La Ciociaria è una storica area del Lazio, situata nella zona meridionale del territorio, che viene generalmente identificata con la provincia di Frosinone, ma i suoi confini si estendono fino ai territori di stanziamento delle popolazioni ausoniche, erniche, volsche e sannite. La sua storia è millenaria, come testimoniano le possenti mura ciclopiche, i resti archeologici di epoca romana, i numerosi borghi medievali, i monasteri e le abbazie. Le prime testimonianze pervenute appartengono ai popoli Ernici, Equi, Volsci e Sanniti, che per primi abitarono queste zone, arrivando anche a contrapporsi alla crescente potenza di Roma, che a quel tempo conosceva i suoi albori. Dopo la vittoria di Roma durante la Seconda Guerra Punica e la sua conseguente espansione e supremazia su tutta l'Italia centromeridionale, questi territori presero il nome di Latium novum o adiectum, e lo conservarono fino al 476 d.C, anno della caduta dell'Impero Romano d'Occidente. Successivamente queste terre furono dominate dai Bizantini, Longobardi, Normanni e Svevi, i quali lasciarono segni evidenti del proprio passaggio. Le prime e vere trasformazioni geografiche ed amministrative si ebbero però con l'invasione longobarda, in seguito alla quale i territori dal Garigliano ai Colli Albani presero il nome di Campagna, mentre la zona lungo il litorale tirrenico assunse il nome di Marittima. Quando il Sacro Romano Impero riconobbe lo Stato Pontificio, questa denominazione divenne ufficiale e si creò la Provincia di Campagna e Marittima, i cui abitanti vennero definiti dai Romani “ciociari”: per le loro ciocie, caratteristiche calzature di cuoio usate da contadini e pastori in numerosi territori del Lazio, dell'Abruzzo e del Molise. Intorno al XIII secolo, in questi territori si diffuse il fenomeno del brigantaggio, dove criminali e da personaggi scomodi messi al bando, trovavano riparo. L'ordinamento della provincia di Campagna e Marittima venne mantenuto fino alla prima metà del XIX secolo, quando fu istituita la Delegazione di Frosinone. Dopo l'annessione dello Stato della Chiesa al Regno d'Italia, la delegazione stessa fu incorporata alla provincia di Roma, per riacquistare la propria autonomia nel 1927. La Ciociaria conta circa 91 comuni, si presenta con una forma piuttosto allungata dove si individuano tre differenti unità morfologiche: i rilievi appenninici e pre appenninici, costituiti dai Monti Simbruini; la Valle Latina, un'ampia depressione che separa i rilievi appenninici da quelli preappenninici; infine, a confine con le province di Roma e Latina, si trova un insieme di rilievi montuosi conosciuti come Monti Volsci, che si caratterizzano per rupi scoscese e pareti a strapiombo. La Ciociaria è una terra ricca d'acqua e bacini fluviali, quindi verde per buona parte dell'anno: boschi di faggi, piante resinose, castagni, querce, frassini rendono questo magico territorio la meta ideale per tutti gli amanti della natura. Le coltivazioni maggiormente diffuse nelle campagne ciociare sono la vigna e l'ulivo che, grazie al clima temperato e alla particolare orografia del terreno, cresce con particolare vigore. La cucina di questa regione del Lazio custodisce una grande varietà di sapori antichi che si mescolano a quelli moderni, rivelandosi ricca e unica. Si tratta di una cucina prevalentemente contadina, costituita da ingredienti poveri ma di eccellente qualità, capace di dar vita a piatti semplici ma genuini. Oltre alle famose fettuccine, conosciute ed apprezzate in tutta Italia, pochi sanno che provengono da questo territorio i maccheroni ai ferri, una gustosa rarità, e i Paternostri, una pasta corta simile agli anelli. Varietà tipica della Ciociaria è l'impasto di acqua e farina, che dà vita alle sagne, alle sagne pelose (con farina integrale), le patacche, gli strozzapreti e gli ammazzacavalli. Diffuse sono le zuppe di tipo “pane sotto”, versioni molto semplici