… DALLA PALA DI S. CHIARA Una nuova immagine di santità da uno studio di Martina Kreidler-Kos e Niklaus Kuster ofmcapp. tratto da Forma Sororum nr. 3;4-5 2007; 1 2008. 1. Introduzione Quale ricchezza racchiude la pala di s. Chiara con le sue scene? Quale immagine di santità è proposta? In questa novena cercheremo di dare una risposta a questo interrogativo, a partire dallo studio di p. Niklaus Kuster ofmcapp e di Martina Kreidler Kos. Uno studio che tenta di penetrare la forza espressiva della tavola istoriata, facendo emergere spunti di approfondimento e di riflessione per l’oggi. 1. Origine della pala di santa Chiara La grande pala per lunghi secoli è stata appesa sopra l’altare centrale nella chiesa a lei dedicata e per generazioni di pellegrini e visitatori costituiva un primo immediato – spesso anche l’unico – approccio storico alla sua biografia. Essa risale al 1283, trent’anni dopo la morte di Chiara. Probabilmente commissionata dal nuovo vescovo (ofm) Simone d’Assisi ed eseguita da un anonimo “Maestro di S. Chiara”, affiancava in origine, assieme a una tavola di san Francesco, il grande crocifisso dell’abbadessa Benedetta. Collocata sopra la tomba di santa Chiara e l’altare centrale della chiesa, la pala presentava la Santa, agli occhi dei pellegrini e di quanti partecipavano alla liturgia, in grandezza naturale. Le scene dipinte intorno alla figura centrale ritraggono episodi tratti dalla sua biografia, passi importanti o tappe della sua vita. Iniziando a sinistra in basso, esse mostrano in successione cronologica la ricerca individuale di Chiara (scene a sinistra) e a destra, scendendo in basso, la storia della sua comunità. Trattandosi di un santuario, ci si aspetterebbero anche scene di guarigioni e miracoli. La Legenda, e soprattutto le sorelle, che sono state miracolate, hanno in effetti trasmesso molto al riguardo e in modo impressionante1. I committenti – il Vescovo e i frati, a cui era affidata l’assistenza spirituale nella chiesa di S. Chiara e la cura di quanti cercavano aiuto2 – 1 Le sorelle nel Processo di canonizzazione riferiscono un gran numero di miracoli, avvenuti sia nella cerchia delle sorelle che tra quanti cercavano aiuto dall’esterno. 2 Sulla domanda dei committenti, cf. N. KUSTER, Klaras Tafelbild…, 19-20. 1 insieme all’artista hanno rivolto l’attenzione su un altro contenuto: i miracoli raffigurati in due scene costituiscono, per così dire, il modo di vivere all’interno della fraternità. Essi mettono a tema non la malattia e la guarigione di singole sorelle o pellegrini, quanto il divenire e il radicamento di una comunità. La tavola istoriata è la prima presentazione in immagini della vita di Chiara. Realizzata al termine di un anno drammatico per Assisi, allude, attraverso un non più visibile ramoscello di olivo alla sinistra di Chiara, alla riconciliazione della città con il papa Martino IV, che è menzionato nella scritta in calce all’immagine. Il nuovo vescovo Simone, francescano, nel settembre 1283 aveva ottenuto l’abolizione dell’interdetto che era stato scagliato su Assisi nell’anno precedente, dopo che Assisi e Perugia avevano assaltato la città di Foligno. La croce dorata, ornata di pietre preziose e posta su un piccolo stelo, che la Santa tiene sul petto, ricorda un popolare reliquiario contenente un frammento della S. Croce. Un frate minore, cappellano del re francese Luigi IX, aveva ricevuto una preziosa particella della S. Croce, che aveva affidato al convento della sua cittadina di origine, Castiglione Fiorentino, ai confini con l’Umbria. Dunque il gesto di Chiara indica Cristo, che “povero alla sua nascita fu posto in una greppia, povero visse sulla terra e nudo rimase sulla croce” (TestCh 45). Non è dunque la croce dell’abbadessa che presenta l’autorità di s. Chiara La conferma di questa interpretazione è l’altra tavola (sempre nella basilica di s. Chiara) dello stesso artista che ci presenta Gesù Bambino. E vedete lì lo stesso gesto. Questo artista conosceva bene la spiritualità delle suore, presentando l’inizio e la fine del cammino di Gesù: dal presepe fino alla croce, che era il modello e la base di questa spiritualità. Le piccole scene della pala parlano di passi coraggiosi, incontri decisivi, conflitti esistenti e di una comunità che, oltrepassando tutti i muri e i limiti, tende al mondo eterno di Dio. La pala sorprende per la sua pienezza di contenuto, per l’orientamento del suo messaggio e, come in seguito vedremo, per lo sguardo straordinariamente familiare sulla storia di Chiara, sulla sua spiritualità e le sue relazioni. 2 2. Al centro della pala s. Chiara La pala fa risaltare, agli occhi di chi guarda la parte centrale, la luminosità di Chiara: nel saio color noce, stretta in una corda, avvolta in un rozzo mantello, irradiata dalla luce e con occhi dolci, indica una preziosa croce. Ella appoggia il legno della croce di Gerusalemme sul cuore. Chiara si presenta a viso scoperto, senza grata, sotto un arco gotico. L’amore di Chiara per il mondo la rende una sorella per parecchi uomini, una sorella che opera, portando giovamento, attraverso incontri e contatti. Nelle piccole scene le suore portano un velo nero semplice, che sembra essere messo sulla testa e le spalle. Ma nella figura centrale Chiara porta un doppio velo: un velo bianco e nero. È già una piccola trasformazione della comunità che si è trasferita da s. Damiano al Protomonastero: sono piccoli adattamenti alla regola di Urbano IV. La Santa è circondata da otto episodi significativi della sua vita. La scelta degli stessi sembra fondarsi sulla Legenda ufficiale di Chiara e trarre da essa la motivazione. Tuttavia la successione cronologica del racconto è tutt’altro che equilibrata e inoltre si discosta da analoghe rappresentazioni della Santa: perché? In maniera sorprendente è dato un forte risalto alla storia vocazionale di Chiara e, mentre la Legenda dedica molte pagine al lungo tempo che Chiara ha trascorso a S. Damiano, l’artista pone altri accenti: perché dei quaranta anni di vita a S. Damiano rimane solo una scena, e si conclude il racconto con due scene sul letto di morte? L’artista ha dato un grande rilievo – anche esteriormente – a un breve lasso di tempo: egli inizia la sua raffigurazione con la Domenica delle Palme dell’anno 1211 e si prende l’ampio spazio di cinque scene per raccontare i successivi sedici giorni3. Oltre a ciò egli consacra tre 3 La nostra cronologia segue i più recenti studi di G. BOCCALI, Santa Chiara d’Assisi sotto processo. Lettura storico-teologica degli atti di canonizzazione, Assisi 2003, 37-44. Analizzando minuziosamente tutti i dati temporali contenuti negli Atti del Processo, egli si convince che la fuga di Chiara è da datare nella primavera del 1211. In quell’anno la Domenica delle Palme cadeva il 27 marzo; 3 suoi quadri a questo primo giorno dalla mattina fino alla sera. Poi seguono due ampi salti: dalla primavera del 1211 fino all’anno 1238 circa e da qui fino all’anno 1253, il mese della morte di Chiara. Entrambe le scene conclusive riguardano ancora un breve arco di tempo: esse ritraggono gli ultimi tre giorni di vita della santa 4. Inizio e fine sono quindi considerati in maniera molto puntuale, mentre, al contrario, quattro decenni di vita religiosa sono raccontati in un unico quadro. Perché dunque l’artista ha scelto proprio il miracolo della moltiplicazione del pane in seno alla comunità per illustrare la vita quotidiana delle cinquanta sorelle? Le singole scene rimandano, in un raffinato sviluppo, a un particolare valore della sua vita movimentata: Chiara è una donna che vive il suo smisurato amore per Dio in varie dimensioni e forme di comunità. In questa storia ci sono frati, frati molto diversi; ci sono parenti: cavalieri della sua casa paterna; ci sono monache benedettine; ci sono compagne di Chiara: compagne della sua casa aristocratica dove, se guardiamo bene c’è anche un uomo nell’angolo sinistro; ci sono donne sante: la Madonna e molte donne coronate, le “amiche celesti”. Ne troviamo alcune con nome nelle lettere di s. Chiara. Una realtà molto importante questa amicizia con donne nel cielo. La tavola parla in tanti dettagli. Le mani parlano: le meni di s. Chiara che fa la sua professione…. secondo LegCh 24 Agnese segue sua sorella dopo 16 giorni; i codici italiani della Legenda parlano di 15 giorni (cf. ID., Santa Chiara…, 38, nota 79). 