenzione è ancora
essenzialmente basata sull’impiego
di fungicidi di sintesi. I problemi
connessi all’impiego di queste
sostanze (insorgenza di resistenza
nei patogeni, l’accumulo di residui
nei frutti, etc.), la crescente richiesta di un’agricoltura maggiormente eco-compatibile e di alimenti
più sani e sicuri, hanno spinto i
ricercatori ad individuare sistemi
di lotta alternativi o integrativi a
quelli chimici (Wilson e Wisniewski, 1994; El Ghaouth, 1997).
Numerose ricerche hanno evidenziato la possibilità di utilizzare
come agenti di lotta biologica
microrganismi (funghi filamentosi,
batteri e lieviti) isolati dalla carposfera e fillosfera di piante di interesse agrario (Dickinson e Preece,
1976; Blakeman e Fokkema,
1982; Blakeman, 1985; Andrews,
1992; Spurr, 1994). In alcuni
Paesi, come Stati Uniti, Israele e
Sud Africa, i primi “biofungicidi”
a base di microrganismi antagonisti sono già disponibili per l’impiego contro patogeni postraccolta.
In Italia e negli altri Paesi europei,
lo sviluppo di biofungicidi per
l’impiego in postraccolta è limitato
sia dalle complesse e restrittive
procedure di registrazione, sia da
problemi connessi alla nicchia di
mercato piuttosto ristretta. Per
contribuire a superare queste difficoltà e rendere economicamente
proponibile l’uso di biofungicidi è
necessario ottimizzare l’attività e
le condizioni d’impiego degli
antagonisti. A tal fine, è fondamentale conoscere e/o approfondire le interazioni tra antagonista,
ospite, patogeno e ambiente, in
pre e in postraccolta, nonché i
meccanismi d’azione coinvolti nell’antagonismo.
Questo lavoro fornisce un quadro sintetico delle ricerche svolte e
dei principali risultati da noi ottenuti negli ultimi anni, riguardanti
Fig. 1 - Microrganismi presenti sulla fillosfera
e carposfera di piante arboree ed erbacee coltivate
in Italia meridionale
la selezione, la caratterizzazione,
lo studio dei meccanismi d’azione
e l’ottimizzazione dell’attività di
alcuni antagonisti di patogeni
postraccolta.
Indagini svolte
e risultati ottenuti
Microrganismi presenti sulla
fillosfera e carposfera
Sono state svolte indagini per
caratterizzare la “biodiversità” dei
microrganismi presenti sulla parte
aerea di piante di interesse agrario
comunemente coltivate in Italia
meridionale. Nel corso della primavera-estate degli ultimi anni sono
stati prelevati numerosi campioni di
foglie e frutti da colture arboree
(vite, olivo, drupacee, pomacee) e
da colture erbacee (fragola, cucurbitacee, solanacee, bietola, lattuga,
leguminose, cereali). Porzioni di
tessuto (buccia del frutto o lamina
fogliare) sono state sottoposte a
lavaggio con acqua distillata sterile
(Lima et al., 1997 e 1998a). Per l’i-
Fig. 1 - Microorganisms found on the fillosphere and carposphere of herbaceous and woody agricultural crops
grown in Southern Italy
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Tab. 1 - Influenza di 5 lieviti antagonisti, 6 specie di frutta e 6 patogeni postraccolta
sull’attività inibitoria (IA*) in prove di lotta biologica1
Tab. 1 - Effect of 5 antagonistic yeasts, 6 host fruits and 6 postharvest pathogens on inhibitory activity (IA*) in biocontrol assays2
Antagonista
Ospite
Mele
Pere
Fragole
Actinidia
Uva
da tavola
Agrumi
Patogeno
LS-11
LS-28
A. niger
P. expansum
R. stolonifer
90,0 A-D
41,5 D-L
91,3 A-C
96,3 A-C
82,3 A-G
87,0 A-D
B. cinerea
P. expansum
B. cinerea
P. expansum
R. stolonifer
24,5
31,3
78,1
66,7
26,7
A-L
G-L
A-J
A-L
J-L
91,4
100,0
95,3
63,3
63,4
B. cinerea
B. cinerea
A. niger
P. expansum
R. stolonifer
18,6
69,1
28,2
87,0
64,3
KL
A-L
G-L
A-D
A-L
93,1
94,2
86,9
78,2
71,4
B. cinerea
16,5 L
95,9 A-C
P. italicum
P. digitatum
79,3 A-J
88,9 A-E
78,9 A-J
83,1 A-G
LS-30
21-D
29-A
98,3 AB
90,1 A-D
91,3 A-C
80,0 A-H
76,2 A-F
87,0 A-D
80,0 A-J
60,2 B-L
78,3 A-H
A-D
A
A-C
B-L
B-L
89,3
93,6
54,7
93,7
74,9
A-D
A-C
C-L
A-C
A-K
74,6
25,0
82,5
70,0
30,0
A-K
H-L
A-F
A-L
F-L
75,7
34,3
60,9
70,0
63,3
A-G
E-L
B-L
A-K
B-L
A-C
A-C
A-E
A-H
A-K
100,0
92,2
100,0
100,0
100,0
A
A-D
A
A
A
62,1
65,0
47,8
100,0
77,6
B-L
A-L
C-L
A
A-J
82,8
79,2
76,1
100,0
61,2
A-F
A-I
A-K
A
B-L
100,0 A
72,9 A-J
74,7 A-H
77,6 A-J
61,2 B-L
88,9 A-E
98,7 AB
93,2 A-D
98,7 AB
1
I frutti sono stati feriti, trattati con gli antagonisti, inoculati separatamente con i diversi patogeni e incubati a 21°C per 4-6 giorni.
LS-11 = R. glutinis; LS-28 = C. laurentii; LS-30 = A. pullulans; 21-D = C. famata; 29-A = P. guilliermondii. A lettere uguali corrispondono valori
statisticamente non significativi per P = 0,01 (test di Duncan su interazione fattoriale antagonista x patogeno x ospite).
*IA (%) = *(T-A)/T* x100; T: numero di ferite infette nel testimone (H2O + patogeno); A: numero di ferite infette sui frutti trattati
con l’antagonista e inoculati con il patogeno.
2
Fruits were wounded, treated by antagonist, inoculated separately with different pathogens and stored at 21°C for 4-6 days.
LS-11 = R. glutinis; LS-28 = C. laurentii; LS-30 = A. pullulans; 21-D = C. famata; 29-A = P. guilliermondii). Values marked by the same
letters are not statistically different at P = 0.01 (Duncan’s test on three-way interaction antagonist x pathogen x host fruit).
*IA (%) = *(T-A)/T* x10; T: number of infected wounds in the control (H2O + pathogen); A: number of infected wounds on fruits
treated by antagonist and inoculated with pathogen.
solamento di lieviti, funghi lievitiformi e funghi filamentosi l’acqua
di lavaggio è stata distribuita in piastre Petri contenenti “Basal Yeast
Agar” (BYA) addizionato con antibiotici, mentre per l’isolamento di
batteri sono state impiegate piastre
contenenti “King’s B” (KB). Le
piastre sono state incubate in
opportune condizioni e i microrganismi sviluppati sono stati rilevati
sottoponendo ad identificazione gli
isolati più rappresentativi.
La popolazione microrganica
isolata dalla fillosfera e carposfera
di piante arboree è risultata costituita principalmente da lieviti
(72%), mentre quella isolata da
piante erbacee era rappresentata
soprattutto da batteri (66%). Tra i
lieviti presenti sulle piante arboree
vi è stata una netta prevalenza dei
funghi lievitiformi (85%), rispetto
ai lieviti bianchi (12%) e ai lieviti
rosa (3%); sulle piante erbacee si è
avuta invece una prevalenza dei
lieviti rosa (54%) rispetto ai lieviti
bianchi (33%) e ai funghi lievitiformi (13%) (fig. 1).
Gli isolati più rappresentativi di
ciascun gruppo morfologico sono
risultati appartenere a: Metschnikowia pulcherrima, Cryptococcus
laurentii, C. albidus e Candida
pulcherrima, tra i lieviti bianchi;
Sporobolomyces roseus, Rhodotorula
glutinis, R. minuta, R. mucillaginosa tra i lieviti rosa; Aureobasidium pullulans, tra i funghi lievitiformi.
Selezione di antagonisti
di patogeni postraccolta
Isolati di microrganismi dotati
di elevata attività antagonistica
contro i patogeni postraccolta
sono stati individuati attraverso l’isolamento selettivo, che prevede la
selezione di antagonisti direttamente in vivo, su ferite di ortofrutticoli inoculate con i patogeni
fungini (Wilson et al., 1993).
Dalla carposfera e fillosfera di
diverse specie ortofrutticole sono
stati ottenuti centinaia di isolati di
lieviti e funghi lievitiformi in grado
di contenere in diversa misura i
marciumi causati da Botrytis cinerea e Penicillium expansum su diverse specie di frutta. Gli antagonisti più attivi sono stati caratterizzati e utilizzati in prove di lotta biologica ed integrata, svolte anche in
condizioni semi-commerciali. Tra
questi, in particolare, vi sono R.
glutinis LS-11, isolato da olive, C.
laurentii LS-28 e A. pullulans LS30, isolati da mela “Annurca”
(Lima et al., 1998a e 1998b).
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Tab. 2 - Sensibilità nei confronti di fungicidi di lieviti isolati dalla fillosfera e carposfera di piante coltivate1
Tab. 2 - Sensitivity to fungicides of yeast isolates from the aerial part of agricultural crops2
Fungicida
Isolato
Specie
ospite
Funghi lievitiformi
Au-23
Aureobasidium pullulans
Au-34-2 A. pullulans
LS-30
A. pullulans
Amarena
Vite
Melo
Au-52
A. pullulans
Au-57
Au-58
A. pullulans
A. pullulans
Au-62
Au-63
Benomil
(250)
Procimidone
(250)
Rame ossicl.
(200)
Penconazolo
(5)
S**
S
R
R*
R
R
R
R
R
S
S
S
Olivo
S
R
R
S
Pero
Albicocco
S
S
R
R
R
R
S
S
A. pullulans
A. pullulans
Vite
Pesco
S
S
R
R
R
R
S
S
Au-66
Au-68
Au-69
A. pullulans
A. pullulans
A. pullulans
Melo
Susino
Limone
S
S
S
R
R
R
R
R
R
S
R
S
Au-74
Au-91
Au-92
Au-100
Au-117
A.
A.
A.
A.
A.
Vite
Olivo
Mandorlo
Orzo
Bietola
S
S
S
S
S
R
R
R
R
R
R
R
R
R
R
R
R
S
S
S
Lieviti rosa
LS-11
Rhodotorula glutinis
L-14-1
R. glutinis
LS-55
R. glutinis
LS-67
R. glutinis
LS-68
R. glutinis
LS-69
R. mucillaginosa
Olivo
Susino
Vite
Pomodoro
Limone
Pompelmo
S
S
S
S
S
S
R
R
R
R
R
R
R
R
R
R
R
R
R
S
S
S
S
S
L-10-98
LS-70
L-50
L-58
R. mucillaginosa
R. minuta
Sporobolomyces roseus
S. roseus
Lattuga
Mandarino
Olivo
Fico
S
S
S
S
R
R
S
S
R
R
R
R
S
S
R
S
L-76-2
S. roseus
Patata
S
R
R
S
pullulans
pullulans
pullulans
pullulans
pullulans
Lieviti bianchi
L-13
Candida pulcherrima
Olivo
R
R
R
S
L-18
LS-28
C. scottii
Cryptococcus laurentii
Albicocco
Melo
S
R
R
R
R
R
S
S
L-40-1
LS-60
C. laurentii
C. laurentii
Frumento
Uva
S
S
R
S
R
R
R
S
L-68
L-25
C. laurentii
Cryptococcus albidus
Olivo
Pesco
S
R
R
R
R
R
S
R
LS-56
LS-61
Metschnikowia pulcherrima
M. pulcherrima
Melo
Vite
R
R
S
S
R
R
S
S
*S = Sensibile; **R = Resistente.
*S = Sensitive; **R = Resistant.
1
In parentesi è riportata la concentrazione (mg/ml) di ciascun principio attivo saggiato.
In grassetto, sono riportati i tre antagonisti (LS-11, LS-28, LS-30) più studiati dal nostro gruppo di ricerca.
2
In brackets the concentration (mg/ml) of each assayed active ingredient is reported.
Isolates LS-11, LS-28, LS-30, the more deeply studied by our research team are marked in bold.
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Spettro d’azione
degli antagonisti selezionati
Indagini svolte in collaborazione
con l’Istituto per la Fisiologia della
Maturazione e della Conservazione del Frutto delle Specie Arboree
Mediterranee del CNR di Sassari
hanno avuto lo scopo di valutare
l’influenza dell’ospite e del patogeno sull’attività antagonistica di 5
isolati di lieviti precedentemente
selezionati dalla superficie di differenti frutti. Sono stati saggiati i lieviti R. glutinis (LS-11), C. laurentii (LS-28), Candida famata (21D) e Pichia guilliermondii (29-A)
e il fungo lievitiforme A. pullulans
(LS-30) per l’attività antagonistica
su sei importanti specie di frutta
artificialmente inoculate con sei
tra i più comuni patogeni fungini
del postraccolta. I dati ottenuti
sono stati elaborati statisticamente
valutando l’influenza dei singoli
fattori coinvolti nella lotta biologica (antagonista, specie ospite, patogeno), nonché le loro interazioni. L’analisi statistica fattoriale dei
dati ha messo in evidenza che l’ospite e il patogeno influenzano
significativamente l’attività di alcuni antagonisti. Tuttavia, altri isolati degli antagonisti presentano un
ampio spettro d’azione, risultando
egualmente attivi contro diversi
patogeni su differenti ospiti (tab.
1) (Lima et al., 1999).
Compatibilità
con fungicidi
È stata valutata la compatibilità
in vitro di numerosi isolati di lieviti nei confronti di dosi ridotte di
fungicidi più comunemente impiegati in campo e/o in postraccolta.
Sono stati saggiati fungicidi benzimidazolici (benomil, tiabendazolo, carbendazim), diocarbossimidici (procimidone, vinclozolina),
triazolici (penconazolo e tebuconazolo) e rameici (rame ossicloruro) a differenti concentrazioni
(mg/l) di principio attivo, utilizzando la metodologia riportata in
precedenti lavori (Lima et al.,
1997 e 1998a).
Tra gli isolati saggiati, quasi tutti
hanno mostrato una buona tolleranza nei confronti dei dicarbossimidici e dell’ossicloruro di rame,
mentre sono risultati quasi tutti
piuttosto sensibili a benzimidazolici e triazolici (tab. 2).
Indagini ecologiche
Numerosi isolati di lieviti, rappresentativi tra quelli selezionati,
sono stati saggiati per la crescita in
vitro a diverse temperature (0, 4,
15, 25, 30, 35 e 37°C) come
descritto da Lima et al. (1998a).
La maggior parte degli isolati si
sono accresciuti a temperature
comprese tra 4°C e 35°C; alcuni
hanno mostrato di accrescersi anche a 0°C, mentre solo pochissimi
isolati hanno mostrato crescita a
37°C (dati non mostrati). Alcuni
lieviti, inoltre, sono risultati capaci
di colonizzare efficacemente le
ferite artificiali di ortofrutticoli e
di sopravvivere, anche su frutti
non feriti, in differenti condizioni
(basse temperature, celle di conservazione e condizioni di campo)
(Lima et al., 1998a e 1998b).
