Italia. Ragioni dell’in/dipendenza (gennaio
/ febbraio 2007)
(http://www.rivistaindipendenza.org)
a) Agenzie di rating USA, Fondo Monetario Internazionale ed Unione Europea ancora una volta
all’unisono: passabile la Finanziaria che tanti dolori ha riservato e riserverà alla popolazione di
questo paese (14, 22 e 30 gennaio, 14 e 16 febbraio), ma non è ancora abbastanza. Bisogna
continuare con le riforme, pensioni e liberalizzazioni innanzitutto (16, 20, 27 gennaio, 15, 22, 26,
27 e 28 febbraio). Romano Prodi, ancora una volta, conferma che i diktat dei “mercati finanziari”
dominati dalla finanza statunitense sono prioritari (14 febbraio). Ma qual è insomma la funzione di
questa Unione Europea? Che sia la responsabile principale dello smantellamento dello Stato
sociale lo dice indirettamente persino Berlusconi (27 gennaio). Ma anche in un’ottica di sviluppo
capitalistico le politiche di Bruxelles e Francoforte si rivelano profondamente perniciose (14
febbraio). I capitalisti di casa nostra lo sanno bene, e si regolano di conseguenza (13 gennaio).
Intanto il cancelliere tedesco Merkel, attuale presidente di turno dell’Unione Europea, conferma
che obiettivo principale dell’UE a medio termine sul versante economico è la formazione di un
“mercato unico transatlantico” con gli Stati Uniti (8 gennaio). Qualcuno ha dubbi su chi sarà il
partner dominante?
b) Basi statunitensi in Italia. Il comitato “No Dal Molin” contro la costruzione di una nuova base
USA a Vicenza ha il merito di sollevare la questione della sovranità nazionale, tanto da contribuire
a spingere un Cossiga ad invocare un governo forte (25 febbraio). Con 113 basi USA / NATO
disseminate sul territorio (28 febbraio), l’Italia è sempre più una piattaforma logistica fondamentale
per i progetti di guerra dell’imperialismo statunitense. Al 1, 16, 17, 20 e 23 gennaio, 17 e 22
febbraio una scarrellata sulla funzione ed i progetti di ristrutturazione che coinvolgono alcune di
queste basi. Sulla cornice giuridica ed i costi, significative le considerazioni al 18 febbraio. Ma gli
oneri coloniali per spese militari a beneficio di Washington non si limitano qui. Abbiamo le spese
per il mantenimento delle “missioni” militari all’estero (vedi Afghanistan: 26 gennaio, 1 febbraio);
nonché spese attinenti alla dotazione di armi ed apparecchiature funzionali al dispositivo e alle
strategie militari di Washington. Vedasi l´accordo per l’acquisto di 133 caccia bombardieri d’attacco
“Joint Strike Fighter”, prodotti dalla ditta statunitense Lockheed (7 febbraio). Costo previsto:
almeno 11 miliardi di dollari. Ma Bruxelles, che non si fa certo pregare per lanciare strali contro
pensioni e spesa pubblica con il pretesto del debito pubblico, non ha niente da dire contro questi
indecenti sprechi per i conti pubblici effettuati da un governo “di sinistra” che, mentre alza la spesa
militare a livelli nemmeno raggiunti da Berlusconi (25 febbraio), non si vergogna di affondare le
mani nelle tasche dei cittadini? Perché l’Italia deve farsi strumento di morte agli ordini di
Washington? Non bastano gli strazi subiti dai militari italiani morti a causa dell’uranio impoverito
buttato in paesi come il Kosovo (5 febbraio)?
c) Le banche d’affari USA ancora una volta in primo piano. Sempre protagonista la “Super lobby”
Goldman Sachs (5 gennaio) dei Prodi, Draghi, Monti, Tononi e Costamagna (finanziatore della
campagna elettorale di Prodi). Significativo un esposto dell’associazione dei consumatori sulla
truffa allo Stato congegnata dalla banca d’affari USA con i titoli di debito pubblico
italiano. L’esposto dedica anche alcune righe al ruolo delle agenzie di rating USA e alle
privatizzazioni e speculazioni sulla lira ordite dalla finanza estera (10 gennaio). Intanto, gli
oligarchi di casa nostra, per non perdere influenza in Italia, consolidano i loro rapporti con la
finanza statunitense, a volte riciclandosi di fatto come manager di fiducia (26 gennaio). E le
banche d’affari USA mostrano interesse per le infrastrutture (14 gennaio). Se dovessero andare in
porto i propositi del centrosinistra di liberalizzazione e privatizzazione dei servizi pubblici locali, in
ottemperanza agli ordini dei “mercati finanziari”, non ci sarà da stupirsi se ci ritroveremo a pagare
le bollette (anche) alla finanza estera.
Tra le altre notizie, estremamente significative:
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Interni (3 gennaio, 4 febbraio)
Stragi (11 gennaio)
Sicurezza (9 febbraio)
Politica estera (10 e 14 febbraio)
Energia (28 febbraio)
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Basi USA. 1 gennaio. Aviano, atomiche illegali. Un gruppo di pacifisti di Pordenone ha
presentato al tribunale della città friulana lo scorso 22 dicembre una denuncia nei confronti
del governo degli Stati Uniti. L’atto di citazione chiede al giudice di dichiarare che la
presenza delle armi nucleari nella base di Aviano è illecita e dannosa, e conseguentemente
ordinare agli USA di rimuovere tutte le bombe nucleari dalla base. Il documento, elaborato
da uno staff di avvocati appartenenti alla Ialana (Associazione Internazionale Giuristi
Contro le Armi Nucleari, www.ialana.net) si richiama al Trattato di Non Proliferazione
Nucleare (TNP), sottoscritto e ratificato dall’Italia. Il TNP infatti sancisce l’obbligo per il
nostro paese di non ospitare ordigni nucleari mentre alle potenze atomiche (come Stati
Uniti) di non dispiegare tali armamenti al di fuori del proprio territorio nazionale. La prima
udienza è stata fissata, su richiesta dei promotori, il prossimo 7 luglio, alla vigilia del
decennale di un’importante sentenza della Corte Internazionale di Giustizia secondo la quale
l’uso (o anche la semplice minaccia dell’uso) di armi nucleari è in contrasto con il diritto
internazionale, e che ribadiva che gli Stati hanno l’obbligo giuridico di condurre negoziati in
buona fede che conducano al completo smantellamento di tutte le armi nucleari. Una
sentenza rimasta lettera morta.
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Basi USA. 1 gennaio. Intanto, al fine di risolvere «lo stridente contrasto tra dettato
statutario e questione nucleare in Friuli Venezia Giulia», la Tavola regionale della Pace ha
invitato Riccardo Illy a rinunciare, quale presidente della Regione, alla carica di
Comandante onorario del 31.mo stormo USAF di Aviano (Pordenone). Nel corso di un
incontro avvenuto ieri tra i rappresentanti della Tavola della pace ed i capigruppo di Intesa
democratica in Regione, è stato sottolineato che il nuovo Statuto approvato dal Consiglio
regionale «persegue una politica di pace», mentre per quanto riguarda il territorio regionale,
«in palese violazione del Trattato di non-proliferazione nucleare», non è mai stata smentita
«la presenza di 50 bombe nella base USAF di Aviano».
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Caso Calipari. 1 gennaio. «Non ho prove documentali», dice, «ma sufficienti elementi
politici per accusare l’ex ambasciatore USA in Iraq, John Negroponte, di aver pianificato
l’incidente in cui è stato ucciso Calipari (alto responsabile del Sismi, servizio segreto
italiano in Iraq, ndr) e ferita Giuliana Sgrena (giornalista de il Manifesto sequestrata e poi
liberata dai suoi rapitori in Iraq)». Il senatore Gigi Malabarba (PRC), che vuole «indagini
anche sui mandanti» ha sostenuto lo scorso 23 dicembre che non si tratta di «dietrologia,
ma riprova della volontà americana di imporre anche con la forza ai propri alleati la linea
della fermezza per la liberazione degli ostaggi. Come con i voli segreti della CIA».
L’incriminazione da parte dei pm che indagano sull’omicidio Calipari di Mario Lozano,
mitragliere statunitense, per l’omicidio Nicola Calipari, è «un atto di dignità della
magistratura italiana».
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Caso Calipari. 1 gennaio. A distanza si replica con irritazione. «Il caso è chiuso», dicono al
Pentagono e al Dipartimento di Stato. L’ultima parola l’ha detta il rapporto della
commissione Vanjel, benché «non sottoscritto dalle autorità italiane», ha sostenuto il
portavoce del Dipartimento di Stato, costretto a dedicare a Calipari buona parte del suo
briefing quotidiano con la stampa. Ma la sostanza è quella: «La materia, per quanto tragica,
è chiusa». E si scatena il Pentagono: «Nell’ambiente militare», raccontano le agenzie di
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stampa, «c’è evidente irritazione di fronte alla notizia che un soldato americano è sotto
inchiesta per omicidio, in un paese alleato, per un’operazione avvenuta in zona di guerra».
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Interni. 3 gennaio. Medaglia al merito dell’FBI a De Gennaro. La massima onorificenza il
capo della Polizia Gianni De Gennaro l’ha ricevuta l’8 dicembre scorso, nel quartier
generale dell’FBI a Washington. L’ambito riconoscimento viene conferito per la prima
volta nella storia dell’FBI ad un non statunitense. Il direttore dell’FBI, Robert Muller, ha
spiegato che De Gennaro è stato insignito del riconoscimento per avere creato tra la polizia
italiana e l’FBI un rapporto di collaborazione «diventato il modello da imitare» nelle
relazioni tra l’FBI e le forze dell’ordine del resto del mondo. Alla cerimonia hanno
partecipato il giudice della Corte Costituzionale, Antonino Scalia, l’ex direttore dell’FBI
Louis Freeh (con il quale aveva collaborato nelle indagini su Tommaso Buscetta e Totuccio
Contorno), l’assistente del Presidente Bush per la «lotta al terrorismo», Frances FragosTownsend, e numerose altre personalità del mondo della magistratura. Successivamente,
come ha rivelato Il Velino lo scorso 12 dicembre, il ministro dell’Interno Giuliano Amato ha
condotto un profondo turn over in molte questure e uffici centrali del Viminale che hanno
favorito proprio alcuni fedelissimi di De Gennaro.
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Banche. 4 gennaio. Emilio Botin, leader del Banco Santander Central Hispano (Bsch),
secondo il giornalista italiano Giancarlo Galli legato alla “massoneria cattolica” dell’Opus
dei, non intende abbandonare l’Italia. Messo da parte nel caso della fusione con Banca
Intesa del San Paolo Imi (di cui il banchiere spagnolo vantava una cospicua partecipazione),
dice Biagio Marzo de l’Opinione, Botin intende giocare un ruolo nella definizione degli
equilibri di potere in Generali se non addirittura fondersi con l’olandese Abn Amro. Il
Santander è una delle maggiori banche del continente. Così come per altri istituti bancari
attivi in operazioni di fusione transfrontaliere (pensiamo all’italo-tedesca UnicreditHypovereinsbank o alla stessa Abn Amro), i maggiori investitori della banca spagnola sono
statunitensi: Ec Nominees, Chase Nominees e State Street Bank, che assommano il 20% del
Santander.
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Banche. 5 gennaio. La banca d’affari USA Goldman Sachs cresce di influenza politica e
potere economico. Anche in Italia. Come rivela un articolo di Enrico Pedemonte e Paolo
Pontoniere pubblicato sul settimanale L’Espresso (“Super Lobby Goldman Sachs”), la
potente banca d’affari consegue profitti record (in particolare grazie alla compravendita
speculativa di banche ed imprese) e vede sempre più propri uomini posizionarsi in posti
chiave dell’economia e della politica. Esemplificativo il caso di Henry Paulson, nel maggio
scorso nominato da Bush ministro del Tesoro. «Molti si erano stupiti della sua scelta.
Perché mai Paulson aveva deciso di lasciare la guida di un istituto così prestigioso per
dedicarsi al dissestato bilancio dello Stato americano, per di più nella fase finale di una
presidenza azzoppata?», è la domanda retorica dei giornalisti che sottolineano il «potere
tentacolare dell’azienda». Infatti, «gli uomini che raggiungono le posizioni di vertice della
banca d’affari restano in carica generalmente una decina d’anni, nel corso dei quali
accumulano un capitale ragguardevole che consente loro di ricominciare una carriera
spesso assai meno remunerata, magari presso qualche istituzione pubblica, creando uno
straordinario network di ‘ex uomini Goldman’ nei posti chiave dell’economia e della
politica». Da Paulson a Paul Thain (capo della New York Stock Exchange, quindi il numero
uno di Wall Street»); da John Thornton («punto di riferimento essenziale per gli uomini
d’affari USA che investono in Cina») a Joshua Bolten (attuale capo di gabinetto della Casa
Bianca); da Robert Zoellick (vicesegretario di Stato) a William Dudley (capo della Federal
Reserve Bank of New York); da Jon Corzine (ex senatore democratico e attuale governatore
del New Jersey, «dove ha assunto tre uomini Goldman come principali collaboratori») a
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Philip Murphy («responsabile della raccolta fondi per il Comitato Nazionale del partito
democratico, un ruolo chiave in vista delle presidenziali del 2008»), a John Whitehead
(«vicesegretario di Stato con Ronald Reagan, poi cooptato nel board (consiglio, ndr) della
Federal Reserve Bank of New York e infine, dopo l’11 settembre 2001, nominato presidente
della Lower Manhattan Development Corporation che ha l’incarico di ricostruire il
distretto finanziario»): ecco un elenco di ex presidenti e alti dirigenti di Goldman Sachs ben
piazzati in ambienti politici e finanziari statunitensi.
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Banche. 5 gennaio. «Scorrendo i nomi dei vertici Goldman si scopre che oltre a svolgere la
loro principale attività all’interno della banca d’affari, ciascuno di questi dirigenti è
presente nei consigli di amministrazione di alcune multinazionali, di qualche università
prestigiosa e di parecchie organizzazioni di beneficienza. A ben guardare la Goldman usa
in modo eccellente, per costruire il suo successo e i suoi sterminati profitti, la stessa
strategia da decenni utilizzata dalle migliori università americane: creare una straordinaria
élite intellettuale e diffonderla per il mondo, ai vertici delle istituzioni economiche e
politiche, ampliando e sostenendo una rete di legami sempre più fitta. Gli uomini Goldman
non costituiscono solo una rete di potere, ma si garantiscono reciprocamente una rete
informativa che consente alla banca di affari di sapere meglio e prima degli altri come
evolvono i mercati. Dice John Cochrane, professore di finanza alla School of Business
dell’università di Chicago: “Gli investimenti a rischio della Goldman hanno il sostegno di
una fortissima base informativa”». Dichiarazioni che, allargando il raggio d’osservazione
oltre la Goldman, evidenziano gli stretti legami intercorrenti tra sfera politica ed economica
e, a ben vedere, come sia consustanziale al mondo degli affari la fattispecie dell’insider
trading, per reconditi motivi di tanto in tanto sollevata dalla magistratura. Locuzione
composta da “insider”, “chi sta dentro”, e dal gerundio di “to trade”, “commerciare”,
“operare”, essa consiste nell’uso a fini di speculazione su titoli (azioni, obbligazioni,
derivati) di una determinata società di notizie ed informazioni riservate e “privilegiate”
rispetto ad altri investitori (non di pubblico dominio), conosciute in ragione della
partecipazione al capitale di una società, dell’esercizio di una funzione anche pubblica o di
un’attività professionale.
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Banche. 5 gennaio. Una parte dell’articolo de L’Espresso su Goldman Sachs si sofferma sui
suoi tentacoli italiani. Nomi non di poco conto. «Dai suoi ranghi sono passati, oltre
all’attuale governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, anche Massimo Tononi, oggi
sottosegretario all’Economia, e Mario Monti, ex commissario europeo alla concorrenza,
rettore della Bocconi e ora consulente internazionale della banca d’affari USA. Anche il
presidente del Consiglio Romano Prodi è stato più volte consulente della Goldman. Così
come Claudio Costamagna, di cui si è recentemente parlato per la vicenda che ha portato al
duro scontro tra palazzo Chigi e il vertice di Telecom Italia: della Goldman è stato direttore
europeo del settore bancario fino al maggio 2006». I due giornalisti, sottolineata la crescita
del drappello italiano nella banca USA, rilevano un fatto non irrilevante per la comprensione
dell’influenza di tali istituti finanziari: «gli analisti mettono in relazione l’aumento del
numero di italiani con il crescente interesse col quale la Goldman guarda all’emissione del
nostro debito, che con 200 miliardi di euro rappresenta un quarto del totale europeo».
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Banche. 5 gennaio. La Banca d’Italia come la Federal Reserve USA? Sarebbe il progetto
del Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi. Su Panorama Renzo Rosati,
nell’evidenziare in posti chiave di Via Nazionale una serie di nomine di personaggi legati
all’ex vicepresidente per l’Europa di Goldman Sachs, sostiene che per la proprietà della
Banca d’Italia «Draghi vorrebbe adottare il modello Fed, che è una sorta di gigantesca
public company con la proprietà frantumata tra banche e istituzioni americane e mondiali».
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Fisco. 7 gennaio. Il Lussemburgo continua ad essere oggetto d’assalto per banche e grandi
imprese. Per ottenere consistenti vantaggi fiscali e redigere i bilanci con criteri più di
manica larga rispetto a quelli prescritti in Italia. Lo rileva Vittorio Malagutti su L’Espresso.
15 sono le filiali delle banche italiane nel Principato (una presenza seconda soltanto a quella
dei gruppi creditizi tedeschi, 45). Alle banche si aggiungono le finanziarie controllate da
grandi gruppi come Fiat, Benetton, Pirelli, Fininvest, e personaggi come Del Vecchio,
Ligresti, la dinastia italo-argentina dei Rocca «e molti altri ancora. Queste società vengono
utilizzate, tra l’altro, per emettere bond da collocare sui mercati internazionali. Funzionò
così anche per la Cirio di Sergio Cragnotti». Ed intanto, in Italia, i giornali controllati anche
dai succitati oligarchi lanciano strali contro l’evasione fiscale...
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Politica economica. 8 gennaio. NATO economica? No grazie. Il filosofo Gianni Vattimo su
La Stampa critica fortemente l’obiettivo espresso dalla cancelliere tedesca Angela Merkel,
presidente di turno dell’Unione Europea, di porre tra gli obiettivi del prossimo semestre
europeo il compimento di ulteriori passi avanti verso la formazione di un unico mercato
transatlantico, «tale da costituire un parallelo della NATO sul piano degli scambi e in
genere del coordinamento delle politiche economiche, monetarie e commerciali (che a
nostro avviso già oggi c’è, almeno in parte, ndr)». Vattimo rileva che la NATO non avrebbe
più ragione di essere la difesa del “Nord-Atlantico” dopo la caduta dell’Unione Sovietica, e
che una tale idea di NATO economica ovviamente metterebbe in soffitta l’obiettivo –per noi
comunque pericoloso– di un’Europa unita contraltare degli USA. «La NATO dell’economia
non rischierebbe di essere, proprio come la NATO militare, un modo per scaricare sulle
spalle degli alleati problemi (come le guerre mediorientali, ma ora anche la debolezza del
dollaro) che l’amministrazione americana ha creato e non sa più come gestire?», si
domanda retoricamente Vattimo.
