PAOLO RUPERT SANTORO PRIAPO: IL DIO DEI BORDELLI Priapo: il dio dei bordelli Ovvero L’Olimpo a Monacazzo di Paolo Rupert Santoro Dedicato a…. …a chi patto o parola o debito non mantene.. .. se omo è , un doloroso canchero gli pigli nel pene.. ...se femmina invece fussi la maliritta issa .. un canchero doloroso le pigli nella fissa .. ...accussì la semenza maliritta non avrà discendenza.. ... e se già c’è, un canchero anche per codesta mal semenza…. Ruperto da Munipuzos Ad me respice, fur, et aestimato, quot pondo est tibi mentula cacanda.. Guardami , ladro, e pensa quanto grosso è il cazzo che dovrai cagare.. Carmina Priapea La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere e avere una minchia, a che minchia serve vivere e avere una minchia? Socratino da Munipuzos, secondo l’Autore Creati e creatori si confondono e non si capisce se i creati hanno creato i creatori o i creatori hanno creato i creati.... Zeus, secondo l’Autore Odyssesthai significa “ odiare “, e tu sarai odiato e odierai. Autolico, secondo l’Autore Gallo turpius est nihil Priapo. Nulla è più orrendo di un Priapo senza orpelli. Marziale Chi compie imprese grandi ha molto da soffrire… Eschilo Scribimus indoctis doctisque poemata nostra: doctus et indoctus quod legat inde leget. Scriviamo questo nostro poema per dotti e non dotti: il dotto e il non dotto ciò che sceglie leggerà… Stolcius de Stolcenberg Il problema dell'umanità è che gli stupidi sono sempre molto sicuri mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi. B. Russell E diu dissi “Fiat pilu”. E pilu fu… L’ Autore Zeus è la mente, Eracle il corpo, Priapo il fallo.. Mhassymylyano da Munipuzos Già prima di Elena la fica fu causa orrenda di guerra. Orazio Adesso il mio debito è saldato… ho mantenuto la mia parola…io sono un uomo.. non un mezzuomo, un uminicchio, un piglianculo o un quaquaraquà…chi mantiene i patti, rispetta i regolamenti, onora i bandi è un uomo.. gli altri, per favore, si mettano in una delle altre quattro categorie… Dioniso, secondo l’Autore Obscurum per obscurius, ignotum per ignotius… Sibilla Priaprica, secondo l’Autore Priapeum In quel sentiero, dove son le querce, o capraio, svoltando, troverai un simulacro di fico, appena sbozzato, a tre gambe, con la scorza, senza orecchi, ma col membro vitale capace di compier l'opre di Cipride. Un sacro recinto vi corre, ed un perenne rivo, dalle rocce, dovunque s'adorna d'allori e di mirti e di cipresso odoroso, e là si distende, datrice di grappoli, con le spire una vite, e primaverili, con acute voci, i merli emettono canti variegati. E i canterini usignoli rispondono con cinguettii, cantando dai becchi la voce di miele. Fermati là, ed al grazioso Priapo chiedi ch'io smetta il desiderio di Dafni, e subito immolerò un bel capretto. Se però rifiuta, ottenendo lui voglio compier triplice sacrificio: darò infatti una giovenca, un peloso capro, un agnello che tengo chiuso. Ascolti benevolo il dio! Teocrito Pubblico mio, suvvia non deplorare questa poesia trovandola volgare, anche se non la potrebbe declamare un maestro di scuola alle scolare;ma queste mie rimette da sollazzo, così come un marito ad una moglie non possono piacere senza il cazzo. D’altronde non si può dir cose audaci senza citare dove le donne danno i baci. Questa e' la legge del poeta smaliziato: non può piacere se non e' un po' sboccato. Perciò la serietà or deponete e questi versi sciolti orsù assolvete. Se poi qualche parola e' impertinente non osate castrar le mie canzoni, che sarebbe l'esatto equivalente di chi tagli ad un pene i suoi coglioni. Marziale A B C D MUNIPUZOS BOSCO DI MYNKYALONYA LAGO DI MUNIPUZOS PURCEDDOPOLIS -AL’antefatto Giove, a cui era in aria lu carru Comu ‘ntra mari la varchitta, o scarmu, Era a ‘ddi tempi lu primu futtarru, E avia la minchia chiù dura d’un marmu. Cuntava di diametro, si non sgarru, Triccento ottanta canni e mezzu parmu; Ed a Giunoni, ccu ddu cazzu santu, cci l’avia fattu addivintari tantu! Futteva a longu, e pertichi e bubbuni Pigghiava spissu alla diavulina: E intantu ccu ddu grossu so minchiuni Arruzzulava figghi a minchia cina: Mircuriu, chi nasciu mentri Giununi Cci avia ‘mmiscatu camurria divina: E in diversi occurrenzi e varii parti Fici a Baccu, Vulcanu , Apollu e Marti… Micio Tempio, La minata di li dei Non si sapi quannu fu , ma fu. E fu tanto tempo fa. Il fatto successe e Esiodo Fhallocriso da Munipuzos ne parla e sparla nella sua “ Teogonia Sicula .” Esiodo, grande poeta tragico ma poco serio, storico inventore molto poco credibile, teologo sparapalle ma ateo convinto e altro , scrive: << Fu e non fu che il grande e sommo Zeus litigò con i greci di Grecia perché a causa di troppa democrazia avevano fatto una legge, sottoposta anche a referendum, che condannava le imprese mentuliche terrestri del capodio che spesso faceva incursioni tra le cosce di onoratissime femmine greche. E non solo. Anche tra le cosce delle disonoratissime andava a ficcarsi il sommo Zeus. “ Legge antizeusmentulamachia” l’avevano chiamata i legislatori. “ Legge per la Teodeminchiazione popolare.” l’aveva chiamata Zeus. “ Legge pi firmari la minchia di dio.” l’aveva chiamata il popolo. Spesso, forse spessissimo, succedeva che qualche cunnus di femmina umana venisse violato d’autorità dalla mentula divina. I greci di Grecia non sopportavano più le corna, anche se divine. C’era anche un detto popolare “ Zeus , con la sua mentula divina, un fatto è sicuro, ci ha fatto a tutti cornuti; e presto ci farà pure rotti in culo”. I greci facevano riferimento alle troppe incursione tra le cosce delle femmine terrestri da parte di Zeus e di altre divinità. Ma , maschilisticamente parlando, ignoravano volutamente le fortunate ciolle terrestri che incollavano le divinità. Per quanto riguarda i loro culi facevano riferimento al ratto di Ganimede. Il picciotto bello dal culo ancora più bello aveva ispirato il theophallus di Zeus. Il capodio se l’era portato nell’Olimpo per farlo suo “ amato” coppiere in tutti sensi. Qualcuno accettata la cosa , qualcuno la condannava. “ Pur di fare la bella vita darei il culo pure all’ultimo degli dei dell’Olimpo.” “Manco a Zeus darei il culus.. sono uomo castus e purus.” Dicevano i puri di cuore e di spirito ma soprattutto di carne. Preoccupati pertanto per il futuro dei loro culi intanto si preoccupavano per i cunni delle loro donne. Perché Zeus si pigliava sempre il meglio. E spesso il meglio delle vergini. Se lo pigliava d’autorità. Sempre. “Stupro divino” lo chiamava qualcuno. E stupro era a tutti gli effetti. Zeus tonante e trombante tuonava e trombava sia in cielo che in terra , e siccome era un po’ assai permaloso, appena seppe che i greci gradivano poco le sue divinissime corna, colto da improvviso eroico ed erotico furore decise di trasferire la sua corte divina. E tanto per non andare lontano, per non tradire la sua terra, decise di passare dalla Grecia alla Magna Grecia. Convocato il Consiglio dei Tredici diede loro la notizia. Poi la decisione fu comunicata alla corte Olimpica e infine al popolo greco. Alla corte per conoscenza, al popola per sfregio. Con il suo solito incipit il dio degli dei e degli uomini disse ai colleghi: “ Io , Zeus, mi consento, se voi mi consentite, altrimenti mi autoconsento di trasferirmi nella nuova sede…. di trasferirmi e trasferirvi.. io e tutto l’Olimpo intero… dall’Olimpo di Olimpia al Munipuzosolimpo….detto anche Olimpazzo…l’Olimpo di Monacazzo…di adottare il siciliano come lingua dell’Olimpazzo e di aggiungere al nostro abituale abbigliamento la coppola… se consentite, alzate le mani.. se non consentite fate lo stesso i bagagli perchè io mi autoconsento codesto trasferimento.. pertanto vasamu li manu e muviti lu culu..” Al popolo disse: “ Iti a farvi fottere, io mi trasferisco Popolo ingrato...” “ Dove, sommo Zeus? “ chiesero i greci. “ Cazzi miei. “ fu la risposta. “ Ma se vogliamo farti una visita.. una preghiera.. se vogliamo venire in pellegrinaggio , dove andiamo? “ “ A fari in culo, che fate meglio”. “ Zeus, perdonaci...se puoi..” “ Io non perdono.. condanno.. sono uomo di parola e non un andropattuallopolis..” “ Theopattuallopolis eventualmente..” “ Non ha importanza.. andros o theos bisogna rispettare la parola data... io sono un uomo e un dio.. o se preferite un dio e un uomo.. e non un uminicchio, un mezzuomo, un piglianculo o un quaquaraquà..” “ Ragione tieni..” “ Affanculo.” rispose Zeus. E dal monte Olimpo, in un lampo, Zeus trasferì tutto sul monte Munipuzos. Attirato dalla bellezza del posto ma soprattutto dal nome che prometteva bene. “Muni” uguale fica, “ puzos” uguale cazzo. E poi anche perché ai piedi del monte Munipuzos si estendeva la cittadina omonima. Munipuzos, la città ermafrodita. Città bella assai, patrimonio dell’umanità della Grecia e della Magna Grecia , ma soprattutto abitata da femmine bellissime, gioiose e sensuali… le famose donne munimorfe e phallofile. Mentre gli uomini erano phallomorfi e cunnofili. E come fu e come non fu, anche se non si sa come fu, il fatto fu. In un lampo, Zeus e la sua corte, si trasferirono sul monte Munipuzos. Parola di Esiodo Fhallocriso da Munipuzos.>> Altri personaggi del mondo delal cultura hanno dato ampie testimonianze sulle vicende dell’Olimpazzo e di Munipuzos. In particolare il sommo letterato di lingua greca Homerino da Munipuzos , il poeta di lingua, diciamo latina, Mhassymylyano da Munipuzos, e lo scrittore dialettale Santhokriso. Oltre al contributo filosofico di domande senza risposta del filosofo Socratino da Munipuzos. Il miserabile cazzo di Ottone, le gambe sporche e rozze d'Erio, il peto sinistramente lieve di Libone, a te e a Sufficio, quel vecchio rifatto, almeno questo dovrebbe spiacere. E torna pure ad incazzarti Cesare generalissimo, contro i miei versi innocenti. Catullo -BIl fatto I . Zeus, il capodio Senza purtari a Giove ubbidienza Picciotti privi di boni cunsigghi Pinzaru un ghiornu senza la licenza Iri a mangiari ‘n campagna sti figghi: Subitu fu accurdata la dispenza: si affirraru nna pocu di buttigghi; Ed arrivati a lu locu signatu ‘Ntra nenti fu lu pranzu priparatu. Cuminciaru a manciari, e ‘tra un mumentu Li buttigghi si vittiru agghiurnari; Già dritti in pedi mi mettunu a stentu; Già li testi cuminciunu a fumari; Intantu di luntanu a passu lentu La bellissima Veniri cumpari. Ca nuda e sula pri li larghi strati Va cugghiennu lu friscu pri la stati. Micio Tempio, La minata di li dei Bello e imponente Zeus stava stinnicchiatu sul letto tutto d’oro ma cu nu matrazzuni cinu di pilu di cunnu di fimmina. Era il letto l’unica cosa che si era portato trasferendosi dalla Grecia alla Magna Grecia. Perchè quella matrazza a tre piazze l’aveva riempita a picca a picca. Scippannu un pelo dal pacchio delle femmine con le quali avia avuto una storia pilusa. Un pelo per ogni fottuta. Quella matrazza era la summa teologica e filologica di tutte le sue divine fottute . L’opera omnia della sua minchia. L’alfa e l’omega della sua ciolla. << Mi consento… se mi consenti.. altrimenti mi autoconsento … Per ricordo del piacere avuto. E spero anche dato..>> diceva loro al momento della spilatura. Adesso stava sul letto e cu na punta di lenzuolo si antuppava li parti intime, degne di un dio. Era nudo, a parte la coppola che portava in testa. Ma soprattutto si copriva la panza di diu cinquantinu nell’aspetto. Pirchì chista era l’età ca si era stabilizzata pi lu capo supremo di li dia in generali. In realtà era vecchio di mill’anni e mill’anni ancora più altri mille e altri mille e altri mille ancora… E poi ancora mille e mille e mille e altri mille... Lu diu di li dia era multimillenario… come altri suoi colleghi passati e futuri… e anche contemporanei, naturalmente…. E Zeus era anche il dio di l’ommini.. nel bene e nel male…. Naturalmente. Dio degli dei e degli uomini. Come dicevo Zeus si antuppava la panza e si grattava li cugghiuna. Questo era il suo modo di fare quannu stava pinsannu. E Zeus pinsava spesso. Chiddu ca era bello è ca pinsava sempre a fatti e fattazzi di pilu. A chiddi cumminati nei secoli ca furunu in Grecia. E a chiddi ca stava cumminannu adesso nella Magna Grecia. Pinsava anche a chiddi ca s’avia fari in futuro. Avia sempre in testa un elenco di femmine da fottere. “ Il catalogo delle donne “ lo chiamavano gli dei dell’Olimpazzo. “ U catalugu di li sticchia..” lo chiamava lui. E tra una pinsata e una ripinsata taliava il culo bello e sorridente di soddisfazione e piaciri della persona che gli stava accanto. Persona bella, giovane e nuda, a parte la coppola. E grattannisi li palli la sua minchia tisa stava stinnicchiata lungo il braccio. Come un picciriddu in braccio alla mamma. Questo sembrava Zeus: un uomo che tiene in braccio la sua ciolla ….e ci canta na bella ninna nanna. << Ciolla bella , ciolla pazza.. Unni anfilu sta minciazza.. Ciolla bella, ciolla rossa.. Unni anfilu sta cosa grossa… Ciolla bella , ciolla bona Unni voi fari lampi e trona? Ciolla bella, ciolla mia, Vuoi pacchiu di terra o di dia? Ciolla bella, ciolla rura, Vuoi sticchi oppuru cula? >> Pinsava Zeus… Pinsava al trasloco fatto in un momento di divina incazzatura e del quale non si era pentito affatto. I siciliani erano ospitali. Gente di rispetto, di parola e di minchia. In generale.. Poi c’erano quelli che non rispettavano i patti , i regolamenti e i bandi.. e c’erano quelli che non saldavano i debiti.. Ma a parte questo era gente allegra. Genti ca amava i fatti di pilo. Che viveva per il pilo. Vestivano come i greci a parte il copricapo locale: la coppola. Che piaceva molto anche a Zeus che sempre la usava. E poi l’Olimpo a Munipuzos era stata una bella trovata. La città ermafrodita era la sede ideale dei giochi di pilo. Dei fatti di pilo. Delle trame di pilo. Tanto che Zeus pensava di istituire per decreto divino le Piliadi, le olimpiadi del pilo. E come gli piaceva parlare il siciliano. Com’era bella questa lingua dalle infinite sfaccettature. Come si riempiva la bocca quannu diceva: << Non mi scassate la coppola della minchia … non mi rumpiti li cugghiuna.. sucatimi l’aceddu… nun mi scassati li baddi… attaccativi ‘o marrugghiu… facitivi na sunata cu lu me battagghiu…nun mi faciti addivintari iacitu lu latti di lu me brigghiu…altrimenti vi sbattu in culu lu marrugghiu… vi fulmino l’aceddu e vi lu fazzu addivintari nu tizzuneddu…e poi saranno minchi niuri da cacari.. >> Quella che lo faceva pazziare era: . << Non fatemi diventare acido il latte del cazzo.. nun mi faciti addivintari iacitu lu latti di lu brigghiu…>> Altro che latino e greco. << Non mi rompete l’acrofhallus…Non mi rompete la cupolomentula.. Non mi gonfiate i testiculos…Mentula cacanda.. da pedicare.. paedicare volo..>> E poi quel saluto referenziale tanto in voga nella Magna Grecia.. << Voscenzasabbinirica, vasamu li manu.. la vostra conoscenza sia benedetta, baciamo le mani..>> Frase bella che era addiventata ancora più bella con l’arrivo degli dei. << Voscenzasabbinirica, vasamu li manu e li peri… >> Qualche ateo l’aveva un po’ cambiata. << Voscenzasabbinirica, vasamu li manu e li peri… e nu fattu è sicuru.. se vuliti, vasamu puru lu culu..>> Che poi, volendo, era una bella frase. Na cosa era vasare il culo di Zeus, na cosa era vasare il culo di Afrodite Callipigia. Ragionando al maschile, sarebbe sicuramente stato un piacere vasare il culo bello di Apollo. Pilo. Pinsava a questo Zeus. Pinsava anche alla sua minchia tisa e a quel culo da cui si la sarebbe fatta scassare per davvero. Sorrideva quel culo bianco e giovane. Al ritmo del respiro quelle natiche si allontanavano e si riavvicinavano. Un sorriso naticale. O anale. Parevano veramente due cassate siciliane allegre. E allegro era anche Zeus. Che di quel culo aveva goduto poco prima. Adesso la persona proprietaria di quelle natiche dormiva. E lui pensava . Pensava taliannu. Pensava a quanti culi e a quanti cunni avia visitato dacché lui era stato lui, dacché Zeus era stato Zeus. O meglio, da quannu il phallo divino si era messo a funzionare. Che a dire il vero vero veramente assai presto aveva incominciato. Era stato nu picciriddu fottitore… fors’anche un neonato fottitore… Ma il suo dolce andare di pensiero in pensiero, di cunnu in cunnu, di culo in culo, di ucca in ucca , intanto che si taliava l’ameno paesaggio bicollinare, fu interrotto da una voce antipatica. Di quelle che trasunu dalle orecchie, vanno al ciriveddu, si fanno un giro veloce dintra la scatola cranica, e non la potendo scassare perchè d’osso è, scinninu al core facennulu incazzare, quindi vanno alla panza e all’intistinu facennuli mettere in movimento , e pi finiri vannu a li cugghiuna ca automaticamente uncinu come du muluna di ciauru. Mentre l’aceddu , se gonfio era, si svunciava in un amen. << Che fai? Sempre il solito panorama guardi? >> disse la voce maliritta di una fimmina tutta allicchittiata e con tanto di coppola di seta in testa. << Senti, non ci scassare la coppola della minchia…. Io mi consento di fare quel cazzo che mi pare… Io taliu chiddu minchia ca mi pari e piaci. E fazzu chiddu minchia ca mi pari e piaci. Sicuramente non devo dare conto a tia.. signora scassaminchia autorizzata…>> rispose serio serio Zeus. << Ma come, sono tua moglie…Zeù.. >> rispose la donna che amava il parlare fino. E utilizzando il diminutivo che usava nei momenti di abbandono al piacere. << E chi minchia mi ni futti…>> << Ricordati che sono pure tua collega.. Sono una dea..>> precisò Era. << Ma chi riminchia mi ni rifutti.. io sono il capo di li dia…quindi anche tuo.. suca e porta a casa…>> << E sono pure tua sorella….>> << E chi triminchia mi ni tririfutti…. Risuca e ririporta a casa….>> << Adesso ci lo conto alla mamma..> disse Era. << Vaffanculo a tia e a lei pure.. vaffanculo sia alla moglie che alla suocera..>> Poi si rese conto che la suocera era anche sua madre. << Tu hai mandato a fare in culo tua madre.. tu mamma..>> disse Era. << Vaffanculo .. non una ma due volte.. sia come suocera che come mamma..>> rispose Zeus. << Sei volgare e arrogante più di nostro padre Crono… irrispettoso e prepotente.. non rispetti neanche l’età... neanche chi ti ha dato la vita...>> rispose Era, ferma come una statua di marmoro accanto al letto. << Vaffanculo….. ca mi sta addivintannu iacitu lu latti di lu brigghiu… e non paragonarmi al deminchiatore celeste. O forse tu vorresti fare lo stesso? A mia per caso vorresti deminchiarmi? Attenta, perché io ti la cusu pi sempri la porta del pacchio. E poi su cazzi tuoi…ti la cusu accussì stritta ma mancu pisciari potrai.. >> rispose Zeus sentendosi sempre più sgonfiare l’aceddu e gonfiare li baddi. << Una volta mi amavi…>> << Da picciriddu.. quannu nun capivo una minchia e pazziavo per un pacchio.. uno qualunque.. tanto per fare trasi e nesci…>> << Mi amavi allora..>> << Chiamalo amore ma era amore per il pacchio.. Sì.. ti amavo.. ma poi ti fici li corna presto.. con la sacerdotessa del tuo tempio.. la sacerdotessa Io.. la bella Io… >> << Ricordo.. la bella Io dell’Heraion.. bella e vergine..>> << Bella.. vergine e amante della ciolla.. ciollofila docchi…>> << E invece adesso corri appresso a un culo di mascolo. Vergogna..>> << Un culo è solo un culo.. i culi non hanno sesso.. possono essere solo belli o brutti.. e questo è bellissimo.. è un picciotto callipigio…tiene un culo che parla, che grida, chi invoca soddisfazione..>> << Come il mio è..>> << Come il tuo una volta.. Una volta sì.. una volta forse.. ma tu un culo così bello non l’hai mai avuto.. questo è bello come quello di Afrodite.. comunque una volta ti la passavo la minchia.. davanti e darreri.. mi piaceva fotterti.. mi consentivo di chiavarti…e non solo…anche incularti era un piacere.. farti un cunnilingus.. e a tia ti piacia assai la fellatio.. come la sucavi alla grande…>> << Non usare parolacce .. il nostro era amore…>> << Ma sucari l’aceddu è.. è anche quello amore.. e tu lo sucavi in modo divino.. tu sucavi e io ti la alliccavo con la mia lingua esperta…>> << Porco…>> << Porco o non porco ci sta pure il bassorilievo… il bassorilievo del tempio di Heraion a Mynkyalonya….. rappresenta a tia ca suchi la minchia mia…>> << Porco.. porco tu e chi fece quel bassorilievo.>> disse Era incazzata. << E l’amore che porta a fottere…e io godevo nel fotterti e rifotterti a mio piacimento.. >> << Amore…amore era.. ricordati che la nostra prima notte di nozze durò trecento anni…>> << Un pilo nell’eternità …>> puntualizzò Zeus. << Un pilo piacevole però… tu che ficcavi e io che mi bagnavo sempre nella fonte di Cunnosanato per riacquistare la verginità.. >> << Ma ricordati che non fottevo solo con te…>> << Lo so.. ma il nostro era amore.. con le altre era solo sesso.. >> << No.. per me solo e sempre fottere è, fu e sarà.. io consento alla mia minchia di fare e sfare come vuole lei e come voglio io…...>> << Non essere volgare… ancora adesso , in fondo, qualche volta mi cerchi..>> << Solo dovere coniugale.. prestazione maritale.. dovere d’ufficio.. dovere e basta….come una pratica da sbrigare.. un colpo e via .. possibilmente ad occhi chiusi, pinsannu di ficcari con qualcosa di chiù bello… >> << Ti prego.. non dire queste cose..>> << Senti, scassacazzu, ti sei taliata come sei arriddotta? Culu carenti, minni sbunciati e pacchiu sdillabbriatu….e tuttu il resto in rovina…>> Era scoppiò a piangere. << Anche tu sei in rovina…tieni la panza.. ciai li minni ruossi.. lu culo obeso...>> aggiunse la donna. << Sì.. sì.. Nel corpo sì, ma nell’aceddu no.. e l’aceddu mio voli carni frisca… >> << Come quella che hai a portata di mano?>> <<Certo, quel culo è una casa del piacere. Domus mentula, casa della minchia è..>> << Sodomita…>> gridò Era. << Questa è parola della concorrenza ebraica..>> disse Zeus ridendo. << Jarruso..>> << Jarruso è quello che riceve..>> puntualizzò Zeus. << Bardascia..>> << E la stessa cosa..>> aggiunse il capodio. << Buggerone..…>> << Questo va bene.. e ora, signora Era, vaffanculo… che io devo buggerare…O vuoi taliare la cerimonia della messa in culo? >> E si scoperchiò mettendo in evidenza lo zeussino in fase di rinascita. Presa da una crisi isterica dovuta a mancanza di cazzo Era si buttò su quel culo dormiente e lo prese a pugni e a mozziconi. << Ahi….. >> gridò Ganimede che ne era il proprietario. E girandosi mise in evidenza un cicetto ch’era un giocattolino nel vero senso della parola. Era e il coppiere di Zeus litigarono alla grande. Le prime cose che abbularono furono le coppole. Poi si acchiapparono per i capelli e rotolarono a terra. Il caruso ci strappò la vistina e la misi col paparaciannu di fora. Lei lo acchiappò per il ciollino gridano che glielo scippava e glielo ficcava in quel posto . Intanto Zeus rideva. Una risata divina. Ma nelle mani di Era il giocattolino fece il suo dovere e diventò uno strumento niente male. Ganimede era bello sia di darreri che di davanti. << Uhm… Piccolo da moscio ma da sveglio è un bello e meraviglioso esemplare…ma io te lo strappo lo stesso e te lo ficco là.. là dove vuol ficcarsi mio marito…>> disse Era che da parecchio stava all’asciutto. Ganimede gridava ed Era strillava. Alla fine intervenne Zeus. << Basta.. femmina disobbediente… lascia quello che desideri… adesso pi minnitta assisterai al mio gioioso buggerare… e non dire una minchia, ca lu latti di brigghiu è già mezzo acido… >> Piangendo Era fu costretta a taliare con dolore e pititto. Addossata alla parete fredda, nuda com’era, vide il ciollo divino trasiri tra quelle chiappe sorridenti. A cose fatte Era implorò una dose di sasizza maritale anche per lei. << Sì.. ma col profilattico.. altrimenti rischiamo di fare nu diuzzu..>> rispose Zeus. << Come ti pare e piaci .. basta che m’insasizzi.>> Era si buttò sul letto e attese l’arrivo del marito-fratello. Ma invece arrivò Ganimede con la sua giovanile ciolla. << Ma …>> << Niente ma… lui è il profilattico.. io l’inculo e lui t’incunna.. i miei colpi di reni si trasmetteranno a lui e lui li trasmetterà a te…>> Col permesso di Zeus Ganimede si trombò la signora Era intanto che veniva trombato dal capodio. Era godette col cunnus ma pianse col cuore. Poi andò via lasciando Ganimede tra le braccia del suo Zeus. << Cuntami una storia d’amore…>> chiese il picciotto. << Di pilo.. una storia di pilo.. l’amore è fantasia , il pilo è realtà.. l’amore è religione, il pilo è scienza…>> << Ma..>> << Lo so..>> riprese Zeus << non dovrei dirlo che l’amore è religione.. io che sono un dio ateo non dovrei dire certe cose.. ma tu si cosa mia e io ti dico la verità.. l’amore è religione …e il pilo è scienza…. poi ognuno l’interpreta come minchia e cappella di minchia vuole..>> << Va bene, ma cuntimilla… pilo o amore, sempre fatto di minchia è…>> << Ti racconto quello che feci ieri.. andai al bordello di Munipuzos .. quello di lusso.. quello della Munipuzos bene…il Krisomentulamachia.. e… e dopo aver preso le sembianze del filosofo Mario Cicerone Acicero Gaudenzio Pisellosenza Amentulo Sbaddatu Senzaceddu ...>> << Di chi? >> chiese Ganimede. << Di Mario Cicerone Acicero Gaudenzio Pisellosenza Amentulo Sbaddatu Senzaceddu.. quello che chiamano Catone il Censore di Munipuzos.. quel malaca che vorrebbe prendere provvedimenti draconiani contro gli immorali , compreso il sottoscritto.. quello stronzo che vorrebbe chiudere i bordelli.. quel ciullagalline che vorrebbe cancellare il diritto al piacere e fare tante altre amene minchiate di ciullavento…ebbene , dopo aver pigliato le sue sembianze, mi sono fatto tutte le signore del lupanare… dopo essermi regolarmente presentato.. tutte le ho possedute e ripossedute facendomi un piacevole e soddisfacente doppio giro…per il piacere mio e il disonore del filosofo… minchia, come mi sono divertito nel vedere le facce delle lupe quando mi presentavo.. minchia che divertimento…>> E Zeus attaccò a raccontare tutti i particolari . << Lucilla lu teni accussì.. Cinzia l’avi accuddì… Camilla fa questo… Berenice fa quello…Poppea sa suonare il piffero.. Romoletta sa ciullare la ciolla.. Natichella sa usare le chiappe… >> << E io che so fare?>> chiese Ganimede. << Tu sai fare il coppiere…. mettermi il vino nella coppa… o ricevere il mio vino nella tua coppa personale.. e anche suonare il flauto in maniera divina… mai visto una suonatrice di flauto brava come a tia….. culiddu miu beddi .. niru di lu me aceddu……>> Ma proprio allora sentirono una bella voce cantare. << E iddu…ciriveddu nicu e minchia ranni….. Fhallopompos.. la guida de falli…la stella polare dei cazzi.. >> dissero in coro Zeus e Ganimede. < < Fottiam nei lieti calici che la bellezza c’infiora.. E la fuggevol ora s’inebri a voluttà.. Fottiam coi dolci fremiti che suscita il cunnus a tutte l’ore.. poiché questa minchia in amore onnipotente al purtuso va….>> La voce potente del picciotto , potente come la sua minchia, si sentiva in tutto l’Olimpazzo quando iddu attaccava a cantare. E ne sapeva di canzoni. Tutte a senso unico, ma ne sapeva a iosa. Adesso la sua voce risuonava nei sacri palazzi. Il picciotto stava andando dalla mamma. Per una visita lampo. Da Afrodite Anadyomene e Callipigia. Brutto di nascita, brutto era cresciuto e brutto era rimasto. Piluso come una scimmia già da quannu sciu dal buco materno, chiù piluso ancora era diventato quando era cresciuto. Piluso tutto tranne che nel culo. Quello spilato era e spilato era rimasto. Ed era nato talmente brutto che la bella mamma , dopo il parto, l’aveva rifiutato. Era stato cresciuto da altri. Ma da grande aveva riallacciato i rapporti. La bella mamma adesso andava d’amore e d’accordo col figlio brutto, lario e racchio ma minchiuto più di qualsiasi altro uomo terrestre e no . Lo amava più degli altri figli. Perchè era brutto. E forse anche per altri motivi. << Brutto bruttazzu tranne ca di culo e di cazzu..>> ci diceva Afrodite. La sua bellezza stava altrove. Era bello d’aceddu e di culo. Se il primo era spropositato, il secondo l’aveva pigliato sano sano dalla madre. Era sia itifallico che callipigio. E la sua biddizza facia paura a tutti. Alle femmine, che pure la desideravano, e ai maschi, che invece lo invidiavano. Lui, Priapo itifallico, era stato costretto da sempre a portare una tunica un po’ più lunga degli altri. Questo dai sei anni in poi, prima stava nudo. Anche se la cosa era già spropositata e sempre tisa. Poi, per nascondere la ingombrante protuberanza eretta , aveva dovuto portare tuniche più lunghe. Ma la cosa, sempre tisa sotto la tunica, sporgeva in avanti. Così come le donne incinte compaiono prima con la pancia allo stesso modo Priapo compariva con la sua famosa protuberanza che faceva pressione contro la stoffa della tunica. Da grande si era dovuto abituare a convivere con la sua specialità fallica. Sotto la tunica, cortissima per scelta e moda, portava una sorta di imbracatura, detta “ cingifhallus” , che gli bloccava la minchia in verticale. Issa passava sopra l’ombelico, poi tra le tette e infine arrivava sotto il mento. Tanto che Priapo portava sempre una sorta di sciarpa, una primitiva gorgiera detta “ Priapera “. Sia col caldo che col freddo. Per antuppare la coppola dell’aceddu, che spesso si affacciava. Tanto che questo accessorio era diventato alla moda. Stava a significare “ Tengo n’aceddu ca è na bestia.. tale e quale quello del dio Priapo..” In testa poi portava sempre due coppole. La coppola era una invenzione di Munipuzos.. ma la doppia coppola era una trovata di Priapo. A chi gli chiedeva il perchè Priapo rispondeva: << Una per la testa , l’altra per la minchia…>> Infatti, quannu la ciolla, al massimo della potenza, si affacciava e mittia la testa accanto all’autra testa, lui si livava una coppola e la mittia sopra la coppola della minchia. “ Uomo bicefalo” lo chiamava qualcuno. “ Doppia testa di minchia “ qualcun altro. Ma a parte tutto Priapo si sentiva castrato dagli abiti. Se le statue a lui dedicate lo raffiguravano nudo, c’era un motivo. E lui avrebbe voluto stare sempre nudo. Appena poteva, si denudava. Nudo si sentiva libero. Libero di essere sé stesso e di esibire la sua arma . La sua clava di carne . Ma quando andava il giro si vestiva. Per buona creanza, per non scandalizzare, per la cosiddetta educazione, la cosiddetta morale, per ordine della mamma, del papà e di altri rompibaddi . Ma soprattutto per comodità. Il “ cingiphallus “ gli teneva la minchia in ordine. << Perché Ermete poli stari nudo e io no?>> si chiedeva spesso. Poi si dava la risposta. Quello aveva una minchietta, lui era più cazzo che altro. Ma appena poteva si metteva minchia all’aria e palle al vento. Arrivato davanti alle stanze della mamma trasiu senza bussare. << Mammina Culubeddu.. vasamu li mani e lu cunnareddu…>> disse trasennu poi nella camera da letto di Afrodite. << Smettila.. non dire parolacce.. e non scherzare.. megastronzone … malaca .. malacone.. malacazzu...>> << Mammina… è la traduzione in dialetto di Callipigia..>> << Lu sacciu.. ma lassamu stari.. piuttosto, figlio mio bello, che stai combinando di bello adesso.. di questi tempi? >> << Beddu a mia, no..>> << Tu si beddu.. anzi biddazzu tuttu.. sulu ca la tua biddizza è nascosta.. ma è chidda ca piaci a li fimmini.. fattillu diri di mia.. sono la dea dell’amore.. ho avuto tanti masculi .. ma nessunu avia una biddizza come la tua… ho solo avuto biddizzi chiù nichi…. . e poi tu tieni pure il culo bello come il mio… megamentulo e callipigio… grande ciolla e culo bello…>> << Certo mammina… l’aceddu appititta a tutti li fimmini… che però delle volte si scantanu a farissullu infilare…e delle volte invece appititta pure a qualche masculo.. ma il culo , mammina bella, appititta a troppi mascoli.. e a dire il vero vero veramente anche a li scecchi…. o per lo meno, a uno scecco appitittò….minchia che scantazzu quella volta ca lu sciccazzu mi vulia sunari in culu lu so cazzu… >> Afrodite, conoscendo la storia, rise. E per la gioia si mise a saltare . La coppola volò via, mentre la corta tunica, svolazzando, mise in evidenza il culetto bellissimo e il paparaciannu senza pila. Senza pila di natura, e no spilato come facevano tante per moda. Per avere il “ pacchio all’Afrodite.” Poi abbracciò il figlio. Priapo la sollevò da terra e ci fici fari na decina di giri a velocità elevatissima. << Che è sta cosa che si frappone tra noi?>> chiese ridendo la mamma. << Chidda ca mi facisti tu cu la collaborazione ciollesca di papà…>> << Speciali ti la fici? Ehhhh.. ammuccamu… >> rispose la mamma. << Mammina, se vuoi, a disposizione…>> << Vaffanculo, figlio beddu.. sugnu sì la buttana ranni .. la buttana universale.. ma mi la fazzu infilare da chi voglio io… >> E ci desi una manata nella panza ma acchiappò n’autra cosa. Priapo la rimise a terra e si mise a fare l’addolorato d’aceddu. << Ahhhh….mammina, mi arruvinasti il rosso palo.. io dicevo per dire.. mi pare che nella famiglia nostra è tutto un casino… e che casino….>> << Casino sì… ma casino divino.. io la buttana universale.. tu la minchia universale.. mio marito il cornuto universale.. tuo padre lu ‘nbriacu universale… lu nonno è si il capodio ma è anche il capobuttaniere... è tutto un casino... un casino come quello che c’è nel mondo.. come quello delle altre religioni... passate e future.. è tutto e soltanto un casino... perché è la vita che è un casino.. l’importante è farne un casino divertente e no di ciangicunnu, minchieperse e ammuccaparticole nate e pasciute… l’importante è essere minchiallegra e cunnoridente… >> << Come la mia… minchiallegra e ciolla tisa..>> << Sì.. figlio mio bello di culo e d’uccello.. è meglio essere minchiallegra come a tia e cunnoridente come a mia ...>> << A parte gli scherzi.. sappi che io una sonata di minchia non la nego a nessuna femmina… possono suonare a mano.. possono farne un flauto… o farsi suonare l’arpa a quattro corde.. o eventualmente farsi sfondare il tamburo.. tutto per le femmine sono.. tutto per il pelo femminino m’arrapo e m’arrabatto.. e a tutte me le sbatto.. ma lungi da me i masculi cercaculi e i masculi cercapiselli... sol per le femmine io ci son.. >> << Io, Priapo beddu, fazzu tutti sti cosi.. e anche altro…sono o non sono la buttana universale? …ma decido io con chi.. capito, Priapuzzo mio.. ho detto “ No” pure a Zeus… ma dico “ Sì “ a chi minchia voglio io…perché io sono la proprietaria del mio pacchio e me lo gestisco come voglio io.. capito, Priapuzzo…>> << Non chiamarmi Priapuzzo.. eventualmente Priapazzo…>> << Ve bene.. io ti fici e adesso mi la sucu…Priapazzu ca scisti da lu mo sticchiazzu…>> << Almeno, mamma bella, mi facisti col metodo tradizionale .. cu la mamma che riceveva e il papà che dava.. una bella sonata di campana col marrugghiu di carne.. din don dan trasiam.. din don din uscim… din don dan siminiam.. din don din gudim…>> << Certo… una bella sonata fu.. perché papà tuo.. pazzo e brillo sempre ma quannu si tratta di sunari il piripicchio nel pacchio ci mette sentimento, arte, possanza , prestanza e tanta fantasia.. Insomma, una ficcata di passione fu quella che ti stampò a tia… come pure le altre che s’avi fatto con me… tuo padre conosce l’arte del ficcare. E un artista della minchia.. e del vino.. solo che non si capisce se è il vino che fa andare la minchia o è la minchia che va a vino..>> rispose la mamma. << Invece la tua nascita fu nu tanticchia strana…vero, mammina cara…>> << Tanticchia… solo tanticchia..>> << No mammina.. nascere dalla spumazza del mare pirchì Crono avia tagghiatu li cugghiuna e la minchia a suo padre Urano non è tanto normale…>> << Nascere cu na minchia tanta neanche..>> rispose Afrodite, che nella Magna Grecia chiamavano anche Venere. << Ma è sempre una minchia.. ma una minchia che si fotte il mare non s’è più vista.. e dimmi, a cu chiami papà? Alla ciolla di Urano? E mamma , il mare?>> << No... io chiamo papà a Zeus.. sono sua figlia adottiva... e lo chiamo papà e a volte anche mamma.. a secondo dei casi.. E può darsi che ricapiterà..>> << Va bene… ricapiterà.. forse sì.. forse no... in ogni caso tu sei figlia della detesticolazione e della deminchiazione …>> << Zitto.. perché altrimenti ricapiterà subito... perchè io ti deminchio seduta stante…>> << A mia no…. Ma a proposito, mammina bella.. accamora chi è che ti l’arrifrisca?>> << Cosa? >> chiese la mamma fingendo di non capire. << Cosa? La filazza dell’amore…la funnacella per arrostire la sasizza.. la gabbia pi mittirici l’aceddu… la vaschetta pi ficcaricci lu pisci…l’ortu pi siminari la simenta.. la campana pi mittirici lu battagghiu.. la pignata pi cociri lu spaghettu…la biblioteca pi mittirici lu volume unico… la piripacchiu pi mittirici lu piripicchiu…>> << Io.. io la inciollo…. la imminchio.. la incazzo.. la incunno... e brindo a quest’inciollamento…>> rispose una voce . << Bihhh… papà.. e chi ci fai qui? Tu che sei famoso come “ lu diu giramunnu ca sauta di cunnu in cunnu “ . Ogni tanto ti veni la pinsata e ci veni a dare un colpetto alla mammina? Tra un tour del pacchio e uno dello sticchio.. ti piaci il pacchio spilato di mammà… >> << Ogni tanto.. tra un cunnusgiro e n’autro.. >> rispose Dioniso affacciannisi nella stanza nudo come si attruvava. Nudo, a parte la coppola in testa e la consueta coppa di vino buono in mano. Dioniso era sempre brillo, tanto che qualcuno lo considerava pazzo. Ma la sua pazzia di chiamava e si chiama ebbrezza.. ebbrezza di ciriveddu e d’aceddu… ebbrezza di pititto di sticchiareddu.. e di altro.. ebbrezza di piacere sessuale.. o meglio, come lo chiamano tutti, “ spirito dionisiaco..”. Lo spirito dionisiaco alla fin fine è solo un ciriveddu e una ciolla tisa ca vanu a vinu. Lu vini addiventa il carburante dell’uno e dell’altro strumento. Del ciriveddu fallico e del fallo ciriveddu. << Bello il mio papà.. e complimenti per la strumentazione…si mantiene bene…>> rispose Priapo. << Che fai? Mi pigli per il culo? Per quanto bello il mio strumento nun poli fare concorrenza al tuo…se il mio è una bestia, il tuo è un bestione…se il mio è un obelisco, il tuo è un obeliscone.. se la mia è una coppola di minchia la tua è un coppolone di minchiolone….>> << Papà.. scherzavo.. >> << Scherzi del cazzo.. quando si ha una ciolla come la tua…>> << Scherzi o no, ogni tanto ci metti ancora qualche cornetto al legittimo marito di mammina… lo zio Efesto.. il cornuto universale…e pare che l’altra volta un corno ci sciu dal cratere dell’Etna… e mi sa che era un corno tuo…il gran cornuto…che poi ti viene fratellastro… e questo non è uno scherzo… ficca papà, ficca.. finu a quannu la ciolla ti attisa…>> << Ogni tanto una rimpatriata fa piaceri.. e mettere un altro corno a Efesto è un doppio piaceri… e poi, ficcare è sempre bello.. con tua madre poi è addirittura bellissimo…quella tiene il pacchio col risucchio.. appena ci lo tocchi con la coppola la sua forza cazzipeta si lu suca in automatico… è un pacchio turbo.. un pacchio con pompa aspirante incorporata… ti suca non solo lu sculo dei coglioni ma anche la vita… il core.. l’anima ..lu ciriveddu. Tutto ti suca.. tu ti consumi a picca a picca sciennu dalla tua stessa minchia.. ma però, consumarsi accussì è bello, anzi bellissimo… viva il pacchio e chi lo inventò....>> rispose Dioniso che era sempre allegro. << Viva il pacchio sì, ma viva anche chi mi fece una minchia accussì…>> rispose il dio dal rosso palo sempre eretto. Papà Dioniso era sempre un bell’uomo. Ben dotato e atletico ma soprattutto sempre allegro. Posseduto da quello che è passato alla storia come “ spirito dionisiaco”, era sempre felice e pronto a celebrare qualche rito orgiastico. Nelle vene aveva più vino che sangue . E anche la sua ciolla andava a vino. Era in perenne stato di ebbrezza. Sempre pronta a fare il gioco del ficca ficca. Figlio di Zeus e di Semele, la donna che il capodio con la sua potenza incenerì, dopo una infanzia travagliata Dioniso si era poi dato alla bella vita. Maritato per un po’ ad Arianna, la figlia di Minosse e Pasife oltre che moglie abbandonata di Teseo, essendo , come detto, gran viaggiatore, passava da una avventura a n’autra. E una di queste avventure era stata con la bella Afrodite. Il primo incontro, il primo ficca ficca, quello che aveva generato Priapo, era avvenuto nella valle di Pantalica. Nel punto in cui due fiumi fottono da tempo immemorabile…. “ Vino, sesso e policunniecioll..” era il motto di Dioniso. Vino per l’ebbrezza, sesso per il piacere, e policunniecioll i falli e i cunni impegnati in riti orgiastici… Accompagnato com’era sempre da Satiri assatirati, Seleni inseleniti e Menadi pronte a menarsi e a menarlo e a darsi e a riceverlo. Anche il rapporto di Priapo col padre era stato riallacciato da grande. Successe quando Priapo si unì alle Menadi col desiderio di farsele tutte. E ci riuscì. In una sola notte, nel bosco di Mynkyalonya Iblea, non solo se le passò tutte, ma se le ripassò e riripassò. Dioniso saputo dell’espluà del picciotto lo volle conoscere. E saputo della particolarità anatomica di Priapo, ci vinni un sospettò. E pinsò al figlio mai conosciuto . Priapo invece sapeva che Dioniso era suo padre. << Voscenzasabbinirica, vasamu li manu e li peri…>> disse Priapo scoppolandosi la coppola dalla testa. << Niente minchiate, beddu picciotto…Senti invece… dimmi una cosa … se vuoi.. se puoi.. se ti va.. diciamo che mi affido alla tua buona volontà..>> chiese Dioniso. << A disposizione di voscenza… culo, panza e presenza..>> rispose Priapo. A Priapo ci piacia parlare il dialetto di Munipuzos. Era chiù bello dire Monacazzo, il nome dialettale del paese. Ma anche dire minchia, coppola di minchia e altro. << Senti…per caso.. nei testimoni… tieni..….>> riprese Dioniso. << I testimoni?>> rispose Priapo che in realtà aveva capito. << I testiculos…>> << Ahhhh… Parla chiaro.. i testimoni sunu li palli.. i baddi… i cugghiuna... l’ alivi da canniscedda.. l’uvidda di l’aceddu.. i du girasi.. esatto? E allora parra comu minchia mangi…>> disse il picciotto. << Esatto… tu per caso na li baddi tieni una voglia a forma di grappolo d’uva?>> << Sì, nu pitittu a forma di racina….e chi racina…>> E Priapo si scupirciò per far vedere a Dioniso il grande pititto che si sviluppava sulle sue grosse palle. Se c’era da mettersi nudo, se c’era da esibire il suo capitale, lo faceva in un amen. << Minchia chi minchia..>> disse Dioniso. << Ma tu chissa nun la devi taliari.. si masculu cecapacchio o masculu cercaceddi? Ehhhh.. tu li baddi mi devi taliare…>> E si ittau a terra e allargau li cosci. << Minchia chi baddi.. chissi nun su girasi.. chissi su muluna.. e chissa nunn’è nu rappu di racina.. chissa è na vigna intera…>> ci scappau a Dioniso. E lu abbrazzau. << Figghiu miu.. l’haiu puru iu.. chiù nicu.. ma l’haiu.. tu sei il mio figlio perso…il figlio ca fici cu Afrodite… ma chidda quannu nascisti ti visti lariu e brutto… nicu nicu ma tutt’aceddu e cu lu pitittu di racina na li cugghiunedda ca erunu già chiù granni di chiddi di nu uomminu ranni… e ti abbannunau.. ti mannau a fari in culo.. che poi tu tenevi pure il culo bellissimo. Bello, figlio mio gran minchiuni di lu munnu intero… terrestre e non….. brindamu.. brindamu.. e poi emu a futtiri … brindamu e ficcamu.. e affanculu a cu nun ficca e cu nun bivi.. brindamu e ficcamu .. ora e sempre…..>> Dioniso fece vedere al figlio il suo capitale, molto più modesto, ma cu lu pititto di racina pure quello. Per festeggiare brindanu alla grande. Poi fecero, tanto per fare, una bella orgetta . Padre, figlio e le Menadi tutte. Quindi, discorrendo discorrendo, decisero di perfezionare la lingua di Monacazzo, che era già tanto bella, e di farla diventare la lingua ufficiale della polis e dell’Olimpazzo, l’Olimpo di Monacazzo. E di chiamarla non lingua siciliana o di trinacria ma monacazzese. Lingua di Monacazzo. Di Munipuzos. Alla faccia del greco e del latino… e anche del siciliano in genere. Questa sarebbe stata la lingua ufficiale di Munipuzos, delle polis alleate e dell’Olimpazzo. Da allora padre e figlio si erano visti spesso. Adesso si erano incontrati casualmente a casa di Afrodite. Perché per Dioniso, ogni tanto, dare un colpetto ad Afrodite dalle belle natiche era un piacere. E poi , in fondo, avevano generato insieme un figlio. << Ora vado.. vi lascio alla vostra cunnomentulamachia.. io vado a fare le mie…>> << Trasi e nesci.. o ficca ficca.. suona meglio. .ma prima brindiamo ancora …..ca la minchia allegra fotte meglio…>> propose Dioniso. << E il pacchio allegro gode di più…>> aggiunse Afrodite. Bevvero una bella coppa di “Fhallonero d’Avolum ”. << Brindiamo alla salute della nostra minchia…>> dissero i due uomini. << E di tutte le minchie in attività dell’universo..>> aggiunse la dea. << E di tutti li cunna ..>> replicarono quelli. << E soprattutto del mio.. che se li possa fare tutte le ciolle del mondo.... quelle di mio gradimento però...>> precisò Afrodite. Brindarono alla sanfasò. Poi Priapo andò via cantando come al solito. << Cinque.. dieci.. venti… trenta.. trentasei.. quarantatre .. or sì, ch’io son contento.. sembra in numero giusto per me.. guardare un po’ mie care fiche.. guardate adesso la mia cappella… sì mia minchia.. ora sei più bella.. sembri fatta apposta per me..>> << Quarantatre si ni voli fari… >> disse Dioniso accostandosi , da dietro, alla bella Afrodite e facennici sentire la rinascita del suo fallo tra quelle belle natiche. << E noi a quanto possiamo arrivare? >> chiese la dea girannisi e acchiappandolo per il manico. << Tu , quante te ne vorresti fare? >> chiese l’uomo. << Tutte quelle possibili… all’infinito io fotterei… sono o non sono la dea dell’amore?>> << Ma io non sono una minchia d’acciaio o di ferro.. sono una semplice minchia di carne.. carne divina ma carne…>> << Ma io non intendendo tutte le fottute possibili con te.. io intendevo tutte le fottute possibili con tutte le ciolle funzionanti del mondo.. almeno con quelle di mio gradimento..>> << Ha ragione tuo marito Efesto. >> << Perchè? Che dice il cornutone?>> << Dice che sei una buttanazza di prima qualità….la “protobuttana universalissima” ti chiama… mentre gli altri si accontentano di chiamarti buttana universale…>> << Buttana universale a mia?>> disse offesa Afrodite che in realtà sapeva tutto del titolo in questione. << Sì.. prima buttana del globo terracqueo e dell’universo tutto.. Olimpazzo compreso....>> << E lui , il mio caro marito, è solo na cosa fitusa e laria.. lu curnutu universale… zoppo di iamma e di minchia…anzi, è il primo cornutone dell’Olimpazzo e non solo…ma secondo te, Dioniso beddu, ha ragione il curnutazzo? Ha ragione o no? E stai attento a quello che dici, pirchì te lo affuco..>> rispose la dea acchiappando Dioniso per la ciolla e stringendo la coppola della stessa con una certa forza. << Ahi.. ahiaia... ahiaiiii... No.. per me sei solo una femmina ciollofila.. ahiaiiii.. amica della ciolla al cento per cento… di tutte le ciolle .. ahiaiiii.. ma adesso amica della mia… ahiaiiii.. o forse nemica? ahiaiiii.. ahiaiiii.. ahiaiiii.. >> << Chi si accontenta gode.. dai Dioniso.. fai il tuo dovere di uomo ciolluto.. inciollami.. riinciollami e poi inciollami ancora.. che con la tua minchia brilla fai brillare il mio pacchio buttano…>> E ci desi na bella stringiuta pure ai coglioni. << Ahhhhhhhhhhhhhhiiiiiiiiiiiiiiii..... lu sculu sciu da li palli miei...chi ti voi fare na spremuta di cugghiuna?>> << No, semmai na sucata.. na sucata di latti di brigghiu..>> rispose la dea della bellezza ammuccandosi il citrolo di Dioniso. E rise la bella Afrodite. A bocca piena ma rise. Rise pure Dioniso. E ridendo ridendo attaccarono a inciollare. Era un verbo che sapevano coniugare bene la buttana universale e lu ‘nbriacu universale. << Io inciollo.. tu inciolli.. noi inciolliamo…>> recitò la dea. << Io inciollo.. tu inciolli.. noi inciolliamo.. ma a mia mi fa mali la minchia e pure le palle.. ma inciollo lo stesso.... sono o non sono un dio del.. del cazzo...>> E risero. A bocche spalancate, a cunno aperto e a minchia allegra. A Priapo non ci poteva pace per il fatto che doveva andare in giro vestito. Vedeva la cosa come una imposizione. Lo aveva scritto chiaramente il sommo poeta Mhassymylyano da Munipuzos, l’autore dei Carmina Priapea. L’opera dedicata al dio dal palo rosso e sempre eretto. E Priapo si vantava di questa opera. Voleva farne il testo base del Priaprismo. La religione del dio Priapo . << Cur obscaena mihi pars sit sine veste, requires, quaero, tegat nullus cur sua signa deus…. Mi chiedi perché sono scoperte le parti vergognose del mio corpo; mi chiedo, perché nessun dio mai copre le proprie armi. Il padrone del mondo ha il fulmine; lo porta senza nasconderlo, né al dio marino è concesso tenere il tridente nascosto. Né Marte cela quella famosa spade che lo rende potente; né Pallade occulta l’asta sotto il tiepido seno. E forse Febo si vergogna di portare i dardi dorati? E forse Dina suole portare la sua faretra di nascosti? Forse Ercole cela la forza della nodosa clava.? Forse il dio alato tiene la verga sotto la tunica. Chi vide mai Bacco tendere la veste sul delicato tirso, chi mai vide te, amore, nascondere la fiaccola? Non mi si accusi di nulla, quindi, se metto in bella mostra i miei genitali, sono la mia arma, altrimenti sono inerme.>> Il suo sommo autore preferito aveva ragione. Lui, per essere Priapo, per essere riconosciuto ed adorato, doveva stare con la ciolla al vento. << Perché? >> poteva chiedere qualcuno. Ma la risposta era semplice. << Perché io sono il dio della minchia….>> avrebbe risposto lui. In forma d'aquila Zeus venne a Ganimede, in forma di cigno alla bionda madre di Elena. Sono cose inconfrontabili; c'è a chi sembra migliore l'una, a chi l'altra, e quanto a me, tutt' e due. Antologia Palatina Zeus si trovava benissimo nella nuova sede dell’Olimpo. In questa polis si inciollava che era una meraviglia. Si coniugavano benissimo i verbi inciollare, incunnare, infilzare, fottere, ficcare, trummiare, scopare e altro. Si coniugavano e si praticavano. E pensare che la scelta non era stata sua . Lui conosceva appena di nome Munipuzos. Era solo incazzato quannu convocò il Consiglio dei Tredici. Una volta detto dei Dodici da poco avia avuto il tredicesimo membro. E che membro. Era entrato a far parte del sommo consesso Priapo con il suo mostruoso ma invidiato accessorio. << Io mi consento anche se voi non mi consentite di trasferire l’Olimpo altrove… questo referendum mi ha rotto i testimoni e la mentula…i miei sudditi fedeli o fedeli sudditi che si permettono di imporre dei limiti alla mia volontà e soprattutto all’operato della mia mentula non mi va giù.. mai e poi mai.. via da questa cazzo di terra ingrata.. via …non so dove a dire il vero.. ma comunque non in Grecia.. in fondo nella Magna Grecia ci sta già qualcuno dei nostri… il mio amatissimo Eolo con la sua signora Ciana si trova bene nelle sue isole.. ciuscia e ficca.. ficca e ciuscia…e quannu piscia annaffia la rosa dei venti.. vive là in compagnia delle sue sei figlie che si sono maritate con i suoi sei figli…. ed è contento e felice…in Sicilia la mia figlia adottiva Afrodite va spesso.. è affezionata ad Erice…. la adorano gli ericini e ci hanno dedicato un santuario che è una meraviglia… cazzo, che tempio… Efesto, suo marito, tiene casa dintra il vulcano Etna… travaglia e suda e teni la minchia sempre addumata e sudata.. travaglia alla grande con l’aiuto dei Ciclopi… lavorano tutti come muli tranne quel figlio di buttana di Polifemo… quello si passa il tempo a tirare petri grossi verso il mare… comunque ci stanno bene… ha sensibilità artistica Polifemo.. dice che un giorno li sfrutteranno turisticamente.. Efesto dici ca l’Etna è grande e comoda e capiente e che lavora felice… Polifemo dice che il panorama è bello e che lui si la spassa felicemente senza fare un cazzo…dice che vuole costruire una nuova Etna tutta per sé.. e quannu Efesto lo chiama lui risponde, lu babbu, “ nun ci sta nessunu qua…nessuno.. nessunissimo… nemmeno io…” ... poi ci stava mia figlia Persefone ca si la annacava spesso sulle rive del lago di Mynkyalonya finu a quannu mio fratello Ade ci fici la festa.. e la mia cara amante e sorella Demetra è sempre in Sicilia.. a cercare la figlia persa.. e ci sta Prometeo che io incatenai a Pantalica.. adesso è liberò, ma è rimasto a vivere da quelle parti…e poi ancora ci stava Ciane, amica del cuore di Persefone, che per il dolore si fece fonte.. e adesso piscia acqua bona.. e ci stava Anapo, che innamorato di Ciane, per farsela in eterno, si trasformò nel fiume che accoglie l’amata fonte.. e da allora fottono in eterno e a tempo pieno.. e poi ancora ci stanno Aretusetta ed Alfiuzzo… e Dafni che disperato si buttò nell’Anapo.. e ancora ci stanno Aci e Galatea con Polifemo come terzo incomodo scassacoglioni.. e pure quelle due mostruose fichesse di Scilla e Cariddi .. una volta belle donne ma adesso mostri con cento bocche e mille fiche…..sempre assetate di minchia.. si contendono ogni mascolo che attraversi lo stretto….o l’una o l’altra si lo spurpano vivo…quindi come vedete la Sicilia è frequentata….per questo ho pensato alla mia amata Magna Grecia .. o Sicilia.. o Trinacria…ma in generale…non a un posto preciso… e voi amici , cosa mi consigliate? Consigliatemi un posto bello e felice, un posto non minchifobo né cunnofobo. Altrimenti mi consento di trasferire il tutto nel primo posto che capita.. lo scelgo a “ minchia e tocca”.. e io questo posso consentirmelo e autoconsentirmelo… A voi la parola comunque , anche se so che ci saranno almeno dodici proposte diverse .. più la mia che sarà la tredicesima e diventerà quella effettiva.. >> Il “ Minchia e tocca” era un gioco molto in voga tra dei e mortali. In questo caso , usando una mappa della Trinacria, Zeus, a occhi bendati, avrebbe scelto a caso una località toccandola con il suo divino augello. Ogni membro del sacro consesso disse la sua. Furono proposte Ortigia, Henna, Erice, l’Etna, le Eolie… Alla fine prese la parola il nuovo membro. << Scusate colleghi, io sono nuovo ma conosco un posto che è un amore…un amore in tutti i sensi… Non è per interesse che lo sostengo.. infatti la polis in questione mi ha nominato suo protettore.. ma non è per questo.. lo giuro col cuore in una mano e la minchia nell’altra…. perché anche la polis che la fronteggia mi ha nominato suo protettore.. quindi non è per interesse personale.. e che si tratta di un posto bellissimo.. una polis dove i cittadini hanno portato al massimo l’arte della mentula e quella del cunnus.. strumenti che sono liberi di operare in tutti i modi possibili e possibilmente anche , per chi ci riesce , in tutti i modi impossibili…si va dalle monominchiomachie alle multimentulamachie… in quella polis è nato il Munipuzosutra.. il libro sacro dell’amore infinito …e non per niente la polis in questione si chiama Munipuzos.. come dire cunnusmentula.. o cazzofica… visto che Zeus vuole trasferire l’Olimpo perché non accetta censure all’attività della sua ciolla, mi pare giusto andare in una polis che già nel nome rende omaggio alla ciolla e al portaciolla.. per quello che mi risulta in questa polis vige la massima democrazia pilusa… tutti i cunni e tutte le mentule sono uguali… vi prometto, e giuro sulla salute del mio aceddu, che mi possa seccare in un amen , che i vostri piselli e le vostre piselliere saranno liberi di fare tutto.. tutto veramente… assolutamente tutto.. termino perché non ho altro da dire.. se ci tenete alla gioia e alla felicità delle vostre ciolle e dei vostri cunni, Munipuzos è il posto giusto…veramente giusto..>> Si fermò un attimo poi riprese. << Ma no, non termino, continuo ha perorare la causa di Munipuzos.. il paese delle minchie allegre, dei cazzi gioiosi, dei marugghi felici… e io vi consiglio di adottare anche la lingua siciliana e soprattutto la coppola munipuzica… quello è il paese del dolce saluto, del“ Voscenzasabbinirica, vasamu li manu ”, quello è il paese dove la minchia è onorata e rispettata, quello è il paese che in dialetto si ciama Monacazzo, cazzo e mona.. adatto a fare cu la minchia lampi e trona.. e tu, Zeus beddu, di lampi e trona reali e minchiali sei esperto.. ma è anche il paese in cui la mona, il pacchio, lo sticchio, la filazza, il piripicchio, lu baccalaru, la massaru Paulu, è libero di fare quel che vuole.. e lo dimostra sorridendo appena vede una minchia.. voi uomini siete esperti di sticchio che ride ma non avete mai visto la risata gioiosa di un pacchio di Monacazzo…quello, quando ride, si spalanca tanto che si vede il fondo del pozzo di carne.. e adesso termino veramente.. vi dico solo fate pure come mentula o minchia volete, tanto alla fine é Zeus che decide.. ma a voi tutti e a lui in particolare consiglio codesta cittadina.. io, in fede, vi consiglio Munipuzos.. la polis del sesso...>> La proposta piaciu a tanti. E tanti applaudirono. Soprattutto piaciu a Zeus e ad Afrodite. Che abbandonò la sponsorizzazione della sua Erice a favore della città tanto amata dal figlio. Si opposero Artemide e Atena. << Andate a fare in culo, voi avete il cunno solo per ornamento..>> risposero in tanti. << Siti malati di minchiofobia..>> disse Priapo. Quelle in effetti erano vergine antipiselliche. “ No alla minchia in tutte le sue espressioni...” era il loro motto. Alla fine Zeus pronunciò la sentenza inappellabile. << Mi consento se voi mi consentite, altrimenti mi autoconsento, di trasferire l’Olimpo a Munipuzos… e niente obiezioni, altrimenti mi si inacidisce lu latti di lu brigghiu e poi sono cazzi amari per tutti…>> Nessuno disse niente. Perchè se si inacidiva il latte di brigghiu di Zeus quello si lasciava pigliare una crisi isterica e cumminava un macello. Nu iocu focu di chiddi mai visti. Lampi unni acchiappa acchiappa. Lampi a minchia cina e trona a culo aperto . Pertanto nessuno disse niente. E in un attimo tutto fu. Tutto l’Olimpo diventò l’Olimpazzo. L’Olimpo di Munipuzos… L’Olimpo di Monacazzo… conservò comunque la sua natura di grande diamante dalla caratteristica struttura di sfera cubica a forma di piramide infinitocircoliedrica con dentro il tutto e il contrario di tutto…con case di turchese, mobili di topazio, letti d’ambra, tavoli di cristallo, sedie di giada, divani di palissandro con cuscini di seta ripieni di piume d’oca vergine del Peloponneso…e poi, oggetti in oro, argento e platino… tra l’altro non bisogna dimenticare che gli dei pisciavano oro liquido e cacavano diamanti e altre pietre preziose.. e che qualcuna di queste cose ogni tanto finiva sulla terra… e diventava simbolo di ricchezza. I fondo i ricchi erano ricchi .. solo di merda e piscio divino. Zeus e colleghi si trovavano bene anche dal punto di vista alimentare. << Minchia, qua uno si allicca i baffi.. si li allicca e riallicca… altro che nettare e ambrosia.. sempre la solita musica.. e chi cammuria… nettare e ambrosia.. ambrosia e nettare.. e poi sticchiosia e minchiosia per il bene di ciolla e mentula... oramai ero stanco del menù fisso ed eterno… invece qua si mangia che è un meraviglia….qua ci sono mille piatti e alcuni sono afrodisiaci.. stimolano il pititto... e poi ci sta il Divino Oinos...lo stesso gusto della bevanda usata nell’Olimpazzo.. ma fatta in modo diverso dall’Olimpazzo.. un regalo mio a Dioniso per poi regalarlo agli uomini.. ma insomma, che vi devo dire, qua si mangia da dio.. parola di capodio... Uomini, sucate Divino Oinos e fativillu sucari.. fimmini, sucativi nu cannolu e incannulativi quello del mascolo.. addivertitevi di ciriveddu, cunnu e aceddu...>> diceva Zeus. Lui personalmente scia pazzu pi la pasta cu li sardi, la sasizza di porcu arrostita e la cassata siciliana. Il tutto annaffiato cu qualche abbondante bevuta del buon vino che gli consigliava Dioniso. Il Divino Oinos... E mangiava assai Zeus... Mangiava quanto un porco. Poi consumava l’energia ficcando a destra e sinistra. << Sua divinità, quanta ni voi pasta?>> gli diceva la cammarera olimpocazzica. << Na scuredda.. quantu a lu culu di Polifemo..>> << E sasizza?>> << Na porzione... quanto alla ciolla di Priapo..>> << E cassata?>> << Due porzioni quantu a li natichi di Afrodite.>> << E vino?>> << Na decina di coppe. quantu li minni di la bedda Afrodite. Possibilmente di Minciazzone Est Est Est…>> << E pi frutta?>> << Ficu e ficupali.. ca mi fanu pinsare a chiddu ca haiu a fari dopu…mettere la mia ficupala pirsunali dintra qualche ficu di fimmina..>> Ma c’erano tanti altri piatti che imperversavano. L’arancini fatti a misura di li palli di Priapo, li cannola di ricotta fatti a misura dell’aceddu di Priapo.. ma anche altro. E la ricotta Zeus la usava anche per giocare il suo gioco preferito. Se capitava che il ricottaro avia fatto la ricotta da poco iddu si ittava cu la commare di turno su chidda cosa bianca e si facia na fottuta in mezzo alla ricotta. Ci piacia pure futtiri in un letto di ficu. Vinia n’impastu melodioso e il suo corpo s’incollava a quello della fortunata. << In chistu mari di ficu dammi la tua fica…>> gridava Zeus. E alliccava ficu e fica. O fica alla ficu. Munipuzos, la città regina della Magna Grecia… la regine delle polis…quella dove Dioniso, il tiranno di Siracusa, vinni un giorno a riposarsi.. quella dove anche Platone vinni a passare un fine settimana.. quannu vinni in Sicilia…e si visti nu bello spettacolo al teatro greco…la messa in scena da parte degli studenti del locale Liceo di “ Edipo a Munipuzos”.. teatro greco dove si assettavano normalmente i culi più intellettuali dell’epoca.. culi di scrittori, poeti, filosofi.. ma a Munipuzos ci veniva anche tanta altra gente.. non solo intellettuali.. venivano politici.. plutocrati.. sparapalle di regime… tutti a passarisi le ferie a Munipuzos.. la polis del piacere… e c’erano sempre conferenze e altro… si poteva accoppiare la cultura con il pilo… Sparare minchiate con la bocca di giorno, fare minchiate con la minchia di notte.. conferenziare di giorno e inciollare di notte… l’ultimo convegno era stato un successo. Titolo “ Pacchio impilato o spilato?” Era diventata una moda farsi spilare il pacchio per averlo come Afrodite. E a dire il vero si facevano spilare pure gli uomini. Dalla testa ai piedi. Munipuzos quindi era anche questo.. arte.. cultura.. sesso.. tutto alla sanfasò… Munipuzos…la prima delle prime della Magna Grecia .. sempre in lotta con la rivale e frontaliera Purceddopolis.. Bella in modo esagerato, austera nella forma, ricca nella sostanza, lussuriosa al massimo, religiosa quanto basta, carnale allo spasimo, gemellata con Olimpia, famosa per la bellezza delle sue donne e per la virilità dei suoi uomini, città alla moda… Questa era Munipuzos…. A Munipuzos nascenu il tipico cappello siciliano detto Coppola .. portato tanto dagli uomini quanto dalle femmine… e da quando era arrivato l’Olimpo pure dagli dei… perchè come disse Zeus “ La coppola rende più coppuluti a tutti i livelli..” La zona alta, ma veramente alta di Munipuzos era 1’Akropolis, un complesso monumentale ispirato a quello di Atene. E contenente le sette meraviglie della Trinacria. O Sicilia. Dall’Akropolis si vedeva in basso il lago di Munipuzos circondato dal bosco di Mynkyalonya Iblea. Si vedeva poi mezza Sicilia da lassù. Si vedevano Siracusa, l’Etna, Henna, le isole di Eolo, il monte Erice. Soprattutto si vedeva benissimo la vicina Purceddopolis. E altro, tanto altro si vedeva. Si vedevano soprattutto le polis che erano alleate o sottomesse a Munipuzos.. in quanto vittime volontarie o involontarie della sua egemonia politica, militare, culturale e soprattutto economica.. perchè il vero potere lo danno i soldi.. i piccioli, in dialetto… Si vedevano la nobile Akraj, la rivoluzionaria Buscemopolis, la ribelle Buccheropolis, la dolce Ferlopolis, la cerimoniosa Kassaropolis e la gaudente Kanicattinopolis .. e ancora Ciollopolis, Munipolis, Kunnopolis, Minkiapolis, Kazzopolis , Sticchiopolis, Filazzopolis, Monapolis, Clitoridopolis , Belinopolis, Brigghiopolis, Ciciopolis, Pacchiopolis.. e altre ancora… Tutte suddite di Munipuzos.. Nel Bene e nel male.. ma soprattutto nell’esercitare il diritto al piacere.. << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere e avere una minchia, a che minchia serve vivere e avere una minchia?>> era la domanda per cui era famoso filosofo Socratino da Munipuzos. A dominare l’Akropolis era il tempio di Zeus Munipuzico o Partenonino . All’interno del quale si trovava una statua bellissima del capodio . Una statua criselefantina che vedeva Zeus assittatu in trono con le parti nude in avorio e il resto d’oro… ma soprattutto con la coppola in testa.. un coppola d’oro…un coppolone a dire il vero.. Con una mano teneva lo scettro sormontato da un’aquila con tanto di coppola e pronta a spiccare il volo, e nell’altra, distesa in avanti, portava la Munipuzosnike.. la vittoria alata di Munipuzos.. una statuetta ermafrodita nuda ma alata… Molto bella la Nike con le tette , il pisello e la coppola in testa. Il tempio di Zeus stava al centro di una enorme agorà che a sua volta era circondata da una serie di edifici pubblici di primo piano. Tra questi, la biblioteca col criptoportico di Eratostene, il palazzo reale con la sala del trono di diamante, quello del collegio sacerdotale, il ginnasio e il liceo. Del palazzo reale facevano parte i giardini pensili di Teseo Mynkyalonya col suo elegante Labirinto del Piacere costruito da Dedalo. Questi giardini erano una vera e propria meraviglia della natura canalizzata dall’uomo. Ai margini dello sperone roccioso dell’Akropolis si trovavano il tempio di Priapo Krisomentula, il protettore della città, e il teatro greco con sullo sfondo l’Etna, la sede dell’officina dove il dio Efesto costruiva, tra l’altro, meravigliose armi e armature per vari tipi di eroi. Nel tempio di Priapo Krisomentula c’era una statua crisoelefantina del dio come al solito nudo ma con la coppola. D’avorio il corpo, d’oro i genitali. Davanti al tempio c’era la famosa fontana di Priapo Polimentula. Una statua con cento mentule che buttavano fuori acqua, cento zampilli che erano uno spettacolo. E i visitatori, fedeli o turisti, buttavano nella fontana una monetina. Era un gesto che stava significare “ Che la mia mentula possa fare per cerno..” Accanto al tempio si ergeva, tiso come una minchia che volesse fottersi il cielo, il faro di Alessandro. Il faro, falliforme soprattutto nella sua parte finale, illuminava la notte di Munipuzos e dintorni. Non doveva guidare i naviganti del mare che non c’era ma i naviganti del piacere. Era un simbolo fallico che doveva indirizzare le minchie appiattate alla ricerca della fonte del pititto. Ma anche i cunni alla ricerca del proprio strumento. Era stato costruito per volontà del ricchissimo Alessandro Liborio Castronunzio Trimalcazzone . Per questo era chiamato il faro di Alessandro. Era bello salire sul faro per godersi il panorama. Intorno al faro e al tempio di Priapo Krisomentula si trovava la zona dei lupanari. Lupanari di tutti i tipi e per tutte le tasche. Prostitute e prostituti per tutti i gusti. E davanti a ogni bordello una statuetta di Priapo. I clienti entrando gli accarezzavano il fallo, uscendo il culo. Da tutti Priapo era riconosciuto come il dio dei bordelli.. ma questo era solo un titolo ufficioso anche se dovuto . A parte il fatto che spesso Priapo i bordelli li frequentava di persona, passandosi e ripassandosi l’intera forza lavoro. E i bordelli da lui visitati mettevano nell’insegna un fallo.. un fallo per ogni visita… un fallo d’oro se il dio era andato via contentissimo e soddisfattissimo.. un fallo d’argento se era andato via contento e soddisfatto.. un fallo di bronzo se era andato via solo felice di aver scaricato… i falli d’oro erano i più ambiti.. se le puttane di un bordello riuscivano ad accontentare il dio dalla grande minchia era chiaro che potevano far felice qualsiasi mortale. E per rispetto del piacere in genere, in quella zona tutto era permesso e concesso.. ogni prostituto o prostituta era libera di specializzarsi in quello che voleva.. tutte le tecniche amatorie erano concesse. Non solo gli uomini frequentavano i lupanari, ma pure le femmine. Il diritto alla “Voluttà, al piacere e all’estasi da minchia o da cunno a pagamento” valeva per tutti. << La libertà sessuale è la prima forma di democrazia ..>> dicevano in tanti. A parte che , annessa al tempio di Priapo, c’era la scuola Paneros. Si poteva studiare fino alla “ Licenza elementare”, che dava le nozioni sessuali di base. Oppure fino alla “ Licenza media”. O arrivare al “ Diploma “ , che dava la maturità sessuale. Ma c’erano anche la “ Laurea “ e la “ Specializzazione”. Per entrare nell’Akropolis bisognava passare sotto le cosce del Colosso di Priapo Rodio. Costruito da Apollonio Fidia Rodio stava a simboleggiare la grandezza di Munipuzos. Era un omone gigantesco, nudo e con tanto di fallo tiso. E naturalmente con la coppola in testa. Era alto cinquanta priapometri. Il priapometro era l’unità di misura della lunghezza adottata a Munipuzos e zone limitrofe e si basava sulla reale lunghezza dell’aceddu del dio Priapo che era un omone alto con la minchia che era la sua esatta metà . La ciolla del Colosso era una sorta di ammonimento ai forestieri, ai nemici, ai ladri, alla gente dotata di mala volontà. Ma anche un monito ai potenti che venivano a Munipuzos. << O fate i bravi o vi rompiamo il culo…. Noi siamo la città più potente della Sicilia…siamo la sede dell’Olimpazzo.. e siamo protetti dagli dei….soprattutto da Priapo.. che è pronto a sfondarvi il culo se solo ci mancate di rispetto… lo sfondiamo a tutti.. perchè noi siamo sotto la protezione di Priapo.. e lui ci protegge con la sua arma micidiale… siamo tutti sotto la protezione di quella ciolla enorme.. quella è la nostra arma vincente.. Munipuzos è difesa dalla ciolla divina..>> Alla base del colosso era riportato il Carmen X di Mhassymylyano da Munipuzos, il cantore ufficiale delle gesta terrestri e olimpiche di Priapo. << Ne prensere cave ; prenso nec fuste nocebo, saeva nec incurva vulnera falce dabo: traiectus conto sic extendere pedali. ut culum rugas non habuisse putes.. Non ti far prendere. Se ti acchiappo, non ti farò male con il bastone, né ti ferirò con il falcetto ricurvo, ma trapassandoti con un verga larga un piede ti aprirò tanto da pensare di non avere più le rughe del culo..>> Sempre sull’Akropolis c’erano: il tempio di Artemide Adiabatica Munipuzica , la vergine delle vergini, raffigurata nuda ma con l’elmo in testa e l’ago in mano mentre si cuce la filazza che nessuno avrebbe dovuto mai e poi mai penetrare; la piramide di Kakkio Kazzeope, dov’era sepolto il faraone Kazzeope, venuto qui in esilio per dedicarsi al sesso in tutte le sue forme nel pieno rispetto del suo motto “ Fottere è meglio che comandare ” ; e infine il Mausoleo di Teseo Alicarnazza , il mitico fondatore di Munipuzos. A dire il vero c’era una quasi ottava meraviglia.. non considerata tale ufficialmente lo era nella realtà.. erano le possenti mura in pietra lavica costruite da Polifemo e dai suoi compagni. I Ciclopi, mascoloni enormi con un solo occhio rotondo sulla fronte. Ma con due minchie enormi sutta lu biddicu anche se con una sola enorme palla. Uomini sì, ma senza Ciclopesse. Non potevano riprodursi, ma solo minarsela. Per ripagare la locale maga Circella, che ci avia creato le Ciclopesse , Polifemo e compagni costruirono un tempo queste mastodontiche mura. Le Ciclopesse erano femmine enormi con un solo occhio e una sola tetta ma in compenso avevano una fica con due buchi. Oramai Polifemo e compagni fottevano allegri e contenti.. nella ciclopica fica con due purtusa delle Ciclopesse ci stava posto per il loro doppio ciclopico aceddu. Ma queste mura avevano n’autra caratteristica. Lungo il suo perimetro erano dislocate sessantanove torri falliformi. Un altro omaggio alla famosa appendice di Priapo. Costruite anche queste da Polifemo e compagni.. per questo Munipuzos era nota anche come la polis ciclominchiuta, la polis dalle sessantanove minchie in pietra lavica. Ma ci sta una cosa da dire. Se in Grecia le colonne erano in stile corinzio, ionico o dorico, qua avevano inventato lo stile fallico. Per la precisione “ Mincico”. Le colonne terminavano tutte a coppola di minchia. Per non parlare poi del Minchialisco. L’obelisco a forma di minchia che si trovava al centro di molte piazze. Questa era quindi l’Akropolis di Munipuzos…. Questo e anche altro.. E a Munipuzos il re maggiore Agaminkione e il re minore Minkialao e la loro corte facevano il bello e il cattivo tempo.. soprattutto si facevano i cazzi e cazzetti loro ..e lasciavano le cazzate al popolo ..e anche i cazzoni li lasciavano in culo alle masse. << Io sono il re e faccio come minchia piace a me…mi consento se gli altri consentono.. altrimenti mi autoconsento…l’importante è illudere il popolo.. mettergliela in culo con dolcezza facendogli credere che sia lui a metterla in culo ai potenti.. inculato e bastuniatu ma senza saperlo.. questo è il bello dell’esercizio del potere.. e io so come fottere il mio popolo facendogli credere d’essere lui a fottere a mia…il fine giustifica i mezzi.. il mio fine è comandare, i mezzi consistono nell’inculare il popolo… e mi pare giusto.. anzi, giustissimo… perchè io mi consento, e se non mi consentono mi autoconsento di fare come minchia mi pare e piace… io sono esperto nel somministrare la pruli agli occhi del popolo…>> diceva Agaminkione. Il temine “ pruli “ sta ad indicare una polverina magica, non si sa se frutto di fantasia o realtà ,che buttata per aria, davanti agli occhi di una persona, ci faci abbidiri a questa quello che non c’era come se c’era o ci fosse . O se ci sarà. Ma in realtà non c’era. Non c’era mai stato. E forse non ci sarebbe mai stato. << Ma il futuro è nelle mani di dio.. dio non c’è. E allora il futuro è nelle mani di.. di nessuno...>> diceva il filosofo Socratino da Munipuzos, quello delle domande. << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere liberi anche da dio e avere una minchia atea, a che minchia serve vivere liberi e avere una minchia atea se poi il cunno è controllato da dio? >> era una delle tante domande per cui era famoso filosofo Socratino da Munipuzos. Questo e nient'altro è la vita: la vita è piacere. Alla malora le angosce. È breve il tempo per vivere. Presto, il vino, le danze, le corone di fiori, le donne. Voglio star bene oggi, giacché è oscuro il domani. Antologia Palatina A Munipuzos avevano ideato un sistema di pesi e misure che faceva riferimento al dio Priapo. O meglio, alla sua specialità. Dicono che il tutto fosse stato ispirato dal dio in persona a una sua Sibilla molto amata. Questo sistema comprendeva il Priapometro, detto anche Minkiometro, come unità di misura di base. Un Priapometro corrispondeva alla lunghezza dell’aceddu di Priapo. Suppergiù novanta dei nostri centimetri. Per i volumi, oltre al Priapometro cubo, c’era anche il Koglionometro… la capacità di un testicolo del dio… pare fosse di circa un litro. Anche la moneta corrente era stata dedicata al dio dal rosso palo. L’Erosminkia, divisa in cento Minkiesimi. Aveva sostituita la vecchia Minkiadracma o Minkialira. Sull’agorà principale ci stava una struttura particolare detta Homo Priapicus Vitruvianus… Costruita , o meglio ideata, dal grande architetto scultore e studioso delle proporzioni umane e divine, Marcus Vitruvianus. L’Homo Priapicus Vitruvianus consisteva in un uomo nudo con le gambe divaricate , le braccia volte verso l’alto e la ciolla tisa. In tutto inserito perfettamente dentro una sfera… la ciolla tisa pertanto era il raggio di questa “ sfera delle giuste proporzione divine” . Secondo Marcus Vitruvianus, che si occupava anche di biologia, è infatti l’autore del “ De rerum naturae “, in futuro l’uomo si sarebbe evoluto verso quella forma.. la sua ciolla si sarebbe allungata sempre più.. fino a raggiungere la lunghezza di un Priapometro.. la minchiazza, attualmente specialità di Priapo, un giorno sarebbe stata di tutti. Quando , naturalmente non si sa. << Un giorno verrà che ogni uomo questa minchia avrà..>> diceva la Sibilla Priapica. << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere e avere una minchia, a che minchia serve vivere e avere una minchia come quella di Priapo?>> era un'altra delle domande per cui era famoso filosofo Socratino da Munipuzos. Dall’Akropolis, come detto, si vedeva benissimo l’altra polis. Quella che sorgeva sul monte gemello a quello di Munipuzos. Si trattava della bella Purceddopolis.. il regno di Priamo Scopantassai e di sua moglie Ekuba Kallifiketta . La coppia reale aveva generato cinquanta figli e cinquanta figlie… tra cui il bellissimo Paride detto Vogliounaficabella , Ettore detto Minkiaresistente e Cassandra nota come la Sparaminchiate. Ma c’erano anche Eleno, Deifobo, Troilo, Polite, Polissena , Creusa e tanti altri. Una grande famiglia, numericamente parlando. Protettore della polis era il Palladio, una enorme minchia con un sola palla. Città antica e lussuosa la bella Purceddopolis, detta la superba, che si affidava direttamente al potere della minchia.. visto che come protettore aveva scelto il Palladio.. In realtà il Palladio era la personificazione dell’uccello di Priapo… e visto che questo dio aveva concentrato tutta la sua potenza e sapienza nell’organo sessuale.. loro si erano affidati direttamente a quello. Il Palladio sorgeva sull’agorà principale ed era veramente monumentale. In realtà il Palladio era semplicemente un contenitore.. il vero Palladio era una piccola Minchia “ Acheropita “ , non fatta da mano umana ma caduta dal cielo, detta anche Minchia Pantocrator… D’altra parte Priamo e la sua signora sapevano ben usare la ciolla e il pacchio maritale .. cento figli erano stati senz’altro un bella impresa… Eppure Priamo andava a ficcare pure altrove… e pure Ekuba. << Mai tenere la ciolla disoccupata..>> diceva Priamo. << Se non inforna il marito, fai infornare l’amico...>> diceva Ekuba. Paride ,il più grande dei figli di Priamo, e quindi l’erede al trono, dopo varie vicissitudini era stato riconosciuto dalla sorella Cassandra ed era rientrato in famiglia. Paride era stato abbandonato dopo la nascita perchè la mamma nel darlo alla luce si era sentita bruciare.. il fuoco , partito da quel picciriddu che stava venendo al mondo, si era esteso al pacchio regale e poi all’intero corpo della regina che per il dolore chiuse gli occhi un attimo ed ebbe l’impressione che l’incendio si estendesse all’intera Purceddopolis. Un oracolo interpretò il sogno: << Lu picciriddu deve morire altrimenti morirà Purceddopolis intera.. Fai di tutto, Regina bella, ma fallu cripari prima che sia primavera….>> Per amore fu abbandonato e non fatto morire , ma il destino riportò Paride in famiglia. Sposato alla ninfa Enone, gli piaceva passare il suo tempo nel bosco di Mynkyalonya a minkiolare nel minkialiere della moglie… e tra una minkiolata e l’altra dava una taliata agli armenti del padre che custodiva.. gli animali taliavano il padrone minkiolare e minkiolavano pure loro.. pertanto gli armenti crescevano assai assai numericamente parlando.. e tutti esaltavano la bravura di Paride nel suo lavoro. << Da all’animale lu stimulu di ficcari..>> << E come fa? E come fa? >> chiedeva qualcuno. << Con una dimostrazione pratica.. iddu ficca cu a so fimmina.. e a lu toru ci veni lu pitittu di ficcari cu la vacca.. a lu crastuni di farisi lu crastuna.. a lu sceccu di farisi la scecca.. e cosi via..>> Ma un giorno Paride, intanto che si stava facendo una bella pecorina con Enone, sentì una cosa nel culo. << Ahi.… chi minchia è sta cosa fridda ca si ficcau nel mio culetto sano…ahi... ahi.. ahiai.. ahiai.. >> Per il contraccolpo le coppole di Paride e Enone abbularono via. Paride sciu la sua cosa dalla cosa di Enone e poi si sciu la cosa misteriosa dal culo. << Ahiai.. ahiai.. taliamo la sorpresa..>> disse , La sciu e la taliau. Brillava quella cosa sotto i raggi del sole. Era un “crisofhallo”, un fallo d’oro di buone e grandi proporzioni. << Bihhh. Che bidditto.. l’ideale pi quannu na fimminitta è senza sasizzitta.. e ci pruri assai assai la fikitta…..>> puntualizzò Enone che era di Buccheropolis. Era uso comune per le femmine senza citrolu consolarsi con falli lignei.. ma questo era d’oro.. questi falli artificiali venivano chiamati olisbos .. venivano usati dalle vedove che non riuscivano a trovare un sostituto del defunto.. dalla maritate a cui la dose maritale non bastava e non avevano il coraggio di farsi il ganzo… dalle signorine che aspettavano il buon partito che non arrivava e intanto per non diventare zitelle dal cunno acido usavano l’aggeggio in questione… dalle ragazze in caldo che prima di arrivare a fare esperienza col vero facevano esperienza col finto.. e poi dai finocchi in pectore.. ma soprattutto era usato dalle sacerdotesse condannate alla verginità.. sapendo che per loro non ci sarebbe mai stato un fallo di carme si accontentavano di quello… che tra l’altro era inconsumabile, instancabile e sempre pronto all’uso. << Questo è sicuramente l’olisbos di qualche regina…. Una finta minchia d’oro…>> sentenziò Paride. Generalmente erano di cuoio o legno e prima dell’uso venivano unti d’olio. << Solo che sbagliò purtusittu e andò in culittu al figlio del reittu..>> << Uomo inculato, uomo fortunato.. però.. ahiai.. ahiai .. il culo mi fa male assai..>> rispose ridendo Paride. Si lo mise accanto al suo e parevano gimelli. Quello di carne e quello d’oro. << Bidditto questo Sosia.. regalimillittu pi quannu non ci sei..>> chiese Enone. “Sosia “ era il nome con cui familiarmente le femmine chiamavano il fallo artificiale. << Te lo regalo.. ma se poi lo preferirai al mio?>> << Mai… la minchitta di carnitta è tutta n’autra cositta …>> << Lo vuoi provare?>> chiese Paride. << Sì.. ma ficchimillittu tu.. biddittu miu..>> Paride avvicinò lo strumento alla filazza di Enone e ci infilau piano piano la cappella del Sosia. Ma quannu stava pi catafuttillu tuttu dintra qualcuno lo chiamò. << Fermati… quello è uno strumento divino….>> Paride si bloccò. Il Sosia restò mezzo dintra e mezzo fora la cosa di Enone. << Chi è che parla? >> chiese Paride un po’ spaventato. << Sono Zeus… e quello è il mio Sosia.. non che lo utilizzi io.. se lo contendono le donne dell’Olimpazzo.. quando non possono avere l’originale si accontentano del Sosia…oggi in tre stavano litigando per pigliarselo… ma il Sosia ci scappò di mano e finì dove tu sai..>> << Nel mio culo.. divino Zeus.. ma sono onorato di aver ricevuto il tuo Sosia.. è onorato è pure il mio culo… voscenzasabbinirica, vasamu li manu e li peri.. però.. ahiai.. ahiai .. il culo mi fa male assai ...>> << Onoratitta anch’io sono di aver assaggiatitto il Sosia tuo.. vasamu li manitti e li peritti e se voi puru l’autri cositti… >> disse Enone. << Adesso Paride bello farai quello che ti ordino.. se mi consenti.. altrimenti mi autoconsento…e pertanto lo fai lo stesso..>> << Consento.. consento…basta che non c’entri il mio sedere.. perchè.. ahiai.. ahiai .. il culo mi fa male assai >> rispose Paride che pi lu scantu vide afflosciarsi l’aceddu suo di botto. << Consentitte.. consentitte..>> aggiunse Enone che era felice di aver assaggiato il Sosia di Zeus. << Allora, mio bel picciotto, da solo, senza la tua bella fichetta, andrai nel lago di Munipuzos e a un certo punto troverai le tre litiganti.. tre dee sono… si stanno ancora azzuffando… si sentono le tre grazie dell’Olimpazzo.. ma secondo me sono solo le tre disgrazie.. tre rompicoglioni.. quindi cercale e appena le troverai osservale bene.. devi dare il Sosia a quella che tu giudicherai la più bella…A te che sei il bello di Purceddopolis e non solo… dicono che sei il più bel picciotto del mondo.. dicono che sei chiù bello del mio Ganimede… e in effetti bello sei.. spilato.. con ciolla d’ordinanza perfetta in riposo e in attività… e soprattutto tieni un bellissimo culetto.. una culetto che io ho taliato con interesse.. lo taliavo dimenarsi intanto che minkiolavi con la tua Enone.. quannu trasivi le natiche si avvicinavano, quannu uscivi si allontanavano… e io vedevo brillare il tuo fiorellino…e quel fiorellino vergine, perchè io sapevo che eri vergine, attirò il mio Soia… e vedevo anche le tue palle ballare il ballo del ficca ficca.. che spettacolo, Paride bello.. che spettacolo di culo che sei… e non solo di culo.. ma complimenti per il culo..>> << Grazie .. grazie… però.. ahiai.. ahiai .. il culo mi fa male assai ..>> rispose Paride temendo che dopo la visita del Sosia arrivasse pure l’originale. << Comunque è stato un piacere per il mio Sosia.. d’altra parte il mio Sosia non poteva mica andarsi a ficcare in un culo qualsiasi.. a te dunque l’onore di decidere chi deve essere la più bella dell’Olimpazzo…la protofica dell’Olimpazzo…anch’io mi consento di consentire all’accettazione del tuo verdetto… qui si tratta solo di dire chi è la più bella.. non la più buttana.. la più santa .. o la più scassacazzi… a te, bello dei belli, decidere chi deve essere la bella delle tre belle…la kallimuni.. la ficabella.. lu sticchiubeddu… lu beddupacchiu.. la filazzabona… a te il verdetto…io mi consento di acconsentire qualunque esso sia.. vai, culo bello.. lassa la tua fichetta e vai...>> << Non posso.. sono nudo.. e poi.. ahiai.. ahiai .. il culo mi fa male assai.. >> rispose Paride , temendo anche che Zeus si inzeussasse la sua Enone. << Senti... caro signor “ ahiai.. ahiai .. il culo mi fa male assai” .. anche a mia mi stanno per fare male l’aceddu e pure i coglioni .. li palli si stanno gonfiando assai assai.. ma io non dico però.. “ ahiai.. ahiai .. le palle mi fanno male assai”. Pertanto mi consento di ordinarti.. e se tu non consenti io mi autoconsento di ordinarti lo stesso, di fare questo travaglio.. o con le buone o con le cattive… alzati, lascia il pacchio di Enone e non mi scassare ancora la minchia.. soprattutto non far diventare acido il mio latte di brigghiu.. alzati e sbrigati… per Zeus e i suoi divini zeussoni…altrimenti ti rompo il culo… poi però lo dirai con piacere “ ahiai.. ahiai .. il culo mi fa male assai ..” >> << Già fatto col Sosia.. in ogni caso sarebbe meglio n’autra rottura di culo che inimicarsi due dee scegliendo la terza..>> << Basta.. esegui gli ordini e non mi scassare la coppola della minchia..>> << Consento.. consento..>> <<Gli ordini sono ordini.. vai.. che forse la tua ciolla, lasciandosi ispirare dai tre cunni, ti ispirerà la sentenza..>> Non avendo alternative Paride si avviò verso la zona del litigio. Naturalmente dopo aver recuperato la coppola che si piazzò sui riccioli biondi di picciuttazzu in amore. <<Chi sono le tre grazie?>> chiese. << Lo vedrei quando arriverai in loco.. sono lì, nude , che si azzuffano come commari al mercato…>> rispose burbero Zeus. Partì cantando , per farsi coraggio. << Ciolla mia amurusa, ciolla mia bedda, andiamo a vedere chi tiene chiù bedda la vanedda.. aiutami in chista maliritta sintenza a diri cu iavi chiù beddu lu portasimenza… intanto Zeus, nu fattu è certu e sicuru, a chisti tri ci la misu in pacchiu e in culu.. mentri iu ca lu iurici haiu a fari seduta stanti m’attruvai lu culu ruttu in un istanti.. ora, tu, ciolla mia bedda, mi devi aiutari.. attisa, talia, ca poi ci la putemu sulu minari..>> Tenendo il Sosia in una mano e annacandosi il pisello con l’altra, tanto girò e rigirò, che trovò le tre femmine impegnate a litigare. Nude e belle ma con la coppola. Litigavano solo a parole e gesti. Ma appena lo videro, smisero. Lui si scantò e si coprì il pisello col Sosia divino. << Minchia chi sunu beddi…tri sticchia paradisu d’aceddi>> pinsò Paride. << Minchia comu ci la ficcassi.. leviti sti manu e fammi taliari megghiu..>> pinsò il suo aceddu. Le tre belle lo guardarono con lo sguardo incazzato. Paride, per lo spaventò, alzò le mani al cielo lasciando libera la ciolla . Il Sosia brillò sotto i raggi del sole. Vedendo cosa aveva in mano il picciotto, le donne dissero all’unisono: << Dammelo… Dammillu… E mio… >> Come stordito Paride rispose: << Cosa? >> << Il Sosia.. non l’autra cosa…>> << Cosa ?>> richiese il giovane che era nu tanticchia confuso da cotanta bellezza. << Il Sosia di Zeus.. non la ciolla tua.. >> << Ahhhh…. mi paria…>> << Ehhhh… chi ti paria?>> << Non posso.. Zeus mi ha detto di darlo a una soltanto….>> Intanto la ciolla del picciotto, a vedere quei tre pacchi, s’era messa sull’attenti e taliava ora l’una ora l’altra. << E allora fai? Esegui gli ordini..>> risposero le tre donne. << Ma chi siete, se è lecito saperlo?>> << Chi sei tu, incaricato di fare il giudice.. di decidere chi è la più bella… sei bello ma babbu.. scimunito… visto che non ci riconosci….bello babbu o babbu bellu sia tu ca il tuo uccello.. decidi ipso facto…>> << Sono.. sono .. sono Paride, il figlio del re di Purceddopolis…e saluto tutte voi, o belle tra le belle.. voscenzasabbinirica , vasamu li manu e li peri …>> Nella sua testa aggiunse : << …e se possibile anche la fica..>> Poi concluse: << ..e voi chi siete ? chi siete voi? >> << Io sono Era.. la moglie universale..>> disse la prima << ..è sono la più bella ..sono la moglie sorella di Zeus… se Zeus mi ha fatto sua moglie è perché sono la più bella.. la sua minchia poi mi rende sempre più bella.. se lo darai a me.. a parte il fatto che mi appartiene per diritto maritale… sia il Sosia che l’originale.. a parte questo io ti farò diventare il padrone del mondo.. il re del mondo…tu sarai lo Zeus terreno… e vedo che anche il tuo fallo mi guarda interessato.. anche lui mi giudica la più bella….perchè io sona la chiù bedda… sono il protopacchio dell’Olimpazzo… il pacchio legale consorte del capodio…e il mio pacchio ride sempre.. risata di pacchio di moglie onesta.. ride pertanto onestamente..>> Era allargò le cosce e ci fici abbidiri a Paride come rideva un pacchio onesto. Era un pacchio assai peloso ma rideva .. purtroppo la risata era rovinata da quel pelame esagerato. << Pacchiu troppu pilusu… l’aceddu nun trova lu purtusu..>> pinsò Paride. Paride comunque taliava Era. O meglio, il pacchio di Era. E la sua ciolla pure. Infatti puntava verso Era. O meglio, verso il pacchio di Era. E vinni, in quella direzione. Ma la simenta non raggiunse Era. << Io sono la dea Pallade Atena.. la vergine universale..>> disse la seconda << ..la figlia di Zeus.. solo di Zeus.. senza la collaborazione ficale della signora Era… sono la più giovane.. e sono io la più bella.. sono bella perché vergine.. la verginità mi abbellisce… sono incestuosa idealmente…ideologicamente.. perché io ho dedicato la mia verginità a mio padre.. pertanto solo lui la potrebbe cogliere.. ma lui non la vuole.... e naturalmente non voglio neanche io.. lo voglio e lo desidero ma platonicamente.. allora potrei farla raccogliere al suo Sosia.. ma sempre formalmente.. vergine sono e vergine devo e voglio rimanere…se me lo darai ti farò vincere tutte le battaglie .. tranne quelle d’amore che non mi competono.. perché sono ignorante in materia per mia scelta…e poi vedo che la tua ciolla mi giudica la più bella .. infatti guarda me… attirata dalla mia verginità.. sicuramente la vorrebbe raccogliere.. la mia verginità.. ma non si può.. essa è dedicata a Zeus.. alla sua ciolla o al suo Sosia.. formalmente però.. ma io, sappilo comunque, sono la chiù bedda.. perché giovane e vergine…la verginità fa risplendere la mia bellezza… il mio cunnus vergine ride felice più degli altri…perché vergine …>> Atena allargò le cosce e ci fici abbidiri a Paride come rideva un pacchio vergine. Era un pacchio poco piluso e piccolo piccolo.. più che ridere sorrideva.. ma in compenso tinia nu clitoride ca paria na ciolla di picciriddu… << Sticchiu strittu e clitoridi attisatu.. si parti pi ficcari e si veni inculato..>> pinsò lu carusu. Paride taliava Atena. O meglio, il pacchio di Atena. E la sua ciolla pure. Infatti puntava verso Atena. O meglio, verso il pacchio di Atena. E vinni in quella direzione. Ma la simenta non raggiunse Atena. << Io sono Afrodite.. la buttana universale…>> disse la terza <<.. la dea dell’amore.. io sono la più bella… io ho detto di “ no “ a Zeus ma dico “ sì “ a chi voglio io.. sono maritata ad Efesto ma non m’interessa niente di lui.. gliela dugnu solo per dovere… solo per quello…perché se un mascolo mi piace me lo faccio.. in un amen.. in un fiat.. ero curiosa di provare il Sosia di Zeus.. il mio papà adottivo…solo questo.. io che nella mia vita ho sperimentato più minchie di qualsiasi altra donna.. tanto che ho generato la minchia per eccellenza.. quella di mio figlio Priapo.. io non ti prometto regni.. non ti prometto vittorie negli affari, in politica, nelle guerre.. e neanche in amore.. perchè l’amore non esiste.. esiste solo il pititto.. noi chiamiamo amore solo il desiderio di ficcare.. io da parte mia preferisco dire che sono la dea del sesso.. dell’arte di usare il cunnus e il phallus…e io ti prometto, a te, il più bello dei belli dell’orbe, la donna più bella del mondo…. per la felicità della tua minchia e del tuo cervello…il tuo cervello sì.. perché devi sapere che la ciolla è solo lo strumento.. in realtà il vero organo sessuale è il cervello…parola mia.. parola della donna più bella dell’Olimpazzo.. perché devi sapere che ficcare fa bene.. più si ficca meglio ci si sente.. guarda pure il mio pacchio senza pila.. e nato accussì perchè non ha niente da nascondere.. è puro, è adamantino, è limpido, è gioioso, è ironico.. e solo un pacchio che sa fare il pacchio.. che sa fare il suo lavoro e lo ama.. deontologia professionale…è un pacchio a trecentosessanta gradi… un pacchio che adora fare il pacchio.. e tu devi sapere che ficcare rende sempre più belli.. la mia fica ficca sempre.. pertanto è sempre più bella…ride per la troppa bellezza…>> Afrodite allargò le cosce e ci fici abbidiri a Paride come rideva un pacchio bello. Era un pacchio senza pila… che rideva libero e felice… a labbra spalancate.. sia le piccole che le grandi.. era un pacchio che invitava ad essere visitato.. e teneva un clitoride che era un terzo capezzolo.. lu capicciu nascosto.. e come quelli delle tette invitava ad essere alliccato, sucato, mozzicato. Paride taliava Afrodite. O meglio, il pacchio di Afrodite. E la sua ciolla pure. Infatti puntava verso Afrodite. O meglio, verso il pacchio di Afrodite. E vinni in quella direzione. E la simenta raggiunse Afrodite. La raggiunse là. Ma anche altrove. La dea dell’amore si avvicinò al picciotto e piano piano ci disse: << Grazie per la doccia di simenta mascolina.. e bravo per la mira precisa.. hai fatto centro…io in fondo ti ho fatto attrintari la minchia più delle altre.. la potenza dello schizzo è stata maggiore.. le altre non ti hanno manco fatto venire...le altre la fanno attisare ma poi lasciano il lavoro a metà.. e non ci sta cosa chi brutta di minchia arrapata senza soddisfazione lassata.. invece io l’ho fatta venire con la forza del mio pacchio spilato...e lo schizzo mi ha raggiunto.. grazie per l’onore.. se mi eleggerai la più bella , caro il mio Paride, avrai anche me per una notte.. in tutti i modi possibili e anche in quelli impossibili che saprai mettere in atto.. se invece mi farai perdere, ti manderò mio figlio Priapo a romperti il culo..>> E prima di allontanarsi si levò la coppola e gliela appese alla ciolla che era di nuovo tisa. << Minchia . minchia di vai .. ahiai.. ahiai .. il culo mi fa male assai..>> pinsò Paride. << Decidi…. Principino Paride..>> dissero le tre donne. Paride non sapeva cosa fare. Taliava ora l’una ora l’altra. Lo stesso faceva il suo aceddu tiso. Puntava ora una, ora l’altra. Poi Paride si consultò col suo Pariduccio. Una taliata profonda ed esaustiva. Due occhi contro uno. E la decisione fu presa insieme. Paride, seduta stante, prese il Sosia e lo consegnò alla più bella.. << Voscenzasabbinirica a tutte quante.. vasamu li manu e li peri all’istante.. Il pacchio più bello secondo me è quello che ride più contento.. perché è felice… perché è allegro.. tieni il fallo d’oro… il Sosia di Zeus.. e tuo… Afrodite… bella tutta…. Anzi, bellissima... mi scappello tutto davanti a tia .. mi scappello la testa e la minchia .. mi scappello di sopra e di sotto.. mi scappello tutto davanti alla bella chiù bella della terra e dell’Olimpazzo…>> Atena e Era scapparono minacciando vendetta. << Malirittu iarrusu ca nun capisci ca io sono il miglior portuso..>> disse Era che come moglie del capo, anche se plurimulticornuta, spirava di essere scelta. << Buttaniere partenofobo e zoccolofilo…>> disse invece Pallade Atena. << Perchè hai scelto me?>> chiese Afrodite. << Per tre motivi.. bella delle belle… bella tutta tutta… Primo: il mio culo mi ordinò ” Salvami”. Secondo: il mio cervello mi disse “ Avrai il cunnus più bello dell’universo”. Terzo: la mia ciolla mi disse ” Ci la ficcherò alla dea dell’amore per una notte intera e a lu cunnu chiù bellu di lu munnu per tutta la vita.. o almeno fino a quando ci la farò”. Perciò , Afrodite bella, la tua conoscenza sia benedetta.. toscenzasabbinirica e vasamu li manu, li peri e..>> <<... e..>> disse la dea. < .. e la fica…>> concluse Priapo. << Grazie…>> rispose la dea inginocchiandosi davanti al picciotto. Nella bocca divina iniziò la notte divina di Paride e della sua ciolla. Era quasi l’alba e i due ficcavano ancora. << L’ultima..>> disse Afrodite. << Sì.. ma dimmi.. chi è la donna più bella del mondo.. quella destinata a me…>> << Elena Kalliste… Elena di Munipuzos…>> << Minchia.. ver’è…… >> rispose Paride. E si fece l’ultima e la post-ultima e la post -post- ultima. Incunnava Afrodite pinsannu a Elena. Poi fece una riflessione e disse: << Ma non è promessa sposa a Minkialao ?>> << Sì.. ma quello sarà solo amore dovere.. amore fallimento.. quello vostro sarà amore carnale…. sesso animale.. sesso sfrenato… fottimento continuo…trionfo della carne.. solo e sempre gloriosa cunnomentulamachia… voi dure sarete l’apoteosi del fottimento terreno… l’estasi della minchia trionfante e del pacchio gaudente..>> A quelle parole Paride si fece l’ultima, l’ultimissima e l’ultimissimissima. Avevano finito l’ultimissimissima quando arrivò Priapo cantando: <<Andrò a cacciarmi in quel bel culetto.. Cosa mai Paride ha in quel fosso Che mi piace tanto tanto? Se lo penso, in lui m’incantò Se lo vedo, lui si fa grosso E che caldo esso mi fa!>> A quelle parole Paride tremò di paura. << Minchia .. però Priapo lu stissu vinni.... ahiai.. ahiai .. il culo però mi fa male ancora chiù assai..>> << Non ti preoccupare… i patti sono patti.. la tua ciolla ha avuto me.. e avrà Elena.. ma il tuo culo è salvo.. parola di Afrodite..>> << Mammina.. che faccio? L’inculo?>> disse Priapo arrivando. << No.. mi ha proclamato vincitrice.. io sono la più bella dell’Olimpazzo…>> << Ahhhh.. e te lo sei pure fatto… e io resto con la ciolla tisa..>> << Tanto è sempre tisa.>> Paride per lo spavento stava per cacarsi sotto. << Vai Paride.. e pensa ad Elena.. sarà presto tua…>> disse Afrodite. << Vai Paride.. e pensa a quello che ti sei fatto.. ma anche a quello che ti farai.. e naturalmente anche a quello che ti sei perso…ma se vuoi .. a disposizione...>> aggiunse Priapo tenendosi il palo rosso con entrambi le mani. Paride si allontanò tenendo una mano davanti e l’altra dietro. Per salvarsi il culo. << Già mi lu ruppi il Sosia di Zeus.. e passi.. ma se ci va l’originale di Priapo mi lu allarga bonu… ahiai.. ahiai .. il culo però mi fa male ancora assai >> pinsò Paride allontanandosi. Madre e figlio parlarono assai. Lei col Sosia in mano e lui col suo capitale tra le mani. Pensieri lussuriosi circolavano in quelle menti sessualizzate al massimo. << E’ mio finalmente… ma non m’interessa l’oggetto.. m’interessa il simbolo.. il Sosia di Zeus è mio.. il Sosia del mio cara papà adottivo è mio...>> << E io che speravo di fare la festa a quel bellimbusto di Pariduccio.. invece mi tocca autofesteggiarmi .. meno male che Zeus inventò la minata…>> << Meno male che l’inventò.. l’assolo di cazzo o l’assolo di fica delle volte è l’unica possibilità di fare sesso.. >> E si accarezzava con sempre più ardore . Afrodite invece stava in silenzio e si strofinava il Sosia contro la filazza. Priapo, per spezzare quella strana tensione, cercò nella sua memoria un motivetto adatto. Lo trovò. << A questa tua cosa oggi non son sordo Ella mi vuole e io vorrei.. Sconveniente è e non si può… Quando son vicino a lei Vale a dire: solus cum sola Basta un’occhiata e resto senza parola Mi riscaldo, lui si fa grosso Mi par ch’abbia il fuoco addosso Sento il sangue in ogni vena Che ribolle e fa blo, blo..>> E continuava a maneggiare l’aggeggio. Con una smania manuale da manuale del perfetto minatore. Afrodite rise e ci resi una mano. << Mano di mamma allevia il dramma..>> disse ridendo di bocca e di pacchio. Poi ci desi l’altra. Lui non parlò. Ma cantò ancora piano piano: << Ma l’amor non finisce poi Con la gabbia con dentro l’uccello.. Ed il seme già sul più bello Disse “ O là o là”. E si fermò..>> La mamma capì e disse: << Se la mano non basta damu il resto… l’importante è fare presto… per il bene di mio figlio io ci dugnu pure il pacchio vermiglio..>> Senza dir niente si distese sull’erba . E sempre senza dire niente allargò le gambe. Lui taliò quel pacchio spilato e cantò ancora. << E son come un can coglione Guardo il cunnus e il bastone. Vorrei stender lo zampino E il bastone ti avvicino E abbaiando, mugolando Piglio il cazzo e te lo do..>> E così fece. L’incesto, uno dei tanti dell’Olimpazzo, fu consumato quella notte. Fu la prima volta tra madre e figlio. Tra la madre dal pacchio spilato e il figlio dalla minchia spropositata. Tra la mamma bella e il figlio laitu e bruttu tranne che di minchia e di culo. L’orgasmo tra quei due simboli viventi e divini della lussuria fu quasi una reazione termonucleare. Uno scontro di atomi, di neuroni, di neurotrasmettitori che per poco non annichilì pure loro. Perchè il sesso, quello vero. sapiente e cosciente, è a tutti i livelli la cosa più dirompente che ci sia nell’universo intero. Come dice anche un detto popolare. “ Tira chiù un pilo di cunnu ca l’oro di tuttu lu munnu..”. Ma ci sta anche la versione maschile. “ Tira chiù assai un pilo di cazzu ca tuttu l’oro di stu munnu pazzu..” E salvi i naufraghi in mare, Afrodite benigna, salva anche me che sto morendo, naufrago in terra. Antologia Palatina La prima volta che Priapo e Dioniso vennero a Munipuzos successe un casino. Fu dopo essersi incontrati nel bosco di Mynkyalonya. Briachi sia loro che le Menadi, scatenarono una “ follia erotica” in tutte le femmine della città. Fino ad allora le donne di Munipuzos era famose per la loro castità e fedeltà. Almeno ufficialmente. Ma quel giorno, sentendo un spirito strano ma divino che penetrava nella loro muni per poi impadronirsi del cervello, corsero felici dietro i due sconosciuti e il loro seguito. Corsero verso il bosco di Mynkyalonya e qui iniziarono a strofinarsi contro qualsiasi cosa avesse un aspetto falliforme. Tra le donne c’erano anche la madre, la moglie e le cinque figlie del re Pentesileo.. il re di allora… Il re, non riuscendo a riportare a casa le sue e le altrui femmine, fece imprigionare Dioniso e Priapo, non sapendo chi fossero. Durante la notte passata nella regia galera, sotto stretta osservanza, Priapo e suo padre decisero, per non farsi capire dagli altri, di parlare una nuova lingua. Che chiamarono Monacazzese. Perchè Munipuzos per loro era solo e soltanto Monacazzo. Quella notte praticamente non nasciu la lingua Siciliana e neanche quella Trinacrica. Nasciu la lingua Monacazzese. L’indomani mattina il re si recò a visitare i prigionieri. E assistette subito a un miracolo. Le catene di ferro dei due prigionieri si sciolsero e si ricomposero intorno ai polsi e alle caviglie del re. Poi loro lo convinsero a vestirsi da donna e ad unirsi al gruppo per capire le reali esigenze delle donne. Pentesileo, non avendo alternative, accettò. Fece un bel discorso alle femmine. Da finta femmina a vere femmine. Ma queste sembravano non capire. Nude ballavano e si strofinavano tra di loro. << Tornate a casa… dai vostri padri.. dai vostri mariti.. ritornate alla famiglia… alla gioia del focolare domestico.. ritornate ad ubbidire al padre, al marito, al figlio.. insomma, all’uomo di casa..>> diceva il re. Lo disse sia in greco che in latino. Ma le donne non sentirono. O meglio , non capirono. Dioniso e Priapo avevano loro trasmesso la lingua Monacazzese. << Datici na minchia quanto a chista.. ca notte e iornu ci l’arrifrisca.. notte e giorno daticilla ….. una minchia ranni e brilla… sira e matina… vulemu ficcari a minchia cina…>> gridavano in siciliano le donne scoperchiando il dio Priapo. Pentasileo capì. E arrossì. Proprio allora arrivano i Satiri e i Sileni e iniziò l’orgia. Orgia spaventosa fu. Pentesileo fu costretto ad assistere ai focosi amplessi tra Priapo e le sue donne. Voleva gridare o intervenire. Ma una forza misteriosa lo rendeva muto e lo bloccava. L’unica cosa che sentiva era il suo fallo che stava attisando. Con la mente in angoscia e il cuore dolorante assistette muto al trionfo della carne. Poi vide il misterioso megantrofallo avvicinarsi a lui. Priapo, con violenza , lo sodomizzò, trasmettendogli un pititto incommensurabile. Pentasileo si spogliò e si vide anche lui un fallo enorme… Paria gimello di quello che gli era andato in culo. Ma era solo una allucinazione. Intanto tutte le donne lo taliavano. << E’ mascolo….>> gridò la moglie non riconoscendolo. << E’ mascolo… >> risposero le figlie. << E’ mascolo….>> disse la madre. << E’ mascolo..>> aggiunsero le altre. << Voglio ficcare..>> gridò lui. E si fici le figlie , poi la moglie e infine la madre… E venendo dentro il pacchio che ci avia dato la vita spirò. Questa è la storia che poi Euripide da Munipuzos mise in scena nelle sue Monacazzobaccanti, le Baccanti di Monacazzo. Grazie all’appoggio determinante delle femmine poi Munipuzos si innamorò di Priapo e Priapo di Munipuzos. Priapo fu nominato protettore della città e i mascoli concordarono. Priapo aveva reso le donne di Munipuzos abile nell’ars amandi. Da protettore per scelta politica si era ritrovato protettore per scelta popolare. I mascoli felici ringraziavano e onoravano il maestro di pacchio e minchia. Priapo, Dioniso, le Menadi, i Satiri e i Sileni avevano fatto diventare esperte nell’arte del “ dare piacere” le loro femmine.. da minchiofobe erano diventate minchiofile. E adesso loro godevano che era una meraviglia. Da allora Munipuzos divenne la polis più liberarle e moderna della Sicilia. La città dove tutte le unioni erano ammesse. Mascolo cu mascolo, fimmina cu fimmina, e naturalmente la tradizionale mascolo cu fimmina. La polis dove il filo conduttore era il piacere. E divenne anche la patria del siciliano. O meglio , del Monacazzese. “ Minchia… non mi scassare la coppola della minchia..” divenne la frase più famosa dell’orbe di allora. E pure dell’Olimpazzo. Celio, la mia Lesbia, quella Lesbia, quella sola Lesbia che amavo più di ogni cosa e di me stesso, ora all'angolo dei vicoli spreme questa gioventù dorata di Remo. Catullo Tra Purceddopolis e Munipuzos si trovava il lago che portava il nome di quest’ultima città. E tutt’intorno il bosco di Mynkyalonya . Un bosco particolare. Un bosco formato al cento per cento da piante di fico. Ma non il solito fico.. bensì una variante particolare… non il comune Ficus carica.. con un solo frutto carnoso con tanto di purtusiddu…ma una varietà, oramai estinta, che cresceva solo qua.. la ficu di Monacazzo oggi.. allora Ficus mentulacunnus… una pianta con due frutti diversi.. ovvero ficu masculi e ficu fimmini.. li ficu fimmini come quelle che conosciamo tutti.. piriformi con purtusiddu.. e li ficu masculi con piccola escrescenza che andava a ficcarsi nel portuso di li ficu fimmini……da cui i nomi popolari di ficazza e ficazzu… In questo bosco dove ficcavano anche li ficu, di storie d’amore se ne sono sempre viste… allora come oggi…ma allora erano gli dei i protagonisti…. Zeus in primo luogo.. il theophallus era sempre alla ricerca di un cunnus terrestre. In questo bosco caro a Priapo Zeus si fece la bella Leto che poi fu costretta a vagare per mari e monti alla ricerca di un posto dove sfornare i gemelli che abballavano nella sua panza. Perchè c’era una profezia che diceva che i nascituri non dovevano nascere in alcuna terra ferma…ma dovevano nascere in una terra ballerina. E Leto questo posto lo trovò nel posto dove li aveva concepiti… nel bosco di Mynkyalonya. Si narra infatti che la Trinacria , famosa per l’intensa attività sismica , fosse un isola vagante nel Mediterraneo .. praticamente se la giocavano, tra un terremoto e l’altro, l’africa e l’europa…ma in quell’occasione Zeus l’ancorò al fondo con tre colonne. Per dare una terra natale fissa ai suoi figli… per dare loro una patria. Ma per uno sbaglio involontario una colonna fu sistemata sotto l’Etna… ed è quella che si sta infracicando…consumando.. carbonizzando.. ma allora tutto filava liscio. Zeus scendeva spesso nel bosco d Mynkyalonya per farsi la bella Leto e vedere i suoi figli.. ma anche per cercare altro pacchio. E fu correndo appresso a Leto che conobbe Leda e ci appitittò.. e incominciò a pinsare a come fare per incunnarsela . In questo suo firriari alla ricerca di pilo Zeus spesso incontrava la sua cara capra Amaltea.. la capra che l’aveva nutrito da picciriddu a forza di pisciari dalle sue corna ambrosia e nettare…mentre dalle tette pisciava un latte che faceva crescere in fretta.. ma in realtà la capra Amaltea in mezzo al pelo folto nascondeva una bella sorpresa, era una capra ermafrodita.. tinia na bella ciolla e pisciava pure abbondante latti di brigghiu.. e a chi riusciva a berselo in un amen ci si sviluppava l’aceddu. E se a causa di un corno rotto riempito di frutta nasciu il nome “ cornucopia “, da una minchia nascosta che molti ignoravano nasciu il termine “ phallocopia” . Priapo andava spesso nel suo tempio. Gli piaceva vedere le femmine e gli uomini che lo adoravano… e se c’era qualche femmina che lo ispirava cercava fargli assaggiare la sua ispirazione. Gli piaceva vedere le sue sacerdotesse pregare e scatenarsi in riti orgiastici a cui lui partecipava con piacere. Ma soprattutto non mancava mai, nella ricorrenza della sua nascita, quindi una volta l’anno , di assistere alla liquefazione del suo “ Sangue potente”. Il cosiddetto “Risveglio del sangue”. Si racconta che Pallade Atena, la dea vergine per scelta, odiasse Priapo e tutti i masculi portatori di ciolla sana. Lei si sentiva più virile di tutti. Aveva le palle nel cervello. Per il resto era una bella donna con due piccole tettine, una boccuccia piccola e un cunnus piccolissimo. In compenso aveva un grosso clitoride. La virilità era per lei una condizione mentale, non fisica. Una volta ci mancò poco che Efesto la infilzasse. Proprio all’ultimo lei riuscì a sfuggire alla violenta penetrazione. Diciamo che si salvò per un pilo. Almeno in quell’occasione. Non si sa se pilo di cazzo o di fica. Forse per la difficoltà di Efesto di trasiri in quel portuso stretto la simenta divina cadde accussì per terra generando Erittonio. Dopo che per un pelo era sfuggita alla dolorosa penetrazione da parte di un aggeggio di mascolo, il suo odio per l’uomo in generale, ma soprattutto per la sua appendice, si incrementò. E decise di colpire il simbolo dei simboli della virilità. Il palo rosso ed eretto di Priapo. Si allicchittiò come una zoccola di lusso e partì alla ricerca di Priapo. Lo trovò subito. Lui viveva quasi sempre nei bordelli. Dormiva stanco e affaticato per le cento e passa trummiate della notte prima . Stanco lui ma non il suo palo rosso sempre eretto. << Clitoridazzo mio… se mi faccio il culo di Priapo col mio clitoridazzo lui si sveglia e m’infilza col suo palo rosso… meglio allora deminchiarlo a morsi.. meglio staccargli la ciolla con un morso.. ma non tutta.. perché tutta sarebbe impossibile.. mi accontento di staccargli solo la punta rossa .. la cappella.. quella che qui chiamano la coppola della minchia….>> disse Atena a sé stessa. Si avvicinò a bocca spalancata, ma si accorse che la cappella era troppo grande per staccarla con un mozzicone. Come facia facia, come si mittia mittia , la coppola della minchia di Priapo non entrava nella sua boccuccia in miniatura. Atena si rese conto che quella estremità rossa non sarebbe mai trasuta nella sua bocca. Priapo, che sentiva odore di femmine già a distanza, rispose a quella falsa fellatio venendo in bocca alla dea. O meglio, indirizzando lo schizzo potente verso la gola della dea che continuava a fare dei tentativi per ammuccarisi la coppola. Venne dormendo a causa di quella che tutto era tranne che una fellatio. E la dea, per la rabbia di aver dovuto assaggiare il latte di brigghiu, lu muzzicau e scappau… un bel mozzicone dato con tutta la forza della sua dentatura divina sulla divina cappella. La coppola iniziò a sanguinare. Priapo per il dolore si svegliò e attaccau a gridare e a santiari ca paria lu scrittore Santhokriso quannu s’incazza col mondo intero. << Per Zeus e i suoi zeussoni folgoranti.. Per Efesto e i suoi efestioni ardenti.. Per Dioniso e i suo dionosoni briachi.. Per Apollo e suoi apolloni musicanti.. Per Poseidone e i suoi poseidononi acquatici… Per Elio e i suoi elioni brillanti… Per Ares e i suoi aresioni combattenti… Per Crono e i suoi crononi antichi... Per Urano e i suoi uranoni inesistenti… Per Ermete e i suoi ermetoni volanti.. Per Ade e i suoi adoni sotterranei..>> E continuava. Ma fu interrotto da una voce fimminina. << Per Priapo e i suoi priaponi ca stanu scoppiannu… Se nun ci la finisci ti staiu deminchiannu…>> << Mamma.. mamma.. mi fa mali la minchia…>> disse il picciotto. << Fammi vedere…>> << Mi affruntu.. ma ti l’ammusciu.. >> scherzò Priapo, che era un esibizionista nato. La mamma la taliò da vicino. << Nun fari lu iarrusu.. nenti è…chidda buttana in spirito nun sapi mancu usari li denti… appena appena li segnali ci lassò…>> << Cu fu? L’hai vista ? Dimmi cu fu?>> chiese Priapo. << Chidda cunnucusutu di Pallade Atena.. la lesbica ca si la strufinia sempre con Artemide.. zia e nipote…le leccatrici di fica.. le strusciatrici di pacchio.. le manovratici di mirto..>> << Mirto..?>> << Il clitoride.. ca in loro è quasi una ciolla.. >> << Mi ni futtu di idda…. la minchia mi rovinò.. la sua estetica .. e poi che dolore.. che dolore.. che dolore.. la mia minchia è ipersensibile…ma io mi devo vendicare.. ci l’haia catafuttiri nel pacchio.. ci lo devo sfondare d’autorità...>> << Sta minchia... chidda si l’avi cusutu..>> << E io ci lu scusu... ci lu sfunnu.. qaunt’è vero ca sugnu la prima minchia di lu munnu..>> << Che scassamientu di ovaie.. pi nu muzzicunieddu ca pari di picciriddu..>> << Mi fa male la coppola.. che dolore quando si scoppola.. minchia.. che male di coppola..>> cantava Priapo, tra l’addolorato e l’ironico. Afrodite raccolse quelle poche gocce di sangue in un ampolla di vetro e poi ci cummigghiau la coppola dell’aceddu e tutto il resto con una fascia di lino bianco. Alla fine la ciolla di Priapo paria una mummia. << Mammina.. non stringere ca pari ca mi l’affuchi.. accussì l’aceddu mio soffoca…io vivo ma cu l’aceddu morto impiccato che cazzo campo a fare?>> << Senti.. ciolla delle ciolle, non è niente… la ciolla è sana e in ottime condizioni..>> << E ora comu fazzu cu sta minchia impacchettata?>> << La pigghi in culo.. quella degli altri.. per il resto aspetta almeno una settimana… almeno… poi veni ni mia ca ti levo la benda.. >> << Mi la levo io..>> << Non puoi.. ho fatto un nodo particolare… il nodo gordiano afroditiano… e solo io lo so sciogliere..>> << E io pure..>> << No..>> << E come faccio a pisciare?>> << Ora ci fazzu nu purtusiddu na la cima dell’impacchettatura..>> << E come fotto?>> << Pi na simana nenti.. astinenza.. castità…e basta..>> << Na simana senza ficcari?>> << Sì.. poi recuperi e in una notte ti fai tutte le buttane della Trinacria..>>. << Consiglio buono.. lo seguirò… ma con quelle gocce di sangu mise nell’ampolla che ci devi fare?>> << Na reliquia… vanno tanto di moda…e non solo con l’ampolla.. anche con la benda di lino….tra una settimana io ti la levo e ne faccio n’autra reliquia.. il Sacro Lenzuolino di Priapino..>> << E chi sarebbe Priapino? >> addumannò Priapo che invece aveva capito benissimo << Tu sei Priapo, quindi Priapino è la tua ciolla..>> rispose la mamma. << Semmai Priapone è.>> << Senti, fai tu. Pi mia è lo stesso. O Sacro Lenzuolino di Priapino o Sacro Lenzuolino di Priapone non cambia niente.>> << Mi fa male la coppola.. che dolore quando si scoppola.. minchia.. che male di coppola..>> riprese a cantare Priapo, tra l’addolorato e l’ironico. << Vaffanculo..>> concluse la mamma. Afrodite donò al tempio di Munipuzos l’ampolla e la benda. E ogni anno, intanto che i fedeli recitavano la litania di Priapo, intanto che la Sibilla Priapica annacava l’ampolla, il sangue si scioglieva lentamente. Anche quell’anno Priapo partecipò. Come gli piaceva cantare la sua litania. << Priapo Polieus……. Ora pro nobis Priapo Xenios…… Ora pro nobis Priapo Katachthonios.. Ora pro nobis Priapo Meilichios … Ora pro nobis….>> Come gli piaceva pregare per sé stesso. Intanto che la Sibilla Priapica alzava per aria l’ampolla e ci la annacava. In attesa del risveglio. << Priapo ktesios……….. Ora pro nobis Priapo Herkeios…….. Ora pro nobis Priapo Hikesios…….. Ora pro nobis Priapo Soter…….. … Ora pro nobis Priapo Plouton……. Ora pro nobis Priapo Eubouleus…. Ora pro nobis Priapo Klymenos….. Ora pro nobis Priapo Polydegmon… Ora pro nobis Priapo Oanoptes…….. Ora pro nobis Priapo Pancunnus....... Ora pro nobis Priapo Panphallus...... Ora pro nobis Priapo Itiphallicus.. ra pro nobis..>> Gli ultimi tre appellativi erano quelli più amati da Priapo. E venivano ripetuti fino al “ Risveglio del sangue”. Erano una sorta di droga sonora, parole quasi allucinogene, che mandavano i fedeli, per la maggior parte donne, in estasi da orgasmo metaforico. Una cacofonia che stimolava il cunno e le altre parti erogene. Alla fine, quando il sangue si scioglieva, tutti gridavano al miracolo. << La minchia è viva.. viva la minchia.. La ciolla è viva.. viva la ciolla… Lu cazzu è vivu.. viva lu cazzu.. Lu brigghiu è vivu.. viva lu brigghiu.. Lu piripicchiu è vivu.. viva lu piripicchiu.. Lu marrugghiu è vivu… viva lu marrugghiu.. Lu battagghiu è vivu .. viva lu battagghiu...>> E lui felice, dopo il miracolo che avveniva sempre a mezzodì, quando il sole culminava sul meridiano munipuzico, correva nel bosco di Mynkyalonya e si faceva tutte le Menadi. La sera invece si faceva il giro di tutti o quasi tutti i lupanari di Munipuzos. E all’alba andava a fottere , senza limiti di tempo e di atti, la sua Sibilla. Anche quell’anno si recò nel bosco di Mynkyalonya. E si fece tutte le Menadi. Poi si fece il giro dei postriboli e quindi partì per andare dalla sua Sibilla. Invece incontrò, per caso , Cassandra , che andava vaticinando sventure su sventure. Diceva il vero ma non era creduta. Per maledizione divina di Apollo che era stato rifiutato carnalmente. Doppia era la maledizione. Con la bocca sparava profezie che venivano ignorate, col cunno desidera cazzi che non poteva avere. A Cassandra, appena visti a Priapo, ci mangiò lu paparaciannu. Veniva da Purceddopolis unni avia profetizzato sventure ranni. Ed era di Purceddopolis.. era figlia di Priamo. << Attenti a lu pupu cu la minciazza.. Sarà la fini di tutta la nostra razza..>> gridava come una forsennata. << Ci l’hai cu mia, sparaminchiate autorizzata che altro non sei..>> << No.. non parlavo di un dio.. parlavo di un pupo.. cu la minciazza come a tia però…un pupone ranni e tutto minchia…>> << Perchè piangi? >> chiese Priapo. << Tu lo sai perché. Ma se i miei occhi piangono, il mio cunno ride.. piangerà dopo, se qualcuno non piangerà in lui..>> Priapo, essendo dio, non doveva rispettare le maledizioni divine. E siccome aveva ancora pititto di ficcare, ficcò. Una volta tanto il cunno di Cassandra rise. E rise alla grande. Lui di meno. << Cassandra non è buona neanche di pacchio.. è proprio una femmina andata a male.. annuncia il piacere ma non lo sa dare… si sente femmina solo perché ha il cunno , ma se questa è una condizione necessaria non è però sufficiente per fare di una donna una femmina.. il suo cunno è freddo.. gelido.. mortuario.. >> pensò Priapo. Rimasto solo e ancora pieno di desiderio Priapo cantò. Com’era solito fare. << Non so più cosa sono, cosa faccio Or è di fuoco, or è di ghiaccio.. Ogni donna il fallo cangiar mi fa di color Ogni donna il cazzo mi fa palpitar Solo ai nomi di cunnus o di sticchio Mi si turba e s’alza il piripicchio E a trombare mi porta con amore E’ un desio che so ben spiegar Voglio scopar vegliando Voglio fottere sognando Nell’acqua, all’ombra, sui monti Tra i fiori, nell’erba, nelle fonti All’eco, nell’aria, nel vento.. Che il suon della mia minchia potente Portano via con sé.. E se non c’è chi si piglia la mia coda Faccio l’amore con me…>> E attaccò a minarisilla. << E’ meglio una bella e sana minata che farsi Cassandra dalla fica disgraziata..>> << No.. non sprecare il rosso palo..>> disse una voce femminina. Taliò. Era una bella ragazza. Tutta nuda e bagnata. << Chi sei ?>> << Sono Aretusetta.. scappo dal mago Alfiuzzo.. arrivo adesso dal mio paese.... ho attraversato il mare a nuoto... ma lui mi sta inseguendo.. s’è trasformato in fiume sotterraneo per inseguirmi.. e ha detto che mi travolgerà.. mi annegherà… mi farà diventare una sorgente.. accussì farà l’amore sempre cu mia.. ma io non voglio, divino Priapo.. non lo voglio né in carne né in acqua…>> << Mi conosci?>> << No… o meglio sì.. solo Priapo può avere quella cosa.. e io mi voglio sacrificare su quella cosa.. subito… prima che arriva Alfiuzzo…. Meglio la cosona tua che la cosetta di quello…>> << Subito…Aretusetta bella…>> In un amen la pigliò e si l’impalò sul suo rosso palo. E con la sua possanza l’aiutava anche a fare su giù. Stava quasi vinennu quannu si intisi una vuci. << Noooo…buttana..>> Era Alfiuzzo che arrivava sotto forma di fiume. << Buttana ranni.. ma diventerai acqua lo stesso…acqua buttana ma acqua .. e io mi ammischerò continuamente cu tia in un amplesso infinito e buttano.. >> Aretusetta invece, proprio nel momento che Priapo la stava annaciando di simenta, si sciolse in un mare di acqua…Priapo vide solo la sua ciolla emergere dal liquido e sputare verso il cielo la sua simenta. Nasciu accussì la via lattea.. lattea perchè formata dal latte di brigghiu di lu diu ciollaranni. Aretusetta invece addivintau una sorgente di acqua dal sapore di fica.. acqua che si ammiscava col fiume Alfiuzzo… che a sua volta alimentava il lago di Munipuzos. E divenne usanza andare a bere a quella fonte.. tutti andavano a bere... bevevano anche quando non avevano sete.. bevevano tanto per bere.. per gustare il sapore particolare di quell’acqua... << Chi sapi bella l’acqua pacchio..>> E si alliccavanu lu mussu. Comunque era giorno fatto quannu Priapo raggiunse la sua Sibilla. Cassandra prima e Aretusetta poi erano state solo e soltanto due diversivi. Cassandra, bella ma inutile figlia di Priamo, aveva avuto il dono della profezia e la maledizione di non essere creduta. Questo perchè la prima volta che profetizzò si incasinò nu tanticchia. << Dimmi bedda, se vado in guerra torno o moru..>> ci disse un pezzo grosso della nomenclatura di Purceddopolis, tale Asterione. Idda ci arrispunniu in latino: << Ibis redibis non morieris in bello..>> Quello capì e felice partì. Ma crepò. Il padre, più intellettuale del figlio, curriu da Cassandra per diriccini quattro e forse anche cinque. << Chi cappella di mentula ci dicisti al figlio mio ca cripò?>> << Ibis redibis non morieris in bello..>> rispose Cassandra. Il padre capì come il figlio. << Peripatetica regale, quello morì..>> << E io detto ci l’avia, babbo scimunito di lusso… Ibis, redibis non, morieris in bello.. andrai, non tornerai, morirai in guerra…>> <<No.. tu ci dicisti ibis, redibis, non morieris in bello.. andrai, tornerai, non morirai in guerra..>> precisò il padre. << Io ci dissi quello che pensava..>> << Lui capì quello che voleva..>> << La virgola scassò tutto il ragionamento..>> << E scassò la vita di mio figlio.. ma io arrovinerò la tua reputazione… tu non devi solo parlare. Deve specificare unni mettiri la virgola, unni mettiri lu punto e virgola e unni mettiri lu punto..>> << Certo.. e magari unni la devi andare a pigliare in culo..>> rispose Cassandra. E così fu. Cassandra parlava ma nessuno le credeva. Per volere di Apollo. Adesso Munipuzos era una monarchia plutocratica. O meglio, una diarchia plutocratica. Da secoli i cento capifamiglia più ricchi governavano la polis effettivamente anche se a rappresentarli c’era un re vero e proprio. O meglio due. Un re maggiore e un re minore. E a comandare era il maggiore. Attualmente il re maggiore era Agaminkione. Uomo forte e potente. Devoto a Zeus e a tutti gli dei dell’Olimpazzo, ovvero dell’Olimpo di Monacazzo, si sentiva il capodio terreno. E pinsava di fare di Munipuzos la nuova caput mundi. Facia progetti eccezionali per rilanciare la polis e spirava accussì di entrare nella storia. Sposatosi d’autorità alla superba Fikennestra aveva generato tre figlie e un figlio: Ifigania, Elettracunnus , Cunnotemi e Minkioreste… Ifigania era una bella figa sempre corteggiata ma che automaticamente ripudiava i corteggiatori. Diceva che voleva diventare sacerdotessa di Artemide Adiabatica. Artemide l’impenetrabile. Elettracunnus era bella ma emanava scariche elettriche che facevano spaventare l’aceddi e li faceunu naturalmente arrimuddari. Cunnotemi mittia timore. Pertanto le due ultime sorelle erano gelose di Ifigania… e la maledicevano in continuazione.. << Accussì come addumi la minchia a li picciotti per poi lassariccilla addumata allo stesso modo devi addumare tu.. noi che tanto vorremmo addumalla a qualcuno per poi stutariccilla non la addumiamo a nessunu.. Buttana ranni fortunata , tu sei la nostra sfortuna. Ifigania, tu porti sfiga…>> Minkioreste invece si ni futtia delle sue sorelle e di tutto il resto.. e pinsava al suo caro cugino Pilade con cui spesso s’impiladava. Agaminkione teneva pure un fratello, il re minore Minkialao, che era il promesso sposo della bella Elena, la sorelle di Fikennestra. Agaminkione, non avendola potuta ottenere in moglie, aveva ottenuto di darla al fratello. Tutto questo sperando di farne poi la sua amante, perché Elena era il più bel pacchio terrestre così come Afrodite lo era dell’Olimpazzo. Ma c’era un imbroglio nascosto. E che imbroglio. Nascosto e incestuoso. Minkialao infatti era innamorato perso di sua nipote Ifigania che lo ricambiava. E non di amore platonico, bensì carnale assai assai. E il bello è che nessuno lo sapeva. Quelli fottevano alla sanfasò ma nessuno se ne rendeva conto. Comunque Agaminkione governava benino. A parte la megalomania. Facia bene soprattutto i suoi interessi ma pure quelli dei plutocrati in genere. Qualcosa faceva anche per il popolo. Che con grande savuarfer sapia illudere. Il popolo era convinto che in fondo in fondo si la passava benissimo. A dire il vero il popolo bene si la passava veramente. E se non bene, benino senz’altro. Il motto di Agaminkione era “ Panemmi e circensemmi”. Proprietario di tre teatri, il Penta, il Mono e il Tetra, gestiva anche i tre teatri pubblici. E la gente si divertiva. << Minchia chi risati….minchia come mi addiverto, puru li baddi mi rirunu e la minchia mi abballa di cuntintizza.. minchia comu riru a tutti li livelli..>> dicevano tutti. Il re maggiore adesso era impegnato nella costruzione dell’anfiteatro Agaminkione . Grande e capiente e con accanto una sua megastatua crisoelefantina , detta il Colosso. Tutto questo accanto alla sua lussuosissima villa fuori la mura che aveva chiamato la Domus aurea. Sull’esempio di Zeus usava sempre l’espressione “ Mi consento…” Anzi, andava oltre: << Mi consento se voi, carissimi, mi consentite.. altrimenti mi autoconsento di consentirmi..