XXVII Convegno SISP – Firenze, 12-14 settembre 2013 Comunicazione di Carlo Baccetti (Università di Firenze) La governance territoriale in Toscana. Dai Circondari regionali alle Unioni di Comuni. Il caso dell’Empolese-Valdelsa 2 INDICE La Toscana 1. Alle origini della cooperazione intercomunale. Il caso dell’Empolese-Valdelsa 1.1 Le Associazioni intercomunali 1.2 L’Empolese Valdelsa. Da Associazione intercomunale a Circondario 2. Dal Circondario all’Unione dei Comuni 2.1 Ambiti ottimali di aggregazione e gestioni associate 2.2 Il contesto politico-istituzionale attuale: la Legge Regionale n. 68 del 27 dicembre 2011 («Norme sul sistema delle Autonomie locali») 3. Dal Circondario Empolese Valdelsa all’Unione dei Comuni Circondario Empolese Valdelsa Appendice A Appendice B Appendice C 3 La Toscana La Toscana copre una superficie di 22.980 Km2, pari al 7,6% dell’intero territorio italiano (331.334 Km2) ed è la quinta regione italiana per estensione territoriale (dopo Sicilia, Piemonte, Sardegna e Lombardia). Conta (nel 2010) 3.730.8130 abitanti, pari al 6,2% della popolazione italiana, distribuiti in 10 province e 287 comuni, con una densità media di 162 abitanti per kmq, inferiore alla media italiana (202 abitanti per kmq). Tab. 1 – Toscana. Superfice, popolazione e N. comuni. Provincia Superficie (km²) Abitanti (ab.) Arezzo 3.235 348.127 107 39 Firenze 3.514 991.862 282 44 Grosseto 4.504 228.157 50 28 Livorno 1.211 341.453 282 20 Lucca 1.773 392.182 221 35 Massa e Carrara 1.156 203.642 176 17 Pisa 2.444 414.154 169 39 Pistoia 965 292.108 302 22 Prato 365 248.174 680 7 Siena 3.821 271.365 71 36 Totale 22.980 3.730.130 162 287 Densità (ab./km²) Comuni (n°) Il territorio toscano è caratterizzato dalla forte presenza di comuni di piccole dimensioni demografiche. A differenza di altre regioni italiane, l’incidenza maggiore è rappresentata però non dai comuni particolarmente piccoli, cioè con popolazione inferiore ai 3.000 abitanti, ma da quelli medio-piccoli. Infatti, i comuni fino a 3.000 abitanti costituiscono in Toscana il 32% del totale mentre in Italia sono il 57,4%, concentrati particolarmente nelle regioni dell’Italia Nord occidentale. Il 17% dei comuni toscani è compreso tra i 3.000 e i 4 5.000 abitanti (in Italia il 14,6%), il 22,3% è compreso tra i 5.000 e i 10.000 abitanti (il 14,5% in Italia). Tab. 2 – Toscana. N. comuni per classe di ampiezza demografica (2001). Classe di ampiezza demografica 0-3.000 3.001-5000 5.001-10.000 10.001-20.000 20.001-60.000 60.001-100.000 Oltre 100.000 N. comuni Toscana % Toscana % Italia 92 49 64 47 24 8 3 32 17 22,3 16,4 8,4 2,8 1,1 57,4 14,6 14,5 7,6 4,7 0,7 0,5 Fonte: IRPET, La gestione associata di funzioni e servizi nei piccoli comuni della Toscana (L.R. 40/2001), a cura di S. Bindi, Firenze, 2005, p. 7. Per quanto riguarda il profilo politico elettorale, è noto che la Toscana si è caratterizzata storicamente, fin dall’immediato secondo dopoguerra, per un forte radicamento territoriale e per il dominio elettorale del Partito comunista, che ha amministrato ininterrottamente la grande maggioranza dei Comuni e delle Province. Attraverso il governo dei Comuni e delle Province, in Toscana come nelle altre regioni rosse, il PCI aveva cercato, da un lato, di incrementare le politiche sociali a difesa degli interessi dei lavoratori e del popolo dando esempio di “buon governo” e, dall’altro, di egemonizzare le organizzazioni di rappresentanza degli operai e dei «ceti medi produttivi». Il nuovo livello di governo regionale offriva al PCI la possibilità di dare organicità alla strategia politica volta a costruire un blocco sociale «antimonopolistico» e «riformatore» che aveva caratterizzato l’azione amministrativa dei Comuni e delle Province rosse. Fin dalle prime elezioni del 1970 la Regione Toscana è stata governata da maggioranze di sinistra e poi di centro-sinistra, imperniate sulla forza elettorale del PCI-PDS, fino alla giunta in carica dopo le elezioni del 2010, formata da PD, PSI e Italia dei Valori. Dalla tornata elettorale amministrativa del 2009, quando andarono al voto 210 comuni, sono uscite 168 maggioranze di centro-sinistra (80,0%), 37 di centro-destra (17,6%) e cinque maggioranze formate da liste civiche (2,4%). Dei 33 comuni con oltre 15.000 abitanti che sono andati al voto in quelle elezioni, 31 sono stati conquistati dal centrosinistra e due dal centro-destra. Alle elezioni regionali del 2010 il PD ha toccato il 42,1%, a cui si deve aggiungere il 9,1% complessivamente ottenuto dalla Federazione della sinistra/Verdi e SEL (v. Tab. 3). Le dieci province toscane sono tutte governate da maggioranze di centro-sinistra; dei dieci capoluoghi solo Prato attualmente è guidato da un sindaco di centro-destra (PdL). 5 Nel 2012 è stata espugnata dal centro-sinistra anche l’amministrazione comunale di Lucca, storica enclave bianca nella regione rossa. Tab. 3 – Toscana. Il voto alle liste alle elezioni regionali del 2010. Dati percentuali per provincia. Provincia PDRiformisti Toscani Italia Fed. dei Sinistra Valori e Verdi Sinistra Popolo Ecologia della Libertà Libertà Lega Nord Unione Lista Bonino Forza di Pannella Nuova Centro Arezzo 41,8 7,8 4,3 2,5 28,8 8,3 5,1 0,8 0,5 Firenze 46,1 10,3 5,2 4,3 23,2 5,1 4,6 0,9 0,4 Grosseto 41,3 8,0 4,3 3,9 32,7 5 4,2 0 0,6 Livorno 46,7 10,7 6,6 4,8 22,7 4,4 4,1 0 0 Lucca 31,5 9,4 5,1 3,8 33,7 8,5 7,1 0 0,8 Massa Carrara 34.8 9,1 7.7 4,3 31,5 6,7 4,5 0,7 0,7 Pisa 42,2 9,5 6,1 3,9 26,5 6,4 4,5 0,7 0 Pistoia 38 9,5 5,5 3 30,5 7,4 4,7 0,8 0,7 Prato 39,5 9,7 3,4 3 30,1 9,8 4,6 0 0 Siena 50,4 8 4,4 3,6 22,8 5,9 4,1 0,9 0 Toscana 42,2 9,4 5,3 3,8 27,1 6,5 4,8 0,6 0,4 1. Il caso dell’Empolese-Valdelsa 1.1. Le Associazioni intercomunali Nel 1970 la Regione Toscana nacque all’insegna della «Regione aperta»: il primo statuto delineava un ente regionale che voleva “ascoltare”, vicino alla comunità che rappresentava, aperto in primo luogo verso gli enti locali e verso i sindacati, il movimento cooperativo e tutte le altre formazioni sociali, visti come «centri essenziali» per promuovere la partecipazione dei cittadini (art. 71). La «Regione aperta» era una Regione che sceglieva la concertazione come metodo di governo, proponendo un sistema organizzativo che poneva in risalto in modo precipuo il ruolo del Consiglio rispetto alla stessa Giunta (da qui la grande importanza data dallo statuto al Consiglio e agli organi assembleari come le commissioni permanenti e quelle consultive)1. Al tempo stesso, la Regione valorizzava il decentramento e il ruolo politico dei Comuni, favorendone l’associazionismo e la cooperazione. E poneva il tema del governo sovracomunale e del riassetto dei poteri locali. In effetti la Toscana è stata tra le prime regioni in Italia a cercare di 1 Si veda sul punto, C. Baccetti, Politici e amministratori regionali negli anni Settanta, in P.L. Ballini, M. Degl’Innocenti, M.G. Rossi (a cura di), Il tempo della Regione. La Toscana, Firenze, Giunti, 2005, pp. 213-276, (spec. pp. 218-226). 6 individuare gli ambiti territoriali più adeguati «per l’attività sia di programmazione che di erogazione dei servizi pubblici locali»2. Già nel 1972 – con la Legge Regionale 31/72 – nella regione erano state istituite le Comunità montane, introdotte da una legge dello Stato nel dicembre 1971. Con il trasferimento delle competenze amministrative dallo Stato alle Regioni (con la legge 382 del 1975) e ai Comuni (con il DPR 616 del 1977) che cominciava lentamente ad avviarsi, gli amministratori regionali si posero il problema di promuovere la collaborazione tra Comuni anche nelle aree non montane e di dare razionalità ed efficienza al sistema delle autonomie, con una gestione unitaria ed integrata dei servizi e delle funzioni relative al territorio. Una legge regionale del 1979 istituì 32 Associazioni intercomunali, individuando altrettante aree del territorio regionale all’interno delle quali promuoveva l’esercizio associato delle funzioni proprie dei Comuni e di quelle ad essi delegate dalla Regione stessa. Nel 1979 una legge regionale (la legge 37/1979) individuava e definiva «gli ambiti territoriali adeguati all’organizzazione e alla gestione coordinata dei servizi e delle funzioni esercitate dalle Amministrazioni locali», con lo scopo evidente di superare la frammentazione e le difficoltà di molti piccoli comuni a svolgere funzioni e servizi di loro competenza. Quella del 1979 fu la prima zonizzazione messa a punto dalla Regione, che in seguito svilupperà e approfondirà su quella base un’ulteriore suddivisione del territorio in aree strutturalmente omogenee (i «Sistemi Economici Locali» – SEL) al fine di ottimizzare l’articolazione territoriale dei servizi e delle funzioni. La legge regionale disciplinava l’associazionismo intercomunale con uno statuto che fissava le modalità di collaborazione, il coordinamento delle funzioni delegate ai Comuni, la composizione e il funzionamento degli organi dell’Associazione intercomunale e le modalità di finanziamento. Era previsto un finanziamento regionale, in misura fissa, alle costituende associazioni che ne facevano richiesta, per le prime spese di avviamento degli organi istituzionali. Con la Legge Regionale 76/1982 fu istituito un fondo annuo (pari a 120 milioni nel 1982), comprensivo dei contributo dei singoli comuni facenti parte delle Associazioni, per le spese di funzionamento degli organi istituzionali3. La delimitazione territoriale delle Associazioni intercomunali ha rappresentato un passaggio importante nella vicenda politico-istituzionale della Regione Toscana perché, come abbiamo già ricordato, quella prima individuazione di ambiti territoriali relativamente omogenei sotto il profilo socio-economico ha rappresentato la base di riferimento le successive zonizzazioni – ad esempio per quanto riguarda i 33 Sistemi Economici Locali (SEL) e i relativi Quadranti, definiti nel 1999 e la mappatura dei 47 livelli di Ambito Territoriale Ottimale del 2001 (completata nel 2003). 2 S. Iommi, Numerosità e dimensione degli enti locali ed offerta dei servizi pubblici, in IRPET, Il governo locale in Toscana – Identikit 2011, Edifir - Edizioni Firenze, 2012, p. 57. 