Fig. 2 - Profilo AFLP dell’isolato
LS-28 di C. laurentii a confronto
con i profili di altri isolati dello
stesso lievito e di altri lieviti bianchi
ottenuti dalla fillosfera e carposfera
Fig. 2 - AFLP pattern of C. laurentii isolate LS-28 as
compared with patterns of others isolates of the same
yeast and of white yeasts obtained
from the phyllosphere and carposphere
193
Caratterizzazione
molecolare
Il DNA estratto dagli isolati più
rappresentativi di ciascun gruppo
morfologico (lieviti bianchi, lieviti
rosa e funghi lievitiformi) è stato
caratterizzato mediante tecniche
PCR. Tra le tecniche saggiate, l’AFLP (Amplified Fragment Length
Polymorphism), che combina insieme restrizione enzimatica ed
amplificazione del DNA, oltre ad
essere maggiormente riproducibile
rispetto alle altre tecniche saggiate,
ha meglio evidenziato la presenza
di polimorfismi genetici intra ed
interspecifici, consentendo di differenziare i lieviti anche a livello di
isolato (fig. 2). Mediante questa
tecnica, sono state realizzate le
impronte molecolari specifiche
(fingerprint) degli isolati di maggiore interesse applicativo (Lima
et al., dati non pubblicati).
Studio dei meccanismi
d’azione degli antagonisti
Specifiche indagini sono state
svolte per lo studio dei meccanismi
d’azione dei lieviti R. glutinis (LS11), C. laurentii (LS-28) e A. pullulans (LS-30).
Saggi in vitro e in vivo sembrano escludere l’antibiosi dai meccanismi d’azione degli antagonisti
(fig. 3) (Castoria et al., 1997 e
2001). Al contrario, la competizione per i nutrienti (tab. 3) e la
produzione di enzimi litici della
parete cellulare fungina (in particolare β-1,3-glucanasi) sembrano
giocare un ruolo importante nell’antagonismo di questi lieviti
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Fig. 3 - Saggi su TLC dell’attività
antibatterica ed antifungina di
estratti in etilacetato di filtrati colturali del fungo lievitiforme A. pullulans isolato LS-30 contro Pseudomonas corrugata ceppo Bs-8 (A) ed
Alternaria alternata isolato FS-37
(B). Nov.: Novobiocina; Penc.: Penconazolo; MEB: Terreno colturale
non inoculato
Fig. 3 - TLC assays of antibacterial
and antifungal activity of ethylacetate extracts from the culture filtrate of the yeast-like fungus A. pullulans isolate LS-30 against Pseudomonas corrugata strain Bs-8 (A) and
Alternaria alternata isolate FS-37
(B). Nov.: Novobiocine; Penc.: Penconazole; MEB: uninoculated media
(Castoria et al., 1997 e 2001).
Un nuovo meccanismo d’azione
è stato inoltre recentemente suggerito, in particolare per l’attività
degli antagonisti contro patogeni
necrotrofi da ferita quali B. cinerea
e P. expansum (quest’ultimo produttore della micotossina patulina,
frequente contaminante dei succhi
di frutta a base di pomacee). Tale
meccanismo è la resistenza allo
stress ossidativo, generato in ferita
di mela da radicali come semichinoni e specie reattive dell’ossigeno
(perossido di idrogeno e ione
superossido), resistenza che sembra cruciale per una tempestiva
colonizzazione delle ferite stesse da
parte degli antagonisti ed una loro
efficace azione contro i patogeni.
Utilizzando un modello costituito
da un antagonista più attivo (C.
laurenti LS-28) e da uno meno
attivo (R. glutinis LS-11) si è visto
che l’isolato più attivo colonizza
più rapidamente ed efficacemente
le ferite di mela ed è più resistente
in vitro allo stress ossidativo. L’utilizzo di molecole antiossidanti elimina il “gap” tra i due antagonisti
sia nella colonizzazione delle ferite
sia nell’attività antagonistica contro patogeni necrotrofi (Castoria et
al., 2000) (tab. 4).
Discussione
La fillosfera e la carposfera di
specie vegetali coltivate sono normalmente popolate da batteri, lie-
viti e funghi filamentosi (fig. 1, tab.
2). I lieviti, soprattutto sulle specie
arboree, sono risultati quasi sempre prevalenti rispetto a batteri e
funghi filamentosi, mostrando di
essere ben adattati alle condizioni
ecologiche presenti sulla superficie
delle specie vegetali più comunemente coltivate nei nostri ambienti. In accordo con altri autori
(Dickinson e Preece, 1976; Blakeman e Fokkema, 1982; Blakeman, 1985; Andrews, 1992), i lieviti isolati appartengono a differenti generi e specie e sono riconducibili a tre gruppi morfologici: lieviti
bianchi, lieviti rosa e funghi lievitiformi. Questi microrganismi, rappresentano un “pool” di biodiversità da cui selezionare antagonisti
utili ai fini della lotta biologica.
Numerosi isolati di lieviti sono
stati selezionati e caratterizzati per
attività antagonistica (tab. 1), compatibilità con fungicidi (tab. 2),
aspetti ecologici, aspetti molecolari
(fig. 2), meccanismi d’azione (fig.
3, tabb. 3-4). Per tutti i caratteri
esaminati, è stata riscontrata variabilità intergenerica, interspecifica e,
talvolta, intraspecifica.
L’attività antagonistica di isolati
di lieviti può risultare variabile al
variare del patogeno e dell’ospite,
sebbene vi siano alcuni lieviti che
presentano un ampio spettro d’azione e potrebbero pertanto essere utilizzati su differenti frutti e
contro più patogeni (Lima et al.,
1999). Nella fase di selezione è
opportuno, pertanto, puntare su
isolati di antagonisti ad ampio
spettro. Il potenziale mercato di
prodotti per la difesa in postraccolta è, infatti, abbastanza ristretto;
sarebbe quindi preferibile disporre
di uno o pochi biofungicidi utilizzabili su differenti ortofrutticoli e
contro i patogeni fungini più diffusi e dannosi.
La compatibilità con fungicidi
mostrata da diversi antagonisti
(tab. 2) è di indubbia utilità per
scegliere quei prodotti che non
interferiscono con l’attività dell’antagonista in sistemi di lotta
integrata, ove gli antagonisti
potrebbero essere utilizzati in
alternanza al prodotto chimico o
in combinazione con dosi ridotte
dello stesso) (Droby et al., 1993;
Chand-Goyal e Spotts, 1997;
Ippolito et al., 1998a).
Le indagini ecologiche hanno
evidenziato che diversi isolati degli
antagonisti sono in grado di
sopravvivere ed accrescersi a basse
(0-4°C) e relativamente alte (2835°C) temperature risultando così
interessanti per applicazioni sugli
ortofrutticoli in condizioni di frigoconservazione e in campo prima
della raccolta, ove le condizioni
ambientali possono essere piuttosto variabili. Alcuni isolati mostrano di colonizzare più efficacemente le ferite degli ortofrutticoli,
mentre altri sembrano maggiormente capaci di sopravvivere sulla
superficie di frutti integri, anche in
campo (Lima et al., 1998a, 1998b
e 1999). La capacità di un antago-
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Tab. 3 - Influenza dell’aggiunta di nutrienti esogeni (NYD-B: Nutrient Yeast-extract Broth)
sull’antagonismo di R. glutinis (LS-11), C. laurentii (LS-28) e A. pullulans (LS-30)
contro P. expansum su mele Annurca*
Tab. 3 - Influence of exogenous nutrients (NYD-B: Nutrient Yeast-extract Broth) on antagonistic activity
of R. glutinis (LS-11), C. laurentii (LS-28) and A. pullulans (LS-30) against P. expansum on Annurca apples**
Trattamento
Controllo (acqua + P. expansum)
Antagonista + P. expansum
Antagonista + NYD-B + P. expansum
LS-11
% Ferite infette
LS-28
LS-30
100 A
100 A
100 A
12,5 C
87,5 B
0C
37,5 B
5 C
49,5 B
* Sulle colonne, a lettere uguali corrispondono valori statisticamente non significativi per P = 0,01 (test di Duncan).
** In each column, values marked by same the letters are not statistically different at P = 0.01 (Duncan’s test).
nista di colonizzare la superficie di
frutti e di sopravvivere in differenti condizioni sono presupposti
essenziali per la sua efficacia. A tal
proposito è da rilevare che per
ottimizzare l’attività degli antagonisti contro patogeni postraccolta
è talvolta conveniente intervenire
in pre-raccolta (Ippolito e Nigro,
2000). L’attività dei lieviti, infatti,
è essenzialmente di tipo preventivo ed è quindi necessario che essi
colonizzino i frutti, o addirittura i
fiori, a livelli sufficientemente elevati prima dell’arrivo del patogeno, limitando così anche eventuali
infezioni latenti che sono di difficile controllo con i soli interventi
postraccolta (Lima et al., 1997 e
1998b; Ippolito et al., 1998a e
1998b).
La caratterizzazione molecolare
eseguita mediante la tecnica AFLP
(fig. 2) su numerosi dei potenziali
antagonisti (lieviti bianchi, lieviti
rosa e funghi lievitiformi) ha messo
in evidenza la presenza di polimorfismi genetici che consentono di
identificare in maniera affidabile e
riproducibile gli isolati di maggiore
interesse e il loro monitoraggio
successivo all’applicazione sui frutti (Lima et al., dati non pubblicati).
Questi dati sono di rilevante interesse in quanto il monitoraggio
sensibile ed affidabile degli antagonisti è utile ad approfondire le
conoscenze ecologiche, settore in
cui vi è ancora una notevole carenza di informazioni.
Lo studio dei meccanismi d’a-
Tab. 4 - Attività antagonistica di R. glutinis (LS-11) e di C. laurentii
(LS-28) contro P. expansum su mele*
Tab. 4 - Antagonistic activity of R. glutinis (LS-11) and C. laurentii (LS-28)
against P. expansum on wounded apples**
Trattamento
P.
P.
P.
P.
P.
P.
P.
P.
P.
expansum
expansum
expansum
expansum
expansum
expansum
expansum
expansum
expansum
Ferite infette (% ± DS***)
+
+
+
+
+
+
+
+
+
H2O
SOD + CAT
BSA
LS-11
LS-11 + SOD + CAT
LS-11 + BSA
LS-28
LS-28 + SOD + CAT
LS-28 + BSA
84 ± 1,9
77 ± 1,4
93 ± 1,1
33 ± 1,8
6,7 ± 0,7
58 ± 2,2
22 ± 1,3
4,4± 0,2
44 ± 1,1
b
b
a
e
g
c
f
g
d
* Su mele ferite e conservate per 6 giorni a temperatura ambiente, in assenza ed in presenza di enzimi antiossidanti (SOD e CAT). Le mele erano state frigoconservate per 1 mese dopo
la raccolta. A lettere uguali corrispondono valori statisticamente non differenti tra loro per P =
0,05 (test di Duncan). Gli esperimenti sono stati ripetuti 2 volte. SOD: Superossido-dismutasi;
CAT: Catalasi; BSA: Siero Albumina Bovina.
*** DS: deviazione standard dalla media.
** Apples were stored for 6 days at room temperature, in the absence and in the presence of
antioxidant enzymes (SOD and CAT). Apples were kept in cold storage for 1 month before the
experiments. Values marked by the same letters are not statistically different at P=0.05 (Duncan’s test). The esperiments were performed twice. SOD: Superoxide-dismutase; CAT: Catalase; BSA: Bovine Sero Albumine.
*** DS: standard deviation from the average
zione ha fornito informazioni utili
per l’ottimizzazione dell’attività
degli isolati più interessanti. Infatti, la conoscenza dei meccanismi
d’azione coinvolti nell’antagonismo costituisce un prerequisito
fondamentale per incrementare
sopravvivenza ed efficacia degli
antagonisti, attraverso la messa a
punto di formulati e strategie di
applicazione che consentano di
rendere economicamente proponibile l’utilizzo dei metodi di lotta
biologica. A questo riguardo sono
di particolare interesse i recenti
risultati ottenuti nel nostro laboratorio sul ruolo della resistenza allo
stress ossidativo da parte degli
antagonisti (Castoria et al., 2000),
che lasciano prevedere la progetta-
Arsia ATTI 7 Raccolta
196
4-06-2002 12:46 Pagina 196
AT T I A R S I A
zione di più efficaci formulati a
base di antagonisti e antiossidanti
(tab. 4).
Conclusioni
I lieviti e i funghi lievitiformi
sono microrganismi diffusi e ben
adattati sulla carposfera e fillosfera
di piante di interesse agrario arboree ed erbacee. Diversi isolati di
questi microrganismi mostrano
elevata attività antagonistica e altri
caratteri positivi che li rendono
potenzialmente utili per applica-
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zioni nella lotta contro patogeni
postraccolta degli ortofrutticoli.
La caratterizzazione di differenti isolati di lieviti e lo studio di
alcuni meccanismi d’azione coinvolti nell’antagonismo hanno fornito informazioni che potranno
essere utilizzate per la selezione di
isolati dotati di maggiore efficacia,
per l’ottimizzazione dell’attività
antagonistica e delle condizioni
d’impiego, per lo sviluppo di
opportune formulazioni (biofungicidi) e per lo sviluppo di idonei
sistemi di monitoraggio.
L’utilizzazione pratica di sistemi
di lotta biologica e/o integrata
contro patogeni postraccolta dipenderà, oltre che dai risultati
della ricerca, anche dall’evoluzione
della legislazione e dall’interesse
dell’industria.
Plant Pathogen, “Biocontrol Agents
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Convegno SIPaV, Campobasso, 1718, settembre 1998.
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biological control agents on postharvest diseases of fresh fruits and vegetables. Crop Protection 19: 715-723.
Ringraziamenti
Lavoro svolto con i contributi di: MURST,
progetto “Biotecnologie per la lotta contro
Botrytis cinerea in postraccolta”; CNR,
Progetto strategico “Diversità di microrganismi di interesse agro-alimentare e
ambientale”.
Arsia ATTI 7 Raccolta
4-06-2002 12:46 Pagina 197
T E C N I C H E P O S T R A C C O LTA D E I P R O D O T T I O R T O F L O R O F R U T T I C O L I
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BERTOLINI P., SIJMONS P.C., GUERZONI M.E., SERRA F., Proc. Workshop COST 914-COST 915, 9-11
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Arsia ATTI 7 Raccolta
4-06-2002 12:46 Pagina 199
26. Effetti delle agrotecniche di coltivazione
e della conservazione su alcuni parametri produttivi
e di qualità del pomodoro tipo Cherry
V. Miccolis - Dipartimento di Produzione Vegetale, Università della Basilicata, Potenza
G.R. Quinto, F. Aiello, C.C. Santoro, G. Lucarelli
Progetto POP-FESR 1994-99
S. Vanadia - Metapontum Agrobios, Metaponto (MT)
Riassunto
Si riportano i risultati di una
ricerca preliminare sulla conservazione di bacche di pomodoro tipo
cherry (cv Naomi sel. Camelia),
ottenute mediante quattro sistemi
diversi di coltivazione in fuori suolo
di piante allevate in ambiente protetto. Le bacche utilizzate sono state
raccolte il 18 gennaio 2001, in corrispondenza della quarta raccolta
scalare da piante coltivate in NFT,
su Grodan, su Pozzolana di Barile
e su doppio strato: Pozzolana di
Barile ed Agriperlite presso l’impianto per colture in fuori suolo
realizzato nella serra di Hera, in
agro di Metaponto (40° 24’ N; 16°
48’ E; 10 m s.l.m.).
Campioni di circa 1,2 kg di bac-
Soilless cultivation,
packaging and storage
effects on some quality
parameters of tomato
Cherry type
Abstract
A preliminary trial, aimed at
studying the storage behaviour of
tomato cherry type (cv Naomi sel.
