Gli Organismi Estremofili: dalla Inesplorata Biodiversità alla Biotecnologia del Futuro Mosè Rossi Dipartimento di Biologia Strutturale e Funzionale Università Federico II Napoli Istituto di Biochimica delle Proteine CNR Napoli In oltre 3.8 miliardi di anni di vita sulla terra, i microrganismi hanno avuto un’influenza determinante sull’equilibrio ecologico e geochimico del pianeta, sono testimoni della storia dell’evoluzione biologica e agiscono da veri e propri biosensori della Natura. Infatti, le attività metaboliche, le dinamiche evolutive e i processi ecologici delle popolazioni microbiche hanno effetti sui flussi di energia e materia nel mare, sulla terra e nell’atmosfera, e perfino sui cambiamenti globali del clima. I microrganismi catturano e processano l’energia e guidano i maggiori cicli degli elementi. Grazie ai progressi tecnologici e alla convergenza di microbiologia, ecologia, genomica, geologia e oceanografia, lo studio dei microrganismi ha avuto negli ultimi anni uno sviluppo esplosivo ed ha permesso di valutare la diversità e l’importanza dell’attività microbica nelle nicchie ecologiche più remote. Ma quali sono i limiti della biosfera microbica? • Una visione antropocentrica dell’Universo ha fatto ritenere, per il passato, che le condizioni chimiche e fisiche che permettono ai viventi di crescere e riprodursi siano comprese tra le temperature di 10 e 40°C, comprendano soluzioni saline non superiori a quelle dell’acqua del mare e abbiano una moderata acidità o alcalinità alla pressione atmosferica. • L’esplorazione di habitat estremi considerati, un tempo, al di fuori della biosfera, ha rivelato che essi sono ricchi di vita. Sono stati trovati organismi in grado di crescere e riprodursi soltanto in condizioni ritenute non compatibili con la vita. • Tali scoperte hanno rivoluzionato la concezione dei limiti di temperatura, di salinità, di acidità o alcalinità, di pressione che consentono la vita stessa. • Questi microrganismi sono stati denominati “estremofili” e sono stati trovati dovunque siano stati cercati. CATALOGAZIONE DEI MICRORGANISMI Mesofili: temperature moderate Termofili / Ipertermofili: alte temperature Acidofili / Alcalofili: condizioni acide/ basiche Alofili: alte concentrazioni saline Psicrofili: basse temperature Barofili: alte pressioni Temperature limits for life The highest and lowest temperature for each major taxon is given. Archaea are in red, Bacteria in blue, algae in light green, fungi in brown, protozoa in yellow, plants in dark green and animals in purple. Habitats degli ipertermofili terrestri … Hydrothermal sites on Earth Solfataric fields Hydrothermal vents Marine “Black smokers” Greetings from Vulcano Solfatara Pozzuoli (Napoli) - Italy Pozze di fango bollente Fumarola S. solfataricus home Sorgenti calde Sulfolobus solfataricus 80°C Archaeoglobus fulgidus 80°C “Black smokers” Pyrodictium occultum 110°C Pyrococcus furiosus 90°C “Lost city” (white smokers) Methanopyrus kandleri 90°C, 2000 m - T= 40-90 °C - pH molto basico - camini di carbonato bianco - Archaea metanogeni Proteobacteria 0°C, Proteobacteria 0°C, - 3000 m Ferroplasma acidophilum pH 1 Bacillus sp. pH 10.5 Halobacterium salinarium 20% NaCl Halobacterium japonicum 30% NaCl Methanobacter 40-60°C La recente pubblicazione della sequenza del genoma del più abbondante e diffuso batterio marino il Pelagibacter ubique ci ricorda il vasto universo microbiologico che ancora deve essere esplorato. Questo genoma, di 1.3 milioni di coppie di basi, è il più piccolo di tutti gli organismi noti viventi non parassiti sul pianeta e la sua altamente essenziale sequenza genica gli dà una grande competizione per riprodursi negli ambienti in cui la concentrazione dei nutrienti è bassa come nel mar dei Sargassi. Analisi di DNA di carotaggi a differenti profondità sotto il Pacifico hanno indicato la presenza di