Studi osservazionali Infezione da Chlamydia pneumoniae e da Helicobacter pylori nell’infarto miocardico acuto Giuseppe Di Tano, Isa Picerno*, Maria Luisa Calisto*, Santi Antonino Delia*, Pasqualina Laganà*, Pasquale Spataro* Divisione di Cardiologia, Azienda Ospedale Piemonte, Messina, *Dipartimento di Igiene e Medicina Preventiva, Università degli Studi, Messina Key words: Acute myocardial infarction; Chlamydia pneumoniae; Helicobacter pylori. Background. Increasing evidence suggests an acute or chronic linkage between infection and acute coronary syndromes. The aim of this study was to assess the frequency of Chlamydia pneumoniae (CP) and Helicobacter pylori (HP) antibodies in patients with angiographically defined acute myocardial infarction and in population controls. Case patients and controls were drawn from the same geographic area (city of Messina and its province). Methods. Blood samples were collected in 206 incident cases of acute myocardial infarction presenting to the Coronary Care Unit (196 men, 10 women, mean age 58 ± 7 years) in the period from March 1997 to June 1999. Case patients were selected if they were non-smokers, non-diabetic and if they had no history of hypertension. The control group consisted of 142 healthy subjects, without a known history of smoking, diabetes, and hypertension. Controls were matched to acute myocardial infarction patients for age, sex and socio-economic status. Commercial ELISA assay was used to measure IgG antibody to HP (positive titer > 8 IU/ml) and indirect immunofluorescence method was used to assess IgG antibody anti-CP (IgG titer > 1:64 was considered a marker of chronic infection). Results. No significant difference was observed in the frequency of HP antibodies in acute myocardial infarction patients and in the control group (43.3 vs 41.5%, p = NS, odds ratio-OR 1, 95% confidence interval-CI 0.7-1.6). On the contrary, CP titers were increased in 83% of acute myocardial infarction patients, and in 57% of control subjects (p < 0.001, OR 3.6, 95% CI 2.2-5.7). In acute myocardial infarction patients seropositivity for CP was associated with increased basal fibrinogen levels (539 vs 445 mg/dl). No correlation was found between seropositivity to CP and C-reactive protein, and with total or fractionated cholesterol and triglyceride concentrations. Conclusions. The present data indicate that, in our sample, acute myocardial infarction was associated with an increased frequency of CP seropositivity. The presence of CP antibodies was not associated with elevated levels of C-reactive protein. Our data support the need for controlled studies to investigate the role of these infective agents as a trigger of acute coronary syndromes. (Ital Heart J Suppl 2000; 1 (12): 1576-1581) Ricevuto il 24 maggio 2000; nuova stesura il 26 luglio 2000; accettato l’1 agosto 2000. Introduzione Per la corrispondenza: Dr. Giuseppe Di Tano Via Consolare Pompea, 283/C 98168 Messina E-mail: [email protected] Numerosi studi epidemiologici, anatomo-patologici e clinici hanno riportato l’esistenza di un’associazione positiva tra una pregressa infezione e l’insorgenza di cardiopatia ischemica1-3. Tale evidenza, anche se proveniente da ricerche abbastanza eterogenee tra loro, ha riguardato soprattutto la Chlamydia pneumoniae (CP) e l’Helicobacter pylori (HP) che risultano tra i principali agenti infettivi sospettati di essere coinvolti nel determinismo dell’aterosclerosi e di avere un ruolo scatenante nell’instabilizzazione della cardiopatia ischemica1-4. Comunque, nonostante l’associazione sia stata confer1576 mata in popolazioni diverse, si registrano alcune discrepanze derivanti sia dai differenti disegni degli studi che dai differenti approcci metodologici applicati nella determinazione o nel dosaggio degli anticorpi. In particolare, ampie discordanze esistono sulla definizione di sieropositività e quindi sui livelli sierologici anticorpali specifici considerati positivi per infezione