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Banche. 10 gennaio. La Goldman Sachs truffa lo Stato ma continua a godere di inusitati
privilegi nell’emissione di titoli di debito pubblico italiano. Lo scrive Andrea Cinquegrani
sul mensile La Voce della Campania citando un esposto alla procura di Milano
dell’associazione dei consumatori Adusbef, che chiama pesantemente in causa la Goldman
Sachs. «Approfittando delle differenti legislazioni fiscali in vigore nei paesi europei,
Goldman Sachs International ha attuato una ingegnosa truffa ai danni dello Stato italiano
per la somma di 202 milioni di euro. Mediante un ingegnoso ma fraudolento sistema,
Goldman Sachs poco prima del distacco delle cedole, effettuava il trasferimento in altri
Paesi -prevalentemente in Inghilterra- delle azioni di società italiane quotate in borsa,
detenute anche da investitori istituzionali (fondi pensione e altro) in modo da creare le
premesse per eludere la doppia imposizione fiscale. In questo modo partiva la richiesta di
rimborso, ma subito dopo i titoli tornavano in Italia». Un’operazione che i promotori hanno
significativamente denominata “Easy Credit”, scoperta dalla stessa Agenzia delle Entrate,
«insospettita da un’autentica valanga di domande di rimborso, oltre 40mila, proveniente
solo da Goldman Sachs, ha così segnalato all’autorità giudiziaria un marchingegno
truffaldino, che sarebbe stato messo in atto anche da altri soggetti stranieri residenti in
Francia, ma operanti in Italia». Nelle battute finali dell’esposto-denuncia, l’Adusbef rileva
come «nonostante tali pesanti accuse di frode ai danni dello Stato, Goldman Sachs continua
a godere in Italia di inusitati privilegi, e invece di essere sospesa dall’Albo delle banche di
riferimento del ministero dell’Economia in via cautelare, è stata scelta come banca capofila
lo scorso settembre in occasione del bond lanciato dal Governo italiano per 3 miliardi di
dollari e con scadenza 20 settembre 2016. Come mai il Tesoro continua ad avvalersi di
Goldman Sachs in qualità di lead manager, assieme a Citigroup e JP Morgan anche nel
caso dell’ultima emissione, la più fresca operazione del ministero dell’Economia avvenuta
il 24 ottobre 2006? Come mai si privilegia Goldman Sachs invece delle banche italiane ed
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europee? Come mai il ministro Padoa Schioppa, così rigoroso nella gestione dei conti dello
Stato, ha rinnovato il mandato alla Goldman Sachs, che vede il professor Mario Monti
come alto dirigente per l’Europa, invece di depennarla per giusta causa dall’elenco delle
banche di riferimento?».
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Banche. 10 gennaio. Un esponente di spicco della Goldman Sachs è stato proprio il
Governatore della banca d’Italia Mario Draghi, negli anni Novanta Direttore generale del
Tesoro. «Per dieci anni, dal 1991 al 2001, ricopre la strategica carica di direttore generale
del Tesoro. Con la ciliegina sulla torta della presidenza del Comitato per le Privatizzazioni,
che secondo non pochi analisti hanno portato alla svendita pilotata di parecchi gioielli
statali o parastatali (IRI, Telecom, ENEL, ENI, Credito Italiano, Buitoni, Invernizzi,
Locatelli e via di questo passo)», ricorda Cinquegrani. Ciò capitava in particolare agli inizi
degli anni Novanta, anni contraddistinti, come ha ricordato un’analisi di Adusbef, dalla
«crisi della prima repubblica, lo scoppio di Tangentopoli, l’attacco alla lira da parte di
George Soros che portò alla svalutazione del 30%, poi la manovra da 100mila miliardi del
governo Amato, il celebre incontro a bordo del Britannia della regina Elisabetta» con
esponenti di banche d’affari anglosassoni. Presente anche Draghi, «il quale,
contemporaneamente, dà il via al valzer delle vendite, o “svendite”, di Stato. Con l’ok degli
USA, che, tramite l’ambasciatore in Italia Reginald Bartholomew (in seguito diventerà
presidente di Merrill Linch Italia, altra star del firmamento finanziario internazionale),
danno la loro benedizione: “Continueremo a sottolineare ai nostri interlocutori italiani la
necessità di essere trasparenti nelle privatizzazioni, di proseguire in modo spedito e di
rimuovere qualsiasi barriera per gli investimenti esteri”», rimembra quegli anni
Cinquegrani.
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Banche. 10 gennaio. L’esposto della Adusbef dedica pure alcune righe alle agenzie di
rating USA. «Le società di rating, poiché sono pagate dai committenti e non dagli
investitori, sono in sé portatrici di un conflitto, che ha mostrato tutta la sua entità negli
scandali finanziari mondiali, da Enron e Worldcom alla Parmalat». Standard & Poors,
Fitch e Moody’s vedono tra l’altro sedere nel proprio consiglio di amministrazione
esponenti di multinazionali statunitensi ed in particolare di banche d’affari come Citigroup,
J. P. Morgan Chase, eccetera, su cui in teoria dovrebbero “vigilare”. A tal proposito ci sono
analisti che esprimono preoccupazioni sull’entità dei contratti derivati stipulati da tali
banche, ad esempio quelli Over The Counter (che non appaiono nei bilanci degli istituti
sottoscrittori): «Viste le cifre da capogiro un elemento da sottolineare è quello della ormai
eccessiva interdipendenza, in termini di profitti, tra banche d’affari e mondo degli Hedge
Funds, un evidente ed eclatante conflitto d’interessi: le banche d’affari vendono Hedge
Fund, li gestiscono, concedono prestiti per investirvi e operano in Hedge attraverso i loro
trading desk. Sono ormai una sorta di investitori geneticamente modificati: le banche
investono con se stesse».
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Giustizia. 10 gennaio. Mastella mette la giustizia in mano agli inglesi. Come rivela il
quotidiano economico Italia Oggi, il ministro della giustizia italiano affida alla British
Telecom i servizi di trasmissioni dati, accesso a Internet, per collegare tra loro le sedi
giudiziarie, scalzando Telecom. E non solo. Ha anche intenzione di rafforzare il rapporto
con British Telecom affidandogli il servizio di sicurezza. Il contratto sarà firmato tra fine
gennaio ed inizio febbraio, non appena il ministero della giustizia avrà predisposto il piano
dei fabbisogni.
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Stragi. 11 gennaio. Ustica, nessun colpevole. La prima sezione penale della Corte di
Cassazione ha dichiarato ieri inammissibile il ricorso della Procura generale del tribunale di
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Roma contro l’assoluzione dei generali dell’Aeronautica Lamberto Bertolucci e Franco Ferri
per il disastro. I togati hanno pertanto deciso che nessun risarcimento sarà concesso ai
familiari delle vittime. Ancora una volta, per una delle più gravi tragedie che abbia colpito
l’Italia –l’abbattimento, in tempo di pace, di un aereo civile sul cielo di Ustica– non solo non
si trovano colpevoli e fiancheggiatori, ma si offendono di fatto le vittime ed i loro familiari.
Il 27 giugno 1980 un DC9 dell’Itavia proveniente da Bologna e diretto a Palermo
precipitava in mare causando la morte di 81 persone, fra equipaggio e passeggeri. Aldo
Davanzali, il presidente dell’Itavia, fu tra i primi a fare l’ipotesi di un atto di guerra come
causa dell’esplosione del DC9. Risultato: incriminazione e chiusura coatta della compagnia,
accusata dal governo di avere aerei inefficienti, malmessi, proprio come quel velivolo che si
diceva caduto per “cedimento strutturale”. L’incidente sembrava ormai chiuso, se non fosse
stato che una serie di circostanze, e soprattutto la tenacia dei familiari delle vittime e di
alcuni giornalisti, riuscì a impedire che prevalesse la ragion di Stato e ad imporre nuove
indagini.
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Stragi. 11 gennaio. Tra i giornalisti che si batterono per scoprire la verità va menzionato
Andrea Purgatori (Corriere della Sera), sceneggiatore del film di Marco Risi “Il muro di
gomma”, appunto sulla strage di Ustica. Pretestuose le perizie dell’Aeronautica militare,
secondo cui il DC-9 dell’Itavia è esploso in volo per una bomba nella toilette anteriore
dell’aereo: «vorrei sapere quale bomba collocata all’interno della toilette di un aereo, è
capace di far esplodere l’aereo e, nello stesso tempo, di lasciare assolutamente intatto il
lavandino e il water della toilette», ha affermato il giornalista. Nelle indagini del giudice
istruttore Rosario Priore salta fuori che in quella notte, prima durante e dopo la notte,
c’erano caccia miliari italiani e non identificati. «L’ha certificato la NATO ai magistrati»,
sottolinea Purgatori. Le 5.660 pagine di requisitoria di Priore parlano di un’operazione
militare condotta da paesi alleati –statunitensi, francesi, italiani, e libici– presumibilmente
per intercettare un aereo di linea sul quale si supponeva viaggiasse Gheddafi, allora
principale nemico degli USA, e che porta le impronte digitali di una copertura scattata un
secondo dopo la strage. Nei tracciati radar si vede addirittura un elicottero decollato dal
mare –presumibilmente da una portaerei– e arrivato nella zona dell’incidente prima che
arrivassero i soccorsi ufficiali. Una battaglia nel quale il DC9, seguendo correttamente la
propria rotta, si è trovato nel punto sbagliato nel momento sbagliato. Un missile lo fece
fuori. Il generale Demetrio Cogliandro, ex capo del controspionaggio del Sismi, asserisce
che ad abbattere l’aereo civile italiano in volo sul Tirreno tra Bologna e Palermo fu un
missile lanciato nel corso di un duello aereo tra caccia americani e libici e che fu Francesco
Cossiga, all’epoca presidente del Consiglio, a prendere la decisione di trasformare la verità
sulla strage in segreto inossidabile. Gli organi militari preposti al controllo delle rotte aeree e
alla sicurezza dei cieli italiani, i radaristi delle varie stazioni radio, gli ufficiali
dell’aeronautica responsabili di queste stazioni, i generali ed i capi di Stato maggiore
responsabili dei loro sottoposti, non hanno visto e saputo niente. La presidentessa
dell’Associazione dei famigliari delle vittime Daria Bonfietti, che nella tragedia ha perso il
fratello, commenta la sentenza affermando che «non mi aspettavo nulla, e così è stato», ma
ribadisce che «Ustica è un grande problema di dignità nazionale con il quale dobbiamo
continuare a fare i conti».
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Ambiente. 12 gennaio. Compagnia petrolifera texana si avvia a trivellare in Sicilia, col
benestare della Regione, nella splendida Val di Noto, patrimonio dell’umanità facente parte
dell’Unesco. I lavori interesseranno le province di Catania, Ragusa, Siracusa ed Enna, dove
da circa tre anni si è costituito un comitato di protesta per impedire l’inizio degli scavi. In
questi giorni la protesta si è fatta ancora più accesa, perché la compagnia petrolifera texana
Panther Oil, titolare dei lavori, ha finalmente ottenuto il tanto sospirato parere di
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“compatibilità ambientale”, dal competente assessorato siciliano. Le ragioni che avrebbero
spinto i politici siciliani a dare il via libera agli scavi, restano ancora misteriose.
Sull’argomento, infatti, si cela il più assoluto riserbo e silenzio da parte dei funzionari e dei
responsabili degli atti della vicenda. Un’ipotesi viene fornita dal comitato antitrivellazioni,
secondo il quale la Regione, in caso di rifiuto, avrebbe potuto subire le pesanti richieste di
risarcimento danni della società titolare degli scavi. La libertà di effettuare scavi per ricerche
petrolifere, infatti, viene disciplinata da direttive comunitarie e direttive regionali.
Un’ulteriore ipotesi a favore degli scavi petroliferi potrebbero essere gli introiti del tributo
sul consumo di carburanti raffinati in Sicilia e del tributo ambientale sulle produzioni di
energie non rinnovabili, che porterebbero nelle case regionali circa 300 milioni di euro
l’anno. I fautori del NO alle trivellazioni petrolifere in Sicilia, minacciano, intanto, azioni
legali contro la Regione, se non si revocheranno le ultime decisioni prese.
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Industria. 13 gennaio. Luca di Montezemolo e Diego Della Valle imprenditori nel
trasporto passeggeri sull’Alta Velocità ferroviaria. Il presidente della Fiat e l’inventore delle
Tod’s sono insieme nella Ntv, Nuovo Trasporto Viaggiatori, con l’imprenditore napoletano
Giovanni Punzo e Giuseppe Sciarrone, che ricorda di essere stato il primo “liberalizzatore”
nel comparto ferroviario italiano con Rail Traction Company, nata nel 2000 per sviluppare il
traffico merci sul Brennero e che, con il motto «qualità sulle rotaie», oggi conta 12 coppie
di treni al giorno tra l’Italia e la Germania. Gli imprenditori contano di avviare l’attività nel
2010. L’operazione imprenditoriale intende trarre vantaggio dalla liberalizzazione del
sistema ferroviario avviata nel 2000-2001, su spinta dell’Europa, dall’allora ministro dei
Trasporti, Pierluigi Bersani, e sfruttare a fondo il sistema dell’Alta Velocità ferroviaria
italiana che sta prendendo corpo. L’offerta è tutta da studiare ma sarà senza dubbio
differenziata: già si pensa a treni per gli uomini d’affari ma anche per gli studenti che
intendono prepararsi nelle migliori Università lontano da casa. Anche Carlo Toto,
l’imprenditore abruzzese proprietario di Air One, che per acquisire Alitalia gode
dell’appoggio di Banca Intesa, vede partire i treni della sua Rail One. Inizialmente chiamata
Train One, la compagnia ferroviaria ha avuto la concessione dal ministero l’8 luglio 2005
ma solo ora si è resa operativa. Con l’inizio del 2007 comincia l’attività di trasporto merci,
mentre per i passeggeri ci sarà da aspettare il 2009 quando dovrebbe essere operativa l’Alta
Velocità Milano-Napoli sulla quale Toto ha già messo gli occhi.
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Industria. 13 gennaio. Unione Europea, Alta velocità, riciclaggio delle oligarchie
industriali nostrane in “capitalismo delle bollette” (in questo caso dei biglietti ferroviari),
ruolo liberalizzatore fondamentale del centrosinistra: sono tutti aspetti che si tengono
insieme, come si evince dalla succitata notizia. Rimanendo in ambito ferroviario,
l’intenzione è di privatizzare linee ad Alta velocità come quella Milano - Roma - Napoli,
ovviamente lasciando allo Stato le tratte che non danno profitti nonché la manutenzione
della rete.
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Sanità. 14 gennaio. Spiacevoli sorprese per malati ed assistiti con la Finanziaria 2007 che
ha introdotto un «costo ricetta» supplementare di 10 euro, da cui saranno almeno esenti gli
ultrasessantacinquenni, i giovani sotto i 14 anni, gli esenti per reddito o invalidità.
Un’ulteriore misura neoliberista del governo “di sinistra”: l’ennesima tosatura di
cittadini/pazienti ribadisce il principo che la la sanità e l’assistenza sarà programmata da una
parte per gli indigenti e dall’altra per coloro che potranno/dovranno pagarsela. Ledendo così
il diritto all’universalità e alla solidarietà dell’assistenza. C’è chi paventa la fuga verso il
privato, anche in nero e a basso costo, che, con prezzi vicini a quelli stabiliti dal Servizio
sanitario nazionale, potrebbe prendere il posto delle prestazioni pubbliche, nonché il ricorso
alle assicurazioni private.
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Fisco. 16 gennaio. Le tasse locali mettono ko le buste paga. Il giudizio del sindacato dei
metalmeccanici CGIL, la FIOM, che ha calcolato l’effetto degli aumenti della tassazione
locale sulle buste paga dei lavoratori, è lapidario: buona parte dei ceti medio-bassi vedrà
addirittura un salario di gennaio inferiore a quello di dicembre 2006. Il segretario nazionale
della FIOM, Giorgio Cremaschi, denuncia l’effetto deleterio che le addizionali Irpef
comunali e regionali avranno sui salari. Secondo tali calcoli, la finanziaria penalizza in
particolare i lavoratori single, anche quelli a più basso reddito, ovvero sui 15mila euro lordi
all’anno (poco meno di mille euro netti al mese): se infatti hanno ricevuto 111 euro grazie
alle nuove aliquote Irpef, devono sborsare 45 euro per l’aumento dei contributi Inps (deciso
sempre in finanziaria) e 120 per il combinato aumento dell’Irpef comunale e regionale
(considerando un incremento dello 0,8%, come è avvenuto in Lazio ed Emilia Romagna),
così da perdere, rispetto alla retribuzione annuale del 2006, ben 54 euro. Se dunque per
questa categoria il salasso avviene già a partire dai redditi bassi (e via via diviene
consistente quanto più si sale di scaglioni), nemmeno le famiglie se la passano bene. Il
governo aveva promesso che avrebbero goduto dei benefici della finanziaria fino allo
scaglione dei 40mila euro di reddito annuo. I riscontri di Cremaschi dicono però che già tra
gli scaglioni di reddito tra 35mila e 40mila si riscontrano bilanci negativi, osservando che
«l’aggravio dell’Irpef locale, sommato all’aumento dei contributi Inps, rischia di ridurre il
salario netto di tutti i lavoratori e le lavoratrici single e di quelli con figli a carico con
reddito superiore a 35 mila euro. E non stiamo considerando i ticket, gli aumenti catastali,
le tasse sui trasporti, tutti in aumento, che secondo l’Adusbef costeranno dai 280 ai 400
euro in più a famiglia». «Facendo una media non precisa, si vede che già sopra i 25mila
euro lordi il lavoro dipendente va in perdita, e non sopra i 40mila come affermava il
governo», conclude il segretario FIOM. Intanto Cofferati, contestato dal segretario CGIL
Epifani sull’aumento delle tasse locali, ha ribattuto affermando che «i sindacati, dopo il
giudizio positivo ed enfatico sulla finanziaria, adesso sono in difficoltà e si aggrappano alle
addizionali comunali».
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Politica economica. 16 gennaio. L’Italia deve andare avanti sulla strada per la realizzazione
della riforma previdenziale. Lo ha detto il commissario europeo agli Affari economici e
monetari, Joaquin Almunia, parlando a Lubiana in occasione della celebrazione per
l’ingresso della Slovenia nell’euro. «Abbiamo discusso con le autorità italiane sia della
correzione del deficit eccessivo sia della situazione delle finanze pubbliche nel medio e nel
lungo periodo e per la verità una delle principali sfide del governo nelle prossime
settimane, mesi, è come affrontare la riforma del sistema previdenziale», ha detto Almunia
ad una conferenza stampa. «C’è un impegno a negoziare la riforma del sistema
previdenziale con le parti sociali. Sono sicuro che il governo italiano rispetterà questo
impegno. Prodi e Padoa-Schioppa sanno perfettamente che possono contare su tutto il
nostro sostegno per questo proposito che è necessario ma è difficile, e nel caso di Italia e
Slovenia e di altri paesi dell’area euro è necessario proseguire», ha aggiunto Almunia,
tracciando quasi un parallelo tra adozione dell’euro e penalizzazioni sociali. A chi gli
chiedeva di commentare le sollecitazioni del commissario UE sulle pensioni, Prodi ha
risposto: «Lo sappiamo benissimo».