3 IRPET, La gestione associata di funzioni e servizi nei piccoli comuni della Toscana (L.R. 40/2001), a cura di S. Bindi, Firenze, 2005, p. 15. 7 Le Associazioni intercomunali furono sciolte nel 1991, dopo il varo della legge 142/1990 che introduceva una nuova disciplina dell’associazionismo dei Comuni e rilanciava in capo alle Province il ruolo di ente di governo di area vasta4. Tab. 4 – Le 32 Associazioni intercomunali istituite dalla L.R. 17 agosto 1979 n. 37. 1) Lunigiana: Aulla, Bagnone, Casola in Lunigiana, Comano, Filattiera, Fivizzano Licciana Nardi, Mulazzo, Podenzana, Pontremoli, Tresana, Villafranca in Lunigiana, Zeri. 2) Area di Massa Carrara: Carrara, Fosdinovo, Massa, Montignoso. 3) Versilia: Camaiore, Forte dei Marmi, Massarosa, Pietrasanta, Seravezza, Stazzema, Viareggio. 4) Garfagnana: Camporgiano, Careggine, Castelnuovo Garfagnana, Castiglione in Garfagnana Fosciandora, Gallicano, Giuncugnano, Minucciano, Molazzana, Piazza al Serchio, Pieve Fosciano, San Romano Garfagnana, Sillano, Vagli di Sotto, Vergemoli, Villa Collemandina. 5) Media Valle del Serchio: Bagni di Lucca, Barga, Borgo a Mozzano, Coreglia Antelminelli, Fabbriche di Vallico. 6) Piana di Lucca: Altopascio, Capannori, Lucca, Montecarlo, Pescaglia, Porcari, Villa Basilica. 7) Val di Nievole: Buggiano, Chiesina Uzzanese, Lamporecchio, Larciano, Massa e Cozzile, Monsummano Terme, Montecatini Terme, Pescia, Pieve a Nievole, Ponte Buggianese, Uzzano. 8) Area Pistoiese: Abetone, Agliana, Cutigliano, Marliana, Montale, Pistoia, Piteglio, Sambuca Pistoiese, San Marcello Pistoiese, Serravalle Pistoiese, Quarrata. 9) Area Pratese: Cantagallo, Carmignano, Montemurlo, Poggio a Caiano, Prato, Vaiano, Vernio. 10) Area Fiorentina: Bagno a Ripoli, Barberino Val d'Elsa, Calenzano, Campi Bisenzio, Fiesole, Firenze, Greve, Impruneta, Lastra a Signa, San Casciano Val di Pesa, Scandicci, Sesto Fiorentino, Signa, Tavarnelle Val di Pesa, Vaglia. 11) Mugello Val di Sieve: Barberino di Mugello, Borgo San Lorenzo, Dicomano, Firenzuola, Londa, Marradi, Palazzuolo sul Senio, Pelago, Pontassieve, Rufina, San Godenzo, San Piero a Sieve, Scarperia, Vicchio. 12) Area Pisana: Calci, Cascina, Pisa, San Giuliano Terme, Vecchiano, Vicopisano. 13) Area Livornese: Collesalvetti, Fauglia, Livorno, Lorenzana, Orciano Pisano. 14) Bassa Val di Cecina: Bibbona, Casale Marittimo, Castagneto Carducci, Castellina Marittima, Cecina, Guardistalla, Montescudaio, Riparbella, Rosignano Marittimo, Santa Luce. 15) Alta Val di Cecina: Castelnuovo Val di Cecina, Montecatini Val di Cecina, Pomarance, Volterra. 16) Val d'Era: Bientina, Buti, Calcinaia, Capannoli, Casciana Terme, Chianni, Crespina, Laiatico, Lari, Palaia, Peccioli, Ponsacco, Pontedera, Terricciola. 17) Val d'Arno Inferiore: Castelfranco di Sotto, Fucecchio, Montopoli Val d'Arno, San Miniato, Santa Croce sull'Arno, Santa Maria a Monte. 18) Bassa Val d'Elsa: Capraia e Limite, Castelfiorentino, Cerreto Guidi, Certaldo, Empoli, Gambassi, Montaione, Montelupo Fiorentino, Montespertoli, Vinci. 19) Alta Val d'Elsa: Casole d'Elsa, Colle Val d'Elsa, Poggibonsi, Radicondoli, San Gimignano. 20) Val d'Arno Superiore: Bucine, Castelfranco di Sopra, Cavriglia, Figline Valdarno, Incisa in Val d'Arno, Laterina, Loro Ciuffenna, Montevarchi, Pergine Val d'Arno, Pian di Scò, Reggello, Rignano sull'Arno, San Giovanni Valdarno, Terranuova Bracciolini. 4 Nel corso degli anni Novanta presero campo in Toscana numerose esperienze di aggregazione sovracomunale, sorte sia per iniziativa dei singoli comuni, per varie categorie di servizi e funzioni comunali, sia per effetto delle nuove normative che obbligavano la gestione associata in particolari settori, quali acque o rifiuti. Cfr. R. Caselli La gestione associata dei servizi pubblici locali nei comuni toscani,Firenze, IRPET, 2000. 8 21) Casentino: Bibbiena, Castel Focognano, Castel San Niccolò, Chitignano, Chiusi della Verna, Montemignaio, Ortignano Raggiolo, Poppi, Pratovecchio, Stia, Talla. 22) Val Tiberina: Anghiari, Badia Tedalda, Caprese Michelangelo, Monterchi, Pieve Santo Stefano, San Sepolcro, Sestino. 23) Area Aretina Nord: Arezzo, Capolona, Castiglion Fibocchi, Civitella in Val di Chiana, Monte San Savino, Subbiano. 24) Area Val di Chiana Est: Castiglion Fiorentino, Cortona, Foiano della Chiana, Lucignano, Marciano della Chiana. 25) Val di Cornia: Campiglia Marittima, Monteverdi Marittimo, Piombino, San Vincenzo, Sassetta, Suvereto. 26) Arcipelago Toscano: Campo nell'Elba, Capoliveri, Capraia Isola, Marciana, Marciana Marina, Porto Azzurro, Portoferraio, Rio Marina, Rio nell'Elba. 27) Colline Metallifere: Follonica, Gavorrano, Massa Marittima, Monterotondo Marittimo, Montieri, Scarlino. 28) Area Grossetana: Campagnatico, Castiglione della Pescaia, Cinigiano, Civitella Paganico, Grosseto, Scansano, Roccastrada. 29) Colline dell'Albegna: Capalbio, Isola del Giglio, Magliano in Toscana, Manciano, Monte Argentario, Orbetello, Pitigliano, Sorano. 30) Area Senese: Asciano, Buonconvento, Castellina in Chianti, Castelnuovo Berardenga, Chiusdino, Gaiole in Chianti, Montalcino, Monteriggioni, Monteroni d'Arbia, Monticiano, Murlo, Radda in Chianti, Rapolano Terme, San Giovanni d'Asso, San Quirico d'Orcia, Siena, Sovicille. 31) Val di Chiana: Cetona, Chianciano Terme, Chiusi, Montepulciano, Pienza, San Casciano dei Bagni, Sarteano, Sinalunga, Torrita di Siena, Trequanda. 32) Amiata: Abbadia San Salvatore, Arcidosso, Castel del Piano, Castell'Azzara, Castiglione d'Orcia, Piancastagnaio, Radicofani, Roccalbegna, Santa Fiora, Seggiano, Semproniano. 1.2. L’Empolese Valdelsa. Da Associazione intercomunale a Circondario E veniamo al caso oggetto del nostro approfondimento. Come abbiamo visto, gli undici comuni dell’Empolese-Valdelsa, che coprono una vasta area sul lato sud-occidentale della provincia di Firenze al confine con le province di Siena, Pisa e Pistoia, hanno una storia associativa che risale alla fine degli anni Settanta, quando nacquero le Associazioni intercomunali. In realtà, le tracce di un vincolo cooperativo tra i Comuni dell’area sono ancora più antiche ed hanno motivazioni di carattere eminentemente politico che salivano, si potrebbe dire, “dal basso”, e precedevano e accompagnavano le sollecitazioni della neonata Regione. Questa zona ha rappresentato nel corso del Novecento uno dei punti di massima forza della sinistra e del PCI in particolare, nella regione. Una egemonia politica ed elettorale che dopo il 1991 è stata raccolta dai partiti eredi del PCI e dalle coalizioni di centrosinistra e che dura tuttora. Tutti i comuni dell’Empolese-Valdelsa sono stati sempre governati da giunte di sinistra, monocolori PCI o socialcomuniste ma quasi sempre a maggioranza assoluta del PCI. Tutti quei comuni hanno attivamente partecipato alla mobilitazione regionalista che la sinistra toscana promosse nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta, affinché la Regione fosse finalmente attuata. Quando infine nacque, nel 1970, essa fu salutata con grande soddisfazione 9 perché si era certi che avrebbe consolidato le autonomie e valorizzato i governi locali, riconoscendo ai Comuni la titolarità delle funzioni amministrative e il diritto di partecipare alle scelte programmatiche. L’aspettativa era che l’avvento della Regione avesse ricadute positive sul bilancio comunale agevolando il trasferimento di risorse da investire in servizi e opere pubbliche ed accrescendo l’autonomia decisionale. Tra i comuni dell’Empolese-Valdelsa la nascita della Regione ebbe come effetto politico immediato l’accentuarsi della collaborazione intercomunale, che fu fin dall’inizio uno degli obiettivi del neonato governo regionale toscano. Dietro la spinta, soprattutto, del sindaco di Empoli, il comune più grande dell’area, si cominciò a prefigurare un nuovo contesto di relazioni intercomunali con alcuni obiettivi prioritari: costituzione di un organismo di gestione urbanistica intercomunale, quale premessa al piano urbanistico comprensoriale; iniziative per favorire la costituzione di cooperative a proprietà indivisa per la casa; costituzione dell’Unità sanitaria locale, per uno sviluppo organico della politica sanitario sul territorio. Già nell’autunno del 1970 fu avanzata la proposta di dar vita ad un Comprensorio, ovvero ad uno strumento istituzionale di programmazione di livello sovracomunale. I primi obiettivi da perseguire in questa nuova ottica di programmazione comprensoriale restano esemplari delle priorità programmatiche che caratterizzano il governo locale dell’area: interventi strutturali sul territorio, sviluppo economico e servizi sociali. Queste le priorità individuate: 1) un consorzio per la costituzione di un inceneritore di rifiuti solidi urbani; 2) un consorzio per la depurazione delle acque del fiume Elsa; 3) la messa a punto di un piano di zona per l’agricoltura; 4) un centro di accoglienza per bambini spastici e subnormali. Per tutti gli anni Settanta e fino a quando nel 1979 non furono varate le Associazioni intercomunali, il coordinamento tra i Comuni fu assicurato dall’Assemblea dei sindaci, ambito decisionale debolmente istituzionalizzato ma molto autorevole sul piano politico. Nel 1973 le amministrazioni comunali dell’area costituirono un «Consorzio per la programmazione urbanistica e per lo sviluppo economico e sociale dei terrori del comprensorio della Valdelsa e del Medio Valdarno». Nel 1981, fu costituita, in virtù della già ricordata legge regionale n. 37 del 1979, l’Associazione intercomunale n. 18 «Bassa Val d’Elsa», che comprendeva dieci comuni di due sub aree (cinque in Val d’Elsa e cinque nell’Empolese). Furono quelli i Comuni che successivamente dettero vita al Circondario e poi all’Unione dei Comuni, con l’aggiunta del comune di Fucecchio (che al momento era stato inserito nell’Associazione intercomunale Valdarno Inferiore con altri cinque comuni della contigua provincia di Pisa, insieme ai quali costituiva il distretto industriale della concia e della calzatura). Con la suddivisione del territorio in Associazioni intercomunali, la Regione