…>> L’ultima trovata era stata quella di costruire un ponte tra Munipuzos e la sua dirimpettaia Purceddopolis . Il ponte doveva passare sul bosco di Mynkyalonya e sul lago di Munipuzos. I tecnici erano al lavoro da tempo. Ma i lavori non erano ancora iniziati. La progettazione era stata difficile. L’architetto Dedalo, ateniese di origine ma monacazzese di adozione e adesso libero cittadino di questa polis, si era impegnato assai assai nella faccenda che progettualmente parlando era stata veramente molto ma molto complicata. Si trattava di un ponte in pietra lavica con sette ordini di archi che così grandi non se n’erano mai visti prima. E alle due estremità due megastatue di Priapo rivolte l’una contro l’altra e con le minchie che si toccavano nel cielo, a formare una sorta di arco della pace del tutto particolare. O di arco della minchia.. o dell’amore.. un arco particolare insomma…Le statue erano previste in pietra, i falli in legno e praticabili. Ovvero, si poteva entrare nelle statue , percorrere la galleria che stava dentro il pene e poi affacciarsi dalla terrazza panoramica che stava nel punto in cui le due coppole si toccavano. Cappella contro cappella.. coppola contro coppola…Comunque ci mancava poco per l’inizio dei lavori..… Il ponte doveva avere una duplice funzione. Secondo Agaminkione doveva diventare l’ottava meraviglia della Sicilia e celebrare il matrimonio tra suo figlio Minkioreste e una figlia qualsiasi di Priamo. Una qualsiasi della cinquanta .. non contava il pacchio e il contorno.. contava solo chi era il papà del pacchio…. E Agaminkione per suo figlio voleva una figlia di Priamo. In quel modo lui avrebbe messo una mano o un piede sul trono di Purceddopolis. Era un modo per conquistare pacificamente la superba polis vicina. Senza guerra, senza morti. Solo con la minchia di suo figlio come arma conquista cunni. E la prima pietra sarebbe stata “ posata” in occasione del matrimonio tra suo fratello Minkialao e la bella Elena. Sarebbe poi stato inaugurato in occasione del matrimonio tra suo figlio e una principessa nata dalla simenta di Priamo. << Due minchie che si salutano.. Che si danno la cappella in cielo.. Novella e bella forma di saluto.. Ciolla contro ciolla per amore e amicizia.. “ Salve , minchia bedda di Purceddopolis..” “ Salve , ciolla bona di Munipuzos..” Due popoli amici e nemici che si pacificano.. Quest’arco di minchie sia la gloria del pacchio.. E della pace tra le due polis.. Basta guerre di spade, lance , scudi.. Basta morti.. vedove .. orfani.. D’ora in poi solo battaglie di minchie.. Per la conquista dei cunni.. Solo guerre di piacere.. Solo guerre di pilu… Ed anch’io che son poeta dico: “ Datemi un pacchiu quantu ci la infilu..” > Questo scrisse il sommo poeta Mhassymylyano da Munipuzos per celebrare il futuro ponte. Quando la lingua latina lu facia incazzare lui scriveva direttamente in italiano. << Sta minchia di latinu nu fatto è sicuro… si la poli iri a pigliare nel culo.. ma purtroppo il mio destino è scrivere in latino... latino poco latino ma latino... e se io non capisco quello che scrivo è perchè la gente non capisce quello che legge.. è ignorante chi legge e non capisce e non chi scrive anche se non sa quello che scrive.. per interpretare le cose che uno scrive ci stanno gli studiosi.. altrimenti a che cazzo servono gli studiosi? ...o no?>> diceva chiaro e tondo. Poi pensava all’importanza di quella lingua, il latino, come d’altra parte era importantissimo il greco, lingua parlata e scritta correttissimamente dal sommo Homerino da Munipuzos. E allora si correggeva. Tornava al suo amatissimo e straamatissimo latino. Perchè lui ufficialmente viveva, studiava e lavorava solo e soltanto per il latino. Ufficialmente però. Ufficiosamente lo mandava amorosamente a farsi fottere, catafottere e strafottere da quando si svegliava a quando andava a dormire. << Mentula.. mentula.. mentula.. fhallus.. fhallus.. fhallus.. mi si sono rotti i testiculos... >> Per Agaminkione Dedalo aveva già costruito molte cose. La più amata dal re e dalla corte era il Labirinto del Piacere.. una struttura a più piani con un solo accesso e poi corridoi su corridoi e tante stanze dove si faceva sesso a lu scuru… qui le femmine traseunu per prime e poi andavano a chiudersi in qualche stanza buia.. poi arrivavamo li mascoli e s’infilavano nella prima stanza che capitava.. e la coppia di sconosciuti facia sesso alla sanfasò.. la disgrazia, matematicamente possibile , era quella di finire tra le cosce di una sconosciuta che poi altri non era che la moglie.. Questo ed altro aveva costruito Dedalo. Quest’uomo era l’ingegno fatta pirsuna. Orami era vecchio assai ma ancora impegnassimo. Molte costruzioni di Munipuzos portavano, come detto, la sua firma. Scultore, poeta, pittore, architetto, inventore e tante altre cose… Dedalo era di tutto e di più. Si era fatto pure un autobassorilievo. Paria lu papà del futuro Leonardo. Stissa faccia, stissu nasu, stissa barba. Nato ad Atene avia ittatu giù dall’Acropoli il nipote che prometteva di superarlo in tutto e per tutto. Giudicato colpevole dalla corte dell’Areopago si nu iu a Creta. E Minosse l’accolse a braccia e portafoglio aperto, la sua signora Pasife a braccia e a cosce aperte. << Le minchie scienziate ci piacinu assai.. la buttana spera sempre di provare qualche nuovo piacere..>> dicevano i cretesi. La prima opera la fece per lei. Costruì una vacca di legno accussì bella che quella riuscì a soddisfare il suo desiderio di congiungersi al Torobianco. Nasciu na cosa strana. Mezzo uomo e mezzo animale. Da picciriddu il Minotauro era stato cresciuto all’interno del palazzo reale; e l’unica che giocava con lui era Arianna. C’era del filinghi tra i due. Minosse invece se ne vergognava assai : pertanto appena quello fu cresciuto diede ordine a Dedalo di costruire il Labirinto. Arianna cianciu siccia e siccia di lacrimi amari. Una struttura così complessa che una volta trasuti non si riusciva più ad uscire. Arianna pianse assai per la perdita del compagno di giochi. Dedalo , per non vederla soffrire, costruì allora il Filo di Arianna, un filo magico che la riportava all’uscita. Quando Dedalo litigò con Minosse, questi lo rinchiuse nel Labirinto, insieme al figlio Icaro. Sapendo che non c’erano vie di fuga, Dedalo costruì delle ali artificiali, con penne e cera, per sé e per il suo caruso. E prendendo il volo scapparono da Creta. Come uccelli in fuga. << Minosse, voscenzamalirittassai.. pigliala in culo tu e tutta l’isola che hai…>> gridò Dedalo in fase di decollo. << Non volare in alto che il troppo sole scioglie la cera e non volare in basso che la troppa acqua di mare appesantisce le penne..>> consigliò al figlio. << Sì.. papà.. stai tranquillo..>> Icaro volò in alto assai.. voleva scoprire la sede dell’Olimpazzo.. invece precipitò cripannu seduta stante. Il padre atterrò in Sicilia, a Kassaropolis, dove re Cocalo lo ospitò volentieri. Ma Minosse , accompagnato da Pasife, si mise a cercarlo ipso facto. << Lo scanno.. lo ammazzo.. lo deminchio e lo detesticolo.. e mi mangio tutto fritto… stu bastardo traditore.. costruì l’armaru fintu per farmi diventare cornuto.. io fatto cornuto dal Torobianco.. Io considerato padre legale di quel mostro del Minotauro.. e quella mocciosa di Arianna che ci giocava.. e ci va ancora a trovarlo nel Labirinto.. chi fa ? Si innamurau del fratellastro mezzo uomo e mezzo armaro.. ma io lo ammazzo a Dedalo.. lo scanno.. lo deminchio..>> gridava come un ossesso Minosse. A Priapo piaceva anche andare nella grotta dove profetizzava la sua Sibilla. La Sibilla Priapica. Creduta e onorata da tutti. Nella grotta, accanto alla statua di Priapo Acheropita , era riportato il suo quadrato magico. Il quadrato palindromo di Priapo. Quello che poteva essere letto in tutti i sensi e aveva lo stesso significato. Quello dove veniva ricordato l’altro suo nome : Arepo . E questo nome lo conoscevano solo Afrodite, Dioniso, e naturalmente Priapo. Neanche la Sibilla sapeva il vero significato di quelle parole. SATOR AREPO TENET OPERA ROTAS AREPO Letta in originale dice: “ S A T O R T E N E T O P E R A R O T A S. “ La traduzione letterale della frase è la seguente “ Il seminatore Arepo adopera le ruote”. << Ma cu minchia è Arepo? E che vuol dire il tutto? >> si chiedevano tutti. Priapo invece sapeva il vero significato di quelle parole. Erano una profezia. Solo una profezia che lo riguardava personalmente. D’altra parte anche il motto della Sibilla Priapica, quello con cui iniziava le sue divinazioni, lasciava poco alla conoscenza. << Obscurum per obscurius, ignotum per ignotius… rivelo l’ignoto con cose ancora assai più ignote, rilevo l’oscuro con cose ancora assai più oscure..>> diceva sempre la Sibilla. Quando quella profetizzava era invasa dal dio. Ed essere invase dal dio Priapo significava solo una cosa : essere possedute dalla sua ciolla. In spirito generalmente.. ma delle volte la possessione era reale. Priapo si divertiva a farsi la sua Sibilla, più la incunnava più quella profetizzava. Il dio si piazzava alle spalle della donna e le metteva la ciolla in mezzo alle cosce. Poi puntava al portuoso e l’infilzava. << Ahhhh… Obscurum per obscurius, ignotum per ignotius >> facia lei. E vaticinava. E lui la inciuciava. << Ahhhh… Obscurum per obscurius, ignotum per ignotius >> continuava lei. E profetizzava. E lui la trapanava. << L’amore di la bella cu lu bellu porterà solo burdellu..>> E lui l’incunnava. << Zinghi zì, zinghi zà, la freccia va proprio là..>> E Priapo ficcava. << Tri ni trasinu e tri ni nesciunu..>> << Accamora una ni trasi e una ni nesci..>> pinsò Priapo. E intanto scopava. << Attenziuna .. attenziuna.. lu pupu è cinu di masculuna..>> E lui insiringava. << Premio Pattuallopolis finisce a bordellopolis..>> << Chista non l’ho capita..>> disse a sé stesso Priapo. E intanto chiavava. << Dite a lu scritturi ca nun manni l’opira di cazzi e culi....>> << Boh.. meglio che penso a fottere..>> E intanto zummiava. << Ottomila erosminkia o la metà? Chi dice la verità?>> << Ma a mia chi mi futti? E’ meglio futtiri.>> pinsò Priapo. E intanto scampaniava. << Non siciliano ti pagherò….Siciliano no..>> << Sta minchia…>> disse Priapo. E intanto insasizzava. << Risolverò tutto in due mesi…o in dieci anni e due mesi..>> << Minchiati…>> pinsò Priapo. E intanto infornava. << I carti ci sunu pi carità.. ma unni sunu nessunu lo sa…>> << Minchiati ranni.. minchiati assai assai ranni se Poseidone fa un terremoto nesciunu fora da tutti li banni…>> disse Priapo. E intanto vinia. << Questo succederà…>> pinsò Priapo << primo o poi succederà…la Sicilia è sismica e ogni vota ca Poseidone si annaca lu culu succedi da qualche parte nu terremoto… e siccome Poseidone teni la camera da letto sutta la Sicilia e dà ci la ficca alla sua assai bellissima consorte Persefassa , ecco che spesso la Sicilia abballa.. “ terra ballerina.. terra ca s’annaca a minchia cina” dice un proverbio. Ed è vero…>> disse Priapo sciennu la cosa soddisfatta dall’altra cosa altrettanto soddisfatta. << Palli…Palli.. Palli.. megghiu li loti ca li pattualla..>> disse infine. A cose fatte si fici la sua consueta cantata. Generalmente Priapo cantava arie tratte dalle opere di un certo Amazeus Volfangum Mozarteum Fallophilus . Ogni tanto ne cantava anche qualcuna di Jiosepha Verdorum. Ma Amazeus era il suo preferito. << Sarò volubile Saro incostante Ma non so vivere Senza amante E se qualcun porco Mi chiamerà Con tutta flemma Gli dirò tondo La fica è la cosa più bella del mondo..>> << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere e avere una minchia, a che minchia serve vivere e avere una minchia e sentire le minchiate delle sibille che sparono a tutta minchia?>> era una delle domande per cui era famoso filosofo Socratino da Munipuzos Mhassymylyano da Munipuzos aveva dedicato a Priapo i suoi Carmina Priapea. Rigorosamente in latino. << Perchè in latino anche le parolacce diventano parole.. dire “mentula” fa dell’uomo un essere colto, dire “minchia” fa dell’uomo un porco .>> dicevano le persone di cultura. E Mhassymylyano lo era. E Priapo, di questa raccolta poetica, ne era contentissimo. Recitava spesso il Carmen XVII. << Commoditas haec est in nostro maxima pene, laxa quod esse mihi foemina nulla potest.. Questo è il grande privilegio del mio pene; che non c’è alcuna donna troppo aperta per me..>> Non avia quindici anni: la frischizza Di ddi carnuzzi aggraziati e ghianchi Accumpagnava la dilicatezza Tuttu era in idda grazia e biddizza; Di lu morbidu pettu e di li cianchi; Beddi l’occhi, la vucca, e beddi l’anchi. Beddi ddi labbra, comu dui girasi. Bedda dda cosa unni si nesci e trasi… Tinti a pinneddu parianu li natichi, Tunni, duri, citrigni e sapuriti; Stavano tutti a taliarla estatichi , Ca muveva l’arrittu a li rimiti; Aveva l’occhi vivili e simpatichi, Dd’occhi unn’era d’amuri la riti; Dd’occhi capaci, ccu na taliata, Di squagghiari la nivi e la ilata. Micio Tempio, La minata di li dei. II. Lu matrimonio di Elena, la prima buttana di Munipuzos Lu nasiddu paria cira chi adduma; La vucca, si la guardi, tu nni spinni, Li masciddi chiù ghianchi di la scuma; Drittu lu coddu aggrazziatu scinni; ‘Ntra lu pittuzzu poi, comu dui puma, Ianchi e tunni spurgevanu dui minni: Li cosci su, di lu chiù espertu mastru, Dui colonni perfetti di alabastru. Dda cosa poi ‘ntra ddi culonni amati, La vidi , in forma rilevata e tunna, E ghianca ‘mmezzu a dui fardi spaccati, Ca su cuperti di nna manta biunna; Dui culunneddi surgiunu a li lati ‘ntra lu mezzu di vadda si profunna; Tennira irvuzza intornu s’agghiummira Intatta di l’aratu e di vummira Micio Tempio, La minata di li dei A Munipuzos era giorno di mercato. Nell’agorà accanto al teatro greco ci stavano un sacco di venditori. E la gente firriava felice. Munipuzos era una polis ricca. Ci stava gente assai benestante. Pertanto gli affari andavano bene. Spesso i mascoli maritati, dopo una girata al mercato, con la scusa di pisciare, andavano al lupanare a scaricare altro. A scaricare una porzione o anche più di latte di brigghiu. <<Vado a cangiare l’acqua alle olive..>> dicevano alle mogli. Mentre le loro femmine continuavano ad accattare. I giovanotti passeggiavano e si taliavano li sticchiaredda ca eunu crisciennu. In particolare il pacchio più ammirato era quello di Elena. Elena la bella, promessa sposa di Minkialao. La ragazza aveva il vizio dello scioppinghi e al mercato cercava sempre qualche tunichetta nova, dei sandali, delle collane o altro ancora. E a debita distanza da lei c’era sempre un gruppo di giovani che estasiati si la mangiavano con gli occhi. << Ahhhh.. chi ti facissi..>> << Ahhhh.. comu ti la mittissi..>> << Ahhhh.. comu ti arridducissi..>> << Ahhhh.. comu ti la sunassi…>> << Ahhhh.. comu ti la infilassi...>> Questo era il pensare mascolino nel vedere la bella Elena. E pare che quannu Elena stava in giro si incrementava l’incasso dei lupanari. In ogni lupanare ci stava sempre qualche buttana che si facia chiamare Elena. La picciotta, con la sua bellezza e la sua sensualità, accendeva il meccio a tutti; e tutti quelli che potevano andavano a ficcare. Chi non poteva si la minava.. e infatti, quando lei era in giro, un odore di simenta si aggirava per l’aria di Munipuzos. Pi na fimmina passare dall’agorà principale era come sottoporsi a una ispezione generale da parte dei mascoli del Plutocircolo di Munipuzos. Situato all’angolo tra l’agorà e la via principale, era la sede ufficiale del pettegolezzo. << Per Priapo e i suoi priaponi.. Elena teni due minne ca su due meloni..>> diceva uno tanto per scherzare. << Io mi la facissi a Elena la bella.. mi la incappellassi sulla mia cappella..>> << Io puru.. cu lu pinseru però… >> << Elena .. il pacchio più bello di Munipuzos…>> << E dicono che lu teni spilato di madre natura..>> << Come la dea Afrodite .. pacchio terrestre come pacchio divino… >> << Non come tutte queste fimmini che se lo fanno spilare da qualche “ spilatore..”>> << A mia mi piace spilato.. anche se spilato a mano.. mi piace di più il pacchio spilato.. e pure io mi sono spilato.. l’aceddu senza pila pari chiù allegro, chiù divertente e pure più grande.. e non mi sono spilato solo l’aceddu.. ma tuttu il pelame che avevo anche altrove..>> << Lu sapennu.. lu sapemu.. anche il buco del culo ti sei spilato...>> << Anche quello.. perché spilato è bello.. si caca meglio.. e se uno vuole farsi inchiappettare tutto procede meglio..>> << Culattone ricchione…>> << Io? Sta minchia. Io dugnu e basta.. e darei volentieri a Elena la bella..>> << Comunque beata Elena… e beato chi si la inciucia..>> << A Munipuzos molti se la sono fottuta… illibata ufficialmente ma troia ranni in privato.. la purcedda di Munipuzos la chiama un noto plutocrate locale che si l’avi fatta in tutti i modi possibili e che poi è stato lassato come un salame. ..>> << Io direi che è stato lassato come un pupo con la minchia in mano … proprio nel momento del bisogno… raccontano che all’improvviso, mentre che Elena lo cavalcava, idda levò la sua campana dal battagghiu e si ni iu dicennici “ Addio.. sonitilla a mano .. il mio cunno è chiamato a più alti destini..“.. Quello capi “ il mio cunno è chiavato da più alti ciollini”.. e l’uomo restò così scioccato che ci vinni la depressione nella minchia e nel ciriveddu.. e da allora non ficca più..>> << La capabuttana…. >> << Comunque ci manca picca ca Minkialao ci la ficca..>> rispondeva un altro. << Ma sicuramente ci la ficca già.. ufficiosamente.. dopo il matrimonio invece ci la ficcherà ufficialmente.. Elena tiene un pacchio che grida “ Ficcami.. ficcami”..>> aggiungeva un altro. << In fondo tinia dudici anni quannu assaggiò lu citrolo di Teseo.. quello che viene considerato il suo primo marito…>> << Ma lu assaggiò davanti o darreri?>> << La storia dici ca iddu la sodomizzò.. per non fare danni irreparabili…>> <<Ahhhh… chi ci fici Teseo alla bella Elena…>> facia sempre lo scemo di turno. << La sodomizzò…>> << Ahhhh…la soddominchizzò... Ahhhh ... ci misi la minchia .. scusati, ma unni ci la misi la minchia?>> chiedeva lo stesso scemo di prima. << Ci la mise in culo.. come noi la mettiamo in culo a tia quando non abbiamo la giusta quantità di erosminkia per andare a buttane..>> << Sta minchia.. in tempo di necessità ci la putiti puru infilari alla vostra mammà.. ma a mia no.. sta minchia..>> rispondeva lu babbu. E scappava. << Secondo me invece quel paraculo di Teseo ci la mise nel posto canonico.. da retro ma nel posto canonico, poi fici capiri ca ci l‘avia messo nel vaso alternativo per farla restare con la fama di vergine e consentirgli di attruvari un marito appartenente alla nomenclatura…infatti avete visto che sfilata di uomini d’alto rango e ciolle famose c’è stata per la sua messa all’asta matrimoniale? Odisseo Penevagante.. Diomede Mentuladoro… Palamede Incunnide… Aiace Teladoinmona.. Aiace Teladoinculio.. Euripilo Cercapilo… Filottete Fottettete.. Idomeneo Sfondaimenei .. Apollonio Incarpasciò.. e altri…tanti altri…>> diceva l’intellettuale del gruppo. << Più che la ricerca del citrolo più sostanzioso è stata la ricerca del citrolo più ricco…>> << Chiù l’aceddu miu è ricco, chiù facile è ca a Elena ci la ficco..>> disse un picciotto che passava per molto assai ironico. << Secondo me li dovevano fare sfilare nudi.. e poi scegliere quello con la minchia chiù grossa..>> << Invece scelsero quello con patrimonio più consistente…>> << Il babbo di Minkialao si attruvò accussì il cunno più bello di tutti..>> << Grazie anche alle pressioni di Agaminkione… che la vuole come cognata con la speranza di ficcarisilla nel letto..>> << Manca picca al matrimonio.. veramente picca.. e mi sa che il re maggiore Agaminkione, prima o poi ci la ficca alla moglie del re minore Minkialao..>> << E intanto è Minkialao ca ci la ficca…. >> << E per giunta tutti i pretendenti funu convinti a giurare di addifenniri ,vita natural durante, il diritto alla proprietà del cunnus di Elena da parte del marito.. qualunque cosa succederà. E questo prima della scelta ufficiale.… e tutti si sono impegnati… >> << Ricordo il giuramento.. fatto tenendo in mano, tutti assieme , la ciolla della statua del Priapo dormiente.. “ Io giuro di difendere il diritto al pacchio di Elena da parte della minchia del prescelto . Sacrosanto è il suo diritto ad avere l’esclusiva del pacchio di Elena.. tutti per lo sticchio di Elena.. lo sticchio di Elena solo per il marito…lo giuro sul santo divino aceddu di Priapo….” Ma il realtà avrebbero voluto dire “ Tutti per lo sticchio di Elena.. lo sticchio di Elena per tutti..” >> << Pare infatti, secondo pettegolezzi di corte, che la notte prima della decisione finale, o meglio, della comunicazione del prescelto, del fortunato, che secondo tanti era stata già decisa a tavolino, pare che durante quella notte definita di “Meditazione spirituale”, la bella Elena si sia fatta il giro dei vari appartamenti per farsi insasizzare da tutte quelle sasizze ed operare poi una scelta sul campo… in realtà voleva solo provarle.. ingegnarle… ma per il resto sapeva già con chi si doveva maritare… il testa di minchia più ricco era Minkialao.. con lui doveva maritarsi.. poi poteva sempre farsi un amante.. o anche più di uno.. perchè un pacchio spilato come quello di Afrodite è insaziabile…>> << Così dicono i pettegoli.. e pare che la ciolla chiù bella e soddisfacente sia stata quella di Aiace Teladoinmona…. Come gudiu cu quello cu nessun autru. >> << Questo vuol dire che prima o poi ci saranno questioni.. quella è buttana di matri natura… e prima o poi combinerà dannu… >> << Figlia di buttaniere nun poli ca siri buttana..>> << Io farei subitu dannu pi idda.. me ne fotterei se crepasse il mondo intero.. l’importante fossi ficcariccilla a Elena….>> << Ma lu pacchiu è sempre lu stissu..>> diceva Prudenzio. << Nonsi… c’è pacchio e pacchio.. quello di Elena è pacchio nobile e mezzo divino… è o non è la figlia di Zeus… ficcare con Elena è come ficcari cu na mezza dia.. è sintirisi, se non in cielo, a metà strada senz’altro…. >> << E poi è bona…. Troppo bona.. bonissima.. e dicono che abbia una cosa in comune con Afrodite..>> << Certamente.. il buttanesimo.. la buttana universale e la buttana terrestre..>> << No.. hanno il comune il pacchio spilato.. di matri natura.. pacchio allegro e sempre sorridente…>> << Beato Minkialao..>> << Beato Teseo che la ingignò..>> << Beato cu ci la ficca..>> << Ma lo sapete che ci sta un mistero sulla vita di Elena.. pari che Teseo la misi incinta e idda poi cacau nu picciriddu ca scumpariu dalla circolazione..>> << Ne ho sentito parlare.. cazzi suoi comunque…>> << Sentite picciotti, a forza di parlare di Elena, a mia mi è venuto un’aceddu priapescu.. pertanto vado al lupanare.. se ci volete venire, fate pure.. altrimenti arrivederci e buone minate…>> diceva Filostrato. E in tanti partivano per il lupanare. Arrapati dal pensiero di Elena, cunno mezzo umano e mezzo divino. Cunnu forse sfunnatu da Teseo… cunnu forse già madre.. cunnu destinato a Minkialao.. desiderato da Agaminkione.. ma anche da tutti gli altri maschi in attività.. cunno destinato a fare dannu. “ La fimmina ca si fa cunnu porta sulu vai na lu munnu” diceva un detto popolare d’allora. Forse ancora valido. << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere e avere sulla coppola della minchia Elena, a che minchia serve vivere a Munipuzos e avere una minchia?>> era una della tante varianti della domanda base per cui era famoso filosofo Socratino da Munipuzos, uno dei frequentatori chiù assidui del Plutocircolo. C'era una volta l'età dell'oro, poi quella d'argento, di bronzo: al giorno d'oggi Afrodite è tutto questo insieme: venera l'uomo dell'oro, bacia l'uomo del bronzo, non scappa mai via dagli uomini che hanno argento. È come Nestore. E credo che Zeus scese da Danae non come pioggia d'oro, bensì portando cento monete. Antologia Palatina Elena infatti era una picciotta bellissima dell’aristocrazia di Munipuzos. Sorella di Fikennestra e già causa di liti tra mascoli arrapati in cerca di un cunno bello, nobile e ricco. Agaminkione stesso aveva cercato di farne sua moglie. Poi aveva dovuto ripiegare sulla sorella di Elena. Ma adesso la vedeva come futura cognata in quanto promessa sposa di Minkialao.. e da cognata poteva riprovarci…. Un cunnu in casa è più facilmente acchiappabile di uno di fora… a parte il fatto che Minkialao era anche chiamato Babbalao.. perchè era si bello e cazzuto ma era anche babbo assai… insomma, Agaminkione si la sentiva già sul suo aceddu impalata. La regina minore sulla minchia del re maggiore. Il re minore cornuto causa del re maggiore. In ogni caso corna di famiglia. Comunque, al di là della presenza o meno di Elena, tutti i picciotti, nel giorno del mercato, attaccavano a corteggiare. Con la speranza di scopare presto. Speranza possibile. Perchè le femmine la davano con facilità. Se non proprio il pacchio, davano il retropacchio. In ogni caso poi c’era sempre il postribolo. Solo che per spitittarsi ci volevano i soldi. Pertanto , se non avevano i piccioli, si facevano accalappiare da qualche finocchio. Un pompino e una messa in culo erano meglio che farsela a mano. E poi, a dire il vero, il finocchio faceva sempre un regalino al picciotto che gli passava una bella dote di sasizza. E il regalino era l’ideale per andare al casino. L’altro passatempo dei portatori di ciolla locale era il corteggiamento delle donne sposate. Il portone era già aperto. E sperimentare nuova sasizza era sempre piacevole. Tra i picciotti che si aggiravano al mercato c’erano spesso Castore e Polluce, i fratelli di Elena, che assetati di pacchio corteggiavano tutto quello che respirava. Purché fosse femmina. Rigorosamente femmina. Corteggiavano sempre la stessa femmina insieme perchè insieme la volevano. Era il loro vizio non tanto segreto. Legati sin da piccoli si amavano tantissimo ma non lo avevano mai fatto fisicamente. Non si erano mai reciprocamente posseduti. Il loro amore si manifestava solo nel possedere contemporaneamente la stessa donna. Nello stesso portuoso possibilmente. Godevano nello strofinarsi l’aceddu l’uno contro l’altro dentro uno sticchio femminino.. << Unu lu trasi , l’autru lu nesci.. a di futtiri sempre accussì ci arrinesci..>> diceva Castore. << La bedda ciolla mia si strica cu la tua ciolla bedda dintra la stissa vanedda..>> rispondeva Polluce. Figli di Zeus e Leda, fratelli di Elena e fratellastri di Fikennestra, avevano litigato già prima di nascere dintra la panza materna. Ognuno voleva uscire per primo… poi erano usciti insieme.. forse per questo volevano ficcare insieme e nello stesso buco. Al mercato andavano spesso “ i due finocchi”, Adone e Narciso. Erano due amici bellissimi, , che amavano andare sempre in giro. Erano uno chiù bello dell’altro. Questi corteggiavano con successo, ma poi facevano sempre cilecca. Alla fine si consolavano tra loro. Adone, frutto dell’amore incestuoso di Mirra per il padre Cinira, era uno splendore nel vero senso della parola. Da neonato era tanto bello che aveva fatto impazzire di desiderio anche la dea della bellezza Afrodite che l’aveva nascosto in una cascia. << Mi lu crisciu pi mia .. sulu pi mia.. sarà il mio fottitore personale.. il mio minchiobello..>> pinsava la dea. L’aveva affidato a Persefone , ma pure questa si era innamorata del bel neonato. Tanto da non volerlo ridare alla prima. << Lu ammucciu e sulu iu mi lu ciucciu…>> Ci funu insomma questioni. Risolti con l’intervento di Zeus. Na vota crisciutu, lu caruso era tanto e talmente bello che a tutti ci facia veniri il pititto. I masculi gli pizzicavano spesso il culo. Le femmine lo tastavano altrove. La stessa Afrodite pazziava per lui. Ma lui niente. Accettava le coccole e coccolava con arte. Ma al dunque tutto si ammosciava. Nonostante tutto lei lo bramava. Quello che non sapeva fare con la ciolla Adone però lo faceva con le mani. E con la lingua. Toccava che era una meraviglia. Cunnidigitus. Leccava che era un paradiso. Cunnilingus. Comunque Afrodite sperava di riuscire a farselo prima o poi. La bellissima e il bellissimo. Per adesso si accontentava di lavorarlo di bocca. Il picciotto gradiva il pompino. La fellatio. << Tanto farò che la sua minchia avrò..>> pensava Afrodite. Intanto si accontentava di questi furiosi e soddisfacenti amplessi in cui Adone usava le mani e la lingua. La lingua, grazie alla sua flessibilità, facia veramente miracoli. Anche Narciso appitittava a tutti. E respinse pure l’amorosa follia di Eco. Condannato ad amare se stesso andò avanti con l’autoerotismo fino a quando non conobbe Adone. Tra i due fu subito amore. Quel giorno tra i tanti che si aggiravano per il mercato c’era anche Priapo. Cercava, come al solito, minchiateddi da accattari. Ma soprattutto cercava un incontro un po’ ravvicinato con Alcmhona, una delle più belle donne di Munipuzos. E forse anche l’unica vergine certificata rimasta sulla piazza. Vergine ma maritata. Sposata al generale Anfistronzone che aveva rispettato il suo desiderio di arrivare col portone sano al matrimonio, tale era rimasta perchè nel pomeriggio del giorno delle nozze il marito era dovuto partire per una missione segretissima , una missione militare, nientepopodimeno che ad Atene. Neanche il tempo di consumare con una sveltina. Tanto per…consumare. Per spalancare o socchiudere il portone. << Dammilla di cursa..>> ci avia detto lei. << Non posso.. devo obbedir tacendo..>> << Una botta e via.. accussì.. additta.. tanto per sfondare il portone..>> << Al mio ritorno..>> << E se pi disgrazia tu morissi?>> Anfistronzone si toccò le palle in segno di scongiuro e non rispose. << E se pi disgrazia tu morissi?>> ripeté la donna. << Minchia, chi camurria… devo ancora pigliare quello che è mio e già mi rompi i coglioni.. Alcmhona , ma sei per caso una femmina scassacazzu puru tu?>> << E se pi disgrazia tu morissi?>> ridisse la donna. << Minchia.. senti bedda.. e per colpa tua se tieni quella cosa ancora sana.. prima ho aspettato io, adesso aspetti tu… in fondo il tuo aspettare il matrimonio è stato solo un capriccio, il mio invece è solo un dovere..>> << E se pi disgrazia tu morissi?>> << Senti.. se crepo, ti prometto che il mio aceddu te lo farò recapitare imbalsamato.. accussì ti lu sbatti dà.. e potrai sempre dire che la tua prima volta è stata con tuo marito.. e che minchia..>> << E se pi disgrazia morissi io?>> << Minchia chi pacienzia ca ci voli.. senti bedda, se crepi tu, io vengo e ti la ficcò anche da morta .. sarà necrofilia ma te lo prometto.. ti la ficco anche da morta.. per evitare la contraddizione di essere morta vergine e maritata..>> << Anfistronzone , ti voglio bene.. ma in tutto questo tempo una sveltina l’avremmo potuta fare..>> << Veramente sì.. ma adesso è tardi.. al mio ritorno bel pacchietto dell’amore mio..>> << Al ritorno, bel minchione dell’amore mio..>> Così lui era partito. E non le aveva lasciato neanche un Sosia. Adesso erano passati tre mesi. Priapo s’era addeciso che doveva essere lui ad aprire quel portone. In incognito, ma lui. Pertanto cercava l’occasione per attaccare discorso. In attesa di attaccari qualcos’altro . Da una settimana ia a pisciare davanti alla casa di Alcmhona. Si scia la pompa e pisciava per un tempo lunghissimo contro la finestra della signora vergine. << Chi fu? >> si chiesa Alcmhona vedendo arrivare quello spruzzo. E da una feritoria, non vista, taliau fora. Ma Priapo, occhio fino, capì d’essere guardato. << Mizzica.. chi mazza…. Pari nu sceccu.. anzi di chiù..>> E sospirau. Aveva rifiutato la minchia del marito fino al matrimonio. Poi quello era dovuto partire e lei era rimasta col pitittu dell’aceddu maritale. Ma chidda del marito si l’arricordava piccola. L’avia sulu vista e na vota tuccata. Chista era eccezionale, Nun taliò manco il piscione in faccia. Tutta la sua attenzione fu pigliata dallo strumento. E sospirau, arrussiau, si intisi pigliare da una smania e corse al cesso perché per l’emozione si era pisciata. Si sentiva tutta bagnata. Ma in realtà non si l’era fatta addosso. Capì che s’era pisciata di piacere. Adesso era al mercato pi pigghiari una boccata d’aria. La notte non dormiva. Pinsava all’uomo che da una settimana pisciava contro la sua finestra. Si sentiva anche taliata. Tutti sapevano della sua condizione di femmina maritata e vergine. Le femmine la commiseravano mentre i mascoli la desideravano; ed erano tutti pronti a far le veci di Anfistronzone. Ma lei era fedele. Stava accattando degli orecchini quannu si avvicinau nu masculu. << Salve Alcmhona bedda, voscenzasabbinirica.. e vasamu li manu per non dire altro..>> disse l’uomo. << Non parlo cu li sconosciuti..>> << Ma io ti voglio acconoscere..>> << E io no…>> << A dire il vero ci conosciamo già.. >> << Minchiati.. mai vista la tua facci racchia e laria e bruttazza…>> << La faccia no.. ma altro sì…perché le donne non guardano mai in faccia l’uomo se lo possono taliare in quella che è la parte chiù interessante.. anche per valutare se vale la pena o no..>> << Ancora minchiati racconti…>> rispose Alcmhona. << Senti bedda …io sono l’uomo della pioggia…>> << Ahhhh….>> << Quello che fa chioviri contro la tua finestra… >> Alcmhona non rispose. << Alcmhona.. non sai che ti perdi…>> << Vaffanculu..>> rispose la donna. << Dintra il tuo volentieri..>> pinsau l’uomo. La donna tornò verso casa e attruvau lo sconosciuto che l’aveva infastidita al mercato davanti il suo portone. Stava pisciannu. << Che fai? Purceddu lurdu vastasi porcu purcazzu…>> << Alcmhona bedda… staiu sulu addimostrandoti che ci sono strumenti e strumenti.. e io voglio mettere il mio a tua disposizione….>> << Mai… meglio morta che impalata da quel palo…>> << Sarai mia tutta.. Mia prima di Anfistronzone…>> << Sta minchia.. fai una inversione a U e ti la sbatti in culo tu..>> rispose la donna. Nel dire quelle parole si pisciò per il piacere. << Lu surci dissi alla nuci: dammi tempu ca ti spurtusiu.. iu dicu ad Alcmhona : dammi tempu ca ti la ficcu unni vuoiu iu..>> E andò via cantando. << Donne, è qui l’uccello d’amore.. Chi lo vuole eccolo qua.. Ch’ei fa caccia tutto l’anno… Vecchie e giovanette lo sanno.. Quest’uccello ad un mio fischio Trova sempre uno sticchio.. Sono allegro, son contento,, Migliore di questo al mondo non c’è .>> Un altro mascolo si era appitittato di Alcmhona. Si trattava di Zeus in persona. Che stava studiando come farisilla prima del marito. Non Anfistronzone doveva consumare, ma lui. E Zeus, che dall’Olimpazzo avia visto le manovre di Priapo, non temeva la concorrenza di quel suo nipote.. era sì la minchia più potente dell’orbe.. ma lui era chiù furbo del picciotto… e il portone l’avrebbe sfondato lui… Lui avrebbe aggiunto al suo elenco di fimmini fottute il nome di Alcmhona.. e dintra la matrazza avrebbe infilato uno o più pila del desiderato cunnu. << Mi consento di pigliarmi questo cunnus bello.. per il piacere del mio glorioso uccello…>> canticchiava il capodio tuccannisi con una mano la coppola ca tinia in testa e con l’altra la coppola della minchia. Alcmhona la notte non dormiva. Pinsava all’aceddu dello sconosciuto e lo desiderava. Non sapeva chi fosse quell’uomo cazzuto ma era uno spettacolo della natura. Certo, era lariu e pilusu come una scimmia pilusa ma tinia na mazza pi mazzuliari fimmini e non solo che era uno spettacolo. Poi si scantava e piangeva. Pinsava allora al marito lontano e desiderava la sua ciolletta. Poi si la allisciava nu tanticchia e si addormentava sospirando. Nel sonno veniva lo sconosciuto dalla grande spada di carne e la infilzava alla sanfasò. E lei godeva fino allo svenimento. Allora si svegliava tutta sudata, ansimante, in preda allo spavento e al piacere ma anche tutta pisciata. E capiva che era stato solo un sogno. Per fortuna.. O forse, per sfortuna….. L'appendice dei ragazzi può avere una triplice forma, Diodoro: te ne dirò tutti i nomi. Quando non l'ha ancora toccata nessuno si chiama cosino, pisello quando comincia ad essere florida, quando vibra nella mano lucertola, quando è adulta, sai bene come si chiama. Antologia Palatina Adone e Narciso si erano conosciuti nel bosco di Mynkyalonya. Narciso scappava dalle offerte amorose di Eco. << Narciso.. iso. .iso.. iso.. fammi tua ..ua.. ua…ua…ficchimilla… illa.. illa.. illa >> Quando scappava andava ad infilarsi in una filazza della roccia che immetteva in un piccolo laghetto. Qui si levava la tunica e si contemplava nello specchio d’acqua. << Comu sugnu beddu.. dalla punta di lu nasu a chidda di l’aceddu… Sugnu propria biddazzu da la punta di lu peri a chidda di lu cazzu.. Nu fattu è sicuru.. sugnu beddu magari di culu.. Io mi amo.. mi amo.. mi amo all’eccesso e fazzu l’amuri con me stesso……...>> E nel dire questo si impegnava con fervore nelle pratiche autoerotiche. Insomma, si la minava. Ma un giorno, intanto che faceva tutto questo, visti sciri un picciotto bello come il sole dall’acqua. Paria la sua immagine, paria un suo gimello. Il picciotto si avvicinò a Narciso e ci desi na mano. Narciso lassau fari. Anzi ricambiò. Era cummintu di fari lu mina mina con sé stesso. Per ua magia si era materializzato un secondo io. Una bella illusione ottica. << Narciso...io ti amo..>> disse vinennu. << Adone.. mi chiamo Adone… e ti amo anch’io..>> Accussì iniziò la storia omo tra i due. Corteggiavano sempre li fimmini ma poi si futteunu a vicenda. Dopo aver però discusso a lungo sul tema “ io prima la ficco a tia o tu prima la ficchi a mia”. E siccome non arrivavano mai alla soluzione iniziavano a lottare. Era una lotta amorosa, ideologica, morale, intellettuale , erotica, sentimentale e soprattutto fisica. Perchè prima o poi uno dei due riusciva a mettere l’altro sotto e a piazzargliela nel culo. Era tutto un guizzare di muscoli, un strofinio di corpi, un darsi baci, muzzicuna e alliccati. Ma anche un darsi manate e carezze. Era una corpomachia, una manimachia, ma soprattutto un bicazzomachia. Una sorta di “ Jus primae inculatorum..” . Perchè poi, democraticamente, toccava all’altro ricambiare il favore e l’onore . Purtroppo in contemporanea non potevano farlo. Era possibile il simultaneo coitus manualis e la fellatio ma l’analis no . Neanche ricorrendo a tutte le tecniche acrobatiche di questo mondo. Bisognava procedere uno alla volta. Pertanto doveva sempre esserci uno dei due che doveva essere inchiappettato per primo. Neanche nel Munipuzosutra ci stava una pratica democratica per quella forma di sessualità. Nello stesso laghetto veniva, dopo ogni avventura amorosa, Priapo. Veniva a farsi un bel bagno nelle chiare freschi e dolci acque.. ma soprattutto a lavarsi il rosso palo sempre tiso. Ma non aveva mai incontrato Narciso e Adone. Per i casi del caso. Li conosceva soltanto di vista.. Se quelli erano i due finocchi belli, lui era il dio cazzuto e lariu. Ma una mattina , dopo aver fatto una bella nuotata sott’acqua, appena sciu si attruvò i due che amoreggiavano. Si vasavano e si tenevano in mano l’uno il coso dell’altro. Taliò con interesse lo spettacolo. Una bedda bimentulamachia manuale. I due belli erano tanto presi dal loro gioco amoroso che non notarono l’uomo cazzuto che li osservava. Priapo non aveva mai avuto esperienze omo. O meglio, l’aveva messo in culo ai ladri ma solo per dovere. Non piacere ma dovere. Quindi con violenza . In tanti l’avevano stuzzicato a causa del suo bel culetto, che era tale e quale quello di mamma Afrodite. Lui delle volte era stato al gioco. << Prima mi dai il tuo di culetto che poi io ti do il mio..>> << Sì.>> rispondevano quelli. A questo punto lui tirava fuori la consistente sorpresa. E i masculi, vedendo quello che c’era davanti, si spaventavano e fuggivano. Una cosa era andare in culo a Priapo, ma se Priapo voleva andare in culo a loro erano cazzi amari. Se per caso accettavano era Priapo che si tirava indietro. Lui era etero. Rispettava tutti ma personalmente era etero. Almeno fino a prova contraria. Anche se ogni tanto ci vinia il pititto di una avventura omo. Non da amante ad amato. O viceversa. Ma da amante ad amante. Pari diritti e pari dignità. Attualmente lui inculava per dovere solo i ladri. Li stuprava e basta. Veniva nei loro culi ma non provava piacere. Poteva anche finire in bocca ma non provava neanche in questo caso piacere. Solo e sempre stupro. Inculare un ladro o tappargli la bocca era solo una pratica d’ufficio. Lavoro e basta. << Mai dire mai…ma per adesso dico no.. o forse dico solo forse… quannu capita capita…>> pinsava democraticamente taliando quei due. Belli e senza un pilo. Mentre lui di pila era pieno. Eppure suo padre ne aveva pochissimi di riccioli sul pene e sua madre addirittura era pacchio spilato di madre natura. Lui invece era una quasi scimmia , a parte il culo. Ci vinni pititto in quel momento di vivere una storia omo per passione e non dovere. E ci vinni anche il desiderio di scipparisi li pila. Di spilarsi tutto. Ci vinni il pititto da fare presto l’una e l’autra cosa. Anche i riccioloni che decoravano l’aceddazzu voleva scipparsi. Quello spettacolo lo stava eccitando e turbando. << Come sunu belli.. come si la minano bene .. >> pinsava il dio minandosela. E senza dire niente si mise a minarsela pure lui. Puntò l’arma contro quei giovani in amore e si concentrò al punto tale che in quattro e quattrotto vinni. La sua simenta arrivò addossò ai picciotti. Che si scantanu vedendo Priapo. Poi videro l’arma di carne e si scantanu chiù assai. << Se chissu ni pigghia ci la ficca in culu e ci la fa sciri da la ucca. >> disse Adone. << E se ci la duna a sucari ci fa cripari soffocati..>> rispose Narciso. << Scappiamo…>> << Scappiamo…>> E fecero per scappare. Nudi e con l’aceddi tisi. Priapo visti due culetti che lo mandarono in visibilio. Come scappavano quei culetti. Quattro natiche quattro che fuggivano. Che spettacolo. << Non abbiate paura.. Adone e Narciso belli.. voi a me siete cari assai.. soprattutto Adone.. caro a mia come caro è a mia mia madre Afrodite, detta anche Cunnuspilatu. Cari, non scappate..>> << Minchia.. ni canusci…>> E si bloccarono di botto. L’aceddi già sgonfi per lo scantazzo. << Sono il dio Priapo.. Il figlio di Afrodite.. quella che pazzia assai assai per tia Adone bello.. e dovete sapere che non ho intenzione di farvi del male.. avreste dovuto arriconoscermi dall’aceddu.. solo il mio in tutto l’orbe è accussì grande…>> << Ver’è.. voscenzasabbinirica.. e vasamu li manu e li peri..>> dissero i ragazzi . << No.. non datemi del voi.. datemi del tu..>> propose Priapo. << Certo.. toscenzasabbinirica.. e vas…..>> << Niente formulette giaculatorie e minchiate vari.. niente vasamu li manu e li peri.. e nient’altro naturalmente..>> << Chi diu democratico…>> dissero i ragazzi. Poi tornarono indietro e raggiunsero il dio. Parranu assai. Addivintanu amici. << Io, Priapo, garantirò a vita la consistenza del vostro aceddu… per il vostro piacere personale.. per Zeus e i suoi zeussoni.. >> << Grazie…per Priapo e i sui priaponi..>> << E allora io dico.. per Adone e i suoi adononi e per Narciso e i suoi narcisoni..>> << Adonini,.. >> disse Adone. << Narcisini..>> disse Narciso Risero. Adone e Narciso si talianu in faccia e sparanu la dumanna. << Priapo.. ti lu putemu tuccari?>> << Sì.. fate pure…se volete, minatimilla pure.. e se siti assetati, abbeveratevi.. mai rifiutare da bere agli assetati..>> Adone e Narciso ci la minanu e poi si bivenu nu tanticchia di latti di brigghiu. Quel giorno nasciu una bella amicizia basata sul fallo. << Semu li tri minciazzi….>> disse Priapo. << Facemu una minciazza e due minchiette..>> risposero i ragazzi. << No… quello che conta è la media..>> rispose Priapo. Risero. A Priapo per la prima volta ci pruriu lu culu. << Sono bellissimi.. potrei provare a farmi inchiappettare da loro.. mai dire mai.. adesso potrei dire sì…la bellezza va gratificata…>> pinsò nella sua testa divina. << Scusate.. picciotti.. posso chiedervi un cosa ? >> chiese poi Priapo. << Minchia.. lu culu voli..>> si chiesero i ragazzi. << Chi voi, amicu beddu di culu e d’aceddu? >> dissero. << Sapete.. io che passo per pornofilo ed erotomane.. io non l’ho mai pigliata in culo.. >> E si bloccò. E cangiò idea. << La voli in culo da noi?>> pinsanu li carusi. << Volete farmi vedere come fate?>> chiese infine. << Ahhhh… non poteva essere ca un dio vulia in nostro aceddu..>> si dissero mentalmente. Adone e Narciso si talianu in faccia. Si fecero un dialogo muto ma esaustivo. << Sì..>> risposero. E si esibirono dopo la solita querelle . << Io prima a tia o tu prima a mia..>> Priapo taliò incuriosito ed estasiato. La discussione erotica, il maneggio del manico, la lotta per vedere chi finia sotto l’altro . << Bello spettacolo.. violento al punto giusto.. mi piace…>> pensò Priapo. Poi disse: << Picciotti, mi volete dare questa grande soddisfazione a mia? A mia che l’ho sempre data alle femmine, mi la volete dare voi questa grande soddisfazione? >> Adone e Narciso si talianu in facci. << Grande non proprio. Se proprio vuoi ti possiamo dare una piccola soddisfazione ..tranne che poi tu non ci vuoi dare chidda granni a noi..>> << No.. no…tranne che non lo desideriate.>> Adone e Narciso si talianu. Lo desideravano ma si scantavano. << Lu vulemu... ma tutto no . Non per qualche cosa.. solo che lo spazio non c’è...>> precisò Adone. << Tutto sarebbe impossibile..>> aggiunse Narciso. << Ricordatevi la saggezza popolare.. la casa capi quanto vuole il padrone…>> disse Priapo. << Fino a un certo punto… se la casa è nica, è nica…. facciamo sulu la punta..>> dissero i ragazzi. << Sulu la punta.. d’accordo.. come dire n’assaggio…. ma dopo di voi..>> << D’accordo..>> dissero in coro. Adone prima e Narciso poi trasenu in quel culo. Dopo la solita litigata. Gudienu assai pinsannu a chiddu ca li aspettava. A Priapo ci parse appena un solletichio. E rimpianse quella volta che aveva detto “ no” a lu sceccu. Comunque decise che il sesso è sesso e basta. Etero o omo, mono, bi e pluri, sono solo distinzioni morfologiche stupide e bigotte. Poi fu Priapo che ricambiò il favore a Narciso prima e ad Adone poi. Solo la punta. Ma quelli dicevano :<< Ancora.. ancora… tutto.. magari n’autro pizzitto..>> << No.. solo la punta .. altrimenti facciamo danno.. e poi i patti sono patti…>> << Tutto.. tutto.. tutto..>> gridavano quelli. << Non è possibile.. giuro…avendo una ciolla come la mia è un problema iri in culu.. e a volte anche in cunnu.. sono poche le femmine che possono permettersi sta cosa sana sana… solo le femmine femmine possono permetterselo.. perché il piacere ci allarga la domus mentula all’inverosimile…>> << Beate loro..ca si pussierunu sta cusazza sana sana..>> dissero i ragazzi. Alla fine, assittato in mezzo ai due picciotti, intanto che Adone e Narciso si taliavano negli occhi ma con le mani gli tenevano l’aceddazzu, Priapo , che a sua volta teneva in mano gli acidduzzi dei carusi, cantò com’era solito fare. Ma intanto ci vinni una bella idea. << Ottimi giovani… con gioia accetto il vostro amore… Nei vostri cari sederi scoprirò la mia felicità.. Ma ahimé.. se dolore crudele seguirà il nostro amore, lo compensi la gioia di scopare.. Giovinetti pensateci bene.. Nulla mi è più prezioso e caro del vostro culo e della vostra mano… Colmo di puro fuoco d’amore vi do in pegno il mio fallo e il mio cuore..>> Alla fine della cantata palesò la pinsata che aveva partorito. << Sentite, beddi carusi, ma pirchì nun facemu nu esperimento? >> chiese Priapo. << Subito… a disposizione…illuminaci ..>> dissero all’unisono i due ragazzi che oramai avevano perso lu scantu e si aspettavano solo piaceri infiniti. << Mittitimilla in culo contemporaneamente…>> << Subito..>> Priapo li fici mettiri distesi per terra, peri contro peri. Poi li fici scivolare l’uno contro l’altro. Le gambe alla fine formavano la lettera X. Le palle dell’uno toccavano quelle dell’altro e le ciolle tise pareunu due colonne accostate. Priapo ci si assittò di sopra e si li sucau col culo. Con difficoltà all’inizio per il coordino dei movimenti, Adone e Narciso poi pigliano il ritmo e gudenu alla sanfasò. << Minchia chi è bellu, iri na lu stissu culu in compagnia del tuo uccello..>> disse Adone. Priapo da parte sua decise che il sesso andava vissuto in tutte le direzioni possibili. << Senti Priapo beddu.. >> chiese Narciso..<< Ma nu ci sta un modo tale che io e Adone ci la putemu mettiri in culo reciprocamente ma contemporaneamente? Sai, dobbiamo sempre litigare amorevolmente per stabilire chi incomincia. A noi farebbe piacere sunariccilla reciprocamente in culo sì, ma contemporaneamente>> << Ver’è.. ci piacissi assai..>> rispose Adone. Priapo ci pinsò un attimo. << Siti sicchi.. magri.. in forma .. giovani.. con capacità contorsionistiche ottime .. e soprattutto aviti una ciolla bella lunga.. ci sta una soluzione.. >> << Insigniccilla.. insigniccilla…>> chiesero all’unisono. << Subito.. immediatamente e con piacere sommo..>> << Mittitivi assittati culu per terra… uno di fronte all’altro.. poi avvicinatevi l’uno all’alto incrociando le gambe.. ecco .. accussì.. Adone.. la tua coscia destra supra a chidda di Narciso.. tu, Narciso, fai la stessa cosa con l’altra coscia… ecco.. adesso siete biddicu contro biddicu.. le vostre ciolle si toccano.. i vostri cappicia pure…le labbra si sfiorano.. ecco… Adesso intrecciate le ciolle .. incrociatele.. sono ancora mosce.. devono restare mosce.. cercate di autocontrollarvi.. di non eccitarvi.. e puntate ciascuno la coppola della minchia contro il buco del culo dell’altro.. ecco.. così.. sentite adesso la coppola della minchia dell’altro contro il vostro buco del culo.. non agitatevi.. non eccitatevi eccessivamente.. adesso fate del vostro culo un pompa aspirante.. sucatevi col culo la coppola dell’aceddu.. ecco.. così.. sentite che trasi.. e adesso andate avanti.. >> Adone e Narciso eseguirono gli ordini con deontologia professionale, tutto come ordinato. Era bella la sensazione di quelle due minchia incrociate .. ma il bello è che riuscivano ad autocontrollarsi.. a non eccitarsi come ordinava Priapo. La sensazione chiù bella era stata quella della coppola che puntava al culo dell’amico mentre quella dell’amico puntava al proprio. << Ecco.. adesso iniziate a muovervi. .a poco a poco.. con calma.. e la ciolla attiserà quanto basta.. quanto basta per non fare danni ma anche quanto basa per ficcarsela sempre più reciprocamente in culo…>> Adone e Narciso eseguirono gli ordini e accussì si ficiru la prima inculata simultanea. << Grazie Priapo.. come ti possiamo ringraziare…>> << Accompagnandomi da una brava o bravo spilatore.. quanto mi spilo tutto.. sono stanco di essere piluso come una scimmia pilusa..>> chiese Priapo. Adone e Narciso risero. Loro erano glabri. Si spilavano pure l’aceddu . e lo facevano fare alla sorella gimella di Narciso, ca di nome facia Narcisa e di mestiere la spilatrice. << Priapo.. ti metto nelle mani di mia sorella gimella.. ci vorrà tempo ma ti spila tutto… senza dolore ma con piacere..>> << E come spila? A macchina o a mano? >>chiese il dio ridendo. << Accussì.. >> disse Adone tirannici l’aceddu e ridendo alla sanfasò. << Accussì..>> disse Narciso scippannici di botto un pilo dalla minchia e ridendo anche lui alla sanfasò. << Ahhhhhhhi.. vi scippu l’aceddu a tutti e due e mi lu mangiu..>> disse il dio ridendo ancora chiù assai e sempre alla sanfasò. Adone e Narciso scappanu. Lui li inseguì. Iucanu assai in quelle chiare e fresche e dolci acque. Iucanu di manu, bocca e culo. Protagonisti soprattutto li tri aceddi. Priapo, grazie ad Adone e Narciso, scopri ufficialmente l’amore omo. Quella volta fu la sua prima “ presa in culo.” La sua verginità culare fu presa da quei due giovani bellissimi. Ed uno era minchia partaimmi cu la mamma. Anche se madre e figlio ne facevano un uso diverso. Priapo l’aveva avita, mamma Afrodite no . << Adone , fammi un piacere..>> ci chiese Priapo. << Il mio culo è tale e quale quello di mia mamma.. allora promettimi un cosa.. daccillu almeno in culo a mia mamma..>> << Promesso..>> rispose Adone. A taliare tutti le storie di pilu ci stava sempre lui. Bimentulamachie, bicunnomachie, cunnomentulamachia, policunnomentulamachie… lui osservava tutto. Anche quannu erano in tri o più lui taliava tutto. Dall’assolo all’orgia. Perchè lui era la causa di tutto. Eros era il suo nome….ed era fratasciu di Priapo. Eros, il figlio di Afrodite e di Ares, appena sciutu dal pacchio materno si misi a volare casa casa. Perchè lu picciriddu era dotato di ali. Abbulava per andare a sucarisi il latte dalle belle minne della mamma.. volava per giocare.. volava per passione e piacere.. Ma era anche un pericolo, quannu vulannu vulannu, ci scappava di pisciare o cacari.. perché la lassava cadere unni capitava capitava . Con la ciolletta divina o col culetto bellu, lu iarruseddu paria pigghiari la direzione giusta. Perché ogni volta che si liberava del liquido o del solido beccava qualcuno. Neonato ma già teneva un bel vizio. Oltre a quello di beccare con la cacca o la pipì qualcuno dell’Olimpazzo, al picciriddu ci piacia taliari la gente impegnata nell’ars amandi. Ci piacia assai assai.. Poi un giorno attruvau un arco e delle frecce. Le frecce non avevano la solita punta. La punta era o una minciaredda o nu sticciareddu. Ed erano d’oro o di piombo. Eros ne tirò qualcuna a caso. E capì che quelle frecce potevano far scoppiare l’amore di una persona verso n’autra. Ma anche farlo finire. E non aveva importanza il sesso. Se colpiva un mascolo con una fallofreccia quello si innamorava di n’autru mascolo. Se colpiva una femmina con una cunnofreccia quella si innamorava di una femmina. Non era amore amore quello che scoppiava. Era amore passione, amore fuoco, amore carnale divorante , incendiante, consumante.. ma dava l’estasi.. il paradiso.. maturamente Eros colpiva generalmente i mascoli con una cunnofreccia e le femmine con una fallofreccia.. ma ogni tanto facia confusione.. oppure si sbagliava.. oppure lo faceva apposta.. a volte addirittura colpiva le persone sbagliate.. ma orami il danno era fatto… e quel che doveva accadere accadeva… Aveva sbagliato con Eco e Narciso… e con tanti altri… e continuava a sbagliare…. Crescendo continuò a fare quel lavoro.. Bello e sempre nudo, a parte la coppola , l’arco e la faretra sempre piena di frecce, si passava il tempo a frecciare. E unni acchiappava acchiappava.. poi si godeva lo spettacolo. Un giorno la mamma lo pregò di punire una puttanella che s’era montata la testa. Tanto che si sentiva chiù bella di Afrodite. << Eros mio, falla innamorare di l’omino chiù brutto di lu munnu…>> Eros, pi accontentare mammina e farici pure uno scherzo, pinsò al suo caro fratellastro Priapo. << Brutto sì, ma la megghiu ciolla di lu munnu pi chidda ca si considera lu chiù beddu cunnu….>> E partì pi realizzare l’impresa. La ragazza tutti li iorna , a mezzodì, si facia lu bagnu nel lago di Munipuzos. Poi tornava a casa . Era la figlia piccola di un nobile di Purceddopolis, il paese che fronteggiava Munipuzos. Eros arrivò che la picciotta si stava spogliando. Preparò l’arco con la freccia e si posizionò per frecciare. Ma poi addecise di godersi lo spettacolo. Era bona assai veramente la picciotta. Avia un culo che per circumnavigarlo ci vulia arte ed esperienza. E due minne che per scalarle ci vulia l’esperienza di la gente di montagna. Taliò con gioia e piacere. E con gioia e piacere taliò il suo aceddu. << Dopo la freccio..>> si disse. << Dopo.. dopo.. invece adesso dammi una mano..>> gli suggerì l’aceddu. E tutto preso dallo spogliarello attacco a minarisilla. Solo che per sbaglio, preso com’era dalla foga minatoria, desi na pidata all’arco con la freccia. L’arco naturalmente lassau partire la freccia che aveva pronta. Accussì Eros si acchiappò in pieno il piede sinistro. E fu preso da amore improvviso per la picciotta . L’amore si manifesto nella sede adeguata. Era nudo e non sapeva come cummigghiarisi. Si la riminò ma lo strumento restò tiso. Alla fine pigliò la faretra e si la piazzò sulla sciabola di carne. << Minchia chi danno! E adesso cu ci lu dici alla mammina? >> Senza dire niente alla mamma sull’errore commesso si astrummintau su come consumare l’unione. Pinsau di fare tutto al buio. Psifica, questo il nome della ragazza, accettò le condizioni di quell’uomo che nel buio della notte la mandava in estasi con le sole parole, << Se mi fa quest’effetto con le parole cosa mai farà con la minchia?>> si addomandava Psifica. I due scoparono alla grande per parecchio tempo. Purtroppo, parenti serpenti, le sorelle zitelle incominciarono, per pura e semplice gelosia, a tormentarla con dubbi sempre più grossi. << Sarà lariu.. sarà un mostro… sarà nu vecchio.. sarà deforme.. sarà accussì…sarà accudì…>> Alla fine la convinsero a fare na minchiata rossa. Di notte, quando lui si addormentava spossato dalla troppa fica di Psifica, lei doveva accendere il lume e taliallu. Tanto per accertarsi di come stavano le cose. Psifica fece come concordato. E vide il picciotto chiù bello che i suoi occhi nobili avessero mai visto. Dormiva a pancia in giù ma con la faccia girata verso di lei. Era bello di facci e pure di culo. Vidi pure l’arco e la faretra e capì chi era l’uomo misterioso. Si lu taliò tutta la notte, sperando che si girasse pi taliari anche l’altra freccia, quella che le dava tanto piacere. Ma il picciotto non si firriava. Allora ci si misi accanto e ancuminciau a tuccallu piano piano. Spirannu ca si firriassi. A un certo punto Eros si firriò. E nel vedere la freccia di carne dell’amore tisa e splendente ittau na uci e fici cariri nu tanticchia di olio caldo proprio sulla ciolla… O meglio, sulla striscia di carne che circonda la coppola della ciolla .. il prepuzio… Eros si svegliò gridando.. << Ahhhh.. la coppola della minchia mia si ustionò…>> Capendo di essere stato scoperto nella sua vera identità, acchiappò la coppola, la faretra e l’arco e fuggì. Con la cima della minchia che gli faceva male. << M’arruvinau la buttanazza curiosa…. Pi curpa di li so soru .. li buttanazzi.. zitelli sunu e zitelli devono restare… anzi, adesso li faccio morire di pititto….>> Siccome il dolore gli era passato iu a casa delle mancate cognate. << Organizziamo la minnitta…. Mi arruvinarunu la minchia… gli arruvinerò la vita..>> Nudo ma con la faretra davanti alla ciolla pendente si presentò alle donne. << Mi volete ?>> disse << Sono vostro cognato…>> << Sì..>> riposero quelle. << Volete a mia o a lei? >>chiese Eros liberando la ciolla che penzolava come nu battagghiu di campana. << A lei… a lei.. ch’è proprio bedda.. basta che ci fai le stesse cose che facevi a nostra sorella…>> << A disposizione… ma dovete sapere che con i vostri consigli mi l’avete rovinata.. una stizza di olio bollente cadde proprio sulla punta e mi la abbruciò…>> << Mischina la ciolla.. ma funziona ancora?>> chiesero le donne. << Non lo so..>> rispose ironico Eros. << Vediamo.. facciamo la prova… >> domandarono le sorelle. Eros si distese e le donne attaccanu a tuccaricilla. La minchia vunciau in un amen. La coppola si scoppolò. Ma nel prepuzio ci stava la bruciatura. << Era bella la minchia mia.. senza macchia alcuna.. adesso è laria e brutta..>> << Sempre bella è.. bellissima è.. la macchia è na cosa nicaredda.. l’importante è ca questa minchia sappia fare il lavoro di minchia. .ma tu daccilla allo steso modo in cui la davi a nostra sorella..>> << A chi la devo dare prima? A Kunnetta o a Fiketta ?>> << A mia..>> disse Cunnetta. << A mia ..>> disse Fiketta. << Sentite belle mie.. la ciolla è una e i sticchiaredda sunu dui.. facciamo un gioco.. io scappo e voi mi inseguite.. la prima che mi acchiappa mi farà suo.. poi toccherà all’altra..>> << Va bene …ma almeno faccilla tastari comu sapi..>> risposero le donne. << Va bene.. alliccate pure ma insieme…. >> Le ragazze alliccanu.. la cosa ci sappi tanto bella ca ci scienu li siensi per il troppo piacere. Eros osò di più. Vinni in faccia a quelle , che si alliccanu la simenta. L’effetto fu pari a certe sostanze allucinogene. Volevano la ciolla ad ogni costo e ci la staunu scippannu. Eros scappò e loro l’inseguirono. Scappò verso l’Etna, salì sul cratere e si distese sul bordo. E attese l’arrivo della prima con tanto di ciolla tisa. << Ti pigghiai finalmente…>> disse Kunnetta. E si lanciò verso la preda. Invece perse l’equilibrio e cariu dintra l’Etna. La stessa cosa successe a Fiketta. Dopo, intanto che c’era, fici una visita a Efesto, il marito di sua madre, che con l’aiuto dei ciclopi, travagghiava dintra l’Etna. << Zietto.. chi dicunu li corna…>> chiese vedendo Efesto.. << Mi prurunu chiù assi di l’aceddu.. ma dimmi? Perchè hai sacrificato li du sticchiaredda sani di Kunnetta e Fiketta ? Me li potevi portare vive accussì li inciollavo un po’.. che adesso è assai assai che non ficco…>> Eros gli raccontò l’accaduto. Efesto rise. Era lariu, tuttu arrustutu pi lu troppu cauru, sudato come nu cani e la ciolla, laria puru idda, paria nu tizzuni ardente. Se futtia cu qualcuno ci ustionava il pacchio, come minimo. << Minchia.. la coppola della minchia ti abbrucianu.. fammi talari..>> chiese Efesto. Eros ci la fici abbidiri. << Nenti è.. minchiati..>> << Sulu ca è antiestetica. .io ci tengo alla bellezza mia in tutti i punti del mio corpo.. pertanto anche sulla punta dell’aceddu..>> << Se quella macchietta proprio non ti piaci vai da Asclepio.. iddu attroverà una soluzione..>> << Grazie per il consiglio.. ciao..>> << Ciao.. e se vedi quella buttanazza di mia moglie .. o se preferisci quella buttanazza di tua madre.. salutimilla.. quanto prima la verrò a trovare pi purtarici na minchia bella calda.. e si la dovrà sucari.. voli o nun voli, è quella del marito.. lariu , bruttu e sciancato ma suo marito…>> << Ti la saluterò.. ma stai sicuro che quella ficca a minchia cina.. non sente la mancanza della tua minchia arrosto..>> << Che vuoi? Afrodite è buttana di natura…>> << E tu, curnutu di natura…>> << E tu, testa di minchia pi scelta….>> rispose Efesto. Eros iu a circari Asclepio, il figlio di Apollo. E ci contò la faccenda. << Videmu..>> chiese il dottore. Taliata la cosa sparò la sentenza. << Niente è.. minchiatedda di minchia…>> << E antiestetica però…..>> << Bihhhh.. chi si smurfiusu e iarrusu.. chiù vanitusu di certi fimmini ca si spilunu puru lu pacchiu.. pi farisillu comu a chiddu di Afrodite.. l’importante, Eros beddu, e che funzioni l’aceddu…..>> << Funziona.. certo che funziona.. ma è antiestetico… lu capisci o no? O sei chiù testa dura della minchia di Priapo..>> << Pensa a quanti mascoli la vulissiru tutta macchie e altro, purché funzionante. .>> << Io la voglio bella com’era.. funzionante e bella…>> << Fammi pensare.. Ci sta la soluzione.. Adesso io invento la fimosi e l’operazione pi curalla…si chiamerà circoncisione… so che l’adotteranno pure altri popoli.. gli egizi per esempio.. e pure gli ebrei.. anzi, quelli, furbastri come sono, ne faranno la sede del patto tra il loro dio e il popolo… allora, caro Eros beddu dalla minchia macchiata, basterà levare la striscetta di carne.. tagliare il rivestimento.. lu cosiddetto prepuzio… e tutto sarà risolto.. la tua minchia sarà più bella di prima.. E a dire il vero la coppola si scoppolerà meglio..>> << Faciemula subito..>> rispose Eros. Asclepio lo accontentò. Ed Eros si portò pure il pezzettino di pelle come ricordo. << Che devi farci?>> << Lo metterò nel mio tempio.. sarà la protoreliquia dell’Erotismo.. la mia religione personale.. il santo santissimo prepuzio di Eros…e farà concorrenza al Sangue e al Lenzuolino di Priapo…>> << Chiamalo Lenzuolino… sette priapometri per due…..>> << Le reliquie sono la materializzazione della divinità…>> puntualizzò Eros. << Altri comunque faranno le stesse cose…avranno le stesse pensate.. prepuzi, lenzulini e lenzuoloni, ampolle , ampolline e ampolloni… e tutto quello che è possibile e impossibile… fai, comunque.. il popolo ama le reliquie…>> Intanto Psifica lu cercava come na ugghia persa. Soffrì come una cagna in calore. Pinsava e ripensava alla ciolla persa.. pinsava e ripensava al mascolo perso.. ma poi il pinsero tornava alla ciolla.. e si sentiva vuota.. vuoto lu ciriveddu.. vuote le mani.. la bocca… e soprattutto la vanedda.. ah, come gli mancava la ciolla di Eros. Ma alla fine lo riebbe. Il matrimonio fu celebrato nell’Olimpazzo e dalle loro gloriose fottute nasciu la bella Voluttà. Sulu che a forza di ficcari e rificcari ad Eros, sempre bellissimo, ci si indebolì la vista. Risultato: facia chiù confusione di prima… sparava frecci a casaccio.. e unni minchia colpiva colpiva.. era sempre beddu, la sua minchia era bellissima ed efficiente ma la vista ci calau assai assai. L’ultima minchiata l’avia cumminata di recente. Quattro frecce avevano colpito contemporaneamente Anfistronzone, Alcmhona, Zeus e Priapo. << Minchia chi casinu ca cumminai..>> disse Eros a sé stesso. << Ma tanto l’amore è solo e sempre incasinamento totale.. >> concluse autoassolvendosi. Nel tempio di Eros, a Munipuzos, in tanti onoravano la reliquia del dio. Portava bene a chi voleva aver successo nel campo dell’eros. Stava messa dentro una teca d’oro che i fedeli accarezzavano. Poi passavano dall’oracolo e ascoltavano la sentenza. << Solo divinazioni d’amore e consimili… ma soprattutto di sesso.. ma se capita, anche altro... tanto una connessione col pilo la troviamo... facciamo come fanno i ragazzi in vista dell’esame... presentano un percorso è passano dallo Zeussismo al famoso principio di “ Dio è morto “. Tutto è collegabile.. ci sta sempre un collegamento.. pertanto gira e rigira tutto è riconducibile al pilo.. il pilo generò lu munnu e dall’allora ciolla e cunnu lu mannunu avanti.. tuttu sciu dì là e la finì, finisce e finirà...>> diceva l’oracolo. Tra i visitatori ci fu Alcmhona. Che sperava nel rientro del marito al più presto. Perchè il pititto la stava divorando. << Reliquia assai santa , amata e biniritta, fa tornare a mio marito cu la cosa già ritta.. fallo tornare presto assai veramente.. ca la mia cosa desidera ma inutilmente >> << Non una ma trina sarà pi tia la ciolla divina…>> profetizzò l’oracolo. Alcmhona non ci capì una minchia frisca. Venne pure Elena, che stava si per maritarsi con Minkialao ma intanto si era innamorata di Paride, figlio del re di Purceddopolis. Il picciotto da poco era ospite, per motivi di studio, di Minkialao. << La minchia nova o chidda antica? Qual è chidda giusta pi la me fica? Lu quasi maritu ca eni minchialenta O l’amanti a cui sempre ci attrenta...>> L’oracolo rispose: << Intanto, Elena bedda, ti mariti come previsto.. e chi minchia s’è visto, s’è visto.. può darsi che il letto metta a posto la facenna.. altrimenti ti cerchi n’autru intuppatutto pi la to cisterna.. ma sappi che, se lassi il vecchio per il nuovo, è sicuro che saranno cazzi amari, e non solo per il tuo culo..>> Vinni puru Ermafrodito, fratellastro di Eros e Priapo, in quanto figlio di Afrodite ed Ermete, quest’ultimo noto anche come Mercurio ma chiamato dagli amici Accagi. Ermafrodito era corteggiato e desiderato da tutti. Mascoli e fimmini. E lui andava con tutti.. sia mascoli che fimmini. In fondo era una delle tante vittime di Eros. Per una freccia sbagliata la naiade Salmacide si innamorò, non ricambiata, di Ermafrodito. Che poverino, sempre scappava. E fin qui tutto normale. Un giorno la femmina innamorata vide il giovane bellissimo che si bagnava nel lago di Munipuzos. Di corsa, prima che quello potesse scappare, lu abbrazzau. E i due corpi si fusero. Ermafrodito si truvau un corpo da donna con la ciolla.. il corpo della sua innamorata più la sua ciolla.. l’unica cosa che le era rimasto di suo… a parte il cervello. << A parte lu ciriveddu di mio mi restò solo l’aceddu.. >> andava dicendo. Adesso pregava la reliquia del fratellastro perchè non sapeva mai addecidersi.. se andare solo con donne o solo con uomini.. << Goditilla tutta.. ma proprio tutta sta vitazza.. futti a culu aperto e a minchia pazza…>> fu la risposta dell’oracolo di Eros. Venne Minkialao a chieder lumi sulla riuscita del suo matrimonio. << Elena dal cunno bello farà la felicità del mio uccello? >> << Se riuscirai a vincere a letto tutto sarà giusto e perfetto… Ma se perderai la battaglia di lu cunnu sarai lu primu curnutu di lu munnu.. Elena tinia 12 anni quannu Teseo con fare mafiusu ci l’anfilau pianu pianu na lu purtuso.. nun si sapi se darreri o davanti ma ci fici assaggiari la cosa pi n’istanti Lu confronto è assai duro.. stai attento a non pigliarla in culo..>> rispose l’oracolo. Venne pure Paride. << Pi tuttu l’oro di stu cazzu di munnu fallu addivintari mio pi sempri chissu cunnu. Enone aspetta la mia minchia bedda Ma idda adesso attisa sulu pi Elena e la so vanedda..>> << Tutto dipenni da chiddu ca succeri na lu iazzu.. Tuttu è in mano a Minkialao.. anzi, a lu so cazzu.. Se rinesci ad accuntintari chidda ardenti funnacella la storia assai cangia e addiventa bella.. Ma se nun ci la fa, comu pari avi a siri, sunu sulu cazzi niuri a nun finiri.. Cazzi niuri pi tanta genti e pi tia.. Tu avrai lu sticchiu ca la minchia t’arrigria.. Afrodite ti lu rissi ciaru e tunnu Di Elena la bedda avrai lu cunnu Afrodite soccu dici manteni immediatamente Ti promisi lu so sticchiu e ti lo resi veramente .. >> rispose l’oracolo. Venne anche Edipo che si trovava a Munipuzos per le nozze di Elena e Minkialao . Edipo avia scannato il papà biologico senza saperlo e senza saperlo si era maritato con la mammina Giocasta… accussì era nata Antigone la bella.. oltre ad altri tre figli. Ed Edipo s’era trovato marito di sua madre.. e adesso, che orbo era, andava in giro con sua figlia Antigone, che innamoratissima cotta e scotta del padre la sera lo faceva bere e poi si congiungeva carnalmente con esso. Come le figlie di Loth. Le sue vicende ispirarono grandi tragediografi come Eschiletto che scrisse la bellissima Edipo a Munipuzos. << Perchè a mia mi successi chiddu ca mi successi? Ammazzai a mo patri e cu mammà ebbi felici amplessi. >> chiese Edipo. << Colpa tua non è, ma del destino malirittu.. Tu dovevi ammazzare tuo padre, stava scrittu, e scopare alla diavolina cu la bella mammuzza pi fari figgi in quantità cu chissa signuruzza.. Pirchì comu dici lu distinu già archiviatu tu da tua figlia Antigone sarai scupatu..>> << Noooo….>> << Sìììì …..>> << Ma fu già…>> << Chi lo sa…>> Vinni pure Pasife, la moglie di Minosse, che adesso s’era invaghita di un elefante. Pasife era a Munipuzos, ospite di Agaminkione, perché il marito stava firriando la zona alla ricerca di Dedalo. << Comu fazzu a riciviri lu so cazzu?>> << Fai comu facisti cu lu toro ca ti ficcasti na la finta vaccazza finu a quannu iddu ti passau la so minchia dintra la filazza.. Fai na elefantessa finta e ti ci metti di dintra sana sana.. prima o poi iddu ti la ficcherà na la to tana..>> <<Ma io stavolta non voglio l’aceddu di l’elefante.. vuogghiu la proboscide, magari seduta stante..>> << Ho capito chiddu ca ti appititta fimmina vorace E si nun l’avrai il tuo cunno non si darà pace.. >> << Ma chi nasci, soccu autra brutta cosa ?>> chiese la mamma del Minotauro. << O na fimmina cu ti priapometri di pacchiuni o nu masculu cu tri priapometri di cazzuni…>> Venne Achille che gli chiese dell’amore suo. << Goditi l’amicu di lu cori prima ca ti mori.. Goditillu sanu sanu sia d’aceddu ca di anu.. >> Vinni Odisseo. Chiese del futuro e dell’amore in generale. << Centu ni pensi e milli ni fai, nu milioni sarannu li to vai.. Mentre tua moglie tesse e sfila, tu sarai chiddu ca a tutti l’infila.. Nun ti dicu li peni ranni toi, tantu ti l’ha sucari prima o poi… Ma ci sarà pure cunnu a iosa unni anfilari la tu bedda cosa…>> Venne pure Priapo, a vedere la strana reliquia, e ci vinni l’idea di fare altrettanto. Ma poi si rese conto che la sua sarebbe stata una reliquona. In incognito chiese dell’amore. S’era vistuto ma mendicante iarruso per non farsi riconoscere dall’oracolo del fratellastro. << La parola amore pi tia non vuol dire niente.. a tia t’interessa solo della tua minchia potente… basta avere un portuso di femmina bona pi fari timpesti, lampi e trona… lu to distino, ti lu dicu chiaru e tunnu, è di ficcalla a tutti li fimmini di lu munnu.. ma se ancora teni pitittu di ficcari ci stanu li cula di li masculi da trummiare.. pirchì cu teni na minchia tanta rossa pensa sulu a mittilla in qualche fossa…>> << Bravo.. bravo.. oracolo beddu .. io vivo solo pi lu me aceddu.. Ma pi caso capisti cu minchia sugnu iu ?>> << Certu, di la minchia si lu diu.. e vistu chiddu ca avi successu na lu laghetto ti la poi fari mettiri puru na lu culetto….>> rispose l’oracolo. << Minchia.. tutto vedi e tutto sai…figlio mio.. Dimmi allora quanti pila ho nell’aceddu io…>> << Settemilanovecentocinquantuno .. adesso.. Ma ni sta cadendo uno.. proprio ora dal tuo sesso..>> << Vero.. facemu settemilanovecentocinquanta.. Che stasera li conto per vedere se la mia peluria è tanta…>> << E tanta sì.. a parte che dappertutto ci sta pilu a iosa.. Ma manca picca ca tu ti spili la minchia e ogni altra cosa..>> Priapo rise e s’avvicinau alla reliquia . << Iarrusello.. iarrusello.. tu sai quello che pensa il mio cervello.. Iarrusello.. iarrusello.. Tu sai pure quello che pensa e fa il mio uccello…>> La reliquia non rispose. Priapo felice andò via e poi cantò forte: << Addio piccolo Minchiolino.. come cangia in un amen il nostro destino…>> Quindi si tuccau la sua ciolla e continuò: << Sempre più andrai farfallone amoroso notte e giorno sempre chiavando… Delle belle turbando il portuso.. Cazzone, Minchiolone d’amor.. Sempre più avrai questi pelosi pennacchini. questa cappella grande e galante…. questa chioma , quest’aria brillante… questo vermiglio ciollesco color >> Poi nella sua testa si arricordò che aveva deciso di spilarsi tutto. Quindi i pennacchini erano a scadenza. Aveva già un appuntamento con Adone e Narciso per andare da Narcisa. A farsi levare tutti li pila da tutti i posti possibili e impossibili. Venne lo scrittore Santhokriso e chiese della serietà del Pattuallopolis. << Nun s’avissa a ciamari Pattuallopolis ma Bordellopolis..>> << Oraculu beddu , in fede, mi spiegasse cosa vede?>> << Comu minchia fazzu.. Nun ci capisciu nu cazzu.. Chiù taliu, chiù mi cunfunnu.. E na storia ca farà ririri lu munnu.. Pattuallopolis ... per carità.. Beato chi capisce unni sta la verità... Quattro o otto.. lu discursu è pazzu.. Chi minchia è stu iocu a cazzu.. I documenti e li cartazzi Unni minchia su, sti cazzi...>> Lo scrittore Santhokriso, tanto per fare gli scongiuri, ti tuccau li baddi assai assai. Per la precisione si li tuccau, e la cosa è documentata dalla parola santa dell’oracolo , novecentonovantanovemilioninovecentonovantanovemilanovecentonovantanove volte. << Forse basta..>> pinsò lo scrittore. << Forse non basta >> pinsò l’oracolo. Che centra il Santhokriso col pilo? Ci trasi. Perché lui scriveva solo di pilo. Venne anche l’autore dei Carmina Priapea, Mhassymylyano da Munipuzos. Uno a cui piaceva tanto parlare e scrivere in latino. Non diceva mai “ Testa di cazzo” ma “ Cefalomentula”. Non diceva mai “ Coglione” ma “ Testiculos”. Non diceva mai al suo parrino che era “ Obeso “ ma “ Obesus “. Però facia confusione tra credito e debito. << Il latino tiene un debito cu mia..>> Invece era lui che teneva un debito nei confronti del latino. << Il latino mi è creditore..>> diceva. Invece era lui che tinia un debito, come detto, nei confronti del latino. All’oracolo chiese: << Oraculorum, oraculorum.. Mi accatteranno il megaduerotorum...>> << Mi pare cosa difficili assai, e megghiu ca ti teni chiddu ca hai.. pirchì altrimenti ti finisci ca a peri devi caminari.. anche se la mamma in cambio nu sceccu ti voli accattari...>> << Mentula , mentulona, mentulazza... minchia, minchiona, minciazza...>> Chi minchia ci trasi questo col pilo? Ci trasi. Per il sommo poeta Mhassymylyano avere il megaduerotorum voleva dire correre chiù assai e arrivare più presto a fare li cosi di pilo. Ma che cos’è il megaduerotorum? Difficile da spiegare, E pura tecnologia. Attualmente lui aveva il microdueruotarum. La differenza? << Come iri a sceccu e a cavaddu. Mi sono spiegato.>> diceva lui << Sì. No. Se mi sono spiegato bene, altrimenti iti tutti a fari in culo..>> Venne anche Socratino da Munipuzos. << La mia filosofia avrà successo in questa terra mia?>> chiese. << Mancu pi la punta di lu to cazzu.. E megghiu ca scrivi di pilu e di pilazzu..>> Socratino s’incazzo un casino. << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere con filosofia e avere una filosofica minchia, a che minchia serve vivere filosoficamente e avere una minchia filosofica?>> era una delle varianti della domanda per cui era famoso il filosofo Socratino da Munipuzos. Ma ci trasi Socratino col pilo. Ci trasi. Perchè nelle sue domande filosofiche ci stava sempre la parola “ Minchia “. Intanto morì Minosse. Nel suo girovagare di corte in corte finalmente l’avia trovato. Quel cornutazzo dell’architetto e altro Dedalo era da Cocalo. Anche se non l’avia visto era là. Perché Minosse a tutti addomandava la stessa cosa. A tutti poneva lo stesso problema. Un problema che solo Dedalo poteva arrisolvere. << Come si fa a far passare un filo attraverso una conchiglia a spirale…>> E dava a tutti la conchiglia e il filo. Ma Cocalo fu l’unico che gli restituì la conchiglia con dentro il filo. << Minchia.. per Apollo e i suoi apolloni.. e anche per il mio amico Koglio e i suoi koglioni… Dedalo è qua..>> Infatti era in quella corte. Occasionalmente. Di solito viveva alla corte di Agaminkione. Pare che Dedalo, per risolvere il quesito, avesse fatto un piccolo purtusiddu all’estremità della conchiglia spiralizzata e poi, legando il filo a una formica, avia concluso l’impresa. << Per Apollo e i suoi apolloni .. per i suoi Colleghi e i loro collegoni.. dammi Dedalo.. dammillu.. altrimenti faccio un macello.... una battaglia.. una guerra..>> << No..>> La città fu posta in stato d’assedio. Cocalo capì di essere in uno stato di inferiorità. E giocò a suo modo. Giocò d’astuzia. << Vieni a cena.. facciamo pace.. e poi ti pigli a Dedalo.. te lo dugno con l’inganno.. e tu ne farai quel minchia che vorrai..>> << Obbedisco e vengo…>> rispose laconico Minosse contento per aver finalmente trovato Dedalo. << Ti propongo prima di mangiare un bel bagno caldo con le mie tre figlie.. in segno di ospitalità..... loro ti terranno compagnia e ti massaggeranno tutto.. solo massaggi… con le mani.. le tette.. le natiche.. la lingua.. altro non possono fare.. vergini sono e vergini devono restare…>> << Obbedisco e mi faccio il bagno..>> rispose laconico Minosse pensando di essere massaggiato da sei mani, sei tette, sei natiche… ma soprattutto pinsannu a tre bocche e tre lingue pronte a contendersi la sua ciolla regale un po’ vecchietta ma ancora capace i fare bella figura a letto. E s’immerse nella speciale vasca costruita da Dedalo. Poi fu massaggiato a tutti i livelli dalle tre ragazze che prima di immergersi si erano strofinate sul corpo una crema detta “Atermica”. Infatti dalle condutture iniziò ad uscire acqua sempre più calda. << Minchia.. ma troppu caura è..>> disse Minosse. << Minchiate dici, e che sei eccitato e tieni cauru.. e cauru ciollesco.. >> Minosse sentiva sei mani che lo arriminavano. Vedeva sei seni superbi ballare davanti ai suoi occhi Vedeva tre lingue dare segnali inequivocabili. Si sentiva in paradiso. Anche se l’acqua era troppa caura e in realtà ci paria di stare all’inferno. << Sarà.. ma a mia mi pari troppu caura…mi sento cuocere i coglioni e la minchia.. mi pari ca tegnu du ova bolliti e una sasizza cotta al vapore...>> << Minchiati. Re bello, è la tua ciolla tisa che genera calore… anche noi siamo immerse nella stessa vasca… è il famoso effetto detto Minchiatermogenesi. >> << Vero.. ma.. sarà.. a mia mi pare che bolle.. e se bolle vuol dire che la temperatura è a cento gradi Archimedoni… mi sento che sto per diventare un re bollito…>> << Balle.. siamo noi che facciamo pirita.. il piritomassaggio fa bene alla pelle..… >> << Sarà.. ma io mi sento un re sempre più bollito..>> << No.. ma la tua ciolla forse sì.. e già nu pezzo di sasizza cotta..>> Una delle figlie di Cocalo la staccò e si la mangiò. Minosse oramai ci vedeva poco. Anche il cervello bolliva. A vapore, ma stava cucennu puru iddu. L’autra figlia invece stacco le palle. Se ne mangiò una e desi l’autra a quella che ancora non aveva assaggiato niente. Così, conversando conversando, Minosse cripò bollito. E naturalmente , conversando conversando. Fu mangiato dalle tre figlie di re Cocalo. . Nella grotta accanto a quella dell’oracolo di Munipuzos abitava, oramai in pensione, il vecchio Tiresia. Profeta dalla vita avventurosa come pochi. E non avendo una minchia da fare pensava sempre alla sua vita stran’assai. Nato mascolo si era goduto alla grande la sua mascolitudine. Era profeta ma ci piacia il pacchio in tutte le salse e varianti. O meglio, gli era piaciuto. Adesso anche la minchia era in pensione. A parte qualche espluà si riposava l’aceddu mentre il ciriveddu dell’oracolo impazziva. Tiresia non aveva mai amato il piatto fisso a cui erano obbligati gli uomini che pigliavano moglie. << Mangiare sempre lu stissu piattu, iu vi l’haiu dittu, fa passari a qualsiasi minchia lu pitittu… anche se ogni tantu si cancia la pignata alla fine la ciolla sempre là veni ficcata.. invece chi nun si pigghia mugghieri poli futtiri alla sanfasò peri peri…>> Tiresia era poi addivintatu femmina per sette anni; e poi di nuovo mascolo. La prima metamorfosi era avvenuta quannu attruvati due serpenti in amore ammazzau la fimmina con un colpo di bastone. Ammentri ca la serpentessa spirava iddu si intisi siccari l’aggeggio e crisciri du minnazzi. Praticamente si trasformau in femmina bona assai. Pianse la perdita del citrolo ma poi scoprì i piaceri della filazza. Se con il citrolo doveva darsi da fare per trovare una nuova citroliera con la filazza di aceddi che volevano infilazzarsi ne trovava a iosa. E poi, se il citrolo aveva dei limiti, la filazza non si stancava mai. << Dari è difficili, ricevere e facili.. e il mascolo deve dare, la femmina invece deve solo ricevere..>> Passati sette anni attruvò di nuovo una coppia di serpenti che fottevano. << E se stavolta ammazzo il mascolo che succede? >> si chiese. Essendo indovino si desi la risposta in automatico. Ammazzò il mascolo; e in un amen ci svuncianu li minni e ci crisciu l’aceddu. Adesso era lì che pinsava : <<Ahhhh.. se avissi ancora la bedda filazza sicuramente acchiapperei qualche minciazza.. Invece cu sta cosa babba ca penni inutilmente, magari ca acchiappo nu pacchiu, poi nun fazzu nenti…>> Pinsava sti cosi quannu visti nu messaggero arrivare di corsa. << Veni all’Olimpazzo.. di cursa… ca Zeus e Era si stanu strarriannu comu lu cani cu lu iattu.. e vonu ca tu ci devi , per esperienza, dari la sentenza..>> << Io a lu capodio e alla sua signora?>> << Sì . >> Na vota ca si attruvau al cospetto del padre padrone e relativa consorte ascoltò con deferenza sommissima. << Tiresia bello.. io mi consento di chiederti.. e tu mi devi dare la risposta qualunque essa sia.. mi consento di addomandarti, a tia che sai cosa vuol dire fare il mascolo col meccio e la femmina colla filazza, di dirmi papale papale se quannu si futti ci prova chiù piaciri il mascolo o la femmina… La mia signora sostiene che il piacere mascolino è più grande di quello femminino.. io sostengo all’incontrario. .ma tu dicci chi è che teni ragione… io mi consento e autoconsento di accettare il tuo verdetto qualunque esso sia.. perché è giustificato dall’esperienza di essere stato masculu con la ciolla e femmina con la filazza.. >> << Cazzo…. Ma è facile la risposta… il piacere della femmina è un milione di volte chiù granni di quello del mascolo… la femmina dintra la funnacella avi una reti di cellule del piacere che s’irradiano in tutto il corpo.. e una volta stimolate si mettunu a ballare na specie di tarantella automatica che nun finisci chiù…lu masculu, chisti cellule del piacere, li teni sulu sulla cappella del pene.. sulla coppola della minchia .. per dirla in dialetto…perchè mentre la femmina è tutta una estensione fisiologica del suo sticchio, l’uomo, a parte la punta dell’aceddu, è sulu carni di basso macello.. pensa all’affari.. alla politica.. alla guerra.. poi di punto in bianco la minchia ci arrimodda e finisci tutto.. invece la femmina, volendo, può sempre arricevere…vita natural durante poli sempre ficcare… “ la fimmina vulennu si poli fari tutti li masculi di lu munnu, a lu masculu ci arrimodda tuttu dopo qualche cunnu..” dicevano gli antichi.. e io giustifico così il passaggio dalla società matriarcale a quella patriarcale.. vista le infinite possibilità del cunno era meglio farlo gestire ai mascoli con leggi, leggette e minchiate e minchiatelle varie… >> << Ahhhh…bella spiegazione.. e bella risposta? >> risposero Zeus e signora. << O accussì o cazzi.. >> aggiunse Tiresia << io preferirei essere una vecchia ..e avennu li soldi mi paiassi nu beddu buttanu pi farimilla ficcari.. invece l’aggeggio arrimuddò e nun ci sunu piccioli ca lu mettunu additta.. ogni tanto ci riesco, ma è assai assai faticoso arrivari alla sciuta del latte di brigghiu.. ma prima quante operazioni devo fare.. ci vonu due margherite vergini… un rosa ermafrodita… l’olio di quattro olive nere e tri pila di cunno rossiccio…poi bisogna tritare il tutto e stricare la miscela sulla parte interessata .. e poi aspettare il miracolo della rinascita recitando la litania dell’aceddu di lu diu Urano….e se questo miracolo avviene bisogna sbrigarsi a fare il ficca ficca.. perché quello magari arrimodda presto.. >> << Ahhhh…>> rispose Zeus che come dio nun avia problemi di minchia impotente. << Meglio fimmina ca masculu.. male ca va, una ficca con un bel citrolo frisco.. oppure si accatta il Sosia che va tanto di moda…>> Arrivò il giorno del matrimonio. “ Il matrimonio del secolo” dissero tutti. Qualcuno addirittura del millennio. Tra mortali e immortali nun si capia na minchia. C’erano in passato stati i sontuosi matrimoni di Teti e Peleo e quello di Cadmo e Armonia. Questo comunque era un evento. Elena, figlia del capodio Zeus, si maritava. Tutto si svolse nel palazzo reale di Munipuzos e nei suoi giardini pensili. Celebrò Zeus in persona. Tutto allicchittiato in pompa magna e assistito da Eros e da Priapo.. il desiderio dell’amore il primo, la sua concretizzazione il secondo. Elena, bell’assai nella sua vistina trasparenti, fu addichiarata moglie di Minkialao, ca mischinu, pi la prescia di ficcari, tinia nu vunciazzuni sutta la corta tunica. Quannu idda ci dissi “ sì “ pi la gioia Minkialao vinni automaticamente. Nessuno visti la macchia umana, ma in tanti intisiru il ciauro di simenta masculina diffondersi nell’aria. A dire il vero si pisciò pure Elena. Ma non per il pititto dell’aceddu maritale bensì per la gioia che alle femmine duna il matrimonio. << Pititto di consumare il matrimonio ufficialmente.. pirchì già consumato fu..>> dissero alcuni. E tutti a dire che si trattava di una recita. Che quel matrimonio era un teatro, una recita, una sceneggiala, fors’anche una commedia che però putia trasformarsi in una colossale tragedia che storici, poeti e scrittori avrebbero tramandato ai posteri. Non per niente al matrimonio erano presenti Homerino e Mhassymylyano da Munipuzos. L’uno scrivia in greco, l’autro in latino. Ma la gente capia picca sia l’uno che l’autro. E ci stava pure quel curtigghiaru dello scrittore Santhokriso, lu scrittore di cosi di pilo, che nun sapennu né le grecu né lu latino e a dire in vero ignorando magari l’italiano, si era misu a scrivere in dialetto…ma sulu su fatti di pilu. E non poteva mancare il filosofo Socratino con le sue domande a cazzo di cane. << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere senza sposarsi e avere una minchia felice senza una moglie che te la rende infelice, a che minchia serve vivere infelice e maritato e avere una ancora chiù infelice e maritatissima minchia che se ne fotte del pacchio maritale?>> Ma si chiese anche: << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere e avere una libera minchia, a che minchia serve vivere per sposarsi e avere una minchia in gabbia e priva di libertà ?>> Ma la più bella sul matrimonio o sulla stupidità del matrimonio fu questa . << La vita è una, come la minchia, e solo i fessi per i quali non è un piacere vivere liberi e avere una minchia libera, si maritano per avere una minchia sistemata e il diritto matrimoniale alla ficcata assicurata...ma a che minchia serve vivere e avere una minchia che ficca per dovere? >> E un matrimonio era anche l’occasione per parlare di fatti di pilo. << La gente arriva al matrimonio per il pilo, poi continua a stare sposata per il pilo, ma alla fine divorzia quannu tra il pilo maritale si inserisce qualche pilo estraneo. >> sosteneva lo scrittore Santhokriso. E siccome a un matrimonio nun si poli fare a meno di curtigghiari anche in questo si curtigghiò. Si curtigghiò su Elena e sui suoi amori, su Minkialao e la casa regnante di Munipuzos. Si curtigghiò dell’amicizia intensa nata tra la sposina e il bel Paride. Si curtigghiò sugli dei in genere e naturalmente anche e molto sui mortali. E naturalmente si curtigghiò molto assai assai su Priapo che per l’occasione sfoggiava per la prima volta il suo nuovo lukki. E se un matrimonio è fonte naturale di pettegolezzi spettegoliamo nu tanticchia anche noi. Elena indossava un legante Armani molto ma molto sensuale.. Minkialao un trasgressivo Versace da cerimonia… Afrodite un focoso rosso da sera di Valentino che metteva in evidenza il suo essere callipigia, minnapigia e cunnopigia... Paride era tutto allicchittiato da uno stupendo Dolce & Gabbana che evidenziava la sua carica erotica di picciotto in piena tempesta ormonale.. Alcmhona indossava un sensazionale Cavalli che la rendeva chiù bella di quello che era.. Zeus addirittura era in Paciotti e al collo portava il famoso rosario col suo pendente… Era aveva scelto un abito nero anonimo in segno di lutto.. in fondo quella che si sposava era la figlia dell’amante di suo marito.. Leda, la bella amante di Zeus, sfoggiava un sofisticato Gattinoni… Pallade Atena e Artemide indossavano una semplice tunica bianca come segno della loro purezza e verginità.. Ares esibiva un lussuoso Ferrè…. Dioniso, amante dei viaggi, aveva scelto un abito con le carte geografiche di Martini… Efesto, tanto per non dimenticare il rosso fuoco dell’Etna, era tutto in rosso... Eros si era infilato in un coloratissimo Coveri.. Castore e Polluce si erano vestiti allo stesso modo.. indossavano un marchio giovanile.. Odisseo sfoggiava un meraviglioso Moschino… Agaminkione indossava il costume reale, accussì anche la bella Fikennestra.. Ifigania invece mostrava tutta la sua bellezza con una tunica trasparente ma eroticissima che esibiva una curiosa scritta, “ Grazie zio”. Trasgressivo Minkioreste in compagnia del suo Pilade. Trasgressivi anche Patroclo e Achille. Serio e anonimo era invece il vestiario di Elettracunnus e Cunnotemi. Tradizionale stile Purceddopolis per Priamo , Ekuba e i loro figli. Ma quello che fece più scalpore fu Priapo… indossava un completo di Gaultier che metteva il evidenza la sua struttura anatomica con una sorta di cilindro piazzato davanti al pistone di carne e due cilindretti piazzati davanti al seno. Nello stesso tempo l’abito elegante e curioso lasciva scoperte le cosce e le braccia. E tutti taliavano quelle cosce e quelle braccia. << Ca teni la megaciolla lu sapemu, ma ca tinia magari li minni no..>> dissero i soliti pettegoli. Che intanto taliavano cosce e braccia del dio minchiuto. Homerino indossava un tradizionale abito di stile greco corto assai, Mhassymylyano il tipico abito latino e Santhokriso il completo tipico di Munipuzos. Socratino si era vestito in modo filosofico. Cioè, a minchia. Ma se questo lo vedevano tutti non tutti sentivano le frasi acide che commentavano il tutto. << Matrimoni.. che rottura di coglioni..>> dissero in tanti. << Elena, rimembri ancora quannu la mia ciolla ti somministrai? >> disse piano piano un misterioso invitato. << Ma chi minchia talinu? Ci paru nu fenomeno da baraccone? Ci paru un teatrante da teatro? Chi minchia mi talinu a fari? La mia specialità è nascosta. Lu sacciu ca ci piacissi taliari la mia ciolla. Ma idda è nascosta anche se esibita . Minchia, chi scassamarruna? Mi stanu taliannu li cosci e li urazza, comu se cosci e urazza da taliari non ci ni stassunu. A parte che poi ci sunu certi fimmini ca unu ancuminciassi a talialli cu l’occhi pi poi mangiarisilli cu la minchia.. >> disse Priapo chiacchierando con Narciso e Adone che erano vestiti come lui. Solo che il cilindro minchiolesco era molto ma molto più piccolo. In effetti tutti lu taliavano a Priapo. A parte la mise stravagante, a parte quattro Menadi bone e chiù nuri ca vestite che lo accompagnavano, a parte la caratteristica anatomica che lo rendeva celebre, a parte il desiderio inconfessato di tutti, al di là del sesso, di sbirciare almeno una volta la protuberanza delle protuberanza, il fatto vero, reale e concreto, per cui tutti lo taliavano era che Priapo da brutto e racchio qual’era .. era diventato bello. E questa era la prima occasione pubblica in cui il dio dal palo rosso e sempre eretto si ammusciava pubblicamente. Neanche il padre Dioniso e la madre Afrodite lo avevano visto. Solo Adone e Narciso sapevano la verità. Pochi giorni prima del matrimonio Priapo era andato , con i suoi amici , nel centro di bellezza gestito da Narcisa. E lì si era fatto spilare pilo per pilo. Narcisa a vidillu si era messa le mani nei capelli. << Tutto ama scippari? Tuttu l’haia a spilari chissi cosci?>> aveva chiesto taliando le gambe dello sconosciuto accompagnato da suo fratello. << Tutto... tutto...tutto quello che vedi e anche il resto.>> aveva confermato Priapo. << Tutto.. tutto.. e non sai quello che ci sta sotto la tunica...>> avevano aggiunto Narciso e Adone. Scoperta poi l’identità del cliente Narcisa e le sue assistenti erano andate in brodo di giuggiole. Non vedevano l’ora di vederlo nudo per contemplare il sacro palo rosso sempre eretto. << Minchia.. per Zeus e i suoi zeussoni… minchia che cazzo e che coglioni…>> pinsarono tutte nel vederlo. Priapo si era disteso su una sorta di lettino nudo e con l’aggeggio disteso sulla pancia e oltre. << Si la poli ciucciare da solo..>> pinsò Taide che amava la fellatio. Pilo dopo pilo l’operazione era durata una giornata intera e aveva coinvolto Narcisa e quattro sue assistenti. Una si era dedicata alle gambe, una alle braccia mentre Narcisa ci scippava li pila di davanti. Acuminciau da lu pettu per poi arrivare al biddico e quindi all’area circumcazzica. << E le altre due assistenti che facevano>> si chiederà qualcuno. <<Da buone assistenti assistevano la ciolla del dio spostandola a seconda dei casi e delle necessità a ovest, a est, a sud, o a nord .>> vi racconto io. Comunque l’operazione iu avanti facilmente e tranquillamente anche se Priapo, ogni tanto, facia “ Ahi “ più per gioco che per altro. Ma la cosa più strana fu che procedendo la spilatura successe il miracolo. Priapo incominciò il tutto che era lario e alla fine vinni fora un picciotto bello. N’autro Narciso . N’autro Adone. Solo con una minchia più grande. L’unica cosa mostruosa, ma di un mostruoso piacevole , era pertanto la sua ciolla eretta. Ma quella era già spilata di suo come il culo. << Minchia… che beddu..>> dissero le assistenti. << Minchia che beddu.. pari n’autru…>> disse Narcisa, <<Minchia… che beddu.. mancu iddu pari…>> dissero Adone e Narciso. << Minchia… che beddu….ma cu minchia è chissu masculu biddazzu cu na minchia quantu la mia?>> chiese Priapo taliannisi na lu specchiu d’argento. << Ma si tu..>> ci dissero gli altri. << Iu sugnu.. ma se ero lario? Chi successi? Nu miracolo? Dopotutto mi sono solo spilato .. possibili ca livannisi quattro , per modo si dire, pila fitusa si addiventa bellissimi?>> << Sì...>> risposero tutti in coro. << Allora abbasso li pila e viva il pilo… addivintai beddu e voglio fare solo e sempre più fatti di pilu ma senza aviri mai più un pilo.. minchia chi sugno beddu… beddu.. beddu.. beddu.. biddazzu di la punta di li peri a chidda di lu cazzo.. beddu.. beddu ca pi la gioia staiu…>> Manco in tempo di finire la frase che il rosso palo eretto iu in eruzione, e annaciau tutti i presenti. Che risero e si ittanu sulla sacra fontana << Beviamo lu latti di brigghiu di lu diu ca portafortuna..>> disse Narcisa. << Fortuna porta..>> dissero le assistenti, << Fortuna nei fatti di pilo e d’amore..>> aggiunsero Narciso e Adone. E ci la alliccanu ca na stizza di simenta non arristò. Priapo era contentissimo. Si susiu e si mise a sautare stanza stanza. Iddu abballava ma la sua ciolla facia un balletto che era uno spettacolo. E cantava. << Kalos kagathos… kalos kagathos.. il bello e il buono sono io. Io sono kalos. La mia mentula è kagathos.. io sono il bello e la mia minchia è il buono..>> E ballava davanti allo specchio d’argento. Anche gli altri si misero a ballare. E ballannu ballannu si spugghianu. Orgetta fu. Tutti ingignanu il nuovo Priapo, e Priapo fece il suo primo sesso da masculazzu beddu. Uscito dalla locale non fu riconosciuto da nessuno. Passiava ma nessuno lo riconosceva. << Minchia.. ma cu è chistu masculazzu beddu..>> diceva la gente. << E bello come un Apollo ma davanti teni una ciolla spaventosa.. ..>> Priapo, nella sua testa, si ripeteva mnemonicamente fino all’ossessione la solita identica frase “ Minchia chi sugnu beddu .. e non solo di culu e d’aceddu.“. Quella notte la passò davanti allo specchio a taliarsi e contemplarsi. A minarisilla e a ricontemplarsi e poi a riminarisilla e poi ancora a ricontemplarsi.. era talmente beddu ca si eccitava in continuazione.. .. anzi si autoeccitava . Voleva correre dalle Menadi ma poi decise che doveva aspettare l’occasione ufficiale per manifestarsi. << Vedranno la mia cotanta bellezza e resteranno abbagliati..>> pinsava. Intanto voleva ficcare. Aveva pititto di fare sesso. Ma non poteva uscire. Voleva aspettare l’occasione ufficiale. Poteva correre in qualche lupanare ma una volta arriconosciuto la voce si sarebbe sparsa. Maledisse se stesso perchè non aveva permesso a Narciso e a Adone, che volevano restare, di fagli compagnia. Ma lui non aveva voluto. Adesso erano cazzi suoi. Poteva avere due culi e due bocche e invece aveva solo le sue mani e la sua bocca. Si la minava alla sanfasò e si la sucava a tutta forza, ma la minchia era sempre al massimo dell’eccitazione. Ma lui voleva un buco. Alla fine trovò la soluzione. Forzò la sua ciolla che aveva una certa elasticità a fare un curva strana ma alla fine ci riuscì. E puntata la coppola contro il suo culo si autosodomizzò. Era quasi l’alba quannu si addormentò. Quello era il giorno del matrimonio di Elena con Minkialao. Ed era anche l’occasione ufficiale per sfoggiare il nuovo Priapo. Addormentandosi cantò piano piano. << Ubriaco son io.. Sono bello più di un pochettino.. Ogni sticchio sarà sempre mio.. E io lo posso ichiavardar.. Perché alfin, se si parla del cazzo mio divino, quel che mio io lo posso far scopar..>> Mhassymylyano da Munipuzos celebrò la cosa nel Carmen XXXIII, dedicato a quella notte di autopassione di Priapo. << Turpe quidem factu, sed ne tentigene rumpar, falce mihi posita fiet amica manus.. Turpe a farsi, certo, ma per non crepare di libidine, deposta la falce, mi servirò della mia cara mano..>> Arrivò, come detto, il giorno del matrimonio. Al palazzo reale affluivano gli invitati. I curiosi e i pettegoli, lungo il percorso, taliavano come babbi allucinati, scemi specializzati , ciolle e fiche appitittate. Il matrimonio fu celebrato secondo il rito Priapico-Munipuzico. Momento cruciale della cerimonia era la domanda fatta dallo ierofante, in questo caso il Theos Maximus Zeus in persona, che chiedeva agli sposi: << Vuoi tu , cunnus di Elena, la figlia mia bella, pigliare come tua ciolla personale la qui presente mentula di Minkialao?>> << Sì.. la voglio .. nella sua totalità e nella sua particolarità..>> << E tu, mentula di Minkialao, il genero mio, vuoi pigliare come pacchio personale la qui presente muni di Elena?>> << Sì.. la voglio.. nella sua totalità e nella sua particolarità..>> << Allora scambiatevi le coppole…>> Lo “ scambio delle coppole” era il momento cruciale della cerimonia . Dopo il ‘Sì” papà Zeus chiagniu di felicità, mamma Leda si commosse a livello di cunno, Castore e Polluce pinsanu di fare festa cu qualche pacchio disponibile alla doppia penetrazione, Paride pianse di rabbia e gelosia, Fikennestra pinsau al marito che spasimava per la cognata ma si consolò pinsannu all’amante, Agaminkione si senti già amante in carica della cognata e si la immaginò sul suo ’aceddu , Cunnotemi e Elettracunnus piansero per lo zio oramai maritato, la finta vergine Ifigania rise pensando che lo zio in fondo in fondo sarebbe stato solo e sempre suo, Priapo gioì sia per il successo personale sia perchè Elena era poliminchiofila e iddu si l’avissa fatta volentieri, Odisseo avia grande pititto di fare ficca ficca e non vedeva l’ora di acchiappare il primo cunno di serva disponibile, , Ermafrodito taliava tutti e sceglieva ora un mascolo ora una femmina, Eros vulia tirare un po’di frecce a caso per fare un po’ più di casino di quello che già c’era, Alcmhona taliava la sposa e pinsava che tra poco quella fotteva e lei no perchè Anfistronzone non era ancora tornato, Efesto si facia in conto dei mascoli lì presenti che s’erano fatti sua moglie, Eolo si stava annoiando e ogni tanto ciusciava, Dioniso era brillo più che mai e pinsava d’incunnare il suo “ spirito dionisiaco” nel cunno spilato di Afrodite, Adone e Narciso non vedevano l’ora di andare a fottersi reciprocamente come aveva loro insegnato il maestro dell’erotismo Priapo, il desiderio di incularsi era anche nelle menti e nelle ciolle Achille e Patroclo, idem Antigone col padre Edipo, Ganimede invece spirava che Zeus ci facissi visita presto , Pallade Atene e Artemide si annoiavano e spiravano presto di potersi leccare la fica reciprocamente e strusciarsela, Era si facia il conto di quante di quelle femmine aveva stuprato Zeus, Priamo pinsava di festeggiare con la sua signora, tutte le sue figlie ancora zitelle pensavano di trovare una ciolla per la nottata e intanto speravano di essersi fatte notare da Minkioreste, Minkioreste si era taliato tutte le figlie di Priamo cercando di capire chi era la meno rompicoglioni per sceglierla come moglie e intanto sperava di poter concludere la nottata con Pilade, anche i figli di Priamo pensavano a come procurarsi un portuso per la notte, la fresca vedova di Minosse Pasife pinsava di attrovarsi una bella ciolla consolatoria per la notte….e così anche gli altri… ognuno avia i suoi pinseri.. o di cunno.. o di minchia.. o di altro… ma tutti avevano comunque pensieri lussuriosi. Tutti, tranne gli intellettuali; Homerino, Mhassymylyano e Santhokriso . Iddi pensavano solo e soltanto a quello che dovevano scrivere, rispettivamente in greco, latino e siciliano. Ma questo è vero solo in parte. In realtà, tra una pinsata e l’autra , anche loro pensavano che dovevano festeggiare. Al matrimonio era presente anche il filosofo piluso Socratino da Munipuzos che sichiese: << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere e avere una minchia, a che minchia serve la partecipazione al matrimonio di un cazzo con un pacchio, se poi non puoi partecipare alla “ consumazione “ del pacchio anche con la tua minchia? >> Gli invitati curtigghiano alla grande. << Megghiu farisi l’abbonamento al casino pi ficcari cu na buttana ca pigghiari mugghieri e fare della propria vita un casino continuo..>> sosteneva lo scrittore piluso Santhokriso. << Il matrimonio è la catena del fallo.. phonos phallus.. l’ assassinio del fallo.. kteinein fhallus .. uccidere il cazzo.. thuein fhallus.. sacrificare la ciolla.. sphazein phallus.. sgozzare il pene.. questo è il matrimonio…. Solo cazzi da cacare…>> diceva Homerino. << Amor osculo significatur, necessitas mentula.. l’amore viene significato dal bacio, la necessità dalla minchia..>> << To Hellenikon .. “la cosa greca” si diceva del pacchio di Afrodite.. To Munipuzoskon.. “ la cosa di Munipuzos” si dirà del pacchio di Elena.. >> disse un intellettuale . Per Priapo si sprecarono le parole. <<Phanaios.. colui che appare ..megalophyia.. naturale grandezza.. pondus et mensura.. peso e misura.. >> Ma soprattutto si discusse sull’acquisita bellezza del dio. << E’ bello come un Apollo e sessuale come un Dioniso... la spilatura lo ha messo a nudo.. li pila lo rivestivano come una scimmia.. o unu sceccu.. adesso è bello tutto... e bello perchè nudo veramente... è l’espressione personificata della bellezza maschile.. bello.. bello sia di corpo che d’uccello..>> Ma ad animare la festa furono gli amici di Dioniso: Satiri, Sileni e Menadi. Briachi fracidi com’erano scatenarono un bella orgia nei giardini pensili del palazzo reale. Ma prima di scatenare l’orgia iucanu a cottabo. Un gioco bello dalle connotazioni esplicitamente erotiche. Uno dei banchettanti si sucava una coppa di vino e poi lanciava le ultime gocce verso un piatto o un bicchiere pronunciando il none del persona con cui voleva avere un dialogo fallico o cunnico.. tutto dipendeva dalle tentazioni, dalle voglie , dai desideri del momento.. da come lo spirito dionisiaco s’impossessava di ciolla e ciriveddu… Intanto le suonatrici di flauto diffondevano nell’aria dolci note musicali … ma chi li taliava pinsava solo a mettere qualcos’altro al posto del flauto. Intanto i cinedi ballavano.. i pantomimi mimeggiavano.. alcuni ballavano il kordax… un ballo originario della Lidia che mimava i rapporti sessuali.. Qualcuno cantava, o meglio improvvisava, licenziosi scolii.. canzoni di tavola.. doppi sensi a iosa.. allusioni sessuali alla sanfasò. Si partiva cantannu in coro : << Lì o là o su.. là o lì o su..>> “ Lì” era il pacchio, “là” il culo e “ su” la bocca. Inizio Dioniso: << Elena questa sera è sicuro.. la piglierà finanche nel culo…>> Continuò Afrodite : << Elena l’avi come la mia.. è la gloria del cunnus e cosi sia..>> Odisseo: << Minkialao senza affisa.. la teni già tisa…>> Zeus: << Mia figlia la teni spilata... ed è sempre arrapata…>> Agaminkione: << Non perché è mio fratello.. ma tiene un bell’uccello..>> Dioniso: << E già brillo questo è il bello.. inzetterà dove metter l’uccello?>> Achille: << Parola di iarruso… al massimo poli sbagghiari purtusu..>> Patroclo:<< Poli sbagghiari apposta.. per cambiare sito alla sua ciolla tosta..>> Il finale spettava agli sposi. Minkialao: << La ciolla mia bella e bona.. è pronta a fari lampi trona..>> Elena: << Marito mio sono pronta sana sana.. infila lu battagghiu na la campana..>> Ma Priapo stavolta finì lui. << Pi soddisfare una si bella filazza... ci vulissi la me minciazza..>> E il coro: << Lì o là o su.. là o lì o su..>> Intanto la festa proseguiva. Minchiate a destra e minchiate a sinistra. Solo Priapo si unì ai ballerini. Gli altri talianu e basta. Ma a dire il vero tutte le femmine taliavano a Priapo. << Minchia.. chi addivintau bello. .mi lu mangiassi….mi lu arrussicassi.. e so pure da dove incomincerei.. incomincerei da quella stupenda minchia.. dalla minchia incomincerei.. per Priapo e i suoi priaponi.. che bell’uomo e che bel minchione..>> Priapo ballava e ballava pure la sua ciolla. Sotto i vestiti naturalmente. << Nudi.. nudi.. nudi.. >> gridava la folla. Al matrimonio, oltre all’aristocrazia e alla divinocrazia, ci stava pure mezza Munipuzos.. l’amico, l’amico dell’amico, l’amico dell’amico dell’amico e altro. Ma l’invito femminino era rivolto soprattutto a Priapo. Qualcuno lo gridò senza vergogna: << Priapo.. sei bellissimo... Priapo, voglio vederti nudo .. tutto nudo.. al massimo del tuo splendore .>> Una voce di fimmina ingrifata, dallo scuro di un angolo, grido: << Priapo.. ficchimilla per sempre..>> Un mascolo , che si trovava in zona protetta dal buio, gridò: << Ti darei il culo notte e giorno… ma mi accontento anche di una tantum..>> Priapo, travolto dall’ebbrezza alcolica, oppure dallo spirito dionisiaco di origine paterna, si scippau li robbi a picca a picca. A vedere quel culo bello, quelle cosce muscolose, quelle spalle imponenti, quegli addominali saettanti.. la folla iu in estasi. E ancora mancava il meglio.. mancavano le palle.. e soprattutto la ciolla. Quel giorno Priapo si era messo un erotica modello di cingiphallus. << Minchia chi genti babba… stanno uscendo pazzi pi taliari la minchia di quella testa di minchia… magari , se putissinu , lu mittissinu al posto mio.. perché secondo tanti non deve comandare chi tiene il ciriveddu chiù granni, ca nun si viri , ma cu teni la ciolla maggiore, che visibile è.. anzi, visibilissima.. >> pinsò Zeus incazzatissimo. Priapo da parte sua completò lo spogliarello. E quannu la ciolla fu esposta alla pubblica successe la fine del mondo. Ma Priapo non ci faceva manco caso. Era in estasi, ma non per motivi sessuali. Semplicemente ci tinia a dimostrare a tutti che adesso era bello… Saltava ma pinsava a sé stesso. << Minchia .. chi sugnu beddu..>> Girò, sauto, ballò, trippò.. Poi successe quel che successe. E orgia fui. Fu vedendo quella esibizione che lo scrittore Santhokriso decise di scrivere Cent’anni da Priapazzu. E di dedicarlo a Priapo. Gli sposi invece si infilanu nel labirinto per farsi la prima ficcata da marito e moglie. Fu una ficcata lampo, con tutto il sottofondo sonoro di Menadi, Satiri e Sileni che fottevano alla sanfasò. Si ni ficiru sulu una . Poi Minkialao si addormentò. Elena invece utilizzando il “filo magico” fici trasiri a Paride e si ni ficiru setti senza sciri lu battagghiu da la campana. Dioniso e Priapo videro i misteriosi travagli di erezione del corname reale ma si fecero i cazzi loro. E cazzulianu unni capitava capitava. << Papà.. la ci sta un pacchio libero..>> gridava Priapo. E Dioniso curria. << Figlio.. la ci sta uno sticchio disoccupato..>> gridava Dioniso. E Priapo correva. Gli altri invece erano tutti e soltanto eccitati ma si preparavano spiritualmente e carnalmente alla nottata. Una nottata a base di sesso. Sesso e basta. Sesso alla sanfasò. Agaminkione da parte sua si sentì padrone dell’universo per un giorno. Nel suo palazzo aveva ospitato l’Olimpazzo al completo. Aveva mangiato allo stesso tavolo di Zeus e di tanti altri dei…. Homerino da Munipuzos, presente al matrimonio del millennio lo avrebbe sicuramente raccontato in un suo poema.... ne aveva anche accennato il titolo . L’Eleneide. Agaminkione era contento anche perché si sentiva già nel cunno di Elena. Era convinto di farsela in quella che era la notte di nozze di Elena stessa e Minkialao. In mattinata aveva deposto la prima pietra della futura ottava meraviglia della Magna Grecia: il ponte Munipuzos Purceddopolis… Zeus aveva benedetto la posa della prima pietra. Eratostene Mercallone da Munipuzos, illustre scienziato locale, aveva fatto un discorso scientifico. Punto per punto, da tutti i punti di vista. L’opera doveva essere antisismica. E pertanto lui aveva ideato una scala per misurare l’intensità dei terremoti… la scala Mercallorum . << Basta mettere dieci leccaculi del re uno sull’altro e aspettare il terremoto.. poi si contano quanti ne sono rimasti in piedi e si calcola l’intensità del terremoto… e questo ponte è fatto per resistere fino al nono grado…Priapo lo protegge con la sua ciolla e Zeus l’ha benedetto…>> aveva detto lo scienziato . Dedalo aveva illustrato il progetto architettonicamente parlando. Aveva fatto un discorso così serio, complicato e scientifico che tutti erano stati presi dalle sue parole e anche se nun ci avevano capito un cazzo alla fine ci avevano abbattuto li mani assai assai. Anche Agaminkione aveva fatto il suo discorsetto alla presenza di Priamo. << Popolo… Amici.. parenti.. ma soprattutto Divinità carissime…Mi consento … mi autoconsento.. mi consentirò… e in occasione dell’inaugurazione .. mio figlio sposerà una figlia del qui presente Priamo.. una qualsiasi in segno di pace universale…mi consento.. mi autoconsento.. mi consentirò.. intanto vi dico “ e festa sia.. festa..” e consentitemi di fare festa pure a me…. Come voglio io.. >> Tutti avevano applaudito pensando a quel “ come voglio io”. Perché tutti sapevano che Agaminkione voleva il cunno di Elena al più presto. Magari quella notte stessa. Ma a tutti la cosa paria strana. Anche a Homerino da Munipuzos paria strana. << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere da re e avere una minchia reale da dare a Elena, a che minchia serve vivere da re e avere una minchia reale da non poter somministrare ad Elena?>> Al Plutocircolo di Munipuzos si cazzeggiò alla grande. O meglio si sminciuliò. <<Agaminkione la vorrebbe già stanotte .. la fichina della cognatina..>> <<Sta minchia.. stanotte il concerto pi minchia e cunnu lu suonano marito e moglie…>> << Elena sarà buttana veloce ma non è buttana velocissima.. >> << Magari stanotte suoneranno moglie e amante.. moglie di Munipuzos e amante di Purceddopolis..>> << E marito e amante.. ovvero zio Minkialao e nipote Ifigania..>>l << Quelli l’hanno suonato tante e tante volte la notte scorsa che lui è sminchiato e scoglionato totale…>> << Chissà se riuscirà a scopare nel labirinto..>> << Forse una.. per dovere praticamente…tanto per dire “ consumato est..”>> << Tanto per consumare quello che non c’è più..>> << E poi la notte delle nozze.. chissa coma andrà?>> << Una ,una e basta.. e forse neanche quella.. poi lui si addormenterà…>> << E lei resterà col pacchio in fiamme .. e cercherà altre pompe già stanotte.. per farsi stutari il fuoco che la infiamma, che la arde, che la brucia.. >> << Figlia di Zeus è.. se quello è minchia fiamma eterna questa è sticchio in fiamme perenni....>> << Io ci la darei volentieri… solo per vedere quel suo pacchio spilato.. dicono che sia la copia di quello di Afrodite..>> << Beato chi ci la ficca all’una e all’altra.. hanno tra le cosce il paradiso delle ciolle.. i campi elisi della minchia.... l’estasi, la gloria e il trionfo dell’aceddu…>> << Agaminkione ad Elena ci la ficcherà.. prima o poi.. ma non stanotte.. come lui spera… stanotte o ci la ficca a Fikennestra o si etta di la finestra..>> << Poli iri dall’amante.. o al casino.. ficcariccilla a una concubina.. o far venire a casa un esercito di etere.. o andarle a trovare personalmente..>> << Accusi Fikennestra si la farà ficcare dal suo ganzo a pagamento..>> <<Ah.. Krysegystos.. la krisominkia.. la minchia d’oro. dicono che sia originario di qua..>> << Comunque è lu buttanu preferito dalla regina..>> << Io stanotte mi sognerò il pacchio di Elena.. in primo piano.. ca se in sogno niesciu la lingua ci lu alliccu…>> << E ti la minerai in suo onore.. perchè averla tu non potrai mai..>> << Mai dire mai.. quella appena vidi nu aceddu si lu suca in un amen.>> <<Magari… si sucassi.. sculassi.. incunnassi lu miu.. >> << Stanotte tutti ficcano…>> << E noi no…>> << Cazzi mari.... andiamo al lupanare a fottere le lupe..>> << A fottere le lupe.. ma quelle con la caratteristica di Elena..>> << Tanto oramai sono quasi tutte col pacchio spilato…>> << E si fanno chiamare Elena o Afrodite..>> << D’altra parte se spilato pure lui.>> << Lui chi?>> << Priapo..>> < < Minchia.. lu diu di la minchia…ca era pilusu come unna scimmia .. >> << Esatto.. dopo aver scoperto l’omoerotismo con Adone e Narciso ha deciso di curare il suo aspetto..>> << E si è fatto depilare da Narcisa.. pilus per pilus.. e il bello è che è diventato bello.. l’avete visto che cosce esibiva sotto la tunica durante la cerimonia..>> << Se si è spilato lui si possono spilare tutti…>> << Adesso la minchia sembrerà più grande ancora..>> << E magari ci la ficca ad Elena… stanotte..>> << Tutto è possibile..>> Così al Plutocircolo di Munipuzos. Elena era da tempo la promessa sposa di Minkialao. Si lu stava maritannu per ordini superiori. Allora i matrimoni venivano combinati. A forza di frequentarlo si era nu tanticchia affezionata. Era bello ma poco interessante. Ed aveva poca passione per il pacchio. Lei ci facia capire di essere disponibile ma lui faceva finta di non capire. Fino a quannu Elena esasperata , come si dice in Sicilia, ci lu scippau da li causi. Minkialao si ni facia una di fottuta e poi basta. E le cose andavano avanti così. Diceva di essere sempre stanco. << Minkialao mettiti a posto il marameo, altrimenti sunu corna sicuri, bello il mio babbeo..>> pinsava Elena che era stata deflorata a dodici anni appena da un eroe come Teseo. << Finirà con le corna.. ma mi ni futtu.. mio fratello la desidera da sempre.. e prima o poi si la farà.. Elena ci appititta da una vita…corna di famiglia saranno .. lui si suca li miei.. io mi sucherò li suoi…l’importante ca sunu e restino corna ufficiose e non ufficiali.. come chiddi ca ci fazzu iu…sono corna lunghe e grandi e grosse e nessuno l’avi mai scoperto…e anche se qualcuno lo sa, però tace… perchè se qualcuno parra morto è..>> Minkialao da tempo si la facia con sua nipote Ifigania. Si l’era cresciuta poco a poco, Si l’era curata e contemplata e quannu la picciotta fu pronta si la pussiriu con tutta la possibile compartecipazione di idda. La tresca pelosa andava avanti da tempo e non era mai stata scoperta. I due si incontravano nel bosco di Mynkyalonya.. in una grotta tutta attrezzata ad alcova…. Adesso ci stava l’imprevisto previsto del matrimonio per lui. Ma Minkialao aveva detto alla nipote che quello sarebbe stato solo un dovere.. e avrebbe ridotto le prestazioni sessuali con la moglie al minimo garantito dalle legge sui matrimoni.. tre tra una luna piena e l’altra.. una ogni dieci giorni. Finu a quannu idda non ci avissa cacato l’erede . Poi putia magari tinilla solo e soltanto come soprammobile. Ifigania da parte sua rifiutava tutti i pretendenti che gli venivano offerti. << Non mi marito…. Voglio restare vergine…per Artemide Adiabatica ...>> diceva. A causa degli amplessi furiosi di Ifigania con lo zio questo era sempre stanco quannu si incontrava con Elena. << Una basta.. una soltanto..>> diceva lui. << Meglio una che niente…>> pinsava lei e si chiedeva perchè corressero certi numeri in giro. << Mio marito ficca allo spasimo…>> << Mio marito non è mai sazio..>> A questo pensava Elena la bella. Elena in effetti veniva taliata e controtaliata da tutti per la sua bellezza. Tutti la taliavano con occhio indagatore, quasi quasi ci volevano cuntari li pila di lu paparaciannu.. ma questo è solo un modo di dire. Tutti sapevano che il suo pacchio era spilato di madre natura.. il suo era come quello di Afrodite .. Ma Elena, questi guardoni che scopavano con gli occhi, manco li cacava. << Dopo il matrimonio si vedrà…ma è sicuro che un amante ci sarà.. Paride mio bello, preparati l’uccello…>> Un giorno, un picciotto tutto elegante stava andando da Purceddopolis a Munipuzos. Non era una grande distanza ma prima si doveva scendere verso il lago e poi risalire. Tra tornanti e altro una bella camminata. Mezza giornata e passa. Una faticaccia. << Speriamo che Agaminkione si sbrighi a costruire questo cazzo di ponte.. allora sarà una volata andare da una polis all’altra..>> pinsò il picciotto che tinia già diciannove anni. Arrivato al lago si riposò nu tanticchia all’ombra. Ma intisi dei lamenti e andò a vedere curioso. Erano lamenti di un certo tipo e provenivano da una grotta. Lui li conosceva bene i gemiti d’amore. Lui e la sua signora Enone ne facevano alla sanfasò. Sapevano minkiolare alla grande. << Qualcuno sta futtenu….beati loro che possono minkiolare …>> Si avvicinò piano piano e taliò dentro. << Minchia… Minkialao che ficca con sua nipote Ifigania.. quella che si vanta di essere vergine.. vergine sta minchia…>> Guardò nu tanticchia e gli venne pititto. Decise di farsi un bel bagno per calmarsi i bollori minchioleschi . Poi si addormentò nudo. Minkialao e Ifigania uscendo dalla grotta lo videro. << Bihhhh.. che bello stu picciotto col ciciotto di fora…>> disse lei. << Silenzio.. che se si sveglia siamo rovinati..>> << Perché? Lo acconosci? >> << Certo.. e lo acconosci pure tu.. E’ Paride e sta venendo a casa mia .. sarà mio ospite…>> << Vero è.. adesso che lo guardo in faccia lo riconosco..>> << Certo.. prima taliavi il ciciotto..>> << Certo… prima si talia il capitale.. poi il proprietario del capitale..>> Paride si svegliò ma fici finta di dormire. Quelli parlarono tranquilli dei cazzi loro. << Meno male che dorme.. altrimenti si scopriva che io mi trombo la mia nipotina bella….>> << E che io non sono più vergine..>> << Minchia chi scannulu..>> aggiunse Minkialao. << Forse saltava il tuo matrimonio con Elena..>> << No, meglio fare la sceneggiata per il popolo.. poi ognuno si gestisce la minchia come vuole..>> << La tua la gestirò sempre io.. mio caro zietto..>> E andarono via. Paride rise. Della finta verginella e del futuro cornuto. Elena sarebbe stata sua prestissimo. Quella scoperta anticipava la promessa fatta da Afrodite. Si vestì e decise di farsi un pisolino prima di salire verso Munipuzos. Dormiva alla grande quannu si trovò a passare Elena. Che meditava su chi poteva scegliere come amante dopo il matrimonio. La ragazza vide all’improvviso il picciotto che dormiva. Lo taliò in faccia. Era bellissimo. Muscoloso. Biondo e riccioluto. Villoso. Maschio al cento per cento. Potenti erano anche le cosce che la corta tunica lasciava scoperte. Dalla sacca che aveva con sé si capiva che era nobile. Intanto che lu taliava una folata di venticello ci susiu la tunica. Ed Elena, non volendo ma desiderandolo, si attruvò a taliare l’aceddu del picciotto. Era tiso ed ebbe l’impressione ca ci sorridesse. << Minchia.. una minchia gioconda.. una minchia che sorride … quella farà ridere lu cunnu e la proprietaria di lu cunnu.. mi piacerebbe sceglierlo come amante, ma non so manco chi cazzo è…>> Continuò la sua passeggiata avendo in testa l’immagine della “ minchia che sorride”, della “ gioconda “, come la chiamò nel suo linguaggio segreto La sera venne a pigliarla lo zito per la cena. << Prima dammillu.. gioia mio, ho pititto di ficcare…>> << Sono stanco.. dopo.. dopo.. dopo..>> << E va bene .. dopo..>> Minkialao aveva il vizio di rinviare. D’altra parte era reduce da ravvicinatissimi incontri pelosi con Ifigania. Che se lo spurpava sempre più per farlo rendere al minino con Elena. << Vieni che ti devo presentare un mio ospite..>> << E cu è?>> chiese sorridendo Elena. << Lo vedrai tra poco.>> Portata a palazzo si trovò davanti il picciotto del lago, quello la cui minchia gli aveva sorriso. Il proprietario della “ gioconda”. << Elena.. ti presento Paride.. il figlio di Priamo.. Paride.. ti presento la mia zita.. >> << Piacerissimo mio…>> disse Paride. << E anche mio…>> rispose la donna. Paride resto ammammaluccuto da cotanta bellezza che sua doveva essere per promessa divina. La taliava in faccia ma vedeva il suo cunno in primo piano. Elena per la sorpresa lo taliò con lo sguardo perso. Non vedeva la faccia di Paride ma la sua ciolla che le sorrideva . La “ gioconda.” << Sapete che siete coetanei…>>aggiunse Minkialao. << No…>> dissero i due. Non solo erano coetanei ma erano nati lo stesso giorno. << Elena , tu che so che sarai la mia futura brava moglie, in questi giorni che io ho molto da fare, farai da cicerona al nostro ospite.. ti prego.. Elena bella, ti prego, accetta..>> propose Minkialao. << Sì.. volentieri.. >> I due ragazzi diventarono amici. E si raccontarono le cose intime. Lui gli parlò dell’arte di minkiolare che applicava con sommo piacere con la moglie Enone, lei dei rapporti scadenti col futuro marito. << Una volta e basta…ma una volta e abbastanza veloce, quasi una sveltina..>> precisò lei. << Ma è picca .. picc’assai..>> << E chi fazzu? Lu obbligo a fare di più?>> << Ti fai l’amico per minkiolare..>> << Certo.. lo farò.. ma dopo il matrimonio…adesso sarebbe sconveniente..>> << Io sono disponibile…>> sparò Paride. << Non dire stronzate.. tu sei mio amico…rovineremmo l’amicizia..>> puntualizzò Elena che aveva in testa l’immagine della ciolla sorridente. << No, bedda mia, devi sapere che l’amico si riconosce nel momento del bisogno .. e tu di quella cosa hai bisogno.. e io la tengo disponibile ..>> << Di quella cosa sì.. ma non della tua…>> << E mica la conosci? >> sparò Paride. << La conosco…la conosco.. e mi ha pure sorriso…un sorriso a piena coppola di minchia.. la “ gioconda “ l’ho chiamata io…>> << Minchiate.. stai sparando minchiate.. Raccontami.. e scoprirò se è vero..>> Lei le raccontò la facenna. Paride restò come uno stronzo allampato da un fulmine di Zeus. E Paride, figlio di zoccola per modo di dire, attaccò a corteggiare la femmina con costanza. La voleva prima del matrimonio. E non dopo come da promessa divina. Pertanto giocò sporco. E ci disse: << Voglio dirti un segreto.. posso..>> << Certamente..>> << E duro da digerire.. lo vuoi sapere lo stesso?>> << Certamente..>> << Io so perché il tuo zito è sempre stanco?>> <<Veramente? >> << Sì…> << Dimmillu..>> << Minkialao si la fa con Ifigania >> << No.. non è possibile.. con la vergine adiabatica.>> disse ridendo Elena. << Sì..>> E ci cuntò quello che sapeva. << E’ impossibile, quella è vergine…e vergine vuole restare..>> << Di pinsero forse.. ma nei fatti non è vergine neanche di biddicu.>> << Voglio vedere coi miei occhi..>> << Certo.. stasera.. a talora.. nel tal posto…ti ci porto io..>> E Paride ammusciò ad Elena come Minkialao si incunnava la bella vergine Ifigania. Videro la prima, la seconda, la terza e la quarta . All’inizio della quinta Elena disse : << Basta.. andiamo via. Che tengo il firticchio dappertutto.. il core mi sta pazziannu, la testa mi sta scoppiannu ma lu pacchiu grida “ Minnitta… Minnitta...” >> << Andiamo dove?>> << A fare la minnitta..>> disse lei. << Io son qua..>> << Minnitta subito.. ma non qua…>> << A disposizione tutto sano sano.. cuore, ciriveddu, corpo e soprattutto ciolla.. anzi “ gioconda”..>> << Soprattutto quella…la “ gioconda” per fare giocondo il mio cunnus che sta piangendo..>> precisò lei. Elena si lo portò in mezzo al bosco di Mynkyalonya e si lu pussiriu alla diavolina. Paride era contentissimo. Aveva accorciato i tempi. Elena era stata sua prima del tempo. Non una ma otto volte la “ gioconda “ aveva reso giocondo il portuso di lei. Così si erano acconosciuti Paride ed Elena. E accussì il picciotto aveva accorciato i tempi per arrivare al dunque. Nel mezzo della notte ho lasciato il mio compagno di letto, e vengo qui tutta bagnata da una pioggia battente. E poi restiamo senza far niente, senza parlare o dormire (s'intende come è legge degli amanti dormire)? Antologia Palatina La notte di nozze finiu mali. La prestazione di Minkialao fu scadente. Trasiu con difficoltà e si pisciau in un amen. Elena restò insoddisfatta. Ma Minkialao , poco prima della cerimonia, era stato spurpato vivo dalla nipote. Intanto che lo aiutava a vestirsi lo aveva sottoposta a sette fellatio. Quello pertanto aveva esaurito la durezza dell’aceddu e consumato tuttu lu latti di brigghiu disponibile. E al talamo nuziale si presentò che era una fitinzia. Esaurito com’era di minchia e di ciriveddu. << Mancu una bona si ni sapi fari.. la buttana di sua nipote Ifigania l’avi spompato alla grande.. la sucaceddi specializzata..>> pinsò nella sua testa la bella Elena. Poi pensò per un attimo a Teseo che l’aveva fatta femmina a forza, ma subito dopo pinsò a Paride. Allora desi al marito na sostanza strana pi fallu dormire assai. << Bevi per amore mio.. e una miscela di sostanze rinforzanti.. tra poco l’aceddu ti attisa e facemu festa di nuovo..