attive comunità di microrganismi e cambiamenti nella biodiversità microbica che è accoppiata alle variazioni nella composizione chimica dei sedimenti. Nel 2002 fu scoperto un nuovo archeon ipertermofilo chiamato Nanoarcheum equitans che vive nei camini sottomarini a 90°C. Le sue cellule colorate di rosso misurano solo 400 nm e crescono attaccate a un altro archeon del genere Ignicoccus. Il genoma del nanobatterio è di 0.49 milioni di coppie di basi con 552 sequenze di DNA codificanti di circa 800 paia di basi per gene. I meccanismi che consentono il mantenimento delle funzioni cellulari in condizioni di vita estrema sono oggetto di intensi studi. Importanti innovazioni tecnologiche nei metodi di campionamento e filogenesi molecolare, che non richiedono la coltivazione dei microrganismi, hanno reso possibile una valutazione della diversità ed importanza dell’attività microbica nelle nicchie ecologiche più remote. Tali studi hanno chiarito che, per esempio, il sottosuolo sia terrestre che marino, rappresenta l’habitat di elezione di miliardi di microbi che costituiscono circa il 50%della biomassa totale della terra. Le dimensioni di questi organismi sono di circa 500-600 nm. Recentemente sono stati scoperti organismi che per le loro dimensioni sembrano sfidare le leggi della biologia. I nanoarchea ed i nanobatteri hanno dimensioni paragonabili o addirittura inferiori ad alcuni virus. Un po’ di numeri: dimensioni Parvovirus (il più piccolo virus) 20 nm Nanoarchaeum equitans (il più piccolo archaeon) 400 nm Pelagibacter ubique (il batterio più abbondante) 500 nm Nanobacterium (il più piccolo batterio) 20-150 nm Mimivirus (il più grande virus) 400 nm Escherichia coli 2000-6000 nm Un po’ di numeri Numero e biomassa di procarioti nel mondo HABITAT Numero di cellule (x1028 ) Contenuto in carbonio della biomassa (x1015 g) Acque 12 2.2 Sottosuolo oceanico 355 303 Suolo 26 26 Sottosuolo terrestre 25-250 25-215 Totale 415-640 353-546 I procarioti costituiscono circa metà del protoplasma dei viventi . Contengono, rispetto alle piante: - il 60% del C - 10 volte più N e P Un po’ di numeri Abbondanza dei procarioti in differenti ecosistemi HABITAT Numero di cellule Acqua di mare (superficiale) 5x105 cellule/ml Acqua di mare (profonda) 5x104 cellule/ml Acqua dolce 1x106 cellule/ml Suolo 1x107 cellule/g Rumine 1x1015 cellule/individuo Intestino umano 1x1015 cellule/individuo L’apparato digerente animale è uno degli ecosistemi più popolati da microrganismi Un po’ di numeri Coltivabilità dei procarioti da differenti ecosistemi HABITAT Coltivabilità (% di specie coltivabili sul totale) Acqua di mare 0.001-0.1 Fiumi 0.25 Laghi 0.1-1 Fanghi attivati 1-15 Sedimenti 0.25 Suolo 0.3 I TRE DOMINI DEI VIVENTI Bacteria Archaea Eucarya Sulla scala temporale, la comparsa dei procarioti (prima Archaea e poi Batteri) ha preceduto di molto quella degli Eucarioti Tra tutti gli organismi viventi, i procarioti (sia Batteri che Archaea) presentano la maggiore diversità genetica e metabolica Tecniche classiche per l’isolamento di specie microbiche Campioni da differenti habitats Differenti terreni di coltura Tecniche classiche per l’identificazione di specie microbiche E’ noto che solo una minima parte dei microrganismi è stata identificata e si stima che solo circa 1% sia coltivabile. Per ovviare a questa limitazione, si è sviluppata la Metagenomica, cioè il sequenziamento dei genomi mediante estrazione diretta o clonaggio del DNA da comunità di microrganismi estratti dal suolo o da filtrati di acqua di mare. La metagenomica, sfruttando la Biodiversità, ha anche una grande potenzialità d’impatto sulla ricerca industriale a tutti i livelli per lo sviluppo di nuove molecole e di tecnologie rispettose dei problemi ambientali. La metagenomica, sfruttando la Biodiversità, ha anche una grande potenzialità d’impatto sulla ricerca industriale