4 Sr. Benvenuta data molto precisamente: “la sera del venardì, sequendo lo dì del sabbato, lo quale fo lo terço dì nanti alla morte de… Chiara” (Proc 11,3). Sulla datazione, cf. G. BOCCALI, Santa Chiara…, 263. 4 2. Lettura cronologica della pala (Vedi schema A) La lettura lineare normale che ora faremo, ci pone la domanda: come mai questa attenzione all’inizio e alla fine; e, quarant’anni di vita quotidiana, appaiono in una sola scena? Vi sono cinque scene sui primi giorni; due sugli ultimi giorni e una sola scena su quarant’anni: come mai? cosa ha pensato l’artista scegliendo questi episodi? Vi sono poi tanti dettagli, piccoli dettagli che valgono la pena di essere guardati... forse anche meditati... 1° scena domenica delle Palme nel 1211. Assisi nel duomo, Chiara davanti al Vescovo il 27 marzo 1211 la mattina (LsC 7); È un po’ strano: la tavola non ci dice niente della storia anteriore!, ma sappiamo che Chiara è nata nella nobilissima parte di sopra, nella città superiore, tra i nobili della città. Che ha dovuto, dopo la distruzione della rocca, fuggire a Perugia. Per qualche anno Chiara ha guardato la sua città da qui. Dopo la ricostruzione delle torri dei nobili, intorno al 1205 la famiglia è ritornata. La casa di s. Chiara si trovava molto vicina al campanile di s. Ruffino. A partire dal 1205 il mondo si è presentato così a s. Chiara: dall’alto! Era una vita rinchiusa nella parte riservata alle donne della domus aristocratica e non c’era nessuna possibilità di entrare in contatto con cittadini (neanche con s. Francesco): una ragazza nobile rimane rinchiusa fino all’età del matrimonio. Forse ha sentito parlare delle feste celebrate in piazza, forse ha anche sentito parlare di Francesco, ma non aveva nessun contatto con la società borghese. Una vita in “clausura domestica” (come ha scritto Stefano Brufani). S. Chiara non si presentava neanche alla finestra della casa. Amava la vita nascosta. Possiamo immaginarci che vedeva la pianura e i tetti della città. L’unica possibilità di uscire per una ragazza era andare a Messa. Per s. Chiara pochissimi passi: fino al duomo. Di tutto questo la tavola non dice niente. Comincia con un primo passo coraggioso, decisivo. La domenica della Palme s. Chiara dopo tanti passi interiori si è decisa a uscire “da questo mondo”. Una donna di 17/18 anni, già adulta 5 per quel tempo, e con un profilo spirituale molto forte. S. Francesco bisognò di tanti anni per crescere spiritualmente cominciando a 22 anni. S. Chiara è molto più veloce in questo cammino. Domenica delle Palme: quello che rimane è un segno di ulivo, segno di incoraggiamento del vescovo, che, forse, era informato. La sera Chiara scappa e forse fa il suo cammino fuori della città di notte. Un cammino molto coraggioso uscire dalla città di notte... allora era passare attraverso un bosco! 2° scena 2° passo: Chiara è accolta dalla fraternitas minoritica. La porziuncola, Chiara e Francesco lo stesso giorno il 27 marzo 1211 la sera (LsC 8); Questa scena rappresenta la Porziuncola: che cosa vi viene in mente? È un po’ particolare come immagine. Salta all’occhio un elemento che non è realistico ma simbolico! Ci sono compagne (si! sappiamo oggi che non c’era nessuna in quella notte!); c’è la città che sembra molto vicina.. vicinissima; i frati sono uniti in questa scena (un gruppo molto compatto, unito). Ci sono due archi: un’architettura non realistica ma simbolica, che dice, qui in questa chiesa, nascono due comunità quella dei frati e quella delle sorelle (potrebbe essere una spiegazione la Porziuncola il luogo di nascita dei fratres e delle sorores). In questo caso le compagne sarebbero le compagne che sono rimaste a casa e che hanno aiutato a preparare questa partenza, … un cammino che tante sappiamo hanno fatto. Potrebbe essere un ricordo! Chiara ha fatto il cammino da sola, ma è stata incoraggiata dalle compagne a casa ...e tante la seguiranno. In questa notte nascono due comunità e il luogo dei frati è molto vicino alla città. 3° scena: La Porziuncola, Chiara è accolta dalla fraternità di Francesco lo stesso giorno notte (LsC 8); vediamo una prima professione... Qualche ora dopo la seconda scena vediamo tre cose: 6 - i frati sono separati: ci sono due gruppi. Uno incoraggia Francesco: vediamo un frate che spinge un po’; nell’altro gruppo il primo è un po’ critico, sembra aver dubbi in questo momento. La tavola è dipinta in un momento di tensione tra i frati e le suore, ma c’era sempre un piccolo gruppo fedele alle sorelle. E forse questo è un riflesso del periodo in qui è stato dipinto questo quadro; - interessante è che Francesco ha già le stimmate; - se confrontate questa scena a quella anteriore vediamo anche il cambiamento di Chiara che prima porta un vestito rosso (simbolico): è solo l’amore che spiega questo cammino. Prima era più piccola di Francesco, in questa scena, invece, Chiara porta sempre il vestito rosso sotto il vestito della povertà, ma è cresciuta (alzata avrà almeno l’altezza di Francesco) e ha ricevuto l’aureola. Nel momento della professione riceve l’aureola: un simbolo dell’unione con Cristo. Per Chiara questo momento era il matrimonio con Cristo fattosi uomo. 4° scena san Paolo delle abbadesse, Chiara tra le monache fine marzo 1211…alcuni giorni dopo (Lsc 9); I frati accompagnano Chiara all’abbazia di s. Paolo, solo 2/3 chilometri da Assisi. Forse Chiara vede il sorgere del sole già qui, ...mi immagino... come serva di monache benedettine. Questa immagine racconta i prossimi passi. - Chiara è visibilmente sottomessa alle monache: le monache sono visibilmente più alte, in un livello più alto. Esse sono in clausura e Chiara è fuori: c’è l’altare e tanti gradini che creano una distanza. - lo zio Monaldo è vestito con un mantello rosso. Un rosso che qui non è quello dell’amore, ma freddo, aggressivo della rabbia. L’abbadessa difende s. Chiara (non si sa se difende questa serva oppure il privilegio dell’abbazia -l’asilo ecclesiastico-). La chiesa di s. Paolo delle badesse ora è la chiesa del cimitero di Bastia umbra. 7 5° scena s. Angelo, Chiara tra le semireligiose il 12 aprile 1211 (LsCh 24-26); Dopo pochi giorni tre frati vengono e accompagnano Chiara a un’altra comunità. Interessante: tre frati! Forse non erano ancora sicuri che la famiglia rimanesse veramente tranquilla.. e hanno accompagnato Chiara in tre: Filippo, Francesco e Bernardo da Quintavalle. Sono passati sotto Assisi e sono andati in una cappella nel bosco sotto le carceri da penitenti. Una vita molto improvvisata: una nuova forma di vita non ancora strutturata. Il posto è s. Angelo di Panzo, dove la comunità si trovava, ai piedi del fosso delle carceri. Qui avvengono molte cose importanti: - l’arrivo della sorella di Chiara, Agnese. È un primo miracolo. La leggenda dice che Chiara ha pregato tanto per incoraggiare la sua sorella di seguire la sua vocazione; - un secondo miracolo: Agnese è stata aggredita dalla propria famiglia e è diventata pesante come piombo. Dodici cavalieri non erano capaci di portarla a casa e hanno chiamato contadini in aiuto! Cioè una massa di uomini forti non sono riusciti a portare Agnese a casa. - poi un terzo miracolo: lo zio Monaldo voleva uccidere la nipote scappata, ma una “freccia dal cielo” ha bloccato il suo braccio. Qui c’è la svolta. Fin’ora Chiara ha fatto il suo cammino da sola, cioè incoraggiata dal vescovo, dalle compagne, dai frati, forse anche dalle monache... non si sa. Ma ha fatto varie tappe da sola, ha cercato e trovato da sola. E qui comincia un cammino comunitario. Sono in due. Tra poco in tre: è l’inizio della comunità. Tres facium collegium dice il diritto canonico: con tre si può fondare una nuova comunità! Vediamo, infatti, un progresso: un’altra professione già molto più diversa. Nella prima professione Chiara fa il suo voto: ha solo l’altare davanti a se, ma non c’è nessuna compagna che riceve questa professione. Nel caso di s. Agnese, invece, c’è una sorella: qualcosa è cambiato! 