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Pensioni. 16 gennaio. Il programma con cui l’Unione ha vinto le elezioni lo scorso aprile
prevede il superamento del cosiddetto scalone previdenziale in base al quale dal primo
gennaio 2008 si potrà andare in pensione con 35 anni di contributi solo a 60 anni e non più a
57. La sinistra radicale della coalizione è favorevole all’eliminazione dello scalone, ma
contraria ad un aumento dell’età pensionabile. Il ministro dell’Economia Tommaso PadoaSchioppa ha firmato con i sindacati un protocollo che prevede che entro marzo si concluda
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la discussione sulla riforma previdenziale. Il protocollo, che è stato anche presentato a
ottobre ad Almunia, parte dall’idea che sulla previdenza occorrono ulteriori tagli.
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Basi USA. 16 gennaio 2006. Sì del governo alla costruzione di una nuova base militare
USA a Vicenza. Lo ha detto il presidente del Consiglio Romano Prodi nel corso di una
conferenza stampa a Bucarest dove si trova in visita di Stato. «Sto per comunicare
all’ambasciatore USA che il governo italiano non si oppone alla decisione del precedente
governo e del Comune di Vicenza presa con voto del consiglio comunale a che venga
allargata la base militare dell’aeroporto di Vicenza», ha detto Prodi. «Il mio governo si era
impegnato a seguire il parere della comunità locale e non abbiamo ragioni di opporci, dato
che il problema non è di natura politica, ma territoriale. Avevamo offerto altre proposte che
ci sembravano più equilibrate al governo USA ma non è stato possibile accettarle», ha
aggiunto il presidente del Consiglio. Sulla possibilità di un incontro con il presidente USA,
George W. Bush, Prodi ha risposto: «Ho già visto Bush in un colloquio diretto. Non vedo un
problema perché ci si incontri ancora, sarà fatto al momento opportuno». Poco prima
l’annuncio di Prodi, il leader dell’opposizione Silvio Berlusconi era tornato aspramente a
criticare il governo perché non stava rispettando gli impegni internazionali assunti quando
lui era il capo dell’esecutivo, accusando il centrosinistra di «inaffidabilità» nei confronti
degli USA.
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Basi USA. 17 gennaio. «Oggi le relazioni fra Italia e USA, costruttive da oltre 60 anni,
registrano un passo avanti», ha commentato ieri le dichiarazioni di Prodi in una nota
l’ambasciatore USA in Italia, Ronald Spogli. Il Dipartimento di Stato USA si associa
asserendo che l’ampliamento della base di Vicenza conferma che le relazioni tra i 2 paesi
«sono molto forti». Il portavoce Tom Casey ha detto oggi che la decisione di Prodi «è una
notizia benvenuta per il Dipartimento. Apprezziamo molto questa decisione presa dall’Italia
perché rende più facile per gli Stati Uniti essere in grado di fornire il loro sostegno alle
operazioni della NATO».
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Liberalizzazioni. 18 gennaio. Bersani penalizza i benzinai per favorire la grande
distribuzione. Le associazioni dei benzinai minacciano la serrata. Le tre sigle di categoria Faib/Aisa, Fegica, Figisc- hanno proclamato 48 ore di sciopero. Al centro della protesta
l’intenzione di diminuire il numero totale dei distributori aumentando però il numero delle
pompe gestite dalla grande distribuzione. «Continuare ad annunciare la liberalizzazione
dei carburanti quando lo stesso Ministro Bersani l’ha fortemente voluta e già introdotta
alla fine degli anni ’90, può significare solo una cosa: il Governo è a caccia di un pretesto
e di riguadagnare una boccata d’ossigeno di consenso nei confronti di una opinione
pubblica ingannata». Così si legge in un comunicato congiunto dei succitati gestori delle
stazioni di rifornimento, Faib/Aisa, Fegica e Figisc, secondo i quali «il vero e
inconfessabile obiettivo perseguito dal Governo è quello di introdurre una legislazione di
vantaggio per un operatore che di generico e ipotetico non ha nulla (...) Un soggetto
specifico, potente e persuasivo, che, se solo volesse, potrebbe concorrere come qualunque
altro operatore del settore», ovvero la grande distribuzione. «Il settore è già stato
liberalizzato, ci sono regole uguali per tutti che vanno rispettate e non è giusto creare le
condizioni per favorire un solo attore, con l’esplicito intendimento di eliminare i gestori»,
aggiunge Luca Squeri della Figisc-Confommercio. Per l’Antitrust, la vendita della benzina
nei supermercati (con ristrutturazione della rete distributiva, eliminando svariati punti
vendita ed aumentando i self-service), la liberalizzazione degli orari di apertura e l’aumento
della pubblicità sarebbero i tre punti chiave per favorire “maggiore concorrenza” e quindi
prezzi inferiori per i consumatori. L’Autorità per la concorrenza punta inoltre il dito contro
le Regioni, che avrebbero ampia discrezionalità in materia, ma l’hanno interpretata in senso
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restrittivo. La pianificazione regionale dell’offerta non avrebbe infatti spianato a sufficienza
la strada alla grande distribuzione. I distributori di benzina in Italia erano 39 mila nel 1980.
Oggi sono scesi a 25 mila.
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Liberalizzazioni. 18 gennaio. Liberalizzazione = prezzi bassi? Moreno Parin, presidente
della Figisc-Confcommercio del Veneto, ha molti dubbi. «Una diminuzione del 10% del
greggio non significa una pari riduzione del prezzo alla pompa, ma vale solamente per una
piccola componente del prezzo dei carburanti: raffinazione, stoccaggio, trasporto,
distribuzione, vendita, IVA e soprattutto accise (tasse) sono componenti del prezzo slegati
dal costo del greggio (...) Le dinamiche dei prezzi dei prodotto finiti non seguono pari pari
il costo del greggio», ha rilevato Parin in un comunicato. Il presidente della Figisc denuncia
inoltre condizionamenti e soggezioni che i gestori subiscono dalle compagnie petrolifere,
estrinsecatisi in accordi a loro esclusivo favore, come le clausole che prevedono l’obbligo di
acquisto in esclusiva. «Invito Bersani a fare la vera liberalizzazione: quella dal monopolio
delle compagnie petrolifere, cominciando con quelle controllate dallo Stato», afferma Parin,
secondo cui eliminando i distributori si rischia di arrivare a situazioni come in Francia, dove
gli automobilisti devono compiere 40 chilometri per trovare una pompa di benzina.
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Basi USA. 18 Gennaio. Con un disegno di legge presentato in Senato Francesco Cossiga
propone di autorizzare il governo a dichiarare decaduto o denunziare l’accordo bilaterale
italo-americano del 20 ottobre 1954 che riguarda le basi USA in Italia. Questo accordo,
come lo stesso trattato istitutivo della NATO, fu stipulato con la clausola di diritto pubblico
internazionale generale, detta «rebus sic stantibus», e cioè, spiega Cossiga, «valido e in
vigore finché permangono le condizioni di fatto e l’attualità dei fini per cui fu stipulato.
Sulla base di questo accordo l’Italia concesse molte basi militari agli Stati Uniti
d’America». Secondo quanto riporta Il Gazzettino, poiché è «venuta a cessare per il nostro
Paese la situazione di pericolo e l’esigenza di una difesa combinata, costituite dalla
minaccia politico-militare dell’URSS e degli altri Paesi del Patto di Varsavia, nonché dal
movimento comunista internazionale, detto accordo può considerarsi decaduto o
denunziabile». L’uscita di Cossiga non va comunque interpretata come una clamorosa svolta
politica per l’indipendenza dell’Italia: «Il presentatore non condivide questa tesi, ma
presenta questo disegno di legge come terreno di confronto e di chiarimento della linea
politica di questo governo e della sua maggioranza».
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Basi USA. 18 Gennaio. Quanto costano le basi italiane alla collettività? L’ultimo rapporto
ufficiale del Dipartimento della Difesa degli USA, 2004 Statistical Compendium on Allied
Contributions to the Common Defense, lo ha reso noto. Alla pagina “B-10” c’è la scheda
che riguarda l’Italia: vi si legge che il contributo annuale alla “difesa comune” versato
dall’Italia agli USA per le “spese di stazionamento” delle forze armate statunitensi è pari a
366 milioni di dollari. Tre milioni, spiega il documento ufficiale, sono versati in contanti,
mentre gli altri 363 milioni arrivano da una serie di facilitazioni che l’Italia concede
all’alleato: si tratta (pagina II-5) di «affitti gratuiti, riduzioni fiscali varie e costi dei servizi
ridotti». Insomma, è come se il padrone di casa, oltre a dare alloggio all’inquilino, gli
girasse anche dei soldi. Nel caso delle basi USA, il 41% dei costi totali di stazionamento
sono a carico del governo italiano: il dato è riportato alla pagina B-10. Alla tabella di pagina
E-4 sono invece messi a confronto gli alleati: più dell’Italia pagano solo Giappone e
Germania, mentre persino la fidata Gran Bretagna è dopo di noi, si è limitata –nel 2004– a
contribuire con 238 milioni di dollari. Una sorpresa la si ha mettendo a confronto i dati del
1999 e del 2004: si scopre che il Governo Berlusconi ha incrementato i pagamenti agli USA,
passando dal 37% al 41% dei costi totali sostenuti dalle forze armate ospiti. Ma non basta. In
base agli accordi bilaterali firmati da Italia e USA nel 1995, se una base USA chiude, il
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nostro governo deve indennizzare gli alleati per le «migliorie» apportate al territorio. Gli
USA, per esempio, hanno deciso di lasciare la base per sommergibili nucleari di La
Maddalena, in Sardegna: una commissione mista dovrà stabilire quanto valgono le
«migliorie» e Roma provvederà a pagare. Con un ulteriore vincolo: se l’Italia intende usare
in qualche modo il sito entro i primi tre anni dalla partenza degli statunitensi, Washington
riceverà un ulteriore rimborso.
•
Ferrovie. 19 gennaio. Liberalizzazione del trasporto ferroviario internazionale dal 2010. I
27 paesi dell’Unione Europea varano un primo regolamento sulle tratte internazionali.
Preoccupazione su sicurezza e lavoro, dato che non si prevede alcuna salvaguardia sulla
clausola sociale e potrebbe portare a problemi di interoperabilità e sicurezza. Tale primo
avvio del trasporto passeggeri intraeuropeo segue l’apertura del trasporto stradale, aereo,
marino, fluviale e ferroviario per le merci (dal primo gennaio di quest’anno).
•
Basi USA. 20 gennaio. Italia, «l’unico paese in cui la lealtà atlantica era stata sostituita
dalla fedeltà atlantica». Su l’Unità Gian Giacomo Migone, pur auspicando un rapporto con
gli Stati Uniti improntato all’amicizia ed alleanza, non può fare a meno di rilevare
un’oggettiva sudditanza che risale al secondo dopoguerra e che travalica persino i dettami
della NATO, «secondo cui ogni paese membro, nella sua sovranità, può impedire o
sottrarsi ad una decisione che ritiene incompatibili con i suoi interessi nazionali». Migone
non può fare a meno di evidenziare «la sovrabbondanza di basi e conseguenti servitù
militari, secondo statuti in parte tuttora segreti; analoghi accordi tra servizi segreti (…) un
senso di scandalo quasi generalizzato per comportamenti come quello di Bettino Craxi,
nella cosiddetta crisi di Sigonella (…)». Per lo storico, la “guerra fredda” non accenna a
finire di produrre effetti, tanto che «revisione dello statuto delle basi sul territorio italiano
(del resto prevista dal programma dell’Unione), l’estradizione degli imputati americani nel
caso Abu Omar, la libera e responsabile valutazione se restare, e a quali condizioni, in
Afghanistan, oltre che atti doverosi, diventano irti di difficoltà (…)».
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Politica economica. 20 gennaio. La Commissione Europea promuove la Finanziaria del
governo Prodi ma pretende che si metta nuovamente mano alle pensioni. Nel giudizio sul
programma di stabilità (il documento con gli obiettivi economici di medio periodo) la
Commissione Europea chiede anche la piena attuazione della manovra e sottolinea
l’esistenza di alcuni rischi. Dal 2005 l’Italia è oggetto di procedura per deficit eccessivo, e
l’anno scorso si è impegnata a rientrare sotto il 3% nel rapporto deficit/PIL entro il 2007. A
tale proposito, la Commissione nota che per quest’anno la correzione è «essenzialmente
basata sulle entrate», con l’incremento di tasse e contributi sociali. La Commissione
afferma che la stabilità dei conti è “minacciata” dagli sfondamenti di spesa in campo
sanitario, e che per il periodo successivo al 2007 non ci sono dettagli sulle misure necessarie
per ottenere altre correzioni del deficit. Riguardo le pensioni, la Commissione auspica una
riduzione degli assegni attraverso la correzione dei “coefficienti” che legano importi con le
“aspettative di vita”.
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Fisco. 22 gennaio. Rincari in vista per oltre 2 milioni di case. Tante sono le abitazioni
appartenenti alle categorie catastali ultrapopolare e rurale che saranno promosse ai gruppi
superiori. È l’effetto dell’inasprimento fiscale sulla casa avviato dal centrodestra con la
Finanziaria del 2005 e rafforzato dal Governo Prodi anche attraverso il passaggio del
Catasto ai Comuni (fissato al primo novembre). Gli effetti dovrebbero già evidenziarsi a fine
anno o al massimo nei primi mesi del 2008. L’effetto del passaggio ad un livello superiore
comporterà l’incremento della rendita catastale. E il conseguente aumento dell’Ici e
dell’Irpef. Con un incremento complessivo del prelievo fiscale quantificabile in 200 mln di
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euro all’anno. Il Sole24 Ore stima che il passaggio di categoria farà entrare nelle casse
comunali circa 179 mln di Ici e 26 di Irpef. Ciò giustificherà per lo Stato ulteriori tagli ai
trasferimenti agli Enti territoriali, da anni una delle misure ‘classiche’ per rispettare i
restrittivi criteri del Patto di stabilità europeo.
•
Politica economica. 23 gennaio. La Commissione Europea ha deciso di deferire alla Corte
di Giustizia Italia, Belgio, Spagna, Olanda e Portogallo per le disposizioni delle loro
normative nazionali in base alle quali alcuni pagamenti di dividendi destinati a società estere
(dividendi in uscita) possono essere tassati piu’ pesantemente di quelli destinati a società
nazionali (dividendi interni). Secondo la Commissione tali norme sono contrarie al trattato
in quanto restringono sia la libera circolazione dei capitali che la libertà di stabilimento. La
“libertà” di cui parla la Commissione è ovviamente quelle delle multinazionali, per
Bruxelles evidentemente “libere” di esportare i profitti ottenuti in Stati esteri senza
penalizzazione alcuna. Rivelando un (apparente) paradosso. Senza entrare nel merito delle
misure denunciate da Bruxelles e dei numeri in gioco, la libera esportazione dei profitti e il
loro mancato reinvestimento nel paese di stabilimento comporterebbe una diminuzione del
PIL. La riduzione delle entrate fiscali che gli Stati subirebbero se Bruxelles vincesse la
causa produrrebbe un aumento del deficit annuale di bilancio. Quindi andrebbe a diminuire
quel rapporto deficit annuale / PIL del patto di stabilità monitorato dalla Commissione
Europea, che ovviamente non mancherà di farlo notare ai paesi che sforeranno la soglia del
3% invitando in particolare a più benvoluti tagli alla spesa pubblica.
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Politica estera. 23 gennaio. Andando oltre le scaramucce della “sinistra radicale”, la
Finanziaria 2007 ha già stanziato un miliardo di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e
2009 per le missioni all’estero. Lo riporta il sito Affari italiani. «È autorizzata, per ciascuno
degli anni 2007, 2008 e 2009, la spesa di euro 1 miliardo per il finanziamento della
partecipazione italiana alle missioni internazionali di pace. A tal fine è istituito un apposito
fondo», si legge nel comma 1240 della Finanziaria. Le missioni in questione sono elencate
dalla legge 247 e la legge 270 del 2006: si tratta di Libano, Afghanistan, Golfo arabico,
Kosovo, Albania, Bosnia, Hebron, Rafah, Congo, Sudan, Cipro. Tali leggi, con cui si
autorizzano le relative spese per le singole missioni, scadono però il 31 dicembre 2006. Da
qui il comma 1241 della Finanziaria, che ha prorogato il termine per le autorizzazioni di
spesa per la continuazione delle missioni internazionali al 31 gennaio 2007. Ecco dunque la
necessità del decreto legge di cui si discute in questi giorni. Andando nel dettaglio delle
missioni, le leggi 247 e 270 destinavano nel secondo semestre 2006 all’Afghanistan 135,5
milioni di euro e al Golfo arabico 25,5 milioni di euro; al Libano fu autorizzata la spesa di
186,8 milioni di euro in quattro mesi più 30milioni per interventi di cooperazione.
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Basi USA. 23 gennaio. Non solo Vicenza. Come rileva Manlio Dinucci su il Manifesto di
oggi, proprio mentre il governo Prodi annunciava il nullaosta alla costruzione della base
USA di Vicenza, arrivava in Italia il Bataan expeditionary strike group, un gruppo navale di
spedizione d’attacco composto da sette navi da guerra, la cui capacità offensiva è maggiore
di quella della squadra di combattimento di stanza a Vicenza. Un possente gruppo navale da
attacco che opererà nel Mediterraneo non nel quadro della NATO ma «quale forza da
sbarco della Sesta flotta sotto il Comando europeo degli Stati Uniti»: dipenderà quindi dal
quartier generale delle forze navali USA in Europa, situato a Napoli. Il gruppo navale da
attacco opererà nel Golfo dove l’Iran «sta tentando di diventare una potenza nucleare» e
«continua a fornire appoggio ai ribelli che combattono in Iraq». Non è neppure escluso che
il gruppo navale sia inviato nel Corno d’Africa. L’Italia verrà quindi sempre più usata quale
trampolino della «proiezione di potenza» statunitense verso sud e verso est. Non è dato
sapere chi nel governo e in parlamento era informato dell’arrivo in Italia di una forza navale
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di tali dimensioni e chi ha dato il nullaosta. E nemmeno quali esercitazioni condurrà con le
forze armate italiane e quali porti visiterà.
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Infrastrutture. 24 gennaio. Le banche d’affari USA interessate alle infrastrutture italiane.