per lo sviluppo di nuove molecole e di tecnologie rispettose dei problemi ambientali. Approcci high throughput per lo studio della biodiversità molecolare dei microganismi Campione ambientale COLTIVAZIONE Strategie Selettive di isolamento METAGENOMICA Estrazione del DNA Costruzione di una libreria Analisi delle sequenze Con questa tecnologia il gruppo di Craig Venter, che dopo il sequenziamento del genoma umano, ha fondato l’Institute for Biological Energies Alternatives, alla ricerca di microrganismi che producono idrogeno, ha isolato da filtrati di acqua di mare migliaia di nuove specie batteriche e milioni di geni sconosciuti. Inoltre, grazie alle tecniche di sequenziamento ultraveloce su larga scala, è stato finora sequenziato il genoma completo di centinaia di microganismi marini. Il gruppo di Venter sta ora affrontando un’altra sfida che ha sollevato molte discussioni ed opinioni controverse: creare la vita e utilizzarla per produrre energia pulita. L’idea è di creare un microrganismo sintetico con un corredo genico minimo, a cui aggiungere geni per la produzione di energia pulita. Il Gruppo di Craig Venter sta cercando di introdurre in questo microbo, creato in laboratorio, le sequenze dei geni delle vie metaboliche per degradare la cellulosa fino alla produzione di etanolo, partendo da materiale vegetale di scarto, senza aggravio per l’agricoltura, come invece accade con gli attuali metodi che utilizzano mais o grano. Scoperte attese dallo studio della biodiversità molecolare dei microrganismi Inventario degli organismi viventi e ricostruzione della storia dell’evoluzione. Informazioni sull’origine della vita e sulla possibilità che la vita esista al di fuori della Terra (esobiologia). Dettagli dei meccanismi biochimici, genetici e fisiologici dell’adattamento a diversi ambienti. Identificazione di nuovi metaboliti ed enzimi per applicazioni in campo medico, agroalimentare ed industriale. Sviluppo di sistemi genetici per utilizzare i microrganismi come “fabbriche cellulari”. Biodiversità e Biotecnologie Nelle Biotecnologie, sono le caratteristiche dei sistemi biologici usati, in relazione alla loro specificità funzionale e stabilità, a fissare i limiti operazionali di un processo. La scoperta di nuovi organismi che vivono in maniera ottimale in ambienti particolari, con il conseguente adattamento delle biomolecole indispensabili alla loro vita, allargano i limiti delle condizioni operative nell’industria sia per implementare processi tradizionali, sia per disegnarne nuovi per prodotti innovativi. Un approccio importante è l’utilizzo della biodiversità poiché la diversità dei microrganismi, le molecole che contengono ed i processi che essi svolgono sono realmente immensi. . • I risultati ottenuti negli ultimi anni dallo studio degli enzimi isolati da microrganismi estremofili hanno generato approcci innovativi per la comprensione del rapporto tra struttura e funzione delle proteine e portato al convincimento che la loro utilizzazione nei processi industriali apre una nuova era nel campo delle Biotecnologie. • Si sono trovati enzimi stabili ed attivi da pH 1 a 11 a temperature tra 0°C e oltre 100°C, a elevate concentrazioni saline, nei solventi organici, nei detergenti, etc. • Si prevede che il loro utilizzo potrà ridurre la distanza tra processi chimici e biologici. ENZIMI • Gli enzimi da ipertermofili sono termostabili e attivi ad alte temperature (termoattivi) geneticamente codificate e le loro proprietà sono • Sono stabili e spesso attivi in solventi organici • Sono generalmente stabili verso i comuni denaturanti delle proteine (urea, guaridinio idrocloruro, SDS, etc.) • Hanno un’attività ottimale ad una temperatura vicina a quella di crescita ottimale dell’organismo da cui derivano • Sono esempi naturali di enzimi termostabili, termofilici e resistenti ai solventi e possono essere