pregressa da CP2. Inoltre è opportuno tenere presente che questo tipo di infezioni sono oramai “comuni” e una sieropositività nei loro confronti, largamente presente in ampie fasce di età e più diffusamente oltre i 50 anni1,2,4, è spesso associata ad altri fattori convenzionali di rischio coronarico quali il sesso, l’età, il fumo di sigaret- G Di Tano et al - Infezioni ed infarto miocardico acuto te, il diabete mellito, l’ipertensione arteriosa o la classe sociale4-9. In questo studio caso-controllo si è valutata la frequenza di anticorpi anti-CP (> 1:64) ed anti-HP in un gruppo di pazienti con infarto miocardico acuto e coronaropatia accertata, privi di alcuni tra i principali fattori di rischio coronarico ed in un gruppo di controlli sani, provenienti dallo stesso bacino geografico, appaiati per sesso, età e status socio-economico. indiretta (IF Test Kit, LabSystem OY, Helsinki, Finlandia) considerando preventivamente suggestivo di infezione un titolo anticorpale > 1:64. Per la ricerca degli anticorpi anti-HP è stato utilizzato il metodo ELISA (ELISA Kit, Genesis Diagnostic, Little Port, UK) considerando positivo un titolo > 8 UI/ml. La determinazione dei titoli anticorpali è stata effettuata da un operatore all’oscuro dell’origine di appartenenza del prelievo. I livelli di colesterolemia totale e frazionata e la trigliceridemia sono stati determinati con il metodo enzimatico standard; i valori di fibrinogeno basale sono stati misurati in accordo con il metodo di Clauss e i valori di proteina C reattiva con il metodo nefelometrico. Materiali e metodi Oggetto dello studio sono stati i sieri di 206 pazienti, di età ≤ 65 anni (età media 58 ± 7 anni), 196 di sesso maschile e 10 di sesso femminile, ricoverati consecutivamente nella nostra Unità di Terapia Intensiva Coronarica (UTIC) nel periodo compreso tra marzo 1997 e giugno 1999, affetti da infarto miocardico acuto diagnosticato secondo i criteri convenzionali, con coronaropatia angiograficamente accertata durante il ricovero, e quelli di 142 controlli, selezionati tra il personale sanitario e parasanitario sottoposti a periodici screening preventivi per la sicurezza sul luogo di lavoro. I controlli, apparentemente sani ed esenti da recenti infezioni indagate anamnesticamente, appaiati per sesso, età e status socio-economico (scolarità) provenivano, come i casi, dallo stesso bacino geografico d’utenza (Messina e provincia). Tra i casi e tra i controlli, criterio di esclusione era la concomitante anamnesi positiva per ipertensione arteriosa, diabete mellito e fumo di sigarette. L’analisi sierologica è stata eseguita su un campione basale prelevato all’ingresso in UTIC per i casi e al mattino, a digiuno, per i controlli. Nel prelievo all’ingresso dei casi è stato anche dosato immediatamente il fibrinogeno, la colesterolemia totale e frazionata, la trigliceridemia e i valori di proteina C reattiva. La ricerca degli anticorpi anti-CP (IgG) è stata effettuata mediante la tecnica dell’immunofluorescenza Analisi statistica. Le frequenze anticorpali nei casi e nei controlli sono state confrontate utilizzato il test 2. I valori di proteina C reattiva, di colesterolemia, totale e frazionata, di trigliceridemia e di fibrinogenemia sono stati confrontati nei casi per mezzo del test t di Student. L’associazione tra anticorpi CP e HP ed infarto del miocardio è stata misurata tramite il calcolo degli odds ratio (OR) ed i relativi intervalli di confidenza al 95% (IC 95%) sono stati calcolati utilizzando l’approssimazione di Cornfield. Il livello di significatività statistica era determinato allo 0.05. Risultati La frequenza di sieropositività per HP nella popolazione globale è stata del 42.5%, rispettivamente del 43.3% tra i casi infartuati e del 41.5% tra i controlli, con differenza non significativa (OR 1, IC 95% 0.7-1.6) (Tab. I). Un elevato titolo anti-CP è stato evidenziato nel 72% della casistica globale ed in particolare nell’83% dei pazienti con infarto