>> Lui si calò tutto in un attimo. E si addormentò profondamente. << Dormi beddu.. che io vado cercare il mio aceddu..>> E curriu nella stanza di Eros. Interruppe la trummiata del dio dell’amore con la legittima consorte Psifica. << Coitus interruptus..>> scherzò Elena. << Coito finito male…>> rispose Eros. << Filazza lassata a mità..>> aggiunse Psifica. << Chi fazzu? Consolami la parte addolorata, altrimenti m’ammazzu.>> chiese al dio dell’amore. Eros la consolò ipso facto. Sotto gli occhi della bella moglie Psifica consenziente. Poi disse: << Un giorno si dirà: Va dove ti porta il cuore. Ma oggi ti dico: Va dove ti porta il cunnus..>> << Ciao.. continuate pure.. io so dove mi porta il cunnus…>> << Vaffanculo Elena.. vai a rompere i coglioni a qualche altra persona…>> dissero Eros e Psifica. E ci ficiro il segno di lu crignu. Non convinta totalmente corse nella camera del padre. Anche lui stava trummiannu. Cu Leda. Ca era la madre di Elena. << Altro coitus interruptus..>> disse trasennu, << Autro scassamento di minchia..>> disse Zeus. << Papà chi fazzu? Consolami la parte addolorata, altrimenti m’ammazzu.>> << Nun pozzu.. è incesto.. tu sei figlia mia..>> << Mi ni futtu.. a Persefassa ci la dasti la ciolla.. e io mica sono chiù stolla..>> << Non posso.. sono qui con tua madre..>> replicò Zeus. << O mi consoli o mi ammazzo.. >> Non disse altro Elena. Zeus capì. E la consolò seduta stante. Sotto gli occhi consenzienti di Leda. Poi Zeus disse: << La qualità e la quantità di Minkialao non fa per te.. troppa poc’assai da tutti i punti di vista quella sasizza è….>> << Papà, chi fazzu?>> << Figlia, cerchiti n’autru cazzu.. pigghiti puru chiddu di Paridazzu.. >> << Ciao e buon lavoro..>> << Vai.. vai a scassare la minchia a chi dico io.. che sicuramente si la sta scassando da solo per il dolore di saperti sotto l’aceddu torturatore di tuo marito… vai e non tornare che già mi scassasti la coppola della minchia e mi facisti addivintari acido lu latti di brigghiu..>> << Sono d’accordo.. se il tuo è acido, quello di Paride acidissimo sarà…>> Uscì e andò da Priapo. Era a letto con otto Menadi. << Priapo dalla minchia potente e bella, Minkialao non ci la fa a stutari la mia funnacella? >> << Ci la fa .. ci la fa.. e comu se ci la fa.. in fondo ci l’avi di buona fattura e qualità… solo che ci sta na sucaceddi specializzata ca ci suca finu all’ultima stizza di spacchiata.. ma tu adesso addesideri, pi sunari la to campana, lu marrugghiu di n’autru figghiu di buttana. pirchì chistu è lu to pitittu, e nun fare la stolla, tu vuoi a Paride, anzi,vuoi la so ciolla…>> << Nun è vero..>> << E’ vero.. è talmente vero che io sono sicuro che a tia adesso non ti abbasterebbe neanche la minchia mia..>> << Facciamo la prova.. tu mi la ficchi e io vedo come il mio pacchio si trova..>> Manco il tempo di dirlo che Elena ci acchianau di supra e s’impalau. << Minchia.. chistu nun è nu cunnu.. chista è na sterna senza funnu… na filazza cunsuma sasizzuna.. na ucca spremi cugghiuna.. mischinu cu ci la ficca.. là dintra la minchia s’impicca.. quasi quasi nun ci la fazzu mancu iu.. ca di la ciolla sugnu lu diu….>> Senza misu no cuntu Priapo si futtiu la novella sposa proprio la notte del matrimonio… dopo la sasizzedda di Minkialao idda assaggiò il sasizzuni di Priapo.. ma Elena in cuore, in ciriveddu e in cunnu vulia sulu chidda di Paride.. non era pititto di minchia in genere .. era pititto di un certo proprietario di minchia. << Ti abbastau?>> chiese il dio itifallico. << No…voglio la “ gioconda”..>> << Ehhhh..>> fece Priapo. << La “ gioconda “ è.. è la minchia di Paride che è sempre allegra..>> << Nun è problema di misura.. è problema di proprietario.. minchia mia biniritta.. Corri e vatti a ficcari na lu lettu di chiddu la cui ciolla ti appititta..>> Sciu in corridoio e incontrò Achille. Bello e nudo, l’eroe stava andando a pisciare. E cantava. << Ciolla mia, ciolla mortale.. Fammi godere in modo eccezionale.. >> << Achille, immortale a parte la ciolla, dimmi che devo fare io povera stolla?>> << Livariti dai coglioni che ho da fare.. Ho fretta .. mi veni di pisciare..>> << Achille.. dimmi cosa potrei fare?>> << Accamarora fammi pisciare..>> Elena lo seguì. . E pigliata in mano la mortal ciolla lo aiutò a pisciare . Ma la ciolla unciò. << Achille.. ma non eri iarruso? Non ti piaceva solo chi tinia il fuso?>> << Elena, le mani non hanno sesso.. Di fimmina o di mascolo vanno bene lo stesso..>> << Comunque , che devo fare?>> << Fattilla ficcari da cu minchia ti pari, basta ca a mia e a Patroclo ni lassi stari..>> rispose l’eroe liberando la sua ciolla e rientrando nella sua stanza. Lei ci iu appriessu. E lo riacchiappò per il mortal manico. Nel letto c’era Patroclo bello e nudo. << Achille chi fazzu? Consolami la parte addolora, altrimenti mi ammazzu..>> << Si poli fari, ma Patroclo deve partecipare…>> << Va bene... va bene.. anziché un singolo avrò un doppio pene..>> E ci la misero tutti e due nel pacchio, in contemporanea. << Ma alla domanda non hai risposto.>> addumannò Elena a cose concluse. << Ficcaci la minchia di Paride in quel posto.>> Curriu dal furbo Odisseo che solo soletto stava pinsando ai cazzi suoi. << Furbizia personificata ed eccezionale: che fare per la mia situazione personale?>> << Io tornerei a letto e mi immolerei sulla minchia di mio marito all’istante. Poi chiuderei gli occhi e sognerei di cavalcare il mio amante.. E quannu proprio lu pitittu mi addivorerà la pacchiu infuocato pensu all’amanti e cu lu itu dugno aiutu a lu sticchiu addolorato..>> rispose Odisseo. << Odisseo, chi fazzu? Consolami la parte addolorata, altrimenti m’ammazzu…>> Odisseo fece in quattro e quattrotto. La futtiu e rifuttiu col botto. << Itu miu o ciolla d’amante: questo è il dilemma? >> si chiese . Elena curriu allora nella stanza di Paride. Ma chiddu non c’era. S’affacciau e lu visti Si guardò il dito e guardò Paride che si allontanava. Stava andando verso il faro di Alessandro. << Non ho dubbi… meglio la “ gioconda “ . >> E corse dietro Paride. << Minchia.. sta trasennu na lu faru…chi voli fari soccu minchiata?>> si chiese. Ci curriu appriessu in silenzio. Senza farsi vedere. Ma pronta a correre e a raggiungerlo se vedeva le cose mettersi male. Paride entrò nel faro. << Minchia, chi si voli ittari dal faro per amore mio? >> Acchianò le scale piano piano per non disturbare. E quando arrivò quasi in cima sentì le sue parole. << Eolo.. ciuscimilla.. e portane na stizza all’amore mio.. e se non ci poi portare la simenta portaci almeno lu ciauru di la me minchia.. Eolo, ascoltami e non fare lo stronzo.. ciuscia.. ciuscia chiù forti.. e chi cazzu.. sei o non sei il dio del venti.. ciuscia, per la miseria.. o sei diventato impotente di ciolla e di ciusciu ..>> Elena salì ancora e taliau. Paride ci dava le spalle. Anzi, lu culu. Pirchì era nuru a parte la coppola. Ma si capia chiddu ca stava faciennu. Si la stava minannu in suo onore. Si la stava minannu al vento. Per affidare la sua simenta a Eolo. << Forza Eolo.. ciuscia sempre più forte.. distruggi tutto ma portaci il ciauru del mio aceddu… e a mia portami il ciauru frisco del suo cunno dilaniato da quel fitente di Minkialao.. scatenati Eolo… e stocchiccilla a Minkialao.. stocchiccilla magari al mondo intero ma portaci il ciauru della ciolla mia……stocchimilla puri a mia .. basta ca ci la vai a piazzare nel pacchio.. quel pacchio che addesidero da tempo.. quel pacchio che mi fa pacchiare la notte.. quel pacchio che mi accende di desiderio.. di pititto.. che mi mette il fuoco al cuore.. al corpo.. al ciriveddu.. e soprattutto all’aceddu.. ciuscia Eolo.. ciuscia.. tu non sai che significa ficcare con Elena.. io che lo so, minchia come la addesidero.. e se non ci posso andare io, che ci vada la mia ciolla.. stocchimilla.. e porticcilla .. ficchiccilla per sempre.. in secula e seculorummu..>> Elena taliava esterrefatta. Ci vinni pititto infinito della “ gioconda”. Intanto Paride si la minava in modo sempre piu forsennato. E delirava.. << Zeus.. scatena li tuoi amati fulmini e fulminicci la minchia a Minkialao.. Efesto… scatena l’Etna e arrusticci la minchia a Minkialao.. Priapo… sbattici in culo la tua cosa accussì l’autra ci arrrimodda.. dei dell’Olimpazzo.. facitici arrimuddari a Minkialao lu cazzu… diu di li terremota… fai affunnari tutta la Trinacria, ma fai crepare il mio rivale…fai pure come facisti con Atlantide.. ma fa crepare Minkialao.. un milione di morti purché muoia il mio rivale.. a mia chi mi ni futti..>> Intanto continuava a minarisilla. Elena salì ancora.. lasciò cadere la tunica e nura si avvicinò all’amato portatore dell’amata “gioconda”. In silenzio. Fu alle sue spalle in un fiat ma Paride non se ne accorse. Invece senti un certo odore. << Grazie Eolo.. grazie per avermi portato il cianuro del pacchio di Elena.. lo riconosco perchè tante volta l’ho ciaurato.. tante volte l’ho toccato… tante volte me lo sono mangiato.. io, Paride il cunnofago, l’ho avuta come anello prematrimoniale della mia ciolla.. è lui.. è il suo ciauru di gelsomino tiso alla rosa piacerosa cu na tanticchia di menta piperita e na pammina di prezzemolo abbasilicato.. è lui.. grazie Eolo per avermi riempito le narici di quell’odore benedetto.. sento che il cianuro mi manda in estasi.. s’impossessa del mio ciriveddu e corre veloce alla minchia mia.. sto per venire.. e tu Eolo bello.. portaci la simenta mia in quel pacchio.. porticcilla per carità.. ma se proprio mi vuoi fare un piacere, stocchimilla e porticcilla sana e tisa … e ficchiccilla con tutto l’amore di chistu munnu.. perchè merita quel cunno .. stocchimilla e fammi morire pure a mia.. ma portaci il mio aceddu… là dintra voglio andare e stare nei secoli dei secoli…uno stuppagghio eterno per il suo eterno piacere.. sempre nei secoli dei secoli..>> Stava veramente per venire Paride quannu lei parlò. << Nun serve fartela stoccare da Eolo.. ti la stocco io direttamente…>> Paride si girò. << Minchia.. tu… sticchio mio bello...>> << Minchia.. io.. e voglio la tua minchia.. la tua “ gioconda “. >> E stuccanu e controstuccanu pi tutta la notti. Lì, sul faro di Alessandro, sotto lo sguardo del cielo intero. Minkialao fu fatto cornuto una sacco di volte nell’arco della nottata. Ogni volta che Paride vinia idda si mittia al lavoro oralmente per risollevare la questione. Poi diceva: << Stuccamu n’autra vota..>> << Stuccamu..>> rispondeva lui. E tra na stuccata e l’autra stava quasi albeggiando quando si sentirono chiamare. << Elenuccia.. Pariduccio.. e solo na questione di meccio.. non fate succeriri nu granni burdilicchio.. è solo na questione di sticchio.. fate li bravi e smettete di iucari a lu trasi e nesci turnati a palazzu prima ca Elio nasci..>> << Minchia.. ni scuprenu…>> disse Paride. Recuperò la coppola e si la mise sulla ciolla. << No.. è un mio amico e parente.. è Priapo.. >> << Ahhhh.. quello della megaminchia…>> << Iddu…>> Priapo sciu sul terrazzo. Nudo e di minchia armato ma con la coppola in testa. << Alzatevi, vestitevi e correte a palazzo.. Non fate casini per una questione di cazzo.. Di giorno date l’esempio alla gente.. La notte fate quello che vi passa per la mente.. Ma siccome la cosa non può durare.. Trovate una soluzione prima che finisca male.. Vi l’haiu cantatu ciaru e tunnu ed anche in rima.. Ma pinsatici a truvari na soluzione quantu prima…>> << Grazie.. grazie per averci avvisato che stava albeggiando.. e grazie per il consiglio..>> dissero gli amanti che si rivestirono e corsero a palazzo che Elio si stava già addumannu. Priapo restò solo soletto. Si fici una discussione cu Eolo ca stava alle Eolie. Poi n’autra cu Efesto ca stava dintra l’Etna. Iddu mannava signali col faro. Eolo ci arrispunnia cu lu vento. Ed Efesto cu lu fumu ca scia dal vulcano. Fu na bella discussione. Chiara, limpida ed esaustiva. Per loro almeno. Ma tutto questo non l’acquietò. Scinniu e curriu al primo lupanare. Si fici tutte le lavoratici ancora disponibili. Poi cantò felice. << Le sticchiose Che son famose In la, mi, re Son tutte state sotto di me.. Il cazzo eterno Le ha fulminate Trillate, scopate Arcifottute.. Tutto avete potuto Da me imparar E quelle ancora Che già san l’arte Ad ogni chiavata Inver mi chiamano La loro parte Io devo infilzar..>> Quella notte comunque fu seminata Erminestrone , detta semplicemente Ermione, la figlia di Elena e non si sa di chi. Ufficialmente fu attribuita al legittimo marito, ma Paride ne rivendicò la paternità. Ma siccome la notte delle nozze Elena si era trummiata tanta gente e nel suo pacchio si era formato un minestrone .. è difficile dire chi sia stato il padre biologico di Erminestrone. L’indomani tutta Munipuzos e dintorni sapevano delle corna di Minkialao Tutti tranne il cornuto. Uno dei primi ad essere informato fu Agaminkione. << Corna pi corna ci li putia fari cu mia? Almeno restavano in famiglia…in fondo la mia minchia eccezionale è…>> pinsò lu re. << Me soru è buttana di matri natura…. Me soru tanto per dire.. io sono figlia di mio padre.. lei è figlia di Zeus… Buttanieri lu patri, buttana la figlia….>> Minkioreste , che era innamorato della zia, pinsò: << Mi la poteva dari a mia…. Che sono ancora vergine.. per quanto riguarda il cunno..>> << Chissà chi cazzi di minchia pritenni sta buttana ranni ca misi li corna a lu ziu beddu. Magari lu putissimu aviri n’autri lu so aceddu…>> dissero le tre figlie di Agaminkione. Che erano tutte e tre innamorate dello zio. Ma Ifigania sorrideva col cunno. Lei lo zio si lo faceva davvero. Tanti altri pinsanu ca Elena era na buttana ranni. << Cu tanti cazzi nostrani ci stava il bisogno di darla a uno di fuori… almeno le corna restavano in paese.. accussì la buttana sbriogna li masculi di Munipuzos.. lo sticchio più bello del paese ca si innamora di uno di fora? E chi, non ci ni stavano qua aceddi a misura del suo pacchio infuocato? Purtroppo Elena è buttanissima.. buttanissima e basta..>> La notte successiva i due amanti scapparono. Fecero la classica fuitina. Direzione Purceddopolis. Ma non subito. Prima ienu a casa d’amici in un'altra polis della zona. E se Paride si purtau a Elena , Elena si purtau parte del tesoro… Solo allora Minkialao capì che sua moglie ci preferiva un altro marrugghiu. E si chiese perché? << Sono bello.. lo tengo duro.. lo tengo lungo.. lo tengo grosso.. lo tengo capace di fare il bis e il tris.. allora pirchì mi fici cornuto?>> Poi si desi la risposa. << Il bis e il tris con Ifigania.. con lei solo il minimo legale.. una e basta.. tre al mese e non di più… ma io sono il mascolo e comando io.. io stabilisco quando ficcare e come… l’importante è non scendere sotto il minimo legale…>> Fu allora che si mise davanti a uno specchio di bronzo e si la minò in onore di sua moglie. Così lo trovò la nipote Ifigania venuta a consolarlo. E lo seppe ben consolare. Ma ufficialmente la sua vita sessuale fu quella del “ re minatore” in onore della moglie. << Minkialao vive di minkialismo…>> Minkialismo: la nuova parola fu coniata da Homerino e sta ad indicare uno che si la minava e versava il suo sacro seme pi terra. Anche se in seguito la parola della concorrenza “ Onanismo” avrà più successo questa nasciu prima. E per Minkialao addivintò una vera abitudine ufficiale. Si chiudeva in casa per praticare ufficialmente il minkialismo. In realtà ficcava con Ifigania. Una la mattina, dopo colazione; una a mezzogiorno, dopo pranzo; una la sera , dopo la cena… e infine l’ultima prima di addormentarsi.. e se una non bastava si facia la seconda e se necessario la terza.. continuava così fino a quando il sonno lo vinceva.. e lo faceva crollava nelle braccia di Morfeo.. o meglio, di Ifigania…stanco di corpo ed esaurito d’aceddu. Le pluriminata era in realtà una plurificcata. ; ma quello che conta è la verità ufficiale. <<Minkialao rende omaggio manualmente al simulacro della moglie..>> Invece rendeva omaggio al pacchio della nipote, la vergine Ifigania. Priapo a vedere tutto quel casino rise. Rise come un ossesso. Dal faro di Alessandro s’era taliato la fuitina. Non era Paride che tirava Elena pi la manina, era Elena che trascinava Paride tirannulu pi l’aceddu. Elena era caura di puntiddu.. come suo padre Zeus. .come Afrodite.. solo lui forse, ci l’avrebbe potuta sfamare la fame di minchia che quella possedeva.. forse. << Per un pacchio che va, ci ni stanu centu a disposizione.. E pi nu marrugghiu persu, di minchie è cinu l’universu..>> Rise alla sanfasò. E poi si fici nu tanticchia di sveltine cu la bedda pacchiaredda che s’era portato per compagnia. Si trattava di Pandora, la prima femmina creata da Zeus.. Impastata col fango da Efesto, fatta bedda assai da Afrodite mentre Atena con un soffiu ci desi la vita e la vistiu a suo modo… con una armatura di ferro per nascondere tutte quelle bellezze. Ma Ermete la fici furba e ci insegnau l’arte dell’inganno. Ovvero “ Come usari lu cunnu pi siri padrona di lu munnu..”. Pi fatti e accordi vari fu fatta maritari a Epimeteo, fratello di Prometeo. Lu babbu non la sapia accontentare e idda si promise di cornificarlo.. e lo cornificava alla grande.. in occasione del matrimonio di Elena e Minkialao canusciu a Priapo e ci s’amicò. Quella sera il potente dio l’aveva convinta a salire sul faro.. per farle taliare un altro faro… Gli amplessi furono accussì furiosi ca Priapo, sciennu l’aceddu da lu purtusu di davanti pi mittillu na chiddu di darrerri, diede involontariamente una botta di minchia alla quattara che la femmina portava sempre con sé. La quattara di Pandora. Il vaso di Pandora purtroppo abbulò.. e si ruppe cadendo sul tetto di un lupanare. Accussì li mali scienu e si diffusero pi lu munnu…tanto che un giorno un poeta scriverà. << Erano animaletti nichi nichi ca traseunu da li biddichi.. poi scuprenu autri vie d’ingressu pi futtiri l’omminu, la fimmina e lu sessu.. lu prima ca sciu si chiamava spirocheta palliduzza e na la minchia e na lu pacchiu attruvau casuzza.. na minchia appitittata di pacchiu ruppi la quattara. E proprio iddi funu li primi a paiari sta novità amara..>> Ma allora Priapo non ci fece quasi caso. Disse solo : << Mi ni futtu.. meglio continuare a futtiri.. tantu li malanni sono per gli uomini e non per gli dei.. gli uomini si la sucunu…>> Pandora ci pinsò un attimo. <<Lassari futtiri st’aceddu ca mi voli futtiri per cercare di rimettere in un vaso li malanni o futtiriminni? >> . Decise di futtirisinni. << Mi dispiace per l’umanità.. ma adesso ho di meglio da fare.. dopotutto su cazzi di la genti e a mia nun mi ni futti nenti..>> Per una ficcata l’umanità si attruvò fottuta e alla grande. Priapo , finiti li lavori di minchia, cantò placido. << Zeffiretti lusinghieri Deh! volate al mio tesoro E ditegli ch’io l’adoro Che mi si serbi ogni cunno fedel.. Omuncoletti per niente veri Avete perso ogni vostro tesoro Adesso son cazzi amari e non d’oro Il vaso si ruppe e n’usci il fiel..>> Quella notte, vedendo il casino che può succedere per un pacchio, Zeus si la minò con pititto grande e gioia influita. Disse solo: << Cu la minata nun succeri nessunu dannu.. Cu la minata godo comu e quannu vuoiu tuttu l’annu.. Cu la minata non litigo con la proprietaria di lu sticchiazzu.. Cu la minata non mi ritrovo figli ca mi rumpunu lu cazzu... Cu la minato non corro appresso a nessun vivente.. Cu la minata, pi gudii, abbasto io solamente... Cu la minata non serve darsi appuntamento.. Cu la minata basta na manu p’acchiappare lo strumento.. Cu la minata fazzu comu minchia mi pari a mia.. Cu la minata godo assai e.. e cosi sia...>> Il famoso filosofo Socratino da Munipuzos si chiese: << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere e avere una minchia per minarisilla, a che minchia serve vivere senza minarisilla e avere una minchia solo da somministrare agli altri per poi magari litigarci per fatti di minchie e non solo di minchia?>> Homerino mise in cantiere il poema Corna sostegno del mondo. Mhassymylyano il Carmen Corona cornu felix. Lo scrittore Santhokriso iniziò la stesura di Cent’anni da Priapazzu. Un omaggio all’unico dio che parla chiaru e tunnu. Anzi, non parla.. si esibisce.. Al vero e unico dio ca avissa siri il capo di li dia e degli uomini... perchè dotatati del vero scettro del comando... La minchia. Aviti vistu un cavaddu di razza Vidennu la jumenta ‘ntra lu chianu Sbrugghiari dda terribili minchiazza, E poi currirci supra a manu a manu? Ccussì viditi la lussuria pazza, La turba di li dei, ca di luntanu In vidiri la dia ccu faccia accisa, Subitu a tutti la minchia ci attisa. Cci vannu tostu tutti cinqu in fila Cu l’occhi russi e li cazzi arrittati; Saziu ognuno non è, si non la ‘nfila Si non po’ tutta, almeno nna mitati; Cui cci afferra lu culu , cui li pila, Cui procura di darci minchiati; Cui ci afferra li minni e lu capicchiu; Cui cci appunta la minchia ‘ntra lu sticchiu. Micio Tempio, La minata di li dei III . Priapogenesi ed altre nascite … Munipuzos compresa Chi c’è, picciotti? Chi su sti cusazzi. Ad unu ad unu idda cci dicia: Ma chiddi peju assai di li crastazzi, Assai di chiui truzzavanu la Dia: Diu nni scanza di furia di cazzi! Veniri unni guardari non sapia; Cci arrinesci alla fini di scappari E si metti in disparti a taliari. Marti, ch’era smargiazzu e ‘nghirriusu, Non suleva suffriri musca a nasu; Vaia , dicia, cc’è cca qualchi garrusu, Ca pritenni ‘nfilari unni iu trasu? Niscissi fora, ca cc’è lu rifusu; Niscissi, ca lu fazzu pirsuasu; A futtirivi tutti bastu iu sulu, Non sugnu Marti, si non vaju ‘nculo. Micio Tempio, La minata di li dei. Zeus, il capo degli dei e degli uomini ma anche il grande buttaniere. In principio era il caos. Oggi si nasce in un certo modo. Almeno a livello di uomini. Ma in passato si nasceva in tanti modi. Venire al mondo non voleva solo dire uscire dal portuoso di una femmina unni qualche minchia di mascolo avia depositato, per suo piacere e godimento , nu tanticchia di spacchiu. E chiaro quindi che all’inizio ci fu l’inizio. << L’atomo di Hydrogeno futtiu cu n’autru atomo d’Hydrogeno e diede origine a n’atomo di Helios… chistu è lu principiu… e accussì incominciò l’incominciamento che diede inizio a tutte le cose viventi e non viventi….>> dicevano Democritino e altri uomini di scienza. << Ma Hydrogeno cu Hydrogeno era fratelli gemelli? Tutti e due masculi o uno masculu e unu fimmina? Fu n’amplesso incestuoso omo o etero? >> si chiedevano i curiosi antidogmatici per natura. << Ed Helios di che sesso era? E chi generò l’Hydrogeno? >> << L’Hydrogeno si autogenerò.. cu nu scrusciu enormi.. l’universo non creato fici e bum e bignhi e benghi e banghi … protoni, neutroni, elettroni e altri coglioni si assemblanu e ficiro l’Hydrogeno….>> diceva qualcuno. << Praticamente l’Hydrogeno si la minò.. all’origine originaria originariamente ci sta sempre una minata. Il resto viene dopo. >> precisò qualche altro studioso. Ma questo per la scienza. E per la religione? Per la religione niente e dovuto al caso. Per la religione ci sta sempre un dio, magari poco sapiente di quello che ha creato, che si mette a fare il creatore, e con criteri scientifici che non conosce, crea e ordina tutto come un ragioniere. << Quale religione? >> si chiese qualcuno curioso. << La mia.. solo la mia dice il giusto..>> rispondono sempre gli adepti. “ Ognuno tira l’acqua a li so mulina…. Anche se poi la farina è sempre farina..” dice un detto popolare. Ancora oggi, certi scienziati locali, della moderna Munipuzos, cioè Monacazzo, parlando del bum e bignhi e benghi e banghi dicunu : << Paria la festa di san Paolo e Sammastianu misi ‘nsemula..>> Ma ogni religione l’inizio lo inizia come minchia gli pare e conviene. Ma come incominciò ? Ogni religione ci ha raccontato le sue minchiate. L’uomo impastato cu lu fangu è minchiata comune. E pure il diluvio universale, la partenogenesi.. e altro… cu nasci accussì e cu nasci accuddi.. il primo uomo fu chiddu, la prima fimmina fu chidda.. Balle. Baddi. Minchiati ranni e grossi. Ma siccome siamo in democrazia ognuno è libero di credere a qualsiasi minchiata.. o di non credere.. libertà insomma di passari pi fissa specializzato o pi sperto studioso.. pi adepto o pi ateo. Ma vediamo le minchiate relative all’Olimpazzo….alla religione detta pagana. Allo Zeussismo o Zeuzzesimo.. All’inizio c’era solo il Caos. Ovvero il nulla. E come il nulla possa dare il tutto non si capisci, su cazzi amari. Tutte le religione partono dal nulla pi dari il tutto e mittilla in culo a tutti. Così fece pure lo Zeussismo o Olimpismo o Olimpocazzismo. Comunque, nun si sapi comu fu e come nun fu, ma il Caos generau, motu proprio, Gea, Tartaro, Erebo e la Notte. Motu proprio vuol dire semplicemente che si masturbò. Una sorta di partenogenesi al maschile. Non si sapi mancu chi forma avia Caos, sicuramente era informe, il caos totale, il massimo dell’entalpia. Si ignora la forma del suo organo sessuale : ciolla o spaccazza o altro. Magari un misto delle due cose o qualche cosa di completamente diverso, oppure era tutto un sesso caotico, informe mostruoso, indefinibile, onnipotente e onnipresente e soprattutto arrapato. Comunque Caos si masturbò.. se uno è solo nell’universo la masturbazione è la sola forma di sessualità sostenibile e possibile… Gea, per partenogenesi vera e propria, fici a Urano , e siccome ci vinni beddu, si lu maritò. Idda tinia nu purtusu, iddu nu stuppagghiu. E si misero a fari lu travagghiu di mettere il tappo nel buco. Mamma e figlio inventarono il sesso. Incestuoso ma sesso. E anche l’incesto è comune ad altre religioni. Ma siccome Gea e Urano erano inesperti nell’arte del ficca ficca, ficcanu mali e ficinu figghi nu tanticchia strani. Il meccanismo della riproduzione sessuale andava perfezionato….. Infatti nascenu Titani e Titanesse , i ciclopi Bronte, Sterope e Arge e i giganti centimani Cotto , Briareo e Gige. Titani e Titanesse erano rannazzi ma normali. L’autri erano strani assai. I giganti centimani avevano cento mani, cinquanta teste e cento aceddi. I ciclopi erano enormi e tenevano un occhio rotondo sulla testa e una minchia doppia. Urano a vidilli si scantò. E li rifuttiu dintra la panza di la madre. Urano comunque era un tipo assai assai autoritario e Gea non lo sopportava chiù. Si era rotta le ovaie. Pertanto desi un falcetto al figlio Crono dicennici: << Chista sira, dopo che io avrò sfiancato tuo padre con la forza e la possanza del mio pacchio, tu trasi nella stanza da letto e ci la tagghi.. poi butti la ciolla e li baddi unni capita capita…….>> Crono evirò il padre e buttò i genitali per aria. Dalle gocce di sangue cadute sulla terra nascenu Melie , Erinni e altri Giganti. Dalla ciolla, l’organo dell’amore, caduta in mare , nasciu già bella grande Afrodite, la dea dell’amore…. Bella, grande , bona e pronta per ficcare… Questo gesto è ricordato come “ La deminchiazione e la detesticolazione primaria”. Afrodite comunque pigghiau la ciolla e la mise sott’aceto, tanto per conservarla. Nun sapennu di chi cazzo era figlia la chiamava ora “ mamma” ora “ papà.” Da una minchia assassinata era nata una assassina di minchie. Afrodite l’aceddi mascolini si li spurpava alla sanfasò ma in cambio facia godere il proprietario dell’aceddu spurpato. Ma la cosa non si accapa qua. Questo è solo l’inizio di questa religione. Ma anche le altre hanno le loro amorevoli minchiate. Crono, il tagliaminchia dell’Olimpo, si dimostrò chiù testa di cazzo del padre. Autoritario assai e cumannero ancora chiù assai. Intanto pi fari ficca ficca si scelse la sorella Rea. E quannu due titani ficcaunu era na titaniata. Solo che qualcuno disse a Crono che prima o poi un suo figlio amatissimo lo avrebbe detronizzato. << Tu futtisti a to patri e to figghiu fotterà a tia… senza deminchiazione però…>> << Minchia.. per Crono e i suoi crononi qua mi vogliono tagliare uccello e coglioni.. a mia sti babbi di la me simenta nun mi futtunu.. soprattutto non mi taglieranno il mio caro e amato uccello…perché la deminchiazione fa parte della vendetta…>> pinsò Crono. Pertanto, via via che Rea partoriva, lui si li ammuccava. Si ammuccò il primo, il secondo, il terzo, il quarto e il quinto.. ma col sesto la pigliò in culo. Il sesto nato fu Zeus. La madre lu ammucciò e al padre antrofago , o meglio teofago, diede un sasso tutto bello infasciato come un neonato. Crono tranquillo si l’ammuccò. Zeus crebbe ammucchiato , all’ummira come si usa dire; ma una volta grande decise di prendere dei provvedimenti draconiani. << Detronizzare papà e pigliarmi il potere. Questo è il mio programma… solo detronizzazione .. niente deminchiazione… tranne che quello non fa opposizione.. >> disse a sé stesso. Si mise d’accordo con parte dei Titani e dei Ciclopi. Ma prima convinse la smorfiosa e sfuggente Meti a dare un emetico a Crono. A Zeus piaceva sta iarusedda dalla testa montata. E piaceva pure a Crono. Meti era una che voleva usare il pacchio per fare carriera. Gli sfuggiva perchè Zeus al momento non era nessuno. Si smurfiava ma non gliela dava. << Se mi aiuti in questo colpo di stato io ti marito.. io diventerò il capodio e tu la capadia…>> Meti per il potere si addecise. E collaborò. La cosa però non gliela diede subito. Prima il potere, poi il piacere. Meti, con le sue smorfie che pigliavano per il culo chiunque, convinse Crono a bersi quello che lei ci dava. << Non lo voglio..>> diceva Crono. << Bevi, se bevi questa, poi io ti do quella..>> << Minchia.. dammi che bevo subito..>> precisò il dio. Crono arrovesciò l’anima e tutti li figli. I sei figli, o meglio, i cinque in carne e ossa e il sesto di pietra. Questa pietra oggi si trova nel Tempio di Zeus a Munipuzos. E il cosiddetto Omphalos. L’ombelico del mondo. Dopo, intanto che Crono giaceva a letto tutto sminchiato, fu detronizzato, e con i parenti a lui favorevoli, rinchiuso nell’Oltretomba. Che comprendeva tre parti, come altre religioni. La Piana degli Asfodeli, il Tartaro e i Campi Elisi. Come dire Purgatorio, Inferno e Paradiso. Zeus divenne il dio degli dei e degli uomini. Si maritò cu Meti e la fici quasi morire dal piacere. Tutte le ficcate che quella gli aveva negato ci li fici fari in una notte. La mannò in overdose di sasizza. Tanto che poi a Meti , appena ci parraunu di sesso, ci vinia il voltastomaco. Avia fatto il pieno e nun ni putia chiù. Ma Zeus, vendicativo come pochi, ci la passava e ripassava a forza. La vulia fare morire pi troppo aceddu.. ma quella non moriva perché non poteva morire.. restò invece incinta.. e siccome le profezie annunciavano sempre e solo sciagure, venne fuori che un figlio nato da quel congiungimento carnale prima o poi doveva futtiri a Zeus.. Per evitare complicazione lu capudiu si ammuccò la moglie e quello che stava dintra la sua panza. Zeus aveva avuto problemi anche con la mamma. La mammina Rea era stata una tipica esponente del potere matriarcale. E quannu Zeus avia espresso l’intenzione di pigliare moglie ci l’avia sconsigliato. << A che ti serve? Puoi impacchiare come minchia ti pare e con chi minchia ti pare. Le femmine non fanno altro che cercare un tizzuni addumato per la loro funnacella.. perché la funnacella po’ bruciare mille e poi mille tizzuni ma lu tizzuni na vota bruciato s’accapa..>> ci disse Rea. Zeus visti in queste parole una offesa al suo essere masculo e dio. << No… io scelgo la funnacella per il mio tizzuni.. io e non la funnacella di qualche buttanella..>> La mamma rise. << Certo… e allora se ti appititto io, mi la insasizzi pure a mia?>> << Certo.. anzi te la insasizzo solo e soltanto per addimostrarti chi è che tiene il potere.. basta col comando fimminino.. a comandare dobbiamo essere noi mascoli..>> << Sta minchia.. figlio mio…>> << Mamma…. sta minchia lo posso dire solo io.. perché io la minchia la tengo.>> rispose Zeus ammusciannici la minchia. << Sta minchia lo stesso.. >> rispose la donna ridendo. << Ti la fazzu abbidiri io adesso sta minchia.. e chi cazzu…anzi, ti la fazzu sentiri...>> Fu così che Zeus stuprò la madre. Quello stupro segna il passaggio ideale dal potere matriarcale a quello patriarcale. Prima della violenza Zeus aveva meditato per un secondo e mezzo. Poi aveva sciolto il suo atroce dilemma . << Stupro la mamma o no?>> Una delle tante varianti della domanda per cui era famoso il filosofo Socratino da Munipuzos riguardò questa storia. << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere da dio e avere una minchia da dio, a che minchia serve essere dio e avere una minchia divina?>> Al momento dell’intronizzazione Zeus fici un bel discorso a tutto l’Olimpo. Discorso, che nun si sapi come fu e come non fu, vinni a conoscenza di Esiodo da Munipuzos, che lo riportò nella sua Teogonia . << Fratelli cari e sorelle carissime…..Estia.. Demetra.. Era.. Ade.. Poseidone .. e mi rivolgo pure a te, cara mammina Rea.. e a te Crono, papà poco caro, che vedo in catene.. e anche a nonno Urano deminchiato e alla sua cara moglie e madre Gea.. mi rivolgo pure ai sui testicoli e al suo fallo che oggi , in via eccezionale , stanno qua.. e mi rivolgo pure a mia stissu.. io mi consento di nominarmi capodio.. se volete acconsentire fate… altrimenti mi autoconsento.. fratelli e sorelle, mi dovete la vita.. io, con la mia abilità, con la mia furbizia, e fors’anche con un pizzico di fortuna, vi ho tirato tutti fuori dalla panza del padre padrone teofago e mangiafigli.. io ho guidato la rivolta contro il padre… io era pronto anche a deminchiarlo e detesticolalo.. ma la cosa non è stata necessaria… e sono contento di non averlo dovuto fare…>> Si fermò un attimo e sospirò. Poi riprese calmo e tranquillo come un capodio che sa quello che deve fare e dire. Si allisciò la barba e si toccò i santissimi come semplice gesto scaramantico. << Però non tutto è andato liscio.. ci sono voluti dieci anni di guerra.. cazzo di cazzo…non per essere maschilista.. perché verranno religioni più phallocentriche e misogine.. ma solo per un fatto di palle.. di testicoli.. di testimoni.. io mi sono giocato le palle e ho vinto.. e allora io mi consento e vi consento e se non volete consentirmi vi obbligo a consentire.. io mi consento di dividere in mondo in tre parti tra i tre fratelli mascoli.. io, Ade e Poseidone saremo la Divinissima Trinità…e io sarò il vertice di questo triangolo.. Trinità perchè tre è il numero perfetto… anche i colleghi egiziani hanno come capi Iside, Osiride e Seth.. e ci sta la trimurti vedica con Mitra , Veruna e Indra …ma ne arriverà una dove l’uno sarà trino e tre saranno uno.. e la cosa sarà chiù difficile da comprendere…ma adesso pensiamo alla nostra Divinissima Trinità … io mi consento di pigliarmi la terra.. tu Poseidone ti acchiappi il mare.. che so che ti piace stare ammollo.. sciacquariariti l’aceddu.. ma stai attento che qualche pisci non s’infili dall’altra parte.. tu Ade ti piglierai l’oltretomba.. so che ti piace stare allo scuro…quello sarà il tuo regno…la se l’acchiappi nel posto sbagliato non ti vede nessuno.. questa mi pare la giusta divisione.. io invece, come detto , mi piglio la terra.. perché a mia la luce non da fastidio.. io non ho paura del giudizio.. quello che faccio lo faccio alla luce del sole.. corro appresso a un pacchio divino.. che si sappia in giro me ne fotte un cazzo.. corro appresso a un pacchio terreste .. che si sappia in giro me ne fotte un cazzo e mezzo ... mi appititta un culetto bello di masculo.. non temo giudizi e condanne.. non temo i moralisti.. faccio tutto alla luce del sole.. sono o non sono il capodio e il capo degli uomini? .. e allora me ne fotto due cazzi sani sani e fors’anche di più…..e allora cosa fate, consentite o mi autoconsento?>> << Consentiamo..>> risposero tutti. << Agli altri naturalmente altre cose.. a tia Estia ..e io so che vuoi restare vergine.. ti fazzu cummattiri cu sacerdotesse e minchiate simili.. a tia Era.. anche se semu frati e soru non fa nenti.. io ti piglierò come moglie fissa e definitiva, con diritti e doveri ben precisi ma senza l’esclusività del mio aceddu.. sarai la capadia ma obbedirai al tuo capodio.. in fondo ficcamu insieme da tempo immemorabile.. a tia Demetra so che ti piace passare il tempo a passeggiare sulla terra… io te lo consento.. ma tu mi consentirai a mia di diventare il tuo amante occasionale.. io voglio da te una figlia che ti darà cazzi a pilare.. questa figlia mi serve per una doppia cosa che spiegarti adesso non posso.. ti do pure l’incarico di istituire i Misteri siculi.. e non solo.. sei libera di istituire tutti i misteri che vuoi.. non so cosa siano esattamente.. e non voglio neanche saperlo… ma tu astrummenta qualcosa.. dai sfogo alla tua fantasia…inventa qualche bella minchiata da sbattere in facciata al popolo.. che il popolo è sempre contento quando ha a che fare con cose misteriose.. è sempre contento quando non ci capisce una mazza.. ..in fondo noi dei siamo figli delle minchiate popolari… figli delle minchiate siamo ed andiamo avanti a minchiate.. i nostri concorrenti naturalmente hanno fatto, fanno e faranno le loro.. non so se più grandi o più piccole.. io che so il passato, il presente e il futuro vi dico che vedo cazzi amari.. verranno dei e rappresentanti degli dei assai assai liberticidi.. ma questo non diciamolo al popolo… noi un giorno saremo solo sulle pagine dei libri.. come tanti altri.. mito e basta saremo… saremo sulle pagine immortali di Homerino, di Mhassymylyano, di Santhokriso... saremo nella filosofia di Socratino.. saremo in tanti poemi, poesie, epigrammi e altro.. ma saremo immortali.. eterni.. infiniti come l’infinito più infinito... ma i nuovi non si illudano.. verrà il tempo della fine, come quello dell’inizio, anche per loro.. e ci saranno sempre più miti.. perché andando a ritroso nel tempo storia e fantasia si confondono, si fotteranno a vicenda, e non si capirà più niente.. l’ideale per raccontarle sempre più grosse.. noi antichi pertanto saremo i migliori miti…comunque un giorno ci sarà un imperatore che ci metterà da parte e un altro che cercherà di rimetterci sull’altare… poi finiremo di governare gli uomini… ma in ogni caso ricordate.. noi siamo liberali.. noi siamo tale e quale gli uomini.. noi abbiamo gli stessi vizi degli uomini.. creati e creatori si confondono e non si capisce se i creati hanno creato i creatori o i creatori hanno creato i creati.... il bello nostro è che siamo dei con gli stessi vizi e stravizi degli uomini.. e se gli uomini hanno delle virtù sono le stesse nostre virtù.. anche se non ho ben capito cosa siano le virtù.. la purezza per esempio non è una virtù.. se il creatore ha creato certi strumenti questi devono essere usati.. non usarli è innaturale.. la castità pertanto è contro natura sia per gli uomini che per li dei.. ma comunque io rispetto chi vuole essere casto per sua scelta .. il fatto è che i casti rompono i coglioni ai non casti e li considerano per giunta peccatori e canditati naturali al Tartaro.. scusate, ma non si va a finire nel Tartaro per i fatti della mentula e del cunnus.. al sottoscritto Zeus, capo degli dei e degli uomini, non ci ni fotte un cazzo di quello che fate per il vostro piacere personale.. l’importante è vivere e lasciar vivere senza rompere i coglioni agli altri… basta rispettare solo una regola fondamentale.. non fare o arrecare danno agli altri.. amare il prossimo come sé stessi ma senza rompergli i coglioni.. e io non capisco , come detto, se siamo noi che ci siamo creati a immagine e somiglianza dell’uomo o è l’uomo che s’é creato gli dei a sua immagine e somiglianza… non so.. io adesso sono al potere ma ho dovuto lottare dieci anni.. e so che in futuro dovrò sostenere n’autra furiosa battaglia.. il pericolo più grosso lo tengo in famiglia.. parenti serpenti… questo vale per gli uomini e per gli dei… ma so anche come batterlo… e che devo trovare la donna giusta per avere il figlio giusto che mi darà la vittoria finale.. ma questo non è l’oggi e neanche il domani.. la nostra avventura sta solo iniziando.. vi dico che l’uomo bestia non riuscirà a mettersi d’accordo neanche sul posto dove sono nato.. per i fedeli di rito arcadico io sarei nato in una grotta del monte Licia.. secondo quelli di rito cretese o sul monte Ida o Ditte.. sempre in una grotta.. e non sarò l’unico a nascere in una grotta.. e non chiedo neanche a mammina dove mi fece nascere e dove mi generò… non m’interessa la verità.. m’interessa quello che crede il popolo.. a mia personalmente mi piace il rito Munipuzico.. deve ancora venire.. ma è quello che mi farà nascere in una grotta del monte Munipuzos.. non so cosa succederà ma noi avremo a che fare con questo monte.. con la città omonima e con la gente del posto….ma di tutto questo non dite parola alcuna.. la verità meno si conosce meglio è…lasciamo che ad estrinsecare il pensiero divino siano gli oracoli.. che con il loro linguaggio astruso sono quasi sempre incomprensibili.. o forse sono incomprensibili per noi che comprendiamo troppo e sappiamo troppo... ma gli uomini magari ci vedono del comprensibile in quell’incomprensibile.. a volte non si capisce neanche se dicono che bisogna andare a destra o a sinistra.. ma a parte questo sappiate, colleghi cari, che a noi liberofili succederanno dei liberticidi.. tutti regole e niente arrosto.. vi dico solo che cercheranno di regolamentare il cunnus e l’aceddu.. questo vi basti per capire che gente sarà.. poveri noi abitanti di questo Olimpo… in particolare penso alla cara Afrodite.. la dea dell’amore carnale.. a lei tapperanno il portuoso.. a suo figlio Priapo dalla lunga ciolla taglieranno tutto.. come a Urano.. a Eros leveranno le frecce… Ermafrodito e simili saranno solo peccatori. .. a mia mi daranno del buttaniere fimminaru e altro.. ma adesso lasciamo perdere di pensare al futuro.. pinsamu al presente e divertiamoci.. che inizi la festa… avanti con la musica.. falli e cunni suonate la musica del piacere .. suonate la musica dell’amore…fatelo senza restrizioni o limitazioni.. fatelo fin quando lo potete fare.. fatelo.. habemus phallus.. habemus cunnus.. travagliamo… e tu, Era, vieni qua che dobbiamo maritarci subito e consumare subitissimo… anzi riconsumare.. perché a dire il vero tutti lo sanno che io e te è da millenni che facciamo il ficca ficca insieme.. tu sei stato il mio primo pacchio.. e io la tua prima ciolla … poi io ho avuto altri interessi , ma adesso intendo farti diventare la capadia.. la moglie del capodio.. pertanto vieni che te la ficco come segno del nostro matrimonio.. io Zeus, mi consento di autosposarmi con la qui presente Era… e di essergli infedele nella buona e nella cattiva sorte.. perchè quando mi piglia il firticchio nell’aceddu che addesidera qualche altro sticchio non mi so trattenere.. e se tu non consenti , cara Era, io mi autoconsento di obbligarti a consentire.. consenti pertanto con le buone o con le cattive..>> << Consento.. con le buone…>> rispose Era che era felicissima. Finalmente diventava la moglie ufficiale del capodio. Tutti applaudirono ed ebbero un brividino per le amare previsioni... Ma quella sera di addivertirono tutti.. anche Urano.. seppure in catene, per una sera riebbe la ciolla e i testicoli . Che ritornarono nel suo sottopanza… In fondo il regno di Zeus era solo all’inizio… perché pensare alla fine. Anche se la nascita è l’inizio della morte il detto “ Ricordati che devi morire” non era ancora molto utilizzato. Quella notte Zeus festeggiò l’intronizzazione e consumò centocinquanta miliardi di volte il matrimonio…. Anche perchè quella notte duro trecento anni… << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere da capodio e avere una minchia capa di li cunna, a che minchia serve vivere da Zeus e avere una minchia che non può fare quello che vuole?>> era la variante, dedicata a Zeus, della domanda per cui era famoso il filosofo Socratino da Munipuzos Homerino da Munipuzos, in greco , scrisse il poema Zeusseide, il poeta Mhassymylyano , in latino, il Carmen Zeus aves felix e lo scrittore Santhokriso il romanzo Cent’anni con Zeus. Canterò la bella, veneranda Afrodite dalla corona d'oro, che protegge le mura dell'intera Cipro circondata dal mare, dove l'umido soffio di Zefiro la portò sopra l'onda del mare risonante, nella morbida spuma. Le Ore dall'aureo diadema la accolsero con gioia e le fecero indossare vesti divine; sul capo immortale le posero una bella corona d'oro, ben lavorata, e ai lobi forati appesero fiori d'oricalco e d'oro prezioso; le ornarono il collo delicato e il petto bianchissimo con collane d'oro, che le stesse Ore dall'aureo diadema indossano quando si uniscono all'amabile danza degli dèi, nella casa del padre. Quando terminarono di ornare le sue membra, la presentarono agli immortali: vedendola, essi le davano il benvenuto, le tendevano le mani, e ciascuno desiderava portarla a casa sua come legittima sposa, poiché ammiravano l'aspetto di Citerea coronata di viole. Salve, dea dolcissima dagli occhi brillanti: concedimi la vittoria in questo concorso, e ispira il mio canto. E io canterò te e anche un'altra canzone. Inno ad Afrodite, Inni omerici Afrodite, dea della bellezza e buttana universale La dea dell’amore a cui tanto piace fare all’amore nasciu senza un gesto d’amore. Semmai di violenza fu l’atto che la fere nascere. La famosa “ Deminchiazione “ di Crono nei confronti del padre. La minchia divina cariu nel mare ca era ancora tisa e si muvia come un serpente d’acqua. Come un pisci incazzato. Vulia farsi l’ultima fottuta prima di esalare l’ultimo respiro. Era pronta ad andare pure in culo a una balena pur di ficcare. Ma non trovò niente e si futtiu lu mari…. Ma lu mari non poteva sciri incinto.. e allora fu la spumazza ca si misi a pazziari sutta lu stimulu di la ciolla divina e pigghiau forma di una fimmina bona.. la fimmina chiù bona che si fosse mai vista sull’orbe terracqueo e non solo…la spumazza fici prima due colonne perfette che poi la ciolla modellò a dovere.. funu li cosci.. due cosce che a vidilli vinia il pititto di scalarle ..se non altro per vedere cosa c’era in cima.. cosa c’era in mezzo.. poi ci fici li natichi e qua lu brigghiu divino lavorò d’artista… perchè un culo come quello non s’era mai visto….Callipigia doveva essere.. natiche belle, culo bello, chiappe dorate.. culo etereo.. culo culiforme , cioè a forma di culo.. Callipigia in fondo voleva solo dire dalle belle natiche… ma quella era bella tutta.. davanti la spumazza ci fici una panza ca lu marrugghiu di carni rifinì alla bella… e poi, cu la punta, la ciolla di Urano ci fici nu putusiddu che si addimostrò veramente l’ombelico della gioia.. quel purtusiddu chiamato ombelico era la forma esatta della coppola della minchia di Urano…e chiù supra la spumazza ingrifata dalla divina sasizza ci piazzò due minne grandi che stavano su da sole.. che sfidavano la forza di gravità… che puntavano al cielo con due capiccia che facevano venire il desiderio di sucari a tutti.. ai picciriddi per il latte e ai ranni tanto per sucare e alliccari cosi belli.. i capiccia non erano capiccia .. erano due cazzetti in miniatura.. poi lu citrolu divino ci fici na testa perfetta di nasu , aricchi, ucca e occhi.. la ucca era perfetta e facia venire il pititto di vasalla, divoralla e altro.. chiddi labbra appena si muvevano mitteuno lu pititto a tutte le ciolle del mondo.. ciolle divine e umane.. lo stesso Zeus quannu viria ad Afrodite avia una erezione istantanea micidiale ca se non trovava un purtuso disponibile nel giro di trenta secondi si la doveva minare…ma tutti li avrebbero voluto vasare.. a parte che Afrodite maritava di essere vasata comunque e ovunque.. gli occhi invece erano di un colore ca non si sapia come chiamare… ci sono occhi azzurri, verdi, accussì e accuddì.. ma questo era particolare, particolarissimo.. colore di minchia forse.. o colore di cazzo.. colore di mentula.. colore di fallo.. colore di fottere sempre e comunque alla sanfasò.. pirchì bastava talialli ca uno si pirdia nell’estasi della carne…là dentro c’era l’inferno e il paradiso.. ma solo del sesso.. piaceri e piaceri la dintra ci stavano.. mille posizioni.. e altro.. tutto perso o immerso nella spumazza del piacere in tempesta.. ma la cosa chiù bella lu piripicchio divinu ci la fici in mezzo alle cosce.. lo sticchio più bello del mondo.. una spaccazza speciale .. rifinita che manco Fidia o altro artista ci avissa rinisciuto… una filazza circondata da quattro piegoline di carne che vibravano in automatico appena sinteunu cianuro di ciolla.. e a sovrastare chista struttura ci stava nu buttuneddu ca quannu attrintava mittia lu focu alla proprietaria e all’amico di la proprietaria… ma come se non abbastasse la minciazza divina ci desi na spruzzata di acqua di mari e simenta divina na lu purtusiddu.. pi dari lu giustu sapuri.. lu giustu sali allo sticchio.. pi fallu na cosa saporita assai e no scipita.. e tutti sanu chi sapuri avi chidda cosa bella.. ma lu sapuri di chidda di Afrodite era davvero speciale… l’avia salatu nu diu.. o meglio, la minchia di un dio… era il giusto sapore del pacchio… perchè penso che un dio sappia come salare le cose… ma altre alla sapore ci stava pure la forma .. perfetta. sticchiforme al cento per cento.. e poi una particolarità veramente particolare… lo sticchio di Afrodite aveva il dono della risata.. una risata soddisfatta e soddisfacente... E quella risata non era nascosta da pilo alcuno. Perché il pacchio di Afrodite era spilato al cento per cento.. al mille per mille.. neanche un pilo c’era.. era tutto a vista ..e quannu quelle quattro labbra, due piccole e due grandi , sorridevano, si poteva pure taliare il fondo di quel pozzo del piacere.. era il pacchio di Afrodite un pacchio a vista.. era uno sticchio che non aveva nulla da nascondere.. vulia na minchia e lo faceva capire.. vulia na lingua e la chiedeva … vulia nu itu e lo addomandava.. in genere vulia tutti sti tri cosi.. lingue.. ita.. cazzi.... ma soprattutto vulia cazzi.. cazzi.. solo potendo si avissa fatto tutti li cazzi dell’orbe terracqueo. Zeus la trovò accussì bella che, come detto, l’avrebbe voluta come gioiello per il suo aceddu. Non potendo, ma pur pensandoci in base al detto” mai dire mai “, pinsau che ci avissa piaciuto avere una figlia così. Ma non potendola più generare perché un altro l’aveva generata, Zeus la nominò sua figlia adottiva. Ma senza escludere un eventuale incesto.. perché Afrodite era la quintessenza della minchia.. era la dea della minchia.. era la dea buttana per eccellenza e lui, Zeus, era si il capodio ma era anche il capo dei capi dei buttaniere. << Afroditina… beato cu ti la ficca a minchia cina..>> diceva sempre nella sua testa. Ma unni nasciu la dea buttana? Cipro, hanno detto. Hanno detto! Per questo era chiamata “ Ciprigna”. In realtà “ Ciprigna” è una deformazione di “ Citrigna “. Perché Afrodite era citrigna in tutto e per tutto. Citrigna di manu, di minni, di natichi e anche di pacchio. Citrigna perché la sua fica era citrigna. Si contraeva spasmodicamente e quelle contrazioni si trasmettevano all’aceddu. Con conseguenze assai felice per idda e per iddu. Quel pacchio spremeva gli aceddi. E come li spremeva. Lo sapeva bene Anchise che della cosa vantannu si ia. << Ficcato haiu assai e pacchi di tuttu lu munnu.. ma mi ricordo come fosse ora di Afrodite lu cunnu…>> A parte questo, ripeto: Ma unni nasciu allora la dea buttana? Nasciu nella zona di Eloro , vicino all’attuale Noto. Ci sta lì ancora oggi uno scoglione falliforme che da sempre i siciliani chiamano la “ minciazza di petra”. Lì, davanti a quella struttura litologica, cariu l’aceddu di Crono. E nasciu accussì Afrodite. Ca la sira stissi incominciò a fottere.. Tutti li dia si la ficinu, a parte Zeus… poi si la ficinu tutti li masculi di la zona.. alla fine si maritò con Efesto ma si fici come amante fisso il bellimbusto di Ares. Ma tra una fottuta maritale fatta per dovere e nu tanticchia di passione e tante fottute fatte con Ares solo e soltanto per piacere, Afrodite attruvava lu tempo pi farisilla ficcare da questo o da quello.. con Dioniso il filinghi era perfetto…ma si la fici ficcari anche da Poseidone e da Ermete.. Con Adone , non potendo avere la ciolla dentro si sé, si accuntintava di manu e lingua.. perchè a dire il vero la lingua di Adone era chiù esperta di una minchia specializzata in sofisticati cunni di alta classe. Ma Afrodite, tra una fottuta e l’autra , trovava anche il tempo di fare le minnitta. E minchia se ne fece. Per esempio, a Pasife la fici innamorare di un toro… alle donne di Lemno che non l’onoravano li puniu in modo originale, << Adesso farete accussì assai puzza da lu pacchiu ca li mariti vostri andranno via… andranno a cercare purtusa altrove..>> << No.. perdonaci..>> gridarono quelle, << Sta minchia.. chi prima non pensa poi solo in culo la poli pigliare..>> A Ippolito, che disdegnava le cose erotiche, lo fece cadere nelle mire sessuali della matrigna Ippolita. Con tutto quel che successe. Ma era anche molto assai protettiva con chi la amava. Protesse Paride, fici si che Didone s’addumassi di pacchio per suo figlio Enea.. aiuto Giasone a fare cicchiti e ciacchiti con Medea… A proposito, con l’amante Ares, figlio di Zeus, la figlia adottiva di Zeus, fici tra l’altro Armonia.. Armonia si maritò con Cadmo.. e a Cadmo ci cacò tra l’autru Semele… Semele la bella e ritrosa ca nun si capia chi minchia vulia…. e Semele poi a Zeus ci cacò Dioniso.. e Dioniso addivintò amante di Afrodite... la simenta si ricicla e riincontra. << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere con la speranza di ficcariccilla ad Afrodite e di avere una bella minchia da donarle, a che minchia serve vivere e avere una bella minchia senza poterla almeno ideologicamente destinare alla bella Afrodite?>> era la variante , dedicata ad Afrodite, della domanda per cui era famoso il filosofo Socratino da Munipuzos Omerino scrisse il poema Afroditiade, Mhassymylyano il Carmen Afrodite cunnus felix e lo scrittore Santhokriso il romanzo Cent’anni con Afrodite. Figlio di Zeus, dio dall'aspetto di toro: alcuni dicono che a Dracano Semele ti concepì e ti partorì a Zeus signore del fulmine, altri a Icaro battuta dai venti, altri a Nasso, altri lungo il fiume Alfeo dai gorghi profondi; altri affermano che tu sei nato a Tebe, signore. Mentono tutti: il padre degli uomini e degli dèi ti generò lontano dalla gente, nascondendoti a Era dalle bianche braccia. C'è un altissimo monte chiamato Nisa, fiorente di boschi, al di là della Fenicia, vicino alle correnti dell'Egitto .. a lei offriranno molte statue nei templi. E poiché ti tagliarono in tre parti, ogni tre anni gli uomini ti sacrificheranno perfette ecatombi, per sempre". Così dicendo, il Cronide accennò con le sopracciglia scure: i capelli divini ondeggiarono sul capo immortale del sovrano, che fece tremare il vasto Olimpo. Così parlò il saggio Zeus, e diede un ordine con il capo. Siimi propizio, dio dall'aspetto di toro, che dai la follia alle donne: noi aedi ti cantiamo all'inizio e alla fine, e chi ti dimentica non può intonare una sacra canzone. Così ti saluto, Dioniso dall'aspetto di toro, e saluto tua madre Semele, che è chiamata Thyone. Inno a Dioniso, Inno omerico Dioniso, spirito e minchia dionisiaca Zeus appena viria nu bellu pacchiu si facia pigliare il firticchio nel piripicchio. E non si calmava se non a missione compiuta. Un giorno ci appitittò Semele detta la ritrosa. Bona , bella ma cu nu tanticchia di puzza sotto il naso. Mirava in alto. Mirava a qualche cazzo con la corona sulla coppola della minchia.. << Dammilla… che sono il capodio>> << Sì.. certamente.. lu capustrunza sei..>> << Sono Zeus.. credimi.. e che minchia devo fare per farmi arriconoscere ? >> << Vai a fare un giro… imitatore di Zeus..>> << Minchia.. lu latti di brigghiu iacitu mi sta addivintannu..>> << No.. smettila isozeus … e non mi pigliare per il culo..>> << Sono Zeus.. te lo giuro su mia stissu..>> << Smettila.. a vai a vedere se trovi n’autru purtuso.. oppure vai a fari lu iarrusu…>> << Bella.. io voglio il tuo di portuso .. parola di Zeus..>> << Vai bello.. vai a cercare altrove dove piazzare il tuo uccello..>> << Avà…dammilla…>> << No… manco a Zeus vero io la dugnu……>> << Senti.. tu lo sai come la penso io.. io sono quello che o si consente o altrimenti io mi autoconsento…>> << Io non consento, autoconsentiti pure.. se sei Zeus.. altrimenti vai a fare in culo..>> Zeus, vecchio marpione cunnofilo, la ubriacò cu na bevanda divina e poi si la fici. Fu quasi uno stupro. O meglio, fu il solito stupro. Ma Zeus operava accussì. La sua simenta fecondò un uovo brillo. Poi la lassò incinta. Ma ogni volta che si la voleva fare prima la faceva ubriacare. Pertanto il picciriddu si nutriu di chista cosa. Una cosa che s’usava nell’Olimpazzo.. oltre al nettare e all’ambrosia, alla minchiosia e alla sticchiosia si usava il “ Divino Oinos. “ . Il nettare e l’ambrosia erano in nutrimento corporeo, la minchiosia e la sticchiosia il nutrimento per gli organi sessuali, infine il “ Divino Oinos” era lo stimolante cerebrale, Era una bevanda a contenuto alcolico di colore generalmente rosso che produceva Estia per i suoi misteri. Ed era un mistero come la faceva, ma tutti gli dei si la sucavano alla sanfasò e diventavano allegri. << Ubriaca di “ Divino Oinos “ idda…ubriaco di “ Divino Oinos “ lu picciriddu.. e naturalmente ubriaco di “ Divino Oinos “ io.. e io mi la trummiu da dio.>> diceva Zeus. Semele era incinta ed era anche contenta. Aveva fatto la preziosa ma quel signore di mezza età si era assai incazzato . A un certo punto ci aveva fatto bere una bevanda misteriosa, poi ci avia dato da bere lu latti di brigghiu e infine ci l’avia ficcata d’autorità. E ci avia addimostrato di essere Zeus. << Guardami la coppola della minchia..>> ci avia dittu. Su quella coppola stava la Z di Zeus. E quella “ zeta “ al fosforo , cu lu scuru, addivintata fosforescente. Tutti conoscevano questa caratteristica di Zeus. Adesso la conosceva anche Semele, la figlia di Cadmo e Armonia, la nipote di Afrodite… << Minchia.. la minchia di Zeus hai..>> << Zeus sono..>> << Ragione hai.. se hai la minchia di Zeus non puoi che essere Zeus..>> Allora la ritrosa Semele era iuta in brodo di giuggiole; a avissa vulutu gridare al mondo interro che quell’uomo che si abbandonava tra le sue cosce era Zeus in persona. E che quel figlio che portava nella panza era figlio di Zeus.. simenta divina stava criscennu dintra la sua panza. << Non fare pubblicità.. il figlio di Zeus non ha bisogno della pubblicità.. e già destinato ad essere una grande divinità, come tua nonna Afrodite e tuo nonno Ares.. che Ares poi è figlio mio e di Era…pertanto tu sei mia nipote.. e la simenta della mia simenta non ha bisogno di pubblicità…>> ci disse Zeus a Semele. La moglie di Zeus, sospettosa e gelosa delle avventure ciollesche del marito, nelle vesti della nutrice della picciotta , si fici confessare il nome dell’amante. << Voglio la conferma.. la buttana di mia nipote me lo deve confessare.. idda, con la sua boccuccia di sucaminchia specializzata , me lo deve dire automaticamente perchè come una fissa deva cadere nel mio tranello… pertanto ora ti sistemo io, buttanella ranni..>> pinsò Era. << Bella .. bella. Dillo a mia cu fu. Cu fu?>> << Zeus..>> << Non ci credo. Cu fu?>> << Zeus..>> << Senti, io non ci criru che fu Zeus a ficcariti la ciolla nel portaciolla.. Qualche mascolo furbastro ti pigliò per il culo e si approfittò di te.. Zeus è una persona seria e poi tu sei sua parente..>> << E chi minchia ci fa.. la minchia potenti si ni futti se la fica è parenti..>> << Allora, per vedere se è veramente lui, addomandagli di manifestarsi in tutta la sua potenza, possanza e prestanza non solo minchiolesca.. dicci “ Se si tu, fammi abbidiri la tua luminosità..”>> <<Lo farò..>> Semele lo fece. Zeus cercò di evitare la manifestazione della suo potenza. Ma quella insistette. << Allora non sei Zeus..>> << Ti accontenterò.. ma non ti lamentare poi per le conseguenze...>> E l’accontentò. Ma la femmina , a causa di quella luminosità spendente e radiante , si ridusse in cenere. Allora Zeus, per salvare suo figlio , prese il feto e, fattosi un taglio nella coscia, ci lu ficcau dintra. In questo nuovo ambiente Dioniso completò lo sviluppo corporeo . Accussì nasciu il piccolo cornuto e anguicrinito Dioniso. E Dioniso vuol dire “ nato due volte. Qualcuno dice “ nato tre volte”. Dioniso. Nato due o tre volte? Nato dalla panza della madre. E una. Nato dalla coscia di Zeus. E fu la secunna. Ma la terza qual è? In realtà ci sta la protoprima nasciuta. Ma qual è ? Dioniso s’era gia chiamato Zagreo. Ed era il figlio che Zeus aveva fatto fare a sua figlia Persefone , figlia fatta con la sorella Demetra. E quel figlio fatto con la figlia doveva essere anche l’erede riconosciuto di Zeus, il capodio di un futuro lontanissimo.. Ma Era lo odiava questo diuzzo futuro capodio. << Io sono la moglie legittima.. un figlio mio deve diventare l’erede.. e non quel figlio di buttana di Zagreo.. figlio di quella buttana di mia nipote Persefone, a sua volta figlia di quella buttanazza di mia sorella Demetra che si la fece a suo tempo infilare nel pacchio da mio marito Zeus… nun poli questo strunzo illegittimo di Zagreo pigliare il posto della prole legittima.. nun poli.. pertanto Zagreo deve morire.. e chi minchia.. deve morire.. morire e basta..>> E per un suo ordine perentorio i Titani lo fecero a pezzi. << Smembratelo… che poi vi faccio fare una ficcata titanica..>> Si salvarono solo il cuore e la ciolla. Che Pallade Atena recuperò e portò a suo padre Zeus. Questi due pezzi furono poi riutilizzati per generare Dioniso. Prima della prima fottuta Zeus pigliò la ciolla e il cuore di Zagreo e li catafuttiu dintra la filazza di Semele… e poi a forza di spingere con la minchia, ci li ficcau dintra assai assai.. e quei due pezzi unici furono usati per assembrare Dioniso. In nuovo figlio di Zeus aveva la ciolla e il cuore di Zagreo. Pertanto Zagreo fu la prima nascita, la sciuta dalla panza di Semele la seconda, e infine la sciuta dalla coscia divina la terza e definitiva. Ma il picciriddu avia assunto troppo alcol. Nelle sue vene aveva poco sangue ma assai “ Divino Oinos”. E quannu sciu dalla coscia del padre anziché ciangiri riria.. la tipica risata dei brilli, la specifica risata dello “ spirito dionisiaco”. << Portatemi del nettare…>> disse Zeus. Ma lu picciriddu nun lu vosi. << Portatemi dell’ambrosia..>> Ma Dioniso non la volle. << E chi minchia ciama dari? >> si chiese Zeus. << Ihhhh.. ahhhh.. uhhhh.. ihhhh.. >> rideva Dioniso. << Portemi nu tanticchia di sticchiosia e di minchiosia...>> Dioniso rifiutò anche quel cibo. Mise solo una manina nella minchiosia e si la incilippiò alla grande. Poi, anziché sulla bocca, si stricau la sostanza sulla ciollina. << Chi minchia ci devo dare? >> si chiese Zeus, nu tanticchia disperato. E col ditino indicò la coppa che Zeus teneva in mano per brindare. << Minchia.. voli il “ Divino Oinos”. >> Lu picciriddu fu nutrito con questa che era la quinta fonte alimentare dell’Olimpazzo. Pertanto era sempre brillo e sautava come nu pazzarieddu. Ma ci stava na fimminazza ca nun lu putia viriri. << Lu scannu.. l’ammazzu.. lo devo levare dalla circolazione.. >> Per evitare complicazione il nuovo nato fu affidato ai parenti della moglie affinché lo crescessero. Queste, per proteggerlo meglio da Era, le vestirono a fimminedda. Per nutrirlo questi, piuttosto che “ latte” , che il picciriddu rifiutava, gli davano “ tragos” e miele… ovvero birra e miele.. << Suca, suca lu meli.. suca ca è duci e pure tu addiventi duci…e suca, suca , suca lu tragos ca ti fa bene alla testa e al pene…>> Ma in realtà il picciriddu ricercava il sapore perduto del “ Divino Oinos”. Ma Era, non trovando il piccolo Dioniso, fece impazzire i parenti. << Io proteggerò mio figlio Dioniso dalla minnitta di Era… e farò in modo che faccia un bel regalo agli uomini…per quanto riguarda l’eredità si vedrà.. diamo tempo al tempo.. se lo meriterà, addiventerà il novello Zeus quannu iu me ne andrò in pensione..>> In seguito, sempre per proteggerlo dai nemici, Dioniso fu trasformato in capretto.. un capretto strano .. e il capretto si facia tutte le caprette possibili.. le prime esperienze amorose di Dioniso furono esperienze zoofile… e anche da capretto vulia non latte ma tragos e miele… era pertanto sempre brillo e dolce assai assai. Ma in realtà l’armaruzzu ricercava ancora una volta il sapore perduto del “ Divino Oinos”. Ma Era fece impazzire tutti i pastori di capre… a Dioniso lo salvò Sileno.. per ordine di Zeus. Tornato caruseddu Dioniso fu vestito da femminuccia e cresciuto con le ragazze. Sotto lo sguardo finto severo di Sileno. E sucava sempre meli e tragos. Sperannu di ritrovare il sapore perduto del “ Divino Oinos”. Dioniso era dunque sempre più dolce e sempre più brillo. Sia di ciriveddu che d’aceddu. Il caruseddu criscia molliccio.. come una ragazzina.. sempre più effeminato addiventava.. più duci… ma anche chiù bello o bella dir si voglia.. e Dioniso, nelle sue vesti femminili, fece innamorare tutte le compagne. << Iucanu a lu ammuccia ammucchia…>> proponeva Teofrasta. Giocavano un po’. Poi cambiavamo gioco. << Giochiamo a mosca cieca.>> proponeva Lesbia. E giocavano pi nu tanticchia. E la benda gira e rigira vinia messa sempre a Dioniso che vestito da fimminedda facia la sua bella cumparsa. Ma in realtà tutte le compagne sapevano che quello era un mascolo… l’avevano scoperto a suo tempo.. quannu avevano notato il diverso modo di pisciare.. e giocando giocando ne avevano fatto un gioco… << Vediamo chi piscia più distante..>> diceva una delle ragazze. E mente le femmine si mettevamo culo a ponte per lanciare lo schizzo il più lontano possibile Dioniso si la scia , la mittia in posizione, e pisciava a suo modo . Con le sue capacità e le sue abilità. La ragazzine avevano anche notato che il minchiolino non era sempre lo stesso. A volte era nicu, a volte più grande, a volte siccu, a volte più grosso, a volte mollo e a volte duro… Ma il gioco che amavano di più era la Caccia Cieca al Tesoro Nascosto. Le ragazze erano le cacciatrici, Dioniso il cacciatore e il tesoro era la ciolletta. Giocavano nelle campagne, in mezzo all’erba verde, in mezzo al grano, e se c’era caldo, nelle piscine del Palazzicchio Realicchio. A volte nei giardini, tra fiori e arbusti delicati, col solo ciauru tutti andavano in estasi. Se invece c’era freddo giocavano negli appartamenti dei bambini. Le ragazzine bendate cercavano Dioniso bendato, e una volta che lo acchiappavano, per capire se era lui o una ragazzina, andavano a controllare. Naturalmente , con tempi diversi, Dioniso veniva intercettato da tutti. E allora era uno scorrere alla ricerca del tesoro. Che poi, una volta trovato, sottoposto a tutte quelle manipolazione, finia per versare il latte di brigghiu. Con quelle compagne Dioniso sperimentò il sesso etero in tutte le sue forme . Sotto l’estasi birresca era bello trasiri il suo spirito dionisiaco nell‘antro del piacere. Che avia un bel sapore… una sapore a cui però mancava qualche cosa. Iddu personalmente l’avrebbe condito con un po’ di “ Divino Oinos.. Quella bevanda si la sunnava notte e giorno , giorno e notte; e avissa vulutu addivintari iddu stissu una sorgente di “ Divino Oinos.” Anziché pisciare latti di brigghiu o cangiarici l’acqua alle olive avrebbe voluto diventare una fontana vivente di “ Divino Oinos..” Sicuro e convinto com’era che quella bevanda divina sarebbe diventata quella preferita dagli uomini. Ma intanto non sapeva dove reperirla. E andava avanti a tragos e miele. Era si brillo ma anche dolce, dolce, dolce.. anzi, dolcissimo... Dioniso, sotto forma di ragazzina , fece innamorare perdutamente Ampelo… o s’innamorò di Ampelo.. un mascolo con un altro mascolo ma con Dioniso vestito da femminuccia... Impossibile dire quel che passò nelle teste dei due mentre sucavano “ tragos “ e meli alla sanfasò.. la birra ci mittia allegria in testa, nel cori e nell’augello…il miele addolciva tutto… Impossibile dire se Ampelo, nel momento in cui perse testa, core a aceddu per Dioniso, sapeva che quello era senza filazza ma con una bella ciolla come la sua. Impossibile dire se Ampelo quannu allungau la mano era cosciente o era sotto l’ebbrezza data dal tragos Impossibile dire se Dioniso quannu lassau ca la manu dell’amicu scinnissi verso il basso era cosciente o sotto l’effetto del tragos. Impossibile dire se Ampelo circava un mascolo o una fimmina.. Impossibile dire se Ampelo quannu attruvò una ciolla si l’aspettava o s’aspettava altro… Sta di fatto ca quannu cu la manu scinniu a circari la fonti della verità si attruvò na bedda corda di sasizza. Ma non disse un cazzo. Come dire “ chistu attruvai e chistu mi sucu”. Impossibile dire se era contento oppure no.. sta di fatto che continua ad operare con quel citrolo carnoso… e si dissetò a quella fonte come già facevano le ragazze… Impossibile dire se Ampelo lo fece per scelta o per convinzione o perchè tanto che c’era era meglio pigliarsi quello che passava il convento… E tra una sucata di birra e l’altra, tra una sucata di meli e l’autra, Ampelo che faceva il mascolo della situazione ci la sucò all’amico e poi ci la piazzò nel culo. Toccò a Dioniso fare altrettanto.. e qui successe il miracolo.. minchia chi miracolo… Impossibile sapere la verità ma secondo tanti mitologi ci trasi Zeus in persona che astrummintò questo espediente per fare un regalo a suo figlio pur sapendo che quello era generoso e l’avissa dato in regalo agli uomini… Impossibile sapere perchè il maschiò Ampelo sucò per primo e il femmineo Dioniso per secondo.. Impossibile sapere se Ampelo circava una filazza da alliccate e trovò ua fontana che pisciava latte di brigghiu. Dioniso era timido e Ampelo ci disse: << Suchimilla.. suchimilla..>> Dioniso fece.. con calma e passione.. e intanto che la passione cresceva la calma vinni meno, il ritmo divenne ossessivo.. pare che da quella fontana si aspettasse la vita.. il miracolo, la sorpresa, la felicità.. E così fu. Quannu la simenta impetuosa da testiculos di Ampelo si riversò nella bocca di Dioniso quello sucò fino all’ultimo.. e poi, quannu non ne usciva più una stizza, si mise a sautare…a sautare come un pazzo.. << L’ho trovato.. l’ho trovato.. il Divino Oinos .. l’ho trovato…il Divino Oinos..>> E in preda allo spirito dionisiaco si ittau addosso al caruso e ci la sbattiu con impeto nel culo. Né timidezza né paura era rimasta in Dioniso , ma solo voglia di dimostrare, di esibire , di fare…e Dioniso fece, dimostrò, esibì.. Ampelo non disse niente. Lasciò fare, aveva conosciuto un altro Dioniso, ma quello dopo aver assaggiato il suo latte di brigghiu, era come sciutu pazzo. Altro che effetto del tragos .. quello era in uno stato di ebbrezza allucinante.. tanto che lui si chiese: << Ma per caso il latte di brigghiu mio è allucinogeno?>> Dagli effetti paria di si. Poi, con calma , Dioniso ci spiegò che il suo latte personale avia lo stesso sapore e colore del Divino Oinos dell’Olimpazzo.. << Minchia.. la mia ciolla piscia la bevanda divina..>> << La tua ciolla piscia il Divino Oinos..>> rispose Dioniso. Nessuno si rese conto che quello era un miracolo.. un miracolo fatto da Zeus… << Sucaminilla.. sucaminilla....>> si dicevano spesso i due amanti. Il latte di brigghiu di Ampelo era diverso.. era rossastro e dava euforia… era diverso dal suo… riceverlo nel protostoma o nel deuterostoma gli dava euforia.. ebbrezza,. gioia.. felicità.. E quest’amore sucante e sucato andava a gonfie vele…ma era anche inchiappettante… Poi l’amichetto di cervello e uccello morì.. scaraventato a terra da un toro.. Tutto successe nel bosco di Mynkyalonya per i soliti casi del cazzo . Per le solite gelosie sessuali.. amorose.. pelose ... e robba del genere. << Noooo…. >> gridò Dioniso. E voleva morire anche lui. Ma non c’era niente da fare. Ampelo era un mortale. Dioniso lo seppellì e basta. Lo seppellì ai piedi del monte Munipuzos. Per il resto Dioniso era un dio e non poteva piangere. Ma si sforzò tanto che pianse. Non le solite lacrime. Erano rossastre e quannu ci arrivanu na la ucca si accorse che avevano lo stesso sapore del latte di brigghiu di Ampelo. Da quella sera Dioniso piangeva spesso.. piangeva pei il dolore , piangeva per bersi le sue lacrime.. i suoi occhi pisciavano lacrime di Divino Oinos.. Zeus per consolarlo gli assegnò un precettore molto simpatico. Quel Sileno che già aveva avuto a che fare con Dioniso. Ma il dio non se lo ricordava più. Piccolo, obeso, ciolluto e che girava sempre su un asino. Ma soprattutto metteva allegria a tutti. Sileno, come detto, il suo nome. E Sileno tinia appresso sempre una grande quantità di picciriddi, i Sileni.. i suoi figli che lui facia solo con donne grasse come lui.. Al solo vederlo Dioniso rise. Stava piangendo come una femminuccia sulla tomba del suo amato Ampelo, quannu intisi risate di picciriddi. Si girò e vide l’insolito corte. E passò dal pianto al riso. Sileno lo fece sorridere subito all’addolorato Dioniso con la sua semplice apparizione. Un uomo obeso, nudo, con una panza spaventosa, una ciolla eretta, a cavallo di nu sciccareddu che forse ragliava di dolore per il troppo peso che portava...e l’asino trasportava pure due grossi otri.. e intorno tanti picciriddi nudi, obesi e col loro piccolo otre.. < Chi sei?>> gli chiese Dioniso ridendo. << Il tuo panzapedagogo… il tuo pallaprecettore… mi chiamo Sileno , la mia panza si chiama Silenpanza, il mio ciollo si chiama Silenmincia, le mie palle si chiamano i gemelli di Sileno… questa borraccia è il Tragos di Sileno… e io la sucu sempre.. mi mette allegria assai assai.. e questo è il mio asino, Silenscecco.. e tutti questi picciriddi sono i miei figli… i Sileni… lu sceccu e i picciriddi sucunu anche loro Tragos…>> << E come si chiamano i picciriddi?>> << Ognuno col loro nome, ma io li chiamo Rompicoglionisilenici..>> << Rompiamo i coglioni a papà.. rompiamo i coglioni a papà.. papà ci ha chiamato..>> gridarono i picciriddi. Dioniso rise. Sileno scese dallo scecco e muovendosi come si muovono gli obesi iniziò a gridare: << Rompicoglionisilenici sciò.. scio.. sciò…>> << Io sono Di…>> << Lo so chi sei..>> rispose Sileno che ad ogni passo ci abballava la panza << e Zeus che mi manda…io non volevo accettare.. ma Zeus mi disse che tu inventerai una bevanda chiù bella del Tragos… e allora io vinni di corsa.. a parte che Zeus mi aveva detto “ io mi consento e se non consenti mi autoconsento…tu ti devi sucare a mio figlio ma mio figlio si deve sucare a tia e a tutti li to figghi… non so per chi la cosa sarà vantaggiosa .. non so se sarà lui a romperti i coglioni a te o sarai tu a romperli a lui.. i tuoi figli comunque li romperanno a tutti e due…” e quindi, come vedi, sono qui per ordine di tuo padre.. a romperti i coglioni assai ..e pure loro sono qui per la stessa cosa.. su, Rompicoglionisilenici, rompeteci li baddi a questo picciutteddu addolorato dalla morte del amante amato dalla ciolla bella e stolla che pisciava un latte particolare..…..>> << Rompiamo i coglioni a Dioniso.. rompiamo i coglioni a Dioniso..>> Dioniso rise ancora nel vedersi addosso tutti quei piccoli Sileni. Quella notte dormi tranquillo. E fece un bel sogno. << Sono Ampelo.. sono morto io ma non il mio succo d’amore…quello che tu chiamavi Divino Oinos.. veniva fuori dai miei testicoli.. che non erano più i soliti testimoni.. erano diventati i miei due chicchi personali .. per volontà e mistero di cui solo Zeus è a conoscenza.. da questi chicchi nascerà una pianta nuova… grappoli di testicoli o coglioni a grappolo.. non importa il nome.. e quando i frutti saranno maturi tu ne estrarrai il succo e lo farai fermentare.. quello che otterrai avrà il sapore del mio succo d’amore.. chiama la pianta come vuoi.. e lo stesso il succo finale che otterrai.. e ubriacati del mio succo estatico.. dionisiaco.. ampelico.. minchionino.. sii sempre ebbro di me.. e dona questo regalo agli uomini affinché anche loro siano sempre ebbri di me.. il mondo ebbro sarà chiù bello del mondo astemio.. le ciolle ebbre e i cunni ebbri lavoreranno meglio.. l’ebbrezza abbasserà la soglia inibitoria, e tutti faranno l’amore.. come noi o in altra maniera.. viva le mie palle e il mio succo.. viva Dioniso … viva l’ebbrezza.. parola di Ampelo...>> Dioniso ogni giorno lo passava accanto alla tomba. Poco distante, senza perderlo di vista ci stava Sileno. Gli era stato dato come precettore. Seguito dai suoi picciriddi , i Sileni, Sileno cummattia con somma pazienza pure col dio. Ca era chiù casinista e rumpibaddi di tutti i Sileni mesi insieme. Dioniso vide nascere e crescere la pianta. Vide i grappoli di testicoli.. li raccolse e li schiacciò.. il succo fermentato aveva qual sapore mai dimenticato… e dava la stessa ebbrezza.. << Divino Oinos.. Divino Oinos.. lo chiamerò “ sculo di vino..” ..>> disse Dioniso. Lo spirito ampelico era diventato lo spirito dionisiaco. << Sculo di vino.. sculo di vino..>> gridava Sileno << Sculo di vino.. sculo di vino..>> gridavano i sileni. << Ihhhhhhh… ihhhhhhh…ihhhhhhh…>> ragliava lu sceccu di Sileno. Anche lui voleva dire “ sculo di vino..” Dioniso perfezionò l’arte della viticoltura e il meccanismo della vinificazione… sulle sponde del monte Munipuzos, con l’aiuto di Sileno e dei suoi figli.. e delle donne dei suoi figli, che erano diventate sue seguaci e si facevano chiamare Menadi…col loro aiuto nasciu la coltivazione dell’uva… dei grappoli di testicoli di Ampelo… e nasciu pure la fermentazione de lu “ sculu di vino “ per attenere il vino.. e Dioniso, nella sua somma e incommensurabile bontà, fici chistu regalo agli uomini… Ma soprattutto scoprì che il vino aiuta a fare sesso… che il vino abbassa la soglia dell’inibizione .. che libera la ciolla e il cunno che è in noi.. li fa operare meglio e con libertà infinita… la prova la ebbe dalle sue compagne più ritrose.. quelle che mai avevano giocato alla Caccia al Tesoro con lui.. quelle che si erano limitate a guardare e che adesso, sotto l’ebbrezza delle spirito dionisiaco, si erano scatenate al mille per mille.. Menadi di nome e di fatto.. donne invasare di nome e di fatto.. invasate di vino.. di minchia.. di tutto.. ma invasate e belle proprio per quell’invasamento.. << Grazie.. Dioniso.. la nostre vita è cambiata in meglio..>> Dioniso si convinse che il sesso era la cosa più divertente del mondo.. che bisognava farlo a iosa, alla sanfasò ..e sempre allegro com’era facia amicizia con tutti.. restò legatissimo a suo precettore Sileno che con i suoi figli, i Sileni, fu tra i primi suoi seguaci.. poi arrivarono i Satiri.. e soprattutto la materia prima per fare ficca ficca diventò abbondante.. numerosissima… le prime Menadi, le sue compagne di giochi, fecero discepole alla sanfasò.. le donne invasate suonavano, bevevano e ficcavano…. Il corteo che seguiva Dioniso era uno spettacolo.. vestiti di pelle lacerata.. truccatissimi… ma anche mezzi nudi.. si vedeva e non si vedeva.. da quelle pelli lacerate uscivano braccia.. cosce .. seni.. natiche.. ciolle e pacchi… e intanto che ballavano invasati dallo spirito dionisiaco agitavano il tirso.. Un bastone con stralci d’edera e di vite e con una pigna falliforme in cima. La gente taliava il corteo aspettando di vedere qualcosa… soprattutto volevano vedere la sede dello spirito dionisiaco che stava tra le cosce dei mascoli e delle femmine.. la gente purtroppo era materiale assai e non capiva che lo spirito dionisiaco stava nella testa.. tutti loro avevano una ciolla o un pacchio come i seguaci di Dioniso ma non li sapevamo usare come loro , avevano gi strumenti di Dioniso ma non il suo spirito.. pertanto i libertari applaudivano sia Dioniso che i suoi seguaci, i moralisti invece lo volevano bloccare, distruggere, eliminare. Che spettacolo comunque le processioni dionisiache, che finivano sempre con una bella orgia. << Sucate e risucate “ sculo di vino”… vi sentirete dii in terra… sucate e risucate e poi sucate ancora, questo è lo sculo delle palle del mio amato Ampelo.. sucate.. sucate orsù…>> Era , gelosa di Dioniso come di tanti altri figli di Zeus, lo fece pure impazzire. Ma lui, che capì la cosa, fece il finto pazzo. La sua pazzia era lo spirito dionisiaco, era l’ebbrezza del suo divino vino, era il suo ciriveddu brillo e la sua ciolla briaca. Girò il mondo da “ pazzo” e visse tante avventure sempre da “ pazzo”. E da “pazzo” cantava insieme ai Satiri , ai Sileni e alle Menadi.. << Iu sugnu pazzu… vuoiu nu sticciazzu..>> Le Menadi rispondevano: << Iu sugnu pazza… datemi na minciazza..>> La pazzia alcolica di Dioniso e la follia erotica della sua ciolla non furono accettati da tanti. Licurgo, re degli Edoglioni, cercò di ammazzare il dio ma lui riuscì a scappare , trovando rifugio tra le accoglienti cosce di Teti. Licurgo poco dopo impazzì e poi fece una malissima fine. Si scontrò col cugino re Penteo, re di Tebicchio. Non riconosciuto come dio, Dioniso arrivò nella polis sotto forma di un bel fanciullo alla guida di invasate , assatanate e minchiadesideranti Menadi e di sticchiocercanti Satiri e Sileni. E tutte le donne della polis, invasate dalla ciolla divina, corsero sul monte Citerocazzone per una divertente orgia. Poi Agave , in preda alla possessione alcolica, scambiò il figlio Penteo per un leone e si lu mangiau. Dioniso fu anche fatto prigioniero da alcuni marinai che prima volevano violentarlo ma poi decisero di venderlo come schiavo. << Nu masculu accussì beddu vali assai..>> si erano detti. E lo tenevano nudo. legato a un albero della nave. Ma Dioniso fece un miracolo. Il mare divento vino, la nave si ubriacò, le vele si strapparono, gli alberi misero grappoli su grappoli d’uva e i marinai , pazzi, si buttarono a mare. Pure Dioniso si buttò a mare e salvò il timoniere Acoete, l’unico che si era opposto sia all’idea delle violenze che a quella della vendita come schiavo. << Aggrappati alla mia ciolla..>> ci disse. E a nuoto lo portò in salvo fino alla prima isola. Acoete divenne sacerdote dei riti dionisiaci. Se lui era pazzo per volere di Era, poteva pazziare. Invece era solo brillo per sua spontanea volontà. Quindi poteva fare minchiate alla sanfasò. Le figlie di Minia non vollero partecipare all’orgia. Dioniso le fece impazzire; e quelle divorarono i propri figli iniziando dalla ciolla. Le figli di re Preto non vollero festeggiare in suo onore. Persero la ragione e credendosi vacche carnivore mangiarono i loro figli incominciando dalla minchia. In Etolia Dioniso fu accolto benissimo da re Eneo che gli offrì anche la propria moglie Altea per dare un po’ di ristoro al suo divino augello. E quella gli sfigò Deianira. Sposò Arianna e ci fece cagare tanti figli. Andò in Egitto, in Siria, in Frigia.. arrivo sul fiume Eufrate e con un ponte di edera e viti passò in India; arrivò fino al sacro Gange.. Dovunque fu onorato e incontrò i colleghi.. democraticamente.. da dio a dio.. e intanto ficcava… con donne terresti e con divinità. Una delle più belle avventure fu con Afrodite che gli cacò Priapo. Era comunque sempre allegro Dioniso . E si facia fimmini a iosa… alla sanfasò…li ubriacava e poi si li trummiava, generalmente.. ma con Afrodite fu amore… passione.. come con Arianna... come con altre .. ma se amore non fu sempre, lo spirito dionisiaco sempre lui fu. . << Briacatevi di vino sia lu ciriveddu ca la ciolla.. e futtiti.. ca la vita è chiù bella se la ciolla è brilla..…>> Dioniso aveva regalato all’umanità il “ Divino Oinos”. Ma nella sua testa ebbra Dioniso decise di fare un figlio speciale con una femmina speciale… magari cu na dia… l’unica dia degna di ricevere il suo spirito dionisiaco era Afrodite.. decise che con lei prima o poi doveva fare un figlio… un figlio speciale.. con la dea dal pacchio spilato .. un figlio che doveva essere la quintessenza dello spirito dionisiaco. Doveva non solo possederlo ma anche dimostrarlo al mondo... e per dimostrarlo doveva avere un grande aceddu. Una grande minchia. In fondo lui era il figlio di Zeus.. probabilmente il suo erede al trono dell’Olimpazzo.. solo che Zeus censurava le sue troppe ebbrezze .. anzi, la sua ebbrezza continua.. forse fare un figlio con certe caratteristiche poteva essere positivo.. lui poteva restare libero di dedicarsi alla sua ebbrezza e pertanto continuare a mittilla in culo al potere reale… e il potere reale, a cui lui non aspirava, per non essere prigioniero del ruolo, sarebbe passato dal nonno al nipote. E fare quel figlio con Afrodite, che era la figlia adottiva di Zeus e la sua musafica ispiratrice, era la migliore delle soluzioni possibili… L’erede al trono dell’Olimpazzo sarebbe stato figlio del figlio di Zeus e della sua figlia adottiva… un nipote biologico e adottivo… un quasi incesto per farlo.. ma nell’Olimpazzo l’incesto era la norma… anche perchè Zeus, qual pacchione spilato di Afrodite, si lo sarebbe fatto da sempre.. minchia, se se lo sarebbe fatto. Alla sanfasò e tempo pieno .. Potenza dell’aceddu divino permettendo... Un giorno Dioniso convocò la sua corte allegra e ebbra e diede loro la notizia. << Brindiamo al futuro re dell’Olimpazzo.. a mio figlio.. a quel figlio bello e minchiuto che io farò con Afrodite.... sarà bello come a mia ma avrà un aceddu più grande.. >> Brindarono tutti alla sanfasò << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere in stato di ebbrezza e avere una minchia sempre ebbra da infilare dove capita, a che minchia serve vivere sucando Divino Oinos e avere una minchia sempre allegra?>> era la variante, dedicata a Dioniso, della domanda per cui era famoso il filosofo Socratino da Munipuzos Homerino scrisse il poema Dionisiade, Mhassymylyano il Carmen Dyonysyus aves ebrius e lo scrittore Santhokriso il romanzo Cent’anni con Dioniso. Priapo, il dio dei campi, dei bordelli e degli uccelli minchiformi Musa, cantami il caro figlio di Dioniso, minchiuto, dal cervello di minchia , amante del frastuono, che vaga per le valli boscose in compagnia delle ninfe danzatrici: esse amano percorrere le cime delle rupi scoscese, invocando Priapo, il dio dei pascoli, dai capelli lucenti, cazzuto, che frequenta tutte le alture pelose e le cime dei seni e i sentieri cunnosi. Si aggira in su e in giù per le fitte macchie ficaiole: ora è attratto dall'acqua di tranquilli ruscelli, ora si arrampica su rocce inaccessibili, salendo sulla cima più alta, per sorvegliare le greggi di cunni. Spesso corre per le grandi montagne biancastre, spesso attraversa le valli, facendo strage di selvaggina ficale grazie alla ciolla potentissima. Solo al tramonto, tornando dalla caccia al cunnus, intona sulla fregna una dolce melodia: non lo vincerebbe nel canto l'uccello che a primavera effonde un lamento con voce di miele, fra i fiori e le foglie. Allora si uniscono al suo canto le ninfe montane dalla limpida voce, danzando con passi rapidi presso la fonte profonda, e l'eco risuona dalla vetta del monte. Il dio ora danza in tondo, ora entra nel mezzo, con rapidi passi - porta sul dorso una fulva pelle di lince - e si esalta in cuore a quel canto ritmato, sul tenero prato dove il croco e il giacinto odoroso si mescolano all'erba, fiorendo in gran copia. Cantano gli dèi beati e il vasto Olimpo; per esempio, più di ogni altro esaltano il padre Dioniso, dicendo cos'è lo spirito dionisiaco per tutti gli dèi, e come arrivò nella Trinacria ricca di fonti, madre di greggi, dove c'è un tempio per lui. Lì pur essendo un dio pascolava le greggi lanose di un mortale: infatti ardeva in lui il desiderio struggente di unirsi in amore con la bella Afrodite. Ottenne la fica fiorente, ed esse gli partorì un figlio, già subito strano a vedersi: minchiuto, palluto, rumoroso, dal dolce sorriso. La madre balzò in piedi e fuggì, lasciando il bambino: ebbe paura infatti, quando vide il viso ferino e barbuto. Ma il rapido Zeus lo prese subito in braccio e l'accolse: la gioia traboccava dal cuore del capodio. Salì in fretta alle sedi degli immortali, con il nipote avvolto nella folta pelliccia di una lepre montana; si sedette vicino a Era e agli altri immortali e mostrò suo nipote: tutti gli dèi si rallegrarono in cuore, e più di tutti il delirante Dioniso. Lo chiamarono Priapo, perché a tutti aveva rallegrato il cuore. Così ti saluto, signore, e ti placo col mio canto; e io canterò te e anche un'altra canzone. Inno a Priapo, Inno omerico Comu nasciu il dio dei bordelli? Nasciu come nascono l’autri picciriddi. La mamma bona si stava facennu nu bagnu nella valle di Pantalica, proprio nel punto dove due fiumi si incontrano. Sotto lo sperone roccioso al quale per lungo tempo era stato incatenato quel povero aiutauomini di Prometeo. L’Anapo e il Calcinara oggi. Allora come minchia si chiamavano non si sa… anche se un documento anticu parla di Kunnydro e Kazzydro.. Ma ne esiste n’autro di documento, successivo a questa storia, che li chiama Afrodytydro e Dyonosydro… L’acqua di Afrodite e l’acqua di Dioniso… Comunque stavano le cose per quanto riguarda la toponomastica, la facenna iu accussì… si pensa almeno ca iu accussì… Afrodite natiche belle stava distesa nell’acqua.. Stava là, distesa, a pancia in giù, e con le cosce divaricate una verso una vallata e l’altra verso l’altra. L’acqua di un fiume le massaggiava una coscia e una chiappa e a dire il vero, da sotto, anche una minna , l’altra acqua l’altra coscia e l’altra chiappa e a dire sempre il vero, da sotto, anche l’altra minna. Così la dea si manteneva callipigia, callicoscica e calliminnica.. insomma, era calli tutta. Soprattutto era callisticchio.. sticchio bello al mille per mille… Perché a dire il vero vero veramente l’acqua ia a sbattere anche contro il cunno della dea… era bello quell’idrocunnimassaggio alla porta del piacere.. mussu nicu e mussu ranni vibravano all’unisono… lu buttuneddu attrintava.. e lu pacchiu facia rapi e ciuri.. e ogni volta ca si rapia l’acqua trasia … e ogni volta ca si ciuria l’acqua scia… era come fare trasi e nesci cu na minchia d’acqua… e lei godeva alla sanfasò.. si pisciava dal piacere.. e quella venuta divina rendeva particolari le acque del fiume.. le rendeva fertili.. per le cose .. le piante.. gli animali.. e naturalmente anche gli uomini e le donne… Stava là la bella Afrodite e pinsava ai sui amori… pinsava al marito cornutone Efesto e a l’amante fisso Ares… ma anche alle tante avventure…anche a quelle tipo “ una botta di ciolla e via.. affinché lo sticchio si arrigria..” .. e intanto si lasciava fottere e fotteva con l’acqua…. Na vota, intanto che era là, dallo sperone roccioso si affacciò Dioniso. Nudo tutto a parte la coppola e mezzo brillo . Forse più di mezzo. E tinia la solita coppa in mano. << Minchia chi festa…>> diceva a sé stesso sbandando sia a destra che a sinistra. E taliava ora il cielo ora l’acqua dei due fiumi che s’incontravano. <<Lu ciumi futti cu l’autu ciumi, lu cielu cu la terra. E io mi futtu chista coppa di Divino Oinos.>> La sera prima aveva partecipato a una bella orgia nel bosco di Mynkyalonya e poi aveva passato la notte in una grotta… con tanti pacchi a disposizione…si era svegliato tardi e tanto per rimettersi in sesto si era fatto una bella bevuta di vino… Oramai lui e il “ Divino Oinos” erano una accoppiata vincente. La coltivazione della vite si era diffusa in tutta la Sicilia prima e poi in tutto il bacino del mediterraneo. In tutte le case si sucava vino.. vino a tutte le ore.. vino la mattina…a mezzodì.. e vino soprattutto la sera .. per prepararsi ad affrontare la notte e tutti i suoi problemi.. aiutava il vino a non soffrire la solitudine .. agli uomini soli dava una mano a darsi una mano e se necessario anche due.. ma aiutava anche le donne sole a pigliare il Sosia e a farne tutti gli usi possibili e impossibile, tanto il Soia non era un esibizionista e pertanto non avrebbe raccontato le sue imprese notturne.. ma aiutava anche chi era in coppia .. legittima o illegittima.. omo o etero.. a vincere le ritrosie e a lavorare meglio in campo erotico.. era il vino una sorta di introduzione alla scoperta dei piaceri più sottili.. e tutto questo grazie a Dioniso e al suo grande amore per Ampelo. << Minchia di pacchiu che mi sono fatto ieri sera.. la minchia mia a fatto il pieno..>> E sucava Divino Oinos. Dioniso , zigzagando, in cima allo sperone roccioso, parlava di pilo. Ma nessuno lo ascoltava. Satiri, Sileni e Menadi la mattina si alzavano nel tardo pomeriggio.. erano animali notturni. L’unico ascoltatore era il suo ciollo. Che sentendo parlare di pacchio attisò. E Dioniso ci parlò con maggiore interesse. . Da uomo a uomo. O da uomo a ciolla d’uomo. Insieme avevano sviluppato una particolare forma di linguaggio. Dioniso faceva domande semplici, perchè come si sa la minchia non vuole pensieri, e lei rispondeva orientandosi in certo modo. Soprattutto rispondeva a monosillabi. “ Sì “ e “ No “ erano le parole più usate. Ma conferivano a quel dialogo una esaustività che aveva del fantastico. Un linguaggio che tutti dovrebbero imparare perché molto spesso l’uomo non comprende le reali esigenze della sua minchia e viceversa. Il cervello che sta nella scatola cranica e il cervellino che sta nella coppola della minchia ragionano biologicamente in termini diversi. Figuriamoci poi se l’uomo, con cervello e cervellino, riesce ad andare d’accordo col cunno. Quello è solo uterino, carnale, sessuale , non tiene cervello ma solo la rete neuronica del piacere.. che spesso non collabora col cervello della fimmina, che , checche ne dicano certi signori affetti da misoginia grave , acuta e cronica, è lo stesso della dell’uomo.. fatto dello stesso materiale e senza nessuna differenza.. o forse la differenza ci sta, la donna spesso lo usa meglio dell’uomo.. sia il cervello che il sesso. A parte questo, Dioniso per primo inventò il “ linguaggio della minchia.” Vedendo la sua ciolla pazziare, nonostante l’abbuffata della notte precedente, ci disse: << Chi minchia vuoi, figlio bello? Non ti basta la dose di cunno di ieri sera?>> La minchia s’inclinò a destra. Voleva dire “ No” . << Ho capito. Senti odore di pacchio buono nei dintorni.. >> La minchia s’inchinò a sinistra. Voleva dire “ Sì” << Ma .. sarà… ma io non vedo nessuno… il mio senso dell’odorato funziona male.. mentre il tuo senso dello sticchio funziona benissimo..>> La risposta fu “ Sì “. Dioniso si rimise a taliare e all’improvviso vide due belle natiche bagnate che brillavano sotto i raggi del sole. << Minchia.. ragione avevi minchia mia.. e per giunta l’ho arriconosciuta.. un culo così bello l’avi sulu Afrodite.. la dea dell’amore.. la cosa fatta è.. si ficca.. a parte il fatto che quella non me la sono mai fatta.. io, nella mia qualità di uomo giramondo e giracunno, devo aggiungere subito Afrodite al mio carnet di femmine fottute.. quella non si lassa mai scappare neanche una dote di sasizza.. forza, gioia della minchia mia, statti tisa che ci sta del travaglio da fare.. >> La minchia s’inclinò a sinistra e vibrò. Voleva dire “ sì e sono anche contenta..” << Minchia chi culo.. sarà la coffa dell’aceddu miu..>> La minchia s’inclinò ancora a sinistra. Ma descrisse un cerchio. Voleva dire “ Sì, ma voglio prima andare nel pacchio..” Dioniso e la sua ciolla avevano da tempo sviluppato una forma di linguaggio chiarissimo. Si capivano subito. <<Culo bello.. addio.. andiamo nella filazza.. a parte il fatto che io mi avevo programmato di ficcare con Afrodite.. ma non di ficcare e basta... io ci volevo e ci voglio fare un figlio.. anzi , ci lo voglio fare subito…. un figlio col bastone del comando.. minchia, mi lo ero quasi scordato. Quannu sugnu in stato di ebbrezza mi scordu pure chi sono… divento solo spirito dionisiaco e cerco dove infilarlo…>> La minchia ci desi un colpo sulla panza. Voleva dire “ Quannu si brillo non capisci un cazzo << > proposito: chi sono io?>> addumannò Dioniso. La minchia rispose in modo esaustivo. Voleva dire “ Una testa di minchia”. << Affanculo…>> rispose il dio. La minchia ci desi tri colpi nell’ombelico. Proprio nel biddicu. Tre colpi diversi. Voleva dire “ Affanculo vacci tu, io voglio andare almeno due volte nel pacchio di Afrodite..” << Minchia.. sei una minchia scassapalle..>> La minchia s’inchinò a sinistra. E poi si sporse in avanti. Voleva dire “ Tuffati..” . Dioniso la scutò tuffandosi in un amen. S’infilò nell’acqua proprio davanti agli occhi di Afrodite. << Il solito mascolo esibizionista.. avi visto il luccichio del mio culo e si è tuffato con la speranza di infilarimilla da qualche parte.. ma.. se ne vale la pena ci la facciamo infilare.. se la sasizza è bona, perchè non farne uso?>> pensò la dea. Dioniso restò sott’acqua. Solo la sua ciolla emergeva. << Sempre più esibizionista.. d’altra parte ha qualche cosa di bello da esibire.. fattura elegante, cappella regolare.. non secca né obesa.. dritta e lunga senz’altro ma con poco senso dell’equilibrio.. pare , a dire il vero, una minchia briaca…ma voglio vedere chi è il proprietario…. anche se un sospetto mi è venuto già… comunque è una minchia che non mi sono mai fatta…>> pinsò la dea rileggendosi mentalmente il suo personale “ Catalogo delle mie minchie”. Si misi additta e acchiappò il periscopio di carne. E venne fuori il seguito. Un bell’esemplare di mascolo.. << Salve culo bello di Afrodite.. salve femmina divina unica dal cunno spilato.. salve dea dell’amore carnale.. salve delizia di ogni aceddu… e salve pure alla sua proprietaria… da parte mia e della mia ciolla tisa.. briachi tutti e due ma capaci di fare il nostro dovere… salve .. salve…salve..>> Afrodite capì di chi trattava. << Dioniso bello… ciao a te e pure al tuo uccello.. >> << Mi hai riconosciuto? Salve alla tua bellezza munifica e alla tua bella fica…. Salve pure, e di quello che dico son sicuro, salve assai al tuo bel culo… Il meglio dell’intero munnu… Viva lu to culo e lu to cunnu… E non dimentico le tue tette belle carnose.. So cosa ci piazzerei tra quelle cose….>> << Basta ... ca il Divino Oinos ti fa sparare troppe minchiate.. spara invece con l’unica minchia utile... a sparare veramente...>> << Bum.. bum.. bum..>> fece il dio. << Che fai?>> << Sparo..>> << Alle tu minne...>> E nuotando ci piazzò la ciolla tra le tette. Dioniso aveva inventato quella tecnica del mettere l’uccello tra le tette e poi coprire il tutto con le stesse.. e fare tra quelle montagne avanti e indietro.. l’avia fatto per la prima volta con la ninfa Spagna da cui il nome di “spagnola” rimasta alla fottuta tra le minne. << Anziché sparare parole tanto per ciarlare Piglia la tua ciolla e datti da fare…>> rispose Afrodite, E rise. Rise come una matta. Rise pure Dioniso che ci si buttò addosso e l’acchiappò per le minne. Lei rispose acchiappandolo per l’aceddu. Iniziò così una lotta d’amore che finì con una tripletta. Lotta a tutti i livelli.. futtenu tra loro ma futtenu cu l’acqua ca futtia cu idda.. si stricavano l’uno contro l’altra e l’acqua ci si ficcava nel mezzo… iddu ci toccava na natica e l’acqua l’altra … iddu ci toccava lu pacchiu e l’acqua puru.... futtenu praticamente in letto d’acqua… la ciolla divina si faceva largo nell’acqua e s’incunnava felice.. da un’apnea all’autra.. e così pure quannu iu nel retropacchio.. e pure tra li minni iu.. non poteva mancare la sua specialità.. tra quelle tette scorrevano sia l’acqua che il pene… e pure in bocca alla dea finiu come pure lei finì in bocca a lui… Dioniso alliccava il pacchio e l’acqua scorreva su quello sticchio.. Afrodite sucava il fallo e l’acqua scorreva su quella minchia… Alla fine Dioniso cantò all’aricchia della dea. << Are p.o.... Are p.o…. Are p.o…. Are p.o…. Are p.o…. Are pe…>> << Chi voi diri?>> << Are.. altare.. il tuo corpo è un insieme di altari.. altare pro obeliskos.. per l’obelisco di carme… obeliskos pro pacchio, pro culo, pro minni, pro bocca.. ecco cosa vuol dire. Are p.o.>> << E l’ultima.. Are pe..”>> << Altare penis… mi sento tutto una minchia. . avrei voluto essere tutto una minchia pi trasiri tutto dintra di tia e perdermi per sempre nel tuo pacchio eterno… accussì sarei stato lì dentro per l’eternità….>> << Bella idea… in fondo io avrei sempre una minchia dintra di mia….sono o non sono la buttana universale?>> << Che adesso è incinta di mia?>> sparò Dioniso. << Sicuro?>> << Sicuro… sono dio e so quel che faccio..>> << Pur’io.. sono dia e non credo a tia..>> << Io ti dico che questo mio figlio sarà un fenomeno di matri natura.. bello comu a tia e mia ma col segno del comando ....>> << Lo scettro?>> << No, la minchia..>> << Sempre scettro è, di carne ma scettro..>> precisò Afrodite. << Minchiuto.. cazzuto.. sarà..>> << E io che sono dia e saccio sia quello che saccio che quello che non saccio…io ti dico che incinta ci sta solo la tua fantasia..>> << Vedremo… minchiolì e minchiolà..>> << Vedremo.. ma intanto rimettimi la minchia lì o là.. >> Risero alla grande. Lui rise pure con la ciolla, lei col suo cunno che a dire il vero era sorridente sempre. Non si sa se fu la prima simenta, la seconda o la terza depositata nel canonico posto ma si sa che Afrodite sciu incinta. Nessuno si scandalizzò. Neanche il legittimo marito Efesto. << Un corno in più, uno in meno.. cornuto sempre sono.. e lei buttana arresta… ma io dico meglio una moglie buttana ca mi fa addivertiri ogni tanto la ciolla e la testa che una moglie santa ca mi fa soffrire di ciriveddu e d’aceddu..>> L’unica che si incazzò, ma d’altra parte era sempre incazzata, fu Era. << Lu iarruso di Dioniso voli fari l’erede a mio marito.. sta minchia… deve nascere un caruso ciolluto.. sta minchia.. adesso ci la cumminu io la minchiata… ci dicu quattro parole , ci mannu tri salamelecchi, ci fazzu la fattura e la controfattura , e ci lu fazzu abbidiri iu chi minchia ci nasci.. Beddu? Sta minchia? Nu masculu scimmia deve nascere. Ciolluto. Certamente ciolluto , ma chiù assai di nu sceccu ciolluto deve nascere.. ca magari a un certo punto deve dire: unni minchia la mettu sta cazzu di minchia.. io. Era, moglie tradita, ci lu sistemu pi li festi e li simani lu figghiu di buttana di quella buttanessa buttanazza buttanuna di Afrodite e di quello iarruso iarrusissimu iarrusazzo di Dioniso ca nun capisci una minchia ma sapi sulu sucari vino.. e chiddu babbu scimunitu cacacazzi di mio marito Zeus ca lu vulia fari suo erede universale.. sta minchia.. nu briacu a capu du lu munnu.. sta minchia.. anche se è vero che ci sono stati, ci sono e ci saranno re pazzi e imperatori pazzi.. ma lu capodio pazzu nun va.. e Dioniso , furbo, ci voli cagari l’erede.. ma l’erede sarà laitu e racchiu che la gente dirà “ che schifo “ ... e avrà una ciolla tale che dovrà girare con una coffa come portaminchia.. oppure, se si lo poli permettere, si fa due servi porta minchia, oppure si accatta una carrozzella e ci la metti di sopra e ammutta.. ma essendo un dio si poli fari pure l’ali all’aceddu.. accussì la minchia si autosostiene.. Minnitta.. minnitta.. minnitta.. Priapo sarà lariu e tuttu minchia…>> Trascorso il giusto tempo arrivò l’ora del parto. << Nascerà na cosa bedda biddazza…pirchì bedda è la madre e beddu lu patri..>> dicevano a palazzo. Ancumincianu le doglie. E ad un certo punto si affacciò la testa. << Ma come è sta testa….cu nu purtusiddu?>> si chiese la levatrice Filomena Stuppapurtusa. La testa ristò bloccata. Né scia né trasia. Afrodite non si lamentava. << Ama tirari..>> disse la levatrice. E si misinu a tirari.. Intanto la testa nu tanticchia scia e nu tanticchia trasia. << Comu cazzu ama fari? Strana sta testa ca trasi e nesci…>> si chiese la levatrice. Alla fine la testa, a forza di fari trasi e nesci, ittau fora del materiale. << A mia mi pari latti di brigghiu..>> disse l’assistente della levatrice. <<Ver’è>> rispose la levatrice. Afrodite da parte sua stava godendo. Quella cosa che facia avanti e indietro la mannava in estasi. Questo figlio che stava per partorire facia godere anche la mamma. Questo non era un parto. Questo era un parto fottuta. Una ficcata tra il figlio nascente e la madre partoriente. Finalmente sciu n’autru tanticchia di testa. << Minchia..>> disse la levatrice. La stessa cosa disse la sua aiutante. << Chi c’è ..>> chiese la dea. << Stu picciriddu.. pirchì masculu è .. e chi masculu per giunta.. sta nascennu di mecciu.. >> << Di mecciu?>> chiese la dea. << Sì…..>> <<Allora chissu trasi e nesci è una fottuta all’incontrario..>> << Sì..>> rispose la levatrice. Afrodite pinsò al concepimento del picciriddu e alle parole di Dioniso. “ Are pe.. Are penis.. mi sento tutto una minchia…” Forse stava generando un mostro.. nu picciriddu a forma di minchia… un bambino che avrebbe corso ruotando sulle palle… cercò di immaginarselo ma non ci riuscì. Intanto la levatrice e l’assistente acchiappanu lu mecciu e incomincianu a tirare . E finalmente lu caruso sciu. Era chiù aceddu che altro. E poi era lariu e piluso come una scimmia, a parte il culetto. La mamma appena lo vide si girau dall’altra parte e disse. << Are p. o.. Are p. o.. Are p. o..>> E svinni. << Allora lo dobbiamo chiamare Arepo..>> disse la lavatrice. << Ma scusa. Non aveva detto Priapo..>> <<Vero..>> << Senti.. chiamiamolo Priapo Arepo….>> Afrodite si svegliò. << Are p. o.. Are p. o… Non lo voglio.. datelo ai pastori…lo alleveranno loro… ne faranno un custode di scecchi e vigne.. scecchi pirchì l’avi quantu a lu sceccu già da neonato.. custode di vigne pirchì pilusu come na scimmia e lariu come uno spaventa passeri.. la simenta briaca di Dioniso fici na cosa brutta…non voglio il figlio di quell’ubriacone di Dioniso…>> E svenne di nuovo. L’unica che rise in tutto l’Olimpazzo fu Era, << La buttanazza bella si la suca.. quello che doveva essere l’erede dell’Olimpazzo è pilusu come una scimmia e ci l’avi chiù granni di lu sceccu ed è un mostro.. solo un mostro minchiuto.. mio figlio Ares deve essere l’erede .. certo, è guerrafondaio.. strarrino…a volte violento.. ma è bello e teni prestanza e possanza.. e pure presenza scenica.. che poi è il giusto e legittimo erede.. ma purtroppo mi duna dispiacerei ranni.. nun si voli maritari e fare nu eredi legittimo.. e invece diventato l’amante fisso di quella buttanazza buttanuna di Afrodite.. e idda ci avi pure cagato tanti picciriddi… ma l’erede deve essere legittimo e no figghiu di buttana.. li dia ana dari l’esempio… l’esempio a tutti.. ma soprattutto al popolo bestia..>> Zeus ci arristò assai assaissimo male. Per nipote aveva una uomo-minchia. Anzi, una scimmia- minchia. Comunque fu fatta sua volontà di Afrodite. Priapo Arepo crebbe coi pastori che gli facevano fare da guardiano a scecchi e vigne .. ma anche di campi.. case.. e lui a dire il vero faceva il guardiano anche alle mogli dei pastori.. e delle loro figlie.. già da piccolo, all’insaputa dei mariti, consolava le loro consorti.. e anche le figlie. E le pastore e le pastorelle che l’avevano cresciuto si erano divertite un mondo. Lu picciriddu non parlava e non capiva ancora ma loro sempre a giocare col piripicchio tiso. Per tutti comunque fu solo e soltanto Priapo…. << Ciolla ciollina Quanto sei bellina.. Ciolla ciollazza Quantu si rannazza.. Ciuccio ciuccetto Ci do un bacetto.. Cannolo cannolone Me lo mangio in un boccone.. Suca suchello Me lo ciuccio, tanto è bello.. Annaca annacazzu Ci l’annacu a stu cazzu.. Ci l’annacu a destra e a manca a sta cosa biddizza Finu a quannu nun si piscia pi la cuntintizza…>> Pastore e pastorelle facevano anche quello che cantavano. E Priapo si addivertiva. Soprattutto quannu si pisciava pi la cuntintizza. Fino a quando incominciò a parlare.. La prima parola che disse fu “ Sticchio..” E lo indicò pure. La seconda “ Minciazza..” E si autoindicò la sua. La prima frase fu “ Io mettere la minciazza mia nello sticchio tuo..” E la prima cantata, secondo Esiodo, fu questa: << Se vuol scopar Signor Cazzone Un chitarrone Le troverò.. Se vuol venire In quell’aiuola L’arte scoparola Le insegnerò..>> Lo accontentavano tutte. E lui, piccolo ma grande d’aceddu, accontentava le femmine alla sanfasò… ma si rifiutò di accontentare i mascoli . Sia quelli amanti dell’altrui aceddu che quelli appitittati al suo culo bellissimo.. << Non è per voi questa propaggine carnosa… è per le donne.. anzi , per la loro cosa smaniosa…>> Si rifiutò di dare il bel sederino ai mascoli che lo desideravano.. << Io posso solo dare.. e alle femmine .. dappertutto ma solo alle femmine…non ricevo e non voglio cosucce da niente dai mascoli.. dai mascoli non voglio niente.. né dare né ricevere… >> << Ma tieni il culo bello.. >> << Me lo conservo.. anzi, lo metto in palio.. lo darò all’uomo che terrà una ciolla più grande della mia…>> Tutti gli appitittati capenu ca era un gara impossibile. Non ci sarebbe mai stato un vincitore. Quella ciolla era immensa ed era un esemplare unico. Appena fu in grado di camminare Priapo curria di campagna in campagna. << Lu picciriddu cu tri iammi..>> lo chiamavano. I picciriddi lo invidiavano per quel giocattolo bello grande, le picciridde ci avrebbero sempre voluto giocare. I picciotti e i mascoli in genere lo ammiravano. << E nicu è l’avi già tanta.. quannu crisci quantu l’avrà? Beatu iddu. E’ nicu è avi la ciolla ranni, n’autri semu ranni è avemu la ciolla nica...>> Le signorine taliavano e sospiravano. << Ci l’avissi il nostro zito uno strumento accussì..>> Ma in generale tutti gli uomini lo invidiavano, e le femmine lo ammiravano. Le femmine e le ragazze di città. Perchè quelle di campagna si lo possedevano. Era o non era anche il guardiano dei loro cunni? E per evitare che una ciolla estranea trasissi nei loro cunni, la migliore cosa era farseli occupare dalla ciolla di Priapo. Un giorno successe na cosa strana. Un ladro da strapazzo trasì nella casa dove lui si trovava. E incominciò a rubare . Priapo era a letto con la padrona di casa e sentendo rumori smise il bel travaglio per andare a vedere. << Posa la robba ca tua non è, altrimenti ti ammazzo…>> << Bihhhh.. chi minchia voli stu picciutteddu tutt’aceddu…. Chi si figghiu di nu sceccu? Va.. va a pisciari ca è meglio…ca se t’acchiappo ti lu tagghiu..>> << Chi fai, testa di minchia persa che altro non sei.. tu non sai manco con chi stai parlando.. altrimenti a quest’ora ti stassitu già cacando addosso…>> << E che sei Zeus in pirsuna travestito da carusu tuttominchia?>> << Io t’ammazzo, per Zeus e i suoi zeussoni..>> E con un salto si lu misi sutta. Ci strazzau la tunica e lu attaccau comu nu pupu cu li manu darreri alla schiena. << T’ammazzo.. t’ammazzo..>> gridava Priapo. << No, no, non ti sporcare le mani pi così picca..>> disse la donna, che nuda era accorsa a taliare. Per paura che non ci succirissi nenti al picciriddu. << E allora come lo debbo punire? >> addumannò Priapo. << Io ci scassassi lu culu.. vidi chi lu teni beddu… e poi la tua arma è gia pronta pi la punizione…>> << Era pronta pirchì stava facennu trasi e nesci da lu cunnu tou..>> << E ora farà lo stesso dal culo del ladro.. i ladri vanno puniti in qualche modo.. la giustizia li metti in galera , poi ci fa il processo e quindi li condanna.. ma poi, gira e rigira, li rimetti in libertà.. e loro tornano a rubare..>> << Giustizia ingiusta.. >> disse Priapo. << Soprattutto se attruovunu un avvocato sparaminchiate.. e quasi tutti lo sono.. il ladro torna in libertà in un amen... >> << E allora?>> << E allora io lo punirei scassannici lu culu.. quello deve essere il marchio dei ladri.. culo sfunnatu con violenza da una ciolla come la tua.. e siccome di ciolle accussì ci sta solo la tua, questa forma di giusta giustizia del culo sfunnato solo tu la puoi mettere in atto.. tu devi essere il giustiziere che sfunna li cula ai ladri..>> << No, consegnatemi alla giustizia, fatemi parlare col mio avvocato..>> gridava il ladro. << Zittiti.. altrimenti ti antuppo la vucca e ti fazzu cripari soffocato oltre che culorotto..>> aggiunse Priapo. << Allora? Ci lu sfunni o no?>> chiese la fimmina. << Ma io la ciolla la passo solo alle donne..>> << Quello lo fai per il piacere.. tu alle femmine ci la intappi a picca a picca.. con passione e pititto ma anche tanta delicatezza.. tuppuli e fai pressione e piano piano.. adeguando la pressione della tua ciolla alla capacità della fimmina di ricevere, ci la infili.. sempre piano piano piano e con delicatezza.. e la fimmina presa dall’eros si apre tutta. .e tu preso del pititto ci lu infili tutto.. ed è una cosa bellissima ..chiù crisci lu pitittu chiù si allarga il pacchio chiù trasi la minchia tua.. ma ai ladri tu ci la devi sbattere in culo di botto... ci devi fare il buco del culo quanto lu lago di Munipuzos.. devono diventare dei caca caca a tempo pieno.. e questo rompere i culi, per te, caro Priapo, questo deve invece essere solo il dovere.. tu proteggi tutti dai ladri inculandoli.. al di là del sesso, dell’età o altro, tu ci rompi il culo...e vedrai che se si sparge la voce la frequenza dei furti addiminuirà.. perchè se a uno tu ci sfondi il culo con violenza quello non si ripiglia più.. diventerà un caca caca a tempo pieno.. andrà in giro con la coffa sotto il culo ….>> << Minchia ….che belle idea.. io il giustiziere, io l’inculatore dei ladri.. io il somministratore della pena con il mio pene.. la mia ciolla organo della giustizia.. della vera giustizia.. di quella che punisce e non di quella che assolve..>> disse Priapo. << No.. no.. ammazzami ma non mi sfondare il culo..>> gridò il ladro. << E invece io ti lo sfondo … ti lu fazzu chiù largo del lago di Munipuzos…>> << No.. per carità...>> << Stati zitto.. e che cazzo, ladro e pure rompicoglioni..>> Per l’incazzatura lo girò e ci mise la minchia, anzi la coppola della minchia in bocca. << Adesso stai zitto... e d’autorità..>> Il ladro era paonazzo. Stava soffocando ma Priapo era tutto preso da un attacco di logorrea. << Io.. io.. io... io.. io, la minchia delle minchie.. io, la coppola della minchia delle coppole delle minchie.. io, il protocazzo.. io, la veterominchia.. io, la minchia della giustizia...., io la minchia che somministra la giustizia.. io, in nome dell’Olimpazzo, a tia ladro, ti la sbatto in bocca e in i culo...e al ladro fimmina pure nella filazza.. io, in nome dell’Olimpazzo, ti somministro d’autorità in culo sto cazzo..>> E detto fatto. Dopo avere sciuto fora l’arma della giustizia da dove si trovava , lo mise nella giusta posizione. E di botto l’inculò. Veramente di botto. Quello gridò e svenne. Priapo invece, presa una bella cocuzza, ci la mise nel culo. Come stuppagghiu. Il ladro si arrispigliò gridando per il dolore e taliò lu diuzzu. << Che ti avevo detto? Che ti avrei fatto un culo così..>> E fici segnali cu li manu. << Io pinsava con la tua cosa?>> << Certo beddu , con la mia cosa fu... ma poi, pi turare la falla, ci misi la cocuzza. Così sarà adesso per tutti i ladri…culo sfunnatu di botto dalla ciolla mia e cocuzza pi stuppagghiu…e adesso vai pure.. che con quel culo largo cacherai alla grande..…diventerai un spargimerda vivente…>> Il ladro andò via ma non raccontò a nessuno la brutta storia che gli era capitata. Pertanto altri ladri ebbero lo stesso destino. E successe così che il giro c’era troppa gente che cacava all’improvviso.. era un continuo correre per i campi , per liberarsi.. uno scendere in campo continuo.. molti addirittura trovarono lavoro come concimatori professionisti… mangiavano e cacavano... Troppa gente col culo sdillabbriato. E la voce di Priapo giustiziere iniziò a circolare ufficialmente. Pertanto ci fu qualche fimmina che pur di ricevere la bella punizione si mise a fare la ladra. E pure i mascoli che volevano una bella mazza in culo si misero a fare i ladri. Ma la minchia delal giustizia era devastante. Finalmente ci fu un ladro che decise di rivolgersi al dottore. Si trattava di Aristide Meganos. << Dottore tengo il culo troppo largo e mi caco sempre..>> << Che sei culorotto?>> << Sì. Culorotto per incidente e non per quello che pensa lei.. >> << Io non penso niente…la mia è solo deontologia professionale.. debbo sapere la causa del problema.. per aiutare a risolvere il problema.. se il problema si può risolvere... tu tiene il culorotto e io devo sapere la causa del culorotto…>> << Ehhhh.. dottore caro… caddi da lu tettu e finii di culo sopra una cocuzza.. e la cocuzza mi cucuzzizzò…>> << Cosa? >> chiese il medico. << La cocuzza mi trasiu nel culo..>> << Ahhhh.. la cocuzza ti sodomizzò..>> << Esatto.. solo che io pensava giustamente che se Sodoma sodomizza .. la cocuzza cocuzzizza… e io cocuzzizzato fui. E da una cocuzza speciale…minchia, che cocuzza....>> << E la minchia che fa?>> chiese il dottore. << Penso che…minchizza.. ma io minchizzato non fui.>> << Vediamo il problema..>> disse il medico. Aristide si mise col culo per aria. << Per Apollo e i suoi apolloni… >> << Brutta è la cosa?>> chiese Aristide. << Pari ca ti l’avi ruttu nu sceccu o qualcuno ca la teni quantu a lu sceccu.. come quel picciriddu ca sta facennu godere le pastore e le pastorelle dell’intera campagna di Munipuzos… Priapo mi pari ca si ciama…ma quello la duna solo alle femmine…qua mi pare che tu si la sei fatta mettiri in culo da uno scecco..>> puntualizzò il medico << Senta…. Non fui scicchizzato.. fui solo cocuzzizzato…Fu una cocuzza.. e che cazzo.. solo una cocuzza e non una ciolla di scecco o di picciriddu cazzutu…>>. <<Ci sta la soluzione comunque .. purtroppo nun ci sta na fonte come chidda unni li dia si abbagnano e arridiventano vergini…quindi, niente bagno in una fonte miracolosa che fa stringiri li cula troppo larghi...la fonte di Cunnanapo mi pare che si ciami…ma se quella ci sta, non ci sta la fonte di Culalapo.. unni li cula rutti si stringiunu automaticamente… posiamo solo cusiri il culo e farlo di nuovo stretto… con del filo di ferro…>> << Minchia.. Facciamolo subito.. e chi minchia..>> E il dottore ci cusiu lu culu. Trenta punti ci desi.. Dopo Aristide furono in tanti quelli che si fecero cusiri il portuso del culo. E alla fine venne fuori che il colpevole di tutti quei culi rotti era Priapo. Sfondava i culi dei ladri con la sua ciolla e poi tappava la falla con una cocuzza. Priapo prima inculava, poi incocuzzava . Nella zona cessarono i furti di cose e bestiame. La storiella fici il giro della trinacria e alla fine venne fuori la moda di mettere una statuetta di legno di Priapo a protezione delle case, dei campi, della mandrie.. Priapo divenne pertanto il dio protettore dei campi… dei greggi.. delle case.. e di quello che nelle case c’era... compresi i cunna di fimmineddi ranni e nichi.. a parte i mariti, quei cunni li poteva usare solo lui.. Ed era ancora un picciriddu ma la sua ciolla addivintò ufficialmente la ciolla della giustizia.. la ciolla dell’ordine e della disciplina.. Pare che dopo ogni uso della ciolla come arma della giustizia il grande e sommo dio Priapo cantasse: << Se giustizia non si può col fallo mio Di proprietà e d’imenei, speranze addio.. Non più di fiori vaghe catene.. Discende il mio pene sul tuo culo da incular..>> Il sommo poeta Mhassymylyano da Munipuzos la celebrò nel Carmen XIV. << Commisso mihi non satis modestas Quicunque attulerit manus agello…. Chiunque toccherà senza pudore il campiello a me dato in custodia, questi si accorgerà che io non sono un eunuco. Forse penserà queste cose tra sé: “ Nessuno saprà che qui tra questi arbusti, in un luogo appartato, io sono stato inculato”, ma si sbaglia. Questa cosa sarà fatta da grandi testicoli.>> E infatti tutti sapevano che i culi rotti che c’erano in giro erano opera di Priapo. Tutti gli onesti lo osannavano. << Viva Priapo e la sua minnitta.. che rompe il culo alla gente maliritta.. cu la so minchia ranni e putenti iddu proteggi tutta la brava genti…>> La frase più bella la disse Agaminkione: << La minchia di Priapo è il nostro paracqua contro la mala gente..>> I disonesti lo temevano . << Stamu attenti a unni iemu a rubari.. se cu lu culu apiertu nun ni vuliemu attruvari…>> dicevano tra loro. Oramai culorotto era sinonimo di ladro, malommino, delinquente, disonesto e simili. Ancora una volta Mhassymylyano da Munipuzos celebrò l’evento. Nel Carmen XXXV. << Paedicabere , fur, semel; sed idem Si praesens fueris bis, irrumabo. Quod si tertia furta molieris; ut poenam patiare et hanc et illam, paedicaberis irrumaberisque … O ladro, per la prima volta ti inculerò, ma poi se ti prenderò di nuovo, in bocca te lo metterò. Che se tramerai altri furti per la terza volta, perché tu non venga meno né a questa né all’altra pena, non solo ti inculerò, ma anche te lo metterò in bocca..>> Tutti pregavano e onoravano Priapo. Tutti lo invocavano. << Proteggici e dacci riparo sotto la tua divina propaggine…>> era la frase più usata. Tra i suoi epiteti più belli kerykeionphallus e nomioscunnus, la “ minchia bastone” e il “ pascolatore del pacchio”. Accussì incominciò la carriera del dio minchiuto. Da presunto erede di Zeus si attruvò a fare l’inculatore dei ladri oltre all’antifurto di case , giardini e .. cunni... Quest’ultima funzione era particolarmente gradita dalle donne... << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere fottendo alla sanfasò e avere una minchia come quella di Priapo, a che minchia serve vivere e avere una megaminchia se poi non la fai lavorare a tempo pieno? >> era la variante, dedicata a Priapo, della domanda per cui era famoso il filosofo Socratino da Munipuzos. Homerino scrisse il poema Theophallus, Mhassymylyano il Carmen Priapeum est e lo scrittore Santhokriso il romanzo Cent’anni cu la minchia di Priapo. . Elena , la prima buttana di lu munnu ma anche lu più bellu cunnu E fu correndo appresso a Leto nel bosco di Mynkyalonya che Zeus conobbe Leda e ci appitittò.. La vide nuda nel lago di Munipuzos che giocava con i suoi animali preferiti .. i cigni… cigni bianchi e col collo lunghissimo ci firriavano attorno e ci si strusciavano contro…soprattutto ci piazzavano il lungo collo tra le minne o tra le cosce.. e lei godeva di quell’intimità tra il suo corpo e il collo dei cigni.. il collo del cigno diventava ua sorta di fallo elastico , capace di arrampicarsi e circumnavigare quel corpo bellissimo.. un fallo acrobata.. un fallo contorsionista era quel collo.. un fallo dalle molteplici e infinite possibilità espressive, funzionale e altro.. E Zeus in un attimo mannau a fari in culo a Leto e si trasformau in un Cigno con intenzione fottitorie… e sbarazzatosi degli altri cigni si ingegnau in un duetto d’amore come mai se n’erano visti…. Ci mittia il collo tra le tette ma ci pizzicava li capiccia.. ci circondava ora na mina ora n’autra.. si ci ficcava tra li cosci da dietro e cu lu beccu ci arriminava li pila mentre col collo ci allisciava il cunno.. ma poi ritraendosi col becco ci lu pizzicava.. prima lu mussu nicu, poi chiddu ranni e infine na beccata a lu clitoride e poi di nuovo la storia incominciava e lei godeva alla sanfasò.. intanto al Cigno, in mezzo alle penne , la minchia ci avia addivintata na bestia.. Leda a forza di godere arretrava verso la spiaggia.. è là si distese e diede via libera a questo Cigno che tanto la faceva godere.. pinsava Leda che quello ci avissa prima o poi ficcato testa e coddu dintra il pacchio. Chiuse gli occhi e aspettò.. ma non trasiu il collo.. trasiu l’aceddu di Zeus ca fatto Cigno s’era.. e la inseminò di simenta divina a iosa.. alla sanfasò… Leda infatti non partorì nu picciriddu ma un uovo.. Zeus nel sogno ci ordinò di curarlo fino alla fine, perchè quell’uovo conteneva la sua bella figlia Elena.. << Da quell’uovo verrà fuori il più bel pacchio dell’orbe intero… perchè quella è mia figlia e tu sei sua madre… io la siminai ch’ero un Cigno.. per questo nascerà in questo modo….>> << Minchia…apposta gudii assai.. era la ciolla del capodio che mi inciollava..>> disse Leda. La donna curò l’uovo. Lo vide crescere e infine sentì che qualcuno tuppuliava… << Apritemi, che accupu.. mi manca l’aria…>> diceva una vocina di picciridda. Leda desi na manata all’uovo e pigliò quella sua picciridda bellissima in braccio. << Bella di mamma tua…>> disse felice e contenta per quella nascita eccezionale. La picciridda per tutta risposta allargò le coscette e fici pipì. << Minchia che pacchietto…>> disse Leda. Il pacchietto di Elena emanava una strana luce. Abbagliava .. paria una sorgente luminosa.. certo, era figlia di Zeus.. a la figlia del capodio non poteva avere un pacchio normale.. lo taliò a lungo e ci vide la storia.. una storia erica.. tragica.. epica.. poetica.. ma ci vide la storia e fors’anche il mito.. la fica di Elena sarebbe stata celebrata da sommi poeti e per lei ne sarebbero successe di tutti colori.. << Questa carusa farà storia col pacchio.. re e eroi si lo contenderanno.. sono contenta di aver fatto una figlia con queste caratteristiche, la storia non si scrive solo con le spade e le ciolle.. le spade e le ciolle sono solo simboli fallici.. e i simboli fallici devono sottomettersi ai desideri del pacchio, la vera storia la scriveranno le fiche.. e la fica di Elena sarà una di queste.>> disse la mamma continuando a taliare quel pacchietto che ancora pisciava. << Fica allucinogena sarai per tutti i cirivedda e gli aceddi masculini..>> << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere sognare un pacchio come quello di Elena e avere una minchia da infilarci, a che minchia serve vivere solo sognando il pacchio di Elena e non provarci a infilare la minchia?>> era la variante, dedicata ad Elena, della domanda per cui era famoso il filosofo Socratino da Munipuzos Homerino scrisse Kalli Elena, Mhassymylyano il Carmen Meretrix magna e lo scrittore Santhokriso il romanzo Cent’anni con la buttana di Elena. Efesto, il grande cornuto al forno Era, sentendosi bella e bona e brava mentre giudicava il marito lario, brutto e delinquentello oltre che buttaniere specializzato, addecise di farsi un figlio da sola. Per partenogenesi praticamente. Rifiutò sia la collaborazione di Zeus che di altri mascoli olimpici e terrestri che si offrivano di collaborare col corpo e con lo spirito. Ma soprattutto con la minchia << Figlio mio deve essere, senza intervento di aceddu alcuno..>> precisò Era. Disse na formuletta magica e restò incinta in automatico. Passato il tempo canonico partorì Efesto. Lo partorì nel modo tradizionale. Ma quello in ogni caso era un figlio suo. Solo suo.. Anche se a dire il vero circolarono voci assai strane… << Era s’incunnò tizio.. caio.. sempronio.. si catafuttiu chiddu.. l’autru.. e cosi via..>> Tutti volevano dare un padre a Efesto. In fondo una volta Zeus, per metterla alla prova, aveva autorizzato personalmente il gigante Porfirione Mentulamagna a cercare di sedurla. E quannu quello , approfittando del fatto che la capadia si era addormentata ,ci la stava sunannu, Zeus lo folgorò. Pure Efialte circò di sedurre Era, ma nel tentativo erotico ed eroico cripò. Ma quello che è rimasto un mistero sono le parole che Era una volta confidò alla sorella Estia. Questo il dialogo secondo Esiodo da Munipuzos. Estia chiese alla sorella; << Ma come pisello è questa storia di Efesto? Di chi è figlio stu picciriddu. >> << Di Outis..>> << Bazzecole.. quisquilie.. un padre dev’esserci..>> << Outis.. non è figlio di Zeus lui… nessuno dei miei figli è figlio di Zeus…>> << Corbezzolini e corbezzoloni…nessuno.. Outis..>> disse la casta dea. << Nessuno.. Nessuno.. Nessuno.. Outis.. Outis.. Outis..>> << E allura di chi sono figli?>> chiese Estia. << Di mia stissa.. Io ho inventato la partenogenesi.. genesi.. nascita da una vergine? << E la vergine chi saresti, tu? >> rise quella. << Io.>> << Vergine di occhi… forse?>> << Stupida.. partenogenesi significa senza intervento maschile.. senza simenta.. senza latti di brigghiu.. senza sculu di cugghiuna..>> << Senza pisello.. insomma?>> chiese Estia. << Sì..>> << Minchia..>> ci scappò a Estia. Era la prima volta che diceva la parola “ Minchia.” E ci pigliò gusto. Alla minchia come parola e non come intuppapurtusu e sfunnapurtuni. << Minchia.. minchia.. minchia.. Quindi Zeus non ha discendenti legittimi?