Camelia) obtained from 4 different soilless cultivation and packaged with 2 PE film bags and in
open PP boxes as a control, was carried out. The experiment took place
in Metapontum Agrobios laboratories, very close to the growing toma-
che, subito dopo la raccolta, sono
stati confezionati in vaschette di PP
aperte, in buste di PE provviste di
microfori (Ø = 1 mm), in buste di
PE con macrofori (Ø = 5 mm), e
collocati in cella frigorifera condizionata a 7 ± 0,5°C, con flusso di
aria al 90-95% di umidità relativa. È stato seguito lo schema sperimentale a split-plot, collocando le
agrotecniche di coltivazione nelle
unità principali, la durata della
conservazione (0, 15 e 30 giorni)
nelle sub-unità e le modalità di
confezionamento delle bacche nelle
sub-sub-unità. Alla raccolta, dopo
15 giorni di conservazione delle
bacche ottenute in NFT e PdB e
dopo 30 giorni per tutte le agrotecniche di coltivazione, sono stati
effettuati rilievi morfologici sulle
bacche e fisiologici sul loro succo. La
variazione del peso, della consistenza, del colore, delle bacche danneggiate, del residuo secco rifrattometrico, del contenuto in glucidi ed in
vitamine sono state le principali
determinazioni effettuate.
Le bacche di pomodoro tipo cherry
hanno mostrato buona adattabilità
ad essere conservate per 30 giorni,
anche se qualche perplessità è emersa per il significativo numero di
bacche danneggiate, rilevato quando queste sono state confezionate in
buste macroforate ed erano state
ottenute in NFT e su Grodan.
toes greenhouse. Berries came from
plants grew up on NFT, Grodan,
Pozzolana di Barile and on a double layer: Pozzolana di Barile
under and Agriperlite over, performed at the ’Hera’ greenhouse
located in Metaponto area (40° 24’
N; 16° 48’ E; 10 m a.s.l.). The trial
took place with fresh tomato berries
picked up at the successive fourth
harvest on january 18th 2001.
Samples of 1.2 kg of well mature
berries were chosen and carely
arranged in open plastic boxes or in
PE film bags and stored in chamber
at 7± 0.5°C and with 90 – 95 % of
flow air relative humidity. Weight
loss, firmness, peel colour, decay
incidence, soluble solids content,
sugars and vitamins content were
evaluated for each sample at harvest and after 15 (NFT and PdB)
and 30 days of storage. Berries
obtained from NFT and Grodan
soilles cultivation systems showed
higher mean weight and less dry
matter content compared with those
picked up from the other growing
systems. NFT’s berries at harvest
also showed high firmness values.
During storage performance tomato berries had a normal behaviour,
only those got from NFT and Grodan media increased decay inci-
Parole chiave: pomodoro tipo cherry,
agrotecniche di coltivazione in
fuori suolo, confezionamento,
conservazione, qualità.
Arsia ATTI 7 Raccolta
200
4-06-2002 12:46 Pagina 200
AT T I A R S I A
dence as berries damaged or rotten.
Packaged berries in open boxes
showed the same results of those
wrapped in PE film bags having
micro-holes on the surface. On the
countrary, the wrapped bags with
big holes on the surface were not useful to store berries because of the
high number of damaged fruits
Introduzione
Il pomodoro tipo cherry o ciliegino, comparso nello scenario
orticolo italiano nei primi anni
novanta, dopo qualche incertezza
iniziale ha incontrato sempre più
il favore dei coltivatori e ancora di
più quello dei consumatori sia italiani che stranieri. Si ritiene che
oggi circa il 30-40% della produzione nazionale di pomodoro da
consumo fresco sia di tipo cherry
(Lomonaco, 1998). Ha trovato
condizioni favorevoli di coltivazione lungo le aree orticole
costiere (Trentini e Sitta, 2001)
presso i coltivatori siciliani (Ragusa), campani (Salerno), laziali
(Latina e Fondi), veneti (Cavallino) e sardi (Cagliari), che lo coltivano su terreno in serra o con
agrotecniche di fuori suolo durante tutto l’anno. Riesce a valorizzare la salinità dei suoli, dell’acqua
irrigua e la radiazione luminosa in
eccesso del meridione d’Italia. Il
mercato è attivo e continua ad
essere sostenuto da una vivace
domanda, idonea ad assicurare
redditi certi per produzioni di
qualità ed uniformi nel tempo. I
consumatori tedeschi ed inglesi
apprezzano le bacche piccole, di
colore rosso vivo, in grappoli, ricche di semi, di elevata consistenza
e sapidità (Lomonaco, l.c.). È
commercializzato principalmente
dalla grande distribuzione organizzata, confezionato in vaschette
di plastica, trasparenti e variamente forate, con le bacche in grappoli ed in qualche caso anche sgrappolate. Dalla raccolta al momento
del consumo spesso intercorrono
observed. The incidence of decay
increased both with berries picked
up from the NFT and Grodan system because they were more weighted and with less dry matter content.
Nevertheless the tomatoes cherry
type berries are generally suitable
for 30 days storage as a result of this
experiment. More information
diversi giorni e gli stress fisici e
fisiologici a cui le bacche vanno
incontro sono poco noti e sottovalutati. Maldestre operazioni
manuali, il confezionamento meccanizzato e meccanico, l’impiego
di contenitori inadatti e gli spostamenti durante le operazioni commerciali possono causare ammaccature, abrasioni, microlesioni e
lesioni alle bacche con drastiche
conseguenze sulla durata della
loro vita postraccolta (Batal et al.,
1970; Kader et al., 1978; Olorunda e Tung, 1985; Fiore et al.,
1992). Il risultato è che, in certe
situazioni, sulla mensa del consumatore arriva solo una parte
molto esigua della produzione
commerciabile raccolta in serra.
Sul comportamento postraccolta
di questa tipologia di pomodoro
sono disponibili limitati riferimenti bibliografici e quelli disponibili,
per lo più, si riferiscono allo studio dell’incidenza della diversa
EC della soluzione nutritiva
impiegata sulla shelf-life (Gough,
1990), mentre nulla o poco è
noto circa l’influenza delle diverse
agrotecniche di fuori suolo sulla
conservabilità delle bacche. Alla
luce di quanto sin qui detto,
obiettivo di questo lavoro è quello di studiare il comportamento
postraccolta delle bacche in grappolo, prodotte con 4 tecniche
diverse di fuori suolo, confezionate in vaschette aperte ed in buste
in plastica provviste di macrofori
di 5 mm e di microfori di 1 mm,
durante la conservazione per 15 e
30 giorni in cella frigorifera condizionata a 7°C e con il 90-95% di
umidità relativa (UR).
need to be sure about the choice of
the right film to wrap the fruits,
without damaging their morphological traits and metabolic activity during storage.
Keywords: cherry type tomato, soilless cultivation, packaging, storage, quality parameters.
Materiali e metodi
Impianto di coltivazione
Le bacche di pomodoro, utilizzate per la ricerca, provengono
dall’impianto sperimentale per colture in fuori suolo realizzato dal
Dipartimento di Produzione Vegetale dell’Università degli Studi
della Basilicata, presso l’Azienda
agricola “Pantanello” della Regione Basilicata, nella serra di ‘Hera’,
nell’ambito del Progetto POP
(Programma Operativo Plurifondo-FESR 1994-99, 2° Triennio)
finanziato dall’Ente Regione Basilicata con fondi CE, dal titolo:
“Coltivazione del pomodoro tipo
cherry in fuori suolo”. L’impianto
è costituito da una serra in metallo
e plastica con copertura in PE in
doppio strato gonfiato, con pareti
laterali e divisorie realizzate con
una struttura in acciaio zincato a
caldo e tamponate con lastre di
PMMA tipo ondex. La serra è suddivisa in 2 campate e 4 settori (2
per campata) di 288 m2 ciascuno,
più un corridoio centrale di servizio dove si trovano i quadri elettrici di settore e 4 unità computerizzate (µAgricomp) per la gestione
climatica, una per ogni ambiente,
ciascuna corredata da sensori per
temperatura, umidità relativa e
luminosità interne, e collegata ad
una stazione meteo collocata sul
colmo di una delle 2 campate.
Quest’ultima è dotata di sensori
esterni per rilevare la temperatura,
la luminosità, la presenza o assenza di pioggia, la direzione e velocità del vento. Nello stesso corridoio centrale è localizzata l’unità
centrale (UC) di gestione e visua-
Arsia ATTI 7 Raccolta
4-06-2002 12:46 Pagina 201
T E C N I C H E P O S T R A C C O LTA D E I P R O D O T T I O R T O F L O R O F R U T T I C O L I
lizzazione dei parametri irrigui e
climatici interni ed esterni, costituita da un PC tipo Pentium II,
munito anche di software di accesso remoto per gestire gli interventi di sorveglianza e programmazione dei suddetti parametri tramite
rete internet. La struttura è dotata
anche di un ambiente di supporto
ospitante gli impianti di riscaldamento, fertirrigazione, fog-system,
di sterilizzazione della soluzione a
raggi UV, di un quadro elettrico
generale e di un gruppo elettrogeno per assicurare la continuità di
alimentazione delle elettropompe
per mantenere in circolo la soluzione nutritiva nelle canalette del
settore NFT qualora necessario.
Nello stesso vano è collocato un
quadro allarmi collegato alle unità
computerizzate presenti in serra,
munito di un segnale acustico e
combinatore telefonico, per avvisare gli operatori anche quando
sono lontani dall’impianto. Ciascuno dei settori è pacciamato con
PE bianco ed ospita 12 canalette
di coltivazione di diversa tipologia,
lunghe 11 m, dove è possibile realizzare diverse tecniche di coltivazione del pomodoro o di altre specie ortofloricole. Un primo settore
è destinato alla coltivazione con il
sistema NFT (Nutrient Film Technique), con piante allevate in canalette di polipropilene alte 5 cm e
larghe 15 disposte su di un piano
avente una pendenza del 2‰, idonea ad assicurare un sottile film di
soluzione nutritiva in moto continuo ed ininterrotto nelle 24 ore.
Il secondo settore è destinato
alla coltivazione del pomodoro su
substrato inerte costituito da lana
di roccia (Grodan), preparata in
pani lunghi 1 m, larghi 15 cm e
alti 5 cm, collocati in canalette con
pendenza del 2‰, avvolti in sacchetti di plastica opportunamente
forati per alloggiare le piante e
favorire lo sgrondo della soluzione
dopo ogni intervento di fertirrigazione. Il terzo settore ospita canalette di coltivazione in polipropilene alte 40 cm e larghe 30 cm con
il 2‰ di pendenza, in cui è collocato uno strato basale di Pozzolana di Barile alto 10 cm, su cui è
stato posto un altro strato di pari
altezza di Agriperlite che indicheremo (A+P). Il quarto settore è
dotato delle stesse canalette del
terzo, destinate ad utilizzare solo
Pozzolana di Barile (PdB). Nei
settori con i substrati inerti, un
sistema di tubazioni, situate a valle
delle canalette di coltivazione, raccoglie e convoglia il drenato verso
i serbatoi di raccolta interrati, consentendo il suo completo recupero. Mediante delle pompe sommerse, collocate nei suddetti serbatoi, la soluzione recuperata viene
inviata al serbatoio di ricircolo.
Durante il trasferimento vengono
monitorati pH, EC e volume del
drenato. Il serbatoio di ricircolo
viene quindi riempito fino al livello
superiore con acqua pura, in modo
tale che possa partire un nuovo
ciclo di fertirrigazione. Una pompa
apposita preleva la soluzione del
serbatoio e l’invia al fertirrigatore
(Agrimix L/Sub), che provvede
all’eventuale correzione dei valori
di pH, di EC e di composizione,
prima che venga erogata all’impianto in serra. Anche la gestione
della soluzione nel sistema NFT è
basata sul completo recupero del
drenato che viene continuamente
monitorato e reintegrato in modo
automatico mediante un altro fertirrigatore computerizzato (Agrimix L/NFT). In tutti i casi il completo recupero della soluzione
nutritiva ed il suo riutilizzo permettono di gestire l’impianto a
ciclo chiuso con ridotto impatto
ambientale.
Completano la struttura un
impianto di riscaldamento della
capacità di 300.000 kcal h-1 idoneo ad assicurare una temperatura
interna alla serra di 18°C quando
la temperatura esterna è di 0°C.
Coltivazione e conservazione
Il pomodoro, cv Naomi sel.
Camelia (Cois ’94) è stato impiantato il 4 settembre 2000 con piantine alla terza foglia vera ben
espansa, preparate in cubetti di
Grodan di 4 cm di lato, collocate a
33 cm l’una dall’altra su file lunghe 11 m e con interfila di 1,5 m,
per realizzare una densità di 2,02
201
piante per m2. Durante il ciclo colturale sono state effettuate ripetute sfemminellature, eliminazione
delle foglie basali invecchiate ed
esauste e per migliorare l’impollinazione sono state introdotte 2
famiglie di bombi: una per i 2 settori contigui a partire dalla piena
fioritura del 1° grappolo fiorale.
Un trattamento con Trigard contro la fillominatrice (Liriomyza
spp.) e con Penconazole contro
l’oidio (Leveillula taurica) si sono
resi necessari durante il ciclo colturale. Le raccolte scalari, hanno
avuto inizio il 4 dicembre 2000 e
sono proseguite con intervallo di
15 giorni sino al 26 marzo 2001
per un totale di 9 raccolte.
In corrispondenza delle raccolte
dell’8 gennaio 2001 e del 19
marzo 2001 campioni di circa 1,2
kg pari a 45-50 bacche rosse,
mature in grappolo venivano collocate in vaschette trasparenti di PP
aperte superiormente e in 2 sacchetti in PE di uguale volume e
con diversa porosità superficiale
(macrofori da 5 mm e microfori da
1 mm) per essere disposte in cella
frigorifera termostatata a 7±0,5°C
e con flusso di aria al 90-95% di
UR, al fine di studiarne il comportamento durante la conservazione
per 15 e 30 giorni. In particolare,
sono stati realizzati 66 campioni
così distribuiti: 21 con bacche ottenute con il sistema NFT; 21 provenienti dalle piante allevate su PdB;
12 da piante su Grodan e 12 da
piante allevate su A+P. Per ciascuna
delle 4 agrotecniche, 3 campioni
sono stati analizzati in laboratorio
subito dopo la raccolta (inizio della
prova di conservazione). I restanti
18, provenienti da NFT e PdB,
sono stati distinti in 2 sub-gruppi
da 9 ciascuno per i rilievi dopo 15
e 30 giorni di conservazione, previa suddivisione in 3 campioni confezionati in vaschette di PP trasparenti aperte, 3 in buste di PE trasparente macroforata e 3 in buste
di PE trasparente microforata. I 9
campioni restanti, provenienti da
Grodan e da A+P, confezionati
anche loro in gruppi di 3, come i
precedenti, sono stati valutati solo
dopo 30 giorni di conservazione.
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202
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AT T I A R S I A
È stato seguito lo schema sperimentale a split-plot con 3 ripetizioni, considerando come tesi unica le
determinazioni effettuate sui campioni di bacche fresche all’inizio
della prova, e come effetto principale le agrotecniche di coltivazione,
come sub-effetto le epoche di conservazione (0-15 e 30 giorni) e
come sub-sub-effetto le modalità di
confezionamento (vaschette in PP,
buste in PE macroforate e microforate). In questa nota si riportano i
risultati della prima epoca di conservazione.
• bacche danneggiate o deteriorate in percentuale del numero
iniziale;
• calo peso per differenza di pesata, espresso in percentuale del
peso iniziale;
• contenuto in solidi solubili, misurato con un rifrattometro digitale Atago su succo di 10 bacche espresso in percentuale;
• elettroconducibilità (EC) del
succo di 10 bacche espressa in
mS cm-1.
Inoltre mediante HPLC sono
stati determinati:
• saccarosio, fruttosio e glucosio
espressi in percentuale;
• vitamina C in mg 100 g-1 di bacche fresche;
• β-carotene e licopene in mg 100
g-1 di bacche fresche.