8 6° scena s. Damiano, Chiara tra le sorelle tra 1215 e 1250 (miracolo LsC 15: sintetizzata la vita quotidiana) S. Damiano era molto più piccola ...lo si vede anche oggi. Vista dalla pianura, da sotto, sembra essere una chiesetta in campagna circondata da uliveti. Ma è molto vicina alla città: solo 800 metri, allora, fuori dalla porta di s. Giorgio. Qui Chiara vede una comunità che cresce velocemente fino a cinquanta sorelle. All’inizio ci chiedevamo: perché l’artista ha scelto proprio il miracolo della moltiplicazione del pane per illustrare la vita quotidiana delle cinquanta sorelle? Infatti l’unica scena che ci rappresenta la vita quotidiana è una scena a tavola: la comunità che condivide il pane. È il ricordo ad un miracolo. Cioè non è soltanto Chiara che si impegna per questa comunità, ma è Dio stesso che si prende cura delle sue figlie. La leggenda ci racconta che Chiara preferiva pezzi di pane a pezzi interi. Voleva che i frati, facendo la questua, portassero pezzi e non pani interi che significa condividere il pane della gente.: una parte è stata mangiata in città e l’altra è mangiata nel convento. Ci sono dettagli della vita quotidiana: sorelle che condividono pane. Mi sembra che nell’italiano la parola compagna deriva dal cumpanis = cum-pane, mangiare pane insieme, condividere il pane quotidiano. È una scena di benedizione: Chiara benedice. Forse è un pane, forse è anche un ricordo al miracolo dell’olio (noi non lo sappiamo). Con la scelta del miracolo del pane l’artista indica chiaramente un altro intento. La storia dell’origine è accompagnata dallo Spirito e dal beneplacito di Dio. La comunità di sorelle povere ha successo anche e proprio nella radicalità del suo cammino: ha successo sulla terra poiché la litigiosa famiglia degli Offreduccio non mantiene la supremazia e Dio stesso, nel corso degli anni, provvede alle Sorelle povere e fiduciose in Lui. 9 7° scena s. Damiano, Chiara e il cielo 8 agosto 1253 (LsC 46); Poi il un altro passo molto grande nel tempo fino a giungere a questa visione pochi giorni prima della morte di Chiara. È un a sorella che la racconta, e un’altra ne è testimone: le vediamo sulla sinistra. È l’unica scena che presenta donne e soltanto donne: Chiara con sorelle, la Madonna e donne sante. È una grande solidarietà femminile questa immagine. Vediamo alcuni dettagli: - le case molto vicine: sembra essere una comunità in città, molto molto collegata con Assisi. - l’arco è uno solo che si allarga... potrebbe essere il piccolo arco di s. Damiano che si allarga, che si alza, si apre verso il cielo; - poi c’è una torre... ma cerchiamo la spiegazione dopo. 8° scena s. Damiano, Chiara e il papa tre giorni dopo il 12 agosto 1253 (LsC 47-48); Dopo la visita delle “donne celesti” una più terrena: il Papa e la curia. È il giorno dopo la morte di s. Chiara e il Papa voleva celebrare l’ufficio delle donne sante, ma un cardinale lo ha fermato. Alcuni dettagli: - sono raffigurati dieci frati, con i paramenti liturgici: più di quanti vivevano a S. Damiano. - un frate che tiene una croce preziosa d’oro sopra la testa di Chiara: è simbolo della risurrezione; - un cardinale tiene un libro aperto in mano: è il cardinale Rainaldo della stirpe dei Conti dei Segni che la coincidenza della storia vuole –diventato Papa– dopo il processo riuscito, nel 1255 di persona, nella sua città natale, ad Anagni, santificherà Chiara. Il libro solennemente aperto nelle sue mani potrebbe essere un’allusione a ciò5. Il fatto che la Curia il 12 agosto 1253 si inserisce nel Vespro solenne dei frati, viene accennato proprio dal biografo. 5 Il libro può essere interpretato come libro della Regola e questo può rinviare a Rinaldo (quell’eminentissimus dominus Ostiensis che interviene nella liturgia e consiglia un regolare Processo di canonizzazione), che per primo (vedi 1° cap. RsC) quale protettore, l’ha approvata il 16 settembre 1252. 10 3 Lettura simmetrica (Vedi schema B) La composizione della tavola si presenta in un elegante crescendo, se le singole scene vengono lette anche nei loro paralleli simmetrici. In contrapposizione alla politica papale che tentava di isolare le sorelle in monasteri di stretta clausura, Chiara riesce a tessere una storia d’amore in una comunità che legava vicinanza a Dio e amore per il mondo: – una comunità sognata con le compagne nella stretta “clausura domestica” di un palazzo aristocratico e che alla fine viene onorata in tutto il mondo dalla Chiesa universale (scena 1 e 8), – una comunità, di cui i frati diventano alleati e a cui provvedono anche le amiche celesti (scena 2 e 7), – una comunità per la quale Francesco stesso agli inizi e Chiara lungo tutta la sua vita si sono donati anima e corpo (scena 3 e 6) – e infine una comunità che, contro tutte le opposizioni, cercò la sua via e intese unire profondamente silenzio e città, in modo del tutto diverso rispetto alla clausura delle monache o delle semi-religiose di quel tempo. Scene 1° e 8° La storia comincia con una giovane donna davanti al Vescovo e finisce con una donna matura davanti al Papa. Un po’ come un crescendo forte nella musica: una giovane ad Assisi davanti Forse l’artista però allude semplicemente all’ufficio dei defunti, su cui insistette Rinaldo? O pensa al “libro della vita”, in cui Chiara con il successivo Processo di canonizzazione senza dubbio e solennemente, attraverso Rinaldo verrà inscritta? Concludendo si potrebbe ancora pensare agli inni propri in onore di Chiara che Rinaldo stesso compose come Papa per il Processo di canonizzazione e che ha inserito nell’ufficio curiale: su questo cf. L. LEHMANN, Das Bild der hl. Klara in lateinischen Hymnen des 13. bis 15. Jahrhunderts, in Collectanea Franciscana 63 (1993), 423-470, e H. BETSCHART, Die Klara-Hymnen des 13. bis 15. Jahrhunderts, lateinisch-deutsch, in Helvetia Franciscana 25 (1996), 80-113. 11 al Vescovo; il mondo non conosce questa donna. Quarat’anni dopo una donna matura davanti al Papa e tutta la Chiesa universale la celebra. Scene 2° e 7° Chiara, incoraggiata da compagne, arriva alla fraternitas (frati) che fatica ad accogliere questa donna e l’accompagna da altre monache. È un’accoglienza molto provvisoria, ma l’accoglienza nel movimento minoritico rimane: è la comunità di Chiara, la nuova casa. Dall’altra parte il passaggio dalla propria comunità al cielo, che viene preparato qui. Nel primo la fuga dalla casa, la discesa tra i poveri; qui una salita, un’accoglienza non solo definitiva, ma eterna. Scene 3° e 6° Sul terzo livello Francesco si impegna per Chiara (nella scena della tonsura, della professione); crea o, almeno, aiuta ad aprire un cammino, uno spazio per donne nel suo movimento e Chiara è circondata da frati. Una sola donna con molti frati. L’altra scena simmetrica: Chiara circondata da sorelle. Chiara, nella stessa posizione di Francesco, si impegna per la propria comunità. E non è più una comunità provvisoria (per una notte), ma è una comunità per anni e decenni: la comunità terrena definitiva. Scene 4° e 5° Sopra è il punto più basso di Chiara, tutta da sola come serviziale in una comunità monastica, ma separata da questa comunità: Chiara esposta alla violenza della sua famiglia. Dall’altra parte un’altra scena di opposizione e di violenza. Chiara nella stessa posizione: prima aveva fiducia in Cristo, raffigurato dall’altare, e qui ha fiducia in Dio (la preghiera espressa dalle mani). Ma a partire da questo momento Chiara è accompagnata dalla sorella, la prima compagna, e ben presto seguiranno altre. È la svolta. Poi c’è un altro parallelismo: nella 4° scena Chiara è in parallelo all’abbadessa di s. Paolo (colei che protegge Chiara); nella 5° Chiara nuova abbadessa che riceve la professione della prima sorella. Anche Francesco è in contrasto allo zio Monaldo, lo zio violento; e all’opposto Francesco molto tenero, molto sensibile. Alcuni dettagli: - il centro dei frati è legato alla città; - la comunità delle suore è più vicina ancora ad Assisi, più collegata a quella città (le case disegnate dietro) 12 Questa lettura simmetrica ci insegna a meditare ulteriormente il quadro: 1 Chiara lascia la sua casa, rompe anche con il suo passato, con i progetti della famiglia. 2 Lascia tutto incoraggiata dal vescovo. 3 Arriva nella fraternitas di Francesco e in una chiesa dove nascono due comunità (almeno nel futuro). Ma è un passaggio che si spiega soltanto con molto amore: Chiara è circondata da frati, ma che non hanno il coraggio di accoglierla definitivamente. 4 Una prima esperienza tra monache benedettine, ma sono due livelli di vita diversi e Chiara non entra mai in questo mondo monastico. 