individuava «gli ambiti territoriali adeguati all’organizzazione e alla gestione coordinata dei servizi e delle funzioni esercitate dalle amministrazioni locali» (L.R. n. 37/79, art. 1). I Comuni associati potevano attribuire all’Associazione l’esercizio di funzioni ad essi delegate dalla Regione e l’Associazione promuoveva il coordinamento delle funzioni regionali delegate ai comuni (art. 2); in particolare, nel 10 settore dei servizi sanitari l’Associazione operava attraverso le Unità sanitarie locali introdotte dalla legge 833 nel 1978. Dal punto di vista economico-produttivo, dagli anni Settanta l’area dell’Empolese-Valdelsa comprendeva in sé due distretti industriali, aventi per centro Castelfiorentino ed Empoli, corrispondenti a due diversi mercati del lavoro. Entrambi i distretti erano strutturati intorno al settore dell’abbigliamento ma erano altresì dotati di un tessuto produttivo polisettoriale, molto articolato (oltre all’abbigliamento: calzature, pelli e cuoio, vetro, ceramica, mobilio, meccanica, alimentaristica, chimica secondaria, cartotecnica e lavorazione dei materiali sintetici)5. L’area si caratterizzava «per una struttura di interdipendenze del tessuto industriale» ma anche »per una fitta rete di relazioni tra l’industria e il terziario» e, ancor più in generale, «tra il reticolo dei centri di campagna urbanizzata e i poli urbani di riferimento»6. Una struttura territoriale complessa (due distretti industriali, con forti elementi di continuità con i distretti limitrofi calzaturiero-mobiliero dell’Alta Valdelsa e con il pellettiero-calzaturiero del Medio Valdarno) e molto articolata dal punto di vista produttivo ma uniforme per quanto riguarda il modello di industrializzazione (piccole imprese industriali e artigiane, integrate per fasi e per filiere produttive). Altrettanto uniformi di quelli produttivi sono i caratteri socio-culturali, con una «netta prevalenza dei ceti più direttamente impegnati nella produzione materiale, un livello medio di scolarizzazione relativamente poco elevato, un fortissimo tasso di attività femminile e un tenore di vita diffusamente consumistico»7. Al centro, anche spazialmente, della struttura di interdipendenze si trova la medio-piccola città di Empoli, con un ruolo strategico nei confronti dei due distretti. I Comuni giocano un ruolo di grande incisività, da sempre, nella strutturazione e nell’evoluzione del sistema locale, forte è sempre stato l’intreccio tra istituzioni del governo locale, soggetti di rappresentanza degli interessi e sistema produttivo e dei servizi. Un intreccio segnato dalla costante interscambiabilità della élite del potere locale tra ruoli politico-amministrativi, direzione delle associazioni degli interessi e guida delle aziende (cooperative, ma non solo). Nel corso degli anni Ottanta i dieci comuni svilupparono capacità di governo a livello intercomunale, sperimentando una cooperazione nel metodo e negli strumenti che indubbiamente ha rafforzato la coesione territoriale, con un impegno sostanzialmente condiviso da tutte le amministrazioni comunali coinvolte, sia pure con qualche inevitabile diffidenza e remora campanilistica. L’impegno più rilevante lo si ebbe con la gestione della riforma del servizio sanitario nazionale, con l’introduzione del consorzio socio-sanitario prima e poi con l’Unità sanitaria locale. Si può ricordare, inoltre, che fu costituito un consorzio (che riuniva metà dei comuni associati, quelli dell’Empolese, ai quali si unì anche Fucecchio) per la gestione dei servizi di acqua e gas, ma proiettato ben presto anche verso obiettivi di gestione della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti e 5 6 Cfr. IRPET, Mercato e forze locali in Toscana (a cura di G. Bercattini), Firenze. A. Falorni, Il distretto industriale del’Empolese-Valdelsa, relazione non pubblicata, 1993. 7 Ivi. 11 di tutela ambientale; fu varato un piano intercomunale della viabilità e dei parcheggi; fu approvato un piano commerciale intercomunale e furono costituiti dai Comuni, insieme ad altri enti pubblici, a imprenditori privati e associazioni economiche, agenzie di servizi per la promozione dello sviluppo economico e per l’occupazione (Promomoda, Centro servizi per il vetro ecc.). Il tema del governo sovracomunale conobbe una forte accelerazione nel 1990 dopo l’approvazione della legge 142, che introdusse tra l’altro la possibilità di istituire le aree metropolitane. La nuova normativa ebbe effetti rilevanti a livello locale, soprattutto per la decisione della Provincia di Firenze di cercare di dare attuazione all’area metropolitana; mentre la Regione Toscana decideva di andare oltre, sciogliendole, l’esperienza istituzionale delle Associazioni intercomunali. Nell’Empolese-Valdelsa l’abbandono delle Associazioni intercomunali fu visto con diffidenza, perché veniva meno uno strumento di governo sovracomunale e di (potenziale) autonomia e l’area restava priva di una sede di confronto politico-istituzionale. Soprattutto, preoccupava che il “vuoto” istituzionale indotto dall’esaurimento delle Associazioni intercomunali fosse occupato dalla Provincia. Scriveva nel 1988 il Presidente dell’Associazione intercomunale: «Il forte accentramento di funzioni sulle Province, lungi dal sollecitare processi di associazionismo volontario, ripropone piuttosto un vecchio scenario di rapporti bilaterali tra singolo Comune e Provincia (e Regione) schiacciando i Comuni su momenti terminali di gestione… invece di sollecitarli a confrontarsi tra loro, ciò che invece è il presupposto perché questi superino i particolarismi, disponendosi già soggettivamente nell’ottica della programmazione»8. Come abbiamo accennato, l’esperienza di governo sovracomunale maturata già negli anni Settanta e nel decennio successivo con l’Associazione aveva avviato significative politiche di area, che a loro volta avevano alimentato in quelle amministrazioni aspirazioni crescenti di autonomia istituzionale che la nascita preannunciata dell’area metropolitana rischiava di conculcare. Rivendicando una accentuata specificità economica e sociale rispetto al capoluogo e ai comuni della cintura, i comuni dell’empolese Valdelsa non accettarono di essere inglobati nella prevista Area metropolitana (alla cui costituzione la Provincia di Firenze cominciò a lavorare con determinazione subito dopo il varo della legge 142, scatenando paure e sospetti dei comuni in questione) ed inizialmente chiesero alla Regione addirittura l’istituzione di una nuova Provincia o, in subordine, di essere “trasferiti” nella neoistituita provincia di Prato. Di fronte allo spettro dell’Area metropolitana, il sindaco comunista di Empoli, Varis Rossi, fu il primo a mettere i piedi nel piatto introducendo nel dibattito politico – con alcuni articoli e interviste sulla cronaca locale de Il Tirreno, nell’agosto 1990 – il tema della «Provincia di Empoli». Rossi proponeva la costituzione di una provincia autonoma, formata dai comuni dell’Empolese-Valdelsa e dai sei comuni del Comprensorio del Cuoio; ma come detto riprendeva in subordine anche l’ipotesi di entrare nella provincia di Prato. Era una proposta volutamente provocatoria, avanzata senza consultare gli 8 Si veda l’intervento del Presidente Romano Nanni su l’Unità - Toscana del 2 giugno 1988. 12 organi dirigenti del PCI locale, che reagiva alla prospettiva di inevitabile (così era sentita) marginalizzazione che l’area avrebbe subito se l’Area metropolitana fosse nata assumendo tutte le competenze della Provincia nonché quelle affidate ai Comuni che rivestivano valenza sovracomunale (pianificazione territoriale, viabilità e trasporti, tutela delle risorse idriche, smaltimento rifiuti, grande distribuzione commerciale, sanità ecc.). Se nell’area ci sono stati ritardi nell’affrontare problemi amministrativi importanti – sosteneva il sindaco di Empoli – ciò dipende da incertezze e limiti della politica, non dalla mancanza di strumenti istituzionali. La cultura amministrativa dei Comuni del Circondario è forte, proprio in virtù della continuità di un’esperienza di cooperazione accumulata nel tempo. «L’area metropolitana mi pare quindi una forzatura politica… non siamo quindi antifiorentini ma non so arrendermi all’idea che il nostro Comune sparisca nel Comune metropolitano… Non possiamo trovarci relegati al ruolo di consiglio di quartiere. Questa gente non lo merita»9. In un contesto nazionale difficile, come quello dei primi anni Novanta, segnati dalla crisi della politica e dei partiti, il sistema politico locale reagì valorizzando le risorse del territorio e chiedendo più autonomia. Ma lo fece, diversamente da quel che accadde altrove, rafforzando la struttura organizzativa territoriale del partito egemone. il Comitato di zona del PCI-PDS ottenne di staccarsi dalla Federazione fiorentina e di salire a sua volta al rango di Federazione del partito10. Nel giugno del 1991 nacque infatti la Federazione Empolese-Valdelsa del PDS; nel tema dell’Assemblea costituente era richiamato esplicitamente il nodo politico dell’autonomia: “Una nuova federazione per un nuovo regionalismo”. Il documento politico finale approvato dall’Assemblea ribadiva il giudizio negativo sulla proposta di delimitazione dell’area metropolitana fiorentina avanzata dalla Regione, che la faceva coincidere con il territorio della provincia, e ribadiva la richiesta, se la Regione avesse tenuto ferma tale proposta, di costituire una nuova Provincia, «come risposta… più adeguata per il riconoscimento dell’autonomia e della soggettività politico-istituzionale della nostra area». A quel punto, il gioco politico si spostò tutto in ambito partitico. Non occorre qui, per adesso, ricostruire i passaggi dell’intenso confronto tra federazione fiorentina, neo costituita federazione empolese e comitato regionale del PDS, confronto che incrociava alla tematica istituzionale un altro ambito molto importante della territorializzazione come quello della riorganizzazione del servizio sanitario regionale e della delimitazione dei confini delle Unità sanitarie locali. Sta di fatto che dal confronto istituzionale con Regione e Provincia i comuni dell’area uscirono sostanzialmente vincitori. Non solo perché l’ipotesi di Area metropolitana fiorentina finì poi nel nulla, com’è noto, ma perché essi, se non ottennero una nuova Provincia (a cui in realtà non avevano mai puntato con convinzione) riuscirono però a strappare dalla Regione un “di più” di 9 V. intervista al sindaco Rossi su Il Tirreno del 21 agosto 1990. 