… DALLA PALA DI S. CHIARA
Una nuova immagine di santità
da uno studio di Martina Kreidler-Kos e Niklaus Kuster ofmcapp.
tratto da Forma Sororum nr. 3;4-5 2007; 1 2008.
1. Introduzione
Quale ricchezza racchiude la pala di s. Chiara con le sue scene?
Quale immagine di santità è proposta?
In questa novena cercheremo di dare una risposta a questo
interrogativo, a partire dallo studio di p. Niklaus Kuster ofmcapp e di
Martina Kreidler Kos. Uno studio che tenta di penetrare la forza
espressiva della tavola istoriata, facendo emergere spunti di approfondimento e di riflessione per l’oggi.
1. Origine della pala di santa Chiara
La grande pala per lunghi secoli è stata appesa sopra l’altare
centrale nella chiesa a lei dedicata e per generazioni di pellegrini e
visitatori costituiva un primo immediato – spesso anche l’unico –
approccio storico alla sua biografia.
Essa risale al 1283, trent’anni dopo la morte di Chiara.
Probabilmente commissionata dal nuovo vescovo (ofm) Simone d’Assisi
ed eseguita da un anonimo “Maestro di S. Chiara”, affiancava in origine,
assieme a una tavola di san Francesco, il grande crocifisso
dell’abbadessa Benedetta. Collocata sopra la tomba di santa Chiara e
l’altare centrale della chiesa, la pala presentava la Santa, agli occhi dei
pellegrini e di quanti partecipavano alla liturgia, in grandezza naturale.
Le scene dipinte intorno alla figura centrale ritraggono episodi tratti
dalla sua biografia, passi importanti o tappe della sua vita. Iniziando a
sinistra in basso, esse mostrano in successione cronologica la ricerca
individuale di Chiara (scene a sinistra) e a destra, scendendo in basso, la
storia della sua comunità. Trattandosi di un santuario, ci si
aspetterebbero anche scene di guarigioni e miracoli. La Legenda, e
soprattutto le sorelle, che sono state miracolate, hanno in effetti
trasmesso molto al riguardo e in modo impressionante1.
I committenti – il Vescovo e i frati, a cui era affidata l’assistenza
spirituale nella chiesa di S. Chiara e la cura di quanti cercavano aiuto2 –
1
Le sorelle nel Processo di canonizzazione riferiscono un gran numero di miracoli, avvenuti sia
nella cerchia delle sorelle che tra quanti cercavano aiuto dall’esterno.
2
Sulla domanda dei committenti, cf. N. KUSTER, Klaras Tafelbild…, 19-20.
1
insieme all’artista hanno rivolto l’attenzione su un altro contenuto: i
miracoli raffigurati in due scene costituiscono, per così dire, il modo di
vivere all’interno della fraternità. Essi mettono a tema non la malattia e
la guarigione di singole sorelle o pellegrini, quanto il divenire e il
radicamento di una comunità.
La tavola istoriata è la prima presentazione in immagini della
vita di Chiara. Realizzata al termine di un anno drammatico per Assisi,
allude, attraverso un non più visibile ramoscello di olivo alla sinistra di
Chiara, alla riconciliazione della città con il papa Martino IV, che è
menzionato nella scritta in calce all’immagine. Il nuovo vescovo
Simone, francescano, nel settembre 1283 aveva ottenuto l’abolizione
dell’interdetto che era stato scagliato su Assisi nell’anno precedente,
dopo che Assisi e Perugia avevano assaltato la città di Foligno.
La croce dorata, ornata di pietre preziose e posta su un piccolo
stelo, che la Santa tiene sul petto, ricorda un popolare reliquiario
contenente un frammento della S. Croce. Un frate minore, cappellano
del re francese Luigi IX, aveva ricevuto una preziosa particella della S.
Croce, che aveva affidato al convento della sua cittadina di origine,
Castiglione Fiorentino, ai confini con l’Umbria. Dunque il gesto di
Chiara indica Cristo, che “povero alla sua nascita fu posto in una
greppia, povero visse sulla terra e nudo rimase sulla croce” (TestCh 45).
Non è dunque la croce dell’abbadessa che presenta l’autorità di s. Chiara
La conferma di questa interpretazione è l’altra tavola (sempre nella
basilica di s. Chiara) dello stesso artista che ci presenta Gesù Bambino.
E vedete lì lo stesso gesto. Questo artista conosceva bene la spiritualità
delle suore, presentando l’inizio e la fine del cammino di Gesù: dal
presepe fino alla croce, che era il modello e la base di questa spiritualità.
Le piccole scene della pala parlano di passi coraggiosi, incontri
decisivi, conflitti esistenti e di una comunità che, oltrepassando tutti i
muri e i limiti, tende al mondo eterno di Dio. La pala sorprende per la
sua pienezza di contenuto, per l’orientamento del suo messaggio e, come
in seguito vedremo, per lo sguardo straordinariamente familiare sulla
storia di Chiara, sulla sua spiritualità e le sue relazioni.
2
2. Al centro della pala s. Chiara
La pala fa risaltare, agli occhi di chi guarda la parte centrale, la
luminosità di Chiara: nel saio color noce, stretta in una corda, avvolta in
un rozzo mantello, irradiata dalla luce e con occhi dolci, indica una
preziosa croce. Ella appoggia il legno della croce di Gerusalemme sul
cuore. Chiara si presenta a viso scoperto, senza grata, sotto un arco
gotico. L’amore di Chiara per il mondo la rende una sorella per parecchi
uomini, una sorella che opera, portando giovamento, attraverso incontri
e contatti.
Nelle piccole scene le suore portano un velo nero semplice, che
sembra essere messo sulla testa e le spalle. Ma nella figura centrale
Chiara porta un doppio velo: un velo bianco e nero. È già una piccola
trasformazione della comunità che si è trasferita da s. Damiano al
Protomonastero: sono piccoli adattamenti alla regola di Urbano IV.
La Santa è circondata da otto episodi significativi della sua vita.
La scelta degli stessi sembra fondarsi sulla Legenda ufficiale di Chiara e
trarre da essa la motivazione. Tuttavia la successione cronologica del
racconto è tutt’altro che equilibrata e inoltre si discosta da analoghe
rappresentazioni della Santa: perché?
In maniera sorprendente è dato un forte risalto alla storia
vocazionale di Chiara e, mentre la Legenda dedica molte pagine al lungo
tempo che Chiara ha trascorso a S. Damiano, l’artista pone altri accenti:
perché dei quaranta anni di vita a S. Damiano rimane solo una scena, e si
conclude il racconto con due scene sul letto di morte?
L’artista ha dato un grande rilievo – anche esteriormente – a un
breve lasso di tempo: egli inizia la sua raffigurazione con la Domenica
delle Palme dell’anno 1211 e si prende l’ampio spazio di cinque scene
per raccontare i successivi sedici giorni3. Oltre a ciò egli consacra tre
3
La nostra cronologia segue i più recenti studi di G. BOCCALI, Santa Chiara
d’Assisi sotto processo. Lettura storico-teologica degli atti di canonizzazione, Assisi
2003, 37-44. Analizzando minuziosamente tutti i dati temporali contenuti negli Atti del
Processo, egli si convince che la fuga di Chiara è da datare nella primavera
del 1211. In quell’anno la Domenica delle Palme cadeva il 27 marzo;
3
suoi quadri a questo primo giorno dalla mattina fino alla sera. Poi
seguono due ampi salti: dalla primavera del 1211 fino all’anno 1238
circa e da qui fino all’anno 1253, il mese della morte di Chiara.
Entrambe le scene conclusive riguardano ancora un breve arco di
tempo: esse ritraggono gli ultimi tre giorni di vita della santa 4. Inizio e
fine sono quindi considerati in maniera molto puntuale, mentre, al
contrario, quattro decenni di vita religiosa sono raccontati in un unico
quadro.
Perché dunque l’artista ha scelto proprio il miracolo della
moltiplicazione del pane in seno alla comunità per illustrare la vita
quotidiana delle cinquanta sorelle?
Le singole scene rimandano, in un raffinato sviluppo, a un
particolare valore della sua vita movimentata: Chiara è una donna che
vive il suo smisurato amore per Dio in varie dimensioni e forme di
comunità.
In questa storia ci sono frati, frati molto diversi; ci sono parenti:
cavalieri della sua casa paterna; ci sono monache benedettine; ci sono
compagne di Chiara: compagne della sua casa aristocratica dove, se
guardiamo bene c’è anche un uomo nell’angolo sinistro; ci sono donne
sante: la Madonna e molte donne coronate, le “amiche celesti”. Ne
troviamo alcune con nome nelle lettere di s. Chiara. Una realtà molto
importante questa amicizia con donne nel cielo.
La tavola parla in tanti dettagli. Le mani parlano: le meni di s.
Chiara che fa la sua professione….
secondo LegCh 24 Agnese segue sua sorella dopo 16 giorni; i codici
italiani della Legenda parlano di 15 giorni (cf. ID., Santa Chiara…, 38, nota 79).
4
Sr. Benvenuta data molto precisamente: “la sera del venardì, sequendo lo dì
del sabbato, lo quale fo lo terço dì nanti alla morte de… Chiara” (Proc 11,3). Sulla
datazione, cf. G. BOCCALI, Santa Chiara…, 263.
4
2. Lettura cronologica della pala
(Vedi schema A)
La lettura lineare normale che ora faremo, ci pone la domanda:
come mai questa attenzione all’inizio e alla fine; e, quarant’anni di vita
quotidiana, appaiono in una sola scena? Vi sono cinque scene sui primi
giorni; due sugli ultimi giorni e una sola scena su quarant’anni: come
mai? cosa ha pensato l’artista scegliendo questi episodi?
Vi sono poi tanti dettagli, piccoli dettagli che valgono la pena di
essere guardati... forse anche meditati...

