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PROVA 2012 TFA CLASSE A050
Classe A050 - Prova numero 2
Criteri per l’elaborazione delle risposte:
La Commissione non ha indicato il numero massimo di parole o di caratteri richiesto per ogni risposta
alle domande aperte che la prova propone. Ha agito così perché consapevole che la cultura italiana,
soprattutto in ambito umanistico, non ha ancora pienamente accolto tale procedura: essa dunque
potrebbe apparire non familiare a buona parte dei candidati.
Ciò detto, però, la Commissione raccomanda ai candidati i seguenti criteri nella compilazione delle
risposte:
1. Perspicuità e precisione: mettere a fuoco il quesito e rispondere con nettezza e senza divagare;
2. Sinteticità: secondo i criteri di perspicuità, precisione e nettezza formulati al punto 1, che
guidano a risposte essenziali, senza fughe strategiche o fumose digressioni (max 15-20 righe,
salvo dove siano fornite diverse indicazioni);
3. Chiarezza: si richiede che le risposte vengano formulate in lingua chiara, piana e trasparente,
evitando ogni inutile artifizio e ogni pretenziosità stilistica.
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Testo numero 1:
Si legga attentamente il brano che segue, tratto da Il Cortegiano del Castiglione:
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Allor messer Federico, – Veramente, – disse, – ragionando tra noi, come or facciamo, forse
saria male usar quelle parole antiche toscane; perché, come voi dite, dariano fatica a chi le
dicesse ed a chi le udisse e non senza difficultà sarebbono da molti intese. Ma chi scrivesse,
crederei ben io che facesse errore non usandole perché dànno molta grazia ed autorità alle
scritture, e da esse risulta una lingua più grave e piena di maestà che dalle moderne. – Non so,
– rispose il Conte, – che grazia o autorità possan dar alle scritture quelle parole che si deono
fuggire, non solamente nel modo del parlare, come or noi facciamo (il che voi stesso
confessate), ma ancor in ogni altro che imaginar si possa. Ché se a qualsivoglia omo di bon
giudicio occorresse far una orazione di cose gravi nel senato proprio di Fiorenza, che è il capo
di Toscana, o ver parlar privatamente con persona di grado in quella città di negoci importanti,
o ancor con chi fosse dimestichissimo di cose piacevoli, con donne o cavalieri d’amore, o
burlando o scherzando in feste, giochi, o dove si sia, o in qualsivoglia tempo, loco o proposito,
son certo che si guardarebbe d’usar quelle parole antiche toscane; ed usandole, oltre al far far
beffe di sé, darebbe non poco fastidio a ciascun che lo ascoltasse. Parmi adunque molto strana
cosa usare nello scrivere per bone quelle parole, che si fuggono per viciose in ogni sorte di
parlare; e voler che quello che mai non si conviene nel parlare, sia il più conveniente modo che
usar si possa nello scrivere. Ché pur, secondo me, la scrittura non è altro che una forma di
parlare che resta ancor poi che l’omo ha parlato, e quasi una imagine o più presto vita delle
parole, e però nel parlare, il qual, súbito uscita che è la voce, si disperde, son forse tollerabili
alcune cose che non sono nello scrivere; perché la scrittura conserva le parole e le sottopone al
giudicio di chi legge e dà tempo di considerarle maturamente. E perciò è ragionevole che in
questa si metta maggior diligenzia per farla più culta e castigata; non però di modo che le parole
scritte siano dissimili dalle dette, ma che nello scrivere si eleggano delle più belle che s’usano
nel parlare. E se nello scrivere fosse licito quello che non è licito nel parlare, ne nascerebbe un
inconveniente al parer mio grandissimo, che è che più licenzia usar si poria in quella cosa, nella
qual si dee usar più studio; e la industria che si mette nello scrivere in loco di giovar nocerebbe.
Però certo è che quello che si conviene nello scrivere si convien ancor nel parlare; e quel parlar
è bellissimo, che è simile ai scritti belli. Estimo ancora che molto più sia necessario l’esser
inteso nello scrivere che nel parlare; perché quelli che scrivono non son sempre presenti a quelli
che leggono, come quelli che parlano a quelli che parlano. Però io laudarei che l’omo, oltre al
fuggir molte parole antiche toscane, si assicurasse ancor d’usare, e scrivendo e parlando, quelle
che oggidì sono in consuetudine in Toscana e negli altri lochi della Italia, e che hanno qualche
grazia nella pronuncia. E parmi che chi s’impone altra legge non sia ben sicuro di non incorrere
in quella affettazione tanto biasimata, della qual dianzi dicevamo –.
Con riferimento al brano qui citato, Vi chiediamo di:
1) Parafrasarne la parte centrale, da “Parmi adunque molto strana cosa” (righe 14-15) a “in loco
di giovar nocerebbe” (riga 27), trasponendo il testo in lingua italiana d’oggi, e seguendo i
criteri di perspicuità, chiarezza e alto livello di leggibilità.