I dati rilevati sono stati sottoposti ad analisi statistica ed il confronto delle medie dei parametri
risultati significativi è stato fatto
con il test di Duncan per gli effetti principali e con il metodo della
MDS per le interazioni.
Rilievi effettuati
I rilievi sono stati effettuati presso i laboratori della società Metapontum Agrobios in corrispondenza della raccolta e dopo 15 e
30 giorni di conservazione così
come previsto dal piano sperimentale. Per ciascuno dei campioni
sono stati determinati i seguenti
parametri:
• peso medio delle bacche all’inizio della conservazione;
• consistenza delle bacche alla raccolta e dopo i due periodi di
conservazione, mediante un
penetrometro con puntale da 6
mm di diametro;
• colore dell’epidermide misurato
con un colorimetro Minolta
Chromameter CR – 200 nello
spazio di colore CIE L* a* b* su
10 bacche;
Risultati
Effetti delle agrotecniche
di coltivazione
Dalla tab. 1 si osserva che le
piante di pomodoro allevate con i
sistemi NFT e Grodan hanno prodotto bacche di peso medio più
elevato (27,1 g) rispetto a quelle
ottenute con le altre agrotecniche
e meno ricche di sostanza secca.
Le bacche ottenute in NFT e su
A+P sono risultate più consistenti
(1,6 kg cm-2) rispetto a quelle prodotte su Grodan e PdB (1,2 kg
cm-2). Il pH e l’acidità del succo
sono aumentati leggermente nelle
bacche prodotte in A+P e PdB
mentre il β-carotene ha raggiunto
i valori più alti con il Grodan e
A+P (1,06 mg 100 g-1 vs. 0,96 mg
100 g-1). Il licopene è aumentato
con l’NFT (8,06 mg 100 g-1) ed è
gradualmente diminuito con le
altre agrotecniche. Il saccarosio ha
raggiunto il valore più elevato
(0,11%) nelle bacche delle piante
coltivate su Grodan, seguito da
quelle in NFT, A+P e PdB. Infine
NFT e Grodan hanno fatto rilevare circa il doppio di bacche danneggiate (12,9% in media) rispetto
ai livelli (in media 6,6%) osservati
con A+P e PdB.
Effetti della conservazione
In tab. 2 sono riportati gli effetti di 30 giorni di conservazione
delle bacche ottenute con le 4
agrotecniche studiate e, limitatamente per NFT e PdB, anche
quelli di 15 giorni.
Come si ha modo di osservare, i
valori rilevati al 15° giorno di conservazione per NFT e PdB sono
risultati simili a quelli rilevati al
Tab. 1 - Effetti delle agrotecniche su alcuni parametri produttivi e di qualità
delle bacche di pomodoro tipo Cherry
Tab. 1 - Soilless cultivation effects on some yield and quality parameters of cherry tomato berries
Agrotecniche di coltivazione*
Caratteri
Peso medio (g)
Consistenza (kg cm-2)
Sostanza secca (%)
pH
Acidità (meq 100 g-1 p.f.)
β-carotene (mg 100 g-1 p.f.)
Licopene (mg 100 g-1 p.f.)
Saccarosio (%)
Danneggiate (%)
NFT
Grodan
A+P
26,7
1,7
7,2
4,4
A
A
b
A
27,4
1,2
7,1
4,4
A
B
b
A
25,5
1,4
8,1
4,3
7,0
b
6,8
b
7,7
0,93
8,06
0,10
11,7
c
a
ab
ab
1,05
7,00
0,11
14,1
ab
c
a
a
1,07
7,84
0,09
7,2
PdB
B
AB
a
B
24,3
1,1
8
4,3
C
B
a
B
a
7,6
a
a
ab
ab
bc
0,98
7,29
0,08
5,9
bc
bc
b
c
* I valori non aventi in comune alcuna lettera sono significativamente diversi allo 0,05 P (lettere minuscole) ed allo 0,01 P (lettere maiuscole)
* Means with the same letter are not significantly different according to Duncan's test at 0.05 P (small letters) and at 0.01 P (capital letters).
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Tab. 2 - Effetti della conservazione su alcuni parametri produttivi e di qualità
delle bacche di pomodoro tipo Cherry
Tab. 2 - Storage effects on some yield and quality parameters of cherry tomato berries
C O N S E R V A Z I O N E (g i o r n i)
01
301
Sign.2
Calo peso (%)
Consistenza (kg cm-2)
0
1,7
6,5
1
**
**
0,0
1,8
C
A
3,5
1,2
B
B
6,4
1,1
A
B
Danneggiate (%)
Solidi solubili
0
5,5
19,5
5
**
**
0,0
5,4
C
a
3,9
4,9
B
b
17,6
4,9
A
b
Saccarosio (%)
Glucosio (%)
Fruttosio (%)
0,01
1,47
1,9
0,18
1,21
1,7
**
**
**
0,01 B
1,45 a
1,85 a
28,8
1,05
21,6
0,96
**
*
28,3 A
1,06 A
22,1 B
0,89 B
19,3 B
0,85 B
9,07
7,6
4,3
6,03
6,9
4,4
**
**
**
9,28 A
7,7 A
4,3 B
8,11 A
6,9 B
4,4 A
6,08 B
6,9 B
4,4 A
Caratteri
Vitamina C (mg 100 g-1 p.f.)
β-carotene (mg 100 g-1 p.f.)
Licopene (mg 100 g-1 p.f.)
Acidità (meq 100 g-1)
pH
03
153
303
0,16 A
1,28 ab
1,6 b
0,16 A
1,15 b
1,61 b
1
2
I valori si riferiscono alle 4 agrotecniche.
Valori significativi: * 0,05 P; ** 0,01 P.
I valori si riferiscono alle agrotecniche NFT e PdB. I valori non aventi in comune alcuna lettera sono significativamente
diversi allo 0,05 P (lettere minuscole) ed allo 0,01 P (lettere maiuscole).
3
1
2
Values are referred to all soilless cultivations.
Significant values: * 0.05 P; ** 0.01 P.
Values are referred to NFT and PdB soilless cultivations. Means with the same letter are not significantly different
according to Duncan's test at 0.05 P (small letters) and at 0.01 P (capital letters).
3
Tab. 3 - Effetti del confezionamento su alcuni parametri produttivi e di qualità
delle bacche di pomodoro tipo Cherry
Tab. 3 - Packaging effects on some yield and quality parameters of cherry tomato berries
C o n f e z i o n a m e n t o
Caratteri
Calo peso (%)
Solidi solubili (%)
Danneggiate (%)
Glucosio (%)
Vitamina C (mg 100 g-1 p.f.)
EC (mS cm-1)
Vaschetta aperta
3,6
5,3
5,1
1,36
25,6
7,0
Busta macroforata
A
A
B
A
2,9
5,1
16,9
1,31
B
B
A
B
A
A
24,3
6,8
B
B
1
Busta microforata
3,3
5,3
7,2
1,36
25,8
7,1
A
A
B
A
A
A
1
I valori non aventi in comune alcuna lettera sono significativamente differenti allo 0,01 P.
1
Means with the same letter are not significantly different according to Duncan's test at 0.05 P (small letters) and at 0.01 P (capital letters).
30° giorno di conservazione per
molti dei caratteri studiati, ad
eccezione del calo peso, che, dal
3,5% dopo 15 giorni, è salito al
6,4% dopo 30 giorni; delle bacche
danneggiate che, dal 3,9% sono
salite al 17,6% e del licopene, che
non ha subito variazioni nei primi
15 giorni di conservazione ed è
diminuito negli ultimi 15 giorni.
Con riferimento ai valori medi
dei 4 settori, si ha modo di osser-
vare che, con 30 giorni di conservazione, la consistenza delle bacche è scesa da 1,7 a 1,0 kg cm-2
mentre quelle danneggiate sono
lievitate del 19,5%.
Inoltre il residuo rifrattometrico
(°Brix) è sceso da 5,5 a 5. Il saccarosio è aumentato dallo 0,01 allo
0,18% mentre il glucosio è diminuito da 1,47 a 1,21% e il fruttosio da 1,9 a 1,7%. La vitamina C è
scesa da 28,8 a 21,6 mg 100 g-1
mentre il β-carotene da 1,05 è passato a 0,96 mg 100 g-1 e il licopene da 9,07 è sceso a 6,03 mg 100
g-1. L’acidità è scesa da 7,6 a 6,9
meq 100 g-1 e nello stesso tempo il
pH è salito da 4,3 a 4,4 unità.
Effetti delle agrotecniche
e della conservazione sulle
caratteristiche delle bacche
La consistenza delle bacche
dopo 30 giorni di conservazione è
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Fig. 1 - Effetti delle agrotecniche e della conservazione
sulla consistenza delle bacche (kg cm-2). La barra
verticale indica l’MDS allo 0,05 P
Fig. 1 - Soilless cultivation and storage effects on
firmness (kg cm-2) of cherry tomato berries. Bars
indicate significant difference among treatments
at 0.05 P level, according to MDS test
Fig. 2 - Effetti delle agrotecniche e della conservazione
sulle bacche danneggiate (%). La barra verticale indica
l’MDS allo 0,05 P
Fig. 2 - Soilless cultivation and storage effects on
damaged berries (%) of cherry tomato. Bars indicate
significant difference among treatments at 0.05 P level,
according to MDS test
Fig. 3 - Effetti delle agrotecniche e della conservazione
sul β-carotene (mg 100 g-1 p.f.). La barra verticale indica
l’MDS allo 0,05 P
Fig. 3 - Soilless cultivation and storage effects on βcarotene content (mg 100 g-1 f.m.) of cherry tomato
berries. Bars indicate significant difference among treatments at 0.05 P level, according to MDS test
Fig. 4 - Effetti delle agrotecniche e della conservazione
sul saccarosio (%). La barra verticale indica l’MDS allo
0,05 P
Fig. 4 - Soilless cultivation and storage effects on
sucrose content (%) of cherry tomato berries. Bars indicate significant difference among treatments at 0.05 P
level, according to MDS test
diminuita di 1 kg cm-2 in quelle
ottenute in NFT rispetto a riduzioni di 0,7; 0,8 e 0,4 kg cm-2
ottenuti in quelle su Grodan, A+P
e PdB (fig. 1).
Le bacche danneggiate a fine
conservazione sono risultate del
28% in Grodan, 23% in NFT, del
15% in A+P e del 12% in PdB (fig.
2); dopo 15 giorni di conservazione, limitatamente per NFT e PdB
le bacche danneggiate sono risultate del 3 e del 4% rispettivamente
(dati non riportati). Il contenuto
in β-carotene ha subito un calo
significativo a fine conservazione
solo nelle bacche ottenute in NFT
e su PdB (fig. 3). In fine, il saccarosio è aumentato con la conservazione in modo significativo nelle
bacche ottenute con tutte le agrotecniche ed in modo particolare in
quelle su Grodan rispetto a quelle
su PdB (fig. 4).
Effetti del confezionamento
Dalla tab. 3 si rileva che le bacche confezionate in buste macroforate hanno subito un calo
peso del 2,9% rispetto al calo
medio del 3,5% rilevato in quelle
confezionate in buste microforate
e in vaschette aperte.
Il residuo rifrattometrico è diminuito da 5,3 a 5,1°Brix, passando
dalle bacche confezionate nelle
buste microforate ed in vaschetta a
quelle collocate in buste macroforate. Le bacche danneggiate sono
triplicate nelle buste macroforate
(16,9%) rispetto a quelle in vaschetta e in buste microforate
(6,2%). Il glucosio, la vitamina C e
la EC sono diminuiti nelle bacche
confezionate in buste macroforate
rispetto a quelle conservate in
vaschette aperte e in buste con
microfori.
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Fig. 5 - Effetti delle agrotecniche e del confezionamento
sul contenuto in solidi solubili (%). La barra verticale
indica l’MDS allo 0,01 P
Fig. 5 - Soilless cultivation and packaging on soluble
solids content (%) of cherry tomato berries. Bars indicate significant difference among treatments at 0.01 P
level, according to MDS test
Fig. 6 - Effetti delle agrotecniche e del confezionamento
delle bacche sulla vitamina C (mg 100 g-1 p.f.). La barra
verticale indica l’MDS allo 0,01 P
Fig. 6 - Soilless cultivation and packaging effects on
ascorbic acid content (mg 100 g-1 f.m.) of cherry tomato
berries. Bars indicate significant difference among treatments at 0.01 P level, according to MDS test
Fig. 7 - Effetti delle agrotecniche e del confezionamento
delle bacche sul β-carotene (mg 100 g-1 p.f.). La barra
verticale indica l’MDS allo 0,01 P
Fig. 7 - Soilless cultivation and packaging effects on
bcarotene content (mg 100 g-1 f.m.) of cherry tomato
berries. Bars indicate significant difference among treatments at 0.01 P level, according to MDS test
Fig. 8 - Effetti delle agrotecniche e del confezionamento
sulle bacche danneggiate (%). La barra verticale indica
l’MDS allo 0,01 P
Fig. 8 - Soilless cultivation and packaging effects on
damaged berries (%) of cherry tomato berries. Bars indicate significant difference among treatments at 0.01 P
level, according to MDS test
Effetti delle agrotecniche
e del confezionamento
Il residuo rifrattometrico del
succo delle bacche è variato con le
agrotecniche e con il diverso confezionamento, in particolare, le
bacche ottenute in NFT e su Grodan hanno fatto osservare un comportamento simile nel senso che
quelle contenute in vaschette aperte, in entrambe le situazioni,
hanno fatto registrare un residuo
secco più elevato rispetto al valore
rilevato con il confezionamento in
buste macro e microforate; nel
caso dell’A+P e della PdB è il con-
fezionamento con buste microforate a fare osservare valori significativamente più alti rispetto a
quelli delle altre 2 tipologie di
confezionamento (fig. 5).
Il contenuto in vitamina C non
ha subito variazioni con il diverso
confezionamento delle bacche
ottenute in NFT e su PdB, mentre
quelle prodotte su Grodan e A+P
disposte in vaschette aperte e quelle collocate in buste microforate
hanno fatto osservare valori più
elevati (fig. 6).
Il β-carotene non ha subito
variazioni significative nelle bacche
ottenute in NFT, su A+P e su PdB
al variare del confezionamento,
mentre quelle ottenute su Grodan
e collocate in buste macroforate
hanno fatto osservare un valore
più contenuto (fig. 7). Le bacche
danneggiate hanno raggiunto il
24% in NFT e su Grodan, quando
confezionate in buste con film
macroforato, rispetto a valori medi
del 5% e del 10% con gli altri due
confezionamenti; su A+P e su PdB
i valori sono risultati più contenuti ed hanno assunto scarso rilievo
con le bacche confezionate in
vaschette aperte nel caso di A+P e
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Fig. 9 - Effetti del confezionamento e della conservazione delle bacche sul contenuto in solidi solubili (%). La
barra verticale indica l’MDS allo 0,01 P
Fig. 9 - Packaging and storage effects on soluble solids
content (%) of cherry tomato berries. Bars indicate significant difference among treatments at 0.01 P level,
according to MDS test
Fig. 10 - Effetti del confezionamento e della conservazione sulla EC (mS cm-1). La barra verticale indica l’MDS
allo 0,01 P
Fig. 10 - Packaging and storage effects on EC (mS cm-1)
of cherry tomato berries juice. Bars indicate significant
difference among treatments at 0.01 P level, according
to MDS test
Fig. 11 - Effetti del confezionamento e della conservazione delle bacche sul contenuto in Vitamina C (mg 100
g-1 p.f.). La barra verticale indica l’MDS allo 0,01 P
Fig. 11 - Packaging and storage effects on Ascorbic Acid
content (mg 100 g-1 f.m.) of cherry tomato berries. Bars
indicate significant difference among treatments at 0.01
P level, according to MDS test
Fig. 12 - Effetti del confezionamento e della conservazione delle bacche sul glucosio (%). La barra verticale
indica l’MDS allo 0,05 P
Fig. 12 - Packaging and storage on glucose content (%)
of cherry tomato berries. Bars indicate significant difference among treatments at 0.05 P level, according to
MDS test
in film microforato su PdB (fig. 8).