1° scena domenica delle Palme nel 1211.
Assisi nel duomo, Chiara davanti al Vescovo
il 27 marzo 1211 la mattina (LsC 7);
È un po’ strano: la tavola non ci dice niente della storia
anteriore!, ma sappiamo che Chiara è nata nella nobilissima parte di
sopra, nella città superiore, tra i nobili della città. Che ha dovuto, dopo la
distruzione della rocca, fuggire a Perugia. Per qualche anno Chiara ha
guardato la sua città da qui. Dopo la ricostruzione delle torri dei nobili,
intorno al 1205 la famiglia è ritornata. La casa di s. Chiara si trovava
molto vicina al campanile di s. Ruffino. A partire dal 1205 il mondo si è
presentato così a s. Chiara: dall’alto! Era una vita rinchiusa nella parte
riservata alle donne della domus aristocratica e non c’era nessuna
possibilità di entrare in contatto con cittadini (neanche con s. Francesco):
una ragazza nobile rimane rinchiusa fino all’età del matrimonio. Forse
ha sentito parlare delle feste celebrate in piazza, forse ha anche sentito
parlare di Francesco, ma non aveva nessun contatto con la società
borghese. Una vita in “clausura domestica” (come ha scritto Stefano Brufani).
S. Chiara non si presentava neanche alla finestra della casa. Amava la
vita nascosta. Possiamo immaginarci che vedeva la pianura e i tetti della
città. L’unica possibilità di uscire per una ragazza era andare a Messa.
Per s. Chiara pochissimi passi: fino al duomo.
Di tutto questo la tavola non dice niente. Comincia con un primo
passo coraggioso, decisivo.
La domenica della Palme s. Chiara dopo tanti passi interiori si è
decisa a uscire “da questo mondo”. Una donna di 17/18 anni, già adulta
5
per quel tempo, e con un profilo spirituale molto forte. S. Francesco
bisognò di tanti anni per crescere spiritualmente cominciando a 22 anni.
S. Chiara è molto più veloce in questo cammino.
Domenica delle Palme: quello che rimane è un segno di ulivo,
segno di incoraggiamento del vescovo, che, forse, era informato. La sera
Chiara scappa e forse fa il suo cammino fuori della città di notte. Un
cammino molto coraggioso uscire dalla città di notte... allora era passare
attraverso un bosco!
2° scena 2° passo: Chiara è accolta dalla fraternitas minoritica.

La porziuncola, Chiara e Francesco
lo stesso giorno il 27 marzo 1211 la sera (LsC 8);
Questa scena rappresenta la Porziuncola: che cosa vi viene in
mente? È un po’ particolare come immagine. Salta all’occhio un
elemento che non è realistico ma simbolico!
Ci sono compagne (si! sappiamo oggi che non c’era nessuna in
quella notte!); c’è la città che sembra molto vicina.. vicinissima; i frati
sono uniti in questa scena (un gruppo molto compatto, unito). Ci sono
due archi: un’architettura non realistica ma simbolica, che dice, qui in
questa chiesa, nascono due comunità quella dei frati e quella delle
sorelle (potrebbe essere una spiegazione la Porziuncola il luogo di
nascita dei fratres e delle sorores). In questo caso le compagne
sarebbero le compagne che sono rimaste a casa e che hanno aiutato a
preparare questa partenza, … un cammino che tante sappiamo hanno
fatto. Potrebbe essere un ricordo! Chiara ha fatto il cammino da sola, ma
è stata incoraggiata dalle compagne a casa ...e tante la seguiranno.
In questa notte nascono due comunità e il luogo dei frati è molto
vicino alla città.
3° scena:

La Porziuncola, Chiara è accolta dalla fraternità di Francesco
lo stesso giorno notte (LsC 8);
vediamo una prima professione...
Qualche ora dopo la seconda scena vediamo tre cose:
6
- i frati sono separati: ci sono due gruppi. Uno incoraggia
Francesco: vediamo un frate che spinge un po’; nell’altro gruppo il
primo è un po’ critico, sembra aver dubbi in questo momento. La tavola
è dipinta in un momento di tensione tra i frati e le suore, ma c’era
sempre un piccolo gruppo fedele alle sorelle. E forse questo è un riflesso
del periodo in qui è stato dipinto questo quadro;
- interessante è che Francesco ha già le stimmate;
- se confrontate questa scena a quella anteriore vediamo anche il
cambiamento di Chiara che prima porta un vestito rosso (simbolico): è
solo l’amore che spiega questo cammino. Prima era più piccola di
Francesco, in questa scena, invece, Chiara porta sempre il vestito rosso
sotto il vestito della povertà, ma è cresciuta (alzata avrà almeno l’altezza
di Francesco) e ha ricevuto l’aureola. Nel momento della professione
riceve l’aureola: un simbolo dell’unione con Cristo. Per Chiara questo
momento era il matrimonio con Cristo fattosi uomo.

4° scena
san Paolo delle abbadesse, Chiara tra le monache
fine marzo 1211…alcuni giorni dopo (Lsc 9);
I frati accompagnano Chiara all’abbazia di s. Paolo, solo 2/3
chilometri da Assisi. Forse Chiara vede il sorgere del sole già qui, ...mi
immagino... come serva di monache benedettine. Questa immagine
racconta i prossimi passi.
- Chiara è visibilmente sottomessa alle monache: le monache sono
visibilmente più alte, in un livello più alto. Esse sono in clausura e
Chiara è fuori: c’è l’altare e tanti gradini che creano una distanza.
- lo zio Monaldo è vestito con un mantello rosso. Un rosso che qui
non è quello dell’amore, ma freddo, aggressivo della rabbia.
L’abbadessa difende s. Chiara (non si sa se difende questa serva oppure il
privilegio dell’abbazia -l’asilo ecclesiastico-). La chiesa di s. Paolo delle
badesse ora è la chiesa del cimitero di Bastia umbra.
7

5° scena
s. Angelo, Chiara tra le semireligiose
il 12 aprile 1211 (LsCh 24-26);
Dopo pochi giorni tre frati vengono e accompagnano Chiara a
un’altra comunità. Interessante: tre frati! Forse non erano ancora sicuri
che la famiglia rimanesse veramente tranquilla.. e hanno accompagnato
Chiara in tre: Filippo, Francesco e Bernardo da Quintavalle. Sono
passati sotto Assisi e sono andati in una cappella nel bosco sotto le
carceri da penitenti. Una vita molto improvvisata: una nuova forma di
vita non ancora strutturata. Il posto è s. Angelo di Panzo, dove la
comunità si trovava, ai piedi del fosso delle carceri. Qui avvengono
molte cose importanti:
- l’arrivo della sorella di Chiara, Agnese. È un primo miracolo. La
leggenda dice che Chiara ha pregato tanto per incoraggiare la sua sorella
di seguire la sua vocazione;
- un secondo miracolo: Agnese è stata aggredita dalla propria
famiglia e è diventata pesante come piombo. Dodici cavalieri non erano
capaci di portarla a casa e hanno chiamato contadini in aiuto! Cioè una
massa di uomini forti non sono riusciti a portare Agnese a casa.
- poi un terzo miracolo: lo zio Monaldo voleva uccidere la nipote
scappata, ma una “freccia dal cielo” ha bloccato il suo braccio.
Qui c’è la svolta. Fin’ora Chiara ha fatto il suo cammino da sola,
cioè incoraggiata dal vescovo, dalle compagne, dai frati, forse anche
dalle monache... non si sa. Ma ha fatto varie tappe da sola, ha cercato e
trovato da sola. E qui comincia un cammino comunitario. Sono in due.
Tra poco in tre: è l’inizio della comunità. Tres facium collegium dice il
diritto canonico: con tre si può fondare una nuova comunità!
Vediamo, infatti, un progresso: un’altra professione già molto più
diversa. Nella prima professione Chiara fa il suo voto: ha solo l’altare
davanti a se, ma non c’è nessuna compagna che riceve questa
professione. Nel caso di s. Agnese, invece, c’è una sorella: qualcosa è
cambiato!
8