Nel nuovo fondo per le infrastrutture italiane varato ieri figura tra i soci, oltre a Fondazioni
bancarie e la Cassa Depositi e Prestiti, la Lehman Brothers. Secondo quanto riporta il
Corriere della Sera, un’altra banca d’affari USA, la Citigroup, si occuperà di reperire risorse
presso investitori privati. Inoltre, uno dei “registi” del fondo stesso è il sottosegretario
all’Economia Massimo Tononi, ex della banca d’affari USA Goldman Sachs. La maggior
parte degli investimenti sarà rivolta alle cosiddette “grandi opere” (sicuramente quelle
autostradali; ci sarà anche la TAV?) ed alle reti. «Investiremo solo in società già esistenti e
nelle privatizzazioni», ha affermato l’amministratore delegato di F2i Vito Gamberale. Tutti
da vedere i benefici per la collettività. Leggendo le dichiarazioni di Gamberale, secondo cui
la logica di medio-lungo periodo degli investimenti non consentirà ai sottoscrittori di titoli di
debito del fondo di trarre profitti sopra le medie di mercato, ci si chiede cosa spinga le
banche d’affari USA a sostenere il Fondo. Certo è che, tenuto conto che buona parte del
debito pubblico italiano figura già nelle loro mani, e considerato che i debiti di F2i vedranno
sicuramente una qualche garanzia dello Stato, l’impressione è il Paese sia sempre più
invischiato in una strategia del debito predisposta dalle banche d’affari USA, che avranno a
disposizione un’ulteriore carta di pressione finanziaria sull’Italia.
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Politica estera. 26 gennaio. Il decreto legge varato la scorsa notte dal governo rifinanzia la
missione militare in Afghanistan con circa 310 milioni per il 2007. La spesa è autorizzata
per la proroga della partecipazione alla missione ISAF dal primo gennaio al 31 dicembre. Lo
stesso decreto stanzia, per interventi di cooperazione in Afghanistan, la somma di 30
milioni, sempre per il 2007. Per il Libano, lo stanziamento è di 386.5 milioni per le spese
militari e di 30 milioni per interventi di cooperazione.
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Economia. 26 gennaio. Piccole imprese contro borghesia compradora italiota sulla vicenda
della quotazione de Il Sole 24 ore. Emerge infatti che la quotazione della testata di
Confindustria possa interessare i famosi fondi speculativi di private equity (capitale privato)
USA, che a sua volta cederebbero il controllo della testata a personaggi di fiducia come
Carlo De Benedetti e Montezemolo. I piccoli imprenditori non sembrano però entusiasti.
Ancora una volta emergono significative divergenze tra questi settori del capitale italiano. A
rinfocolare tali timori, sono le voci che danno il gruppo di private equity statunitense
Kohlberg Kravis Roberts & Co. (KKR) interessato al gruppo Pearson, proprietario del
Financial Times e del 50% dell’Economist. Gli imprenditori italiani più “vicini” a tali fondi
sono personaggi come Montezemolo (che solo grazie al proprio fondo Charme, protagonista
del recente e fortunato sbarco di Poltrona Frau sul listino di Milano, è riuscito a fare il salto
da manager a imprenditore) e “l’ingegnere” Carlo De Benedetti, sia in prima persona,
tramite ad esempio il fondo Management&Capitali (nel cui azionariato sarebbe dovuto
entrare lo stesso Montezemolo), sia tramite il figlio Marco, che uscito da TIM è divenuto il
numero uno in Italia dell’altro influente fondo USA Carlyle group. Sul giro dei private
equity, resta celebre la presentazione, alcuni anni or sono, fatta dallo stesso De Benedetti
della Cdb Web Tech, appena girata ai De Agostini, come di una porta di servizio «per essere
ammessi nel De Benedetti’s network, che consentirà agli azionisti di Cdb Web Tech di
essere ammessi in un circolo in cui se anche suonate il campanello con in mano 5 milioni di
dollari non è detto che vi aprano la porta». Come dire che non basta avere soldi e aziende
per esservi ammessi. I buoni rapporti di Montezemolo e De Benedetti con il mondo dell’alta
finanza potrebbero così agevolare un domani il controllo sul quotidiano confindustriale. Ma
questo è proprio ciò che teme quella parte dei 400 mila lettori che è rappresentata dai piccoli
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imprenditori del Nord Est, apparsi distanti dalla logica della grande industria e dell’alta
finanza e non inclini ad aperture al centrosinistra come intenderebbero fare i due caporioni.
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Economia. 26 gennaio. Pensionati attenti, De Benedetti sta pensando a voi! Cofide, la
società finanziaria dell’editore de L’Espresso che è anche a monte della catena di controllo
dell’impero di Carlo De Benedetti, ha appena stretto un’alleanza importante. La banca
d’affari USA Merrill Lynch entra nella controllata Società Finanza Attiva con una quota del
39% circa e un investimento da 8 milioni di euro. La restante quota della società rimarrà per
il 55% a Cofide (la holding che controlla CIR e a seguire tutte le principali attività di
Benedetti, dall’editoria all’energia, alla componentistica per auto, eccetera) e per il 6% al
management del gruppo. Società Finanza Attiva Spa opera in un settore considerato in
ambito finanziario molto “promettente”, quello del credito vitalizio agli anziani tramite una
garanzia sulla casa di proprietà. Le riforme sulla previdenza, com’è noto, stanno
determinando e soprattutto determineranno a medio termine pensioni sempre più grame. Ora
in Italia c’è un tasso di invecchiamento molto elevato e una notevole percentuale di
proprietari immobiliari: ecco dunque la prospettiva di mercato apertasi per oligarchi
nostrani ed esteri, con i pensionati che per far fronte a retribuzioni sempre più vergognose
saranno costretti al credito garantendo la casa. Per la gioia della finanza parassitaria nostrana
e USA.
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Lavoro. 27 gennaio. Le riforme neoliberiste del centrodestra traggono fondamento
dall’Unione Europea. Lo ha affermato l’ex primo ministro Silvio Berlusconi intervistato da
Il Sole 24Ore. «La legge Biagi non nasce con il mio Governo. Nasce prima. Esattamente nel
marzo del Duemila (…) a Lisbona. Lì, in un Consiglio Europeo straordinario, vengono
definite le linee guida per la crescita del Continente nel primo decennio del Terzo
Millennio. Il presidente della Commissione europea dell’epoca era Romano Prodi, il
presidente del Consiglio che rappresentava l’Italia era Massimo D’Alema». In quella sede
venne elaborata la cosiddetta “agenda di Lisbona”, basata su «misure strutturali sulle quali
tutti concordarono: Commissione Europea, con Prodi in testa; singoli Governi, compreso
quello italiano. E fra queste misure c’era una maggiore liberalizzazione del mercato del
lavoro, una maggiore partecipazione al lavoro, allungando l’età di pensionamento (…) Il
mio Governo ha assunto l’Agenda di Lisbona come punto di riferimento. È da quell’agenda
che nascono la legge Biagi, la riforma delle pensioni, la riforma fiscale».
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Lavoro. 27 gennaio. Qualche cenno allora alla riforma Biagi. Il Decreto Legislativo 10
settembre 2003, n. 276 ha dato attuazione alle deleghe contenute negli artt. da 1 a 6 della
legge 14 febbraio 2003 n.30 (c.d. legge Biagi). Come ha dunque sottolineato Berlusconi, con
tale provvedimento il governo ha inteso ottemperare ad impegni assunti in sede europea
(vedi Consiglio Europeo di Lisbona, marzo 2000) in materia di riforma del mercato del
lavoro all’insegna della flessibilità. La riforma del mercato del lavoro si ispira anche alle
indicazioni delineate a livello comunitario con l’adozione del Trattato di Amsterdam del
1997 (entrato in vigore il 1° maggio 1999) che ha promosso il coordinamento delle politiche
dell’occupazione tra i paesi dell’UE e col quale l’Unione Europea si è dotata della c.d.
Strategia Europea per l’occupazione. Nel Trattato si ribadiva che le misure coordinate
sull’occupazione non comportano l’armonizzazione delle disposizioni legislative e
regolamentari degli Stati membri, il che significa che dette politiche rimangono di
competenza dei singoli Stati tenuti peraltro a trasmettere annualmente al Consiglio ed alla
Commissione una relazione sulle principali misure adottate per l’attuazione della propria
politica in materia di occupazione. Sussiste quindi un quadro comune di riferimento che
nella pratica si traduce in una svalorizzazione del lavoro e nel passaggio da un sistema di
welfare ad uno su richiamato di workfare. I quattro pilastri portanti della Strategia Europea
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per l’occupazione sono definiti l’occupabilità, l’impreditorialità, l’adattabilità e le pari
opportunità. La finalità precipua della riforma è quella -dichiarata- di riscrivere le regole
essenziali del mercato del lavoro, in modo da soddisfare le esigenze delle imprese di poter
competere sui mercati internazionali. Da sottolineare l’enfasi posta sulla formazione
continua ed il “rilancio” dell’apprendistato.
•
Politica economica. 27 gennaio. La Finanziaria 2007 consentirà all’Italia di portare il
deficit poco sotto il 3% del PIL, tornando sotto il tetto fissato da Maastricht. Questo
«risultato importante» non è però sufficiente: occorrono ancora maggiori sacrifici per
azzerare il deficit e ridurre in modo sostenibile il debito. Lo sostiene Lorenzo Bini Smaghi,
membro del consiglio esecutivo della Banca Centrale Europea, in un intervento al Forum
Economia e Risparmio organizzato dal Gruppo Bipiemme, dove ribadisce anche un suo
recente invito al paese ad alzare l’età pensionabile.«La manovra di bilancio appena
approvata dovrebbe consentire di portare il disavanzo al di sotto del 3% del Pil nel 2007»,
afferma Bini Smaghi, che però aggiunge: «solo con un avanzo primario dell’ordine del 4%
del PIL è possibile ridurre in modo sistematico il debito in rapporto al PIL. Nel 2007
l’avanzo primario è stimato essere solo del 2,2%», sostiene nota Bini Smaghi che chiede
all’Italia di attuare interamente gli impegni sottoscritti nel programma di stabilità, «che
prevede ulteriori interventi strutturali (...) per circa 0,5 punti percentuali di PIL all’anno»
fino a raggiungere il pareggio di bilancio. Il banchiere ribadisce inoltre che i proventi fiscali
derivanti dalla maggiore crescita vengano usati per ridurre il debito, che il sistema
pensionistico venga riformato e chiede uno sforzo maggiore per liberalizzare i mercati dei
servizi e dei prodotti.
•
Fisco. 30 gennaio. L’associazione Contribuenti Italiani, annuncia l’avvio di una nuova
causa collettiva contro le rivalutazioni delle rendite catastali emesse l’Agenzia del
Territorio. Al centro dell’iniziativa legale è la questione legata alle rivalutazioni delle
rendite catastali comunicate ai contribuenti di 900 Comuni d’Italia che si sono visti
aumentare il valore dell’immobile fino al 300%. Nei casi più ‘‘fortunati’’, le nuove rendite
sono state rivalutate del 70-80-100%. Napoli, Roma e Milano sono le città più colpite dagli
aumenti degli estimi catastali. La questione riguarda oltre cinque milioni di persone che, con
la modifica delle rendite, vedranno aumentare pesantemente le imposte per Ici, Ires (già
Irpef), Addizionale Regionale, Comunale, Registro, Catastali, Ipotecaria, Successione. «La
revisione dei classamenti degli immobili è del tutto arbitraria. Il risultato della
riclassificazione operato dagli uffici dell’Agenzia del Territorio è da considerarsi
sproporzionato ed illegittimo, in palese violazione dello Statuto dei diritti del Contribuente,
afferma Vittorio Carlomagno, presidente di Contribuenti.it.
•
Politica estera. 1 febbraio. Il generale dell’esercito USA, Dan McNeil, assumerà il
comando sia della NATO-ISAF che delle forze USA in Afghanistan. Ciò permetterà di
unificare due comandi separati, quello delle forze della coalizione a guida USA e quello
delle forze internazionali che ora operano sotto la NATO. Anche il contingente italiano in
Afghanistan sarà dunque agli ordini diretti di un generale statunitense. Verrà in tal modo
definitivamente vanificato quanto affermato nella «Mozione in materia di missioni italiane
all’estero» (14 luglio 2006), con cui il governo Prodi aveva risolto il contenzioso sul
rifinanziamento della missione: «In territorio afghano l’Italia non è più in alcun modo
impegnata militarmente nell’ambito della missione Enduring Freedom». Tale affermazione
viene superata dal fatto che, con l’unificazione di tutte le forze direttamente nella catena di
comando del Pentagono, di fatto il contingente italiano opererà nel quadro di Enduring
Freedom, comunque sia denominato. Le nostre forze armate sono inserite sempre più nella
catena di comando e controllo del Pentagono. In tal modo esse vengono sottratte all’effettivo
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controllo del parlamento e dello stesso governo, legando sempre più il nostro paese alla
strategia statunitense.
•
Interni. 4 febbraio. Domani arriva alla Camera la proposta di riforma dei servizi segreti
elaborata in primis dall’esponente dei DS Luciano Violante. Il testo proposto modifica,
anche se non stravolgendola, la struttura ed il funzionamento dei servizi segreti andando
oltre il mero cambiamento di tutte le denominazioni. Si conferma l’impostazione di fondo
presente nelle ultime proposte di riforma, quella dell’accentramento personale dei poteri
nella figura del primo ministro a scapito del controllo parlamentare. Ma uno degli aspetti
maggiormente inquietanti del testo proposto riguarda la “licenza a delinquere” concessa agli
agenti segreti, richiesta sempre più pressantemente anche dai vertici militari. All’argomento
vengono dedicati due articoli (17 e 18) della legge: nel primo si stabiliscono i limiti delle
condotte “previste dalla legge come reato”. Questi riguardano i «delitti specificamente
diretti a mettere in pericolo o a ledere la vita, l’integrità fisica, la salute o l’incolumità delle
persone», i «reati di attentato contro organi costituzionali e contro le assemblee regionali
(...) agli attentati contro i diritti politici del cittadino (...) ai delitti contro l’amministrazione
della giustizia». Da rilevare l’ultimo comma dell’articolo 17, dove si legge: «Quando, per
particolari condizioni di fatto e per eccezionali necessità, le attività indicate nel presente
articolo sono state svolte da persone non addette ai servizi di sicurezza e risulta che il
ricorso alla loro opera da parte dei servizi di sicurezza era indispensabile, ed era stato
autorizzato secondo le procedure fissate dall’articolo 18, tali persone sono equiparate, ai
fini della applicazione della speciale causa di giustificazione, al personale dei servizi di
sicurezza». In altre parole, l’impunità viene estesa anche ai collaboratori occasionali dei
servizi segreti, basta che le loro attività vengano ritenute “indispensabili”. L’articolo
successivo dovrebbe regolamentare il meccanismo di autorizzazione di tali attività
delinquenziali che vengono poste sotto la diretta responsabilità del Presidente del Consiglio,
fatti salvi i «casi di assoluta urgenza» nei quali le condotte illegali possono essere
autorizzate direttamente dai capi dei servizi che però sono solo tenuti ad informare entro 24
ore il capo del Governo tramite il Dipartimento dell’informazione per la sicurezza. Le
riforme dei servizi segreti sono da seguire con attenzione, soprattutto tenuto conto del loro
ruolo nelle tragiche vicende della storia italiana: da Gladio, a Piazza Fontana, ad Ustica, non
c’è stato episodio che non abbia visto il coinvolgimento dei servizi segreti in operazioni di
copertura e depistaggio, sotto la supervisione di quelli statunitensi.
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Politica estera. 5 febbraio. Morti 43 soldati italiani, 412 ammalati: sono le vittime
dell’uranio impoverito nello sconcertante silenzio dei mass media. Una comunicazione della
senatrice Franca Rame torna su una realtà scomoda per il servilismo militare italiota.
«Ricordate tutti la guerra nei Balcani? Da allora i nostri soldati hanno in uso armi con
uranio impoverito. Questa sostanza, al momento dell’esplosione, libera nell’aria un
particolato finissimo, facilmente trasportabile per lunghe distanze dal vento, con alto
rischio di contaminazione del terreno delle acque. Dopo l’inalazione, entra in circolo nel
sangue con effetti nefasti: linfomi di vario tipo, e dopo una lunga malattia che intacca
dapprima i reni, si arriva alla morte. Malformazioni, tumori, eccetera. Una volta introdotto,
il nostro corpo non è in grado di espellerlo». Franca Rame, membro della commissione
d’inchiesta sull’uranio impoverito, denuncia che ancora il presidente del Senato non ha
convocato la commissione, che rischia così di non poter raggiungere gli obiettivi prefissati.
«La verità e forse che nessuno la vuole? È una commissione scomoda? Magari alla sinistra
non interessa approfondire, perchè D’Alema mandò i nostri soldati a morire in Kosovo,
conscio del rischio a cui erano esposti, e la destra perchè è solidale con le lobbies dei
proprietari delle industrie della difesa. Ecco perché ora più che mai, visti i recenti problemi
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di questo governo, tra Afghanistan e Vicenza, l’attività della commissione è a rischio», sono
le domande retoriche e le autodeduzioni della Rame.
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Politica estera. 5 febbraio. La Rame dedica parte del comunicato alle condizioni dei soldati
ammalati e delle loro famiglie. «È doveroso intervenire, perché quotidianamente si consuma
una tragedia. Non essendo una malattia “riconosciuta”, i soldati ammalati e le loro
famiglie sono costretti a pagare di tasca loro cure, ospedali, eccetera. Ci sono storie
strazianti, di genitori che hanno venduto la casa per pagare le cure ai figli». È evidente che
i soldati –che pure dovrebbero avere maggiore coscienza politica e interrogarsi sulle finalità
di operazioni fonti per loro di stipendi all’apparenza allettanti, nei fatti destinati ad essere
spesi in medicine– costituiscono pura e semplice carne da cannone da utilizzare al servizio
di Washington e buttare nella spazzatura quando non servono. Tanto che, continua la Rame,
nella Finanziaria il senatore dei Verdi Bulgarelli «aveva proposto un fondo per il sostegno
alle famiglie delle vittime dell’uranio impoverito. Ma nella notte precedente il voto, dal
decreto è scomparso il riferimento preciso all’uranio impoverito (…) Questo grazie alle
pressioni degli alti generali italiani, che hanno preferito mettere a tacere un’altra
questione». Morire per Washington: in un contesto politico già segnato dai casi Afghanistan,
Iraq e Vicenza, ecco la scomoda questione da silenziare.
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Politica economica. 7 febbraio. Almeno 11 miliardi di dollari da sborsare per la
costruzione ed acquisto di caccia statunitensi. Nel mentre si taglia la spesa sociale e si
inasprisce ulteriormente la pressione fiscale senza che la collettività ne ricavi qualche
beneficio, la spesa militare è una delle poche voci che conosce solo aumenti. Con il
memorandum d’intesa, firmato al Pentagono dal sottosegretario di Stato per la difesa
Giovanni Forcieri (DS), l’Italia si è assunta ulteriori impegni nel programma del caccia
statunitense Joint Strike Fighter, guidato dalla Lockheed Martin. È il terzo memorandum
d’intesa: il primo venne firmato il 23 dicembre 1998, durante il governo D’Alema; il
secondo, il 24 giugno 2002 durante il governo Berlusconi. Un caso esemplare di
convergenza bipartisan. «Questo dovrebbe essere considerato un aereo italoamericano», ha
dichiarato orgoglioso il sottosegretario alla commissione difesa della camera lo scorso 16
gennaio. Le ali vengono infatti realizzate in Italia, su disegno e progettazione in parte
sviluppati da oltre cento ingegneri di Alenia aeronautica. L’Italia è nel programma come
partner di secondo livello, dopo USA e Gran Bretagna al primo: il tricolore compare quindi
al terzo posto sulla fusoliera del caccia che, lo scorso 15 dicembre, ha compiuto in Texas il
volo inaugurale. Volerà quindi su ali italiane il battezzato F-35 Lightning (fulmine) che,
sottolinea il Pentagono, «come un fulmine colpirà il nemico con forza distruttiva e
inaspettatamente».