Effetti della conservazione
e del confezionamento
Il residuo rifrattometrico è diminuito in funzione della conservazione e delle modalità di confezionamento: il valore più basso (4,8
°Brix) è stato osservato con le bacche conservate nelle buste con
macrofori rispetto ad un valore
medio più alto (5,2°Brix) rilevato
con le buste microforate e con le
vaschette aperte (fig. 9).
La EC, rispetto al valore iniziale,
è aumentata nel succo delle bacche
collocate in buste microforate e
nelle vaschette aperte, mentre in
quelle messe in buste con film
macroforato è stata registrata una
lieve flessione (fig. 10). Il contenuto in vitamina C è diminuito con il
diverso confezionamento in modo
significativo quando le bacche
sono state collocate in buste con
macrofori (fig. 11). Il glucosio con
la conservazione ha subito un calo
con le diverse modalità di confezionamento ed in modo particolare con le bacche contenute in film
con macrofori (fig. 12). Il calo
peso è diminuito con l’impiego
delle buste forate rispetto all’uso
delle vaschette aperte; il valore più
basso (5,7%) è stato registrato con
il film con macrofori (fig. 13). Le
bacche danneggiate sono aumentate con l’impiego dei film forati
rispetto a quelle contenute in
vaschette aperte, ed in particolare
con il film provvisto di macrofori
la percentuale di bacche danneggiate è più che raddoppiata rispetto al valore rilevato con l’impiego
del film microforato (fig. 14).
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Fig. 13 - Effetti del confezionamento e della conservazione sul calo peso delle bacche (%). La barra verticale
indica l’MDS allo 0,01 P
Fig. 13 - Packaging and storage effects on weight loss
(%) of cherry tomato berries. Bars indicate significant
difference among treatments at 0.01 P level, according
to MDS test
Discussione dei risultati
Le diverse agrotecniche di coltivazione hanno in parte influenzato
le caratteristiche delle bacche
durante la conservazione. Le bacche ottenute in NFT e su Grodan
sono risultate di maggiore peso
medio, più consistenti e di minore
contenuto in sostanza secca; ciò ha
contribuito ad aumentare la suscettibilità ad essere danneggiate
durante la conservazione. Come
era da attendersi, la conservazione
ha modificato alcuni parametri
morfologici delle bacche, come il
loro peso, la consistenza e la percentuale di quelle danneggiate e
aspetti di qualità, quali il contenuto in zuccheri, in vitamine, il pH e
l’acidità del succo. Per gli zuccheri ad esempio, in accordo con
Salunkhe e Wu (1973), mentre il
saccarosio è aumentato di 16
volte, il glucosio e il fruttosio sono
diminuiti rispettivamente del 18 e
dell’11% rispetto ai valori iniziali.
La vitamina C, nelle condizioni
sperimentali adottate, è diminuita
del 25%, il licopene del 33,5% e il
β-carotene dell’8,6% e la concentrazione idrogenionica del succo si
è portata più verso la neutralità. La
consistenza delle bacche a fine
conservazione è diminuita del
45,5%, del 43,8%, del 44,4% e del
30,8% nelle bacche ottenute in
207
Fig. 14 - Effetti del confezionamento e della conservazione sulle bacche danneggiate (%). La barra verticale
indica l’MDS allo 0,01 P
Fig. 14 - Packaging and storage effects on damaged
berries (%) of cherry tomato. Bars indicate significant
difference aamong treatments at 0.01 P level, according
to MDS test
NFT, Grodan, A+P e PdB, rispetto ai valori iniziali. La conservazione ha fatto aumentare le bacche
danneggiate a fine prova specialmente in quelle ottenute in NFT e
su Grodan. Il β-carotene è diminuito del 24,5 e del 16,8% dopo
30 giorni di conservazione nelle
bacche ottenute in NFT e su PdB
mentre non ha subito variazioni
con gli altri substrati solidi utilizzati. Il saccarosio, poco presente
nelle bacche alla raccolta, è aumentato significativamente con la
conservazione ed ha raggiunto il
valore più elevato nelle bacche
ottenute su Grodan rispetto a
quelle prodotte su PdB. La maggiore percentuale di bacche danneggiate rilevata in quelle confezionate in buste con macrofori è
da attribuire alla maggiore spigolosità e asperità in prossimità dei
fori delle buste confezionate con
questo film, che con le operazioni
di simulazione del riempimento
meccanico hanno dato origine a
microlesioni, che, durante la conservazione, hanno contribuito ad
aumentare le bacche danneggiate.
Inoltre, queste ultime sono
aumentate in quelle ottenute in
NFT e su Grodan, probabilmente
a causa delle loro più grandi
dimensioni e del loro minore contenuto in acqua. Anche il residuo
rifrattometrico, il contenuto in
vitamina C e in β-carotene sono
variati in funzione del substrato di
coltivazione e della modalità di
confezionamento. Il film con macrofori, durante la conservazione,
ha contribuito ad abbassare il residuo rifrattometrico più di quello
microforato e delle vaschette aperte, ed ha fatto abbassare anche la
EC che con il film microforato e
senza è aumentata. Netta è risultata l’azione del film con macrofori
sull’aumento della percentuale di
bacche danneggiate a fine conservazione.
Conclusioni
Il pomodoro tipo cherry ottenuto con agrotecniche di fuori suolo
ha risposto favorevolmente alla
conservazione, mantenendo elevate
i parametri di qualità per 30 giorni
dopo la raccolta. In particolare le
bacche ottenute in NFT e su Grodan sono risultate più sensibili ai
fenomeni di deterioramento di
quelle provenienti da A+P e da
PdB. Il mantenimento elevato delle
caratteristiche di qualità delle bacche durante la conservazione indica
l’idoneità del prodotto di partenza,
anche se qualche perplessità è
emersa per il numero elevato di
bacche danneggiate durante la conservazione. Queste sono risultate
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AT T I
ARSIA
elevate principalmente per le non
idonee caratteristiche del film con
macrofori impiegato che ha fatto
aumentare notevolmente l’entità
dei danni in postraccolta. Le bacche
danneggiate sono aumentate negli
ultimi 15 giorni di conservazione
specialmente in quelle ottenute su
Grodan ed in NFT che, come
detto, sono risultate più grosse e
più acquose e quindi più sensibili
alle azioni di costipamento mecca-
nico durante le operazioni di confezionamento nelle buste con film
macroforato. Le modalità di confezionamento delle bacche hanno
sortito effetti decisivi sulla loro
conservabilità: il film microforato
ha fatto osservare gli stessi risultati
ottenuti con le bacche prive di protezione, collocate in vaschette aperte, mentre il film con macrofori, per
avere i fori di maggiore diametro e
per essere meno flessibile, ha sotto-
Ricerca effettuata nell’ambito del Progetto POP-FESR 1994-99, 2° Triennio, dal
titolo: “Coltivazione del pomodoro tipo
cherry in fuori suolo”, finanziato dalla
Regione Basilicata con fondi CE.
cherry tomato plants grown at different levels of salinity. J. Hort. Sci.
65(4): 431-439.
KADER A.A., MORRIS L.L., STEVENS
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posto a maggiori sollecitazioni le
bacche con la genesi di abrasioni,
che durante la conservazione
hanno contribuito ad elevare l’entità di quelle danneggiate e, quindi,
di scarto.
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27. Attività antiossidante di frutti di Annurca a confronto
con due cultivar di melo a diffusione internazionale
C. Di Vaio, M. Buccheri
Dipartimento Arboricoltura, Botanica e Patologia Vegetale, Università “Federico II”, Napoli
G. Graziani, A. Ritieni
Dipartimento Scienza degli Alimenti, Università “Federico II”, Napoli
Riassunto
Scopo del lavoro è stato valutare
l’attività antiossidante e la conservabilità di frutti di Annurca rispetto alle cultivar Red Chief e Golden
delicious, largamente diffuse a livello internazionale. Alla raccolta e
dopo, 30 e 60 giorni di frigoconservazione a +4°C, su 30 frutti per tesi,
sono stati rilevati i seguenti parametri: consistenza della polpa, acidità
titolabile, RSR (°Brix), attività
antiossidante idrofila (AA-I) e lipofila (AA-L). L’attività antiossidante è stata valutata utilizzando due
differenti metodi: DMPD e ABTS I
frutti di Annurca si sono differenziati per una maggiore compattezza
della polpa, sia alla raccolta che
Antioxidant activity of
Annurca fruit compared to
two internationally spread
cultivars
Abstract
Antioxidant activity of molecules like vitamin C, vitamin E,
tocopherols, carotenoids and polyphenols was only recently discovered.
Other researches suggest a positive
role of these molecules which seem to
protect against cardiovascular illness and tumors. More than few
general notes, the differences in
antioxidant activity between apple
cultivars and the variation of this
activity during ripening are, till
now, unknown. The main objective
dopo la frigoconservazione, rispetto
alle cultivar Red Chief e Golden
delicious. Alla raccolta le due cultivar di Annurca si sono caratterizzate, inoltre, per una maggiore acidità ed un minor RSR, mentre, alla
fine del periodo di frigoconservazione, esse hanno unito ad una maggiore acidità dei frutti anche un
maggior RSR. Per quanto riguarda
l’attività antiossidante dei frutti, le
due cultivar di Annurca hanno
riportato, sia alla raccolta che dopo
frigoconservazione, valori di AA-I
ed AA-L nettamente superiori a
quelli delle altre cultivar. È interessante notare che l’andamento dell’attività antiossidante dei frutti di
Annurca, nel corso della conservazione, è risultato molto diverso dalle
altre due cultivar, ciò suggerisce differenze metaboliche sostanziali fra
Annurca, Red Chief e Golden delicious. L’Annurca conferma, quindi,
rispetto alle altre cultivar, sostanziali differenze per le caratteristiche
fisico-chimiche della polpa, come la
croccantezza, l’acidità e il RSR; tali
differenze perdurano anche dopo la
frigoconservazione. Le due cultivar
di Annurca mostrano interessanti
aspetti nutrizionali espressi in attività antiossidante complessiva dei
frutti; elemento che tende a valorizzare ulteriormente il prodotto campano.
of this work has been to compare the
antioxidant activity and shelf-life
of Annurca fruits with two cultivars internationally spread.
The experiment was carried out
on 1999, on the cultivars Annurca
tradizionale, Annurca Bella del
Sud, Red Chief e Golden delicious
located in two experimental fields
in Campania (Italy).
At harvest and after 30 and 60
days of cold storage at +4° C, on 30
fruits for each treatment, it has
been carried out the following measurements: flesh firmness, titratable
acidity and refractive index
(°Brix), hydrophilic and lipophilic
antioxidant activity (AA-I and
AA-L), using DMPD and ABTS
methods. Flesh firmness appeared to
be higher in Annurca fruits at harvest and after cold storage. Besides,
Annurca fruits showed a lower
refractive index and higher acidity
with respect to Red Chief and Golden delicious cultivars at harvest
time, whereas they displayed highest
acidity and refractive index at the
end of storage.
Our results indicate that fruits
of two Annurca cultivars have, at
harvest, values of antioxidant
activity (AA-I and AA-L) strongly
higher than Golden delicious. After
cold storage Annurca fruits maintained a higher lipophilic and
hydrophilic antioxidant activity
than Red Chief and Golden deli-
Parole chiave: attività antiossidante, melo, frigoconservazione.
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cious. It is interesting to notice that
pattern of antioxidant activity
during cold storage was, in Annurca, very different from other cultivars; this suggests the existence of
important metabolic differences
among Annurca, Red Chief and
Golden delicious.
Furthermore Annurca shows,
Introduzione
L’attenzione dei consumatori è
sempre più rivolta verso prodotti
orto-frutticoli che, oltre a presentare buone caratteristiche organolettiche, presentino elevate proprietà nutrizionali e salutistiche,
ritenendo l’aspetto nutrizionale un
importante fattore di qualità. Ad
un elevato consumo di prodotti
orto-frutticoli, infatti, è associata
una riduzione dei rischi di malattie
degenerative.
Per queste finalità le mele,
essendo frutti lungamente conservati, e consumati per buona parte
dell’anno, svolgono un ruolo
determinante nell’alimentazione
umana.
Di recente è stata dimostrata
l’azione antiossidante di molecole
come vitamina C, vitamina E,
tocoferoli, carotenoidi e polifenoli
(essenzialmente flavonoidi) (Halliwell, 1996; Rhodes and Price,
1998). Altri studi sperimentali,
epidemiologici e clinici, indicano
un ruolo positivo di tali molecole
nella prevenzione delle malattie
cardiovascolari e neoplastiche
(Halliwell et al., 1992; Langseth,
1995; Halliwell et al., 1995; Halliwell, 1996; Strain and Benzie,
1998; La Vecchia, 1998). I meccanismi antiossidanti in vivo sono
estremamente complessi ma è
interessante notare che alcuni
antiossidanti sono di natura idrosolubile mentre altri sono maggiormente liposolubili; questa
diversa solubilità e specificità
rispetto al mezzo è relativa in
quanto sono stati osservati numerosi fenomeni di sinergismo fra i
due gruppi.
with respect to other cultivars, differences of firmness, acidity and
refractive index of fruit flesh, which
persist after cold storage.
The two Annurca cultivars,
besides differing from Red Chief
and Golden delicious in organoleptic quality, show interesting nutritional characteristics because of the
higher antioxidant activity of fruit.
Overall the latter point increases
the value of this typical product of
Campania region.
È di fondamentale importanza
l’approfondimento delle conoscenze in merito all’attività biologica degli antiossidanti naturali,
alla loro resistenza ai trattamenti
tecnologici di trasformazione e di
conservazione degli alimenti o di
estrazione e stabilizzazione di tali
principi dalle fonti naturali. Meritano, inoltre, ulteriore attenzione
le metodiche analitiche per la
determinazione dell’attività e della
presenza di queste sostanze negli
alimenti.
La mela è ricca soprattutto in
vitamina C e sostanze di natura
polifenolica (Perring, 1993), mentre i carotenoidi sono presenti solo
in tracce (Mangels et al., 1993).
Tra i polifenoli è presente soprattutto la quercetina (Shahidi and
Wanasundara, 1992; Hertog et al.,
1992; Bravo, 1998).
Al di là di queste note generali,
restano poco conosciute le differenze di attività antiossidante fra le
cultivar, così come la variazione di
tale attività nel corso della maturazione ed in funzione dei fattori
agronomici.
L’Annurca è tra le cultivar di
melo più apprezzate in Campania
ed è soggetta ad un crescente interesse a livello nazionale per le sue
particolari caratteristiche organolettiche, che la differenziano nettamente dalle altre cultivar. Si caratterizza per una polpa croccante,
succosa e aromatica ed un rapporto zuccheri/acidi che garantisce
un gusto particolarmente armonico. Per la “melannurca campana”
è in corso di definizione la procedura per il riconoscimento del
marchio IGP. Sembra quindi importante un’ulteriore caratterizza-
zione e valorizzazione dell’Annurca, anche dal punto di vista nutrizionale, espressa come attività
antiossidante.