ed elementari ma anche vere e proprie ribollite, che, grazie alla grande qualità del grano e del pane locale, risultano ancora più gustose di quelle toscane. Passando ai secondi, viene consumata carne di maiale, abbacchio, pollo e coniglio. Tra i più appetitosi, il cosciotto di capretto alla ciociara, infornato con l'aggiunta di erbe aromatiche, e il garofolato di Veroli che utilizza la carne di agnello castrato aromatizzata con i chiodi di garofano. Una vera delizia per il palato! Da una terra di origine contadina, non potevano mancare le ricette a base di legumi (fagioli e sagne e laina con ceci, una varietà di pasta fatta a mano con l'aggiunta di ceci) e diverse varietà di verdure, dai broccoletti alla cicoria, con quest'ultima viene preparato un contorno di insalata, chiamato “cicoria impazzita”, il cui gusto viene esaltato con aglio e peperoncino. I pascoli e l'attività pastorizia sono fautori di eccellenti formaggi, che si contraddistinguono per sapidità ed aromi, i più celebri sono le “marzoline”, un formaggio a pasta morbida, speziato e dal gusto molto intenso. Nonostante la lontananza dal mare, la cucina ciociara prevede specialità a base di pesce, proveniente dai fiumi, con trote, anguille e i rari spinarelli, che dopo una passata nella farina di grano duro, vengono fritti nell'olio d'oliva. Infine, i dolci mai particolarmente elaborati, hanno un gusto particolare e caratteristico, come i famosi amaretti di Guarcino. Sulle tavole è immancabile il vino “Cesanese del Piglio”, un vino DOC dal sapore delicato, morbido e leggermente amarognolo. La Ciociaria, situata in un punto di demarcazione tra Stato Pontificio e Regno delle Due Sicilie, confinante con Roma, nel corso della storia fu spesso terreno di scontri e battaglie, come testimoniano i numerosi castelli, rocche e torri che svettano sulle alture più importanti di questa terra. La necessità di fortificare gli insediamenti nasce con la minaccia di invasioni barbariche, da parte di Longobardi e Saraceni, per poi farsi ancora più sentita negli anni successivi. Le principali famiglie Caetani, Colonna, Conti dei Marsi, si unirono per lottare contro gli eserciti stranieri di Enrico IV, Roberto il Guiscardo, Ruggero II, Federico Barbarossa, Federico II e Carlo d'Angiò, i quali volevano insediarsi in questi antichi territori. Come arma di difesa nacquero i castra, delle città fortificate con possenti mura di cinta che bloccavano l'accesso ai nemici. Nel punto più alto sorgeva la rocca; le torri, invece, fungevano da stazioni di avvistamento, ma servivano anche per collegare le diverse fortezze. Il castello, costruito nei punti strategici, era costituito da un mastio, cioè una torre molto alta da cui si potevano sorvegliare le cinta murarie, i cortili interni e i terreni esterni. Solo successivamente, venne edificato il “Palazzo” come dimora e difesa del signore feudale, costituito con pochi elementi, pian piano andò ampliandosi ed articolandosi, per dimostrare tutta la potenza del signore e scoraggiare eventuali nemici. La Ciociaria si rivela una terra dalla storia antica, in cui è possibile rievocare il sapore delle antiche battaglie, assaporare l'atmosfera di un passato remoto ed arcano, rivivere vicende cariche di fascino e mistero... e quale modo migliore per lasciarsi incantare da questa magica terra se non visitando i suoi numerosi castelli? Proponiamo così un tour tra la copiosa schiera di castelli ciociari, territori di lotte, di conquiste e di affascinanti vicende. Il nostro itinerario comincia da Acuto, un paese situato sulla collina dei monti Ernici, a circa 700 metri di altezza; il suo nome deriva dalla particolare forma dell'altura. Dal paese si può ammirare il piacevole panorama della Valle del Sacco, chiusa ad occidente dai Monti Lepini. Acuto è suddiviso in due aree, la parte più antica è il centro storico, situato sopra il monte e circondato da una cinta