usati come modelli naturali per disegnare e costruire proteine con nuove proprietà. Proprietà richieste per il processo Produzione di una libreria di enzimi Enzimi candidati Evoluzione in vitro ingegneria enzimatica Enzimi con le proprietà richieste Applicazione degli enzimi nei processi biocatalitici screening secondario Enzimi da estremofili FONTE CRESCITA ENZIMI APPLICAZIONI Termofili/ 60-80 C (termofili) 80 (ipertermofili) Proteasi Detergenti, industria alimentare, della birra, panificazione Degradazione di amido, cellulosa, pectina, chitina, industria tessile e della carta Detergenti, reazioni stereo-specifiche, biosintesi organica PCR Reazioni di ossido-riduzione ipertermofili Glicosil idrolasi Lipasi, esterasi DNA polimerasi Deidrogenasi Psicrofili 15 Proteasi Glicosil idrolasi Lipasi Detergenti, industria alimentare Degradazione di amido, cellulosa, pectina, chitina, industria tessile e della carta Detergenti, industria alimentare e cosmetica Alofili 2-5 M NaCl Proteasi Deidrogenasi Produzione di peptidi Biocatalisi in solventi organici Alcalofili pH 9 Proteasi, cellulasi Detergenti, industria alimentare Acidofili pH 3 Amilasi Proteasi, cellulasi Ossidasi Degradazione di amido industria alimentare Desulfurizzazione del carbone Piezofili fino a 130 MPa Idrolasi Vari Industria alimentare Produzione di antibiotici LA POLYMERASE CHAIN REACTION (PCR) L’ amplificazione dei frammenti di DNA con questa tecnologia ha portato ad una rapida espansione della Conoscenza nelle scienze della vita, in particolare nella biologia molecolare e cellulare, nell’ ingegneria genetica e nelle biotecnologie. La Polymerase Chain Reaction (PCR) Una molecola 21 22 23 24 Consiglio Nazionale delle Ricerche Institute of Protein Biochemistry La “Polymerase Chain Reaction” (PCR) •La scoperta di una nuova polimerasi dal batterio termofilo Thermus aquaticus eliminò il problema dell’aggiunta dell’enzima ad ogni ciclo dopo il passo dii denaturazione, portando ad un rapido sviluppo della tecnica PCR . • Successivamante, dagli Archaea sono state isolate e portate sul mercato varie DNA polimerasi che differiscono dalla Taq in quanto: • le DNA polimerasi da Archaea posseggono attività ”proofreading “, mancano dell’associata attività esonucleasica 3’-5’, anche se hanno una processività limitata in vitro; • Il problema della bassa processività è stato superato con l’isolamento di una DNA polimerasi archeale da Thermococcus kodakaraensis, che mostra velocità di estensione più elevate (106-138 s-1) con bassi errori ed alta processività. Consiglio Nazionale delle Ricerche Institute of Protein Biochemistry Idrolisi enzimatica dell’amido OH O OH HO amilosio O O O HO a(1,4) O OH OH O O HO OH OH OH a(1,4) O HO O H OH O a(1,4) O O HO amilopectina O HO OH H O O O O OH O a(1,4) HO O a(1,6) H O H O O a(1,4) HO OH H O O 1 3 O a(1,4) HO O 1 b-amilasi 2 a-amilasi 3 pullulanasi glucoamilasi 1 glucosio 2 H O Consiglio Nazionale delle Ricerche Institute of Protein Biochemistry Liquefazione e saccarificazione dell’amido (starch) LIQUEFACTION Starch slurry 35% dry solids (DS), pH 6.5 Ca++ > 40 ppm a-amylase Gelatinization 103 - 105°C; 3 - 7 min Dextrine Syrup 8-15% DE Dextrinization 95°C; 1 - 3 hrs fungal a-amylase Maltose syrup L’amido insolubile in acqua si rigonfia e gelatinizza alle alte temperature, permettendo l’attacco delle amilasi. glucoamylase SACCHARIFICATION 60°C; pH 4.2 - 4.5; 48 hrs . L’utilizzo di una alfa-amilasi termostabile ed attiva alle alte temperature permette che il processo di gelatinizzaziene e saccarificazione avvenga contemporaneamente con riduzione dei costi e dell’impatto ambientale. Glucose syrup 95-96% DE Consiglio Nazionale delle Ricerche Institute of Protein Biochemistry Produzione di High Fructose Corn Syrup Lo sciroppo di Glucosio può essere venduto in forma liquida o cristallizato per varie applicazioni. La