6° scena
s. Damiano, Chiara tra le sorelle
tra 1215 e 1250 (miracolo LsC 15: sintetizzata la vita quotidiana)
S. Damiano era molto più piccola ...lo si vede anche oggi. Vista
dalla pianura, da sotto, sembra essere una chiesetta in campagna
circondata da uliveti. Ma è molto vicina alla città: solo 800 metri, allora,
fuori dalla porta di s. Giorgio.
Qui Chiara vede una comunità che cresce velocemente fino a
cinquanta sorelle.
All’inizio ci chiedevamo: perché l’artista ha scelto proprio il
miracolo della moltiplicazione del pane per illustrare la vita quotidiana
delle cinquanta sorelle?
Infatti l’unica scena che ci rappresenta la vita quotidiana è una
scena a tavola: la comunità che condivide il pane. È il ricordo ad un
miracolo. Cioè non è soltanto Chiara che si impegna per questa
comunità, ma è Dio stesso che si prende cura delle sue figlie. La
leggenda ci racconta che Chiara preferiva pezzi di pane a pezzi interi.
Voleva che i frati, facendo la questua, portassero pezzi e non pani interi
che significa condividere il pane della gente.: una parte è stata mangiata
in città e l’altra è mangiata nel convento.
Ci sono dettagli della vita quotidiana: sorelle che condividono
pane. Mi sembra che nell’italiano la parola compagna deriva dal cumpanis = cum-pane, mangiare pane insieme, condividere il pane
quotidiano. È una scena di benedizione: Chiara benedice. Forse è un
pane, forse è anche un ricordo al miracolo dell’olio (noi non lo
sappiamo).
Con la scelta del miracolo del pane l’artista indica chiaramente un
altro intento. La storia dell’origine è accompagnata dallo Spirito e dal
beneplacito di Dio. La comunità di sorelle povere ha successo anche e
proprio nella radicalità del suo cammino: ha successo sulla terra poiché
la litigiosa famiglia degli Offreduccio non mantiene la supremazia e Dio
stesso, nel corso degli anni, provvede alle Sorelle povere e fiduciose in
Lui.
9

7° scena
s. Damiano, Chiara e il cielo
8 agosto 1253 (LsC 46);
Poi il un altro passo molto grande nel tempo fino a giungere a
questa visione pochi giorni prima della morte di Chiara. È un a sorella
che la racconta, e un’altra ne è testimone: le vediamo sulla sinistra. È
l’unica scena che presenta donne e soltanto donne: Chiara con sorelle, la
Madonna e donne sante. È una grande solidarietà femminile questa
immagine.
Vediamo alcuni dettagli:
- le case molto vicine: sembra essere una comunità in città, molto
molto collegata con Assisi.
- l’arco è uno solo che si allarga... potrebbe essere il piccolo arco
di s. Damiano che si allarga, che si alza, si apre verso il cielo;
- poi c’è una torre... ma cerchiamo la spiegazione dopo.

8° scena
s. Damiano, Chiara e il papa
tre giorni dopo il 12 agosto 1253 (LsC 47-48);
Dopo la visita delle “donne celesti” una più terrena: il Papa e la curia. È il giorno dopo la morte di s. Chiara e il Papa voleva celebrare l’ufficio delle donne sante, ma un cardinale lo ha fermato. Alcuni dettagli:
- sono raffigurati dieci frati, con i paramenti liturgici: più di quanti
vivevano a S. Damiano.
- un frate che tiene una croce preziosa d’oro sopra la testa di Chiara: è
simbolo della risurrezione;
- un cardinale tiene un libro aperto in mano: è il cardinale Rainaldo
della stirpe dei Conti dei Segni che la coincidenza della storia vuole –diventato
Papa– dopo il processo riuscito, nel 1255 di persona, nella sua città natale, ad
Anagni, santificherà Chiara. Il libro solennemente aperto nelle sue mani
potrebbe essere un’allusione a ciò5. Il fatto che la Curia il 12 agosto 1253 si
inserisce nel Vespro solenne dei frati, viene accennato proprio dal biografo.
5
Il libro può essere interpretato come libro della Regola e questo
può rinviare a Rinaldo (quell’eminentissimus dominus Ostiensis che interviene
nella liturgia e consiglia un regolare Processo di canonizzazione), che per primo
(vedi 1° cap. RsC) quale protettore, l’ha approvata il 16 settembre 1252.
10
3 Lettura simmetrica
(Vedi schema B)
La composizione della tavola si presenta in un elegante
crescendo, se le singole scene vengono lette anche nei loro paralleli
simmetrici.
In contrapposizione alla politica papale che tentava di isolare le
sorelle in monasteri di stretta clausura, Chiara riesce a tessere una storia
d’amore in una comunità che legava vicinanza a Dio e amore per il
mondo:
– una comunità sognata con le compagne nella stretta “clausura
domestica” di un palazzo aristocratico e che alla fine viene onorata in
tutto il mondo dalla Chiesa universale (scena 1 e 8),
– una comunità, di cui i frati diventano alleati e a cui provvedono
anche le amiche celesti (scena 2 e 7),
– una comunità per la quale Francesco stesso agli inizi e Chiara
lungo tutta la sua vita si sono donati anima e corpo (scena 3 e 6)
– e infine una comunità che, contro tutte le opposizioni, cercò la
sua via e intese unire profondamente silenzio e città, in modo del tutto
diverso rispetto alla clausura delle monache o delle semi-religiose di
quel tempo.
Scene 1° e 8°
La storia comincia con una giovane donna
davanti al Vescovo e finisce con una donna matura davanti al Papa. Un
po’ come un crescendo forte nella musica: una giovane ad Assisi davanti
Forse l’artista però allude semplicemente all’ufficio dei defunti, su cui
insistette Rinaldo? O pensa al “libro della vita”, in cui Chiara con il
successivo Processo di canonizzazione senza dubbio e solennemente,
attraverso Rinaldo verrà inscritta? Concludendo si potrebbe ancora
pensare agli inni propri in onore di Chiara che Rinaldo stesso compose
come Papa per il Processo di canonizzazione e che ha inserito
nell’ufficio curiale: su questo cf. L. LEHMANN, Das Bild der hl. Klara in
lateinischen Hymnen des 13. bis 15. Jahrhunderts, in Collectanea Franciscana 63
(1993), 423-470, e H. BETSCHART, Die Klara-Hymnen des 13. bis 15. Jahrhunderts,
lateinisch-deutsch, in Helvetia Franciscana 25 (1996), 80-113.
11
al Vescovo; il mondo non conosce questa donna. Quarat’anni dopo una
donna matura davanti al Papa e tutta la Chiesa universale la celebra.
Scene 2° e 7° Chiara, incoraggiata da compagne, arriva alla
fraternitas (frati) che fatica ad accogliere questa donna e l’accompagna
da altre monache. È un’accoglienza molto provvisoria, ma l’accoglienza
nel movimento minoritico rimane: è la comunità di Chiara, la nuova
casa.
Dall’altra parte il passaggio dalla propria comunità al cielo, che
viene preparato qui. Nel primo la fuga dalla casa, la discesa tra i poveri;
qui una salita, un’accoglienza non solo definitiva, ma eterna.
Scene 3° e 6° Sul terzo livello Francesco si impegna per Chiara
(nella scena della tonsura, della professione); crea o, almeno, aiuta ad
aprire un cammino, uno spazio per donne nel suo movimento e Chiara è
circondata da frati. Una sola donna con molti frati.
L’altra scena simmetrica: Chiara circondata da sorelle. Chiara,
nella stessa posizione di Francesco, si impegna per la propria comunità.
E non è più una comunità provvisoria (per una notte), ma è una
comunità per anni e decenni: la comunità terrena definitiva.
Scene 4° e 5°
Sopra è il punto più basso di Chiara, tutta da
sola come serviziale in una comunità monastica, ma separata da questa
comunità: Chiara esposta alla violenza della sua famiglia.
Dall’altra parte un’altra scena di opposizione e di violenza. Chiara
nella stessa posizione: prima aveva fiducia in Cristo, raffigurato
dall’altare, e qui ha fiducia in Dio (la preghiera espressa dalle mani). Ma
a partire da questo momento Chiara è accompagnata dalla sorella, la
prima compagna, e ben presto seguiranno altre. È la svolta.
Poi c’è un altro parallelismo: nella 4° scena Chiara è in parallelo
all’abbadessa di s. Paolo (colei che protegge Chiara); nella 5° Chiara
nuova abbadessa che riceve la professione della prima sorella.
Anche Francesco è in contrasto allo zio Monaldo, lo zio violento;
e all’opposto Francesco molto tenero, molto sensibile.
Alcuni dettagli:
- il centro dei frati è legato alla città;
- la comunità delle suore è più vicina ancora ad Assisi, più
collegata a quella città (le case disegnate dietro)
12
Questa lettura simmetrica ci insegna a meditare ulteriormente il quadro:
1 Chiara lascia la sua casa, rompe anche con il suo passato, con i
progetti della famiglia.
2 Lascia tutto incoraggiata dal vescovo.
3 Arriva nella fraternitas di Francesco e in una chiesa dove
nascono due comunità (almeno nel futuro). Ma è un passaggio che si
spiega soltanto con molto amore: Chiara è circondata da frati, ma che
non hanno il coraggio di accoglierla definitivamente.
4 Una prima esperienza tra monache benedettine, ma sono due
livelli di vita diversi e Chiara non entra mai in questo mondo monastico.
5 Poi un’esperienza tra le suore di s. Angelo di Panzo. Qui è un
po’ il cammino di s. Chiara, la sua ricerca individuale, anche un po’
solitaria; qui è anche il cammino comunitario, la nascita di una piccola
comunità con una prima compagna.
6 Questa comunità cresce. Abbiamo il parallelismo ai frati della
Porziuncola legati alla città, le sorelle di s. Damiano legate ad Assisi.
Una comunità di sorelle con una propria cultura. I frati non sviluppano
una vita comunitaria; sono itineranti. Le sorelle imparano a vivere
insieme in un posto molto ristretto (personalmente sono convinto che la regola
pro eremitoris approfitta dell’esperienza delle sorelle: i frati imparano a vivere insieme
in un eremo guardando alla vita delle sorelle a s. Damiano).
7 Poi questa comunità delle sorelle si allarga fino al cielo. È una
comunità aperta, ci sono amiche celesti che fanno parte di questa vita,
che la incoraggiano.
8 E alla fine questa comunità si apre anche alla Chiesa universale,
che scopre questo carisma e celebra la vocazione di s. Chiara, la sua vita.
E proclama questo carisma come modello per tutta la Chiesa. Alla fine, è
già un accenno alla canonizzazione di Chiara, cielo e terra cantano e
celebrano questa vita.
Un inizio molto modesto la domenica delle Palme davanti al
vescovo; e alla fine la festa della Chiesa universale … e in una
canonizzazione cantano sempre cielo e terra insieme. È la dimensione
più grande di comunità: la Chiesa terrena militante, e la Chiesa
trionfante, eterna, nel cielo.
La lettura simmetrica fa già un po’ scoprire la raffinatezza
dell’artista, che esprime tanto e molto più di un piccolo incoraggiamento
vocazionale. È una spiritualità descritta con raffinatezza.
13
4 Lettura diagonali
(Vedi schema C)
Raffinata struttura diagonale
Il messaggio interno della tavola di Chiara – il divenire di una
nuova forma di vita – ottiene inoltre una supplementare forza espressiva,
se la già descritta simmetria orizzontale viene ampliata con un’altra
dimensione e una terza chiave di lettura: le corrispondenze diagonali.
L’artista, in modo originale, unisce ognuna delle historiae (scene scelte)
per spiegarle reciprocamente, per porre l’accento su di esse e ogni volta
proseguire ampliando lo sguardo. Ognuna di queste diagonali cresce
dalla sua prima alla sua seconda scena. L’opera nel suo insieme permette
di riconoscere in primo luogo due grandi diagonali, che marcano i “fatti
miliari” nella storia di Chiara e li collegano tra loro:
- il suo inizio con il punto più basso (1e 5);
- la svolta con il suo compimento (4 e 8).
Oltre a queste grandi linee, anche altre immagini appaiono
specificamente collegate all’interno del ciclo. Queste “linee interne”
sono tra la scena 2 e la 6; tra la scena 3 e la 7.
Ma oltre a ciò, si possono intravedere anche quelle diagonali che si
creano, se si suddivide l’immagine in due blocchi di scene:
- le quattro scene inferiori
- le quattro scene superiori.
In appoggio a ciò, vi è anche l’osservazione che all’interno di ogni
blocco il portamento del corpo del corrispondente personaggio
principale si assomiglia sorprendentemente. Lo vedremo più avanti.
Quindi vale la pena gettare uno sguardo anche sui possibili legami
tra la scena 1 e la 7; tra la 2 e la 8; tra la 3 e la 5 ; tra la 4 e la 6.
Alcune linee di collegamento sono evidenti, altre a prima vista non
dicono nulla. Perciò ogni volta vale la pena stabilire un possibile legame
interno, per sondare attentamente tutta la profondità e l’espressività
dell’immagine.
Queste diagonali ci aiutano inoltre ad identificare tante persone,
piccole persone in questa pala e scopriamo non solo la storia di s.Chiara,
ma anche la storia di qualche frate e di qualche sorella.
14