Nel lavoro, seguendo una linea
di ricerca che trova crescenti consensi nella letteratura internazionale, sono utilizzate, in alternativa allo
studio delle singole molecole, due
metodiche che valutano l’attività
antiossidante complessiva della matrice alimentare (Miller et al., 1995;
Cao et al., 1996; Wang et al., 1996;
Miller and Rice-Evans, 1997a e
1997b; Fogliano et al., 1999). Ciò
rende possibile una rapida valutazione del prodotto tenendo conto
anche delle interazioni fra le diverse
molecole presenti.
Obiettivo della prova è di valutare l’attività antiossidante e la
conservabilità di frutti di Annurca
a confronto con altre due cultivar
diffuse al livello internazionale.
Keywords: antioxidant activity,
apple, cold storage
Materiali e metodi
La prova è stata effettuata nel
1999 su frutti delle cultivar Annurca tradizionale, Annurca, Bella
del Sud, Red Chief e Golden delicious provenienti da due aziende
campane. I campioni sono stati
prelevati da piante in piena produzione innestate su M9 ed allevate a
palmetta libera.
Entrambi i campi erano dotati di
impianti di irrigazione e le piante
venivano regolarmente irrigate
reintegrando le perdite per evapotraspirazione.
Alla raccolta, da 20 piante per
cultivar di vigore e carica produttiva media, sono stati prelevati, dai
due lati opposti della palmetta e ad
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un’altezza di 1,5 m da terra, 200
frutti di calibro uniforme per tesi.
Tutti i frutti, dopo la raccolta,
sono stati conservati in cella frigorifera ad una temperatura di +4°C.
La prova prevedeva due diversi
confronti:
a) Annurca Bella del Sud,
Red Chief e Golden delicious
Per questo confronto, l’attività
antiossidante e le qualità organolettiche dei frutti di Annurca Bella
del Sud sono state comparate con
quelle di due cultivar internazionalmente diffuse: Red Chief e
Golden delicious. I campioni delle
tre cultivar, provenienti da un’azienda della zona di Sessa Aurunca
(CE), sono stati raccolti il 16 settembre 1999;
211
b) Annurca tradizionale
e Golden delicious
In questo caso i frutti di Annurca tradizionale sono stati posti a
confronto con quelli della cultivar
Golden delicious. I frutti provenivano da un’azienda della zona di
Fisciano (SA) e la raccolta è avvenuta il 4 ottobre 1999. I frutti di
Annurca tradizionale, dopo la rac-
Attività antiossidante idrofila (AA-I) metodo DMPD
Attività antiossidante lipofila (AA-L) metodo ABTS
Fig. 1 - Analisi fisico-chimiche dei frutti: confronto tra
Annurca Bella del Sud, Red Chief e Golden delicious.
Media ± E.S.
Fig. 2 - Attività antiossidante idrofila e lipofila dei frutti;
confronto tra Annurca Bella del Sud, Red Chief e Golden
delicious. Media ± E.S.
Fig. 1 - Chemical and physical analysis of the fruits:
comparison among Annurca Bella del Sud, Red Chief
and Golden delicious. Average ± S.E.
Fig. 2 - Hydrophilic and lipophilic antioxidant activity of
the fruits: comparison among Annurca Bella del Sud,
Red Chief and Golden delicious. Average ± S.E.
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AT T I A R S I A
colta e prima di essere conservati in
cella frigorifera, sono stati posti in
melaio, per un periodo di 15 giorni, per completare l’arrossamento.
Alla raccolta, e dopo 30 e 60
giorni di frigoconservazione, su
30 frutti per tesi, sono stati effettuati i seguenti rilievi:
• consistenza della polpa, mediante penetrometro manuale EFFE-
GI, munito di puntale da 8 mm;
• acidità della polpa, mediante
titolazione con NaOH 0,1N;
• residuo secco rifrattometrico
(RSR), espresso in °Brix;
• attività antiossidante idrofila
(AA-I) e lipofila (AA-L), mediante i metodi DMPD e ABTS.
Le rispettive metodologie sono
riportate in Appendice.
Risultati e discussione
Confronto fra Annurca
Bella del Sud, Red Chief
e Golden delicious
Dai dati rilevati risultano differenze significative tra le cultivar,
sia per l’evoluzione delle caratteristiche organolettiche dei frutti
durante la conservazione che per il
Attività antiossidante idrofila (AA-I) metodo DMPD
Attività antiossidante lipofila (AA-L) metodo ABTS
Fig. 3 - Analisi fisico-chimiche dei frutti: confronto tra
Annurca tradizionale e Golden delicious. Media ± E.S.
Fig. 3 - Chemical and physical analysis of the fruits:
comparison among Annurca traditional and Golden
delicious. Average ± S.E.
Fig. 4 - Attività antiossidante idrofila e lipofila dei frutti;
confronto tra Annurca tradizionale e Golden delicious.
Media ± E.S.
Fig. 4 - Hydrophilic and lipophilic antioxidant activity of
the fruits: comparison among Annurca traditional and
Golden delicious. Average ± S.E.
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contenuto in antiossidanti.
I frutti di Annurca si sono differenziati per una maggiore compattezza della polpa, sia alla raccolta
che dopo frigoconservazione. Durante la conservazione la durezza
dei frutti si è ridotta marcatamente per tutte le cultivar, ma tendenzialmente più nella Red Chief
(–43%) e nella Golden delicious
(–45%)
rispetto
all’Annurca
(–36,1%) (fig. 1).
Alla raccolta l’Annurca si è caratterizzata per una maggiore acidità
(8,7 g/l ac. malico) ed un minor
RSR (11,6°Brix) rispetto alle cv
Red Chief (14,2°Brix e 2,3 g/l ac.
malico) e Golden delicious (13,6
°Brix e 2,3 g/l ac. malico), questo
in accordo con le caratteristiche
organolettiche di ciascuna cultivar
(fig. 1).
Durante la conservazione per
l’Annurca si è registrata una progressiva diminuzione dell’acidità,
mentre nelle Golden delicious e
Red Chief è rimasta pressoché
invariata. Il residuo secco rifrattometrico, invece, è aumentato nei
frutti di Annurca (13,8°Brix a +60
giorni), a causa dell’idrolisi dell’amido in zuccheri semplici. Nei
frutti delle altre due cultivar, invece, si è notata una riduzione:
12,7°Brix per la Golden delicious
e 11,5°Brix per la Red Chief a +60
giorni. Di conseguenza, alla fine
del periodo di conservazione, i
frutti di Annurca hanno presentato una maggiore acidità ed un
maggior RSR rispetto a Red Chief
e Golden delicious (fig. 1).
Per quanto riguarda la misura
dell’attività antiossidante, effettuata separatamente per la frazione
idrofila (AA-I) e quella lipofila
(AA-L), le cultivar hanno presentato un comportamento differente
(fig. 2).
Al momento della raccolta l’attività antiossidante dei frutti di
Annurca Bella del Sud è risultata
la più elevata: AA-I (0,16 µg ac.
ascorbico equiv/g p.f.) e AA-L
(0,16 µg BHT equiv./g p.f.). Per
l’AA-I, le differenze con la Red
Chief e la Golden delicious sono
state rispettivamente del +40 e
+29%.
Per quanto riguarda l’AA-L,
l’Annurca ha presentato alla raccolta valori molto simili alla Red
Chief, la Golden, invece, ha riportato dei valori più bassi.
Interessanti sono state le variazioni durante la frigoconservazione. Nei frutti di Annurca Bella del
Sud l’AA-I è aumentata leggermente durante le prime fasi della
frigoconservazione per poi diminuire a 60 giorni; l’incremento
dell’AA-L è stato invece lineare nel
tempo (r = 0,89; p = 0,00001).
Per la Red Chief i valori di AA-I
e di AA-L sono rimasti pressoché
stabili durante la frigoconservazione. Nel caso della Golden delicious, invece, l’AA-L ha mostrato
un incremento simile a quello dell’Annurca (da 0,077 ± 0,008 a
0,199 ± 0,009 µg BHT equivalenti/g p.f.), mentre le variazioni dell’AA-I sono state pressoché nulle.
È chiaro, quindi, che in queste due
cultivar di melo, vi è una diversa
sintesi delle molecole antiossidanti, e che il loro metabolismo durante la frigoconservazione risulta
del tutto distinto da quello dell’Annurca.
Anche al termine dei 60 giorni
di frigoconservazione, i frutti dell’Annurca Bella del Sud hanno
presentato l’attività antiossidante
più elevata (AA-I 0,17 µg ac.
ascorbico equiv./g p.f.; AA-L:
0,27 µg BHT equiv./g p.f.) e la
Red Chief quella più bassa (AA-I:
0,08 µg ac. ascorbico equiv./g
p.f.; AA-L: 0,18 µg BHT equiv./g
p.f.), sia per la frazione idrofila che
per quella lipofila. Valori intermedi, ma molto vicini a quelli della
Red Chief, si sono riscontrati nelle
Golden delicious (AA-I: 0,09 µg
ac. ascorbico equiv./g p.f.; AA-L:
0,19 µg BHT equiv./g p.f.).
Risultano, quindi, evidenti differenze fra l’Annurca e le altre due
cultivar sia per i parametri chimico-fisici che per l’attività antiossidante. In particolare, per quanto
riguarda l’attività antiossidante,
bisogna sottolineare i valori nettamente più alti dell’Annurca rispetto a Red Chief e Golden delicious,
sia alla raccolta che dopo frigoconservazione.
213
Confronto fra Annurca
tradizionale e Golden delicious
Anche per il confronto fra
Annurca tradizionale e Golden
delicious si sono evidenziate interessanti differenze fra le cultivar.
I frutti di Annurca tradizionale
hanno mostrato una durezza della
polpa maggiore rispetto alla Golden, alla raccolta (6,7 kg/0,5 cm2
contro 3,4 kg/0,5 cm2) e dopo 60
giorni di conservazione (3,9
kg/0,5 cm2 contro 2,5 kg/0,5
cm2). Tuttavia, è stata registrata
una notevole diminuzione della
consistenza dei frutti di Annurca al
termine della permanenza in
melaio (–3,8%). I frutti di Golden
delicious hanno presentato, alla
raccolta, un RSR (13,2°Brix) leggermente superiore a quello dell’Annurca (12,5°Brix). Durante la
conservazione i valori di RSR della
Golden non si sono modificati
sostanzialmente mentre quelli dell’Annurca hanno presentato un
netto incremento (+18%).
L’acidità della polpa è risultata,
alla raccolta e dopo 60 giorni di
conservazione, maggiore nell’Annurca rispetto alla Golden: 9,01
contro 3,27 g/l di ac. malico alla
raccolta e 4,8 e 2,5 g/l dopo conservazione.
I dati sono in accordo con quanto descritto da Forlani e Di Vaio
(1995) che hanno riscontrato, per
l’Annurca tradizionale, una riduzione della compattezza della
polpa e dell’acidità titolabile e un
aumento del RSR durante la conservazione, in particolare, durante
il periodo di permanenza in
melaio.
Per quanto riguarda l’attività
antiossidante anche l’Annurca tradizionale, come già la Bella del
Sud, evidenzia, alla raccolta, valori
di AA-I ed AA-L nettamente superiori a quelli della Golden delicious (+125% e +62% rispettivamente).
Durante la conservazione si è
registrato un incremento dell’AAL, sia per l’Annurca tradizionale
che per la Golden. Nel caso dell’AA-I, invece, si è avuto per l’Annurca, un decremento dei valori di
attività antiossidante durante il
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AT T I A R S I A
periodo di conservazione, mentre i
valori della Golden sono rimasti
invariati.
Dopo la permanenza in frigorifero, l’Annurca conserva un’attività antiossidante idrofila (3,1 µg
equiv. ac. ascorbico/g p.f.) e lipofila (24,5 µg equiv. BHT/g p.f.)
superiore alla Golden delicious
(AA-I 2,0 µg equiv. ac. ascorbico/g p.f; AA-L 16,2 µg equiv.
BHT/g p.f.).
Anche in questo caso si può
notare un comportamento nettamente differente tra Annurca e
Golden delicious, sia in relazione ai
parametri chimico-fisici che per
l’andamento dell’attività antiossidante durante la conservazione.
Anche l’Annurca tradizionale, come già la Bella del Sud, si è distinta, nei confronti della Golden delicious, per una maggiore attività antiossidante alla raccolta e dopo 60
giorni di frigoconservazione.
Appendice
Metodiche per la determinazione dell’attività antiossidante
Preparazione del campione
I campioni, dopo l’eliminazione
dell’epicarpo, sono stati sottoposti
a un protocollo standard di preparazione, centrifugando un grammo di ogni campione con 5 ml di
acqua distillata a 4° a 4000 rpm
per 5 minuti e raccogliendo il
sovranatante che costituiva l’estratto acquoso contenente i principi antiossidanti idrofili.
Al pellet venivano aggiunti 5 ml
di acetone e si procedeva ad una
nuova centrifugazione a 4°C e a
4000 rpm per 5 minuti. Il sovranatante, in questo caso, costituiva
l’estratto acetonico contenente i
principi antiossidanti lipofili.
Metodo DMPD
Il metodo DMPD (Fogliano et
al., 1999) si basa su un composto
(4-amino-N,N-dimethylaniline
dihydrochloride) che non mostra
alcun picco di assorbimento spet-
Conclusioni
Dall’analisi dei parametri fisicochimici della polpa, la mela Annurca conferma le sue particolari
caratteristiche organolettiche, discostandosi nettamente dal panorama varietale più conosciuto.
Sono da sottolineare le differenze
di croccantezza, acidità e RSR
della polpa, tanto da determinare
il tipico gusto dell’Annurca. In
accordo con altre prove, tali differenze perdurano anche dopo la frigoconservazione.
Circa l’attività antiossidante dei
frutti, le cultivar di melo saggiate
mostrano differenze significative.
Tale attività è maggiore nelle mele
Annurca che in quelle delle cv Red
Chief e Golden delicious, sia alla
raccolta che dopo 60 giorni di frigoconservazione. Le due cultivar
di Annurca presentano, infatti, una
concentrazione in antiossidanti
nettamente più alta, in particolar
modo per l’AA-L.
trofotometrico nel campo del visibile mentre assume una intensa
colorazione rossa in ambiente
acido ed in presenza di un opportuno agente ossidante. Tale reazione è schematizzata come segue:
DMPD + H3O+ → DMPD+
DMPD++OSSIDANTE → DMPD+•
L’Annurca, quindi, oltre a differenziarsi fra le cultivar in commercio per le caratteristiche organolettiche, mostra interessanti aspetti
nutrizionali espressi come attività
antiossidante complessiva dei frutti;
elemento che tende a valorizzare
ulteriormente il prodotto campano.
L’andamento dell’attività antiossidante e dei principali parametri
chimico-fisici durante un medio
periodo di frigoconservazione (60
giorni) suggerisce differenze metaboliche sostanziali fra Annurca,
Red Chief e Golden delicious.
La determinazione dell’attività
antiossidante complessiva della
matrice alimentare definisce
un’importante caratteristica dei
frutti. Tuttavia, soltanto la determinazione delle concentrazioni
delle singole molecole antiossidanti potrà fornire informazioni più
approfondite su quanto avviene
durante la frigoconservazione e
sulle differenze fra le diverse cultivar di melo.
dicalico si sposta ad arricchire l’equilibrio nella forma cationica
“decolorata” proporzionalmente
all’attività antiossidante del campione testato:
DMPD+• + antiossidante →
→ DMPD+ + antiossidante•
Metodo ABTS
Il catione radicalico DMPD+• è
fortemente colorato in rosso carminio, con un caratteristico picco
di assorbimento massimo al valore
di 505 nm ed un corrispondente
εmax di 8,53 in tampone acetato a
pH 5,25. La variazione del rapporto quantitativo delle specie chimiche presenti all’equilibrio DMPD+
/DMPD+• può essere utilizzato per
valutare l’attività antiossidante. La
presenza di antiossidanti modifica
il rapporto a favore della specie
incolore (DMPD+) per la loro capacità di funzionare da molecole
“trapping” degli elettroni liberati
dal catione radicalico DMPD+ che si
trasforma nella specie cationica
DMPD+. In tal caso l’equilibrio
della reazione catione/catione ra-
Il metodo ABTS deriva sperimentalmente dal metodo di Miller et
al. (1995), ma non utilizza la metmioglobina quale molecola di caricamento del cromogeno e non fa
uso di perossido di idrogeno quale
agente donatore di elettroni. Inoltre, si è ottenuta una maggiore
riproducibilità dei risultati sostituendo la soluzione di perossido
di idrogeno con una soluzione di
cloruro ferrico.