>> << No.. solo figli di buttana alla sanfasò… e pari ca un figlio di buttana ben preciso. O forse un suo nipote, sempre figlio di buttana , iddu lu voli fari suo erede universale.. così si spettogolia...>> << Minchia.. va bene che il mondo è in mano a tanti figli di buttana.. ma ca il capodio sia pure iddu un figlio di buttana mi pari eccessivo..>> << Io invece complotterò affinché Ares il bello addiventi l’erede…>> << Ma se non è figlio di Zeus?>> << Non lo è. M lui pensa di sì....>> Estia pinsò a lungo a quelle parole. <<Ares.. Ilizia .. Ebe ..Eris.. Efesto.. possibile che di cinque figli nessuno sia di Zeus.. cinque figli solo di una madre.. cinque figli e nessuno di Zeus..>> E un giorno tornò alla carica. << Ma dimmi, Efesto per partenogenesi.. e gli altri?>> << Ebe cu na lattuga.. mi infilai lì un testa di lattuga.. chi piaciri.. la lattuga frisca è.. e mi arrifriscau lu cunnu... anche pirchì il mio cunno è vegetariano..>> << E Ares ? >> << Nu citrolo.. nu beddi citrolo tisu..>> << E Ilizia?>> << Na cocuzza.. anzi, na cucuzzedda baffa...>> << E Eris?>> << Nu casco di banane..>> << Nu casco? Non bastava una?>> << Una mi l’ero infilata ma non era successo niente, allora m’infilai il casco intero. E a dire il vero mi fici anche mali.. all’inizio.. poi il piaciri fu immenso.. però, alla fine nasciu Eris..>> << Ahhhh..>> << E per Efesto, per non soffrire chiù, inventai la partenogenesi?>> << Non soffristi ma neanche godisti..>> << Babba... godii.. godii assai assai assaissimo.. perché la partenogenesi alla Era non è la partenogenesi degli altri.. >> << E com’è? >> chiese Estia , la casta dal cunno sano. << La partenogenesi alla Era è una futtitina con una minchia speciale.. una minchia che tu puoi fare della misura che voi.. una minchia senza cugghiuna.. una minchia ca nun piscia latti di brigghiu..>> << Minchiati.. una minchia senza palli e senza proprietario.. nu Sosia insomma..>> << No.. non un Sosia... un Sosia è materiale .. è corporeo.. è reale.. >> << E la minchia che usi tu, com’è?>> << Immateriale,.. incorporea.. è una minchia fatta d’aria.. una minchia aerea.. una minchia gassosa.. una minchia che t’imminchia senza i problemi della minchia.. e intanto che lei m’imminchia in , dintra di mia, realizzo il grande miracolo della partenogenesi..>> << Mi la vuoi spiegare chi minchia è? Io sono babba e ignorante specializzata .. Spieghimillu per favore.>> << Tu sai che noi abbiamo dintra la panza nu uviceddu ca la simenta masculina fa vunciari lentamente.. il mascolo ci futti e strafutti e piscia dentro il nostro cesso personale.. la simenta pigghia l’acchianata di la scalunata ca porta all’uviceddu.. all’uviceddu beddu e virgineddu.... e si futti e strafutti l’uviceddu.. nove mesi ci vonu pi fari nasciri il frutto dell’uviceddu e di lu latti di brigghiu..… io invece fazzu fari alla mia panza due uvicedda contemporaneamente.. due uvicedda ca si futtunu e strafuttunu a vicenda.. a vicenda contemporaneamente.. e da chistu scontru nasci poi chiddu ca nasci.. il primo esperimento mi è venuto nu tanticchia ammaliamenti visto ca Efesto è lariu e sciancato. Ma con gli altri è andata meglio.. molto meglio..>> << Ahhhh… e allora a che serve la minchia d’aria?>> disse Estia. << Per farmi godere come e quanto voglio io..>> Pinsannu alla partenogenesi Estia si ricordò di uno scandalo successo nell’Olimpazzo. Si ricordo di Issione che aveva corteggiato alla grande Era con un solo scopo. Fare cornuto Zeus. Perchè Era manco gli piaceva , ma siccome il capodio si era insasizzato sua moglie Dia lui voleva insasizzare Era. Issione si era maritato con Dia in quattro e quattrotto. Il padre di Dia, Dioneo, si rese conto che la picciotta era incinta.. e circau di darla al primo pezzo grosso che circava moglie. E siccome Issione circava moglie, gliela diede, garantendo personalmente sulla sua vita, sulla verginità della figlia.. Ed Dia era vergine.. vergine ma incinta di Zeus. E dopo solo sette mesi ci cagò a Issione un figlio, Piritoo, che in realtà era figlio di Zeus.. ma la carusa però era stata sverginata dal marito.. Saputa la facenna Issione invitò il suocero Dioneo per la minnitta numero uno. Lo portò nella sala del trono e lo fece assittari su un trono accanto al suo. Poi, tirando una leva , lo fece precipitare in un pozzo cinu di carboni ardenti e lo ridusse in cenere.. E intanto che quello bruciava ci disse: << Stu puzzu è come il pacchio di tua figlia .. vergine ma con la sorpresa… >> Poi passò alla minnitta numero due. Mettere le corna a Zeus. Corteggiò a lungo Era, e tanto fici e sfici, che quella , che in testa portava un corname unico nell’universo, ci dissi “ Sì “. E ci desi appuntamento per una certa sera , nella sua camera da letto matrimoniale, visto che Zeus quella particolare sera tinia un appuntamento con Danae dintra una torre. Ma Zeus, da buon capodio , sapia tutto e il contrario di tutto. Pertanto ritardo la partenza pi la terra e decise di taliarsi lu spettacolo. Con l’intenzione di fermarlo al punto giusto. Era si abbandonò a Issione. Ci contò che il maritò la tradiva alla sanfasò.. che addirittura la tradiva con un mascolo.. preferiva il culo di Ganimede al suo.. << Sai.. si è fatto un coppiere ca più che altro è un culiere.. più che una coppa di Divino Oinos il caruso ci offre il suo culo come coppa per il Theofhallus..>> << Zeus culattone.. >> disse quello levando la tunica alla dea. << Buttaniere e culattone… culattone che duna però..>> << Chi duna, prima o poi piglia..>> rispose Issione mittennisi a nura. << Bello sei.. bello e giovane.. invece Zeus teni la panza..>> << Anche tu sei bella.. tieni du minni ca su ’nzuccherati..>> disse Issione attaccannu a sucare li capiccia. << Na li tuoi ci sta lu meli.>> rispose la dea ricambiando il favore. Issione scinniu al pacchio con la sua lingua saettante come non mai. Doveva fare bella figura. E infatti la dia gudiu assai << Ancora.. allicca.. allicca.. allicca..>> diceva. Ma Issione voleva concludere. E mittiriccilla nel pacchio per seminare la sua simenta nell’orto personale di Zeus. << Aspetta.. fammi assaggiare la ciolla terrestre..>> disse Era. La dia si ammuccò la ciolla di Issione e ci la stava scippannu a morsi. Si la stava spurpannu tutta, proprio come una cagna fa con l’osso. Era era in crisi di astinenza. Ma lui doveva ficcargliela là. Là doveva venire il più assai possibile, per portare a termine la sua minnitta numero due. Si la mise di sutta e partiu al massimo. Ma proprio quannu ci la stava per ficcare successe qualcosa. La cappella si attruvava già davanti alla porta del piacere che era caldissima. La coppola della minchia trasmise una sensazione inspiegabile a tutto il corpo di Issione. << Minchia, chi funnacella caura…chissà cosa ci sta dentro. andiamo a vedere, anzi a sentire… esploriamo la fica della capadia..>> pinsò l’uomo. E si preparau a trasiri quannu invece dalla finestra trasiu all’improvviso tanta nebbia. Per un attimo Issione non vide Era e la dia non vide l’amante. Per un attimo nun si capiu nenti. Per un attimo Issione si intisi perso nel vuoto. Per un attimo non sentì la femmina sotto di lui.. non senti i capiccia di lei contro il suo petto, e soprattutto non sentì più con la coppola della sua minchia la filazza che prima toccava. Filazza calda e smaniosa ma adesso la sua coppola della minchia non la sentiva più.. ma la sua minchia restava però calda e smaniosa di trasiri. Per una attimo ci parse di abbracciare il vuoto e di stare per fottere il nulla. Per un attimo.. per un attimo solamente.. perché la nebbia si dissolse e Era stava sempre sotto di lui, più bella e disponibile che mai. Fu allora che Issione diede la botta definitiva e la sua ciolla inciollò la dea. Durò assai quel focoso amplesso e il pacchio della dea fu innaffiato e controinnaffiato alla sanfasò. Proprio allora entrò Zeus, tutto risolente. << Minchia..>> pinsò Issione. E si intisi perso. Restò come paralizzato, con la ciolla tisa dintra il pacchio della capadia. E lo stesso successe a Era. << Coglione e testicolo allo stesso tempo.. talmente coglione che non capisci se stai fottendo una femmina o il nulla…>> A quelle parole la Era che stava sotto di lui si dileguò.. si dissolse in una nuvola di nebbia.. e Issione restò con la minchia tisa che fotteva.. che fotteva il nulla.. << Quella non era Era .. quella era Nefile.. una nuvola.. e adesso è incinta.. coglione e testicolo che metti incinte le nuvole.. e sai che le nuvole partoriscono subito..>> Issione era muto e paralizzato. Di ciriveddu d’aceddu. La nuvola invece si riformò, poi iniziò a ridissolvesi e alla fine lassò su letto il nascituro. Solo che questo non era né uomo né armaro Era mezzo uomo e mezzo cavallo. Uomo dal biddicu in su e cavallo dal biddicu in giù, Issione si intisi perso. Capì che era la fine. << Adesso tu finirai nel Tartaro..>> << Posso sapere umilmente quale sarà la mia condanna? >> chiese Issione. << Certo.. la cunnanna è pubblica.. non ci sono segreti e bugie. Chi ti pari ca semu a Pattuallopolis? Io, Zeus, mi consento di mannariti per sempre nel Tartaro.. starai legato a una ruota che girerà sempre su sé stessa… mentre la tua ciolla perennemente tisa toccherà na fica con le stesse caratteristiche di quella di Era. La sentirai. Sentirai quel caldo.. ma non potrai mai e poi mai penetrarla ... “taliare e non avere” sarà il tuo destino.. la tua condanna per i tempi che verranno… nei secoli dei secoli.. fino a quando Zeus sarà Zeus..>> << Ma almeno potrò venire?>> << Neanche quello..>> Estia penso a quello scandalo e si convinse che forse Era si l’era fatta insasizzare veramente, e che la storia della nuvola era tutta una messa in scena per salvare l’onore del capodio.. Per lei Zeus era cornuto ed Era buttana era. Ma la versione ufficiale diceva altro. L’onore di Zeus e di Era era salvo. Ma la storiella si diffuse sia nell’Olimpazzo che sulla terra ed Era fu costretta a spiegare a tutti cos’era la partenogenesi. E lo spiegò a tutti cos’era . Incazzata ma lo spiegò. << Non mi rompete la coppola della minchia che non tengo altrimenti vi faccio cagare a tutti un figlio.. a tutti per partenogenesi.. a tutti vuol dire a tutti.. mascoli e fimmini.. picciriddi e vecchi.. a li fimmini ci lu fazzu sciri da posto canonico ma ai mascoli ci lu fazzu sciri dal culo.. e sapete, sunu cazzi superamari.. Quindi smettetela, altrimenti sarete tutti incinti.. per volontà del mio santo spirito fecondatore che sotto forma di aceddu in un amen v’incinterà tutti.. uomini e donne.. tutti..>> Fu così che smisero di curtigghiari. Pubblicamente. Mentre in privato curtigghiano a iosa. Tutti volevano dare un padre al picciriddu, tutti erano convinti che Zeus tinia li corna .. ma tutti volevano sapere chi è che ci li avia fatto veramente. Comunque stu carusu a cui fu dato il nome di Efesto ci vinni lario e zoppo . E dopo un po’ Era, visto che il caruso non migliorava d’aspetto, gli diede un calcio e lo buttò a mare. Qualcuno lo salvò e il picciotto imparò l’arte del firraro. Fu al servizio di Ciccio Ferruzzo che apprese la capacità di lavorare i metalli. E poi, essendo intelligente, perfezionò la tecnica. Era si lario, bruttu e sciancatu ma anche intelligente e sensibile.. Ci mancava la mamma. << La buttanazza senza cori ma sulu sticchiu affamatu..>> la chiamava affettuosamente. Era ancora picciuttazzu scassacazzu quannu costruì un trono d’oro per quella buttanazza della madre e ci lo spedì in regalo. Quella ci si assettò subito ma non riuscì più ad alzarsi. Il culo s’avia incollato alla sedia. << Suca mamma… comu mi l’haia sucatu iu.. a mia mi ittasti fora dall’Olimpazzo cu nu cauci in culo.. e io a tia ti attaccai pi sempre lu culu a lu tronu.. suca mamma bedda…mi rifiutasti e io t’incatenai..>> Si sviluppò allora una fitta rette diplomatica per convincere Efesto a scollare il culo della madre dal trono d’oro. << No.. mancu pi li cazzu di Zeus o per i suoi zeussoni…>> rispondeva sempre Efesto. Ma una mattina disse “ Sì “ prima ancora che i messaggeri olimpici parlassero. << Sì?>> risposero quelli. << Sì….>> << E allora liberala.. scolla il divino culo dal trono..>> << Subito.. ma alle mie condizioni..>> << Minchia.. e quali sono?>> dissero all’unisono Apollo e Artemide che erano i mediatori. << Primo: voglio essere riammesso nell’Olimpazzo… Secondo: voglio l’ Etna come officina e i Ciclopi come aiutanti.. Terzo: voglio Afrodite come moglie… Quarto : voglio fare una domanda a mia madre e idda mi deve dare una risposta… qualunque sia ma mi la deve dare…mi deve togliere questa curiosità.. magari con una menzogna, ma mi deve arrispondere..>> << Minchiaaaa……minchiunaaaa… minchiazzaaaa….. minchiazzunaaaa… >> dissero fratello e sorella. Zeus accettò subito le prime due condizioni. Le altre due non dipendevano da lui. Lui poteva impegnarsi come “ convincitore ufficiale “, ma non poteva fare di più. Su certe cose non ci piacia dire “ mi consento o mi autoconsento” . Pertanto Zeus faticò a convincere Afrodite. Quella era il piacere fatto carne e non voleva marito ma amanti dalla bella ciolla. E possibilmente belli anche nel resto. Alla fine comunque Zeus ci riuscì dicendole: << Sarà marito pupo.. io ti autorizzo a farti tutti gli amanti che vuoi…compreso il sottoscritto.. tanto per dire.. tu lo sai che io ti voglio bene .. per questo ti ho adottato.. per volerti bene.. come una figlia però…se non ti avessi adottato però.. ma siccome ti adottai lungi da me qualsiasi tentazione…però.. >> << Però.. paparino bello.. vai giro che ci sta tanto posto per ficcare l’uccello…>> << Mai dire mai…>> pensò Zeus. Zeus sapeva che un giorno Afrodite avrebbe avuto il suo Sosia, e che lo avrebbe usato nel modo canonico.. lui avrebbe preferito darle l’originale.. in fondo non era sua figlia… lo era solo adottiva.. a parte il fatto che nell’Olimpazzo la parentela non contava niente… e dal Sosia prima o poi si poteva sempre passare in un fiat all’originale… << Accetto…>> disse Afrodite << ma continuerò a farmi chi vorrò come ho già fatto.. e a tia continuerò a dirti di no…paparino adottivo mio bello … >> La quarta condizione era nelle mani di Era. << Sì.. fatelo venire che risponderò...>> disse la capadia. Intanto la bella Afrodite, che era la più bella dell’Olimpazzo, si maritò lo sciancato Efesto. Ma Efesto non raccolse le primizie d’amore. Non esistevano da tempo immemorabile.. a parte che Afrodite avia un amico fisso.. il dio Ares, nel suo piccolo itifallico anche lui..… per il resto, quando c’era da cunnomentulamachiare lei cunnomentulamachiava con grande , immenso e infinito piacere della sua muni e del fallo altrui.. Comunque, con lo sciancato ci fece delle belle ficcate. Ma Ares era Ares ..unico figlio ufficiale di Zeus e di Era.. bello e sempre armato per fare la guerra .. armato di armi ferrose per scannare gli uomini.. armato di minchia tisa per fare stragi di cunna.. Ed era da quannu era picciotto che si l’intendeva con Afrodite… ma tra una ficcata e l’altra ognuno ficcava con chi voleva o capitava.. se l’intendevano bene ma in piena libertà potevano intendersela con altri… Ares , per esempio, ebbe una figlia di nome Alcippa dalla bella mortale Cecrope, ma la bella ingrifava il figlio di Poseidone Alirrozio che sull’acropoli la violentò.. Ares, ipso facto, uccise il cugino.. e lì, sul posto del cuginicidio, Ares fu processato e assolto.. quel posto addivintò L’Areopago. Ma Afrodite era e restava il suo pacchio preferito. << Sai, bello ciollone mio, che mi vogliono fare maritare con Efesto….>> disse intanto che cavalcava l’amato. << E tu mandali tutti a fare in culo….>> << Invece ho accettato…>> << E io allora che fine farò? >> chiese il dio fermandosi. << Stronzone mio bello.. continua ad inciollarmi… che tanto continuerai ad inciollarmi ancora.. il mio matrimonio non m’impedirà di scopare a destra e a manca.. e naturalmente cu tia.. che comunque sei libero d’inciollare anche altrove..>> Ares rise e riprese il lavoro d’inciullazione. Quella notte incollarono Armonia. Perchè l’armonia fottitoria di quella notte fu meravigliosa… << Mi sento in paradiso.. anche se il paradiso è della concorrenza ..>> disse Ares. << Io mi sento nei campi Elisi.. o meglio , nei Campi Afroditici.. perchè i miei campi tu li hai zappuliati e siminati che è una meraviglia..>> La notte del matrimonio Efesto e Afrodite si addivertirono .. e lei per fare un piacere al marito si bagnò nella magica fonte che ridava la verginità.. non si sa che numero portasse questa verginità ritrovata.. sta di fatto che Efesto sverginau la moglie… Finalmente Efesto, dopo il matrimonio, fu riammesso nell’Olimpazzo e portato davanti alla mamma. << Liberami..>> chiese lei. << Certo.. ma voglio una risposta.. >> << Se posso?>> << Puoi perché tu sai..>> << Se so, dirò.>> << Di chi sono figlio?>> << Mio.. sei solo mio..>> << Non può essere.. ci sta chi ha per padre una lattuga, chi una cocuzza, chi un casco intero di banane.. io chi debbo chiamare padre..>> << A mia.. io sono tua madre e tuo padre.. insieme e contemporaneamente fici la parte masculina e fimminina per fare a tia..>> << Minchiati.. chi ti ficcasti dintra il portuso? Un dito? Una mano? Dimmi come facisti? Anzi, dimmi con chi mi facisti? Voglio sapere chi è mio padre.. chi fu il proprietario della ciolla che t’inciollò per fare a mia? >> << Io.. io che inventai la partenogenesi…>> E ci la spiegau in tanti modi ma quello non recepì il discorso. << Nascii sfortunato. Assai…assaissimo.. figlio di minchia anonima sono.... maritato a una buttana.. cornuto anche per opera del mio fratellastro Ares.. >> Alla fine Era capi che doveva dare un nome. Magari falso. Ma dariccillo. Altrimenti restava col culo attaccato a quel trono. << Tuo padre si ciama Issione…>> << Ohhhh.. finalmente.. e io che lo sapevo.. grazie mamma.... grazie mammina bellissima..>> E in un fiat la liberò. Zeus rise alla sfasò. Anche altri dei risero. La stessa Era rise. Solo Efesto non rise e non capì niente. Era solo e soltanto contento perché suo padre aveva un nome. << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere e avere una minchia ardente come Efesto, a che minchia serve vivere con una moglie partaimmi come Afrodite e avere una minchia ardente da infilarci partaimmi perché quel cunno e solo e soltanto partaimmi?>> era la variante, dedicata a Efesto, della domanda per cui era famoso il filosofo Socratino da Munipuzos. Homerino scrisse il poema Il megacornuto, Mhassymylyano il Carmen Efesto cornu e lo scrittore Santhokriso il romanzo Cent’anni di corna col cornuto di Efesto. . Pallade, la vergine acida Zeus s’avia mangiato la prima moglie incinta. Ma non l’avia digerita bene. O meglio, digiriu la moglie ma non quello che la signora teneva nella panza . Perchè Meti, stanca della minchia del marito, dintra il pacchio s’era messa un capsula di metallo. E Zeus, pigliato dal raptus erotico, senza accorgersene, futtia in una fica non di carne ma di metallo. E con quel metallo la picciridda ca iu criscennu si fici una bella armatura tutta completa, da la testa a li peri. Pertanto Zeus nun riuscì a completarne la digestione. Anzi, ci vinni un forte mal di testa, così forte che si ia sbattennu la cocuzza mura mura.. << M’ammazzu… m’ammazzu… e chi cazzu.. per Zeus e i suoi stessi zeussoni.. mi sto autoscassando la coppola della minchia.. mi sto autoscoppiando li baddi.. mi sto autoinacidendo lu latti di brigghiu.. se putissi mi ammazzassi.. mi ittassi da na finestra dell’Olimpazzo.. minchia chi mali di testa…buttana di chidda super buttana di chidda buttanazza super buttanissima ranni rannazza e iarrusuna sucaminchiazza di la troia troiazza troissima di Luiginacunnorumaamorosorumaculorumagioiorum Crisostomadeuterocrisostomacrisopacchiorum di li setti cazzi di Munipuzos.. e che cazzo…mi ammazzo.. aiuto… aiuto.. aiuto.. aiutate a Zeus… che deve partorire… >> Quannu ci avia un piccolo malessere a Zeus ci pigghiava un firticchio grosso assai e minacciava sempre di ammazzarsi.. ma non poteva, essendo immortale. E allora santiava contro sé stesso e contro quella zoccola della sacerdotessa più zoccoleggiante di tutte le zoccole, Luiginacunnorumaamorosorumaculorumagioiorum Crisostomadeuterocrisostomacrisopacchiorum Poi Zeus si rendeva conto dell’impossibilità della cosa. Era immortale. << Chiamate Asclepio….per Asclepio e i suoi asclepioni…di cursa, portatelo qua.. ditegli che è una emergenza del capodio.. di cursa, ca tuttu lu latti di brigghiu mi sta addivintannu iacitu…devo partorire dalla panza… ma mi fa male la capa.. che male che ho alla mia capa di capodio..>> Il dottore curriu. Col suo carro di pronto soccorso guidato da 118 cavalli di prima qualità. Tutti bianchi, come il camice dei dottori del futuro.. vi potrei dire i nome dei cavalli.. di tutti e centodiciotto.. Cardiologia, Biologia, Neurologia, Sessuologia, Immunologia, Endocrinologia, Istologia, Andrologia, Farmacologia, Ematologia, Epidemiologia, Urologia, Osteologia, Tossicologia, Ginecologia, Coglionologia, Cazzologia, Minchiologia…. E siamo a diciotto… Ma penso di averti, o lettore bello, già scassato i coglioni se mascolo sei, oppure le ovaie se femmina.. Quindi vado avanti per la mia storia… e lascio stare gli altri cento nomi.. Arrivò dunque Asclepio. << Zeus beddu.. vasamu li manu e l’aceddu…>> disse Asclepio in tono ironico e si scoppolò la coppola dalla testa. << Nun fari lu strunzu..>> << Zeus.. unni minchia stai mali.. dimmillu ca ti lu fazzu passari.>> << Mi fa mali lu ciriveddu.>> << Ti fa mali l’aceddu? >> << No.. mi fa mali lu ciriveddu.. sugnu incintu.. fa sciri sta cazzu di mo figghia ca mi arristau dintra la panza…malirittu a mia e a quannu mi ammuccai la mia prima moglie.. intanto però mi fa mali la testa.. minchia se mi fa mali .. alla faccia di chidda buttana della sacerdotessa Luiginacunnorumaamorosorumaculorumagioiorum Crisostomadeuterocrisostomacrisopacchiorum..>> << E leviti sta minchia di coppola.. e non mi nominare più quella buttana che si fa prima a ficcariccilla che a dire il suo nome..>> Asclepio osservò il capo del capodio. << Teni na cosa a forma di neonato dintra la testa ca voli sciri.. Appena nesci la cosa lu male di testa devi finiri..>> << Falla sciri.. iu pinsava ca stava na la panza invece idda si ni iu na la testa..>> << Non posso.. ci voli l’accetta..>> << A cui l’ama dire? >> chiese Zeus. << Chiamiamo Efesto. >> Il dio Efesto curriu subito. Si mise in direzione del cratere centrale , fece andare sotto pressione l’Etna e in un amen fu scaraventato nell’Olimpazzo…con le conseguenze tipiche di questa chiamate d’emergenza.. una bella e catastrofica eruzione … la colata raggiunse il mare... la cenere copri molti paesini... su Munipuzos e Purceddopolis ni cariu mezzo priapometro... sui paesi del futuro Pattuallopolis un priapometro sano sano sano.. Efesto fu subito nell’Olimpazzo . E visto che doveva a Zeus la bella moglie, e naturalmente anche le corna, pigliau subitu l’accetta e ci desi un colpo micidiale . Un colpo dato con amore e con odio...E dalla capa del capodio sciu, tutta bell’e armata di tutto punto, Pallade Atena. << Ecco pirchì mi facia mali.. la picciridda era gia armata…buttana di la sacerdotessa Lu..>> << Nun diri lu nomi ca porta sfiga…>> dissero Asclepio e Efesto tuccannisi i santissimi. << Semu unu a unu..>> disse Zeus alla moglie annacandosi la bella figlia. In realtà sapeva che erano cinque a uno. Nessuno dei figli di Era era suo. Naturalmente non erano neanche di altri uomini. Si trattava dei soliti misteri religiosi. << Certo.. tu hai Pallade Atena e io Efesto..>> << E ora che latti ci dugnu?>> si chiese Zeus. << ‘U latti di brigghiu..>> rispose Era incazzata. << Vaffanculo… mi sa che sei chiù ideologicamente e chiù teoricamente chiù buttana di Lu..>> << Nun duri chiddu nomi ca porta sfiga..>> dissero Era, Asclepio ed Efesto tuccannisi li palli. O per lo meno, Asclepio e Efesto si tuccanu li loro, Era ci li toccò al marito. La picciridda intanto ciancia. << Voli lu latti?>> disse Zeus. << E daccillu.. latti di brigghiu…>> << Buttana teorica.. mugghieri teoricamente buttana.. >> Comunque non c’erano alternative, lui non aveva latte di minna e pertanto ci desi latti di brigghiu.. Non poteva dariccillu direttamente. Lu capicciu della minna era diverso dalla funtana del latti di brigghiu.. non restava che minarsela. E Zeus , per sfamare la picciridda e per non sentirla chiù chiagniri, che già i coglioni ci staunu addivintannu due meloni, si la minau davanti a Era, Asclepio e Efesto. Solo che Era l’avia fatto inacazzare e il latte era diventato acido.. ma la picciridda sucò lo stesso. << Bravo.. adesso quella vorrà restare sempre vergine.. nun lo sapevi che chi assaggia il latte di brigghiu acido svilupperà una idiosincrasia pi lu brigghiu.. rischi di avere una figlia vergine perenne.. anzi, forse una figlia lesbica..>> disse il dottor Asclepio. << Mi ni futtu….>> disse Zeus. << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere e avere una minchia pi ficcariccilla a quella smorfiosa di Pallade Atena, a che minchia serve vivere pinsannu ca chidda ci l’avi sana quannu tu hai una minchia pi scasariccilla?>> era la variante, dedicata a Pallade Atena, della domanda per cui era famoso il filosofo Socratino da Munipuzos . Homerino scrisse l’opera Palladeide, il poeta Mhassymylyano il Carmen Pallade Atena cunnus casto e lo scrittore Santhokriso il romanzo Cent’anni con Pallade Atena. Luiginacunnorumaamorosorumaculorumagioiorum Crisostomadeuterocrisostomacrisopacchiorum Chi era la sacerdotessa vergine Luiginacunnorumaamorosorumaculorumagioiorum Crisostomadeuterocrisostomacrisopacchiorum. Codesta sacerdotessa, nata da una vergine e che doveva a sua volta mantenersi vergine, si era invece sacrificata, accogliendo tutti in una volta i Sette Campioni che stavano partendo per la conquista di Tebe di Sicilia. <<In segno di auspicio… mi sottopongo a questo sacrificio…ad uno ad uno datemi la cicia.. sette cicie per un portacicia...>> Adrasto, Polinice, Tideo, Partenopeo, Capaneo , Ippomedonte e in poco convinto Anfiarao la talianu in faccia. << Chi voli? La cicia? Ma non è vergine?>> La smorfiosa sacerdotessa Luiginacunnorumaamorosorumaculorumagioiorum Crisostomadeuterocrisostomacrisopacchiorum si li fici tutti e sette in una volta… due cu li manu, due cu li peri, unu cu la ucca , unu cu lu culu e unu col pacchio.. e il pacchio fu dato per libera decisione della sacerdotessa e degli altri al poco convinto Anfiarao. Che accettò il dono di quella verginità. << T’arrigriasti?>> ci chiesero i compagni. << M’arrigriai a ficcari sì, ma di verginità manco l’ombra.. >> Il pacchio fu dato per primo a lui, perché poi, a rotazione, tutti e sette si ficiro il giro delle sette posizioni.. tutti insomma fecero piangere la loro ciolla dentro il pacchio della sacerdotessa.. che nove mesi dopo diede alla luce sette gemelli…. Sette gemelli falsi.. perché se una era la madre sette erano i padri… sette cicie e un portacicia per sette cicetti... Poi tutti , tranne uno, i sette protagonisti della eptamentulamachia morirono nell’impresa. Tutti tranne Adrasto che divenne il ganzo permanente semiufficiale o seminascosto o ufficioso di Luiginacunnorumaamorosorumaculorumagioiorum Crisostomadeuterocrisostomacrisopacchiorum. Solo che ogni volta si la doveva fare sette volte .. come la prima volta , quando in sette lei li aveva accontentati.. adesso era lui, con la sua unica ciolla, che doveva fare il lavoro fatto a suo tempo dai sette. << Minchia.. chi piaciri e duluri .. e un turn over assassino... Ma mi devo sacrificare per la riuscita dell’impresa.. >> L’impresa era aspettare la crescita dei figli dei sette e ridare l’assalto a Tebe di Sicilia. Passarono oltre dieci anni . Quasi venti forse. E prima di partire Adrasto e i Sette figli dei Sette della prima impresa, i cosiddetti Epigoni, si ficiro la sacerdotessa Luiginacunnorumaamorosorumaculorumagioiorum Crisostomadeuterocrisostomacrisopacchiorum. Solo che stavolta erano otto. I Sette Epigoni più Adrasto, il capo spedizione. Ad Adrasto tocco la posizione di timoniere della ottominchiomachia… Si mise col culo sulla pancia della sacerdotessa e ci piazzò la ciolla nella vallata Intramminale.. e da quella posizione, manovrando li minni della sacerdotessa con le mani, intanto che la sua ciolla facia avanti e annareri nella bella vallata, iddu dirigia la ottomentulamachia… Egialao , il suo caro e amata figliolo , iu in cunno per primo. Taliava il culo del padre e incunnava. E a turno tutti si scambiarono le posizioni iniziali.. solo Adrasto restò nella situazione di partenza, al posto di comando… Lui dava gli ordini.. << Minchia in avanti.. Minchia a destra.. Minchia annareri Minchia a sinistra.. Avanti a tutta minchia..>> Gli Epigoni conquistarono Tebe. Intanto dopo nove mesi nascenu n’autri sette carusi… Di questa donna, di questa Luiginacunnorumaamorosorumaculorumagioiorum Crisostomadeuterocrisostomacrisopacchiorum dalle tempra eccezionale, si narra che ancora da vecchia fosse sessualmente attiva. Tanto che una volta, che era venuta a Monacazzo, attirò l’attenzione del dio Priapo in persona. Era già vecchia ma non si sa di quanto. Si vestiva come una signora e si truccava come una carusa, ma soprattutto avia parlantina , forza, figutu e coraggio di fare delle avance ai masculi. Sulla faccia portava sempre la veletta in segno di pudicizia . Pare che pagasse i mascoli per farsi dare una dose di sasizza, ma quelli contenti del trattamento tornavano a cercarla gratis. Le sue prestazioni, i suoi congiungimenti, avvenivano sempre al buio. Andava sempre a pregare nel tempio di Priapo e si metteva proprio sotto la ciolla tisa. << Mi sento protetta dalla sacra protuberanza..>> diceva a chi le chiedeva del perché occupava quella postazione. E attirò l’attenzione di Priapo stesso. Che pur di congiungersi con la misteriosa donna con la veletta accettò le sue condizioni. << Ficcare sì e altro anche, ma al buio..>> << Accettò..>> rispose il dio che era curiosone e aperto a tutte le trovate. Si narra che la donna non solo rese felice il dio ma fu anche la prima che ne prese le misure. Fino ad allora sulla lunghezza della ciolla del dio se ne erano dette tante. << Ci l’avi tanta..>> << No, il doppio.. >> << E una funzione del 3,14..>> dicevano i michiomatematici. << Si basa sul teorema di Pitagorino da Munipuzos.... “ la lunghezza della ciolla di Priapo è uguale alla radice quadrata della somma dei quadrati dei volumi dei suoi testicoli..” >> Ognuno diceva la sua. Adesso , per la prima volta, ci stava la misura ufficiale effettata dal vivo, nel pieno del suo splendore erettivo, da Luiginacunnorumaamorosorumaculorumagioiorum Crisostomadeuterocrisostomacrisopacchiorum. Questa donna passò alla storia come la protomisuratrice della minchia del dio dal rosso palo sempre eretto. Ma oltre al dio Priapo, Luiginacunnorumaamorosorumaculorumagioiorum Crisostomadeuterocrisostomacrisopacchiorum riuscì a farsi incunnare da altri dei... compreso lo stesso Zeus.. sempre al buio.. solo che gli dei, dopo la ficcata, riuscivano per attimo a vedere anche al buio.. pertanto tutti si resero conto che s’erano trummiati una vecchia sfatta.. derelitta.. tutta rughe... una quasi mummia... << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere senza la presenza di quella buttana cercaminchia di Luiginacunnorumaamorosorumaculorumagioiorum Crisostomadeuterocrisostomacrisopacchiorum e avere una minchia da non dover per forza somministrare alla troia di Luiginacunnorumaamorosorumaculorumagioiorum Crisostomadeuterocrisostomacrisopacchiorum, a che minchia serve vivere con la fortuna di non avere sulle balle Luiginacunnorumaamorosorumaculorumagioiorum Crisostomadeuterocrisostomacrisopacchiorum e avere la fortuna di avere una minchia se poi non la puoi somministrare alle fiche delle altre purché non sia la ficazza racchia e puzzolente di Luiginacunnorumaamorosorumaculorumagioiorum Crisostomadeuterocrisostomacrisopacchiorum?>> era la variante , dedicata alla sacerdotessa vergine e buttana Luiginacunnorumaamorosorumaculorumagioiorum Crisostomadeuterocrisostomacrisopacchiorum , della domanda per cui era famoso il filosofo Socratino da Munipuzos. Homerino scrisse il poema Luiginacunnorumaamorosorumaculorumagioiorum Crisostomadeuterocrisostomacrisopacchiorum vergine e puttana. Il sommo poeta Mhassymylyano da Munipuzos scrisse il solito e consueto Carmen in dialetto latino intitolato Luiginacunnorumaamorosorumaculorumagioiorum Crisostomadeuterocrisostomacrisopacchiorum meretrix casta o casta meretrix . Lo scrittore dialettale Santhokriso scrisse il solito romanzo in dialetto e pieno di pilo intitolato Cent’anni con Luiginacunnorumaamorosorumaculorumagioiorum Crisostomadeuterocrisostomacrisopacchiorum . Cibele, la figlia della minata La prima volta che Zeus si la minò successe un quarantotto elevato alla quarantottesima. Era nicu il futuro capodio ma tinia pruritu all’aceddu. Stava del bosco di Mynkyalonya e si disperava. Pertanto si rattava in continuazione la ciolla. Spesso si scordava di posare i fulmini e si addumava il pisello. E il prurito aumentava. Allora s’incazzava , santiava, ittava fulmini a destra e a manca. Una volta si accorse che se ci facia un po’ di coccole al divin pisello quello si arrigriava.. e più lo coccolava più quello si arrigriava… e coccola e ricoccola quello sputò quello che aveva da sputare… sputò in faccia al suo proprietario.. Zeus si scantò e ci scappanu nu casinu di fulmini… fu na catastrofe come mai se n’erano visti.. << E chi cazzu successi senza misu na lu cuntu miu... Tremu di scantu ma sugnu contento comu nu diu.. Minchia, ma iu sugnu Zeus , capu di tuttu l’universu criatu.. Ma stu iocu nun lu canuscia, eppuri era statu astrummintatu... Però è bellu lu iocu di pisciari senza iri in cunnu.. Di fari da sulu, se sulu si a stu cazzu di munnu... Chi minchia capitau nun sacciu, ma bell’assai fu sta zeussiata.. Masculi, quannu nun sapiti unni mittilla , facitivi na.. na.. na.. minata...>> Ma una goccia di simenta cariu a terra.. e da questa goccia nasciu Cibele.. Nasciu cu filazza e battagghiu e li dei scantati non potendo cucirici la filazza ci tagghianu l’aceddu. Finito a terra fici nasciti na maccia di minnulicchiu.. il mandorlo. Nu iornu Nana dal pacchio bello si stava riposando a cosce spalancate sotto quel mandorlo quannu un minnulicchiu cariu propinò là. E trasiu fecondandola. Nasciu accussì Attis.. che divenne bello di cervello e d’uccello. Senza saperlo Cibele si innamorò del proprio discendente ma chiddu si ni futtia una amata minchia.. preferiva altro. Allora Cibele lo fece impazzire e Attis, non sapendo quello che faceva, si taglio l’aceddu e morì. Cibele pianse e ne ricompose il corpo in una grotte di Montecazzone .. e chiese a tutti gli dei di fargli una grazia.. Che il corpo di Attis non s’infracirissi mai.. che i capelli e la ciolla crescessero all’infinito.. e quella grotta diventò un santuario.. un corpo intatto con capelli chilometrici. E accanto una ciolla che misurava allora già decine di chilopriapometri… A vigilare sul santuario dei sacerdoti masculi ma eunuchi… la dentro di ciolla ci doveva stare solo quella di Attis.. che secondo una profezia un giorno sarebbe abbastata al mondo intero.. << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere e avere da vivi una minchia come quella di Attis da morto, a che minchia serve vivere con un minchia così se non per ficcariccilla a un pacchio di n’autra polis stannu a casa col corpo e andando lì solo con la punta della minchia?>> era la variante, dedicata ad Attis, della domanda per cui era famoso il filosofo Socratino da Munipuzos. Homerino scrisse l’opera Cibele e il phallus di Attis, Mhassymylyano il Carmen Attis longa mentula pro Cibele e lo scrittore Santhokriso il romanzo Cent’anni di pilo tra la dea Cibele e la lunga minchia di Attis. Achille, l’immortale dalla minchia mortale Putia siri figlio di Zeus o di Poseidone ma quelli si scantanu quannu sappunu chiddu ca il figlio avrebbe fatto a lu papà. << Detronizzazione.. detesticolazione.. deminchiazione..>> Pertanto la bella e bona Teti fu data in moglie a Peleo. << No... Non la voglio una minchia mortale… se minchia dev’esser, dev’essere divina…>> gridava la donna che in realtà teneva già un amante ed era anche incinta. Ma Zeus aveva deciso. Teti scappau ma Peleo l’assicutò Quella si trasformò in mille e più cose, ma Peleo non si diede per perso. Alla fine Teti si fici a seppia e al povero minchia tisa di Peleo lu annaciau dalla testa a li peri. Da uomo bianco lu fici uomo nero. Ma quello non si arrese. Si stuiau cu la manu la coppola della minchia e partiu all’assalto. Teti viria solo na cosa russa ca pazziava. << Ora ti la fazzu abbidiriri iu.. sta cosa russa cerca l’autra cosa russa…>> Acchiappò la donna e ci la chiantau in un amen. Quella appena la cosa ci tuccò la cosa arrimuddò. E si concesse. O meglio, Peleo si la fottè. E quella cosa russa l’impacchiò di botto. Quella stessa notte Zeus, pigliate le sembianze di Peleo, si trummiò la bedda, ma lo fece col profilattico. Quella notte, sulla spiaggia di Eloro, fu siminato ufficialmente Achille, figlio legale di Peleo ma cu nu tanticchia di ciauru biologico di Zeus…sulu ciauru di diu.. << Che beddu.. che beddu.. anche se figlio di mortale è bello come un dio…ma io lo renderò immortale..>> dicia Teti. E pinsò di farlo immortale immergendolo nelle acque della fonte Biothesmophoros. Ma nell’operazione di immortalizzazione lu carusu muriu. Solo dopo cinque tentativi Teti riuscì a rendere immortale Achille. L’Achille che tutti conosciamo in realtà dovrebbe chiamarsi Achille quinto o pentachille... Ma tutto nun putia immergerlo . Da qualche parte lo doveva tenere. Pensa e ripensa lo immerse tenendolo per la ciolla. Achille diventò immortale. Tranne che la morte non arrivasse dalla ciolla… Sapendo il destino del figlio la madre lo inviò da re Licomede che lo ribattezzò Pirra, lo vestì da femminuccia e lo mise tra le ragazze della corte, a crescere con loro. << Per proteggerlo.. >> disse il re. Le ragazzine notarono subito la differenza. Pirra pisciava in piedi. Guardarono meglio. Quello aveva un cornetto di carne in mezzo alle cosce e con quello pisciava. << Pirra è na fimmina difettosa..>> si dissero bambine. Pirra li intisi e protestò. << Sono un maschietto.. mi hanno vestito da femmina per proteggermi..>> << Da chi?>> << Non lo so.>> Le ragazzine , in seguito all’arrivo di Pirra, volevano giocare sempre e soltanto al gioco di Asclepio. Loro erano i medici e Pirra il malato. E il malato era malato sempre nel cornetto di carne. Le ragazzine si divertivano a toccare quel cosetto che diventava duro . E naturalmente toccavano anche le palline. << Questo come si chiama?>> << Ciolla d’Achille..>> << E queste palline.>> << Uova d’Achille..>> << E a che servono?>> <<La ciolla d’Achille si ficca nel corpo delle femmine attraverso la giusta apertura.. e tramite la ciolla si depongono le uova nella pancia delle donne…e accussì si diventa mamme e papà…>> <<E dove sta la giusta apertura.? >> chiesero le ragazzine. Achille , con pazienza infinita, addimostrò ad ognuna dove avevano la giusta apertura.. Teti aveva fatto questo perché sapeva il futuro del figlio. Achille poteva vivere in eterno da uomo qualunque o vivere poco ma diventare un eroe universale. Teti sapeva anche cosa avrebbe fatto il figlio. Intanto lo sapeva femminuccia tra le femminucce. E giocando giocando giocò con Deianira, la figlia del re. Da questo nuovo gioco a due nasciu Neottolemo, detto anche Pirro figlio di Pirra. Sia Pirra che la ragazza erano giovanissimi. Ma poi, all’improvviso, nel suo cuore immortale e nella sua ciolla mortale scoppiarono l’amore per Patroclo. Amanti e amici per sempre… Patroclo avia notato quella ragazzina dai lungi capelli biondi.. Non sapeva chi era…ma era bella e poi tinia un carattere da masculazzu.. << Troppo bella bella è Pirra…poco seno e belle e forti cosce…culetto prorompente e bocca sensuale.. e occhi da perdercisi dentro.. >> pinsava Patroclo. E iniziò a corteggiarla. << Come spicca tra quella ragazze…è più agile.. più forte…e è più in tutto e per tutto..>> pinsava. Poi venne fuori la gravidanza di Deianira ma non il nome dell’ingravidatore. << Però.. mittenniccilla tutta, uno ci poli arrinesci a fari lu ficca ficca cu una di sti beddi carusi.. e io lo voglio fare con Pirra… >> pinsava il povero Patroclo. Che in passato aveva avuto una infelice e felice esperienza omo. Si era innamorato di Clitomino . Ed ogni volta si giocavano le parti a dadi. Poi accidentalmente, Patroclo uccise l’amico. Pertanto fu un amore felice in vita ma infelice per come finì. << Mai più uomini, per rispetto di Clitomino .. solo donne .. >> si era autopromesso. Puntò tutto su Pirra. La taliava e Pirra ricambiava la taliata. Patroclo fremeva . Pirra pure. Un giorno Patroclo seguì Pirra e altre ragazze che andavano alla fonte Hidropartenos.. l’acqua vergine… Patroclo taliava il culetto di Pirra che si dimenava sotto la tunichetta. E si eccitava come un satiro arrapato. Pirra da parte sua ogni tanto si girava e sorrideva al suo inseguitore. Una volta alla fonte, una cascata imponente, le altre ragazze andarono al tempietto di Afrodite Callipigia mentre Pirra si tuffò. Nuotando sotto la cascata andò dietro alla stessa. Patroclo si sentì invitato e fece la stessa cosa. Una volta emerso dall’acqua non vide niente. << Mi futtiu.. la buttanella..>> pinsò. Po la vide . Distesa a terra, sotto la cascata. Con la tunica che le aderiva perfettamente al corpo. Il culo era coperto ma sembrava nudo. << Minchia.. che belloooo……>> pinsò Patroclo. Si avvicinò e si distese al suo fianco. << Sono Patroclo…e tu come ti chiami?>> << Pirra..>> Achille capì che si trattava del cugino mai conosciuto. Capì anche che quello lo credeva una ragazza. Ma sapeva anche che aveva avuto una bella storia d’amore con Clitomino. Senza dire altre parole si baciarono. Un semplice bacio labbra contro labbra. Patroclo allungo una mano per toccare il sedere delal carusa. Pirra non disse niente. Patroclo lo scoprì. Pirra non protestò. Intanto l’acqua cadeva felice sui loro corpi. << Pirra, io.. io.. io ti amo..>> << Anch’io..>> << Voglio fare l’amore con te…>> Pirra non rispose. Patroclo cercò di girarlo ma Pirra si oppose. Allora Patroclo ci acchianò sopra e lentamente lo stunicò. Gli levò la tunica. << Come sei bella…>> La pelle bagnata brillava sotto i raggi del sole che attraversavano l’acqua della cascata.. i capelli biondi lunghi parevano fili d’oro. Ma il culo.. quello invitava a fare pazzie.. lo accarezzava e poi saliva verso le spalle, quindi scendeva di nuovo al culo e poi alle cosce. Accarezzava queste e cercava di scostarle, voleva andare alla porta dell’amore. Ma Pirra si opponeva. << Sei vergine? >> chiese Patroclo. << Sì..>> Intendevano due cose diverse ma ognuno ragionava dal suo punto di vista. Patroclo pinsava al pacchio, Pirra si riferiva al culo. Intatto la ciolla di Patroclo puntava al cielo. Le mani continuavano a massaggiare le belle natiche, le scostavano e poi le riavvicinavano. E quando le allontanavano si vedeva brillare quel fiorellino che da tutti è amato. Che sia di mascolo o di fimmina. Patroclo ci mise la ciolla tra le chiappe. Pirra non disse niente. E lui puntò al portuso E fece quello che doveva fare. Non parlarono. Intanto che si annacava, Patroclo, con le mani cercò le tette ma non c’erano.. << Sempre più femmine senza minni… è un accessorio che si sta evolvendo all’incontrario… da grandi a piccole.. e a quasi niente..>> Scese verso il pacchio. Non si poteva entrare ma toccare sì. Piano piano scese ma si trovo con un uccello nelle mani. Ma si eccitò di più e venne. << Ma tu.. tu.. tu sei..>> << Io sono mascolo… mi chiamano Pirra.. ma il mio nome è Achille… e sono tuo cugino..>> << Minchia, vero è… e io che ti avevo scambiato per una donna…>> << E io invece ero convinto che tu cercavi un amore vero.. da masculazzu a masculazzu.. >> << Veramente cercavo una fimmina.. tanto per passarmi il tempo…sai che ho avuto un vero amore..>> << Si.. so tutto.. allora adesso non ti piaccio più..>> << Veramente adesso mi piaci di più..>> Si giurarono eterno amore. << Finiremo nei libri di storia…>> disse Achille. << Nelle enciclopedie...>> << Nella letteratura greca..>> << Nei poemi..>> << Nelle tragedie..>> << Nelle commedie..>> << Nell’immortalità vera e reale..>> Così andò il primo incontro amoroso tra Achille e Patroclo. Un amore che duro fino ala morte di Patroclo. << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere da immortale e avere una minchia mortale, a che minchia serve vivere da immortale e avere una minchia mortale che prima o poi smetterà di fare la minchia?>> era la variante, dedicata ad Achille , della domanda per cui era famoso il filosofo Socratino da Munipuzos. Homerino scrisse l’opera L’amore immortale di Achille e Patroclo. Mhassymylyano il Carmen Mentula Achille et culum di Patroclo. Lo scrittore Santhokriso il romanzo Cent’anni d‘inculate tra Achille e Patroclo. Ermete, la minchia alata Chistu diu era beddu. Era figlio di Zeus e di Maia, la figlia di Atlante. Nasciu in una grotta. Come successe per altri dii e per altri ancora succederà. Nasciu na mattina presto, all’alba; ma a mezzogiorno già camminava . Ammazzò una tartaruga e con lo scudo, mittennici sette corde, si fici la prima lira. Prima di sera arrubbò cinquanta vacche al vaccaro Apollo, suo fratellastro, che allora era a servizio da Imeneo per divina punizione. Poi tornò nella culla a farsi il suo sonnellino di neonato terribile. Stava sempre nudo anche perchè il suo normopisello non faceva impressione. Lo chiamavano anche Ephebos. Nudo sempre ma con le ali ai piedi e al pisello e in testa l’elmo. In mano teneva sempre il caduceo, un bastone al quale stavano attaccati due serpenti che sempre fottevano. Ermete aveva cercato di separali ma quelli si era attaccati al bastone. Era considerato il dio della fertilità e i suoi altari venivano adornati con falli di terracotta. Faceva pure il messaggero degli dei, come il collega Angelo Gabriele. << Annunciazione, annunciazione.. >> gridava . E dava il messaggio. E se la comunicazione era di tipo piluso gridava ancora più forte per farsi sentire da tutto l’Olimpazzo. << Attenzione .. attenzione.. Efesto è cornuto.. ci sto portando adesso un messaggio da parte di Elio.. sua moglie Afrodite si la fa con Ares…se volete taliare andate al lago di Munipuzos.. i due stanno fottendo alla sanfasò..>> << Attenzione .. attenzione… Afrodite ha un nuovo amante.. e stata vista con Dioniso… fottono nelle acque di Pantalica.>> << Attenzione .. attenzione.. oggi lu sommo mio padre Zeus ci l’avi ficcato a tizia, a caia e a sempronia . .. a chista e a chista. .all’autra e all’autra ancora.. la ciolla divina e instancabile...>> << Attenzione .. attenzione.. elenco delle ficcate odierne di Priapo.. L’elenco comprende cinquecentocinquantacinque nomi....>> Anche lui comunque si dava fare. E na vota persi la testa per Afrodite. << No.. sei bello sì , ma lu teni nicu.. nun è cosa per il mio pacchio.. al massimo per il mio biddicu..>> gli diceva la dea callipigia, callicunnus e calliminni. << Però teni l’ali.. e l’ali stuzzichinu li porti di la filazza in maniera speciali..>> chiarì lui. < No… lo sticchio è mio e lo do solo a chi voglio io..>> Ermete chiagniu, stava sempre ingrifato e si la minava in continuazione. Infine, con l’aiuto di Zeus, si fici la bella Afrodite. Il capo dio fici arrubbari alla sua aquila un sandalo d’oro della dea, intanto che quella si faceva il bagno, e lo spedì a Ermete. Afrodite si pigghiau na collera. Pianse e si disperò. << Zeus, unnè lu me sandalo? E l’ultimo modello.. dell’ultima collezione di Platone Scarpetta… un modello esclusivo fatto apposta per me…unico.. unicissimo… per mettere in evidenza il mio sensualissimo piede.. e poi con un tacco particolare per cui quannu caminu lu culu abballa chiù bellu e fa sciri pazzi chiddi ca talinu.. mi hanno detto che se lo è fottuto la tua aquila…>> <<Ver’è.. ma non lo tengo io... L’avi Ermete..>> << Bihhhh.... lu ciollanica.. o lu minchiavolante.. e chi voli? Ci la voli ficcare al mio sandalo?>> << Può darsi.. mai dire mai..>> La dea lu iu a truvari. Effettivamente quello giocarellava col sandalo di Afrodite. Si lu ciaurava e poi si lu stricava sulla minchietta tisa. << Dammi lu sandalo…>> << Ti lu dugnu se tu mi la dai..>> << Affanculo.. né lu pacchiu né lu culu..>> <<Allora niente da fare.. io l’haiu attruvatu e mi lo tengo..>> << Bastardo…>> Afrodite era bella e amoreggiante ma anche facile all’incazzatura. Pertanto ci si ittau di supra pi scipparici lu sannulu da li manu. Ermete era efebico ma forzuto. E dopo aver fatto finta di lottare e aver dato alla bella la sensazione di vincere arrovesciò la situazione. Afrodite, bella di forme ma debole di muscoli, l’avia misu sutta e ci stava assittata supra lu pettu. << Sei di carne e ossa o di ricotta?>> ci chiese a Ermete. Ermete non rispose. Aveva gli occhi a poca distanza dal pacchio spilato e vedeva la filazza fare rapi e ciuri. << Minchia che spettacolo…>> pinsava Ermete. Afrodite intanto ,con il sandalo recuperato in mano, lo sandaliava in faccia .Ma Ermete non diceva niente. Fotteva con gli occhi. E godeva col cuore, con la testa e anche con l’aceddu. Infatti la ciolleta tisa vinni e la simenta finiu sulle spalle della dea dell’amore. Afrodite rise di quell’omaggio. << Visto che hai fatto l’amore aereo con me.. io.. io ti saluto.>> A quelle parole Ermete la rovesciò di botto, la mise a pancia in giù e la bloccò come una salama mittennisicci di supra. La dea si dimenò ma non riuscì a liberarsi. << Ora ti fazzu abbidiri chi sapi fari na ciolla nica.>> E senza chiù parlare fici. Ci la ficcava nel culo ma poi la scia e ci la mittia nell’altro posto e poi ancora nel primo e quindi di nuovo nell’altro e intanto vinia e facia trasi e nesci una volta in un sito e una volta nell’altro anche pirchì la ciolla non si sgonfiava e continuava pertanto a fare un colpo lì e un colpo là e intanto le alette ci ciusciavano li natichi belli e ci stuzzicavano lu mussu ranni e lu mussu nicu del pacchio e a volte invece ia a cozzare con la coppolella della sua minchia contro il clitoride e poi di nuovo in un portuso e poi nell’altro e lei sempre sotto a dimenarsi ma passando dalla rabbia al piacere e facendo continuamente “ ihhhh.. ahhhh.. uhhhh...ehhhh .. ohhhh…” e questo per un tempo che parse infinito. << Minchia però.. è nica ma specializzata..>> disse Afrodite alla fine. << Allora ti è piaciuto come ti ho imminchiato la minchia nel portaminchia e altrove?>> Ermete ci misi il piede nel sandalo pensando gia di rificcare la sua cosa nella cosa della dea.. << Na vota ancora.. >> chiese Ermete. << Na vota nel senso di na vota .. o na vota come quella fatta.. >> precisò la dea. << Na vota sola si, ma na vota multipla..>> << Na vota multipla.. finu a quannu lu nesci fora…e non lu trasi chiù…>> Futtenu per tre giorni di seguito. E da quella multificcata fatta di sciuti e trasuti alla sanfasò nasciu Ermafrodito. << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere imminchiando e avere una minchia nica ma alata e ottima imminchiatrice, a che minchia serve vivere senza imminchiare e avere una minchia con le ali che è specializzata nell’arte dell’imminchio se poi non s’imminchia la minchia in qualche cunnus ?>> era la variante, dedicata a Ermete, della domanda per cui era famoso il filosofo Socratino da Munipuzos. Homerino scrisse l’opera Phallus alalà, Mhassymylyano il Carmen Mentula, avex alatus e lo scrittore Santhokriso il solito romanzo. Titolo Cent’anni di minchia volante. Munipuzos, la futura Monacazzo Cumu nasciunu li dia e li mortale e chiddi a metà.. accussì nasciunu li città… Ci sta la partenogenesi, la minata partenogenetica, la fottuta.. e in questi modi nasce pure la polis… La crea nu diu, n’omminu, n’eroe… nu architetto, nu re, nu imperatore… e beni o mali ca va, pure na testa di cazzo. Costantino creerà Costantinopoli, Alessandro tante Alessandrie.. e così via.. Ma una testa di minchia fonderà Minkiapolis, una buttana Buttanopoli, un arricchione Frocioburgo, uno stronzo Scatapolis…. E così via…. Allo stesso modo Teseo Krisobifallomagno creò Munipuzos. Teseo era figlio di Egeo, grande re e grande fallo… Questi non avendo avuto figli pur avendo avuto due mogli, Melite e Calciope, avvicinandosi l’età che la minchia piglia la calata, consultò l’oracolo. << No aprire il beccuccio del tuo fiasco di vino prima d’essere a casa. Non versare il latte di lu to brigghiu se non trovi una sposa..>> Durante il viaggio incontrò Medea che in cambio di protezione futura, se si fosse rifugiata ad Atene di Trinacria, ci profetizzò che sarebbe diventato padre per magia.. << Meccu, leccu, beccu Fai l’opera di lu sceccu.. Simina simina assai Ca nu masculu avrai.. Simina brillu e senza sapillu Ca papà diventerai di nu piccirillu.. Sarà bello, sarà eroe, sarà minchiaranni Sarà ricordato a tutti li banni.. Sarà beddu, sarà minchia pazza Sarà chiamato alfin Alicarnazza...>> Contento Egeo promise protezione assoluta alla maga. Ma Medea , sperannu di siri la madre dell’eroe profetizzato, fece ubriacare Egeo e si lu futtiu. Ma la simenta non ingranò. Egeo non capì la prima profezia e ci parse una balla la seconda. E contò la cosa all’amico Pitteo che era nu tanticchia scienziato di cazzi e cazzacci vari. << Minchia .. grandi fatti capiteranno.. il figlio dell’amico mio dalla grande ciolla sarà pure lui grande ciolla ma anche grande eroe…>> pinsò l’amico. Poi ci desi da bere lu so vinu stissu e lu rese brillo. Quindi lu catafuttiu nel letto della figlia Etra. Dopo aver ubriacato anche lei. La figlia Etra era innamorata e devota di Priapo. Andava sempre nel suo tempo a pregare. A volte addirittura ci ia di notte, s’arrampicava sulla ciolla enorme e si addormentava sul rosso palo sempre tiso. E Priapo, una volta, intanto ca si fici un giro veloce dei suoi santuari, la visti. E intanto che c’era si la futtiu. E ci promise che se avissa avuto un figlio, non suo naturalmente, quello sarebbe stato un eroe, un doppio eroe. Eroe di spada e eroe di minchia. Adesso il padre, per convincerla ad andare a letto con Egeo, l’aveva dovuta ubriacare. Altrimenti col cazzo che la picciotta si la facia ficcare dal primo venuto. Lei periodicamente ricivia la ciolla del dio. E una di quelle visite la saziava per tanto tempo. Una dose di sasizza divina ne valeva mille di quella umana. Etra pertanto viveva per quelle visite. Ma adesso era brilla e non capiva una minchia. << Futti figghia bedda.. Fatti riempire la vanedda.. Futti alla diavolina Futti a minchia cina Fatti vunciari lu panzuni E caca n’eroi gran minchiuni…>> ci disse il padre. Quando Egeo, stanco e brillo, e naturalmente con i coglioni vacanti, si addormentò. Poseidone, ingrifato come un priapone marino, si incunnò la già incunnata Etra. Al risveglio, Egeo, con le palle vuote e la testa ancora offuscata dal vino, si rese conto di quello che era successo. E capì che la donna era incinta. Aveva già i primi pititta e la nausea. Il figlio era figlio di Egeo ma con qualche cosa di Poseidone.. Ma ha dire il vero, dopo che Poseidone smontò dal bel buco, Priapo in persona ci trasiu. E siminau alla sanfasò. Se lu picciriddu doveva essere figlio di Egeo con qualche cosa di Poseidone, tutto bene. Ma lui ci avia promesso qualche cosa di suo. E pertanto era corso a fare il suo dovere. Lu picciriddu doveva essere ciolluto, non quanto il dio, ma fornito di una bella minchia. Un gioiello di famiglia di prestigio. Quando Egeo si svegliò disse alla donna. << Femmina.. Io vado.. ma lascio la me spadazza crisoferrica.. se nasci masculu ci dici ca la piglia e mi veni a cercare ad Atene…. a sedici anni esatti glielo devi dire.. e la spadazza sarà il mezzo di riconoscimento.. perchè se figlio mio veramente sarà , oltre alla spadazza di ferro e oro avrà pure na bella spadazza di carni… sarà biminchiuto.. minchia di carne tra le cosce, minchia crisoferrica nelle mani….e tu, se mascolo sarà, lo consacrerai a Priapo.. Priapo, il dio minchiuto e palluto, lo proteggerà con la sua arma potente.. lo proteggerà facendogli manovrare benissimo la spadazza.. sia quella crisoferrica che quella di carne… se fimmina sarà fai quel minchia che ti pare.. ma io me lo sento che masculo l’haiu siminato… quannu ti la ficcai l’ultima volta mi parse di trovare il portuso già occupato da una ciolla che veniva dal di dentro.. e quella era la ciolla di mio figlio…>> Masculu nasciu e bonu crisciu . Era forte come un gigante e delicato e bello come una femmina. Portava i capelli lunghi e una corta tunichetta, e paria veramente una fimmina senza minni. Ma in realtà era cazzuto e forzuto. Fece sedici anni ma la mamma non ci disse niente. A sedici anni e un mese Teseo seppe la verità da Priapo . Il dio ciolluto ci appariu in sogno e ci disse. << Bello.. recupera la spadazza crisoferrica di tuo padre e parti alla sua ricerca.. e non ti arrendere mai.. la spada crisoferrica in mano e la spada di carne tra le cosce ti apriranno varchi e passaggi inaspettati.. a anche altro ti apriranno.. altro a non finire… ma prima devi trovare la spada e poi andare a fottere nel tempio unni ci sunu le buttane sacre… Minchia, quella notte dovrai perdere la verginità della ciolla e quella della spada.. la prima sarà facile.. basta ficcariccilla a una peripatetica.. o eventualmente a una femmina disponibile…la seconda fai tu.. sacrificami un armaro a tua scelta…>> << Sì .. >> arrispunniu Teseo nel sogno. Ma era tutto scantato . L’apparizione di quell’uomo con una spada di carne micidiale lo aveva spaventato. Sapeva per esperienza che ci stavano uomini con armi molto più piccole che cercavano di trasiri nei culi dei ragazzi . A lui era successo, ma per sua fortuna aveva saputo sfuggire il pericolo. Un pericolo che andava molto di moda, ma a lui non interessava diventare l’amato di qualche vecchio amante. Ma questo adesso non aveva un’arma nella norma o giù di lì, questo aveva una bestia. Comunque non gli aveva fatto profferte amorose. Anzi, gli parlava di suo padre e della spadazza di quel personaggio famoso che l’aveva seminato. Gli diceva che era il momento di raggiungerlo. << Allora devo partire..>> << Sì.. e ricordalo a tua madre.. che volontariamente si è scordata la promessa di farti partire a sedici anni… e tu sedici anni li hai già fatti.. è ora che la minchia di carne e la minchia crisoferrica si mettano all’opera..>> << Sì.. lo farò..>> << Ma devi giurare..>> << Su cosa ? >> chiese il picciotto. << Sulla mia minchia…allunga la mano e toccami la coppola della minchia .. poi giura.. >> Teseo giurò automaticamente. Nel sogno toccò la megacoppola della megaminchia. Poi chiese: << Chi sei tu?>> << Sono Priapo.. in dio cazzuto.. e d’ora in poi ti proteggerò sempre nelle tue imprese di spadazza crisoferrica e di minchia…>> << Minchia .. vero è…. Solo tu potevi avere quella bestia…>> << Se tu farai quello che ti ho detto la mia minchia potente e sapiente sarà sempre a tua disposizione. Così come io sono stato e sarò sempre a tua disposizione.. lo promisi a tuo padre dopo che lui ti avia siminato…Adesso ritoccala, che ti devo dare la mia divina benedizione..>> Teseo la ritoccò e quella entrò in eruzione. Una quantità enorme di latte di brigghiu sciu da quella minchia divina. Teseo si svegliò tutto scantato e sudato. Non era tutto incilippiato da quel latte di brigghiu del sogno.. era solo incilippiato dal suo latte di brigghiu.. era venuto nel sonno intanto che sognava.. forse per l’imminente piacere della partenza.. o per l’imminente piacere della prima ficcata.. o per l’imminente ritrovamento della spadazza crisoferrica del padre… o forse per tutte queste cose insieme .. o forse per lo scantazzo di ritrovarsi quella cosa in culo.. Nudo e ancora insementato curriu dalla madre.. << Mamma.. mamma ..a sedici anni io dovevo fare una certa cosa…>> << Minchia.. mi lu scurdai…>> disse la mamma. << Ma Priapo mi l’avi dittu in sogno.. dimmi dov’è la spadazza crisoferrica che la devo pigliare.. che poi devo fare un sacrificio al dio dal rosso palo sempre eretto…e poi ancora andare da papà che mi aspetta.. ma prima di partire devo ingignari anche la mia spadazza personale con qualche buttana… o con qualche femmina disponibile..>> disse Teseo alla mamma. Quella per tutta risposta si mise a piangere. Teseo, mammolino assai, ci si avvicinò per consolarla. Si mise nel letto accanto alla donna, e ci asciugò le lacrime . << Nun chiagniri ca mi fai chiagniri lu cori…>> La mamma intanto aveva appoggiato la testa sul petto del figlio e continuava a piangere. Le lacrime materne sciddicavano sulla panza e si mescolavano alla simenta di Teseo. << Mamma.. non piangere.. vuolsi così colà dove si puote… nell’Olimpazzo.. e che cazzo..>> La mamma per tutta risposta prese ad asciugare sia le sue lacrime che le lacrime di minchia di suo figlio. << Io ho pianto dagli occhi, ma tu hai pianto dalla ciolla..>> Lo asciugò tutto. Poi gli asciugò l’aggeggio. Ma l’aggeggio nelle mani della mamma rinasciu in tutto il suo pieno splendore.. << Mamma….Che fai?>> << Gioco col tuo giocattolo..>> << Mamma….è .. è….. pericoloso..>> << Figlio.. perdonami se il giorno dei tuoi sedici anni non ti ho detto niente.. l’ho dimenticato per amore, per troppo amore.. ho mentito per amore, per troppo amore.. ho cercato di rinviare il momento della partenza.. volevo aspettare fino a diciotto.. ma Priapo ha scompigliato il mio piano.. >> E giù lacrime calde.. alcune direttamente sulla cappella scoppolata della sua minchia, quella minchia con cui la mamma giocava amorevolissimamente quel gioco a lui tanto caro.. quel gioco detto dei “ Cinque o dieci soldati e un prigioniero” a secondo se si usava una mano o due. Adesso quel gioco lo stava facendo la sua mamma per lui.. Teseo era rosso e con la faccia in fiamme.. così come in fiamme era la sua ciolla… << Mamma.. fermati..>> implorò il ragazzo. La mamma riprese la parola. << Domani andrai nel giardino delle rose e sotto la roccia gialla troverai la spadazza crisoferrica…e con quella poi sacrificheremo il toro più palluto e minchiuto delle nostre mandrie..>> << Grazie mamma..>> rispose il ragazzo sempre più imbarazzato. << Poi potrai partire…>> << Ma Priapo mi ha anche detto che devo fare n’autra cosa. Devo ingignari la mia ciolla… con qualche buttana o con qualche femmina disponibile..>> << Certo.. e lo farai questa notte stessa…la tua ciolla verrà ingignata..>> << Da chi, mamma?>> << Da me stessa.. sarò io a farti fare la tua prima ficcata…>> E così andarono le cose. Poi Teseo parti. A sedici anni e un mese Teseo seppe la verità , prese la spadazza crisoferrica e ingignò la sua ciolla nel pacchio materno. Ciolluto di madre natura e cu lu spaduni ranni partiu pi circari lu papà. Ma pi strada ci ni successero a minchia cina di fatti e fattazzi. Per esempio, incontrò Perirete, detto Corunete, “ uomo dalla mazza”. Sto signore voleva farla assaggiare a tutti la sua mazza, ma con Teseo fallì. Incontrò Sini, detto Piziocante , “colui che piega i pini”.. veramente piegava ciolle per l’eternità… ma Teseo piegò lui. E intanto che c’era si fici la figlia di Sini, la bella e selvaggia Perigine, ca ci cacau un figlio, tale Melanippo. Poi ammazzò il bandito Scirone. Il delinquente costringeva i passanti a lavargli i piedi e poi li catafuttia a mare. << Certo.. pure la ciolla ti lavo.. se vuoi...>> disse Teseo con falsa umiltà. << Fai pure..>> Il forzuto Teseo acchiappò il delinquente per il marrugghiu e lo strafuttio a mare dove annegò. Incontro quindi Polipemone, padre di Sini, detto l’Inculatore universale. Questo mostro aveva una casa con due letti. Uno piccolo per le donne e uno grande per gli uomini. Se passava qualcuno lo acchiappava , lo legava al suo letto in base al sesso, lo sodomizzava e alla fine lo squartava e spargeva i pezzi nei campi. Teseo fece tutto questo al mostro. In tutte queste avventure Teseo ebbe l’aiuto discreto e invisibile di Priapo e della sua santa propaggine. Ma chi minchia ci trasi Teseo con Munipuzos? Ci trasi.. ci trasi.. minchia se ci trasi…parola mia di scrittore disgraziato che partecipau al disgraziato premio Pattuallopolis.. premio figlio unico perché deminchiato come Urano.. deminchiato dagli scandali… Finalmente Teseo arrivò ad Atene. Entrò in città l’ottavo giorno del mese di Ecatombeone e trovò dei muratori con fisicacci alla maciste che lavoravano al tempio di Apollo. << Dove vai, fichetta bella? Che fai? Ci dai il culo con le buone o con le cattive?>> Per tutta risposta Teseo prese un toro e lo tirò in aria. Per lo scanto quelli caddero dalle impalcature. E Teseo li impalò. Ovvero, ci piazzo dei pali la dove loro volevano piazzarci n’autra cosa a lui. Nel frattempo la maga Medea si era rifugiata ad Atene e con le sue arti avia fatto perdere la testa ad Egeo. Il re si l’era maritata. E lei ci avia dato l’erede con la ciolla. L’erede mascolo. Medo, il futuro re di Atene. Medea riconobbe Teseo e incominciò a preoccuparsi.. giustamente. Convinse il re che quello era una spia, un delinquente, un possibile assassino, forse un probabile regicida. << Pi mia lui farà morire un re…l’haiu liggiuto nelle stelle..>> disse Medea a Egeo. << Io o n’autro..>> << Bohhhh.. bisognerebbe approfondire il discorso con una seduta di minchiomanzia.>> La minchiomanzia Medea l’aveva sempre applicata ai suoi mascoli. Nelle pieghe del prepuzio o in quelle del glande lei leggeva il futuro. E se proprio non bastava c’era la coglionomanzia e la culomazia. Interpretare le mille pieghe del buco del culo, per esempio, è difficilissimo. << Fai prevenzione.. prevenire è meglio che curare.. prevenire è meglio che combattere.. inculare è meglio che farsi inculare.. e tu pi difenniri la tua categoria invitalo alla festa e poi ci dai na coppa di vino che io avvelenerò ad hoc..>> Così si organizzò la facenna. Egeo personalmente offrì la coppa al suo ospite. << Bevo sì… ma non a stomaco vuoto.. fami mangiare un boccone..>> Ma pi mangiarisi la carni, Teseo, che era assai educato , tirau fora la spadazza per staccare un bel tocco di carne. Teseo non amava il fare barbaro del mangiare con le mani. Appena Egeo la vide grido: << A teni.. A teni.. A teni..>> E desi una manata alla coppa rovesciandola. << Cosa teni lu straniero ca vinni ad Atene…..>> chiese il popolo. << A teni.. A teni.. la me spadazza…A teni… A teni…>> << A teni.. a teni…la so spadazza …>> gridò il popolo. << Sudditi.. questo è mio figlio.. >> disse il re. << Viva il re di Atene ca teni il reuccio.. viva il reuccio di Atene ca teni a spadazza..>> gridò il popolo. Medea scappò in un fiat con Medo. In realtà il deus ex machina di tutta la vicenda fu Priapo. Fu lui che fece abbulare con un colpo di minchia la coppa avvelenata. Ma lo fece servendosi dell’invisibilità. Perchè gli dei, quando non volevano fare gli esibizionisti, operavano senza farsi vedere. E quelle che erano le loro imprese, venivano affibbiate a qualcun’altro. Ma chi minchia ci trasi Teseo con Munipuzos? Ci trasi.. ci trasi.. minchia se ci trasi…parola mia di scrittore disgraziato che partecipau al disgraziato premio Pattuallopolis.. premio figlio unico perché deminchiato come Urano.. deminchiato dagli scandali… Teseo fici altre mirabili imprese. Pallade e i sui cinquanta figli marciarono alla conquista di Atene. Lui li scannò tutti e li deminchiò. << Ecco padre mio, ti porto cinquantuno falli e centodue testicoli.. >> disse tornando dalla vittoriosa campagna militare con una cesta piena di cazzi e palle. Catturò poi il Toro bianco.. il Toro per eccellenza.. il Toro caro a Poseidone.. il Toro che il dio dell’accadueo avia mannau a Creta per farselo sacrificare.. ma a Minosse ci parse un reato scannare quel bel Toro.. e Poseidone con la collaborazione di altre divinità , pi minnitta, fici si ca Pasife si invaghisse dell’animale.. e si lu facissi stannu ficcata dentro una vacca di legno ..il papà del Minotauro era quel Toro.. un Toro possente che faceva vittime a iosa.. girava per la piana di Maratona e si mangiava la genti come bruscolini.. s’era mangiato pure Androgeo, un figlio di Minosse.. E per questo ogni nove anni veniva pagato a Minosse un tributo di sette ragazze belle e vergini e di sette ragazzi bellissimi e si sperava pure vergini.. Teseo lo catturò acchiappannulu per le corna e come una picuredda lu portò ad Atene per il sacrificio finale. Dopo decise di scannare il Minotauro e di liberare Atene dal pagamento di quel tributo umano doloroso. Si autocandidò come vittima sacrificale, anche se vergine non era ma bello sicuramente sì; e partì per Creta con sei altri masculiddi e sette femminucce.. Così credevano tutti.. in realtà partì con solo cinque femmine.. due erano state sostituite da masculiddi effeminati ma chini di forza e furbi e sperti assai assai. Una volta a Creta il re Minosse si invaghì di una delle vergini e si la vulia fare seduta stante. Teseo la difese. << Essa è sacra al Minotauro.. il Minotauro deve mangiarsela.. ed eventualmente farsela.. non tu, stupido padre putativo di cotale bestia chiù bestia di tia e di quella buttana ranni di tua moglie…non azzardarti a toccarla.. altrimenti ti deminchio.. alla prima offesa all’onore mio e dei mie compagni, sia maschi che femmine, io ti deminchio…. ti decogliono.. ti scasso il culo e poi t’ammazzo... >> << Io fazzu soccu cazzu mi pari.. sei tu che stai per morire..>> rispose Minosse. << E chi si, figghiu di diu?>> << Sì.. di Zeus..>> rispose Minosse che era figlio di Zeus e Europa. << Dimostrimillo.. curnutu di nome e di fatto..>> << Papà Zeus.. dammi nu segnu…>> Zeus sparò du trona e setti lampi bestiali. << Bene.. bene… tu sei figlio di Zeus.. e io sono figlio di Poseidone.. mio padre Egeo e Poseidone ficcanu la stessa notte con mia madre.. capito!>> << Il padre può essere solo uno…>> << Minchiate .. sai quanti hanno due padri.. uno biologico e uno legale…. E per giunta manco lo sanno… >> << E tu come li hai?>> << Uno biologico e uno soprannaturale.. e se proprio lo vuoi sapere, ne ho anche un terzo..>> << Certamente.. sta minchia mia..>> rispose Minosse. << Se il mio secondo padre è soprannaturale, devi sapere che il mio terzo padre è minchiaeccezzionale..>> << Ho capito.. Egeo il primo, Poseidone il secondo e uno scecco il terzo..>> << Mia madre troia non era come la tua signora ca si la fici ficcare da un toro..>> << Scecco o toro pari son...>> cantò Minosse. << Quando ho usato il termine “ minchiaeccezzionale” mi riferivo a una minchia grandissima... alla minchia più grande del creato.. dell’universo.. a una minchia quanto a quelle dello scecco ma non minchia di scecco... ma bensì di dio..>> << Minchia.. dopo Poseidone anche Priapo? >> si chiese Minosse. << Sì...>> << Tre minchie per fare un coglione..>> sparò Minosse. << Taci o t’ammazzo.. testa cornuta d cazzo...>> E lu appulicau. A forma di caruseddu Teseo lu stava strangolannu. Intervennero gli altri per porre fine al diverbio manesco e non solo. < < Dimostrami la tua discendenza da Poseidone..>> disse Minosse. << Come? >> chiese Teseo. << Riportandomi stu cazzu d’aneddu…>> E livatisi un prezioso anello lo buttò a mare. Teseo, vestito com’era, si buttò appresso all’anello. Passò tempo , pirchì intanto che c’era si fici na discussioni amorosa prima con le Nereidi tutte e poi con Anfitrite in particolare..… cioè con la matrigna, essendo Anfitrite la moglie di suo padre Poseidone.. le prime gli riconsegnarono l’anello, la seconda ci arrigalò una bella corona preziosa…. Preziosa come il suo cunno marino che gentilmente ospitò la gloriosa ciolla dell’eroe.. gliela mise proprio sulla minchia eretta quella preziosa corona. << All’eroe bello.. che con questa sarà ancora chiù bello…>> ci disse Anfitrite. Nudo come un dio nudo Teseo, che nella discussione amorosa aveva perso gli abiti , ritorno sulla terra. Bagnato com’era splendeva sotto i raggi del sole. I suoi capelli biondi facevano concorrenza ad Elio. Il suo fisico appitittava a tutti. Il suo culo splendeva, ma la sua grande ciolla, eccitata dall’impresa appena fatta, minacciava i presenti come a dire “ Zitti, o vi rompo il culo a tutti..”.. A parte il fatto che una grande minchia incoronata è una cosa ancora chiù preziosa di una normale minchia scoronata. Le femmine restarono allibite da cotanta bellezza generale e penica in particola. << Minchia chi minchia... >> Tutte si fecero i calcoli in centipriapometri . E a tutte ci risultava chiù longa di quella di mariti, amanti, ziti, amici o altro. Anche a certi mascoli ci prurì il buco del culo. A Pasife ci vinni un pititto infame. Ad Arianna , che di minchia inesperta era , per la prima volta ci vinni il desiderio di usarne una in tutti modo possibili e impossibili. Peribea e Feribea , due delle vergini ateniesi, pensarono di farisillu quella notte. << Teseo, Teseo.. dacci il tuo mincioleo..>> Arianna invece si innamorò, o meglio, si imminchiò. E si imminchiò ancora di più quannu Teseo, nella sua nudità appagante, si avvicinò alla figlia del re e ci piazzò la corona in testa. Si la levò dalla coppola della minchia e ci la mise sulla testa. Idda pinsau ca presto ci doveva piazzare la sua corona intatta e mai ingignata sulla coppola della minchia. << Cazzu.. mi futtiu a mia e adesso si vuole fottere e strafottere a mia figlia.. minchia.. cazzo.. ciolla ciollina .. ciolletta.. in culo a …>> disse Minosse. << A tia.. sta minchia…sta minchia mia.. in culo a tia..>> rispose Teseo. << In culo a tia.. >> aggiunse Minosse incazzato. << Intanto eccoti l’anello…..re di merda…>> << Bastardo eroe del cazzo.. sta minchia di corona chi ti l’avi data?>> << La corona … la corona l’ho pescata per la bella Ariagne.. in greco sai cosa vuol dire? Santissima vuol dire.. io voglio adorarti e onorarti come una vera e propria femmina “ santissima “….>> Le cinque ragazze che accompagnavano Teseo per essere sacrificate si erano tutte innamorate dell’eroe già durante il viaggio. Adesso lo erano di più. E innamorata assai ardentemente era pure Arianna, la figlia di Minosse. Se chiudeva gli occhi vedeva solo Teseo, anzi la sua ciolla incoronata. << Chi picciotto.. bello e delicato come una signorina aristocratica ma anche rude e selvaggio come un barbaro autodidatta… e poi con quel marrugghiu stupendo..>> pensava e ripensava Arianna. Ma la querelle tra Teseo e Minosse non era ancora finita. << Adesso posso prepararmi al sacrificio.. insieme ai miei compagni.. ho o non ho diritto a un giorno di meditazione? Da sol che culmina a sol che culmina. Da mezzodì a mezzodì?>> chiese Teseo. << Sì.. ma prima dimostrami il tuo esser anche figlio di Priapo..>> << L’hai già vista la cosa che a Priapo mi lega..>> << Priapo ci l’avi chiù granni..>> << Lo so... ma se vuoi, possiamo fare una gara.. iu ci l’haiu chiù granni di tia e di tutti li masculi qua presenti.. la mia ciolla è il modello chiù grande che in questo momento ci sia nella tua isola.. non è un modello simil- Priapo bensì un modello quasi -Priapo... e se vuoi è a disposizione del tuo culo.. o dei culi dell’aristocrazia locale.. ma naturalmente è anche a disposizione della tua signora.. o eventualmente di altre femmine di ciolla grande appitittate..>> Tutte le femmine presenti sospirarono. Molti masculi pure. << Io posso garantire sessantanove ficcate senza uscire dalla sacra vanedda.. ci sta qualche volontaria...>> disse Teseo che in quel momento sentiva di avere accanto a sé Priapo pronto a inciciare al posto suo. Quella frase infatti gli era stata cerebralmente e minchialmente consigliata da Priapo. Pasife alzò la mano per prima. Tutte le femmine l’alzarono appresso. Anche Arianna l’alzò leggermente. Molti mascoli l’alzarono idealmente e solo qualcuno realmente. Ma Teseo li sorprese . Aveva capito male il suggerimento di Priapo. << Scusate.. scusate.. mi sono sbagliato di numero..>> disse. Ci fu un “ Ohhhh..” di delusione generale. << Scusate ma non intendevo sessantanove volte..>> Ci fu qualcuno che gridò un sonoro “Vaffanculo “. << Io intendevo.. intendevo mille e sessantanove volte..>> Ci fu un grido di stupore. << E che avvenga pure la dimostrazione... e che l’onore e l’onere di si alta impresa minchiolesca e sticchiesca sia affidata a mia moglie Pasife che di ciolle umane e non è una grande intenditrice...>> disse Minosse. Con l’aiuto di Priapo, sulla pubblica piazza, sotto il sole cocente, Teseo incunnò Pasife millenovecentonovantanove volte. Tutto questo intanto che il pubblico gridava: << .. forza.. ancora ..ancora una.. ancora n’autra..>> Ma chi minchia ci trasi Teseo con Munipuzos? Ci trasi.. ci trasi.. minchia se ci trasi…parola mia di scrittore disgraziato che partecipau al disgraziato premio Pattuallopolis.. premio figlio unico perché deminchiato come Urano.. deminchiato dagli scandali… Quella notte Peribea e Feribea ienu a truvari l’eroe. E si lu trummianu. E intanto che il terzetto lavorava di pacchio e minchia e altro arrivò, inattesa, Arianna. << Disturbo? >> chiese la bella cretese. Era nuda. << Una femmina nuda non disturba mai.. trasi .. bella delle belle tra le belle che son belle ma lo diventano ancor di più se le inciollo iù.. perchè la ciolla rende più belle, fa spendere la bellezza femminea.. femmina di ciolla toccata s’illumina di minchia..>> << Teseo.. io ti amo..>> disse Arianna. << Io no..>> rispose l’uomo. << Ma io sì.. e se tu mi fai tua e mi mariti.. io.. >> << Tu..>> <<.. Io ti insegno come vincere il Minotauro..>> << Allora.. allora .. allora ti amo anch’io .. dietro ogni grande eroe ci sta sempre una fimmina innamorata.. la ciolla vince perché ci sta un pacchio che la sostiene..>> Col filo di Arianna , regalo di Dedalo ad Arianna, Teseo vinse il mostrò e salvò le ragazze e i ragazzi ateniesi. Oltre a sé stesso. Per ringraziarlo le femmine ci desino il pacchio, i ragazzi il culo. Fu offerta spontanea. Per grazia ricevuta. << Meglio sverginate che morte.. a parte che stare cu tia è stato un piacere..>> dissero le ragazze. << Meglio essere culirotti che morti..>> aggiunsero i mascoli. Arianna donò sé stessa nella sua totalità. Minosse imminchionì e ammammaluccò. Pasife restò coi ricordi di quella serie impressionante di ficcate ch’erano state tante ma anche una sola.. o forse era stata una fatta di tante.. << Sono tua anche se pianger dovrei il fratellin meo che ammazzato tu hai..>> disse Arianna a Teseo. Arianna comunque si congiunse e ricongiunse all’eroe infinite volte. E con esso partì. Ma su una bella isoletta Teseo l’abbandonò. Per ordine, pare, di Dioniso, che subito la iu a consolare con la sua minchia brilla. << Malirittu.. malirittu..>> lo maledisse Arianna. Alla vista di Atene Teseo si scordò a cangiare la vela. Togliere la nera e mettere la bianca. Segnale per il padre Egeo che era vivo. E quello nel vedere la vela nera, seduta stante, si catafuttiu nel mare che poi prese il suo nome : Egeo. Diventato re Teseo fece un bel discorso la popolo. << Akouete leoi .. udite o cittadini .. non pagherete più nessun tributo umano a Creta…adesso siamo una potenza.. e io scenderò sempre in campo per farvi più potenti… io sono il vostro nuovo re.. viva il vecchio re che è morto.. viva il nuovo re.. >> In tutte queste imprese consigliere spirituale e minchialire effettivo fu Priapo. Fu Priapo che lo guidò con la sua ciolla verso l’anello . Fu sempre lui che l’aiutò a soddisfare le Nereidi prima e quella fica acquatica di Anfitrite che era abituata a pesci sostanziosi. Priapo faceva loro vedere quello che in realtà non c’era. La ciolla già sostanziosa di Teseo la faceva vedere loro molto ma molto più sostanziosa. E quannu Teseo smontava attaccava lui. Con le sembianze di Teseo ma con la sua ciolla vera. E le Nereidi e la stessa Anfitrite gudienu da pazzi. La stessa cosa successe con Arianna. La carusa perse la testa per Teseo pirchì quannu lu taliava nella sua nudità vidia Teseo ma con la ciolla di Priapo. E dopo la prima ficcata fu ancora una volta Priapo, che pigliando le caratteristiche somatiche del picciotto, ci la intappò sia ad Arianna che alle ateniese che agli ateniesi. A questi ultimi nel culetto, naturalmente. E fu Priapo che sostenne l’impresa ficale nella fica di Pasife, che già conosceva minchia di Toro. Ma chi minchia ci trasi Teseo con Munipuzos? Ci trasi.. ci trasi.. minchia se ci trasi…parola mia di scrittore disgraziato che partecipau al disgraziato premio Pattuallopolis.. premio figlio unico perché deminchiato come Urano.. deminchiato dagli scandali… Teseo iu poi in guerra contro le amazzoni e si fici la regina ca ci cacau a Ippolito… non contento, l’eroe, si maritò l’ex cognata Fedra.. la sorella di Arianna.. Ma Fedra s’innamorò del casto e vergine figliastro Ippolito.. ma quello, devoto assai della casta e vergine Artemide, disse “ no “ alla matrigna…. Che per gelosia, rabbia, minnitta, odio e tutto quello che di bello ci sta nel cuore umano, si ammazzò dopo aver scritto un biglietto che accusava Ippolito di averla violentata.. Morì tragicamente anche Ippolito… ma morì vergine.. Teseo , re di un regno grande e vedovo addolorato oltre che padre in lutto, fece amicizia con Piritoo in tutti i sensi. I due vedovi si consolavano a parole e a colpi di minchia. E i due vedovi decisero anche di attrovarsi reciprocamente moglie. << Non possiamo sempre iri in culo l’uno all’altro..>> dissi Teseo. << Non sta bene.. per degli eroi grandi come a tia e piccoli come a mia.>> << Dobbiamo mirare in alto.. vender la ciolla sì, ma venderla cara..>> << Non un pacchio qualsiasi..>> << Non un pacchio sui generis..>> << A parte che va di moda per un mascolo povero cercarsi di accaparrare un pacchio ricco a colpi di minchia.. >> << Per noi ci vuole ameno un pacchio reale..>> << Io direi di più.. un pacchio semidivino o addirittura divino..>> << .. allora noi che già siamo quello che siamo.. dobbiamo mirare il alto..>> << In alto?.. in altissimo...>> <<... una dia ?>> << No ...una figlia di capodio.. >> << Una figlia di Zeus...>> << Sì... Io direi, per tagliare la testa al toro, di addivintari generi di Zeus.. >> << Fottiamo e maritiamoci due figlie di Zeus.. la scelta vasta è.. >> << ..e il catalogo e vario ed eterogeneo..>> << Bravo.. due fiche figlie di Zeus per i nostri cazzi eroici di eroi complessivamente eroici..>> Una figlia di Zeus a testa fu la conclusione teorica. Adesso bisognava metterla in pratica. Concretizzarla. . E in attesa della concretizzazione dell’impresa ciollesca di consolavano tra di loro. Misero gli occhi su Elena , ca ancora era picciridda sucacciuccettu e non certamente sucaceddi, e si la iucarono a pari e dispari. Vinciu Teseo, che si arrubbò la dodicenne Elena e si la portò a casa in attesa di maritarisilla. Ma intanto la stuprò.. come , quando e dove non si sa…ma ci la mise prima nel retropacchio e poi nel sito canonico.. ma questo non lo disse .. in ottemperanza a quella regola che impone la prima volta di usar le femmine come si fa con i maschi.. un sorta di iniziazione al fallo… Dopo aver pensato pi iddu si doveva pinsare all’amico. Pertanto fici na missione pi l’amico Piritoo ca si era appitittato addirittura a Persefassa detta anche Persefone o Proserpina.. la bella figlia di Zeus e di sua sorella Demetra andata in sposa ad Ade, il fratello di Zeus… Pertanto partenu per il Tartaro. Scesero negli inferi e fecero formale richiesta. Ade , dio degli inferi, a sentire questa stravagante richiesta, ci disse : << Ma Persefassa è la mia signora.. >> <<Ma noi siamo due eroi.. e vogliamo diventare generi di Zeus… io mi sono arrubbato a Elena, lui invece vuole democraticamente addomandarti come legittima moglie tua moglie Persefassa..>> disse calmo Teseo. << E che vi devo dire? >> disse, dimostrando una calma che sembrava eccessiva, Ade << ..comunque vi dico di sì.. la concedo in moglie al signor Piritoo.. intanto accomodatevi.. che adesso arriva Persefassa …. Se lei vuole divorziare da mia per pigliarsi il qui presente eroe , tanto di cappello.. mi scappello sia la coppola della testa che quella della minchia..>> << Grazie.. Ade.. >> Persefassa arrivò e i due fecero per alzarsi…ma non ci riuscirono.. avevano il culo attaccato al trono. << Adesso per punizione resterete in secula seculorummu col culo attaccati al trono… ed assisterete ai miei focosi amplessi con Persefassa… ma anche con le vostre defunte consorti…. in particolare, mio caro Teseo, rivedrai impegnata nell’arte fottitoria Arianna, Fedra.. e anche l’innocente Ippolito che adesso si che si fa la bella Fedra… e tu a taliari.. impotente talierai e ammuccherai amaro…ahhhh.. ahhhh….>> E così successe. Ma non in secula seculorummu. Solo Piritoo arristò là a sospirare col culo attaccato al trono.... inventò accussì il pirito…il peto… Teseo fu liberato.. perse nu tanticchia di natiche nell’operazione do scollamento ma fu liberato…E ritornò ad Atene… << Meglio con poco culo, ca col culo morto.. col culo incollato...>> Ma trovò i suoi concittadini ca erano incazzati niuri assai con lui.. La città era assediata dalla LEPPE. “ Lega pro pacchio di Elena”. << Ti arrubbasti ad Elena e per noi su cazzi amari… tu ti ni isti a circari moglie al tuo amico.. e noi qui sottoposti a una sorta di violenza continua…>> gridavano i cittadini. << Perdono.. fu la necessita…necessità di pacchio..>> disse Teseo. << Tu ci la mittisti in culo a Elena, così dicono tutti.. e loro, quelli della LEPPE, quannu acchiappano a uno di noi, ci la catafuttunu in culo.. al di là del sesso.. occhio per occhio.. dente per dente e.. e culo per culo…questa è la loro parola d’ordine..>> gridò l’assemblea dei cittadini. << Ma io veramente ci la misi pure là..>> << Ma a loro interessa la verità ufficiale.. è la verità ufficiale dice “ Elena fu sodomizzata ma non incunnata..” Così la ragazza potrà eventualmente trovare marito in alto loco..>> rispose uno dei capi. << Ma io voglio maritarmela..>> << Loro la rivogliono.. Elena è al centro di un processo storico e divino che noi al momento non possiamo capire.. quel cunno è e sarà argomento di storia, di filosofia, di diritto, di leggi e controleggi.. sarà il cunno su cui la minchia del mondo girerà..>> disse il capo dei magistrati. << O Elena o la morte..>> disse Teseo. << Teseo, tu sei Phallos Kakon.. il fallo di tutti i mali.. loro stanno inculando noi, le nostre donne e i nostri ragazzi e le nostre ragazze.. e se a noi mascoli ci la mettono ufficialmente solo nel culo, alle femmine fanno il doppio servizio.. pacchio e retropacchio. Ma la verità ufficiale dice “ solo darreri..” Come la verità ufficiale che riguarda quello che tu hai fatto ad Elena.. e se tu la arrubbasti per necessità di pacchio adesso la riconsegni per necessità di pace..>> rispose il generale Aristokazzone, a cui un drappello della LEPPE aveva amorosamente sfondato il sedere. << Non cedo neanche alla necessità di.. di pace…io sono Atene.. io sono la polis.. io sono il popolo.. anche se l’hanno messa realmente in culo a voi, cittadini cari, dovete sapere che l’hanno simbolicamente messa in culo anche a me…>> disse Teseo incazzato ma non intenzionato a calare le corna per necessità di .. di pace. << Certo.. tu realmente l’hai messa lì e là a Elena e simbolicamente la pigli in culo.. ma noi che l’abbiamo messa simbolicamente lì e là a Elena poi l’abbiamo realmente pigliata nel culo… bella teoria.. >> rispose il filosofo Platonsocratino. << Dare o ricevere.. realmente o simbolicamente.. lì o là.. sono solo parole..>> disse con arroganza oratoria Teseo. << Non sono solo parole.. la tua ciolla ha goduto.. i nostri culi hanno sofferto… e tra godere e soffrire una qualche differenza ci sta..>>disse lo storico realista Tacitino Etnico. << Io ho dato a Elena.. ho dato realmente in nome della polis..>> << E noi abbiamo ricevuto realmente in nome della polis…adesso facci dare anche qualcosa di realmente nostro a Elena.. e tu piglia qualcosa realmente dalla LEPPE in nome della polis.. >> dissero un gruppo di soldati. << Mai e poi mai… io non cederò.. >> gridò Teseo. << E allora ti facciamo cedere noi.. soldati della sessantanovesima centuria.. all’opera..>> gridò il generale << No..>> gridò Teseo. Quelli della sessantanovesima erano quelli del Battaglione Sacro. Cinquanta coppie d’amanti. Loro lu pigliano in un amen, in una amen lu misinu a culo per aria e in un altro amen lu attaccanu come un salame. Poi il generale Kakazzoinkulai riprese la parola. << Teseo caro.. le regole della democrazia valgono per tutti… E visto che non ti possiamo fare altro oltre alla verità ufficiale del mittiritilla là.. la unni tu la mittisti a Elena e là.. la unni quelli della LEPPE la stanno mettendo ufficialmente a noi.. i soldati della sessantanovesima centuria ti la metteranno là a tia.... e non solo là.. tanto per avere una verità ufficiale e una ufficiosa…>> << E quale sarà quella ufficiosa? Intanto che ci siete mi farete forse un pacchio artificiale? >> chiese con arroganza maestosa Teseo. Nonostante fosse appeso come un salame di Salamina e nudo come l’Apollo di Siracusa con la ciolla a vista ca paria un cannolo di ricotta di Erice, si ni futtia dello stato della situazione. << No.. niente artificialum cunnus..>> disse il medico di corte Cicias Ciciam Cicillorum Cicillae. << Gli eroi sono sempre nudi.. e non temono nessun oltraggio al loro corpo.. ogni oltraggio centuplica il loro essere eroi.. oltraggiatemi pure.. il vostro oltraggio ingigantirà il mio essere eroe..>> gridò in faccia al popolo della polis in tutte le sue componenti. E come se questo non bastasse sputò direttamente in faccia al generale Kakazzoinkulai. Il generale, tranquillo come un generale con tanto di coglioni sotto la ciolla e anche nel ciriveddu, diede il via al Battaglione Sacro. A turno le cinquanta coppie di amanti del Battaglione Sacro fecero il loro dovere. Sotto gli occhi dell’intera polis. La verità era in parte ufficiale e in parte ufficiosa. Ma sia l’una che l’altra la dovevano conoscere tutti. La dovevano conoscere veramente tutti. Teseo capì allora anche perchè era stata scelta la sessantanovesima centuria, quella detta Battaglione Sacro. Mentre uno dei membri della coppia ci sfondava ufficialmente il culo, l’altro membro della coppia ci dava ufficiosamente da bere il suo latte di brigghiu.. fatta la cosa poi si scambiavano le parti. << Cento verità ufficiali per cento messe in culo, cento dosi di latte di brigghiu per cento verità ufficiose.>> disse il generale Aristokazzone. << E per cento e per cento ancora.. e per mille e per mille ancora avete moltiplicato il mio eroismo...>> disse Teseo. << Arrogante..>> gridò il popolo. << Cedo.. per necessità.. di pace.. e per la pace del mio culo.. e perchè sazio di latte di brigghiu.. capisco il vostro problema e quello delle vostre donne.. Ridate pure indietro Elena a quelli delal LEPPE... Elena si trova a casa della cortigiana Cassiopea .. nascosta in una camera segreta... >> disse Teseo a cose fatto. In realtà il culo ci facia male e la bocca era tutta tumefatta. Ma all’improvviso Teseo riprese: << Ma io vi chiedo una cosa , in nome della verità. A voi è stato fatto ufficiosamente quello che voi avete fatto a me?>> << Sì.. >> risposero in tanti. Elena fu riconsegnata, nun si sapi se sfunnata sulu darreri o pure davanti; e l’assedio finalmente finì. E alla fine Teseo andò in esilio.. vagò per mari e monti alla ricerca di una meta. Anche in queste storie Priapo diede una mano e non solo quella a Teseo. Se lo aiutò a rapire Elena, lo aiutò poi anche a fare il resto a Elena.. Per questo Elena ristò sempre col pititto di Teseo. Più che la ciolla di Teseo, in realtà era stata la ciolla di Priapo che l’aveva mannata in estasi. Ma chi minchia ci trasi Teseo con Munipuzos? Ci trasi.. ci trasi.. minchia se ci trasi…parola mia di scrittore disgraziato che partecipau al disgraziato premio Pattuallopolis.. premio figlio unico perché deminchiato come Urano.. deminchiato dagli scandali… Priapo, sempre corpo e ciolla a disposizione di Teseo, non lo accompagnò in una impresa. << Sta minchia.. nell’oltretomba no..>> disse quannu Teseo con l’amico iu a circari Persefone. A dire il vero Priapo lo aveva anche sconsigliato. Ma quello oramai s’era montato la testa. Si sentiva eroe a tutti gli effetti, eroe invincibile.. Aveva o non aveva rapito la figlia di Zeus…. << Vaffanculo.. dio sella minchia.. non mi fare incazzare altrimenti ti la metto in culo pure a tia.. accussì come ci la misi a Elena..>> ci disse a Priapo. Priapo rise, in fondo lo amava come un figlio. Era si figlio di Egeo con qualche cosa di Poseidone , ma era figlio suo per quanto riguardava la ciolla. “Figlio di ciolla” lo considerava << Io lo abbandono al suo destino.. è grande, se rompe , che paghi... e forse gliela farò pagare pure io.. e forse anche la mia ciolla..>> disse Priapo a sé stesso. E Teseo pagò. Prima con frammenti delle sue natiche , poi col buco del culo. E trae le cinquanta coppie d’amanti del Battaglione Sacro ci stava pure lui. Sotto forma di Priapo e Antipriapo. Una coppia di gemelli amanti che nella realtà si chiamavano Draconalfa e Draconbeta. In questa forma una e doppia ci la mise in culo e in bocca al suo “ figlio di ciolla” Teseo. << Ha pagato abbastanza.. adesso, nell’esilio, nel folle girovagare in cerca di una nuova patria, lo aiuterò di nuovo.. sarò con lui testa e ciolla.. e cercherò di indirizzarlo verso una nuova, grande e bella avventura degna di un tale eroe.. anzi, ci dugnu pure un ulteriore dono. La capacità di vedere il futuro.. la televisione.. la visione da lontano.. la visione del futuro dal passato.>> disse Priapo a sé stesso. Ma chi minchia ci trasi Teseo con Munipuzos? Ci trasi.. ci trasi.. minchia se ci trasi…parola mia di scrittore disgraziato che partecipau al disgraziato premio Pattuallopolis.. premio figlio unico perché deminchiato come Urano.. deminchiato dagli scandali… Ed ecco come ci trasi Teseo con Munipuzos? Ci trasi sì.. ci trasi veramente.. parola mia.. Dopo una bella e lunga sosta a Ortigia, dove si passò il tempo passando da un lupanare all’altro, decise di cambiare aria. Ortigia ci pareva assai sofisticata. In poco tempo Teseo pigliò nove multe per essere entrato con suo scecco personale nella zona a traffico limitato. Lì, a Porta Marina, ci stava un pittore nascosto dietro una finestra che a ogni passaggio di scecco facia il quadro della faccia dell’uomo e del culo dello scecco.. perchè dovere sapere, cittadini di tutte le polis, che nella religiosissima , onestissima e sofisticatissima Ortigia, i scecchi avevano un codice sul culo. E al codice corrispondeva il nome del proprietario. Teseo ne prese nove di cui tre nell’arco di trenta minuti. Perché col suo scecco non trovava sceccheggio. Parcheggio per lo scecco. E allora facia il giro del palazzo e ripassava sotto Porta Marina. Ogni multa era di settantacinque erosminkia. Pertanto Teseo s’incazzò, maledisse la polis in questione e si ni iu alla ricerca di un posto che offrisse maggiore vivibilità. << Quannu torni, amicu beddu di cori e d’aceddu?>> ci addomandarono le signore peripatetiche che travagliavano nei lupanari che ci stavano intorno al tempio di Afrodite. << Sta minchia.. non torno più.. vado a fottere altrove.. il mio scecco è in ordine.. mangia pagghia e fienu senza piombo, ha superato la revisione, è dotato di cinture anticaduta e io indossavo la regolamentare coppola da scecco in movimento.. e come se chistu non abbastasse. il mio scecco teni il culo sempre pulito ed è dotato da sempre di coffa culare>> << Ehhhh..>> dissero le signore dal cunno lavoratore. << Teni la coffa sotto il culo per raccogliere.. per raccogliere le sue stesse cacate…>> << Ahhhh.. >> fecero quelle. Teseo incazzatissimo abbandonò Ortigia. E nell’uscire recitò una famosa orazione: << A mai più rivederci.. terra ingrata che tratti amaramente il frusteri che viene a visitarti.. che viene ad accattare nelle tue botteghe .. che viene a visitare i tuoi templi.. che viene a inciollare nei tuoi postriboli… a mai più.. meglio farsi una minata che pagare altre multe così assurde.. perchè sinceramente la segnaletica lassava addesiderare.. minchia se lasciava addesiderare… a dire il vero vero veramente non ci si capiva una minchia...>> Appena sciuto da Ortigia ittau la coppola regolamentare e si mise quella di Dulcex e Gabbanum.. ci scippau la coffa culare e disse allo scecco e ci disse: << Caca.. Caca a cazzo di cane.. fai tutta quella che ti pare.. che chi è libero di culo è libero veramente..” Ci scippau pure la targa e ci desi da mangiare tutto quello che allo scecco ci appitittava … << Tanto se fai pirita puzzolenti a mia nun mi ni futti nenti.. ad Atene sti minchiati non succedevano.. ma qua è terra diversa.. terra che in futuro farà chiagniri puru li maronni... >> E si allontanò intanto che lo scecco cacava alla sanfasò. Iu verso Haugustas prima e poi verso la zona detta Pattuallilandia. Ma appena si resi conto che quelle polis in futuro avrebbero avuto a che fare con il chiacchieratissimo premio Pattuallopolis scappau ancora una volta... quelle due polis sarebbero state la famosa sede del premio della vergogna .. del famigerato premio Pattuallopolis.. il premio dl disonore.. della vergogna .. della cultura sputtanata e scannata.. Chiuse gli occhi e visti. << Minchia chi mala facenna... non si capisce una minchia.. vade retro Pattuallopolis. io scappo verso altre chiù chiare polis...>> Teseo scappò felicemente felice di felicemente scappare felicissimamente felice di felicemente allontanarsi da un infelice terra capace di partorire bandi e regolamenti che infelicemente non si dovevano rispettare. . Scappau cantannu felici. << Quattro mila erosminkia.. Ottomila erosminkia.. Pavamo gli italiani.. Damula in culo ai siciliani.. Quattro mila erosminkia.. Ottomila erosminkia.. Quattromila ahhhh.. ahhhh.. Ottomila .uhhhh.. uhhhh.. >> Quella storia faceva ridere tutti i veggenti alla sanfasò già prima che accadesse. Tiresia, Minkiacalcante , Cassandra, Eleno , sibille, sibilli, minchia che risate. Ma chi minchia ci tarsi Teseo cu Munipuzos? Ci trasi.. ci trasi.. minchia se ci trasi…parola mia di scrittore disgraziato che partecipau al disgraziato premio Pattuallopolis.. premio figlio unico perché deminchiato come Urano.. deminchiato dagli scandali… Teseo migrò allora verso l’interno e attruvau un bel laghetto circondato da un bosco di macci di ficu… e si fermò in attesa di un segno del destino… un segnale da parte dei suoi amati dei… da parte di Priapo soprattutto.. intanto si passava il tempo a fari bagni e pigliarisi il sole.. e per mangiare, mangiava ficu.. perchè quel tipo di ficu maturava tutto l’anno… Un giorno, dopo un bel bagno frisco, Teseo canusciu nu sticchiareddu locale.. pertanto s’innamorò del posto e di lei .. una certa principessina Innocenziam Addolotatam Sticchioaddumatus. Li cosi ienu accussì. Pari.. La ragazza , che passiava alla sanfasò, perchè ci piacia dari la caccia agli uccelli, osservarli intanto che volavano e se possibili mittilli per un po’ in gabbia, lu attruvò che dormiva nudo dietro un cespuglio. << Ohhhh…. Ahhhh.. Ihhhh… Uhhhh… Ehhhh…a li mortacci suoi, chi carnazza ca teni… ma cu minchia è? Di qua non è…na cosa è sicura.. eni frusteri….sta carnazza ... sta bedda coppola di carnazza io non l’haiu mai vista…>> disse nel taliarlo nelle parti chiù interessanti che tiene un mascolo. Carnazza era il nome locale della ciolla. La ragazza vide che accanto al dormiente ci stava la tunichetta e una truscia. La sacca in dialetto. La rapiu pi circari qualche informazione. E truvau un documento. C’era scritto “ Teseo, ex re di Atene, iuto in esilio dopo aver subito la condanna ufficiale del culorotto e quella ufficiosa del bevitore di latte di brigghiu da parte del Battaglione Sacro.” << Minchia.. lu re di Ateni.. coppola di carnazza... un buon partito è.. sia pi posizione ca pi carnazza… anche se teni il culo rotto, sangue blu è.. ciolla reale realmente .. in senso fisico e in senso posizionale..>> La carusa era una pseudo-vergine. Cioè una ca si la facia sfunnari alla sanfasò solo ufficiosamente. E siccome i suoi non la volevano dare a nessuno del posto; e siccome i suoi aspettavano un buon partito; e siccome idda tinia il fuoco nel pacchio; e siccome lei addesiderava la carnazza ; e siccome avia un pititto enorme; e siccome le circostanze erano favorevoli; e siccome ci stavano troppi siccome... idda si incarnazzò sulla carnazza… Teseo si svegliò solo venendo. << Che bella accoglienza.. si usa così da queste parti?>> disse Teseo. << Silenzio uomo misterioso.. quannu si futti nun si parra.. >> disse Innocenziam Addolotatam Sticchioaddumatus. << Sono forestiero.. sono in esilio.. mi chiamo Teseo..>> << Silenzio Teseo.... che se quello che è successo lu sapi mio padre e mia madre come minimo ti incaprettano.. oppure ti luparizzano.. se non mi mariti naturalmente..>> << Incaprettano?>> << Sì.. ti attaccano in modo tale che una corda ti passa attorno alla carnazza…>> << La carnazza?>> << Sì.. la cosa ca servi pi pisciari e ficcari.. >> <<Ah.. il fallo…>> << Fallo o nun fallo.. è un chiovu ca è bellu ciantallu.. E farissillu ciantari è na cosa ca beni fa stari..>> disse la ragazza. << Allora.. torniamo alla carnazza….>> propose Teseo . << La corda ti passa attorno alla carnazza. E anche a li baddi . E per finire intorno al collo. Dopo nu pocu l’incaprettato non poli stare chiù e si movi, la corda si stringi, e iddu si impicca prima la carnazza, poi li baddi e infine il collo. L’uomo praticamente muore pi soffocamento. E a un certo punto la carnazza e li baddi si staccano.. la cosiddetta “ decarnazzizzazione e debaddizzizzazione” ..e se quello non muore subito ci sta pure la “luparizzazzione …”>> << Minchia.. chi mala morti…la stessa cosa della nostra deminchiazione e detesticolazione.. solo un po’ più ritualistica….>> disse Teseo toccandosi il capitale. << Qua tutto è rituale…coppola di carnazza , se è rituale..>> << E la luparizzazzione cos’è? >> << Quella è una cosa nostra .. tipica.. luparizzazzione vuol dire essere pigliati a pallettoni.. come la lapidazione… al posto delle pietre generiche ti tirano delle pietre sferiche.. i pallettoni o grandi palle…. Sino alla morte naturalmente…>> << Sentì.. e io di che morte devo morire? >> << Se mi mariti di nessuna…solo che la tua ciolla morirà sempre dintra di mia . .. tutte le volte che lo vorrai.. e che io vorrò.. cioè assai assai assaissimo…>> << Altrimenti?>> << Altrimenti devi morire… ti potrei ammazzare anch’io.. delitto d’onore.. lu proverbio dice “ pacchiu ruttu e sfunnatu.. o uomminu maritu o muortu ammazzato.” >> << Ma tu il pacchio non ci l’avevi mica sano?>> << Ufficialmente ci l’haiu ancora sano.. ufficialmente.. ufficiosamente sugnu la prima buttana del mio paisi.. faccio concorrenza alla buttana divina di Afrodite.. io mentalmente ho il “Catalogo delle minchie” dei mie paesani e dei mascoli delle polis vicine.. infatti la tua io non la conoscevo.. non era in quel catalogo mentale. ..>> << Come ad Atene .. ufficialmente e ufficiosamente..>> << Tuttu lu munnu è fattu di paisi Cunna appitittati e cazzi tisi.. Uommini cacciatura in cerca di tana Unni ficcari la loro minchia buttana.. Fimmini ca fanu tutti li santareddi E inveci sucanu e futtunu aceddi.. Ma chista è la storia ufficiosa Ufficialmente è tutta n’autra cosa.. Li fimmini sunu santi e l’anu sana.. Li masculi ci la ficcanu sulu a la buttana.. Se tenunu li sordi, naturalissimamente... Altrimenti si la mettunu in culu ma non dicono niente.. Perchè tu devi saperi ca sunu assai li cula rutti Ma nun si dici, anche se tutti lu sanu ognunu si ni futti..>> ci cantò la carusa. << Mentula di Zeus.. >> ci scappò a Teseo. << D’altra parte anche tu sei culo rotto…>> << Minchia.. cu ti lu rissi? >> << Nessuno.. quannu ti attruvai , tu dormivi col culo per aria e tineutu nu portuso ca paria ca almeno centu cazzi t’aeuna iutu in culo..>> << E centu funu.. ufficialmente.. il resto fu tutto ufficiosamente..>> << A proposito ..mi la ficcasti ufficialmente o ufficiosamente? >> << Veramente fusti tu ca ti la infilasti na la cosa..>> << La cosa? E chi è , cosa ca si mangia? La cosa ha un nome….non è una cosa anonima…>> protestò Innocenziam Addolotatam Sticchioaddumatus. << Certo.. un nome no, ma mille si.. Fissura.. fica…filazza.. pacchio.. sticchio…purtuso.. cunnus… tana di l’aceddu.. vasca do pisci.. fodero della minchia.. cessu di ciolla… a altri …>> << Io la chiamo “ MHONA “.. così mi insegnau la mia tutrice Mirandolinam …una femmina in fiamme che veniva da Aquileia… femmina focosa e bell’assai… e m’insegnò che la cosa delle donne loro la chiamano MHONA…>> << Bello MHONA.. ma chi minchia significa?>> chiese Teseo. << Ehhhh .. tu ti chiami Teseo.. ma chi carnazza significa?>> chiese Innocenziam Addolotatam Sticchioaddumatus. << Teseo.. colui ca la teni sempre tisa.. o quasi sempre..>> rispose Teseo che effettivamente tinia la carnazza di nuovo pronta per incarnazzare. Innocenziam Addolotatam Sticchioaddumatus rise. << MHONA vuol dire Minchia Herculea Onnipotente Naturalmente Addesidero…..>> specificò. << E la mia com’è?>> chiede Teseo che era al massimo della potenza ciollare. Innocenziam Addolotatam Sticchioaddumatus la taliò da vicino.. << E minchia.. è minchia sì.. è minchiformi… >> << E poi?>> Innocenziam Addolotatam Sticchioaddumatus la stringiu forte. << Herculea lo è..>> << E poi?>> << Onnipotente non lo so.. ci vuole la clessidra.. per vedere o calcolare il tuo record…>> << E per il testo?>> << Naturalmente io la addesidero…>> rispose Innocenziam Addolotatam Sticchioaddumatus. E senza dire altro s’immolò di botto e in preda a cosa non si sa iniziau una predica o discorso o apologia o fors’anche filippica del piacere. Tutto questo cavalcando la carnazza con la sua MHONA. Fu una vera e propria ciceroniana della cicia quella che lei, facendo un semplice su e giù con la MHONA sul cazzo, pronunciò o recitò. Non si sa se cosciente o incosciente. << Io la addesidero voracemente.. la addesidero talmente ardentemente che in un niente mi immono la MHONA con la tua ciolla bona e poi conto li lampi e li trona della tempesta lesta che la tua minchia fresca scatena nella mia vanedda piena ca si dilata e inscena il teatro del piacere per amore e dovere dovuti al tuo cazzo forzuto che su è iuto e poi scinni cosi come abballano li me minni mentre la natichi beddi assecondono i moti della vanedda ca si stingi e si allarga al passaggio della tua coppola della carnazza e a dire il vero anche il culo cularum fa rapi e ciurarum e poi ci sta lu buttuneddu ca è duru e beddu chistu miu clitoride o aceddu ca è duru come una minchitta pronta a iri in culiddu a lu chiù beddu ma adesso io mi piscio e scompiscio e coll’acqua di lu pacchiu ti annaciu lu mecciu e ammentri ca ci sugnu ti allago li cugghiuna e na stizza la fazzu arrivari al tuo culo rotto che non potend’io ficcaricci il mio clitoridazzo ci ficcu na stizzaredda di sculo di vanedda ma ora sentu che la fica si stringi e si allarga e ca la porta si rapi e ciuri e ca la coppola della carnazza vuncia e svuncia e scazza e incazza e sarvagghia s’incarnazza come una minchia pazza e io sento la scossa ca mi scussia e la vista ca mi s’annebbia e vedo li stiddi mentre la vanedda si allaga di sculu d’aceddu e li baddi fanu li balli di li ciolli ca inciollano e la scossa s’ingrossa e la testa abbola e lu cori abballa e la panza si spanza mentri tu pisci e io magari la simenta di pacchiu e cu lu spacchiu si impacchia la miscela divina di una minchia diavulina ca mi futti e sfutti e senti e nun senti se morta o viva sugnu se in pararisu o inferno mi trovu e mi dilato e mi stringiu e cu lu pacchiu la minchia ti stringiu e lu sculu di li cugghiuna mi sucu e m’arrapo cu la potenza del pacchia addumato e vidu li stiddi e sentu li campani mentri lu cazzu mi sbatti la so musica bedda na la fica rannazzi e nicaredda e io esplodo e mi allargo e fazzu bimmi e bummi e bammi cu la ucca e cu li iammi ma soprattutto l’Etna o lu vulcanu ca sta tra li cosci erutta sucu di piaciri a nun finiri mentri lu dio Efesto ca ci fa traesi e nesci macari iddu piscia e minchia come ci arrinesci e io di minchia pazza iettu na vuci ranni e potenti e assordanti e sviegnu supra sta bedda minchiazza… ahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh....>> Ittau na uci ca forse la intisiru pure nell’Olimpazzo e svinni. Teseo non aveva detto niente. Tutto lei aveva fatto. Lui si era lasciato cavalcare da quella furia di femmina dal pacchio invasato. Si era immolato in quella MHONA col suo cazzo. O meglio, lui che amava profondamente il greco, aveva gentilmente offerto il suo “ puzos “ a quella “ muni “ divorante e divoratrice assetata d’aceddi e di sculo d’aceddi. Quannu la carusa si arrispigliò Teseo ci chiese: << Ma questa cosa che tutti l’hanno sentita … è ufficiale o ufficiosa? >> << Ma questa cosa ufficiosa è.. >> << Ma se hai gridato accussì forte ca l’ana sentito in tutto il paese…>> << Sarà… vuci caccia funu… sunu frequenti sti cosi…>> << Caccia? >> chiese Teseo. << Sì.. magari caccia all’aceddu.. ma sempre caccia….>> rispose Innocenziam Addolotatam Sticchioaddumatus. << E dicemu ca caccia fu.>> << Devi sapere ca la fimmina magari ca incomincia non si devi mai dire ca si acchiappa na mincia..>> < < E allora come la mettiamo? >> disse Teseo ammusciannici la sua ciolla di nuovo tisa. << La mettiamo che la mettiamo dove vuoi tu..>> disse ironica Innocenziam Addolotatam Sticchioaddumatus. << Ufficialmente o ufficiosamente?>> << Intanto mettimilla .. poi si vedrà..>> Futtenu alla sanfasò per ore. Poi Teseo disse : << Basta..>> << Basta? E chi ti successi? Accussì picca insasizzi?>> << Basta pirchì mi fa mali? << Bihhhh.. talia chi cosi. A chistu ci fa la minchia..>> Teseo rise. << Mi fa mali lu culu. A forza di fari trasi nesci lu me culu a fattu rapi e ciuri.. a siccome recentemente ha subito ufficialmente quello che ha subito, mi fa un mali da morire..>> << Ti curerò io.. se mi mariti.. perché mi piaci.. altrimenti..>> disse ironica Innocenziam Addolotatam Sticchioaddumatus. << Altrimenti ?>> rispose Teseo. << Ti ammazzo… per avermi ufficialmente sfondato il pacchio..>> <<Delitto di necessità.. delitto sostenibile…phonos hekousios…. omicidio giustificabile.. phonos akousios… omicidio scusabile.. ma io ti marito…>> Alla fine Teseo chiese: << Come faccio a maritarti?>> << Vieni a palazzo e ci addomanni la mano a mio padre..>> << Vengo ora o vengo dopo?>> << Ora vieni cu mia.. poi verrai da mio padre..>> Teseo iu appresso a Innocenziam Addolotatam Sticchioaddumatus. La ragazza era figlia della coppia reale del villaggio che un anno si chiamava Fikidda e un anno Kazzidda. Perchè un anno comandava la regina e un anno il re… Era una società matripatriarcale… un anno matriarcale.. un anno patriarcale… un anno si portava in processione la Fikidda, un anno la Kazzidda.. Teseo , come ex re di Atene, fu accolto bene. E il matrimonio fu celebrato in tempi rapidissimi. Anche se la notte Teseo e la futura moglie ufficiosamente fottevano , ufficialmente vivevano in castità. Arrivò il giorno del matrimonio e quella sera i due , per riposarsi, non fecero niente. Ma la mattina dopo Innocenziam Addolotatam Sticchioaddumatus piglio una ampolletta , la rumpiu, e versau il contenuto della stessa sul linzolo. << Chi minchia stai facennu?>> ci addumannò Teseo . << La cerimonia della consumazione ufficiale del matrimonio..>> << Ehhhh…>> << Ora lo capirai..>> Infatti arrivano tante ancelle e la matri della sposa . << Comu l’aviti passata la notti?>> chiese la mamma. << Bona..>> rispose la figlia. << Bona l’avi passata ..>> recitarono in coro le ancelle. << Allora adesso sei fimmina fimmina…>> << Sugnu fimmina… fimmina fimmina…>> rispose Innocenziam Addolotatam Sticchioaddumatus. << Fimmina fimmina è addivintata..>> recitò il coro. << E quanti voti t’avi fatto fimmina fimmina…>> chiese la mamma. << Sette volte fimmina fimmina mi fici..>> << Sette volte fimmina fimmina la fici.. Sette voti ci la misi… accussì idda dici.. E iddu a cosa fatta conferma la cosa La carnazza setti voti ci misi dintra la rosa…>> cantò il coro. Poi le ancelle presero il lenzuolo di rosso macchiato e lu appinnenu come uno stendardo a lu barconi del palazzo reale. << Consumatum est… consumatum fuit… .>> gridò il popolo. Teseo si rese conto del valore simbolico della cerimonia. Legava carnalmente quello che lo era stato legalmente. Rendeva ufficiale che quella coppia ficcava. Che gli strumenti erano a posto. Questo voleva dire il lenzuolo mostrato alla gente. “ Il sangue della purezza.” veniva chiamata quella macchia. Tutte queste imprese ciollesche di Teseo furono rese possibili dalla presenza di Priapo. Fu il dio dal rosso palo sempre eretto che gettando la Pruli na li occhi a Innocenziam Addolotatam Sticchioaddumatus ci fici capiri che Teseo pussiriu un capitale che era maestoso. In realtà al carusa viria la ciolla del dio. E certe performance nun li fici Teseo ma Priapo, che , pigliate le sembianze del suo protetto ma mantenuta la ciolla, si diede da fare per far fare una bella figura al picciotto. Picciotto per modo di dire.. era Teseo rannuzzo ma tutto sommato li portava bene.. e per quanto riguarda la Pruli che Priapo ittava na l’occhi della gente da impruliare si trattava solo e soltanto di una polverina che aveva l’effetto di dilatare gli occhi.. di farli diventare una sorta di lente di ingrandimento.. con la Pruli na l’occhi le cose si vedevano chiù granni.. e la Pruli di Priapo ingrandiva solo le ciolle .. le faceva diventare quasi tutte quasi priapesche… Ma chi minchia ci trasi Teseo con Munipuzos? Ci trasi.. ci trasi.. minchia se ci trasi…parola mia di scrittore disgraziato che partecipau al disgraziato premio Pattuallopolis.. premio figlio unico perché deminchiato come Urano.. deminchiato dagli scandali… Passò il tempo e Teseo diventò re. E propose un nome unico per quella piccola polis. << Io propongo di chiamarla Munipuzos.. in greco.. e Monacazzo nella lingua locale...>> Ecco chi ci trasi Teseo. La città deve a lui il nome. Sia quello antico che quello moderno. Lui inventò il marchio Munipuzos…Il marchio Monacazzo. Pinsannu che la mona era molto gradita sia a lui che al suo protettore Priapo. Che potendo avrebbero ficcato sempre la ciolla nel portaciolla. Il termine MHONA Teseo lo aveva appreso da Innocenziam Addolotatam Sticchioaddumatus. Cazzo era parola nota a tutti. Tutti si dichiarano d’accordo. La scelta fu fatta all’unanimità. Teseo riordinò la polis e la fici bella. Fici leggi nuovi e moderni… E consacrò la città al dio Priapo Panphallus e Pancunnus… il Priapo protettore di tutti i cazzi e padrone di tutti li cunna. La società diventò solo e soltanto patriarcale.. Furono istituite le processioni falloforiche.. ma la più bella fu quella chiamata delle Mincialorie. Tutte le categorie dei cittadini della polis , secondo le loro possibilità economiche, fecero costruire una Mincialoria, una grande Minchiadilegno, che poi portavano in processione…. Non contento di ciò, Teseo decise di fare un patto col suo dio . Un patto simbolico ed esclusivamente al maschile, un patto che giustificasse l’amore reciproco tra Priapo e il suo popolo. Siccome una volta aveva fatto un viaggio in Egitto ed era venuto a conoscenza di una pratica detta “ Scappella il gattazzo di Osiride..” decise di applicarla a sé stesso e al suo nuovo popolo. Secondo la Teologia egizia, Seth scannò Osiride e lo fece a pezzi.. ma Iside li recuperò e li rimise insieme.. si accorse però che il prepuzio era nu tanticchia rovinato.. allora con i denti lo scippò del tutto e lo sputò.. dallo sputo nasciu un bell’animale mascolo col pelo d’oro argentato e gli occhi diamantini … poi Iside si congiunse carnalmente al rinato Osiride per generare Horo… e, come ci confessò poi Osiride, avia provato in quest’amplesso nuovi e intensi piaceri a livello della testa del suo gattazzo… Gattazzo era il nome dell’organo sessuale in Egitto. Iside ci spiegau quello che era successo. << Allora chiameremo gatto questo nuovo animale..>> sentenziò Osiride. E in tanti si sottoponevano alla pratica detta “ Scappella il gattazzo di Osiride.” Teseo decise di farne un atto religioso. Lui e tutti i mascoli si sarebbero sottoposti al rito sacrificale detto “ Scappella la ciolla di Priapo”. Teseo comunicò la cosa al popolo con un solenne discorso. << Akouete leoi .. udite o cittadini .. il dio Priapo mi è apparso e mi ha detto che questa polis gli è cara più delle altre.. pertanto vuole fare un patto con noi tutti.. o meglio, con tutti i mascoli…. Mi ha ordinato, che se vogliamo la sua protezione, dobbiamo sottoporci a un patto.. un patto che dobbiamo firmare col sangue.. ognuno col suo…>> Teseo si fermò un attimo. Poi riprese: << Akouete leoi .. udite o cittadini …perché la sede del patto è l’organo caro a Priapo.. “ Scappella la ciolla di Priapo” si chiamerà questo patto…e io sarò il primo a sottopormi a questo patto.. Priapo mi ha assicurato che l’uomo godrà di più.. e anche la donna godrà di più.. la femmina avrà la sensazione di avere dentro di sé una cappella chiù grande che la incappella… e anche l’uomo , avendo una minchia scappellata totalmente, avrà la sensazione di avere un minchia a dir poco monumentale.. e futtennu , noi firmatari del patto di sangue, noi trasmetteremo il patto col dio alle donne.. la ciolla scappellata sarà il mezzo e il tramite con cui noi trasmetteremo il patto alle donne.. “ il fine giustifica i mezzi “ dico io.. in questo caso il mezzo è l’uccello e il fine il patto con Priapo…noi saremo il popolo eletto di Priapo…>> I cittadini lo taliavano perplessi. << Akouete leoi .. udite o cittadini.. sta per entrare Esculapio .. qui davanti a voi mi sottoporrò al patto mio personale sulla mia carnazza…>> Esculapio , sotto gli occhi della gente, fece il suo intervento. Tanti altri mascoli lo fecero quel giorno stesso. Formarono l’associazione dei Protoscappellati . Gli altri mascoli furono scappellati nei giorni successivi. I neonati mascoli vennero poi circoncisi in occasione di una cerimonia detta “ Scappellesimo”.. cerimonia che da carne li faceva carne e spirito. In occasione del “ taglio” il popolo vide la bestia di Teseo. Tutti dissero quello che aveva detto un tempo quella che adesso era la moglie, cioè Innocenziam Addolotatam Sticchioaddumatus. << Ohhhh.. a li mortazzi suoi, chi carnazza ca teni…>> Ma anche in queste avventure fu Priapo il vero sostegno psichico, fisico e cazzico dell’eroe . Ittannu la Pruli nell’occhi a tutti, e non solo a Innocenziam Addolotatam Sticchioaddumatus, ci fici abbidiri una minchia maestosa. La carnazza c’era, ma tutti la vedevano e la percepivano chiù carnazza di quello che era. Da allora tutti lo chiamarono Teseo Alicarnazza.. stava a significare “ A lì, chi carnazza ca teni..” Ma poi , un giorno, Teseo si asdirrubbò dalla rupe Tappinarea. O forse ci fu qualcuno che lo asdirrubbò dallo sperone roccioso che sarebbe diventato un giorno l’Akropolis. Forse fu Priapo che lo addirubbò. O forse si autoaddirubbò. Si addirubbò da solo. Per stanchezza, noia o altro. Forse s’era rotto i coglioni della vita. Forse.. Gli eroi non sempre muoiono da eroi. E poi la ciolla ci stava arrimuddannu. La notte prima non era riuscito a farsi la moglie Innocenziam Addolotatam Sticchioaddumatus ed era depresso assai… << Meglio morire come eroe dalla carnazza tisa che come eroe dalla carnazza morta..>> diceva spesso. Qualcuno parlò esplicitamente di suicidio. Teseo lo diceva sempre: << La vita è mia , solo mia, e non degli dei tesoro.. me la tolgo quando voglio io e non quando vogliono loro..>> Il popolo riconoscente lo dichiarò padre della patrie e ci costruì quello che poi sarebbe diventato il mausoleo di Teseo Alicarnazza… In fondo il none antico Munipuzos e quello dialettale Monacazzo li aveva dati lui.. e Munipuzos prima e Monacazzo appresso gli sono e gli saranno sempre riconoscenti… Ma chi minchia ci trasi Teseo con Munipuzos adesso lo sapete? Ci trasi.. si o no? Ci trasi.. e minchia se ci trasi…parola mia di scrittore disgraziato che partecipau al disgraziato premio Pattuallopolis.. premio figlio unico perché deminchiato come Urano.. deminchiato dagli scandali… << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere e avere una minchia chiamata Alicarnazza, a che minchia serve vivere con una cotale minchia e non avere una filazza unni ficcari la minchia denominata Alicarnazza?>> era la variante, dedicata a Teseo, della domanda per cui era famoso il filosofo Socratino da Munipuzos. Homerino scrisse, in greco naturalmente, l’opera Munipuzos polis gea omphalion, Mhassymylyano il Carmen Munipuzos caput mundi, e lo scrittore Santhokriso il romanzo in dialetto Cent’anni a Monacazzo. Ma poi lu cangiò in Cent’anni di rottura di minchia e scassamento di coglioni vari alla ricerca della verità nascosta tra le pieghe della trinacria dei misteri dionisiaci carlentinci e lentinici in quanto non si sapi se in quattro e quattrotto funu quattro o otto per non parlare poi di li carti e cartazzi e sapiri se si persino a Lentini, a Palermo o strada facennu pirchì c’era scuru a cazzi e, nebbia a minchi e minchiati a cazzi vari e anche del pirchì sti cazzu di cartazzi nun funu integrati come richiesto e che purtroppo neanche due giornalisti cu li palli arriniscienu a risolvere il mistero di stu cazzu du premio ca se erutu italiano d’talia il coordinatore ti pagava mentri se eri italiano di sicilia ti dicia aspetta ca prima o poi la piglierai in culo pirchì chista è la sicilia di li cazzi mistiriusi . Apollo rispunnia: va duna l’anchi, Ccu sti to vapparii, tu non mi arrunchi, Forsi cridi ca l’autri sù vanchi, Sù locchi, sù minchiuni, sunu junchi? Cca c’è qualchi pirsuna , ca puranchi Si senti cori, e non ha manu ciunchi; Chi futti comu avissi centu minchi, Chi ti sbarra lu culu e ti lu inchi. Lu figghiu di Semeli parsi un braccu, Dissi: non dura a longu chistu addiccu; Santu di Cavuluni, ‘un sugnu Baccu, Si ‘ntra l’ultima crispa ‘un ci la ficcu; Non tiru avanti pirchì sugnu straccu; Mi sentu già lu cannarozzu siccu; Ma cazzu! siddu viju ddu buccuni, Cci la ficcu cu tutti li cugghiuna. Micio Tempio, La minata di li dei. IV . La stagione degli amori e delle corna Mircuriu rispunnuia: talia cu parra! Quali minchiunaria all’autru afferra; Un ‘mbriacu, un bunaca, un menzu-garra, Mischinu! Non è in celu e mancu in terra: Va cerchiti cu c’è ca ti lu sbarra; Ca si tanticchia lu sensu mi sferra, A sti dii di li sensi e di la murra Li fazzu pezzi pezzi , comu surra. Dissi Vulcanu: va, zittu minchiuni, Re di li primi ruffiani e latri; Papà di l’imposturi e l’attimpuni, Accusirissi magari a to patri, Veniri tocca a mia, si lu spiuni Tu non facevi a Giununi me matri; Veniri nun purtassi di la fascia; Lu titulu di figghia di bagascia. Micio Tempio, La minata di li dei. Zeus pinsò alle corna primarie. Quando tradì Era con Io, la sacerdotessa dell’Heraion. Io era un bel pacchio e vergine pure. Zeus la perseguitò in sogno. << Mi consento di farti mia.. se non consenti mi autoconsento..>> Io contò tutto al padre e questi curriu dall’oracolo. L’oracolo profetizzò che era il caso di allontanare la picciotta. << Per evitare guai…. Altrimenti ci saranno cazzi amari assai..>> Ma Zeus non cambiava mai idea. E mente Io si allontanava Zeus la trasformò in giovenca bianca. Era era già gelosa. E fici di tutto per evitare l’accoppiamento che la cornificava. Ma Zeus, dio degli dei e fallo dei falli, alla fine, quannu la giovenca arrivò al lago di Munipuzos e poi si perse nel bosco di Mynkyalonya, la ritrasformò in fimmina … << Consenti.. >> ci disse, arrapato come un mandrillo.. << Consento..>> rispose lei, stanca come una tartaruga. Il dio la toccò prima con una mano, poi con l’aceddu; e generò accussì Epafo. Toccato da Zeus… Tre volte la toccò con l’aceddu e tre pila pretese. Io acconsentì. Dolce è il bacio di Europa, anche se tocca appena le labbra, dolce anche se sfiora appena la bocca; non è alle labbra che s'accosta, ma preme la bocca, e dal profondo rapisce l'anima intera. Antologia Palatina Zeus si fece anche la sorella Demetra. Per un solo motivo. Fare una bella figlia, Persefassa, detta anche Persefone, da dare in moglie a suo fratello Ade. Si trummiò la sorella al buio con la solita dicitura. << Mi consenti.. altrimenti mi autoconsento..>> Demetra consentì. Tutto successe nel bosco di Mynkyalonya. Sette volte si fece la sorella e sette pila si piglio da quel pacchio di famiglia. Nasciu la bella Persefassa ma Demetra non volendo darla in sposa ad Ade la spedì in Trinacria.. e la carusa , mentre passiava lungo le sponde lago di Munipuzos, vide un narciso bellissimo.. per pigliarlo si calò assai.. e si misi culo a ponti... in quel momento la terra si rapiu e Ade sciu alla guida del suo carro potente…la acchiappò pi lu culu e si la portau nel suo regno sotterraneo. E lì, quella ancora svenuta per lo scanto, la fece sua. << O acconsenti o acconsenti..>> pinsò Ade. Per volontà divina sua e col permesso del fratello suocero Zeus il dio dell’oltretomba si la fici. Demetra pianse lacrime amare. Con gli occhi e col cunno. Vagò dalla Grecia alla Magna Grecia cercando la figlia. In una di questa traversate incontro il fratello Poseidone che cercò di violentarla. E ci riuscì nonostante lei scappasse. Incontrò pure Aretusetta che ci raccontò che nel corso della sua traversata sotterrane aveva visto Persefassa nel regno degli inferi. Incontrò Ecate che ci disse di aver assistito al rapimento. Ed Elio che tutto vede confermò la cosa. Alla fine Demetra ottenne di aver ciclicamente la figlia sulla terra. E pare, dico pare, ma la cosa sicuramente fu, che lo stesso Zeus si trummiassi la figlia- nipote , per fargli cagare Zagreo . Per farlo suo erede. Quarantanove volte si la fici in una sola notte e quarantanove pila chiese per la sua Piloteca . Ovvero la matrazza cina di pila di pacchio. Ma i Titani , sobillati da Era, se lo sbranarono questo picciriddu che doveva avere un futuro radioso . Ma non l’ebbe. Pallade Atena riuscì a salvare solo due cose del picciriddu: il cuore e il pene. Che diede a Zeus che a sua volta li ficcò a colpi di minchia nel corpo di Semele. Fu generato accussì Dioniso. Simenta nuova ma cuore e pene di Zagreo… La minchia erede della minchia del capodio passava da Zagreo a Dioniso. Dal buttaniere ranni di Zeus al buttaniere brillo di Dioniso. Amore violento non ha mai conosciuto le leggi e nessuna, nessuna altra cosa distoglie l'uomo dalla follia dell'amore. Se dunque ti occupa l'impegno degli affari forensi, non è amore profondo quello che c'è nel tuo petto. Quale amore, quando un piccolo braccio di mare è sufficiente a separare il tuo corpo dalla ragazza che ami? Leandro ha mostrato col nuoto qual è la forza d'amore, e non si è dato pensiero delle onde notturne. Tu, mio caro, hai anche le barche, eppure frequenti piuttosto Atena, e respingi indietro Afrodite. Atena possiede le leggi, Afrodite il desiderio: tu dimmi, qual uomo può servire a due padrone, Afrodite ed Atena? Antologia Palatina Ma Zeus ebbe tanti amori.. ( Breve riassunto delle opere ciollesche della minchia del capodio ) Dopo la bella oceanide Meti, , sua prima moglie, al quale in poco tempo spilò il pacchio, che si ammuccò in un fiat nonostante fosse incinta di Pallade Atena, Zeus si trummiò la titanessa Temi ca ci cacò le tre Ore e le tre Moire. Qualcuno dice ca ci cacò pure i Minuti, li Secondi, li Giorni, li Simani e li Misi.. E che con questi suoi figli Zeus fici il primo calendario dello Zeussismo.. o Zeussesimo dir si voglia… Quindi si fici e strafici Eurimone, che ci desi le tre Grazie ed altro. Ci desi pure le Disgrazie, le Rompicoglionesse , le Scassacazziche, le Spezzapiselliche, le Sbunciamarruna, le Rumpibaddi e altro.. molto altro. Anche questo pacchio fu spilato in poco tempo assai assai ... Toccò, come detto, alla sorella Persefone che ci sfigò Persefassa. Come già detto, il padre padrone si chiavò la figlia per fare suo figlio Zagreo. E pila scippò dal pacchio germano e dal pacchi filiale... Con la titanessa Mnemosine dopo ultratitaniche ficcate fece le nove Muse, ma anche le Fuse e le Sfuse, le Iarruse, le Sburruse , le Minciuse e le Cazzuse.... E tanti pila di fica scippò, naturalmente... Con Loto , che pretendeva sempre una ficcata doppia o multipla di due, fece Artemide ed Apollo, i gemelli terribili che si completavano a vicenda. Ma fici anche Cille e Ciolla, Cazzillo e Cazzolla, Ficchillo e Ficcolla e altro.. E la raccolta di pila di sticchi fu sostanziosa anche in questo caso.. Si la fece anche con la pleiade Maia che gli partorì Ermete, autro dio importante. Ma gli cacò anche Armete, Bermete, Cermete, Dermete e altro.. E pila naturalmente ci scippò.. La sorella Era , consorte definitiva di Zeus, gli diede dei figli legittimi ma a quanto pare non suoi biologicamente parlando... ma pila alla moglie ci ni scippò assai assai... Zeus perse la testa anche per la bella Teti. Per lei la perse anche Poseidone. Ma Prometeo, quello che Zeus aveva legato al promontorio di Pantalica, la dove i due fiumi si incontrano per una eterna fottuta idrica di accadueo più accadueo , per pura e semplice minnitta ci fici passare l’arrapamento a tutti e due li fratelli. Ma non era solo minnitta, era anche amara verità.. Prometeo, il progenitore degli uomini, da tempo era incatenato come un salame per vari minchiate commesse a danno di Zeus. Prometeo aveva creato gli “uomini sessoautonomi”. A dire il vero aveva creato anche altri viventi. Lui creava con la creta . Poi faceva vedere i modelli a Zeus e se otteneva il benestare questi venivano animati. Ma a differenza di altri progetti di vita, stavolta Prometeo non li aveva fatti visionare a Zeus. E il capodio s’incazzo. << Cu minchia si criri di siri sta testa di cazzu? Il nuovo dio creatore di cazzi e sasizzi?