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Politica economica. 7 febbraio. L’F-35 Lightning è un caccia multiruolo, concepito per
tutte le missioni di attacco. L’Italia ne acquisterà 131 per la marina e l’aeronautica, che
saranno così dotate di «uno strumento idoneo ad assolvere ai rispettivi ruoli in modo
completo, efficace e, possibilmente, con il minimo impegno finanziario». Sull’efficacia di
questo aereo quale strumento di guerra, non ci sono dubbi. Ve ne sono, invece, sul «minimo
impegno finanziario». Per partecipare al programma, l’Italia si è impegnata a versare un
miliardo di dollari (oltre 900 milioni di euro). Si aggiungerà a questo il costo degli aerei,
quantificato da Forcieri in 45-55 milioni di euro per velivolo a seconda delle versioni.
L’acquisizione dei velivoli –si specifica nel comunicato stampa emesso dopo la firma del
memorandum d’intesa– «comporterà per l’Italia un impegno stimato in circa 11 miliardi di
dollari». Il costo di tutti i sistemi d’arma aumenta però in continuazione. La promessa che
l’Italia potrà acquistare i caccia «a costi consolidati e definiti» è quindi fallace. Forcieri
promette però che vi saranno «ritorni industriali pari al 100%». Le società italiane –Avio,
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Piaggio, Galileo avionica, Oto Melara e altre– hanno ottenuto contratti per 191 milioni di
dollari e ulteriori impegni per 827 per un totale di oltre un miliardo di dollari. Sono stati
raggiunti accordi per la costituzione in Italia di una seconda linea di assemblaggio finale e di
collaudo del caccia, probabilmente nell’aeroporto di Cameri (Novara). Il sottosegretario
Forcieri lo presenta dunque come un grande affare per l’Italia.
•
Politica economica. 7 febbraio. Forcieri tace però su un particolare: i miliardi dei contratti
per l’F-35 Lightning entreranno nelle casse delle aziende private, mentre i miliardi per lo
sviluppo e l’acquisto dei caccia usciranno dalle casse pubbliche. Si aggiungono a questi
circa 7 miliardi di euro per acquistare 121 Eurofighter Typhoon, il caccia europeo che
l’Italia sta costruendo (insieme a Gran Bretagna, Germania e Spagna) mentre allo stesso
tempo partecipa alla realizzazione del caccia statunitense, concorrente di quello europeo.
Nel comunicato, il sottosegretario afferma che la partecipazione dell’Italia alla realizzazione
dell’F-35 Lightning, «segno tangibile dell’importanza della cooperazione transatlantica»,
creerà fino a 10mila posti di lavoro, distribuiti per il 40% nel nord e per il 60% nel
centro/sud. Il progetto del caccia coinvolge in Italia già 12 regioni e circa 40 siti industriali.
E, una volta attivata la linea di assemblaggio e collaudo, tale area si allargherà: la Lockheed
Martin punta infatti a una produzione di oltre 4.500 F-35 Lightning. Una bella prospettiva di
sviluppo e di crescita dell’occupazione, quella di puntare su uno dei più micidiali sistemi
d’arma, che «come un fulmine colpirà il nemico con forza distruttiva e inaspettatamente»
nel quadro della strategia statunitense della «guerra preventiva», a cui l’Italia viene sempre
più legata. A chi spera di trovare lavoro in questo modo non resta che dire: finché c’è guerra
c’è speranza.
•
Sicurezza. 9 febbraio. «C’è indubbiamente da essere preoccupati. Si assiste, da anni, al
trasferimento di tutte quelle delicate informazioni di natura finanziaria alle autorità
americane senza aver mai avuto contezza sul loro utilizzo. C’è un ‘mirror’, uno specchio,
che prende le informazioni e le trasmette al Tesoro USA senza alcuna garanzia. Siamo
molto preoccupati perché nessun dato può essere maneggiato senza il consenso del cliente.
Consenso che non è mai stato chiesto». Lo ha dichiarato Francesco Pizzetti, costituzionalista
piemontese e garante italiano per la protezione dei dati personali, in un’intervista a l’Unità.
«È vero, quei dati sono acquisiti direttamente dalle autorità americane sulla base di una
legislazione vincolante per la lotta al terrorismo, ma ripeto: gli europei non hanno la
benché minima conoscenza dell’uso che di questi dati viene fatto. La sicurezza, non v’è
dubbio, è un valore condiviso ma non è questo il modo con cui questo valore può essere
tutelato». E se i dati, illegalmente assunti, possano servire allo spionaggio industriale?
Pizzetti afferma: «Non lo so. Quale che sia il fine, questo sistema consente di verificare i
trasferimenti di somme di denaro da una parte all’altra del mondo, da parte di un soggetto
all’altro, e si può ricavare una mappatura rilevantissima dei comportamenti. Un’ipotesi per
tutte: si può verificare verso quale fetta di mercato una determinata società è orientata a
operare, quale sia la politica industriale».
•
Sicurezza. 9 febbraio. La denuncia di Pizzetti può essere integrata da un articolo di
Fabrizio Gatti, “La CIA ci spia anche in banca” (L’Espresso, 17 novembre 2006). «Bonifici,
rimborsi, persino gli stipendi degli europarlamentari. Tutti i dati sulle operazioni con Swift
sono trasmessi alla intelligence USA (...) Se siete l’amministratore di una società e volete
espandervi in Medio Oriente oppure fare concorrenza, ovunque, a una impresa americana,
dovete dire addio alla riservatezza sulle vostre operazioni bancarie e quindi sui vostri
progetti. Perché i passaggi di denaro, i trasferimenti di azioni, gli ordini di pagamento
internazionale, tutto, viene messo a disposizione dei servizi segreti del dipartimento del
Tesoro USA. Non è detto che gli 007 dell’intelligence finanziaria vadano poi a leggere i
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vostri dati. Ma potrebbero farlo in qualunque momento in base al Terrorist finance tracking
program, il piano segreto voluto da Washington, ufficialmente per dare la caccia ai
finanziatori di Al Qaeda. Per l’Europa è una pesante intromissione nell’economia del
continente e nelle attività dei cittadini. Perché la scelta e il prelievo delle informazioni è a
discrezione del servizio segreto USA, senza il giudizio di nessun magistrato».
•
Sicurezza. 9 febbraio. L’accesso ai dati sulle comunicazioni bancarie internazionali
avviene grazie a un accordo tra il dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti e la Swift, la
Society for worldwide interbank financial telecommunication che ha sede in Belgio. A fine
ottobre Swift ha riaffermato la legalità del patto con il governo americano. È consuetudine,
nel caso di bonifici internazionali, sentirsi chiedere il codice ‘swift’ della banca destinataria.
Ed è proprio in questa fase che a Swift vengono forniti i propri dati. Ma attraverso la società
belga viaggiano non solo ordini tra privati: anche i messaggi tra banche centrali, tra società
di broker, le Borse e altri importanti istituti nazionali. «Swift è stata creata da un gruppo di
banche che volevano sostituire il telex con un mezzo sicuro per la trasmissione di ordini
finanziari tra istituti», spiega Francis Vanbever, direttore finanziario della società, durante
l’audizione davanti al Parlamento europeo il 4 ottobre scorso.«Oggi, la nostra società
provvede a servizi di messaggistica e interfaccia di software sicuri e standardizzati per oltre
7.800 istituti finanziari in 206 Paesi del mondo». Sui suoi canali, ogni giorno Swift muove 6
mila miliardi di dollari. I dati su somme, azioni, intestatari, numeri di conto corrente, nomi
di società e così via vengono copiati e archiviati per 124 giorni in tutti i centri operativi della
società. Uno di questi è negli Stati Uniti. Tra le informazioni conservate, perfino quelle su
stipendi, rimborsi spese, numeri di conto corrente dei parlamentari europei e dei funzionari
di Bruxelles pagati con bonifici ‘swift’. Negli USA i dati vengono trasferiti in una ‘scatola
nera’. E, secondo Swift, resi accessibili al servizio segreto del Tesoro.
•
Sicurezza. 9 febbraio. L’accordo con Swift, imposto dal Tesoro americano nell’ottobre
2001 durante le indagini sull’11 Settembre, è stato rivelato il 23 giugno scorso dal New York
Times in un articolo sul Terrorism finance tracking program fino a quel momento segreto. Il
22 ottobre il New York Times pubblica un’autocritica per l’articolo del 23 giugno di Byron
Calame. Due i punti dell’autocritica: l’apparente legalità del programma segreto del Tesoro,
secondo la legge USA, e l’assenza di qualsiasi prova di abusi e violazioni sui dati personali.
La notizia viene rilanciata come un successo dal sito Internet di Swift. «Ma, senza un
giudizio indipendente, come si potrebbero trovare prove contro uno dei servizi segreti più
potenti degli Stati Uniti?», si domanda Gatti. «Tutto questo è un pezzo della strategia
americana per il controllo sistematico dei cittadini europei (...) è la faccia informatica delle
extraordinary rendition: anche i rapimenti della CIA hanno lo scopo di acquisire
informazioni sensibili. E anche le informazioni raccolte da Swift alla fine possono arrivare
alla CIA. L’Europa sta consegnando i suoi segreti finanziari all’intelligence americana»,
accusa Giusto Catania, di Rifondazione, tra gli europarlamentari impegnati nell’indagine.
•
Sicurezza. 9 febbraio. Così si conclude l’articolo di Gatti: «Dai passeggeri degli aerei fino
ai dati finanziari, ecco come gli Stati Uniti controllano l’Europa. PNR: Il Passenger name
record prevede il trasferimento unilaterale di dati su tutti i passeggeri che volano negli Stati
Uniti. Le informazioni raccolte dalle compagnie aeree vengono consegnate all’Ufficio delle
dogane e della protezione delle frontiere che le mettono a disposizione del dipartimento per
la Sicurezza nazionale. L’elenco comprende 34 dati: a quelli tradizionali, si aggiungono i
gusti alimentari, note generali, notizie e numero di conto corrente o di carta di credito,
indirizzi e dati dell’agenzia e dell’agente di viaggio che ha venduto il biglietto, indirizzi di
residenza partenza e arrivo del passeggero, email, numeri di telefono, dati su tutti i
precedenti voli e le eventuali rinunce, prezzo del biglietto. ECHELON: È la struttura di
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controllo radar e satellitare più conosciuta: grazie a una intercettazione illegale nel 1998,
durante la presidenza Clinton, gli Stati Uniti rubarono un contratto miliardario al consorzio
europeo Airbus per la vendita di aerei all’Arabia Saudita. SWIFT: La prevenzione di abusi
nell’acquisizione di dati finanziari si basa soltanto sull’’autocertificazione’ da parte dei
funzionari del Tesoro americano».
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Politica estera. 10 febbraio. L’Italia (di questi decenni) un paese imperialista? Il
presidente del Consiglio, Romano Prodi, esprime il suo disappunto per l’esclusione
dell’Italia dal tavolo dei negoziatori con l’Iran per contrastare le sue supposte (dagli Stati
Uniti) mire sul nucleare militare. Intervistato dal quotidiano indiano The Hindu il
Professore, dopo aver detto «non sono felice di questo», spiega: «Si devono includere i Paesi
che hanno i più grossi interessi, che sono i più coinvolti: l’Italia è il più grosso partner
commerciale europeo dell’Iran».
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Esteri. 12 febbraio. Abu Omar è in libertà vigilata. L’imam egiziano rapito da un
commando CIA in una via di Milano il 17 febbraio 2003 si trova ora con la sua famiglia ad
Alessandria d’egitto. Il rilascio cade in un momento particolare, in quanto è imminente il
processo a Milano contro una ventina di agenti CIA ed ex dirigenti del servizio segreto
militare italiano, il Sismi. Un procedimento che potrebbe portare alla testimonianza del
governo Berlusconi e dell’attuale esecutivo. Abu Omar venne rapito in Via Guerzoni a
Milano. Caricato su un furgone, viene portato nella base di Aviano (Vicenza), quindi
trasferito nell’aereoporto militare Usa di Ramstein (Germania). Lo scortano agenti CIA che
usano un paio di jet speciali. L’imam sarà detenuto in due prigioni egiziane e sottoposto a
pesanti torture. Il suo rapimento si inserisce nel programma delle extraordinary renditions
(consegne speciali) lanciate dalla CIA “contro il terrorismo”. I “sospetti” vengono prelevati
in un Paese per poi essere trasferiti in un secondo dove verranno gestiti da aguzzini amici.
Nell’aprile 2004 Abu Omar viene rilasciato; si mette in contatto con i familiari raccontando
ciò che è avvenuto. Dopo pochi giorni sarà riarrestato perché ha violato la consegna del
silenzio. Al momento, secondo quanto riferisce il suo avvocato, intende mantenere il più
assoluto riserbo.
•
Industria. 13 febbraio. La Consob ha multato per 16 milioni di euro il gruppo di potere
FIAT, e decretato la sospensione del top-management IFI, IFIL e «Giovanni Agnelli Spa».
Sospeso per sei mesi il presidente IFIL Gianluigi Gabetti (5 milioni di euro di multa); per
quattro mesi Franzo Grande Stevens, consigliere d’amministrazione e legale della Casa (3
milioni di multa); sospeso per due mesi l’amministratore delegato IFI Virgilio Marrone, con
500 mila euro da pagare. Altri 4,5 milioni di multa alla IFIL Investment Spa, e 3 milioni alla
«Giovanni Agnelli & C.». La Cosa hanno fatto i vertici della casata torinese? Hanno
semplicemente congegnato speculazioni da furboni fornendo alla Consob (24 agosto 2005)
comunicazioni falsi e manipolative del mercato quando l’autorità di controllo chiese ai
vertici torinesi se risultassero loro notizie per le quali fosse giustificato il rialzo del titolo.
•
Industria. 13 febbraio. Andiamo al 26 aprile 2005. Mancavano pochi mesi alla scadenza
del “prestito convertendo” di 3 miliardi di euro effettuato dalle banche nel settembre 2002:
se la Fiat non fosse stata in grado di rimborsare il prestito, le banche sarebbero diventate il
primo azionista della FIAT con una quota del 26.7% del capitale ordinario; la quota della
famiglia Agnelli si sarebbe diluita al 22.6%. Occorreva dunque agire per non far andare la
famiglia Agnelli in minoranza rispetto alle banche e mantenere una quota del 30% della Fiat
(non di più, altrimenti sarebbe scattato l’obbligo di un’OPA). Ecco chiedere l’aiuto di una
banca d’affari USA, la Merrill Lynch. Così il 26 aprile 2005 viene firmato un contratto tra la
banca d’affari USA e la Exor group –società con sede in Lussemburgo controllata per il 70
21
% dalla Giovanni Agnelli & Co., e per il rimanente 30% alla IFI (che a sua volta appartiene
alla Giovanni Agnelli & Co)– per rilevare acquisti di titoli Fiat operati dall’istituto USA. Il
16 settembre 2005 IFIL, l’azionista di controllo della FIAT che fa capo alla famiglia
Agnelli, comunica che procederà all’acquisto dell’8% di tutta la FIAT per mantenere la sua
quota al 30% anche dopo l’ingresso delle banche in seguito al convertendo. Indovinate da
chi? Da Exor. Il tutto può essere dunque tradotto così: ad aprile la famiglia Agnelli con la
faccia da Exor compra il 10% della FIAT a meno di 5 euro. A settembre la famiglia Agnelli
con la faccia da IFIL compra dalla famiglia Agnelli con la faccia da Exor l’8% di FIAT a
6,50 euro, ad un prezzo cioè del 13% inferiore a quello di mercato. Lo stesso giorno le
banche esercitavano la conversione del prestito in capitale sociale ad un prezzo di 10 euro ad
azione. Il tutto eludendo obblighi di comunicazione al mercato e con modalità secondo
alcuni da sanzionare come aggiotaggio ed insider trading, che a chi è “furbetto” e non
furbone è costata anche la galera.
•
Politica estera. 14 febbraio. «Il cielo e gli aeroporti UE sono stati il cortile di casa per le
operazioni della CIA». E i governi europei sapevano, accusa il rapporto
dell’Europarlamentare dei DS Claudio Fava, redatto dopo oltre 200 audizioni e 8 missioni,
ricostruisce la storia di 21 operazioni CIA, “rendition”. «I fatti sono tanti (…) sembrava che
tutto fosse permesso pur di fornire il massimo aiuto agli Stati Uniti. Dall’altro lato credo
che abbiamo fatto luce solo sulla punta dell’iceberg, sulle rendition di chi aveva la fortuna
di avere un passaporto od un documento d’identità europeo», dichiara Fava a il Manifesto.
«La spina dorsale del rapporto è costituita dalle vicende di Abu Omar o di Murat Kurnaz,
ossia di un signore che si poteva fare 4 anni di Guantanamo in meno se solo le autorità
tedesche avessero accettato di riprenderlo come era stato loro proposto nel 2002, o sugli
interrogatori condotti dai servizi segreti tedeschi e britannici». Secondo Fava «gli Stati
ritenevano che non partecipare direttamente ai rapimenti, ai sequestri, alle torture, ma
utilizzarne in qualche maniera i benefici, partecipando agli interrogatori o condividendo le
informazioni con la CIA, fosse un modo più elegante per stare dentro a questa vicenda.
Invece la responsabilità è grande». In vicende come quelle che coinvolgono Italia, Spagna,
Germania e Inghilterra, «per cui ci sono rendition o vengono inviati agenti dell’intelligence
a partecipare ad interrogatori, si dimostra una volontà positiva ad agire» ed è dunque
impossibile sostenere di non aver saputo.
•
Politica estera. 14 febbraio. Il termine “rendition” è stato usato per definire una varietà di
operazioni eseguite dalle e per conto delle autorità statunitensi, che prevedono il
trasferimento di persone da un paese a un altro, al di fuori di qualsiasi procedura giudiziale o
amministrativa come, ad esempio, l’estradizione. La “rendition” comporta molteplici
violazioni dei diritti umani: arresto arbitrario, sparizione, trasferimento illegale verso un
altro paese, detenzione senza processo, tortura. Queste prassi sono state utilizzate dalla
Central Intelligence Agency (CIA) almeno a partire dal 1995. Erano inizialmente usate per
trasferire in territorio USA “terroristi ricercati per violazioni della legge statunitense che si
trovano all’estero”, eventualmente anche senza la cooperazione dello Stato nel cui territorio
la persona si trovasse, come consentito già dalla National Security Directive 77, emanata dal
presidente George Bush I nel gennaio 1992. La pratica delle “rendition” è diventata parte
integrante della strategia della “guerra al terrore”: un numero non quantificabile di persone
sospettate di terrorismo sono state catturate e trasferite in luoghi di prigionia noti o segreti (i
cosiddetti black site) ma comunque esterni alla giurisdizione USA (ivi compreso il centro di
detenzione di Guantánamo Bay, su cui gli Usa sostengono di non esercitare sovranità
territoriale). Se la fase della “rendition” che riguarda il trasferimento aereo in sé appare una
pratica quasi esclusivamente gestita dagli USA, le catture sono state spesso eseguite da
autorità di altri paesi, mentre la detenzione e gli interrogatori sono stati frequentemente dati
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in “subappalto” ad altri governi. La CIA, che spesso ha utilizzato velivoli civili noleggiati da
compagnie private, ha trasferito persone verso paesi quali l’Egitto, la Giordania, il Marocco,
il Pakistan, l’Arabia Saudita e la Siria. La maggior parte di questi Stati sono noti per il
ricorso alla tortura durante gli interrogatori ed è questo il probabile motivo per cui sono stati
scelti.