10 Nell’occasione, l’Unione comunale del partito di Fucecchio si staccò dalla Federazione di Pisa ed entrò in quella dell’Empolese-Valdelsa. 13 autonomia istituzionale rispetto alla situazione precedente, in modo da non vanificare l‘esperienza delle Associazioni intercomunali. Il punto di mediazione fu trovato nel «Circondario regionale», ente di governo di secondo livello con funzioni e competenze trasferite dalla Provincia e dai singoli comuni che entravano a farne parte. II Circondario regionale era un organo previsto dal primo statuto della Regione (1970), quale circoscrizione territoriale omogenea di decentramento amministrativo, a cui poteva essere delegato da parte della Provincia l’esercizio di funzioni e di servizi di ambito sovra comunale; è perciò un ente locale di secondo grado ed ha come organi il Presidente, la Giunta esecutiva e l’Assemblea, eletti con meccanismo proporzionale dai Consigli dei comuni interessati. Esercita le funzioni che gli sono affidate «attraverso strumenti di concertazione dalla Provincia e dai Comuni» e che riguardano principalmente materie quali la formazione professionale e le politiche del lavoro, il trasporto pubblico locale, la viabilità, i beni culturali, il turismo, l’ambiente e la pubblica istruzione (cfr. Quadro 1). QUADRO 1 – Fonti normative e funzioni assegnate al Circondario Empolese Valdelsa. Circondario Empolese-Valdelsa Fonti normative Protocollo d'intesa 23 aprile 1997 tra: - comuni dell’Empolese-Valdelsa; - USL 11 - Regione Toscana; - Provincia di Firenze; - Prefettura di Firenze - Publiser SPA Capraia e Limite; Castelfiorentino; Cerreto Guidi; Certaldo; Empoli; Fucecchio; Gambassi Terme; Montaione; Montelupo Fiorentino; Montespertoli; Vinci Funzioni assegnate a) realizzazione di una rete civica unitaria b) apertura di Uffici unici per i Rapporti con il Pubblico c) realizzazione del sistema informativo territoriale (SIT) d) gestione informatizzata del Catasto e) Sistema bibliotecario e dei musei integrato Istituzione Circondario Empolese Valdelsa Legge regionale 29 maggio 1997, n. 38 Deliberazione provincia Firenze n. 18, 7 febbraio 2000. Trasferimento funzioni e personale al circondario Empolese-Valdelsa a) pianificazione territoriale b) pianificazione ambientale, ciclo smaltimento rifiuti c) lavoro e formazione professionale d) sviluppo economico pianificazione strategica e) viabilità e trasporti f)servizi sociali e assistenziali g) servizi scolastici, sportivi e ricreativi 14 Gestioni associate svolte dai comuni e gestite dal Circondario (anno 2010) h) servizi culturali e ricreativi i) servizi culturali e informativi l) agricoltura m) turismo a) gestione associata dei servizi informatici e telematici b) gestione associata sviluppo risorse umane c) gestione associata del catasto dei boschi e dei pascoli percorsi dal fuoco d) gestione associata vincolo idrogeologico e) gestione associata sit e cartografia f) gestione associata dei procedimenti per la concessione dei contributi per l’abbattimento delle barriere architettoniche g) gestione associata della protezione civile h) gestione associata delle attività di supporto giuridico i) gestione associata del difensore civico comunale Nessun Circondario regionale era mai stato varato prima in Toscana e questo istituto era rimasto sulla carta statutaria, fino a quando lo si introdusse appunto come risposta ad hoc per dirimere il contenzioso con l’area Empolese Valdelsa. Tant’è che nell’esperienza della Regione Toscana sono stato soltanto due i Circondari istituiti: oltre a quello dell’Empolese-Valdelsa ne nascerà poi un altro, il Circondario della Val di Cornia (comprendente cinque comuni in provincia di Livorno) nel 1998, per ragioni analoghe e anche qui dopo che era nata una Federazione autonoma del PDSDS. La “vittoria” dei Comuni dell’area nella trattativa con la Regione, o, a voler essere più precisi, dell’organizzazione territoriale del PDS dell’Empolese Valdelsa nei confronti della federazione fiorentina del partito, fu completata con la già ricordata costituzione di una specifica Unità sanitaria locale di zona (l’USL n. 11), l’unica di carattere interprovinciale nella regione, che copriva il territorio degli undici comuni e quello di altri quattro in provincia di Pisa11. A sostegno dell’autonomia funzionale dell’area rispetto a Firenze, i vertici della federazione locale del PDS e gli amministratori locali sollecitarono le organizzazioni di rappresentanza degli interessi perché adeguassero anch’esse le strutture territoriali alla nuova dimensione circondariale – con ciò dando implicitamente riconoscimento politico al Circondario. La CGIL della zona rispose per prima, trasformando la propria organizzazione territoriale da «zona» a «circondario» e chiedendo totale autonomia per il nuovo direttivo circondariale dell’Empolese Valdelsa nei confronti della Camera del lavoro di Firenze. La CGIL sollecitava le sue «controparti naturali, industriali, commercianti e artigiani» ad assumere anch’esse consapevolezza dell’utilità di costruire «tavoli locali», di 11 Si veda sul punto, A. Fluvi, Il Circondario Empolese Valdelsa 1990-2000: un’esperienza toscana, Firenze, 2009. pp. 31 e ss. 15 contrattazione per affrontare i problemi specifici dell’area, dando perciò anch’esse alle proprie strutture organizzative di area una direzione e una gestione autonoma12. Il Circondario mosse i suoi primi passi alla fine del 1993 con l’approvazione, all’unanimità, da parte del Consiglio provinciale di Firenze in cui si individuava l’ambito territoriale di riferimento – ovvero i dieci comuni dell’ex Associazione intercomunale più il comune di Fucecchio. Nella delibera, il motivo di fondo dell’istituzione del Circondario veniva riconosciuto «nelle caratteristiche del territorio, della popolazione e dell’economia che favoriscono un insieme organico di rapporti sociali tali da prefigurare nei fatti una comunità locale autonoma». Come detto, la legge regionale istitutiva del Circondario è del 1997 (LR n. 38 del 29/5/1997), approvata dal Consiglio con la sola astensione del gruppo di Rifondazione comunista. In particolare, la legge regolava i rapporti tra Provincia di Firenze e Circondario attraverso la stipula di un protocollo aggiuntivo allo Statuto del Circondario stesso, che trasferiva a quest’ultimo gran parte delle competenze amministrative e gestionali proprie della Provincia. Il protocollo, approvato dal Consiglio provinciale nel 1998 conferiva al Circondario le funzioni di programmazione e la competenza su una serie di materie quali la pianificazione urbanistica, controllo ambientale, programmazione e gestione del ciclo di smaltimento dei rifiuti, lavoro e formazione professionale, viabilità, trasporti, servizi scolastici. Con contestuale assegnazione delle risorse umane, finanziarie e strumentali necessarie. Affidamento che verrà deliberato effettivamente dal Consiglio provinciale solo due anni dopo, nel febbraio 2000. Il percorso istituzionale scelto con la costituzione del Circondario fu abbastanza innovativo, forse unico anche oltre i confini regionali. Nei settori conferiti il Circondario esercitava le medesime funzioni di una Provincia, senza però portarsi dietro gli organi della deconcentrazione amministrativa (Prefettura, Questura, Banca d’Italia…). Restava certamente un organo di rango inferiore rispetto alla Provincia, in quanto non direttamente elettivo ma era comunque dotato di una certa rilevanza istituzionale e di un certo peso politico sul territorio. Come ha osservato il deputato ed ex presidente della federazione locale del PDS che giocò un ruolo importante nella vicenda, se l’obiettivo fosse stato solo quello di continuare a coordinare le scelte amministrative sul territorio sarebbe stato forse sufficiente proseguire l’esperienza dell’Associazione intercomunale istituzionalizzando una Conferenza dei sindaci. «La decisione, invece, di dar vita alla Giunta esecutiva e all’Assemblea del Circondario fu, da un lato, il frutto di un accordo fra tutte le forze politiche e, dall’altro, il tentativo di immaginare un “futuro”, di costruire una sede di discussione politica sull’area»13. Insomma, l’istituzione del Circondario rappresentò per i comuni dell’area una sorta di “assicurazione” politica contro il rischio di essere inglobati nella prevista Area metropolitana fiorentina. Se esse si fosse concretizzata, il Circondario, si pensava, si sarebbe «automaticamente» trasformato in Provincia. 12 13 Ivi, pp. 55-56. Ivi, p. 80. 16 2. Dal Circondario all’Unione dei Comuni Ma la vicenda della cooperazione sovracomunale ha preso, in Toscana e nel Paese, un’altra direzione. 