>> Questi “ uomini sessoautonomi” , perché Prometeo non creò la donna, avevano una ciolla lunga e un portuso al posto del biddicu. Quando volevano riprodursi si mettevano la ciolla nel portuso ed era fatto. Praticamente una sorta di clonazione. Per autoinciollamento. Anzi, per autoimbiddicamento. Pi minnitta Zeus fici a Pandora, la prima donna dalla fica irresistibile e dannosa.. Il nome vuol dire “ tutti i doni” , ma erano doni laiti. Più che “ tutti i doni”, voleva dire “ tutti i mali”. Cazzi amari praticamente. Zeus la desi in moglie al fratello babbo di Prometeo che di nome facia Epimeteo. Vuol dire codesto nome “ riflessione “, ma in realtà voleva dire solo babbitudine , coglionaggine, stupidità e roba simile. Nonostante il fratello lo avesse avvertito dicendogli di non accettare doni divini, perchè per quello che lui sapeva gli dei ci la volevano mettere nel culo, lu babbu di pacchio appitittato, appena visti a Pandora si la pigliò. Scordandosi quello che gli aveva detto il fratello. << Minchia quant’è bona.. bona pi fari lampi e trona..>> << Bona per tutto e anche di più..>> disse la donna. << Chi porti na la quattara..>> ci addumannò lui. << Doni per gli uomini.. per gli uomini in generale..>> << E pia mia nenti? Nenti porti al tuo maritino bello?>> chiese lu babbu specializzato. << Pi tia tiegnu n’autra quattara.. na quattara sana che tu dovrai rompere con la tua ciolla di ferro..…>> E dette queste parole la fimmina si spogliò e ci fici abbidiri la porta della quattara. Era rossa, cu quattro labbra e nu buttuneddu ed era intuppata da un membranoso stuppagghio e decorata a un triangolo equilatero peloso. << Rumpi l’imene cu lu peni.. rumpi lu purtuni e trasi lu cazzuni..>> Epimeteo si alliccò il musso come un erotomane mancato. La taliò con lo sguardo ingrifato e poi chiese. << E la quattara unnè? Io vedo solo una filazza russa.. una specie di ferita insanguinata.. e poi tutto quel pelame.. ehhhh.. io tengo la barba na la faccia e tu la tieni sutta lu biddicu.. Ihhhh …>> << La quattara sono io.. la quattara è la panza mia.. tu devi entrare dintra la panza mia…>> << Bihhhh.. mi fa impressione…e di unni haiu a trasiri ? Dal biddicu?>> chiese lu babbu ranni. << No.. dalla filazza…>> << Minchia chi impressione.. ma di dintra ci sta la sorpresa ? Ed è bella la sorpresa?>> << Dintra ci sta il piacere.. la felicità.. lu pararisu.. lu sticchialisu.. lu ficcalisu…lu paradisu di l’aceddi, li campi elisi di li minchia… capisti, o no? >> << E… e … e allora rumpemu la quattara..>> Con l’aiuto della donna Epimeteo ruppi la quattara. Iddu fu cuntentu ma Pandora restò di ghiaccio. << Epimeteo è babbo di ciriveddu e d’aceddu.. li fimmini non sono robba pi iddu..>> E incominciò a cornificarlo col fratello intelligente e preveggente: Prometeo. Che fu il vero padre di Pirra che poi diede in moglie a Deucalione, figlio suo e di Prenoia. N’autro incesto anche se camuffato. E Prometeo con la sua furbizia fece si che gli uomini del futuro fossero tutti figli suoi. Perché Deucalione e Pirra furono gli unici che si salvarono, secondo la dottrina dello zeussismo, dal diluvio universale voluto da Zeus. Quel matrimonio inconsapevolmente incestuoso fu la base del genere umano come lo conosciamo noi. Ma non solo per questo il sommo Zeus s’incazzo con Prometeo. Ci fu la storia del fuoco rubato e dato agli uomini, ci fu la storia dell’avergli dato grasso e ossa da mangiare . E altro ci fu. Pertanto Prometeo stava là , legato alla roccia, nudo e tormentato. Ma fiero di non aver calato le corna davanti al capodio. Anzi, pronto a rifuttillu. Ma stavolta ci l’avrebbe misa in culo senza fariccillu capiri. E chi misa in culo. E adesso era venuto il momento. Pertanto Prometeo, sincero come un neonato innocente e furbo come un figlio di buttana specializzato, sapendo che il capodio era prossimo a fottersi Teti, lo chiamò. E ci disse l’amara verità. << Zeus.. veni che ti devo parlare..>> Zeus fici finta di nenti. << Ora ti assistemu io..>> pensò Prometeo. Dalla sua scomoda posizione ittau vuci ancora chiù putenti. << Zeus .. questione di pacchio è.. vieni o lo grido all’universo intero…>> Zeus, per non far chiacchierare tutti delle storie di pilo sue, corse immediatamente a Pantalica. << Come va, Prometeo bello? Ti trovo bene, bello abbronzato...>> << A cazzu di cani mi trovi.. e a beccu d’aquila ca lu figutu mi mancia.. e ogni tantu mi pizzulia pure l’aceddu.. a allura io santiu.. mincia comu mi mancia la mincia…e io santiu.. Zeus accussì e Zeus accuddì..>> << Lo so.. ti sento.. e m’incazzo..>> << E che mi vuoi togliere la libertà di santiare.. contro a tia…li catini al mio corpo li puoi mettere ma al mio ciriveddu e a li miei pinseri no...eleuteria.. eleuteria.. libertà.. libertà... >> << Ti.. ti fazzu pizzuliari la lingua..>> << E io santiu col pensiero..>> << Senti Prometeo beddu.. cosa mi devi dire? O mi hai fatto venire qua per pigliarmi per il culo?>> << No.. ci mancherebbe .. sai che io sono “preveggente”.. questo significa il mio nome e corrisponde alla verità.. io so quello che ogni atto avrà come conseguenza…soprattutto ogni atto sessuale... e ho un segreto importante pi tia.. se fai ficca ficca con Teti sappi che genererai la tua rovina.. quel figlio diventerà chiù potente del padre e lo detronizzerà, deminchierà e detesticolizzerà… sappilo…. poi fai come mincia credi.. se per un colpo di mincia vuoi perdere la mincia, questi sono cazzi tuoi.. fattela pure se vuoi.. ma non venire dentro la domusmentula...>> << Io se ficco devo venire, altrimenti mi diventa acido lu latti di brigghiu.. io non amo il coitus interruptus .. io prima ficco ma poi devo venire…>> rispose Zeus . << Usa allora una tunichetta per la mincia..>> << Ehhhh… una tunichetta pi la minchia?>> << Sì.. il profilattico… certo, si poli rumpiri, ma in genere funziona…>> E ci desi una sorta di tubo a fondo cieco ottenuto dall’intestino essiccato di un maiale. Accussì Prometeo inventò il profilattico e fece agli uomini un altro ulteriore dono. << No.. io a quella non me la fotto.. cu sta tunichedda sulla minchia mi passa il pitittu. Mi pare di fottere con la minchia in maschera...ci rinuncio.. e a tia ti libero… per il resto aspetto che Teti si mariti.. aspetto che si mariti e.. e quannu sacciu ca è incinta mi la trummiu alla sanfasò… >> concluse Zeus. Prometeo , contento per la prossima imminente liberazione, tremò per la promessa di Zeus di fottersi Teti dopo il matrimonio della stessa.. o meglio, appena quella scia incinta... La prima notte della ritrovata libertà, in una grotta scura, Prometeo si futtiu e controfuttiu la sua innamorata ca di nomi facia.. facia Teti. Si erano innamorati con lo sguardo. Lei si facia il bagno nel fiume e taliava in su, e vedeva lui. Lui stava lì , come un salame, incatenato alla parete rocciosa, e taliava in giù. E vedeva lei. Non si parlavano. L’unico cenno di vita era la sua ciolla che attisava, ed era allora che arrivava l’aquila e anziché il fegato ci pizzuliava l’aceddu tisu. Ma la notte , quannu Zeus nun ci vidia chiù in là di un pilo di minchia, Teti raggiungeva il suo amante e facevano sesso acrobatico. Lui incatenato sul precipizio e lei che inventava nuovi modi pi fottere meglio in quelle precarie condizioni. Infatti Teti è considerata l’inventrice del sesso acrobatico. Le posizioni chiù belle e complicate per fottere le ideò lei per far felice il suo amante incatenato. In quella prima notte fu libertà fu seminato Achille. Pertanto Achille è figlio di Teti e di Prometeo... Zeus intanto scelse di darla a un mortale, tal Peleo. E quannu seppe ca era incinta, praticamente la notte del matrimonio, si la trummiò e per giunta col profilattico. Ma un pilo se lo pigliò comunque... Achille pertanto , biologicamente parlando è figlio di Prometeo e non di Peleo. Di Zeus pigliò solo un po’ di ciauro. Di Peleo un cazzo... Perchè quannu Teti si sposò già incinta era.. anche se quel primo caruso non fu l’Achille delal storia.. per fare tutti gli Achille della serie, dal primo al penta, Prometeo diede sempre il suo contributo minchiesco.. e soprattutto diede la sua dose di latte di brigghiu . Che se il latte non ci sta, nenti succeri.. si ficca e basta.. il latte invece quagghia e fa il miracolo.. nasci soccu cosa... Stuprò anche molte mortali il sommo Zeus. Niobe. . Europa. Semele. Danae . Leda. Antiope. Alcmhimkia. Alkazzu. Alkulo. Alcmena. Alcmhona. E poi tante rimaste nel dimenticatoio, a parte li pila che il capodio ci scippava sempre dal cunno per metterli nella sua matrazza. << Come si dorme bene in chista matarazzu, cinu di pilu di sticchiareddu , di sticchiu e di sticchiazzu.. ahhhh.. ihhhh.. comu mi arrigriu li baddi e lu cazzu.....>> diceva il capodio quannu si ittava nel suo specialissimo letto. << Non è per fare lu iarrusu ma m’attisa l’aceddu e mi pruri lu culu..>> concludeva ridendo. Riferendosi a questo materazzo Socratino da Munipuzos si chiese: << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere e avere una minchia per farla riposare in letto cino di pila di cunno incunnati dall’incunnatore capo, a che minchia serve vivere e avere una minchia che dorme tra tanti pila di cunno da altri incunnati se poi nun ci sta anche un cunno pi incunnare la to minchia?>> Homerino scrisse l’opera La divina pileide , Mhassymylyano il Carmen Pilus et pilus e lo scrittore Santhokriso il solito romanzo in dialetto. Titolo Cent’anni di pilo di sticchio per una matrazza o un cuscino. A leggere Diodoro Siculetto, che è l’unico che ne parla nella sua serissima opera storiografica senza documenti e carte certificate, aveva infatti studiato con certe persone del futuro Pattuallopolis , “ Historia di Zeus a Munipuzos “ , il capodio si fece anche una bella picciuttedda locale… Si chiamava Nauficaa.. Zeus sapeva che quella anelava alla conquista di un pesce bello sostanzioso, ma soprattutto appartenente alla nomenclatura, il tutto per il suo pozzo esasperato dal pititto di ciolla prestigiosa e non anonima.. << Se una minchia è solo una minchia a che minchia serve? Io voglio una minchia con tanto di proprietario.. una minchia di quelle che contano... >> Anche questa era una moda. Se il mascolo povero cercava di accalappiarsi a colpi di minchia un pacchio figlio della locale nomenclatura, le femmine, da parte loro, specialmente se povere, cercavano di accalappiarsi una ciolla come minimo di professionista.. << Anche se è vecchiu teni lu mecciu.. e se lu mecciu nun ci la fa, in giro di mecciu ci ni sta in quantità.. ma li picciuli e lu beni stari , chiddi nun fanu mai mali...>> dicevano le ragazze da marito che volevano la ciolla professionista. << Magari ca è vecciu di corpo e di mecciu l’importante ca è picciotto di piccioli..>> diceva Cecilia Cicilla che s’era maritata un vecchio ricco sminchiato ma tinia l’amante carusu . Pertanto molte picciuttedde si accaparravano ciolle già mature ma professioniste.. in cambio dell’uso, spesso non esclusivo del portaciolla, le ragazze si assicuravano una vita assai assai benestante.. anche se non proprio penestante a causa dell’età della ciolla.. ma benestante economicamente senz’altro.. E per trovare una ciolla di prestigio Nauficaa si conservava vergine. << Ciolla di prestigio e proprietario di prestigio... >> diceva la ragazza. Ai ragazzi coi quelli si mittia concedeva solo la bocca e il culo. Il cunnus no . Passava le giornate ai bordi del lago di Munipuzos intenta a pescare le carpe.. il suo pesce preferito. << Minchia.. ma prima o poi la dovrò trovare un bell’esemplare di carpa di mascolo per il mio pacchio.. Io la voglio come minimo reale.. altrimenti quella di un eroe.. oppure una carpa semidivina .. l’ideale sarebbe una carpa di dio.. magari quella del capodio in persona…la carpa di Zeus sarebbe il massimo.. anche se il massimo in fatto di carpa è la carpa di Priapo.. ma Priapo viene dopo Zeus.. meglio la carpa più piccola di Zeus ca quella più grande di Priapo.. perché se analizziamo il proprietario della carpa è chiaro che Zeus è un pezzo più grosso di Priapo.. è il pezzo più grosso della nomenclatura dell’Olimpazzo.. anche se non la carpa chiù grande dello stesso.. minchia, come vorrei la carpa di Zeus.. la carpa di Zeus.. la carpa di Zeus..>> E litaniava.. <<.. la carpa di Zeus.. .. la carpa di Zeus.. .. la carpa di Zeus..>> << Ma va a cagare.. che ciriveddu di merda.. scatacefala.. scatacunnus.. magari vedi se t’incunna Priapo in persona. Almeno ci provi più piacere…quello nun teni na carpa.. teni un carpone.. un carpaccio.. un carpazzo…e non un semplice cazzo... che Priapo t’incunni cu lu so cazzu il tuo riluttante sticchiazzu...>> ci dicevano li carusi coi quali intrecciava una storia pilusa che non si concludeva con la trasuta del diuzzo del mascolo nell’Olimpazzo personale di Nauficaa. << No.. quello no.. quello mi sventra …comunque la questione non è di vostra competenza.. voi siete solo delle carpette... delle carpuzze.... delle carpe nane…>> << Però ci hai giocato a tuo modo con le nostre carpuzze..>> << In mancanza d’altro sì.. ma non col pacchio però..>> In cuor suo Nauficaa si la sarebbe fatta ficcare anche da Priapo. Zeus,conoscendo i desideri di Nauficaa, si fece trovare ai bordi dl lago di Munipuzos nudo e dormiente.. con l’aquila e le folgori vicino.. quella lo taliò a lungo e capì. << Minchia.. Zeus è.. e quella è la sua carpa.. minchia chi eni bella... pare na minchia divina.. eni na minchia divina...>> E si lu fici intanto che quello dormiva. Sette volte senza smontare da cavallo, sempre impalata sul palo di carne del capodio. Sempre con la divina carpa nel suo acquario personale. Zeus poi si svegliò e senza profferire parola alcuna si la rifici altre sette volte sempre senza sfilare lu battagghiu dalla campana. Zeus incunnava e quella diceva: << Incarpami.. incarpami…>> Zeus ascoltava, non capiva ma ficcava. Alla fine chiese: << Mi consento di chiederti cosa vuol dire “ Incarpami”. >> Lei glielo spiegò. Poi disse: << Sette pila adesso vuoi? >> Tutti il mondo sapeva della particolare collezione di Zeus. Anche Nauficaa. << No.. quattordici… se mi consenti..>> << Ma se mi hai incarpato sette volte..>> << Da sveglio sì.. e sette da dormiente.. sette volte ti sei incarpata da te.. tu.. io dormivo ma partecipavo…incarpavo senza saperlo ma incarpavo..>> disse Zeus che realtà era stato sveglio tutto. << Allora sono io che mi devo pigliare sette pila dalla tua carpa?>> Zeus restò per un attimo interdetto. Nessuna gli avia mai scippato pila dalla minchia. Era la prima volta. Ma Nauficaa era troppo simpatica, troppo bellina, troppo amurusa, troppo sucaminchia genuina, troppo buttanella involontaria, troppo troia senza saperlo, troppo simpatica , naturale, gioiosa e autro. Pertanto Zeus acconsentì. << E va bene …consento… fai pure.. ma in cambio mi devi fare fottere fino a quannu la carpa ci la fa… consenti o mi autoconsento.....>> << Consento…con tutto il cuore e il cunnus.. metti pure la carpa nel mio portacarpa.. incarpa come, quando e quanto vuoi.. incarpa a iosa.. incarpa alla sanfasò..>> rispose lei. E la ragazza scippau sette pila dalla minchia di Zeus. E li conservò nel ciondolo vuoto che portava appeso al collo. Era un regalo della madre per metterci un giorno na stizza di sangu della sua purezza. Idda invece ci misi sette pila della minchia del capodio. << Un giorno ci metterai qualcosa di preziosissimo.. non so cosa ma sicuramente qualcosa di preziosissimo.. qualcosa di tuo.. di molto tuo.. ma questo accadrà la notte del matrimonio…allora farai come fanno tutte le altre ragazze…>> ci aveva detto la mamma. Non aveva detto chiaramente cosa, ma Nauficaa sapeva tutto . Sapeva a cosa serviva il ciondolino. Non appena trasia il ciondolo nel portaciondolo, il portaciondolo sanguinava e un po’ di quel sangue finiva nel ciondolo appeso al collo della ragazza oramai diventata femmina. A Nauficaa invece ci parse giusto e legittimo considerare preziosissimi sette pila della carpa di Zeus. Quella reliquia finì poi nel tempio di Zeus Munipuzico. Ed era da tutti onoratissima e stimatissima. Zeus fottè un numero elevatissimo di volte.. finu a quannu c’erano pila da scippare.. lassò a Nauficaa incinta e col pacchio spilato.. quella notte era durata trenta giorni sani sani. Ma prima di andare via , Zeus alla ragazza ci disse: << Quannu nasci il figlio mio bello lo devi chiamare Incarpa.. perché è figlio della mia carpa che s’è felicemente incarpata nel tuo portacarpa .. consentimi questa cosa.. questo figlio avrà discendenza siciliana assai .. discendenza che farà , nel bene e nel male , la storia di Munipuzos prima e di Monacazzo dopo.. Incarpa sarà la mia simenta nel futuro delal Sicilia... >> << Consento..>> Nauficaa cagò poi un bel picciriddu che fu chiamato Incarpa.. e tutti accettarono la divina semenza come divina semenza.. senza dubbio alcuno. Il giorno del parto Zeus si manifestò nel cielo di Munipuzos e disse chiaru e tunnu a tutto il paisi che quel picciriddu era suo... Questo ragazzino fu pestifero assai.. ma non come gli altri ragazzini… da neonato non sucava le tette ma li alliccava.. rideva solo se le femmine giocavano con il suo pisellino… e appena incominciò a camminare non faceva altro che ficcarsi sotto le tuniche delle femmine per andare ad esplorare la filazza.. e la sapeva esplorare talmente bene che quelle si pisciavano dal piacere. Naturalmente tutte lo scacciavano perchè era una cosa scandalosa.. questo se c’era gente…altrimenti lasciavano fare…anche se scandalosa, era assai assai innocente. << Incarpa .. sciò… Incarpa … sciò… Incarpa.. sciò…>> dicevano nel primo caso. << Incarpa… faiiiii.. Incarpa…faiiiii ..>> nel secondo. Ufficialmente usavano la prima formula. Alla fine tutti finienu pi ciamallu Incarpasciò… Accentando quanto raccontato da Diodoro Siculetto Homerino scrisse il poema Incarpo: La semenza siciliana di Zeus, Mhassymylyano il Carmen Incarpo: Il frutto siciliano dei divini testicoli di Zeus e lo scrittore Santhokriso il romanzo in dialetto Incarpo: Lu fruttu di li cugghiuna di lu capudiu. Socratino invece si pose la solita domanda. Una delle tante della serie. Naturalmente non si diede una risposta. << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere a Munipuzos e avere una minchia da somministrare a uno sticchio locale, a che minchia serve vivere nella polis del pacchio bello e avere una minchia che non faccia qualche erede portatore d’uccello ?>> Apollo, detto anche Febomentula, la minchia brillante, era troppo bello. E i belli fanno pitittu a tutti. Fratello gimello di Artemide la vergine mafiosa a cui era legato da “ amore et odio”. Amore per la sorella in tutto e per tutto , odio per i suoi genitali. << Non potevo avere un fratello gemello accussì ci scambiavamo l’uccello..>> diceva il dio che aveva una forte componete omo. Dio di tante cose… vaticinio.. divinazione… arte.. musica.. ma anche assassino specializzato insieme alla sorella gimella… Insieme alla sorella scannò il gigante Tizio che aveva cercato di violentare la loro madre prima ancora della loro nascita. Minnitta pregressa. Insieme alla sorella scannò la maggior parte dei figli di Niobe che s’era vantata di essere più feconda della loro mamma.. ed era vero. Minnitta dovuta. Al satiro Marsia , che si vantava di suonare meglio di lui, impose di essere scorticato vivo. Minnitta artistica. Il bell’Apollo fu sempre sfortunato con i suoi amori. Sia mascolini che femminini. Si innamorò di Cassandra e ci fici dono della divinazione a lei e al fratello. Ma chidda ci disse di no . Pi minnitta li condannò a non essere creduti. Minnitta profetica. Si arrapò pi Dafne ma chidda preferì addivintari na pianta di lauro piuttosto ca dariccilla al dio. Minnitta vegetale. Si ingrifò della Sibilla Cumana e ci promise di farla vivere tanti anni quanti granelli di sabbia stavano nelle sue mani. Ma fu un altro no . << Allora vivrai assai ma invecchiando..>> disse Apollo. Minnitta biologica. Si addumò d’aceddu e di ciriveddu di Marpessa ma quella , potendo scegliere tra un dio e un mortale, gli preferì il mortale. <<Creperai anche tu..>> ci disse Apollo. Minnitta necrofila. Si infiammò di Canepo ma fu ancora no . Un no speciale. << Sì, bell’Apollo.. acconsento se tu acconsenti a soddisfare un mio desiderio..>> << Quale?>> << Io voglio restare vergine..>> Ed Apollo ci arristò fottuto. << Allora resterai vergine di cunnu ma addiventerai buttana di ciriveddu..>> Minnitta degli opposti. E dopo ogni “ no “ Apollo andava a rifugiarsi tra le braccia della sorella gimella Artemide. << Sono bello.. sono bello.. sono bello.. sono bello...perchè le femmine dicono no al mio uccello.. >> chiedeva Apollo alla sorella. << Perché sono buttane..>> rispondeva quelle. << Ma io sono bello?>> << Tu sei l’essenza della spirito apollineo.. la bellezza fatta realtà.. corpo... carne...>> Stavano abbracciati stritti stritti, senza parlare. Lui sentiva i capiccia di lei, lei sentiva il marrugghiu tiso di lui. Così stavano abbracciati con la ciolla appolinea che piazzava la coppola tra i due biddichi gimelli. E in quei biddichi pisciava il latte di brigghiu divinu. Negativi anche gli amori omo , nel ruolo di amante, con Ciparisso e Giacinto. Servì invece Admeto e da questi fu amato. Ma comunque ficcò. Ficcò tanto. Ed ebbe tanti figli, tra cui il dottor Asclepio e il musicante Orfeo. La sorella gimella di Apollo era bella ma testa dura. Vergine per scelta ma cina di odio. Odio per tutti. Per Apollo invece “ amore et odio.” Amore per il fratello in tutto e per tutto, odio solo per i suoi genitali. << Non potevo avere una sorella gimella biddazza accussì ci stricavamu la filazza..>> pinsava Artemide che aveva una forte componente lesbica. Artemide pinsava spesso ad Apollo e lo vedeva come il suo amante. In fondo erano uguali in tutto. A parte il sesso naturalmente. In Artemide però, come detto , c’era anche una forte componete lesbica. Pinsava al fratello ma temeva la sua mascolitudine. Apollo amante virtuale ma non reale. Spesso Artemide si innamorava delle femmine. Successe con Calliste. Ma quannu quella acconsentì involontariamente a farsela ficcare da Zeus lei si vendicò. Calliste diventò una bella orsa pilusa. Ma la colpa non era di Calliste. Zeus l’aveva ingannata trasformandosi in Artemide con la ciolla.. cioè in Apollo. Artemide era innamorata di Calliste che a sua volta era innamorata di Apollo. Ma il dio non la cacava. Calliste , non potendo avere il fratello, si accontentava di avere la sorella. Si stricavano la filazza che era un piacere. Poi, un giorno, Calliste sintiu na cosa ca trasia. Rapiu l’occhi e ci parse cha Apollo avia pigliato il posto di Artemide. Invece era Zeus che s’era trasformato . Minnitta gelosa. Artemide ammazzò Orione che aveva circato di violentarla. Minnitta dovuta. Quannu Oto ed Efialte cercarono di violentare Artemide ed Era, Apollo intervenne facennu passare un cervo policornuto. I mascoli lassanu lu giavellotto di carne che avevano in mano e tiranu nu giavellotto di legno e ferro. E si scannanu a vicenda. Minnitta donata. Artemide vendicò l’onore di Apollo tradito da Coronide che incinta del dio si l’era fatta ficcare da un mortale. Minnitta germana. Tramutò in cervo, poi divorato dai suoi stessi cani, Atteone che l’aveva vista nuda intanto che si allisciava la filazza sana. Minnitta visiva. Dopo ogni minnitta Artemide curia dal fratello gemello e lo abbracciava forte forte. E insieme aspettavano che il latte di brigghiu si versasse nei biddichi divini. Ma una volta la ciolla apollinea anziché tra le panze si piazzò tra le cosce di Artemide e senza sapiri come fu e come non fu trasiu dov’era giusto trasiri. L’incesto tanto sognato fu consumato. << Quannu futtenu semu uguale.. tu mi ficchi quello che hai supecchiu e riempi il vuoto che ci sta in me… futtemu, fratuzzu miu, così ci completamu a vicenda,,>> Da allora l’incesto si ripitiu a iosa e alla sanfasò… A parte le differenze anatomiche erano gemelli.. erano cioè la fotocopia uno dell’altro… visti da dietro erano veramente uguali.. perché Apollo era talmente efebico ca paia chiù fimmina di na fimmina… Fu analizzando la bellezza di Apollo che il filosofo Socratino da Munipuzos concepì il concetto di “ spirito apollineo”. << L’armonia del particolare è in armonia col globale.. l’armonia esogena e in armonia con quella endogena ... tutte le parti armoniche formano un tutto armonico.. e tutto è armoniosamente in armonica armonia col resto.. è pertanto il trionfo dell’armonia...>> Il biologos Santo Krisetto dedicò al dio Apollo una farfalla bellissima. Classificandola nel suo “ Regno naturae” la chiamò Parnassius apollo. Dioniso , a parte l’amore con Ampelo, si fici poi nu mari di pacchiu. Compresa Afrodite. Si fici la vergine Aura dopo averla legata come na baccalà. Da cui il detto ” Che bellu lu baccalaru..” Si fici Arianna. Da cui il detto “ Seguo il filo e te l’infilo.” Si fici Fedra, soru di Arianna. Da qui il detto “ La cugnata non maritata aspetta si siri scupata..” Si fici Erigone dopo averla ubriacata.. Da cui il detto “ Ucca cina di racina e fica di minchia cina”. Si fici la vergine ribelle Pallene. Ma farsi a Pallene nu fu facile. << Se l’omu teni forza na la ciolla nun c’e fimmina ca nun ci la molla “. Era questo un detto molto in voga. Tanto pacchio si fece il dio. Tanto che Dioniso fu chiamato Choiropsales, colui che tocca la vulva. Per ficcariccilla a Pallene Dioniso dovette lottare contro la donna corpo a corpo e pubblicamente. Tutti unti d’olio e con una fascia sui fianchi a coprire il sesso ; e lei anche una sul seno. Lottavano alla sanfasò. Lui era chiù forte ma lei non scherzava. Sotto lo sguardo del padre lussurioso e incestuoso Pallene lottava contro gli uomini e li vinceva. Per poi sacrificarli. Stavolta la cosa ci parse chiù difficile. Dioniso ebbe un attimo di sbandamento quando lei persa la fascia che le copriva il seno e finiu sotto. Bloccato da lei che ci si piazzò a cavallo. Ma la ciolla dionisiaca a sentire il ciauro di pacchio attisò e s’affacciò dal cingilombi puntando al portuso. Lei per lo scanto si alzò. La lotta riprese e Pallene finì sotto. Bloccata da Dioniso che ci s’assittò sulle tette per non taliarle. Ma nella foga abbulò il cingilombi di lei. Lui si distrasse a taliare il pacchio e fu rimesso sotto. Stavolta fu lei che si s’assittò sul petto di lui. Dioniso si trovò davanti alla faccia il culo di lei. La ciolla curiusa si liberò del cingilombi . Ma stavolta Pallene non si scantò. Decise di operare la deminchiazione. Accussì, in caso di vittoria, dell’uomo non aveva niente da ficcargli in corpo. E dalla fascia che ci teneva attaccati i capiddi tirau fora un cutidduzzu. A quella vista Dioniso desi un colpo si spina dorsale e disarcionò la cavallerizza. Poi ci si ittau di supra e la chiantò al suolo Corpo su corpo, mani contro mani ma soprattutto minchia nel pacchio. Dopo, pi minnitta, con suo tirso ammazzò il suocero. Ma l’avventura chiù bella restò quella con Afrodite. Quel pacchio era allucinogeno. Gli facia veder le stelle e l’autri corpi celesti. Fu studiando le opere ciollesche di Dioniso che il filosofo Socratino da Munipuzos elaborò il concetto filosofico di “ spirito dionisiaco”. << Quando tutto e il contrario di tutto, il più e il meno, il moltiplicato e il diviso, il quadrato e la radice quadrata, il logaritmo, l’integrale e la derivata sono solo e soltanto una funzione unica e incommensurabile della minchia..>> Si succhia il cazzo di un tribuno la rossa bolognese moglie di Menenio, quella che nei cimiteri vedi ogni giorno rubare il cibo ai roghi e mentre si getta sul pane che rotola dal fuoco, frustata da un crematore rasato per punizione. Catullo Priapo in poco tempo diventò l’eroe popolare per eccellenza. Tutti ne cantavano la nascita e le giovanili imprese.. O meglio, le infantili imprese… Lui stesso non si ricordava con chi si era fatto la sua prima ficcata… risaliva proprio a quando era veramente piccolo… << Da che parlò, ho sempre chiesto alle femmine se volevano ficcare con me.. solo questo ricordo…ma già prima di parlare inciollavo.. le prime imprese le ho fatto con la ciolla ma da neonato …>> In ogni caso amava dire che la prima ficcata se l’era fatta con la bella mammina uscendo dal suo pacchio. << La ficcata primordiale ..>> la chiamava. A vote cantava: << Di là, unni pisciau lu papà, vinni fora sta minchia qua.. >> Quante ninne nanne gli erano state dedicate al neonato ciolluto. << Ninna nanna ninna-o... Questo aceddu a chi lo do… Ninna nanna ninna-e... Questo aceddu è per me… Ninna nanna ninna - i.. Questo aceddu fa chicchiricchì.. Ninna nanna ninna - a... Questo aceddu assai ne sa.. Ninna nanna ninna –u.. Questo aceddu mi lu futtu iu..>> A lui erano state dedicate anche molte tragedie. Per esempio i Sette contro Tebe. Sette mascoloni con tanto d’aceddu e coglioni volevano farsi la bella Tebe. Ma lui era intervenuto in sua difesa e aveva scannato i sette aggressori. Poi si era fatto la ragazza sette per sette volte in una sola notte. E la ragazza aveva partorito 49 gemelli tutti ben ciollati. Generalmente Priapo era sempre in giro. Dormiva pochissimo . O meglio, quasi niente. Era sempre alla ricerca di cunni da fottere. Bastava un amen pi livarisi la tunica e sciogliere il cingiphallus. In un amen putia trasiri dappertutto. E fare zicchete e zacchete alla sanfasò. << Sono Priapo dal grande e potente aceddu e cerco sempri nu purtusiddu pi fari lu iucareddu..>> diceva. Spesso incontrava quel buttaniere giocoso di Zeus ca scinnia in terra pi futtiri qualche pacchio terreste . E per far questo operava tutte le trasformazioni possibili. Era uno ma poteva assumere un milione di forme diverse. Forse anche più.. << Minchiolone bello e babbo, oggi che fai? Travagli di mano più che mai? ...>> lo sfotteva il capodio. << Nonnetto.. che cerchi caro nonnetto? Un pacchio per il tuo uccelletto? Ma se lo trovi, dopo aver tuppuliato, trasi o resti sull’uscio incantato? >> rispondeva affettuosamente Priapo. Una volta lo aveva incontrato sotto forma di toro bell’arrapato e ben dotato. << Dove corri nonnetto?>> ci avia addomandato, << A fottermi Europa…>> << Auguri… Europa… non è mai contento… si fotterebbe il mondo intero..>> E cantò: << In voi, belle, è leggiadria Se talor pregar vi fate; Il negar è cortesia Se negando poi vi date E quand’ama una fanciulla Non volendo mai far nulla Per amor tutto poi fa.. Se per farvi a noi più care Voi vi fate assai pregare Fate bene in verità. L’importante è che poi la date.. Altrimenti non so come finirà..>> Era nicu quannu li tri gemelli Sticchiò, Sticchià e Sticchiù abbadavano al dio dal rosso palo sempre tiso. Questa ragazze stavano sempre nude e stinnicchiate per terra. Disposte in modo tale che allargano le cosce formavo una stella a tre punte. E in questo recinto tripacchicco giocava il picciriddu, Il pascolatore di pacchi. Il bambino itifallico iucava cu li ita, cu li filazza e cu la so ciolla . E infilava. Quelle intanto ci cantavano la ninna nanna. << Pitti pittè, la minchia unnè? E ghiuta o mulinu E porta nu cazzu cinu. E siccome io ni sugnu licca Idda subitu mi la ficca….>> Lui iucava e ficcava, e a suo modo cantava: << Gne -gne -gne- gne... Gne ... Gne- gne - gne… né.>> Non riusciva a dire una parola ma minchia come incunnava. Europa la bellissima. S’era il capodio invaghito della bella Europa e non sapendo come scoparsela pigliò le sembianze di un toro cazzuto e palluto. In codeste animalesche sembianze si apprisintò alla picciotta e la ciaurò a lungo. La picciotta trovò bello l’animale e lo accarezzò tanto. Non fece caso, da picciotta inesperta , a quell’apparato in armi che stava sotto la panza del toro. Europa lo montò ignorando che quello volesse montare lei. A quel punto il toro , infoiato più che mai dal sentirsi il virginale pacchio strofinarsi sul suo dorso, prese il largo. E portò in un posto segreto la bella picciotta. Là, sotto un platano, si rivelò per quello che era. << Mi consento di chiederti se tu vuommi come ciollo divino per il tuo bel pacchio novellino? Altrimenti mi autoconsento…>> chiese il capodio. << Sì.. >> rispose Europa. Da quelle divine trummiate nascenu Minosse, Radamanto e Serpedone. La simenta del dio non era mai sterile. Zeus spilò il pacchio di Europa, secondo la sua consueta usanza. E se Zeus ficcava alla sanfasò, Priapo faceva di peggio. Ma d’altra parte gli uomini facevano altrettanto. << Ficca e rificca finu a quannu la minchia nun si stocca…>> diceva un detto di Munipuzos. Gli uomini naturalmente ficcavano in base alle loro possibilità economiche e fisiche. Perchè se è vero che c’erano uomini ricchi e uomini poveri era altrettanto vero che c’erano uomini minchietta e uomini minciazza. La poliginia, insomma, non era per tutte le tasche e per tutti gli aggeggi. Anche le femmine ultimamente avevano scoperto il piacere dell’aceddu fresco e giovane e potente e bello.. come bello doveva essere l’uomo a cui stava attaccato. Erano nati così i bordelli per le donne. Bordelli dove giovani maschi cazzuti e belli vendevano dosi di sasizza a pagamento. Fikennestra, moglie trascurata di Agaminkione, era una assidua frequentatrice del postribolo più elegante della polis, il “Priapo eretto “. In particolare era affezionatissima, anzi quasi innamorata, di un prostituto bell’e cazzuto di nome Krysegystos. All’anagrafe solo Egisto. Questo era il figlio incestuoso di Tieste che , con violenza , da sconosciuto violento, s’era fatto la figlia Pelopia . Era tornato per la minnitta. Per fare la sua minnitta grazie all’aceddu. Il fine era la minnitta, il mezzo era la sua minchia. La famosa krisominkia. O krisomentula. Minchia d’oro. Kazzo d’oro. O roba simile. Quello era lo strumento per colpire Agaminkione passando per il pacchio di Fikennestra. Tutto questo Krysegystos lo faceva con un piano ben preciso. Una minnitta che passava attraverso il pacchio della regina. E se necessario anche attraverso quello delle sue figlie. E perché no, se necessario, anche attraverso il culo di Minkioreste. << Agaminkione trascura Fikennestra, quindi il pacchio della femmina è vulnerabile.. pertanto la minnitta doveva passare attraverso il pacchio della donna.. io devo farla diventare un serva del mio aceddu.. e poi convincerla al passo finale… non so ancora quale ma so che deve portare alla morte Agaminkione…e poi quel che sarà sarà..>> diceva Egisto, in arte Krysegystos, a sé stesso. La donna si era legata al prostituto cazzuto ma ignorava chi in realtà fosse. Ma un giorno ci fici una proposta che quello non si aspettava. Pinsava di faticare ma quella, soddisfatta a livello di pacchio, che gli aveva aperto di spontanea volontà e pagando tra l’altro le sue professionali ficcate di libero professionista della ciolla, ci fici una proposta sensazionale. << Se mio marito parte per la guerra tu ti trasferisci a palazzo.. solo per me deve essere il tuo cazzo.. la tua krisominkia per il mio regale pacchio..>> << Ma ci sono le tue figlie..>> rispondeva quello. << E cu minchia si ni futti.. una fa la verginella acida ma mi sa che nasconde qualcosa .. le altre due cercano marito ma non lo trovano e pertanto il pititto le divora.. può darsi che con te in casa capiscono qualcosa .. magari ci vedono all’opera e comprendono come devono fare per trovarsi un mascolo con un bel pezzo di sasizza che le insasizzi chiù assai possibile…>> << E se mi tentano?>> << E lasciati tentare.. la loro fica deve pur avere un maestro.. l’importate è che ci sia sempre la dose pi mia. Se poi qualche dose scappa, santa pazienza.. che poi a mia se ci scassi il cunno alle figlie di quel cornutazzo assassino di Agaminkione mi ni futti una minchia.. il porco ammazzò mio marito e mio figlio.. e poi mi obbligò a sposarlo e nonostante sia itifallico come a tia, infatti tiene una minchia d’avorio, mente tu ci l’hai doro, iddu chistu strumento inesauribile e instancabile mi l’avi passato sempre picca.. anche se a dire il vero, siri incunnata da una minchia assassina non è certamente un piacere.. invece il porco fotte a destra e a sinistra .. e voleva farsi pure a mia sorella Elena.. ma Elena nun ci la desi.. poi arrivau la ciolla carusigna di Paride e lu futtiu.. e adesso ci sarà la guerra.. sicuramente ci sarà.. e solo in pititto della minchia d’avorio di mio marito per il pacchio di Elena. Una guerra per una fica.. una fica e basta... morti e morti e morti solo per il pititto di una fica.. ma è giusto così... anch’io per la tua minchia d’oro sacrificherei il mondo.. un orgasmo datomi da idda vale la vita di tutte le teste di cazzo del mondo.. e di teste di cazzo ci ni stanno assai purtroppo.. a allora io ti dico, futtemininni di li morti presenti, passati e soprattutto di chiddi futuri.. ficchimilla e basta.. da pinna sostenitrice delle idee futuriste dico: Viva la guerra, sola igiene del mondo..>> << Ma la fica è sempre stata causa di guerra.. lo è ancora e lo sarà sempre... comunque il progetto sulle tue figlie mi piace.. ci passerò volentieri la mia krisominkia a Elettracunnus, a Cunnotemi e anche a quella smorfiosa di Ifigania.. Mi piace molto questo progetto..>> rispose Krysegystos. << La minnitta è vicina..>> pinsò nella sua testa. << E a mia pure mi piace questo progetto .. queste mie figliole non mi assomigliano per niente.. sono cazzofobe e anticunniche.. a parte Ifigania che è un mistero.. anzi un doppio mistero...>> << Mistero? Anzi doppio mistero?>> chiese l’uomo dalla krisominkia. << Sì.. uno lo conosco.. l’altro no.. ma un giorno , quando Agaminkione partirà per la guerra, ti racconterò quello che conosco e quello che immagino.. il mistero vero e il mistero sospettato..>> disse Fikennestra acchiappando la krisominkia. << Se posso ci la ficco a tutte e tre… pi minnitta.. solo per quello..>> disse Egisto a se stesso. << E tuo figlio Minkioreste che fa?>> chiese poi l’uomo. << Quello forse va in guerra.. o forse resta .. io so che vorrebbe andare in guerra.. a caccia di aceddi per il suo culo.. attualmente non fa altro chi impiladarsi con Pilade.. è frocio.. minchia d’avorio ma minchia frocia.. e forse con te in casa andrebbe pure a caccia del tuo.. un minchia d’oro non si trova certamente al mercato di l’aceddi molto spesso...>> << Sta minchia.. io sono “ Uccello pi fimmina “..>> protestò debolmente ma molto debolmente Krysegystos. << Ma.. ma.... pi minnitta pure a Minkioreste il culo sfonderei..>> pinsò Egisto. << Minchia parente, minchia serpente.. ma la minnitta la devo fare.. prima che mi scoprono.. la mia minchia è tale e quale quella di Agaminkione, di Minkialao, di Minkioreste.. è d’avorio e basta.. perchè la simenta dalla quale discendiamo è la stissa.. solo che io la mia la tratto con “ Krisomentula”.. . la crema che ti fa la minchia dorata... >> pinsò Egisto. E rise di cuore, di bocca, di testa e d’aceddu. Aceddu d’oro però. Agaminkione invece invidiava il collega ebreo che teneva settecento mogli e trecento concubine.. tra gli altri progetti, stava ideando la costruzione di un harem per settemila mogli e tremila concubine…. Alla faccia del collega ebreo. Lo stesso Priapo, spesso per gioco, si prostituiva in questo lupanare per donne che portava il suo nome. Era il più lussuoso di Munipuzos… Priapo non si metteva mai nudo. Indossava una tunica lunga fino ai piedi e un cappuccio. L’unica cosa che metteva a disposizione delle clienti era il lungo e grosso e tiso palo rosso. In queste veste di buttano di qualità s’era fatto tutte le femmine della polis.. compresa la regina Fikennestra…. Perchè quando c’era lui al lavoro, le clienti sceglievano solo e soltanto lui.. o meglio Theophallos.. questo il suo nome d’arte… Un giorno, nello stesso lupanare, iu a passarisi un po’ di tempo con qualche pacchio terreno Zeus in persona… sotto mentite spoglie si offrì alle clienti… Ma siccome quel giorno c’era in servizio Priapo, Zeus andò in bianco.. neanche una cliente.. << Comu fazzu cu stu mali di cazzu? >> si chiese il capodio. Sciu dal lupanare incazzato nero e con l’idea di buttarsi sopra il primo pacchio che incontrava. << Se mi consente mi consente.. altrimenti mi autoconsento..>> disse uscendo. Era pronto allo stupro. Sciu dal lupanare ma incontrò solo mascoli. Poi, vicino al tempio di Eros, incontro una bella picciotta. Giovane, bella e sicuramente zoccola autonoma.. non lupanarizzata.. magari zoccola occasionale .. per piccioli o semplice pititto di zoccoleggiare…. << Salve femminissima.. bella tra le belle.. Che ciauro di cunno che fa la tua pelle.. Bella sicuramente con delle bellezze nascoste.. Chissà, dove minchia son poste? >> disse Zeus, che s’era vestito in stile plutocrate. << Salve bellissimo , per modo di dire ,picciotto.. che cerchi per caso, un buco per il tuo passerotto?>> rispose quella girannisi. Era truccatissima . Un bel pacchio veramente. Se non era tutta zoccola quella, era mezza zoccola più altrettanto. << Bella tra le belle di questo paesello.. ti va di fare qualche cosa di bello? Tu tieni la domusmentula pi mia.. Io la minchia pi farti na visita a tia..>> << Ca certu ca mi va.. mai lassari scappari le occasioni.. ogni mascolo ha il suo aceddu e i suoi coglioni..>> << E dimmi, bella tra belle: dove andiamo? per giocare a “ lo mettiamo ... lo mettiamo..”>> chiese Zeus. << Nel giardino pensile.. nella torretta del laghetto.. ci sta un casotto con dentro un comodo letto… quannu trovo una bella occasione improvvisa è la che si compie la missione, la misa….>> << Va bene.. ma sbrighiamoci , per Zeus e i suoi zeussoni, che l’affare urge di consolazione e di soddisfazioni…>> Si appartarono in un amen e la picciotta in due amen si ci ficcau sutta la tunica e in tri amen ci la attaccau a sucari . << Minchia come allicca e suca ca pari na sucarola.. Mancu se di chisti cosi avissi fattu la scola… Mi allicca lu glande, mi muzzica la cappella, Minchia chi vucca sperta e bella….>> pinsò Zeus. La carusa sucava a bocca piena e l’uomo stava per pisciarsi. << No.. non voglio venire subito adesso.. E’ giusto ficcarlo in altro sito il mio sesso..>> << Come vuole la volontà di voscenza… Mi susu la vistina e ci dugnu adienza.. Se nun si accontenta di nu pumpinu Ci sta sempre lu culu pi lu so bamminu…>> Bella com’era si sollevò la vistina e si ittau sul lettino a pancia in giù. << Per Era e per Afrodite, stu culu è troppu beddu E mi pari giust’assai ficcarici l’aceddu.. Li natichi sunu sodi e tunni e sapurusi E mi pari giustu onoralli a occhi chiusi.. Chiddu buchettu amurusu di culu Pari ca la ciolla invoca di sicuro.. >> Zeus fece ma non completò l’opera. Aveva pititto di trummiare e voleva trummiare. Trummiare per lui voleva dire infilarlo nel pacchio. Il pacchio era la sede ideale per mettere l’aceddu. Il pacchio era stato creato per ricevere l’aceddu. La muscolatura del pacchio, grazie alla peristalsi mincica, era fatto apposta per dare piacere al donatore e alla ricevente. << E bellu iri in vucca e iri in culu.. Ma iri in pacchio è chiù bellu di sicuro..>> pinsava Zeus. << Girati iarusedda bella Dammi la sticchiarella..>> Ma quella non si firriava. << Nun fari la capricciosa.. Dammi l’autra cosa..>> Quella continuava a non girarsi. << Dammi la bedda spaccazza Ca ci mettu sta minciazza.>> E quella niente. << Allora allarga li cosci e resta accussì.. Ca ti la infilo in questa posizione qui..>> La bella allargò le cosce e Zeus andò a taliare la filazza. << Minchia.. minciazza .. minciuna.. Altro che filazza, ca ci su du cugghiuna.. E se tantu mi da tantu , pi leggi naturali, Davanti ci deve stare na minchia bestiale..>> ci scappau a Zeus. Si susiu come nu pazzu e girau chidda ca fisicamente paria na fimmina.. e minchia chi fimmina.. tinia du minni belli ma poi ci avia lu stigghiolu tra li iammi.. << Comu ti permetti di pigliare per il culo a mia..>> << Veramente.. ci pigliau a mia, vossia..>> << Parlo per parlare.. metaforicamente.. Io circavo na fimmina cu lu sticchiu veramente.. E no nu lurdu masculo iarrusu.. Ca iu ci l’haiu già a casa cu mi duna lu culu.. Pagherai caro chist’affronto , sia detto chiaramente.. Hai pigliato per il culo a Zeus personalmente..>> << Minchia no… nonno caru e beddu.. L’hai misu in culo al tuo caro niputeddu.. Sugnu Ermafrodito.. adesso lu sapite.. Sono il figlio di Ermete e di Afrodite ..>> Zeus restò come un salame. << Pirdunu niputeddu..>> << Fa nenti nonno beddu..>> << Lu responsabili pagherà..>> << Perché? Un colpevole ci sta?>> << Sì, ti lu ricu na la uriccia lu nomi di l’infami È Priapo.. chiddu cu lu granni salami..>> << Minnitta..>> dissero in coro. Su questa avventura comico sessuale di Zeus poeti e scrittori scrissero a iosa. Homerino, nel solito correttissimo greco, scrisse il poema Zeus voleva una fica e trovò un uccello, Mhassymylyano, sempre in latino o dialetto latino, scrisse il Carmen Zeus voleva un cunnus ma trovò una mentula e lo scrittore dialettale Santhokriso il romanzo Zeus vulia nu sticchiu ma attruvau na minchia ma pi fortuna, dopo cent’anni, si accorse che quello tinia pure lu culu come a Ganimede. Il filosofo Socratino si pose una domanda. Come sempre. << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere da Zeus e avere una minchia divina da somministrare a un bel pacchio, a che minchia serve essere Zeus e avere una bella minchia se poi nel momento del bisogno cercando un bel cunnus trovi solo e soltanto na bedda minciazza anche se per tua fortuna il portatore della minciazza teni anche un portuso di culo?>> Intanto Priapo si ia vantannu di siri la minchia primaria dell’universo, la più potente sia in cielo che in terra.. quella sera, a una cena di uomini minchiuti e femmine filocazziche, cioè Menadi, Satiri e Sileni, quasi si confessò .. disse anche che non gli piaceva essere considerato il re dei campi.. la sua ciolla enorme serviva per altre cose e non per minacciare i ladri.. per proteggere i campi e le mandrie…se sua madre era la dea dell’amore lui voleva essere il dio del sesso.. se Afrodite era la buttana universale lui voleva essere il minchione universale… << Personalmente mi sento il dio dei bordelli..>> disse in un attimo di sincerità. Dioniso rise. << Hai ragione.. e tra l’altro è un titolo che ti sei conquistato sul campo.. con le opere e le imprese ciollesche..>> << E deve diventare il mio titolo personale ufficiale.. affanculo a campi e mandrie.. meglio campi di ciolle e mandrie di fiche….io ,con la mia ciolla enorme e ultraspecializzata , ridotto a fare l’antifurto di campi, case e mandrie.. no.. non mi va… e non mi va neanche di fare il minchiagiustiziere.. di scassare il culo ai ladri.. una minchia così.. la prima minchia del creato.. ridotta ad andare in culo ai ladri e a consolare pacchi di pastore e pastorelle.. no.. io, io come minchia primaria dell’universo, aspiro a qualche cosa di meglio.. da dio dei campi a dio di bordelli.. >> Dioniso rise. << Salve, figlio mio. Dio dei bordelli.. toscenzasabbinirica , vasamu li manu e li peri.. e pirchì no la minchia..>> E rise di più. Rise assai . Rise anche Priapo. << Papà.. che fai? Mi pigli per il culo?>> << No.. ma fare la ciolla antifurto è stato piacevole.. hai fatto si l’antifurto e hai rotto culi a destra e a manca… ma hai fatto anche la ciolla antifurto dei pacchi e dei pacchietti della donne .. non solo mandrie e case e piante.. ma antifurto anche delle donne che nei campi vivono.. e per quello che so ti l’ana fatto passare da dio.. perché tu eri l’antifurto con diritto di scasso.. e hai scassato pacchi scassati e pacchi sani. Culi sani e culi scassati.. culi di femmina intendo.. poi , per dovere, hai dovuto scassare culi di masculi.. ma se prima lo hai fatto per dovere poi è subentrato anche il piacere .. oggi tu godi nel punire un ladro con la tua ciolla giustiziera.. >> << Godo sì..>> << E poi mi pare che tieni pure qualche scheletro nell’armadio.. Adone e Narciso.. ammuccamu.. anzi, sucamu.. o meglio, inculiamo e lassamini inculare.. vero, ciollone mio, che ti siminai con amore immenso e altrettanta passione..>> << Vero è.. >> << E mi pare anche che adesso tutti vogliono fare il ladro... per essere puniti da tia.. masculi, fimmini, caruseddi e carusedde.. tutti vogliono rubare con la speranza di essere inculati da tia.. inculati o altro..>> disse Dioniso. << Ho smesso questo lavoro.. ho dato le dimissioni a Zeus personalmente.. adesso inculo solo per piacere... chi, come e quando lo voglio io.. non sono più il Priapo di prima, sono un altro Priapo..>> disse con espressione seriosa. << Ti capisco..>> << Puniti ho troppi ladri. Puniti a dosi di minchia.. tanto che io mi ero convinto che non era più una punizione che cercavano ma un piacere… lo facevano apposta .. ero io il punito che dovevo somministrare punizioni a iosa.. minchia. Per questo mi sono dimesso..>> Dioniso rise. << Vasamu la minchia, magari ti dicono vasamu la minchia.. ma mi dassi la punizione ca mi tocca ...> << Mi piace.. mi piace questo vasamu la minchia.. ma sono stanco di somministrare punizioni…non voglio più essere la minchia della giustizia.. l’arma della giustizia…>> disse Priapo. << Non lo sarai più.. Zeus ha accettato le tue dimissioni .>> ci comunicò il papà. << Meno male.. a parte che dal giorno del matrimonio di Minkialao e Elena io sono n’autro.. >> << Certo.. oramai sei bello.. bello come un Apollo ma con una minchia più pazza e brilla della mia e .. e naturalmente chiù granni.. molto chiù granni...>> Risero. E si abbracciarono. A dire il vero ci si capia picca di Priapo. << Priapo ci fa o ci è >> dicevano in tanti. Lo stesso poeta Mhassymylyano da Munipuzos nel Carmen XXXIIX scrisse: << Simpliciter tibi me, quodcumque est, dicere oportet: natura est quoniam semper aperta mihi. Paedicare volo: tu vis decerpere poma. Quod peto , si dederis: quod petis, accipies. Comunque sia, è necessario che te lo dica: la mia indole è chiara a tutti. Io voglio inculare,tu vuoi raccogliere i frutti. Se mi darai ciò che io ti ho chiesto, avrai ciò che chiedi.>> Zeus si era invaghito di Danae. Ma chidda era stata chiusa in una torre dal padre. Questo pirchì la solita profezia del solito profeta sparaminchiate annunciava la nascita di un picciriddu scassacazzi e cumminadanni. Ma al capodio e alla sua ciollacapa la picciotta, vergine docchi e inesperta di minchia e di trattamenti aciddari, ci facia sangu e li ingrifava a iosa. La carusa, anche se ignorante in fatti sessuali, avia una smania ca la torturava. Stava ittata na lu iazzu a grattarisi la filazza ca ci pruria. Così come una iatta in calore ma non capia e nun sapia chiddu ca vulia. Ci appitittava nu marrugghiu pirchì cu li manu si stancava. Nu marrugghiu pi grattatisi la filazza. Na cosa frisca pi arrifriscarisi la filazza… na cosa ci sirvia ma non sapeva che cosa.. Zeus la vidia e la vulia consolare a suo modo. Uno stupro divino. << Ma come fazzu? Chi forma pigghiu? Mi assettu supra la torre e mi fazzu crisciri la minchia longa longa e ci la passu dall’inferriata e ci dicu “ mettiti la punta la”? Oppure mi la tagghiu e ci la mannu col messaggero degli dei? E se poi chiddu si la futti al posto mio? Chiedo a Poseidone di fare un terremoto accussì la torre crolla e io intanto che tutto crolla ci dicu a idda “Attaccati alla minchia mia che ti porto in salvo”. E se chidda si scanta e non acchiappa l’aceddu al volo? Chi fazzu, la fazzu cripari e poi la resuscito dicennici “ Alzati e cammina e fatti futtiri a minchia cina”. Oppure la lassu morta e mi la fazzu a colpi di cazzu? Altrimenti parru cu Eolo e ci dicu di ciusciari forti intanto che mi la mino e di portarci poi la simenta là? Ma chi piaciri è chistu? Possibile ca io, capodio e la ciollacapa, devo godere in codesto modo?>> E si misi a pinsare. Quannu all’improvviso passau Priapo. << Nonno, chi fai? Aspetti ca Danae ti l’ammuscia dalla finestra ? E tu, sospirannu, ti la mini in suo onore?>> E rise a bocca spalancata e a aceddu ballerino. << Niputi iarrusuni… senza testa e senza luna ca ti glori sulu di la to ciolla e di li to cugghiuna.. lu munnu non si guverna cu lu cazzu.. non basta siri minchia e fari lu pazzu.. vero ca al potere si sunu coglioni a iosa ma fari lu capudiu è n’autra cosa… ci voli l’aceddu sì, pi darlo in culo a la genti.. e ci voli ciriveddu, p’incularla senza farici capiri nenti… tu tieni lu strumentu ranni e la testa vacanti.. si bonu sulu a sfunnari cula di ladri all’istanti…>> disse Zeus. << Nonnetto, non lo sono più..... sto facendo carriera .. diventerò presto il re dei bordelli..>> << E mi pari giusto.. ma sempre problemi di minchia e dintorni sunu..>> << Ma in tema però.. la minchia dev’esser piacere e non giustizia..>> rispose Priapo. << E ora unni stai ennu?>> chiese il nonno. << Al lago.. a ficcare in mezzo all’acqua.. sciddica megghiu..>> rispose Priapo allontanandosi. << Minchia.. grazie per l’idea.. sono o non sono Zeus pluvio? Ora l’assistemò io la bedda carusa..>> E ditte tre o forse quattro parole , scatenò una tempesta. << Lampi e trona a minchia cina e bona.. Acqua e vintazzu a tutto cazzu..>> Danae, a sentire tutto quel bordello , si scantò. Li trona la stordivano, ma li lampi la abbagliavano. Si scantò assai e cianciu. Di occhi e di pacchiu. << Li lampi mi allampano.. li trona mi intronano. Nu lampu mi allampau l’occhi.. Nu tronu mi intrunau la testa.. n’autro lampo mi allampò lu pacchiu… ma nello stesso io d’immenso m’illuminai...d’immenso immensissimo...>> E piangeva. Zeus , ad ogni lampo, la viria e si ingrifava di chiù. Disse ancora delle parole incomprensibili e si trasformau in una nuvoletta dorata. Una nuvoletta ca iu a posizionarsi sulla torre. Come una coppola sulla coppola della minchia. << Pi Artemide e Pallade Atena .. la nebbia all’irta torre timpistiannu sali.. >> disse la bella femmina che amava la poesia. Cunno poetico era . La timpesta ia avanti furiosa e acqua trasia da tutti li parti. Era estate e facia piaciri l’acqua ma lu troppu era lu troppo. << Chiare, fresche e dolci acque.. ora abbasta...>> Anche la nebbia trasiu dintra la torre. << Nel mezzo del cammin di nostra vita mi persi in una nebbia oscura ... ca nun vidia manco il pacchio ca mi fici matri natura...>> Zeus la ascoltava contento anche per quello che l’aspettava. << Minchia chi picciotta poetica... sarà poetico anche fotterla.. mi reciterà forse qualche poesia col cunno? E io la impoesiterò col cazzo.. ci dirò “ varda che poesia .. lunga.. grossa.. e con tanto di coppola rossa,... poesia a mincia ma poesia.. chista si ca t’illuminerà d’immenso il pacchio e immenso te lo farà.. ti sventrerà di dintra e seminerà qualche minchia di eroe....” .. minchia, come ti voglio fottere.. intanto ti ascolto.. le tue parole sono musica pi li me aricchi e per la minchia mia.. come quel tale che disse “Thalassa.. thalassa.. thalassa..” io dico “ Minkiassa.. minkiassa.. minkiassa....”>> Intatto Danae era sempre chiù scantata. Si abbrazzava stritta stritta al cuscino e ci circava conforto. A dire il vero paria ca stava futtennu col cuscino. Zeus, sotto forma di nuvoletta dorata, si taliava la scena. << Minchia come ci pulsa il pacchio.. e come ci abballano li minni... >> Non si capiva se Danae tremava oppure godeva con quel cuscino. La nebbia dorata stava entrando dintra la torre sempre più massiccia. << Sempre cari mi furono questi carnosi colli e quella siepe che sta in fondo .. ma adesso non la vedo più..>> E per accertarsi che c’era, ci iu cu li manu. << C’è.. e ci sta pure il resto..>> disse allisciannisilla. Intanto fici nu lampo. << Bella fica dalle amate sponde pur vi torno a riveder..>> disse Danae . E si la minò. Con calma e dolcezza. Poi la riperse di vista e poi la rivide di nuovo. << Tanto onesta e gentile la fica mia appare..>> E l’allisciava. << Fica mia , rimembri ancora quel tempo della tua vita virginale, quando beltà splendea in tia...>> E la riallisciava. << La fichetta bella, vien dalla campagna, in sul calar del sol, col suo fascio di cazzi; e reca in mano un mazzolin di ciolle rose...>> E allisciava più velocemente. << Ei fu. Siccome immobile, dato il mortal sospiro, stette la mona immemore, orba di cotanto spirito di ciolla..>> E con l’ultima allisciata vinni. <<Passata è la tempesta: odo lontan un augello far festa, e la mia fichina.. ina .. ina..>> Ma fu forse una minata involontaria, o volontaria fu? Cercava conforto più che piacere. Diciamo che fu una minata di conforto e nient’altro. Solo una carezza al pacchio. A quelle parole la nuvola circondò il corpo di Danae da tutte le parti. Quella nuvola aveva cento mani e cento piedi più quella cosa che i mascoli chiamano minchia.. era insomma una nuvola minchiuta..... la carusa si intisi persa .. ma poi sintiu chidda cosa ca ci pazziava tra li cosci... la circau cu li manu ma non trovò niente.. quella cosa comunque c’era. C’era qualcuno supra di lei. Ma era fatto d’aria.. anzi d’acqua, visto che era una masculo nuvolo... ma pure la minchia di era di nuvola.. era dura e inconsistente allo stesso tempo, non l’acchiappava cu li manu ma intanto quella premeva per trasiri...,sentì la coppola della minchia della minchianuvola che stava trasennu.. Alla fine arrivò tanta di quella minchia.. un bella acqua dorata che l’avvolse, la penetrò, la futtiu e la controfuttiu, la siminau e la controsiminau.. trasiu quella da ogni banna e da ogni banna sciu.. e anche lei.. anche lei si pisciau assai assai..... << Ei fu... ma cu fu?>> si chiese Danae che aveva visto le stelle e altro ancora. Nove mesi dopo nasciu Perseo... Homerino, su questa avventura della minchia di dio, scrisse il poema Phallus idrico, il poeta Mhassymylyano il Carmen Mentula et aqua e lo scrittore Santhokriso il solito romanzo. Titolo Cent’anni di accadueo a minchia. << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere e avere una minchia d’acqua, a che minchia serve vivere e avere una minchia d’acqua se non puoi fare tanti alluvioni dintra un pacchio?>> Una sera che Priapo stava con papà Dioniso, altre al resto della sua corte, questo, brillo come al solito, ci raccontò quello che era successo a Zeus.. Rise a minchia cina Priapo. Poi si ubriacò di più insieme al caro papà. E com’era giusto fare per due uomini cazzuti, si ni ienu al bordello “ Fikarossa d’oro..” << Facciamo a gara a chi si fa più ficcate..>> propose il figlio. << Ci sto..>> rispose il padre. La gara fini trecento a centoventi a favore di Priapo. Priapo euforico lanciò una nuova sfida. Una gara tra tutti i mascoli dell’Olimpazzo per vedere chi era la minchia più resistente, più grossa, più potente.. dell’universo sano sano. << Pirchì devi sapere papà beddu ca lu munnu l’avi a cumannari chi chiù grossu teni l’aceddu.. lu dicu per abbabbiare ma accussì avissa siri.. qua lo dico e qua lo nego, ma minchia pi minchia, io dovrei essere il capominchia dell’universo... in vino veritassi sta minchia a tutti in culo la rassi.. ehhhh.. ihhhh... >> Lo disse come battuta ma Dioniso si preoccupò. Ci parse una bestemmia quella del figlio. Un attentato contro Zeus.. si augurò che il capodio non lo venisse a sapere perchè su queste cose si incazzava alla grande… era buono, ironico ma ci teneva alle regole e all’ortodossia… e a dire i vero su quel nipote minchiforme Zeus aveva fatto dei progetti.. il padre Dioniso non poteva essere l’erede.. quello era vinodipendente.. ma l’altro era pilodipendente.. nessuno era autonomo.. ognuno tinia i suoi vizi.. Zeus naturalmente si sintia chiù vicino al nipote.. Diceva sempre : << Meglio il vizio del pilo che quello del vino.. vino con moderazione ,pilo ad ogni occasione.. parola di Zeus..>> Priapo, dopo quella confessione al padre, cantò come al solito: << A forza di martelli Il ferro si riduce A forza di scalpelli Il marmo si lavora Di donna la fica ognora Di ferro vuole il cazzello Perchè con quel giocarello Tu la puoi ridurre a segno La puoi scopar …>> Ma Zeus lu vinni a sapiri. E saputa la cosa si straincazzò. E così pure gli altri dei. A parte il fatto che gli dei dell’Olimpazzo erano nu tanticchia preoccupati. Priapo oramai era una minaccia all’intero universo femminile. Era capace d’incunnarsi l’intera parte femminina del mondo. E non solo terrestre. Anche le dee erano a rischio fottuta priapica. Anche perchè alle femmine uno strumento come quello non poteva non far piacere. E se solo cangiava idea quello era capace d’incularsi anche , volente o nolente, tutta la parte maschile. Terrestre e divina. In fondo, nell’Olimpazzo, dove incesti, corna e deminchiazioni erano all’ordine del giorno, cosa poteva essere mai una inculata? A parte che Zeus si facia il bel Ganimede. E a parte altre faccende, Zeus in persona si scantava sia per il suo culo che per quello del suo amato . Ma soprattutto per il suo… Convocò il Consiglio degli dei in forma incompleta. Tutti li convocò, tranne Priapo. E li invitò a pigliare qualche provvedimento contro Priapo, il picciotto dalla minchia impertinente. << Mi consento di suggerirvi l’idea di mettere un freno a quell’uccello predatore prima che predi i vostri cunni e i vostri culi.. compreso il mio…il picciotto ha osato dire che il mondo dovrebbe essere governato da chi teni la minchia chiù granni.. praticamente ha detto che lo dovrebbe governare lui.. di che tipo debba essere il freno non so.. io mi consento solo di lanciare l’idea.. altrimenti, se voi non consentite, io mi autoconsentirò di agire di mia iniziativa… praticamente io lo vorrei mettere nel posto che fu di Prometeo.. esposto nudo sul promontorio di Pantalica.. e affidarlo a un esercito di femmine esperte di minchiofagia.. queste di giorno ci addivorerebbero lu marrugghiu…anziché un pompino si arrussicherebbero l’uccellone .. si lu spurperebbero sano sano.. lo ridurrebbero al lumicino.. e questo per l’eternità.. perchè il marrugghiu divorato di giorno ricrescerebbe di notte.. accussì lu minchiaranni ma babba capirebbe cosa vuol dire sfidare gli dei…soprattutto il capodio…ma intanto vediamo le vostre proposte.. o consentite alla mia condanna o mi autoconsento .. altrimenti suggeritemi una bella e divertente alternativa...>> disse Zeus facendo la faccia dell’incazzato massimo. << Io propongo di farglielo arrimuddare pi l’eternità?>> disse la vergine Artemide ca l’avissa tagliato volentieri al mondo intero. << Io glielo accorcerei semplicemente... lo ridimensionerei … lo porterei non a livello della media, ma addirittura sotto la media.. insomma, per essere chiara, lo farei diventare microfallico….>> propose Era ca era cumminta che il picciotto fosse sempre in combutta col marito. << Io propongo invece la costruzione di una cintura di castità.. naturalmente il modello lo faccio io.. accussì ci la mittemu addosso e poi buttiamo la chiave a mare.. e vedrete che la sua minchia resterà bloccata… sono sicuro che impazzirà per il pititto….>> propose Efesto che odiava il figliastro. << Io glielo taglierei e risolverei la questione una volta per tutte.. basta affidare il lavoro ad Asclepio.. quella farà un taglio perfetto…. gli lascerà solo nu mecciu per pisciare..>> propose la vergine Pallade Atena. << No.. mancu per sogno… tu non puoi ordinare la deminchiazione di mio figlio.. non puoi condannare l’uso di quello che non conosci e rifiuti.. tu, vergine stolla, non sai cosa vuol dire essere femmina.. perché lo si è soltanto facennisi ficcare chidda cosa nel sottopanza.. la femmina femmina si vede in quel momento…>> intervenne Afrodite in difesa del figlio. Poi riprese: << Mi oppongo alla deminchiazione giornaliere e perpetua di mio figlio.. vedo solo proposte di minchiacidio.. omicidio della minchia.. assassinio della ciolla.. ma da parte di chi? Da parte di chi odia la ciolla.. due vergine che non sanno cos’è l’oggetto su cui vogliono deliberare… una signora spesso tradita dal marito che ritiene amico del condannato.. e poi un cornutone universale che per fargliela pagare alla moglie sarebbe capace di sterminare il mondo intero.. mi oppongo alla deminchiazione di Priapo… voglio invece una pena esemplare.. esemplare ma simbolica… dimostrativa… persuasiva.. correggitrice ma simbolica.. che il picciotto capirà.. mi auguro almeno...>> Furono fatte tante proposte ma alla fine Zeus , che in fondo in fondo amava le cose di pilo, decise di fare solo e soltanto uno scherzo a quel briccone di Priapo. << Signori miei..>> disse Zeus << ho sentito cose grosse… deminchiazione.. cazzofagia.. ciollicidio.. è troppo…in fondo anche la mia idea di un pompino giornaliero a base di femmine iperdentate è troppo… allora mi consento di proporre una punizione simbolica…>> In fondo, la sera del fattazzu, a parte nu tanticchia di incazzatura, Zeus si era divertito assai. Pertanto propose una bella e simpatica punizione simbolica. La raccontò agli dei che scoppiarono a ridere. Rise più di tutti papà Dioniso. Poi Zeus parlò. << Mi consento e se lui non consente mi autoconsento di ordinargli che sia lui ad organizzare lo scherzo a Priapo.. cioè, che sia suo padre Dioniso.. papà Dioniso con la collaborazione di mamma Afrodite...>> << Minchia….>> dissero in tanti. << Minchia..>> disse il papà. << Minchia.. mi addivertirò..>> disse la mamma. Ciò che dà più profitto a una giovane donna non proviene dall'arte, ma dalla natura. Antologia Palatina Intanto scoppiò uno scandalo all’improvviso. Uno scandalo su cui spettegolarono in cielo e in terra. Elio non ne poteva più di sorgere e di vedere Afrodite e Ares che sempre fottevano Non c’era riposo mai per quei due. Ficca e rificca. Di Ares a Elio ci ni futtia un pisello, ma vedere Afrodite nuda e godente ci mittia pititto. E lui aveva da fare. Elio era bello e caldo assai ma da buon auriga doveva pensare a guidare il carro dorato guidato da quattro destrieri nei giusti tempi.. chiù piano d’estate .. chiù veloce d’inverno… e quel pacchio sulla terra lo distraeva.. pacchio buttano poi, pirchì non fotteva col legittimo marito. Così andando avanti le cose Elio si facia il suo percorso sempre con la minchia tisa. Minchia che brillava più del resto del corpo. Nu scienziato astronomo della scuola di Munipuzos di allora li chiamo “ Facole di minchia”.. Una volta, per il firticchio, Elio pinsò di dirigere la punta del suo uccello contro quel pacchio e di ustionarlo.. la sua era una minchia ustore.. lo stesso principio che Archimede applicava agli specchi.. solo che quelli erano concavi e la sua cappella era convessa. Ma poi pinsò che quella era immortale. Alla fine decise di fare la spia e avvisò il marito cornuto. << Vidi che tutte le mattine, quannu iu mi susu, vedo la tua bella signora che si fa sfondare il pacchio da Ares.. il tutto succede a Pantalica..>> Efesto sapia ma facia finta di nenti, adesso non poteva più stare muto. Se prima era cornuto ufficiosamente adesso lo era ufficialmente. Non gli restava che sputtanare la buttanazza e il suo ganzo. Stinnicchiò una rete in mezzo al fiume e la mattina dopo, appena Elio sciu, la tirau. I due amanti restarono intrappolati. Per giunta Ares restò con il coso ficcato nella cosa. Efesto , da parte sua , attaccò a gridare. << Buttana .. buttana .. colleghi venite a taliare… venite a taliare cosa fa la buttana di mia moglie.. si fa zappuliari l’orto da Ares.. buttana.. buttana..>> A sentire quel bordello gli dei accorsero tutti. E risero. Risero alla grande. Anche le donne. A parte qualcuna che si firriò per la vergogna. Tipo Artemide e Pallade Atena. Ares, mischineddu, si bloccò. Ma Afrodite ci disse: << Sii superiore.. continua a futtiri.. futtitinni di tutti.. futti a minchia cina…>> << Ma la cosa mi sta arrimuddannu.>> << Falla ricrisciri con la forza del pinsero.. io ti aiuterò con la forza del mio pacchio..>> La ciolla si riprese e i due amanti continuarono a fottere fino alla fine con una foga micidiale. Tanto che quella volta Ares incunnò nella panza di Afrodite Deimo e Fobo. << Sdisanorati .. non si fermano neanche.. buttana lei e traditore lui.. Zeus.. io li fulminerei di botto.. un fulmine e via.. fulminati mentre che inciullano… >> gridava Efesto. << Non posso.. Ares è mio figlio.. Afrodite è troppo bella per essere fulminata…va solo fottuta.. e minchia, se va fottuta...>> Efesto si misi a pazziare. Poi si calmò. Ma c’era materiale a sufficienza per spettegolare. E così fu. Gli amori di Afrodite erano da sempre i più chiacchierati. Si parlava spesso delle corna di suo marito Efesto. Ma l’amante in carica fu sempre il bell’Ares dalla minchia tisa. A lui la dea caco Deimo e Fobo e poi Armonia…e infine Eros. Deimo, il terrore.. il terrore di incontrare una minchiapersa o na cunnulacrimusu … Fobo, la paura.. la paura di incontrare le stesse cose.. e poi Armonia.. l’armonia degli strumenti del sesso… ed infine Eros.. il pititto sessuale… Cu Dioniso Afrodite fece Priapo.. Da una botta e via di Poseidone fici Erofilo… A Ermete nu ci la vulia rari.. ma Zeus diede ordine alla sua aquila di rubare un sandalo d’oro della dea e di portarlo ad Ermete.. La dea per riaverlo di concesse.. e nasciu Ermafrodito.. Eros, Erofilo, Ermafrodito.. la trinità dell’erotismo.. Priapo, l’unico dio della minchia.. Col mortale Anchise fici Enea.. Ma una avventura di Afrodite non viene riportata dai mitologi del tempo. A parte Plautino Lisistrato da Munipuzos che ne parla in una sua commedia il “ Phallus gloriosus..” Secondo quanto raccontato in questa commedia, il figlio di Zeus e Nauficaa, Incarpasciò , detto Phallus gloriosus “, ebbe una storia d’amore con Afrodite. E da questa bella storia sarebbe nata la bella, anche lei pacchio spilato, Kazzophila Incarpasciò. Lo scrittore Santhokriso finì la sua opera prima, Cent’anni da Priapazzo. E la mannau a un concorso chiamato Pattuallopolis. Premio letterario Pattuallopolis. Tri polis si erano messe insieme pi fari stu premiu. << Bella cosa...>> dissero in tanti. << Bella cosa? Chi vivrà , vedrà. >> disse qualcuno. Dioniso si organizzò. Doveva organizzare lo scherzo al figlio. E detta la formuletta magica fici il miracolo. Già tutto era stato concordato con Afrodite. La dea callipigia aveva dato il suo benestare. << Ticchu toccu taccu teccu.. Damu la parola a ogni sceccu.. Stiddu staddu stoddu steddu S’allonghi a ogni sceccu l’aceddu… Cuzzu cozzu chizzu cazzu Sia chiù longu di chiddu di Priapazzo..>> E tutti gli asini si attruvanu cu la parola na la ucca e na minchia nova sutta la panza. Cu la prima nun ci si capenu chiù cu li scecchi fimmini pirchì attaccanu a litigare, ma cu la secunna cosa ieunu chiù assai d’accordo e, dopo la litigata a parole, faceunu subito pace a colpi di minchia nel pacchio. Priapo non si ricordava la prima fottuta – nella vita aveva fatto solo quello - ma invece si ricordava benissimo il primo amore: la ninfa Lotide Monabella che tinia quindici anni ed era ancora verginella. Tanto tempo era successa la cosa. Lotide era bell’assai e lui era solo una minchiuta scimmia pelosa. Priapo stava badando a tanti asini- questo l’incarico che gli davano spesso- quannu vide la fanciulla stesa al sole e intenta a dormire. Poco prima comunque aveva incontrato Zeus in cerca di pacchio terreste. Se c’era in giro il capodio sicuramente in zona c’era sticchio fresco e di prima qualità. Pensò che il capodio cercasse proprio quella. Colto da improvviso amore pinsò di dichiararsi. La taliò da tutte le angolature.. in quel momento ripassò Zeus sotto forma di satiro assatirato assai assai.. << Cerchi lei?>> chiese Priapo. << No.. cerco la bella Antiope…. Eccola là….>> Priapo assistette all’amplesso tra Zeus e Antiope. << Minchia che casinu ca cumminunu… ma meglio che torno alla mia bella..>> Lotide era bella da tutti i punti di vista.. pinsò che se la svegliava quella per lo scanto di vedere la sua minchiazza scappava o le pigliava un colpo mortale.. e se non notava quella si scantava per la sua bruttezza... era praticamente una scimmia minchiuta... Continuò a guardarla. Bionda e riccioluta e dalla pelle bianchissima.. neanche un filo di trucco.. e un respiro virginale.. la leggera veste che la copriva le aderiva perfettamente al corpo.. un corpo dalle curve maestose.. un culo che monumentale su due cosce perfette.. ma soprattutto vedeva le sontuose grandi tette - la vera specialità di Lotide - alzarsi ed abbassarsi al ritmo del respiro.. vedeva i capezzoletti grandi e irti come due minchiette.... ma guardava anche le altre curve…il culo soprattutto.. il suo respirò si sincronizzò con quello della ragazza.. e pure il battito della sua ciolla.. taliava e non sapeva che fare.. era amore quello che sentiva ma non sapeva come manifestarlo.. e continuava a guardare.. guardava là, dove le cosce s’incontrano e nascondono il vero gioiello di ogni femmina.. ma guardava anche la parte posteriore.. era bellissima.. << Che culo.. come me la inculerei.. che natiche .. come me la innaticherei...che chiappe.. come me la inchiappetterei...>> disse a se stesso << quel culo è più bello di quello di mamma e del mio stesso..>> Priapo sapeva che non c’erano , né in cielo né in terra , culi belli come quello di Afrodite.. ma l’amore glielo faceva vedere come il più bello dei culi del mondo intero. << Che fare?>> si domandò. E taliava la minne enormi fare su è giù. A questa domanda ci vinni incontro Eolo. Con una folata di scirocco sollevò la tunica alla picciotta e la mise col culo di fora. E non solo quello. << Minchia.. per Era e Zeus… per il dio Phallos e per la dea Cunnus...che culo stupendo…e chissà che filazza duci...>> Andò a vedere il davanti. << Che pacchietto bello impilato con un triangolino che viola la geometria euclidea e non solo quella.. sfida anche la geometria ciollesca dei volumi che non tornano più… Mi la devo fare? Ma come devo fare pi farimilla?>> Si livau la tunica e il cingiphallus. Si stese davanti alla picciotta e ci appoggiò l’aggeggio sulla panza. Poi, piano piano , ci lu fici passare tra li minni e portò la coppola della sua minchia all’altezza della testa della bella Lotide. Chidda si l’abbracciò. Ci parse di avere a che fare con il suo giocattolo preferito. Era allora d’uso regalare ai picciriddi un pupazzetto sicco e longo ma cu na testa ranni chiamato “Apollo custode” che ci facia compagnia durante il sonno. Lotide si lu strinse forte con le braccia e con le tettone virginali . Priapo facia su e giù tra quelle collinette in fiore. Poi si mise in modo tale ca ci piazzau la cappella davanti alla boccuccia innocente. Lotide, pinsannu ca si trattava della testa ranni di Apollo custode, ci desi tanti bacetti. Tutto nel sonno. E nel sonno sentì Apollo custode, ca si facia la pipì. << Stu strunzu.. proprio in facci mi la doveva fare.. >> pinsò intanto che Morfeo la cullava. E sempre dormendo si alliccò nu tanticchia di quella pipì. << Che pisciata cremosa .. pari crema.. uhm.. che sapore saporito...>> Priapo cantò tra sé e sé. << Una donna a quindici anni Dee saper ogni gran moda Dove l’uomo ha la coda Cosa è il pen e cosa l’anal..>> Priapo si liberò da quella posizione scomoda ma piacevole. E si sistemò dietro alla picciotta. Con la punta dell’aggeggio puntata contro il fiorellino. Lo sentiva bello, caldo e tremante. Lo sentiva come un velo che si opponeva al suo ingresso. E pinsava a come fare.. a come dare la spinta giusta senza farle male.. magari senza svegliarla.. finalmente si addecise.. << Trasu di botto e quel che succede succede..>> E si posizionò per compiere l’audace impresa. Ma proprio in quel momento Astrolabia ragliò. Forte come non mai. Risultato: Lotide si svegliò e, sentendosi qualcosa di strano tra le gambe, schizzò in piedi. E a vedere quella minchia si mise a gridare. << Artemide e Pallade Atena proteggete la mia purezza.. ci sta uno scecco che mi vuole incunnare con la sua minciazza.. >> Poi taliò meglio. << No.. non è una scecco.. e una scimmia iper iper cazzuta..>> << Non sono una scimmia..>> disse Priapo. << Pallade Atena e Artemide.. non è una scimmia normale .. è una scimmia che parla... è una scimmia parlante e minchiante.. aiuto.. aiuto...>> Ma intanto Lotide era come paralizzata. E Priapo ci rimise la cosa tra le gambe. A vedere quella bestia tra le gambe Lotide fu pigliata da tale spavento che per un attimo restò bloccata. Poi si mise a correre muta come un pesce ma veloce come una leonessa incazzata. Se necessario avrebbe anche corso la maratona e fatto il record, tanto era lo spavento . Per paura di essere inseguita , raggiunta e poi impalata chiese agli dei di essere trasformata in qualsiasi cosa. Priapo l’inseguì tenendosi con le mani la bestia.. << Lotide .. io ti amo... io ti amo.. io ti la voglio ficcare per amore...>> Ma lei scappava. Si girava , taliava e continuava a correre. << Tu si pazzo.. ch’illa è na bestia e no nu cazzu..>> << Bestia o meno , idda t’ama.. la mia ciolla t’ama come io t’amo.. e insieme, se tu vuoi, ti scopiamo..>> << Tu non sei pazzo.. sei pazzo al quadrato...al cubo.. o fors’anche più...>> << Sicuramente sì .. al quadrato.. al cubo.. e fors’anche più è la volumetria della mia ciolla..>> << Ma ha proposito..>> continuò Lotide scappando << chi sei che tu che di ciolla presentato ti sei ma del tuo nome non favelli? >> << Non mi sono presentato perchè pensavo che mi avessi riconosciuto..>> << E chi sono io, la memoria vivente delle ciolle, delle facce e dei nomi? Io vergine sono e masculazzi non frequento. Di minchie non capisco niente ma per quello che saccio queste misure normali non sono.. e per quanto riguarda la tua faccia io mai vista l’ho. E del tuo nome niente di niente saccio.. ciolla, facci e nome ignoto sei per me.. un mistero e basta..>> E intanto scappava. Verso la liberta, per sfuggire alla trapanatura. << Io.. io sono Priapo..>> La carusa rise, inciampò, cadde, si rialzò e scappò di nuovo. << Minchia vero.. lariu, bruttu , piluso e tutto minchia...>> E si mise a correre chiù forte. << Pallade Atena e Artemide .. trasformatemi in qualsiasi cosa ma non mi fate finire preda di quella cosa..>> E Lotide continuava a scappare, e Priapo ad inseguirla. Quella era nuda e con le mani si tinia li minni. Per non farli troppo abballari. Priapo, nudo anche lui, con le mani si tinia l’aceddu... per non farlo abballare, per non sbatterlo a destra e a sinistra... << Lotide .. dammilla.. ti amo.. io ti dugnu la ciolla per amore.. tu mi dai il pacchio per amore..>> << No.. mai e poi mai... tienitilla tu quella bestia...>> << Minchia.. parola di Priapo.. se ti piglio t’imminchio per una settimana di seguito... ti fazzu crepare per troppa dose di minchia.. ti la fazzu sciri da li naschi...>> Ma Lotide scappava ancora. Priapo da parte sua si stava avvicinando pericolosamente. E quannu fu vicino ittau un sauto e .. e non l’acchiappò.. perchè Lotide sautò pure.. e Priapo finì dintra una bella cacata di sceccu.. la pigliò di culo facendo centro. << Minchia.. chi finali di merda.. scatà su scatà e ancora scatà.. a la facci di li scecchi ca cacanu cacati monumentali..>> Lotide si girò per taliare. Rise assai nel vedere Priapo che imprecava assittato su una bella cacata. << Lotide... ti amo.. ti amo.. sono nella merda ma ti amo...>> La donna rideva e le sue tette abballavano che erano uno spettacolo. Priapo si susiu e col culo merdoso si avvicinò alla femmina. E quannu ci fu vicino con un sauto ci si ittau di supra. Lotide finì a terra con Priapo assittato sulla panza che con le mani le arriminava lai minni. La ciolla divina puntava al cielo. Lotide si intise persa ma da ammuccaparticoli nata e cresciuta continuò ad invocare Pallade Atena e Artemide. Priapo ci arriminava sempre li minni mentre la ciolla lentamente atterrò tra quei seni. << Adesso t’imminchio.. bella Lotide .. >> << Minchia chi puzza.. tutto merda sei ...e di merda m’incilippiasti...>> << Colpa tua.. per acchiappare a tia sautai ma nella merda atterrai...>> << E col culo in pieno la pigliasti..>> << E meno male che non la piglia con la minchia...>> << Con quella la dovevi centrare..>> << Cero.. accussì mi facia una fottuta con la merda.. bella, chista..>> Priapo fici lentamente scendere la ciolla verso il basso. Lotide sentì la cappella passare tra i seni, poi supra lu biddico e quindi sostare sul triangolo peloso.. << Artemide.. Pallade Atena.. non mi date stu pene pi pena...>> La ciolla adesso era davanti al portuso. Facia pressione. Le mani del dio invece ci arriminavano sempre e soltanto li minni e ci tiravano li capiccia tisi. Lotide sentì la coppola contro la filazza. Taliò la facci di Priapo. Aveva gli occhi chiusi ma lo sguardo chino di libidine, di carica e potenza e voglia di sesso.. << Mia sei.. ahhhh....>> gridò Priapo. << Pallade Atena... Artemide.. aiutatemi..>> Lotide sentì la coppola premere contro la sua imene intatta. << Persi la mia ricchezza... Pallade Atena.. Artemide.... unni cazzu siti? Vi calau lu sonnu? Proteggete la verginità o proteggete la minchia? Siete difensori della verginità o del buttanesimo... forse Priapo vi l’avi sfunnatu pure voi? Ci siete o non ci siete. Se ci siete fermate stu cazzu. O meglio, trasformatemi in quel minchia che volete.. ma salvatemi dal disonore...>> Lotide addivintau na maccia di loti. Gli dei la trasformarono in pianta di loto.. E Priapo si trovò con due loti nelle mani e con la ciolla ficcata dintra un portuso del tronco della maccia. << Ahi.. la minchia.. e chi ciavi lu pacchiu di lignu.?>> disse il dio che per il dolore stringiu assai i due loti che teneva in mano facendoli scoppiare. << Minchia.. li minni ci scoppianu..>> Allora aprì gli occhi e capì. Quelle buttane mancate di Artemide e di Pallade Atena avevano trasformato Lotide in una maccia... Il loto è un bel frutto ma le sue dimensioni riproducono le palle di Priapo.. oltre alle tette di Lotide. “ I baddi di diu.. li minni di la picciotta” li chiamano ancora a livello popolare. Priapo invece vinni dintra il tronco. Poi, , rimasto con il pititto di pacchio, si mise a santiare cantannu: << La vendetta, oh la vendetta Non è un piacer serbato ai soli saggi.. Mai obliar l’onte.. o gli oltraggi.. E’ bassezza , ognor anche viltà.. Coll’astuzia... Coll’arguzia.. Col giudizio... Col criterio.. Si dovrà .. il fatto è serio.. La minnitta si farà.. Se tutto il codice Dovessi volgere.. Se tutto l’indice Dovessi leggere.. Con un equivoco Con un sinonimo Qualche garbuglio Io combinerò... Tutta Munipuzos sa Quel che la mia ciolla fa.... Artemide e Pallade Atena La vostra filazza già Della mia minchia è piena...>> Ad un certo puntò si alzò. Dopo essersi fatto il tronco della maccia di loto. Il culo merdoso. Le mani fatte di lotto sfatto, la ciolla ingrasciata di simenta, la testa cina di rabbia.. a colpi di minchia fici cariri tutti li frutti di la maccia.. tutti li loti.. ci si catafuttiu di supra e li scassau a unu a uno.. a colpi di minchia naturalmente. Poi assicutò quella scassacazzi di Astrolabia e ci ni desi quattro nel culetto peloso. Ma siccome era arrapato, non avendo pacchio di donna, s’infilò nel pacchio dello scecca. << Voglio un pacchio.. un pacchio di carne e non di lignu.. l’importante è che sia di carne. Anche se di scecca ma di carne..>> Astrolabia era solo una asinella giovane e bella. Ma dal comportamento particolare. Sfuggiva la compagnia dei suoi simili e correva sempre appresso al suo guardiano. Praticamente Astrolabia era innamorata di quello sceccu che camminava su due piedi e non su quattro zampe.. stissu pelame ma con una ciolla più grande dei masculi della sua razza.. della sua specie... Pertanto Astrolabia ci curria sempre appresso come un cane fedele. Tanto che spesso si facevano delle chiacchierate infinite. Priapo parlava a gesti e Astrolabia ci arrispondeva con la testa o con le orecchie. O ragliando. Insomma, i due si capivano. Quel giorno aveva ragliato per la troppa gelosia. Il suo guardiano stava per passare quella cosa a quella ragazza e non a lei che la desiderava da tempo. Anche lei era vergine e continuava a rifiutare la corte di tanti scecchi che la assillavano. Rifiutava anche la corte di Sceccheracle , lu sceccu più forte e cazzuto dell’intera comunità. Lei voleva Priapo e quello sdisanuratu voleva n’autra. Per questo aveva ragliato con tutta la forza che aveva in corpo. E fatto così scappare la carusa. Ovvero la scecca spilata. Priapo ci li desi di santa ragione . Ma lei non pianse. Poi Priapo ci desi pure quella cosa che lei aspettava da tempo. E Astrolabia fu arcicontentissima. Dopo la facenna, stanc’assai com’era, Priapo si arriposò. Priapo si ricordò che Astrolabia lo perseguitava da tempo. Lui si n’era accorto quella volta che si era svegliato di colpo, venendo, in preda all’eccitazione più straziante. Si sentiva leccare ma non riusciva a capire chi fosse l’operatrice . Comunque operava bene. E venendo si arrispigliò. E s’era trovato Astrolabia che gli alliccava l’uccello insementato. << Minchia.. no.. un pompino scicchigno…>> A taliarsi la scena del pompino c’era rimasto per tutto il tempo Sceccheracle che nel suo asinino cuore d’innamorato avia giurato minnitta. E pochi giorni dopo il pompino scecchico Sceccheracle avia trovato il dio che dormiva nudo e a pancia in giù. E ci avia sbattuto la sua minchia scicchigno in bocca. << Porcu sceccu curnutu..>> aveva gridato Priapo svegliandosi. Si era pulito il musso e l’aveva bastonato alla grande. Finalmente si addormentò. Felice sognò di metterla in culo a Lotide. Tinia la carusa sotto e ci lu mordicchiava. Un mozzicone a destra e uno a sinistra. Poi una alliccata di qua e una di là. E infine nel mezzo. Tra una chiappa e l’altra. Ma intanto che lui sognava c’era Sceccheracle che ci alliccava il culo a lui. E se quello di Priapo era un alliccare nel sogno, quello di Sceccheracle era un alliccamento reale.. Con tanto di lingua ci lu alliccava. E Priapo si muoveva a quel ritmo. Ci piacia quella lingua enorme che ci alliccava il sederino. Quannu quello iniziava una linguata, Priapo nel sonno si inarcava e allontanava le chiappe l’una dall’altre, e sentiva la lingua anche nel buchetto del culo. Ma nel sogno pinsava di essere lui l’alliccatore . E i movimenti reali che lui faceva involontariamente, nel sogno li faceva il culo di Lotide. E quannu Sceccheracle ci alliccò il buco del culo realmente, lui nel sogno ci alliccava la stessa cosa a Lotide. Ma il bello doveva ancora venire. Nel sogno Priapo si preparò a metterla nel sedere a Lotide, nella realtà fu lu sceccu ca ci piazzò la ciolla nel culo. Pronto per fare il botto. D’altra parte aveva promesso vendetta. << Sceccu ca camini cu du peri.. tu ti sei fatto la mia amata scecca ma io adesso ti rompo il culo.. sceccu bipede che altro non sei..>> pinsò Sceccheracle. E quannu nel sogno Priapo ci la trasio a Lotide , nel rinculare sentì una pressione contro il suo. Ma non ci fece caso. Si arrispigliò perchè Astrolabia si era messa a ragliare di santa ragione. E di botto era slittato in avanti. Per un pelo di minchia umana s’era salvato da una minchia di scecco. E Priapo, pigliato da rabbi infinitamente divina, aveva inculato Sceccheracle. Lo aveva fatto piangere come nu picciriddu. E Sceccheracle avia promesso minnitta. La storia andava avanti. Ma Elio, che da lontano avia visto tutta la scena, la contò a tutto l’Olimpazzo. Qualche dio chiacchierone la contò a qualche terrestre e tutto l’orbe vinni a sapiri dell’increscioso fatto. Per questo, quannu vedevano a Priapo, tutti ci dicevano:<< Attento a lu sceccu..>> Al concorso letterario Pattuallopolis, la giuria , presieduta dalla scrittrice Fiorettam , desi il premio all’opera di Santhokriso, Cent’anni da Priapazzo. La scrittrice era italiana d’italia e non italiana di sicilia, secondo la teoria di un noto ideologo siciliano, La sera della premiazione, il re della polis disse ai vincitori: << Presto riceverete il premio..>> In quel momento, Priapo, che era tra il pubblico sotto mentite spoglie, attaccau a cantare un motivetto classico molto famoso e bellissimo. << Parole.. parole.. soltanto parole...parole pi pigliare per il culo la gente..>> Adesso Priapo era un bell’uomo, grazie alla spilatura. E spesso pinsava a quello scecco vendicatore. Sapeva che la minnitta incombeva. Astrolabia era sempre innamorata di lui e Sceccheracle sempre chiù geloso. Ma non li vedeva da tempo. Lui non faceva più il guardiano e neanche il giustiziere. E poi, spilato com’era, sarebbe ancora piaciuto a Astrolabia? E Sceccheracle , aveva ancora intenzione di fari la minnitta. Un giorno, nel bosco di Mynkyalonya, dopo aver assistito a un amplesso particolarmente focoso tra il dio scicchigno e una misteriosa dea minchiofila, Sceccheracle decise di fare minnitta. C’era un qualcosa che lo spingeva, una sorta di voce interna o altro. << La minnitta.. la minnitta devi fare.. oggi è il giorno del giudizio.. minnitta.. minnitta ranni.. ranni.. ranni..>> Priapo si vantava di averla chiù granni di qualsiasi scecco ed era vero. Ma adesso Priapo era un bell’uomo e sfondare quel culo doveva essere la sua giusta e doverosa minnitta. Quannu la dea andò via e Priapo si addormentò, Sceccheracle ci iu accanto. Con la minchia tisa, pronta a fare il botto. Proprio allora era avvenuto il miracolo della parola e dell’aceddu novo. Tutti li scecchi, masculi e fimmini, si erano trovati il dono della favella. E i scecchi mascoli una minchia chiù scicchigna di quella di Priapo. << Adesso sono io il più minchiuto, e lo posso anche gridare al mondo..>> disse piano piano. Sceccheracle pinsava sempre alla minnitta. Ci alliccò il culo a Priapo. A quello ci parse che fosse la dea. E lasciò fare. Sceccheracle dopo aver alliccato quel culo bello puntò in suo nuovo aceddu verso le chiappe. Pronto a fare la trionfale trasuta. Anche per sperimentare il nuovo aggeggio. Priapo ad un certo punto sentì na cosa nova che cercava di intrufolarsi tra le sue belle chiappette. <<Chi minchia sarà? Sicuramente è una minchia ed è più grande della mia. Ma in terra e in cielo non esistono ciolle più grandi. Che minchia mai sarà..>> si chiese in sogno. Manco il tempo di farsi la domanda che la risposta fu chiara . Qualcosa stava per ficcarsi nel suo culo. Si svegliò di botto. Nello stesso istante una voce femminile mai sentita gridò: << Priapo beddu salva lu culu da la minchia di lu sceccu..>> Schizzò in avanti e si mise additta in un amen. <<Buttana di la buttanazza ranni.. e a chistu chi ci successi ? Stanotte ci crisciu l’aceddu?>> << Sì.. ed è più lungo del tuo.. più grosso e più potente….e prima o poi io ti romperò il culo.. >> rispose Sceccheracle. << Cu cazzu parra? Cu cazzu dici sti minchiati rivoluzionarie?>> si chiese a voce alta Priapo. << Io parrai.. io.. l’asino Sceccheracle.. l’asino che facesti cornuto perenne fottendoti la purezza della bella Astrolabia…>> << Minchiati.. minchiati.. qualcuno mi sta pigliando per il culo… cu minchia parra?>> << Io.. volevo pigliarti per il culo.. per vendicare l‘affronto subito.. io sono stato respinto da Astrolabia che invece a tia ti la resi in un amen..>> << Minchiate.. lu sceccu ca parra? Stu cazzu.. ca ci s’allungau la minchia ci criru.. lo vedo con i miei occhi…ma che parli? Stu cazzu.. anche se lo sento con le mie orecchie qua ci sta qualcuno che mi sta pigliando per il culo..>> << Vero è.. adesso possiamo parlare..>> disse la voce femminina di prima. << Cu è ca parra? Cu è sta fimmina buttana che se misa d’accordo con qualche mascolo iarruso pi pigliarmi per il culo? Se v’acchiappò, vi la ficco come , dove e quanto e quando voglio io..>> << Io sono.. la tua scecca bella.. quella che ti ama.. Astrolabia.. se e vuoi, ficchimilla pure.. sempre a disposizione.. io ti amo... e sono contenta di potertelo gridare..>> E la scecca si affacciò. Priapo restò a bocca aperta e a minchia tisa mentre il suo culo facia ancora giacomo giacomo pi lu scantu ca s’era pigliato. << Ti sei salvato il culo per miracolo.. ma sappi che adesso la minchia più grande del mondo è quella dello scecco.. da stanotte siamo la minchia numero uno e per giunta parliamo…>> aggiunse Sceccheracle. << Balle.. è la mia .. ed eventualmente quella del mio collega egizio Min..e di qualche altro collega di qualche altra religione… io sono e resto la protominchia dell’universo..>> << No.. e la mia.. e quella dei miei colleghi…>> << No.. la mia..>> Litigarono un po’ sotto gli occhi innamorati di Astrolabia. Litigarono con tutto quello che avevano. Litigarono anche a colpi d’aceddu. Fu una bella cazzomachia. Ci fu un momento che Priapo finì sotto, a pancia in giù. Sceccheracle ne approfittò per bloccarlo. Poi ci piazzò la ciolla contro il culo e si preparò all’assalto finale. < < E fatta Priapo bello.. il tuo culo se lo mangerà il mio uccello..>> Astrolabia capendo che stava per succedere l’irreparabile si ittau addosso a Sceccheracle e lo fece cadere. Priapo ne approfittò per rimettersi in piedi. Incazzato nero e pronto a tutto. << O morte o minnitta..>> gridò. Con un salto si abbrancicò allo scecco. Fu come pigliare la mira e fare centro. Con le mani si appinniu al pelo, con la bocca fece altrettanto . Ma il punto d’appoggiò importante fu la minchia che trasiu sana sana in culo all’asino. Le gambe invece pinneunu per aria. << Ahhhh …>> gridò Sceccheracle e si mise a saltare per scrollarsi di dosso a Priapo. Soprattutto per liberarisi di quella cosa che ci stava nel sedere. Sautò alla sanfasò ma non riuscì a liberarsi. Facilitava invece il trasi e nesci.. E alla fine Priapo lo innaffiò col suo latte di brigghiu. Per la seconda volta la minchia divina era finita nel suo sedere. Astrolabia si taliò la scena e rise. Sceccheracle promise ancora minnitta. Continuarono a litigare. Ma non si misero d’accordo. Decisero di affidarsi a una giuria formata metà da scecche e metà da donne. Dopo misurazioni accurate fu stilato il verdetto. << La minchia più longa dell’universo è quella dello scecco..>> Priapo pianse una notte intera. Sceccheracle fu contento di quella sentenza. Anche se era stato sodomizzato, la sua minchia e quella degli asini in generale erano considerati i genitali per eccellenza dell’universo. << Siamo la protominchia del creato.. siamo i primi.. sia la minchia per eccellenza..>> gridavano gli asini. Quelle parole erano coltellate amare al cuore, al ciriveddu e soprattutto alla minchia di Priapo. E Priapo pianse. Con accanto l’innamorata bell’asinella Astrolabia che voleva anche consolarlo. A parole e non solo. Priapo rifiutò tutto. Pianse solo e basta. Ma cantò anche, cantò assai assai addolorato. << Barbaro fato.. Vorrei dir ma parole non ho.. Balbettando il labbro va.. Fuor la voce uscir non può.. Ma mi resta mezza qua.. Che fare? Che farò? Oh che gran fatalità.. Il primato della minchia più non ho.. Di me e della mia ciolla ho pietà... Barbari dei che fate il fato.. Vorrei incularvi e lo farò.. Incazzato son ma la minchia va.. Fuori la voce uscir non può.. Ma la ciolla ci la fa.. Che fare? Io qualche cosa farò.. Sia detta la verità.. Anche se il primato del brigghiu più non ho La mia minchia a tutti in culo andrà...>> Secondo Mhassymylyano da Munipuzos, che lo racconta poeticamente nel Carmen XXIIX, quella volta la minchia di Priapo parlò al suo padrone. << Obscoenis, paream, Priape, si non uti me pudet improbisque verbis . Sed cum tu posito deus pudore ostendas mihi coleos patentes, cum cunno mihi mentula est vocanda.. Che io muoia, Priapo, se non è cosa vera Che non mi vergogno di dire indecenze e scurrilità Ma tu che sei un dio, senza pudore Metti in bella mostra i tuoi genitali Bisogna chiamare cazzo il cazzo e fica la fica..>> Quella notte stessa Dioniso parlo al mondo asinino. << Per voi ho fatto due miracoli.. vi ho dato la parola come gli uomini e la minchia più lunga di quella di Priapo.. ma le due caratteristiche non le potete conservare.. solo una delle due cose potrà diventare una vostra caratteristica perenne.. l’altra la perderete stanotte.. quindi decidete prima dell’alba.. altrimenti le perderete tutte e due..>> I maschi si talianu in facci e si impegnarono in una discussione senza fine…erano indecisi tra la parola e l’altra.. Le ore passavano veloci ed Elio stava per sorgere. I scecchi mascoli non se ne rendevano neanche conto.. ma stavano per perdere tutto.. Le scecche vedendo che la situazione stava precipitando si talianu na la facci. E si capenu in un amen…e in massa votarono per il nuovo modello d’uccello. Chiacchieravano ancora i mascoli quando persero di colpo il dono della parola ma conservarono l’altra dote. Grazie alle femmine. Priapo invece , per non santiare ancora, cantava. Cantava maledicendo gli asini. << Asinino, tutto già si sa.. Saprà tosto il mondo intero Il misfatto orrendo e nero La tua ciolla è solo vanità.. Odi il tuon della vendetta Che ti fischia intorno intorno.. Sulla tua ciolla in questo giorno Il suo fulmine cadrà..>> Lo scrittore Santhokriso aveva vinto il primo premio al Pattuallopolis con la sua opera prima Cent’anni da Priapazzo. Ma adesso era iniziato il bello. Il premio non arrivava. << Ma era un premio o una barzelletta sui siciliani..>> si chiedeva la gente. << Premio.. e serio..>> diceva qualcuno. << Sta minchia.. Barzelletta. Era .. .>> dicevano altri. Infatti, in una polis della zona, Karleontinoi, continuavano la vicende comicosatiriche relative al concorso letterario Pattuallopolis. Nato in fretta ma bello sulla carta era finito male. Aveva vinto, come detto, uno scrittore di Munipuzos, certo Santhokriso, con il romanzo dialettale in versi intitolato Cent’anni da Priapazzo. Si raccontava, con un linguaggio libero da briglie burocratiche, morali e religiose, quello che Priapo aveva fatto nel suo primo secolo di vita. Bello sulla carta il concorso.. ma poco bello il dopo concorso. La seconda arrivata che veniva da Neapolis era stata saldata , e il primo no . Altri che venivamo dalla cosiddetta Italia furono anche loro saldati. Qualcuno disse “ Per fare bella figura con gli stranieri…” Scoppiò anche una ennesima lite tra il re di quel paese, Guerrigliorum primo, e il governatore del premio Pattuallopolis, il cittadino Tocchus. << Mi hai promesso ottomila erosminkia ..>> << No.. solo quattromila.. né un minchiesimo di più né un minchiesimo di meno.. >> << E io con quei quattromila pagai gli stranieri.. per fare bella figura con gli stranieri…altrimenti da Rhegium in poi avrebbero detto “ I soliti siciliani..”>> << Io ho dato quello che avevo promesso..>> << No.. hai dato la metà..>> << Ma ci sono ancora quarantamila erosminkia bloccate a Palermorum....>> <<Ma ci si devono spedire dei documenti .. lo deve fare Leontinoi..>> <<Ma ci li mandò il re dell’epoca.. .. solo che erano incompleti.. e Palermorum ci li rimannau annareri...comunque un altissimo dignitario di Palermorum disse che si poteva risolvere tutto in due mesi..>> << E dove lo disse?>> << In un dibattito a la “ Parola a colori” >> << Però sono passati due anni..>> << Bohhhh..>> << Bihhhh..>> << Quattromila...>> << Ottomila..>> La gente rideva. << Uno dei due mente. .ma chi?>> Molti la misero sul politico. << Parole di homo politicus..>> << Cioè…>> << Inutili… inutili…come i politici...>> Ma il dibattito aveva evidenziato altre cose. E la gente chiacchierava e rideva. << Ma Palermorum a Leontinoi ci disse anche di integrare la documentazione... di mittirici altri documenti e di rimandare il materiale a Palermorum..>> << Ma Leontinoi non lo fece... Quindi nessuno li integrò.>> << No..>> << E perché ?>> << Forse perché non c’era materiale per fare l’integrazione.>> << Bohhhh.. >> << E altre minchiate i signori del Pattuallopolis le hanno detto a “ Mi mandano in tre”.. come al solito... paria na sceneggiata.. quattromila erosminkia…. ottomila.. meglio pagare gli stranieri per fare bella figura...>> Tutta la Sicilia rise .. ma risero pure fuori.. la voce curria.. e curria veloce… Lo scrittore incazzato invocò tutti gli dei dell’Olimpazzo. << Zeus ,manna fulmini e saetti… Ares, fai na guerra tra chiddi paesetti.. Ade, nu terremotu longu assai.. Eolo, ciuscici lu ventu chiù forte che hai.. Efesto, metti in moto l’Etna e spara tuttu lu focu ca voi.. Priapo mio beddu facci a tutti … >> Adesso lo scrittore aveva minacciato di incatenarsi al portone della reggia. E tutti erano in attesa di vedeva quannu incominciava lo sputtanamento di questa storia di mala Magna Grecia. Di mala Trinacria. Di mala Sicilia. In fondo, una storia così a cazzo di cane non si vedeva da tempo… Risero pure gli abitanti dell’Olimpazzo… rise come un pazzo anche Priapo che era curiusu di sapiri la verità. Il re di quel paese diceva addirittura che Santhokriso facia parlare male della Sicilia... altri dicevano altre cose... l’unica persona solidale con lo scrittore era una letterata , per fortuna non siciliana, la signora Fiorettam. Che di quel premio era stata prestigiosa e indipendente presidente della giuria. Libera cittadina e libera pensatrice. << Se chista è la sicilia pazza speramu in un alluvione di mirdazza..>> dissero in tanti. Priapo, contento per il premio dato al romanzo che parlava e sparlava di lu, ma incazzato per il dopo, per scaricarsi il firticchio cantò un pezzo di teatro tratto dal famoso “ Don Giuvannieddu” di Amazeus.“ << Restino dunque quei birbon Con Proserpina e Pluton E noi tutti, buona gente, Ripetiam allegramente L’antichissima canzon, “ Questo è il fin di chi fa e opra mal..” >> A Parte questo Priapo rivoleva il suo primato minchionino e la sottomissione degli scecchi. Il primato sapeva già come averlo. La sottomissione degli scecchi anche. Se per riconquistare il primo gli occorreva l’aiuto di una persona, per sottomettere gli asini ci voleva l’aiuto di una comunità. E lui aveva già in testa l’uno e l’altro. L’uno era un professionista, l’altra quanto prima avrebbe avuto bisogno del suo aiuto. Po c’era da organizzare la minnitta contro Artemide e Pallade Atena, le due lesbiche dell’Olimpazzo. E anche quella contro il dio che aveva organizzato lo scherzetto “ Il miracolo della favella e della nuova ciolla agli asini”. Ma non sapeva chi era il colpevole. Naturalmente ci stava poi il suo piano segreto da portare avanti. Decise di risolvere subito la questione del primato. << Salve, Asclepio bello.. >> << Priapo, ciolla in secundis.. posso esserti utile? << Certo..>> << Che vuoi?>> <<Voglio tornare ciolla in primis...Voglio sottopormi a un intervento per allungare la mia ciolla.. di pochi centominkiametri. Tanto per riavere il primato.. >> << Ma lassa perdere.. centominkiametro in più centominkiametro in meno...>> << No.. sono o non sono il dio itifallico e megafallico.. sono o non sono la protominchia dell’universo? >> << Ma degli uomini e degli dei lo sei?>> << Lo devo essere dei viventi in genere.. allunga e basta..>> E Asclepio fece l’intervento. Priapo ridiventò la protominchia dell’universo. Canto felicissimo: << Grande minchia, risei sul trono... Serba contenta il tuo dono.. In pace e in guerra.. T’ammiri il ciel e la terra.. Io la cingo di lume.. Giustizia e saper.. Sia l’idolo, il nume.. Dei vostri pensier..>> Zeus s’incazzava spesso. E faceva puntualmente danno. A vedere certe minchiate grosse s’incazzava. << Minchia.. io mi consento e mi autoconsento di imminchiarmi…Minchia come m’imminchio io manco la minchia di Priapo s’imminchia cosi…>> Ci l’avia con le troppe cose storte che vedeva. La storia del premio Pattuallopolis l’aveva fatto ridere.. << Minchia... chi ragionamenti a cazzo di cane... ottomila.. quattromila.. .minchia come mi ride la ciolla e pure la testa.. e anche il culo mi ride.. vero Ganimede mio..>> disse Zeus taliando il compagno di letto. Zeus s’era anche chiesto: << Magna Grecia di cultura o no? >> Taliava in giro e vedeva solo cose storte... Pinsò di fare come quella volta che mannò acqua alla sanfasò e fece annegare tutti e tutto.. o meglio quasi tutti .. almeno nella zona di sua competenza.. anche se in quello stesso periodo un suo collega faceva la stessa la cosa... Quella volta era talmente incazzato, con Prometeo in primis, ma con tanti altri in secundis, che era sceso, in veste di poverello, in Trinacria, per vedere se ci stava almeno un uomo giusto.. uno non lo trovò.. o meglio , una coppia la trovò.. giustamente la salvò... poi scatenò l’inferno o tartaro dir si voglia... e come detto da n’autra parte un altro dio facia la stessa cosa… Tornò nell’Olimpo mentre la morte e la distruzione lavoravano a pieno ritmo.. Zeus stava sterminando il genere umano… Quella volta infatti il mare nostrum crisciu di livello e allagau tutto .... Dall’alto dell’Olimpazzo Zeus rise... Aveva valutato varie ipotesi di distruzione di massa. Con la folgore era troppo faticoso, un terremoto era l’ideale ma Poseidone ci disse che era troppo complesso smuovere tutto . Efesto ci disse che non poteva azionare tutti i vulcani in una volta ,era difficile alimentarli all’unisono. Eolo non poteva scatenare tutti i venti contemporaneamente.. Decise di fare da solo il suo diluvio universale.. Solo il figlio di Prometeo, Deucalione, con la sua signora si salvò.. perché su suggerimento del padre costruì una bella arca.. In un’altra parte della terra ci fu, come detto, un altro diluvio organizzato da un altro dio.. anche qui si costruì una bella arca e Noè e i suoi si salvarono. Questi per ordine del loro dio.. Quel tale Noè poi è imparentato con di Dioniso per via del vino.. Pare comunque che qualche altro furbetto si salvò … Deucalione e consorte, gettando simboliche ossa, diedero origine ai nuovi viventi. Deucalione ai mascoli.. Pirra, sua moglie, alle femmine… Priapo pigliò le sembianze di Artemide e dopo aver somministrato una sostanza allucinogena a Pallade Atena si la futtiu. << Ma chi successi? Il tuo Klitò diventò enorme.. Artè, chi fu?>> << Effetto dilatorio della visione e basta.. non ti preoccupare.. come ti passavo il piccolo Klitò adesso ti passò quello grande... e solo un effetto ottico...>> E come dice il detto popolare “ Ci lu sunau nel paparaciannu facennu e dinni, e donni e dannu..” Pallade Atena non capì un cazzo. Fatta la minnitta uno, ci stava la due. Pigliate le sembianze di Pallade Atena si futtiu ad Artemide. Con lo stesso rituale. E come dice n’autro detto popolare “ Era nicu e ci lu fici ranni, ci lu allargau da tutti li banni. Era na stanza e ni fici nu saluni col suo grande minchiuni..>> Ma sia Artemide che Pallade Atena erano convinte che la grandezza del clitoride fosse stato solo un effetto allucinogeno. Fino a quando non scoprirono di essere incinte... e parranu parrannu capenu ca qualche figlio di buttana dell’Olimpazzo ci l’avia misu in cunnu facendo finta che quella minchia che ci passava fosse in realtà .. il clitoride dell’amata. Allora partirono per un viaggio... verso l’estremo nord... e lì partorirono due picciriddi bellissimi ma con una minchia enorme... Capirono allora chi era il padre.. << Bastardo.. si vendicò... ma noi ci rivendicheremo...>> dissero in coro Lassanu là li carusi. Tra gli Iperborei . Per farne i padri degli Iperminchionei.. o Ipercazzei .. o Iperciollei... Il filosofo Socratino da Munipuzos taliando e studiando il nuovo Priapo bello e minchiuto disse: << Ell’esser’è la justa potenza massima dello spirito dionisiaco e di quello apollineo.. in lui i due spiriti convivono, si fottono, s’inchiappettano e stanno in costante equilibrio.. la sua bellezza di corpo e di pensiero si compensa con la sua potenza di minchia e di pensiero.. apollineo e dionisiaco convivono all’unisono col massimo della sincronia...>> Lo scrittore Santhokriso si propose di scrivere una serie dedicata a Priapo. Dopo Cent’anni da Priapazzo, sarebbe stata la volta di Minciazza, Il mistero di Priapo spilato, Un portuso per Priapo, La simenta di Priapo, Phallus gloriosus, La cazzicatummila di Priapo , Missione Priapo Pentamegisto Priapo uommino tra mezzomini, uminicchi, piglianculo e quaquaraquà, Priapo e la Papessa Marozia, Le priapomachie e la monacazzopitechedda, Priapo, il dio sminciaciatu e le raccolte di racconti Le coppole dello zio Priapo e Cunnomentulapriapomachie. Mhassymylyano da Munipuzos scrisse il solito Carmen in latino, lingua che padroneggiava con sicurezza insicura e capacità incapace. Dopotutto il poeta Mhassymylyano da Munipuzos era figlioccio di quello sdisanorato dello scrittore Santhokriso. Infatti lo scrittore ci avia fatto da padrino in una cerimonia detta Criscimogna. La Criscimogna era un rito laico che celebrava il passaggio dal liceo inferiore di tre anni al liceo superiore che durava cinque anni.. Criscimogna in termine tecnico è il nome del vaso unni si conserva il lievito per fare il pane. E come sapete il lievito fa vunciari l’impasto....Pertanto durante la cerimonia della Criscimogna il celebrante, un sacerdote della dea Kriscinmona, somministrava a tutti nu tanticchia di Criscimogna sulla testa. Praticamente nu tanticchia di lievito. E poi, per non fare cadere la Criscimogna a terra, il sacerdote ci dava un simbolico schiaffetto, nu tumbuluni, per fare attecchire meglio il lievito. << Ma chi minchia serve questa cerimonia del mondo antico, antico, antico, antico, anticazzu... non si è mai capito nu cazzu. >> si era chiesto il Santhokriso. << Non serve a un cazzo e neanche a una minchia.. >> si era risposto da sé. Niente. Rituale era e basta. Cosi come il lievito fa crescere l’impasto, questo tanticchia di lievito doveva far crescere il ricevente sia di testa che di corpo. Nel caso del sommo poeta , famoso per i Carmina Priapea , tutto era cresciuto . Tutto tutto tranne il bagaglio di conoscenze della lingua latina e poi di una lingua astrusa, una lingua poco conosciuta parlata da una popolazione barbare dell’estremo nord, una lingua chiamata “ inglesorum.” Era diventata una moda questa nuova lingua. E pare che in futuro, a sentire gli oracoli, l’inglesorum sarebbe diventata una lingua parlatissima... Tutto era cresciuto in Mhassymylyano da Munipuzos.. tranne l’amore, la passione, la voglia di approfondire il latino e l’inglesorum... Era aumentata anche la capacità di litigare con la mamma.. Comunque in questa occasione scrisse il solito Carmen . Il XXXVII. << Promisit fore mentulamque movit pro nutu deus et rogata fecit.. Il dio acconsentì e mosse il cazzo in segno d’intesa ed esaudì le sue richieste.>> Santhokriso scriveva in dialetto perchè non conosceva l’italiano, e il poeta , presa la palla al volo , disse: << Io scrivo non in latino latino ma in dialetto latino.. e le regole sono diverse.. anzi, non ci sono.. e io, come il mio padrino, scrivo chiddu minchia ca mi pare e nessuno mi può dire che sono cose sbagliate.. perchè non è latino latino.. ma dialetto latino. E se qualcuno non capisce quello che ho detto non solo è scemo ma pure ritardato mentale.. testa di cazzo.. anzi di mentula.. anzi, visto che parlo e scrivo in dialetto latino, testa di mentulazza..>> La fama è maldicenti ed anche pazza; Sbogghia li pinni e poi lu culu appizza; Già lu raccunta a Giovi e lu strapazza, E ccu lu diri so l’accende e attizza: Lu diu supremu subito s’incazza, Si metti a santiari pri la stizza; Pinsau di poi , e tutta l’ira smorza, D’unirsi ad iddi e a parrai s’inforza, Si vidunu arrivari , in atti illiciti, Strazzatu ognunu e ccu lu cazzu tisu; Chi cc’è? cci dici: vi faciti liciti Fari sti cosi, senza darmi avvisu? Chiù non si pigghia a mia lu benediciti, Menzi culiddi di lu paradisu? Chisu davanti a mia sti cazzi in autu? Chi vi mancia la garra, o siti in sautu? Micio Tempio, La minata di li dei V. Agaminkione da dove viene? Iu ccu vuatri non vogghiu cummattiri, Si no vi mannu a farivi strafuttiri! L’alma, dissi la dia , mi sentu sbattiri, Papà, non aju ciatu, ‘un pozzu agghiuttiri Ch’era locca oimè d’occhi fra un battiri, Ognunu mi dicia lassiti futtiri: Sta cosa nun cumprennu in verità; Futtiri, chi significa, papà? Ah! becchi strafuttuti, vastasuna, Grida arraggiatu come tigri ircana, Cussì si tratta ccu la mia pirsuna, Veri garrusi e figghi di buttana? La pigghiastivu forsi, o gran minchiuna, Pri la Baciccia , o pri la Girgintana? Vi pari cosa di numi perfetti Scannaliari li picciotti schetti? Micio Tempio, La minata di li dei Tantalo, il seme originario Da quali antichi testicoli discendono Agaminkione e Menelao? Lunga , anzi lunghissima e tragica, cina di sangue e autri violenze è codesta storia. La mamma di tutte le tragedie. E siccome la mamma è sempre incinta, è chiaro che farà nascere altre tragedie. “ Sangu ciama sangu” dicevano sia in Grecia che nella Magna Grecia. All’origine ci stanno i coglioni di Tantalo. Figlio di Zeus e della titanessa Pluto . “Tantalou talenta . I talenti di Tantalo.” era un modo di dire. Spesso Tantalo veniva invitato a pranzare o cenare nell’Olimpo, naturalmente a base di nettare , ambrosia, sticchiosia e minchiosia ( queste ultime due facevano bene agli organi sessuali); e soprattutto a base di “ Divino Oinos”. Tantalo era a conoscenza di tutti i pettegolezzi divini e forse anche immischiato in qualche storia con qualche sacro cunno o fallo. Che alle dee ci piacia ogni tanto farsi incunnare da una minchia terrestre. Agli dei invece ci piacia sia dare che ricevere. Naturalmente ognuno dacia quello che avia. Il dio dava la sua la sua ciolla divina , l’uomo la sua ciolla umana. Ma era anche arrogante e imbroglione. Infatti arrubbau pure nu tanticchia del sacro cibo, soprattutto sticchiosia , minchiosia e “ Divino Oinos”. Lo faceva per farsi bello con i suoi amici. E poi cuntava a tutti li fatti di la ciolla del capodio. Li cuntava agli uomini. E non solo quelli. Tutto in corname celeste lui lo raccontava a tutti. Ma la minchiata grossa la combinò quando invitati gli dei a mangiare a casa sua, per mancanza di cibo e altro, ci cucinau a suo figlio Pelope fatto a spezzatino. Pelope, “ l’uomo che ama il pelo”. Nessun dio mangiò quella carne, a parte la pensierosa Demetra che era addolorata assai per la sua Proserpina. Si mangiò la dea, involontariamente, la ciolla del picciotto. Ci parse un pezzo di sasizza. << Che bona sta sasizza.. paria na minchia e sapia di minchia..>> << Babba.. era na minchia...>> ci disse Zeus. << E ora? >> si addumannò Demetra. <<Ora risolveremo il problema, come al solito.. da dei.. due parole e un miracolo. E bimmi e bummi e bammi ...Pelope è senza minchia tra li iammi...>> A un certo punto i pezzi furono assemblati per ordine divino. Ma mancava giustamente mancava un pezzo. Allora Demetra, per liberarsi del senso di colpa, fici una ciolla d’avorio e ci la misi nel punto dove andava messa. << Io regalo alla vittima inconsapevole della mia ciollofagia una minchia divina. inesauribile ..chiamata “ ierophallus “.. E ordino che d’ora in poi i caddozzi di sasizza abbiano quelle misure.. in lunghezza e grossezza.. a ricordo della ciolla che io mi mangiai… fortunato sarà codesto mascolo perché la ciolla d’avorio è itifallica.. non e gross’assai e manco lung’assai però è inesauribile.. e tutti i suoi discendenti mascoli, siccome l’avorio è un carattere dominante, avranno la ciolla d’avorio... Soltanto i discendenti di Tantalo avranno codesto dono..... >> disse Demetra. Pelope riebbe la via. Chiù beddu di prima. Cu la carne rosea e la ciolla d’avorio sempre tisa. Tutti vollero taliare il nuovo giocattolo del caruso rinato... e tutte le compagne e i compagni del caruso vollero giocare con nuovo giocattolo.. per Pelope fu l’inizio di una vita di piacere instancabile.. quella ciolla di dimensioni normali era davvero inesauribile... <<Se mi consentite , mi consento di confermare il dono fatto da Demetra.. altrimenti mi autoconsento.. chista ciolla d’avorio sarà il segno di tutti i discendenti mascoli di Pelope... ma alle donne cosa diamo? Niente? Non mi pare giusto. Io dico e confermo e mi consento o autoconsento, di far sì che tutte le donne discendenti di Tantalo avranno di cotal sostanza il clitoride.…>> disse Zeus. Poseidone invece, nel vedere il picciotto, che poi ci vinia nipote, si bello e ignudo, se ne innamorò e si lu purtò a casa come compagno di iocu e di letto. << A tia Tantalo, figlio mio disgraziato, ti condanno a un supplizio eterno.. il supplizio di Tantalo.. attaccato come un salame nun potrai né bere né mangiare … né con la bocca né con l’aceddu.. e per giunta dovrai sempre taliare verso l’alto…>> disse Zeus. Tantalo si attruvò nel Tartaro, attaccato come nu baccalà e immerso nell’acqua dove nuotava tanta bedda robba da mangiare. Ma quannu l’acqua e il cibo arrivavano vicino alla so ucca e iddu la rapia, l’acqua si ni calava automaticamente e iddu non poteva né bere né mangiare. Sempre nell’acqua annatavanu cunni di prima qualità in preda al pititto di ciolla. Ma anche culi appitittati d’essere sdillabbriati e bocche vogliose. Pertanto la sua ciolla attisava sempre. Ma quannu paria ca la ciolla doveva andare in buca, il cunno, o altro che era, si allontanava. E inoltre doveva taliare verso l’alto. Un sasso enorme stava in bilico sopra la sua testa. Paria che da un momento all’altro doveva caririci in testa e schiacciallu. Farlo a polpetta come lui aveva fatto a spezzatino a suo figlio. Su questa storia Homerino scrisse il poema Padre figliofago, Mhassymylyano il Carmen Tantalo mangiafiglio e lo scrittore Santhokriso il romanzo Cent’anni pi mangiarisi nu figghiu. Socratino da Munipuzos si pose la solita domanda. << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere e avere un erede con la minchia, a che minchia serve vivere e dare da mangiare agli altri il proprio erede minchia compresa?>> Pelope, l’uomo che ama il pelo Il bel Pelope visse la sua prima storia d’amore con Poseidone. Pelope era l’amato dalla ciolla d’avorio, Poseidone l’amante col pesce speciale. Ma a volte le parti si invertivano. Ma tutto passa e va . Ad un certo punto Pelope turnau sulla terra per curari li so affari. Compresi quelli dell’aceddu . Turnau con un bel dono divino. Una coppia di cavalli alati. Bello, itifallico, ricco, un buon partito, un mezzo di trasporto eccezionale e altro. Questo era il Pelope che decise di pigliare moglie e che scelse Ippodamia, la figlia di Enomao. << La voglio bedda comu na cavadda.. cu nu culu comu na cavadda... e quannu si piscia di lu piaciri s’avi a sgriddari comu e peggio di na cavadda...>> pinsava il glorioso Pelope dalla minchia d’avorio. Ma chista carusa era legata al padre che si la pussiriu alla sanfasò. Uno dei tanti incesti del mondo antico. Ma secondo le usanze del tempo era giusta e doverosa cosa mettere in palio le figlie in età da marito. E darle al vincitore. Che poteva essere anche un vincitore col trucco. Enomao , per non perdere l’amato pacchio , visto che possedeva dei cavalli speciali guidati dal celebre auriga Mirtilo, figlio di Ermes, prometteva la figlia a chi lo avesse vinto nella corsa. E siccome era invincibile, vinceva sempre lui; e i pretendenti li ammazzava. << Curnuti e bastuniati.. mentre io continuo a incunnare..>> pinsava nella sua testa fina. Enomao, dopo ogni vittoria, si sposava con sua figlia, in una cerimonia segreta in cui lui, il papà, era sia il celebrante che lo sposo. E naturalmente , poi, dopo lo sposalizio, consumava. Era un ciclica ierogamia la sua storia con la figlia. << Stasera ni rimaritamu, figlia mia bedda..>> ci disse , piano piano, all’orecchia, Enomao alla figlia. << Sì..>> rispose quella. << Stasera , bella delle belle tra le belle, sarai la degna e bellissima corona della mia ciolla speciale...>> ci disse all’autra orecchia Pelope. << Sì..>> rispose la ragazza. Enomao adesso si proponeva di ammazzare Pelope. E questi di ammazzare il futuro suocero. <<Il bellimbusto si sente invincibile. Sta minchia...>> pinsò Enomao. A Ippodamia ci piacia seguire i preparativi. Vedere i masculi denudarsi e ungersi d’olio era una bella cosa, A lei , a dire il vero, ci piacia controllare la parte che di un mascolo fa un mascolo. Comparava e immaginava. Anche perché lei conosceva all’opera , nel suo sito, solo quella paterna. E vedere quella ciolla strana di Pelope colpì il suo immaginario collettivo. Spiccava sul roseo della carne quella minchia color avorio anche nella coppola che generalmente e normalmente è rossa. << Di chi materiale la teni Pelope? Pari di marmuru. E se di marmo è, quannu trasi arrifrisca lu postu cauro. Minchia, chissà chi sensazioni si prova. Boh! >> si chiese Ippodamia. Ippodamia si avvicinò a Pelope e ci chiese. << Di chi materiale è?>> ci chiese , indicando la cosa tisa e chiarissima. << D’avorio.. d’avorio è.. inconsumabile.. instancabile.. inesauribile.. eterna... immortale.. tutto all’opposto del suo proprietario.. e soprattutto è itifallica.....>> << .. itifallica?>> << Sì.. sempre tisa.. notte e giorno.. giorno e notte.. quannu ficca e quannu nun fa un cazzo.. sempre tisa.. in teoria potrebbe ficcare a tempo pieno.. fare di lavoro solo e soltanto la “ minchia che fotte sempre.” Ci la toccò con calma e la sensazione provata fu strana . Ma l’acchiappò di testa e di cori. E soprattutto di cunno. Decise di darsi da fare per averla. Questo voleva dire far morire il padre per avere un marito. Far morire un uomo con la minchia di carne per averne uno con la minchia d’avorio. << Comu fazzu p’aviri stu cazzu? >> si chiese. E intanto che tutti si preparavano nudi e unti d’olio alla corsa, vedendo quella ciolla speciale sempre tisa che brillava, Ippodamia addirittura si innamorò del picciotto. E decise all’stante di sfruttare la passione che Mirtilo aveva per lei. Mirtilo la spiava da tempo nei suoi amplessi incestuosi, e la desiderava assai assai da tempo. Ippodamia , d’accordo con Pelope, ci promise la prima notte di nozze. << Se mi aiuti a far vincere Pelope, passerò la notte con te.. Pelope sarà mio marito ma la notte delle nozze sarà tua.. io sarò la tua ierodula.. per una notte soltanto però..>> << Minchia… sì.. anche pi na sola fottuta io sono pronto a fottere a mondo..>> rispose quello. Non mi dilungo a contare come e in che cosa consistette il piano. Dico solo che riuscì. Accussì Pelope vinse e Enomao crepò. Mirtilo reclamò il premio, ma la coppia si liberò pure di lui. Ippodamia e Pelope ficiro finta di darici il premio e invece ci la misuru nel culo. << Mirtilo.. Quannu stutu la cannila vieni a portarmi la tua... ca poi ti la stutu iu...>> << Vengo.. tutto sano vengo e con la cannila addumatissima.. in fiamme direi..>> Rise Ippodamia. Rise anche Mirtilo. Ma rise tragicoironicamente nascosto com’era dietro un paravento anche Pelope. << Un morto in più, un morto in meno, che minchia ci ni fotte..>> dissero insieme quannu si attruvanu nella camera da letto per preparare l’agguato. Ma in attesa di lanciare il segnale futtenu a minchia cina, Mirtilo arrivò puntuale non appena si stutò la cannila. E si misi a nura. Pronto a zummiari. << Ti la vuoiu passare il maggior numero di volte possibili... finu a quannu l’aceddu mio sarà in grado di volare, io lo voglio fare volare..>> << E io ti aiuterò a farlo volare..>> Ippodamia improvvisò uno spogliarello. E via questo e via quello e via quell’altro e la femmina finalmente fu cu lu paparaciannu di fuori. Si annacò come una fimmina in cauro, e caura ed addumata era, a causa dalle tante infilate che la ciolla d’avorio ci avia offerto. Ci fici abbidiri come abballavano li minni e come le natiche assecondavano quel moto. In questo caso si trattava di minni e natichi soddisfatti, pertanto lu ballettu era chiù eroticamente erotizzante. Mirtilo paria nu pupazzo di pezza immobile. Sulu lu ciatu ci scia da li purmuna di cursa, l’occhi invece erano rossissimi. La cosa ca pazziava impaziente era la ciolla, era pronta pi fari trasi e nesci. Pronta al signali di partenza che Ippodamia ci avia a dari, come da accordo. Mirtilo sì rendeva conto che se questo signali ritardava ancora, iddu non sarebbe chiù riuscito a trattenersi. E le cose erano due. O ci satava incoddu e la inciollava oppure vinia in automatico. Oramai la sua ciolla non ne poteva più. Era lì li per venire, per eruttare, per vomitare, rovesciare, emettere, lanciare fuori , sparare.. lu sculu dell’amore. Una minata in automatico sarebbe stata , senza mani ma con la forza del pinsero e di un cunno ispiratore. Decise che era meglio sautarici incoddu. E iniziò a contare. Da uno a undici... cinqu ita di na manu, cinqu ita dell’altra. Più la ciolla . Attacco a contare mentalmente e corporalmente.. con la testa e con le mani... Ippodamia si ni accorse. << Minchia già a quattro è.. allora nun sta cuntannu finu a tri..>> Si portò verso il letto e si distese. << Minchia già a otto è...>> Allargò le cosce e misi in mostra un pacchio tutto incilippiato dalla simenta di Pelope. Ma Mirtilo preso dallo spasmo fottitorio disse “ e nove.. e dieci “ in un amen. Se lui era eccitato, anche Pelope, novello sposo, che già aveva assaggiato le prelibatezze di Ippodamia, stava con la minchia tisa, d’altra parte lo era sempre, dietro il consueto paravento . E tinia anche un desiderio. Che quella sceneggiata della minnitta fosse durata poco, accussì iddu poteva dare sfogo liberatorio e liberante al suo pititto. Al sue eros crescente e devastante, portare nu tanticchia di pace a quella ciolla d’avorio inesauribile che reclamava il calore di un portuso caldo. Fu allora che Ippodamia gridò: << Stutamu la cannila.. videmu cu mi la infila..>> Era la frase segnale concordata, La parole d’ordine. Mirtilo, da parte sua, ebbe un attimo di confusione. << Ma se ci sono solo io chi minchia gliela può infilare?>> Ma fu solo un attimo. Mirtilo si susiu e tuccannisi l’aceddu dissi “ ...e undici..” E si catafuttiu in mezzo alle cosce della donna. In mezzo a quelle cosce era prevista la sua morte. Ma nel lancio spasmodico qualcosa non funzionò. La ciolla , intanto che lui sautava , eiaculò. La simenta finiu addosso a Ippodamia. Mirtilo atterrò con la ciolla sempre tisa davanti al pacchio del donna. La mise in direzione e sentì la filazza calda. <<Ora...>> disse Ippodamia. Si riferiva a Pelope ma Mirtilo lo recepì come un invito ad accomodarsi, << Subito.. ti accontento subito. >> E ci trasiu piano, con delicatezza aristocratica e sciccheria nobile, quasi con stile classico ioneggiante, la cappella nel portacappella. Ma qualcosa successe alle sue spalle. Qualcuno ci fu addosso. E lu tirau annareri. Anziché trasiri Mirtilo sciu quel poco che aveva trasutu. La coppola delal minchia che incunnata s’era si scunnò in un amen. << Chi fu? Cu fu? Chistu non era previsto... io trasiri dovevo e non uscire. Non subito almeno..