•
Politica estera. 14 febbraio. 1330 voli, 21 “extraordinary rendition”, forse un paio di
carceri segrete in Polonia e Romania, e soprattutto tanta omertà. È il quadro tracciato dal
rapporto Fava. Dodici Stati dell’Unione Europea, Italia, Regno Unito, Polonia, Germania,
Spagna, Portogallo, Austria, Irlanda, Grecia, Cipro, Danimarca e Romania, e due paesi
candidati, Turchia e Macedonia, hanno collaborato attivamente con la CIA o hanno voltato
lo sguardo mentre l’intelligence USA operava nei loro territori. Colpevoli anche il Kosovo e
la Bosnia Erzegovina. Colpevoli anche di omissioni l’Alto rappresentante per la politica
estera, Javier Solana, e il dimesso “Mister Terrorismo”, Gijs de Vries. Il grado di
responsabilità è vario: c’è chi ha aiutato a rapire “presunti terroristi”, come l’Italia, e chi,
come Germania, Francia, Spagna e regno Unito, ha inviato agenti ad interrogare propri
cittadini reclusi a Guantanamo, in Uzbekistan o in Giordania.
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Scuola. 14 febbraio. Effetto Finanziaria, il prossimo anno scolastico tagliate 11.726
cattedre. Lo prevede un decreto del ministero della Pubblica istruzione che definisce gli
organici del personale docente per il 2007/2008. La Finanziaria ha aumentato dello 0.4 il
rapporto alunni-insegnante, disponendo che in ogni classe vi siano 21 studenti per ogni
professore. Per il segretario UIL, Massimo Di Menna, «riducendo il personale e creando
classi più affollate si compromette il funzionamento della scuola». Secondo Bernocchi dei
Cobas, «dopo aver aumentato i fondi alla scuola privata, oggi il ministro Fioroni-mani di
forbice come ammazza-docenti batte pure la Moratti».
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Politica economica. 14 febbraio. Meno tasse? Prima occorre abbattere il debito pubblico.
Dal suo viaggio in India, il primo ministro Romano Prodi abbatte ogni speranza di una
diminuzione a medio termine della pressione fiscale inaspritasi ulteriormente dopo l’ultima
Finanziaria. Significativa la spiegazione fornita dal “premier”: «dobbiamo dimostrare alla
comunità economica internazionale che siamo un Paese serio e che oltre agli obblighi di
redistribuzione interna, c’è anche un obbligo fondamentale che è quello di ridurre il peso
del debito che abbiamo alle spalle». Insomma, gli “obblighi” verso l’esterno, verso i
“mercati finanziari” dominati dalla finanza USA, arrivati a detenere il 50% circa di titoli del
debito pubblico, sono più importanti dei bisogni del Paese.
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Politica economica. 14 febbraio. Il quarto trimestre del 2006 ha registrato un aumento del
PIL e delle entrate fiscali inaspettato, che ha innescato una contesa tra centrosinistra e
centrodestra sui “meriti” del risultato. Secondo l’economista Paolo Savona (Il Messaggero),
in realtà nessuno dei due Poli ha “meriti” da rivendicare. La ripresa avviatasi l’anno scorso è
da considerare «frutto prevalente delle capacità delle imprese di reagire alle difficoltà di
mercato e la politica economica aveva avuto in essa scarso peso; anzi, a ben guardare, ha
tolto più di quanto non abbia dato». Ancora una volta spiccano gli effetti recessivi sulla
stessa economia capitalistica indotti dall’Unione Europea. «La componente monetaria,
decisa a Francoforte, aveva infatti consentito la rivalutazione dell’euro, indebolendo le
esportazioni, anche se si è mantenuta accomodante dal lato del costo e della disponibilità di
credito (anche se gli ultimi rialzi del tasso d’interesse decisi dalla Banca Centrale Europea
segnano un’inversione di tendenza, ndr); la componente fiscale, decisa a Roma, si era
invece atteggiata in senso restrittivo sotto la pressione della Commissione di Bruxelles che
richiedeva il rispetto dei parametri di Maastricht».
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Politica economica. 14 febbraio. E per il 2007? Savona vede delle ombre che rispondono al
nome di dollaro e Cina. Il dollaro dovrebbe infatti ulteriormente svalutarsi «per
riequilibrare il grave deficit di bilancia estera corrente degli Stati Uniti, ma è retto
dall’ingente accumulo di riserve ufficiali cinesi conseguente alla stabilizzazione del valore
dello yuan-renmimbi da esse perseguita. La Cina è grande paese che ha bisogno di grandi
quantità di materie prime e sta usando le proprie riserve in dollari per farne incetta presso i
paesi produttori». La conclusione è che la crescita capitalistica europea ed italiana resta così
stretta «dalla tenaglia della possibilità di una caduta del dollaro, e conseguente
rivalutazione dell’euro, e della pressione verso l’alto dei prezzi delle materie prime da cui
dipendono la sua produzione e i suoi consumi». Da quanto detto emerge comunque che la
politica monetaria e fiscale europea non solo non è fattore di stimolo della crescita pur
capitalistica, ma anzi costituisce un vero e proprio freno. Ma a chi gioverà tutto questo?
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Politica estera. 15 febbraio. Bush ringrazia l’Italia per il «contributo» dato con «mezzi
aerei» alla missione in Afghanistan. Il riferimento è al C-130 e ai due drone messi a
disposizione da Roma. Parlando all’American Enterprise Institute, il presidente degli Stati
Uniti, George W. Bush, ha sottolineato, inoltre, il valore dei progetti di cooperazione
giudiziaria con l’Afghanistan messi in piedi dal governo italiano a Kabul e l’attività volta
alla «scoperta di cellule terroristiche all’interno del paese». Bush ha quindi reiterato il
sollecito ai paesi della NATO ad imitare gli Stati Uniti ed inviare a loro volta più truppe e
mezzi. Un paio di giorni fa il comandante supremo alleato in Europa delle forze NATO,
generale John Craddock, durante un incontro stampa tenuto al quartier generale di Mons
(Belgio) ha definito il nuovo contributo aereo italiano alla missione ISAF della NATO in
Afghanistan «positivo e molto importante», tuttavia «non è mai abbastanza, tutti gli alleati
devono fare di più». Come è noto, il ministro della Difesa Arturo Parisi ha annunciato
durante l’incontro dei ministri della Difesa NATO tenuto di recente a Siviglia che l’Italia
(già impegnata in Afghanistan con circa 2mila uomini) contribuirà alla missione ISAF
(Forza internazionale di sicurezza e assistenza) due aerei senza pilota (i Predator, che hanno
già operato in Iraq) e un aereo da trasporto truppe e materiali C130.
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Politica economica. 15 febbraio. La Banca Centrale Europea (BCE) ammonisce l’Italia:
rischio deficit se non si mette mano a riforme strutturali. Il Bollettino mensile della BCE
lancia un duro monito: il nostro paese, assieme al Portogallo, rischia di non riuscire a tenere
fede ai propri impegni nel contesto della procedura per disavanzi eccessivi se non attuerà
«ulteriori misure di risanamento». Gli esperti di Francoforte ammoniscono che in caso
contrario sono pronti i «provvedimenti opportuni previsti dalla procedura per i disavanzi
eccessivi». La BCE invita a mettere mano a riforme strutturali, definite «notevoli sfide» che
differiscono da paese a paese ma che «richiedono ovunque con urgenza un intervento
deciso». Alla diminuzione del rapporto deficit / PIL vanno destinate anche le possibili
maggiori entrate fiscali: dal Bollettino, arriva infatti un invito per tutti i paesi di Eurolandia a
«resistere con fermezza alla tentazione di allentare il contenimento della spesa, ritardare le
necessarie riforme e perseguire politiche procicliche in una una fase espansiva». In poche
parole, si prospettano ulteriori sacrifici per la popolazione (anche) italiana.
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Politica economica. 15 febbraio. Anche il Fondo Monetario Internazionale (FMI), come di
consueto, esterna valutazioni sullo stato dell’economia italiana. Come riporta il Corriere
della Sera, a Washington prevedono una crescita del PIL italiano di «circa l’1,5%» nel 2007
e si promuove la Finanziaria 2007 di centrosinistra e “sinistra radicale” che a furia di tagli ed
incremento dell’imposizione fiscale «probabilmente raggiungerà l’obiettivo di portare il
deficit sotto la soglia del 3% del PIL». Ma attenzione: il FMI incita il governo Prodi con
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ulteriori riforme strutturali. E in questa direzione il Fondo promuove le liberalizzazioni
contenute nei due pacchetti Bersani, mentre respinge ogni ipotesi di “annacquamento” della
legge Biagi «che ha contribuito alla forte crescita dell’occupazione» a partire dal 2003.
Piuttosto, viene raccomandato «lo sviluppo di una rete di sicurezza sociale, con un miglior
sostegno alla disoccupazione», in grado di «mitigare gli effetti della necessaria maggiore
flessibilità del lavoro». Si tratta di procedere in quelle politiche denominate di workfare e
veicolate anche da Bruxelles, dove a chi è stato licenziato si concede un sussidio di
disoccupazione a condizione di sottoporsi ad un periodo di “formazione continua” e di
accettare qualsiasi tipo di impiego venga offerto, a salari e condizioni di lavoro sicuramente
non delle migliori. Quanto alla riforma delle pensioni, l’invito è a salvaguardare i risparmi
già previsti dalle leggi Dini e Maroni. «Ogni intesa», affermano a Washington, «dovrebbe
almeno preservare in toto l’impatto finanziario delle riforme già approvate». Altro che
“aumento di salari e pensioni”, come prometteva Bertinotti prima delle elezioni. Secondo
l’FMI, occorre puntare ad «aumentare il bassissimo tasso di partecipazione degli anziani»
al lavoro e, «tramite gli incentivi, ad allungare la media della vita lavorativa».
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Costume. 16 febbraio. Lettera al Corriere della Sera sul disegno di legge sui “Dico”. «Ho
letto il testo sui Dico e domando: 1) Perché se due persone di sesso diverso convivono non
si sposano, invece di volere un surrogato di matrimonio? 2) Quanti single, vedove e vedovi
di una certa età decideranno di convivere per avere la pensione di reversibilità? Basterà la
copertura finanziaria prevista? 3) Perché la legge non è stata fatta solo per conviventi dello
stesso sesso, che convivano da un’età o un periodo tali da essere prova in qualche modo di
tendenze omosessuali? (…) 5) In quanto all’eredità, non basterebbe riformare la legge sulle
successioni lasciando maggiore libertà testamentaria? Penso che sia ragionevole
permettere agli omosessuali di potersi organizzare la vita in modo simile agli altri, ma
ritengo che questa legge vada incontro a tutti coloro che non si sposano “per principio”,
ma che vogliono comunque i diritti degli sposati (con pochi o senza doveri). Inoltre
spalanca le porte a una serie di profittatori che troveranno modo di mungere la mucca dello
Stato e appesantire i conti dell’INPS».
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Costume. 16 febbraio. Sergio Romano risponde affermando che il disegno di legge non ha
come scopo reale di risolvere il problema delle coppie omosessuali, al di là delle
motivazioni dichiarate. «Credo che il fenomeno risalga alla rivoluzione sessuale del 1968
(…) La generazione successiva a quella del ’68 ha voglia di mettersi in regola con la legge
e chiede un “matrimonio” corrispondente alle nuove esigenze create dalla rivoluzione dei
costumi di 40 anni fa. Il disegno di legge proposto dal governo è imperfetto e contiene
qualche varco attraverso il quale possono passare profittatori di diverso tipo. Ma crea per
l’appunto questo “terzo matrimonio”. Se la legge verrà approvata sarà interessante
verificare quali coppie, omosessuali o eterosessuali, ne faranno maggiormente uso».
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Fisco. 16 febbraio. Nessuna riduzione per gli stipendi degli altissimi dirigenti dello Stato. I
manager possono stare tranquilli: il Consiglio dei ministri approva oggi un disegno di legge
che, di fatto, aggira il tetto dei 250 mila euro lordi annui agli stipendi dei manager esterni
che assumono incarichi di qualsiasi tipo nell’amministrazione pubblica, negli enti e nelle
società pubbliche non quotate. La nuova norma servirà innanzitutto ad evitare la possibile
uscita di quanti dal primo gennaio di quest’anno rischiavano, in virtù di un comma della
Finanziaria, di vedersi pesantemente decurtato lo stipendio. Non pochi, considerato che lo
stipendio del direttore generale di un ministero importante, come ad esempio quello di
Vittorio Grilli al ministero dell’Economia, è ben superiore al tetto dei 250 mila euro,
rappresentato dallo stipendio del primo presidente di sezione della Corte di Cassazione,
parametro della norma. Il disegno di legge prevede che il limite si applichi non più solo ai
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dirigenti “esterni”, ma anche a quelli nel ruolo della pubblica amministrazione. Prevedendo
però, per entrambi, la possibilità di una deroga con la semplice comunicazione al governo e
al Parlamento e la pubblicazione dei nominativi, dei relativi emolumenti e delle ragioni della
deroga sul sito internet dell’amministrazione. Dovrebbero essere ampliati anche i vincoli
posti dalla Finanziaria alla spesa del Tesoro per le consulenze relative alle privatizzazioni,di
cui solitamente beneficiano le banche d’affari statunitense. In certi ambiti, altro che
“risparmi”.
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Basi USA. 17 febbraio. L’Italia come trampolino di lancio dell’aggressività imperialista
USA. Da Vicenza a Sigonella, il nostro paese ricopre un ruolo chiave nella logistica di
guerra USA. Come scrive Manlio Dinucci su il Manifesto, il progettato raddoppio della base
USA di Vicenza rientra in un quadro di ridislocazione e potenziamento di truppe e basi USA
dall’Europa centrale e settentrionale a quella meridionale e orientale, per proiettare più
rapidamente ed efficacemente le proprie forze sia in Medio Oriente e Africa, che in Asia
centrale. Iniziamo con Vicenza. La 173a brigata aviotrasportata, di stanza a Vicenza, è stata
trasformata in una “unità modulare”: la Squadra di combattimento, formata attualmente da
sei battaglioni, cui in futuro se ne aggiungeranno altri. Essa è infatti «l’unica unità
aviotrasportata e forza di risposta rapida» del Comando europeo degli Stati uniti, la cui
missione è «promuovere gli interessi statunitensi in Europa, Africa e Medio Oriente», in
un’area di 55 milioni di km2, comprendente 90 paesi. La Squadra di combattimento,
acquartierata a Vicenza, è una delle maggiori unità che effettuano la rotazione di truppe in
Iraq e Afghanistan. Contemporaneamente, inviando truppe anche nelle basi USA in
Romania e Bulgaria, partecipa ai preparativi di guerra contro l’Iran. Il comando Setaf da
cui dipende la Squadra di combattimento, il cui quartier generale è anch’esso a Vicenza, è
stato trasformato da comando di appoggio logistico in comando di teatro, con il compito di
ricevere e preparare al combattimento le forze che arrivano da basi esterne per essere
proiettate dal territorio italiano nei vari teatri bellici. Gli armamenti di cui hanno bisogno
sono già «preposizionati» in Italia.
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Basi USA. 17 febbraio. Spostandoci da Vicenza, un’altra base importante nel dispositivo
USA è quella di Aviano, sede di forze aeree, comprese almeno 50 bombe nucleari tattiche
B-61 con una potenza, ciascuna, equivalente a 13 bombe di Hiroshima. Sono tenute in
speciali hangar insieme ai caccia F-15 e F-16 pronti per l’attacco nucleare. A Ghedi
(Brescia) ve ne sono almeno altre 40, il cui uso è consentito (naturalmente sotto comando
USA) anche all’aeronautica italiana, violando così il Trattato di non proliferazione nucleare.
A Camp Darby, tra Pisa e Livorno, si trova un’enorme quantità di armamenti per le forze
terrestri: è l’unico sito dell’esercito USA in cui il materiale preposizionato (carri armati M1,
Bradleys, Humvees, etc.) è collocato insieme alle munizioni, comprese quelle a uranio
impoverito e al fosforo usate in Iraq. A Sigonella (Catania), presso la base aeronavale
statunitense, si trova il Fleet and industrial supply center, uno dei due soli centri di
rifornimento della marina fuori dal territorio statunitense (l’altro è quello giapponese di
Yokosuka; gli altri cinque sono tutti negli USA). Non è escluso che anche a Camp Darby e a
Sigonella vi siano armi nucleari. A Napoli si trova il quartier generale delle forze navali
USA in Europa (che prima era a Londra), comandato da un ammiraglio il quale allo stesso
tempo è a capo del Joint Force Command della NATO, situato anch’esso a Napoli. Da esso
dipende la Sesta flotta dislocata a Gaeta, cui si è appena unito un gruppo navale da attacco
composto di 7 navi da guerra, con a bordo 6mila marines, guidato dalla nave da assalto
anfibio Uss Bataan. Il 30 gennaio, il gruppo navale da attacco ha attraversato il canale di
Suez per condurre «operazioni di sicurezza marittima» nel Golfo e nell’Oceano Indiano,
restando però collegato al comando USA di Napoli e alle basi in Italia, soprattutto Sigonella.
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Basi USA. 17 febbraio. Oltre che delle basi statunitensi, il Pentagono dispone in Italia di
quelle della NATO, la cui catena di comando fa capo al Pentagono: «Comandante supremo
alleato in Europa» è infatti, per una sorta di diritto ereditario, sempre un generale USA
nominato dal presidente degli Stati Uniti. Vi sono, inoltre, in territorio italiano strutture
militari statunitensi segrete, come il centro di comando e spionaggio del Pentagono C4I
(comando, controllo, comunicazioni, computer e intelligence), l’unico nell’area
mediterranea, che collega la base di Taranto al Centro della marina Usa per la
«interoperabilità dei sistemi tattici» situato a San Diego in California.