miocardico acuto e nel 57% dei controlli. Tale differenza era statisticamente significativa (p < 0.001, OR 3.6, IC 95% 2.2-5.7) (Tab. II). Tabella I. Frequenza di sieropositività per Helicobacter pylori. Soggetti sieropositivi Soggetti sieronegativi Soggetti con IMA Controlli OR IC 95% p 89 (43.3%) 117 (56.7%) 59 (41.5%) 83 (58.5%) 1 0.7-1.6 NS IC = intervallo di confidenza; IMA = infarto miocardico acuto; OR = odds ratio. Tabella II. Frequenza di sieropositività per Chlamydia pneumoniae. Soggetti sieropositivi Soggetti sieronegativi Soggetti con IMA Controlli OR IC 95% p 170 (83%) 36 (17%) 81 (57%) 61 (43%) 3.6 2.2-5.7 < 0.001 Abbreviazioni come in tabella I. 1577 Ital Heart J Suppl Vol 1 Dicembre 2000 I valori all’ingresso di proteina C reattiva, della colesterolemia totale e frazionata, e della trigliceridemia non presentavano differenze significative tra i casi sieropositivi e sieronegativi per CP (Figg. 1 e 2). Di contro, i pazienti sieropositivi presentavano valori medi più elevati di fibrinogenemia rispetto ai sieronegativi (539 vs 445 mg/d, p < 0.001) (Fig. 3). Discussione mg/L La possibilità che un’infezione pregressa da CP o da HP possa rappresentare un fattore di rischio per l’aterosclerosi e/o un trigger per un’imprevedibile instabilizzazione della cardiopatia ischemica rappresenta un’ipotesi affascinante che ha coinvolto numerosi ricercatori che hanno affrontato negli ultimi anni tale problematica sia dal punto di vista strettamente istologico con la ricerca dell’agente infettivo nella placca e sia siero-epidemiologico1-4. Per quanto riguarda la CP, sin dalla prima evidenza finlandese di Saikku et al.10 nel 1988, oltre 20 studi che hanno coinvolto circa 2700 pazienti, più una metanalisi1, hanno confermato una consistente correlazione tra sieropositività per CP e sindrome coronarica. Queste conclusioni vengono rafforzate da un’altra recente metanalisi11 incentrata sui risultati di 16 studi che, con tecniche diverse (microscopia elettronica, immunoistochimica, biologia molecolare, culture microbiologiche), hanno dimostrato la presenza di CP in un’elevata percentuale di placche aterosclerotiche di sede vascolare diversa. Di contro, due rilevanti studi di dimensioni sostanzialmente simili, uno inglese12 e uno americano5, entrambi studi nidificati caso-controllo di larghi studi prospettici, hanno però messo in discussione l’esistenza dell’associazione tra sieropositività ed eventi coronarici acuti. Queste discrepanze, legate in parte ai differenti disegni degli studi clinici, dipendono anche dalle difficoltà metodologiche e dai limiti connessi con la valutazione sierologica dell’infezione da CP. Tra i motivi fortemente limitanti vanno considerati la definizione stessa di sieropositività e la difficoltà tecnica di discriminare tra un’infezione acuta, cronica o una semplice esposizione pregressa e le rispettive loro implicazioni1,2,4,13. Inoltre bisogna tenere presente, oltre all’elevata prevalenza di sieropositività alla CP nella popolazione generale1,2,4, che la prevalenza di specifiche IgG anti-CP incrementa con l’età, e che più del 50% della popolazione di mezza età ha specifici anticorpi anti-CP nel siero che probabilmente riflettono una duratura risposta anticorpale all’infezione2,13. Nel nostro studio si è cercato di ridurre al minimo i bias legati al disegno caso-controllo14 evitando il disturbo di più potenziali fattori confondenti, arruolando una popolazione appartenente allo stesso bacino geografico ed escludendo a priori soggetti fumatori, diabetici ed ipertesi, tutti elementi per i quali è stata riportata un’associazione con un’infezione pregressa alla CP5-9. Inoltre, l’appaiamento tra casi e controlli effettuato per sesso, età e stato socio-economico, ha consentito di ammortizzare ulteriori influenze confondenti4,9,13,15 ottimizzando le possibilità di confronto. La determinazione anticorpale è stata effettuata con il metodo dell’immunofluorescenza indiretta, ampiamente considerato il gold standard per la determina- Figura 1. Concentrazione serica di proteina C reattiva (mg/l) nei pazienti con infarto miocardico acuto sieropositivi e sieronegativi per Chlamydia pneumoniae. Figura 2. Concentrazione di colesterolo totale e frazionato (mg/dl) e di trigliceridi (mg/dl) nei pazienti con infarto miocardico acuto sieropositivi e sieronegativi per Chlamydia pneumoniae. Figura 3. Valori di fibrinogenemia (mg/dl) nei pazienti con infarto miocardico acuto sieropositivi e sieronegativi per Chlamydia pneumoniae. * p < 0.001. 