muraria che originariamente doveva essere costituita da case fortificate, come lo dimostra la presenza di torri circolari attualmente parte integrante degli edifici; la seconda parte più recente, si estende nei pressi di un vasto bosco. Il castello, costruito intorno all'anno Mille, appartenente alla famiglia Giannuzzi-Savelli, sorge nella zona centrale del paese, in posizione dominante sulla porta d'ingresso e sul borgo. Il castello è costituito da un portale d'ingresso, preceduto da una doppia scalinata laterale, che conduce ad uno spazioso atrio, da cui si può avere accesso ai due piani. Sul lato destro si trova un torrione rotondo a tre piani e dal balcone panoramico è possibile vedere tutta la cittadina. La facciata, interamente ricoperta da edere e rampicanti, rende l'atmosfera del luogo ancor più suggestiva. L'interno del castello è visitabile previa appuntamento. Chi desiderasse, dopo questa magica visita, assaporare una rivisitazione creativa dei piatti tradizionali ciociari, può recarsi al ristorante Le colline ciociare, premiato da Gambero Rosso con tre forchette. Il ristorante, sorto in un'antica casa di campagna, si presenta come un ambiente confortevole, con pavimento in cotto originale del Settecento, un accogliente camino e ampie vetrate che si affacciano sulle verdi vallate della campagna ciociara. Vengono proposti due menù degustazione e un'ampia cantina di vini, con una selezione molto accurata delle etichette. Lo chef Salvatore Tassa offre ai suoi clienti dei piatti unici della cucina d'autore, in cui gusto ed estetica si fondono in un solo abbraccio. Non si può rinunciare alla cipolla fondente cotta nel sale, ai cannoli croccanti di polenta con ripieno di ricotta e ai tortelli con il ragù di lepre ripieni di succo di mela. Il nostro tour fa tappa a Piglio, un paese situato su una propaggine del Monte Scalambra, da cui si gode una splendida vista delle valli dei fiumi Sacco ed Aniene. Piglio, dal latino Castrum Pileum, è citato in un documento del 1088, e secondo una leggenda il suo nome deriverebbe dal pileum, l'elmo romano che sarebbe caduto, a causa di un forte vento, al condottiero romano Quinto Fabio Massimo, detto Il temporeggiatore, mentre passava per questo territorio. Il castello di Piglio, importante punto strategico fondato presumibilmente intorno all'anno Mille, è costituito da due parti costruite in epoche diverse: la parte più alta, il Palatium superiore, ed una più bassa, il Palatium inferiore, con un dislivello tra le due di circa 25 metri. Il Palatium superiore, denominato anche “Rocca” o Massitium, era il centro fortificato, in cui trovavano ubicazione una Loggia Rocce, una cisterna, la Platea Curie, cioè la piazza d'armi e il Palatium Rocche, il palazzo baronale al cui interno aveva sede la Sala Palatii, luogo in cui il signore feudale celebrava solenni investiture. Il Palatium inferiore o Castellutium, aveva una corte (Platea) in cui si trovavano camere ornate di pitture. Della rocca superiore restano un torrione quadrato e un muro di cinta. La parte bassa del castello, risalente probabilmente al XIV secolo, si sviluppa attualmente in una costruzione a due piani. Il paese, all'epoca detto “il borgo”, è costituito da una serie di case costruite sui margini di un dirupo, che dovevano fungere da struttura difensiva. Nello stretto vicolo del rione Santa Maria, si può andare alla scoperta di una piccola osteria dal nome suggestivo: L'Osteria del vicolo fatato. Quest'osteria si caratterizza per un'atmosfera calda, avvolgente e un po' retrò; il menù che varia ogni giorno, è preparato unicamente con prodotti di stagione, sottolineando la grande passione e precisione culinaria dei due proprietari, Pompeo e Nadia. L'Osteria del vicolo fatato è un luogo dove potersi riposare dai frenetici ritmi moderni, per imparare a riassaporare il cibo con lentezza e gustare con attenzione ogni singola pietanza. Le portate