2.1. Ambiti ottimali di aggregazione e gestioni associate Dagli anni Novanta e poi soprattutto nel decennio successivo, la Regione Toscana ha avviato un sostanziale rinnovamento del sistema delle Autonomie, con l’obiettivo a) del decentramento, b) della semplificazione amministrativa e c) della concertazione. Sono state incoraggiate forme di aggregazione sovracomunale riguardanti soprattutto i servizi idrici, di igiene urbana e socioassistenziali. Un passaggio decisivo per l’implementazione di tali obiettivi è stato, nel 2001, l’approvazione della Legge Regionale n. 40 che ha “affiancato” e sostenuto l’associazionismo dei Comuni con un progetto di riorganizzazione complessiva del territorio regionale; la Regione ha individuato e precisato gli ambiti di intervento nei quali gli enti locali associati potevano attivare progetti comuni di gestione di servizi e funzioni. Con la legge 40 e con successivi provvedimenti normativi e legislativi è stato messo a punto il «Sistema Toscano delle Autonomie», fondato sull’individuazione dei «livelli ottimali», vale a dire degli ambiti territoriali all’interno dei quali l’aggregazione dei comuni risultasse ottimale per l’erogazione dei servizi. Come si vede dalla Tab. 5 e come era prevedibile, il Circondario Empolese Valdelsa è stato individuato e classificato integralmente come ambito territoriale ottimale (ambito n. 22). Tab. 5 – I 47 livelli territoriali ottimali individuati dalla Regione per le gestioni associate (2003). Livello ottimale Comuni 1 - Alta Val di Cecina Castelnuovo di Val di Cecina - Montecatini Val Cecina - Monteverdi Marittimo – Pomarance – Volterra 2 - Alta Versilia Camaiore - Seravezza – Stazzema 3 - Amiata Grossetano Arcidosso - Castel del Piano - Castell'Azzara - Cinigiano - Roccalbegna - Santa Fiora - Seggiano – Semproniano 4 - Amiata Val d'Orcia Abbadia San Salvatore - Castiglione d'Orcia - Montalcino - Piancastagnaio Pienza - Radicofani - San Quirico d'Orcia 5 - Appennino Pistoiese Abetone - Cutigliano - Marliana - Montale - Pescia - Piteglio - Sambuca Pistoiese - San Marcello Pistoiese 6 - Area Fiorentina Bagno a Ripoli - Greve in Chianti - Impruneta - San Casciano Val di Pesa 7 - Area Grossetana Campagnatico - Castiglione della Pescaia - Civitella Paganico 17 8 - Area Capalbio - Magliano in Toscana - Monte Argentario Grossetana Sud 9 - Area Livornese Capraia Isola - Collesalvetti – Livorno 10 - Area Lucchese Altopascio - Bagni di Lucca - Capannori – Lucca 11 - Area Lucchese Est Montecarlo – Porcari 12 - Area Pisana Cascina - Fauglia - Lorenzana - Orciano Pisano Centro 13 - Area Pisana Calci - San Giuliano Terme - Vecchiano – Vicopisano Nord 14 - Area Pistoiese Pratese Agliana - Montemurlo – Quarrata 15 - Area Pratese Montalbano Carmignano - Poggio a Caiano 16 - Area Val d'Elsa Casole d'Elsa - Colle Val d'Elsa - Poggibonsi - San Gimignano 17 - Arcipelago Campo nell'Elba - Capoliveri - Isola del Giglio - Marciana - Marciana Marina Toscano Porto Azzurro - Portoferraio - Rio Marina - Rio nell'Elba 18 - Bassa Val di Cecina Bibbona - Castagneto Carducci - Cecina - Rosignano Marittimo - Casale Marittimo - Castellina Marittima - Guardistallo - Montescudaio - Riparbella Santa Luce 19 - Casentino Bibbiena - Capolona - Castel Focognano - Castel San Niccolò - Chitignano Chiusi della Verna - Montemignaio - Ortignano Raggiolo - Poppi - Pratovecchio Stia - Subbiano – Talla 20 - Chianti Fiorentino Barberino Val d'Elsa - Tavarnelle Val di Pesa 21 - Chianti Senese Castellina in Chianti - Castelnuovo Berardenga - Gaiole in Chianti - Radda in Chianti Capraia e Limite - Castelfiorentino - Cerreto Guidi – Certaldo - Empoli 22 - Circondario Fucecchio - Gambassi Terme - Montaione - Montelupo Fiorentino Empolese Montespertoli – Vinci 23 - Circondario Campiglia Marittima - Piombino - San Vincenzo - Sassetta - Suvereto Val di Cornia 24 - Colline del Manciano - Pitigliano - Scansano – Sorano Fiora 25 - Colline Metallifere Massa Marittima - Monterotondo Marittimo - Montieri - Roccastrada 26 - Crete Senesi Asciano - Buonconvento - Monteroni d'Arbia - Rapolano Terme - San Giovanni d'Asso 18 Camporgiano - Careggine - Castelnuovo di Garfagnana - Castiglione di Garfagnana - Fosciandora - Gallicano - Giuncugnano - Minucciano - Molazzana 27 - Garfagnana Piazza al Serchio - Pieve Fosciana - San Romano in Garfagnana - Sillano - Vagli Sotto - Vergemoli - Villa Collemandina 28 - Lunigiana Aulla - Casola in Lunigiana - Comano - Filattiera – Fivizzano - Fosdinovo Licciana Nardi - Mulazzo - Podenzana - Tresana - Villafranca in Lunigiana - Zeri - Bagnone – Pontremoli 29 - Media Valle Barga - Borgo a Mozzano - Coreglia Antelminelli - Fabbriche di Vallico del Serchio Pescaglia - Villa Basilica 30 - Montagna Fiorentina Londa - Pelago - Pontassieve - Reggello - Rufina - San Godendo 31 - Mugello Barberino di Mugello - Borgo San Lorenzo - Dicomano - Firenzuola - Marradi Palazzuolo sul Senio - San Piero a Sieve - Scarperia - Vaglia – Vicchio 32 - Pratomagno Castelfranco di Sopra - Castiglion Fibocchi - Loro Ciuffenna - Pian di Sco' 33 - Siena Siena – Monteriggioni 34 - Val d'Ambra Bucine - Laterina - Pergine Valdarno 35 - Valdarno San Giovanni Valdarno – Caviglia 36 - Valdarno Inferiore Castelfranco di Sotto - Montopoli in Val d'Arno - San Miniato - Santa Croce sull'Arno 37 - Valdarno Incisa in Val d'Arno - Rignano sull'Arno Superiore Nord 38 - Valdera Buti - Bientina - Calcinaia - Capannoli - Casciana Terme - Chianni - Crespina Lajatico - Lari - Palaia - Peccioli - Ponsacco - Pontedera - Santa Maria a Monte – Terricciola 39 - Val di Bisenzio Cantagallo - Vaiano – Vernio 40 - Val di Chiana Aretina Foiano della Chiana - Lucignano - Marciano della Chiana - Monte San Savino Civitella in Val di Chiana 41 - Valdichiana Cetona - Chianciano Terme - Chiusi - Montepulciano - San Casciano dei Bagni Senese Sarteano - Sinalunga - Torrita di Siena – Trequanda 42 - Val di Merse Chiusdino - Monticiano - Murlo - Radicondoli – Sovicille 43 - Val di Nievole Est Lamporecchio - Larciano - Monsummano Terme - Pieve a Fievole 44 - Val di Nievole Ovest Buggiano - Chiesina Uzzanese - Massa e Cozzile - Ponte Buggianese – Uzzano 45 - Val di Pecora Follonica - Gavorrano – Scarlino 46 - Valtiberina Anghiari - Badia Tedalda - Caprese Michelangelo - Monterchi - Pieve Santo Stefano - Sansepolcro – Sestino 47 - Versilia Forte dei Marmi - Massarosa - Pietrasanta – Viareggio 19 La legge 40 raccoglieva le sollecitazione della legislazione nazionale promossa, nella seconda metà degli anni Novanta, dal ministro Bassanini, conformandosi in particolare al principio dell’individuazione dei livelli ottimali per l’esercizio associato delle funzioni dei governi locali; essa pose le basi per la riorganizzazione territoriale e per incentivare i Comuni a promuovere gestioni associate di servizi e funzioni. Il sistema prevedeva la volontarietà delle forme associative; i Comuni restavano titolari della scelta di costituire o meno un esercizio associato e di definirne forma giuridica (consorzio, convenzione, unione) e i confini territoriali. Le gestioni associate venivano incentivate mediante un sistema di contributi che favorivano la costituzione di forme associative stabili, in particolare con le Leggi Regionali 35/2007 e 37/2008. Quest’ultima prevedeva tra l’altro, contestualmente alla semplificazione degli enti locali, anche una profonda revisione e riduzione delle Comunità montane, nella direzione sollecitata dal governo nazionale con la legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 24 dicembre 2007). Il nuovo sistema delle Autonomie portava alla soppressione delle Comunità montane e alla loro sostituzione con le Unioni di Comuni; il riordino e in alcuni casi la soppressione delle Comunità montane si incrociava infatti con la possibilità di costituire Unioni di Comuni. Nacquero allora, sulla scia della legge 37/2008 le prime sei Unioni di Comuni toscane, per trasformazione di ex Comunità montane. Le Unioni di Comuni potevano essere incentivate a condizione che avessero una durata decennale e che esercitassero effettivamente funzioni e servizi di rilievo in almeno uno dei seguenti ambiti omogenei: corpo unico di polizia municipale; governo del territorio; progettazione e procedure di affidamento dei servizi pubblici; servizi e attività educative; personale e altri servizi generali di amministrazione; sportello unico delle attività produttive. Tra il 2010 e il 2011 la Regione ha ulteriormente consolidato i processi di unione intercomunale, muovendosi ormai con chiarezza verso l’obbligatorietà dell’esercizio associato delle funzioni fondamentali per i piccoli comuni. A fine 2012 le Unioni di Comuni sono in Toscana 25: alle prime sei, ex Comunità montane nate tra il 2008-2009, se ne sono aggiunte altre 12 ancora per trasformazione d Comunità montane, cinque costituite ex novo e due in fase di costituzione, per un totale di 160 comuni coinvolti (pari al 56% dei comuni toscani). 2.2. Il contesto politico-istituzionale attuale: la Legge Regionale n. 68 del 27 dicembre 2011 («Norme sul sistema delle Autonomie locali») Come è noto, nel 2010 un decreto legislativo (n. 78/2010) del Governo guidato da Silvio Berlusconi ha segnato il passaggio dalla volontarietà all’obbligatorietà dell’esercizio associato delle «funzioni fondamentali» degli enti locali. Con quel decreto14 il governo ha reso obbligatorio ed esclusivo 14 Si veda il D.L. 78 del 31 maggio 2010, art. 14, comma 30, «Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica», decreto convertito con modificazioni dalla legge n. 122 del 30 luglio 2010. 20 l’esercizio in forma associata di tali funzioni, «attraverso convenzione o unione», per i Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti (o inferiore a 3.000 se appartenenti a Comunità montane). Inoltre, il governo ha imposto alle Regioni di individuare con propria legge (concertandosi con i Comuni interessati nell’ambito del Consiglio delle Autonomie Locali) «la dimensione territoriale ottimale ed omogenea per area geografica» per lo svolgimento delle funzioni fondamentali comunali «secondo i principi di economicità, di efficienza e di riduzione delle spese»; e di stabilire, nei confronti dei comuni che presentavano una dimensione territoriale inferiore a quella ottimale, un termine entro cui avviare obbligatoriamente l’esercizio in forma associata. Le funzioni fondamentali dei Comuni, ma «ai soli fini … del riparto dei fondi perequativi degli enti locali», erano state parzialmente individuate dalla legge 5 maggio 2009, n. 42 («Delega al governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’art. 119 della Costituzione»): «funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo; polizia locale; istruzione pubblica; viabilità e trasporti; gestione del territorio e dell’ambiente; settore sociale». L’elenco “definitivo” e completo delle funzioni fondamentali, valide per tutti i Comuni italiani, è stato poi formulato dal DL 95/2012 (ben dieci anni dopo, si deve osservare, la Riforma costituzionale del Titolo V della Costituzione). La Regione Toscana ha accolto le sollecitazioni del Governo procedendo ad un sistematico riordino dell’ampia normativa regionale in materia; ed ha infine approvato, il 27 dicembre 2011, la