>> Pi la rabbia Mirtilo desi un colpo di culo per liberarsi dell’aggressore. Ma nel fare questo si autoinculò la ciolla tisa dell’altro. Di botto. Tanto che dalla bocca ci sciu un grido di dolore. Iu in avanti con rabbia e trasiu la sua cosa nella cosa di Ippodamia. Di botto, in un amen. Tanto che quella gridò. Ma la ciolla dello sconosciuto ci ristò di dintra. << Cu fu? Cu fu? >> si chiese. Poi riflette nu tanticchia... quella ciolla era stana.. dura assai e fredda.. a soprattutto durissima.. << Minchia.. la minchia di Pelope è.. uomo senza parola... fallito ideologico e d’aceddu.. ti maledico pi mille e poi ancora mille generazioni... malirittu la pacchiu ca ti cacau e la minchia ca ti siminau.. malirittu.. ma iu comunque a quella buttana della tua signora ci la ficcai.. sarà pure pi na vota ma mi la ficcai.. voi di parola non foste ma io sì...>> gridò Mirtilo. Ippodamia si stesi zitta, Pelope pure. La situazione divenne comica e tragica allo stesso tempo. Mirtilo si dimenava, con la sua ciolla dentro la filazza perchè voleva finire. Ma quannu trasia in cunnu ia il più avanti possibile con la speranza di liberarsi il sedere. Ma la ciolla di Pelope assecondava i suoi movimento. Anzi , quannu Mirtilo scia , Pelope lu tirava con forza, con la speranza di farlo sciri del tutto. << Fallu sciri da lu me pacchiu..>> gridava Ippodamia. << Nesci la cosa dal mio culo..>> gridava Mirtilo. << Nesci dal pacchio di Ippodamia.. che io esco dal tuo culo..>> gridava Pelope. Ma la situazione non cambiava. Ippodamia voleva liberarsi di quella cosa che la infilzava e pertanto spingeva Mirtilo indietro. Mirtilo voleva continuare a infilzare Ippodamia e ammuttava in avanti anche con la speranza di liberasi di quella minchia che lo trapanava. E Pelope, quannu quello scia, lu tirava un poco di più con la speranza di farlo uscire completamente dal portuso della moglie. Ippodamia gridava : << Basta... nesci dalla mio buco..>> Mirtillo alla donna: << Fami finire.. >> Pelope: << Nesci dalla cosa della donna che io esco dal culo tuo..>> Mirtilo a Pelope: << Fammi finire... ma esci dal culo mio..>> Pelope: << T’ammazzo se non esci.>> Mirtilo :<< Fai pure.. ma dopo.. dopo che insimento.. che simino.. e ci voli picca.. viva il pacchio e chi ci lo ficca..>> Pelope lo acchiappò per il collo e attaccau a stringere. Ma il soffocamento aumentò l’ingrifamento del candidato morto e del candidato omicida ca vinnunu in simultanea. Pelope nel sedere del moribondo e il moribondo, esalando l’ultimo ciatu e l’ultima simenta , nel pacchio di Ippodamia. Ippodamia e Pelope si erano organizzati per evitare quell’unica volta ma le cose erano andate diversamente. Mirtilo era si stato ammazzato, ma a Ippodamia si l’era fatta. E l’aveva anche seminata. << Adesso non è solo assassinio... non è solo il desiderio di livarisi dalle palle un nemico scomodo per far tacere la sua bocca di uomo che ha visto e sa.. adesso, visto che purtroppo, ti l’infilò , è delitto d’onore.. di gelosia. E allora bisogna ritualizzare la cosa...>> Così detto, Pelope ci tagliò i genitali a Mirtilo e ci ficcau in bocca. Dopo i due si congiunsero per sette notti e sette giorni senza interruzione. La ciolla d’avorio era inesauribile e instancabile.. << Ierophallus.. minchia sacra..>> lo chiamava Ippodamia. Dopo aver conquistato il cuore e il pacchio di Ippodamia, Pelope conquistò terre su terre e tutti insieme le chiamò Peloponneso, le terre del pelo. E capitale di quell’insieme di piccole polis fu nominata Munipuzos, la mitica città le cui origini si fanno risalire al mitico Teseo Alicarnazza. Ma in realtà, con altri nome , Munipuzos c’era già. Era nata nella notte dei tempi.. ma nessuno sapeva di quali tempi... era antica.. come il mondo.. come il cazzo.. come la fica... Alla moglie Pelope fece cagare tanti figli. E tra questi , Atreo e Tieste, i gemelli serpenti. Ma Pelope non amava i suoi figli legittimi. Erano cacacazzi e scassaceddi e rumpimarruna assi assai. Soprattutto i gemelli. Falsi e ipocriti avrebbero scannato l’universo intero pur di diventarne il padrone; e poi si sarebbero scannati a vicenda per diventarne l’unico padrone. Pelope invece scia pazzo per il bellissimo Crisippo, il figlio bastardo avuto da n’autra fimmina. Tanto bello che Laio, il primo dei pederasti del tempo, rapì il giovane e ne fece il suo amante. Perché Crisippo era un Apollo con la ciolla d’avorio.. Un calliculo, un callimentula, un callibaddi, un callitutto... La gelosia comunque accecò Ippodamia , Tieste e Atreo che ammazzarono il caruso. Lo ammazzarono con la spada di Laio. I gemelli serpenti, tutti odio et odio, ienu a casa di Laio e attruvanu i due impegnati a letto. Stavano facendo un bimentulalingus. << Che bellu li culo di lu fratasciu ..>> disse Atreo. << Che bellu puru lu culu di Laio...>> disse Tieste. << Cambiamo il programma.. lassamu stari il finale .. ma facemuci un giro dei due culi...>> << Ci staiu...>> Trasenu na la camera e li separanu. << Voi , fratelli miei..>> disse Crisippo. << Fratelli un cazzo... adesso invece ti lu damu... lu cazzo..>> << Nessun problema.. io amo il sesso.. a disposizione di tutti.. aperto sono a tutte le esperienze.. etero, omo e di massa.... volete darmi la vostra minchia gemella della mia.. perchè tutti siamo figli di Pelope e d’avorio ci l’avemu... a disposizione.. vi do la mia. A disposizione.. inesauribile è e lo sapete.. lo sa pure il culo di Laio..>> E rise mostrando il suo aceddu e il culo del suo compagno di letto. Atreo e Tieste, incazzatissimi, ci la misinu in culo al fratellastro e a Laio. Poi, presa la spada di Laio, ammazzanu il fratellastro. Laio tremava . << Non aver paura.. la tua spada l’ammazzò.. tu l’ammazzasti per gelosia. E se dici la verità, torniamo e ti facemu a polpette pi li cani...>> Scoppiò la facenna. E la facenna fu chiusa. << L’ammazzò per tropo amore.. >> dissero tutti, pinsannu che l’assassino fosse Laio. Ma poi la verità vinni a galla. Ma nessuno ne parlò. Ippodamia e i gemelli scappanu. Per il resto Pelope ebbe una bella vita piena di onori e soddisfazione. La sua minchia pure. E a suo tempo lo spezzettato Pelope spezzettò re Stinfalo. Pelope fu , diciamolo pure, onoratissimo per il resto della sua vita. E i suoi discendenti, tutti col marchio di fabbrica - la ciolla d’avorio-, presero il nome di Pelopidi . Coloro che amano il pelo. Pare che Pelope sia stato anche l’inventore delle Olimpiadi e in parallelo, nei sui giardini segreti, delle Piliadi, le olimpiadi del pelo. Purtroppo poi scomparvero sia le une che le altre. Le Olimpiadi furono soppresse e quelle del pelo divenatrono gare private. Anche su Pelope Homerino scrisse un poema. Pelope pilophilo . Mhassymylyano scrisse il Carmen Pelope ars amandi pilu cunnus . Lo scrittore Santhokriso il solito romanzo dialettale. Titolo Cent’anni con Pelope. Socratino da Munipuzos si pose ancora una volta una domanda. << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere e avere una minchia d’avorio, a che minchia serve vivere con un minchia d’avorio se poi questa minchia d’avorio non la si imminchia in tutti i portaminchia che è possibile imminchiare con la propria minchia d’avorio che essendo d’avorio imminchia senza avere limiti della minchia di carne?>> Atreo e Tieste, odio et odio Gemelli coltelli si dice. Ma questi, altro che coltelli. Dopo che abbandonarono Munipuzos, vagarono assai e alla fine finenu nei possedimenti materni. Fu così che i Mincionei, gli abitanti di Minciapolis, si trovarono a scegliere tra due re. O Atreo o Tieste. Entrambi Pelopidi. Gemelli ma in lotta da sempre. Ognuno rivendicava il diritto alla primogenitura. << Io scii per primo dal pacchio della mamma >> diceva Atreo. << No.. scii io..>> diceva Tieste. Non accettavano il giudizio della mamma: << Siete usciti in contemporanea..>> << Non poli essere.. anche se ci cacasti insieme uno che aveva nu pilo di minchia di vantaggio doveva esserci. E io fui..>> diceva Atreo. << No.. io fui..>> rispondeva Tieste, Intanto Atreo aveva fatto voto di sacrificare ad Artemide l’agnello più bello del suo gregge, e come fu e come non fu, nasciu un agnello dal vello d’oro. Atreo sacrificò l’armaru ma conservò il vello d’oro in un bauletto d’argento misu dintra una cascia di rame infilata dentro una cassapanca di legno. Ma Tieste andava dicendo che l’armaru dorato era suo e che il fratello glielo aveva rubato. Intanto Erope , la moglie di Atreo, si appitittò alla ciolla del cognato, d’avorio e sempre tisa pure quella, praticamente tale e quale quella del marito, ma secondo lei più bella, più grande e dotata di portamento più regale. Tanto da addichiararsi. << Tieste .. voglio la tua ciolla...inciollami.. incunnami ..>> << Ma à la stessa di quella di Atreo... in tutto e per tutto.. siamo gemelli anche di minchia..>> << Ma a mia mi fa chiù sangu.. mi attira e mi arrapa di chiù..>> Alla fine Tieste ci disse: << Acconsento a diventare il tuo amante e a passarti tutta la sasizza che vuoi, tanto è sempre tisa e non serve il desiderio che l’attrenti.. ma a un patto.. io t’insasizzo se tu...>> << Se io…>> << Se tu rubi il vello d’oro a tuo marito e mi lu duni a mia.. perché il vello è mio..>> << Sì.. tutto faccio per tia e la to ciolla..>> rispose Erope che non vedeva l’ora di farsela ficcare dal cognato. Atreo continuava a rivendicare il trono pi iddu in quanto primogenito e possessore del vello d’oro. Tieste lo rivendicava lui. << Il vello è il segnale della primogenitura..>> disse Atreo. << Lo so..>> <<Accetti che chi ha il vello diventi re unico? << Ci sto..>> rispose Tieste. Con questa truffa Tieste addivintò re. E Atreo fu solo il vicerè. Ma Zeus, che voleva chiù bene ad Atreo, ci disse: << Ciama a lu bestia ranni di to fati e ci dici: ci stai che addiventi re io se riesco a invertire il corso di lu suli? >> << Sì..>> rispose quello sapendo e pensando che Elio scia sempre a oriente e si ia a coricare dall’autra parte. E che non ci stavano cazzi da fare. Anche se n’autra religione contava che il sole si era fermato per far risolvere una querelle sulla terra. << Mitologia della concorrenza..>> pinsava Tieste che si sentiva sicuro. Invece stavolta Elio, arrivato a mità si firmò, e intanto che c’era scinniu dal carro e si fici na bella pisciata dorata, poi girò il carro e si iu a curcari a oriente. << Minchia..>> disse il popolo. << Minchia.. mi futtenu..>> disse Tieste. << Minchia .. lu futtii..>> disse Atreo. E Atreo fu re mentre Tieste iu in esilio. Erope ristò col pititto della ciolla cognatesca, che era ciolla gemella di quella del marito, ma a lei ci piacia chiù assai. Con questa ennesima truffa di famiglia Atreo fu re e Tieste la prese in culo. Erope ristò con la ciolla del marito e perse quella del cognato. Erope, pianse, pianse pure il suo pacchio sempre disponibile. Erope , in realtà, era un bel pacchio cretese che già da carusa si facia scampaniari la campana da battagghi di qualità. Scoperta dal papà, re Creteo, intanto che si facia sunari lu strummientu, fu venduta come schiava a Nauplio insieme alla sorella Climene che era una complottatrice antipaterna nata e pasciuta. Nauplio sposò quest’ultima mentre la bella Erope appitittau ad Atreo ca era da poco rimasto vedovo di Creola che tra l’altro ci avia fatto un figlio malatizzo assai di nome Plistene. L’unica cosa bona di Plistene era la ciolla d’avorio. Il resto era uno schifo, una sfitinzia, una cacata primordiale. Erope in un amen ci cacau al marito Atreo tri figli: Agaminkione, Minkialao e Anassibia. Ma Erope a suo marito ci avia fatto anche tante belle corna. Sia prima del matrimonio che dopo. Corna a destra e corna a manca. E quannu si maritau cu Atreo in realtà era incinta di Agaminkione e di Minkialao. Un mascolo ci l’avia sunatu e controsunatu nella sua terra... << Li corna , sia detto chiaru e tunnu, sunu lu sustegnu li le munnu…>> diceva Maruzzedda da Munipuzos. Intanto dal cognato Tieste Erope avia avuto Plistene secondo. Atreo, cornuto notorio, ordinau di ammazzare questo Plistene ma purtroppo i sicari si sbagghianu e scannanu l’autru. Aveva ordinato di ammazzare il figliastro Plistene, ovvero il figlio delle corna, ma ci ammazzano il figlio Plistene , quello malatizzo avuto dall’altra moglie. Gli intellettuali scrivono su tutto. Atreo e Tieste erano indubbiamente un bel soggetto. Pertanto Homerino scrisse un poema, Mhassymylyano un Carmen e il Santhokriso un romanzo. Rispettivamente intitolati: Phallus gemelli, Mentule omozigote e Cent’anni con due teste di minchia gemelle con le minchie gemelle pure loro. Socratino da Munipuzos si pose la solita domanda. << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere avendo un gemello di testa e di minchia , a che minchia serve vivere avendo un gemello di minchia se devi sempre stare sempre attento che il tuo gemello di minchia non ti sbatta in culo la sua minchia gemella?>> La minnitta uno: Il pranzo è servito Atreo pinsò al perdono pi fari la minnitta. << Porgi l’altra guancia..>> predicava Kakkiu Baddazza. << Sta minchia.. porgerò l’altra guancia per attirarlo in un tranello e poi mittiriccilla in culo…. Accussì come lui ci la mise nel pacchio a mia moglie.. La minnitta vera passerà attraverso il mio finto perdono...>> Fici circari il fratello come na ugghia persa e lo invitò a ritornare. << Facciamo pace… scurdammici lu passatu, simmu fratelli, Tieste…viene a pranzo a casa mia e mangiannu mangiannu pacificamuci.. semu frati , no strani.. pi na ficcata non è il caso di litigare.. in fondo siamo gemelli anche di minchia.. pertanto quannu tu la ficcautu alla mia signora quella riceveva una cosa tale e quale la mia.. vuol dire che quannu tu ti mariti cercherò di ricambiarti il favore... siamo gimelli anche di minchia.. ricevere nel pacchio la tua minchia per la mia signora corna non furono.. era la stessa cosa che trasiva.. mancu un pelo di minchia di differenza.. minchia gemella al mille per mille.. stesse dimensioni.. lunghezza.. grossezza.. stessa coppola di minchia.. e naturalmente stesso materiale.. perciò sappi che cornuto non mi facisti e che cornuto io non mi sento e che la mia signora buttana non addivintò... facciamo pace, per il bene della corona...>> ci disse. Tieste accettò. << Mio fratello gemello è cornuto e babbo... torno non per fare pace con lui ma pi catafuttirimi di nuovo la sua signora..>> Atreo ordinò il menu. Tutto doveva essere perfetto. Fino al colpo di scena finale. << Pi la pace non si bada a spese.. festa ranni.. rannazza.. rannissima.. a siri.. >> gridava Atreo ai cuochi di palazzo. Questo il menu: antipasto Plistene secondo e Tantalo secondo, secondo trittico Aglao, Orcomeno e Callileonte . Tieste si abbuffò. Il cibo era delizioso. << Complimenti.. a tia e al cuoco.. chista carne era deliziosissima.. tenera e saporita...>> Infine, per abbellire il centrotavola, arrivano mani, piedi e testa dei cinque figli di Tieste. E in un vaso, come fiori, le cinque ciolle d’avorio. Appena l’uomo capì quello che s’era gioiosamente mangiato arrovesciò tutto. Pure l’anima ci sciu. Ma soprattutto maledisse il fratello gemello nella più canonica delle forme. << Malirittu la simenta ca ti criau e lu sticchiu ca ti cacau. Maliritta la to discinnenza pi mill’anni e autri milli ancora ..>> E scappò promettendo minnitta infinita. Atreo fu contentissimo. Adesso era lui e lui soltanto il re di Minciapolis. Homerino scrisse il poema Il pranzo è servito, Mhassymylyano il Carmen Buon appetito e lo scrittore Santhokriso il romanzo Cent’anni di questi piatti saporiti. Socratino da Munipuzos si pose una domanda. << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere e avere una minchia pi futtiri a to frati, a che minchia serve vivere e avere una minchia se non riesci a futtiri lu to stissu sangu?>> Pelopia, in cunno della minnitta. Tieste iu in esilio la dove la sua figlia Pelopia facia la sacerdotessa vergine. Con in testa una sola idea : la minnitta. Andò dall’ oracolo per sapere la via migliore che portava alla migliore minnitta. << Se vuoi chiddu ca sapi fari la minnitta ca tu vorresti fari cu to figghia ti devi curcari…e nu figghiu masculu ci devi fari cacari.. chiddu farà la minnitta ca tu vuoi fari..>> Di nascosto, senza farsi riconoscere, stuprò la figlia. Nel santuario, accanto a una statua, intanto che quella pregava. Ci fu addosso e senza dire manco una parola la ittau sul fresco pavimento di marmoro . A pancia in giù. Poi ci sollevò la lunga veste di sacerdotessa e , da dietro,ci la mise davanti. La carusa per lo scanto neanche gridò. << Se grido quello m’ammazza.. se non grido, la mia virivogna sarà nota solo a mia e alla dea...>> Ma fuggendo il violentatore misterioso perse la spada. Un vero proprio capolavoro dell’arte orafa e guerresca. << Minchia.. che bella.. adesso la nascondo.. non si sa mai...>> E la mise nelle mani di una statua di Ares, il dio della guerra e di altro. Tolse quella che c’era e ci mise l’altra, indubbiamente chiù bella. E alla prima collega che ci avissa domandato chi era quella novità avrebbe risposto: << L’avi portata in dono un visitatore notturno.. per grazia ricevuta..>> Così ienu li cosi E tutti accettanu la sua risposta. Ma lei, ogni volta che vedeva quella spada, pinsava a quell’altra spada che l’aveva trafitta. Che l’aveva sverginata , a lei che era una sacerdotessa vergine. Atreo intanto, non contento di aver scannato i portasimenta del fratello, cioè i figli che nei testicoli portavano la discendenza di quell’uomo maledetto, pinsannu di scannarlo per sempre , vinni a cercarlo. << Devo scannare lui.. deminchiarlo e detesticolizzarlo.. prima che faccia cagare qualche altro figlio a qualche altra femmina... le uniche ciolle d’avorio che devono restare al mondo sono la mia e quelle dei miei figli.. >> Non trovò il fratello ma si appitittau alla bella Pelopia. << Minchia che bella questa sacerdotessa.. e un peccato sprecare un pacchio si bello.. un pacchio come quello va onorato ciollescamente parlando notte e giorno e non lassato a inutili preghiere di una vergine che non cosa si perde.. e io glielo potrei addimostrare con la mia ciolla inesauribile e instancabile e inconsumabile...>> Pinsannu che fosse figlia del re la chiese il sposa. Ci fu detto di sì in un amen. << Cosa vuoi come regalo per le nozze? >> ci chiesero le consorelle. << Se possibile quella spada che il visitatore notturno lassò a mia e io misi in mano ad Ares.>> << E sia .. in fondo quella spada è simbolo di quell’altra spada che tuo maritò ti passerà la notte delle nozze...>>>> dissero le altre sacerdotesse. E risero. E Atreo, dopo le collere e le corna avute dalla bella Erope, si maritò felicemente cu Pelopia. Ci parse addirittura ca la carusa fosse vergine effettivamente. Ma quella aveva usato un vecchio trucco. Grattarisi fortemente il pacchio per simulare lo sverginamento. In realtà Pelopia era come l’uovo do pasqua . Portava dintra la sorpresa. Portava na la panza un picciriddu. Un picciriddu siminato dalla minchia paterna, ma per lei in realtà solo e soltanto figlio di una minchia ignota. Atreo pinsò di essere il padre di quello che invece era il figlio di suo fratello gemello: accussì nasciu Egisto… bello, muscoloso già da neonato e con la solita ciolla d’avorio… << L’avi d’avorio... è figlio mio..>> disse Atreo. La storia della minchia paterna che anonimamente si scopa la figlia per generare lo strumento della minnitta colpì tutti gli intellettuali dell’epoca. Homerino da Munipuzos scrisse il poema Giusta cosa è fotter la figlia per generare il phallus vendicatore. Il poeta Mhassymylyano scrisse il Carmen Justissima et onestissima cosa est foutere la filia per generare la mentula della vindicta. Lo scrittore Santhokriso scrisse il romanzo Magari pi cent’anni mi futtu a mo figghia basta ca idda mi caca la minchia di la minnitta mia. Il filosofo Socratino da Munipuzos si pose, come sempre, una domanda. << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere pi la minnitta e avere una minchia pi fari la minnitta, a che minchia serve vivere quannu sai ca basta ficcarici la minchia a tua figlia pi farici cacari la minchia della minnitta? >> La minnitta due: Egisto , il vendicatore universale Passanu sett’anni circa e Atreo pinsava sempre “ Mi devo levare mio fratello dalle palle…devo deminchiarlo e detesticolizzarlo…”. Pertanto mannò Agaminkione e Minkialao a cercarlo con l’ordine di arrestarlo. << Figli miei.. andate a fottere una volta per tutte vostro zio .. altrimenti io fotto voi.. e faccio Egisto mio erede.. pertanto o deminchiate e detesticolate lo zio o io deminchio e detesticolo voi.. in senso politico però..>> I due, scantati assai, si diedero da fare , lo trovarono e in catene lo riportarono davanti ad Atreo. Perché intanto un nuovo ordine avia cambiato l’ordine di prima. << Non lo ammazzate ma riportelo qua... che io lo voglio usare come simbolo del male .. come esempio vivente della mia giusta giustizia... per un processo spettacolo... di quelli che tanto assai piacciono al popolo bestia...>> Il processo ci fu. E la condanna morte anche. Ma Atreo voleva il colpo di teatro. Atreo ordinò al piccolo Egisto di ammazzare lo zio. << Tieni chista spada che tanto cara a mamma tua è.. e con questa scanna quell’uomo che ci vuole male… poi lo deminchi e lo detesticoli.. e mi porti il malloppo a mia…che mi li farò fritti... accussì tu diventerai il piccolo grande eroe giustiziere.. quello che vendica l’onore del padre e lo lava cu lu sangu del traditore.. chistu è il copione che io ho scritto pi tia.. ti piace?>> << Sì.. anche perché recitò una parte importante...>> disse Egisto a cui piacia assai iucare . Veramente ci piacia fare teatro. Studiava già “ arte drammatica”. << Se ci sta qualche cambiamento di scena .. improvvisa... sfrutta la tua arte e le tue conoscenze..>> << Sì, papà..>> rispose Egisto. Egisto partì per compiere l’impresa. Trasiu piano piano nella cella, che era immersa in uno scuro quasi totale, con la spada in mano, pronto ad infilzare lo sconosciuto. Si muoveva sicuro come su un palcoscenico. Lui aveva già recitato con la scuola al teatro greco di Siracusa, in quello di Munipuzos, in quello di Taormina, in quello di Akraj, e una volta, in viaggio d’istruzione o scambio culturale, anche in quello di Epidauro... Pertanto si muoveva sicuro della parte che doveva recitare. Ma Tieste, che dormiva con un occhio solo e l’altro lu tinia sempre aperto, cu nu cauci in culo, catafuttiu il ragazzo per aria. In fondo Egisto era solo un ragazzino terribile e rompipalle, ma solo un ragazzino. La spada abbulò in un angolo e il caruso in un altro. << Strunzicieddu di cagnulieddu… che cazzo volevi fare? >> << Giustizia..>> disse il ragazzino che era andato a finire in un angolino della cella. << Tu.. accussì nicu volevi fare il giustiziere?>> << Sì.. volevo deminchiarti e detesticolarti.. anzi dovevo.. per ordini superiori..>> << E invece adesso sono io che deminchio a tia...>> << Questo colpo di scena non era previsto.. ma io mi adatto.. forse è una prova.. un provino... però mi chiedo, sono io il protagonista o è questo uomo sconosciuto. Il protagonista è il deminchiatore o il deminchiato.. e da come si stanno mettendo le case, il previsto deminchiato sta per diventare il deminchiatore e il previsto deminchiatore sta per diventare il deminchiato...>> pinsò in un amen Egisto. Poi tornò subito alla recita e al copione da improvvisare. Al canovaccio da sviluppare. Tieste infatti partiu pi deminchiarlo. Ma quannu visti la ciolla del caruso lassau la presa. La ciolla era d’avorio. Come la sua . Quel caruso era ciolla di famiglia. Quel cornutazzo di Atreo aveva mandato un suo figlio ad ammazzare lo zio. Ma era chiaro che il caruso non sapia niente. << Ti ni pintisti?>> chiese il ragazzo. << Sì.. sei solo un ragazzino...>> << Sì.. ma un ragazzino eroe.. vivo o morto.. con o senza minchia , ma sempre e soltanto eroe... perchè, come hai visto, la mia ciolla è di materiale speciale.. non è di carne mortale come il resto del corpo.. è d’avorio... inconsumabile ..inesauribile.. instancabile.. deminchiami e detesticolami.. fai quello che io dovevate a tia.>> << No.. >> << Minchia.. nuovo colpo si scena ..>> pinsò Egisto. << Uomo che minnitta non sa fare, meno di un pilo di minchia vale..>> disse il ragazzo. << E a mia, chi mi futti?>> disse Tieste, << Ti ni futti sì.. perché tu non sai chi sono io.>> Egisto pinsò al nuovo colpo di scena. << E chi sei?>> << Sono il figlio del re.. il figlio di Atreo.. il fratello sperto di quei due babbi di Agaminkione e Minkialao..>> << Ah..>> disse Tieste . Quindi il ragazzo era suo nipote. << Adesso sai chi sono..>> disse il ragazzo tutto gonfio di sé. << E i tuoi fratelli che dicono?>> chiese Tieste. << Niente.. fanno i koglioni con la cappa.. e aspettano la morte di papà per fare la diarchia..>> << Chi minchia vogliono fare quei cefalomentula?>> << La diarchia .. la monarchia con due re... minchia.. e che sei scemo? Hai studiato o no? si vede che non hai fatto il liceo classico... hai sicuramente fatto qualchi scola di pignateddi e minchiateddi vari.. se non studi il greco e il latino mon capirai mai una minchia.. una mentula.. un phallos.. capisti, stronzo.. malaca... malacorum malacazzo.. malacoglionorum.. e malatuttum... ma papà li vuole fottere e fare a mia suo erede.. >> Tieste invece taliava in un angolino. C’era la spada . Andò a prenderla. Naturalmente la riconobbe subito. La taliò con occhi da sognatore. La taliò con occhi innamorati, dolci, armoniosi e altro. << Chi bella scena non parlata..>> pinsò Egisto. Ma l’uomo sbotto con voce potente: << E dimmi .. dimmi, soprattutto dimmi...>> . E si bloccò. Poi riprese. Vera e propria pausa teatrale. << Dimmi... dimmi cu minchia ti la resi sta spada ? >> << Mammina mia.. >> <<Minchia...>> disse l’uomo. << Minchia sì.. e con questa io ti dovevo ammazzare e poi tagliarti il piscia piscia e le palline…e portarle a mio papà.. il grande re Atreo… che oggi voleva sasizza cu l’ova..>> << Ahhhh.. allora tu... tu.. tu.. tu..>> E la voce si faceva commossa, addolorata, sofferente, angustiata. << Minchia che grande attore..>> pinsò lu caruso. L’uomo riprese. << Tu.. tu.. tu sei Egisto…il figlio di Pelopia e..>> << Minchia chi colpo si scena. Doppio colpo di scena. L’uomo sa il mio nome e quello di mia madre. Minchia, chi teatro spettacolare...>> pinsò Egisto. Poi rispose . dandosi da fare sul canovaccio come poteva. << Di Pelopia...E di Atreo. Il re.. il grande re.. e io Egisto son.. il grande re che verrà...>> << Sì.. il grande re.. sia tuo padre che tu...talmente grandi che mi fate venire di pisciare...mi smuovete l’acqua dei coglioni.. mi fate venire la tempesta dentro i testicoli.. che s’agitano.. s’impennano e soprattutto si vunciunu..>> Egisto fremette di rabbia. Tieste pisciò in un angolino della cella. Egeo vide, gli occhi oramai si erano abituati al buio, una minchia brillare. Ci parse bianca.. di tisa era sicuramente tisa. Egisto avia sentito parlare che la minchia d’avorio era una caratteristica della sua famiglia. Pertanto si avvicinò e taliò il misterioso augello. << Minchia.. e dello stesso materiale del mio.. solo che è più grane.. minchia , che magnifico colpo di scena.. augello di famiglia questo dev’essere.>> pinsò il caruso. Rideva assai Tieste intanto che pisciava. E rise assai ma tragicamente anche Egisto. Una improvvisa illuminazione ci avia allampato il cervello. La sua mente pertanto s’era illuminata di colpo. Nuovo colpo di teatro. << Tuuuuuuuuuuuuuu... sei lo zio..>> << Lo zio Tieste,>> << No.. lo zio bastardo.. bastardazzo.. bastardone.. come dice papà..>> rispose il bambino. << Di più io sono…. E tra poco il tutto saprai..>> << Di più? E lo saprò? >> chiese curioso Egisto. << Sì… ma adesso basta , altrimenti scanno a tia …>> << No zio.. faccio tutto quello che vuoi.. siamo parenti di ciolla...>> << Senti.. se vuoi salva la vita devi fari tri cosi..>> << Minchia.. tre colpi di scena..>> pinsò il ragazzo. << Subito.. >> disse poi lu picciriddu che era chiù confuso ca persuaso di quello che stava succedendo. Ci paria tutto un gioco. Un teatro troppo teatrale, troppo complicato ma bellissimo. Di quelli che non annoiano lo spettatore. Perché quando uno si cumminci che la cosa è accuddì invece la cosa addiventa accussì. << Prima cosa..>> disse Tieste << portami a tua madre che ci devo parlare….>> << Subito..>> rispose Egisto. E subito fu. Pelopia riconobbe il padre e pianse assai tra le sue braccia. Tieste le chiese, pur sapendo: << Ma sta spada unni la pigghiasti..>> << La scippai all’uomo ca mi la ficcau cu la forza…>> << Ci la scippasti? O iddu la perse?>> << No.. veramente la perse.. e tu come fai a saperlo?>> Tieste ci disse all’orecchio: << Quell’uomo ero io.. e chistu è il frutto di quella violenza.. per ordine superiore lo feci.. perchè il figlio di quest’unione sarebbe stato capace di fare la minnitta... per ordine superiore.. e non per il pititto d’impacchiare il pacchio di mia figlia..>> Tieste trimuliò tutto e pinsò all’oracolo. Quell’Egisto che lo voleva scannare era.. era il suo vendicatore. O per lo meno, lo sarebbe stato. Pelopia era confusa. Non aveva afferrato bene le prime parole.. anzi, non aveva capito quasi niente della parole del padre. <<.. figlia.. svegliati.. quella spada è mia..>> << .. allora.. allora..>> << allora quell’uomo .. quell’uomo che ti stuprò …quell’uomo ero io..>> Adesso a Pelopia fu tutto chiaro. Quella minchia stupratrice apparteneva al padre. Era d’avorio come la minchia gemella del marito Atreo. E come quella di suo figlio Egisto. Lo stesso materiale del suo clitoride. Pelopia si intisi persa, prese la spada e s’ammazzò. << Vuolsi così colà dove si puote..>> pinsò l’uomo serrandole l’occhi belli.. Egisto taliava e non diceva niente, ci paria tutto un teatro. In fondo era solo e soltanto una tragedia. E lui un bravo attore da tutti arriconosciuto. << Picciriddu.. adesso ti dugnu il secondo ordine.. porta la spada tutta insanguinata del sangue di tua madre e al re Atreo dicci ” ordine compiuto “.. poi torna qua che ti devo parlare…>> << Ma.. Atreo voleva pure il piscia piscia e le palle gemelle..>> << Ver’è.. chiama a Onorio , il guardiano..>> Egisto ubbidì. Tieste lo scannò e tagliò solo i testicoli. La ciolla non era d’avorio. Pinsò un attimo a cosa fare. Risolse con la ciolla di una statua di marmo. << Portale a tuo padre..>> << Subito…>> Egisto uscì si scena sconvolto. I colpi di scena , i colpi di teatro si susseguivano a ritmo insostenibile, quella era la tragedia delle tragedie. Da bravo ragazzo portò la spada insanguinata e i genitali all’uomo che chiamava ” padre”. Atreo rise e si calò palle e ciolla di marmoro. Per poco non si strozzò. Ma rise ancora. << Tieste teneva la ciolla nana.. ahhhh.. ahhhh... ahhhh...>> Brindò a quella giusta morte. << Alla morte di mio fratello.. detesticolato e deminchiato dal mio amato figlio Egisto, il vendicatore mio. E bevve assai assai. Egisto tornò dallo zio. << Dammi il terzo ordina…>> << Io sono...sono..>> << Tu sei.. sei.. sei..>> << Io sono.. io sono.. sono tuo padre.. torna dall’usurpatore e scannalo, detesticolalo e deminchialo..>> << Minchia, che colpo di scena finale.>> pensò Egisto. << Subito…padre.. anzi papà.. e fatti abbracciare.. abbracciare stretto stretto.. solo come un figlio può abbracciare il padre ritrovato...>> rispose Egisto abbracciando Tieste. Poi riprese: << Papà che mi sei... e non perch’io credut’abbia alle tue parole .. non t’avrei mai creduto dopo tutte le cose che di tia mi raccontava Atreo.. ma sentit’ho il discorso tra tia e mia madre.. nonno e papà mi sei.. o papà e nonno.. e quello ch’io chiamavo padre sol zio m’è. >> << Che finale commovente..>> pensò Egisto. Tieste restò come nu babbo. Il piccolo Egisto avia capito tutto. << Non lo feci per pititto ma per ordine dell’oracolo... io rispettavo mia figlia. Ma l’oracolo, per ordine degli dei, mi disse di seminare la mia amata figlia per generare il vendicatore.. e io lo feci e tu, voluto dagli dei, sei qua adesso per fare il tuo dovere. Per vendicare il mio onore.. per vendicare gli altri miei figli.. per vendicare l’onore e la morte di tuo madre.. vai.. vai e scanna tuo zio... fanne scempio.. scannalo.. deminchialo.. detesticolalo.. e mettici tutto in bocca.. al bugiardo...>> Accussì Atreo morì per mano di quello che credeva essere suo figlio ma invece era figlio di suo fratello. Tieste addivintò definitivamente l’unico re. E fece conquiste su conquiste. Conquistò anche la mitica Munipuzos che per discinnenza gli appartava.. La polis per eccellenza, la polis che faceva parte della loro storia, la polis che doveva essere la giusta sede della famiglia reale. Il sommo Homerino scrisse il poema Di phallus in phallus purché vendetta sia. Mhassymylyano il Carmen Di mentula in mentula purché vindicta est. Lo scrittore Santhokriso il romanzo Cent’anni di minchia in minchia purché la minchia minnitta faccia. Il filosofo Socratino da Munipuzos si pose , come al solita, la solita domanda assai assai filosofica. << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere e avere una minchia, a che minchia serve vivere senza fare minnitta pur avendo una minchia con cui operare la minnitta giusta e dovuta grazie proprio all’essenza stessa della minchia come strumento di minnitta del cazzo?>> Agaminkione e Minkialao, amore et amore I due figli di Erope e Atreo pinsanu che dovevano vendicare padre e madre. Organizzato un bell’esercito partenu pi Munipuzos. E la conquistarono in un amen. Tieste e suo figlio Egisto, vedendo e capendo che le cose si mettevano male, scappano di corsa utilizzando gallerie segrete scavate sotto il palazzo reale. Entrambi andarono in esilio per salvare la pelle. Agaminkione e Minkialao in realtà avevano fatto scappare il loro padre e fratellastro. Erope, bella fica cretese, da carusa si l’era già fatta con un frusteri venuto sull’isola e quello ci avia siminato in panza Agaminkione e Minkialao. Quell’uomo era Tieste. E da carusa a Erope ci era piaciuta quella ciolla strana che aveva lu frusteri, e che era diversa da tutte quelle che aveva fino ad allora visto. Diversa come materiale ma soprattutto diversa nel comportamento. Sempre eretta e di conseguenza capace di fottere vita natural durante... Quel tipo di ciolla l’aveva trovata nel marito Atreo.. ma non si era fatta troppe domande... Si era definita fortunata.. Durante la cerimonia nuziale aveva riconosciuto il cognato... il suo ex amante .. e aveva deciso di rifarselo come amante.. due ciolle d’avorio inesauribili e instancabili l’avrebbero resa immensamente felice.. E con questa scoperta aveva collegato.. quell’organo sessuale era una caratteristica della famiglia di suo marito.. tutti i mascoli l’avevano mentre le femmine d’avorio avevano il corrispondente della ciolla.. la piccola ciolla o ciolletta femminile.. Per questo Agaminkione e Minkialao erano stati riconosciuti come suoi da Atreo. Intanto Agaminkione fu re, pirchì primogenito. Ovvero, era sciuto per primo dal regale portuso. Re maggiore, mentre Minkialao fu il re minore. La prima guerra che fici Agaminkione fu contro un parente. E dopo averlo scannato si maritò con la bella figa vedova che di nome facia Fikennestra. Si maritò con la vedova non potendo avere la di lei sorella Elena, che era schetta ma ci disse di no... << Non ti avrò come moglie ma ti avrò come cognata e come cognata ti la ficcherò…dovessi bruciare il mondo..>> pensò allora Agaminkione. Destinò la cognata al fratello Minkialao ma quello babbeo totale si la lasciò fottere da Paride. Con tutte le conseguenze del caso…. Ma questa è n’autra storia…. E la storia della guerra di Purceddopolis combattuta per difendere il diritto di proprietà di un marito sulla bella fica della moglie. Minkialao era quel marito, Elena la moglie. E Agaminkione. il pitittoso amante che non era riuscito nel suo intento, non riusciva a capacitarsi perchè la bella Elena avesse rinunciato a un marito con la minchia d’avorio e a un amante con la stessa caratteristica, per accontentarsi di una ciolla di carne. Paride era bello ma la sa appendice era consumabile, esauribile e stancabile. .la ciolla di fratelli gemelli no . Egisto io in esilio .. ma pinsannu a la minnitta... e per vivere, che soldi non aveva, pinsò di sfruttare la sua ciolla d’avorio. Sempre eretta, instancabile e inesauribile e pertanto in grado di ficcare anche senza pititto. E siccome aveva un fisico da sballo, un fisico da urlo, un fisico da masculazzu, pinsò di mettersi a disposizione di quelle femmine che senza ciolla erano per motivi vari. Corteggiò prima la capalupa di un lupanare per “ Donne in attesa “ di sasizza. Era proprio questo il nome. E quella, una volta scoperta la peculiarità di quel mascolo, lo assunse subito Come buttano personale. Per il suo letto e il suo pacchio. Ma Egisto puntava al successo. Per conseguire il suo piano. E tanto per passarsi il tempo incominciau a esibirsi come spogliarellista. E successo fu. Oltre che per la sua bellezza, lo fu per la sua caratteristica anatomica. Quella ciolla quasi bianca e perennemente tisa facia impressione. Anche i migliori del settore, a parte il normale colore, la tenevano , a secondo dello stato d’anime, dell’emozione della situazione generale, a volte moscia, a volte mezza tisa e a volte tisa tutta. Egisto la teneva invece sempre e soltanto tisa. E poi quel colore. Tutta la ciolla , coppola della minchia compresa ,era color avorio. “Leucomentula.. minchia bianca..” l’avevano soprannominato. Per il resto usava il nome d’arte di Cicio. Le clienti del locale erano convinte che quella ciolla fosse colorata. Trattata con qualche crema, con qualche impiastro. Non riuscivano a spiegarsi come mai fosse sempre dura. << Facciamo un colpo di scena..>> ci disse Kunnya, una sera , a letto. << Dimmi.>> << Ci mettiamo una crema dorata... accussì la tua minchia sembrerà d’oro.. e come nome d’arte piglierai quello di Krysegystos.>> << Ci sto.. ma facciamo le prove..>> disse Egisto. << Certo.. esci dal portuso che ti ci strico la crema...>> Kunnya fece, e la minchia addivintò veramente d’oro.. paria d’oro.. paria una meraviglia.. Per la gioia futtenu tutta la notte. Egisto non tirò fuori, neanche per un secondo, la sua ciolla dorata dalla cassaforte carnosa di Kunnya. La nuova trovata ebbe un successo spettacolare. Il nome di Krysegystos divenne famoso. Prima come spogliarellista e poi come.. Come ciolla di signore ricche ma sciollate . Cioè, senza ciolla. Ma in testa Krysegystos aveva la minnitta... << La minnitta tramite la minchia.. la minchia come strumento di minnitta .. altro che spadazze e coltelli e veleni.. la minchia fa godere intanto che tu realizzi la minnitta..>> diceva a sé stesso Homerino scrisse il poema Krisophallus. Mhassymylyano il Carmen Mentula aurea. Santhokriso il romanzo Cent’anni cu na minchia d’oru. << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere bene e ficcare meglio e avere una minchia d’oro, a che minchia serve vivere senza ficcare bene e avere una minchia d’oro>> era la variante, dedicata a Krysegystos, della domanda per cui era famoso il filosofo Socratino da Munipuzos. Pocu cci staju cca pri mia vinditta A cauci e timpuluni ‘un vi nni mannu; - Comu li denti di nna vecchia affritta Chiddi allura ammutiscinu , trimannu, Sulu li minchi ristaru a l’addritta. Né l’arrittu cci passa finu a tannu: Pirchì si dici : ca cazzu arrittatu Non canusci rispettu e parintatu. Sta facenna però, Giovi ripigghia, S’avi aggiustari, giacchì sta canagghia M’avi scannaliata sta mia figghia Pura, comu nasciu di la ‘nfasciagghia; ‘Npulisativi, ed una si nni pigghia, E cui ‘ntra l’unghia di la sorti ‘ngagghia E nesci ‘ntra vuatri bonavogghia Cci la ficca a rumpirici la mogghia. Micio Tempio, La minata di li dei. VI . Tre minchie per un cunnu, un cunno per tre minchie Dici: e li nomi a Ganimedi additta E a lu latu di Veniri s’assetta; Stannu li cinqu dii tutti all’addritta Comu lu reu ca la sintenza aspetta: Giovi stissu si leva la birritta, E dda dintra li polisi cci jetta; Veniri afferra ‘na polisa in manu, E si leggi lu nomi di Vulcanu. Non curri, si precipita, anzi vola Vulcanu ch’avi la gmma sciancata: L’abbrazza e vola, e perdi la parola Dda picciotta stringennisi sciacquata. Giovi cci dici: Figghia, ti cunsola. Ti biniducu la prima minchiata. Vulcanu intanto senz’autra licenza La metti a terra , sbogghia, ed accumenza. Micio Tempio, La minata di li dei Alcmhona: tre minchie per un cunno. Alcmhona stava sciennu pazza. Notte e giorno pinsava a chidda minchia prepotente ca pisciava contro la sua casa. << Se nun fussi ca sugnu onesta mi la spurpassi tutta.. ma nun posso.. poi Anfistronzone mio troverebbe lu purtuni non solo aperto ma sdillabbriato.. Comunque la vecchia guerra sta finennu… ci voli picca ca mio marito torna e mi la ficca…finalmente mi la ficca.. e capirò chi significa avere una minchia in corpo… che brutta cosa siri maritata e vergine..>> Le sue commari la commiseravano. << Mischina.. ristò cornuta e bastuniata..>> << Ma ci sta uno con una minchia impressionante ca si la corteggia..>> << Sì.. vero è… la minchia reggina dell’universo… e sai cu è? Priapo in persona con la sua minciazza ultrapotentissima assai assai assaissimo in persona..>> << E mancu si la ficcari.. sta babba .. chi aspetta.. n’occasione d’oro è..>> << Io a Priapo ci dassi magari l’anima.. anche per una volta soltanto.. aramai non è solo potente di minchia .. adesso è anche bello... >> << Mio marito Socratino, che ci passa il tempo a filosofare, dice che è la sintesi dello spirito apollineo e ei quello dionisiaco..>> diceva la moglie del filosofo. << minchiati.. apollineo.. dionisiaco. A mia m’interessa solo e soltanto quella bestia ca tiene tra le cosce.. affanculo allo spirito e viva minchia di Priapo..>> <<Alcmhona sbaglia.. un colpo e via che male ci fa. >> << E poi al marito chi ci cunta? Lu purtuni anfraciriu sulu? >> << Ci inventa una scusa.. magari ci dice ca fu dio.. un dio qualsiasi...>> << Certo.. tanti quelli tutti buttanieri sono..>> << Io ci direi “ Zeus fu..”>> dicia commare Cornelia. << Minchia.. a tia Zeus mancu ti caca.. >> ci rispondeva commare Anacreontica che era bella mentre la prima era laita, racchia e malfatta. Accussì curtigghiavano, intanto Alcmhona aspettava e sospirava. Alcmhona avia aspettato tanto che aspettare ancora nu tanticchia non ci portava tanti problemi. << Il pititto può solo crescere…comunque appena viene deve recuperare il tempo perduto… deve fare solo e sempre trasi e nesci… anche perché mi sa che deve presto ripartire.. una nuova guerra si sta preparando.. per colpa di quella buttanazza di Elena…>> Zeus sapeva che Anfistronzone stava per tornare e si mise a tavolino per farsi venire una bella idea. E si la contava a sé stesso a voce alta. << Faccio accussì.. mi presento nell’aspetto di Anfistronzone a parte la testa e la ciolla... la trovo bella accogliente.. mi la trummiu .. e ci fazzu cacari un figlio tutto mio…e chi si è visto si e visto.. un figlio mascolo forzuto assai assai...>> << E io faccio lo stesso.... piglio le sembianze di Anfistronzone a parte lu ciriveddu e l’aceddu.. e mi la trummiu.. e ci fazzu cagari anch’io un figlio mascolo minchiuto assai assai.. >> disse Priapo che aveva spiato il nonno. Priapo voleva essere il primo, ma poi Zeus avrebbe trovato il portone sfondato a sicuramente avrebbe fatto casino. Ma la sorpresa lo tentava. Lo scherzetto la nonno sarebbe stato bello e originale. Decise comunque , da nipote rispettoso, di lasciare via libera al nonno. E cantò a suo modo una bella aria di Amazeus. << Capomastro, siate lesto. Solo un colpo vi s’assetti Senza chiassi Purch’io poi passi Senz’avervi da far soffrir..>> Zeus intanto continuava a ficcare a destra e a manca. Gli scrittori di regime e non ci facevano pure le commedie e le tragedie. Quell’anno al teatro greco di Munipuzos avevano messo in scena, tra le tante cose, tre suoi memorabili scopamenti. Quello acquifero con Danae , quello animalesco con Leda e quello giocoso con Nauficaa. Per farsi la prima chiusa in una torre Zeus si era trasformato in pioggia.. e aveva annaciau mezza Sicilia… tanto che a un certo punto i viddani non ne potevano chiù. Da qui il proverbio “ Quannu a diu ci pigghia la pisciaredda s’allaga ogni vanedda”. Il detto era a doppio senso. Pi la pioggia da una parte e pi li futtitinni cu li fimmini terrestri dall’altro. Nel caso di Danae la pioggia naturalmente trasiu pure nella torre e addivintau pioggia d’oro a forma di minchia.. man mano che sciddicava sulla testa di Danae scinnia più in basso, passava tra le minni, circumnavigava l’ombellico e poi , arrivata al dunque, dopo aver allagato in boschetto pilusu, si infilava tra le gambe e assumeva aspetto falliforme.. questo nella esilarante commedia in lingua greca intitolata “ Zeus e Danae” e scritta da Homerino da Munipuzos. Da quella gloriosa fottuta nasciu Perseo. E per fare un eroe ci ni voli di travagghiu.. Minchia se ci voli. Bello anche lo spettacolo dedicato all’amore con Leda. Zeus-ciolla-collo-di-cigno si fa la smorfiosa zoofila Leda e ci fa cagari un uovo. Uovo dal quale nascerà poi la bella pacchi spilato di Elena. Questa commedia era in latino, o meglio, in dialetto latino. E l’autore naturalmente era il sommo poeta Mhassymylyano da Munipuzos. La terza era dedicata all’amore di Zeus per la paesana Nauficaa ed era in dialetto locale. L’autore era il Santhokriso. Anche il filosofo esibizionista Socratino da Munipuzos scrisse qualche cosa. Un monologo che lui stesso recitò. Bello, interessante, difficile da capire ma seguitissimo ed applauditissimo. Perché anche se non si capivano le idee di Homerino, non si doveva dire niente. Altrimenti si passava per ignoranti . Purtroppo, seguire le sue iperboli e parabole linguistiche era complicatissimo . Il monologo si intitolava , come sempre , come una domanda. “ Il cazzo come volontà di potenza e rappresentazione della fica o la fica con volontà di potenza e rappresentazione del cazzo?” Ed era un excursus sul sesso dalle origini mitologiche alla realtà dell’oggi. Finalmente fu annunciato alla bella Alcmhona l’arrivo del marito. Giorno più giorno meno sarebbe stato a casa. Magari sarebbe stato solo una questione di ore. Era arrivato al porto di Siracusa reduce da una missione militare ad Atene. Doveva farsi, con i suoi uomini , la strada che dalla città di mare portava a Munipuzos. Una strada diritta detta Mare - Acremonte che ammontava a circa quarantadue kilopriapometri . Tanto che si faceva anche una corsa chiamata Minkiatona, dal tempio di Priapo di Siracusa al tempo di Priapo di Munipuzos. E gli atleti allora correvano nudi.. era uno spettacolo.. era uno spettacolo apprezzato dalle femmine che gridavano, incitavano e altro. << Forza, Ciollaranni… corri, Pallegrosse…. vai, Culobello.. forza, Minchiaridente.... datti na mossa, Pallegonfie.... fermati che è meglio, Ciollainutile.. dove corri, Pallesecche.. accelera, altrimenti t’inchiappettano, Kulobeso...>> Ma Anfistronzone non era un atleta.. non poteva farsi quella corsa per incunnare la moglie…. A parte che sarebbe arrivato stanchissimo… Alcmhona comunque trasiu in fibrillazione sana sana. << Finalmente divento signora di nome e di fatto.. e magari tra nove misi mamma di qualche generalino.. di qualche Anfistronzino…>> Passau la notte insonne. Quelle ore non passavano mai. L’attesa di qualcuno che sta arrivando ma non sai quannu arriva è straziante. Ma tra un momento di sogno, uno di pensieri lussuriosi e uno di desideri inconfessabili la notte passò. E passò pure la iurnata. Con una bella notizia portata da un uomo di fiducia del generale Anfistronzone. << Il generale Anfistronzone è alle porte di Munipuzos.. Lui e i suoi uomini sono accampati al lago di Munipuzos.. Domani il generale tuo marito sarà a casa.. queste le sue autentiche parole “ bellissima, spos’adoratissima, domani, ufficialmente, prima che il divino Elio culmini il suo percorso quotidiano nel cielo di Munipuzos io culminerò una certa cosa rimasta in sospeso con te.. preparati alla competa culminazione.. so ch’aspetti il mio Elio personale per illuminare il tuo personale e misterioso e inesplorato boschetto ciauruso di Mynkyalonya e soprattutto addesideri che il mio spendente e personale Elio, splendente di gioia, fedeltà e amore, faccia infiniti e multipli tuffi nel tuo lago di Munipuzos.. attendo come tu attendi. Attendimi con ansia .. arrivo.. per dirti salve.. dalla testa ai piedi.. salve ..salve ..” >> << Finalmente domani si ficca.>> pinsò . E s’era messa a letto presto per essere riposatissima il giorno dopo e poter affrontare le battaglie d’amore quando intisi la porta aprirsi. << Minchia.. cu minchia è?>> si chiese. << Alcmhonina bedda di vucca e di vanedda.. sono il tuo maritino…Anfistronzonaccio tuo beddu di lingua e d’aceddu…>> << Veni.. veni.. e da tanto che ti aspetto.. ma mi avevano detto che arrivavi domani.. ohhhh... come sei bello con la barba.. pari Zeus…>> << Non ho potuto resistere.. e di nascosto ho lasciato l’accampamento.. sapere che tu stavi a letto da sola, a poca distanza da dove ero io, mi tormentava il cuore e n’autra cosa.. soprattutto l’autra cosa…sai come mi sbuddi.. l’autra cosa..>> << L’autra cosa? La cosa dell’amore.. pure a mia mi sbuddi la cosa… non sai comu mi sbuddi… e poi come mi piace sintirimi chiamare Alcmhonina... non sai come sbuddi la cosa di Alcmhonina..>> disse lei ironica. << lo so.. ma la mia è in fiamme.. cannila perennemente accesa.. torcia insignibile.. questo è la mia minchia… l’aceddu.. il citrolu.. la sasizza… lu battagghiu.. lu marrugghiu.. mi sbuddi e mi smania alla follia.. ah.. comu pazzia la minchia mia....Alcmhonina .. fammi ficcari a minchia cina.. >> E intanto si andava spogliando. Poi Anfistronzone si ittau nel letto e con foga maestosa si la pussirui tante e tante di quelle volta che perse il conto…. Se la prima volta ci parse uno stupro, le altre fu bellissimo… quella cosa caura come una folgore di Zeus ci mittia cauro in tutto il corpo.. la mannava in estasi .. ci incendiava il pacchio, il cuore e il ciriveddu.. e la notte ci parse interminabile.. non una notte normale ma una notte triplicata…eppure volò via in attimo... tra una fottuta e l’autra... tra una simina e l’autra... << Amore mio...cosa mi sono perso adesso lo capisco…ma sono contenta.. stasera tu hai recuperato tutto quello che non hai potuto fare in questo periodo che non c’eri.. finalmente sugnu maritata a tutti gli effetti.. perché una femmina maritata col pacchio sano non era cosa normale.. il normale oggi è una femmina nubile col pacchio rotto...grazie amore mio.. grazie per tutte queste dosi di sasizza.. grazie.. da parte mia e della mia cosa..>> disse Alcmhona. << Ho recuperato e sono felice di averti fatto felice.. ho sempre pensato al tuo fiorellino da raccogliere…e adesso l’ho raccolto….e sappi che ti ho messo pure incinta... farai un maschione tale e quale a mia…. Bello muscolosa già da piccolo.. un neonato palestrato farai..>> << Certo.. la tua fotocopia perfetta.. Anfistronzone mio….>> <<Nu picciriddu beddu come lu suli.. e già con la barba.. è un miracolo che ho chiesto a Zeus tante e tante di quelle volte.. e iddu mi l’avi promesso… mi ha detto chiaru e tunnu ” ficchiti presto dintra chiddu beddu cunnu e dopo novi misi ca ci l’hai misu na lu funnu verrà fora nu picciriddu forte assai ca sarà campione di li campiuna come nessuno mai…” ed io ci credo alle parole di un dio… e lo chiamerò Ercolone….me lo ha chiesto lui.. Zeus... in sogno naturalmente...>> << Anch’io ci credo.. E credo anche a te… focosissimo amore mio bello… e sono felicissima anche di essere incinta… come tu dici.. Ercolone già crisci dintra la panza mia…quasi quasi lo sento...>> <<Amore mio.. adesso però debbo andare.. siamo accampati al lago di Munipuzos…e se non mi vedono all’alba finisce a schifiu.. diranno ” curriu dalla moglie.. non poteva più aspettare.. “ ..qualcuno comunque mi assolverebbe.. “ doveva consumare il matrimonio.. doveva sfondare il pacchio alla sua signora, la doveva seminare e rinseminare per farsi fare un bell’erede..” ma tanti mi criticherebbero.. e io, il generale Anfistronzone, non posso far parlare male di me... sono un generale, non uno del Pattuallopolis...>> << Ciao amore mio..>> << Ciao Alcmhonina...a più tardi.. all’arrivo ufficiale..>> << Ciao.. intanto mi sono beccata quello ufficioso…. che è stato piacevolissimo....>> << Ciao.. e questi me li porto come ricordo...>> Il generale tinia nelle mani un pugno di pila. << E chi su? >> chiese la donna. << Pila del tuo pacchio.. uno per ogni fottuta..>> si taliau il pacchio. Era mezzo spilato. << E come mai io non mi sono manco accorta di questa espropriazione?>> << Eri invasata , invasata di minchia.. come le Menadi di Dioniso.. manco se la mia minchia fosse un fungo allucinogeno..>> << Lo è.. per me lo è... ma adesso che ci farai con chiddi pila?>> << Mi li metto sutta lu naso.. li aggiungo ai baffi.. accussì ogni voltai che respiro sento il ciauru del tuo cunno.. Alcmhonina bedda..>> << Che cosa arromantica che sei, Anfistronzone mio..>> Finalmente il generale andò via. Ma n’autro mascolo ingrifato aveva seguito tutta la facenna. Passano appena pochi minuti , o forse tanti, e la porta della camera da letto si riaprì. << Cu è? >> chiese tutta soddisfatta. << Sono io.. Alcmhonuccia mia.. Anfistronzonaccio tuo.. >> << Ma come.. sei di nuovo qua ….>> <<Sì… pi tia e la to cosa…ho rinunciato a tornare al campo.. mi ni futtu delle critiche .. io sono il capo e faccio come minchia mi pare...>> disse l’uomo con voce erotica assai. L’uomo si buttò sul letto e incominciò a fare i suoi lavori d’aceddu. << Minchia.. e chi successi…. Chi è sta cosa accussì granni? >> disse la donna, sentendo una minchia che paria cresciuta in fretta. << Niente.. è il pititto sempre più crescente e il consumo sempre più rapido che l’avi fatta crescere in modo sproporzionato.>> disse l’uomo. << Bello però.. Ti crisciu la ciolla? In confronto a questo Anfistronzone megaciolla, quello di prima era solo e soltanto un Anfistronzone ciollananetto... a mia mi pare che addivintasti lu diu di la minchia tisa ? Pari Priapo, tutto minchia mi sta sembrando. >> chiese . << No.. o meglio sì..>> << Miracolo.. miracolo.. miracolo di Zeus...>> disse la donna. . << No.. se a svilupparsi fu la minchia, diciamo miracolo di Priapo.. è chiù specializzato nel settore “ Aceddi e accessori” . Priapo è addetto proprio a li facenni sessuali.. dio della minchia al cento per cento.. della minchia e dei testiculos..>> << Ma addivintau na cosa bestiale.. che piacere...che piacere..>> disse Alcmhona tutta soddisfatta. << Devi sapere che è una legge di natura.. l’uso sviluppa l’ organo mentre il non uso lu arriduci.. cosi dice il primo principio della Minkiodinamica…legge di natura scoperta da Lucrezio Lamarkus che ho scritto il De rerum mentula….>> << E allora usala sempre di più…>> << Sempre sempre la userei.. ma la carne ha un limite.. a parte che ci sta il secondo principio.. L’organo usato si addebolisce e si consuma…>> << Bihhh.. è consumiamolo finu a quannu ci sta.. tanto è tanta che prima di consumarla ci ni voli di tempo..>> << Consumiamolo.. poi si vedrà..…meglio consumarlo prima della morte che portarselo integro nell’oltretomba… per i mortali naturalmente… perchè pure quello è mortale… anzi, quello crepa prima del resto.>> rispose l’uomo. << Consumiamolo.. magari non tutto ma consumiamolo..>> disse Alcmhona che avrebbe consumato pure le ciolle di marmoro delle statue tanto oramai era appitittata di marrugghiu. << La funnacella invece non si consuma… voi femmine siete fortunate...>> << Forse non si consuma .. ma una cosa è certa, si sdillabbria.. si allarga.. soprattutto cu na ciolla ca pari chidda do scecchu..>> << Senti, bedda tutta pirchì stai di sutta.. non nominare li scecchi… ca io li ho tutti in antipatia….>> << Pirchì? Forse perché ti fanno concorrenza?>> chiese la donna. << Senti bedda Alcmhonuccia, per adesso futtemu ca è megghiu.>> E futtenu e rifuttenu. Ad Alcmhona non ci paria vero. Quello stava recuperando in un fiat. La prima visita era stata numericamente impressionante, la seconda si stava addimostrando oltre che numericamente impressionante anche assai assai assaissimo sostanziosissima per via dello sviluppo micidiale dell’organo masculino usato. La sua impressione era quella che a chi chiù fotteva chiù grosso ci addivintava l’aceddu. Il tempo parse lungo ma forse fu breve. Oppure fu tutto all’incontrario. Comunque una cosa fu certa. In numero delle ficcate fu elevatissimo. La qualità eccezionale. La dose di sasizza impressionante. << Mi sa che sei già pregna…>> disse l’uomo. << Mi ci sentivo già…>> << Lo so.. >> rispose l’uomo che aveva assistito, nascosto, alle prima serie di ficcate divine. << Certo.. se tu lo siminasti, tu lo devi sapere..>> << Solo che.. che se prima eri pregna di uno, adesso lo sei di due picciriddi… uno nascerà come deve nascere, l’altro nascerà con una ciolla grande come la mia adesso.. lo chiameremo Erciollone…>> << Che bello avere seminato due picciriddi in una notte.. li sento che già litigano.. Erciollone che fa a cazzotti con Ercolone… minchia come bisticciano…>> disse Alcmhona felice di pacchio e di ciriveddu. << Ora vado… vado dai miei uomini.. altrimenti a schifiu veramente finisci..>> Passò nu poco tempo e tuppulianu forte. Il sole era già alto e in casa ci stava odore di roba da mangiare tutta profumata. Alcmhona stava a letto a godersi la sazietà di pacchio raggiunta. Due visite ufficiose veramente eccezionali. E adesso ci sarebbe stato l’arrivo ufficiale. << Minchia.. chissà che succederà..>> pinsò la donna. << Chi è?>> chiesero i servi che di tutto il via vai notturno non avevano visto niente ma solo sentito rumori strani. << Sono il portavoce del generale e annuncio l’arrivo del padrone.. arriva sua eccellenza eminentissima e minatissima Anfistronzone….>> << Minatissima.. perchè si la minava in guerra? >> si chiesero i servi. << Adesso è arrivato ufficialmente e ufficialmente può ficcare.. se vuole può seminare anche il terzo figlio.. nella mia panza c’è posto.. e nel mio sticchio pure…>> disse Alcmhona a sè stessa. E Anfistronzone, tutto allicchittiata in pompa magna, fece il suo ingresso in casa. E abbrazzau la moglie. << Alcmhunidda bedda... Finalmente.. torno io sano e non la mia ciolla morta ..>> disse il generalissimo all’orecchio della moglie, parlando piano piano. << Meglio tutto sano che solo l’accessorio..>> rispose quella che nell’abbraccio senti il desiderio ufficiale ufficialmente farsi strada dopo aversela fatta ufficiosamente. E partirono per il letto. << Cucinate e preparate.. che io mi preparo insieme alla mia signora.. vieni Alcmhunidda bedda.. che mi preparo per mangiare insieme a tia. Intanto facciamo culminare quello che deve culminare.. cioè il mio Elio brillante e splendente..>> disse il generale in parte rivolgendosi ai servi e in parte alla moglie. Si avviarono verso la camera da letto. << Prima di mangiare lu mangiare mi voglio mangiare a tia.. >> <<Mangiami.. mangiami tutta.. visto che sazio non sei..>> rispose lei piano piano ma contenta per le nuove dosi di minchia che si prospettavano. << E chissà quanto sarà addivintata adesso?>> si chiese nella sua testa. . Anfistronzone si spogliò lentamente. E ridendo disse: << Consumiamo ufficialmente la nostra unione .. che magari faccio un figlio maschio..>> << Ti aspetto... sbrigati a livariti li cosi di la guerra dal tuo possente corpo..>> Ma quannu cariu l’ultimo pezzo, il cingilombi, Alcmhona ebbe una brutta sorpresa. Quella cosa che si aspetta immensa era diventata piccola. <<< Minchia.. si cunsumau.. porca minchia buttana, certo che di lavoro ne hai fatto però.. ma speriamo che col riposo si ripiglia nu tanticchia.. intanto facciamo la consumazione ufficiale.. il marito che torna e ritrova la moglie vergine che subito ci allarga le cosce .. mentre la moglie vergine non è più perché il marito l’avi visitata di nascosto per ben due ondate successive di lavori ciolleschi.. e addirittura la sposa vergine è gia incinta di Ercolone e Erciollone...ma facciamo il teatro.. facciamo la futtuta teatrale.. ci manca ca la facciamo nell’agorà, per addimostrare la cosa alla gente ficcanaso di questo paese.. su, dai, Anfistronzone beddu, ficca.. fai la prima ficcata ufficialmente..>> disse la donna nella sua testa. Intanto il marito le stava acchianando addosso. << Ufficialmente .. consumiamo ufficialmente..>> rispose la donna ridendo anche lei perchè pinsava alle tante ficcate ufficiose. Il generale , preso dalla foga erotica minchiolesca , nun ci fici mancu casu ca la sua ciolla s’era inciollata in un fiat senza attruvari ostacoli. E neanche che lei godeva da femmina esperta o no da novella ficcatrice. Venne in un amen e poi ci riprovò e rivenne. Ci riprovò ancora ma non ci la fici. E si addormentò. Alcmhona invece si misi a pinsari. La minchia che si arricordava grossa pe la prima visita e grossissima per la seconda adesso era diventata piccola.. ma d’altra parte si la cosa usata si sviluppa la cosa usata allo stesso tempo si consuma.. e se dopo le prime tante fottute si era sviluppata con le altre tante fottute si era consumata… e adesso non ci la facia chiù di tanto… Alcmhona continuò a pensare. << Perché Anfistronzone è venuto due volte di nascosto e poi finalmente ufficialmente? A mia mi è parso di ficcare con tre uomini diversi. Anfistronzone uno e trino…Il primo Anfistronzone dall’aceddu normale ma potente e dalla minchia caura ca paria la folgore di Zeus.. il secondo Anfistronzone con la minchia così grossa ca paria chidda del dio Priapo ca sicuramente mi avi sdillabbriatu lu paparaciannu…e il terzo Anfistronzone dalla minchia normale in dimensioni e prestazioni… mistero dei misteri… un solo Anfistronzone ma tre minchie diverse.. un uomo con tre minchie.. o tre manifestazioni della stessa minchia…Boh…e poi mi hanno chiamata in modi diversi.. Alcmhonina, Alcmhonuccia e Alcmhunidda .. Boh..>> Passanu li iorna e Alcmhona scoprì di essere incinta. La panza unciau assai e troppo presto. << E chi ci sunu centu gimelli? >> si chiese Anfistronzone. Poi Zeus appariu in sogno al generale e ci disse: . << Anfistronzone, se mi consenti, devo darti una bella notizia.. se non mi consenti mi autoconsento e te la dugnu lo stesso… e te la suchi... e non fare pazzie altrimenti mi incazzo io.. e poi sono cazzi amari pi tia...>> << Consento.. consento.. >> rispose il mortale. << Generali beddu.. vidi ca la tua signora aspetta tri gemelli…>> << Tri? Minchia… tri….tri.. tri...>> disse lui nel sogno , ballando per la felicità.. << Sì . Tri…>> << Che bella notizia che mi dai.. la mia minchia potente ni stampau tri tutti in una volta.. una minchia per tre figli…e perché mai dovrei incazzarmi... due volte ci la ficcai ma tre figli stampai.. >> << Tre.. ma non è come pensi te.. stai attento a quello che ti dirò.. se mi consenti naturalmente.. altrimenti mi autoconsento... e te lo dico lo stesso..>> << E io mi antuppo li uriccia..>> rispose scherzando i generale. << E io la notizia ti la fazzu trasiri dal culo...>> replicò serio serio Zeus. << Consento.. consento..>> rispose Anfistronzone contento per la triplice paternità ma ancora curioso delle notizie che Zeus ci doveva dare. << Caro generale.... non fu la tua ciolla stolla a fare tre figli... La tua ciolla stolla uno ni stampò..>> << Minchia.. qualcuno cornuto mi fece.. minchia.. cu fu? Dimmillu, ca lu scannu? Lu deminchio e decogliono? Ci rompo lu culu e la catina e mi mangiu cori e figutu frittu.. dimmi chi curnutu mi fici… dimmi…>> << Ti avevo detto di non incazzarti.. altrimenti m’incazzo io.. e se m’incazzo io succeri la fine del mondo.. perché quannu mi addiventa acidu lu latti di brigghiu io pazzio alla grande...>> << Ma sono cornuto.. e per decornarmi devo deminchiare e detesticolare l’uomo che cornuto mi fece.. e poi lo devo ammazzare.. e mostrare a tutti i cittadini di Munipuzos i gioielli del morto.... ne va del mio onore.. cazzo.. del mio onore di generale .. >> << Mi consento di dirti che io fui.. deminchiami e decoglionami pure.. se ci la fai… ammazzarmi non puoi.. purtroppo pi tia, sono immortale…..>> Nel sogno Anfistronzone si cacau pi lu scanto. << Scusami dio di li dia… se tu ti sei fottuto la mia signora prima di mia un onore mi facisti. E un piacere trasiri in un pacchio visitato dalla tua ciolla divina… E se l’autri dui sunu figli tuoi un onore pi mia è… le corna tue un ornamento sono e io me ne glorio assai… dirò a tutti che condivido con Zeus il pacchio di mia moglie… che la prima ciolla che mia moglie conobbe fu quella onnipotente, onnipossente e onnipresente del sommo dio.. il dio degli dei e degli uomini.. e come tale il dio di tutti li cunna e di tutti li minci.. grazie , Zeus.. grazie per l’onore immenso che mi hai fatto. Onore per mia mogli e onore pi mia che porto volentieri le corna tue..>> disse , sempre nel sogno, Anfistronzone. Ma il culo però era veramente tutto incilippiato di merda. La cacata del sogno era avvenuta in parallelo alla cacata reale. << Grazie .. grazie .. se è un piacere e un onore pi tia figurati pi mia.. Onore.. onore.. e io mi consento di onorarti ancora quanto prima.. anzi, più di prima...>> disse Zeus << Fai sommo Zeus..>> << Farò.. Farò…ma intanto chiariamo le cose.. uno è tuo e lo chiamerai Erciollino.. lo riconoscerai perchè sarà un picciriddu normali… e nascerà per ultimo.. il primo che nascerà lo chiamerai Ercolone.. sarà bello robusto.. e quello è mio…il figlio di Zeus tonante e trombante.. >> << Come il secondo che nascerà.. e allora dimmi come devo chiamare il secondo?>> precisò Anfistronzone << No.. il secondo che nascerà non è tuo e neanche mio..>> << Minchia.. n’autra minchia visitò il pacchio della mia signora.. e allora dimmi chi minchia fu.. a questo intruso nel nostro menage a tre io lo voglio deminchiare e detesticolare e infine ammazzare... più che per il mio onore lo faccio per il tuo... per difendere l’onore di Zeus... dimmi allora chi minchia fu? Chi osò mettere la sua minchia in quel sito amato e onorato dal capo dio. Dimmi, a chi appartiene questa minchia, che lo deminchio immediatamente..>> ci scappò al generale. << Sì.. certo.. se mi consenti te lo dico. .altrimenti mi autoconsento e te lo dico lo stesso.. puoi deminchiarlo se ci la fai ma ammazzarlo no.. immortale anche lui è..>> << Minchia.. n’autra minchia di dio..>> << E che minchia per giunta… questo picciriddu che nascerà pi secunnu e tu lo riconoscerai perchè terrà un grande acidduzzu.. questo picciriddu tu lo chiamerai Erciollone..>> << E dimmi sommo Zeus.. chi è il padre di Erciollone? >> << Priapo..>> << Minchia …la minchia delle minchie…apposta a filazza di mia mogli pare una rutta...minchia...minchia..>> E si ricacò. Nel sogno e nella realtà invece , altre che ricacarsi, si pisciò. Finalmente Anfistronzone si svegliò di botto. << Per Zeus e i suoi zeussoni e per Priapo e i suoi priaponi.. chi puzza.. chi puzza fitusa.. chi ciauru di merda..>> Era effettivamente tutto cacato e pisciato. Al suo fianco Alcmhona dormiva tranquillamente. La sua pancia era enorme. Lì dentro crescevano Erciollino, Erciollone e Ercolone…Poi taliò il pacchio di sua moglie.. era bello… troppo bello.. se aveva appitittato a Zeus e a Priapo non poteva non essere un pacchio bellissimo.. fu contento di questo onore.. anche se si sentiva cornuto le sue corna erano divine.. lo taliò da vicino.. non era poi così sdillabbriato.. era un pacchio che riria.. era un pacchio felice.. era un pacchio contento.. << E questa è una cosa bella.. perché un pacchio felice non può che far felice la ciolla del marito.. anche se la felicita è dovuta a minchie estemporanee e casuali..>> pinsò Anfistronzone. Si lavau pulito e tornò a letto. E quannu Alcmhona si svegliò, ci contò la cosa. << Ihhhh.. la ciolla di Zeus....>> disse lei. << Ihhhh.. la ciollona di Priapo..>> ridisse lei. << Uhhhh.. la ciolletta tua..>> riridisse lei. E rise. E per non pensare alle divine corna rise pure il generale. Poi la moglie ci contò come erano andate le cose. Da allora trummianu alla grande. A secondo di come si sentiva Anfistronzone facia na vota la parte di sé stesso, na vota quella di Zeus, e n’autra vota quella di Priapo.. E quannu i tri carusi nascenu, così come detto da Zeus, il generale fece. Chiamò Erciollino suo figlio ,piccolo ma con un bel pisellino. Chiamò Erciollone il figlio di Priapo, piccolo ma tutt’aceddu. Chiamò Ercolone il figlio di Zeus, una bestia di neonato con un aceddu normali… Dopo la gloriosa fottute con Alcmhona Priapo canto felice: << Cunnarella, cunnarella.. Cara bella passerella.. Fatta t’ho. T’ho chiavata.. A che bella frittata.. Ah! La mia minchia andò lì.. La fica tua disse sì.. Ma quel pacchio, quel calor.. Mi si è fitto nella minchia e nel cor.. Sta la ciolla sul chi va là.. Qui mi punge e scotta qua.. Cunnarella, cunnarella .. Passerella cara e bella...>> La storia di Alcmhona che feci tri gemelli che gemelli non erano ispirò tanti manipolatori della parola. Homerino scrisse il poema Tre phalli per una fika. Naturalmente in greco. Mhassymylyano scrisse il Carmen Tre mentule per un cunnus. Naturalmente in dialetto latino. Lo scrittore Santhokriso il solito romanzo in dialetto siciliano. Titolo Cent’anni cu tri minchi dintra nu sulu cunnu. Il filosofo Socratino da Munipuzos si pose una domanda. Tanto per. << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere e avere una minchia, a che minchia serve vivere e avere una minchia? Ma anche il cunnus è uno come la vita, ma se una però si chiama Alcmhona, anche se tiene un solo cunno può avere ben tre minchie a disposizione. E non tre minchie qualunque, naturalmente. M atre minchie prestigiose. Perché tre minchie qualsiasi si li poli permettere chiunque, pure quella sucaceddi buttanazza di Luiginacunnorumaamorosorumaculorumagioiorum Crisostomadeuterocrisostomacrisopacchiorum. O no?> Elena: un cunno per tre minchie. Dopo che la bella Elena scappau a Purceddopolis col suo ganzo a Munipuzos successi l’ira di dio. O meglio, l’ira del cornuto Minkialao e dei suoi amici. E soprattutto l’ira di Agaminkione che si vedeva scappare quello che considerava già suo. << Ristai col pititto di fottermi Elena. Per le sette buttane sette volte buttane ma stavolta facciamo pure otto... .ma io adesso mi consento e autoconsento di metter su un bordello.. di fare una guerra.. una guerra per il pacchio di Elena...>> pinsava sempre. Minkialao invece dimagrì in modo impressionante. Poiché il pettegolezzo è sempre una cosa piacevole, la gente mormorava e spettegolava alla grande. << Minkialao, in quattro e quattrotto, a forza di minarisilla scimuniu..>> Quannu ia in giro paria scemo.. scemo alla grande... e su questo lui ci giocava. In parte recitava . Ognuno facia la sua parte. La vita in fondo è un palcoscenico, un teatro.. ognuno interpreta se stesso e gli altri talino. E lui aveva deciso di recitare la parte del “ cornuto sofferente, del marito tradito, della minchia addolorata, del testa di cazzo perfetto.. ” << Il dolore del corname mi sta portando al tabuto…ma presto, molto presto, il mio disonore sarà lavato col sangue di quel popolo di merda.. e sarannu ciumi, laghi, e fors’anche mari di sangue.. oceani.. di sangue naturalmente...>> diceva a tutti. In realtà era siccu e rincoglionito perchè la nipote Ifigania si lu stava sucannu e spurpannu tuttu. Ma la gente non lo sapeva. Neanche Agaminkione lo sapeva e pertanto ci mannava sempre nuovo pacchio fresco.. ma lui non l’usava.. << Preferisco minarimilla in onore di mia moglie.. >> diceva. << Che uomo innamorato..>> dicevano le donne. << Che testa di minchia >> dicevano i masculi. << Chi strunzu.. teni la ciolla d’avorio e la sfarda inutilmente..>> diceva il fratello. << Che minchia persa.. potrebbe ficcare alla sanfasò e a tempo pieno e invece si la mina.. io , per fare un dispetto a mia marito Agaminkione, ci farei corna a tempo pieno con suo fratello Minkialao....>> diceva Fikennestra << Povero zio... come soffre di ciriveddu e d’aceddu.. quella bella minchia sempre tisa tra le mani e sempre a fare mina mina.. la stessa ciolla di papà.. sarebbe un quasi incesto.. ma noi lo accoglieremmo volentieri.. lo tratteremmo da dio.. un trattamento speciale ci facissimu.. solo Ifigania si ni futti del dolore dello zio..>> dicevano le nipoti Cunnotemi e Elettracunnus che da sempre erano state innamorate perse dello zio. E si masturbavano anche loro .. tra loro.. si strofinavano la filazza l’una contro l’altra armata .. ma soprattutto operavano sulla loro minchietta, quel clitoride d’avorio sempre sempre tiso.. << Non è vero.. io partecipo al dolore dello zio ma non poso fare niente.. non so come aiutarlo... come darle una mano...>> diceva Ifigania che invece ci dava più di una mano. << Insensibile.. >> ci rispondevano le sorelle. << Io non posso fare niente per lo zio.. e non fatemi diventare volgare..>> replicò Ifigania << io.. io.. io non posso riportargli lo sticchio di quella buttana di Elena e mittiriccillu come un cappello sulla coppola della minchia..>>>> Invece Ifigania faceva. E faceva alla grande. Quello si stava consumando dentro il suo pacchio e non per il dolore dell’abbandono da parte di Elena. Anche Minkioreste avrebbe dato una mano e il resto per alleviare la sofferenza dello zio. In fondo avevano lo stesso tipo di ciolla.. d’avorio e inesauribile e instancabile.. e anche Pilade, per amore di Minkioreste, sarebbe stato pronto a dare tutto.. mani e il resto anche.. In realtà era tutto un teatro. In realtà Minkialao ficcava alla sanfasò con la nipote. Se ne fotteva di Elena, del fratello e della cognata, delle nipoti femmine e di Minkioreste e del suo compagno.. c’interessava solo Ifigania.. per il resto, della certissima guerra con Purceddopolis, si ni futtia non un cazzo ma un miliardo di miliardi di cazzi.. Agaminkione da parte sua, mettendo da parte l’idea del ponte della pace e del matrimonio tra suo figlio Minkioreste e una figlia qualsiasi di Priamo, pinsau di farne un caso politico del rapimento della fica di Elena da parte di un cazzo della casa reale di Purceddopolis. Il tutto per abbattere una volta per tutte l’arrogante Purceddopolis e la sua casa regnante. In fondo tutti i pretendenti di Elena, a suo tempo, avevano giurato di addifenniri i diritti del marito sul pacchio di Elena. Qualunque fosse stato il marito prescelto. Agaminkione convocò per prima cosa i plutocrati di Munipuzos. << Cari, carissimi colleghi.. >> incominciò. << Ma noi non siamo colleghi.. noi non siamo né re maggiori né re minori...e neanche principi...>> disse Asinio. << E neanche regine e principesse..>> aggiunse con la sua vocina culare il nobile Faustino che si sentiva una principessa senza altrui pisello ma con già il suo. << Intendevo colleghi plutocrati.. e consentitemi di dirvi la mia su questo schiaffo morale datoci da quel piscialetto di Paride.. consentitemi.. altrimenti mi autoconsento e ve lo dico lo stesso.>> << Democrazia e arroganza..>> pinsarono in tanti. << Voglio solo dirvi che lo schiaffo morale Purceddopolis, perchè Paride ha operato a nome della sua comunità, è stato pesante.. forte.. potente..>> << Grossa la cumminau Paride..>> disse Lucio. << Giusto, Lucio caro. La mano di Paride ..>> << Non fu la mano, la minchia fu..>> gridò Aconzio. << Fu quello che fu.. e quello che fu, Paride non l’ha fatto solo a Elena .. l’ha fatto non solo a mio fratello.. o a me.. l’ha fatto a tutti voi.. l’ha fatto a Munipuzos.. all’onore di Munipuzos.. Paride nun si futtiu solo Elena.. si futtiu tutto l’onore di Munipuzos...>> gridò tutto pomposo Agaminkione. << No.. non a noi l’avi fatto... l’avi fatto a tuo fratello… eventualmente a tia …storia di famiglia è ..e non storia della polis.. tuo fratello è il cornuto.. non io che manco moglie tengo..>> disse Aristodemo toccandosi la luminosa fronte. . << No.. consentitemi di dirvi la mia… se una moglie qualunque fa le corna al marito è semplice questione di famiglia.. ma se una moglie della casa reale cornifica il marito le corna sono di tutti i sudditi…di tutto il regno..>> << A mia mi pare sbagliato.. alla regina ci la ficca sulu lu re.. ma se la regina ci fa li corna a lu re, li corna sunu di tutti e non sulu di re. .. non capisco…allora fatemi ficcare con la regina pure a mia...>> disse il ricco Plinio. In tanti risero. Tutti sapevano la storia della regina Fikennestra , che insoddisfatta dalle regali prestazioni della ciolla d’avorio di Agaminkione, aveva da tempo iniziato a frequentare i bordelli per sole donne.. e che a un certo punto aveva addirittura perso la testa per un buttano frusteri e bello che tinia la ciolla d’oro... Krysegystos il suo nome d’arte...ma la ciolla in realtà era d’osso o roba simile, ma lui si la tingia colore dell’oro.. Agaminkione sapeva, come tutti. E si ni futtia. A Fikennestra chiedeva solo di recitare la parte di regina.. così come lui recitava quella di re.. la parte di amante.. di femmina per lei.. di mascolo per lui.. ognuno la poteva recitare con chi cazzo voleva.. Fikennestra odiava Agaminkione perchè le aveva ammazzato il marito e il figlio per poi obbligarla a sposarlo. Agaminkione si l’avia sposata non potendo avere Elena e con la speranza di averla come cognata amante.. ma non c’era riuscito in quanto quella era scappata.. comunque fotteva alla sanfasò.. aveva amanti, concubine , etere.. un quasi bordello personale per allietare , adorare, contemplare e soddisfare la ciolla reale.. ed eventualmente anche le altre ciolle della casa reale.. c’erano in fondo anche suo fratello Minkialao e suo figlio Minkioreste.. il re maggiore, il re minore e il re futuro... Ma Minkialao si passava il tempo a fare mina mina e l’altro a checcheggiare con Pilade.. Comunque tutto era solo e soltanto ufficioso.. dei potenti si poteva solo spettegolare.. spettegolare e basta. E da un po’ si spettegolava anche di Ifigania. << Secondo mia è femmina.. qualcuno ci l’avi fatta assaggiare.. ma idda continua a recitare la parte della virginedda.. tanto onesta e pura ella appare ma in realtà di nascosto da qualcuno si fa insasizzare..>> Ma a parte tutto adesso c’era da metter su il fatto politico. La fica di Elena era una fica istituzionale. Pertanto Agaminkione rispose tono su tono a tutti. Severo come uno Zeus incazzato. E con accanto tutti i membri della casa reale. Tutti immersi nel loro ruolo istituzionale. Superba la regina Fikennestra , che quannu l’amico dalla ciolla d’oro ci la ficcava diventava la protobuttana dell’universo e ittava uci ca paria la terra ca stava parturennu la luna.... o na iatta ca stava parturennu n’elefante... Austere Cunnotemi e Elettracunnus, con la loro verginità reale in cerca di un marito con altrettante caratteristiche ma che la notte si stricavano la filazza l’una contro l’altra armata e con un ardore impressionante. Virginea e innocente Ifigania, che invece si stava spurpando vivo lo zio, ci stava sucannu anima, core e ciriveddu e tutto il resto... Addolorato e muto nel suo incommensurabile dolore di cornuto Minkialao, che invece non vedeva l’ora di andare a ficcarsi nel portuso di Ifigania. Tutto intero potendo ci si avissa ficcato. Altero e fiero Minkioreste, come un principe in attesa della sua principessa, eppure in quel momento pinsava al culo di Pilade dalle natiche ballerine. Ma quello che stavano facendo per il popolo era solo e soltanto teatro. Era sceneggiata per il potere. Era solo un buttare la pruli nell’occhi della gente, negli occhi del popolo bestia. Era una messa in scena allucinogena per il potere. Per mantenerlo e conservarlo nel tempo. Il resto erano solo e soltanto cazzi privati. Ma stavolta privato e pubblico si stavano confondendo. Un vero e proprio conflitto di interessi. Il pititto della fica di Elena spingeva Agaminkione a montare il caso politico con la speranza di montare poi la cognata... Agaminkione era pronto a giocarsi il tutto per tutto. Voleva la corona di Purceddopolis sulla testa e la fica di Elena sulla minchia. << Sbagli tu.. >> rispose al plutocrate di turno << Lu re ficca per diritto divino... non per piacere... anche se la moglie non gli piace la deve , per dovere, in nome della monarchia, seminare.. non per piacere ma per dovere.. verso il popolo.. per dargli un re...pertanto se la regina fa le corna al re, le eventuali corna sunu di tutti..>> << Senti Agaminkione, beddu spicchiu di mentula ca piscia spacchiu dintra nu pacchiu … consentimi di dirti la mia… anch’io sono cornuto… mia moglie si è fatta trummiare da Zeus…ma le corna sono solo mie.. e si è fatta trummiare anche da Priapo.. e non fa altro che parlare delle sacre dimensioni del divino cazzo del dio.. e io che faccio? Mi la sucu. Cosa posso fare io mortale contro Zeus tonante e trombante e Priapo sfottente e incunnante…Niente.. mi la sucu come si la sucunu tutti quelli che hanno la loro signora che qualche volta si è amabilmente ma forzatamente intrattenuta in focosi amplessi con qualche divinità.. a me pare che le corna zeussine a Munipuzos ci l’haiu sulu iu.. ma chiddi di Priapo li teni il novantanove virgola novecentonovantanove per cento dei mascoli di qua.. corna di matri , mogli e figlie.. o non solo…e do questa percentuale approssimata per difetto.. tanto per non dire il cento per cento.. capito, beddu spicchiu di mentula ca piscia spacchiu dintra nu pacchiu ..>> disse il generale Anfistronzone. << Se mi consentite, voglio dirvi la mia… e se non mi consentite mi autoconsento e ve lo dico lo stesso...le corna di Zeus sono un onore ranni..>> precisò Agaminkione. << Perché, tu li teni? >> chiese Crisostomo. << Non credo.. poi non so…se mi consentite, mi piacerebbe…. di Zeus però.. di Priapo no…>> replicò Agaminkione. << Se mi consenti, mi sa che invece li hai pure tu.. perché Priapo è veramente nu beddu spicchiu di mentula ca piscia spacchiu dintra qualsiasi pacchiu .. e minchia quantu ni piscia...>> Agaminkione si toccò la testa. << Se mi consenti ti do un consiglio..>> intervenne Anfistronzone << se tua moglie fa confronti la cosa è fatta.. Li fa? >> Tutti sapevano che la moglie del re maggiore si la faceva con Krysegystos. Ma quelle erano corna umane ; e quelle umane sono veramente patrimonio dell’umanità intera. << Non ricordo ..>> disse Agaminkione che invece si era spesso sentito fare offensivi paragoni del tipo “ ma tu non sai che robba ci sta in giro”, “ ma tu non sai che manici tengono certi picciotti”. Ma lui non se l’era mai presa più di tanto. Era ciolla d’avorio e quindi inesauribile e instancabile ma inciollava con chi voleva lui.. inciollare non faceva parte del teatro della vita, generalmente si inciolla per il proprio piacere personale. Pensava spesso alle corna storiche che Fikennestra ci facia con il suo ganzo a pagamento. Corna che erano la sua ossessione la notte. Ma ora si insinuò in lui anche l’ossessione della ciolla di Priapo. Il dolore fu grande, anche perché s’era visto scappare il cunno che doveva consolarlo: Elena. Ma il potere era ancora più importante. E quello lo teneva in pugno. E con il potere in pugno la si può dare in culo a tutti. E mentre taliava la nobile assemblea ci vinni un lampo di genio. << Se io ci la voglio mettere in culo a Elena e i nobili ci la vogliono mettere in culo a Priapo a mia mi conviene sostenere le due cose. Mentre io posso realisticamente catturare Elena e mittiriccilla realmente in culo, realmente iddi non possono catturare, per ovvi motivi, Priapo e mittiriccilla in culo.. anche perché finirebbe all’incontrario. Priapo ci la rimittissi in culo a tutti loro, alle loro signore, alle loro figlie e ai loro figli.. pertanto posso dire che ho le idee chiare per portare aventi il mio progetto..>> Tutto contento, con enfasi, riprese il suo discorso. << Se mi consentite io mi consento di darvi un suggerimento.. dobbiamo pigliare un doppio provvedimento…le corna di Paride, anche se umane, mi stanno proprio sulla coppola della minchia.. e pure Priamo con gli altri suoi quarantanove figli mascoli mi sta sulla cima dell’aceddu.... ma mi stanno sulla punta della ciolla pure le sue cinquanta figlie femmine, ma quelle ci possono stare volentieri.. sarebbe un piacere futtirimilli tutte e cinquanta in una volta.. ma oltre a quelle mi stanno sul cazzo anche le corna di Priapo con le donne di questa polis.. se le corna di mia cognata Elena che io porto e condivido con mio fratello Minkialao sono anche corna vostre, dovete voi sapere che le corna di Priapo che voi portate sono anche mie e di mio fratello.. siamo reciprocamente solidali nel portare le corna… e lo ripeto...reciprocamente solidali… pertanto io propongo da una parte la guerra a Purceddopolis e dall’altra l’esilio o l’espulsione teorica per Priapo…. Per la guerra ho bisogno del vostro consenso, per l’espulsione teorica di Priapo basta una mia firma in calce al decreto.. e lo farò già stasera... o al più presto possibile, eventualmente ..senza perdere ulteriore tempo... quella minchia impertinente deve lasciare la polis...>> Tutti applaudirono. << Minnitta.. minnitta.. laviamo l’onta delle corna di Elena e di quelle di Priapo..>> << Siete d’accodo allora.. consentite..>> gridò euforico Agaminkione. << D’accordo.. consentiamo..>> << Se mi consentite, adesso convochiamo il popolo e diamo loro la notizia.. dell’una e dell’altra cosa.>> << Consentiamo…>> gridarono col massimo della nobiltà i plutocrati. Il re maggiore rise col culo e on l’aceddu per non dare dimostrazione alcuna agli altri della grande soddisfazione che provava. Agaminkione convocò il popolo. E ci fici un discorso di quelli che sanno fare i politici quannu ci la devono ficcare in culo al popolo senza che questo ci faccia caso. << Se mi consentite, altrimenti mi autoconsento... voglio dirvi, con le lacrime agli occhi e il cuore dolorante, che sono solidale con voi in tutto e per tutto.. le vostre disgrazie sono le mie.. le vostre corna sono anche le mie corna… il dolore che portate nel cuore sta pure nel mio cuore.. l’umiliazione che portate tra le gambe sta pure in mezzo alle mie gambe.. quando le buttane delle vostre mogli vi dicono che siete dei ciollonanetti sappiate che anch’io mi sento come voi un ciollonanetto… e se qualcuno tiene il culo rotto io sono solidale con lui.. il vostro culo rotto è il mio culo rotto.. che lo sappiate…..solidarietà a tutto campo.. solidarietà totale.. pertanto se le vostre corna sono le mie, le corna della casa reale sono le vostre..>> Il popolo bestia applaudì . Agaminkione riprese. << Se mi consentite, io propongo una bella minnitta.. minnitta ranni.. ripurtamu a casa la buttana di Elena e mannamu a fari teoricamente in culo a Priapo.. la prima con la forza, il secondo con la ragione.. o meglio col consiglio.. è un dio e non un mortale....vendichiamo comunque l’onore offeso .. Paride avi messo le corna non a Minkialao soltanto ma a tutti i mascoli di Munipuzos.. Priapo invece ha seminato corna sulle teste di quasi tutti… se Paride s’è potuto portare via Elena vuol dire che si sente sicuro di fottersi e controfottersi tutte le vostre mogli.. potenzialmente siamo tutti cornuti.. l’onore di tutti è stato offeso.. Priapo invece ci ha fatto a tutti cornuti o quasi a tutti.. io pertanto dico “ minnitta.. minnitta ranni …” e se siete d’accordo con me , carissimi e amatissimi e stimatissimi concittadini, gridare anche voi “ minnitta.. minnitta ranni..”….>> Il popolo intero gridò: << Minnitta .. minnitta ranni…..>> << E allora consentitemi di dichiarare guerra a Purceddopolis, tranne che non ci ridiano Elena .. naturalmente non da soli ma insieme agli alleati che giurarono la difesa del regale pacchio.. e nello stesso consentitemi di firmare un provvedimento di espulsione teorica per Priapo...>> << Consentiamo.. consentiamo.. minnitta.. minnitta..>> Agaminkione , per il piacere, vinni dentro il cingilombi. Priapo, sotto forma di popolano, si era addivertito a quelle dichiarazioni. Oramai in tanti non lo riconoscevano, era diventa bello bello, troppo bello veramente, in seguito all’operazione di spilatura totale. Ma per proteggersi spesso amava travestirsi. Rise e pinsau che tutte le femmine di Munipuzos si l’era trummiate, pinsò che Fikennestra era una fica insaziabile e altro.. pinsò anche al suo progetto.. e decise di andare avanti per la sua strada... << Agaminkione sei solo un coglione esibizionista e populista.... come fai a impedire a un dio di trasformarsi in una minchia qualsiasi e mittiritilla in culo pure a tia?>> si chiese Priapo. Pinsò comunque assai a Fikennestra. La prima volta che si l’era fatta, lui prestava la suo opera come “ buttano volontario “ in un bordello di lusso. La femmina non era riuscita a capacitarsi che ci potessero essere ciolle di cotal fattura e misura. Invasata o fors’anche ossessionate dalle misure, Fikennestra era sciuta letteralmente pazza di piaciri. Era corsa nuda dal proprietario del lupanare gridando come un ossessa: << Io mi lo accatto.. mi lo accatto.. non bado a spese.. mi lo accatto vita natural durante.. mi lo accatto come ciolla personale...>> << Ma chi?>> << Quello della camera XXX... quello bello tutto spilato ma con la minchia quanto a quello dello scecco.. bello, bello, bello e con un grande uccello.. Minciadivina l’ho soprannominato. >> << Mi dispiace , ma non è in vendita..>> << Tu, ruffiano e lenone, mercante di pacchio e di minchia, tu non sai chi sono io.. io mi accatto, se voglio, pure a tia e a tutto il bordello suo.. mi accatto il tuo culo e la tua ciolla da fare sicca e le tue balle da dare al mio gatto... io.. io.. io..>> << A mia mi puoi accattare .. a mia è concesso.. mi puoi accattare.. il mio bordello pure.. ma a quello proprio no..>> << Minchia, tu si testa dura e minchia modda... io sono..>> << Lo so chi sei.. meglio non fare nomi..>> << Tu si testa di cazzo.. io sono la regina..>> << Lo so, sei la grande e nobile e sensibile Fikennestra.. la oneste delle oneste... la purea delle pure.. la immacolata delle immacolate..>> << Che fai? Sfotti? >> << No.. sto solo elencando alcuni dei tuoi titoli...>> << Ahhhh...>> << Ehhhh...> << E allora mi accatto chi voglio, come voglio e quando voglio.. capito! >> << Non puoi.. perché tu non sai chi è lui..>> << E cu è? Zeus in missione terrena? Apollo in scampagnata buttana ? Poseidone in turnè? O forse è Efesto con la sua ciolla caura? O Ares sempre con la minchia pronta a combattere? E perchè no Dioniso con la sua minchia brilla? Se è uno di loro, allora io sono Afrodite con il pacchio impilato.>> << Ci sei vicina comunque..>> << Come ci sono vicina.. minchia di dio è veramente? << Si.. quel buttano volontario è nientepopodimeno che ..>> << Che..>> << .. Priapo...>> disse l’uomo, << Minchia.. il dio della minchia... il dio del divin augello.. minchia... minchia divina veramente è Minciadivina....>> disse la regina perdendo i sensi. E ancora adesso, qannu Fikennestra ia a farsi futtiri, controfuttiri e catafuttiri da Krysegystos , trasendo chiedeva : << Per caso ci sta Minciadivina?>> Priapo, il bello dei belli e l’uccello degli uccelli, cantò felice. << Un cazzo di giovinetto Nel vedere una quasi zitella Se un tantin le fa l’occhietto Se le dice: Sei bella Se s’arrischia a dir, chi sa? Potrebb’ esser.. si vedrà.. Poverina , già si crede D’esser con la cosa Per la casa a scopar.. Pria lo dice, pian piano Nell’orecchio alla vicina Poi lo sa di man in mano La mamma e la cugina Se promette di tacere Lo sa anche il parrucchiere E per tutto il vicinato S’incomincia a spettegolar.. Donne mia appendete A dar peso alle parole Se la mia minchia vi vuole Mai dir lo dovete.. scopar non è andarsi a maritar..>> Si trattava adesso di coinvolgere nella guerra tutti gli alleati. Questo era il problema di Agaminkione. Di toccarli nel loro punto debole per costringerli a rispettare la parola data. Per l’esilio o espulsione teorica di Priapo la cosa era più semplice. Bastava un decreto reale. Ma se era più semplice era anche più difficile da attuare. Quello, volendo, poteva trasformarsi in qualsiasi cosa . Dopo questo inaspettato consenso popolare il furbo Agaminkione convocò gli alleati. << Compagni... colleghi in regalità e nobiltà... portatori degni di degne corone.. maestà in tutto e per tutto.. maestà del pensiero e maestà della ciolla.. è venuto il momento di dimostrare che siete maestà anche con i coglioni.. che siete uomini di parola.. uomini di minchia.. uomini cu li baddi... e non uminicchi, mezz’uomini, piglianculo o quaquaraquà... re delle polis libere, l’affronto fattoci da quello sbarbatello di Paride è una grave offesa non soltanto alla mia persona e al mio popolo.. ma è una offesa anche a tutti gli alleati di Munipuzos.. se qui siamo tutti potenzialmente cornuti io aggiungo che anche voi, alleati di un potenzialmente cornuto, siete tutti potenzialmente cornuti.. le corna di un alleato sono le corna di tutti gli alleati.. la puttanaggine del pacchio di Elena è la puttanaggine dei pacchi delle vostre case reali... e allora vi invito a lavare nel sangue l’offesa.. mi consento di suggerirvi l’idea che la superba Purceddopolis deve sparire dalla faccia della terra.. la sua stirpe regale dev’essere scannata.. i cinquanta figli di Priamo devono essere deminchiati e detesticolati e le cinquanta figlie possedute da tutti voi.. per lavare con il sangue dei mascoli e con il sangue delle femmine l’offesa subita… e io dico a tutti voi di assediare, fino alla caduta finale e definitiva, Purceddopolis… anche per anni.. alla fine dovrà cedere.. e noi ne faremo un falò…. Vi invito pertanto a mantenere e rispettare il giuramento fatto.. difendere la proprietà del pacchio di Elena da parte del marito.. qualunque fosse stato... Se siete d’accordo con me gridate “ Minnitta .. minnitta ranni….. mettiamo a ferro e fuoco Purceddopolis..”>> << Minnitta.. minnitta ranni.. mettiamo a ferro e fuoco Purceddopolis.. decornifichiamo Minkialao e riportiamo la fica di Elena sulla coppola della minchia maritale..>> gridarono gli alleati di Munipuzos. << E vi dico anche dell’altra iniziativa... l’allontanamento volontario di Priapo....>> riprese Agaminkione. Tutti si tuccanu li testi. << A Munipuzos siamo tutti o quasi tutti cornuti divini.. le nostre donne dileggiano il nostro aggeggio perchè ingignate da quella bestia potente, soddisfacente e onnipotente...>> continuò il re di Munipuzos. Tanti dei presenti si ritoccarono la testa, Priapo colpiva anche le polis vicine. Era una minchia girovaga. << E ancora voglio dirvi che non sono in pericolo solo i cunni delle nostre donne.. ma anche i nostri culi.. quella del dio è una minchia disposta ad infilarsi in tutti i buchi possibili e impossibili.. non è solo etero o omo.. è una minchia a trecentosessanta gradi .. una ciolla dedita a tutti i piaceri sostenibili e non sostenibili .... e io ho deciso pertanto, con la volontà e il consenso della corte e del popolo, di espellerlo teoricamente dal mio regno.. di esiliarlo al lago di Munipuzos e nel bosco di Mynkyalonya .. e questo l’ho fatto col consenso popolare.. non ho mai detto ” mi autoconsento..” e la stessa cosa faccio per Purceddopolis.. guerra solo se voi consentite.. in non mi autoconsento se voi non consentite... o insieme o niente... se siete d’accordo nel mantenere la parola data gridate con me “ tutti per il pacchio di Elena , il pacchio di Elena per suo marito..”..>> concluse Agaminkione in uno stato di quasi esaltazione, con la testa in fiamme , in cuore impazzito e la ciolla addumata come una fiamma olimpica. Pinsannu anche che la riconquista del pacchio di Elena era solo e soltanto una scusa per piazzarla sulla sua coppola della minchia come corona di piacere... Tutti risposero al suo appello e stabilirono una data per ritrovarsi e iniziare la guerra. Homerino, il grande che scriveva in greco, mise in cantiere un’opera in greco intitolata Elena di Purceddopolis. Mhassymylyano, il sommo poeta che scriveva in dialetto latino, mise in cantiere un Carmen intitolato Elena, la meretrice reale. Lo scrittore peloso Santhokriso, che scriveva in dialetto locale, mise in cantiere un romanzo intitolato Cent’anni da buttanazza. Dedicato naturalmente ad Elena. Il filosofo Socratino da Munipuzos si pose, come al solito, una variante della domanda per cui era famoso. << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere nel tempo di Elena e avere una minchia efficiente, a che minchia serve vivere contemporaneamente ad Elena e avere una minchia che non ci l’avi ficcato ad Elena?>> Quando fu il momento tutti quelli che avevano giurato in occasione del matrimonio di Elena e Minkialao partenu pi Munipuzos. Arrivò Odisseo. Arrivò Aiace. Arrivò Antiloco . Arrivò Diomede. Arrivò Idomeneo. Arrivò Filottete. Arrivarono tutti o quasi tutti. << Guerra.. Guerra… riportiamo il pacchio di Elena a casa.. riportiamo il pacchio di Elena sulla ciolla di Minkialao…o vivo o morto.. Guerra.. Guerra…>> gridavano come ossessi. Non arrivò Achille. Achille non arrivò. D’altra parte non aveva giurato. Lui non era stato tra i pretendenti di Elena. Era o non era cazzofilo anziché cunnofilo? Anche se ogni tanto anche in un cunno si infilava. E il furbo Ulisse partiu pi circallu. Con Nestore e Aiace. << Ammucciatu sarà.. ma io lo scoverò in un fiat.. sarà chiù facile trovare Achille ca scippare un pilo dal pacchio di una peripatetica..>> Infatti Achille viveva cu li fimmini vistutu da fimmina e facia l’omminu sulu nel pacchio di Deidamia e fors’anche di altre ragazze. Nello stesso tempo facia la fimmina cu Patroclo. O forse entrambe le parti. Con reciproco e sommo piacere. Da amante ad amante e da amato ad amato. Odisseo a vedere quel gineceo in fiore si eccitò assai e disse: << Sento si odor di sticchio e assai per giunta… e scusate se è poco, ma il pacchio è tanto.. ma io ho il naso fino… e sento anche odore d’aceddu friscu..>> Fece portare allora dei doni e disse alle ragazze : << Fanciulline belle.. Scegliete.. e tutto per voi… tutto gratis…>> E quelle scelsero . Anche Pirra, nome femminile di Achille, scelse. Fu allora che suonarono le trombe; e l’eroe in pectore, a quel suono , si denudò il seno che non c’era e gridò: << Son Pirra ma anche Achille… a mia l’armi… a mia la gloria.. a mia l’eroicità.. >> Poco dopo partì con Odisseo portandosi i suoi Mirmidoni e l’amato Patroclo. Achille sapeva di non tornare vivo ma sapeva anche che sarebbe diventato un eroe immortale… un eroe eterno.. l’eroe degli eroi.. Homerino scrisse il poema Achille kriptophallus , Mhassymylyano il Carmen Achille mentula nascosta e lo scrittore Santhokriso il romanzo Cent’anni con la minchia ammucciata come Achille. Il filosofo Socratino da Munipuzos si pose una domanda. << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere e avere una minchia da esibire, a che minchia serve vivere e avere una minchia ma tenerla nascosta come faceva Achille con la sua minchia che però imminchiava lo stesso?>> Come mai, Gellio queste tue labbrucce di rosa si fan più bianche della neve d'inverno, quando il mattino esci di casa o quando verso sera nei giorni d'estate ti scuoti dal tuo dolce riposo? Non capisco. O forse è vero, come si mormora, che sei ginocchioni un divoratore di cazzi? Certo è così: lo gridano le reni rotte di Vittorio, poveretto, e le tue labbra macchiate dello sperma succhiato. Antologia Palatina A dire il vero vero veramente anche Odisseo aveva cercato di scansari la guerra. Il furbastro sperava di farcela. Anche se tutti lo consideravano figlio di Laerte Kornutonio e Anticlea Panzagiakina , in realtà egli era figli del superfurbissimo Sisifo. Praticamente quannu Anticlea si maritò tinia già la sorpresa. In fondo era furba anche lei, era la figlia del brigante Autolico. Fu infatti il nonno ladro che gli impose il nome di Odisseo. << Odyssesthai significa “ odiare “, e tu sarai odiato e odierai. Perchè l’odio è il sentimento più bello del mondo.. non perdonare mai.. roba da ammuccaparticole è porgere l’altra guancia.. odia… meglio milioni di morti che amare.. odia che l’odio ti fare grande, ti darà vita e speranza.. per odiare ancora di più.. >> Eppure Odisseo aveva giurato di addifenniri i diritti maritali, qualunque fosse stato il marito, sul puttanesco pacchio di Elena. Sapendo che lo stavano cercando e si finse pazzo. Girava nudo per le campagne, scavava buche e poi ci si assittava di sopra. Quindi li ricopriva di terra. A chi gli chiedeva del suo operato rispondeva: << Siminu pirita…accussì tra qualche misi nascinu li cula… sapiti chi sanu belli fatti a spezzatino…. >> << E quando ti viene di cacari chi fai? >> chiese Minkialao che era venuto a cercarlo con Palamede. << Siminu malaca e nascinu malacazzi.. simina strunza e nascinu strunzazzi..>> << Minchia.. chistu è babbu o fa lu babbu.. c’è o ci fa..>> pensarono Minkialao e Palamede. << E se ti veni di pisciari chi fai?>> chiese Minkialao. << Fazzu nu purtusu e annaffio la terra… >> << E se la ciolla s’arrapa chi fai?>> richiese quello. << Mi fotto la terra… la metto incinta… e fazzu nasciti tanti testi di cazzu…come a mia .. come a voi.. come al resto dell’umanità cornuta e buttaniera.. ma soprattutto cornuta.. ma senza riferimenti personali.. io sono cornuto.. mia moglie si fa fottere da minchie d’aria.. e le vostre mogli da chi si fanno fottere?>> rispose Odisseo. Palamede non disse niente, Minkialao s’incazzò. << La mia si fa fottere da un forestiero che si la portò al suo paese.. e tu, cornutazzo, avevi giurato di addifenniri i miei diritti di minchia maritale sul suo pacchio consorte.. e inveci fai il pazzo.. Odisseo sta minchia.. >> sbottò Minkialao. A Palamede venne n’idea. << Senti.. dammi lu picciriddu sou, lu beddu Telemachino.. dammillu, ca lu mittemu dintra un portuso. E poi vediamo se lo copre di terra o no…>> Ci deseru lu picciriddu e lui lo mise in un fosso. << Senti Odisseo beddu e furbastro, se siminamu pirita nascinu cula, ma se siminamu picciriddi chi minchia nasci?>> Odisseo non rispose. Taliò suo figlio che piangeva e sbottò a piangere. Non cummigghiò lu picciriddu. Ma si lu stringiu forti in petto. Poi chiese una notte e un giorno. La notte la passò con la ciolla dintra il pacchio di Penelope. Ininterrottamente si la trummiò. << Voglio fare il pieno di sticchio.. >> << E io farmi la scorta di fottute per il futuro..>> rispose la moglie. << Chissa quando lo rifaremo…>> disse Odisseo pinsando alla profezia che , partendo per la guerra, sarebbe tornato dopo vent’anni. << Forse mai..>> rispose la moglie che era un tipo ottimista. << Che dici.. allora mi deminchio e ti lasso il ricordino a casa..>> << Che dici mai. Io non lo farò mai perché sono onesta, ma tu in girò farai un’odissea di morti con le armi e un’odissea di cunni con la minchia..>> Il giorno invece Odisseo lo passò a pazzeggiare con Telemacuccio. Fu così che Odisseo partì per la guerra. Non pensava a niente. Odiava soltanto Palamede che aveva scoperto la sua finta pazzia. Homerino scrisse il poema Odisseo, phallus pazzo. Mhassymylyano il Carmen Odisseo, mentula follis. Lo scrittore Santhokriso il romanzo Cent’anni di minchia pazza. Il famoso filosofo Socratino da Munipuzos si pose una nuova variante della fondamentale domanda centro cruciale della sua filosofia filosofica e scientifica e religiosa e atea e tutto e contro tutto e a favore di tutto e.. e basta. << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere da folle e avere una minchia folle, a che minchia serve vivere da folle e avere una minchia folle se poi la minchia folle non imminchia da folle?>> Prima l’afferra ccu duci carizzi L’affumicata celibri minchiazza: Idda si fa la facci pizzi pizzi, Iddu ci metti ‘mpocu di sputazza. Ma ore è l’ura chi vennu li sbrizzi, Iddu stenni nna manu a la spaccazza E tastiannu la pilusa rocca Cerca, afferra, mania, tocca e ritocca. Tuccannu e rituccannu cunnu e culu, Non ha paci se tutta ‘un ci la metti: Cci va supra arrittatu comu un mulu, E cci stringi li minni, e la scunnetti. Di dui corpi si fici un corpu sulu; Li vrazza si cuntorcinu a li petti, E uniti comu stannu corda e sicchiu, Panza e panza si adatta , e cazzu e sticchio. Micio Tempio, La minata di li dei VII . L’andropriapomachia e la guerra di Purceddopolis ‘Mpugna ddu sulennissimu rapista, E ‘ntra nna fedda e l’autra l’assesta; Ietta un gran corpu arrabbiatu in vista, Ma cci ‘ngagghiau la minchia mezza testa. Nisciuta un pocu, nova forza acquista La ‘mpungna arreri, ci la metti, arresta; Poi dintra imputusa ci la scagghia, Ma ‘ntra lu megghiu di lu corpu ammagghia. E nica la porta e nun trasia, Ca nuddu ancora ci l’avia ficcatu: Veniri a lu duluri si turcia, Già si abbannuna, e non avi chiù ciatu; Qualchi stizza di sangu si vidia Dintra ddu sticchiareddu dilicatu: Chiddi carni parianu virmigghi, Comu la paparina ‘ntra li gigghi. Micio Tempio, La minata di li dei In quei giorni c’erano due argomenti di discussione a Munipuzos. E anche in tutte le polis alleate. La buttana di Elena ca scappau cu lu minchiuni forestieri con la conseguente guerra imminentissima pi riportalla a casa; e lu minchiuni divinu ca si trummiava tutti li fimmini di lu paisi ca erunu nu pugnu di buttanazzi. Anche a Purceddopolis di parlava di queste cose: le corna dei vicini e la richiesta respinta di restituire Elena alla gioia dell’aceddu maritale con tutte le conseguenze del caso. Ma Munipuzos insisteva. << Ridate il pacchio di Elena a suo marito..>> << No…>> << Allora ci saranno ottomila morti…..>> grido Agaminkione. << No.. quattromila né ho promesso e quattromila basteranno..>> ribatte Minkialao. La diatriba andava avanti. <<Quattromila morti o ottomila.. questo è il dilemma..>> << Quattromila… >> diceva il generale Guerra. << Ottomila ..>> rispondeva il generale Taliò. << Mittemici d’accordo…. Quattromila morti sono quattromila ciolle… ma a quattromila ciolle corrispondono a ottomila coglioni.. e chi muore per gente come noi è o non è un coglione…>> << Lo è.. minchia se lo è…>> << Tutti quelli che danno la vita per gli altri sono coglioni..>> E recitavano il solito copione. Paria na sceneggiata alla Pattuallopolis. Intanto le corna priapesche portarono a una grave crisi tra i cittadini di Munipuzos e Priapo. La prima da che il mondo è il mondo. Ed è passata alla storia come “ la grande andropriapomachia” . Fu quando i mascoli in attività si resero conto che quasi tutte le donne della polis si l’erano fatta inciollare dal dio. Oramai l’elemento del curtigghiamentu generale tre le femmine erano le soddisfazioni provate, le sensazioni avute, il piacere sommo ricevuto dall’essere incunnare dalla gaudiosa , sostanziosa, spiritosa, portentosa minchia primaria dell’urbe e dell’orbe e dell’ universo intero. Tra le femmine del paese il passatempo preferito era cuntarisi il numero delle inciollature avute con Priapo. << A mia deci voti mi è venuto a inciollare.. e ogni volta cinquanta volte mi ha inciollato……>> << A mia cento visite mi fece….>> << A mia ancora solo tre… ma minchia che divertimento.. non si poli manco fare il conto.. trasia.. vinia e ricominciava senza sciri…. Ah.. chi minchia divina..>> << Non importa il numero.. importa il capitale.. il capolavoro.. dopo aver inciollato con Priapo come si fa ad inciollare con altra ciolla, foss’anche quella dio Zeus…>> disse Poppea Gnea Fregnetta, che era la rispettabilissima consorte di un noto plutocrate . << Vero è.. quannu ficcu con mio marito manco lo sento…. Lo lascio fare e penso ai cazzi miei e al cazzo di Priapo..>> aggiunse Pomponia Kallicunnia. Ma il discorso chiù divertente lo fecero tre signore che erano originarie della zona del premio Pattuallopolis. E a sentire quel discorso a cazzo di cane tutti risero. << A mia mi ha inciollato quattro milioni di volte...>> disse una. << A mia mi ha inciollato otto milioni volte...>> disse l’altra . << Il doppio di mia? >> << Cosi fu... otto milioni di dosi di minchia mi aveva promesso.. e otto milioni di volte mi la passò... otto milioni di volte mi inciollò.. mi infilazzo.. mi incunnò...>> << Anche a mia otto milioni di dosi di ciolla mi aveva promesso ... ma solo quattro milioni mi ni passò... >> << A mia >> intervenne la terza << mi passò quattro milioni di dosi doppia di sasizza... quattro milioni di incunnate e quattro milioni di inculate..>> << Che fanno otto milioni di dosi di sasizza....>> << Ma il record mio è documentato..>> disse la prima. << Il mio pure..>> disse la seconda. << E i documenti dove sono?>> chiese la terza. << Non si trovano.... il ducumentatore li mannò al registratore che chiese una ulteriore documentazione ma quello non documentò chiù un cazzo....>> << E allora la verità unni sta?>> si chiesero in coro. Su questa storia delle commari della zona del Pattuallopolis si scrisse tanto. Homerino , come al solito, confezionò un poema. Titolo Otto o quattro milioni di dosi phallo: qual è la verità? Mhassymylyano scrisse un Carmen intitolato Otto o quattro milioni di dosi di mentula: qual è la verità? Lo scrittore Santhokriso scrisse, tanto per non cambiare, il solito romanzo. Titolo Cent’anni di pacchio per avere otto o quattro milioni di dosi di minchia. Il filosofo Socratino da Munipuzos si pose una domanda. << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere e avere una minchia, a che minchia serve vivere e avere una minchia quando si sentono discorsi a minchia come quattro o otto milioni di dosi di minchia in una sola volta anche se la minchia che imminchia tutte queste dosi di minchia è la minchia di Priapo se poi i cunni imminchiati sarebbero originari della zona del premio Pattuallopolis.?>> I mariti, a sentire queste prodezze ciollesche di Priapo con le loro signore, stavano male. Erano in crisi ansioso depressiva sia loro che le loro ciolle. L’impotenza dilagava . L’ansia da prestazione faceva minnitta di plutominchie e ciolle proletarie. La minchiologia comparata messa in atto dalle donne mittia in crisi cirivedda e acedda. Se Zeus visitava i cunni locali era solo un piacere e basta. L’aggeggio era nella normalità. O poco più della normalità. Una ciolla di buona fattura ma immortale , suppergiù come tante ciolle di carne mortale. Ma Priapo no . Quello era un mostro. Un mostro di bellezza, da quando si era spilato, e un mostro tra le gambe, da sempre. Quello scandalizzava i cunni delle femmine che si abituavano a quella cosa enorme e non si accontentavano più di quelle normali. Decisero pertanto di espellerlo dalla polis. Esilararlo come minimo nel bosco di Mynkyalonya. Esilio volontario, espulsione volontaria. Questa poteva essere una delle soluzioni. O forse l’unica soluzione . Oramai le femmine ai loro uomini dicevano sempre frasi offensive. << Tu nun vali un pilo di Priapo…>> << Col tuo aceddu non mi fai manco il solletico….>> << Chi vulissitu fari cu su nanettu? >> << Il tuo aceddu in confronto a quello è … è nulla … aut Priapo aut nihil…>> << Dopo che hai assaggiato la mentula del dio, delle altre.. te ne fai un baffo…>> Anche Fikennestra veniva spesso visitata da Priapo. Che si concedeva volentieri, ma la sua passione era e restava tutta per il suo buttano Krysegystos. Priapo visitava anche le tre figlie di Agaminkione. Ma si addivertiva solo e soltanto con Ifigania… Quella era posseduta del pititto . E lui la spitittava alla grande. Ma la ragazza , che con il dio godeva in modo divino, restava sentimentalmente legata allo zio. Minkioreste, geloso, una volta si coricò al posto di Ifigania. E Priapo, pur sapendo la verità, accontentò il picciotto mettendogliela nel sedere. << E’ bello impiladare con Pilade, ma impriapare con Priapo è divino..>> furono le conclusioni del figlio di Agaminkione. I mascoli si riunirono in assemblea. << Propongo la deminchiazione di Priapo..>> disse Gneo Pomponio Cornelio. << Nun si poli.. Quello è un dio..>> << Deminchiamo le sue statue.. dal colosso a tutte le altre..>> << E’ un oltraggio all’arte..>> dissero i laici. << E un gesto sacrilego..>> dissero i credenti. << Allora sucamici li corna…>> ridisse Gneo Pomponio Cornelio che era cornuto di moglie, madre e di tutte e cinque le sue figlie. Cornuto sia ad opera di mortali ma soprattutto, e questo gli rodeva, ad opera di Priapo. << Non si può né arrestarlo né espellerlo con la forza.. non dimentichiamo che è un dio…>> disse Agaminkione che era stato visitato da Priapo anche lui. Una notte all’improvviso , intanto che dormiva, si era svegliato sentendosi trapanare ma oramai era tropo tardi. Il trapano aveva già fatto il suo lavoro. E pure Minkialao era stato onorato dalla visita di Priapo. Di botto e a sorpresa. << Possiamo solo invitarlo ad allontanarsi.. da parte nostra possiamo emettere solo e soltanto un decreto di espulsione teorica.. e non obbligatoria trattandosi per l’appunto di un dio… se lui è sensibile, capirà…>> << Chiddu è sia minchiarura ca testarura…sarà difficile…. >> dissero in tanti. Priapo intanto continuava la sua solita vita. La notte andava in giro per i bordelli di Munipuzos, il giorno lo passava nel bosco di Mynkyalonya. Nel bosco c’erano, oltre alle amati Menadi, le ninfe Phallike, le Penike, le Minkionike, le Kazzonike , le Aceddike, le Ciollike e tante altre.. e poi, come compagni di ficca e rificca, aveva Seleni e Satiri. Col vecchio e obeso Sileno che si dava ancora da fare alla grande. Priapo assisteva con un certo disinteresse alle beghe di paese e si ni futtia. << Lu munnu è pieno di pacchio… io sono il simbolo di Munipuzos…se loro mi fanno qualche censura gliela farò pagare cara…occhio per occhio, dente per dente e minchia per minchia.. io sono la minchia primaria dell’universo…lo sono e lo devo restare.. ufficiosamente ma soprattutto ufficialmente… a mia nun mi piaci sta storia di siri il dio dei campi, degli orti, e roba simile… lu diu di la simenta è un titolo che non mi piace… se simenta dev’essere, dev’essere d’altro tipo. .. io, con una minchia così, posso solo essere il dio del pacchio.. del sesso.. dell’amore fisico.. del ficca ficca alla sanfasò.. il mio giusto titolo è “ dio dei bordelli..” .. perché là si ficca e basta…>> Comunque stava a sentire con l’aricchi quello che succedeva in paese e intanto continuava a ficcari con l’aceddu. Dove c’era un portuso lui si ficcava. E cantava alla mi ni futtu. << Con certe persone Ci vuole il bastone E sia benedetta La bella fichetta Che tutte le donne Adesso san adoprar…>> Il poeta Mhassymylyano da Munipuzos lo celebra così nel Carmen XL. << Forma Mercuris potest placere Forma conspiciendus est Apollo.. Mercurio può piacere per il suo aspetto, anche Apollo è desiderabile per la sua bellezza: avvenente è raffigurato pure Lieo, ma Cupido è certamente il più bello di tutti. Ammetto di non essere bello ma ho un magnifico cazzo. Se c’è una fanciulla dalla buona fica preferisce questo a quello degli altri..>> << Mentula loculenta..>> chiamavamo Priapo i dotti e colti latinisti. Dioniso seguiva le vicende del figlio dal rosso palo. << Mi sa che lo mandano volontariamente in esilio.. ma quello mi sa che si vendica.. non lo capisco.. mio figlio Priapo ragiona con la testa o con la minchia? Questo è il dilemma. Pi mia ragiona cu lu cazzu. Ma comunque è meglio ragionare cu lu cazzu piuttosto che ragionare come altri che ragionano a testa di cazzu…>> Lui intanto continuava a girare il mondo. Una volta era sceso anche nel Tartaro per riprendersi la mammina Semele e portarla nell’Olimpazzo con nome di Tione. Ma non trovava la strada. Girava alla sanfasò intorno la lago di Munipuzos ma non trovava il portuso per trasire dintra la terra. E si stava anche incazzando. << Darei pure il buco del culo mio per trovare il buco del culo della terra e trasiri in chidda casa unni sta la mamma mia. >> disse a sé stesso. Gira e rigira incontrò Polimmo, un comune mortale. << Senti, beddu… di unni si trasi dintra la terra.. unni sta lu purtusu iarrusu? >> << Io lu sacciu.. ma se te lo devo dire voglio un compenso..>> << Dimmi quante erosminkia vuoi? >> << Manco una.. voglio solo fare l’amore cu tia.. io amante.. tu amato...>> << Bihhhh.. lu culu voli.. e sia .. ma al ritorno.. se la strada che mi indicherai sarà quella giusta pi trasiri dintra la terra , al ritorno ti permetterò di trasiri in me.. io uomo di parola sono e quel che dico mantengo…non sono come quelli del premio Pattuallopolis..>> << E sia.. trasi nel lago.. vai sott’acqua vedrai che alla fine troverai il passaggio..>> Dioniso trovò la strada. E all’uscita, lassannu la madre ad aspettare un attimo, iu a circari Polimmo. Ma quello era morto. E siccome Dioniso era un dio di parola pinsò a come saldare il debito Preso nu ramu di ficu lu fici a minchia e si lu trasiu nel culo. Per mantenere la parola Dioniso si autosodomizzò Tutto accanto alla tomba di Polimmo. << Polimmo caro.. Adesso il mio debito è saldato… ho mantenuto la mia parola…io sono un uomo.. non un mezzuomo, un uminicchio, un piglianculo o un quaquaraquà…chi mantiene i patti, rispetta i regolamenti, onora i bandi è un uomo.. gli altri no.. quindi , per favore, si mettano in una delle altre quattro categorie…>> Poi portò la madre nell’Olimpazzo, con un nome nuovo. Tione. Adesso era reduce da una bella avventura in oriente con piccolo imprevisto. La perdita del vecchio Sileno. Il corteo di Menadi vogliose che agitavano il tirso, di Satiri e Sileni arrapati procedeva nella più totale ubriachezza. Ballando, cantando e bevendo . Ogni tanto si fermavano e scatenavano una bella orgetta. Tra di loro o con qualche popolazione locale. Non sempre erano ben accetti. C’era chi apprezzava la “festa erotica” e chi la condannava. Dioniso premiava chi si lasciava coinvolgere insegnandogli sia la coltivazione della vite che come farne il vino, agli altri invece li faceva uscire di testa. Li faceva impazzire. E succedevano certe tragedie che erano la fine del mondo. Durante questo viaggio a un certo punto si accorsero di aver perso Sileno. << Minchia… Sileno si perse..>> gridò qualcuno. E tutti gridarono : << Sileno dove sei.. dove sei.. noi siamo qua..>> Sileno s’era perso ed era finito alla corte di re Mida… e lo intratteneva con storie fantastiche… << Fai qualcosa di fantastico per me..>> ci addomandava Mida. << Esprimi un desiderio... e io farò che si avveri..>> rispose Sileno. < Voglio che tutto quello che tocco addiventi oro..>> << E sia..>> Mida si accorse presto che il dono ricevuto era una maledizione. Toccava una pietra e questa diventava oro. E questa era una bella cosa. Ma se toccava il cibo anche questo diventava oro. Ma la soluzione fu trovata. Gli davano da mangiare gli altri. Trasformava in oro anche i suoi rifiuti organici. Pisciava e pisciava oro. Cacava e cacava oro. Ma quannu vinni il momento di ficcare iniziarono i guai. Appena toccava il pacchio quello addivintata d’oro. Anche se lo toccava solo con la ciolla quello addivintata d’oro. E tutto finiva. << E provateci voi a ficcare in un pacchio d’oro?>> disse Mida incazzatissimo. Alla fine Mida chiese a Sileno di tornare come era prima. E Sileno l’accontentò. Dopo questa bella avventura Sileno fu riaccompagnato dal suo Dioniso. E Dioniso adesso era tutto preso dalle vicende di suo figlio Priapo. Ma l’amore per i viaggi, le avventure, le scoperte, avevano sempre la meglio. Adesso era in partenza per andare oltre le colonne di Priapo, per vedere e capire cosa c’era al di là. Queste colonne altro non erano che due Minkianturm, due torri di Babele a forma di minchia grandissima, altissima, enormissima… Due minchie che puntavano al cielo.. ma segnavano anche il confine del noto, del saputo, del conosciuto.. Dioniso era stato ad est, a nord, a sud.. gli mancava l’ovest.. ed era ora di andare a vedere…quelle colonne le aveva erette suo figlio Priapo quando s’era fatto un viaggio alla ricerca di un fica più bella di quella di sua mamma Afrodite.. <<Possibile ca in tuttu lu munnu nun ci sta una ca teni chiù bellu lu cunnu?>> si era chiesto. E quando aveva capito che al di là si quello stretto che era il cunnus del Mare Nostrum attraverso il quale il Panthalassa ci la ficcava e rificcava, non c’era niente, aveva innalzato quelle colonne. Come dire: << Cazzi tisi, non andate oltre questi cazzi di pietra, pirchì oltre nun ci sta manco un pacchio racchio… pertanto tornate indietro o facitivilla a mano..>> Dioniso aveva chiesto anche il perchè di quel nulla a Zeus. << Papà, chi c’è al di là delle colonne di Priapo?>> << Una minchia.>> aveva risposto Zeus. << Due le colonne a minchia più quella che dici te, fanno tre…>> aveva risposto serio serio Dioniso. << E se ci mittemu chidda tua e chidda da bestia di to figghiu fanno cinqu.. >> << Zeus, ma tu lu sai com’è chistu munnu ca aggoverni?>> << Sì e no.. e fatti i cazzi tuoi.. cazzalora e sticchialora.. buttana a mia, quannu ti siminai.. mi la minava facevo meglio…>> << Tu nun sai un cazzo.. meno male che ci sono io che sono il dio viaggiatore..>> << O duna ‘u culu .. Dioniso beddu…>> rispunniu Zeus. << Parto, ma ti arraccomando qual minchiadditta di Priapo.. per i resto, poi ti cuntu chi creasti al di là delle colonne di Priapo…>> ci disse Dioniso. E infatti partì. Priapo una mattina si visti consegnare un foglio di “ espulsione teorica “ da Munipuzos. “ Teorica “ perché un dio non si poteva comandare ma solo pregare e invitare. Non altro. << All’attenzione di sua divinità Priapo.. Per ordine di sua maestà Agaminkione, sua divinità della ciolla Priapo dovrebbe lasciare il paese a causa del suo comportamento immorale…Il re e tutti i maschi di Munipuzos sono dispiaciuti per in continuo fottimento che il dio della ciolla fa con i pacchi delle loro femmine che scannaliate da siffatto membro dileggiano le propaggini maritali chiamandole nella migliore delle ipotesi “Nanetto” . Se vuole può andare a vivere nel bosco di Mynkyalonya con le sue Menadi, i suoi Satiri e i suoi Sileni.. altrimenti può andare altrove… il suo comportamento libidinoso , sessualofilo, minchiomane e cazzocentrico ha reso buttanissime le nostre femmine, che quando vedono i nostri strumenti ci ridono in faccia…non fanno altro che parlare del “ gigante “ del dio e dei “ nanetti “ degli altri.. della “ cocuzza “ del dio e del “pisellino “ degli altri.. per non parlare poi dei molti culi maschili a cui ha messo il prurito .. pertanto si ordina la immediata espulsione teorica di Priapo dalla cerchia delle mura di Munipuzos... se il dio vorrà, potrà fare tutto liberamente, altrimenti farà quello che vorrà.. la comunità maschile di Munipuzos si augura che Priapo abbia la stessa sensibilità dimostrata da Zeus a suo tempo con i greci…con stima e in fede, Agaminkione…>> Priapo rise. “ Dovrebbe lasciare..” diceva il messaggio. << La stessa sensibilità ciollesca di Zeus.. la stessa no, la mia è una ciolla molto più grande e pertanto maggiore deve essere la sua sensibilità.. e fors’anche la minnitta.. perchè la mia minchia pretende sempre la minnitta..>> pensò Priapo. Poi disse: << Senti beddu, torna dal tuo re e dicci che lo saluto.. Felice addio a lui e al suo aceddu.. addio dispiaciuto alle sue donne e ai loro pacchi… e addio pure a tutti i maschi di Munipuzos e ai loro aceddi naturalmente.. e dispiaciuto addio invece alla filazza delle loro donne.. addio.. vado via domani.. stasera festeggerò nei lupanari e domani mi trasferirò nel bosco di Mynkyalonya… festeggiate pure voi.. e addio.. o forse arrivederci.. o forse.. chi lo sa.. devi comunque dire al tuo reuccio che io ho bisogno biologico del pacchio.. come lui.. ma in misura diversa… perchè diversi assai sono gli strumenti…se lui non basta nemmeno a soddisfare la fica di Fikennestra, io abbasto e avanzo per tutto il pacchio dell’universo…se lui smania per il pacchio di Elena e si appresta a fare una guerra sappia che io mi sono fatto la sua cognatuccia.. che mi sono fatto pure le sua signora e anche le sue tre figlie.. e come se non bastasse mi sono fatto anche il suo sederino, quello del suo amato fratello e tanto per fare il pieno anche quello di suo figlio Minkioreste…perchè io.. io vado a pacchio.. ma delle volte pure a culo.. io vivo per il pacchio.. e per il resto.. io sono la felicità del pacchio e del resto.. quindi non ne posso fare a meno.. ma di pacchio è pieno il mondo.. Munipuzos o altra polis .. il pacchio è sempre uguale… e il resto pure.. lui invece ha bisogno della mia minchia.. ma proprio della mia, di quella del dio Priapo.. e minchia di Priapo ci ni sta solo una… quindi dico sicuramente arrivederci… io ficco, fotto, chiavo, scopo, inculo, sodomizzo , incunno, infilazzo, inchiavo, infilo, trummio, scampaniu con o senza Munipuzos.. lui invece senza la mia minchia è perso.. anzi, Munipuzos è persa...>> E cantò come al solito: << Che comportamento è questo Che stravaganza Siete senza rispetto Senza creanza Mandarmi via solo Che cosa ridicola.. Ma io vi sminchio tutti Vi spallo, e che cavolo..>> Nel pomeriggio Priapo si fici il giro dei bordelli e parlò e scopò con tutte le lupe e i lupi. Quella sera fu tutto un futti futti generale. Tutti gli uomini di Munipuzos ienu al bordello. E la festa continuò per tutta la notte. Anche qualche fimmina iu al bordello. Priapo da parte sua si fici anche il giro di tutte le case della polis. Accontentò tutte le signore e organizzò la sua minnitta. Non trovava Fikennestra ma poi la rintracciò che cavalcava Krysegystos. E facendosi una doppietta, lui in culo e Krysegystos in fica, la convinse ad aderire al suo progetto. Molti dei osservavano il lavoro di Priapo. Mamma Afrodite rideva e trombava alla grande. Dioniso era in viaggio. Nonno Zeus rideva sotto i baffi. << Priapo, figlio mio…tu es pastor cunnus.. nascisti laitu di corpo ma beddu di cazzu.. e adesso che spilato ti sei tutto, bellissimo tutto sei.. non pari chiù una scimmia pilusa .. sei bellissimo adesso… sei il degno figlio di Dioniso Ciollabella e di Afrodite Pacchiospilato… e io sona sicura che se vai via ti vendichi… li sminchi tutti i mascoli di Munipuzos.. oppure fai impazzire le loro donne a causa di mancanza di sasizza…>> Il capodio Zeus rideva e scopava. << Priapo, nipote bello.. fons amoris …tu si la funtana di la simenta per eccellenza… se un giorno creerò una nuova specie di omo sarà con la ciolla come la tua…ma se vai via ,sicuro che si vendica.. come minimo ci allarga il culo a tutti i mascoli.. li fa divintari cacata continua…>> E intanto si convinceva sempre più che Priapo era più testa dura che minchia dura. Era taliava e s’incazzava. Era colpa sua se il caruso era nato con quel fallo enorme . Quello che voleva essere una maledizione era addivintata una benedizione. << Cazzo chi sbagghiu.. lu vulia fare soffrire e chiddu invece si addiverti a tempo pieno.. la superminchionissima non fu una punizione ma la sua fortuna.. tanto che addivintau il tredicesimo membro del consiglio degli dei… e io sono sicura che se va via da Munipuzos si vendica e in modo pisante…. Farà come minimo una strage di aceddi… come minimo..>> Efesto taliava e malediceva. E trombava anche lui. << Figghiu di buttana di chidda buttana di mia moglie.. kouleon.. smerdaleos.. culo. Cosa sporca.. pediconum mentula smerdalea est.. sporco di merda è il cazzo degli inculatori.. sono contento che ti hanno consigliato di andare via.. anche se farai una minnitta intanto hai perso il consenso popolare.. e per gli dei , come per i politici, perdere il popolo è sinonimo di inculatura… e sono sicuro che la tua minnitta sarà minnitta di minchia… perchè è l’unica cosa dove tieni nu tanticchia di competenza.. per il resto sei una bestia..>> All’alba Priapo usci dalla città con tutte le lupe e i lupi. Quella sera i casini restarono vuoti , non di clienti ma di operatori e operatrici sessuali. << Minchia… chista è la prima…sucaminilla ca ni passa…>> Tornarono a casa e si ienu a curcari cu li mugghieri. O cu l’amanti. O le concubine. Ma anche serve e cammarere. Ma quelle si dichiarano in sciopero sessuale. <<Da oggi la fica è chiusa, del cazzo non è più la musa..