sono numerose e tutte di ottima qualità: si parte con una decina di mini portate di antipasti, una più sfiziosa dell'altra, per poi proseguire con tre assaggi di primi. I secondi sono sempre accompagnati da contorni rigorosamente di stagione, per poi terminare con degli squisiti dolci fatti in casa. Proseguendo verso nord, si incontra Trevi nel Lazio, un piccolo comune situato nell'alta valle dell'Aniene, il cui nome deriva del termine treba, cioè trivio, per la sua posizione su tre importanti vie di comunicazione. Il paese si compone di tre zone: l'antico abitato arroccato sul colle La Civita, una parte cinquecentesca, detta “in mezzo alla terra”, ed infine la parte sviluppatasi fuori dalle mura rinascimentali, di epoca recente. Una piccola strada, “Mezzo la terra”, separa la parte antica da quella più moderna. Intorno al nucleo abitato sorge ancora la cinta muraria di origine romana, sovrastata da quella medievale con le torri quadrate e circolari. Trevi nel Lazio conserva un assetto di matrice romana, riconoscibili dal cardo e dal decumano maggiori. Grazie alla sua posizione strategica, a difesa dell'alta valle dell'Aniene, nel Medioevo si costruì un castello fortificato, il Castello Caetani, situato su uno sperone di roccia calcarea al centro della piazza principale della Civita. Il castello comprende un'area di circa 800 mq, con mura alte dai 12 ai 16 metri, ed è composto da tre parti principali: l'abitazione del Signore nella parte nord-ovest, una zona per uso militare e difensivo e il Maschio. Il castello aveva quindi funzione residenziale e difensiva. Non sono però molte le notizie storiche dirette, si sa per certo che abitarono i Caetani, potenti signori di Trevi tra la fine del Duecento e il 1471, che nel XIV secolo ne curarono l'ampliamento, predisponendo ambienti abitabili. In seguito ad un lungo e paziente lavoro di restauro il castello è oggi visitabile. Gli amanti della natura potranno apprezzare le bellissime cascate di Trevi, nella località Comunacque, a pochi chilometri dal centro del paese. Le acque della cascata un tempo alimentavano uno dei laghi artificiali fatti costruire da Nerone per arginare le piene del fiume Aniene, mentre oggi formano uno dei cinque laghetti che hanno dato origine al nome della località di Subiaco, in provincia di Roma. Chi desidera assaporare un pasto caratteristico in un'atmosfera familiare ed accogliente non può non far tappa al Ristorante Sorpaiolo, nella frazione di Altipiani di Arcinazzo. Agli inizi del Novecento questa caratteristica trattoria era una piccola baracca utilizzata come luogo di sosta e ristoro per pastori e pellegrini. Il Sorpaiolo conserva l'atmosfera confortevole ed ospitale di un tempo, capace di scaldare cuori e soprattutto palati con i più tipici piatti della tradizione laziale, realizzati con ingredienti di prim'ordine. Dirigendosi a sud si trova il piccolo comune di Torre Cajetani, il cui nome fa riferimento alla famiglia Caetani (o Cajetani). Questo paese sorge sull'estremità orientale di una dorsale montuosa che si distacca dal versante meridionale dei Monti Ernici. Le sue origini risalgono al 1180, come è attestato da una pergamena che testimonia l'esistenza di un abitato fortificato pienamente organizzato. Il centro storico di Torre Cajetani si snoda attraverso numerosi viottoli e scalinate tipicamente medievali. Fuori dal centro storico, nella parte nuova del paese, gli appassionati di pesca possono trascorrere delle ore piacevoli nel laghetto di Cerano. Il castello Teofilatto si erge sul piccolo colle che domina il paese. Si caratterizza per la possente torre quadrangolare poggiante direttamente sulla roccia, che si sviluppa attorno al mastio centrale, raggiungendo un'altezza di circa 19 metri. Il castello venne costruito tra il Basso Impero e l'Alto Medioevo, come attestato anche dalla cortina muraria, e rappresentava l'elemento principale di un ampio