Il metodo ABTS valuta la formazione di un composto colorato il
cui massimo di assorbanza è a 734
nm con εmax di 18 in metanolo assoluto. Il meccanismo di funzionamento dell’ ABTS quale cromogeno
è del tutto simile a quello descritto
precedentemente per il DMPD.
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and in vivo: what they do and how
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HERTOG M.G.L., HOLLIMAN P.C.H.,
KATAN M.B. (1992) - Content of
potentially anticarcinogenic flavonoids of 28 vegetables and 9 fruits
commonly consumed in the Nederlands. J. Agric. Food Chem. 40:
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LA VECCHIA C. (1998) - Mediterranean epidemiological evidence on
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antioxidants. ILSI Europe Concise
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MILLER J.N., DIPLOCK A.T., RICEEVANS C.A. (1995) - Evaluation of
the total antioxidant activity as a
marker of the deterioration of apple
juice on storage. J. Agric. Food
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MILLER J.N., RICE-EVANS C.A.
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antioxidant activity determined by
the ABTS radical cation assay. Free
Radical Res. 26: 195-199.
MILLER J.N., RICE-EVANS C.A.
(1997b) - The relative contributions
215
of ascorbic acid and phenolic antioxidants to the total antioxidant activity of orange and apple fruit juices
and blackcurrant drink. Food
Chem. 60: 331-337.
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- Total antioxidant capacity of fruits.
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Arsia ATTI 7 Raccolta
4-06-2002 12:46 Pagina 217
Elenco dei partecipanti al workshop
Accati, Elena
Dipartimento di Agronomia,
Selvicoltura e Gestione del Territorio
Università di Torino
via Leonardo da Vinci, 44
10095 Grugliasco (TO)
email: [email protected]
Agabbio, Mario
Istituto per la Fisiologia della
Maturazione e della Conservazione
del Frutto delle Specie Arboree
Mediterranee del CNR
via dei Mille, 48 - 07100 Sassari
Allavena, A.
Istituto Sperimentale per la Floricoltura
c.so Inglesi 508 - 18038 Sanremo (IM)
tel. 0184 667251 fax 0184 695072
Alpi, Amedeo
Dipartimento di Biologia
delle Piante Agrarie, Università di Pisa
via Mariscoglio, 17 - 56123 Pisa
Andreotti, Carlo
Dipartimento di Colture Arboree
Università di Bologna
via Filippo Re, 6 - 40100 Bologna
Andrich, Gianpaolo
Dipartimento di Chimica e Biotecnologie
Agrarie, Università di Pisa
via del Borghetto 80 - 56124 Pisa
tel. 050 576049 fax 050 574235
email: [email protected]
Balzini, Sabrina
Dipartimento di Chimica e Biotecnologie
Agrarie, Università di Pisa
via del Borghetto 80 - 56124 Pisa
tel. 050 576049 fax 050 574235
Bartolini, P.
CRIOF
via Filippo Re, 6 - 40100 Bologna
Bartolini, S.
Scuola Superiore di Studi Universitari
e di Perfezionamento “Sant’Anna”
via Carducci, 40 - 56127 Pisa
tel. 050 883441 fax 050 883215
email: [email protected]
Bazzanti, Natale
ARSIA Regione Toscana,
via Pietrapiana, 30 - 50121 Firenze
tel. 055 27551 fax 055 2755216/231
email: [email protected]
Brazzoli, Matteo
SIRAP-GEMA, via Industriale, 1/3
25028 Verolanuova (BS)
tel. 030 9368434 fax 030 9368404
email: [email protected]
Battistel, P.
CERES srl
via Fasan, 19 - 33077 Sacile (PN)
tel. 0434 781648 fax 0434 781648
email: [email protected]
Bruna, Simona
Istituto Sperimentale per la Floricoltura
c.so Inglesi 508 - 18038 Sanremo (IM)
tel. 0184 667251 fax 0184 695072
email: [email protected]
Bennett, A.
Department of Vegetable Crops
University of California, Davis (USA)
Buccheri, Marina
Dipartimento di Arboricoltura Botanica
e Patologia Vegetale
Università di Napoli
via Università, 100 - 80055 Portici (NA)
tel. 081 7755141
email: [email protected]
Bianchini, Cesare
Istituto Sperimentale per la Floricoltura
c.so Inglesi 508 - 18038 Sanremo (IM)
tel. 0184 667251 fax 0184 695072
Blando, Federica
Istituto di Ricerca sulle Biotecnologie
Agroalimentari, CNR
via prov.le Lecce-Monteroni,
73100 Lecce
email: [email protected]
Bonghi, Claudio
Dipartimento di Agronomia Ambientale
e Produzioni Vegetali
via Romea, 11 - 35020 Padova
Botondi, R.
Istituto di Tecnologie Agroalimentari
Facoltà di Agraria, Università della Tuscia
via S. Camillo de Lellis - 01100 Viterbo
Botton, Alessandro
Dipartimento di Agronomia
Ambientale e Produzioni Vegetali
via Romea, 11 - 35020 Padova
Brambilla, A.
IVTPA - Istituto Sperimentale
per la Valorizzazione Tecnologica
dei Prodotti Agricoli
via Venezian, 26 - 20133 Milano
tel. 02 239 557 206 fax 02 236 5377
Buglia, Luca
Fruit Control Equipment srl
via Copernico, 54
20090 Trezzano sul Naviglio (MI)
tel. 02 48402536 fax 02 48402558
email: [email protected]
Burchi, Gianluca
Istituto Sperimentale per la Floricoltura
c.so Inglesi, 508 - 18038 Sanremo (IM)
tel. 0184 667251 fax 0184 695072
email: [email protected]
Cambiaghi, Paola
IVTPA - Istituto Sperimentale
per la Valorizzazione Tecnologica
dei Prodotti Agricoli
via Venezian, 26 - 20133 Milano
tel. 02 239 557 206 fax 02 236 5377
Carrai, Claudio
ARSIA Regione Toscana
via Roma, 3 - 56126 Pisa
tel. 050 8006202 fax 050 8006206
email: [email protected]
Celano, G.
Dipartimento Produzione Vegetale
Università della Basilicata
via N. Sauro, 85 - 85100 Potenza
Arsia ATTI 7 Raccolta
218
4-06-2002 12:46 Pagina 218
AT T I A R S I A
Cocucci, Maurizio
Dipartimento Produzioni Vegetali
Università di Milano
via Celoria, 2 - 20133 Milano
De Santis, Diana
Istituto di Tecnologie Agroalimentari
Facoltà di Agraria, Università della Tuscia
via S. Camillo de Lellis - 01100 Viterbo
Costa, Guglielmo
Dipartimento di Colture Arboree
Università di Bologna
via Filippo Re, 6 - 40100 Bologna
email: [email protected]
Devecchi, Marco
Dipartimento di Agronomia
Selvicoltura e Gestione del Territorio
Università di Torino
via Leonardo da Vinci, 44
10095 Grugliasco (TO)
D’Antuono, Luigi Filippo
Dipartimento di Scienze
e Tecnologie Agroambientali
via Filippo Re, 6 - 40100 Bologna
email: [email protected]
D’Aquino, Salvatore
Istituto per la Fisiologia della
Maturazione e della Conservazione
del Frutto delle Specie Arboree
Mediterranee del CNR
via dei Mille, 48 - 07100 Sassari
email: [email protected]
D’hallewin, Guy
Istituto per la Fisiologia della
Maturazione e della Conservazione
del Frutto delle Specie Arboree
Mediterranee del CNR
via dei Mille, 48 - 07100 Sassari
De Benedetti, Laura
Istituto Sperimentale per la Floricoltura
c.so Inglesi 508 - 18038 Sanremo (IM)
tel. 0184 667251 fax 0184 695072
email: [email protected]
De Cicco, Vincenzo
Dipartimento di Scienze Animali
Vegetali e dell’Ambiente
Università degli Studi del Molise
via F. De Sanctis - 86100 Campobasso
tel. 0874 404698 fax 0874 404678
De Curtis, Filippo
Dipartimento di Scienze Animali
Vegetali e dell’Ambiente
Università degli Studi del Molise
via F. De Sanctis - 86100 Campobasso
tel. 0874 404698 fax 0874 404678
De Pascale, Stefania
Dipartimento di Ingegneria agraria
e Agronomia del territorio
Università di Napoli
via Università, 100 - 80055 Portici (NA)
email: [email protected]
Degasperi, Sandra
Centro di Sperimentazione Agraria e
Forestale Laimburg - 39040 Ora (BZ)
Di Martino Aleppo, E.
Ist. Sperimentale per l’Agrumicoltura
c.so Savoia, 190 - 95024 Acireale (CT)
tel. 095 7653127-28-29 fax 095 7653113
Di Natale, Corrado
Dipartimento di Ingegneria Elettronica
via di Tor Vergata, 110 - 00133 Roma
tel. 06 7259 7348 fax 06 2020 519
email: [email protected]
Di Vaio, C.
Dipartimento di Arboricoltura Botanica
e Patologia Vegetale
via Università, 100 - 80055 Portici (NA)
tel. 081 7755141
Eccher Zerbini, Paola
IVTPA - Istituto Sperimentale
per la Valorizzazione Tecnologica
dei Prodotti Agricoli
via Venezian, 26 - 20133 Milano
tel. 02 239 557 206 fax 02 236 5377
email: [email protected]
Forniti, R.
Istituto di Tecnologie Agroalimentari
Facoltà di Agraria, Università della Tuscia
via S. Camillo de Lellis - 01100 Viterbo
tel. 0761 357494 fax 0761 357498
Francesconi, A.H.D.
Dipartimento di Economia e Sistemi
Arborei, Università di Sassari
via E. De Nicola, 9 - 07100 Sassari
fax 079 229337
Gerardi, Carmela
Istituto di Ricerca sulle Biotecnologie
Agroalimentari, CNR
via prov.le Lecce-Monteroni
73100 Lecce
Garavaglia, L.
SIRAP-GEMA, via Industriale, 1/3
25028 Verolanuova (BS)
tel. 030 9368434 fax 030/9368404
Giacalone, G.
Dipartimento Colture Arboree
Università di Torino
via Leonardo da Vinci, 44
10195 Grugliasco (TO)
tel. 011 6708660 fax 011 6708658
email: [email protected]
Giovannini, Annalisa
Istituto Sperimentale per la Floricoltura
c.so Inglesi 508 - 18038 Sanremo (IM)
tel. 0184 667251 fax 0184 695072
email: [email protected]
Fava, Patrizia
DISTAM, Università di Milano
via Celoria, 2 - 20133 Milano
tel. 02 2663194 fax 02 2361576
email: [email protected]
Graifenberg, Alberto
Dipartimento di Biologia
delle Piante Agrarie, Università di Pisa
v.le delle Piagge, 23 - 56123 Pisa
tel. 050 945511 fax 050 945524
Ferrante, Antonio
Scuola Superiore di Studi Universitari
e di Perfezionamento “Sant’Anna”
via Carducci, 40 - 56127 Pisa
tel. 050 883441 / 347 9231301
email: [email protected]
Grassi, M.
IVTPA - Istituto Sperimentale
per la Valorizzazione Tecnologica
dei Prodotti Agricoli
via Venezian, 26 - 20133 Milano
tel. 02 239557206 fax 02 2365377
Fiala, Marco
Istituto di Ingegneria Agraria
Università di Milano
via Celoria, 2 - 20133 Milano
email: [email protected]
Graziani, G.
Dipartimento Scienza degli Alimenti
Università di Napoli
via Università, 100 - 80055 Portici (NA)
Fiorentini, Roberto
Dipartimento di Chimica
e Biotecnologie Agrarie
Università di Pisa
via del Borghetto 80 - 56124 Pisa
tel. 050.576049 fax 050 574235
Fiori, Giovanni
Dipartimento di Colture Arboree
Università di Bologna
via Filippo Re, 6 - 40100 Bologna
Guidetti, Riccardo
Istituto di Ingegneria Agraria
Università di Milano
via Celoria 2 - 20133 Milano
Guizzardi, Monica
Apo Conerpo
via Tosarelli, 155
40050 Villanova di C. (BO)
Arsia ATTI 7 Raccolta
4-06-2002 12:46 Pagina 219
T E C N I C H E P O S T R A C C O LTA D E I P R O D O T T I O R T O F L O R O F R U T T I C O L I
Hunter, Donald Alexander
Department Environmental Horticulture
University of California, Davis
One Schields Avenue, 95616 Davis (USA)
tel. +1 530 752 0480
email: [email protected]
Lanza, Giacomo
Ist. Sperimentale per l’Agrumicoltura
c.so Savoia, 190 - 95024 Acireale (CT)
tel. 095 7653127-28-29 fax 095 7653113
email: [email protected]
Lima, Giuseppe
Dipartimento di Scienze Animali,
Vegetali e dell’Ambiente
Università degli Studi del Molise
via F. De Sanctis - 86100 Campobasso
tel. 0874 404698 fax 0874 404678
email: [email protected]
Lindner, Luis
Centro di Sperimentazione Agraria e
Forestale Laimburg - 39040 Ora (BZ)
Lucarelli, Giuseppe
Dipartimento di Produzione Vegetale,
via N. Sauro, 85 - 85100 Potenza
Lucchesini, Mariella
Scuola Superiore di Studi Universitari
e di Perfezionamento “Sant’Anna”
via Carducci, 40 - 56127 Pisa
tel. 050 883441
email: [email protected]
Marschall, Klaus
Centro di Sperimentazione Agraria
e Forestale Laimburg - 39040 Ora (BZ)
Martinelli, E.
Dipartimento di Ingegneria Elettronica
via di Tor Vergata, 110 - 00133 Roma
Minnocci, A.
Scuola Superiore di Studi Universitari
e di Perfezionamento “Sant’Anna”
via Carducci, 40 - 56127 Pisa
tel. 050 883314 fax 050 883215
email: [email protected]
Massantini, Riccardo
Istituto di Tecnologie Agroalimentari
Facoltà di Agraria, Università della Tuscia
via S. Camillo de Lellis - 01100 Viterbo
tel. 0761 357494 fax 0761 357498
Mirò, R.
Institut de Rècerca i Técnologia
Agroalimentàires,
Alcalde Rovira Roure, 177
25198 Lleida (Spagna)
Mattè, Pierluigi
Fruit Control Equipment srl
via Copernico, 54
20090 Trezzano sul Naviglio (MI)
tel. 02 48402536 fax 02 48402558
email: [email protected]
Miserocchi, Orazio
Dipartimento di Colture Arboree
Università di Bologna
via Filippo Re, 6 - 40100 Bologna
Maturi, Teresa
Dipartimento di Ingegneria agraria
e Agronomia del territorio
Università di Napoli
via Università, 100 - 80055 Portici (NA)
Macagnano, Antonella
Dipartimento di Ingegneria Elettronica
via di Tor Vergata, 110 - 00133 Roma
Malorgio, Fernando
Dipartimento di Biologia
delle Piante Agrarie, Università di Pisa
v.le delle Piagge, 23 - 56123 Pisa
tel. 050 945518 fax 050 945524
email: [email protected]
Menesatti, Paolo
Istituto Sperimentale
per la Meccanizzazione Agricola
via della Pascolare, 16
00016 Monterotondo (Roma)
email: [email protected]
Mammuccini, Maria Grazia
ARSIA Regione Toscana
via Pietrapiana, 30 - 50121 Firenze
tel. 055 27551 fax 055 2755216/231
Mensuali Sodi, Anna
Scuola Superiore di Studi Universitari
e di Perfezionamento “Sant’Anna”
via Carducci, 40 - 56127 Pisa
tel. 050 883441
email: [email protected]
Marcheselli, Roberto
SACMI Imola
via Selice provinciale 17/A
40026 Imola (BO)
Mignani, Ilaria
Dipartimento di Produzione Vegetale
Sezione di Coltivazioni Arboree
via Celoria, 2 - 20133 Milano
tel. 02 70600165 fax 02 2365302
email: [email protected]
Mascarello, C.