5 Poi un’esperienza tra le suore di s. Angelo di Panzo. Qui è un po’ il cammino di s. Chiara, la sua ricerca individuale, anche un po’ solitaria; qui è anche il cammino comunitario, la nascita di una piccola comunità con una prima compagna. 6 Questa comunità cresce. Abbiamo il parallelismo ai frati della Porziuncola legati alla città, le sorelle di s. Damiano legate ad Assisi. Una comunità di sorelle con una propria cultura. I frati non sviluppano una vita comunitaria; sono itineranti. Le sorelle imparano a vivere insieme in un posto molto ristretto (personalmente sono convinto che la regola pro eremitoris approfitta dell’esperienza delle sorelle: i frati imparano a vivere insieme in un eremo guardando alla vita delle sorelle a s. Damiano). 7 Poi questa comunità delle sorelle si allarga fino al cielo. È una comunità aperta, ci sono amiche celesti che fanno parte di questa vita, che la incoraggiano. 8 E alla fine questa comunità si apre anche alla Chiesa universale, che scopre questo carisma e celebra la vocazione di s. Chiara, la sua vita. E proclama questo carisma come modello per tutta la Chiesa. Alla fine, è già un accenno alla canonizzazione di Chiara, cielo e terra cantano e celebrano questa vita. Un inizio molto modesto la domenica delle Palme davanti al vescovo; e alla fine la festa della Chiesa universale … e in una canonizzazione cantano sempre cielo e terra insieme. È la dimensione più grande di comunità: la Chiesa terrena militante, e la Chiesa trionfante, eterna, nel cielo. La lettura simmetrica fa già un po’ scoprire la raffinatezza dell’artista, che esprime tanto e molto più di un piccolo incoraggiamento vocazionale. È una spiritualità descritta con raffinatezza. 13 4 Lettura diagonali (Vedi schema C) Raffinata struttura diagonale Il messaggio interno della tavola di Chiara – il divenire di una nuova forma di vita – ottiene inoltre una supplementare forza espressiva, se la già descritta simmetria orizzontale viene ampliata con un’altra dimensione e una terza chiave di lettura: le corrispondenze diagonali. L’artista, in modo originale, unisce ognuna delle historiae (scene scelte) per spiegarle reciprocamente, per porre l’accento su di esse e ogni volta proseguire ampliando lo sguardo. Ognuna di queste diagonali cresce dalla sua prima alla sua seconda scena. L’opera nel suo insieme permette di riconoscere in primo luogo due grandi diagonali, che marcano i “fatti miliari” nella storia di Chiara e li collegano tra loro: - il suo inizio con il punto più basso (1e 5); - la svolta con il suo compimento (4 e 8). Oltre a queste grandi linee, anche altre immagini appaiono specificamente collegate all’interno del ciclo. Queste “linee interne” sono tra la scena 2 e la 6; tra la scena 3 e la 7. Ma oltre a ciò, si possono intravedere anche quelle diagonali che si creano, se si suddivide l’immagine in due blocchi di scene: - le quattro scene inferiori - le quattro scene superiori. In appoggio a ciò, vi è anche l’osservazione che all’interno di ogni blocco il portamento del corpo del corrispondente personaggio principale si assomiglia sorprendentemente. Lo vedremo più avanti. Quindi vale la pena gettare uno sguardo anche sui possibili legami tra la scena 1 e la 7; tra la 2 e la 8; tra la 3 e la 5 ; tra la 4 e la 6. Alcune linee di collegamento sono evidenti, altre a prima vista non dicono nulla. Perciò ogni volta vale la pena stabilire un possibile legame interno, per sondare attentamente tutta la profondità e l’espressività dell’immagine. Queste diagonali ci aiutano inoltre ad identificare tante persone, piccole persone in questa pala e scopriamo non solo la storia di s.Chiara, ma anche la storia di qualche frate e di qualche sorella. 14 1° diagonale GRANDE tra la scena 1° e la 5°; 1° - Chiara giovane nel giorno della sua decisione (conversione), della sua fuga. Guardando tutta la scena vediamo non solo il primo passo della sequela Christi, ma notiamo anche che solo l’amore spiega questa storia coraggiosa… espresso nel vestito di Chiara. Qui c’è un dettaglio molto importate. Chiara ha due mani: con una mano risponde al Vescovo e l’altra mano accenna o fa un segno. Indica un’altra persona, cioè attira l’attenzione del Vescovo, e forse anche nostra, a quella persona al lato di Chiara. È un pochino più piccola di Chiara e porta anche la corona, ha anche i capelli, mentre le altre donne portano i capelli coperti (sembrano sposate, ma forse no). C’è però una similitudine molto espressiva: queste due donne più piccole con la corona (Chiara vestita in rosso e l’altra blu). L’altra non solo ha un ramo di ulivo, ma tanti rami. Chi è questa persona che tanto importante da attirare l’attenzione di Chiara, dell’artista …e nostra? 5° - La risposta ce la dà la diagonale. Quest’altra persona è un po’ più piccola di Chiara e, nel frattempo ha cambiata il vestito: è diventato rosso. La leggenda di s. Chiara ci racconta che ha desiderato (ha pregato) l’arrivo di sua sorella. E nel frattempo, forse anche l’amore di Agnese è diventato così forte, così ardente che non ha più potuto stare a casa. Ha fatto lo stesso passo di Chiara portata dall’Amore a fuggire e unirsi a Chiara. Lo stesso vestito adesso e lo stesso cammino. 1° diagonale PICCOLA. tra la scena 3° e la 5° aggiunge un dettaglio alla diagonale grande; L’inizio del cammino di Chiara è individuale, la vediamo sola. Dall’altra invece l’inizio del cammino comunitario: sono due, presto tra che cercano il proprio cammino. Questo è un cambiamento. Poi un dettaglio interessante. Ci sono tre frati: Francesco e, dietro a lui, due frati. È una maggioranza un po’ in distanza, e nella scena della professione, lo stesso: Francesco e due frati. Nella leggenda non è detto niente sulla professione di Agnese accompagnata da Francesco: è la libertà dell’artista… Ma sappiamo che almeno tre fratelli hanno 15 accompagnato Chiara a s. Angelo di Panzo: Bernardo da Quintavalle, Filippo Longo e Francesco. Altro dettaglio interessante: i tre frati e i due archi. Ho detto che due comunità nascono (scena 3), e sopra la professione lo stesso due frati e due archi (scena 5). E un arco è sopra Francesco e i frati e uno sopra Chiara e Agnese. Sono due comunità che nascono. Il tema di questa piccola diagonale sono due professioni: quella di Chiara fatta da sola; e quella di Agnese fatta nelle mani di Chiara. Il tema della grande diagonale era due volte due inizi: l’inizio personale di Chiara; l’inizio della comunità. O, se volete, anche l’inizio due volte di una via passionis, di una sofferenza anche. Chiara fugge e rischia la passione sua. E poi lo stesso con Agnese: è il “venerdì santo” di Agnese nella 5° scena. 2° diagonale GRANDE tra la scena 4° e la 8°; La 4° scena è il punto più basso, la crisi più grande di Chiara (forse anche il momento più pericoloso). È l’assoluta vilitas (come dicono i medioevali): il disprezzo totale, l’essere niente davanti agli uomini. - Chiara perseguitata e minacciata dalla famiglia - senza protezione e da sola - assoluta vilitas sociale Dall’altra parte –scena 8°- corrisponde il trionfo più alto di Chiara, il culmine dell’onore: - non più perseguitata, ma onorata dal Papa, dalla curia e dai frati… cioè da tutto il mondo; - non più da sola, ma circondata da tutta la città; - e la vilitas sociale si è trasformata in sanctitas universale (la canonizzazione qui già un po’ accennata). Sulla 1° grande diagonale abbiamo visto l’inizio individuale e poi la svolta, e l’inizio comunitario; qui il punto più basso e il trionfo più grande, più alto. Per sottolineare questo abbiamo lo zio Monaldo violento, aggressivo, bruto e sotto il Papa non più aggressivo, ma pieno di ammirazione, non più un persecutore, ma uno che ammira Chiara e la venera. 