>> gridavano le donne. Ma il bello doveva ancora venire. Qualcuno pinsò di usare violenza alla propria donna. Ma trovò il pacchio cusuto, il culo con i denti , la bocca addivintata piccola piccola e li manu spinusi comu pali di ficupali. E forse anche peggio. << Minchia.. nenti si poli fari, né andare nel pacchio né nel retropacchio.. e impossibile farsi fellare e diventa doloroso anche farsela minare… abbiamo le donne ma non ci servono… non le possiamo utilizzare per la gioia della nostra minchia..>> pensarono gli uomini. Questi fatti furono mal comune. In tutte le domus dove c’era del pacchio successe la stessa scena. << Minchia lu pacchiu sigillato è… ma menu mali ca ci sta lu retropacchio..>> Ma attruvanu lu culu dentato. << Minchia.. la coppola mi muzzicau.. Ci sta la ucca comunque..>> pinsanu. Ma la truvau nica nica. << Ca nun trasi mancu la ciolletta di un neonato.. Minchia.. ricorriamo alle mani..>> Ma quelle erano diventate spinose. Peggio di una ficupala. Pertanto molti mascoli passarono le ore della notte a livarisi li spini dall’aceddu. << Ci la autominamu >> fu la conclusione a cui giunsero una volta despinato l’augello. E attaccarono i lavori di “ minamento” . Tutto procedeva bene ma quannu stava per arrivare il momento del piacere successe una nuova tragedia. Le braccia si accorciarono di colpo. << Minchia.. mancu minari ni la putemu… lu iarruso di Priapo ci la sta sunannu alla grande.. Emu a circari autri masculu e ni la sbattemu na lu culo o na la vucca reciprocamente..>> Ma li cula misiru la rara di ferru e la ucca addivintau nu furnu. Qualcuno si scottau l’augello. Uno di questi fu Agaminkione. Legatissimo al fratello, come primogenito lo aveva sempre sottomesso alle sue volontà sia politiche che sessuali. Tutti in mascoli di Munipuzos quella notte si addormentarono esausti e cu la minchia ca ci pruria. E nun si la potevano manco grattare. Fu una notte da incubo. Tra una dormitina e l’autra , cu si la strofinava di qua e chi di là. Ma la mattina successiva successe il resto. Quannu si arrispigghianu trovarono tutti il letto vuoto.. le mogli, le amanti, le concubine, le amiche di ciolla, le commari d’aceddu.. non c’erano più.. le femmine di casa e no , erano scomparse tutte… ma la cosa non era finita.. anche quella fu una giornata problematica ed esageratamente dedicata alla sofferenza. Sulle mura di Purceddopolis comparvero dei megacartelloni che dicevano “Noi abbiamo ficcato tutta la notte , e voi? “. Oppure “ Come sta il pacchio delle vostre signore?”. Ma anche “ Che Priapo vi assista”. A tanti ci pigliò il firticchio. << Che Priapo ci assista? A dire il vero Priapo ci la misi in culo a tutti. E non è ancora finita.. inimicarsi un dio vuol solo dire piangere lacrime amare.. più che una bella inculatura questa è stata una autoinculatura…>> Ma la nuova nottata fu tutta un incubo.. poi, la mattina successiva, successe il resto.. tutti attruvau nel letto una fimmina bellissima.. minuta ..culuta.. ca si passava la lingua na lu mussu e prumittia un ripasso generale del Munipuzosutra.. al solo vederla la ciolla di tutti s’inciollò. << Miracolo.. miracolo. Al posto della vecchia ,laria e usatissima moglie ci sta un pacchio bellissimo.. miracolo.. miracolo.. Priapo è di nuovo con noi..>> gridarono tutti. Anche chi non aveva una femmina in casa si ni ritrovò una nel letto. Bella, bona e soprattutto disponibile. Ma quannu i mascoli di Munipuzos, tutti inciollati, si partenu p’inciollare, la ciolla crollò di colpo. E non si rialzo più. << Quid hoc novi est? quid ira nuntiat deum? Che cos’è questa novità? Che cosa preannuncia quest’ira divina? At, o sceleste penis, o meum malum … o scellerata minchia, causa di tutti i miei mali.. priapo ci rifottè… ci riinculò..>> Da quel momento la disperazione si impadronì di tutti i mascoli. <<Buttana minchia… arrimuddasti di colpo… svegliati. Alzati.. ca ci sta pane e companatico pi tia. Varda chi pacchiu, chi culu, chi minni.. varda, aceddu smidullatu, incapaci di volare…minchia senza spina dorsale, ciolla senza desiderio.. >> E giù manate, pugni, sputazzate, legnate e altro. E così per una settimana. Sempre con un pacchio a portata d’aceddu ma cu l’aceddu impotente. “ Saluti a tutti i mascoli di Munipuzos e alle loro minchie calanti. Da parte dei Purceddopoliti minchie operanti “ diceva uno striscione sulle mura di Purceddopolis. Poi ci fu una nuova novità. Si svegliarono e si accorsero che .. ma nun capenu. E quannu si susenu per andare a pisciare si accorsero che mancava anche lo strumento.. e pure le sua palle…tutti erano stati deminchiati e detesticolati. << Minchia.. Minchia.. minchia.. la tragedia della minchia…>> Tutti furono presi dalle depressione aminchiale.. chi voleva lasciarsi morire di fame e chi di sete.. chi si voleva buttare giù dal faro e chi dall’acropoli.. chi chiedeva un po’ di veleno o altro.. c’era anche chi malediceva i ritardi nella costruzione del ponte che sarebbe stato lo strumento di morte più spettacolare… tutti o quasi tutti volevano crepare.. << La vita senza ciolla non vale un cazzo..>> dicevano gli abitanti mascoli di Munipuzos. Era un pianto continuo. Tutti i mascoli piangevano la gioielleria defunta . Furono fatti tanti funerali in quei giorni.. ognono seppelliva il suo aceddu e le sue palle.. dappertutto si tumulavano minchie… o si incenerivano. A secondo delle usanze. Fu aperto anche un minchiatero, un cimitero per minchie e accessori . Si tennero orazioni funebri a ritmo continuo. Era ordinaria cosa ascoltare discorsi funebri come questo: << Diciamo addio alla cara a adorata ciolla di Lisimaco.. fu infedele al pacchio maritale che tre figli gli diede con certezza… ma si intrattenne anche in felicissime conversazioni pilose con la cortigiana Filamona esperta nel coitus tettico e nella glossomachia.. frequentava assiduamente anche le etere dalla fica sorridente con cui le discussioni erano solo finalizzate al godimento.. e per lei Lisimaco si mangiò il suo patrimonio.. adesso si spense per volontà o minnitta divina.. il suo proprietario piange addolorato la scomparsa prematura del suo augello e delle sue due palline.. lo ricorda felice di lavorare , felice di entrare in un buco qualsiasi.. felice di dare felicità al suo padrone…lui addolotatissimo la piange e si chiede che mai sarà la vita senza di lei…che possano comunque riposare in pace la sua cara mentula e i suoi altrettanto cari testiculos.. Amen.>> Sulle mura di Purceddopolis compare uno striscione di quelli “ a lutto”. “ La cittadinanza di Purceddopolis partecipa affranta al dolore dei mascoli di Munipuzos per la perdita precoce della loro cara e adorata MINCHIA. Nell’esprimere solidarietà ci dichiariamo disponibili a portare consolazione alle vostre donne che adesso si arritroveranno con la cosa vacanti. “ Ai mascoli di Munipuzos ci pigliò il firticchio . In tanti andarono dallo psicominchiologo a addirittura dal minchiatra. E mentre tutti piangevano e si disperavano, nelle case di Munipuzos arrivò una allettante offerta dei lupanari di Purceddopolis, che di fregna erano pieni. “ Ficca tre, paghi due..” Ma a loro non interessava più. Lo strumento del piacere era morto e sepolto. Homerino da Munipuzos scrisse ben tre poemi. Naturalmente in greco. Titoli: Andros aphallus, Una polis senza phallus, Priapo, il deminchiatore di Munipuzos. Mhassymylyano , per non essere da meno, scrisse prima uno, poi un secondo e infine un terzo Carmen. In dialetto latino. Titoli: Homo amentula, Urbe senza mentula, Priapo, il dementulatore di Munipuzos. Lo scrittore Santhokriso , travagliando notte e giorno e maledicendo i signori del Pattuallopolis, scisse tre romanzi. Titoli: Cent’anni di storia di mascolo senza minchia , Cent’anni di fatti e fattazzi di un paisi senza minchia, Cent’anni con Priapo, il tagliaminchia di Monacazzo. Il famoso filosofo Socratino da Munipuzos si pose , come da prassi , una domanda moltiplicata per tre. Quindi tre domande. Domanda numero uno: << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere ed essere uomo e avere una minchia, a che minchia serve vivere da uomo ma senza più una minchia che imminchia? >> Domanda numero due: << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere e avere una minchia, a che minchia serve vivere senza una minchia anche se tutti gli altri tuoi concittadini sono pure loro senza minchia perché a tia chi minchia ti ni futti se gli altri sono senza minchia perché a tia interessa che imminchi la tua minchia?>> Domanda numero tre: << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere e avere una minchia, a che minchia serve vivere se Priapo ti deminchiò la minchia con cui imminchiavi e pertanto non hai più una minchia per imminchiare come minchia ti pare?>> La prima riunione in Ciaulide Ma non c’erano solo questioni di minchia personale. C’erano anche questioni di minchia istituzionale. Minkialao, anche se sminchiato, aveva il diritto di riavere la sua Elena. Intanto arrivarono gli alleati. Che restarono impressionati da quello che era successo. A Munipuzos non c’era più un mascolo con gli accessori. Né grande né piccolo. E non c’era neanche una femmina. Erano andate tutte a vivere con Priapo, a farisilla sfunnari da quel mostro di minchia soddisfatta e soddisfacente . E i bordelli erano chiusi. Per mancanza di lavoratrici di ambo i sessi. Se n’erano andati tutti con Priapo. A Munipuzos il pilo si era estinto. Ma adesso ci stavano le minchie degli alleati di Munipuzos, e queste minchie addesideravano fottere. << Ca nun ci sta chiù una minchia autoctona. E di questo me ne fotte e strafotte un aceddu morto. Ma nun ci sta manco pacchio. Né gratis né a pagamento. E questo mi spiace perch’io non saccio unni ficcare il mio augello.. il mio piccolo Odisseo che vuole odisseiare....>> disse Odisseo incazzato. << Meglio un esercito di Mirmidoni che un esercito di mascoli senza ciolla e senza coglioni..>> aggiunse Achille che non aveva problemi di pacchio in quanto Patroclo era con lui e pronto a dargli, a secondo dei casi, o il davanti o il darreri. Ma i Mirmidoni avevano bisogno di pacchio. Le loro formichine, formichette o formicazze avevano bisogno di un portuso. << Un popolo senza minchia è un popolo senza futuro.. è un popolo ca l’avi già pigliata in culo..>> pinsò Palamede. << Se li burdella su senza buttani la sira ci l’ama minari cu li nostri beddi mani..>> aggiunse Filottete Fottettete. Comunque Agaminkione e i suoi alleati partenu pi la guerra. L’obiettivo era riportare Elena al talamo coniugale, anche se sarebbe stato un talamo in bianco. Lassanu la città in mano ai vecchi e ai ragazzini. Sminchiati anche loro. Ma il tempo era lario e il morale era giù. Erano dei senza ciolla e non volevano fare un cazzo. Solo gli alleati erano in armi di minchia e del resto e volevano combattere sia sui campi che sui letti. << Ma chi minchia ama combattiri a fari? Per una vita senza minchia…>> si chiedevano Agaminkione e i suoi. E le questioni erano tante, ancora chiù assai di li cosi assai , Praticamente erano quasi infinite. E le profezie poi erano veramente tantissime. Ma gli uomini di Munipuzos credevano soltanto a Minkiacalcante. L’esercito comunque, come detto, partì. Mise le tende nella piana sottostante Purceddopolis, la cosiddetta Ciaulide. E tutti si misero a studiare come fottere Purceddopolis. Sia gli uomini con la minchia che quelli senza. Fu allora che arrivò Minkiacalcante, l’indovino che profetizzava osservando il volo degli uccelli. << Dicci quello che vedi? << Non vedo una minchia..>> rispose l’indovino taliando gli uomini di Munipuzos. << In senso metaforico o in senso reale?>> chiese il re maggiore con accanto quello minore. << L’uno e l’altro.. né minchie metaforiche né minchie reali...>> << Senti beddu… dicci la tua, qualunque essa sia… bona o tinta, diccilla ca ni la sucamu…>> chiese Agaminkione. << Vedo cosi laiti e brutti e soprattutto luonghi…. luonghi.. luonghi.. >> << Luonghi quantu?>> chiesero Agaminkione e Minkialao. << Luonghi quantu alla minchia di Priapo..>> precisò Minkiacalcante. << No... il minchicida e coglionicida no... >> gridarono gli uomini di Munipuzos. << E allora è meglio... è meglio tacere…>> << No.. dicci quel che senti.. o vedi.. o percepisci..>> << Ho visto un aceddu enorme volare seguito da nove aceddi… la guerra durerà nove anni e il decimo vincerete...>> << Vittoria.. vittoria..>> gridarono. << Non è finita... perchè per vincere vi serve l’aiuto del grande aceddu.… poi, il decimo, Purceddopolis cadrà…i novi aceddi sono i nove capi.. e l’aceddu ranni è il capo misterioso…non lo vedo ma percepisco un aceddu mostruoso… potente… monumentale..>> << I capi veramente sono undici.. e il capo dei capi sono io… quindi io sono l’aceddu ranni .. ma se dietro ci ni stanno nove, ne manca uno..>> precisò Agaminkione. << Sì.. i capi siete undici ma… ma due non hanno l’aceddu.. >> << Minchia..>> disse Agaminkione. << Minchia..>> disse Minkialao. << Minchia..>> dissero gli altri. << E di chi è allora il minchione capo? >> si chiesero tutti. << Il minchione capo è Priapo.. vincerete solo se avrete Priapo dalla vostra parte.. altrimenti niente…. Con Priapo inculerete Purceddopolis, senza Priapo vi autoinculerete..>> << Ma Priapo ci l’avi con noi.. ci odia assai.. ci ha abbandonati.. deminchiati.. detesticolati.. ci ha portato via i cunni di mogli, concubine , etere…. Ci ha lasciato un vuoto enorme nella testa, nel cuore e soprattutto in mezzo alle gambe…>> puntualizzò Agaminkione nu tanticchia incazzato. << E voi cercate di riallacciare i rapporti con lui.. lui è un dio.. voi non potete farne a meno.. dall’altra parte hanno la protezione di Afrodite e di Apollo.. e sono in pace con Priapo.. voi invece avete bisogno dell’arma di Priapo.. perchè Apollo ha solo una piccola clava.. la bella Afrodite può tutto con la bellezza, ma la bellezza di fronte a una clava come quella di Priapo diventa suddita e finanche schiava per sempre.. anche se in questo caso la ciolla sempre in armi è quella di suo figlio Priapo.. Fate la pace col dio dal palo ritto e rosso.. solo così , il decimo anno, sfonderete le mura possenti di Purceddopolis…le sfonderete grazie alla minchia di Priapo.. fate la pace.. in fondo Priapo non ha fatto niente.. le corna di un dio sono corna d’oro.. dovreste essere orgogliosi che il cunno che v’è caro sia stato visitato dalla possente minchia divina… che poi quello, con quella bestia di ciolla che tiene, deve fottere a tempo pieno.. non può fare altrimenti.. è il suo destino… ognuno fotte in base alle capacità del suo aceddu.. e se quello spropositato è, in modo spropositato deve fottere..>> Tutti si talianu na la facci. Uomini con e uomini senza aceddu. Soprattutto quelli senza. Perchè il problema era loro. Gli altri se ne fottevano. << Come fare per riavere la ciolla e Priapo dalla nostra parte?>> si chiesero tutti. Nessuno fece commenti. Tutti si ritirarono nella propria tenda per riflettere. Zeus convocò il Consiglio dei Tredici. << Vasamu li manu e ditemi la vostra… tanto poi decido io.. io voglio bene a Munipuzos ma non ho niente contro Purceddopolis… nello stesso tempo mi ni futtu di l’una e dell’altra .. alla fine la colpa è sempre del fato.. chi vince ringrazia dio, chi perde si la piglia col destino amaro ca ci la piazzau in culo..>> Afrodite difese Paride e suo figlio Enea. Apollo disse la sua. E anche gli altri. Tutti dissero qualcosa tranne Priapo. << Che volete.. anch’io ho i miei cari.. da una parte e dall’altra.. A Munipuzos ci sta mio figlio Ercolone e a Purceddopolis mia figlia Elena..>> chiarì Zeus. Pallade Atena la sparò grossa: << Tutto sto casino per addifenniri l’onore di una grandissima buttana..>> << Figlia mia è.. non dire minchiate.. quella che chiami buttana è mia figlia e tua sorella..>> << Me se è buttana è buttana.. sarà una figlia e una sorella buttana.. mentre io sono la figlia e la sorella santa, vergine, casta, pura.. >> << Atenuccia, chi camurria ca sei… se ci sta qualcuno ca è anormale quella sei tu,, che da millenni la conservi sana. Cusuta come la rappresentano gli uomini.. perché la filazza è fatta per filazziare e il cazzo per cazziare…quindi Elena fa bene.. .. non usare questi strumenti è innaturale.. antibiologico e antiormonale diranno nu iornu gli studiosi ..pertanto la bella Elena è come a mia.. buttaniere io e buttaniere lei.. anche se sarebbe meglio dire cunniere e mentuliera… e adesso tiriamo le conclusioni che mi sto scassando la coppola della minchia assai assai..>> << Basta con questi discorsi da porcile.... la purezza è un fatto privato..>> intervenne Artemide, << Per voi privatissimo è.. >> sparò Priapo. Quelle arussichianu mentre gli altri dei amminchiulienu. << Che ci sia una tresca tra il dio cazzuto e le dee vergini e caste ? Che le due vergini fottono, rifottono e si catafottono la megaciolla del dio? Che l’abbiano fatta sviluppare chiù assai con la loro purezza? Che sia stato un miracolo del loro pacchio vergine prima di essere sfunnato quello di ridare il primato al dio dal rosso palo sempre eretto?>> Tutti replicarono tranne Priapo. Alla fine Zeus decise per tutti. << Basta… sento già puzza di latte di brigghiu acido.. io addecido per me e per voi tutti… noi tutti ce ne dobbiamo catafottere della guerra tra Purceddopolis e Munipuzos.. la guerra è nata pirchì due minchie si appitittarono allo stesso pacchio o perché un pacchio si appitittò prima ad una e poi a n’autra minchia, Lassamu ca la patata bollente si la sbriga la testa di minchia di Priapo.. come specialista della ciolla e del portaciolla sarà iddu a decidere chi la deve pigliare in culo.. la sua ciolla sempre tisa sarà l’asse della bilancia.. quannu penderà dalla parte di Purceddopolis a chisti li cosi ci andranno bene.. quando penderà dalla parte di Munipuzos li così andranno bene a questi ultimi.. pirtantu cantamu, abballamu, futtenu.. e che Priapuccio con la sua arma di carne si sbrighi la facenna.. ci la metta in culo a chi voli…allora.. consentite o mi autoconsento..>> Tutti consentirono tranne Priapo. << Ma io… io veramente… tutta la facenna a mia? Io ho tanto da fare.. sono impegnatissimo a ficcare di qua e di là.. non mi pare giusto che tra un coito e n’autro debba pinsare alla guerra.. decidere se darla vinta a questi o a quelli.. la mia minchia nun vuole pensieri… a parte quelle pilusi… del resto si ni strafotte..>> << E io me ne strafotte dei pensieri della tua minchia… e di tia anche.. e la stessa cosa vale per i colleghi dii..>> rispose Zeus. << Ma nonno..>> << Nonno un cazzo.. o consenti o autoconsenti.. altrimenti ti deminchio e detesticolizzo come Urano fece con Crono… capito! O fai il dio cazzuto che cura l’affari della guerra o fai il dio scazzato e scoglionato che si annaca quello che non ha…>> << Consento.. consento...>> disse Priapo a malincuore. Homerino scrisse il poema Priapo e il suo phallus vanno in guerra. Mhassymylyano il Carmen Priapo e la sua mentula vanno in guerra. Santhokriso il romanzo Cent’anni di guerra con la minchia di Priapo. Il famoso filosofo Socratino da Munipuzos si pose una domanda. << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere e avere una minchia, a che minchia serve andare in guerra per ordine di qualche testa di minchia se poi tutto dipende dalla grande minchia di quel grandissimo testa di minchia che si chiama Priapo e di mestiere fa il dio delal minchia?>> Gli assedianti si misero a taliare le possenti mura di Purceddopolis. << Minchia chi mura.. sarà dura portare a casa il pacchio di Elena..>> << Ma cu minchia ci lu fici fari di giurare per addifendere l’onore e il diritto di proprietà di uno sticchio che già si sapeva portato al buttanesimo..>> chiese Aiace Teladoinmona. Odisseo si fici nicu nicu e circò di ammucciarisi. Ma Achille prese la parola: << Odisseo vi convinse .. a tutti voi.. a mia no.. io sono qua perchè il mio destino è di fare l’eroe.. di Elena , delle corna di Minkialao, del mancato soddisfacimento del pititto di Agaminkione a mia mi ni futti un aceddu siccu , fritto e sgonfio…io sono qua per me. Per la mia gloria… del buttanesimo di Elena , del corname di Minkialao, della minchia insoddisfatta di Agaminkione me ne fotto alla sanfasò… a parte che adesso, riportare a casa il pacchio di Elena non ha più senso.. a quest’ora sarà sdillabbriato chiù della caverna di Polifemo… e in ogni caso il legittimo marito è disarmato.. sminchiato.. e cosi anche Agaminkione.. non tiene più l’arma della consolazione…pertanto il pacchio di Elena si cercherebbe di nuovo estranei augelli… visto la situazione generale che s’è creata a Munipuzos... quindi questa guerra è inutile, non si può riempire un pacchio reale con un simulacro di minchia.. la minchia fantasma non ha mai soddisfatto nessuno.. la minchia o è reale o non è.. o è operante o non è… pertanto traiamo una conclusione...>> << Come ti permetti di offendere l’onore di mia cognata .. quella santa è.. la colpa è di quel ganzo arrapato di Paride che la stuzziniò… e quella, animella innocente, ci cariu… ci cariu comu na ficu sicca. >> intervenne Agaminkione. << Comu na fica caura.. direi io..>> replico Achille. Tutti risero. << Frocio.. ricchione…>> ci scappau al re. << Taci.. frocio in pectore…>> intervenne il bel Patroclo che era da sempre l’amore con la emme maiuscola di Achille. << Taci, caro Agaminkione.. >> riprese Achille << tu sei solo un minchione… e tuo fratello Minkialao è solo nu minkialao di nome e di fatto.... il diritto di proprietà di un cunnus si addifende a colpi di cazzo.. si vede che il marito non è stato capace… >> Tutti risero. << Oppure >> riprese Achille << ci sta un altro motivo…. magari una terza persona… magari un pacchio amante che Minkialao ama più di quello della consorte.. ma non necessariamente un pacchio… comunque non ha importanza come stanno realmente le cose… nessuno deve indagare sulle questioni dell’aceddu, del pacchio o del culo di una persona.. chi lo fa è uno scassacazzi.. a me non interessa sapere se hai il culo rotto o sano.. sono cazzi tuoi.. così come il problemi del mio sono cazzi miei.. tu sei un minchiofobo…ma adesso tutti sanno che il paese è stato deminchiato.. e a voi che perso avete i gioielli di famiglia il pacchio non vi serve più... oltre che minchiofobi siete sminchiati di nome e di fatto… non potete più dare.. né ad Elena né ad altre.. potete solo ricevere.. ricevere cazzi in culo… e io e il amore Patroclo siamo a disposizione...>> << Taci.. ricchione… io ho il culo sano..>> disse Agaminkione. << E io pure..>> aggiunse Minkialao. << Non ha importanza lo stato attuale del culo.. sta di fatto che adesso siete eunuchi…comunque a mia hanno detto che da ragazzi, il vostro precettore, precettandovi da buon precettore, vi precettò pure il culo col suo augello precettore.. a allora tacete, culi precettati.. culi illiberali.. culi autoritari.. culi dementi.. culi che ufficialmente servite solo per cagare ma ufficiosamente ricevereste volentieri pure la ciolla potente e possente di Priapo..>> puntualizzò Achille. A queste parole, ma soprattutto a sentire il nome del dio minchicida e coglionicida, i due fratelli si scaraventarono sul futuro prototipo degli eroi. << Ti lu scippami magari a tia.. se a n’autri ci deminchiò Priapo a tia ti deminchiamo noi.. buttana di la miseria buttana… scassaminchia di un Achille.. tu sei mortale solo d’aceddu e noi te lo ammazziamo adesso… accussì il culo di Patroclo te lo sogni e basta.. e chi minchia…>> << Ahhhh… ahhhh… scassaminchia per voi proprio no, scassaculo semmai, care ciaule senza ciaula..…>> rise l’eroe. Quelli lo acchiapparono per il mortale augello e iniziarono a tirate. Achille rideva e li acchiappò la dove mancava qualcosa. << Le mani vuote mi restarono.. invece le vostre, care ciaule senza ciaula, si riempirono…ahhhh.. ahhhh…>> Quelli iniziarono a tirare più forte. Per odio e minnitta. Per fare di Achille uno di loro. Ma Patroclo intervenne a risolvere la situazione. Poi intervennero altri. Altrimenti a schifiu finia. Così però fallì la prima riunione in Ciaulide. Tutto era durato solamente un mese. Mentre le profezie parlavano di dieci anni. << Nove anni durerà la guerra. Il decimo vincerete.. ma vi serve l’arma guida.. la minchia di Priapo..>> La Ciaulide si svuotò in un amen. La Ciaulide era un grande e vasto altipiano che si trovava sotto le mura di Purceddopolis e prendeva nome dalle Ciaule. Le cornacchie. Ma in senso figurato la ciaula è anche la persona che parla assai, troppo, che dice sempre tante parole in più e inutili e pericolose per giunta. E in quell’enorme esercito di ciaule ci ni stavano a non finire. La ciaula è anche un uccello. E lì, di aceddi ci ni stavano. Aceddi attaccati al sottopanza degli alleati di Munipuzos. Invece i mascoli di Munipuzos sotto la panza avevano il nulla. << Aut mentula aut nihil ..>> dicevano in tanti. Oggi quella piana si chiama Politichide. Ed è dedicata ai politici che parlano e parlano ma non fanno mai un cazzo. Promettono e promettono e poi non mantengono le promesse. << Ci rivedremo tra un anno…>> si promisero reciprocamente i Munipuzici. Intendendo per Munipuzici Munipuzos e i suoi alleati. Il grande dei grandi letterati, Homerino da Munipuzos, scrisse , naturalmente in greco, il poema “ L’Uccelleide”. Mhassymylyano da Munipuzos , in dialetto latino , scrisse il Carmen “ Aucellus, avicellus et avis”. Lo scrittore dialettale Santhokriso scrisse il romanzo “ Cent’anni da aceddu”. Il filosofo Socratino da Munipuzos si pose la solita domanda. << La vita è una, come la minchia, ma la minchia è anche un aceddu. E se non è un piacere vivere facendo volare il proprio aceddu e avere una minchia di tana per iddu, a che minchia serve vivere e avere una minchia che non vola?>> A Munipuzos fu deciso di organizzare una processione. Tutti si recarono al bosco di Mynkyalonya. Quello che videro fu il paradiso della carne. L’inferno secondo i bacchettoni e gli ammuccaparticoli. Le Menadi nude, con la faccia dipinta, agitando il tirso, saltavano da un mascolo all’altro. Erano nude ma tutte sporche di sculo di racina perchè avevano una corona sulla testa fatta da grappoli d’uva, e poi orecchini e collana fatte con lo stesso materiale. Nella lotta amorosa, nel coito conflittuale, nel salto da una minchia ad un'altra, la racina veniva schiacciata, pressata, ridotta a poltiglia.. e lo sculo di racina bagnava i corpi delle donne in amore… ma anche quello dei mascoli, in amore anche loro.. Parevano rane che saltavano da un aceddu all’autro. Da un Satiro a un Sileno e viceversa. Tra loro c’era sicuramente Priapo, ma non si vedeva . Per lo meno, in quell’orgia di minchie, non se ne notava una particolarmente sproporzionata.. Si vedeva invece l’obeso Sileno circondato da una decina di Menadi. Nudo tra le nude in letti d’uva. Ma ad un certo punto i mascoli deminchiati e detesticolati capirono: tra le Menadi, tra le donne invasate di minchia, c’erano pure le loro donne… e fottevano alla sanfasò.. non parevano nemmeno loro… non soffrirono a quella vista .. pensarono solo che sarebbe stato bello riportarle a casa più esperte in fatto di trattamento ficale e non solo dell’augello maritale… << Se mia moglie mi tratta così gli faccio fare un corso di aggiornamento annuale…>> disse il plutocrate Marcantonio . A tutti comunque, vedendo quello spettacolo, ci vinni pititto. Ma in mezzo alle gambe c’era il vuoto. Ci fu un pianto generale. Mentre Satiri e Sileni piangevano d’aceddu, i mascoli deminchiati alla fine piansero le solite lacrime . Priapo, sentendo un pianto commovente, si susiu per vedere. Sciu , con la sua minchia immensa , da sotto una montagna di Menadi. << Chi è che soffre e piange nella casa del piacere?>> << Semu li disgraziati masculi di Munipuzos.. masculi per modo di dire.. Salutamu e risalutamu a lu diu Priapo e ci chiediamo perdono pi li nostri offese e malfatti…e ci dicemu: voscenzasabbinirica, vasamu li manu e li peri.. ma ridacci li nostri ciolle persi cu li palli pi compagnia… per il resto non diremo mai più niente.. la tua ciolla superba sarà libera di fare e sfare come minchia gli pare… ridacci le nostre ciolle e fottiti pure le nostre donne .. l’importante è che possiamo fotterle pure noi…>> recitarono in coro. << E che ci dovete fare.. oramai sono palle sgonfie e augelli morti..>> replicò Priapo. << E tu che tutto puoi, risuscitali.. ridacci la vita.. la forza.. la capacità di rimettersi additta.. ridacci i nostri aceddi beddi.. >> dissero in coro. << E se puoi >> aggiunse un vecchietto << intanto che ci sei , mettici di dintra pure l’osso.. altrimenti la mia non serve più..>> A quelle parole Priapo rise, accolse le loro scuse e concesse il suo perdono. << Tutto tornerà come prima ..a parte l’osso.. ma.. ma..>> << Grazie.. grazie.. Priapo bello…ma dicci cosa vuoi in cambio? Tutto ti diamo, anche il nostro culo, seduta stante.>> << Iniziando dal mio.. sono il re maggiore e quindi sono anche il culo maggiore..>> disse Agaminkione. << E poi continuando con il mio.. sono il re minore e quindi anche il culo minore..>> aggiunse Minkialao. << E non dimenticare il mio.. sono l’erede al trono e quindi anche il mio culo è l’erede dl culi reali...minori e maggiori..>> disse Minkioreste. << Non voglio i vostri culi..>> disse il dio la cui ciolla veniva sostenuta da dieci bellissime Menadi nel ruolo di portaminchia. << E allora?>> << Niente di particolare.. voglio solo dirvi che le femmine che vi ridò sono tutte incinte di mia…voglio solo che riconosciate come vostri questi figli miei.. e sono miei di sicuro perchè saranno cazzuti.. minchiuti come a mia.. ma non posso spiegarvi perché l’ho fatto.. e un mio disegno divino quello di fare una generazione di Munipuzzesi cazzuti… saranno figli vostri e miei e mi aiuteranno nelle mie future e impellenti imprese.. in particolare in una che mi è cara assai…ma in cambio io sarò dalla vostra parte sempre.. giorno e notte.. in pace e in guerra.. in pace manterrò alto l’onore delle vostre minchie.. in guerra manterrò alto l’onore delle vostre spade.. io e pure la mia ciolla saremo solo e sempre dalla parte di Munipuzos… e so che presto ne avrete bisogno… nelle battaglie del letto ma soprattutto nella guerra contro Purceddopolis…>> Gli uomini si talianu in faccia e in coro dissero : << Sì.. i tuoi figli saranno nostri.. e il cunno delle nostre femmine è sempre a tua di disposizione.. >> << Tutti per Priapo.. >> disse Agaminkione. << Priapo per tutti..>> rispose il dio minchiuto. << Grazie , Priapo..>> << Adesso tornate a casa e prendete un coltello .. >> riprese Priapo << poi fatevi un taglio laddove c’era il caro estinto.. le radici della minchia genereranno un nuovo aceddu con tanto di testimoni.. stasera torneranno le vostre donne.. e sarete già in grado di usare il nuovo strumento.. ma soprattutto, cari sudditi, salutatemi in un modo nuovo, in segno di sottomissione e stima… “ Voscenzasabbinirica, vasamu la minchia…” .. e soprattutto basta col considerarmi dio delle campagne, degli orti e roba simile.. non sono un antifurto che punisce i ladri inculandoli… basta col famoso detto “ perdicere puer, moneo, futuere puella”… fottere e inculare non deve essere una punizione ma un piacere…quindi basta con questi titoli.. il mio nuovo titolo deve essere “ il dio dei bordelli..” >> E tutti in coro : <<Voscenzasabbinirica, vasamu la minchia… dio dei bordelli..>> << Bravi.. bravissimi.. e ogni volta che mi incontrerete per strada.. >> riprese Priapo << ogni volta che trasite nel mio tempio, mi raccomando.. “ Voscenzasabbinirica, vasamu la minchia, dio dei bordelli....” ogni volta che andate al casino e ci tuccate la ciolla alla statua di Priapo, mi raccomando “ Voscenzasabbinirica, vasamu la minchia, dio dei bordelli..” E naturalmente vasaticilla…. E in casa tutti dovete avere una mia statuetta.. per il solito rituale.. la mattina quando vi alzate e la sera quando andate a dormire…“ Voscenzasabbinirica, vasamu la minchia, dio dei bordelli..” e naturalmente ci la vasate… ma adesso , a uno a uno, sfilate davanti a me e rendetemi gli onori richiesti.. “ Voscenzasabbinirica, vasamu la minchia, dio dei bordelli..” e naturalmente vasatimilla.. chi non lo farà si può tagliare quanto vuole ma non ricrescerà niente.. Voscenzasabbinirica, cari fedeli, e vasamu li manu.. ite, perdono est.. dopo aver reso omaggio al mio divin augello.. per primi naturalmente voglio i membri della casa reale a rendere omaggio al mio membro.. ma soprattutto ricordatevi.. io non sono più il dio dei campi e degli orti.. sono solo e soltanto il dio dei bordelli.. perchè con una ciolla come la mia non debbo inculare ladri per punizione ma glorificare il sesso in tutte le sue espressione.. pertanto costruitemi una statua dove io con una bella bilancia sono intento a pesarmi il mio capitale.. ma state attenti.. fatimilla enorme.. enorme il simulacro.. ed enorme la ciolla del simulacro.. e state certi che la mia ciolla oscillerà sempre dalla vostra parte.. ma solo e soltanto se vi comporterete bene…ricordatevi sempre che Priapo è con voi.. e la sua ciolla pure..>> << Voscenzasabbinirica, vasamu la minchia, dio dei bordelli.. e dicci se altre cose vuoi..>> risposero gli uomini apenici e apallici. << Voglio n’autra cosa... anzi due.. voglio che nel corso ella mia festa .. tutte le mattine .. ci sia una corsa di uomini e scecchi.. la androsceccomachia.. una corsa con scecchi vestiti da scecchi e uomini vestiti da Priapo.. cioè nudi e con un enorme fallo finto.. e questa gara la devono sempre vincere gli uomini. . in segno della supremazia di Priapo sugli scecchi.... invece il giorno della processione dovete lanciare sul simulacro tante strisce di tessuto, lunghe strisce lunge quanto la mia ciolla...e li chiamare minchiateddi.. la parola fa pinsare a na cosa nica, ma a mia mi piaci... minchiateddi mi piaci... deve essere una sciuta dal tempio assai assaissimo spettacolare.. solo questo.. per il resto voi siete miei, io sono vostro.. parola di dio.. sono tutto vostro.. corpo e ciolla...>> Tutti intanto iniziarono la processione. Agaminkione , Minkialao e Minkioreste fecero per primi il loro giusto rito della perdonanza. << Voscenzasabbinirica, vasamu la minchia, dio dei bordelli..>> Priapo da parte sua godeva di quel gesto di sottomissione e cantava felice. << Minchieperse mie amate Non lacrimate Venir mi fate Pria di venir.. Questa minchia mia A voi d’intorno Farà ritorno Tisa e pronta a inciollar..>> Homerino scisse il poema Il ritorno dell’augello, Mhassymylyano il Carmen L’aves felix, Santhokriso il romanzo Cent’anni per una nuova minchia. E Socratino si pose una domanda filosofica. << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere e avere una minchia e non averla è un dispiacere, a che minchia serve vivere senza minchia se si sa quel che si può fare con una bella minchia?>> Quella sera tutti gli abitanti di Munipuzos riebbero il loro augello prima e loro donne poi. Tornarono anche le peripatetiche e i peripatetici. Gli alleati che erano ancora in città si sfogarono nei lupanari. A Priapo, dopo quella sera, a forza di bacetti sulla coppola, ci pruritu la minchia per una settimana e passa. Ma da allora vissero tutti felici e contenti. Purceddopolis aveva respinto definitivamente l’invito a restituire Elena. Ma Munipuzos continuava a richiederla. La guerra pertanto era alle porte e Munipuzos l’avrebbe vinta perché protetta da Priapo. << Ridateci la fica di Elena, altrimenti sarà guerra..>> aveva detto Agaminkione ai Purceddopoliti. << Paride l’ha conquistata a colpi di cazzo.. è sua.. >> rispose invece Priamo. In tanti consultavano gli oracoli. Sia a Munipuzos che nelle polis alleate. La stessa cosa a Purceddopolis. La risposta era sempre la stessa. << Vincerà chi avrà dalla sua parte Priapo… sarà lui a determinare la vittoria.. la sua ciolla sarà l’ago della bilancia.. >> << Priapo è con noi.. noi abbiamo il Palladio…>> dicevano a Purceddopolis. << Priapo è con noi.. Priapo è il nostro patrono…>> dicevano a Munipuzos. << Con noi non ha mai litigato..>> << Con noi litigò ma è acqua passata.. abbiamo fatto face e lui ci ha perdonati.. noi siamo il suo popolo preferito .. gli siamo cari.. cari a lui, al suo cuore e alla sua ciolla… e cara la sua ciolla è ai cunni delle nostre donne che il dio si è permesso di fecondare uno ad uno. Tanto da dare origine a una generazione di bambini Munipuzici cazzuti.. figli nostri e di Priapo.. e Priapo non può andare contro i suoi figli.. noi diamo tutto a lui.. se lo vuole anche i nostri culi gli daremo....ora e sempre.. Priapo è con noi…e noi siamo con lui..>> dicevano a Munipuzos. Ma successe anche un miracolo. O meglio, due miracoli. In simultanea, uno a Purceddopolis e uno a Munipuzos. Sia il Palladio che il Colosso di Apollonio Rodio piansero. Il Palladio era un gigantesco fallo che simboleggiava la potenza del dio Priapo, il Colosso di Apollonio Rodio era un grande Priapo posto all’entrata principale dell’Acropoli di Munipuzos. Naturalmente non piansero lacrime normali, piansero “ lacrime” di latte di brigghiu… La ciolla del Colosso e la cima del Palladio versarono koglionometri e koglionometri di latte di brigghiu…Il koglionometro era l’unità di misura dei volumi adottata in Sicilia…. Tutti parlavano del doppio fatto miracoloso e l’interpretavano come un segnale positivo. Poi riflettevano un attimo e dicevano: << Ma se Priapo piange sia di qua che di là che minchia di segnale ci dà? O vinciamo noi o vincono loro? Tutti e due non possiamo vincere? >> La quantità di uomini mobilitata da Agaminkione era veramente impressionante, ma Purceddopolis , detta anche la superba, aveva delle mura maestose che l’avevano fatta soprannominare l’imprendibile… << Solo dal cielo ci possono fottere…. Se il loro Dedalo riesce a costruire delle macchine volanti.. allora sì… ma da terra sono cazzi amari..>> dicevano a Purceddopolis. << Comu minchia li dobbiamo conquistare con quelle cazzo di mura? >> si chiedevano i Munipuzici. << Priapo ci farà vincere.. abbiate fede..>> rispondeva Agaminkione. I miracoli allora erano all’ordine del giorno. Statue di Ares che muovevano la spada, statue di Giove che lanciavano fulmini, statue di Dioniso che pisciavano vino, statue di Eolo che ciusciavano, statue di Efesto che diventavano caldissime, statue di Ermete che volavano, ma anche statue di Pallade Atena e Artemide che piangevano lacrime di dolore per le vergini che ogni giorno cadevano vittime di qualche mentulamachia, statue di Era che maledicevano i mariti infedeli, statue di Demetra che facevano ritrovare le cose perse. E altro.. tanto altro... Ma la cosa più bella pare siano state le tante statue di Afrodite che muovevano qualcosa... generalmente le natiche.. ma potevano muovere anche le tette... o altro.. e si ha notizia di una Afrodite a cui sorrise il pacchio . Si ha notizia certa e certificata di una statua di Eracle a Tebe, che s’imperlò di un misterioso sudore prima di una importante battaglia. E di una di Orfeo che ai tempi di Alessandro Magno, prima della partenza per la guerra d’Asia, sudò abbondantemente. Mentre a Roma , per tutta la seconda guerra punica, una statua di Marte sudò abbondantemente.. Adesso toccava a Priapo e al Palladio.. ovvero al dio nel suo complesso e al dio nella sua manifestazione più giusta e corretta… Il primo a piangere pare sia stato il Colosso… pare ma non è sicura la cosa. Qualcuno dice che fu il Palladio.. comunque successe tutto quasi o certamente contemporaneamente.. Tutto infatti incominciò all’improvviso. Il miracolo del Colosso << Minchia.. lu colossu chi beddu brigghiu ca teni.. chissà quantu latti putissi fari.. naturalmente latti di brigghiu..>> disse Armodio che stava sotto Aristogitone che ci la stava mettendo proprio là. Aristogitone facia avanti e annareri ma non taliava anche lui fuori dalla finestra. Lui taliava quel sederino che accussì assai lo ispirava. La sua ciolla inciollava il sederino dolce e carnoso di Armodio e quello taliava la minchia imponente dell’imponente Colosso di Apollonio Rodio. << Amoruccio mio, non mi dire che vorresti essere inciollato da una ciolla accussì?>> disse Aristogitone continuando il suo lavoro. << E perchè no? Amoretto mio bello.>> << Perchè moriresti impalato... la giusta ciolla per il culo deve’essere piccola , corta, soda e .. e .. e praticamente come la mia.. >> << E come la mia anche...>> Risero e continuarono. I due amanti avevano la casa che dava sulla piazza antistante il colosso. E dalla finestra della loro camera da letto vedevano il colosso in tutta la sua magnificenza. A dire il vero, il Colosso paria puntare la sua ciolla proprio contro quella finestra. Ma era un effetto ottico. Tutte le case che fronteggiavano l’imponente statua di Priapo godevano di questa peculiarità. Erano puntate da Priapo. Erano benedette da Priapo. Armodio e Aristogitone erano due dei tenti amanti dello stesso sesso che c’erano a Munipuzos. Erano belli, ricchi e si godevano la vita. Feste, festini e tanto , tanto, tanto sesso. Le orge erano il loro passatempo preferito. Ma se le orge era sesso il loro era amore. Il popolo li criticava. << Cu tutti si sordi putissunu mantenere deci mugghieri e centu figghi...>> << E invece si la mettono in culo tra iddi..>> << E lo raccontano pure..>> << Invece la tal cosa la potrebbero fare ufficiosamente.. e ufficialmente mantenere moglie, concubine e altro.. e naturalmente farle figliare..>> << Che tanto li carusi si la passerebbero bene.. anzi benissimo..>> Ma loro erano omo e omo volevano restare. Senza convincere nessuno e senza chiedere niente a nessuno. Ma non accettavano critiche e manco consigli, E naturalmente non criticavano e non consigliavano. Era liberi cittadini di una libera polis e non curtigghiari e ammiscamecciu di una polis curtigghiuna. << Eleuteria.. eleuteria per tutti..>> dicevano sempre. “ Eleuteria “ era la parola che gridavano al culmine del piacere. Perché non c’è maggior libertà di quella di far l’amore come, quando e con chi si vuole. Senza le imposizioni legali del matrimonio e le benedizioni di un sacerdote o di una sacerdotessa. Loro erano liberi.. liberi liberi.. liberissimi.. come pochi. Quel pomeriggio estivo anticipato o di tarda primavera sia Aristogitone che Armodio, intanto che amoreggiavano, guardavano fuori. Guardavano il Colosso tutto bell’e illuminato dal sole. << Terremoto.. terremoto.. terremoto...>> disse Armodio vedendo oscillare la mentula immensa del Colosso. << Ma va.. babbo che altro non sei.. sono l’ammuttuna miei.. io t’ammutto per entrare e tu vai avanti.. io mi tiro annareri per uscire e tu mi segui per non perdere la cosa che ti piace... il terremoto lo facciamo noi , non la ciolla del dio..>> << Minchia.. pi mia terremoto è.. non siamo noi l’epicentro del terremoto..>> << E la mia minchia che ne è l’ipocentro.. insieme al fondo del tuo culo...>> rispose Aristogitone. << Minchia.. talia come si annaca...>> << Balle.. la minchia del Colosso che abballa.. ball...>> Non finì la parola che si arritrovarono tutti abbagnati . << Minchia...chi fu?>> disse Aristogitone alzando la testa. << Minchia .. lu latti di brigghiu del colosso fu...>> E infatti il colosso era entrato in eruzione.. e continuò per tutta la serata... La notizia corse di bocca in bocca e si diffuse per tutta la polis. Furono organizzate processioni e veglie ma soprattutto danze.. ” La venuta del dio “ era un buon auspicio per la fertilità delle donne, della terra di Munipuzos.. ma anche un segnale positivo per la guerra imminente.. Arrivarono anche Agaminkione , Minkialao, Odisseo, Achille e tutti gli altri capi della spedizione. Tutti toccarono il latte di brigghiu del dio e si unsero il loro brigghiu.. << Priapo è con noi..>> gridò Agaminkione. << Priapo è con noi ..>> risposero i capi della spedizione. << Priapo è con noi..>> gridò in popolo eccitato. E chi poteva faceva in modo che na stizza, na goccia del divin latte lo raggiungesse.. Il miracolo del Palladio Quello stesso giorno, minuto più minuto meno ma sicuramente in sincronia col Colosso, anche il Palladio entrò in eruzione. Impossibile stabilire se fu prima o dopo l’inizio della “ venuta del dio.” Ad accorgersene per prima fu Polissena, una delle figlie di Priamo, solo che era un po’ particolare. “Invasata dal Palladio..” l’aveva chiama la mamma . Polissena quel giorno, com’era solita fare spesso, s’era andata a ficcare nella cima del Palladio con il cugino Enea, per ficcare in santa pace. Nella coppola della minchia del Palladio i due erano impegnati in una bella cunnomentulamachia quannu ci arrivò addosso na montagna di stanza biancastra . << Chi cazzu fu? Chi minchia successi? >> disse lui. << Cosa pisellino fu? Che augello d’amore successe su o giù?>> si chiese lei che amava il parlare pulito e non dialettale. Iddu sciu lu cosa da la cosa e si mise in piedi. Lei libera dall’essere inchiodata al pavimento, si mise pure additta. L’odore di simenta era al massimo. << Minchia … Chi ciauru di sborra.. qua accupamu.. ci manca l’aria.. moriremo asfissiati dal ciauro del latti di brigghiu…>> disse lui. << Uhhhh.. odore penetrante e forte come penetrante e forte è l’augello in questione.. forse augello d’asino fu? O d’elefante? O di leone?>> << No.. beddu pacchiu miu.. chista è roba d’uomo… quanti masculi si la sono dovuta minari per mettere insieme tutta questa quantità di latte di brigghiu? >> si chiese lui. I due erano convinti di essere stati scoperti; e che pertanto qualcuno ci avia organizzato quello scherzo.. << I miei fratelli.. pisello d’asinone , se lo sa mia sorella Creusa mi fa un sederone..>> sparò Polissena. << Mia moglie.. mi la suca. Io sono il mascolo di casa… e fazzu soccu mi pare.. mio padre Anchise si fece Afrodite e se ne vantò, ma Zeus per questo l’azzoppò.. io sono un gentiluomo.. mi faccio tante delle mie cognate cugine ma sto zitto… >> << Silenzio Enea o son guai.. Si fa all’amore ma non si dice mai…>> << Comunque cinquanta sono pochini per mettere insieme tutto sto latti di brigghiu.. io penso ai miei amici.. si sono dovuti mungere lo strumento tutto il battaglione sano sano.. e tropp’assai sta quantità di latte di brigghiu.. si poteva inseminare tutta Purceddopolis..>> Manco il tempo di finire queste parole che ne arrivò ancora. << Cazzu .. lu Palladio trasiu in eruzione .. e siccome minchia è, lava ittari nun poli.. ma latti di minchia sì..>> << Palle e pallini e palloni... è il Palladio.. miracolo.. miracolone.. il Palladio entrò in eruzione.... >> disse Polissena. E nuda com’era si avviò verso l’uscita gridando: <<Miracolo.. miracolo.. il Palladio viene.. miracolo.. miracolo.. guardate cos’esce dal grande pene?>> La gente pinsava che il miracolo era vedere nuda e tutta ingrasciata di latti di brigghiu la figlia del re. Tutti capenu di che cosa era incilippiata. E siccome tutti sapeunu che la carusa ia a futtiri sulla cima del Palladio, adesso si ficiro la convinzione che non si facia futtiri da un mascolo solo.. il cugino Enea.. ma come minimo da tutto il battaglione a cui Enea apparteneva. << Miracolo.. miracolo.. il Palladio entrò in eruzione… miracolo.. miracolo .. ma fate attenzione.. miracolo .. miracolo.. qua finisce con l’alluvione...>> gridava Polissena. Intanto sciu Enea.. a toso nudo ma ingrasciato pure lui. << Ecco uno di quelli che trasenu in eruzione..>> disse Andromaco. << Ora usciranno gli altri..>> aggiunse Danao. Invece proprio in quel momento arrivò una vera e propria pioggia di simenta dall’alto. Tutti taliano verso la cima del Palladio. << Miracolo.. miracolo.. miracolo.. >> Poi naturalmente ci fu tutto il seguito. Veglie, preghiere, danze e altro. Intanto fu portato a termine il simulacro di Priapo. Enorme e con una ciolla altrettanto enorme come gigantesche erano anche i testicoli. Tutto l’apparato genitale si adagiava su una bilancia sostenuta da due puttine femmine. Il simulacro era stato eretto sull’agorà principale e si vedeva anche da Purceddopolis. E per festeggiarlo fu istituita una nuova festa. La festa di Priapo Vincente, dio dei bordelli e generale degli eserciti alleati... << Eserciti di minchie..>> disse qualcuno. << Alla conquista di cunni..>> aggiunsero altri. << E perché no di culi?>> preciso qualche mascolo con tendenze omo. Quel giorno, il giorno della festa, nei lupanari, per ordine di Minkialao, si ficcò gratis. Ed fu pertanto un festeggiare continuo. Il grande Homerino , a proposito del miracolo doppio, scrisse, naturalmente in greco, la grande opera Miracoli paralleli, il poeta Mhassymylyano, nel solito dialetto latino, scrisse il Carmen Faciamus experimentum in corpore vili, e lo scrittore Santhokriso, in dialetto locale, un romanzo intitolato Cent’anni di miracoli. Socratino si pose la solita filosofica domanda. << La vita è una, come la minchia, invece i miracoli sono doppi.. e se non è un miracolo vivere e avere una minchia, a che minchia serve vivere e avere una minchia se non disponi di un miracoloso cunnus?>> La seconda riunione in Ciaulide Gli alleati di Munipuzos in buona parte erano già arrivati. Stavano arrivando gli ultimi. Erano veramente tanti, nel complesso, gli alleati. Ma c’erano ancora tanti cazzi e cazzoni da pelare. I capi non erano d’accordo su niente. Ma facevano finta di esserlo su tutto. Solo su un punto erano concordi. Il fatto che volevano conquistare e poi distruggere Purceddopolis. Scannare i mascoli per poi deminchiarli e detesticolarti. E portare il bottino in omaggio al Colosso. << ..E ti poteremo cruedde su cruedde e coffe su coffe cine cine di coglioni e minchie di masculi di Purceddopolis e di suoi alleati...>> aveva promesso Agaminkione a Priapo. Catturare vive le donne per poi violentarle e infine scannarle era l’altro fine . Ma non erano d’accordo sul come e quando procedere. << Tanti testi , tanti mazzi.. tanti coglioni , tante teste di cazzi...>> disse Odisseo. Intanto litigavano. C’era il rischio che per la seconda volta finisse a schifiu. Chiesero perdono all’Olimpazzo. E anche un segnale. Un segnale divino. L’oracolo disse che la colpa era di Agaminkione che non aveva rispettato le promesse. << Minchia .. ver’è.. non sacrificai la cosa chiù bella ca mi vinni incontro.. ma minchia, era mia figlia Ifigania. Fici finta di scurdarimillu…non putia scannari lu sangu di lu me sangu…>> Facendo finta di scordarselo non aveva sacrificato Ifigania. Ma gli dei non dimenticano. Non dimenticano mai. Se qualche volta fanu li fissa è per non pagare il dazio. << Ma adesso lo devo fare.. se non sacrifico mia figlia, gli alleati sacrificheranno a mia…mi metteranno a rogo e addio sogni di gloria…Agaminkione sarà ridotto ad un pugno di cenere..>> Il re maggiore invitò sua figlia al campo con la promessa di darla in sposa ad Achille. Ifigania andò tranquilla. Quello era omosessuale. Pertanto sarebbe stato solo un marito fittizio. Un nome prestigioso ma assente al dunque, e se proprio ogni tanto ci l’avissa ficcato, sarebbero state solo ficcate per dovere. In fondo su Achille circolavano tante voci, ma non ci faceva niente.. il suo vero unico e grande amore era e sarebbe rimasto lo zio Minkialao. Lei di Achille sapeva poco. Ma quello le abbastava. Sapeva che era tutto preso da Patroclo. E la cosa le faceva piacere. << Se marito mi dev’essere, che sia…>> Anche se quella guerra era la guerra per affermare “ il diritto di un marito sul cunno della moglie “ anche se poi di quel cunno non ci ni futtia nenti perchè in realtà era altrove che preferiva incunnare, Ifigania trovava giusta quella guerra. Arrivata dal padre capì che era destinata al sacrificio non su un talamo nuziale ma al sacrificio mortale . << Accettò il mio destino.. so quel che sarà e quel che sarò.. so.. so.. so..>> disse tranquilla. Sapeva che Minkialao aveva organizzato la sostituzione del suo corpo con quello di una cerbiatta… tutto successe all’imbrunire.. in un posto isolato.. lontano dalla capacità visiva degli occhi umani, la cerbiatta bruciò al posto di Ifigania… La stessa cosa, secondo alcuni, succederà da un’altra parte.. un uomo che stava per essere crocifisso verrà sostituto da un altro.. volontario o meno non si sa… Tutti la credevano morta invece lei indossando abiti mascolini e imitandone i modi si unì agli uomini di Minkialao per partecipare alla guerra di Purceddopolis… Morta come fimmina risuscitava come masculo. Tutti la credevano un uomo un po’ effeminato ma mascolo. E lei, che si faceva chiamare Ikazzonio, fu nominata segretaria di Minkialao.. dormiva nella sua stessa tenda e si ficcava nel suo stesso letto.. i due ficcavano a portata d’orecchio dell’esercito.. ma i soldati pensavano che si trattasse dell’amore greco, dell’amore tra uomini, dell’amore caro a Zeus, ad Apollo e a tanti altri… dell’amore tanto praticato negli accampamenti militari dove c’erano solo ciolle e culi di mascoli. E per fortuna ogni soldato aveva sia un ciolla per dare che un culo per ricevere. Tanti si chiesero se quello fosse il motivo per cui Elena aveva preferito la ciolla di Paride. Priapo sapeva che la vittoria dipendeva da lui. E lui sapeva che stava con Munipuzos. L’aveva anche promesso. Il patto con la sua polis era noto a tutti. Tra l’altro a Munipuzos era stata istituita la festa di Priapo Vincente, dio dei bordelli. Ma tutti gli uomini delle polis alleate di Munipuzos, invece aspettavano che il dio dal grande augello si schierasse. Ma lui faceva l’indeciso per finta. Per scena . Per teatro. Ma tutti aspettavano di vedere da parte stava Priapo ufficialmente. Tramite un segnale. Magari tramite un colpo di minchia. La Sibilla Priapica era stata chiara. Più di Minkiacalcante. << Per nove anni Purceddopolis resisterà.. il decimo cadrà.. se l’arma di Priapo vi aiuterà...>> Nel campo degli assedianti comunque dominava la noia. Nun sapeunu chi minchia fare per passare il tempo. Gli abitanti di Purceddopolis passiavano sulle mura e gridavano: << Sucativilla ca vi passa…novanni e poi n’autri novi.. e ancora nove... in campo sarà il vostro cimitero...>> << Aspettate.. aspettate... ca intanto la minchia piglia la calata......>> << Per passare il tempo e la noia .. sbattitivilla in culo..>> Ma gli assedianti rispondevano a tono. << Tra novanni vi scasseremo il culo a tutti… a tutti .. femmine e mascoli...>> gridava Achille con la sua voce portentosa, << Tra novanni incunneremo tutte le vostre donne..>> gridava Odisseo. << Tra nove anni il pacchio di Elena tornerà al legittimo proprietario..>> gridava Minkialao con accanto Ikazzonio. << Ma solo per fare teatro pubblico.. per fare quello personale tengo gia la coprotagonista..>> disse piano all’aricchia di Ikazzonio. << Tra novanni Purceddopolis sarà messa a ferro e fuoco.. >> << Tra nove anni ritornerai sulla legittima ciolla di tuo marito.. e soprattutto finirai sulla mia ..>> pinsava Agaminkione. Ogni tanto anche Elena si affacciava dalle mura . << Buttana… buttana.. buttana .. >> gridavano gli assedianti. << Buttana ,.. ma ni futtu..>> pinsava Minkialao. < Buttana .. al forestiere sì e al cognato no..>> pinsava Agaminkione. << Buttana.. mi volevi fregare l’aceddu..>> pinsava Ikazzonio. Ma lei imperturbabile rispondeva: << Salutatemi quel cornuto di mio marito… che invece di insasizzare a mia insasizzava chi so io… stu curnutu… salutatimillo da parte mia e del mio pacchio.. che non sente affatto la mancanza della sua ciolla gia mancante….>> Minkialao agghiarnau. Ikazzonio pure. Ma nessuno sospettò qualche cosa. O meglio, sospettarono tutti che Minkialao anziché insasizzare la consorte preferiva insasizzare l’amico Ikazzonio. << Ma sto cazzo di Ikazzonio è comparso ora.. con chi minchia insasizzava Minkialao prima ..>> si chiesero in tanti. << Ma insasizzava una femmina o si facia insasizzare e insasizzava un mascolo...>> si chiesero i pignoli. << Pi mia è frocio ammucciato..>> disse Achille a Patroclo. << Pi mia è frocio pronto a manifestarsi..>> disse Patroclo ad Achille. << Pi mia la ficcava a soccu fimmina ma facia la parte del frocio per non pagare lu daziu....>> pinsò Odisseo. << Pi mia, mio fratello, nasconde qualche grossa verità. O è frocio o fa la finta perchè si la intende con qualche femmina segreta di cui non poli dire il nome...ma allora perchè Ikazzonio la notte grida? E’ mascolo o è masculo fimminino o è mascolo solo di abiti e femmina di sotto? Comunque Elena sapia.. la storia, qualunque essa sia, vecchia è. Minkialao tiene un segreto di minchia...>> << La buttana sapi..>> disse Minkialao a Ikazzonio. << Dobbiamo stare attenti… se quella dice il nome mio succede un casino…>> << Tuo padre si la piglierà solo con me…>> << E ti torturerà.. e tu che sei debole ammetterai..>> << Ma non dirò mai che sei qua con me… non dirò mai che Ikazzonio e Ifigania sono la stessa cosa.>> << Ma secondo mia ci sta qualcuno che sospetta del mio esser mascolo..>> << Chi?>> << Non so… ma l’autra volta ho avuto l’impressione di essere spiata intanto che pisciavo.. eppure io piscio in piedi..>> << Sarà stato qualche guardone.. tutti sti mascoli senza fimmini che devono fare.. pinsare e minare.. che il tempo deve passare.. e poi ci stanno sempre quelli che si consolano tra di loro.. in fondo pensano che io e tu ci consoliamo sbattendoci l’augello nel culo.. non sanno che tu sei una femmina con le cose giuste che devono avere le vere femmine..>> << E meno male che non sanno.. ma quella buttana di tua moglie come fa a saperlo?>> << Boh? >> << E se lo sa lei, lo sa pure Paride..>> << Boh? >> << Che facciamo?>> << Futtemininni e pinsamu a futtiri.. il tempo sistemerà le cose.. ma le fottute perse non ritorneranno mai più.. allora dammi il pacchio, nipotina mia..>> << Sì , zietto mio..>> A Munipuzos la regina Fikennestra si portò Krysegystos a palazzo. L’amico del suo cuore e la minchia del suo pacchio adesso erano sue a tempo pieno. Non lo amava Fikennestra, lo desiderava e basta . Era giovane e portentoso, bello e cazzuto. E la mandava in brodo di giuggiole. Stavano quasi sempre a letto. Fikennestra era assatanata. Paria a digiuno da secoli e pertanto era disposta alla più grande abbuffata di sasizza da che mondo e mondo. E poi lei odiava Agaminkione, quello ci avia scannato il figlio e il marito. E l’aveva fatto perchè non poteva avere Elena la bella dal pacchio spilato. Krysegystos, pur di realizzare i suoi piani, era disposto a tutto . Anche a soddisfare le esigenze ficali delle due figlie rimaste: Elettracunnus e Cunnotemi. E se necessario anche quelle culari di Minkioreste e Pilade. << Tutta la casa reale, di culo, pacchio e altro, mi fazzu e controfazzu a colpi di cazzu, l’importante è realizzare il mio progetto. >> Al campo il tempo non passava e tutti si annoiavano. Minkialao fotteva alla sanfasò con Ikazzonio. Alla grande fotteva pure Achille con suo cugino Patroclo. Agaminkione pinsava ad Elena ma fotteva con chi capitava prima. Le poche etere facevano affari d’oro. Più che altro i militari si scambiavano il soldatesco augello in culo. Palamede inventava giochini e giochetti per par passare il tempo. Odisseo metteva alla prova la sua furbizia. Gridava sempre: << Io son tutti e nessuno.. se ci stanno onori o soldi da prendere io son tutti.. se ci stanno cazzi in culo da ricevere io sono nessuno..>> E cercava di darla in culo senza riceverla. E ci riusciva. Se trovava un culo disponibile diceva: << Io sono Odisseo… e ti do l’uccello meo..>> Se trovava uno che lo voleva trapanare diceva: << Io son nessuno.. e nessuno non ha nessun culo..>> Anche gli dei si erano schierati. Ma solo formalmente. Apollo e Venere , per esempio, erano con Purceddopolis. Ma l’ago della bilancia era Priapo. Zeus gli aveva affidato l’intera facenna. Lui con la sua arma ondivaga un giorno si schierava con Munipuzos e l’altro con Purceddopolis. Eppure sapeva già con chi si sarebbe schierato al momento cruciale. L’aveva anche promesso. A Munipuzos tutti avevano riavuto l’aceddu, tra l’altro un aceddu migliore di quello che avevano perso. E tutti avevano avuto un figlio cazzuto e palluto siminato da Priapo. Avevano costruito sull’agorà principale, come ordinato dal dio, una statua enorme con tanto di bilancia. E su un piatto della bilancia si adagiava minacciosa la ciolla divina con le sue enormi palle. La bilancia era sbilanciata al massimo. La massa ciollare e pallare del dio era imponente. L’unica libertà che si erano presi a Munipuzos era stata quella di mettere la ciolla divina in direzione dell’odiata Purceddopolis. Come dire: <<L’arma è puntata in direzione dei vostri cunni e dei vostri culi.. e anche delle vostre mura.. con quest’arma micidiale sfonderemo tutto.. tutto.. tutto.. ricordatevi che siete dolo dei morti viventi...>> Intanto era tornato dal viaggio oltre le colonne minchiute il gioioso Dioniso. << Chi attruvati, papà ?>> chiese Priapo. << Na minchia d’acqua…>> << Visto che non c’era un cazzo. >> << Invece c’era tanto.. e forse troppo.. ma a mia mi ni futti un pisello.. non addichiarerò mai, manco sotto tortura, quello che ho visto.. ma in futuro di quelle terre si parlerà e tanto… un giorno ufficialmente un aceddu, un colombo mi pare, le scoprirà… e da quel momento in poi quelle terre addiventeranno sempre chiù importanti.. saranno la Magna Grecia del futuro...>> << Un colombo? Minchia. Non può essere un bella aquila? O un aceddu come il mio? Un bell’uccello minchiforme.>> << Sarà un colombo.. e sempre di aceddu si tratta.. devi sapere , figlio mio minchiuto, ca quannu si scopre una cosa è solo e soltanto perchè ci sta una minchia curiusa.. sono le minchie curiuse che fanno evolvere lu munnu. Le minchie curiuse non accontentandosi del regolare cunno d’ordinanza cercano sempre novità e accussì scoprono qualche cosa … il futuro è nelle mani delle minchie curiuse.. >> << Come la tua>> rispose il figlio. << Come la mia.. come quella di Prometeo..>> rispose Dioniso. << E anche come la mia, naturalmente >> si propose Priapo. << No, la tua non è una minchia curiosa.. la tua è solo una minchia curiosa di fottere.. di farsi tutti li cunna di lu munnu..>> puntualizzò il padre. << Ahhhh.. >> << Ehhhh.. ma comunque deve passare tanto tempo prima ca il colombo faccia la sua missione di minchia curiusa.... ma a dire il vero vero veramente prima ci arriveranno un popolo nordico a cui io ho già dato delle informazioni nel corso del mio viaggio di ritorno… ma questa storia resterà segreta non so fino a quando.. in ogni caso il vero scopritore sono io.. Dioniso…io ho scoperto quella terra dove la gente sta nuda e appena arrivi ti offre una fica dalla pelle rossa… la terra delle fiche rosse l’ho chiamata ..anche se mi suona meglio Amefiche.. ovvero “A me fiche… “ ma non lo dico.. altrimenti la gente pettegola dice “ Minchiate di quell’ubriaco di Dioniso”. >> << E dillo che hai scoperto quelle terre? >> chiese Priapo. << No.. Ma intanto ti ho portato sti cosi russi?>> << E chi su? Cosi ca si mangiano? Chisti nichi parunu li cugghiunedda di un picciriddu e l’autri la ciolla di nu masculu..>> << Si chiamano puma d’oro.. >> rispose Dioniso. << Se mai puma russi..>> << Puma d’oro..>> precisò Dioniso. << Puma d’oro in italiano.. in monacazzese li chiamiamo… li chiamiamo..>> << ..li chiamiamo..>> << ..li chiamiamo... pummaroru..>> << Ci sto.. quello piccolo è il pummarorino di pacchino..>> disse Dioniso. << Di pacchino? << Sì, del piccolo pacchio.. l’altro è il pummarorone di pacchione.. del grande pacchio..>> << E chi ci fanu col pummaroro?>> chiese curioso Priapo. << La sassa.. a sassa do piaciri..>> << Per il pacchino e per il pacchione?>> addumannò Priapo. << Per tutti e due le cose.. mettunu li pummaroro pi terra e poi ci si iettuno di supra.. e intanto che futtunu fanu a sassa… minchia che bellu futtiri na la sassa… Priapo, figlio mio, sei il dio dei bordelli ma non sai come è bello ficcare facennu la sassa…>> puntualizzò Dioniso. << Sì.. magari infilarsi in un pacchio impommarutato è bellissimo.. primi ci metti un pummarorino di pacchino e poi ci metti l’augellino.. ma se idda teni il pacchione ci metti prima il pummarorone e poi l’uccellone.. e accussì nesci la sassa... Minchia .. fari la sassa cu la minchia dintra il pacchio.. che bello.. lo devo sperimentare..>> << Sperimenta.. sperimenta… sperimentare è scienza e sapienza..>> << Ahhhh.. non ci capisciu nenti….il pacchino e il pacchione al pummaroro.. la salsa nel pacchio… senti papà Dioniso beddu, ma chi ci avima metteri macari lu sali?>> chiese Priapo. << Se ti va.. ma la fica è già salata di suo.. ci poi mettiri inveci nu tanticchia di basiriccò… ci duna ciauru.. minchia chi ciauru…>> << Io sì.. ci lo metto.. o forse no.. non ci lo metto.. o forse neanche… e allora non so.. intanto brindiamo che capiremo meglio…io, capirò meglio….>> E si ubriacarono. << Chi vince, Priapo..>> chiese Dioniso. << Il vincitore?>> << Chi sarà?>> << Quello che vince..>> << Sì , ma chi? Purceddopolis o Munipuzos?>> << Uno dei due…>> << Ma quale? L’uno o l’altro?>> << O l’uno o l’altro.>> << Senti, figlio bello, tu lo sai.. perché Zeus ha affidato l’incarico a tia.. o meglio, alla tua ciolla.. vai pertanto a fare in culo..>> << Dopo di tia , papà carissimo. E macari mettici un pummarorino di culino…>> Venne il giorno del primo assalto alle mura di Purceddopolis. << Non partire all’attacco per primo, altrimenti per primo creperai..>> ci avia ditto Teti a suo figlio Achille. << Ma io sono un eroe..>> << Un eroe non è una testa di minchia.. capito?>> << Capito..>> Infatti il primo ad attaccare fu Protesilao che morì. Questo protoeroe, prima di partire, aveva lasciato alla moglie Laodamia una statua di marmoro con le sue sembianze e col fallo eretto. Con quella statua lei si sfogava e quando seppe della sua morte, Laodamia, immolata sul fallo di marmo, s’infilzò uno stiletto nel cuore. La storia commosse tutti. E da lì nasciu l’idea di fare il manichino o la manichina per uso sessuale. “ Li pupa pi li ioca di pilu.” venivano chiamati questi manichini. “ Il manichino dice sempre sì.. e si paga una sola volta… non tiene mai il mal di testa se è femmina.. e non rompe neanche i coglioni.. e se è mascolo non ha mai problemi di ciolla modda...” diventò una serie di frasi di successo. Achille, incazzatissimo, non potendo guerreggiare e scannare e ammazzare e deminchiare e detesticolare e violentare pacchi e culi, scannò Cicno, il figlio di Poseidone. Invulnerabile alle armi, Achille lo strozzò con la forza delle sue cosce. Incazzatissimo ancora di più conquistò una serie di villaggi alle pendici di Purceddopolis. Nel bottino di guerra ci stavano anche tante femmine. E quando fu fatta la spartizione, Criseide Kalliculeide, sacerdotessa di Apollo Sminteo o Sorcio, toccò ad Agaminkione mentre Briseide Kallicunneide toccò ad Achille. Che così si dedicò ai giochi a tre. Anche se Briseide Kallicunneide voleva darci il cunno al bell’Achille lui voleva solo il culo intanto che il suo lo dava a Patroclo. Un’altra Briseide, figlia dell’indovino Minkiacalcante, e pacchio amoroso del bel Troilo, lasciò Purceddopolis per andare con i Munipuzici e lì si accaparrò subito l’aceddu di Diomede. Odisseo da parte sua ficcava alla sanfasò ma senza regole, A lui intesseva fottere Palamede. E tanto fece e tanto sturiò e s’ingegnò che alla fine quello fu lapidato. Filottete Fottettete invece, a causa di una ferita infetta, giaceva abbandonato su una spiaggia del lago di Munipuzos. Lui col suo maestoso arco maestosissimo. Esperto arciere e esperto cazziere stava inerte e incazzato in attesa del poi. Ma ignorava il poi. Intanto lanciava frecce alla sanfasò e si la minava alla sanfasò. In attesa del dopo. Achille, in combattimento, disarmo il bel Troilo dalle cosce spilate e dal culo prominente. Il bel purceddopolita si trovò sotto Achille , bloccato come un salame e impossibilitato a fare qualsiasi movimento. Troilo sentiva anche la massa minchialica dell’avversario in movimento, in crescita. Sapeva delle tendenze dell’eroe e temeva per la sanità e la santità del suo culo. << Se mi dai il culo ti lascio vivo..>> disse Achille . << Mai.. meglio morto che inculato dal nemico.>> Il figlio di Teti ammazzò il ragazzo e, intanto che quello spirava, lo stuprò col massimo della violenza. Fu uno stupro come mai se ne erano visti. Poi lo decapitò, deminchiò e detesticolò. La mamma Ekuba, saputa la cosa gridò in modo ossessivo per nove giorni e nove notti. <<Ahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh... muriu lu figghiu miuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu.. Troilo. Ihhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh.. muriu lu figghiu miuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu.. Troilo. Ohhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh.. muriu lu figghiu miuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu.. Troilo. Ehhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh.. muriu lu figghiu miuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu.. Troilo. Uhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh.. muriu lu figghiu miuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu.. Troilo. >> Si fermò un attimo . Poi riprese. <<Ahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh hhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh hhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh hhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh................ Troilo...>> Nuova sosta e grida ancora chiù strazianti. << AAhhhhh hhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh hhhhh.. Troilo. AAhhhhh hhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh Troilo. hhhhh.. AAhhhhh hhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh hhhhh.. Troilo. AAhhhhh hhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh Troilo. hhhhh.. >> Sul dolore della regina Homerino scrisse un poema doloroso dolorosamente addolorato intitolato: Ekub AAhhhhh a: hhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh h. Troilo Sul dolore della regina Mhassymylyano scrisse un Carmen doloroso dolorosamente addolorato intitolato: Ekub AAhhhhh a: hhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh h. Troilo Sul dolore della regina Santhokriso scrisse un romanzo doloroso dolorosamente addolorato intitolato: Cent’anni con Ekuba: AAhhhhh hhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh h. Troilo Il famoso filosofo Socratino da Munipuzos si pose una domanda. << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere felice e avere una minchia altrettanto felice, a che minchia serve vivere felice e avere una minchia felice se poi a scassarti la minchia ci sta Ekuba col suo dolore capace di addolorare anche la minchia più minchia tra tutte le minchie di quest’universo a minchia solo e soltanto perchè la minchia di suo figlio Troilo cercava si scannare la minchia d’Achille e invece fu la minchia di Achille che scannò Troilo e la sua minchia.?>> Nauplio venne a reclamare vendetta per Palamede , ma non l’ottenne. Allora , sulla strada del ritorno, visitò, con un piano diabolico in testa, le vari consorti degli assassini di suo figlio. E così parlò loro: << Tuo marito sta tornando con una bella concubina giovane dal pacchio in fiamme e con la panza già cina.. tu addiventerai schiava e lei regina… e il figlio della buttana concubina non sarà figlio di mignotta ma… ma il futuro re.>> Molte delle mogli si suicidarono, altre si misero a fare ficca ficca a destra e a sinistra. Fikennestra , che ci l’avia con Agaminkione, buttò le sue care figliole Cunnotemi ed Elettracunnus nel letto di Krysegystos. La tricunnononominchiamachia diventò la norma al palazzo reale di Munipuzos. E tutte e tre le femmine restarono incinte. La minchia di Krysegystos non perdonava. Anche Penelope, che fino ad allora si era dedicata alla castità, filando e sfilando la tela, da quel giorno si dedicò a infilarsi e sfilarsi i cazzi dei Proci da tutti i siti possibili e impossibili Voleva un figlio e l’ebbe. Pan fu il suo nome. La super super super incazzatina di Achille Successe che i Munipuzici pigliarono delle belle batoste militari. Achille stesso fu ferito a una mano da una freccia scagliata da Eleno, che aveva avuto quell’arco magico come dono d’amore da Apollo. Morirono tantissimo Munipuzici e ci fu chi parlò di sconfitta imminente. I Purceddopoliti addirittura festeggiarono. Qualcuno, nel campo dei Munipuzici, pinsò di sacrificare Minkiacalcante. << L’avi sparata rossa…ha detto solo amene minchiate.. forse Priapo ci ha abbandonati… eppure ci l’avia promesso…>> dissero in tanti. << Ho detto la verità… prenderete Purceddopolis.. Priapo manteni la parola .. Priapo non è un politico ma un dio.. non è nemmeno uno degli organizzatori del premio Pattuallopolis.. quelli dello scaricabarile… Priapo, se da la parola, la manteni… E con voi la manterrà.. voi vincerete.. Priapo è uomo di minchia, di parola, di rispetto.. uomo che mantiene quel che dice.. voi vincerete...grazie a Priapo uno e due..>> << Non pigliarci per il culo.. Priapo ci ni sta uno.. uno e basta..>> << Io ne vedo due .. uno grande e uno piccolo.. e vi porteranno alla vittoria.. >> << Forse Priapo e un suo figlio? O Priapo la sua minchia?>> chiese Odisseo il furbo. << Quello piccolo sta dentro quello grande ..e non è solo..>> << Minchia.. Priapo incinto è.. e no di un Priapino solo.. Priapo con i Priapini gemelli...>> disse Agaminkione. << Dicci altro..>> chiesero i Munipuzici. << Non vedo altro.. non sento altro.. non ascolto altro.. non percepisco altro.. ma la vittoria finale, anche se sofferta e travagliata, sarà vostra.. perchè tutto dipende dall’ago della bilancia ..ma solo che quell’ago è la minchia di Priapo.. ma Priapo sta con voi.. solo che qualche volta, quannu la ciolla divina pazzia, magari piglia la direzione di Purceddopolis.. e allora voi avete qualche disgrazia.. ma alla fine Priapo scenderà un campo con voi.. al decimo anno.. e allora la vittoria sarà vostra.. la minchia di Priapo sarà la vostra cometa.. la vostra stella polare.. il vostro “ in questo segno vincerete “.. quando Priapo verrà al vostro accampamento quello sarà il momento della vittoria...>> << Come lo riconosceremo?>> chiesero i Munipuzici. << Minchia…Siti babbi o faciti i babbi? Cosa ho detto? ” In questo segno vincerete”… E il segno di Priapo è sempre ben visibile .. e non può essere confuso col segno di n’autro mascolo.. quel segnale è unico.. >> << Ahhhh.. la ciolla del dio.. ahhhh…>> dissero tutti. Tutti adesso aspettavano il decimo anno. Ma soprattutto aspettavano l’apparizione dell’uomo portatore del “ segno”. <<In questo segno vinceremo..>>> divento un modo di dire tra i Munipuzici. Si dicevano la frase ammosciandosi il segno. Quasi tutti, ma non tutti. Tra quelli che non si ammusciavano il segno naturalmente c’era Ikazzonio. << Minkialao non vuole..>> pinsavano in tanti. << E che io un mascolo pudico sugnu..>> La cosa non fece che aumentare i pettegolezzi. Priapo stava nell’isoletta che c’era al centro del lago di Munipuzos e si godeva le urla di guerra. Era solo e pertanto chiacchierava con la sua ciolla. << Ciolla mia, noi da che parte stiamo?>> << Io non sono autonoma… devo stare dalla parte che stai tu?>> << E io ti chiedo consiglio.. la mia testa che ragiona a cazzo chiede consiglio al cervello che sta nella coppola della sua minchia.. che forse è più grande dell’autru ciriveddu. Pertanto ti chiedo: da che parte dobbiamo stare?>> << Io starei dalla parte del pacchio..>> rispose la sua ciolla. << Qua dobbiamo stabilire se stare dalla parte dei Munipuzici o da quella dei Purceddopoliti.>> << Io sempre dalla parte del pacchio.. purceddopolita o monipuzico non m’interessa.. a mia mi ni futti.. basta che io futta.. del resto non me ne fotte niente...>> rispose la divina ciolla. << Allora, seguirai la mia scelta? >> chiese Priapo. << Sì.. a parte che sono obbligata...dove va il mio padrone debbo andare io..>> rispose la meravigliosa appendice divina. << Schiava...ciolla schiava..>> scherzò Priapo ridendo. << No.. la ciolla non è mai schiava del suo padrone, e il padrone che è schiavo della sua ciolla..>> << Ma nel nostro caso no.. ciolla mia.. io sono dio e tua sei ciolla divina...>> << Certo.. comunque pi mia, basta che ci sia pacchio per i miei denti.. poi, che cazzo me ne fotte del resto? Comunque, Priapo bello. non cambiare discorso. Io avevo ragione.. Io ho ragione.. Io avrò ragione.. tu sai già da che parte schierarti… e io l’ho anche capito…sono io o no, una minchia intelligente? >> << Silenzio.. sto lavorando ..per me e per te..>> Così ragionando Priapo si la ia minando. Un colpo a destra. << Sto con Purceddopolis…>> E uno a sinistra. << Sto con Munipuzos…>> Quannu vinni stava a sinistra. Sapeva che alla fine da quella parte sarebbe stato. << Io lo so che il tuo cuore batte per Munipuzos.. la città pullula di priapini.. di figli di Priapo che io personalmente ho seminato…e poi non fanno altro che onorarti.. “Voscenzasabbinirica, vasamu la minchia, dio dei bordelli..” tu pertanto sei con Munipuzos.. e io d’accordo sono..>> disse la ciolla. << Sono contento che pure la mia minchia batte per Munipuzos.., perché troppo affezionata ai pacchi di quella polis.. chiù raffinati di quelli di Purceddopolis.. quelli sono grezzi, villani, semplici … a Munipuzos sono raffinati.. sanno l’arte del piacere.. sono pacchi dotati di deontologia professionale…sanno come fare felice una ciolla.. anche una ciolla sperta e camurriusa come la mia…>> rispose Priapo. << Ahhhh.. e io sarei camurriusa?>> chiese la ciolla del dio. << Sì… certe volte fai la minchia aristocratica.. questo pacchio nun mi piaci.. chistu manca di charme.. chistu nun m’ispira.. chistu non merita.. chistu nun dici nenti.. chistu non è in.. Invece, quannu ci sta la necessità, si ficca unni veni.. macari nel pacchio di una vecchia dal pacchio rugoso.. capito? Magari dintra il pacchio vecchio di quella vecchia zoccola di Luiginacunnorumaamorosorumaculorumagioiorum Crisostomadeuterocrisostomacrisopacchiorum....>> << Io, padrone mio, non mi svendo… sono un minchia dalle giuste pretese..>> << Ma quannu ci sta il bisogno, le pretese sono inutili..>> aggiunse Priapo. << Pi tia saranno inutili.. io voglio ficcare sempre al meglio ..ma tu a volte mi coinvolgi in storie assurde…di bassa lega.. pilo per pilo.. e non pilo di lussu.. io , se addipendesse da me, futtissi sulu pacchi con pilo d’angora o di cascimmir.. >> << Minchia che sei razzista… mi arricordi quel tizio che distingueva i pacchi in pacchi sopra Rhegium e pacchi sotto Rhegium. I primi vanno soddisfatti e i secondi no…. Alla faccia del razzismo…>> puntualizzò Priapo. << Non cambiare discorso.... se ci stava quello che distingueva i pacchi in sopra e sotto Rhegium , non ti devi scordare di quello che li valutava solo e soltanto ottomila erosminkia mentre il suo dirimpettaio li valutava solo e sempre quattromila erosminkia..>> << Buffa storia...>> << Sì .. ma tu, tu stai con Munipuzos..>> << Senti, la fine della guerra è lontana.. intanto dugnu un colpo a destra e uno a sinistra .. poi alla fine darò il colpo finale… a favore dei miei favoriti..>> << Munipuzos e i suoi alleati.. >> << Sono cazzi miei..>> E canto felice il felice Priapo: << Priapo s’onori Questo nome risuoni Questa mia minchia s’adori Sovrana del Cunnar; Con danze e con suoni Conviene festeggiar Or suonino le trombe, Solenne ecatombe Andiam a preparar..>> E canto felice il felice fallo di Priapo: << Il fallo di Priapo s’onori Questo fallo risuoni Questa minchia s’adori Sovrana del Cunnar; Con danze e con suoni Conviene festeggiar Or suonino le trombe, Solenne ecatombe Io vado a scopar....>> Il figlio di Teti , nu iornu, intanto che non sapia chi minchia fari, si ni iu a priari ad Apollo. O meglio, a far finta di priari. Ma visti priari a Polissena, la bella figlia di Priamo. Pirchì in quel tempio si pregava nudi. La visti tutta e ci visti pure la cintura d’oro con una minchietta d’oro che pinnia davanti al pacchio. Era il gioiello segreto delle principesse che speravano di trovare un augello regale. << Minchia comu preia.. pari ca si vulissi fari ad Apollo.. ma quello ha una cicetta nica nica nica… meglio la mia .. ambivalente ma chiù sostanziosa…>> La carusa ci appitittò. In fondo la calliciolla del calliakille era sensibile sia ai mascoli belli che alle femmine belle. Se c’era un bel culo , inculava. Se c’era una bella ciolla si facia inciollare. Se c’era un bel pacchio impacchiava. Polissena lu mannò in ingrifaggio permanente. Pertanto la chiese come moglie. << Se ci consegni l’accampamento dei Munipuzici Polissena sarà tua ipso facto..>> Achille fu sul punto di dire “Sì “. In fondo odiava Agaminkione. Ma poi ci ripensò e disse “ No”. I Munipuzici intanto pigliarono altre fregature. Morti assai ci furono; e presagio di sconfitta ci fu in tutti. D’altra parte si sapeva. La vittoria sarebbe arrivata il decimo anno. Achille intanto dovette consegnare la sua bella schiava Briseide ad Agaminkione. In cambio della cessione, da parte di quest’ultimo, della sacerdotessa Criseide al padre Crise. Achille, che s’era abituato a dormire tra Patroclo e Briseide, s’incacchiò. I giochetti erotici a tre erano un ottimo passatempo. Pertanto decise di ritirasi dal combattimento. << Iti tutti a fare in culo.. Tra poco vado mia col mio Patroclo e i mie Mirmidoni… e voi tutti fuori dai coglioni…>> dichiarò. I Purceddopoliti , sapendo che l’eroe degli eroi si ritirava, partirono all’attacco. E inflissero delle sonore batoste ai nemici, anche se tra i feriti ci furono Enea e sua madre Afrodite. Diomede a Glauco combatterono alla grande ma senza vincitori e vinti. Alla fine, riconoscendo la reciproca grandezza, si scambiarono le armi. Ci iu bona a Diomede perché l’armature di Glauco era d’oro. Ettore invitò Achille a combattere. Ma quello ci confermò la su addecisione, << Iti tutti a fare in culo… Purceddopoliti e Munipuzici.. e soprattutto ficcaticcilla tutti a Elena.. quella è capaci di farisi a tutti e due gli eserciti e di dichiararsi insoddisfatta..>> << Minchia.. Achille .. bona la canusci la signora.. >> << La conosco ma non come intendi tu.. Anche se io non disdegno il pacchio bello.. e a dire il vero vero veramente il pacchio di Elena è bellissimo.. la fotocopia di quello di Afrodite… ma è quella sua supremazia sticchiosa che non mi piace… questa guerra per una fica si poteva combattere a colpi di cazzo anziché con le armi.. non ci sarebbero stati tutti questi morti ma solo mascoli cornuti e cazzi soddisfatti.. e soprattutto il pacchio di Elena felice..>> << Ragione hai.. ma oramai siamo in guerra e pertanto dobbiamo guerreggiare.. una battaglia in più, una battaglia in meno, che minchia ci ni futti…devi sapere, da amico nemico, ma da portatore di ciolla, che a mia Elena mi fa sangu.. e a dire il vero, anche se moglie tengo, mi la facissi volentieri a mia cognata Elena...>> << Voi fate la guerra pure.... io mi ritiro.. per me potete andare tutti a farvi fottere…come e dove vi piace.. io, Patroclo e i Mirmidoni ci leviamo dai coglioni… e da uomo a uomo, io a Elena me la sino fatta la notte dl matrimonio..>> << Tu?>> << Io..>> << Mo no si frocio?>> << Sì.. ma la minchia chi ni capisci se il purtuso è di mascolo o di fimmina,,>> << Ver’é.>> Agaminkione, per paura di perdere la guerra e il regno, andò, con un gruppetto di fedeli, da Achille. << Torna a combattere.. >> << No, grazie..>> << Ti restituisco Briseide… a mia suo padre Crise mi ha riportato Criseide.. è incinta di mio figlio.. e io me la sono ripigliata… >> << No, grazie…>> << Guarda che Briseide è ancora vergine .. non l’ho usata a mio modo e neanche al tuo..>> A quelle parole Achille s’incazzò. << Il tuo modo.. il mio modo.. è vergine. ma che minchia dici, Agaminkione minkione minkionissimo ultraminkione supermimkionissimo.. io a Briseide ci l’ho messo solo nel retropacchio.. per scelta… mentre ricevevo Patroclo io la somministravo a Briseide nello stesso posto in cui ricevevo.. stronzo.. minkione.. vai a farti fottere tu e tutti i Munipuzici.. questa guerra è solo il pititto di un pacchio che forse non avrai mai.. un pacchio che Minkialao non ha saputo difendere.. vai a farti fottere tu, tuo fratello, i tuoi alleati e anche i tuoi nemici… e soprattutto Elena.. >> << Cattivo.. bello e cattivo..>> << E tu testa di cazzo.. re maggiore e testa di cazzo maggiore..>> Agaminkione si girò il culo e fece per andare via. << Agaminkione, n’autra cosa ti devo dire.>> disse Achille. Il re maggiore si girò di colpo. La speranza era l’ultima a morire. << Una cosa devi sapere.. io a Elena me la trombai la notte del matrimonio?>> << Pure tu?>> << Sì.. e son sicuro che all’elenco dei fottitori d’Elena manchi solo tu.>> Agaminkione andò via incazzatissimo. Agaminkione tornò alla sua tenda col morale basso, la ciolla pinnenti e il culo ca facia rapi e ciuri per il nervoso. Priapo, intanto che giocava con la sua ciolla , si divertiva a taliare la guerra . E la faceva ondeggiare ora a destra ora a sinistra. Pertanto la guerra seguiva queste oscillazioni. E nessuno ci capia niente. Oramai tutti sapevano che la guerra dipendeva da Priapo. Ma mentre i Munipuzici sapevano che alla fine avrebbero vinto, i Purceddopoliti oscillavano come la ciolla del dio. A volte speravano, a volte ammuccavano cazzi amari. Patroclo, vedendo che le cose si mettevano male per i Munipuzici, pur sapendo che la vittoria finale sarebbe stata loro, decise di fare l’eroe al posto dell’eroe. Dopo una notte di passione in cui lottò con la mortale ciolla achillea indossò gli abiti di Achille e condusse i Mirmidoni alla guerra. Fu un successo. I Mirmidoni gridavano “ Forza Achille” convinti di essere al suo seguito. Patroclo stava al gioco. A vedere il finto Achille che però pareva il vero, i Purceddopoliti si ritirarono preoccupati mentre i Mirmidoni avanzavano arroganti e sicuri. E furono ben presto sotto le mura della città nemica. Lassannu pi terra una montagna di cadaveri. Patroclo, nella parte di Achille, diede l’assalto a Purceddopolis e l’avrebbe conquistata se Apollo in persona, travestito da soldato e in incognito, non gli avesse dato na mazzata na la testa. Patroclo cariu, perse l’elmo, lo scudo e la lancia. Qualcuno ci allintau l’armatura pi taliare la faccia di un eroe caduto e mezzo svenuto; ma imprevisti vari non ci fecero finire il lavoro di stuppari la faccia dell’eroe. Dopo Euforbo lo ferì leggermente. Ma il ferito si rimise in piedi e fece per allontanarsi... per scappare.. Voleva gridare ma la voce non ci usciva dalla gola. Voleva gridare : << Non sono Achille.. . Aiutami Achille .. amore mio.. aiutami...>> Ma la frase ci restò in gola. Anche perché Ettore, gridando come un ossesso, lo finì. << Crepa Achille.. crepa.. uomo senza parola .. dicevi che volevi andare via e invece avevi ripreso a combattere.. crepa.. crepa...crepa.. crepa...uomo senza parola... >> Poi si mise a sautare per la gioia. << Ammazzai Achille. Achille cripò.. l’eroe non è più.. è solo un cadavere… venite a guardare la faccia di un eroe morto.>> Ci tolse l’elmo e .. e si accorse dell’errore. << Minchia .. l’amante dell’eroe ammazzai.. adesso quello s’incazza alla sanfasò… minchia chi autoinculatura.. cazzi miei e dei Purceddopoliti adesso…>> Per sfregio ci levò l’armatura nel suo complesso. L’armatura era quella di Achille. Lu lassau praticamente nuru e cruru. << Venite a taliare il culo che faceva pazziare Achille.. venire a taliare la ciolla che andava in culo ad Achille.. venite a taliare pirchì bello è veramente ma… ma secondo me il pacchio più bello ancora è.. pi minnitta mi lo farei ma io non mi fazzu li masculi…e poi non sono neanche necrofilo come Achille…>> E andò via lasciando il morto nudo e crudo. Bello anche nel suo cadaverico biancore. Aiace Teladoinmona e Minkialao difesero, armi in mano e rabbia in testa, il cadavere di Patroclo da eventuali profanazioni. Poi fu data la terribile notizia ad Achille. << Minchia.. minchia.. comu fazzu senza lu so cazzu.. minchia.. minchia.. nu fattu è sicuru.. comu fazzu senza lu so culo.. minchia .. minchia... dive s’imminchierà la mia minchia... ahhhh.. minchia mia ca pirdisti l’amatu culu... ahhhh.. culu miu ca pirdisti l’amata minchia....>> E intantu vociava, sautava, paria pazzu.. Si spugghiau nuru e dissi ca vulia muriri cu lu so amuri. << Itivinni e lassatimi cu iddu finu a quannu moru.. morti buttana pigghiami cu tia.. morti buttanazza pigghiati sta me vitazza.. morti buttanuna nun mi fari stari ammezzu a sti cugghiuna..>> Grida laceranti uscivano dalla sua bocca disperata. Ahhhhhh... Ahhh Ahhhhhh...Ahhh << >> Vinni la mamma Teti a consolarlo. Si lu mise in grembo come un bambino e iddu pianse. Nu tanticchia ci riuscì Teti a calmarlo. Ci desi la minna a sucare e quello sucò il latte materno e si addormentò. Nudo e crudo tra le braccia della mamma. Intanto Teti ci accarezzava la ciolla mortale. E ci cantavano ninna nanna speciale. << Nacchiu nicchiu... Che beddu stu piripicchiu.. Nicchiu nacchiu... Pirchì nun si cerca nu piripacchiu... Nacchiu nicchiu... La fimmina nun teni sulu lu sticchiu.. Nicchiu nacchiu... Ci sta lu culu oltri lu pacchiu.. Nacchiu nicchiu... Pirchì ci devi piaciri sulu lu cicciu... Nicchiu nacchiu......>> Al risveglio Achille trovò Agaminkione che lo aspettava. Nudo come si trovava , Achille lo abbracciò. << Facemu la paci pi la minnitta mia .. non pi tia, ma pi la minnitta mia..>> << Paci, pi la minnitta ..>> << Intanto ripigliati Briseide, l’avi sana.. per rispetto tuo e non suo mi sono trattenuto dal ficcariccilla..>> << Grazie… per avermi riportato la mia Patrocla.. adesso la chiamerò Patrocla..>> Achille si mise subito in armi, pronto a dimostrare la sua incazzatura incazzatissima. E solo si presentò sotto le mura di Purceddopolis. << Ettore, se tieni i coglioni vieni fuori.. uno di noi deve morire.. e quello sarai tu.. io ti scannerò come tu scannasti l’amore mio.. Ettore.. veni fora.. cazzo…>> Una pausa e poi ancora: << E ttttoreeeeeee, vieni fuori ..... c A ZZ O.... >> Ma nessuno arrivava. E Achille ancora a gridare: << Esci.. Ettore dei miei coglioni… o ti vengo a pigliare anche dentro il pacchio di quella buttana di tua madre.. o forse giaci nel pacchio di tua moglie Andromaca.. se sei lì, vieni fuori.. altrimenti vengo io a tirarti fuori.. e dopo averti deminchiato e detesticolato mi scoperò la tua signora .. e poi l’ammazzerò … cosi come ammazzai suo padre e i suoi sette fratelli durante l’assedio di Tebe.. e siccome la tua simenta deve estinguersi deminchierò e detesticolerò pure quel cagnuleddu di tuo figlio Astianatte….. tutto sotto i tuoi occhi.. solo alla fine ti ammazzerò.. allora.. Ettore dei miei coglioni.. vieni tu o vengo io? >> Ancora una pausa. Poi la ripresa. E ttttoreeeeeee, vieni fuori ..... c O.... A ZZ >> E sautava ca paria doveva catapultarsi dintra la città nemica. Ettore, a sentire affenniri la mamma, la moglie e il figlio, sciu. Achille si livau l’elmo. I suoi occhi erano la porta dell’inferno. Erano chini d’odio e di morte. Ettore scappò, Achille l’insegui. Fecero tri voti il giro delle mura. Poi Achille, cu nu sauto soprannaturali, lo raggiunse . E la lotta iniziò. A colpi di spadazze. E lotta e rilotta, e colpisci di qua e colpisci di là, li scudi si rumpenu e li spadazzi si spezzanu. << Non ti posso ammazzare ma ti affucu.. col mio giromentula..>> gridò Achille togliendosi il vestiario e restando con cingilombi. Che lui chiamava “giromentula” << Io a tia affucu..>> rispose Ettore denudandosi anche lui. Ma completamente. << Nudo. Nudo..>> gridavano dalle mura di Purceddopolis le donne rivolgendosi ad Achille. Dalla parte del campo dei Munipuzici, tutti seguivano in silenzio. Achille non amava esibirsi nudo, a parte i rituali amorosi, perché sapeva della sua invulnerabilità generale esclusa la ciolla. Ed esibire l’unico suo punto debole, che diventava poi il punto di forza della battaglie amorose, non ci faceva piacere. I due continuanu con le mani e i piedi. E a volte anche con la bocca. << Ti mangio e ti trasformo in strunza fitusa.. ti facci da uomo di merda a merda confezionata a strunza... >> disse Achille muzzicannici n’aricchia. << Ahi.. adesso ti scasso il culo.>> gridò Ettore mettendosi sotto il nemico. << Già scassato fu ... e per amore.... a tia invece lo devono ancora scassare... e adesso ci penso io..>> rispose Achille , che con una mossa a sorpresa capovolse la situazione. Adesso Ettore stava sotto e Achille ci stava assittato sopra la panza. << Ahhhh.. così non puoi scassarmelo.. eroe del cazzo.. sono io che te lo scasso se ti levi il cingilombi...>> Ettore era eccitato dalla lotta e non dal culo di Achille che si trovava a portata d’aceddu della sua ciolla tisa. . << Me lo levo... ma solo per affucariti intanto che ti inculo..>> << Ahhhh .. il culo sta dall’altra parte....>> disse Ettore, con la faccia incazzata. Achille si sciolse il cingilombi e lo mise al collo di Ettore. Quello scoppiò a ridere. << Ahhhh.. Minchia d’eroe.. tutta qua la eroica minchia d’eroe .. com’è piccola la minchia eroica di un eroe di tutto tranne che della minchia.. Ahhhh.. ahhhh.. ihhhh.... uhhhh... >> Ma oltre che ridere il purceddopolita spinse Achille all’indietro e quello si trovò la coppola della minchia di Ettore che tuppuliava al suo buco del culo. << Mai.. mai.. da vivo mai.. a un cane sì, ma a tia no..>> gridò il figlio di Teti e con un salto poco umano fece tre salti mortali sopra Ettore .E intanto gridava: << E adesso ti rompo il culo, sotto lo sguardo dei tuoi concittadini..>> Ettore per lo scanto sui susiu e fece per scappare. Ma atterrando Achille fici altri sauti e ci fu addosso. Lu ittau a terra e mentre col cingilombi lu affucava con la ciolla mortale ci trapanava il culo. Lo fece morire con la ciolla sua nel culo. E lo fece, con rabbia e rancore. Ettore era già morto ma Achille non era ancora venuto. L’inculatura diventò opera di necrofilia. Nel momento in cui Ettore morì la madre Ekuba, che assisteva al duello, lanciò un urlo che squassò l’aria come e peggio di un aeromoto: <<Ahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh... muriu lu figghiu miuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu.. Ettore. Ihhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh.. muriu lu figghiu miuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu.. Ettore. Ohhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh.. muriu lu figghiu miuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu.. Ettore. Ehhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh.. muriu lu figghiu miuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu.. Ettore. Uhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh.. muriu lu figghiu miuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu.. Ettore. >> Si fermò un attimo . Poi riprese. <<Ahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh hhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh hhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh hhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh................ Ettore...>> Nuova sosta e grida ancora chiù strazianti. << AAhhhhh hhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh hhhhh.. Ettore. AAhhhhh hhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh hhhhh.. Ettore. AAhhhhh hhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh hhhhh.. Ettore. AAhhhhh hhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh Ettore. hhhhh.. >> Sul dolore della regina Homerino da Munipuzos scrisse un poema doloroso dolorosamente addolorato intitolato: Ekub AAhhhhh a: hhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh h. Ettore Sul dolore della regina Mhassymylyano da Munipuzos scrisse un Carmen doloroso dolorosamente addolorato intitolato: Ekub AAhhhhh a: hhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh h. Ettore Sul dolore della regina lo scrittore Santhokriso scrisse un romanzo doloroso dolorosamente addolorato intitolato: Cent’anni con Ekuba: AAhhhhh hhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh h. Ettore Il famoso filosofo Socratino da Munipuzos si pose una domanda. << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere felice e avere una minchia altrettanto felice, a che minchia serve vivere felice e avere una minchia felice se poi a scassarti la minchia ci sta Ekuba col suo dolore capace di addolorare anche la minchia più minchia tra tutte le minchie di quest’universo a minchia?>> Poi Achille, restando nudo com’era e forse per non dire sicuramente rincoglionito dal superbo grido di materno dolore, ci tagliò la carne darreri li tendini dei talloni, ci passò delle corde e lu attaccau ai suoi cavalli Baio, Xanto e Pedaso. E currennu come un folle ci fici fari tri gira di li mura. Quindi si lu portò al suo accampamento, per rendere onore al suo caro morto col nuovo morto. << Patroclo.. talia cu ti purtai.. Patroclo.. Il tuo assassino ti portai.. Patroclo.. Io l’assassinai pi tia .. Patroclo, io lo feci per rendere omaggio al tuo amore.. Patroclo, anche il culo ci ruppi.. Patroclo, taliallu almeno come l’ho ridotto.. guardalo... e una fitinzia.. e un principe fallito come tutta Purceddopolis. Questa è la fine che devono fare i falliti.. Patroclo, guarda il tu assassino da me assassinato per fare giusta e giustissima minnitta.. alla facci di chi parla di perdono.. mai.. solo i coglioni perdonano.. chi fa grande l’uomo è l’odio e non l’amore.. l’amore è generalmente una questione privata. L’odio va al di là dei confini conosciuti.. degli dei amati.. della vita stessa.. va nella storia... nel mito.. l’odio fa grande .. e io odio.. odio chi mi ha fatto del male.. e a quelli che non posso ammazzare un cancro se li mangi lentamente.. li addivori.. li consumi.. che io riderò e mi la minerò sulle loro sofferenze.. odio.. odio.. viva l’odio e chi odia...>> Quella notte Achille si sfogò con Briseide. E intanto che la inculava la chiamava Patroclo. A chiedere il corpo di Ettore venne il padre Priamo. << Ti lu dugnu sì… ma mi devi dare tanto oro quanto pesa…e lo scambio deve avvenire sotto le mura di Purceddopolis.. tutti devono vedere…>> << Ci sto.. anche se tutti hanno visto.. soprattutto la tua profanazione necrofila…>> rispose il vecchio re andando via con gli occhi arrossati dal pianto. Fu preparata una grande bilancia e in uno dei piatti fu deposto il corpo nudo di Ettore. Vennero poi il re e parte della corte portando l’oro. A un certo punto il piatto col morto cominciò ad alzarsi. Ma quannu fu deposto l’ultimo oro i due piatti non erano ancora alla stessa altezza. Ci mancava ancora nu tanticchia di oro. Poca cosa ma ci ni vulia ancora. << Sei mi dai a Polissena ti puoi portare sia il morto che l’oro..>> << No, a mia m’interessa il corpo di Ettore.. per rendergli tutti li onori.. non l’oro.. mio figlio vale più di tutto l’oro del mondo..>> << Ma come vedi non basta..>> Allora Polissena ittau l’unica cosa che s’era tenuta. Due braccialetti. E il corpo di Ettore si mise quasi a livello dell’altro piatto. La differenza era minima, microscopica. << Ci siamo..>> disse Priamo. << No.. no ancora. Ci manca picca.. questione di qualche priapogrammo.. secondo me basta il gioiello segreto di Polissena, quello che pende davanti al suo pacchio. >> E la principessa, sotto gli occhi di tutti, scese dal torrione, arrivò davanti al corpo del fratello, e sotto gli occhi di Achille si denudò. Poi si tolse la cintura dotata di un piccolo pene d’oro e la pose sul piatto. Adesso finalmente il peso dell’oro e quello del morto si uguagliavamo. Ma Achille non taliava più l’oro, taliava solo il corpo di Polissena . E sotto lo sguardo arrapato dell’eroe, la cui ciolla era tisissima, la donna si ni tornò nuda verso la porta di Purceddopolis. Quella notte Achille si sfogò Briseide, ma la chiamò sia Patroclo che Polissena. La chiamò Patroclo quando ci la mittia nel retropacchio, Polissena quannu ci la intappava nel pacchio. I piedi, le gambe, le cosce per cui è giusto morire, il culo, il pube, i fianchi, i seni, le spalle, il collo delicato, le mani e quegli occhi che mi fanno impazzire, quel modo di muoversi raffinato, ed i baci profondi, incomparabili e i gridolini che amo... Se anche è una provinciale, una Flora, e non sa cantare i versi di Saffo, ebbene, anche Perseo s'innamorò, una volta, di Andromeda, indiana. Antologia Palatina Ad aiutare Purceddopolis arrivarono le Amazzoni, donne belle ma poco femminili nel carattere e nei modi. Achille , dopo aver battuto la regina in combattimento, preso da improvviso attacco erotico la stuprò , anche se quella era già morta. Questa fu una delle tante che fece l’eroe. Ne fece di cotte e di crude l’eroe dalla ciolla mortale. E fu proprio la regina della Amazzoni, la bella Pentesilea, che ne causò la morte. Le Amazzoni si mettevano un veleno , il Thanathosphallus” , davanti al pacchio e se qualcuno le violentava o tentava solamente la violenza, s’infettava. Il veleno agiva lentamente, ma alla fine l’uomo ne moriva. Bastava il contatto tra la coppola e filazza. Ed era fatta. Il veleno dalla ciolla risaliva al cuore e alla testa e l’uomo alla fine crepava. Per disgrazia di Achille, immortale in tutto tranne che lì , l’eroe si avvelenò la ciolla. Tersite, che lo vide nell’atto di praticare la necrofilia, lo pigliò in giro. Sia da solo che davanti agli altri. << Achille per farsi una femmina aspetta che quella sia morta.. anzamai si lamenta delle sue prestazione frocesche..>> Achille, iperincazzato, lo ammazzò. E ammazzò, con il veleno che già lo logorava , l’etiope Memnone. Ma l’eroe, nel fare queste cose, aveva un pinsero fisso. In testa tinia a Polissena. Ma non solo quella. Da osservatore si era appitittato anche ad Elena. La bella figlia di Zeus dal pacchio spilato lo aveva ingrifato. E una notte, di nascosto, trasiu a Purceddopolis e , sempre di nascosto, iu a truvari a Elena. Naturalmente si la fici. Era la seconda fottuta dopo quella della notte del matrimonio. << Elena, protopacchio tra i pacchi, protosticchio tra gli sticchi.. goditi la mia ciolla mortale...>> << Sì...>> disse Elena che era da sempre bendisposta verso qualsiasi ciolla. E tanto fici e dissi, l’immortale Achille dalla mortale ciolla, ca si trummiò pure a Polissena. Tutto successe nel tempio di Apollo. << Polissena.. fatti imminchiare questa minchia d’amore che arde e imminchia per la domus mentula...>> << Qua.. sotto la ciolla d’Apollo....>> rispose lei piazzandosi sotto il simulacro del dio Apollo.. << Dovunque, comunque e ovunque... l’importante che è che mi fai imminchiare la minchia..>> << Si.. ma sotto la sguardo d’Apollo e della sua ciolla ..>> Ma lì, dopo la mortal fottuta, una freccia tirata da Paride, lo acchiappò nello strumento del piacere. L’unica parte mortale del suo corpo. Achille , in preda alla felicità , aveva confidato il segreto a Polissena. E quella lo aveva raccontato a Paride. Così, per un freccia nell’aceddu, l’eroe si spense. Ma in realtà era già un morto vivente. Fu Pentesilea la vera assassina e non Paride. La freccia uccise quello che era già in fase morente. Ma tra l’arrivo della freccia pseudoassassina e la morte vera Achille fece strage di nemici. Paride voleva violare il corpo dell’eroe, ma Polissena lo convinse a rinunciare. << Non fare il necrofilo..>> << No sorella.. io non voglio farmelo.. voglio solo deminchiarlo..>> << Lascia perdere.. fallo per me... fallo per amore mio…>> << Per amore mio in che senso?>> << Per amore mio nel senso di quell’amore che una volta ci unì..>> << Allora sì..>> Polissena era stato il primo pacchio di Paride. Alla fine il figlio di Priamo si accontentò di mettere alla mortale ciolla dell’eroe immortale morto a causa di quella parte mortale un nastrino rosa con un bigliettino. << Vai nell’aldilà e salutami mio fratello Ettore… ciolla mortale come le altre..>> Le sue ceneri furono ammiscate con quelle di Patroclo dintra la stessa urna in un amplesso eterno. << Atomos con atomos…>> Sulla morte di Achille Homerino scrisse un poema intitolato Achilleide , Mhassymylyano un Carmen intitolato Cor unun et mentula una , e il solito Santhokriso un romanzo. Cent’anni da Achillazzo. Priapo taliava, ficcava e meditava. Un colpo di minchia a destra ed era pro Purceddopolis. Un colpo di minchia a sinistra ed era pro Munipuzos. Ma la scadenza si stava avvicinando. Stava arrivando il momento di schierarsi ufficialmente. Di presentarsi , armi alla mano, al campo dei Munipuzici. E di mettere la sua arma al servizio di Munipuzos.. la sua polis.. la città che gli aveva dato mille figli cazzuti che erano parte integrante del suo progetto. Come dicevano i matematici, quei mille picciotti erano la condizione necessaria e sufficiente al progetto di Priapo, il dio dei bordelli, che voleva fare carriera e andare oltre… Priapo cantò felicissimo come una minchia felice e un cunno contento: << Se volete ch’io mi schieri.. Se risolver deggio io, lasciate alla mia minchia Tempo di chiavar, spazio ficale onde possa Riconoscere se stessa... E riconoscer da che parte andar...>> Aiace Teladoinmona sciu pazzu per una superincazzatina legata alle armi di Achille. Lui aveva riportato al campo il corpo dell’eroe, evitando eventuali profanazioni. Ma Odisseo l’aveva protetto con le sue armi. La contesa finì a favore di Odisseo, abile linguista. E Aiace minacciava minnitta. Solo che impazzì. E da pazzo feroce fece strage di animali pensando di ammazzare i suoi compagni. Ritornato in sé, per la vergogna si suicidò buttandosi sulla sua spada. Intanto Neottolemo, figlio di Achille, si unì ai Munipuzici. << Per vendicare mio padre…. Io devo fare quello che lui non ebbe il tempo di fare.. Astianatte deve crepare e Andromaca deve diventare schiava mia.. anzi del mio aceddu.. mi deve cagare tanti figli a mia.. il forno dove seminava Ettore deve essere seminato dal sottoscritto…>> E finalmente arrivò anche Priapo. Col suo esercito personale di Satiri, Sileni e Menadi. Le Menadi, le donne invasate di minchia. I Satiri, figli di Ermes e della ninfa Iftime, con le loro cosce caprine, le orecchie a punta, coda di cavallo, corpo villoso e ciolla grande e sempre tisa. Sempre intenti a suonare il piffero, la siringa, la zampogna o il flauto.. e tra una suonata e l’altra suonavamo lu battagghiu di carne dentro qualche pacchio. I Sileni facevano le stesse cose. Solo che avevano un aspetto equino. Il colorato, lussurioso corteo , mise la gioia in tutti i sensi ai Munipuzici. Il dolore dei soldati che ancora piangevano la morte di Aiace Teladoinmona si tramutò in un inno di gioia. Lo riconobbero subito. Il “ segno” era evidente. E le parole erano state chiare. “ In questo segno vincerete”. Quella comparsa divina voleva infatti dire due cose. La fine della guerra era vicina e soprattutto che avrebbero vinto. << Viva Priapo.. Purceddopolis è fottuta…sotto questo “ segno” vinceremo…>> Fu portato in processione e festeggiato per tutta la notte. Priapo si stava quasi siddiannu. Tutto quel casino per niente. Non lo stavano manco a sentire. Alla fine, era già l’alba, gli chiesero: << Voscenzasabbinirica, vasamu la minchia, dio dei bordelli.. Ma dicci, cosa posiamo fare pi tia?>> << Portarmi un pacchio per scaricarimi li baddi…>> << Subito.. ti lu iemu a pigghiari..>> << Dateci Elena che forse lui la soddisfa...>> << Me la sono già fatta .. la notte del matrimonio..>> << Minchia.. anche lui.. qua tutti si la sono fatta tranne io..>> pinsò Agaminkione, << Scherzavo.. io sono qui per l’attacco finale… per guidarvi e ispirarvi.. ma a Elena però mi la sono fatta veramente.. giuro sul mio aceddu..>> << Dicci quello che dobbiamo fare.. dicci la strategia da seguire.. indicaci con la tua arma micidiale la strada che dobbiamo seguire..>> << Voi dovete costruire un Priapone di legno alto alto e vuoto di dentro… ma soprattutto con la minchia mobile….>> << Come, con la minchia mobile?>> << Col minchia tisa sì ma anche ca si possa abbassare. E chista minchia deve arrivare fino a terra quannu è calata. Dentro deve essere vuota e contenere una scala. E la coppola deve essere scoppolabile… >> << La coppola scoppolabile?>> << Sì.. perchè quel priapone sarà l’arma segreta per prendere Purceddopolis…>> << L’arma segreta?>> << Sì… voi farete finta di ritirarvi e invece vi nasconderete nel bosco di Mynkyalonya… Io e migliori di voi ci ficcheremo dentro il Priapone.. e lasceremo un messaggio che dice quanto segue “ A Priamo e al suo popolo.. da parte di Agaminkione e dei suoi alleati.. noi ci ritiriamo.. questo è il nostro regalo per voi.. facciamo la pace… costruiamo il ponte… questo è il Priapone che metterete dalla vostra parte.. noi ne costruiremo uno simile.. pace.. pace.. pace .. in nome di Priapo.. pace agli aceddi dei soldati.. pace ai pacchi delle loro donne … se guerra dev’essere, dev’essere solo cunnomentulamachia.. per il resto pace.. e iniziamo invece a costruire il ponte.. il ponte della pace e dell’amore.. il ponte bimentula… il nuovo segno della pace sarannu due minchie che si danno la mano.. anzi, che si toccano le coppole.. pace desideriamo.. e che sia…” Loro ci crederanno.. porteranno il Priapone dentro.. e la notte, mentre loro dormono, noi usciremo dal Priapone e apriremo le porte .. e finalmente Purceddopolis sarà vostra in tutto e per tutto.. la distruggerete e dei purceddopoliti farete quel che vi aggrada .. parola di Priapo.. ricordate le parole “ In questo segno vincerete”.. Ebbene, in questo segno vincerete…>> concluse il dio dei bordelli tenendosi in mano l’augello eretto. Ci fu un duello singolare tra i due cazzi di Elena. La ciolla maritale e l’aceddu dell’amante. Minkialao contro Paride . Un bimentulamachia per decidere le sorti della guerra. Paride credeva veramente in quel duello, Minkialao no . A parte ca si ni futtia di Elena, lo stava facendo solo per recitare la parte dell’uomo offeso nell’onore. Solo per teatro. Se avissa perso il duello, i Munipuzici avrebbero portato avanti lo stesso la guerra e il progetto del Priapone. I due contendenti si presentarono in armi sotto lo sguardo dei Munipuzici schierati ai bordi del campo e i Purceddopoliti affacciati alle mura. << Fate un bel corpo a corpo…>> gridavano gli uomini. << Combattete nudi..>> gridavano le femmine di Purceddopolis. Le armature in effetti erano ingombranti. E a poco a poco i due si spogliarono. Alla fine restarono con lo scudo, il cingilombi e la spada. Ma nella foga della lotta persero prima lo scudo e poi la spada. << Lottate con le mani… >> gridarono tutti. << E soprattutto nudi… mettete in evidenza lo strumento che conosce solo Elena…>> gridavano le donne. << Minkialao.. facci vedere il pisellino abbandonato da Elena per la clava di Paride…>> gridavano i maschi di Purceddopolis. << Minkialao .. fatti valere… dimostra la tua superiorità scannannu Paride e rompendogli il culo…>> gridavano i Munipuzici. Nella realtà Paride combatteva per Elena veramente, ma Minkialao faceva solo una recita. Il suo cuore e la sua ciolla battevano per Ifigania. Infatti Paride era tiso di muscoli e d’aceddu e Minkialao solo di muscoli. Paride con un gesto a sorpresa ci scippau il cingilombi a Minkialao. Tutti risero. L’aceddu non volava ma pinnia e basta. Minkialao fece lo stesso. Ma fu una autoinculatura. La ciolla di Paride era in armi. Tute le donne presero a gridare il suo nome. << Paride.. Paride.. Paride.. siamo tutte con te..>> Elena rise. Rise del marito inerme e dell’amante focoso. Deifobo rise del marito ma s’ingelosì del fratello. Anche Eleno s’ingelosì. Di Paride e Deifobo. Dalla parte dei Munipuzici ci furono commenti salaci. <<Minkialao di nome e di fatto..>> fu l’espressione più pulita. Solo Ikazzonio pinsò all’amato zio. Ma nessuno sapeva che quel mascolo effeminato era Ifigania. Tutti pensavano a una storia frocesca. Intanto la lotta ia avanti . Ad un certo punto Paride mise sotto Minkialao. Ci si assittau na la panza e lo stava strozzannu. Ma quello, non potendosi addifenniri con le mani, si addifesi con la ciolla. Che diventata tisa puntò al culo del purceddopolita. << Ti lo rompo come tu ci lui rumpiti alla mia signora con l’inganno..>> Ma quello, a sentire l’augello tuppuliare, sautò per aria. Minkialao ne approfittò per rimettersi in sesto. Con la ciolla tisa anche lui. Ciolla che era più piccola di quella di Paride. E tutti a commentare. Minkialao minchianica, Paride ciollabeddaranni . E quelli sempre a lottare. Minkialao, con un colpo da maestro, ci l’acchiappò a Paride e si mise a gridare come un ossesso. << Ti la scippu la ciolla profanatrice…violatore di cunni domestici.. attentatore della fimminina virtù.. creatore di corname storico e mitologico...>> E attaccau a tirare. << Scippa.. scippa.. Così poi la ciaurii.. fa ancora odore del pacchio di tua moglie.. proprio prima di scinniri a combattere ci l’haiu ficcato con sommo piacere reciproco nel pacchio .. ti lo ricordi spilato era..>> Con l’altra mano Paride strinse così forte il polso di Minkialao che quello lasciò la presa. Poi ci desi na mazzata e lo fece inginocchiare ai suoi piedi. Per un attimo Minkialao ebbe la ciolla tisa di Paride sotto il naso. << Lu sentisti il ciauro del pacchio di tua moglie?>> << Bastardo.. bastardo di testa e d’aceddu…>> rispose Minkialao tentando di rialzarsi. Ma Paride , con una mossa a sorpresa, lo fece cadere a pancia in giù e ci si assittau sul culo. << Anzi, sai cosa mi disse di preciso Elena. Facci sentire l’odore del mio pacchio e chiedigli se se lo ricorda ancora… >> << Bastardo…>> << Bastardo io.. bastardo tu.. fammi finire…Elena mi ha detto di chiederti una cosa.. un segreto direi…>> << Cosa? Bastardo tu e buttanazza lei..>> << Se era chiù ciauruso il suo pacchio o quello di Ifigania..>> << Buttana e bugiarda… non è vero….e tu non puoi credere alle sue bugie…>> << Lei ti ha visto intanto che tu ti trummiavi a tua nipote..>> << Impossibile..>> << Impossibile perché non è vero o perché vi vedevate in un posto segreto…>> << Impossibile perché.. perchè non è vero…>> << Bugiardo.. Elena ti ha visto perché io ti avevo visto.. io l’ho condotta la dove tu e Ifigania facevate ficca ficca..>> << Curnutu.. anzi curnutazzu…pensa a stuppari li pignati tuoi e lassa stare i coperchi sopra le pentole degli altri..>> <<Cornuto è un titolo ti appartiene….e tuo .. non mio.. e adesso te ne apparterrà un altro… già ti appartiene ufficiosamente.. tutti dicono che sei un culo rotto.. che ti la fai con Ikazzonio… ma adesso io te lo sfonderò ufficialmente..>> Paride mise il suo regale augello contro il reale culo . << Balle. .il mio culo è sano.. quella che tutti chiamano Ikazzonio è una femmina..>> La sorpresa stavolta mise in crisi Paride e Minkialao ne approfittò per rovesciare la situazione. Stavolta Minkialao acchiappò l’arnese del nemico con entrambi le mani, E tirò con forza erculea. Quello gridò per il dolore. Gridò così forte che i timpani di Minkialao tremarono. E per il dolore quello lasciò la presa. La lotta ia avanti e non finiva. Fu un temporale di quelli mai visti che mise la parola fine al combattimento. L’acqua cariu a minchia cina e il vento e la nebbia ficiru scuru in pieno giorno. Lampi e tuoni scassanu aricchi, palli e tutto il resto. I combattenti continuanu a lottare ma si persunu di vista. Lottaunu sì , ma contro l’aria, l’acqua, il vento e la nebbia. << Zeus nun voli ca unu di li dui mori..>> fu il commento generale. Il Priapone fu costruito sotto lo sguardo divertito degli abitanti di Purceddopolis. << Non sapendo che fare, i strunza fanno un pupo di legno…giocano a fare i picciriddi…>>> disse Paride al padre. << A Munipuzos sunu specialista nel fare i pupi siciliani… e una polis di pupi e pupari.. anche se spesso non si capisce cu è lu pupu e cu è lu puparu.. come per il premio Pattuallopolis… nun si capisci chi dici la verità e chi dice minchiate a minchia cina…>> << Agaminkione è il puparu…e di mia vulia fare la sua pupa..>> disse Elena. << A tia deve ancora nascere chi ti fa a pupa … sei tu la pupara ma anziché i fili tu usi il pacchio per manovrare gli uomini.. più che pupara sei pacchiana.. sticchiara.. cunnara.. e roba simile…>> disse Priamo. << No padre.. lei è forse pupara ma è anche pupa.. per metterla in movimento non ci vogliono fili ma un battagghiu ca la scampanii al meglio.. e lei diventa la pupa più bella e brava dell’universo intero..>> << Ma… sarà come dici tu.. ma intanto sono loro che costruiscono il pupo..>> aggiunse Deifobo, il fratello di Paride, che avrebbe voluto essere il puparo della bella Elena. Priapo dirigeva i lavori della costruzione del Priapone. Soprattutto s’interessò alla costruzione della ciolla lignea con scala interna e coppola scoppolabile. La chiese grossa, lunghissima e soprattutto con una coppola enorme. << Voglio un minchione con un coppolone…>> diceva ai costruttori. Fu accontentato. Finalmente arrivò il giorno in cui l’enorme pene doveva essere attaccato al pupone. << Deve funzionare come un ponte levatoio… le catene che escono dalle spalle devono tenere la ciolla verso l’alto. Puntata al cielo. Ma devono anche abbassarla per consentire agli uomini di scendere a terra.. a uno a uno , come tanti spermatozoi, devono sciri per fottere i Purceddopolis .. e la coppola si deve scoppolare come una porta automatica…per fare uscire gli uomini spermatozoo…>> I purceddopoliti, vedendo l’enorme fallo che i Munipuzici stavano assemblando al pupone, capenu ca era un omaggio a Priapo. << Rendono omaggio al loro patrono..>> dissero tutti. << Forse è una nuova arma…magari ispirata…>> disse Priamo. << Magari vogliono abbattere le mura a colpi di minchia..>> disse Paride. << Oppure Minkialao, visto che io non ho gradito la sua, mi voli immolare su quella del pupone..>> aggiunse Elena ridendo a bocca aperta e a pacchio spalancato. << Ti lu dassi io il pupone nel pacchione..>> pinsò Deifobo. Tutti comunque ammiravano il pupone. E curtigghiavano. << Lo starà costruendo Dedalo… magari è quello del ponte… magari.. è così.. è colà.. è accussì.. è accuddì..>> Homerino scrisse, naturalmente in greco, la Minchieide, Mhassymylyano il Carmen Mentulae lignis e il Santhokriso, il romanzo Cent’anni di minchiadilignu. Socratino si fece la solita domanda. << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere e avere una minchia di legno, a che minchia serve vivere aspettando che il legno s’infracichi se quello che si ha è solo una minchia di legno?>> Quella notte Odisseo e Diomede , travestiti da mendicanti, trasenu a Purceddopolis e con furbizia estrema si ienu a futturi il Palladio. Incontranu ad Elena e si ficinu na bella discussioni. La fimmina li aveva riconosciuti ma non li addenunziò. Anzi, ci desi viveri e regali vari. E intanto che c’era ci desi pure il pacchio. Tutte e due in un colpo. In quella caverna carnosa c’era posto pure per due aceddi simultaneamente. Tornati al campo raccontarono ogni cosa. Compressa la parte pilusa in tutti i suoi particolari. << Minchia.. solo io nun ci la putii ficcari a Elena ..>> pinsò amareggiato assai assai Agaminkione. Venne fuori un animata discussione. Il risultato fu che tra i capi , l’unico che veramente non aveva visitato il pacchio di Elena la bella, era lui. Agaminkione di nome e di fatto. Gli alti si l’erano scopata. << O forse e lei che vi ha scopato..>> disse Agaminkione provocatorio. << Non ha nessuna importanza se è stata la chiave a cercare la porta o la porta a cercare la chiave... non ha nessuna importanza.. quannu un uomo scopa una fimmina nello stesso momento la fimmina si scupa l’uomo.. è uno scopamento reciproco...>> disse Filottete Fottettete. << No.. lu manicu di la scupa lu tenui l’omo.. l’omo scupa e la fimmina si fa scupari..>> precisò Odisseo. << No.. non nel caso di Elena.. non voi vi siete scopati lei.. è lei che s’è scopata voi..>> << Senti beddu>>> intervenne Odisseo incazzato..<< o io o idda chi importanza ha? Sta di fatto che io me la sono incunnata e tu sta minchia,,>> Questa battuta mannò su tutte le furie Agaminkione che si allontanò santiannu come un pazzo. Minkiacalcante aveva dettato le condizioni necessarie sufficienti per la conquista di Purceddopolis. Una era quella di privare Purceddopolis della protezione del Palladio. Priapo aveva un solo aceddu e solo per una delle polis contendenti poteva schierarsi. E il Palladio era stato rubato. Poi ci voleva Filottete. E pure iddu fu recuperato. E fu proprio Filottete, che con una freccia del suo mirabile arco, ammazzau lu beddu biddazzu Paride. Più che ammazzarlo lo ferì. Lu pigliò nel culo, nello stesso posto dove era finito a suo tempo il sosia di Zeus. << Ahi.. >> gridò il principe di Purceddopolis. << Purtamulu dalla moglie vecchia.. la ninfa Enone.. forse lei lu poli guarire..>> dissero i familiari. << Non posso .. è tardi.. >> disse quella taliando il bel Paride e pinsannu a come ci piacia minkiolare nel suo minkialiere. Ma era passato tanto tempo che era rimasto solo il ricordo. Quello si era appitittato alla puttana frustera e quella si lo era spurpato vivo. Col suo pacchio spilato lo spilava , pilo pi pilo, fino a consumarlo. Tutti la ammiravano la puttana frustera. E la rispettavano e desideravano. In fondo in fondo era figlia di Zeus. E forse la buttana frustera ci facia pure li corna al suo bela Paride. Oltre a cacarci tanti carusi forse si facia cacare nel suo cacatore anche aceddi di autri masculi di famiglia e no . Ettore si era preso una sbandata pi la carusa, Deifobo pazziava, Eleno smaniava. E pure il vecchio Priamo si era appitittato a quel pacchio spilato della nuora. Ma anche Enea, il cugino acquisito, si era addumato per la bella cugina. <<La buttana figlia del buttaniere..>> diceva sempre Enone che era stata a suo tempo incunnata anche dal famoso buttaniere per eccellenza. E da sempre malediceva sia il padre che la figlia. E per odio e minnitta si era arrifiutata di salvare il proprietario di quell’aceddu che a suo tempo aveva amato nidificare nella sua tana. Accussì, per un pacchio pigliato dall’odio, Paride muriu. E dopo la morte del picciotto, la bella Enone, pentita, si ammazzò. Fu dunque Enone l’assassina del bel Paride e non Filottete. La ferita era curabile, ma Enone non la curò per scelta. Per libera scelta. << Odio et odio.. come è bello odiare..>> dissero in tanti. Ekuba , saputo ch’ebbe della morte del figlio, gridò: <<Ahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh... muriu lu figghiu miuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu.. Paride. Ihhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh.. muriu lu figghiu miuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu.. Paride. Ohhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh.. muriu lu figghiu miuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu.. Paride. Ehhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh.. muriu lu figghiu miuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu.. Paride. Uhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh.. muriu lu figghiu miuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu.. Paride. >> Si fermò un attimo . Poi riprese. <<Ahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh hhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh hhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh hhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh................ Paride...>> Nuova sosta e grida ancora chiù strazianti. << AAhhhhh hhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh hhhhh..... PARIDEEEEE..................... A hhhhhhhhh hhhhh..... PARIDEEEEE.................... A hhhhhhhhh hhhhh..... PARIDEEEEE.................... A hhhhhhhhh hhhhh..... PARIDEEEEE................... A hhh hhhhhhhhhhhhhhhhhhhh A hhh hhhhhhhhhhhhhhhhhhhh A hhh hhhhhhhhhhhhhhhhhhhh >> Sul dolore della regina Homerino scrisse un poema doloroso dolorosamente addolorato intitolato: Ekub A hhhhhhhhh PARIDEEEEE a: A hhh hhhhhhhhhhhhhhhhhhhh hhh... Sul dolore della regina Mhassymylyano scrisse un Carmen doloroso dolorosamente addolorato intitolato: Ekub A hhhhhhhhh PARIDEEEEE. a: A hhh hhhhhhhhhhhhhhhhhhhh hhh... Sul dolore della regina Santhokriso scrisse un romanzo doloroso dolorosamente addolorato intitolato: Cent’anni con Ekuba: AAhhhhh hhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh hhh. PARIDEEEEE Il famoso filosofo Socratino da Munipuzos si pose una domanda. << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere felice e avere una minchia altrettanto felice, a che minchia serve vivere felice e avere una minchia felice se poi a scassarti la minchia ci sta Ekuba col suo dolore capace di addolorare anche la minchia più minchia tra tutte le minchie di quest’universo a minchia?>> Manco il tempo di fare il funerale che i mascoli si misero in testa l’idea di conquistare Elena. Alla fine i pretendenti si ridussero a due. I cognati Eleno e Deifobo . La spuntò quest’ultimo. Dopo Teseo, Minkialao e Paride, questo era il quarto marito. Marito ufficiale o ufficioso. Perchè di cazzi e minchie, o meglio di passeri, in quella cacatera ch’era la sua passera ne avevano nidificato a iosa. Ma Elena aveva diritto ad un quinto marito. Quello l’aspettava nell’aldilà. Il solito Homerino, sulla morte del principe di Purceddopolis, scrisse anche la Paridiade, Mhassymylyano anche il Carmen Alexandros e il Santhokriso un romanzo intitolato Cent’anni da Paridazzo . Socratino da Munipuzos si pose una nuova domanda. << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere come Paride e avere una minchia da infilare a Elena, a che minchia serve vivere da Paride e non infilare la propria minchia nel pacchio di Elena? >> Eleno sapeva che non sarebbe stato prescelto come nuovo marito della bella Elena.. E pi minnitta si fici futtiri dai Munipuzici , nel senso che si fici fare prigioniero. Era un indovino come la sorella Cassandra, e da buon indovino indovinava . << Io so quello che dovete fare per fottere e catafottere Purceddopolis..>> << Scassare il culo a quelle mura.. aprire quel buco di culo del portone..>> risposero i capi dell’esercito Munipuzico. << Nonsi.. signori miei.. per fottere Purceddopolis dobbiamo ficcare il nostro aceddu alle donne di Purceddopolis…>> precisò Odisseo. << Per fottere Purceddopolis dovete avere con voi Neottolemo, Filottete e il Palladio… soprattutto il Palladio… e poi, lo dico per ultimo, ma è la cosa più importante, dovete avere con voi Priapo.. in spirito, carne e ossa... Ma soprattutto in minchia..>> << Già fatto..>> rispose Odisseo. << Già fatto? >> chiese con la faccia del coglione sommo Eleno. << Sì.. io sono Neottolemo simenta d’Achille.. e con la mia minchia farò scintille..>> disse Neottolemo facendosi avanti. << E io sono Filottete Fottettete e col mio aceddu farò chiù dannu di mungibeddu. >> disse Filottete facendosi avanti. << E questo è il Palladio.. un Priapini con tanto di minchiolino che però sapi fare un granni casino..>> disse Agaminkione facendo vedere l’oggetto sacro in questione. Eleno taliava rincoglionito quannu intisi una botta al culo. << Cu è ?>> chiese. << La quarta condizione.. necessaria e non sufficiente alla vittoria ma necessaria e sufficiente a rompere il culo a tia e a tutti i Purceddopoliti..>> Eleno si girò. << Ihhhh.. ahhhh.. uhhhh.. ehhhh.. ohhhh..>> esclamò. << E io sono Priapo e questa è la mia minchia...>> Eleno visti na minchia tridimensionale lunghissima e grossissima. Percorrendo con lo sguardo il mostruoso membro arrivò alla base dello stesso e risalendo fino alla faccia taliò negli occhio il proprietario dell’inusuale fallo. Sapeva già il suo nome: Priapo. Quello era un dio gentile e s’era presentato. Ma lui l’avrebbe riconosciuto . E per riconoscere Priapo non era necessario essere un indovino. << Minchia.. sua divinità Priapo.. il dio dei bordelli.. vasamu li manu e la minchia.. Priapo beddu di facci e d‘aceddu..