1578 Ital Heart J Suppl Vol 1 Dicembre 2000 G Di Tano et al - Infezioni ed infarto miocardico acuto positività ad entrambi provocava un innalzamento dei livelli di proteina C reattiva. Queste ultime conclusioni sono confermate da autori italiani26 che osservarono come è l’associazione tra più infezioni oltre a quella per CP (ad esempio per il Cytomegalovirus) a collegarsi ad un aumento significativo dei valori di proteina C reattiva, aumentando il rischio di quasi 12 volte rispetto ai non infetti e di 5 volte rispetto ai portatori di una singola infezione. Va comunque tenuto in considerazione che un elevato titolo anticorpale può indicare sia un’infezione in fase attiva ma anche una cronica, o riflettere una precedente esposizione alla CP2. È probabile che a tali differenti condizioni corrisponda un diverso grado di risposta infiammatoria e quindi un contributo diverso all’instabilizzazione clinica. Infine, l’associazione tra elevati livelli di fibrinogeno e sieropositività alla CP nei pazienti infartuati, conferma altre osservazioni simili e suggerisce un ultimo elemento di riflessione. Una correlazione tra persistente infezione da CP e elevati valori di fibrinogenemia in pazienti con sindrome coronarica acuta è stata riportata indipendentemente da altri fattori di rischio valutati27. Il fibrinogeno oltre che un fattore fondamentale della cascata emocoagulativa è un indice di fase acuta che risulta normalmente elevato in corso di infezione28 e potrebbe esprimere anch’esso attivazione infiammatoria. Recentemente è stato riportato29 come il trattamento antibiotico con claritromicina riduceva i livelli elevati di fibrinogeno specie tra i soggetti sieropositivi alla CP e all’HP confermando l’interazione tra infezione, fibrinogeno e cardiopatia coronarica. Per quanto riguarda il ruolo di una pregressa infezione da HP, i nostri dati confermano quelli provenienti da una serie di recenti report che hanno ridimensionato l’importanza di questa associazione12,30,31. Non vi è stata alcuna differenza tra controlli e casi riguardo alla frequenza di sieropositività (rispettivamente 41.5 vs 43.3%) con un OR simile a quello dello studio di Danesh et al.12, una volta aggiustato per vari fattori confondenti. Inoltre, i risultati di un ampio studio caso-controllo tedesco32 su pazienti con coronaropatia stabile, mostrano soltanto una moderata associazione tra sieropositività al ceppo più virulento dell’HP e la presenza di coronaropatia, e l’associazione non risultava più statisticamente significativa dopo che l’analisi venne aggiustata per potenziali confondenti. In conclusione, i nostri risultati, con i limiti insiti in uno studio caso-controllo, indicano che una vasta maggioranza di pazienti con infarto miocardico acuto è stata esposta all’infezione da CP, anche se la sieropositività a questo agente infettivo non si associava ad una condizione di attivazione infiammatoria sistemica segnalata da elevati valori di proteina C reattiva e supportano la necessità di ulteriori studi controllati e più estesi per far luce sul ruolo della CP e dell’HP come trigger zione del titolo anticorpale anti-CP16, valutando il livello anticorpale IgG (e non delle IgA o IgM rivelatisi non correlati con la presenza di CP ritrovata nelle coronarie umane17) che è il marker utilizzato dalla maggioranza degli studi e rappresenta il criterio di eleggibilità utilizzato dai trial di antibioticoterapia18,19. Anche se