1° diagonale GRANDE
tra la scena 1° e la 5°;
1° - Chiara giovane nel giorno della sua decisione (conversione),
della sua fuga.
Guardando tutta la scena vediamo non solo il primo passo della
sequela Christi, ma notiamo anche che solo l’amore spiega questa storia
coraggiosa… espresso nel vestito di Chiara.
Qui c’è un dettaglio molto importate. Chiara ha due mani: con una mano
risponde al Vescovo e l’altra mano accenna o fa un segno. Indica
un’altra persona, cioè attira l’attenzione del Vescovo, e forse anche
nostra, a quella persona al lato di Chiara. È un pochino più piccola di
Chiara e porta anche la corona, ha anche i capelli, mentre le altre donne
portano i capelli coperti (sembrano sposate, ma forse no). C’è però una
similitudine molto espressiva: queste due donne più piccole con la
corona (Chiara vestita in rosso e l’altra blu). L’altra non solo ha un ramo
di ulivo, ma tanti rami. Chi è questa persona che tanto importante da
attirare l’attenzione di Chiara, dell’artista …e nostra?
5° - La risposta ce la dà la diagonale. Quest’altra persona è un po’
più piccola di Chiara e, nel frattempo ha cambiata il vestito: è diventato
rosso. La leggenda di s. Chiara ci racconta che ha desiderato (ha
pregato) l’arrivo di sua sorella. E nel frattempo, forse anche l’amore di
Agnese è diventato così forte, così ardente che non ha più potuto stare a
casa. Ha fatto lo stesso passo di Chiara portata dall’Amore a fuggire e
unirsi a Chiara. Lo stesso vestito adesso e lo stesso cammino.

1° diagonale PICCOLA.
tra la scena 3° e la 5° aggiunge un dettaglio alla diagonale grande;
L’inizio del cammino di Chiara è individuale, la vediamo sola.
Dall’altra invece l’inizio del cammino comunitario: sono due, presto tra
che cercano il proprio cammino. Questo è un cambiamento.
Poi un dettaglio interessante. Ci sono tre frati: Francesco e, dietro a
lui, due frati. È una maggioranza un po’ in distanza, e nella scena della
professione, lo stesso: Francesco e due frati. Nella leggenda non è detto
niente sulla professione di Agnese accompagnata da Francesco: è la
libertà dell’artista… Ma sappiamo che almeno tre fratelli hanno
15
accompagnato Chiara a s. Angelo di Panzo: Bernardo da Quintavalle,
Filippo Longo e Francesco.
Altro dettaglio interessante: i tre frati e i due archi. Ho detto che
due comunità nascono (scena 3), e sopra la professione lo stesso due
frati e due archi (scena 5). E un arco è sopra Francesco e i frati e uno
sopra Chiara e Agnese. Sono due comunità che nascono.
Il tema di questa piccola diagonale sono due professioni: quella di
Chiara fatta da sola; e quella di Agnese fatta nelle mani di Chiara.
Il tema della grande diagonale era due volte due inizi: l’inizio
personale di Chiara; l’inizio della comunità. O, se volete, anche l’inizio
due volte di una via passionis, di una sofferenza anche. Chiara fugge e
rischia la passione sua. E poi lo stesso con Agnese: è il “venerdì santo”
di Agnese nella 5° scena.

2° diagonale GRANDE
tra la scena 4° e la 8°;
La 4° scena è il punto più basso, la crisi più grande di Chiara (forse
anche il momento più pericoloso). È l’assoluta vilitas (come dicono i
medioevali): il disprezzo totale, l’essere niente davanti agli uomini.
- Chiara perseguitata e minacciata dalla famiglia
- senza protezione e da sola
- assoluta vilitas sociale
Dall’altra parte –scena 8°- corrisponde il trionfo più alto di Chiara,
il culmine dell’onore:
- non più perseguitata, ma onorata dal Papa, dalla curia e dai
frati… cioè da tutto il mondo;
- non più da sola, ma circondata da tutta la città;
- e la vilitas sociale si è trasformata in sanctitas universale (la
canonizzazione qui già un po’ accennata).
Sulla 1° grande diagonale abbiamo visto l’inizio individuale e poi
la svolta, e l’inizio comunitario; qui il punto più basso e il trionfo più
grande, più alto.
Per sottolineare questo abbiamo lo zio Monaldo violento, aggressivo,
bruto e sotto il Papa non più aggressivo, ma pieno di ammirazione, non
più un persecutore, ma uno che ammira Chiara e la venera.
16
2° diagonale PICCOLA.

tra la scena 4° e la 6°;
4° - le monache benedettine con la forma di vita monastica
classica. Ma è una vita che distingue vari livelli: il livello delle monache
e il livello della serva. Una forma di vita monastica superata a s.
Damiano;
6° - non più benedettine, ma sorelle povere. Cioè nuova forma di
vita religiosa femminile. Qui uguaglianza.
Su questa diagonale il tema è la fiducia in Cristo:
4° - in questo momento pericoloso particolare Chiara ha piena
fiducia in Cristo; è una fiducia che è più forte della fiducia famigliare;
6° - qui la stessa fiducia, ma non più in un momento eccezionale
pericoloso. Qui è una fiducia nella vita quotidiana, nella realtà di ogni
giorno. Manca il pane -forse una situazione che ogni tanto si è presentata
a s. Damiano-: una fiducia quotidiana in Cristo.
Poi un altro dettaglio su questa diagonale:
4° – Chiara è serva e ospite delle monache. Serva è più bassa delle
monache; in servizio dalle benedettine;
6° – Chiara è sorella, madre e serva – come dice nelle sue lettere-.
… una situazione del tutto cambiata.