Istituto Sperimentale per la Floricoltura
c.so Inglesi, 508 - 18038 Sanremo (IM)
tel. 0184 667251 fax 0184 695072
email: [email protected]
Mencarelli, Fabio
Istituto di Tecnologie Agroalimentari
Facoltà di Agraria, Università della Tuscia
via S. Camillo de Lellis - 01100 Viterbo
tel. 0761 357494 fax 0761 357498
email: [email protected]
Marceddu, S.
Istituto per la Fisiologia della
Maturazione e della Conservazione
del Frutto delle Specie Arboree
Mediterranee del CNR
via dei Mille, 48 - 07100 Sassari
219
Mercuri, Antonio
Istituto Sperimentale per la Floricoltura
c.so Inglesi, 508 - 18038 Sanremo (IM)
tel. 0184 667251 fax 0184 695072
email: [email protected]
Miccolis, Vito
Dipartimento di Produzione Vegetale
via N. Sauro, 85 - 85100 Potenza
email: [email protected]
Montefiori, Mirco
Dipartimento di Colture Arboree
via Filippo Re, 6 - 40100 Bologna
Morgutti, Silvia
Dipartimento di Produzioni Vegetali
via Celoria, 2 - 20133 Milano
Mostardini, Francesca
DISTAM, Università di Milano
via Celoria, 2 - 20133 Milano
tel. 02 2663194 fax 02 2361576
Mulas M.,
Dipartimento di Economia e Sistemi
Arborei, Università di Sassari
via E. De Nicola, 9 - 07100 Sassari
fax 079 229337
email: [email protected]
Negrini, Noemi
Dipartimento di Produzioni Vegetali
Università di Milano
via Celoria, 2 - 20133 Milano
email: [email protected]
Neri, R.
Dipartimento di Scienze e Tecnologie
Agroambientali
via Filippo Re, 6 - 40100 Bologna
Nesi, Beatrice
Istituto Sperimentale
per la Floricoltura S.o.p. di Pescia
via dei Fiori, 8. - 51017 Pescia (PT)
Noferini, Massimo
Dipartimento di Colture Arboree
via Filippo Re, 6 - 40100 Bologna
Arsia ATTI 7 Raccolta
220
4-06-2002 12:46 Pagina 220
AT T I A R S I A
Oberti, Roberto
Istituto di Ingegneria Agraria
Università di Milano
via Celoria, 2 - 20133 Milano
Oggiano, Nella
ARSIA Regione Toscana
via Roma, 3 - 56126 Pisa
email: [email protected]
Paciello, F.
Dipartimento Colture Arboree
Università di Torino
via Leonardo da Vinci, 44
10195 Grugliasco (TO)
tel. 011 6708660 fax 011 6708658
Paglia, Graziella
Istituto Sperimentale
per la Meccanizzazione Agricola
via della Pascolare, 16
00016 Monterotondo (Roma)
Parrinello, Fiorenzo
SACMI Imola,
via Selice provinciale 17/A
40026 Imola (BO)
Peano, C.
Dipartimento Colture Arboree
via Leonardo da Vinci, 44
10195 Grugliasco (TO)
tel. 011 6708660 fax 011 6708658
email: [email protected]
Perinu, B.
Dipartimento di Economia e Sistemi
Arborei, Università di Sassari
via E. De Nicola, 9 - 07100 Sassari
fax 079 229337
Pernter, Paul
Centro di Consulenza
per la Fruttiviticoltura dell’Alto Adige
39100 Lana (BZ)
Piergiovanni, Luciano
DISTAM, Università di Milano
via Celoria, 2 - 20133 Milano
tel. 02 2663194 fax 02 2361576
email: [email protected]
Piga, A.
Istituto per la Fisiologia della
Maturazione e della Conservazione
del Frutto delle Specie Arboree
Mediterranee del CNR
Località Palloni, Nuraxinieddu
09170 Oristano
tel. 0783 33224 fax 0783 33959
Quinto, Giovanni Rocco
Dipartimento di Produzione Vegetale
via N. Sauro, 85 - 85100 Potenza
Reid, Michael Stuart
Department Environmental Horticulture
University of California, Davis
One Schield Avenue, 95616 Davis (USA)
tel. +1 530 754 6751 fax +1 530 754 6753
email: [email protected]
Regiroli, Giovanni
Rohm and Haas Italia srl,
via della Filanda - 20060 Gessate (MI)
tel. 02 952501 fax 02 95250389
email: [email protected]
Ritieni, A.
Dipartimento Scienza degli Alimenti
Università di Napoli
via Università, 100 - 80055 Portici (NA)
Rizzolo, A.
IVTPA - Istituto Sperimentale
per la Valorizzazione Tecnologica
dei Prodotti Agricoli
via Venezian, 26 - 20133 Milano
tel. 02 239557203 fax 02 2365377
email: [email protected]
Sisler, Edward C.
Department of Molecular and Structural
Biochemistry, North Carolina State
University, Raleigh (Usa)
Solaini, Silvia
Istituto Sperimentale
per la Meccanizzazione Agricola
via della Pascolare, 16
00016 Monterotondo (Roma)
Sperduti, Marzia
Istituto Sperimentale
per la Meccanizzazione Agricola
via della Pascolare, 16
00016 Monterotondo (Roma)
Spimpolo, Tania
Sacmi Imola
via Selice provinciale 17/A
40026 Imola (BO)
Stainer, Reinhold
Centro di Sperimentazione Agraria e
Forestale Laimburg - 39040 Ora (BZ)
Santino, Angelo
Istituto di Ricerca sulle Biotecnologie
Agroalimentari, CNR
via prov.le Lecce-Monteroni
73100 Lecce
Strano, M.C.
Ist. Sperimentale per l’Agrumicoltura
c.so Savoia, 190 - 95024 Acireale (CT)
tel. 095 7653127-28-29 fax 095 7653113
email: [email protected]
Schirra, M.
Istituto per la Fisiologia della
Maturazione e della Conservazione
del Frutto delle Specie Arboree
Mediterranee del CNR
Località Palloni, Nuraxinieddu
09170 Oristano
tel. 0783 33224 fax 0783 33959
email: [email protected]
Tonutti, Pietro
Dipartimento di Agronomia
Ambientale e Produzioni Vegetali
via Romea, 11 - 35020 Padova
email: [email protected]
Schiva, Tito
Istituto Sperimentale per la Floricoltura
c.so Inglesi, 508 - 18038 Sanremo (IM)
tel. 0184 667251 fax 0184 695072
email: [email protected]
Sebastiani, Luca
Scuola Superiore di Studi Universitari
e di Perfezionamento “Sant’Anna”
via Carducci, 40 - 56127 Pisa
tel. 050 883443
email: [email protected]
Serek, Margrethe
Department of Horticulture,
Inst. of Floriculture, Tree Nursery
Science and Plant Breeding
University of Hannover (Germania)
Serra, Giovanni
Scuola Superiore di Studi Universitari
e di Perfezionamento “Sant’Anna”
via Carducci, 40 - 56127 Pisa
tel. 050 883314 fax 050 883215
email: [email protected]
Tognoni, Franco
Dipartimento di Biologia
delle Piante Agrarie, Università di Pisa
v.le delle Piagge, 23 - 56123 Pisa
tel. 0505 945511 fax 050 945524
email: [email protected]
Uniformi, Mauro
Istituto Sperimentale
per la Meccanizzazione Agricola
via della Pascolare, 16
00016 Monterotondo (Roma)
Vanadia, Sebastiano
Dipartimento di Produzione Vegetale
via N. Sauro, 85 - 85100 Potenza
Venturi, Francesca
Dipartimento di Chimica
e Biotecnologie Agrarie
Università di Pisa
via del Borghetto, 80 - 56124 Pisa
tel. 050 576049 fax 050 574235
email: [email protected]
Arsia ATTI 7 Raccolta
4-06-2002 12:46 Pagina 221
T E C N I C H E P O S T R A C C O LTA D E I P R O D O T T I O R T O F L O R O F R U T T I C O L I
Vernieri, Paolo
Dipartimento di Biologia
delle Piante Agrarie, Università di Pisa
v.le delle Piagge, 23 - 56123 Pisa
tel. 050 945511 fax 050 945524
email: [email protected]
Viscardi, Salvatore
Dipartimento di Ingegneria agraria
e Agronomia del territorio
Università di Napoli
via Università, 100 - 80055 Portici (NA)
Vitagliano, Claudio
Scuola Superiore di Studi Universitari
e di Perfezionamento “Sant’Anna”
via Carducci, 40 - 56127 Pisa
tel. 050 883314 fax 050 883215
email: [email protected]
Zacheo, Giuseppe
Istituto di Ricerca sulle Biotecnologie
Agroalimentari, CNR
via prov.le Lecce-Monteroni
73100 Lecce
Zanella, Angelo
Centro di Sperimentazione Agraria
e Forestale Laimburg - 39040 Ora (BZ)
Zanol Geni
Scuola Superiore di Studi Universitari
e di Perfezionamento “Sant’Anna”
via Carducci, 40 - 56127 Pisa
tel. 050 883314 fax 050 883215
email: [email protected]
221
Zinnai, Angela
Dipartimento di Chimica
e Biotecnologie Agrarie
Università di Pisa
via del Borghetto 80 - 56124 Pisa
tel. 050 576049 fax 050 574235
Zoina, Astolfo
Dipartimento di Arboricoltura, Botanica
e Patologia Vegetale
Università di Napoli
via Università 100 - 80055 Portici (NA)
Zude-Sasse, Manuela
Institut für Agrartechnik Bornim,
Potsdam (Germania)
Arsia ATTI 7 Raccolta
4-06-2002 12:46 Pagina 223
Indice degli Autori
Agabbio, M.
Aiello, F.
Allavena, A.
Andreotti, C.
Andrich, G.
Bianchini, C.
Begheldo, M.
Berruto, R.
Blando, F.
Bonghi, C.
Botondi, R.
Botton, A.
Brambilla, A.
Bruna, S.
Buccheri, M.
Burchi, G.
Cambiaghi, P.
Casiraghi, M.C.
Caputo, L.
Castoria, R.
Celikel, F.G.
Costa, G.
D’Amico, A.
D’Aquino, S.
D’hallewin, G.
De Benedetti, L.
De Cicco, V.
De Curtis, F.
De Pascale, S.
Degasperi, S.
De Santis, D.
Devecchi, M.
Di Martino Aleppo, E.
Di Natale, C.
Di Vaio, C.
Eccher Zerbini, P.
Fava, P.
117
199
65
87
147
29
71
79
97
71
103
71
165
29
209
29
165
109
189
189
13, 19
10, 87
153
117
125, 127
29
189
189
57
179
103
49
133
153
209
165
157
Ferrante, A.
Fiala, M.
Fiorentini, R.
Fiori, G.
Forniti, R.
Francesconi, A.H.D.
Gerardi, C.
Giacalone, G.
Giovannini, A.
Grassi, M.
Graziani, G.
Guidetti, R.
Guizzardi, M.
Herold, B.
Hunter, D.A.
Lanza, G.
Lima, G.
Lindner, L.
Lucarelli, G.
Macagnano, A.
Marceddu, S.
Marschall, K.
Mascarello, C.
Maturi, T.
Mencarelli, F.
Menesatti, P.
Mensuali Sodi, A.
Mercuri, A.
Miccolis, V.
Mignani, I.
Miserocchi, O.
Montefiori, M.
Mostardini, F.
Mulas, M.
Nesi, B.
Noferini, M.
Oberti, R.
43, 65
95
147
87
103
127
97
79
65
165
209
95
141
153
43
133
189
179
199
153
125
179
65
57
103
173
37, 65
29
199
109
87
87
157
127
37
87
95
Oggiano, N.
Paciello, F.
Paglia, G.
Peano, C.
Perinu, B.
Pernter, P.
Piergiovanni, L.
Pinna, I.
Quinto, G.R.
Rasori, A.
Reid, M.S.
Ritieni, A.
Rizzolo, A.
Santino, A.
Santoro, C.C.
Schirra, M.
Schiva, T.
Serek, M.
Serra, G.
Sisler, E.C.
Spina, A.M.
Solaini, S.
Sperduti, M.
Spimpolo, T.
Stainer, R.
Strano, M.C.
Tonutti, P.
Uniformi, R.
Vanadia, S.
Venturi, F.
Vercesi, A.M.
Viscardi, S.
Vitagliano, C.
Vizovitis, K.
Zacheo, B.
Zanella, A.
Zude-Sasse, M.
37
79
173
79
127
179
117, 157
117
199
71
13, 19, 43
209
165
97
199
125, 127
29
23, 27
37
23, 27
189
173
173
141
173
133
71
173
199
147
109
57
147
103
97
173, 179
153
Arsia ATTI 7 Raccolta
4-06-2002 12:46 Pagina 224
Finito di stampare
nel febbraio 2002
da EFFEEMME LITO srl
a Firenze
per conto di
ARSIA • Regione Toscana
Tecniche postraccolta dei prodotti
ortoflorofrutticoli
Ultimo segmento della filiera produttiva in ordine
temporale, la fase postraccolta rappresenta un passaggio
di importanza fondamentale al fine di consentire
il mantenimento di un elevato livello qualitativo
delle produzioni fino al consumatore, garantendo
la conservazione delle caratteristiche organolettiche
e sanitarie dei prodotti orticoli e frutticoli ed una
corretta durata della shelf life (durata in vaso) dei fiori
e delle fronde recisi ed un gradevole effetto nell’impiego
di piante ornamentali nell’interiorscaping o nel landscaping.
L’occasione per fare il punto delle conoscenze
e delle più recenti acquisizioni da parte dei ricercatori
del settore è stata offerta dal workshop “Postraccolta
dei prodotti ortoflorofrutticoli”, svoltosi a Pisa
nel maggio 2001. L’incontro è stato promosso dal Gruppo
nazionale Postraccolta della SOI - Società Orticola
Italiana ed organizzato dalla Scuola Superiore di Studi
Universitari e di Perfezionamento “Sant’Anna” di Pisa.
Questo volume, che raccoglie le relazioni presentate
da ricercatori ed invited speakers nel corso delle due
giornate di workshop, si propone come un utile
strumento di consultazione e di supporto per tutti
gli operatori, tecnici e ricercatori del settore
ortoflorofrutticolo.
L’ARSIA,
Agenzia
Regionale
per lo Sviluppo
e l’Innovazione
nel settore
Agricoloforestale,
istituita
con la Legge
Regionale 37/93,
è l’organismo
tecnico
operativo
della Regione
Toscana per
le competenze
nel campo
agricoloforestale,
acquacolturapesca
e faunisticovenatorio.
Tecniche postraccolta dei prodotti ortoflorofrutticoli
Atti ARSIA
Tecniche postraccolta
dei prodotti ortoflorofrutticoli
• Atti ARSIA
7
atti
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Tecniche postraccolta dei prodotti ortoflorofrutticoli