sistema difensivo che comprendeva anche le lunghe mura che circondano il borgo. Nel IX secolo fu proprietà del nobile senatore romano Teofilatto, che lo trasformò in dimora signorile, come evidenziano trifore e bifore nei piani nobili. Il castello continuò la sua funzione difensiva anche quando venne acquistato nel 1295 da Roffredo Caetani. Nel XII secolo ritornò nelle mani della famiglia Teofilatto, ancora oggi proprietari del castello, la quale ha deciso di aprirlo al pubblico per visite e cerimonie. Il castello Teofilatto ospita anche la Domus Thoephylactus Opus, centro di studi e cultura medievale. Proseguendo il nostro viaggio verso sud incontriamo la località di Fumone, isolata tra la valle del Sacco e la conca compresa tra Fiuggi ed Alatri, si trova su un colle dalla particolare forma a cono, che permette una splendida vista che va dalle porte di Roma al corso del Liri. Il suo nome deriva dal fatto che, durante il Medioevo, grazie alla sua posizione strategica e dominante sulla vallata sottostante, segnalava per mezzo di fuochi e fumate gli eventuali pericoli agli abitanti delle zone vicine. Il castello di Fumone, ubicato in cima al Monte Fumone, oltre all'evidente funzione strategica, ha avuto anche un'importante finalità politica e residenziale. La sua storia è millenaria, infatti già in epoca romana rivestì un importante ruolo militare. Nel 1295 vi fu rinchiuso Celestino V, l'unico Papa nella storia che dopo pochi mesi di pontificato rinunciò alla Tiara. Nel 1584 il castello venne acquistato dalla famiglia dei marchesi Longhi De Paolis, ancora oggi proprietari, che lo trasformarono in una residenza principesca. Ma il castello di Fumone è anche teatro di inquietanti misteri: al suo interno si conserva, in una teca di legno, il corpo di un bambino, rivestito di cera, figlio della marchesa Emilia Caetani Longhi. Permangono molti quesiti irrisolti intorno alla morte del piccolo marchesino, avvenuta nella prima metà del XIX secolo, tanto che secondo alcune leggende sarebbero state proprio le sue sette sorelle ad assassinarlo, per sottrargli l'eredità che gli sarebbe spettata, in quanto unico erede maschio. Nel 1600 sui torrioni dell'antico maniero, venne costruito un monumentale giardino pensile, situato a circa 800 metri sul livello del mare e di un'ampiezza complessiva di 3500 mq. Da qui si può godere la vista di circa una quarantina di paesi. Nel piano nobile si possono invece ammirare i magnifici pavimenti in cotto del XVII secolo, le sale rivestite da pregevoli damaschi, le statue romane e le preziose pitture. Nella zona est del piano nobile si può visitare la Sala degli antenati, dove si trovano conservate statue e busti di importanti personaggi dell'antica Roma. Dopo la visita al magnifico castello, per continuare il magico viaggio all'interno dell'arcano mondo medievale, consigliamo di rimpinguarsi alla Taverna del Barone, situata proprio nel centro del paese. La taverna deve il suo nome ad una curiosa e tormentata storia d'amore tra un giovane di nobile origini, cacciato dalla famiglia per il suo carattere ribelle, e una dama sposata con il capitano delle guardie che, ogni giorno, uscendo dall'arco di pietra, ora parte integrante della locanda e comunemente conosciuto come “l'arco dei sospiri”, affidava al vento i propri sospiri d'amore per quel giovane che tutti conoscevano come il Barone. La taverna, caratterizzata da una magica atmosfera d'altri tempi, oltre al leggendario arco, sa affascinare i suoi ospiti con l'antico pavimento in pietra, l'enorme camino, i tavoli e le panche in legno massello. Un menù basato su un antipasto di gustosi formaggi, affettati, olive e bruschette, un primo di pasta fatta rigorosamente in casa, un secondo di carne arrosto con patate ed insalata e, per concludere, ciambelline al vino, grappa e caffé. Inoltre, l'ultimo venerdì del mese, la Taverna del Barone dà la possibilità ai suoi