1° piccola diagonale CENTRALE.
tra la scena 2° e la 6°;
2° la Porziuncola dei frati, il centro dei frati chiaramente molto
legato alla città di Assisi.
6° qui il centro delle sorelle: s. Damiano, anch’esso legato alla città
di Assisi.
Se confrontate queste scene con s. Paolo delle Abbadesse e con s.
Angelo di Panzo avete le uniche due scene in tutta la tavola senza città.
Le monache Benedettine che vivono a 2-3 Km da Assisi nella pianura e
che vedono Assisi chiaramente, sono raffigurate senza contatto della
città. Pur vedendo la città (forse interiormente non vedono niente!) è una
spiritualità che vive nella fuga mundi. Cioè il mondo umano, la società
non gioca nessun ruolo, non ha nessuna importanza nella spiritualità
benedettina delle origini. E s. Angelo di Panzo –le donne penitenti17
vivono in un luogo nascosto. Assisi non si vede da s. Angelo! Lì si
capisce che l’artista non ha potuto mettere Assisi dentro la scena.
Questo mi sembra un punto essenziale della spiritualità clariana e
anche quella francescana: l’apertura agli uomini, alla città, al mondo. S.
Damiano apre il panorama su tutta la valle spoletana da Spoleto fino a
Perugia. È tipico anche degli eremi trovarsi in posti che aprono il
panorama sul mondo. “Le carceri” sono un piccolo panorama, ma,
almeno, gli altri eremi (Monteluco, La Verna, Montecasale, Greccio, s.
Urbano, Poggio Bustone…) sono posti con una visione aperta,
apertissima al mondo.
2° Vediamo Chiara e le compagne della casa aristocratica, il
vecchio consorzio, hanno condiviso la vita e tutte le vicende nella casa
aristocratica. Guardiamo più da vicino:
- c’è un uomo che porta un cappello che è il simbolo del cavaliere
(in alto a sinistra della scena). Chi è questo uomo? Ruffino non è possibile,
perché è già frate … Potrebbe essere Simone, il vescovo di Assisi che si
chiamava Simon Offredizzi (che si traduce Simone degli Offreducci) e
potrebbe essere un parente di s. Chiara. È stato lui ha commissionare la
tavola. Potrebbe anche esser un ragazzo del clan, della domus, Giovanni
Ventura.
- in particolare è da rilevare un singolare gesto di fiducia e
protezione: quella donna che sta dietro Chiara, con l’abito delle
cittadine, mette con amore e apertamente il braccio destro, la sua mano
sinistra e il mantello intorno a Chiara. Con un simile ruolo nella vita di
Chiara, e raffigurata assai più grande, questa donna si offre come madre
Ortolana che pochi anni più tardi entrerà a S. Damiano. Non sappiamo
quale ruolo abbia giocato Ortolana in questi giorni decisivi. La Legenda
soprattutto racconta con molta attenzione in che modo l’educazione della
madre abbia fondamentalmente aperto una via religiosa alla figlia.
- sempre in questa scena si racconta l’accoglienza provvisoria di
Chiara nella fraternitas. Per poche ore. Poi i frati hanno mandato Chiara
a cercare il suo cammino da sola.
6° Dalla scena 2 la diagonale ci porta alla scena 6: adesso la
fraternitas, la nuova comunità di Chiara non provvisoria, ma definitiva,
permanente. Questa è la comunità per stare giorni, anni e decenni. Prima
Chiara doveva cercare, qui ha trovato la nuova casa.
18
Abbiamo visto nella 2° scena compagne che sono rimaste a casa.
Questa volta le nuove compagne di Chiara non rimangono a casa, ma le
sono fedeli e la seguono, facendo tutto il cammino con Chiara.
Particolarmente illuminante è uno sguardo sul parallelo orizzontale
dove è registrato ugualmente un “cambiamento di luogo”: Chiara nella
seconda scena abbandona il mondo cittadino, così nella penultima scena
abbandona ancora il mondo damianita per seguire le donne celesti che
vengono a prenderla. Fino a quel momento passano quindi più di
quarant’anni.
La chiave di lettura di questa diagonale consente di riconoscere una
crescita del mondo interiore. Chiara abbandona la cerchia familiare per
trovare, dopo un ricerca, una nuova dimora.
Abbiamo visto che le diagonali grandi sono arricchite di dettagli
dalle diagonali piccole. Riuscite a seguire anche interiormente…?
proseguiamo un po’ con le diagonali centrali.

2° piccola diagonale CENTRALE.
tra la scena 3° e la 7°;
La seconda diagonale interna ancora una volta collega due scene di
vestizione che stanno in una sottile relazione.
3° La vestizione di Chiara e la professione. C’è un piccolo
dettaglio: Chiara porta sempre la veste rossa sotto la tonaca: come mai
non ha cambiato? Perché è rimasto questo dettaglio? Perché l’amore
rimane! Chiara non ha lasciato l’Amore con il vestito.
7° La 7° scena spiega questo dettaglio da un altro punto di vista:
qui Chiara porta la tonaca povera sopra la veste rossa. Messa sopra
l’abito povero ora c’è una stoffa rossa preziosa: è un gioco molto
simbolico. Nella 3° scena Chiara ha scelto l’abito povero, qui Chiara
accoglie la stoffa preziosa per il cielo. Due vestizioni!: la tonaca povera
in terra e la stoffa preziosa per l’ingresso nel cielo.
Si sviluppano tanti motivi in queste diagonali.
3° – altro motivo. Francesco e Chiara.
7° – qui Chiara e la Regina.
19
La Regina del cielo nella tavola istoriata appare in una schiera di
donne ugualmente incoronate. Francesco incoraggia le sorelle di S.
Damiano che lo accompagnano attraverso la sua pesante sofferenza
ponendo davanti a tutte loro il panorama delle corone celesti: per la loro
perseveranza e fedeltà di fronte a Madonna Povertà e per la loro
pazienza di fronte a tutte le pene della vita le sorelle saranno in futuro
“ognuna in cielo incoronata come regina con Maria”. Sr. Benvenuta –
che testimonia questa visione nel Processo – del resto giunse a S.
Damiano proprio nel tempo in cui l’Audite Poverelle di Francesco
nacque. Nelle fonti francescane troviamo un altro canto molto bello che
parla della incoronazione nel cielo: il cantico delle creature nella strofa
che canta sull’uomo laudato sii mi Signore per quelli che perdonano per
lo tuo amore … saranno coronati nel cielo. L’artista conosce la storia di
s. Damiano, la loro spiritualità e, mi sembra, anche gli scritti e gli
esprime nella sua opera.
Perciò anche l’ultima delle possibili diagonali mostra una crescita
interna: ciò che inizia con la vestizione tra i frati vede il suo compimento
nella vestizione finale definitiva da parte della Regina del cielo.