legge regionale n. 68, «Norme sul sistema delle Autonomie locali». Il legislatore regionale ha identificato la dimensione territoriale adeguata per l’esercizio delle funzioni comunali nelle «aggregazioni di comuni, aventi territorio di norma contermine e compreso in una stessa provincia con popolazione complessiva superiore a 5.000 abitanti». Si sono così individuati, per le dieci province toscane, 37 ambiti territoriali entro cui costituire le aggregazioni comunali. La legge 68 distingue, in primo luogo tra «Unioni di comuni a disciplina ordinaria», ovvero le Unioni costituite da comuni non obbligati alla gestione associata perché superiori ai 5.000 abitanti; e «Unioni a disciplina differenziata», ovvero le Unioni obbligatoriamente previste per i comuni piccolissimi, con popolazione non superiore ai 5.000 abitanti. Nel complesso gli ambiti territoriali individuati, coinvolgono 204 dei 287 comuni presenti in Toscana e aggregano tutti i 90 piccoli comuni tenuti all’esercizio associato di funzioni, ma anche i 17 comuni piccolissimi obbligati ed altri comuni non obbligati. Ciò allo scopo dichiarato di favorire processi di «unità d’amministrazione». Aldilà degli aspetti normativi, il dato interessante da rilevare è inerente l’orientamento politico che sembra aver guidato l’individuazione da parte del legislatore dei 37 ambiti di dimensione territoriale adeguata. Seguendo un indirizzo già emerso in anni precedenti, infatti, la Regione Toscana ha cercato di privilegiare e di preservare, grazie ad una normativa flessibile, le esigenze di omogeneità socioeconomica, socioculturale ed orografica rispetto ad una mera unificazione amministrativa dei comuni. 21 La legge regionale 68 stabilisce (art. 66) l’estinzione delle 13 comunità montane ancora esistenti e la loro trasformazione obbligata in Unioni di Comuni; in mancanza di accordo tra i comuni facenti parte della ex Comunità montane per la formazione dell’Unione è prevista una fase commissariale e successivamente l’attribuzione delle funzioni e risorse delle ex Comunità Montana alla Provincia di appartenenza. [V. in Appendice A il Quadro sintetico dei principali contenuti della LR 68/2011 relativamente alle Unioni dei Comuni]. 3. Dal Circondario Empolese Valdelsa all’Unione dei Comuni Circondario Empolese Valdelsa Con l’art. 52, la legge regionale 68 ha dunque previsto che i Circondari si debbano trasformare, nell’arco di un anno, in Unioni di Comuni, adeguando in tal senso i propri statuti. L’undici novembre 2012, con l’approvazione delle modifiche apportate al proprio statuto, il Circondario Empolese Valdelsa è divenuto «Unione dei Comuni Circondario Empolese-Valdelsa». Con i suoi 167.720 abitanti e una superficie di 753,54 Kmq, la nuova Unione dei Comuni risulta, dal punto di vista demografico, la più grande tra le 371 Unioni dei Comuni esistenti in Italia; e tra le più grandi per estensione territoriale – ottava. (Il secondo posto per popolazione residente, con 120.638 abitanti, spetta a un’altra Unione della Toscana, quella della Valdera). Fino al 2013 le Unioni subentreranno al Circondario nella gestione delle funzioni ad esso demandate dalla Provincia, senza allargamento delle competenze; ma ovviamente aumenteranno le gestioni associate dei servizi. Una maggiore efficienza ed efficacia dei servizi e, soprattutto una complessiva riduzione dei costi sono, come sappiamo, la molla che sta all’origine delle riforme istituzionali avviate dal governo Monti, che non ha potuto, o voluto, approvare una riforma organica del governo locale. Ma, indubbiamente, le Unioni possono rappresentare un organo di governo politicamente rilevante stante il previsto riordino e accorpamento delle Province, su cui difficilmente si tornerà indietro. Nel nostro caso, in particolare, l’Unione dei Comuni sarebbe destinata a diventare un organo di rappresentanza e di autogoverno all’interno della futura Area/Provincia metropolitana che dovrebbe nascere dall’accorpamento previsto delle province di Firenze, Prato e Pistoia. Se la Provincia di Firenze, com’è stata finora, sparirà, è possibile che in un’ottica di redistribuzione complessiva di deleghe e funzioni, l’interlocutore diretto dell’Unione venga ad essere la stessa Regione. La normativa prevede che l’Unione dei Comuni debba gradualmente arrivare ad esercitare le seguenti funzioni fondamentali (ex DL 95/2012): a) Organizzazione generale, amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo; b) Organizzazione dei servizi pubblici di ambito comunale, ivi compresi i servizi di trasporto pubblico; c) Catasto; d) Pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale nonché la partecipazione alla pianificazione territoriale di livello sovra 22 comunale; e) Attività, in ambito comunale, di pianificazione di protezione civile; f) Organizzazione gestione servizi raccolta dei rifiuti urbani e la riscossione dei tributi; g) Progettazione e gestione del sistema locale dei servizi sociali ed erogazione delle prestazioni ai cittadini; h) Edilizia scolastica, per la parte non attribuita alla competenza delle Province, organizzazione e gestione dei servizi scolastici; i) Polizia municipale e polizia amministrativa locale. L’Unione dei Comuni è subentrata al Circondario, altresì, nella gestione anche delle seguenti funzioni e servizi, il cui esercizio è disciplinato da apposite convenzioni con i singoli Comuni: a) Servizi di assistenza sociale e di integrazione di stranieri, apolidi e nomadi - Servizi di protezione civile; b) Formazione del personale dipendente dei Comuni; c) Procedimenti per la concessione dei contributi per l’abbattimento delle barriere architettoniche; d) Sistema informativo territoriale. Il nuovo Statuto è stato approvato in modo plebiscitario dai Consigli comunali degli undici comuni: tra i 203 consiglieri che hanno preso parte alle votazioni (su 215) ci sono stati soltanto 13 contrari (7%; questi voti sono stati espressi da alcuni consiglieri del PdL dei comuni di Capraia e Limite, Cerreto Guidi e Vinci)) e 16 astenuti (8%), a fronte di 174 consiglieri favorevoli (86%) (Tab. 6). L’Assemblea del Circondario è stata sciolta nel dicembre 2012, dopo l’approvazione dell’ultimo bilancio; tra novembre e dicembre i Consigli comunali hanno eletto i loro rappresentanti in seno al costituendo Consiglio dell’Unione, per un totale di 47 membri. Il nuovo Consiglio si è insediato il 17 dicembre Quattro consiglieri spettano ai comune con oltre diecimila abitanti (due di maggioranza e due di opposizione); due, equamente distribuiti tra maggioranza e opposizione, a quelli con meno di diecimila. Faranno parte del Consiglio, inoltre, gli undici sindaci, che andranno anche a comporre la Giunta. Tra i sindaci verrà scelto il Presidente dell’Unione ed è previsto un meccanismo di rotazione, alla scadenza del mandato quinquennale, che esclude la rielezione consecutiva. L’approvazione del nuovo Statuto è stata accelerata dalla necessità di stare nei termini (fissati dalla Regione al 31 dicembre 2012) per poter accedere al finanziamento previsto (250 mila euro) a favore delle Unioni nascenti. Per il momento, la gestione associata della nuova Unione si concretizza intorno a tre funzioni: a) le politiche sociali, b) la polizia municipale e c) la protezione civile; quest’ultima già veniva gestita dal Circondario in maniera associata per tutti i Comuni. La normativa del governo imponeva il termine del 31 dicembre 2012 per avviare almeno tre gestioni associate solo ai due comuni del Circondario-Unione con meno di 5.000 abitanti (Gambassi e Montaione); ma si è deciso di rendere vincolante tale scadenza per tutti. Il punto cruciale sarà, ovviamente, nell’effettività del trasferimento di “sovranità” e poteri dai Comuni all’Unione. Per quanto riguarda il servizio di polizia municipale, che può contare la momento su un centinaio di agenti, si sta pensando di organizzarlo sul territorio, si è detto, «come i comandi dei carabinieri». Ci sarà un comandante della polizia dell’Unione e un “responsabile di stazione” nei vari presidi territoriali. I singoli sindaci «si interfacceranno» con i comandi locali. La 23 nuova organizzazione di polizia municipale potrà comunque contare su un «regolamento unico» già messo a punto dal Circondario15. Tab. 6 – Esito delle votazioni per il nuovo Statuto dell’Unione dei Comuni del Circondario Empolese Valdelsa, negli undici Comuni. Le politiche sociali. - La scelta di includere in partenza le politiche sociali è dipesa soprattutto dal fatto che nell’area era stata attivata da alcuni anni la Società della salute e l’esperienza di questo ente «dal punto di vista della programmazione anche se non della gestione diretta di tali servizi, ha costituito un punto fermo da cui iniziare a progettare l’accorpamento dei servizi»16. Insomma, nel 15 Si veda la conferenza stampa di presentazione dell’Unione dei Comuni, tenuta dal Presidente dell’Assemblea del Circondario, dal Direttore Generale e dal sindaco del Comune di Gambassi, delegato al bilancio del Circondario, sul quotidiano on-line gonews.it, 7 novembre 2012. 16 Intervista ad A. Cheti, dirigente responsabile Servizi sociali dell’ Unione dei Comuni Circondario Empolese Valdelsa, 9 gennaio 2013. 24 Circondario era già attivo un modello di gestione associata dei servizi sociali perché i Comuni ne gestivano direttamente solo una parte mentre altri, soprattutto quelli concernenti l’assistenza sociosanitaria, erano organizzati dalla ASL. Operativamente, il passaggio dai Comuni all’Unione si è articolato in tre fasi: 1) Un’analisi preliminare per individuare quali servizi dovevano passare subito alla gestione diretta dell’Unione. Sono state individuate tre priorità: - Le politiche abitative, in particolare l’assegnazione degli alloggi di edilizia pubblica e gli interventi per l’emergenza abitativa, «che in questo periodo assumono particolare rilevanza. Siamo in una fase delicata, dura, con un incremento sensibile degli sfratti e della conseguente necessità di un intervento pubblico»17. - le politiche per l’immigrazione (sportello immigrati, mediazione linguistica e culturale). È questo un ambito importante della funzione sociale svolta dai Comuni della zona, specie nell’Empolese, data l’alta percentuale di stranieri residenti, un settore nel quale gli addetti hanno accumulato un’esperienza notevole ed elevata professionalità; - le politiche socio-assistenziali già trasferite in precedenza ai servizi dell’ASL, come detto. Restano invece escluse dalla gestione associata in ambito Unione gli asili nido, gli sportelli Informa giovani e in generale tutto il settore delle politiche giovanili. Queste attività sono state ricomprese funzionalmente nel settore educativo, che per il momento è rimasto in gestione ai singoli Comuni. 