ospiti di vivere un'esperienza magica: servitori in perfetto costume medievale, muovendosi tra spadaccini duellanti, offrono ai propri viandanti spiedi carichi di arrosto, cosci interi di tacchino o di agnello, e via dicendo... il tutto all'insegna di emozioni uniche ed indimenticabili. Continuando sempre verso sud si raggiunge la cittadina di Ceccano, anticamente conosciuta come Fabrateria Vetus, città volsca già nota nel 330 a.C. e situata lungo le rive del fiume Sacco. Il mutamento di nome sarebbe avvenuto nel corso del VII secolo, in onore di Petronio Ceccano Console di Campagna. Ceccano conosce il suo momento di massimo splendore nel Medioevo, con la famiglia Dé Ceccano, una potente dinastia che estese il suo dominio anche in numerosi territori circostanti. La famiglia Dé Ceccano ha lasciato tracce importanti anche nel millenario Castello dei Conti, nucleo principale attorno a cui ruota tutto il centro storico. Il castello è situato sulla sommità del colle dell'antica città e si trova all'interno della prima cinta muraria, corrispondente all'attuale piazza Camillo Mancini. Il castello dei Conti rappresenta un classico esempio di rocca fortificata, costituita da una cinta muraria, una torre mastio, un corpo residenziale (il palatium) su due piani, abitazione del Signore. Attraversando il vano d'ingresso si giunge alla piazza d'armi, dove si trova la cisterna e sulla quale si affaccia la chiesa di Sant'Angelo del XVIII secolo, dove domina la torre mastio, con le sue camere voltate sovrapposte. Dal mastio si può raggiungere una sala a volta con pilastro centrale (palatium residenziale), caratterizzata da due porte gotiche, con il tipico arco acuto, attraverso le quali si giunge ad un'altra torre in cui si possono ammirare caratteristici affreschi del XIII secolo. L'inventario Caetani del 1491 indica il castello come un organismo policentrico e polifunzionale, ma segnala anche la sua decadenza, a causa dell'estinzione della famiglia dei conti. Il castello ha vissuto per anni in uno stato di degrado e di abbandono, fino al suo recente acquisto da parte dell'amministrazione comunale, che ne ha curato il restauro. Il castello è oggi visitabile, ma è necessaria la prenotazione presso l'Ufficio culturale del Comune di Ceccano. Per chi desideri sperimentare la cucina tradizionale, una meta irrinunciabile è l'Hostaria La Cantinella, un ambiente rustico e tranquillo. Qui è possibile apprezzare le caratteristiche ricette ciociare, rese ancora più prelibate dall'alta qualità dei prodotti utilizzati. Tra i primi piatti più gustosi, la classica sagna e fagioli, le fettuccine con asparagi e noci e gli gnocchi al pomodoro e porcini. Risalendo si incontra il centro di Arnara, situato su una collina dei Monti Ernici, sulla sinistra del fiume Sacco, offre una magnifica visuale sull'estesa coltivazione di vigneti. Nonostante il paese sorga su una collina di tufo, il suo nome deriva dal termine harena, con cui veniva identificata la sabbia, infatti il primo agglomerato di case sorse su delle cave di tufo. Non è facile datare il nucleo originario della città, ma, grazie ad alcuni ritrovamenti archeologici, si può supporre che risalga all'epoca romana. Durante la guerra contro il papato per la conquista del Ducato Romano, il re longobardo Astolfo prese possesso della collina di Arnara, dove costruì la Torre, in modo da poter controllare la Via Latina, importante punto di congiunzione tra l'Italia centrale e quella meridionale. Nel secolo XI, sui resti della Torre, fu costruito il castello, che oggi si presenta come una serie di differenti ambienti costruiti in epoche diverse e racchiusi da una cinta muraria. Il mastio, situato a destra dell'entrata principale, è costituito solo parzialmente dalle strutture murarie originali e dell'antico torrione longobardo non è rimasto molto. Nella parte sud-ovest si nota una muratura diversa da tutto il resto, detta