PARTE SUPERIORE: primo ‘blocco’.
scene 3° 4° 5° 6° legate;
Queste quattro scene che parlano della comunità.
* La comunità con i frati: Chiara circondata dai frati e la città
nello sfondo. Chiara è figlia di Assisi e le rimane fedele per tutta la vita
fino alla fine. In quattro su otto scene vediamo frati. Questo
collegamento, questa unità con i frati è un’altra dimensione molto
espressiva in questa tavola. In questa scena di professione (che forse non
era così) si ricorda l’ultimo capitolo della regola di s.Chiara che parla del
ministro dei frati e poi dei frati che vivono a s. Damiano (ne parla anche
nel primo capitolo).
* La città è importante nella vita di Chiara e Chiara è più fedele…
molto di più di Francesco. F. era zingaro. Forse fratello itinerante in tutta
l’Europa e anche nell’Oriente. Chiara dà l’impressione di essere molto
più importante per la città di Assisi, perché non era lontana, era solidale
a questa città.
20
* Poi una terza dimensione è questa solidarietà celeste. La
comunità non solo in terra, ma anche con le donne sante con le amiche
nel cielo. È l’unione tra cielo e terra che qui è espressa.
* E la comunità tra le sorelle. (6°) Perché una scena sola per
quarant’anni di vita a s. Damiano? Perché non si trova un miracolo in
questa tavola? È una tavola dipinta per pellegrini che vengono per tanti
problemi, tante domande, tante sofferenze e pregano alla tomba di s.
Chiara. E questi pellegrini aspettano miracoli, mentre la tavola ci fa
vedere un miracolo, ma non è una guarigione. È un miracolo interno
della comunità, non un miracolo pubblico e neanche l’azione di s. Chiara
davanti ai Saraceni. È un miracolo interno, comunitario. Questo
miracolo ha un messaggio profondo! Non è la spiegazione superficiale
che desidera togliere la paura di una candidata di aver troppa fame in
questa comunità. Certo sulla scena orizzontale (3°) abbiamo l’altare:
Chiara davanti all’altare e nella 6° Chiara alla tavola. Cioè il pane
eucaristico e il pane della vita quotidiana: è un parallelismo molto
prezioso. Questa povertà si vive in comunione fraterna e solo in questa
solidarietà fraterna... provvidenza e fiducia. Inoltre questa scena ricorda
il brano del vangelo della moltiplicazione dei pani, cioè la fiducia in
Cristo che per primo ha scelto la povertà. Dunque le sorelle vivono la
povertà evangelica: non è qualsiasi povertà radicale, ma la povertà di
Cristo! Quella scelta anche dai discepoli, dagli apostoli, da Maria
Maddalena. E Cristo e solo lui è colui che motiva, incoraggia a seguirlo
in questa povertà, e nel contempo Lui stesso si impegna, Lui stesso
moltiplica i pani, Lui stesso nutre e alimenta quelli che hanno fiducia in
Lui. Il messaggio profondo di questa scena è che nella vita quotidiana di
s. Damiano è che si rinnova la vita evangelica di Gesù e dei suoi
apostoli: la vita vissuta in Galilea si rinnova qui ad Assisi. Questo mi
sembra il messaggio e forse anche il miracolo più bello: la vita di Gesù
si rinnova in questa comunità di sorelle povere.
21
5 Le straordinarie combinazioni di persone
I destinatari della pala
Le straordinarie combinazioni di persone.
Accanto alla simmetria orizzontale degli episodi e ai collegamenti
diagonali la tavola istoriata permette di rilevare un altro modello di
composizione già accennato: nelle quattro scene del quadro nella metà
superiore e inferiore si raffigurano protagonisti che hanno lo stesso
portamento del corpo.
PARTE INFERIORE.

scene 1° 2° 7° 8°;
- nella parte inferiore sono (scena 1) il Vescovo Guido II e (scena
2) Francesco all’inizio del cammino;
- (scena 7) la Regina del Cielo e (scena 8) Papa Innocenzo IV
alla fine della vita di Chiara.
Tutti e quattro incontrano Chiara caritatevolmente sul suo
cammino: incoraggiandola, invitandola, confermandola. Le loro mani
caratterizzano di volta in volta il portamento corrispondente della sorella
di fronte.
Le quattro persone, identicamente collocate, svolgono ruoli attivi
e guardano tutte a sinistra verso Chiara. Costei è, in entrambe le
immagini a sinistra e a destra, di volta in volta rappresentata con lo
stesso portamento: a sinistra con le compagne dietro a sé, davanti a una
persona importante e davanti a passi decisivi nella sua nuova vita; a
destra è posta di fronte a una delegazione della Chiesa celeste e terrestre
del più alto grado, che l’ha preparata per la festa del compimento.