2) Chiarire, in modo preciso e sintetico, la controversia sulla buona lingua cui il testo proposto fa
riferimento e che funge da contesto alle scelte che qui vengono enunciate.
3) Che cosa intendono i due interlocutori quando fanno riferimento, più volte, a “parole antiche
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toscane”?
4) Il brano contiene una teorizzazione significativa della differenza fra lo statuto della lingua
scritta e quello della lingua orale. Esponete, in modo chiaro e sintetico, le possibili
osservazioni di un lettore di oggi di fronte alle affermazioni della voce del passato che qui
parla.
5) Commentare la figura “quasi una imagine o più presto vita delle parole” (righe 18-19) in chiave
retorica.
6) Ragionare sul valore semantico della dittologia “culta e castigata” (riga 22)
7) La parola “affettazione” (riga 34) è una parola chiave nel testo del Castiglione; descrivere con
precisione il significato che essa ha nel contesto dell’opera.
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Testo numero 2:
I fiumi
di Giuseppe Ungaretti (da L’allegria, Mondadori, Milano 1942)
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Mi tengo a quest’albero mutilato
abbandonato in questa dolina
che ha il languore
di un circo
prima o dopo lo spettacolo
e guardo
il passaggio quieto
delle nuvole sulla luna
Stamani mi sono disteso
in un’urna d’acqua
e come una reliquia
ho riposato
L’Isonzo scorrendo
mi levigava
come un suo sasso
Ho tirato su
le mie quattr’ossa
e me ne sono andato
come un acrobata
sull’acqua
Mi sono accoccolato
vicino ai miei panni
sudici di guerra
e come un beduino
mi sono chinato a ricevere
Il sole
Questo è l’Isonzo
e qui meglio
mi sono riconosciuto
una docile fibra
dell’universo
Il mio supplizio
è quando
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non mi credo
in armonia
Ma quelle occulte
mani
che m’intridono
mi regalano
la rara
felicità
Ho ripassato
le epoche
della mia vita
Questi sono
i miei fiumi
Questo è il Serchio
al quale hanno attinto
duemil’anni forse
di gente mia campagnola
e mio padre e mia madre
Questo è il Nilo
che mi ha visto
nascere e crescere
e ardere d’inconsapevolezza
nelle estese pianure
Questa è la Senna
e in quel suo torbido
mi sono rimescolato
e mi sono conosciuto
Questi sono i miei fiumi
contati nell’Isonzo
Questa è la mia nostalgia
che in ognuno
mi traspare
ora ch’è notte
che la mia vita mi pare
una corolla
di tenebre
Cotici il 16 agosto 1916
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1) Il candidato proponga una parafrasi delle prime quattro strofe del testo.
2) Il candidato annoti, come per un commento che aiuti il lettore a interpretare, le seguenti
espressioni: “mi sono riconosciuto / una docile fibra /dell’universo” (vv. 29-31); “Ma quelle
occulte
/ mani /
che m’intridono” (vv. 36-38); “Questa è la Senna /
e in quel suo torbido /
mi sono rimescolato / e mi sono conosciuto” (vv. 57-60).
3) Con riferimento al repertorio di figure di questa poesia, il candidato provi a definire il rapporto
fra similitudine e metafora e il loro differente impatto sul lettore.
4) Il candidato colleghi i fiumi introdotti da Ungaretti nel testo alle regioni che attraversano e
alla loro rilevanza storico-geografica dentro l’autobiografia ungarettiana.
5) Il candidato rifletta, citando qualche esempio, sulla valenza simbolica e immaginativa della
Prima guerra mondiale nel contesto della vicenda storico-letteraria di primo Novecento.
6) Il candidato, con l’aiuto di qualche esempio, proponga alcune osservazioni a proposito
dell’impianto metrico e ritmico del testo.
7) A partire da questo testo capitale, il candidato provi a esprimere alcune osservazioni sulla
“funzione Ungaretti” dentro la poesia italiana ed europea del Novecento.
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Domande di storia:
1) La Chiesa tra crisi istituzionale e dissenso religioso nei secc. XIV-XV. Il candidato si soffermi
in particolare su: Papato avignonese, nuove forme di dissenso religioso, Scisma d’Occidente,
conciliarismo, Concilio di Costanza.
(Per rispondere a tale quesito il candidato potrà anche superare le 20 righe pur mantenendosi
dentro una prospettiva di sintesi estrema).
2) Il candidato descriva i caratteri delle tre principali fasi della Rivoluzione Francese tra il 1789
e il 1799, con particolare riguardo al rapporto tra le forme costituzionali e la mobilitazione
delle forze sociali.
(Per rispondere a tale quesito il candidato potrà anche superare le 20 righe pur mantenendosi
dentro una prospettiva di sintesi estrema).
Quesito di geografia:
1) Il candidato sviluppi in maniera concisa il seguente tema di interesse geografico: la
sostenibilità
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