maggior parte dello sciroppo di glucosio negli USA è convertito nello high fructose corn syrup (HFCS). Paragone del potere dolcificante Saccarosio Glucosio Fruttosio Maltosio Lattosio Saccarina Aspartame 100 70 130 40 16 30,000 20,000 Una soluzione al 42% di fruttosio ha lo stesso potere dolcificante di una al 100% di saccarosio xylose isomerase xylose …ma ad alta temperatura (90-95 ºC) xylulose xylose isomerase glucose fructose SISTEMA BIOMIMETICO ENZIMATICO PER LA CATTURA DELLA CO2 Il crescente aumento nell’atmosfera della concentrazione della anidride carbonica (CO2) prodotta dalle attività antropiche è ritenuta una delle principali cause dei cambiamenti climatici della terra. Pertanto lo sviluppo e l’impiego di tecnologie per ridurne la concentrazione, mediante cattura e stoccaggio, avranno un ruolo essenziale a livello internazionale per poter produrre l’energia necessaria allo sviluppo di ogni paese riducendo il danno ambientale. DIMENSIONE DEL PROBLEMA • Prendiamo in considerazione una centrale di 300 MW che utilizza carbone e dà energia ad una cittadina di circa 10.000 abitanti, • Essa brucia circa 125 tonnellate di carbone per ora, circa 3000 T al giorno. • Produce circa 290 tonnellate di CO2 per ora (2,32 T di CO2 per T di carbone) cioè 6960 T al giorno. • Da questi dati si evince che la quantità di CO2 da considerare è molto grande e che, se si sequestrasse la CO2 come carbonato di Calcio, si produrrebbero 666 T di sale per ora e circa 16.000 T per giorno. • Un automobile di cilindrata media produce circa 130 gr di C02 per Km percorso. Ogni 100 Km un’auto produce 13 Kg di C02. • Sorge la necessità di catturare e sequestrare la CO2 in loco utilizzando opportune tecnologie e associando la produzione di energia alla cattura della CO2. . • La tecnologia più sviluppata sembra essere quella dell’assorbimento chimico della CO2 su alcanolammine, seguite dallo stripping con vapore, per produrre gas concentrato con successiva sua compressione nella forma liquida che può essere portato a un sito di sequestro generalmente geologico o marino. • Comunque questo processo è costoso ed è problematico sia il sequestro geologico che quello marino anche per ragioni ecologiche e di sicurezza. • Il sequestro della CO2 in forma di sale per uno stoccaggio di lunga durata è molto interessante in quanto i minerali carbonato, tipo calcite, dolomite, aragonite etc rappresentano la più grande riserva di CO2 della terra e la geologia dimostra che se ne possono conservare indefinitamente grandi quantità. Ho un progetto con l’ENEL per sviluppare un sistema biomimetico per il sequestro della CO2 prodotta in impianti di combustione. Abbiamo isolato da organismi termofili, anidrasi carboniche stabili , che con la loro specificità, selezionano la CO2 dagli altri gas e ne catalizzano la velocità di idratazione per la successiva fissazione in minerali stabili con dei contro ioni di sali, utilizzando varie sorgenti saline di scarto o acqua di mare. L’anidrasi carbonica è un metallo-enzima antico molto diffuso anche nei procarioti. Fisiologicamente l’anidrasi carbonica facilita la rimozione della CO2 dal corpo dei mammiferi. E’ uno degli enzimi più efficienti conosciuti. Infatti una molecola di enzima idrata circa 1.000.000 di molecole di CO2 per secondo. E’ considerato un enzima vicino alla perfezione. Nella Figura è riportato il meccanismo di azione dell’enzima e il principio per l’utilizzo dell’enzima stesso immobilizzato nel processo. Anidrasi carbonica CO2 + H2O HCO3- + H+ Tale sistema biomimetico offre indubbi vantaggi in quanto il processo è effettuato in soluzione acquosa, è specifico per il sequestro della CO2, è ambientalmente compatibile e la concentrazione della CO2 e il trasporto sono relativamente poco costosi. Biodiversity Gene library Screen Discovery Recover clone Evolution Enzyme Small molecule Production