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Energia. 19 febbraio. Il governo Prodi presenta il “pacchetto energia”. La prima misura
prevista è dare attuazione a quanto deciso nella Finanziaria riguardo alla riqualificazione
degli edifici, con l’innalzamento dal 36% al 55% della detrazione fiscale per interventi che
consentono di ridurre le dispersioni termiche; per l’installazione di pannelli solari e per la
sostituzione di vecchie caldaie con nuove ad alta efficienza. La seconda misura intende
promuovere l’efficienza nell’industria con la detrazione fiscale del 20% per l’acquisto e
l’installazione di motori elettrici. Con il Fondo Kyoto, inoltre, 600 milioni di euro per il
triennio 2007-2009 sono stati assegnati in favore di misure di riduzione delle emissioni di
gas ad effetto serra. Infine il pacchetto prevede anche l’incentivazione del fotovoltaico, il
potenziamento dei certificati bianchi (risparmio energetico), il rafforzamento e la revisione
del meccanismo di incentivazione delle fonti rinnovabili, oggi basato sui certificati verdi
anche a fonti inquinanti (inceneritori, ma non solo), l’incentivazione della cogenerazione ad
alto rendimento. Misure positive? Si tratta innanzitutto di attuazione di direttive di
Bruxelles, che presumibilmente anche in funzione anti russa si preoccupa di diversificare gli
approvvigionamenti energetici. Bisognerà poi vedere se alle parole seguiranno i fatti, poiché
il governo dovrà realizzare i decreti attuativi senza i quali il “pacchetto energia” rimarrà un
contenitore vuoto. Ci si metterà veramente in conflitto con le potenti lobby energetiche?
Anche il governo Berlusconi aveva emesso un decreto sull’efficienza energetica degli edifici
(19/8/2006, n. 192), rimasto però sulla carta.
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Basi USA. 22 febbraio. Una città in Sicilia per i militari USA. Una vera e propria cittadina
piantata tra due colline, in zona doppiamente vincolata (per il paesaggio e per i ritrovamenti
archeologici) sorgerà nell’area del biviere di Lentini (provincia di Siracusa, più vicina però a
Catania). Lì, nelle contrade Xirumi e Tirirò di Lentini, dove crescono rinomate arance ed il
tessuto archeologico è da studiare ancor più approfonditamente, nascerà una vera e propria
città per i militari della base statunitense di Sigonella su proposta della società Scirumi srl,
una società catanese alla quale è affiliata anche la Maltauro Costruzioni di Vicenza,
l’impresa edile che ha già ingrandito la base di Aviano e che è in gara per i lavori di
ampliamento della base di Ederle, e la Cappellina srl, di proprietà del potente padrone
dell’informazione catanese Mario Ciancio Sanfilippo. Come riferisce il numero di dicembre
del periodico siciliano Centonove, le aree degli alloggiamenti sono due. La prima, in
contrada Xirumi-Cappellina, è di sessantasette ettari e prevede la realizzazione di edifici per
un totale di 500 mila metri cubi. La seconda, più piccola, è in contrada Tirirò. Il lotto in
questione ha un’estensione di 24 ettari nel quale sono previsti 170 mila metri cubi di edifici.
In particolare, nelle contrade Xirumi-Cappellina troveranno posto mille casette a schiera
unifamiliari con annesso verde privato e parcheggi per gli alloggi dei militari di Sigonella e
le loro famiglie, attrezzature per uso collettivo, istruzione, svago, gestione e terziario, parchi,
impianti sportivi, verde attrezzato, opere di urbanizzazione primaria. In Tirirò, invece,
saranno costruiti: un residence per la sistemazione temporanea dei militari e dei familiari in
transito all’arrivo o in partenza; attrezzature a uso collettivo per l’istruzione, lo svago, il
terziario; parchi, impianti sportivi e verde attrezzato; opere di urbanizzazione primaria.
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Basi USA. 22 febbraio. Secondo l’ultimo rapporto del Pentagono Base Structure Report, la
base navale e aerea USA di Sigonella comprende oltre 280 mila metri quadri di edifici di
proprietà statunitense e altri 220 mila in affitto. Dal 1977 si è quasi triplicata: l’ultimo
complesso residenziale, di oltre 8 mila mq, è stato inaugurato nel giugno 2005. Tutto questo
è stato fatto, però, non per rendere Sigonella un’amena località di villeggiatura per i militari
statunitensi e le loro fami-glie. La US Naval Air Station Sigonella è «strategicamente
collocata nel mezzo del Mediterraneo e costituisce l’elemento primario di supporto logistico
delle operazioni della Sesta flotta USA». La sua importanza è aumentata di pari passo con «i
cambiamenti politici nelle regioni mediterranea e mediorientale». Nel gennaio 2005 è stato
stabilito a Sigonella il Fleet and Industrial Supply Center, il centro logistico delle forze
navali del Comando europeo degli Stati Uniti, il comando unificato la cui missione è
«promuovere gli interessi statunitensi in Europa, Africa e Medio Oriente», in un’area di 55
milioni di km2, comprendente 90 paesi. Tale comando a Sigonella ha integrato le funzioni
prima svolte dalle basi logistiche di Napoli, Londra (dove c’era il comando delle forze
navali Usa in Europa, trasferito a Napoli), Bahrain, Dubai ed Emirati arabi uniti. Le altre
basi logistiche rimaste in funzione in Europa e nelle aree mediterranea e nord-atlantica
operano ora come distaccamenti di Sigonella. Qui si svolgono tutte le operazioni di
rifornimento delle navi da guerra, compresa la «gestione di materiali pericolosi».
•
Basi USA. 22 febbraio. La base di Sigonella dispone allo stesso tempo della più avanzata
stazione di telecomunicazioni navali e, nel 2003, è stata dotata del Jmast: un centro mobile
di comando, controllo, comunicazioni, computer e intelligence –l’unico in Europa– che
permette al comandante delle forze navali USA in Europa di guidare le operazioni in
qualsiasi zona. Dalla base di Sigonella dipende ora anche il Bataan Expeditionary Strike
Group, il gruppo navale di spedizione da attacco di sette navi da guerra, con a bordo 6 mila
marinai e marines, arrivato qualche giorno fa in Italia, dove è stato integrato nella Sesta
flotta. Le basi USA in Italia ed Europa costituiscono infatti i «siti operativi avanzati» che,
«mantenuti in caldo con una limitata presenza militare statunitense a carattere rotatorio»,
sono rapidamente «espandibili» per operazioni militari su larga scala in Medio Oriente, Asia
centrale e Africa (Commission on Review of Overseas Military Facility Structure of the
United States, maggio 2005). Importante a tal fine è il «preposizionamento» di armamenti,
così che le forze che arrivano da altre basi possano essere dotate di tutto il necessario per la
guerra. Tra i più importanti siti del preposizionamento figurano Aviano (per le forze aeree),
Camp Darby (per quelle terrestri e aeree), Sigonella (per quelle navali). Il ruolo delle basi
USA in Italia non dipende dunque dal numero di militari e altri addetti (ufficialmente poco
più di 17 mila, cui si aggiungono ora i 6 mila del gruppo navale da attacco), ma dal fatto che
sono rapidamente «espandibili» per operazioni su larga scala, come una guerra contro l’Iran.
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Politica economica. 22 febbraio. Nessun allarme-rating per l’Italia dopo la sconfitta della
maggioranza al Senato. Qualche preoccupazione, invece, riguarda la sorte del programma di
liberalizzazioni. Ma per il momento le agenzie di rating USA Moody’s, Fitch e Standard &
Poor’s tengono d’occhio la situazione. Sara Bertin, responsabile Moody’s, ha affermato che
«l’Italia è una democrazia stabile e questo governo ha varato una Finanziaria ed ha portato
avanti alcune riforme». Nessuna conseguenza immediata per il rating anche per Fitch, che
citando proprio la debolezza della coalizione di centro-sinistra lo scorso ottobre aveva
declassato il voto sull’Italia. Brian Coulton afferma che il problema, semmai, sono le misure
già varate dal governo che attendono di divenire legge, come le liberalizzazioni volute da
Bersani e apprezzati dagli investitori esteri e dalle stesse agenzie. «C’é preoccupazione per
le liberalizzazioni dove il governo stava finalmente a mettere mano a una riforma seria dei
servizi mentre ora si rischia lo stallo». Anche Standard & Poor’s, lo scorso ottobre, aveva
ribassato il debito pubblico italiano a lungo termine a causa della «debolezza della
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maggioranza multipartitica» che impediva «un approccio vigoroso agli impegni fiscali». Il
rating non cambia, quindi, anche se Standard & Poor’s ci tiene a sottolineare, in una nota,
che le dimissioni del Premier «confermano lo scetticismo» alla base del declassamento.
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Interni. 25 febbraio. Cossiga vota No alla fiducia al governo Prodi. Da leggere con
attenzione le sue dichiarazioni rilasciate a Libero. Innanzitutto l’ex presidente USA afferma
che la mozione del ministro D’Alema è stata respinta per l’atteggiamento dell’UDC, «giunta
quel giorno solo a metà strada nel suo lento ma deciso cammino verso la maggioranza (…)
Si è astenuta dal voto e non dalla votazione, cioè stava in aula (…) determinando così
l’innalzamento del quorum, in modo che la maggioranza, pur avendo più voti
dell’opposizione, è “andata sotto” (al Senato le astensioni dal voto valgono come voto
contrario, ndr)». Cossiga afferma inoltre che avrebbe votato il governo se fosse stato
connotato politicamente analogamente a quello «D’Alema-Cossiga (1998-2000): un
esecutivo fedele alleato degli Stati Uniti contro l’ultimo Stato comunista d’Europa, e
bombardammo Belgrado».
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Interni. 25 febbraio. Ma sono soprattutto le dichiarazioni successive a dover essere lette
attentamente. Cossiga afferma di non voler rinnovare la fiducia al governo Prodi
«soprattutto perché la situazione interna ed internazionale in cui si trova e si troverà, forse
anche drammaticamente, il nostro Paese, richiederà un governo forte ed autorevole, ciò che
ormai questo esecutivo Prodi non è e non può essere». È dunque per ragioni di politica
estera che Cossiga non riappoggerà il governo Prodi. Ma quale situazione internazionale
prevede in futuro Cossiga? E che stia pensando ai preparativi statunitensi di guerra in corso
contro l’Iran….?
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Interni. 25 febbraio. Scendendo ancor più nel dettaglio, Cossiga esprime preoccupazione
per l’evoluzione della politica interna «dopo la grande manifestazione antiamericana e
pacifista del “popolo di Vicenza”: un popolo che, per la vittoria elettorale della coalizione
dell’Unione, è stato determinante –e poi per la tensione e il conflitto tra la componente
governativa filoamericana e quella antiamericana, fra quella pacifista “senza se e senza
ma” e quella meno pacifista e dunque favorevole “alle guerre delle Nazioni Unite, della
NATO e dell’Unione Europea”». Tra le righe Cossiga sembra auspicare un “governo forte”
che in caso non si faccia scrupolo di reprimere manifestazioni anche pacifiste critiche verso
l’aggressivo imperialismo USA. «Per questo io voterò contro (…) anche se non spero molto
dalla Casa delle Libertà, anch’essa confusa e pasticciona, ma almeno non in materia di
relazioni ed alleanze estere e di chiarezza negli impegni militari».
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Politica estera. 25 febbraio. Il noto missionario comboniano Alex Zanotelli, esponente di
Pax Christi, interviene sulle vicende di politica interna, in particolare sui rapporti tra partiti e
movimenti. «I partiti se vogliono possono dare il loro appoggio, ma non sono parte del
movimento. Una volta che entri in un partito che poi diventa forza di governo, ecco che
rappresenti immediatamente altre posizioni (...) Possono dire quello che vogliono, noi
continueremo a dire che in Afghanistan c’è una guerra imperiale. E che per il governo
Prodi non c’è solo l’allargamento della base di Vicenza: come fa ad avere aumentato del
13% le spese militari nella Finanziaria –22 miliardi di euro, più 4 miliardi per la ricerca
sulle armi nei prossimi tre anni, non l’ha fatto nemmeno il governo Berlusconi? E quel che
aggrava la situazione è la firma da parte del ministro della difesa degli accordi con
Washington sul nuovo cacciabombardiere F-35 che, per ora, ci costerà subito un miliardo
di euro». Zanotelli stigmatizza la strisciante militarizzazione del Paese, e rileva che «il
dramma delle nuove basi militari e della nuova militarizzazione degli spazi non è dato dalla
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realtà del nord e da quella del nord-est, ma da quella del Sud, con Napoli, Taranto,
Sigonella, Brindisi, Amendola, Gioia Tauro».
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Politica economica. 26 febbraio. L’Unione Europea continua ad imporre i suoi diktat
all’Italia: procedere con tagli alla spesa sociale e liberalizzazioni, no alla riduzione delle
tasse, ma destinare l’incremento delle entrate fiscali al taglio del deficit annale di bilancio,
che va azzerato «al più tardi» entro il 2011. Sono queste le principali “raccomandazioni”
rivolte all’Italia dall’Eurogruppo (che riunisce i ministri dell’area euro) in relazione al piano
di stabilità italiano (che rappresenta la politica economica a medio termine del Paese). Per i
cittadini italiani (e non solo), dunque, “lacrime e sangue” non sono ancora finite. Oggi, a
Bruxelles, i ministri dell’Economia dei tredici Paesi dell’euro hanno discusso il programma
di stabilità, adottando le raccomandazioni della Commissione Europea che aveva già
approvato il testo presentato dal nostro Paese, definendolo «ampiamente coerente». Lo ha
riferito il presidente dell’eurogruppo, il lussemburghese Jean Claude Junker, oggi a
Bruxelles. Domani si dovrà esprimere il plenum dell’Ecofin: ventisette membri ministri
finanziari dell’Unione Europea ratificheranno il giudizio della commissione UE: ok alla
Finanziaria 2007 e «piena attuazione delle riforme delle pensioni compresa la revisione dei
coefficienti» di trasfromazione (sulla base dei quali, tenendo conto delle “aspettative di
vita”, si calcola l’ammontaredell’assegno pensionistico). Concorda con le imposizioni di
Bruxelles il ministro dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa, che ha ribadito la volontà
del governo di Roma di portare avanti gli impegni assunti con l’Europa. D’altra parte
proprio la questione previdenziale rientra nei 12 ‘paletti’ messi a punto nei giorni scorsi dal
presidente del Consiglio Romano Prodi. Tra le priorità, inoltre, la riduzione della spesa
pubblica e la riforma delle pensioni. Proprio quello che in questo momento l’Europa vuole
sentirsi dire. «Quelli che abbiamo ascoltato questa sera dalla voce del ministro PadoaSchioppa sono degli impegni molto precisi del Governo italiano», ha detto il commissario
UE agli Affari economici, Joaquin Almunia.
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Politica economica. 26 febbraio. L’Eurogruppo considera il programma di stabilità italiano
per il periodo 2006-2011 «coerente» con gli impegni assunti da Roma per riportare il deficit
sotto il 3% del Pil nel 2007, a patto però che la Finanziaria venga applicata «in pieno ed in
modo efficace», si sottolinea nella bozza di conclusioni. Nel documento spiccano svariate
“raccomandazioni”. L’Italia «approfitti degli sviluppi di bilancio migliori delle aspettative
per ridurre il deficit ed assicurare, dopo che il disavanzo sia stato corretto, un adeguato
avanzamento verso gli obiettivi di medio termine in modo da raggiungerli al più tardi entro
la fine del periodo coperto dal programma (2011, ndr) ed assicurare allo stesso tempo che
il rapporto debito-Pil si riduca». Detto altimenti: Roma non pensi affatto di usare usi le
maggiori entrate fiscali e l’incremento del PIL per spendere o tagliare le tasse.
•
Politica economica. 27 febbraio. Anche l’Ecofin approva la Finanziaria 2007 ed il piano di
stabilità italiano esternando alcune “raccomandazioni”/imposizioni. Dall’Italia si pretende
tra l’altro, sventolando il pretesto dell’alto livello del debito, tagli alla spesa sanitaria e piena
attuazione della riforma delle pensioni. L’Ecofin rileva criticamente che nel documento
approvato «non ci sono i dettagli della strategia di aggiustamento cosa che in sè
rappresenta un rischio per il raggiungimento degli obiettivi di bilancio dopo il 2007 e
impedisce una valutazione appropriata della strategia di consolidamento». Nel documento
italiano appaiono soltanto le cifre finali del deficit/Pil, oltre il 2007 «l’informazione è
limitata alla dimensione della correzione». L’Ecofin paventa perciò rischi relativi
«all’efficacia di alcune misure della finanziaria 2007, rischi alle finanze pubbliche nel
medio termine non possono essere esclusi in particolare derivanti dai ripetuti eccessi di
spesa nella sanità». Nonostante il miglioramento dei saldi contabili (fatto ovviamente sulla
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pelle della collettività con tagli alla spesa pubblica ed aumento delle tasse), la posizione di
bilancio «può non garantire margini sufficienti contro il superamento del 3% del deficit/pil
in presenza di normali fluttuazioni del ciclo economico prima del 2010». Nel documento si
puntualizza in conclusione che le finanze pubbliche italiane restano «a medio rischio» per
quanto concerne la sostenibilità nel tempo.
•
Politica estera. 28 febbraio. «Le nazioni impongono alla NATO delle restrizioni, i
cosiddetti caveat. Ma noi cerchiamo di rispettare il meno possibile le condizioni restrittive».
John Craddock, genrale dell’esercito americano, da due mesi e mezzo nuovo comandante
supremo dell’Alleanza atlantica, non ricorre a sottintesi per spiegare al Corriere della Sera
le modalità operative della missione ISAF in Afghanistan. «Ogni Stato stabilisce dove
possono essere impiegate le proprie truppe ed entro quali limiti. Le restrizioni possono
essere di varia natura. Le più rigide riguardano la mobilità da una zona all’altra, l’uso
della forza, e la facoltà di schierare i reparti nel controllo della folla e delle rivolte. Ripeto:
noi rispettiamo le richieste. Tuttavia i comandanti sul campo hanno interesse a tenere conto
dei caveat nazionali il minimo indispensabile, in modo da garantire al comandante della
missione ISAF in Afghanistan un impiego ottimale delle forze».
•
Politica estera. 28 febbraio. In tema Afghanistan, afferma Craddock, «la NATO continuerà
a fare pressioni sulle nazioni affinché mantengano in pieno le loro promesse di inviare
nuove forze e senza quelle restrizioni che condizionano l’operatività del comandante
ISAF.Gli USA hanno incrementato la presenza nella 10° divisione da montagna in
Afghanistan, arriveranno truppe britanniche nella provincia di Helmand, a Sud, e
disporremo di soldati aggiuntivi della Norvegia. Mentre Germania e Italia hanno messo a
disposizione aerei (da Roma arriveranno a Kabul un C130 e due Predator, ndr) ». Il generale
USA precisa che la NATO ha bisogno di migliori capacità operative. «In particolare
abbiamo bisogno di forze di manovra aggiuntive nelle aree Sud e Ovest, e più forze
d’interdizione in grado di bloccare i ribelli che passano dal Pakistan in Afghanistan. È
importante sottolineare che un piccolo gruppo di 10 o 12 soldati può risultare efficace come
100 uomini, dipende dalle capacità con cui operano».
•
Politica. 28 febbraio. Dopo il Financial Times, anche l’agenzia di rating USA Moody’s
auspica la formazione di un “governo di larghe intese” che vari una nuova legge elettorale in
grado di formare “solide” maggioranze di governo in grado di approvare le riforme tanto
attese dai “mercati”, come quella delle pensioni. «In Italia non c’è una solida maggioranza
per le riforme», è scritto in una nota di Moody’s. Vien da pensare quali altre “riforme” abbia
in testa la finanza statunitense: dalle liberalizzazioni al memorandum sulle pensioni, non ci
pare che il governo “di sinistra” non stia compiendo il suo dovere neoliberista ed eseguendo
quelle misure che in ultima istanza promanano da centri di potere esterni alla nazione.