2) La seconda fase è stata «di tipo sintetico», ovvero finalizzata a dare un quadro delle risorse, umane e materiali attualmente impiegate nell’espletamento dei vari servizi nei diversi comuni, per individuare quelle che dovranno passare in capo all’Unione. «È stata la fase più faticosa, perché abbiamo dovuto mettere insieme i dati di undici comuni, faticosa soprattutto nella definizione delle risorse umane. Con persone, ad esempio, che nei singoli comuni svolgevano una pluralità di mansioni, oppure si occupavano di cose appartenenti ad ambiti diversi»18. 3) La terza fase è tuttora in corso e riguarda la messa a punto del modello organizzativo vero e proprio. La questione centrale ruota attorno ai temi della centralizzazione dei servizi in capo all’Unione e, contemporaneamente, della “distribuzione”, dell’accessibilità sul territorio di tali servizi. Il modello prevede di centralizzare la struttura direttiva e le attività di back office e di creare una rete di sportelli di front office attiva presso i singoli comuni. Il back office è articolato in due settori: servizi socio-assistenziali; politiche per l’immigrazione e politiche abitative. Il front office è costituito da: a) uno sportello sociale in ciascun comune, con il ruolo di presidio territoriale, di coordinamento tra diversi soggetti (servizio sociale professionale, altri servizi del Comune, assessorato, associazionismo), di promozione dell’integrazione tra le diverse componenti del servizio e dell’unitarietà degli interventi, di osservatorio di bisogni e risorse; b) gli sportelli 17 18 Ivi. Ivi. 25 immigrati, di livello zonale, aperti nei comuni di Empoli, Castelfiorentino e Fucecchio, da collegarsi in rete a servizio dell’intero territorio dell’Unione; c) gli Uffici Relazioni con il Pubblico (URP) dei Comuni, con un ruolo aggiuntivo/integrativo nella funzione di accesso alle prestazioni sociali “leggere”19 (v. Quadro 2). Come accennato, il modello gestionale scelto dall’Unione per l’esercizio associato delle funzioni nel settore sociale prevede due modalità: una serie di interventi socio-assistenziali (v. Appendice B) saranno organizzati e attuati direttamente da parte dell’Unione, con le risorse umane, finanziarie e strumentali conferite dai Comuni; un altro gruppi di interventi socio-assistenziali (v. Appendice C) è affidato all’Azienda ASL, che garantisce le risorse per il loro svolgimento. L’affidamento alla ASL di un certo tipo di interventi socio-assistenziali consentirà più agevolmente il raggiungimento di una reale integrazione tra servizi sanitari a rilevanza sociale e servizi sociali a rilevanza sanitaria20. Le finalità generali restano quelle di sviluppare politiche sociali e socio-sanitarie in modo integrato, nel rispetto dell’identità di ciascun territorio, secondo i principi della centralità e partecipazione dei cittadini, dell’universalità ed equità delle prestazioni, della sussidiarietà orizzontale e della valorizzazione delle formazioni sociali, della verifica dei risultati raggiunti e della trasparenza nella comunicazione ai cittadini21. Tutti sembrano essere consapevoli che, comunque, il trasferimento di strutture e funzioni che hanno un impatto rilevante sulla cittadinanza, come appunto i servizi sociali, difficilmente potrà produrre un risparmio immediato in termini di costi. Un abbattimento dei costi, anche significativo, invece, potrebbe essere conseguito accentrando in capo all’Unione altre attività, ad esempio, accentrando gli acquisti dei materiali che servono a far funzionare la macchina amministrativa; la gestione delle assicurazioni; le strutture e le procedure per la redazione e la firma dei contratti. Nell’ambito dei servizi sociali l’obiettivo primario è «la qualità dei servizi» stessi. Peraltro, un risparmio effettivo già comincia ad essere percepito nelle spesa per il personale. I Comuni stanno smontando pezzi della macchina organizzativa, trasferendo all’Unione personale e risorse e, al tempo stesso ricollocando il personale e le risorse che restano di loro competenza. I dipendenti dei Comuni guardano positivamente alla nascita dell’Unione, la vedono come un’opportunità, un’occasione di riqualificazione professionale; soprattutto quelli, è ovvio, che hanno lavorato più da vicino alla nascita dell’Unione. «Il clima in generale è positivo, nonostante le incertezze e i disagi che per alcuni si potranno verificare, come, magari, cambiare sede di lavoro... Non c’è dubbio che il riflesso sull’organizzazione dei Comuni è notevole, si tratta di destrutturare un certo modo di concepire la macchina amministrativa e di ricostruire il tutto... C’è stata 19 V. il capitolo «Programma funzione sociale» della Relazione previsionale e programmatica allegata al bilancio di previsione 2013 dell’Unione. 20 Ivi. 21 Ivi. 26 discussione e confronto sui problemi, il fatto di condividere le criticità, il percorso da fare, ha contribuito a creare delle aspettative positive»22. QUADRO 2 – Modello organizzativo generale dei servizi sociali dell’Unione dei Comuni Circondario Empolese Valdelsa. Comune di Fucecchio 10 Comuni GESTIONE DIRETT A DELEG A in s tretta ALLA ASL relazione con la ASL Ges tione associata Migranti SETTORE SETT ORE SOCIO ASSIST ENZZIAL IALE ASSISTEN E Sportello specializzato con personale qualificato presente in tutti i Comuni, anc he in forma itinerante C astel f.no Cerreto Certaldo 22 Ivi. Politiche abitative (Lode) e gestione casa SET TORE SETT ORE POLITICHE PER L’ L’IMMIGRAZ IONE E POLITICHE ABIT ATIVE AT IVE BACK OFFICE centralizzato Capraia e Limite Gestione as soc iata barriere architettoniche UNIONE DEI COMUNI FUNZIONE SOCIALE Attività so ciali a rilevanza san itaria e socio assistenziali or ganizzate pr esso la ASL ASL Attività sociali gesti te direttamente dai Comuni BACK OFFICE centralizzato FRONT OFFICE in tutti i comuni Empoli Front Office leggero svolto nella maggior parte dei Comuni dall’URP (in fo rmazion i, co nsegna mod uli sti ca, racco lta doma nde ecc.) Fucec chio Gambass i Montaione Montelupo Montespertoli Vinci 27 APPENDICE A Quadro sintetico dei principali contenuti della legge regionale 68/2011 relativi alle Unioni dei Comuni [Titolo III, Capo IV, «Esercizio associato di funzioni fondamentali»]. I finanziamenti in favore delle Unioni dei Comuni Fondo di anticipazione per temporanee esigenze di bilancio delle unioni (art. 45) Il fondo prevede una concessione massima di finanziamenti fino a 2.000.000 euro da utilizzarsi per far fronte a temporanee difficoltà finanziarie delle Unioni di Comuni. L’importo massimo del finanziamento per singola Unione di Comuni non può superare i 500.000 euro. Le Unioni di comuni sono tenute alla restituzione del finanziamento entro trentasei mesi dalla data di erogazione senza alcun onere per interessi. Fondo regionale per la montagna (art. 87) Il fondo è concesso a: a) Unioni costituite per trasformazione di Comunità montane; b) Unioni costituite ex novo con il 30% del proprio territorio, classificato come montano, o con il 30% della popolazione residente in territorio classificato come montano; c) Comuni classificati come montani che non fanno parte di Unioni di comuni Fondo di anticipazione per spese progettuali (art. 93) Il fondo ha una dotazione pari a 1.000.000 di euro da utilizzare per finanziare le Unioni di Comuni di cui fanno parte comuni montani al fine di sostenere: - Progetti inerenti la realizzazione di opere da localizzare in territorio montano; - Studi finalizzati allo sviluppo dei territori montani. La concessione alle Unioni di Comuni richiedenti è regolata da una graduatoria delle condizioni di disagio dei comuni facenti parte l’Unione. L’importo massimo, per ente e intervento, è pari a 200.000 euro. Le unioni di comuni ammesse a fruire delle anticipazioni sono tenute alla restituzione delle risorse percepite, senza onere d’interessi, entro 36 mesi decorrenti dalla data di erogazione del finanziamento. Misure finanziarie di premialità per le unioni di comuni. (artt. 89-92) La Regione prevede, inoltre, l’adozione di misure finanziarie di premio per le Unioni di Comuni. Le Unioni di Comuni a disciplina ordinaria accedono ai contributi per premialità a condizione che: a) raggiungano una dimensione demografica complessiva di almeno 10.000 abitanti, ovvero siano costituite da almeno cinque comuni o da tutti i comuni di un ambito dimensione territoriale adeguata; b) siano costituite negli ambiti di dimensione territoriale adeguata; c) esercitino le funzioni fondamentali previste dalla normativa. Le sei funzioni fondamentali attribuite ai comuni a) funzioni generali di amministrazione b) funzioni di polizia locale c) istruzione pubblica d) viabilità e trasporti e) gestione territorio ambiente f) settore sociale Contenuto delle funzioni fondamentali 1) gestione del personale 2) controllo di gestione 3) gestione economica e 1) struttura unica di polizia municipale 2) polizia commerciale, amministrativa 1) servizi di nidi d'infanzia 2) organizzazione e gestione dei servizi scolastici, fino all’istruzione 1) costruzione, classificazione e gestione delle strade comunali 2) regolazione della 1) pianificazione urbanistica e regolamentazione di ambito comunale 2) valutazione impatto ambientale 1) erogazione prestazioni e servizi sociali, progettazione e realizzazione della rete dei 28 finanziaria 4) gestione delle entrate tributarie e dei servizi fiscali 5) gestione dei beni demaniali e patrimoniali dell’ente 6) ufficio tecnico, progettazione lavori