non è noto se un titolo di 1:64 indica un maggior rischio rispetto a titoli più bassi20, l’aver preventivamente considerato positivo per infezione soltanto questo valore o suoi superiori dovrebbe aver ulteriormente contribuito a meglio caratterizzare la popolazione esaminata. Nel nostro campione di soggetti normali la frequenza di sieropositivi per CP è risultata pari al 57% leggermente superiore a quella osservata in altre popolazioni1 e regioni italiane21,22. Il dato più significativo è che anche tra la nostra casistica, costituita da casi tutti con coronaropatia angiograficamente accertata, vi è una “forte” correlazione tra sieropositività per CP e incidenza di infarto miocardico acuto (83 vs 57%, OR 3.6). Per quanto riguarda le eventuali correlazioni con altri fattori di rischio, il profilo lipidico appare sostanzialmente immodificato rispetto alla sieropositività, nonostante sia stato evidenziato uno stretto legame tra CP e profilo lipidico, considerando quest’ultimo uno dei terminali su cui l’agente infettivo interverrebbe nella patogenesi dell’aterosclerosi3,23. È probabile che l’analisi del profilo lipidico globale rappresenti una valutazione estremamente grossolana in quanto è stato recentemente osservato come un’infezione cronica da CP aumenti l’effetto proaterogeno delle lipoproteine(a) tramite la formazione di immunocomplessi circolanti contenenti specifici anticorpi anti-CP, in assenza di un’evidente associazione tra sieropositività e aumentato rischio di infarto miocardico6. Inoltre nessuna correlazione è stata trovata tra i valori di proteina C reattiva basali e la sieropositività verso la CP. Di conseguenza, anche dai nostri dati e, come sottolineato recentemente anche nello studio già citato di Ridker et al.5, la dimostrazione di infezione non sembra tradursi in una risposta infiammatoria sistemica quanto meno deducibile dagli elevati valori di proteina C reattiva24. Una marcata attivazione infiammatoria dovrebbe rappresentare infatti la risposta evocata dallo stimolo infettivo e il meccanismo principale con cui si innesca il processo o la progressione dell’aterosclerosi e delle sue complicanze4,22. Tale relazione non è stata però confermata neanche da uno studio di Anderson et al.25 disegnato appositamente per correlare la proteina C reattiva come marker di infiammazione con la sieropositività ad alcuni agenti infettivi tra i quali la CP e l’HP. Infatti, se il significato di elevati livelli di proteina C reattiva come fattore di rischio per malattia coronarica venne ulteriormente confermato, di contro non fu osservata alcuna associazione tra questo marker e la presenza di una pregressa, singola, infezione da CP e HP: soltanto una contemporanea siero1579 Ital Heart J Suppl Vol 1 Dicembre 2000 nelle sindromi ischemiche acute. È da considerare comunque che la semplice presenza di anticorpi anti-CP potrebbe, da sola, non spiegare il ruolo della CP nella malattia coronarica, visto che gli studi siero-epidemiologici mostrano soltanto una possibilità di associazione più che suggerire un preciso ruolo causale. Saranno probabilmente i trial di prevenzione secondaria più estesi tuttora in corso (WIZARD, MARBLE, ACES) a meglio definire il ruolo della CP nella malattia coronarica33. gioranza di pazienti con infarto miocardico acuto è stata esposta all’infezione cronica da CP anche se la sieropositività a questo agente infettivo non si è associata ad una condizione di attivazione infiammatoria sistemica segnalata da elevati valori di proteina C reattiva e supportano la necessità di ulteriori studi controllati e più estesi per far luce sul ruolo della CP e dell’HP come trigger nelle sindromi ischemiche acute. Parole chiave: Infarto miocardico acuto; Chlamydia pneumoniae; Helicobacter pylori. Riassunto Bibliografia Razionale. I risultati di numerosi studi epidemiologici, anatomo-patologici e clinici, concordano nell’indicare che una pregressa infezione, e la conseguente risposta infiammatoria