16 2° diagonale PICCOLA. tra la scena 4° e la 6°; 4° - le monache benedettine con la forma di vita monastica classica. Ma è una vita che distingue vari livelli: il livello delle monache e il livello della serva. Una forma di vita monastica superata a s. Damiano; 6° - non più benedettine, ma sorelle povere. Cioè nuova forma di vita religiosa femminile. Qui uguaglianza. Su questa diagonale il tema è la fiducia in Cristo: 4° - in questo momento pericoloso particolare Chiara ha piena fiducia in Cristo; è una fiducia che è più forte della fiducia famigliare; 6° - qui la stessa fiducia, ma non più in un momento eccezionale pericoloso. Qui è una fiducia nella vita quotidiana, nella realtà di ogni giorno. Manca il pane -forse una situazione che ogni tanto si è presentata a s. Damiano-: una fiducia quotidiana in Cristo. Poi un altro dettaglio su questa diagonale: 4° – Chiara è serva e ospite delle monache. Serva è più bassa delle monache; in servizio dalle benedettine; 6° – Chiara è sorella, madre e serva – come dice nelle sue lettere-. … una situazione del tutto cambiata. 1° piccola diagonale CENTRALE. tra la scena 2° e la 6°; 2° la Porziuncola dei frati, il centro dei frati chiaramente molto legato alla città di Assisi. 6° qui il centro delle sorelle: s. Damiano, anch’esso legato alla città di Assisi. Se confrontate queste scene con s. Paolo delle Abbadesse e con s. Angelo di Panzo avete le uniche due scene in tutta la tavola senza città. Le monache Benedettine che vivono a 2-3 Km da Assisi nella pianura e che vedono Assisi chiaramente, sono raffigurate senza contatto della città. Pur vedendo la città (forse interiormente non vedono niente!) è una spiritualità che vive nella fuga mundi. Cioè il mondo umano, la società non gioca nessun ruolo, non ha nessuna importanza nella spiritualità benedettina delle origini. E s. Angelo di Panzo –le donne penitenti17 vivono in un luogo nascosto. Assisi non si vede da s. Angelo! Lì si capisce che l’artista non ha potuto mettere Assisi dentro la scena. Questo mi sembra un punto essenziale della spiritualità clariana e anche quella francescana: l’apertura agli uomini, alla città, al mondo. S. Damiano apre il panorama su tutta la valle spoletana da Spoleto fino a Perugia. È tipico anche degli eremi trovarsi in posti che aprono il panorama sul mondo. “Le carceri” sono un piccolo panorama, ma, almeno, gli altri eremi (Monteluco, La Verna, Montecasale, Greccio, s. Urbano, Poggio Bustone…) sono posti con una visione aperta, apertissima al mondo. 2° Vediamo Chiara e le compagne della casa aristocratica, il vecchio consorzio, hanno condiviso la vita e tutte le vicende nella casa aristocratica. Guardiamo più da vicino: - c’è un uomo che porta un cappello che è il simbolo del cavaliere (in alto a sinistra della scena). Chi è questo uomo? Ruffino non è possibile, perché è già frate … Potrebbe essere Simone, il vescovo di Assisi che si chiamava Simon Offredizzi (che si traduce Simone degli Offreducci) e potrebbe essere un parente di s. Chiara. È stato lui ha commissionare la tavola. Potrebbe anche esser un ragazzo del clan, della domus, Giovanni Ventura. - in particolare è da rilevare un singolare gesto di fiducia e protezione: quella donna che sta dietro Chiara, con l’abito delle cittadine, mette con amore e apertamente il braccio destro, la sua mano sinistra e il mantello intorno a Chiara. Con un simile ruolo nella vita di Chiara, e raffigurata assai più grande, questa donna si offre come madre Ortolana che pochi anni più tardi entrerà a S. Damiano. Non sappiamo quale ruolo abbia giocato Ortolana in questi giorni decisivi. La Legenda soprattutto racconta con molta attenzione in che modo l’educazione della madre abbia fondamentalmente aperto una via religiosa alla figlia. - sempre in questa scena si racconta l’accoglienza provvisoria di Chiara nella fraternitas. Per poche ore. Poi i frati hanno mandato Chiara a cercare il suo cammino da sola. 6° Dalla scena 2 la diagonale ci porta alla scena 6: adesso la fraternitas, la nuova comunità di Chiara non provvisoria, ma definitiva, permanente. Questa è la comunità per stare giorni, anni e decenni. Prima Chiara doveva cercare, qui ha trovato la nuova casa. 18 Abbiamo visto nella 2° scena compagne che sono rimaste a casa. Questa volta le nuove compagne di Chiara non rimangono a casa, ma le sono fedeli e la seguono, facendo tutto il cammino con Chiara. Particolarmente illuminante è uno sguardo sul parallelo orizzontale dove è registrato ugualmente un “cambiamento di luogo”: Chiara nella seconda scena abbandona il mondo cittadino, così nella penultima scena abbandona ancora il mondo damianita per seguire le donne celesti che vengono a prenderla. Fino a quel momento passano quindi più di quarant’anni. La chiave di lettura di questa diagonale consente di riconoscere una crescita del mondo interiore. Chiara abbandona la cerchia familiare per trovare, dopo un ricerca, una nuova dimora. Abbiamo visto che le diagonali grandi sono arricchite di dettagli dalle diagonali piccole. Riuscite a seguire anche interiormente…? proseguiamo un po’ con le diagonali centrali. 2° piccola diagonale CENTRALE. tra la scena 3° e la 7°; La seconda diagonale interna ancora una volta collega due scene di vestizione che stanno in una sottile relazione. 3° La vestizione di Chiara e la professione. C’è un piccolo dettaglio: Chiara porta sempre la veste rossa sotto la tonaca: come mai non ha cambiato? Perché è rimasto questo dettaglio? Perché l’amore rimane! Chiara non ha lasciato l’Amore con il vestito. 7° La 7° scena spiega questo dettaglio da un altro punto di vista: qui Chiara porta la tonaca povera sopra la veste rossa. Messa sopra l’abito povero ora c’è una stoffa rossa preziosa: è un gioco molto simbolico. Nella 3° scena Chiara ha scelto l’abito povero, qui Chiara accoglie la stoffa preziosa per il cielo. Due vestizioni!: la tonaca povera in terra e la stoffa preziosa per l’ingresso nel cielo. Si sviluppano tanti motivi in queste diagonali. 3° – altro motivo. Francesco e Chiara. 7° – qui Chiara e la Regina. 19 La Regina del cielo nella tavola istoriata appare in una schiera di donne ugualmente incoronate. Francesco incoraggia le sorelle di S. Damiano che lo accompagnano attraverso la sua pesante sofferenza ponendo davanti a tutte loro il panorama delle corone celesti: per la loro perseveranza e fedeltà di fronte a Madonna Povertà e per la loro pazienza di fronte a tutte le pene della vita le sorelle saranno in futuro “ognuna in cielo incoronata come regina con Maria”. Sr. Benvenuta – che testimonia questa visione nel Processo – del resto giunse a S. Damiano proprio nel tempo in cui l’Audite Poverelle di Francesco nacque. Nelle fonti francescane troviamo un altro canto molto bello che parla della incoronazione nel cielo: il cantico delle creature nella strofa che canta sull’uomo laudato sii mi Signore per quelli che perdonano per lo tuo amore … saranno coronati nel cielo. L’artista conosce la storia di s. Damiano, la loro spiritualità e, mi sembra, anche gli scritti e gli esprime nella sua opera. Perciò anche l’ultima delle possibili diagonali mostra una crescita interna: ciò che inizia con la vestizione tra i frati vede il suo compimento nella vestizione finale definitiva da parte della Regina del cielo. PARTE SUPERIORE: primo ‘blocco’. scene 3° 4° 5° 6° legate; Queste quattro scene che parlano della comunità. * La comunità con i frati: Chiara circondata dai frati e la città nello sfondo. Chiara è figlia di Assisi e le rimane fedele per tutta la vita fino alla fine. In quattro su otto scene vediamo frati. Questo collegamento, questa unità con i frati è un’altra dimensione molto espressiva in questa tavola. In questa scena di professione (che forse non era così) si ricorda l’ultimo capitolo della regola di s.Chiara che parla del ministro dei frati e poi dei frati che vivono a s. Damiano (ne parla anche nel primo capitolo). * La città è importante nella vita di Chiara e Chiara è più fedele… molto di più di Francesco. F. era zingaro. Forse fratello itinerante in tutta l’Europa e anche nell’Oriente. Chiara dà l’impressione di essere molto più importante per la città di Assisi, perché non era lontana, era solidale a questa città. 