pubblici e espropri 7) tenuta dei registri di stato civile, di popolazione e servizi anagrafici 8) servizio statistico e tributaria, inerente i settori e i tributi di competenza comunale secondaria di primo grado circolazione stradale urbana e rurale e dell’uso delle aree di competenza comunale di competenza comunale, vincolo idrogeologico, funzioni comunali in materia paesaggistica; catasto dei boschi percorsi dal fuoco 3) classificazione, pianificazione, vigilanza e controllo sulle emissioni acustiche 4) funzioni comunali di protezione civile 5) verde pubblico servizi sociali 2) funzioni e compiti amministrativi concernenti i servizi sociali Indicazioni temporali / normative per l’esercizio delle funzioni Entro il 30.09.2012 : le Unioni devono svolgere almeno due delle funzioni fondamentali; entro il 30.09.2013 : il completamento di tutte e sei le funzioni fondamentali, (art.29, comma 11, D.L. 216/2011, convertito con modificazioni in legge 24 febbraio 2012, n°14). Organi di governo dell’Unione e loro composizione Consiglio (artt. 27-33) Giunta (art. 33) - È l’organo di indirizzo e di controllo politico amministrativo - Ha competenza limitatamente agli atti fondamentali per i quali si applica l’art.42 TUEL - È convocato e presieduto dal presidente dell’Unione, salvo diversa previsione statutaria - Approva il regolamento di funzionamento - Ogni comune è rappresentato nel consiglio dell’Unione dal sindaco e da due o quattro consiglieri. - - Due consiglieri nel caso di comuni con pop. < a 10.000 abitanti e quattro in comuni con pop. > a 10.000 abitanti - I consiglieri sono eletti dai rispettivi consigli comunali e ripartiti in modo paritario tra maggioranza e opposizione - Esercita le funzioni attribuite dalla legge, dallo statuto e dai È composta da tutti i sindaci dei comuni associati Gli organi di governo dell’Unione sono composti unicamente dai sindaci e dai consiglieri dei comuni associati 29 regolamenti - Dà attuazione alle deliberazioni del consiglio - Svolge attività propositive e di impulso nei confronti del consiglio Adotta i regolamenti sull’organizzazion e degli uffici e dei servizi Presidente (art.34) - Rappresenta l’Unione ed è responsabile dell’amministrazio ne dell’ente - Convoca e preside la giunta Sovrintende al funzionamento degli uffici e dei servizi e all’esecuzione degli atti È eletto dalla giunta, salvo che lo statuto preveda l’elezione da parte del consiglio, a rotazione tra i sindaci dei comuni associati 30 APPENDICE B ELENCO ATTIVITA’ SOCIO-ASSISTENZIALI ORGANIZZATE PRESSO L’UNIONE Codice e denominazione Nomenclatore sociale Codice Area di intervento Attività e procedimenti Denominazione SETTORE POLITICHE ABITATIVE E PER L'IMMIGRAZIONE Disabili Immigrati 5 8 IC4 E3 Contributi economici per alloggio Contributi per abbattimento barriere architettoniche Servizi di mediazione culturale Gestione servizi di assistenza sociale e integrazione di stranieri, apolidi e nomadi (ex gestione associata con delega al Circondario Empolese Valdelsa) Sportelli immigrati Immigrati 8 E3 Servizi di mediazione culturale Emarginazione e disagio adulti 9 IC4 Contributi economici per alloggio (attività di informazione e assistenza ai migranti sui diritti di cittadinanza) Contributi a integrazione canoni di locazione Gestione alloggi ERP Emarginazione e disagio adulti 9 D2 Interventi di supporto per il reperimento di alloggi Emarginazione e disagio adulti 9 D2 Interventi di supporto per il reperimento di alloggi Affitti a canone concordato Emarginazione e disagio adulti 9 D2 Interventi di supporto per il reperimento di alloggi Sportello Casa Emarginazione e disagio adulti 9 D2 Interventi di supporto per il reperimento di alloggi (comprende: bando, formazione graduatoria, assegnazione, mobilità, rapporti con ente gestore e assegnatari, gestione amministrativa) (comprende alloggi privati e alloggi comunali) (attività di informazione e assistenza ai cittadini sulle problematiche abitative) Commissione comunale casa Gestione interventi emergenza abitativa Emarginazione e disagio adulti 9 M3 Strutture residenziali (comprende il reperimento di alloggi privati e l'assegnazione di alloggi comunali per sistemazioni abitative transitorie; l’attività della commissione tecnica emergenza abitativa) 31 Codice e denominazione Nomenclatore sociale Codice Area di intervento Attività e procedimenti Denominazione SETTORE SOCIO-‐ASSISTENZIALE 1 IC5 Contributi economici a integrazione del reddito familiare Assegno di maternità (L. 448/98) Minori e Famiglia 1 IC5 Contributi economici a integrazione del reddito familiare Assegno nuclei numerosi (L. 448/98) Anziani 4 E2 Attività ricreative di socializzazione Soggiorni estivi per anziani Anziani 4 E2 Attività ricreative di socializzazione Attività ricreative e di socializzazione per anziani Anziani 4 E2 Attività ricreative di socializzazione Centri socializzazione anziani Anziani 4 IA5 Retta per accesso a servizi residenziali RSA Villa Serena -‐ Gestione diretta Disabili 5 LA1 Ludoteche/Laboratori Disabili 5 H2 Trasporto sociale Trasporti Centri diurni disabili Emarginazione e disagio adulti 9 IB4 Contributi economici per l'inserimento lavorativo Contributi economici per il disagio lavorativo (p.e., borse lavoro, forme diverse di sostegno economico finanziario) Emarginazione e disagio adulti 9 IC4 Contributi economici per alloggio Agevolazioni tariffarie per le utenze (p.e., servizio idrico) Multiutenza 2 IB2 Contributi economici per cure o prestazioni sanitarie Contributo sanitario per indigenza (TICKET) Multiutenza 2 IB2 Contributi economici per cure o prestazioni sanitarie Buoni farmacologici Multiutenza 10 H2 Trasporto sociale Trasporti sociali Multiutenza 10 Minori e Famiglia Assistenza disabili in ludoteche/laboratori Servizi di informazione al cittadino, finalizzati all'accesso ai servizi sociali (p.e., aiuto compilazione ISEE), anche 32 Codice e denominazione Nomenclatore sociale Codice Area di intervento Attività e procedimenti Denominazione effettuati da uffici URP e Protocollo Multiutenza 10 Accreditamento servizi socio-‐sanitari Multiutenza 10 Progetti speciali "Tavoli" intersettoriali e interistituzionali per l’integrazione dei servizi e l’unitarietà degli interventi (con Multiutenza 10 la partecipazione del “servizio amministrativo” e del servizio sociale professionale) Fonte: V. il capitolo «Programma funzione sociale» della Relazione previsionale e programmatica allegata al bilancio di previsione 2013 dell’Unione. 33 APPENDICE C ATTIVITA’ SOCIALI A RILEVANZA SANITARIA E SOCIO ASSISTENZIALI ORGANIZZATE PRESSO L’ AZIENDA USL 11 Codice e denominazione Nomenclatore sociale Codice Area di intervento Attività e procedimenti Denominazione Counseling, presa in carico e progettazione Famiglia 1 D1 Servizio sociale professionale Famiglia 1 IC5 Contributi economici a Contributi economici diretti e indiretti integrazione del reddito familiare alle famiglie Minori e Famiglia 2 D1 Servizio sociale professionale Counseling, presa in carico e progettazione Minori e Famiglia 2 D1 Servizio sociale professionale Interventi di tutela per maltrattamento minori Minori e Famiglia 2 D3 Servizio per l'affidamento dei minori Affidamento consensuale di minori Minori e Famiglia 2 F2 Sostegno socio-‐educativo territoriale o domiciliare Servizi semiresidenziali Minori e Famiglia 2 F2 Sostegno socio-‐educativo territoriale o domiciliare Assistenza educativa domiciliare minori Minori e Famiglia 2 G1 Assistenza domiciliare socio-‐assistenziale Assistenza domiciliare minori Minori e Famiglia 2 IA5 Retta per accesso a servizi residenziali Inserimento in struttura di minori e di madri con figli Anziani 4 D1 Servizio sociale professionale Counseling, presa in carico e progettazione Anziani 4 G1 Assistenza domiciliare socio-‐assistenziale Assistenza domiciliare anziani autosufficienti Anziani 4 G1 Assistenza domiciliare socio-‐assistenziale Assistenza domiciliare anziani non autosufficienti Anziani 4 G1 Assistenza domiciliare socio-‐assistenziale Sorveglianza attiva anziani 34 Codice e denominazione Nomenclatore sociale Codice Area di intervento Attività e procedimenti Denominazione Anziani 4 IA5 Retta per accesso a servizi residenziali Inserimento in istituto di anziani autosufficienti Anziani 4 IA5 Retta per accesso a servizi residenziali Inserimento in istituto di anziani non autosufficienti Anziani 4 IC5 Contributi economici a integrazione del reddito familiare Contributi economici diretti e indiretti agli anziani Disabili 5 D1 Servizio sociale professionale Counseling, presa in carico e progettazione Disabili 5 F2 Attività ricreative di socializzazione Assistenza educativa domiciliare disabili Disabili 5 G1 Assistenza domiciliare socio-‐assistenziale Assistenza domiciliare disabili Disabili 5 IA5 Retta per accesso a servizi residenziali Inserimento in istituto di disabili Disabili 5 IA5 Retta per accesso a servizi residenziali Inserimento nei centri diurni di disabili Disabili 5 IB1 Contributi per servizi alla persona Interventi di aiuto personale ai disabili Disabili 5 IC5 Contributi economici a Contributi economici diretti e indiretti ai integrazione del reddito familiare disabili Disabili 5 F3 Supporto all'inserimento lavorativo Interventi di sostegno all'inserimento lavorativo Emarginazione e disagio adulti 9 D1 Servizio socialeprofessionale Counseling, presa in carico e progettazione Emarginazione e disagio adulti 9 G1 Assistenza domiciliare socio-‐assistenziale Assistenza domiciliare adulti Emarginazione e disagio adulti 9 Contributi economici a IC5 integrazione del reddito familiare Emarginazione e disagio adulti 9 M3 Strutture residenziali Contributi economici diretti e indiretti alla popolazione in stato bisogno Accesso ai centri di ospitalità notturna 35 Codice e denominazione Nomenclatore sociale Codice Area di intervento Multiutenza 10 Attività e procedimenti Denominazione A1 Segretariato sociale/Porta unitaria per l'accesso ai servizi Segretariato sociale Fonte: V. il capitolo «Programma funzione sociale» della Relazione previsionale e programmatica allegata al bilancio di previsione 2013 dell’Unione.