indotta, possa avere un ruolo nella patogenesi delle sindromi coronariche acute. Scopo di questo studio caso-controllo è stato valutare la frequenza di anticorpi anti-Chlamydia pneumoniae (CP) ed anti-Helicobacter pylori (HP) in pazienti colpiti da infarto miocardico acuto con riscontro angiografico di coronaropatia. Materiali e metodi. Sono stati esaminati i sieri prelevati all’ingresso in Unità di Terapia Intensiva Coronarica di 206 pazienti di età ≤ 65 anni (età media 58 ± 7 anni, 196 uomini e 10 donne, non fumatori, né diabetici o ipertesi) consecutivamente ricoverati per infarto miocardico acuto dal marzo 1997 al giugno 1999 e confrontati con quelli appartenenti a 142 soggetti di controllo normali (non fumatori né diabetici o ipertesi), appaiati per età, sesso e status socio-economico e provenienti dalla stessa area geografica dei casi (Messina e provincia). Tutti i campioni sono stati testati per gli anticorpi anti-CP, mediante la tecnica dell’immunofluorescenza indiretta, e per gli anticorpi anti-HP, tramite il metodo ELISA considerando positivo un titolo > 8 UI/ml. Marker di infezione cronica per la CP è stato preventivamente considerato un titolo di IgG > 1:64. Risultati. Il 72% della popolazione totale è risultato sieropositivo alla CP e il 42.5% all’HP. L’infarto non era associato ad infezione da HP (43.3 vs 41.5%, p = NS, odds ratio-OR 1, intervallo di confidenza-IC 95% 0.7-1.6). Al contrario un titolo anti-CP elevato è stato evidenziato in 170 pazienti (83%) con infarto miocardico acuto e nel 57% dei controlli con una differenza statisticamente significativa (p < 0.001, OR 3.6, IC 95% 2.2-5.7). La sieropositività per CP era associata nei pazienti con infarto ad elevati valori basali di fibrinogeno (539 vs 445 mg/dl) mentre il profilo lipidico (colesterolemia totale e frazionata e trigliceridemia) risultava sovrapponibile. Nessuna correlazione è stata trovata con i valori di proteina C reattiva che rappresenta un marker altamente attendibile di infiammazione sistemica. Conclusioni. Questi risultati, con i limiti insiti in uno studio caso-controllo, indicano che una vasta mag- 1. Danesh J, Collins R, Peto R. Chronic infections and coronary heart disease: is there a link? Lancet 1997; 350: 430-6. 2. Kaski JC, Camm AJ. Chlamydia pneumoniae infection and coronary artery disease. J Am Coll Cardiol 1999; 34: 14402. 3. Mehta JL, Saldeen TG, Rand K. Interactive role of infection, inflammation and traditional risk factors in atherosclerosis and coronary artery disease. J Am Coll Cardiol 1998; 31: 1217-25. 4. Grayston JT, Kuo CC, Campbell LA, Wang SP, Jackson LA. Chlamydia pneumoniae and cardiovascular disease. Cardiologia 1997; 42: 1145-51. 5. Ridker PM, Kundsin RB, Stampfer MJ, Poulin S, Hennekens CH. Prospective study of Chlamydia pneumoniae IgG seropositivity and risks of future myocardial infarction. Circulation 1999; 99: 1161-4. 6. Glader CA, Boman J, Saikku P, et al. The proatherogenic properties of lipoprotein(a) may be enhanced through the formation of circulating immune complexes containing Chlamydia pneumoniae-specific IgG antibodies. Eur Heart J 2000; 21: 639-46. 7. Karvonen M, Tuomilehto J, Pitkaniemi J, Naukkarinen A, Saikku P. Importance of smoking for Chlamydia pneumoniae seropositivity. Int J Epidemiol 1994; 23: 1315-21. 8. Cook PJ, Lip GY, Davies P, Beevers DG, Wise R, Honeybourne D. Chlamydia pneumoniae antibodies in severe essential hypertension. Hypertension 1998; 31: 589-94. 9. Saikku P. Chlamydia pneumoniae infection as a risk factor in acute myocardial infarction. Eur Heart J 1993; 14 (Suppl K): 62-5. 10. Saikku P, Leinonen M, Mattila K, et al. Serological evidence of an association of a novel Chlamydia, TWAR, with chronic coronary heart disease and acute myocardial infarction. Lancet 1988; 2: 983-6. 11. Taylor-Robinson D. Chlamydia pneumoniae in vascular tissue. Atherosclerosis 1998; 140: S21-S24. 