20 * Poi una terza dimensione è questa solidarietà celeste. La comunità non solo in terra, ma anche con le donne sante con le amiche nel cielo. È l’unione tra cielo e terra che qui è espressa. * E la comunità tra le sorelle. (6°) Perché una scena sola per quarant’anni di vita a s. Damiano? Perché non si trova un miracolo in questa tavola? È una tavola dipinta per pellegrini che vengono per tanti problemi, tante domande, tante sofferenze e pregano alla tomba di s. Chiara. E questi pellegrini aspettano miracoli, mentre la tavola ci fa vedere un miracolo, ma non è una guarigione. È un miracolo interno della comunità, non un miracolo pubblico e neanche l’azione di s. Chiara davanti ai Saraceni. È un miracolo interno, comunitario. Questo miracolo ha un messaggio profondo! Non è la spiegazione superficiale che desidera togliere la paura di una candidata di aver troppa fame in questa comunità. Certo sulla scena orizzontale (3°) abbiamo l’altare: Chiara davanti all’altare e nella 6° Chiara alla tavola. Cioè il pane eucaristico e il pane della vita quotidiana: è un parallelismo molto prezioso. Questa povertà si vive in comunione fraterna e solo in questa solidarietà fraterna... provvidenza e fiducia. Inoltre questa scena ricorda il brano del vangelo della moltiplicazione dei pani, cioè la fiducia in Cristo che per primo ha scelto la povertà. Dunque le sorelle vivono la povertà evangelica: non è qualsiasi povertà radicale, ma la povertà di Cristo! Quella scelta anche dai discepoli, dagli apostoli, da Maria Maddalena. E Cristo e solo lui è colui che motiva, incoraggia a seguirlo in questa povertà, e nel contempo Lui stesso si impegna, Lui stesso moltiplica i pani, Lui stesso nutre e alimenta quelli che hanno fiducia in Lui. Il messaggio profondo di questa scena è che nella vita quotidiana di s. Damiano è che si rinnova la vita evangelica di Gesù e dei suoi apostoli: la vita vissuta in Galilea si rinnova qui ad Assisi. Questo mi sembra il messaggio e forse anche il miracolo più bello: la vita di Gesù si rinnova in questa comunità di sorelle povere. 21 5 Le straordinarie combinazioni di persone I destinatari della pala Le straordinarie combinazioni di persone. Accanto alla simmetria orizzontale degli episodi e ai collegamenti diagonali la tavola istoriata permette di rilevare un altro modello di composizione già accennato: nelle quattro scene del quadro nella metà superiore e inferiore si raffigurano protagonisti che hanno lo stesso portamento del corpo. PARTE INFERIORE. scene 1° 2° 7° 8°; - nella parte inferiore sono (scena 1) il Vescovo Guido II e (scena 2) Francesco all’inizio del cammino; - (scena 7) la Regina del Cielo e (scena 8) Papa Innocenzo IV alla fine della vita di Chiara. Tutti e quattro incontrano Chiara caritatevolmente sul suo cammino: incoraggiandola, invitandola, confermandola. Le loro mani caratterizzano di volta in volta il portamento corrispondente della sorella di fronte. Le quattro persone, identicamente collocate, svolgono ruoli attivi e guardano tutte a sinistra verso Chiara. Costei è, in entrambe le immagini a sinistra e a destra, di volta in volta rappresentata con lo stesso portamento: a sinistra con le compagne dietro a sé, davanti a una persona importante e davanti a passi decisivi nella sua nuova vita; a destra è posta di fronte a una delegazione della Chiesa celeste e terrestre del più alto grado, che l’ha preparata per la festa del compimento. PARTE SUPERIORE. scene 3° 4° 5° 6°; I personaggi principali, caratterizzati ugualmente da identici portamenti del corpo e uniti l’uno all’altro, con il loro coraggio divengono precursori: 22 - Francesco come alleato (scena 3) che taglia solennemente i capelli a Chiara, segnando il suo cambiamento di condizione sociale e l’inizio della sua sequela radicale; - e poi tre volte Chiara stessa che: (scena 4) coraggiosamente resiste all’assalto di Monaldo, (scena 5) con la stessa fiducia in Cristo salva anche la sua prima compagna dalla brutale violenza degli uomini e, concludendo (scena 6), vive – come responsabile di una comunità in crescita – un amore alla povertà, che fa sperimentare la particolare cura e attenzione di Dio per S. Damiano. I protagonisti della metà superiore della tavola guardano tutti verso destra. La composizione rende così evidente il fatto che, nelle scene di violenza, non agisce con la potenza massima l’adirato e attivo Monaldo, ma in entrambe le volte Chiara. Attraverso il raddoppiamento della scena di Agnese con l’immagine della professione nasce un’accurata composizione: Chiara appare nella professione parimenti come nuova “abbadessa”, parallelamente alla superiora benedettina di S. Paolo che protesse Chiara contro Monaldo, e Francesco contrasta con mano dolce, nella accurata scena della tonsura, il brutale darsi da fare di Monaldo. Destinatari della pala – le sorelle future? Ma chi sono i destinatari dell’immagine e quale la funzione del suo messaggio? La studiosa londinese J. Cannon confronta la tavola con altre due contemporanee provenienti dalla stessa area geografica e rappresentanti donne con scene della loro vita: la Maddalena (che si presenta a piedi nudi, coperta dai capelli lunghi fino alle caviglie tipici dell’eremita, con un nastro e una scritta a sinistra, invita a una riconciliazione fiduciosa con Dio6); e Margherita da Cortona (le scene della tavola ebbero una funzione didattica per i penitenti e le penitenti del III Ordine che vivevano presso la chiesa della Santa in Cortona). E giunge ad affermare che: “negli anni intorno al 1300, una tavola istoriata poteva evidentemente aver lo scopo di istruire chi la osservava ad una vita esemplare di 6 Cf. ivi 301f. Sull’interessante composizione della tavola cf. N. KUSTER, Klaras Tafelbild…, 29. 23 penitenza e di preghiera”7. Stessa funzione ipotizza per una precisa cerchia di destinatari8 e, quali committenti, “uomini illustri, fuori del chiostro” … il vescovo Simone. Le monache a stento vengono prese in considerazione come possibili destinatarie della tavola di Chiara, dal momento che dalla loro clausura non potevano vedere, o vedevano solo a fatica, la pala dell’altare. Si è anche ipotizzato che le otto scene racchiudano un messaggio all’indirizzo dei frati. La tavola ha origine in un’epoca in cui il I Ordine tentò più di una volta di “scrollarsi di dosso” la cura monialium. …ma non può essere stata la piccola comunità di frati a cui erano affidati il santuario di S. Chiara e l’assistenza spirituale delle clarisse del Protomonastero. J. Cannon giunge a supporre che l’intenzione specifica e principale dell’immagine sia il “reclutamento”: “…le immagini potevano suscitare e attendere che la monaca entri lei stessa in clausura … con lo scopo di istruire quelle che ancora non erano entrate nel Secondo Ordine …”. Il “reclutamento” quale chiave di lettura ci sembra però molto discutibile, se si tiene lo sguardo sulla raffinata struttura generale dell’opera. Destinatari della pala – i frati? I personaggi secondari raffigurati non sono assolutamente accidentali o senza importanza. I frati ad esempio appaiono quattro volte Per J. Wood un messaggio di questo quadro sarebbe l’accentuazione della stretta unione tra il Cf. J. CANNON, Beyond the Limitations…, 299: “Chi la guarda (sia uomo o donna) è così anche indotto a sperare che, vestendo l’abito del Terz’Ordine e seguendo il suo programma spirituale, ha la possibilità di arrivare in Paradiso. Per i Terziari ci sarebbero state molte occasioni per osservare nei particolari una pittura collocata nella loro chiesa, poiché erano esortati ad essere fedeli ad una pratica quotidiana”. 8 Le classiche funzioni di tavole dall’arte francescana vengono descritte come segue: “Una tavola istoriata poteva anche rievocare le sembianze e, in un certo senso, la presenza di un santo. Questa presenza era collocata talvolta nel passato, nel presente o addirittura nel futuro. […] immagini di san Francesco talvolta rievocavano una visita fatta dal Santo alla chiesa in questione, in una data circostanza del passato. L’immagine poteva anche segnalare la presenza di un santo come intercessore, come avvocato celeste sempre disponibile al quale si sarebbe potuto chiedere un aiuto nel presente o nel futuro. […] Inizialmente, tavole del genere (per esempio, quelle di san Francesco) servivano per rievocare oppure per rappresentare un corpo assente, piuttosto che per indicare la presenza di un corpo. Nel caso della tavola di santa Chiara, il corpo era nascosto, sepolto al di sotto dell’altare principale della chiesa a lei dedicata” (ivi 293). 