PARTE SUPERIORE.
scene 3° 4° 5° 6°;
I personaggi principali, caratterizzati ugualmente da identici
portamenti del corpo e uniti l’uno all’altro, con il loro coraggio
divengono precursori:
22
- Francesco come alleato (scena 3) che taglia solennemente i
capelli a Chiara, segnando il suo cambiamento di condizione sociale e
l’inizio della sua sequela radicale;
- e poi tre volte Chiara stessa che: (scena 4) coraggiosamente
resiste all’assalto di Monaldo, (scena 5) con la stessa fiducia in Cristo
salva anche la sua prima compagna dalla brutale violenza degli uomini
e, concludendo (scena 6), vive – come responsabile di una comunità in
crescita – un amore alla povertà, che fa sperimentare la particolare cura e
attenzione di Dio per S. Damiano.
I protagonisti della metà superiore della tavola guardano tutti
verso destra. La composizione rende così evidente il fatto che, nelle
scene di violenza, non agisce con la potenza massima l’adirato e attivo
Monaldo, ma in entrambe le volte Chiara. Attraverso il raddoppiamento
della scena di Agnese con l’immagine della professione nasce
un’accurata composizione: Chiara appare nella professione parimenti
come nuova “abbadessa”, parallelamente alla superiora benedettina di S.
Paolo che protesse Chiara contro Monaldo, e Francesco contrasta con
mano dolce, nella accurata scena della tonsura, il brutale darsi da fare di
Monaldo.
Destinatari della pala
– le sorelle future?
Ma chi sono i destinatari dell’immagine e quale la funzione del suo
messaggio?
La studiosa londinese J. Cannon confronta la tavola con altre due
contemporanee provenienti dalla stessa area geografica e rappresentanti donne
con scene della loro vita: la Maddalena (che si presenta a piedi nudi, coperta dai
capelli lunghi fino alle caviglie tipici dell’eremita, con un nastro e una scritta a
sinistra, invita a una riconciliazione fiduciosa con Dio6); e Margherita da
Cortona (le scene della tavola ebbero una funzione didattica per i penitenti e le
penitenti del III Ordine che vivevano presso la chiesa della Santa in Cortona). E
giunge ad affermare che: “negli anni intorno al 1300, una tavola istoriata poteva
evidentemente aver lo scopo di istruire chi la osservava ad una vita esemplare di
6
Cf. ivi 301f. Sull’interessante composizione della tavola cf. N. KUSTER,
Klaras Tafelbild…, 29.
23
penitenza e di preghiera”7. Stessa funzione ipotizza per una precisa cerchia di
destinatari8 e, quali committenti, “uomini illustri, fuori del chiostro” … il
vescovo Simone.
Le monache a stento vengono prese in considerazione come possibili
destinatarie della tavola di Chiara, dal momento che dalla loro clausura non
potevano vedere, o vedevano solo a fatica, la pala dell’altare.
Si è anche ipotizzato che le otto scene racchiudano un messaggio
all’indirizzo dei frati. La tavola ha origine in un’epoca in cui il I Ordine tentò più
di una volta di “scrollarsi di dosso” la cura monialium. …ma non può essere
stata la piccola comunità di frati a cui erano affidati il santuario di S. Chiara e
l’assistenza spirituale delle clarisse del Protomonastero.
J. Cannon giunge a supporre che l’intenzione specifica e principale
dell’immagine sia il “reclutamento”: “…le immagini potevano suscitare e
attendere che la monaca entri lei stessa in clausura … con lo scopo di istruire
quelle che ancora non erano entrate nel Secondo Ordine …”.
Il “reclutamento” quale chiave di lettura ci sembra però molto
discutibile, se si tiene lo sguardo sulla raffinata struttura generale dell’opera.
Destinatari della pala
– i frati?
I personaggi secondari raffigurati non sono assolutamente accidentali o
senza importanza. I frati ad esempio appaiono quattro volte Per J. Wood un
messaggio di questo quadro sarebbe l’accentuazione della stretta unione tra il
Cf. J. CANNON, Beyond the Limitations…, 299: “Chi la guarda (sia uomo o
donna) è così anche indotto a sperare che, vestendo l’abito del Terz’Ordine e seguendo
il suo programma spirituale, ha la possibilità di arrivare in Paradiso. Per i Terziari ci
sarebbero state molte occasioni per osservare nei particolari una pittura collocata nella
loro chiesa, poiché erano esortati ad essere fedeli ad una pratica quotidiana”.
8
Le classiche funzioni di tavole dall’arte francescana vengono descritte come
segue: “Una tavola istoriata poteva anche rievocare le sembianze e, in un certo senso,
la presenza di un santo. Questa presenza era collocata talvolta nel passato, nel presente
o addirittura nel futuro. […] immagini di san Francesco talvolta rievocavano una visita
fatta dal Santo alla chiesa in questione, in una data circostanza del passato. L’immagine
poteva anche segnalare la presenza di un santo come intercessore, come avvocato
celeste sempre disponibile al quale si sarebbe potuto chiedere un aiuto nel presente o
nel futuro. […] Inizialmente, tavole del genere (per esempio, quelle di san Francesco)
servivano per rievocare oppure per rappresentare un corpo assente, piuttosto che per
indicare la presenza di un corpo. Nel caso della tavola di santa Chiara, il corpo era
nascosto, sepolto al di sotto dell’altare principale della chiesa a lei dedicata” (ivi 293).
7
24
Primo e il Secondo Ordine in un tempo in cui l’Ordine dei frati voleva liberarsi
della sua responsabilità verso le Clarisse.
Effettivamente il quadro ebbe origine nel contesto di relazioni incerte:
Urbano IV, denominando nel 1263 le comunità femminili di diversa origine e
ispirazione sotto un unico Ordine intitolato a S. Chiara, rafforzò i timori dei frati
di dover garantire l’assistenza spirituale a un numero crescente di monasteri di
monache. Si giunse solo nel 1296 a stabilire le relazioni e le responsabilità tra il
Primo e il Secondo Ordine (che non fu opera di Chiara ma del Papa), in maniera
abbastanza soddisfacente per tutti. Di qui l’opinione che la tavola «avrebbe
rimproverato palesemente i frati».
Ma l’artista nella scelta delle scene, nelle corrispondenze simmetriche e
diagonali e attraverso la combinazione delle figure ha voluto dare un preciso
significato anche attraverso i dettagli, come pure attraverso lo sfondo del quadro
o il cambiamento della forma del velo tra le scene della vita e la figura principale
al centro.
Osserviamo con attenzione scene in cui compaiono i frati:
2° - i frati si presentano come fraternitas, a cui Chiara si unisce: radunati
strettamente dietro a Francesco hanno accolto Chiara con le torce accese. Nove
teste, in parte con la tonsura, guardano, davanti o nella navata della cappella della
Porziuncola, alla giovane nobile: Francesco esprime timore e fiducia in Dio con
tutto il suo portamento e specialmente con le sue mani. La piccola chiesa di
campagna presenta una sorta di doppia volta, che non è reale e perciò rimanda a
un significato simbolico. Sotto un arco stanno tutte pigiate le donne, sotto l’altro i
frati. Di fatto la Porziuncola viene indicata retrospettivamente come culla di due
comunità. Come Francesco anche Chiara avrebbe iniziato qui il suo cammino
senza rimanere a lungo sola.
6° - la diagonale interna del quadro della scena 6 lo sottolinea: entrambe le
storie, dei frati come quelle delle sorelle di Chiara, partono da questo luogo. Nel
contesto delle tensioni, intorno al 1283, la tavola istoriata con la sua prima scena
dei frati può accogliere un dictum del Poverello: “un solo e medesimo spirito
avrebbe spinto i frati e quelle donne poverelle verso una nuova vita nella
sequela”.
3° - si svolge nello spazio dell’altare della cappella. Il colore rosso fa
porre attenzione al nucleo di un avvenimento interiore: Chiara si unisce,
portando l’abito dell’amore sotto la stoffa della povertà, a Cristo, alla cui umile
povertà e vicinanza permanente rimanda l’altare eucaristico9. I frati circondano
9
Francesco esprime poeticamente lo stupore del suo movimento sull’amata
“umiltà di Dio” nell’Eucaristia in LOrd 23-29.
25
Chiara che si è vestita con lo stesso rozzo panno di lana non tinto. Al posto del
cappuccio lei porta un mantello.
La cappella ora estende la sua doppia navata ancora più chiaramente su
due gruppi. Prima erano visibili nove frati, ora ce ne sono dieci, tutti dietro
l’altare e osservano la scena con espressioni differenziate: guardando Chiara,
osservandosi l’un l’altro o gesticolando, mossi da dubbi, vivacemente. Francesco
– messo di fronte a loro – taglia i capelli di Chiara. Dietro a lui stanno due
compagni. Il loro volto ha un’espressione attenta e risoluta, mentre il gruppo a
destra appare statico e un po’ distanziato.
Come nella scena 4, l’altare anche qui si colloca come un muro divisorio
tra i due. È forse una maggioranza dell’Ordine che si tiene a distanza dalle
monache, mentre in altri luoghi piccole fraternità si impegnano a tutelare quella
che Chiara ha chiamato la «attenta cura» (RegCh VI,4) delle sorelle?
Francesco stesso dal 1221 si ritirò a tratti dalle sorelle e dovette essere
spinto dai frati a visitarle. Lo documentano le fonti. Il linguaggio delle mani è
impresso in tutta l’opera artistica. Mentre chi è davanti alla maggioranza dei frati
appare indicare perplesso e scettico Chiara, il Poverello viene spinto leggermente
da un compagno alla tonsura; da successivi episodi della sua biografia risulta che
spesso dovette essere sollecitato a interessarsi di Chiara
4° e 5° - In entrambe le scene della ricerca autonoma di Chiara i frati sono
assenti. Tanto in S. Paolo quanto in S. Angelo le donne sono esposte alla
violenza degli uomini, senza che i frati intervengano. Sono rimasti invisibili nelle
Fonti come nella realtà.
5° - Francesco è posto nell’immagine della professione di Agnese, seguito
da due compagni, che di nuovo stanno assiepati dietro a lui. Sr. Beatrice riferisce
nel Processo che tre frati hanno accompagnato Chiara nel cambiamento di luogo
da S. Paolo a S. Angelo10: con Francesco Bernardo da Quintavalle e Filippo
Longo, che rimase particolarmente legato alle Sorelle Povere per più decenni.
Non è detto in nessun luogo di una liturgia di professione preparata insieme.
L’immagine non vuole ricordare un episodio storico: Chiara nella sua
Regola ricorda la stretta unione di entrambi gli Ordini di cui Francesco appare
come Padre comune e a cui ella stessa promette obbedienza. «Le altre sorelle
siano tenute ad obbedire sempre ai suc-cessori del beato Francesco e a sorella
10
La sorella di sangue di Chiara annota che era accompagnata anche nel
successivo e ultimo cambiamento di luogo dai frati. Nel Processo si legge: «Da poi
santo Francesco, frate Filippo e frate Bernardo la menarono alla chiesa de Sancto
Angelo de Panzo, dove, stata che fu poco tempo, fu menata alla chiesa de santo
Damiano, nel quale loco lo Signore le dette più Sore nel suo reggimento» (Proc 12,5).
26
Chiara e alle altre abbadesse, che le succederanno mediante elezione canonica»
(RegCh I,5)11.
La scena della professione accenna a questa doppia “oboedientia” e con
ciò alla basilare dimensione fraterna dell’Ordine di Chiara.
8° - i frati compaiono un’ultima volta il 12 agosto 1253. Giorno che dalle
Fonti l’artista ha trasformato riga per riga in luogo, partecipanti ed evento:
«Il giorno seguente si muove l’intera Curia: il Vicario di Cristo raggiunge
il luogo con i cardinali e tutta la cittadinanza si dirige verso S. Damiano. Si era
giunti al momento di iniziare le divine celebrazioni, quando, incominciando i
frati l’ufficio dei morti, il signor Papa all’im-provviso afferma che non l’ufficio
dei morti si deve celebrare, ma quello delle vergini: così che pareva volerla
canonizzare prima ancora della sepoltura del corpo. L’eminentissimo signore
Ostiense, però, obietta che in questa maniera si deve procedere con alquanta
prudente lentezza e viene celebrata la messa dei defunti […] Con devota
degnazione i preti cardinali circondano la santa spoglia e compiono attorno al
corpo della vergine le esequie di rito» (LegCh 47-48).
I ruoli principali e secondari dell’ultima scena si chiariscono facilmente da
questo racconto della vita; Innocenzo IV e di fronte a lui – con lo sguardo rivolto
verso di lui – il cardinale Ralinaldo.
La scena finale parla – volendo o non volendo – all’interno di una
triplice combinazione di una realtà carica di tensione, che negli anni ottanta
ancora cerca affannosamente il giusto rapporto: il Papa e la Curia che dichiarano
Chiara – dopo la sua morte – patrona di un grande Ordine femminile papale, la
cui cura monialium essi cercavano di fare accettare da decenni ai frati minori. Se
i frati di Assisi, guardando l’icona di Chiara, si mettevano a pensare e si
domandavano come personalmente si ponevano nei confronti della Curia, delle
prime Sorelle di Chiara, dell’Ordo sanctae Clarae e all’interno dell’Ordine dei
frati minori, che rimaneva disunito nella domanda circa la cura monialium,
questo può essere stato assolutamente gradito alle sorelle, come pure al
committente vescovo Simone e ai frati del Protomonastero.
L’intenzione dell’artista non può dunque essere il “rimprovero ai frati”.
Se la tavola istoriata si rivolge direttamente ai frati, lo fa allora in quattro
immagini e modi che sono molto differenziati tra loro.
11
Francesco avrebbe compilato la forma vitae delle Sorores pauperes. Chiara
stessa avrebbe promesso obbedienza a lui insieme alle sue sorelle, all’inizio della sua
conversione.
27
6 Una nuova visione di santità di Chiara
.
Chiara d’Assisi si fa incontro a quanti contemplano la sua prima
biografia per immagini come una donna ricca di relazioni. In nessuna
delle piccole scene del quadro si vede sola e fin dall’inizio si presenta
sempre circondata da molte persone. Anche dalle fonti scritte non si può
risalire al fatto che Chiara avesse avuto in mente una vita eremitica.
La dimensione comunitaria, che la tavola mostra nella
movimentata ricerca di Chiara e soprattutto nelle sue comparazioni
simmetriche e nei suoi approfondimenti diagonali, prende corpo seriamente
nella vita di Chiara: il suo iniziale scambio con le compagne di casa nella
“domus” nobile, la sua ricerca di una consona forma di comunità, la sua
profonda preghiera per la compagnia di Agnese all’inizio del suo cammino,
la sua vita comunitaria per decenni a S. Damiano, ma anche la sua stretta
amicizia con i frati minori, la sua vicinanza alla città coscientemente
ricercata e l’apertura vissuta con gli uomini del suo ambiente vengono
raffigurati sia realisticamente che simbolicamente.
Uno sguardo trasversale alla tavola di Margherita da Cortona
mostra che questa molteplicità di relazioni era una necessità iconografica,
dove i rapporti umani giocano a stento un ruolo.
Il Maestro di S. Chiara oltre a rappresentare la ricchezza di
relazioni di Chiara identifica anche concretamente, a partire dagli scritti,
persone importanti nella vita di Chiara. Vicino ai protagonisti principali –
Chiara, il vescovo Guido II, Francesco, Monaldo e Innocenzo IV – si
possono chiamare per nome altre persone. Tra le donne vi sono Agnese di
Assisi, Ortolana, altre consorelle come sr. Cecilia di Gualtieri nella scena
del miracolo del pane e sr. Benvenuta di Diambra nella scena della visione,
così come l’abbadessa di S. Paolo nell’anno 1211. Tra gli uomini vi si
aggiunge il cardinale Rainaldo, così come frate Filippo Longo e Bernardo
di Quintavalle, nella scena di S. Angelo di Panzo, e Ginepro, Angelo,
Leone al letto di morte della Santa. Abbiamo visto che forse il vescovo
Simone di Assisi si nasconde nella seconda scena, dove è riconoscibile un
unico parente nobile, apertamente benevolo: non può essere suo cugino
Rufino, che proprio allora era frate minore12
Sul vescovo Simone, probabilmente parente di Chiara e nell’ufficio pastorale nella sua città
dal 1282 al 1295, cf. N. KUSTER, Klaras Tafelbild…, 20
12
28
L’artista, dunque, non formula solo un omaggio alla storia
personale di Chiara, ma l’osserva anche nella sua rete di relazioni e la
inserisce nel suo ambiente reale. La tradizione iconografica di queste
tabulae historiatae ha preso avvio con le primissime raffigurazioni di
Francesco nella prima metà del secolo XIII e serve alla rappresentazione e a
richiamare alla mente un santo o una santa e rispettivamente a venerarlo.
Nella tavola di Chiara oltre al realismo troviamo una nuova
dimensione spirituale e anche una politica. Si documenta sia la concreta
storia di una santa, che la storia della fondazione di una nuova comunità.
L’artista evidenzia che questa singolare comunità fa proprio un
impulso radicalmente nuovo della storia della spiritualità, lo vive e, in una
nuova Regola di un Ordine, lo consegna perfino alle generazioni future. E
S. Damiano lo compie da un punto di vista femminile. Le due scene di
conflitto collocate in alto, così come la polarizzazione dei frati e l’accenno
troppo discreto al libro della Regola potrebbero far comprendere quanto
sia stato duro e conflittuale questo processo: sia ecclesialmente attraverso
la papale “urbanizzazione” dell’Ordine delle Clarisse, sia guardando le
relazioni tese tra i due Ordini dal 1283 in avanti.
Con la scelta del miracolo del pane raffigurato nel retablo l’artista
indica chiaramente un altro intento. La storia dell’origine è accompagnata
dallo Spirito e dal beneplacito di Dio. L’esperimento ha successo anche e
proprio nella radicalità del suo cammino: ha successo sulla terra poiché la
litigiosa famiglia degli Offreduccio non mantiene la supremazia e Dio
stesso, nel corso degli anni, provvede alle Sorelle povere e fiduciose in Lui.
La nuova forma di sequela femminile ha esito positivo all’interno
della Chiesa, dal momento che essa l’approva alla fine della vita di Chiara.
E ha successo in cielo, perché amiche di Chiara che sono nell’eternità
vengono con la Madre di Dio stessa per condurre la nuova santa, vestita
preziosamente, nella nuova Gerusalemme.
I miracoli rappresentati hanno una dimensione spirituale: nella
vita delle sorelle si ripetono in primo luogo la sequela di Gesù e anche i
“segni e miracoli” a cui hanno assistito allora con i propri occhi in Galilea i
discepoli e le donne che seguirono Gesù. In secondo luogo Dio stesso rende
29
possibile e accompagna questo coraggioso cammino di sequela delle
sorelle13.
La tavola di s. Chiara ha tre dimensioni:
‘A fondamento dell’icona c’è l’esperienza di luce e compito
dell’icona è riflettere la luce del Tabor’ (p.Florenskij).
L’arte iconografica si sviluppa in ambito normalmente biblico,
spesso squisitamente paolino, dove si legge in col 3,1-16 ‘Quando il
Cristo, nostra vita, apparirà, allora anche voi apparirete con lui rivestiti
di gloria… voi dunque, come eletti di dio, santi e amati, vestitevi di
tenera compassione, di bontà, di umiltà, di mitezza, di
longanimità…soprattutto rivestitevi di carità, che è il vincolo della
perfezione…’
Le vite dei santi, e dunque le loro agiografie, manifestano il
‘senso’ ultimo e originario, del testo in cui essi sono stati fatti capaci di
partecipare alla sorte dei santi nella luce in colui nel quale3 abbiamo la
redenzione, il perdono dei peccati (Col 1,14). La precisazione è
indispensabile, non ogni ‘immagine’ è ‘icona’, ma è ‘icona’ solo
l’immagine di coloro che, conformandosi all’icona del Dio invisibile,
Primogenito di tutta la creazione (Col 1,15),possono indicare davvero
nei propri lineamenti i lineamenti stessi di Cristo.
La luce dimora nell’icona dell’uomo nella misura in cui
quest’ultimo dimora nell’Icona di Dio. E dunque ogni contemplazione
dell’icona ‘agiografica’ è sempre, nel medesimo tempo, contemplazione
dell’Icona di Cristo.
L’icona nel contempo evidenzia così i tratti comuni che il
redento-santificato ha necessariamente con Cristo e i tratti distintivi
storici e personali dell’individuo delineato. E proprio questi permettono
di scoprire con stupore grande e rendimento di grazie la molteplice
varietà dei modi con cui l’insondabile mistero del Dio fatto carne si
rende manifesto nella nostra storia quasi anticipando un compimento
atteso per la fine dei tempi al ritorno glorioso del Signore
13
Cf. TestCh 44-47, dove Chiara ricorda insistentemente alla Chiesa chi ha suscitato
questa comunità e l’ha chiamata alla sequela di Cristo.
30
(breve stralcio da un articolo Innocenzo Gargano
per comprendere il senso di un’icona)
Per chi si immerge dunque nella loro contemplazione, i quadri
fondono lo sguardo al passato insieme con un incontro nel presente e
una promessa per il futuro. Tre dimensioni che potremo così definire:
1.
la prima è un ricordo. Sono esperienze storicamente
concrete di Chiara, luoghi e fatti del suo cammino, le sue relazioni e
l’evoluzione della sua nuova forma di vita, che si incontrano guardando
retrospettivamente le scene del quadro. Questo è il passato espresso in
questa tavola.
2.
poi c’è un’altra dimensione: è il presente. S. Chiara nel
centro sembra uscire da un luogo sacro. Si possono notare due colonnine
con un arco gotico e Chiara sembra uscire da questo arco, da questo
luogo per incontrare le persone che vengono e pregano nella sua basilica
La sua figura risplende davanti a chi guarda, in grandezza naturale, e
invita ad un incontro nel presente con lei. Non è una donna del passato
Chiara. È viva. È nel cielo. Ma è anche vicina a quanti vivono qui e
vengono a pregare!
3.
una terza dimensione: il futuro. L’avvenire, l’escatologia.
Questa icona ci fa vedere non solo Chiara viva nel cielo, ma anche un
po’ Chiara nella perfezione. Il suo sguardo e la luce che ne promana e al
contempo la circonda sono già un accenno alla luce eterna. Due angeli,
infatti, sembrano porle sul capo questa luce divina, luce del cielo
(l’aureola) che già le avevamo vista sul capo nella terza scena in cui ‘si
sposa con Cristo Signore’.
Come Chiara è attesa dalle amiche celesti, così anche le sue compagne e
i suoi amici di ogni tempo possono sperare di rivedersi nell’ultimo
giorno nella comunità celeste. Chiara non è soltanto presente oggi nella
nostra vita quotidiana, ma ci verrà incontro un giorno come si presenta
qui e ci incoraggia a fare l’ultimo passo nel nostro cammino entrando
nel cielo.
31
Ma nel momento penso basta il secondo… forse anche il primo…
Alla fine speriamo di trovare Chiara così, in una porta aperta, quando
noi stessi dovremo fare il nostro ultimo passo.
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novena s.Chiara 2008