Muro Longobardo, che, per la sua struttura, è da considerarsi la più antica. I merli, quasi tutti crollati durante la Seconda Guerra Mondiale, sono di origine guelfa ma sono stati rifatti durante il XV secolo. Poco lontano da Arnara si può visitare il piccolo centro di Pofi, situato sopra un vulcano spento che rende i suoi terreni particolarmente fertili. Il nome Pofi apparve per la prima volta in un codice pergamenaceo del 1019. Circa la sua etimologia si pensa ad un tentativo di mitizzare le origini del paese: secondo alcune fonti del XVI secolo il nome Pofi deriverebbe da Proci, i mitici pretendenti di Penelope che avrebbero abitato queste terre; altre testimonianze fanno derivare il nome dal greco polis (città) o ophis (serpente); quest'ultima ipotesi, farebbe pensare che sotto l'attuale chiesa di S. Antonino si trovi un tempio dedicato al dio Euscalapio, il cui simbolo è il serpente. Durante il Medioevo la cittadina iniziò ad essere identificata come Castellum, termine con cui si individuavano due distinte realtà: una fortezza abitata dal castellano e dalla sua famiglia, ma anche il villaggio fortificato comprendente l'abitazione del signore e una chiesa castellana. Il castello di Pofi quasi certamente rispecchiava quest'ultima caratteristica, includendo anche la chiesa castellana di Santa Maria. Per molto tempo il castello fu la residenza ufficiale della famiglia Colonna, che lo restaurò nel 1300. Il fortilizio, costruito in pietra basaltica locale, è costituito da camere, sale, corridoi, forni, un mulino e due torri, la Torre Maestra e la Torre Vecchia. Il fortilizio, situato nella parte più alta del centro abitato, si sviluppa tra Piazza S. Maria, la piazza d'armi su cui si affacciano Palazzo Colonna, la Torre dell'Orologio, il Bastione Pentagonale oggi sede del Comune, e la Chiesa di S. Maria, costruita sui resti della Cappella del castello. É possibile concedersi un momento di ristoro immerso nel verde, consigliamo al ristorante Al vecchio casale, un antico casale del 1700, ristrutturato nel 1984 ed ubicato all'interno di un parco naturale. Il ristorante offre una vasta gamma di menù tradizionali rivisitati in chiave contemporanea, soffermandosi in particolar modo sui piatti a base di pesce e carne, che rivelano una grande accuratezza nella scelta delle materie prime. Il nostro itinerario si conclude a Roccasecca, paese situato all'ingresso di due gole che danno accesso alla Valle di Comino e sovrastato dal Monte Asprano. Durante i secoli, Roccasecca si rivela un importante punto di passaggio per gli eserciti che passavano il fiume Melfa, sul quale vennero costruiti, in epoca romana, tre ponti di cui sono ancora visibili alcune tracce. Nel Medioevo la cittadina conosce il suo momento di massima importanza, non si può infatti, parlando di Roccasecca, non ricordare Tommaso d'Aquino, eccelso teologo e filosofo, dottore della Chiesa, che nacque in questo paese. Il castello di Roccasecca è conosciuto come il Castello d'Aquino, in quanto fu abitato da questi signori per lunghi secoli. Venne però eretto dall'abate Mansone di Montecassino nel 994 per difendersi dai Longobardi, e lo affidò ai Conti d'Aquino. Ancora oggi si possono ammirare le imponenti mura merlate, le torri quadrangolari (che un tempo probabilmente ospitavano il corpo di guardie) e la torre circolare, detta il cannone, eretta da Pandolfo e Rinaldo d'Aquino e dove fu rinchiuso anche San Tommaso, poiché la sua famiglia voleva impedirgli di entrare nell'ordine dei frati dominicani. A Roccasecca è possibile vivere un'altra suggestiva esperienza all'albergo-ristorante La locanda del castello. Parte integrante del borgo medievale, è ubicata vicino al Parco dei conti D'Aquino e alla Chiesa di San Tommaso. Gli ambienti, restaurati e rinnovati, danno un'atmosfera raffinata ed accogliente in cui poter degustare con tranquillità prelibatezze culinarie e vini di grande qualità.