7 24 Primo e il Secondo Ordine in un tempo in cui l’Ordine dei frati voleva liberarsi della sua responsabilità verso le Clarisse. Effettivamente il quadro ebbe origine nel contesto di relazioni incerte: Urbano IV, denominando nel 1263 le comunità femminili di diversa origine e ispirazione sotto un unico Ordine intitolato a S. Chiara, rafforzò i timori dei frati di dover garantire l’assistenza spirituale a un numero crescente di monasteri di monache. Si giunse solo nel 1296 a stabilire le relazioni e le responsabilità tra il Primo e il Secondo Ordine (che non fu opera di Chiara ma del Papa), in maniera abbastanza soddisfacente per tutti. Di qui l’opinione che la tavola «avrebbe rimproverato palesemente i frati». Ma l’artista nella scelta delle scene, nelle corrispondenze simmetriche e diagonali e attraverso la combinazione delle figure ha voluto dare un preciso significato anche attraverso i dettagli, come pure attraverso lo sfondo del quadro o il cambiamento della forma del velo tra le scene della vita e la figura principale al centro. Osserviamo con attenzione scene in cui compaiono i frati: 2° - i frati si presentano come fraternitas, a cui Chiara si unisce: radunati strettamente dietro a Francesco hanno accolto Chiara con le torce accese. Nove teste, in parte con la tonsura, guardano, davanti o nella navata della cappella della Porziuncola, alla giovane nobile: Francesco esprime timore e fiducia in Dio con tutto il suo portamento e specialmente con le sue mani. La piccola chiesa di campagna presenta una sorta di doppia volta, che non è reale e perciò rimanda a un significato simbolico. Sotto un arco stanno tutte pigiate le donne, sotto l’altro i frati. Di fatto la Porziuncola viene indicata retrospettivamente come culla di due comunità. Come Francesco anche Chiara avrebbe iniziato qui il suo cammino senza rimanere a lungo sola. 6° - la diagonale interna del quadro della scena 6 lo sottolinea: entrambe le storie, dei frati come quelle delle sorelle di Chiara, partono da questo luogo. Nel contesto delle tensioni, intorno al 1283, la tavola istoriata con la sua prima scena dei frati può accogliere un dictum del Poverello: “un solo e medesimo spirito avrebbe spinto i frati e quelle donne poverelle verso una nuova vita nella sequela”. 3° - si svolge nello spazio dell’altare della cappella. Il colore rosso fa porre attenzione al nucleo di un avvenimento interiore: Chiara si unisce, portando l’abito dell’amore sotto la stoffa della povertà, a Cristo, alla cui umile povertà e vicinanza permanente rimanda l’altare eucaristico9. I frati circondano 9 Francesco esprime poeticamente lo stupore del suo movimento sull’amata “umiltà di Dio” nell’Eucaristia in LOrd 23-29. 25 Chiara che si è vestita con lo stesso rozzo panno di lana non tinto. Al posto del cappuccio lei porta un mantello. La cappella ora estende la sua doppia navata ancora più chiaramente su due gruppi. Prima erano visibili nove frati, ora ce ne sono dieci, tutti dietro l’altare e osservano la scena con espressioni differenziate: guardando Chiara, osservandosi l’un l’altro o gesticolando, mossi da dubbi, vivacemente. Francesco – messo di fronte a loro – taglia i capelli di Chiara. Dietro a lui stanno due compagni. Il loro volto ha un’espressione attenta e risoluta, mentre il gruppo a destra appare statico e un po’ distanziato. Come nella scena 4, l’altare anche qui si colloca come un muro divisorio tra i due. È forse una maggioranza dell’Ordine che si tiene a distanza dalle monache, mentre in altri luoghi piccole fraternità si impegnano a tutelare quella che Chiara ha chiamato la «attenta cura» (RegCh VI,4) delle sorelle? Francesco stesso dal 1221 si ritirò a tratti dalle sorelle e dovette essere spinto dai frati a visitarle. Lo documentano le fonti. Il linguaggio delle mani è impresso in tutta l’opera artistica. Mentre chi è davanti alla maggioranza dei frati appare indicare perplesso e scettico Chiara, il Poverello viene spinto leggermente da un compagno alla tonsura; da successivi episodi della sua biografia risulta che spesso dovette essere sollecitato a interessarsi di Chiara 4° e 5° - In entrambe le scene della ricerca autonoma di Chiara i frati sono assenti. Tanto in S. Paolo quanto in S. Angelo le donne sono esposte alla violenza degli uomini, senza che i frati intervengano. Sono rimasti invisibili nelle Fonti come nella realtà. 5° - Francesco è posto nell’immagine della professione di Agnese, seguito da due compagni, che di nuovo stanno assiepati dietro a lui. Sr. Beatrice riferisce nel Processo che tre frati hanno accompagnato Chiara nel cambiamento di luogo da S. Paolo a S. Angelo10: con Francesco Bernardo da Quintavalle e Filippo Longo, che rimase particolarmente legato alle Sorelle Povere per più decenni. Non è detto in nessun luogo di una liturgia di professione preparata insieme. L’immagine non vuole ricordare un episodio storico: Chiara nella sua Regola ricorda la stretta unione di entrambi gli Ordini di cui Francesco appare come Padre comune e a cui ella stessa promette obbedienza. «Le altre sorelle siano tenute ad obbedire sempre ai suc-cessori del beato Francesco e a sorella 10 La sorella di sangue di Chiara annota che era accompagnata anche nel successivo e ultimo cambiamento di luogo dai frati. Nel Processo si legge: «Da poi santo Francesco, frate Filippo e frate Bernardo la menarono alla chiesa de Sancto Angelo de Panzo, dove, stata che fu poco tempo, fu menata alla chiesa de santo Damiano, nel quale loco lo Signore le dette più Sore nel suo reggimento» (Proc 12,5). 26 Chiara e alle altre abbadesse, che le succederanno mediante elezione canonica» (RegCh I,5)11. La scena della professione accenna a questa doppia “oboedientia” e con ciò alla basilare dimensione fraterna dell’Ordine di Chiara. 8° - i frati compaiono un’ultima volta il 12 agosto 1253. Giorno che dalle Fonti l’artista ha trasformato riga per riga in luogo, partecipanti ed evento: «Il giorno seguente si muove l’intera Curia: il Vicario di Cristo raggiunge il luogo con i cardinali e tutta la cittadinanza si dirige verso S. Damiano. Si era giunti al momento di iniziare le divine celebrazioni, quando, incominciando i frati l’ufficio dei morti, il signor Papa all’im-provviso afferma che non l’ufficio dei morti si deve celebrare, ma quello delle vergini: così che pareva volerla canonizzare prima ancora della sepoltura del corpo. L’eminentissimo signore Ostiense, però, obietta che in questa maniera si deve procedere con alquanta prudente lentezza e viene celebrata la messa dei defunti […] Con devota degnazione i preti cardinali circondano la santa spoglia e compiono attorno al corpo della vergine le esequie di rito» (LegCh 47-48). I ruoli principali e secondari dell’ultima scena si chiariscono facilmente da questo racconto della vita; Innocenzo IV e di fronte a lui – con lo sguardo rivolto verso di lui – il cardinale Ralinaldo. La scena finale parla – volendo o non volendo – all’interno di una triplice combinazione di una realtà carica di tensione, che negli anni ottanta ancora cerca affannosamente il giusto rapporto: il Papa e la Curia che dichiarano Chiara – dopo la sua morte – patrona di un grande Ordine femminile papale, la cui cura monialium essi cercavano di fare accettare da decenni ai frati minori. Se i frati di Assisi, guardando l’icona di Chiara, si mettevano a pensare e si domandavano come personalmente si ponevano nei confronti della Curia, delle prime Sorelle di Chiara, dell’Ordo sanctae Clarae e all’interno dell’Ordine dei frati minori, che rimaneva disunito nella domanda circa la cura monialium, questo può essere stato assolutamente gradito alle sorelle, come pure al committente vescovo Simone e ai frati del Protomonastero. L’intenzione dell’artista non può dunque essere il “rimprovero ai frati”. Se la tavola istoriata si rivolge direttamente ai frati, lo fa allora in quattro immagini e modi che sono molto differenziati tra loro. 11 Francesco avrebbe compilato la forma vitae delle Sorores pauperes. Chiara stessa avrebbe promesso obbedienza a lui insieme alle sue sorelle, all’inizio della sua conversione. 