12. Danesh J, Wong Y, Ward M, Muir J. Chronic infection with Helicobacter pylori, Chlamydia pneumoniae, or cytomegalovirus: population based study of coronary heart disease. Heart 1999; 81: 245-7. 13. Wong YK, Gallagher PJ, Ward ME. Chlamydia pneumoniae and atherosclerosis. Heart 1999; 81: 232-8. 14. Fletcher RH, Fletcher SW, Wagner EH. Epidemiologia clinica. Roma: Edizioni Luigi Pozzi, 1987: 202-10. 15. Murray LJ, Bamford KB, O’Reilly DP, McCrum EE, Evans AE. Helicobacter pylori infection: relation with cardiovascular risk factors, ischaemic heart disease, and social class. Br Heart J 1995; 74: 497-501. 16. Blasi F, Cosentini R. Laboratory diagnosis. In: Allegra L, Blasi F, eds. Chlamydia pneumoniae infection. Milano: Springer-Verlag, 1995: 10-4. 1580 G Di Tano et al - Infezioni ed infarto miocardico acuto 17. Davidson M, Kuo CC, Middaugh JP, et al. Confirmed previous infection with Chlamydia pneumoniae (TWAR) and its presence in early coronary atherosclerosis. Circulation 1998; 98: 628-33. 18. Gupta S, Leatham EW, Carrington D, Mendall MA, Kaski JC, Camm AJ. Elevated Chlamydia pneumoniae antibodies, cardiovascular events, and azithromycin in male survivors of myocardial infarction. Circulation 1997; 96: 404-7. 19. Gurfinkel E, Bozovich G, Daroca A, Beck E, Mautner B. Randomised trial of roxithromycin in non-Q-wave coronary syndromes: ROXIS pilot study. ROXIS Study Group. Lancet 1997; 350: 404-7. 20. Gurfinkel E. Is there something more behind atherosclerotic plaque inflammation? Eur Heart J 1998; 19: 677-8 21. Sessa R, Di Pietro M, Santino I, et al. Chlamydia pneumoniae infection and atherosclerotic coronary disease. Am Heart J 1999; 137: 1116-9. 22. Blasi F, Cosentini R, Raccanelli R, et al. A possible association of Chlamydia pneumoniae infection and acute myocardial infarction in patients younger than 65 years of age. Chest 1997; 112: 309-12. 23. Laurila A, Bloigu A, Nayha S, Hassi J, Leinonen M, Saikku P. Chronic Chlamydia pneumoniae infection is associated with a serum lipid profile known to be a risk factor for atherosclerosis. Arterioscler Thromb Vasc Biol 1997; 17: 2910-13. 24. Ridker PM, Cushman M, Stampfer MJ, Tracy RP, Hennekens CH. Inflammation, aspirin and the risk of cardiovascular disease in apparently healthy men. N Engl J Med 1997; 336: 973-9. 25. Anderson JL, Carlquist JF, Muhlestein JB, Horne BD, Elmer SP. Evaluation of C-reactive protein, an inflammatory marker, and infectious serology as risk factors for coro- 26. 27. 28. 29. 30. 31. 32. 33. 1581 nary artery disease and myocardial infarction. J Am Coll Cardiol 1998; 32: 35-41. Gattone M, Iacoviello L, Soffiantino F, et al. Infezioni e rischio di cardiopatia ischemica precoce. (abstr) G Ital Cardiol 1999; 29 (Suppl 3): 61. Patel P, Mendall MA, Carrington D, et al. Association of Helicobacter pylori and Chlamydia pneumoniae infections with coronary heart disease and cardiovascular risk factors. BMJ 1995; 311: 711-4. Patel P, Carrington D, Strachan DP, et al. Fibrinogen: a link between chronic infection and coronary heart disease. Lancet 1994; 343: 1634-5. Torgano G, Cosentini R, Mandelli C, et al. Treatment of Helicobacter pylori and Chlamydia pneumoniae infection decreases fibrinogen plasma level in patients with ischemic heart disease. Circulation 1999; 99: 1555-9. Wald NJ, Law MR, Morris JK, Bagnall AM. Helicobacter pylori infection and mortality from ischaemic heart disease: negative result from a large, prospective study. BMJ 1997; 315: 1199-201. Danesh J. Is there a link between chronic Helicobacter pylori infection and coronary heart disease? Eur J Surg Suppl 1998; 582: 27-31. Koenig W, Rothenbacher D, Hoffmeister A, et al. Infection with Helicobacter pylori is not a major independent risk factor for stable coronary artery disease: lack of a role of cytotoxin-associated protein A-positive strains and absence of a systemic inflammatory response. Circulation 1999; 100: 2326-31. Grayston JT. Antibiotic treatment trials for secondary prevention of coronary artery disease events. Circulation 1999; 99: 1538-9.