•
Energia. 28 febbraio. Gazprom sbarca direttamente sul mercato italiano dal prossimo
aprile. In virtù dell’accordo firmato in autunno con l’ENI, la società russa diretta dal
presidente Aleksey Miller e dall’amministratore delegato Dmitry Medvedev, fedelissimi di
Putin (essendo rispettivamente capo dello staff ed amico del presidente russo), si presenterà
in Italia con le prime partite di metano. In tre anni i russi dovrebbero poter esportare verso il
Bel Paese 3 miliardi di metri cubi l’anno. In base al succitato accordo ENI-Gazprom, in
cambio dell’accesso della compagnia russa nel mercato italiano del gas l’ENI vedrà
allungati i contratti di fornitura da parte russa in scadenza nel 2017 fino al 2035. ENI e
Gazprom si prefiggono inoltre di perseguire congiuntamente una serie di progetti di grande
rilievo sia in Russia sia all’estero, in particolare nelle aree del trasporto del gas e della
rigassificazione per servire il mercato mondiale. La compagnia italiana avrebbe inoltre
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accesso a giacimenti russi: un punto su cui restano comunque molte ombre. C’è poi da
decidere con quale partner Gazprom venderà il gas in Italia, visto che non è organizzata per
lavorare da sola. Si parla di Enel, Edison, Hera, Gruppo Radici, ben disposte ad aprire il
Paese al gas russo in cambio della loro parte. Favorita sembra però essere la municipalizzata
bresciana ASM. Anzitutto perché il principale gruppo siderurgico privato, la Lucchini Spa di
Brescia, fu acquistata nel 2005 dal primo gruppo siderurgico privato russo, la Severstal di
Aleksey Mordashev, oligarca fedelissimo di Putin. E quindi la presenza russa a Brescia è già
un fatto consolidato. Ma soprattutto perché ripetute sono le voci di una fusione tra l’ASM
bresciana e la municipalizzata milanese AEM. Quale miglior colpo allora per Gazprom di
rifornire di gas il cuore industriale d’Italia? La società russa non intende comunque fermarsi
alla distribuzione e vendita del metano. Parallelamente all’entrata sul mercato italiano del
gas blu, il gigante russo intende acquisire centrali elettriche. Avere il controllo, parziale o
totale, del sistema energetico di un paese vuol dire controllarne a grandi linee l’economia. A
Mosca questo lo sanno bene.
•
Basi USA. 28 febbraio. Di seguito l’elenco delle basi statunitensi e NATO presenti in Italia.
Ricordiamo che le forze e basi statunitensi in Italia sono inserite nella catena di comando del
Pentagono e sono quindi sottratte a qualsiasi meccanismo decisionale italiano. Sono
dislocate in Italia anche diverse strutture NATO disposte dal pentagono: il Joint Force
Command di Napoli, comandato da un ammiraglio statunitense, stessa persona che comanda
le Forze navali USA in Europa (il cui centro logistico navale si è trasferito da Londra a
Napoli) e la «Forza di risposta della NATO». Nel rapporto presentato il 9 maggio 2005 al
Presidente e al Congresso degli Stati uniti dalla Commission on Review of Overseas Military
Facility Structure of the United States, si è affermato a chiare lettere che le basi servono a
«mantenere l’influenza e la leadership statunitensi nella NATO: nella misura in cui
rimangono in Europa significative forze statunitensi, la leadership può essere mantenuta».
La presenza delle basi militari USA e soprattutto delle atomiche, non è in alcun modo
supportata dalle leggi internazionali, infatti sono in flagrante violazione del trattato di non
proliferazione nucleare e all’art. 11 della Costituzione italiana. Il seguente elenco
comprende anche le installazioni controllate dagli USA che non sono elencate nel “Base
Structure
Report”
del
Pentagono.
Le sigle e abbreviazioni usate: USAF - aviazione, Navy - marina , Army - esercito, Nsa National security agency [Agenzia di sicurezza nazionale], Setaf - Southern european task
force [Task force sudeuropea].
Elenco per Regioni:
•
Trentino Alto Adige
1. Cima Gallina [Bz]. Stazione telecomunicazioni e radar dell’USAF.
2. Monte Paganella [Tn]. Stazione telecomunicazioni USAF.
•
Friuli Venezia Giulia
3. Aviano [Pn]. La più grande base avanzata, deposito nucleare e centro di
telecomunicazioni dell’USAF in Italia [almeno tremila militari e civili americani ]. Nella
base sono dislocate le forze operative pronte al combattimento dell’USAF [un gruppo di
cacciabombardieri ] utilizzate in passato nei bombardamenti in Bosnia. Inoltre la Sedicesima
Forza Aerea ed il Trentunesimo Gruppo da caccia dell’aviazione USA, nonché uno
squadrone di F-18 dei Marines. Si presume che la base ospiti, in bunker sotterranei la cui
costruzione è stata autorizzata dal Congresso, bombe nucleari. Nella base aerea di Aviano
(Pordenone) sono permanentemente schierate, dal 1994, la 31st Fighter Wing, dotata di due
squadriglie di F-16 [nella guerra contro la Jugoslavia nel 1999, effettuo’ in 78 giorni 9.000
32
missioni di combattimento: un vero e proprio record] e la 16th Air Force. Quest’ultima è
dotata di caccia F-16 e F-15, e ha il compito, sotto lo U. S. European Command, di
pianificare e condurre operazioni di combattimento aereo non solo nell’Europa meridionale,
ma anche in Medio Oriente e Nordafrica . Essa opera, con un personale di 11.500 militari e
civili, da due basi principali: Aviano, dove si trova il suo quartier generale, e la base turca di
Incirlik. Sara’ appunto quest’ultima la principale base per l’offensiva aerea contro l’Iraq del
nord, ma l’impiego degli aerei della 16th Air Force sara’ pianificato e diretto dal quartier
generale di Aviano.
Da Aviano sono partiti gli aerei che hanno imposto la pax americana nel Golfo prima e nei
Balcani poi; qui hanno trovato rifugio gli F16 cacciati dalla Spagna; qui sono custodite le
atomiche. Domenica 28 maggio 2006, a Pordenone, si è costituito formalmente il comitato
“Via le Bombe”, con l’obiettivo di intervenire in causa a fianco dei proponenti ed in
rappresentanza di tutti gli aderenti.
L’intenzione è quella di trasformare questa azione legale in una specie di “class action”, con
centinaia, migliaia, e - perché no -milioni di persone che chiedono il rispetto della legalità
internzionale. Già cinque pacifisti pordenonesi hanno intentato un’azione civile contro il
governo USA, con la richiesta di rimozione delle 50 atomiche presenti nella base USAF di
Aviano. Per la prima volta, un giudice viene chiamato a decidere sulla legittimità della
presenza di atomiche sul territorio italiano.
4. Roveredo [Pn]. Deposito armi USA.
5. Rivolto [Ud]. Base USAF.
6. Maniago [Ud]. Poligono di tiro dell’USAF.
7. San Bernardo [Ud]. Deposito munizioni dell’Us Army.
8. Trieste. Base navale USA.
•
Veneto
9. Camp Ederle [Vi]. Quartier generale della NATO e comando della Setaf della US Army,
che controlla le forze americane in Italia, Turchia e Grecia. In questa base vi sono le forze
da combattimento terrestri normalmente in Italia: un battaglione aviotrasportato, un
battaglione di artiglieri con capacità nucleare, tre compagnie del genio. Importante stazione
di telecomunicazioni. I militari e i civili americani che operano a Camp Ederle dovrebbero
essere circa duemila.
10. Vicenza: Comando Setaf. Quinta Forza aerea tattica [USAF]. Probabile deposito di
testate nucleari.
11. Tormeno [San Giovanni a Monte, Vi]. Depositi di armi e munizioni.
12. Longare [Vi]. Importante deposito d’armamenti.
13. Oderzo [Tv]. Deposito di armi e munizioni
14. Codognè [Tv]. Deposito di armi e munizioni
15. Istrana [Tv]. Base USAF.
16. Ciano [Tv]. Centro telecomunicazioni e radar USA.
17. Verona. Air Operations Center [USAF ]. e base NATO delle Forze di Terra del Sud
Europa; Centro di telecomunicazioni [USAF].
18. Affi [Vr]. Centro telecomunicazioni USA.
19. Lunghezzano [Vr]. Centro radar USA.
20. Erbezzo [Vr]. Antenna radar Nsa.
21. Conselve [Pd ]. Base radar USA.
22. Monte Venda [Pd]. Antenna telecomunicazioni e radar USA.
23. Venezia. Base navale USA.
24. Sant’Anna di Alfaedo [Pd]. Base radar USA.
25. Lame di Concordia [Ve]. Base di telecomunicazioni e radar USA.
33
26. San Gottardo, Boscomantivo [Ve]. Centro telecomunicazioni USA.
27. Ceggia [Ve]. Centro radar USA.
•
Lombardia
28. Ghedi [Bs]. Base dell’USAF, stazione di comunicazione e deposito di bombe nucleari.
29. Montichiari [Bs]. Base aerea [USAF ].
30. Remondò [Pv]. Base Us Army.
•
Piemonte
31. Cameri [No]. Base aerea USA con copertura NATO.
32. Candelo-Masazza [Vc]. Addestramento USAF e Us Army, copertura NATO.
•
Liguria
33. La Spezia. Centro antisommergibili di Saclant [vedi 35].
34. Finale Ligure [Sv]. Stazione di telecomunicazioni della Us Army.
35. San Bartolomeo [Sp]: Centro ricerche per la guerra sottomarina. Composta da tre
strutture. Innanzitutto il Saclant, una filiale della NATO che non è indicata in nessuna
mappa dell’Alleanza atlantica. Il Saclant svolgerebbe non meglio precisate ricerche marine:
in un dossier preparato dalla federazione di Rifondazione si parla di “occupazione di aree
dello specchio d’acqua per esigenze militari dello stato italiano e non [ricovero della VI
flotta USA]”. Poi c’è Maricocesco, un ente che fornisce pezzi di ricambio alle navi. E infine
Mariperman, la Commissione permanente per gli esperimenti sui materiali da guerra,
composta da cinquecento persone e undici istituti
•
Emilia Romagna
36. Monte San Damiano [Pc]. Base dell’USAF con copertura NATO.
37. Monte Cimone [Mo]. Stazione telecomunicazioni USA con copertura NATO.
38. Parma. Deposito dell’USAF con copertura NATO.
39. Bologna. Stazione di telecomunicazioni del Dipartimento di Stato.
40. Rimini. Gruppo logistico USA per l’attivazione di bombe nucleari.
41. Rimini-Miramare. Centro telecomunicazioni USA.
•
Marche
42. Potenza Picena [Mc]. Centro radar USA con copertura NATO.
•
Toscana
43. Camp Darby [Pi]. Il Setaf ha il più grande deposito logistico del Mediterraneo [tra Pisa e
Livorno], con circa 1.400 uomini, dove si trova il 31st Munitions Squadron. Qui, in 125
bunker sotterranei, è stoccata una riserva strategica per l’esercito e l’aeronautica statunitensi,
stimata in oltre un milione e mezzo di munizioni. Strettamente collegato tramite una rete di
canali al vicino porto di Livorno, attraverso il Canale dei Navicelli, è base di rifornimento
delle unità navali di stanza nel Mediterraneo. Ottavo Gruppo di supporto USA e Base
dell’US Army per l’appoggio alle forze statunitensi al Sud del Po, nel Mediterraneo, nel
Golfo, nell’Africa del Nord e la Turchia.
44. Coltano [Pi]. Importante base USA-Nsa per le telecomunicazioni: da qui sono gestite
tutte le informazioni raccolte dai centri di telecomunicazione siti nel Mediterraneo. Deposito
munizioni Us Army; Base Nsa.
45. Pisa [aeroporto militare]. Base saltuaria dell’USAF.
46. Talamone [Gr]. Base saltuaria dell’Us Navy.
47. Poggio Ballone [Gr]. Tra Follonica, Castiglione della Pescaia e Tirli: Centro radar USA
con copertura NATO.
34
48. Livorno. Base navale USA.
49. Monte Giogo [Ms]. Centro di telecomunicazioni USA con copertura NATO.
•
Sardegna
50. La Maddalena - Santo Stefano [Ss]. Base atomica USA, base di sommergibili, squadra
navale di supporto alla portaerei americana “Simon Lake”. L’esistenza di questo centro si
può dichiarare illegale poiche la procedura non è mai stata ratificata in parlamento (fatto
gravissimo e senza precedenti, se si esclude il diritto coloniale) e che la sua creazione si
deve ad un patto segreto siglato tra l’allora governo andreotti e l’amministrazione
statunitense.
51. Monte Limbara [tra Oschiri e Tempio, Ss]. Base missilistica USA.
52. Sinis di Cabras [Or]. Centro elaborazioni dati [Nsa].
53. Isola di Tavolara [Ss]. Stazione radiotelegrafica di supporto ai sommergibili della Us
Navy.
54. Torre Grande di Oristano. Base radar Nsa.
55. Monte Arci [Or]. Stazione di telecomunicazioni USA con copertura NATO.
56. Capo Frasca [Or]. Eliporto ed impianto radar USA.
57. Santulussurgiu [Or]. Stazione telecomunicazioni USAF con copertura NATO.
58. Perdasdefogu [Nu]. Base missilistica sperimentale.
59. Capo Teulada [Ca]. Da Capo Teulada a Capo Frasca [Or ], all’incirca 100 chilometri di
costa, 7.200 ettari di terreno e più di 70 mila ettari di zone “off limits”: poligono di tiro per
esercitazioni aeree ed aeronavali della Sesta flotta americana e della NATO.
60. Cagliari. Base navale USA.
61. Decimomannu [Ca]. Aeroporto USA con copertura NATO.
62. Aeroporto di Elmas [Ca]. Base aerea USAF.
63. Salto di Quirra [Ca]. poligoni missilistici.
64. Capo San Lorenzo [Ca]. Zona di addestramento per la Sesta flotta USA.
65. Monte Urpino [Ca]. Depositi munizioni USA e NATO.
•
Lazio
66. Roma. Comando per il Mediterraneo centrale della NATO e il coordinamento logistico
interforze USA. Stazione NATO
67. Roma Ciampino [aeroporto militare]. Base saltuaria USAF.
68. Rocca di Papa [Rm]. Stazione telecomunicazioni USA con copertura NATO, in
probabile collegamento con le installazioni sotterranee di Monte Cavo
69. Monte Romano [Vt]. Poligono saltuario di tiro dell’Us Army.
70. Gaeta [Lt]. Base permanente della Sesta flotta e della Squadra navale di scorta alla
portaerei “La Salle”.
71. Casale delle Palme [Lt]. Scuola telecomunicazioni NATO sotto controllo USA.
•
Campania
72. Napoli. Comando del Security Force dei Marines. Base di sommergibili USA. Comando
delle Forze Aeree USA per il Mediterraneo. Porto normalmente impiegato dalle unità civili
e militari USA. Si calcola che da Napoli e Livorno transitino annualmente circa cinquemila
contenitori di materiale militare.
73. Aeroporto Napoli Capodichino. Base aerea USAF.
74. Monte Camaldoli [Na]. Stazione di telecomunicazioni USA.
75. Ischia [Na]. Antenna di telecomunicazioni USA con copertura NATO.
76. Nisida [Na]. Base Us Army.
77. Bagnoli [Na]. Sede del più grande centro di coordinamento dell’Us Navy di tutte le
attività di telecomunicazioni, comando e controllo del Mediterraneo.
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78. Agnano [nelle vicinanze del famoso ippodromo]. Base dell’Us Army.
80. Licola [Na]. Antenna di telecomunicazioni USA.
81. Lago Patria [Ce]. Stazione telecomunicazioni USA.
82. Giugliano [vicinanze del lago Patria, Na]. Comando Statcom.
83. Grazzanise [Ce]. Base saltuaria USAF.
84. Mondragone [Ce]: Centro di Comando USA e NATO sotterraneo antiatomico, dove
verrebbero spostati i comandi USA e NATO in caso di guerra
85. Montevergine [Av]: Stazione di comunicazioni USA.
•
Basilicata
79. Cirigliano [Mt]. Comando delle Forze Navali USA in Europa.
86. Pietraficcata [Mt]. Centro telecomunicazioni USA e NATO.
•
Puglia
87. Gioia del Colle [Ba]. Base aerea USA di supporto tecnico.
88. Brindisi. Base navale USA.
89. Punta della Contessa [Br]. Poligono di tiro USA e NATO.
90. San Vito dei Normanni [Br]. Vi sarebbero di stanza un migliaio di militari americani del
499° Expeditionary Squadron;.Base dei Servizi Segreti. Electronics Security Group [Nsa ].
91. Monte Iacotenente [Fg]. Base del complesso radar Nadge.
92. Otranto. Stazione radar USA.
93. Taranto. Base navale USA. Deposito USA e NATO.
94. Martinafranca [Ta]. Base radar USA.
•
Calabria
95. Crotone. Stazione di telecomunicazioni e radar USA e NATO.
96. Monte Mancuso [Cz]. Stazione di telecomunicazioni USA.
97. Sellia Marina [Cz]. Centro telecomunicazioni USA con copertura NATO.
•
Sicilia
98. Sigonella [Ct]. Principale base terrestre dell’Us Navy nel Mediterraneo centrale,
supporto logistico della Sesta flotta [circa 3.400 tra militari e civili americani ]. Oltre ad
unità della Us Navy, ospita diversi squadroni tattici dell’USAF: elicotteri del tipo HC-4,
caccia Tomcat F14 e A6 Intruder, gruppi di F-16 e F-111 equipaggiati con bombe nucleari
del tipo B-43, da più di 100 kilotoni l’una.
99. Motta S. Anastasia [Ct]. Stazione di telecomunicazioni USA.
100. Caltagirone [Ct]. Stazione di telecomunicazioni USA.
101. Vizzini [Ct]. Diversi depositi USA.
102. Palermo Punta Raisi [aeroporto]. Base saltuaria dell’USAF.
103. Isola delle Femmine [Pa]. Deposito munizioni USA e NATO.
104. Comiso [Rg]. La base risulterebbe smantellata.
105. Marina di Marza [Rg]. Stazione di telecomunicazioni USA.
106. Augusta [Sr]. Base della Sesta flotta e deposito munizioni.
107. Monte Lauro [Sr]. Stazione di telecomunicazioni USA.
109. Centuripe [En]. Stazione di telecomunicazioni USA.
110. Niscemi [Cl]. Base del NavComTelSta [comunicazione Us Navy ].
111. Trapani. Base USAF con copertura NATO.
112. Isola di Pantelleria [Tp]: Centro telecomunicazioni Us Navy, base aerea e radar NATO.
113. Isola di Lampedusa [Ag]: Base della Guardia costiera USA. Centro d’ascolto e di
comunicazioni Nsa.
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•
Archivio: http://www.rivistaindipendenza.org/Italia.%20Ragioni/ragioni_indi_archivio.htm
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Scarica

Italia. Ragioni dell`in/dipendenza (gennaio / febbraio 2007)