27 6 Una nuova visione di santità di Chiara . Chiara d’Assisi si fa incontro a quanti contemplano la sua prima biografia per immagini come una donna ricca di relazioni. In nessuna delle piccole scene del quadro si vede sola e fin dall’inizio si presenta sempre circondata da molte persone. Anche dalle fonti scritte non si può risalire al fatto che Chiara avesse avuto in mente una vita eremitica. La dimensione comunitaria, che la tavola mostra nella movimentata ricerca di Chiara e soprattutto nelle sue comparazioni simmetriche e nei suoi approfondimenti diagonali, prende corpo seriamente nella vita di Chiara: il suo iniziale scambio con le compagne di casa nella “domus” nobile, la sua ricerca di una consona forma di comunità, la sua profonda preghiera per la compagnia di Agnese all’inizio del suo cammino, la sua vita comunitaria per decenni a S. Damiano, ma anche la sua stretta amicizia con i frati minori, la sua vicinanza alla città coscientemente ricercata e l’apertura vissuta con gli uomini del suo ambiente vengono raffigurati sia realisticamente che simbolicamente. Uno sguardo trasversale alla tavola di Margherita da Cortona mostra che questa molteplicità di relazioni era una necessità iconografica, dove i rapporti umani giocano a stento un ruolo. Il Maestro di S. Chiara oltre a rappresentare la ricchezza di relazioni di Chiara identifica anche concretamente, a partire dagli scritti, persone importanti nella vita di Chiara. Vicino ai protagonisti principali – Chiara, il vescovo Guido II, Francesco, Monaldo e Innocenzo IV – si possono chiamare per nome altre persone. Tra le donne vi sono Agnese di Assisi, Ortolana, altre consorelle come sr. Cecilia di Gualtieri nella scena del miracolo del pane e sr. Benvenuta di Diambra nella scena della visione, così come l’abbadessa di S. Paolo nell’anno 1211. Tra gli uomini vi si aggiunge il cardinale Rainaldo, così come frate Filippo Longo e Bernardo di Quintavalle, nella scena di S. Angelo di Panzo, e Ginepro, Angelo, Leone al letto di morte della Santa. Abbiamo visto che forse il vescovo Simone di Assisi si nasconde nella seconda scena, dove è riconoscibile un unico parente nobile, apertamente benevolo: non può essere suo cugino Rufino, che proprio allora era frate minore12 Sul vescovo Simone, probabilmente parente di Chiara e nell’ufficio pastorale nella sua città dal 1282 al 1295, cf. N. KUSTER, Klaras Tafelbild…, 20 12 28 L’artista, dunque, non formula solo un omaggio alla storia personale di Chiara, ma l’osserva anche nella sua rete di relazioni e la inserisce nel suo ambiente reale. La tradizione iconografica di queste tabulae historiatae ha preso avvio con le primissime raffigurazioni di Francesco nella prima metà del secolo XIII e serve alla rappresentazione e a richiamare alla mente un santo o una santa e rispettivamente a venerarlo. Nella tavola di Chiara oltre al realismo troviamo una nuova dimensione spirituale e anche una politica. Si documenta sia la concreta storia di una santa, che la storia della fondazione di una nuova comunità. L’artista evidenzia che questa singolare comunità fa proprio un impulso radicalmente nuovo della storia della spiritualità, lo vive e, in una nuova Regola di un Ordine, lo consegna perfino alle generazioni future. E S. Damiano lo compie da un punto di vista femminile. Le due scene di conflitto collocate in alto, così come la polarizzazione dei frati e l’accenno troppo discreto al libro della Regola potrebbero far comprendere quanto sia stato duro e conflittuale questo processo: sia ecclesialmente attraverso la papale “urbanizzazione” dell’Ordine delle Clarisse, sia guardando le relazioni tese tra i due Ordini dal 1283 in avanti. Con la scelta del miracolo del pane raffigurato nel retablo l’artista indica chiaramente un altro intento. La storia dell’origine è accompagnata dallo Spirito e dal beneplacito di Dio. L’esperimento ha successo anche e proprio nella radicalità del suo cammino: ha successo sulla terra poiché la litigiosa famiglia degli Offreduccio non mantiene la supremazia e Dio stesso, nel corso degli anni, provvede alle Sorelle povere e fiduciose in Lui. La nuova forma di sequela femminile ha esito positivo all’interno della Chiesa, dal momento che essa l’approva alla fine della vita di Chiara. E ha successo in cielo, perché amiche di Chiara che sono nell’eternità vengono con la Madre di Dio stessa per condurre la nuova santa, vestita preziosamente, nella nuova Gerusalemme. I miracoli rappresentati hanno una dimensione spirituale: nella vita delle sorelle si ripetono in primo luogo la sequela di Gesù e anche i “segni e miracoli” a cui hanno assistito allora con i propri occhi in Galilea i discepoli e le donne che seguirono Gesù. In secondo luogo Dio stesso rende 29 possibile e accompagna questo coraggioso cammino di sequela delle sorelle13. La tavola di s. Chiara ha tre dimensioni: ‘A fondamento dell’icona c’è l’esperienza di luce e compito dell’icona è riflettere la luce del Tabor’ (p.Florenskij). L’arte iconografica si sviluppa in ambito normalmente biblico, spesso squisitamente paolino, dove si legge in col 3,1-16 ‘Quando il Cristo, nostra vita, apparirà, allora anche voi apparirete con lui rivestiti di gloria… voi dunque, come eletti di dio, santi e amati, vestitevi di tenera compassione, di bontà, di umiltà, di mitezza, di longanimità…soprattutto rivestitevi di carità, che è il vincolo della perfezione…’ Le vite dei santi, e dunque le loro agiografie, manifestano il ‘senso’ ultimo e originario, del testo in cui essi sono stati fatti capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce in colui nel quale3 abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati (Col 1,14). La precisazione è indispensabile, non ogni ‘immagine’ è ‘icona’, ma è ‘icona’ solo l’immagine di coloro che, conformandosi all’icona del Dio invisibile, Primogenito di tutta la creazione (Col 1,15),possono indicare davvero nei propri lineamenti i lineamenti stessi di Cristo. La luce dimora nell’icona dell’uomo nella misura in cui quest’ultimo dimora nell’Icona di Dio. E dunque ogni contemplazione dell’icona ‘agiografica’ è sempre, nel medesimo tempo, contemplazione dell’Icona di Cristo. L’icona nel contempo evidenzia così i tratti comuni che il redento-santificato ha necessariamente con Cristo e i tratti distintivi storici e personali dell’individuo delineato. E proprio questi permettono di scoprire con stupore grande e rendimento di grazie la molteplice varietà dei modi con cui l’insondabile mistero del Dio fatto carne si rende manifesto nella nostra storia quasi anticipando un compimento atteso per la fine dei tempi al ritorno glorioso del Signore 13 Cf. TestCh 44-47, dove Chiara ricorda insistentemente alla Chiesa chi ha suscitato questa comunità e l’ha chiamata alla sequela di Cristo. 30 (breve stralcio da un articolo Innocenzo Gargano per comprendere il senso di un’icona) Per chi si immerge dunque nella loro contemplazione, i quadri fondono lo sguardo al passato insieme con un incontro nel presente e una promessa per il futuro. Tre dimensioni che potremo così definire: 1. la prima è un ricordo. Sono esperienze storicamente concrete di Chiara, luoghi e fatti del suo cammino, le sue relazioni e l’evoluzione della sua nuova forma di vita, che si incontrano guardando retrospettivamente le scene del quadro. Questo è il passato espresso in questa tavola. 2. poi c’è un’altra dimensione: è il presente. S. Chiara nel centro sembra uscire da un luogo sacro. Si possono notare due colonnine con un arco gotico e Chiara sembra uscire da questo arco, da questo luogo per incontrare le persone che vengono e pregano nella sua basilica La sua figura risplende davanti a chi guarda, in grandezza naturale, e invita ad un incontro nel presente con lei. Non è una donna del passato Chiara. È viva. È nel cielo. Ma è anche vicina a quanti vivono qui e vengono a pregare! 3. una terza dimensione: il futuro. L’avvenire, l’escatologia. Questa icona ci fa vedere non solo Chiara viva nel cielo, ma anche un po’ Chiara nella perfezione. Il suo sguardo e la luce che ne promana e al contempo la circonda sono già un accenno alla luce eterna. Due angeli, infatti, sembrano porle sul capo questa luce divina, luce del cielo (l’aureola) che già le avevamo vista sul capo nella terza scena in cui ‘si sposa con Cristo Signore’. Come Chiara è attesa dalle amiche celesti, così anche le sue compagne e i suoi amici di ogni tempo possono sperare di rivedersi nell’ultimo giorno nella comunità celeste. Chiara non è soltanto presente oggi nella nostra vita quotidiana, ma ci verrà incontro un giorno come si presenta qui e ci incoraggia a fare l’ultimo passo nel nostro cammino entrando nel cielo. 31 Ma nel momento penso basta il secondo… forse anche il primo… Alla fine speriamo di trovare Chiara così, in una porta aperta, quando noi stessi dovremo fare il nostro ultimo passo. 32