>> <<Grazie.. grazie.. grazie per avermi riconosciuto.. anche se io mi ero presentato.. ma ti ricordo che tu sei qua pirchì non potesti avere Elena… Per una fica hai tradito.. solo e soltanto per una fica… una fica..>> << Tutto si fa per la fica..>> rispose Eleno. << Ha ragione Orazio.. già prima di Elena la fica fu causa di orrenda guerra.. e lo sarà anche dopo.. la guerra è sempre combattuta per la fica.. da parte di tanti cazzi.. o di tante teste di cazzo.. che si scannano amabilmente per una fica…>> Parole sante quelle dio Priapo. Ma interrotte da Eleno. << Dimenticavo l’osso..>> << L’osso?>> << Sì.. un cert’osso d’avorio di un certo Pelope…>> << Minchia.. l’osso della minchia di Pelope… o meglio.. la ciolla d’avorio.. questa non l’abbiamo..>> << Quel cert’osso lo dovete portare dentro Purceddopolis.. dev’essere con voi quando, non so in quale modo , prenderete quella che fu la mia adorata polis..>> Fu organizzata una spedizione segreta per recuperare, dalla tomba di Pelope, in tempi brevissimi e nel più assoluto riserbo, la sua ciolla d’avorio. In poco tempo il necrofilo trofeo fu in mano ai Munipuzici. E fu affidato ad Odisseo che era uno dei membri dell’equipaggio che doveva trasiri all’interno del Priapone. Homerino scrisse un drammone in setti libri dal titolo Alla ricerca del phallus perduto , Mhassymylyano il solito Carmen, Pelopepilus, e il Santhokriso un romanzo dal titolo Cent’anni per una minchia. Socratino da Munipuzos si pose la solita domanda. << La vita era una, come la minchia d’avorio, e se non era un piacere vivere e avere una minchia d’avorio, a che minchia serve vivere senza una minchia ma avere il compito di trovare la minchia d’avorio di Pelope? Una mattina, al risveglio, le trombe e i tromboni dei soldati di guardia alle mura di Purceddopolis, suonarono l’allarme. << I Munipuzici sono andati via… l’accampamento è stato smantellato.. è rimasto solo il pupone di legno…>> E scienu per andare a vedere. Il re, la regina, parte dei figlioli, parte della corte, e un certo numero di militari e curiosi. << Minchia.. si ni ienu veramente.. mancu veru mi pare…>> disse Priamo. << E stu pupone pirchì l’ana lassatu?>> si chiese Elena. << Per rendere omaggio alla tua bellezza..>> ci disse piano all’orecchia sinistra Deifobo , il nuovo marito, che era veramente un drogato di pacchio elenino. << Abbruciate il pupone…o il pupone ci la metti in culo a tutti noi... >> gridò Cassandra. << Ti piacissi..>> ci disse piano all’orecchia Deifobo, che tante e tante volte l’avia misu là a sua sorella. << Non sparare minchiate, figlia mia…il pupone rappresenta Priapo… non possiamo mettere al rogo il simulacro di un dio…abbiamo perso il Palladio.. e allora onoriamo il Priapone di legno.>> rispose il padre. << Portiamolo dentro e rendiamogli onore… magari con una edizione straordinaria della feste priaprine… per festeggiare la fine della guerra.. per festeggiare il ritiro dei Munipuzici.. e soprattutto per festeggiare Priapo.. il dio del piacere…>> gridò il popolo presente. Le feste priapine finivano sempre con riti orgiastici di massa e il popolo partecipava sempre volentieri Alle processioni falloforiche faceva sempre seguito una policunnomentulamachia di massa. Fu per volontà popolare, anche s col beneplacito di Priamo, che il Priapone fu portato dentro. Ma appena lu muvenu cariu la pergamena che stava abbannunata sulla coppola della minchia. << Bihhh.. ci sta posta per noi..>> disse Priamo. << E cu ci scrivi? Priapo in persona usando la sua ciolla come pinna? Oppure ci scrivono i capi Munipuzici?>> chiese ironica Elena. << Senti bedda… se tu credi ai miracoli può darsi che ci scrive pure tuo padre Zeus.. ma pi mia è Agaminkione o qualche suo alleato… o forsanche tutta la combriccola degli alleati fuggenti...>> Il messaggio fu letto e approvato da tutti con un applauso. << Portiamo Priapo dentro e onoriamolo sia con le parole che con i fatti… fino a quando non lo collocheremo nel posto a cui e destinato.. il ponte della pace, il ponte bimentula. >> << Abbruciate il pupone…o il pupone ci la metti in culo a tutti noi... >> rigridò Cassandra. Con fatica, tra canti e balli, ma anche preghiere e pur’anche maledizioni da parte di qualcuno avverso, il Priapone fu portato nell’agorà principale di Purceddopolis. Fu una fatica immane trascinarlo per la strada larga ma polverosa che dalla Ciaulide portava alla polis. La strada era in salita e il simulacro ligneo era pesante e imponente. Le corde, lunghe cento priapometri, erano tirate dai più possenti mascoli di Purceddopolis. In cingilombi, sotto il sole cocente della Sicilia a luglio, tiravano e sudavano. << Uno, due tre.. forza.. Per Priapo.. per il Priapone.. per il suo Priapazzo.. emu avanti almeno quantu a lu nostru cazzu…>> gridava il capo cordata con tutta la forza che tinia dintra. E gli altri tiravano. << Cazzu tisu o cazzu moddu? >> chiedeva il solito spiritosone. << A misura di cazzu tisu facemu prima... a misura di cazzu moddu mancu dumani arrivamu...>> puntualizzò l’architetto Korinzio Hionicus. << Abbruciate il pupone…o il pupone ci la metti in culo a tutti noi... >> rigridava Cassandra. << Dicitrici di smettere a questa rompicoglioni.. che vada a scassandrarsi dove minchia vuole.. ma che non ci scassandri i padiglioni auricolari a noi..>> disse il capocordata. Alla misura di un cazzo di mascolo, un cazzo alla volta naturalmente, il simulacro ia avanti. E il corteo tutto faceva un passo avanti. Il priapone si annacava su quel percorso non proprio pianeggiante. Ma la cosa che più si annacava era la ciolla imponente che puntava al cielo e che andava al di là della realtà del vero Priapo e delle sue rappresentazioni. Questa ciolla eretta andava oltre la testa del simulacro, molto oltre. Era una super mentula che puntava al cielo. Dopotutto doveva formare la metà di quell’arco ideale che avrebbe sormontato il ponte tra Purceddopolis e Munipuzos. Quella ciolla ondulava ora a destra ora a sinistra ma poi, miracolosamente, tornava al centro. Le catene che uscivano dalle spalle del Priapone svolgevano il loro compito in maniera efficiente. Accussì, in piena notte, il Priapone arrivò sull’agorà. Tutti festeggiarono quella notte. A base di minchia e pacchio. Deifobo soprattutto passò buona parte della notte infilato nel pacchio spilato di Elena. A dire il vero si addormento che lo teneva dentro. A non dormire completamente ci pinsau Elena. Quel Priapone per lei era un trucco. << Pi mia è comu l’Ovo di pasqualesa.. dintra ci sta la sorpresa..>> Pasqualesa era una festa popolare in cui ci si regalava uova di carta pesta colorata con dentro la sorpresa. Un regalino ma non solo.. l’Ovo poteva anche contenere una sorpresa negativa.. a volte anche offensiva o ingiuriosa… Lo zito regalava alla zita un ovo con dentro una Ciolladuci con annesso gioiello. La Ciolladuci era un dolce locale ed era il segno che il picciotto la inciollava già. La zita regalava allo zito un Ovo con dentro un talamo. Era la richiesta informale di matrimonio. Come dire “ Sposami presto.” Ma andavano anche le uova al negativo. Tanti mariti ricevevano uova anonime con dentro delle “ Cornamentule “. Piccoli dolcetti a forma di corna a sua volta falliformi. Più assai erano, più quello era cornuto. Alle donne arrivavano spesso profferte amorose. Un ciondolo rotondo e una collana per esempio era il regalo tipo. Il prototipo dei regali ad hoc. A secondo del mandante poteva trattarsi di oro, argento o rame. La grandezza del ciondolo stava a dire “ io ci l’haiu rossu tanto.” La lunghezza della collana aveva a che fare con la lunghezza della ciolla. Ma come detto ci stavano anche Ova cini di merda o altre porcherie. Anche Cassandra non dormì quella notte. Infilata nel letto di un fratello profetizzava sventure acide. Ma tra una profezia e l’autra si consolava facendosi ficcare l’aceddu nel suo profetico e divinate pacchio. Non dormi neanche Enea. Lui sapeva il suo destino. Aveva avuto una soffiata dalla madre Afrodite. << Il tuo destino è in Italia.. tu non sei un italiano di Sicilia ma un italiano d’Italia.. tu vali chiù assai di autri.. così dice un noto ideologo di codeste parti …non sei di quelli sutta Messina ma di quelli supra Rhegium.. il tuo destino è seminare un popolo di eroi… tu portatore della simenta afroditina darai simenta d’eroe…nei tuoi coglioni ci sta un impero.. ci sta Roma.. ci stanno quelli che faranno del Mediterraneo il Mare Nostrum….tutto questo nelle tu balle, caro figlio mio….>> Questo, nella sua testa d’Eneide, voleva dire che Purceddopolis era finita. Dopo aver passato parte della notte tra le cosce della moglie Creusa, la figlia di Priamo che gli aveva cacato il bell’Ascanio, disse la solita frase. << Vado a vedere come sta papà..>> E presa la sua coffa uscì. Dentro la coffa ci stava il Palladio. L’originale. Enea intendeva, come al solito , andare dal vecchio Anchise. L’uomo mortale che si l’era fatta con Afrodite . E che si era vantato dell’impresa. Per questo Zeus l’aveva azzoppato. Ma Creusa sapeva che era una scusa. Enea andava a finire la notte tra le cosce della cognata Polissena. Dalla finestra della camera da letto dell’amante, dopo aver fatto regolamentare cunnomentulamachia, intanto che Polissena gli sucava l’anima fuori dalla mentula, lui taliava il Priapone che puntava la sua ciolla eretta contro in cielo di Purceddopolis. E nel momento della venuta ci parse che dalla ciolla di Priapo scisse la morte per la sua città. Gudiu ma si scantau. << Il Priapone simina morte... non semenza di vita ma semenza di morte...>> pinsò. Riflette un po’ con la testa immersa nei suoi pensieri e la ciolla nella bocca di Polissena. << Stu Priapone non mi la conta giusta….forsi ci l’avi cu mia ca mi arrubbai il vero Palladio.. quello che si sono arrubbati i Munipuzici è solo una copia.. futtuti, inculati e bastuniati.. il potere di Purceddopolis sta in quella statuetta di Priapo.. chi detiene quella statuetta è destinato a governare.. qua o altrove non ha importanza .. e io l’ho rubata per ordine di mia madre.. il mio destino e chiddu di mio figlio Ascanio è di governare, regnare, comandare.. di fottere un popolo in nome del popolo stesso..>> E finalmente, a fellatio conclusa, si addormentò. Felice di portare nella coffa il vero Palladio. E nelle palle una futura polis caput mundi. E la sognò. E nel sonno disse: << Minchia che bella. Ranni.. lussuosa... ma come minchia fa a stare tutto dintra le mie palle?>> Non dormirono per niente all’interno del Priapone Priapo e i Munipuzici dell’ardua impresa. Di spazio ci stava dentro la pancia del dio ligneo. Priapo addirittura s’era coricato dentro un testicolo del suo simulacro. Tra gli altri c’erano Diomede, Odisseo, Neottolemo, Epeo, Antielo , Minkialao , Ikazzonio ed Eleno. Minkialao s’era impuntato per far parte della missione Priapone. E aveva fatto carte false per far accettare a bordo il suo amante segretario Ikazzonio. Anche Eleno aveva fatto carte false e forse anche di più per entrare a far parte della missione Priapone. E della missione , per celebrarla con le loro opere in greco, dialetto latino e dialetto locale, facevano parte anche Homerino, Mhassymylyano e Santhokriso. << Voglio essere lu primu a scinniri na la città maliritta.. pi la mia minnitta.. e gridare a lu munnu “ lassati ogni speranza vui ca ci stati… lassati tuttu ca na lu ‘nfiernu siti aspittati..“ ma soprattutto voglio arrivare per primo a lu palazzu reali.. per deminchiare e detesticolate Deifobo sotto gli occhi di quella buttanissima ranni di Elena… e poi scannari prima lui, lu malommino, e poi idda, la malafemmina..>> Alla fine lo avevano dovuto fare trasire nel Priapone. A lui e a Ikazzonio. Eleno, con la diplomazia tipica dell’indovino che spara minchiate e le fa accreditare per verità, disse: << Io odio Purceddopolis.. e io so i segreti di quella polis.. se volete, posso esservi d’aiuto per districarvi dentro le mura della città.. posso indicare a Neottolemo la via per raggiungere Astianatte e Creusa e fare la sua minnitta.. a Minkialao la via per arrivare ad Elena e a Deifobo e fari la sua minnitta… a Odisseo posso indicare la via del tesoro… a Homerino e agli atri intellettuale quella del punto più adatto a seguire la storia per poi raccontarla.. e agli altri quello che vorranno..>> << E tu che vuoi? >> << Io vorrei farmi almeno una ficcata con Elena.. prima che Minkialao la ammazzai ci la vorrei catafottere in quel suo pacchio spilato che mi attrenta da tanto tempo.. da quannu arrivò a Purceddopolis e io la spiavo intanto che inciollava con mio fratello Paride..>> << E sia .. una e non più di una.. ma non dire niente a mio fratello Minkialao..>> aveva risposto Agaminkione . << Una mi basta..>> aveva risposto Eleno che in realtà contava di impossessarsi per primo di Elena, di portala con sé nella gallerie segrete di Purceddopolis e di salvarle così la vita.. in cambio del suo pacchio.. se non per amore almeno per riconoscenza. Per questo motivo aveva voluto far parte nella missione Priapone. Durante il trasporto si erano sentiti sbattuti a destra e a sinistra. << Chisti sbaddati sminchiati dei Purceddopoliti ni catafuttunu na lu vadduni…>> diceva Epeo. << Mi sa che st’impresa finisce a scatafasciu….>> aggiungeva Diomede. << Facemu la cazzicatummula di Purceddopolis.. ci sta già qualcuno che ha scritto la cazzicatummula di Monacazzo.. e noi faremo realmente quella di Purceddopolis.. la piglieremo metaforicamente tutti in culo...>> replicava Minkialao. Effettivamente il Priapone oscillava pericolosamente na vota a destra e na vota a sinistra. Ikazzonio parlava pochissimo. Non si lamentava e taliava fisso a Minkialao. Tra uno due scorreva una strano legame di cui si capiva picca. Ma una cosa era certa, Ikazzonio si la facia mettere in culo da Minkialao. << Ma Ikazzonio ricambiava il favore a Minkialao? Quel mascolo ca paria na fimmina tinia nu strumentu capaci di fare da mascolo? >> si chiedevano in tanti.. << Abbiate fede…>> disse Priapo con tant’assai ironia. Fede nel raggiungimento dell’obiettivo, delle finalità previste intendeva il dio. << Ca certu.. se ni la catafuttemu na lu vadduni... a tia ti ni futti.. tu sei immortale e ti ni abboli na l’Olimpazzu.. e n’autri mortali ni pigghiamu in culu sia sta minchia ca stu cazzu..>> replicò Odisseo indicando sia la ciolla lignea del simulacro che quella di carne di Priapo. << Niente paura.. Priapo ci protegge… e io devo scannare la simenta di Ettore.. e scaricare la mia là.. la dove Ettore scaricava la sua.. e questo per far cagare alla troia tanti figli miei.. la sua panza, da fabbrica di Ettoridi, deve diventare fabbrica di Neottolemidi.. >> disse serio come un Zeus il figlio di Achille, Neottolemo, che stava all’altezza del biddico del Priapone. << Mi veni di arrovesciare..>> diceva Epeo. << Mi beni di cacari…>> aggiungeva Diomede. << Mi veni di pisciari..>> diceva Minkialao. << Panzi deboli, ciolli muoddi e cula aperti…questo siete.. altro che eroi.. >> replicava Priapo. << A mia mi venunu tutti e tri li cosi ..>> aggiungeva ironico Odisseo che stava dintra la coppola della minchia del priapone e oscillava in modo pauroso da una parte e dall’altra. Il condotto minchiale del Priapone dava alla voce di Odisseo una tonalità particolare. << Voce di ucca di supra o voce di ucca di sutta? >> chiese Diomede. << Chi fai? Mi sfutti? >> chiese Odisseo. << Odisseo è la trinità della risata: ironico, satirico e pungente….>> disse il dio dal rosso palo. << E io scommetto cu tuttu lu rispettu di lu munnu, che a sua divinità, vasamu la minchia, ci veni di futtiri? O no?>> chiese Odisseo. << Mi veni di futtiri sì.. e nenti titoli.. qua siamo solo soldati… e pertanto, se non ci la finisci, mi futtu a tia.. e da dio dei bordelli diventi il dio che rompe il culo a Odisseo.. a Odisseo cacabaddi e sparaminchiate e rumpimarruna..… >> replicò Priapo. << Io? Io furbo sono..>> << Sì.. lo so.. non volevi venire in guerra e facisti la parti do pazzu.. poi ti piaciu la prima riunione in Ciaulide e al ritorno a casa ti rinnisti cuntu ca la tua signora Penelope era una rompicoglioni ranni.. e allora decidisti di tornare a Munipuzos in anticipo.. tu consideri la guerra una vacanza matrimoniale.. una vacanza e basta.. e ti pari na cosa laria che adesso stia per finire..>> << Ognuno viri la cosa dal suo punto di vista.. ci sta l’utile inutile e l’inutile utile… la guerra pi mi è un inutile utile.. mi fa stare lontano da quella cacacazzi di Penelope...e da Telemachino scassapisellino..>> <<Ma oramai sarà cresciutu?>> << Sarà diventato Telemacone scassacazzone...>> << Ancuminciau a diri minchiati… lu babbu specializzatu o lu specializzatu babbu?>> replico l’amico Diomede. << Io sono il piccolo grande e il grande piccolo.. il sapiente ignorante e l’ignorante sapiente.. l’isolano isolato e l’isolato isolano.. sono il marito infedele di una moglie fedele e il fedele marito di una moglie fedele.. ma soprattutto sono la guida guidata ma anche una guidata guida…>> << Ma sei anche una testa di minchia e una minchia senza testa..>> replicarono gli altri. << E solo un parlatore senza le giuste parole , un chiavatore senza la giusta minchia, uno che vorrebbe fottere gli altri senza averne lo strumento operativo e pertanto alla fine si autofotte.. si autoincula.. che facile non è...>> replicò sua divinità Priapo. Comunque , tra malesseri, frasi divertite e divertenti, momenti di paura e altro, il Priapone ligneo alla fine arrivò nell’agorà di Purceddopolis. << Agorà.. agorà… agorà..>> gridò Odisseo. << Terra.. terra .. terra…>> gridò Neottolemo. << Pisciassa.. pisciassa.. pisciassa.. >> grido Epeo che s’era pisciato addosso. << Merdassa.. merdassa.. merdassa..>> aggiunse Antielo che s’era cacato addosso. << Minciazza.. minciazza .. minciazza ma stam’in ciazza…>> puntualizzò Priapo. << Ma un giorno ci sarà qualcuno che dirà “ thalassa.. thalassa.. thalassa…”>> concluse Homerino da Munipuzos che faceva parte del gruppo come poeta soldato, storico soldato e intellettuale soldato. Pronto a celebrare con il suo greco raffinato ed elegante la presa di Purceddopolis. La polis più troia delle polis troie perché ospitava quella troia di Elena. Anche il poeta Mhassymylyano si apprestava a raccontare la conquista della polis, naturalmente in dialetto latino. Lui vedeva anche il senso della liberta nel compiere la missione. Era partito contro il volere della madre che non faceva altro che digli: << E questo no.. e quest’altro manco.. e di quest’altro non se ne parla proprio.. e di quest’altro non se ne discute neanche... e di quell’altra cosa è anche inutile parlarne.. e così... e colà ... e accussì.. e accuddì... e niente tragos.. e niente Divino Oinos .. e niente quello e niente quell’altro e niente quell’altro ancora...e a est no, e a ovest manco , e a sud nemmeno e a nord non se ne parla proprio.. e naturalmente neanche a sud -est o a sud-ovest e chiaramente neanche a nord-est o a nord - ovest...>> Ma il poeta si era impuntato ed era partito dicendo. << Non hai detto “ neanche dintra a un pupo”.. ahhhh... uhhhh.. ihhhh.. ehhhh.. ohhhh..>> Lo scrittore Santhokriso era partito per pigliarsi una vacanza da quella scassacazzi della moglie e soprattutto da quella cacacazzi della suocera. << Cos’e mai la guerra vera rispetto alla guerra continua che ci sta a casa mia...>> Comunque, tra scanti e spaventi, cacate e vomitate, tutti gli abitanti del pupone arrivano a destinazione sani e salvi. Durante il viaggio all’interno del Priapone già ne erano successe tante. Parolacce multilingue e santiatine mastodontiche. Anche da parte dello stesso Priapo. Ma Homerino aveva usato solo parolacce in greco, Mhassymylyano in dialetto latino e il Santhokriso in dialetto locale. Elena, accompagnata dal nuovo marito Deifobo, si recò a taliare il Priapone. E capì che era una trappola. Capì che nella panza del Priapone c’era gente. C’erano alcuni capi e capetti dei Munipuzici. Forse c’era pure quel cornuto di suo marito Minkialao. << Sento odore di ciolle.. e ne riconosco il ciauro...>> pinsò. Ad Elena non era andata giù la decisione di maritarla a Deifobo. << Quasi quasi era meglio Minkialao..>> disse a sé stessa. Augurandosi la fine della guerra al più presto Elena decise di tornare con Minkialao. Pertanto doveva riallacciare i rapporti con quelli che rendevano incinto il Priapone. << Allontanati Deifobo.. fammi godere in solitudine questo simulacro del divino Priapo.. fammi rendere omaggio al dio dal palo rosso…>> << E come lo vuoi omaggiare? Dando la scalata a quella portentosa minchia lignea che punta al cielo?>> << No.. con la parola.. col canto.. con la danza.. con lo spogliarello…>> << Minchia.. stasera ci sta spettacolo.. e dimmi.. ci lo farai come quello che fai a mia lo spogliarello.. integrale.. fino ad ammusciarici il pacchio spilato… O farai di meglio.. meglio assai assai .. ma poi non ci puoi fare quello che fai a mia… magari che la minchia del dio si trasmutasse in carne nun putissutu mica soddisfare una tal ciolla..>> << Zitto.. e lassami onorare il simulacro in tutte le sue componenti esogene ed endogene.....>> << Fai.. tantu si testa rura…>> << Testa rura ma pacchiu duci.. testa dura e pacchio dolce.. tanto sale tengo in testa quanto zucchero nel pacchio...>> << Pacchio co zucchuru…duci.. duci.. duci.. fammi dari n’alliccata...>> << Adesso no .. stasera..>> Deifobo andò via e Elena improvvisò una danza ca paria Salomé ca si scippava li setti veli… ma idda ni avia sulu tri.. tri tunichi.. una fin sotto li minni.. una fin sotto il pacchio e l’ultima fin sotto il ginocchio.. Annacannisi con fare sensuale e cantannu cu la vuci di pacchio in amore lanciau segnali a direzione unica.. << Minkialao… se ci sei sappi ca vuoiu turnari cu tia.... Megghiu tu, ca stu strunzu ca si maritau a mia…. Marito mio, chissà se sei sempre bello.. Adesso io penso assai al tuo uccello…. Mi lu passavi picca.. troppu picca.. Ma c’era la parenti pi fari ficca ficca… >> Minkialao arrussichiò. Ikazzonio pure. Ma Elena non disse il nome della parente. Intanto la prima tunica abbulò via. Gli uomini che stavano dintra il Priapone taliavano dalle filazza e non videro la faccia dell’ex marito. E nemmeno quello della sua amante. Ma capenu ca quello s’intratteneva con qualche sticchio di famiglia. E dalle filazze vedevano solo due cosce luminose che serravano l’altra filazza. E a quella pensavano. La vuci sensuale, la visione erotica, la bella vista fici effetto sugli strumenti del piacere. A parte quello di Priapo che era eretto per mestiere. << Deontologia priapesca è presto detta.. è l’avere la minchia sempre eretta…>> scherzavano gli ospiti del Priapone. Minkialao fu sul punto di rispondere incazzato. Ma Odisseo il furbo gli tamponò la bocca con la mano destra. Le parlo le restarono in gola. << Bedda dal pacchiu beddu mai più vedrai lu me aceddu.. Sugnu ca pi fari minnitta.. lu to pacchiu sarà aria fritta..> > Nella sua testa Minkialao poi pinsò: << Elena sarai sì bona assai e ancora chiù assai bella Ma sappi ca pi tia non batte più la mia gioiosa cappella.. Mia nipote Ifigania mi la fa veramente pazziare E come Ikazzonio notte e giorno mi fa scopare… L’autri pensanu ca la mia è na storia di culu e di cazzu.. In culo ci vaio, ma nesciu pazzu pi lu su so sticchiazzu..>> Ikazzonio comprese i pensieri di Minkialao e ci sorrise dolcemente. Gli altri sorrisero semplicemente. Anche Priapo, che però conosceva la verità. Dalla bocca di Minkialao uscì solo un respiro intermedio tra il desiderio e la rabbia. Elena capì che apparteneva al suo ex marito. E continuò il teatro. Munipuzos in fondo era la città del teatro. C’era il teatro greco dove si mettevano in scena tragedie e commedie, ma il vero teatro era la polis intera. Ognuno recitava una parte. Quannu si scia ognuno mittia i suoi abiti di scena e facia la sua parte. Per le feste specialmente era uno spettacolo continuo, una recita superba , una messa in scena delle miserie e delle vergogne umane. Ed Elena sapeva ben recitare la sua parte , quella della fimmina in calore che mette la fiamma a tutti li cazzi mascolini. Pertanto continuò la sua sceneggiata. Deifobo, che non era andato via , la taliava ammucchiato dietro una statua di Afrodite. Con la faccia appoggiata al culo bello della dea della bellezza. Pure lui, a vedere la moglie, si stava eccitando come un Satiro e un Sileno misi insemula e già pregustava una notte di cunnomentulamachia eccezionale. Elena continuò la sua messa in scena. << Odisseo… che sei furbo sia d’aceddu ca di ciriveddu La chiave del portone è la numero sei do mazzareddu.. Ma ricordati che io assai assai mi arricordu Come quella volta immu d’amuri e d’accordu… Di come la tua ciolla furba e spiritosa Iucò ioca d’amuri dintra la mia cosa… Su l’ultima volta non dico niente Mi tengo pi mia il ricordo gelosamente...>> Odisseo a sentire quelle parole, cu na manu si allisciò la ciolla tisa sutta la tonaca e cu l’autra manu si autointuppò la bocca per non rispondere a quell’invito di natura sessuale. Il pacchio di Elena era di qualità superiore, ci ni volevano cento della sua scasaspiselli Penelope. Intanto Elena si livau con arte la secunna tunica. E ristau col paparaciannu di fora. La luce di un lampione si rifletteva su quel pacchio bianco e spilato e ne faceva la stella polare di l’aceddi di tutti quelli che stavamo dintra il Priapone. E anche di Deifobo . Mentre il culo paria una novella luna pallida da mangiarisi a muzzicuna furiosi. Tutti si alliscianu la ciolla tisa. Tutti, tranne Ikazzonio che non sapeva che fare. Taliava tanto per partecipare ma non provava nessun piacere nel vedere la ex moglie dello zio e zia fare uno spogliarello. Elena era chiù bella assai di lei, ma lei e lo zio avevano un legame di natura chimica che rendeva esplosivi i loro amplessi. << Fai finta d’aviri la ciolla .. alliscitilla facennu la facci stolla..>> ci disse all’aricchia Minkialao. Ikazzonio obbedì. Elena continuò lo spettacolo. << Simenta di Achille sappi che tuo padre mi piacia Ma iddu mi disse “ Bella sei ma nun ci poi cu mia…” “ Balle “ diss’io “ minchiate, io col mio cunno speciale Pure a li morti ci la fazzu attisari “ Io ci pruvai pi capire cu dicia la cosa vera... Qualcosa successi , ma nun ti pozzu cuntari la storia intera… Ti dicu sulu ca in tre na lu lettu finnimmu E tutti e tri a nostro modo vinimmu..>> Neottolemo taliava dalla filazza e ci piaciu assai quella vista. Avrebbe voluta farsi quella femmina che s’era fatta suo padre. Trasiri nello stesso portusu nel quale era trasuta la ciolla mortale dell’immortale eroe. Intanto la terza tunica abbulò via e la donna restò nuda in tutta la sua spendente bellezza. Quella attirava le ciolle come la calamita attira il ferro. Neottolemo attaccau a minarisilla, senza vergogna alcuna. Non pensava agli altri che stavano dentro il simulacro, pinsava solo alla sua ciolla e quella femmina eroticissima. Anche gli altri attaccanu lu stissu discorso. Pure Minkialao attaccau a fari su e giù in onore della consorte che un tempo non aveva degnamente onorato preferendo Ifigania. Ma Ikazzonio continuava a fingere, non aveva niente da tirasi fuori. Nessuna ciolla piccola o grande, dura o moda, tisa o pinnenti da esibire. Tra l’altro Minkialao si era reso conto che quella si l’era fatta intappare sia da Odisseo che da quel frocio di Achille. Lo stesso Priapo attaccò a darsi da fare sul suo imponente palo rosso. Elena non poteva rivolgersi a lui. Non poteva immaginate che dentro quel simulacro del dio ci fosse veramente il dio in questione. E pur avendo ficcato con mezzo mondo Priapo di ricordava del pacchio particolare di Elena . Spilato naturale come quello di sua madre Afrodite. Anche Deifobo attaccò con l’arte minatoria. Sperando di passare poi a quella fottitoria. Elena intanto continuava la sua danza e cercava di arrampicarsi ora a una ora a l’altra delle cosce del Priapone. E quannu passava dall’una all’altra si stinnicchiava in mezzo alle gambe del simulacro e allargava le cosce alla luce del lampione, Gli uomini che stavano dentro il Priapone vedevano brillare la porta del paradiso. E s’impegnavano di più nell’arte minatoria. Quel pacchio era dotato di forza pacchipeta.. una forza simile a quella centripeta.. attirava tutti gli uccelli.. tutte le minchie.. tutti i cazzi.. << E allora come chiamarla? >> si chiese Homerino da Munipuzos che si dava da fare con la sua poetica ciolla. E pinsava già di scrivere poemi, romanzi, odi, sonetti e altro ma sempre dedicati solo e soltanto alla fica. Non a una fica qualsiasi.. ma solo e soltanto a quella di Elena. La Ficheide, La cosa di Elena, le Fiche parallele, il Simposio cunnico, la Repubblica della mona, il Convivio della ciolla, Le Baccanti e le Elenanti, l’Elena a Colono, I Supplici della fica di Elena.. e altro.. molto altro… Intanto Elena continuò la sua sceneggiata: << Sento o meglio percepisco che nel Priapone Ci stanno aceddi che non conoscono il mio filazzone.. Sicuramente siete di quelli che giuraste la “ sempre difesa “ Della mia fica da qualunque sia brutta o bella offesa.. Odisseo vi cumminciu con la sua parlantina.. Se mi liberete, pure per voi ci sarà na futtitina... Gratis e senza impegno alcuno pi la vostra persona.. La vostra ciolla nella mia fica per una volta farà lampi e trona..>> Tutti si eccitanu a più non posso. Anche Ikazzonio dimostrò un po’ di interesse. Eleno quasi quasi si pisciò in automatico. Ma Elena continuò lo sciò. << A mia mi pari ca ci sta ciauro di ciolla parentale Paride avia frati e fratasci in misura eccezionale.. Pure lu vecchio re Priamo a mia si era appitittato E ci avissa piaciuto il mio pacchiu spilato.. Ma anche li frati e fratasci del mio Pariduccio bello Mi avissinu volentieri ficcato il loro uccello.. In bocca, in culo, nelle mani, nella filazza,, Ovunque avrebbero trasuto la loro minciazza.. Anche il cugino Enea, con la faccia dell’eroe onesto, Me l ’avrebbe ficcata presto presto… C’era ancora Paride tiso di ciolla e di schina Che tutti m’avissira rato la loro minchia cina… In particolare Deifobo e Eleno avissinu scannatu lu munnu Per avere tutt’intero lu me cunnu…. Chista di Purceddopolis è la casa reale.. Unni lu chiù onesto pensa sulu a ficcari… E se devo dire il vero, tutti li membri della casa reale, Mi hanno fatto una visita ficale.. Anche il vecchio Priamo mi desi na botta Con la sua ciolla oramai di ricotta.. Per non parlare poi di tanto purceddopoliti beddi Che m’hanno fatto assaggiare li loro aceddi.. Sui parenti di Paride bello non dico chi manca all’appello.. In tanti mi hanno dato il loro reale uccello.. Ma i nomi, per buona e semplice creanza, me li tengo tuttti dintra alla mia bella panza.... Ma non mi sento per niente buttana sopraffina Ho solo un pacchio e me lo godo a minchia cina... >> Eleno non disse niente. Continuò a minarsela tra l’indifferenza generale. In fondo con Elena ci provavano tutti. E anche lui ci aveva provato . Era andato in bianco solo ufficialmente. Come gli altri. Elena la dava a tutti. Questa era la verità. Ma adesso poteva rifarsi anche ufficialmente. Poteva ancora rifarsi ufficialmente. Aveva infatti un piano per assaggiare quel pacchio ancora vivo e portarlo in salvo. Elena continuò la sua rappresentazione. E stavolta si rivolse a Priapo, il dio dei bordelli. << Priapo della minchia tisa , imponente e grandiosa.. Se putissi m’impalerei ancora su codesta bella cosa… Se ci la facissi a dari la scalata a chista cosciazza Mi porterei in cima a chista bedda minciazza.. E na vota alla bella scoppolata coppola arrivata Mi ci strofinassi tutta la mia cosa cauriata.. E sugnu sicura ca magari sta minchia di lignazzu Facissi lu doveri di onnipotenti cazzu.. Anche pi chiedere perdono di quannu di Paride appitittata Ti dissi ca la tua minchia nun mi avia abbastata....>> Priapo si era portato intanto nella coppola della minchia del suo simulacro. Da dio qual’era voleva minarsela da solo. La sua ciolla non era come quella degli altri uomini. Era ranni, rossa, longa , sempre dura e pisciava simenta alla sanfasò . Elena invece si mise a cosce larghe sotto le cosce del simulacro. << Viniti aceddi.. viniti…inondatemi di semenza umana e divina..>> disse gridando. Minkialao si era reso conto che pure Priapo s’era fottuta la sua ex moglie. Ma come tutti gli altri aumentau lu ritmo dell’operazione manuale. Tutti vinnunu. Tutti tranne Ikazzonio che continuava a simulare la minata strofinandosi sutta lu biddicu. Dalla filazza del Priapone la simenta cariu addosso alla bella Elena. Quella di Priapo sciu dalla coppola della ciolla e precipitò in parte su Elena. Deifobo vinni sulle cosce della statua di Afrodite dietro la quale si era nascosto. Nella testa del Priapone di l’erano minata anche gli intellettuali. << Non lo facciamo per piacere ma per intellettuale dovere..>> dissero. Poi s’erano immersi in una discussione su come celebrare rispettivamente la muni, il cunnus e lu sticchiu. A minata conclusa tutti si accorsero che l’operazione “ cangiare l’acqua all’aceddu” era sta fatta da tutti tranne che da Ikazzonio. Mancava Priapo, ma quello aveva una ciolla che si vedeva dal polo nord. << Ikazzonio.. ma a tia nun ti appitittava la filazza di Elena?>> addumannò Odisseo curioso come una gallina prima di fare il primo uovo ma furbo come la stessa subito dopo. << Sì.. ma io sono.. sono pudico.. timido.. sensibile.. troppo educato.. >>rispose arrossendo . << Pudico o meno, quannu la ciolla chiama l’uomo è costretto a rispondere.>> aggiunse Diomede. << Ho risposto a modo mio.. sutta la tunica.. vinni ma senza esibirmi..>> tentò di giustificarsi Ikazzonio. << E’ un uomo moralissimo.. ipermorale.. moralissimo assai assai …>> intervenne in suo aiuto Minkialao. << Ma… morale.. immorale… che vogliono dire queste parole? Cosa minchia vogliono dire?>> chiese Odisseo. << Forse è come mio padre… ama le donne soprattutto platonicamente ma consuma e fa consumare solo i mascoli.. a parte delle eccezioni.. come mio padre insegna.. a mia non mi fici con un mascolo ma cu na fimmina.. e a Elena ci la intappò mentre Patroclo intappava lui.. forse Ikazzonio si fa intappare solo da Minkialao o magari intappa lui…>> << Io non intappo.. e non mi faccio intappare.. e nemmeno lei intappa o si fa intappare..>> << Minchia.. Come hai detto… “ lei “ o “ lui “ … io intisi mali forse? E voi compagni chi sintistru? Compagni beddi, avete sentito “lui” o “lei”? >> disse Odisseo. << “ Lei” .. ha detto “ lei..” >> dissero tutti. << No.. ho detto lui…>>intervenne Minkialao. << Ha detto “ lui.. “>> aggiunse Ikazzonio rosso in faccia come un tizzone acceso. << Andiamo a vedere con i nostro occhi…>> propose Odisseo. << No.. io sono un re. E vi ordino di non toccare il mio protetto..>> << Anche noi siamo re.. ma lui no.. e noi vogliamo sapere.. io in particolare.. tutti lo sanno che Diomede è curiuso assai..>> << Anch’io voglio sapere .. voglio sapere se Ikazzonio è della razza di mio padre Achille… oppure no..>> << No.. non lo toccate…>> gridò Minkialao. << Vaffanculo… già hai fatto una guerra per la fica di Elena.. adesso ne vuoi fare n’autra per la ciolla di Ikazzonio? O per la sua pseudofica? O per il suo culo?>> chiese Neottolemo. << Basta.. mi avete rotto il cazzo… non io ho voluto fare questa guerra.. per me è solo teatro.. anzi, tragedia.. il vero colpevole di questa guerra è Agaminkione.. il suo ciriveddu malato e.. o forse la sua ciolla inviperita e insoddisfatta .. perchè Agaminkione voleva Elena , ma Elena che a tutti dice sì, a mio fratello ci disse no.. questa guerra è la guerra della fica.. anzi, per una fica...>> gridò Minkialao. << Sta minchia…. >> risposero tutti. << Per ficcarla ad Elena ha fatto questa guerra.. e meno male che non era qua dentro.. perché venendo a sapere che Elena l’avi data a tutti o quasi a tutti si sarebbe iper iper incazzato... perché anche io ni sto convincendo che se facciamo l’appello delle minchie che si son fatte Elena all’appello ne mancheranno poche... ma come ha detto lei... “ Ma non mi sento per niente buttana sopraffina...solo un pacchio e me lo godo a minchia cina... “ quindi nessun commento... e io cosa posso dirvi? “ Io non mi sento cornuto o cornutazzo.. uso solo come voglio il mio cazzo..”>> << Sì.. e fai bene.. ma Ikazzonio ha il cazzo o la fica?>> chiese Odisseo. << Ikazzonio nasconditi dietro di me.. non ti toccheranno mancu cu nu itu sti lurdi… prima dovranno passare sul mio cadavere reale..>> disse incazzatissimo Minkialao. Ikazzonio ubbidì. Gli altri risero. Priapo s’era rimasto nella coppola della ciolla del suo simulacro e seguiva la discussione sapendo già al verità. << Eleno.. tu che sei indovino.. dici.. Ikazzonio bello, cià la fica o l’uccello?>> chiese Odisseo. Eleno taliò Minkialao negli occhi rosso fuoco. Poi taliò Ikazzonio preoccupatissimo e pallido come un cadavere morto. << Non mi posso pronunciare su questioni personali…>> disse Eleno. << Homerino, tu che sei poeta sensibile dicci, Ikazzonio è masculo inculabile cu la ciolla disponibile o femmina incunnabile? >> << Ma.. non saprei.. la rima o il rimare col pacchio o la ciolla niente hanno a che fare.. >> << Io direi.. se ti piace stare con Minkialao.. fai.. fai pure.. ma accontenta pure noi.. accontenta le nostre ciolle sofferenti…>> propose Diomede. Minkialao e Ikazzonio stavano zitti. << Pi mia l’unica cosa da fare è… è taliare… acchiappatelo e su la tunica …e via il cingilombi…>> ordinò Odisseo. << No.. in nome di Priapo no…>> invocò Minkialao. << Chi vuliti di mia? Io non m’intrometto in queste cose….>> disse il dio. Priapo non aveva neanche finito di parlare che in quattro bloccanu a Minkialao e in due catafuttenu sul pavimento del Priapone a Ikazzonio. << Odisseo , a te l’onore della scoperta… ci sta lu niru o l’aceddu.. ci sta la passera o il passero..>> Odisseo sciolse il cingilombi e misi tutto a vita. << Minchia.. la passera ci sta …. E che passera…>> La vista di quella fica mise in movimento gli augelli degli ospiti del Priapone. Minkialao faceva la parte del disperato; e forse lo era . Temeva che si scoprisse la vera identità della suo Ikazzonio. Fece di tutto per liberarsi ma non ci riuscì. << Visto che ci sta un nido, depositiamoci nu tanticchia i nostri aceddi… >> propose Odisseo. << No…>> rigridò Minkialao pazziannu chiù assai di prima. << Senti beddu…calmati o ci ni sta magari pi tia.. se a idda ci damu na passata di aceddu na la passera, a tia ti la damu na lu culu. .. a proposito, vulemu taliare il culo di Minkialao?>> << Sì…>> E anche il re fu nudo; bello e col suo aceddu d’avorio sempre tiso. L’unica cosa che ci restò addosso fu “ il sacr’osso di Pelope”, il suo antenato. Si l’era appinnuto come una ciolla, Quell’osso in fondo era come la sua ciolla. Era la ciolla d’avorio del suo antenato. Il Palladio invece si l’era appinnuto Priapo in persona. E nudi si misero gli altri: l’indovino, il figlio dell’eroe, altri re o eroi . Sotto gli occhi del Minkialao desnudo e impotente gli altri si giocarono ai dadi il pacchio della sconosciuta che si faceva chiamare Ikazzonio. Vinse il furbo Odisseo. Col trucco ma vinse. << Bedda, mi vuoi dire il tuo nome prima ca te la ficco? Posso avere l’onore di sapere il nome della proprietaria di questa bella passera che io per primo avrò la fortuna di impasserare?>> << Outis…Nessuno…>> << Nessuno.. meglio nessuno con una fica accussì che nessuna fica..>> disse Odisseo trasendo di colpo dintra Ikazzonio. << Ahhhh….>> gridò Ikazzonio. << Quantu vaio a taliare chi stanu facennu sti testi di minchia.. siamo in guerra e fanu burdellu …. >> Scinniu e visti a Odisseo che aveva appena finito la sua missione con Outis. << Bihhhh.. questo pacchio lo riconosco.. come stai, Ifigania bedda..>> << Ifigania.. la figlia di Agaminkione… ca si fa futtiri da lu ziu.. e che tutti criruno morta e sacrificata.. Minchia…>> Seguirono discussioni su discussioni e sulla vicenda fu deciso di far calare il segreto di convenienza. Finu a quannu c’era comminienza per tutti. Eventualmente ne avrebbe parlato un giorno Homerino e gli altri, naturalmente nelle loro opere. Famosa è oggi la Muneide di Homerino, la Cunneide di Mhassymylyano e Cent’anni di pacchiazzu di Santhokriso. Quella notte gli ospiti del Priapone scenu dal simulacro che li ospitava. Prima calano l’aceddu nel più assoluto silenzio e quannu la coppola tuccau terra inizianu a scinniri. Minkialao voleva scinniri per primo, pi fari per primo la minnitta. Ma Priapo volle quell’onore per lui. Gli fu concesso. Era o non era un dio? << Fatemi scoppolare a mia la minchia del mio simulacro…>> chiese il dio. Poi Odisseo e Diomede corsero ad aprire le porte. Le poche guardie presenti funu scannati in un amen. Intanto la lanterna situata nella coppola della minchia del simulacro incendiò la stessa. Era il segnale per i Munipuzici. Ca scenu di cursa dal bosco di Mynkyalonya e currenu verso la polis da conquistare. Oramai tutte pe porte erano aperte. Purceddopolis si offriva agli invasori con tutte le sue aperture disponibili. La ciolla del simulacro adesso era una torcia e illuminava sinistramente la polis. Qualcuno nella case incominciò a svegliarsi. E il fuggi fuggi, lu scappa scappa, lu fui fui incominciò nel più totale casino che si fosse mai visto. Gli intellettuali, su consiglio di Eleno, si ienu a ficcare dentro il Palladio. Da quella torre minchiforme che aveva ospitato il vero Palladio rubato da Enea ma anche il falso Palladio rubato da Odisseo e compagni, Homerino, Mhassymylyano e Santhokriso ti talianu la presa di Purceddopolis in tutti le sue componenti. << Minchia.. talia là..>> dicia uno. << Minchia.. talia lì..>> diceva n’autro. << Minchia. Talia a destra..>> diceva n’autro. Lo spettacolo di morte e distruzione era infinito. In testa a tutti i Munipuzici che arrivavano c’era Agaminkione. Voleva trovare Elena prima del fratello e ficcariccilla d’autorità. Si era reso conto che lui era una delle poche ciolle di Munipuzos che non s’era trummiato la bella picciotta dal pacchio spilato. << Ci la ficcu accussì forte ca la rincoglionisco di pacchiu e di ciriveddu..>> pinsava nella sua testa di re maggiore di Munipuzos. Neottolemo partì per il palazzo reale e scannò Priamo sotto gli occhi della moglie . La moglie Ekuba, vedendo morire il marito, disse solo: <<Ahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh... muriu lu figghiu miuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu.. Priamo. Ihhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh.. muriu lu figghiu miuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu.. Priamo.. Ohhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh.. muriu lu figghiu miuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu.. Priamo. Ehhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh.. muriu lu figghiu miuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu.. Priamo. Uhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh.. muriu lu figghiu miuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu.. Priamo. >> Si fermò un attimo . Poi riprese. <<Ahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh hhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh hhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh hhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh................ Priamo...>> Nuova sosta e grida ancora chiù strazianti. << AAhhhhh hhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh hhhhh... PRIAMOOOOO... A hhhhhhhhh hhhhh... PRIAMOOOOO... A hhh hhhhhhhhhhhhhhhhhhhh hhhhh... PRIAMOOOOO... A hhhhhhhhh hhhhh..... PRIAMOOOOO... AAhhhhh hhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh A hhh hhhhhhhhhhhhhhhhhhhh >> Sul dolore della regina Homerino scrisse un poema doloroso dolorosamente addolorato intitolato: Ekub A hhhhhhhhh PRIAMOOOOO... a: A hhh hhhhhhhhhhhhhhhhhhhh hhh... Sul dolore della regina Mhassymylyano scrisse un Carmen doloroso dolorosamente addolorato intitolato: Ekub A hhhhhhhhh PRIAMOOOOO... a: A hhh hhhhhhhhhhhhhhhhhhhh hhh... Sul dolore della regina Santhokriso scrisse un romanzo doloroso dolorosamente addolorato intitolato: Cent’anni con Ekuba: AAhhhhh hhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh PRIAMOOOOO... Il famoso filosofo Socratino da Munipuzos si pose una domanda. hhh. << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere felice e avere una minchia altrettanto felice, a che minchia serve vivere felice e avere una minchia felice se poi a scassarti la minchia ci sta Ekuba col suo dolore capace di addolorare anche la minchia più minchia tra tutte le minchie di quest’universo a minchia anche se in fondo ha il diritto di scassare la minchia visto che tutti gli stanno scassando la minchia a lei?>> Poi Neottolemo ordinò di portare il cadavere del re sulla tomba d’Achille e di lasciarlo insepolto lì. << La sua putrefazione onorerà l’eroe.. la sua carne sfatta e puzzolente stimolerà le narici e la ciolla di mio padre.. i falliti devono morire, cazzo.. un paese che non scanna i falliti è un paese di merda.. morte ai falliti. Morte a tutti i falliti del mondo.. falliti politici.. commerciali.. ideologici.. morte.. morte ..e che un canchero si porti via la vostra maledetta e cancerosa semenza.. morte.. morte .. per Zeus e i suoi zeussoni...Munipuzos non è Purceddopolis… Beati i tempi ca ci scippavunu li pila di lu culo ai lurdi falliti…e Priamo ha fallito.. la sua corte ha fallito.. Purceddopolis intera ha fallito… comunque morte ai falliti.. e che cazzo… porco Zeus…e buttana di la nonna mia ca ci lassò la ciolla mortale a papà…>> Poi Neottolemo circò la troia di Andromaca e ci sfunnò pacchiu e retropacchio. Ma prima di sfunnalla ci disse serio e cruento allo stesso tempo: << Lu retropacchio è pi papà.. il pacchio è per Patroclo…La minnitta di mio padre è arrivata ed ha la consistenza e la durezza della mia ciolla…..>> gridò Neottolemo. << Risparmia una madre e una vedova...>> invocò piangendo Andromaca. << Sta minchia…fatta sei solo di merda come quel porco strafottuto di tuo marito strafottutissimo...>> << Sia fatta la tua volontà.. e pi tia che vuoi?>> << Pi mia vuoiu la vucca.. accussì non parri e ci la finisci di dire minchiate... fallita di merda...>> << Fai.. fai quello che vuoi.. visto che rispetto non mi vuoi portare. Perché non vuoi rispettare il lutto del mio cuore e del mio ciriveddu?>> << Quello lo rispetto.. ma nello stesso tempo mi ni futtu del tuo cuore e del tuo cirivedda.. ma il lutto del pacchio non lo rispetto.. chi perde è merce.. e tu sei solo un pacchio buttano… e adesso tu diventerai la mia buttanazza personale e mi darai tanti figli di buttana..>> E ci tappò la bocca con la sua ciolla. Poi ci sfunnò pacchio e retropacchio. << Voglio un figlio.. e poi altri ancora.. da tia..>> < Ma io ho già un figlio..>> << Quello non vale .. è simenta del morto e deve morire.. è simenta del fallito è deve crepare. .cazzo se deve morire.. fallito il padre, fallito il figlio..>> Intanto che Andromaca piangeva lui la usava a suo modo e piacimento. Fottendosene e strafottendosene delle sue lacrime, dei suoi lamenti e del resto. << Fallita sei e fallita resterai.. merdazza ranni... e suca anziché sparare minchiate..>> Dopo, a ciolla soddisfatta e ciriveddu pure, pinsò a scannare la simenta fallita del fallito principe Ettore. E preso Astianatte dalla culla unni durmia felice lu scaraventò fora dal torrione. Come nu sacchetto di munnizza fitusa. E intanto che il picciriddu precipitava e la madre gridava lui rideva gioioso e contento. << Io sono pazzo.. pazzo.. di gioia son pazzo.. non mi scassate il cazzo.. viva la morte e chi la da. . Viva chi ammazza e chi lo fa.. viva la morte data.. viva la gente ammazzata..ahhhh..>> Queste parole rimisero in piedi la sua ciolla. E per non sentire la buttana fallita gridare ci la rimise in bocca. << Accupa e suca.. altrimenti t’ammazzo.. un morto in più, un morto in meno.. che differenza fa? Questo è il bello della guerra...la guerra, sola igiene del mondo.. perché toglie dalla circolazione un po’ di merda..>> E intanto ci la sbattia sempre in bocca ad Andromaca . << Quel coglione di Poseidone fa il buono e non fa chiù terremoti.. quel testa di cazzo di Zeus si scanta a fare un bello spettacolo pirotecnico di lampi e trona e a pisciari a minchia cina acqua per fare un nuovo diluvio universale... l’obeso Eolo si scanta a fare sciri li venta forti ca tutto fanno decollare.. e quel cornuto ranni di Efesto si scanta a mettere in azione l’Etna e gli altri vulcani... cazzo, che dei di merda.. cazzo.. cazzo...>> E intanto ci la passava in bocca a tutta forza. O meglio, a tutta minchia. Andromaca oramai stava soffocannu. Fu per un miracolo, per un pelo di minchia, ca Neottolemo vinni appena un secondo prima che quella accupassi. << Ti sei salvata per miracolo.. buttana.. buttanazza fallita...ma sarebbe stato uno spettacolo farti morire intanto che mi la sucavi.. puttana fallita vedova di un principe fallito...merda .... merdazza... era quasi un onore pi tia morire accupata dalla simenta di figlio d’eroe...>> E rise intanto che la donna piangeva. Rise di gioia . Di quella gioia che ti da la morte di un nemico. Minkialao partì di cursa pi scannari Elena e il suo nuovo marito. Li attruvò ca futteunu; lei smontò subito dal palo maritale mentre Minkialao facennu la spada rotante incazzata con un colpo netto ci tagliò l’aceddu tiso al nuovo marito della sua vecchia moglie. Quello gridò nel vedere la spada tagliare il suo aggeggio e lo stesso abbulare come un aceddu fora dalla finestra. << Ahhhh.. la mia deminchiazione fatta fu..>> E fece per alzarsi. Come per correre appresso al suo pene. Ma Minkialao mise fine a quelle sofferenze facendo scempio di quel corpo frutto di real simenza. Rifacendo la spada rotante a getto continuo prima lo decapitò, poi lo detoraciò , infine lo deculò e decosciò. Elena, scantata, scappò, nuda come si trovava, verso altre zone del palazzo. Il re minore e suo ex marito continuò l’opera di spezzettamento del chiavatore di sua moglie. << Chistu è lu cori.. lu facemu a pezzi pi li iatti in amore..>> E continuava, << Chisti sunu li purmuna ... li facemu a pezzi pi li iatti senza cugghiuna..>> E ancora. << Chisti è lu figuti malirittu.. lu damu a nu iattu binirittu..>> E ancora. << Chisti sunu li intestina.. li damu a li atti ca ficcunu a mincia cina..>> E poi ancora. << Chista è la lingua ca alliccava di Elena la fica.. li damu a una iatta nica..>> E ancora. << Chistu è lu ciriveddu ca gudia a ficcari lu cunnu beddu.. lu damu a nu iattu senz’aceddu..>> Poi circau la ciolla e la taliau. << Chista ciolla ca inciollava la fica mia.. mi la magiu iu e cosi sia ..>> E si l’ammuccò. Quando Minkialao finì la sua reale operazione di real macelleria Elena non c’era più. C’erano soltanto iatti e iatti a ancora iatti ca si stavano spurpannu il corpo dell’ultimo, in ordine cronologico, marito di Elena. << Minchia….la buttanazza scappò.>> disse Minkialao intanto che si arrussicava la real principesca sasizza. E allora Gridò. << EL Enaaaaaaaa....>> Anche Agaminkione, trasuto per primo tra i Munipuzici all’interno di Purceddopolis, curriu alla ricerca della fica spilata d’Elena la bella. Trasiu nel palazzo reale, e facendosi largo tra i tanti morti ammazzati , si mise alla ricerca della femmina che gli addumava l’aceddu. << Minchia.. quella che scappa è.. e nuda è.. pronta per ficcare.. Purceddopolis crepa e mori e idda pensa a ficcare.. la devo raggiungere prima di Minkialao...>> Ma era distante dalla femmina. La chiamò: E << EL NAAAAA >> Ma ci parse che n’autro la chiamasse. O forse addirittura altri due mascoli. Infatti avia gridato “ Elena “ in contemporanea con Minkialao e Eleno. Ma le onde sonore delle tre voci erano diverse. Anche Eleno si era messo alla ricerca della cognata. E vedendola da lontano gridò: L << E E Naaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa.....>> Ci era parsa lei. Ma in realtà sentiva odore di pacchio spilato. Il pacchio spilato tiene un odore molto ma molto diverso. Un odore di pacchio puro e non come quello impilato. E girannu palazzu palazzu la truvò. Era infilata in un forno spento. S’era distesa come un filone e stava con le cosce larghe. Come a far prendere aria al suo corpo da quella apertura. E intanto pregava suo padre Zeus di salvarla. << Sento odore di pacchio.. e di pacchio di qualità…>> esclamò Eleno entrando nella grande cucina. E la visti. << Minchia che visione… che spettacolo.. che colpo di teatro attruvari la bella Elena nuda dentro il forno… e vedere direttamente l’origine del piacere.. l’origine del mondo… l’origine del paradiso.. la fonte della divinità…. della sapienza…. dell’estasi…. del sapere e dell’infinito cosciente e incosciente.. >> declamò l’indovino che aveva indovinato dove il pacchio bello s’era nascosto. Quella invece pregava. << Zeus.. e che cazzo…ci si o nun ci sì… A finiri a burdellu…A finiri accussì… Sugnu o no figghia di la ciolla to.. Allora salvami .. e non fare “ Mbì e mbò..” Afrodite bedda, Paride t’era caro come tesoro Perché ti desi il sommo cazzo d’oro.. A parte chista considerazione nica Avemu lu stissu sticchiu, semu soru di fica.. Nun ci sta mancu nu pilu davanti a la vanedda Semu trasparenti di cori, ciriveddu e filazzedda.. Oggi la fimmina col pacchio sapi recitare Sulu iu e tia lu damu p’amuri di scopare ..>> << Ma chi fai dintra lu furnu…>> ci addumannò Eleno. << M’ammucciu.. Minkialao mi voli scannari…>> Eleno trasiu nel forno pure lui. << Anch’io mi scanto.. m’inforno pur’io.. anzi.. io mi scanto il doppio e pertanto mi devo infornare due volte.. una prima volta dintra il forno e una seconda volta dintra il forno tuo…>> rispose Eleno facendo finta di andarsi a catafottere in mezzo alle cosce della donna. << Salvami.. salvami ca ti la dugnu.. >> disse Elena acchiappando Eleno per quella che era la parte più sensibile dell’indovino. “ Indovino della minchia “ era il suo soprannome. Eleno si la inchiappettò la dentro stesso. Poi la portò nel suo rifugio segreto, la stanza delle previsioni, e lì si la futtiu nei modi possibili e impossibili. Si ficiru anche la complicatissima posizione ventiquattro del Libro delle posiziono magiche. Intanto che erano così attorcigliati che poco ci si capiva, arrivò Minkialao. << Buttana.. la tua ora arrivò…anni e anni di corna.. tu, la fica più visitata della Grecia e della Magna Grecia.. e io il cornuto dei cornuti.. sappi cara Elena , che tu sei chiù buttana di quel buttaniere di tuo padre.>> Elena continuò la sua mentulica impresa. << Vaffanculo.. fammi finire questa acrobatica missione… tu che sapevi fare solo quella del “ missionario” … uomo che nun teni fantasia è minchia persa.. e una minchia persa non riesca a mantenersi neanche un pacchio ordinario.. figuriamoci un pacchio come il mio..>> rispose Elena continuando a zummiari con Eleno. Minkialao partì pi la minnitta . << Mori.. buttana ranni..>> disse Minkialao partendo alla sanfasò per infilzarla ma infilzò Eleno. << Buttana fortunata.. >> Elena sentì la ciolla di Eleno arrimuddare dintra di sé; e quello scatenarsi automaticamente dall’amoroso amplesso. Libera dalla schiavitù ciollesca si mise addita. Sporca di sangue ma con la fica che ancora pulsava. Faciva rapi e ciuri spasmodicamente, era rimasta insoddisfatta. Quello era morto prima di farla pisciare dal piacere. Allora, forse stanca o semplicemente disperata, ma in realtà intenta a recitare il suo ruolo, pigliò il cingilombi del morto, si puliziò l’insanguinato seno, e offrendolo al vendicatore dei curnuti , disse. << Infilzami nel petto… poni fine alle mie e alle tue sofferenze. dai un taglio netto alle tue corna reali.. infilzami la spada in mezzo alle minne…>> E s’avvicinò offrendo il petto a quella spada insanguinata. Con le mani sollevava i grossi e carnosi seni e li offriva alla spada. A quella vista l’uomo lasciò cadere l’arma e presa in mano l’altra spada, quella carnosa, in realtà d’avorio, disse: << Preferisco trafiggerti il pacchio con questa..>> S’avvicinò titubante alla donna. Elena capì che aveva vinto ancora una volta. E allargò le cosce per offrirgli la vista , e non solo quella, del suo abile pacchio spilato che ancora pulsava di desiderio e pititto. Le piccole e le grandi labbra facevano rapi e ciuri e il clitoride trotterellava come na minchietta brilla. << Che belloooo.. come abballa… che bello…il nido dell’uccello… si rapi e si ciuri… comu si ciuri e comu si rapi.. figghia mia comu m’arrapi…>> disse Minkialao più babbalao che mai. Taliava e non facia. La sua minchia stava tisa e puntava al pacchio ma lui restava fermo. Poi appoggiò la coppola a quella filazza ma non sapeva se trasiri o fari marcia indietro. Era venuto per ammazzarla e adesso stava per venire in altro modo. << Se ti vedesse Agaminkione…>> disse Elena ridendo. E non rise solo con la bocca, rise anche con lo sticchio. Quello filazza sorridente e gioiosa si sucò l’aceddu di Minkialao in un fiat. << Mi ni futtu di Agaminkione… Agaminkione avi fatto tutto sto casino solo per averti...>> << E di Ifigania? Ti ni futti anche di lei?>> Minkialao ebbe un attimo di smarrimento. La nipote era il suo vero amore. << Di ifigania non me ne fotto.. semmai me la fotto…>> << Incestuoso sei..>> << Minchia cu parrau… comunque a Ifigania io ci voglio bene assai assai.. e non la lasserò mai..>> << Neanche per il mio pacchio…>> << Solo per quello.. ma il tempo di fare una fottuta…di Ifigania io amo tutto.. di tia solo il pacchio..>> << E allora perchè una volta mi la passavi accussì picca la tua sasizza?>> << Non mi andava la tua superiorità sticchiosa.. paria ca tu avevutu l’esclusiva del pacchio.. e invece di sticchio è cino il mondo..>> E intanto che dialogavano a parole fottevano con gli strumenti dell’arte fottitoria. << Ma come il mio ci ni stanno pochi.. anzi , ci sta solo il mio e quello di Afrodite.. e non mi dire che ti la sei fatta anche con Afrodite?>> << No.. ma se il tuo è spilato di madre natura adesso tutti se lo spilano per moda… ma tu non sai come lu teni bello Ifigania… teni tanti pila ca pari n’autro bosco di Mynkyalonya… tanti pila ma belli lunghi.. e io ci li fazzu sempre a trizzicedda… li pettino, li alliscio.. ci mando in esplorazione il mio aceddu ca pari ca si perdi ma poi trova sempre la strada per uscire dal triangolo peloso e ficcarisi nella grotta del piacere… ma tu capire non puoi… e poi, a parte li pila, il pacchio di Ifigania non è superbo.. e chistu è importante.. mette la minchia a sua agio.. che fare l’amore non è l’olimpiade dell’orgasmo vota pi vota… Ifigania non da mai voti alle prestazione del mio aceddu.. neanche stanotte lo fece .. quannu la consolai..>> << Stanotte? Ma tu non stavi dintra il pupone ?>> << Sì.... ma Ifigania è sempre stata con me al campo.. es stanotte era con me nel Priapone.. Ifigania si è vistuta da mascolo e si fa chiamare Ikazzonio..>> << Minchia…ti la futti sotto gli occhi di suo padre..>> << Sì.. tanto quello è babbo ranni e specializzato.. pensa solo a fare la guerra e si ni futti delle corna di casa.. lì ci sta Krysegystos che ci la ficca a tutta la famiglia…a Ifigania ci penso solo io.. a parte ca iddu la criri morta…sacrificata agli dei…morta vergine.. e io invece mi la pussiria prima e mi la pusseru adesso.. alla faccia di quel cornuto di mio fratello … che ha fatto tutto sto bordello per avere la tua fica..>> << Ma non l’avrà mai...>> rispose Elena ridendo. << Mai....ahhhh..... >> rise Minkialao. << Fedele ti è Ifigania?>> chiese Elena. << Sì.. a parte l’incidente di stanotte.. quannu i miei compagni che stavamo nel Priapone la scuprenu.. e ci la ficcanu d’autorità… ma pi iddi era solo una fimmina vistuta a mascolo mentre fino a quel momento era stato solo e soltanto un mascolo effeminato che si la facia mettere nel culo dal sottoscritto.. poi fu Priapo che la riconobbe.. dal pacchio la riconobbe il dio cazzuto e fottitore… perché tutti la credevano morta.. e a tutti e a tutto pensavano tranne che a Ifigania…>> << E adesso come farai? Cosa farai? >> << Avrò la moglie come amante e l’amante come moglie.. >> << E io cosa farò?>> << Tutto quello che vorrai.. L’importante che non ti la fai ficcare da Agaminkione.>> << Ma io ti voglio fare una domanda. Se io ti dicissi : o la mia fica o quella di Ifigania, cosa faresti?>> Minkialao non rispose. << E se ti addumannassi chi è che tiene la fica più bella?>> Minkialao tiniva ancora l’aceddu dentro il pacchio di Elena. Taliò verso il basso e vide la sua ciolla che faceva trasi e nasci. E quannu scia la sua ciolla ci sorrideva di felicità. Quannu trasiva invece ci sorrideva il pacchio. E che sorriso. << La fica più bella è la tua.. perché è come quella divina di Afrodite.. avia ragione Paride che ci desi alla dea il Sosia d’oro.. se ci stautu pure tu, il caruso sarebbe trasuto in confusione tra tia e Afrodite…Il tuo pertanto è il pacchio più bello… molto ma molto più bello di quello di Ifigania…>> << Agaminkione ci la farà pagare questa minchiata..>> disse Elena. <<No.. perchè noi adesso andiamo all’accampamento.. pigliamo dei cavalli e parte del tesoro e scappamu…>> << E dove mi porti? >> chiese la bella. << Andiamo intanto ad Akraj.. lì tengo amici fidati.. intanto ci aiuteranno loro.. poi decideremo..…>> disse Minkialao incunnando felicemente l’aceddu nel cunno di Elena. << Bella cosa assai è.. che poi magari al teatro greco mittemu in scena la nostra storia.. io potrei fare la protagonista.. Elena di Purceddopolis.. no, troppo sofisticato.. meglio Elena di Troia…in fondo a mia mi hanno sempre detto che sono una attrice nata.. che so recitare anche con lo sticchio.. e che incanto accussì i mascoli.. perché quannu tu ci reciti na bella scena personale a una testa di minchia quella diventa dipendente da te.. perché a un mascolo basta ca ci fai vedere un pilo di pacchio e ci fai capire che quel pilo è un artista in fatti di minchia, quello scimunisce tutto d’un botto... >> disse Elena assecondando i movimenti pelvici dell’uomo. Minkialao con la lingua di fuori facia: << Ehhhh.. ehhhh... ehhhh..>> Elena parlò ancora. Poi toccò di nuovo a Minkialao. << Oppure , possiamo andare a Siracusa.. una delle regine del mare nostrum… ci pigliamo una casa a Ortigia e ci diamo alla bella vita.. una re e una regina in esilio volontario.. che se la spassano giorno e notte..>> << Perfetto.. anche a Siracusa ci sta un teatro greco.. e possiamo recitare la nostra storia amorosa..>> disse Elena aspirando sempre più la ciolla tisa col suo pacchio sucante. << E poi? << Poi si vedrà.>> Da quella cunnomentulamachia rinacque la coppia Elena Minkialao. Ma a taliare la cosa c’era Ikazzonio. Che pianse per gelosia e promise minnitta. E intanto che Ikazzonio piangeva arrivò Agaminkione. <<Ikazzonio, hai visto per caso Elena...>> << Chi?>> << La fimmina per cui fatta s’è codesta guerra..>> Ikazzonio non rispose ma pianse di più e più forte. << Ikazzonio.. chi successi...>> chiese Agaminkione. << Niente... solo che..>> << Che.. >> << Vieni a taliare da questo portuso.... >> Il re maggiore taliò e vide il re minore che sodomizzava Elena. << Minchia... mio fratello con la buttanazza di sua moglie..>> << Sì.. hanno fatto pace..... ci la sta mettendo là dove ci piacia mittilla a mia.. ho visto la sua ciolla d’avorio fare trasi e nesci..>> disse Ikazzonio sempre piangendo. << L’ho vista anch’io.. perchè io e mio fratello abbiamo lo stesso modello di ciolla..>> << Lo so..>> rispose Ikazzonio piangendo. << E ora chi fazzu? >> si chiese il re maggiore tirando fuori la spada.. << Adesso trasu.. scanno prima lui e poi lei... ma prima però ci la ficco.. tanto la minchia mia è la stessa di quella di Minkialao..>> <<No.. non lo ammazzare.. né lui né lei...>> Ikazzonio lo bloccò. E si misero a litigare. Agaminkione voleva fare minnitta, Ikazzonio lo voleva fermare. E si arrotolarono per terra. << Ikazzonio.. fammi portare la missione a compimento..>> << No.>> <<Minchia.. sei proprio un aricchione innamorato della ciolla di mio fratello...>> <<Sì..>> Nella lotta la tunica si Ikazzonio si era arrotolata e quello adesso tinia il culetto di fuori. << Però... bello lu culu...dai tratti femminili...>> << Sì.... ma non lo toccare, non puoi..>> << Ihhhh.. ihhhh.. ihhhh.. a mia mi dici che non lo posso toccare..? A mia che sono il re maggiore? Vidi ca ti la mettu nel culo a tia.. arricchioncello del re minore>> << No..>> Agaminkione scostò il cingilombi e ci la misi di botto. << Ahhhh.. >> disse Ikazzonio. Elena e Minkialao continuavano il loro travaglio peloso e non sentivano niente. << Però che chiappe belle .. che delicatezza.. chiù un culo femminino che masculino.. e poi, che cedevolezza, chiù da fimmina che da mascolo anche se eventualmente frocio.. bello .. bello.. bello.. ma dimmi, come lo tieni il pisello?>> << Ca da pisello naturalmente.. certamente un pisello è solo un pisello... mascolo purtroppo nacqui ma con i mascoli mi piaci iri.>> improvvisò Ikazzonio che non sapeva che dire e che fare. << Intendevo come lu tini il pisello..>> << Io.. io di carne.... non come Minkialao..>> << Intendevo.. nicu o ranni? Ruossi o siccu? Longu o curtu ? >> << Normali... >> << E fammillu abbidiri.. va.. fammillu taliare.. ca ci iocu nu tanticchia..>> << No.. mi affronto assai assai.. timido sugno..>> <<E va...>> << No..>> << E va bene.. Ikazzonio bello.. sarà per n’autra volta...>> disse Agaminkione finendo nel culetto bello del bell’Ikazzonio. Intanto che i due erano impegnati in questa schermaglia in parte pilosa e in parte parlata., intanto che Agaminkione si dimenava sul sederino di Ikazzonio, intabto che ikazzonio protestava moderatamente, Elena e Minkialao fienu la loro discussione. E decisero di partire. Fecero per uscire ma si fermarono di botto. Rientrarono nella stanza e si talianu in faccia. << Minchia chi famigghia... il padre ca la mette in culu alla figghia..>> disse Minkialao. << E perchè.. lo zio ti pare normale?>> << Ma il padre è il padre..>> << Ma lui non è il padre..>> << Come ? Agaminkione non è il padre? >> << No...>> << E allora di chi è figghia Ifigania..>> << Di Teseo e di..>> << Di Teseo e di ..>> << ...e.. di .. di .. Elena...>> << Tua?>> << Sì... quannu Teseo mi rapì mi la misi ufficialmente in culo e ufficiosamente nello sticchio.. e anche se ufficiosamente io arristai incinta.. sempre ufficiosamente.. e ufficiosamente partorii la bella Ifigania... ca ufficialmente fu arriconosciuta figlia di Fikennestra e Agaminkione... anche perché io era senza marito e ufficialmente vergine.. tu mi hai sverginato la sera del matrimonio ufficialmente..>> << Sta minchia...>> << Così è se ti pare..>> << Minchia chi famigghia...>> << Quindi tu non ti sei fottuto tua nipote.. ma la figlia di tua moglie... a parte che Ifigania non tinia il marchio di famiglia..>> << Cosa? La colla d’avorio? Se era fimmina come facia ad averla?>> << La ciolla no, ma la ciolleta sì..>> << Minchia.. vero.. quel buttuneddu tisu di carne non era d’avorio.. era carne e basta ..carne dura e basta...>> << Adesso scappiamo che è meglio..>> dissero all’unisono. E scienu dalla regia dall’uscita .. segreta. Aiace Teladoinculio iu al tempio pi farisi a Cassandra. La principessa maga ci facia sangu. La mise a nura sutta l’occhi del simulacro della vergine Pallade Atena << No…non fare danno.. io son del cielo.. degli dei…>> gridò la donna. << Taci Cassandra.. non vinni per incassandrarti l’aceddu mio nella tua carnosa fica che sana da tempo immemore non è… ..>> << Chi ni sai tu?>> << Io so.. e poi tu dici solo balle.. comunque io vinni per onorare il mio nome.. Aiace Teladoinculio…ma se mi fai incazzare pure in mona ti la darò....>> << Né lì né là… fattilla a mano per carità.. a mia mi protegge Pallade Atena..>> << Zitta.. Cassandra scassacassandri.. Cassandra sparaminchiate.. altrimenti ci ni sta pure per Pallade Atena.. e cu minchia si criri di siri sta dea ca nun sapi mancu futtiri.. E’ vergini.. ma na fimmina ca nun futti nunn’è na fimmina … e na cosa inutile.. e la stessa cosa vale pi li dia…>> << Miscredente..>> << No.. solo strafottente… anzi teofottente…me fotto del cielo e della terra…di Zeus e della sua discendenza… vuole il mio culo come fa con Ganimede? A disposizione: è già rotto e sfunnatu da quannu ero caruso.. e sai chi mi lo sfunnò? Mi lo sfunnò per la prima volta un sacerdote del tempio di Pallade Atena… doveva essere casto.. anzi, doveva essere eunuco.. e invece tinia un marrugghiu che allargava culi e pacchi alla sanfasò.. con una predisposizione naturale per i culi.. soprattutto mascolini, purché non ancora impilati.. Voli l’aceddu? Ci lu dugnu. Fini a quannu funziona è a sua disposizione.. Voli li pacchi e li cula di casa mia ? Faccia pure. Si accomodi. Vuole la mia vita? Se la pigli. Prima o poi devo crepare.. la vita, Cassandra scassacassandri, è solo un intervallo tra una testa di cazzo che esce dal pacchio di mamma e una che esala l’ultimo respiro.. l’importante è che in questo frangente ci sia traffico.. movimento.. altrimenti è una vita sprecata…e io la mia, cara Cassandra scassacassandri, l’ho vissuta.. sono preparato a ricevere la morte in qualsiasi momento…>> Intanto si era livato la tunica ed esibiva una ciolla niente male. Cassandra da parte sua si aggrappò al simulacro della vergine. Ma Aiace, con la ciolla in armi in mano, insisteva. Ma quella non lasciava la presa. Nuda era, ma stava aggrappata alla statua della dea. Aiace la acchiappò allora per i fianchi e ci la piazzau nel retropacchio. Fu una botta data con la potenza di cento ciolle in amore, di duecento baddi vinciate, di mille desideri insoddisfatti. Praticamente ci lu sfunnau. La spinta fu così forte che il simulacro cadde. E col simulacro cariu Cassandra e supra di idda Aiace. Pare che Pallade Atena a vedere quel gesto aprì gli occhi ranni ranni e poi taliò fissa verso il cielo. Come per dire: << Non ci sta chiù religione..>> Cassandra piangeva per il dolore e l’offesa minchica. Aiace , non contento, sciu dalla porta di darreri e fici il suo ingresso trionfali dalla porta di davanti. Ma sempre da dietro. Con Atena sotto Cassandra. Ogni colpo di reni dell’eroe si trasmetteva al pacchio della veggente che a su volta lo passava al gelido simulacro della dea. Che a picca a picca perse la sua gelidità. Le lacrime di Cassandra , man mano che l’onda del piacere montava, addivintanu lacrime di piacere. E quannu dall’aceddu eroico sciu la simenta della rabbiosa fottuta pare che pure Pallade Atena, seppure sotto forma di simulacro, godesse nu tanticchia. In ogni caso un po’ latte di brigghiu sculò sul simulacro della dea. Cassandra poi, come bottino di guerra, finiu per adornare la ciolla d’avorio di Agaminkione. Intanto la polis vinia misa a ferro e fuoco. La morte trasia in ogni casa, curtigghiu, palazzu, ciazza, lupanare. Morte su morte e poi ancora morte. Ma anche minnitta e tanta violenza. I soldati , pi sfregio e altro, ma anche per consolarsi o per scaricarsi le palle, ficcaunu a destra e a manca. Dappertutto scorrevano sangue e simenta. Enea scappò con il papa Anchise sulle spalle e il piccolo Ascanio tenuto per mano. Sua moglie si perse nella confusione. E su di lei calò il silenzio. Enea aveva fretta. Doveva seminare. Enea teneva Roma nelle palle. E avere Rima nelle palle non è poco. Ci dava sinceramente un po’ di fastidio. E non aveva solo Roma nei testicoli, aveva anche Anchise sulle spalle, che per sua fortuna era siccu come n’asparago selvaggio, e Ascanio nicareddu ma autonomo, tanto che bastava dargli una mano, e infine aveva il Palladio nella coffa. Ma tutto questo comunque era sopportabile. Ma Roma nelle palle, quello si che era un peso. Un peso da scaricare al più presto. Cassandra fu data come schiava ad Agaminkione e si attruvò benissimo. Al re ci piacia futtiri e sentire le previsioni sul futuro. Tanto erano solo minchiate. Specialmente quelle di Cassandra. Che con Agaminkione si era specializzata nel vedere il futuro nelle Palle. La Pallomanzia, la Coglionomanzia, la Testicolomanzia o altro dir si voglia. << Come sarà il mio futuro?>> chiedeva Agaminkione. << Glorioso…>> rispondeva la donne taliando da vicino le palle dell’eroe. << Dove lo leggi il futuro? Nella palla destra o nella palla sinistra?>> << In tutte e due…prima lo vedo in una e poi lo confronto con l’altra.. io sono esperta di Pallomanzia.. Testicolomanzia.. Coglionomanzia… ma anche di Minchiomanzia….>> << Allora dimmi il futuro della ciolla mia. Come sarà? >> << Glorioso.. ficcarioso.. godurioso… cunnoso… >> << E come sarà la mia vita ? >> << Lunga sarà.. assai lunga....lunghissima forse…>> << E mia moglie Fikennestra che fa? >> << Si conserva casta e pura ; e aspetta con trepidazione il ritorno del tuo aceddu… devi sapere che tiene le filinie davanti al pacchio… ci li devi livari tu…>> Agaminkione rise . Sapeva che quella ficcava alla sanfasò con Krysegystos. E sapeva anche chi era Krysegystos. I suoi sevizi segreti ci dicevano sempre tutto. Perché sapevano veramente tutto. Anche che quello avia misu incinte tutte le femmine di casa. La moglie e le figlie Elettracunnus e Cunnotemi. E tanto per non fare differenze insasizzava pure Minkioreste e Pilade. Senza però metterli incinti. << Che mi dici di Ifigania la bella? Come sta il suo spirito?>> << Benissimo.. quella fotte alla grande.. travestita da mascolo... ficca e rificca con una ciolla di famiglia ..>> << Pazza.. ma dimmi dove si trova? Io penso nei Campi Elisi?>> << Lì è... bella come non mai… però ficca e rificca.. e sai quantu ficca…>> << Quantu a tia…>> << No, di più..>> << Come mi piace sentire le tue pazzie.. la tua arte di maneggiare le palle per osservare da sapiente il futuro non saputo..>> Ekuba, venuta a conoscenza della morte violenta di altri suoi figli disse solo: << AH.. AH.. AH.. AH..AH.. AH. AH.>> Polissena fu sacrificata ad Achille. Ma molti non volevano. Quel pacchio sarebbe stato più utile da vivo che da morto. Immolato sull’aceddu di un eroe vivo sarebbe stato più utile. Lo avrebbe reso felice. Ma anche i riti hanno la loro importanza. << Vale di più il pacchio di una puttana o la ciolla di un eroe?>> gridò Neottolemo che esigeva il sacrificio in onore del padre. La domanda spiazzò i Munipuzici. La ciolla di Achille era l’unica cosa mortale che l’eroe aveva, ma l’aveva usata alla grande. Ma oramai era morto e la sua ciolla non poteva godere più. Polissena invece era bella e poteva far gioire qualche mascolo. Ma la domanda di Neottolemo meritava una risposta. Era di quelle che spiazzano. << Vale di più il pacchio di una puttana o la ciolla di un eroe?>> Ognuno disse la sua. Alla fine si decise per il sacrificio. <<Una puttana viva non può valere più di una ciolla morta d’eroe.. che rogo sia..>> sentenziò Odisseo. << Iddu ti vulia …pertanto la tua cenere sarà deposta sulla tomba dell’eroe. I tuoi atomi si mescoleranno con quelli di Achille e Patroclo.. sarà un amplesso eterno… anche se io non so come fanno gli atomi a futtiri.. ma so di certo che futtunu pure loro.. perché tutto quel che fu, tutto quel che è, tutto quel che sarà, in un modo o nell’altro fotter dovrà…>> disse Neottolemo pronunciando l’orazione funebre con la futura morta ancora viva. Il rogo fu spettacolare. Polissena era salita sul rogo serena. Convinta com’era di volare nei Campi Elisi. Solo là poteva stare uno come Achille. << Sarò solo atomi.. ma i miei atomi si depositeranno sulla ciolla d’Achille.. o sugli atomi della ciolla d’Achille..>> disse Polissena. Neottolemo fu contento perché aveva rispettato le volontà del padre. Purceddopolis intanto bruciava ancora. Fiamme su fiamme, distruzione su distruzione, e soprattutto morte su morte e poi ancora tanta morte. Ekuba fu data ad Odisseo ma era una pazza furiusa. Non parlava . Dicia solo: H.. A H.. A << A H.. ..A H.. >> Nonostante questo Ekuba organizzò una minnitta con arte. Ma non la cuntu perché già lungo si fece questo cunto. << Persa per persa... meglio la minnitta che la sconfitta..>> pinsava Ekuba. La sua tomba fu chiamata “ della cagna”. Perché i suo spirito si materializzò in una cagna niura il cui latrato era il terrore del mondo intero. Quannu qualcuno la sentiva, anche se stava inciollando il più bel pacchio della terra, la sua ciolla arrimuddava. E meno male che arrimuddava. Perché il pacchio della signora si stringeva per lo scanto. Col rischio di strozzare l’aceddu. Intanto Purceddopolis continuava a bruciare. Era la morte in persona e non il suo simulacro. Gli intellettuali, sempre in cima al Palladio, taliavano, memorizzavano e soprattutto memorizzavano. Per la storia. Ognuno iniziò la sua con questi versi in comune. Naturalmente in greco. dialetto latino e dialetto locale. Titolo comune dell’opera , nelle tre diverse lingue, L’Agaminkione furioso di phallus, L’Agaminkione furioso di mentula, L’Agaminkione furioso di minchia << Le donne, i cavallier, l'arme, gli amori, le cortesie, l'audaci imprese io canto, che furo al tempo di questi furori e a Pueceddopolis nocquer tanto. Seguendo l'ire e i giovanil ardori d'Agaminkione re, che del suo cazzo diè vanto, per vendicar la fica rubata da un Troiano al fratello Minkialao babbo sano sano...>> Ifigania piangeva sempre. Lacrime su lacrime e amare. Minkialao aveva detto che il pacchio di Elena era chiù bello del suo. Non faceva altro che dire: << Minnitta…voglio minnitta...>> E un giorno curriu da Agaminkione ca era tutto solo nella sua camera. << Padre…>> disse piangendo. << Figghiu impazzisti. Il dolore ti iu alla testa.. Ikazzonio beddu, tu a mia nun mi veni nenti.. sei solo l’amico di mio fratello… il suo amato.. o il suo amante.. oppure entrambe le cose.. se proprio la vogliamo mettere così, diciamo che sei mio cognato.. quindi chi ci trasi chiamarmi “ Padre.” >> disse Agaminkione. << Padre.. tu padre mi sei..>> << Ma nu poli siri..>> << Padre...>> << Ma se ti l’haiu nisu in culo..>> << Perché non sapevi d’essermi padre..>> << E ti volevo anche vedere la ciolla..>> << Mi io mi opposi..>> << Perché ti vergognavi.. il pudore di mostrarsi nudo a un parente... santo santo ragazzo che sei....>> disse Agaminkione a cui la fuitina del fratello e della cognata facia ancora tremare di rabbia il cuore, il ciriveddu e la minchia. << Non temevo.. non era timore o pudore....>> << Ma allora cosa temevi?>> << Non temevo per me.. temevo per la verità....>> << E allora ammuscimillu.. ammuscimillu ora.. >> Ikazzonio, senza profferir parola alcuna, si spogliò tutto. << Minchia.. la minchia non c’è più..>> disse Agaminkione sbarrando gli occhi. << Non c’è mai stata..>> << Come... non c’è mai stata?>> << Io, io che da tutti son conosciuto come Ikazzonio, sono una femmina.>> << Minchia.. ua femmina.. non ci credo.. ti la annascondi tra le cosce belle e fai veder solo il pelame folto e arrapante... >> Agaminkione, nudo com’era, si susiu per andare a certificarsi. La ammuttau sul letto e a forza ci allargau li cosci. << Minchia.. uno sticchio ci sta.. femmina è.. quel cornutazzo di Minkialao facia il frocio e futtia pacchio.. e tutti che ciacciaravamo che la pigliava in culo.. la dava semmai.. e nel pacchio...minchia chi storia a cazzo di cane..>> << Ma l’esser femmina non basta.. sono di più..>> << E che sei , femmina doppia..>> << No.. ma sono...>> << Sei..>> << Sono Ifiga......>> << Sei femmina.. e hai anche la figa nel nome..>> << Sono Ifigania, tua figlia... papà.>> << Nooooooooooooooooooo...>> E ci contò tutto. Soprattutto di quello che faceva con lo zio Minkialao. Agaminkione restò come uno babbeo. Era convinto che la ragazza fosse morta. Ma quella era qua davanti a lui. E ci l’aveva messa pure nel culo, non adesso, ma quando non lo sapeva. Quando per lui Ifigania era solo Ikazzonio. Cioè, era solo un mascolo effeminato che si la facia sunari nel culo da suo fratello Minkialao. E invece Ifigania era viva. A questo punto era convenente contarci tutto. Per levarsi un peso dalla coscienza. In fondo ci l’avia misu nel culo non a sua figlia ma alla figlia di Elena e Teseo. Non sua figlia biologica ma solo legale, a sua nipote per farla più semplice. E per non perdersi in parole inutile e circonlocuzioni varie , in ginnastiche politiche o in sceneggiate alla Pattuallopolis, ci lo scacò in faccia in un amen. << Ifigania.. tu non sei mia figlia..>> << Noooo.....>> << E neanche di Fikennestra..>> << Noooo......>> << Tu sei figlia di Teseo....>> << Noooo..>> << E di..>> << Noooo..>> <<Prima fammi dire il nome .. e che minchia...>> << E dillo.. cazzo...>> << E di.. di.. di... Elena...>> << Siiii..>> disse la ragazza. << Come “ Siiii..”.. dovevi dire “ Noooo..” >> << Teseo si futtiu a Elena.. e allora.. figlia di buttana sono.. non andavo a letto solo con mio zio inteso come fratello di mio padre.. andavo a letto con il marito di mia madre.. il mio patrigno.. tu sei lo zio.. lo zio a tutti gli effetti. E tieni la ciolla come l’altro zio.. quello finto.. allora, zio finto per zio vero, inciollami la tua ciolla da zio nel pacchio nipotesco...>> Agaminkione non parlava. Era muto. Ma quella s’immolo sulla ciolla d’avorio. E tra un trasi e nesci si promisero l’uno all’altra minnitta. Priapo si taliava la cosa da un punto nascosto. Coperto da un manto di Menadi pinsava a quanto aveva dovuto combattere con la sua arma personale per dare la vittoria ai Munipuzici. Per aiutare Minkialao a trovare la forza di ficcaricilla con soddisfazione a Elena. Ad Aiace Teladoinculio ci avia dato la forza di andare nel pacchio e non soltanto nel retropacchio. Ad Agaminkione la gioia di ficcare ancora. Ma anche in mille e mille e mille altre imprese era dovuto intervenire con la forza della sua arma. La sua minchia. Ma adesso, intanto che decine di mani di Menadi gliela minavano per farlo scaricare della tensione accumulata, iddu pinsava già alla sua prossima impresa. Il suo piano era pronto da tempo. I suoi figli , i figli avuti dalle donne di Munipuzos, sarebbero stati i suoi soldati in questa battaglia, guerra, impresa o chiamatela come minchia volete, che lui si apprestava a combattere. Homerino da Munipuzos decise di scrivere l’opera Purceddopoleide , Mhassymylyano il Carmen Purceddopolis mortis est e Santhokriso il romanzo Cent’anni a Purceddopolis. Socratino da Munipuzos, che come tutti i filosofi amava il dopo e non il prima e il durante, ed era pertanto arrivato a città conquistata, si pose una nuova domanda. << La vita è una, come la minchia, e pertanto non è un piacere vivere a Purceddopolis e fare la fine dei purceddopoliti. E’ invece un piacere vivere a Munipuzos e avere una minchia protetta da Priapo, perché altrimenti a che minchia serve vivere sotto la protezione del dio dei bordelli e non portare al bordello, per farla divertire, la propria minchia? >> Un giorno Priapo incontrò i tre intellettuali che erano stati con lui nel Priapone . << Sentite, beddi uomini che sapete scrivere bene assai assai.. posso farvi una proposta? A tutti e tre naturalmente .. a mia mi piace sia la scrittura greca del sommo Homerino così come quella in dialetto latino di Mhassymylyano e poi ancora il dialetto lurdo ingrasciato di Santhokriso.. >> << Dicci, divino Priapo..>> chiesero i tre. << Volete seguirmi in una mia missione che partirà molto ma molto presto..>> << Per fare cosa?>> << Per raccontarla sai posteri... sarà più che l’Odissea ... più che l’Iliade.. più che Eneide... sarà un viaggio più fantastico e misterioso delle Argonautiche... >> << E dicci, di cosa ritratta..>> << Segreto è.. se volete venire, a scatola chiusa.. altrimenti come non detto..>> M i tre intellettuali, curiosi come tutti gli intellettuali, dissero “ Sì.”. << E Socratino unni sta?>> << Che ti vuoi portare pure quello?>> chiesero i tre. << Sì.. perché, non conviene?>> << Secondo noi no . Quello sapi fare solo domande, e non duna mai una risposta..>> << Vero.. affanculo a Socratino..>> << Affanculo a Socratino..>> risposero gli intellettuali. Trasi.. nesci.. fa.. leva.. ficca.. basti Forti.. adaciu.. dicia.. fermiti.. ammutta. Ahi chi corpu! Ahi chi chiaja! ahi m’ammazzasti! Nescila! … non ti moviri… chiù sutta. Quali balsamu scurri! chi mi dasti? Trasi chiù dintra, ficcamilla tutta: Lassala stari, via, comu fu fu; Chi e duci! Chi piaciri? ‘un pozzu chiù! Eccu frattantu un lavizzu di spacchiu Ca scurri comu scurri un canalicchiu: Comu abbucca rumpennusi ‘npinnacchiu, Veniri allasca lu so beddu sicchiu. Vulcanu ci lassau lu so grossu cacchiu Pri menzura ‘nfilatu ‘ntra lu sticchiu. E intantu a maniari si trattinni Facci, pettu, masciddi, culu e minni. Micio Tempio , La minata di li dei VIII. Tuttu chiddu ca incomincia deve finire A ddi modi, a ddi gesti, a chiddi atti, Ristanu l’autri ammaluccuti e afflitti, Friddi comu la nivi e stupefatti, Comu pasturi ca lu campu vitti. Giovi cci dici: cci su mezzi adatti Pri a vuatri passarivi l’aritti: La minata iu criai pri cui nun futti Basta ca vaju cunsulatu a tutti. Dissi: ed ognunu la pistola ‘griddu La nesci, e si la metti a lu scupertu, Russa la testa comu lu cardiddu, L’occhi a li minni ed a lu culu apertu; Unu l’afferra; e nautru , e chistu a chiddu; Tra d’iddi si la minanu a cuncertu; E situannu li manuzzi a granciu Si la jocunu tutti a canciu e scanciu. Micio Tempio, La minata di li dei Agaminkione tornò a casa con la bella Cassandra. Ma Krysegystos, con l’aiuto di Fikennestra , li scannò. Ifigania, come detto, era figlia di Elena seminata da Teseo ma cresciuta da Fikennestra come sua… e Agaminkione e Minkialao erano figli di Tieste ca si era incunnata a Erope in quel di Creta e già li teneva in panza quannu si maritò con Atreo… Ermione non si sa se era figlia di Minkialao o di Paride o di qualcuno degli altri che la notte del matrimonio siminarono l’orto di carne di Elena. Minkialao la riconobbe come sua ma Paride anche. Come sua la riconobbe anche Priapo. Comunque si maritò con Minkioreste.. E Minkioreste , aiutato dal cugino amante Pilade , pi minnitta, scannò la mamma Fikennestra e il suo amante Krysegystos. E nell’atto di deminchiarlo scoprì che aveva la ciolla d’avorio.. e venne fuori la parentela.. erano entrambi discendenti della protominchia d’avorio.. pertanto lui conservava questa caratteristica genetica, caratteristica che veniva tramandata , giustamente, di mascolo in mascolo… perchè , signori miei, pensate a una fica d’avorio. Minchia, chi tragedia per la ciolla… anche se la ciolla è l’asse del mondo e la fica quella cosa bella che lo fa firriari. Minkioreste fece sposare la sorella Elettracunnus al suo amante cugino Pilade . E dopo nu tanticchia di teatro finenu pi ficcarisi tutti e tri nello stesso letto... che in seguito vide arrivare pure Ermione… Minkialao e Elena passarono cazzi niuri… felicità e infelicità furono loro.. ma il pititto lu spitittarono alla grande... Minkialao , con la sua ciolla d’avorio instancabile, inesauribile e inconsumabile, recuperò tutte le fottute che non s’era fatto prima della fuga della figa di Elena .. ma recuperò anche tutte quelle che avrebbe potuto farsi negli anni delal guerra... Elena, dopo la morte, ebbe il suo quinto marito.. nell’al di là fu la erotica moglie di Achille che felicemente si godeva il pacchio dell’una e il culo dell’altro… il culo dell’altro era il culo del solito Patroclo.. Ma ci fu un altro doppio matrimonio molto speciale. Telefono, il figlio che Ulisse aveva avuto da Circe, dopo aver ammazzato il padre, sposò Penelope. E Telemaco sposò Circe. Così secondo alcuni mitologi. Ma l’ultimo atto fu il colpo di teatro messo in atto da Priapo. Colpo di teatro per modo di dire. Riuniti tutti i suoi figli munipuzici, mille per essere precisi, fece loro vedere il famoso quadrato palindromo. SATOR AREPO TENET OPERA ROTAS << Chi minchia vuol dire? >> chiesero tutti. << SAT O R A R E P O T E N E T O P E R A R O T A S vuol dire “ Il seminatore Arepo adopera le ruote”.>> << E cu minchia è Arepo?>> chiesero i picciotti cazzuti. << Arepo sono io.>> disse categorico Priapo. <<Tu, papà..>> risposero i ragazzi, in tutto ben mille, che sapevano del legame tra Priapo e le loro madri. << Sì.. io sono Arepo..>> Priapo spiegò la storia. << Ma che minchia vuol dire la frase nel suo complesso…>> chiesero i ragazzi. << Vuol dire che io, il seminatore di tutti voi, e di chissà quanti altri figli sconosciuti, adopero le ruote dello strumento seminante.. e se la ciolla è lo strumento seminante, i coglioni sono le ruote.. e servono sia per smuovere o muovere l’umanità verso un futuro migliore ma anche per smuovere o muovere l’immobilismo in cui ci troviamo…>> disse serio Priapo. << Non capiamo un cazzo..>> << Io, il dio cazzuto, sarò il progenitore della nuova razza di uomini.. tutti cazzuti come a mia e a voi.. io ho generato voi e voi genererete gli altri.. gli uomini del futuro .. quelli dell’età della minchia.. perché c’è già stata l’età dell’oro, quella dell’argento, quella del rame , quella del bronzo.. e adesso siamo in quella del ferro… che però è giunta ha conclusione.. dopo l’Homo crisosus, quello argenteum, quello rameosus e il bronzeus siamo all’homo ferrerus.. ma anche questo è giunto alla fine… sta per essere sostituito dall’homo osteomegamentulensis… >> << Ehhhh…>> << Dall’uomo con la minchia grande e dura con l’osso dentro.. l’uomo che avrà una minchia funzionante vita natural durante...>> << Ehhhh..>> << Per tutta la vita…>> << Bell’idea… la nuova trovata di Zeus… gli uomini te ne saranno grati e riconoscenti e le femmine pure...>> << Certo.. e inoltre ci sarà un nuovo diluvio universale, come quello dei tempi di Deucalione o del suo collega Noè… vi salverete soltanto voi e naturalmente mille donne.. e da queste mille coppie nascerà il nuovo uomo…l’uomo dalla grande ciolla sempre tisa..... >> << Bello.. e Zeus quando vuole iniziare questo lavoro?>> chiesero i Priapidi. << Ragazzi miei, svegliatevi.. non siate svegli solo d’uccello ma siatelo anche di ciriveddu.. cosa dice il quadrato palindromo? SAT O R A R E P O T E N E T O P E R A R O T A S ovvero “ Il seminatore Arepo adopera le ruote”. Io, il seminatore Arepo, adopero le ruote e faccio girare il mondo intorno al mio aceddu.. io piglio il potere e deminchio e detesticolo nonno Zeus..>> << Minchia… un colpo di stato?>> << No.. un colpo di minchia.. chi ha la minchia più grande e grossa deve governare il mondo.. io sarò il novello Zeus e voi i novelli Olimpazzi.. immortali di corpo e di ciolla.>> I figli di Priapo si talianu in facci e in coro dissero : << Sì..>> Fu cosi che si gettarono le basi dello storico e mitologico “ sbarco delle mille minchie rosse” nell’Olimpazzo. Ma prima della partenza Priapo si fece una bella avventura ai bordi del lago di Munipuzos. Fu un incontro magico. Priapo si stava semplicemente facendo un bagno ristoratore e nuotava con le mani, i piedi e la minchia quannu.. quannu si scontro cu n’autra bagnate. Una fica bellissima. Sui talianu nell’occhi e passanu all’opera. Manco una parola si dissero. Fecero, rifecero e fecero ancora e poi ancora e ancora.... Fecero ma non parlarono. Chiavarono assai e altro fecero ma parole zero. Lei era bellissima : aveva il pacchio spilato come Afrodite ed Elena. Lui era bellissimo. Aveva la protominchia del creato. Priapo, senza saperlo, si fece Kazzophila , la figlia che sua madre Afrodite aveva avuto da Incarpasciò, il figlio di Zeus e Nauficaa. Praticamente una sua sorellastra. Non si chiesero neanche il nome. Fecero solo: e solo per pititto di possedere la reciproca bellezza del partner. Priapo tornò poi al suo progetto. Kazzophila alla sua vita con una nuova vita che le cresceva dentro. Un detto popolare dirà un giorno “ Si futtiu chiddu pacchiu d’oru senza sapiri ca era di sa so soru”. Intanto a Munipuzos si era svolto il primo premio per la poesia erotica Monacazzopolis. Roba seria, mica il Pattuallopolis. I premiati erano stati subito saldati. E tutto si era svolto alla luce di Elio. Vinsero rispettivamente Priapo per la poesia erotica maschile e Afrodite per quella erotica femminile. Erano stati a farsi una giro nel Lazio ed erano tornati entusiasti. Anche per la lingua, o meglio per il dialetto, che da quelle parti si parlava. Queste le poesie vincenti. Che furono declamate personalmente dagli autori. ER PADRE DE LI DII , di Priapo,in aere Er Kazzone. Er cazzo se pò ddì rradica, uscello, Ciscio, nerbo, tortore, pennarolo, Pezzo de carne, manico, scetrolo, Asperge, cucuzzola, e stennarello. Cavicchio, canaletto, e cchiavistello, Er gionco, er guercio, er mio, nerchia, pirolo, Attaccapanni, moccolo, bbruggnolo, Inguilla, torciorecchio, e mmanganello. Zeppa e bbatocco, cavola e tturaccio, E mmaritozzo, e ccannella, e ppipino, E ssalame, e ssarciccia, e ssanguinaccio. Poi scafa, canocchiale, arma, bbambino: Poi torzo, cresscimmano, catenaccio, Mànnola, e mmi'-fratello-piccinino. E tte lasscio perzino Ch'er mi' dottore lo chiama cotale, Fallo, asta, verga, e mmembro naturale. Cuer vecchio de spezziale Disce Priapo; e la su' mojje pene, Seggno per dio che nun je torna bbene. LA MADRE DE LE DEE, di Afrodite, in arte Venerina. Chi vvò cchiede la monna a Ccaterina, Pe ffasse intenne da la ggente dotta Je toccherebbe a ddì vvurva, vaccina, E ddà ggiù co la cunna e cco la potta. Ma nnoantri fijjacci de miggnotta Dimo scella, patacca, passerina, Fessa, spacco, fissura, bbuscia, grotta, Freggna, fica, sciavatta, chitarrina, Sorca, vaschetta, fodero, frittella, Ciscia, sporta, perucca, varpelosa, Chiavica, gattarola, finestrella, Fischiarola, quer-fatto, quela-cosa, Urinale, fracosscio, ciumachella, La-gabbia-der-pipino, e la-bbrodosa. E ssi vvòi la scimosa, Chi la chiama vergogna, e cchi nnatura, Chi cciufèca, tajjola, e ssepportura. E si arrivò cosi allo storico e mitologico “ sbarco delle mille minchie rosse” nell’Olimpazzo. Sotto la guida di Priapo, i figli del dio assaltarono la divina sede devastando tutto e violando ogni cosa. Mille uomini nudi e belli , dotati ci una ciolla spaventosa, al comando di un uomo bello dalla ciolla altrettanto spaventosa, conquistarono il complesso dei Sacri Palazzi in un amen. Nudi, armati di ciolla, di lancia e di scudo e con in testa una coppola coi pennacchi . Questo l’esercito dei mille Priapidi , i figli di Priapo, comandati d al loro padre. Al loro seguito, come testimoni culturali, gli intellettuali Homerino, Mhassymylyano e Santhokriso. << Un esercito di minchie arrivò.. e che minchia .. minchia...>> disse il portiere dei Sacri Palazzi. Ma manco il tempo di dirlo che quelli erano dentro. E in un amen s’impadronirono di tutto. << Scoppolate la testa degli dei tutti... togliete loro la scoppola dalla testa...scoppolateli e denudateli.... tutti.. Zeus per primo..>> aveva detto Priapo. Non si salvarono neanche i cunni cusuti , per modo di dire, di Artemide e Pallade Atena. Perché come detto già, sfunnati erano , e quindi il loro era solo e soltanto teatro. Ma stavolta non fu Priapo a violarne l’ingresso. Questa volta furono i Priapidi. I figli di Priapo. Lo stesso Zeus fu fatto prigioniero. Priapo si assittò sul trono e per sfregio al vecchio potere si mise la coppola del dio sulla coppola della minchia. Accanto a lui i mille figli cazzuti. << Minchia... che spettacolo..>> pensarono i tre intellettuali. Priapo fece allora il suo primo discorso da capodio. << Io sono adesso il capo dell’Olimpazzo.. io.. e la mia corte è formata dai miei figli.. in miei Priapidi.. a tutti gli dei e a tutte le dee del vecchio Olimpazzo è garantita, e io sono uomo di parola, di minchia e di coppola, la permanenza nell’Olimpazzo... con tutti i loro privilegi e poteri... tutti saranno quello che erano prima.. né più né meno... a parte qualcuno... per esempio, le finte vergini Pallade Atena e Artemide... adesso che io non sono più il dio dei bordelli perché sono diventato il capodio loro , le due finte vergine saranno le protettrici sia della buttane ufficiali che di quelle ufficiose.. perché dovete sapere che a costoro, io, pi minnitta, mi li trummiai e ci fici cagari un figlio.. e loro, furbe come tante divinità, si ni ienu a farsi nu giru e partenu verso il nord chiù nord che ci sia... tra gli Iperborei cresceranno i figli di Artemide e Pallade Atena.. figli che io siminai e loro cagarono... e questi figli miei daranno il popolo degli Iperminchionei.. anche se Pallade Atena e Artemide solo oggi sono state ufficialmente sverginate dai Priapidi in realtà la loro purezza l’avevo pigliata io a suo tempo... >> Tutti erano amminchioliti come minchie appassite. Fece una pausa Priapo. Poi riprese. << Un altro problema mi sta a cuore... chi ingigantì la minchia degli scecchi? E per ordine di chi? Si faccia avanti il colpevole. Per la giusta punizione. Altrimenti deminchio e detesticolo tutti i mascoli dell’Olimpazzo... Iniziando da nonno Zeus e dal suo coppiere e culiere Ganimede per finire col mio caro paparino Dioniso... pertanto il colpevole si faccia avanti.. che lo devo punire .. gli devo rompere il culo...>> Gli dei si talianu na li facci. << Minchia... che spettacolo..>> pensarono i tre intellettuali. << Io.. sono stato io..>> disse papà Dioniso facendosi avanti. Priapo non credeva ai propri occhi. << Sono stato io ad organizzare lo scherzetto..>> disse Dioniso che mezzo brillo com’era si fece avanti sbandando ora di qua ora di là. << Chiamalo scherzetto.. scherzo del cazzo fu.. mi salvai per caso dal cazzone dello scecco.>> << E adesso che vorresti farmi?>> << Niente di particolare... solo quello che lo scecco stava facendo a mia...>> Risero in tanti. Rise pure Afrodite. << Mi la voi mettere in culo a mia? A tuo padre..? << E che minchia ci fa? Tu sei il colpevole , io il giustiziere, la mia minchia l’arma della giustizia...e allora?>> <<Ma non te lo fece però.. lo secco voleva ma non te lo sfunnò... il culo altri te lo sfondarono..>> precisò Dioniso. << Per piacere... solo per piacere...>> << Come ho fatto io... per piacere.. per piacere.. anche se una volta mi autosodomizzai per dovere.. per una promessa fatta.. per mantenere la parola data...>> << Comunque per una serie di circostanze fortunate mi salvai.. diciamo che fu proprio per un pelo di minchia.. che la minchi dello scecco nun mi iu in culo...>> << Allora , per una serie di circostanze fortunate potrei salvarmi anch’io?>> << Direi di no... >> << Comunque quello ci l’avia con te da tempo... tu ti futtevutu la sua signora.... la signora scecca Astrolabia...>> << Prego, signorina... e poi era idda che vulia la mia ciolla.. idda e non io... io sono un signore di testa e di minchia e non dico mai no a una fimmina... di specie umana o d’autra specie... >> precisò Priapo. << Comunque ti piacia catafuttiri la rta ciolla nel pacchio della scecca.... vero?>> disse papà Dioniso. << Dovere.. e basta..>> << E come gudia la scecca.. come facia.. Aiiiiihhhh.. Aiiiiihhhh... Aiiiiihhhh... Aiiiiihhhh ..>> fici Dioniso imitando i movimenti fottitori. << Ver’è... ma acqua passat’è.. ma accussì faceva.>> Tutti risero. O meglio, quasi tutti. E replicarono in coro, come nelle tragedie greche, il verso di Dioniso. << Aiiiiihhhh.. Aiiiiihhhh... Aiiiiihhhh...>> << Minchia... che spettacolo..>> pensarono i tre intellettuali. Zeus sentiva tutto ma era inerme come un salamino di Salamina. Dioniso era brillo e non si rendeva pienamente conto della situazione. Gli altri dei avevano compreso e capito tutto. Ma si ni fottevano. Dei erano stati con Zeus, dei sarebbero stati con Priapo. Tutti era indifferenti tranne Pallade Atena e Artemide, che erano incazzatissime, perchè la loro storia di finte vergini era stata resa pubblica. E perché erano state destinate a un nuovo incarico. Essere le dee degli bordelli non era certamente il loro desiderio. <<Allora .. papà bello.. sei pronto per la punizione?>> << Sì.. ma non farmi male..>> rispose quello che era mezzo brillo. Gli dei taliavano. << Lo farà..>> dicevano certe divinità. << Non lo farà..>> dicevano altri dei. Invece Priapo ordinò la messa in posizione di Dioniso. << Io sono l’Olimpazzo.. e quel che voglio fazzo... caro papà, acchiappate sto cazzo...>> Si preparò pertanto a somministrare la sentenza. Ma quannu fu lì lì per iniziare, con la ciolla a portata del culo paterno, Zeus intervenne. << Lascia libero tuo padre, Priapo che con la minchia ragioni.. lui fu sono un esecutore di ordini.. io diedi l’incarico di darti una punizione simbolica.. di fare quel pezzo di teatro.. di spettacolo.. di sceneggiata.. io gli ordinai di sceneggiare la cosa ... quindi il vero colpevole sono io.. io mi consento se voi tutti mi consentite altrimenti mi autoconsento di assumermi tutta la responsabilità della storia della parola e della grande ciolla data agli scecchi...quel colpo di teatro.. o di minchia che fu, fu solo e soltanto colpa mia .. opera mia... io ordinai, Dioniso eseguì... >> disse Zeus. Zeus da parte sua era incazzato nero. Esposto nudo alla visione di tutti. E sapeva già cosa l’aspettava. E come previsto fu punito dal nipote. La giustizia di Priapo fu somministrata a Zeus. Nel più assoluto silenzio Priapo fece quel che doveva fare. Somministrare la giustizia. << Minchia... che spettacolo..>> pensarono i tre intellettuali. Poi Priapo si rimise sul trono. E parlò. << E adesso facciamo il diluvio universale... anzi, facciamo la distruzione universale...distruggiamo il genere umano e gettiamo le basi di quello nuovo.. si parte...>> Tutti erano sconvolti. << Minchia... che spettacolo.. però noi ci salviamo..>> pensarono i tre intellettuali. << Zeus.. usa li fulmini.. fulminia a cazzo di cane..>> << No.. mi fa male il culo...>> << Sarai punito per la disobbedienza....>> << Mi ni futtu..>> << Efesto...>> gridò Priapo. << Dimmi... Mio signore..>> << Priapo mi chiamo.. e ti chiedo un favore..>> << Dimmi.. Priapo..>> << Metti in moto l’Etna.. e fai nu iocu fuocu spettacolare...>> << Subito.>> E l’Etna entrò in eruzione. La Sicilia fu coperta in parte dalla cenere i parte dalla lava. << Minchia... che spettacolo.. però noi ci salviamo..>> pensarono i tre intellettuali . Il Santhokriso in particolare era contentissimo. La trinacria delle cose storte stava andando a fare in culo. << Eolo..>> chiamò Priapo. << Dimmi?>> << Scatena li venti.. li chiù forti e potenti.>> << Subito..>> E uragano fu. Mezza Trinacria decollò. << Minchia... che spettacolo.. però noi ci salviamo..>> pensarono i tre intellettuali . Il Santhokriso era sempre più contento. << Poseidone.. >> chiamo Priapo. << Dimmi, sommo Priapo...>> << Poseidone bello, fai un terremoto.. di quelli efficienti... non fare come la concorrenza che fa terremotini a minchia di cane.... >> << Subito..>> E terremoto potentissimo fu. La Trinacria ballerina ballò assai. << Minchia... che spettacolo.. però noi ci salviamo..>> pensarono i tre intellettuali. Il Santhokriso in particolare era strafelice. << Minchia.. finalmente ci sarà una nuova Sicilia con nuovi siciliani.. >> Poi Priapo si rivolse al nonno. << Ti penti di quello che hai fatto?>> chiese poi il nipote. << No... mi pento solo di aver fatto a Dioniso che poi fici a tia...>> << Se non ti penti ti deminchio e ti detesticolo...>> << Fai.. meglio deminchiato e detesticolato che pentito ...>> << Legatelo che lo eunuchizzo...>> << Minchia... che spettacolo.. che colpo di teatro..>> pensarono i tre intellettuali E Priapo tinia già in mano la ciolla del nonno ed era pronto fare giustizia. Tutti taliavano la scena. Tutti aspettavano la parola o il gesto. E proprio quannu stava per essere deminchiato e detesticolato dal nipote , arrivò il forzuto Ercolone, il figlio che Zeus aveva avuto da Alcmhona. Al comando di mille Ercolidi si scontrò con Priapo e suoi figli. Si trattò di quella cosa immane che la mitologia ricorda come la gloriosa Gigantomentulamachia. << Minchia... che spettacolo.. che colpo di scena.....>> pensarono i tre intellettuali I figli di Priapo furono messi fuori uso dai mille figli di Ercolone. La potenza del corpo ebbe la meglio sulla potenza della minchia. Alla fine restarono a combattere solo Priapo ed Ercolone. La lotta durò trenta giorni e trenta notti. Spesso Priapo finiva sotto Ercolone e restava come un salame tra le braccia possenti del potente figlio di Zeus. Ma Priapo spesso si rifaceva quando con un colpo di minchia riusciva a beccare in testa Ercolone. Quello crollava e Priapo lo bloccava a terra piazzandogli nel sedere la sua arma potente, ma appena quello si riprendeva si liberava dalla forzata impalatura e riprendeva il sopravvento. La forza dei muscoli e quella della minchia lottarono a lungo. La forza del cervello paria assente. Alla fine, per caso, Ercolone riuscì ad acchiappare Priapo per la coppola della minchia. E tenendolo per quella lo fece girare per aria, a una velocità sempre crescente. << Mettimi giù.. >> gridava Priapo. << No.. solo te ti arrendi..>> << No..>> << E allora continuerai a girare fino a quando la ciolla non cederà.. la ciolla resterà nelle mie mani ma tu andrai a sfracellarti contro la volta celeste… ti disintegrerai dando origine alla costellazione di Priapo.. un Priapo senz’aceddu.. perchè la tua ciolla non sarà mai più tua.. la piazzerò agli antipodi.. in modo che tu non la possa mai più vedere… ma sappi che sarà anche lei una costellazione.. la costellazione della Ciolla maggiore. >> E infatti, a causa delle due forze contrapposte, la centrifuga e la centripeta, a causa del prevalere della centrifuga, il corpo del dio si allontanava sempre più da Ercolone e la ciolla naturalmente si allungava. Quando la lunghezza arrivò a cento priapometri stava quasi per cedere. A quel punto Priapo si arrese. << Basta … mi arrendo…>> Ercolone rallentò la velocità di quella ruota ideale formata da Priapo e avente la ciolla come raggio. Quando Priapo fu a terra raccolse in una sorta di gomitolo la sua ciolla e si presentò dolente e pentito a Zeus. << Perdono.. nonno.. perdono.. mi pento con tutto il cuore e la mente..>> << E la ciolla no?>> <<Anche con quella.. perdono a nome mio e della mia minchia..>> << Niente perdono.. io mi consento se voi mi consentite altrimenti mi autoconsento di lasciare liberi i figli di Priapo e di condannare solo lui..>> E Zeus incazzato, nonostante le suppliche di Dioniso e di Afrodite, decise ipso facto la punizione. << Prenderai quello che fu il posto di Prometeo… un bel gruppo di femmine ciollofaghe ti mozzicheranno di giorno la ciolla che di notte invece ti ricrescerà… e questo nei secoli dei secoli…in catene col corpo e libero con la ciolla.>> Fu così che Priapo finì incatenato nello sperone roccioso di Pantalica. Priapo, con la sua ciolla di cento priapometri, di giorno si la vedeva divorare dalle femmine ciollafaghe e di notte ricrescere. Per poi cominciare un nuovo tormentatissimo giorno. Grazie a Ercolone Zeus aveva salvato la pelle, il potere e soprattutto il suo capitale. << Hai portato a compimento l’opera.. grazie, figlio mio.. non mi hai salvato il culo ma mi hai salvato la minchia e le palle... ma soprattutto mi hai salvato il potere... ei mi consento e autoconsento di nominarti mio erede universale.. io il capodio padre.. tu il capodio figlio...>> << Minchia... che spettacolo.. che finale drammatico.. ciollamatico.. che dramma ciollesco..>> pensarono i tre intellettuali. Priapo fu attaccato al posto di Prometeo. In cima allo sperone roccioso di Pantalica, la dove i sue ciumi si incontrano. La dove l’acqua fotte con l’acqua per generare altra acqua. La dove Dioniso e Afrodite si ficiru la loro prima fottuta. Quella che generò Priapo. Nudo a parte la coppola ma con due catene alle caviglie e due ai polsi. Libera di muoversi la ciolla . Per la rabbia, dopo la prima notte, quannu la ciolla ci crisciu fino a toccare l’acqua, con la forza della stessa si scatenau. Colpi a destra e colpi a sinistra e acqua ca sgricciava dappertutto. Ci fu l’alluvione in tutte le polis della zona. Particolarmente colpite le polis del premio Pattuallopolis. Con grande gioia di Priapo. << Minchia.. faccio un minchiamoto.. bastardi .. un minchiamoto... bastardi tutti li bastardi dell’Olimpazzo.. in culo a Zeus e a tutti l’Olimpazzi... bastardi.. bastarduna.. teste di cazzu.. teste di minchia nica...>> Pazziau tanto, anzi minchiazzau tantu, che quel primo giorno le voraci femmine cazzofaghe non riuscirono a fare il loro dovere.. Non riuscirono ad arrussicarici la minchia a Priapo.. E la seconda notte quella addivintau ancora chiù longa .. E così per un mese... quannu mise in atto la sua vendetta.. e desi un colpo di minchia in testa a Ercolone e lu fici scimuniri tutto... << Eccoti Zeus beddu.. io , figlio di tuo figlio, in catene.. e l’erede.. il tuo erede al trono divino, babbo e rincoglionito tutto... Poi le cose andarono come dovevano andare....... e Priapo si lasciò andare al desiderio carnivoro, o cazzivoro, di mille femmine ciollafaghe... E cantò la solita aria di Amazeus: <<Voi colaggiù ridete D’un fanciullin che piange Che la cagion vedete Del folle mio dolor... Voi colaggiù mangiate La mia ciolla che piange.. E il mio bel cazzon vedete Causa del mio dolor..>> Poi ci pensò un attimo. << Minchia no.. quello si chiama Amadeus.. non Amapriapeus.. è meglio cambiare musica.. >> E cambiò autore. << Dei miei spiriti cazzeschi spiriti Il giovanile ciollesco ardore.. La minchia mia si temprò nel pacchio placido Con sorriso del pen in amor.. Del dì che dissi: Vivere Io voglio per te ma non fedel Dell’universo immemore Io mi sento padron di terra e ciel..>> Questo il fatto. Per lo meno così lo racconta il sommo Homerino da Munipuzos nella suo poema Priapo, fhallus incatenato. Ma della cosa parlano anche Mhassymylyano e Santhokriso rispettivamente nel Carmen Priapo, mentula incatenata e nel romanzo Cent’anni e poi ancora altri cento Priapo starà con al minchia incatenata. Il famoso filosofo Socratino da Munipuzos, saputo la cosa, si pose una domanda. << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere e avere una minchia, a che minchia serve vivere e avere una minchia? Pertanto se è bello esser Priapo e avere un cotal minchia, a che serve vivere se in catena è cotal minchia ? >> Kazzophila diede alla luce un bel bambino. Bello. Bellissimo. Ciolluto e arrogante già da neonato. Anzi , da prima. Visto che la mamma lo sentiva gridare come un ossesso dintra la sua panza. << Fammi sciri da sta cazzo di galera... basta con la stare dintra sta camera buia.. ho da fare.. fammi sciri.. e chi minchia.. io devo circarmi una fimmina... tengo già la minchia tisa.. fammi sciri.. >> Lu picciriddu fu chiamato Pascalium Incarposciò per volere della nonna. Era bello come la nonna Afrodite e la mamma Kazzophila. Era arrogante come il nonno Zeus e tinia una minchia come il papà Priapo. Solo a nascita avvenuta Afrodite ci disse chi era il padre. << No.. ma è mio fratellastro..>> << E chi minchia ci fa?>> rispose Afrodite. Kazzophila ci pinsau un attimo. Taliu lu picciriddu e ridendo disse: << E chi minchia ci fa? >> Risero insieme e si abbracciarono. << E chi minchia ci fa? E tantu beddu ca nun avi importanza di cu era l’aceddu...>> Rise pure il piccolo Pascalium.. << Chi c’è, bello di mamma..>> chiese Kazzophila toccandoci il nasino. << Chi c’è, bello di nonna..>> chiese Afrodite tuccannisi la minchia tisa. << Voglio una donna.. voglio ficcare..>> rispose il neonato itifallico. Dall’alto dello sperone roccioso di Pantalica Priapo canusciu la verità. Aveva avuto un figlio dalla sorellastra. Ci pinsò un attimo. Poi concluse: << E chi minchia ci fa?>> Poi cantò la solita aria ma non di Amazeus. << Celeste Minchia, forma divina, Mistico serto di luce e fior; Del mio pensier tu sei la regina, Tu di mia vita sei lo splendor.. Il tuo bel cielo vorrei ridarti.. Le dolce brezze dell’Olimpazzico suol.. Una fica bella sulla cima posarti Ergenti un trono vicino al sol..>> Erciollone , saputo quello che era successo a suo padre, per opera di suo fratello Ercolone, chiese a sua madre Alcmhona cosa poteva fare per aiutare Priapo. << No minchia..>> ci disse Alcmhona. << Ma io lo voglio aiutare.. lo voglio liberare.. >> << Sta minchia..>> << Voglio punire Zeus e Ercolone..>> << Stu cazzu..>> << E allora che posso fare>> << Un cazzo.. suca e porta a casa.. così vuolsi colà dove si puote.. e tu, figlio mio, nun puoi... anche se vorresti non puoi.. >> Così Siculonio da Munipuzos riporta il discorso del commiato di Zeus dall’Olimpazzo e dall’umanità tutta. << Colleghi… addio… uomini.. addio.. in fondo siete state voi che vi siete creati degli dei a vostra immagine e somiglianza.. e io vi ringrazio… io buttaniere come voi.. voi buttanieri come me... siamo stati bene insieme ma adesso è l’ora del congedo.. della pensione.. non della morte .. perchè i miti non moriranno mai.. vado in pensione io e l’Olimpazzo.. così come sono andati in pensione i colleghi Iside, Osiride e compagni.. ma anche tanti altri colleghi orientai o nordici.. la sacra trimurti vedica Mitra Varuna e Indra... e chi si ricorda del mio collega Odino, il capodio del pantheon germanico.. Odino, sua moglie Frigg e il loro figlio Thor .. e chi si ricorda di Heimdallr, anche lui figlio di Odino…quello che diceva “ Io son di nove madri il frutto..” e che dire del Sole… di compare Helios.. caro ad Apollo.. il sole è stato venerato da tutti i popoli.. quando voi non capivate una minchia perché la scienza era ancora annarieri - ma state attenti che in futuro sarà anche proibita da emeriti coglioni che avranno solo l’arroganza della loro coglioneria e della loro demenza e ignoranza.. - ecco che il sole era un dio.. gli assiri e babilonesi lu chiamavano Shamash.. gli egiziani gli diedero il nome di Atum … a Menfi lo venerarono col nome di Ra .. e a Tebe con quello di Ammone…i Persiani lo chiamarono Mithra.. e i giapponesi Amaterasu … un giorno invece voi saprete che il sole è solo una stella e la terra un pianeta…ma ni deve passare di tempo… e poi, cos’è il tempo? Ognuno lu cunta a modo suo…ma non voglio dire altro di complicato.. non voglio farvi diventare li palli quantu a li loti.. ovvero quanto le palle di Priapo…di chi è la colpa di tutto questo? Vostra, cari uomini.. vostra e soltanto vostra .. se io e tutto l’Olimpazzo siamo il frutto dalla vostra fantasia, la stessa cosa vale per i miei colleghi, passati, presenti e futuri.. diciamo che siccome molti uomini tengono la cagarella al minimo problema si affidano all’inesistente.. tanto per aggrapparsi all’impossibile…grazie per avermi creato e sostenuto per tanto tempo.. . ma la colpa forse non è di nessuno… e che tutto passa e va… noi siamo stati dei libertari ma i nuovi mi paiono liberticidi.. e minchia se lo saranno... ma in realtà non siamo noi dei ad essere libertari o liberticidi.. saranno gli uomini che li rappresentano, che li inventano, che li producono e li materializzano, a decidere.. i cazzi amari e duci li somministreranno costoro a nome nostro.. nel senso generale di dei...Costantino è stato per il Pantheos.. ma altri sono per il Monotheos…se l’editto di Milano fu liberale poi arrivò quello che dichiarò una religione religione di stato.. ci fu, ad onor del vero, il buon Giuliana, che in tanti ipocritamente, hanno chiamato l’apostata… che voleva dare liberta a tutti.. ma altri imposero dittatorialmente il dio unico.. che non è male ma malissima cosa.... ma quello che fa più male ancora è il dio obbligatorio.. con tutte le sue regole .. soprattutto con la sua sessuofobia .. inventata e fatte legge dagli uomini che lo rappresentano.. io vi dico meglio tanti dei in liberta che uno solo e obbligatorio.. ma se volete sapere l’ultima.. ringraziandovi di tutto e per tutto.. io, Zeus Tonante e Trombante.. io, Zeus capodio e capo degli uomini.. io Zeus .. non credo manco a mia stesso.. siete stati voi che avete voluto credere in me .. grazie per la fiducia.. ma io lo ripeto, io non credo neanche a me stesso…….per il resto fate voi, chi ha orecchi intenda e chi ha neuroni l’usi .. minchia se servono… ma bisogna saperli usare…per avere di nuovo nu tanticchia di libertà dovrete aspettare la cosiddetta rivoluzione francese.. adesso non so bene cosa sia.. ma ritornerà in auge la parola LIBERTA’.. ELEUTERIA.. LIBERTE’....>> Cci mettunu sputazza a gran vuccuna, E applicannici poi l’intinzioni, si dannu corpa alla diavulina, senza tanticchia di discrizioni. Eccu lu semi ca nesci a frusciuna, cci riscaldau l’immaginazioni; ristaru comu tanti varvajanni ccu n’occhiu a Cristu e nautru a s. Giuvanni. Micio Tempio, La minata di li dei -CArcheologia Quannu a bedda ciolla si metti additta voli adenzia , cure e soddisfazione, paci , libertà e gran consolazione. pirchì a nesciri l’acqua biniritta. Se tieni nu pacchiu, vai tuttu in funnu, ma siccomi la ciolla occhiu nun teni p’idda qualsiasi purtusu va beni. C’interessa veniri, non lu cunnu. Culu, manu, ucca, a idda nun ci importa, trasi e nesci c’intressa sulu fari, foss’anche a sirratura di na porta. Ma se purtusu nun puoi truvari Futtitinni e fall’assai bedda corta. E in un amen ti la puoi minari. P. R. Santoro, Automentulamachia Nei dintorni di Monacazzo si trova una contrada detta Pisciarello. Zona da sempre considerata assai fertile perché là, secondo una tradizione o una leggenda, pisciava abitualmente Priapo. E in quella zona si trova ancora oggi una fontana. E sulla parete rocciosa che la sovrasta si intravedono i resti di un imponente bassorilievo. Rappresenta un uomo che piscia. Da cui il nome che la zona ha da tempo immemorabile. Ma quello che è sorprendente è lo strumento abnorme con cui l’uomo del bassorilievo piscia. Purtroppo il tempo ha eroso l’opera ma il tema continua ad essere chiaro. E gli abitanti di Monacazzo si sono sempre vantati di quello che considerano il ritratto di un loro antenato. Un antenato che , in base alle leggi dell’ereditarietà, ha tramandato a tutti la sua bella caratteristica. Per questo gli uomini di Monacazzo si vantano del loro strumento mentre le donne, anche del circondario, se li contendono. Come dimostrano anche i detti popolari. << Lu marito piglitillo di Monacazzo, cara figghia bedda, se vuoi avere sempri aviri cina la to vanedda…>> E l’acqua della sorgente , detta ancora oggi “pisciazza di diu”, va a finire in una serie di vasche. Per lungo tempo queste vasche sono state utilizzate dalle donne di Monacazzo pi lavari li robbi. Cantannu li fimmini lavavano: << Olo.. olo.. olo.. olo.. Lavamu lu linzolo... Inni.. inni.. inni.. inni.. Lavami lu reggiminni... Ina.. ina ..ina .. ina Lavamu la vistina... Anni.. anni.. anni.. anni Lavamu li mutanni...>> Una sorta di lavatoio pubblico quindi. Dove tra canti, grida e risate e femmine lavavano e curtigghiavano. << A figghia do dutturi si ficci futtiri do mastru muraturi...>> << Ieri si maritò a figghia di lu commentatore.. si maritò cu lu sicunnu amore..>> recitava una. << Ma dintra la panza teni la sorpresa ca ci siminò lu primo amore...>> rispondeva n’autra. << Mo figghiu nun si marita se non trova nu sticchiu riccu..>> << Fa bene .. ca li sordi nun fanu certu mali a la minchia...>> << Lavamu mutanni e lavamuli puliti.. cadi dintra ci devono stare li ciolli di li nostri mariti..>> << io li lavassi matina e sira e siri a matina.. ma mi manca la materia prima..>> dicia Concettina Cunnovacante ca era rimasta signorina all’anagrafe ma anche in mezzo alle cosce. Di pilo pertanto si parlava intorno alle cosiddette ghebbie. Ma lo loro utilizzazione originaria è legata al culto di Priapo. Sona nate con Priapo per servire al suo culto. Ed recentemente sono state trovate delle tavolette che la gente facia scrivere in onore del dio. Ognuno ci addomandava la sua grazia. Sempre in fatto di sesso naturalmente. Dall’analisi dei testi sono venute fuori cose particolarmente significative. Lo storico locale , Paolino Paoletto Minchianfesta, esperto di storia greca e latina, è arrivato a importanti conclusioni. Quello che segue è un estratto dalla su opera Il culto di Priapo nella Monacazzo greco-latina. Durante i quindici giorni dei misteri Priapici i picciriddi masculi nati nel corso dell’anno venivano immersi in questa acqua biniritta con la speranza che sviluppassero la dote del dio. << Priapo, dio ranni e bello.. A me figghiu proteggici l’uccello.. Ma se nu bellu rialu ci voi fari Quantu a lu tou faccillu addivintari..>> Li masculi ranni invece si bagnavano nella “ pisciazza di diu “ con la speranza di conservare la potenza dello strumento. << Che la ciolla mia resti in salute pi tutta la vitazza.. E che sia dura e resistente come quella del dio Minciazza..>> I vecchi si bagnavano pi aviri qualche occasione ancora. << Priapo divinu e tuttu beddu, ogni tantu fammillu nu miraculu all’aceddu.. Fammi attisari la ciolla mia seduta stanti magari pi nu secunna , pi n’istanti..>> Li fimmini invece, se in età da marito, venivano nella speranza di attrovare nu masculu cu l’apparecchiatura simili a chidda di lu diu. E na vota là ne approfittavano per sbirciare. Era come taliare il catalogo delle minchie locali. << Lu vuoiu riccu riccu e beddu beddu .. Ma soprattutto cu nu beddu aceddu..>> Se maritate , si bagnavano affinché Priapo ci conservasse sana ed efficiente la cosa del marito. << Maritata sugnu e bona mi la passu, in chistu munnu pazzu. Conservaci la saluti a mio marito e soprattuttu a lu so cazzu..>> Se vedove, chiedevano al dio di avere una nuova possibilità perché non volevano andare avanti sempre col Sosia. << La minchia finta è sempre pronta a travagghiari, ma chidda di carni è chiù piacevole da usari...>> Questo secondo alcune delle tavolette trovate. ‘Nzumma, ognuno si abbagnava secondo le sue intenzioni, intenzioni sempre legati all’aceddu. A parte questo, la scoperta sensazionale degli ultimi anni, oltre ai resti del mastodontico tempio sul monte di Munipuzos definitivamente attribuito a Priapo - e che i cristiani incamerarono nel santuario di san Pippitto Ciollanica - è stata la scoperta di la “ rutta di lu diu. “ La grotta del dio.” Che si trova nel massiccio roccioso dell’altica Akropolis , e che sta proprio sotto al tempio. Proprio in corrispondenza dello stesso. Partendo dai Carmina di Caio Valerio Catullo di Munipuzos, dove si descrivono le orgiastiche Priapieche , atto conclusivo delle processioni falloforiche, è stata localizzata la grotta dell’orgia divina. Quella grotta era anche la sede della Sibilla Priapica che operava a Munipuzos. Quella che spesso riceveva la visita, e non solo in spirito, del dio in persona. Quella che vaticinava sui fatti di pilu. Vergine, per modo di dire, ma Sibilla di pilu. Cosi lo studioso di tradizioni popolari Pippineddu Cuntalucuntu, ricostruisce le Priapieche ne suo libro Processioni falloforiche. Le Priapieche avevano luogo nei primi quindici giorni di agosto. La processione quotidiana partiva dal tempio del dio e scendeva in paese. Che allora era prossimo al tempio. Il simulacro del dio veniva portato a spalla dai sacerdoti e dalle sacerdotesse del dio. I primi erano eunuchi, le seconde esperte nell’arte di trattare il “ sacro palo eretto” .Questo perchè nel tempio di Priapo l’unica minchia presente a tempo pieno doveva essere la sua. A guidare la processione c’era la Sibilla. A seguire, le Priapine e i Priaponi. Ovvero, gli adepti. Vestiti di stracci e mezzi nudi si dimenavano come ossessi. Attorno al collo avevano delle campanelle . Nella mano destra un bastone falliforme che agitavano nell’aria. Il dio , nel corso della processione, veniva omaggiato di sordi e altri regali. E i fedeli in cambio ricevevano un nastro rosso. Era la misura del dio. La lunghezza del suo aceddu. Da cui il detto: << Se quantu a Priapo ci l’avissi.. minchia chi facissi..>> E dietro la statua del dio dalla minchia tisa le mincialorie. Minchie enormi che a secondo del peso venivano portate da quattro, otto o addirittura sedici masculazzi beddi impostati. Era un voto che facevano al dio. In cambio potevano partecipare all’orgia finale. Alla fine la statua veniva portata nell’agorà della fontana. Qui gli adepti si spogliavano nudi nudi e si immergevano nelle vasche. Cantando e ballando. Una sorta di purificazione dello spirito e del corpo prima del rito finale. Il ficca ficca generale. Quello della grotta. Intanto i sacerdoti cantavano: << Solcati in fuga, a falli spiegati, il mare profondo, i seguaci maschi correndo raggiunsero d'impeto il bosco frigio e in mezzo alla foresta i luoghi oscuri del dio; fuori di sé, in preda a una furia priapesca, usarono il sesso duro come una pietra aguzza. Sentirono così ogni forza d'uomo sfuggirgli dal corpo (goccia a goccia il loro seme bagnava le donne); strinsero nelle mani candide il piccoli cunni delle donne (il tamburo, dei tuoi misteri, con la mazza suonerò) e battendo con dita delicate la sua pelle in un tremito le volsero al piacere .. orsù.. ite..>> Era questo il segnale. Uomini e donne correvano nudi alla grotta e dopo una abbondante bevuta di “ Priapo rosso”, un vino trattato con delle erbe , l’orgia divina iniziava. Mentre i sacerdoti e le sacerdotesse guardavano. Nudi anche loro. E nuda era anche la vergine Sibilla. <<Venite, cunni, venite tra i boschi di Priapo, venite tutti, gregge errante di Veneri callicunniche: cercando falli potenti, al nostro comando, per seguirci, vi siete affidate, voi adepte. Cunni che avete sfidato la furia rabbiosa del mare e per amore di Priapo vi siete date, rallegrate di corse pazze il fallo del dio. No, no, nessun indugio, venite tutte, seguitemi nelle grotta, nelle sue foreste, dove rombano i tamburi, dove squillano i cembali, dove risuonano dolci le melodie del flauto, dove, cinte d’amore, si dimenano le Cunnuidi , dove con acute grida si celebrano i riti, dove svolazza la verga vagabonda del dio: là con le nostre danze impetuose dobbiamo andare.>> Quando l’orgia divina era al massimo, i sacerdoti e le sacerdotesse si univano al rito. E carne tra la carne, nella confusione delle menti e dei corpi, riuscivano ad acchiappare anche loro la loro dose di minchia. E anche la Sibilla si dava da fare. Tutto le era concesso tranne che farsi aprire il portone di carne. Alla fine tutti si addormentavano, in un groviglio di carne e simenta. ”Languidamente un torpore suggella i loro occhi e ammoscia i loro dardi e spegne nel sonno la furia divoratrice dei cunni…” scrive il poeta Mhassymylyano da Munipuzos, l’autore dei Carmina Priapea. E la mattina dopo, quando gli adepti si svegliavano, i sacerdoti erano scomparsi e Priapo era ritornato al suo tempio. Il tutto senza uscire dalla grotta. Per “ ascensione incorporea “ diceva il popolo. Ma il momento più spettacolare della festa era l’uscita dell’ultimo giorno... quando , tra la devozione popolare e il tripudio dei fedeli, al comparire del sacro augello, avveniva il lancio delle minchiatedde. Strisce di tela variamente colorate la lui lunghezza era tale e quale la ciolla di Priapo . Le misure del fallo divino erano state prese a suo tempo, personalmente , con cura e precisione matematica, dalla famosa femmina nota come “ Protomisuratrice di augelli divini”, ovvero da Luiginacunnorumaamorosorumaculorumagioiorum Crisostomadeuterocrisostomacrisopacchiorum. La grotta, come dicevo, è stata localizzata. Era bloccata da una frana del tardo medioevo. Forse la conseguenza di qualche terremoto. E sorpresa delle sorprese, si attruvò la strada che Priapo e i sacerdoti usavano per l’ascensione. Una scala scavata nella roccia. E che portava al tempio. Oggi santuario di san Pippitto Ciollanica, uno dei primi martiri della zona. Ma in realtà sono solo leggende che si mescolano. Tutte le religioni vivono di leggende e credenze. L’archeologo filosofo poeta scrittore storico barone Federico Ruperto Volfango Canti- Minchialminni - Chicchergordo ha lucidamente scritto quanto segue nella sua opera Le religioni ovvero l’oppio dei popoli. ( Edizioni Minchiapersa 2005) Le religioni sono solo leggende a scadenza . E quando una religione novella s’avanza, per mancanza di tempo o per mancanza d’idee o per entrambe le cose, si piglia tutto quello che le serve dalla vecchia e nella novella l’appiccica a suo uso e consumo. Così è successo a Monacazzo. L’antica Munipuzos greco- romana. Il tempio di Priapo è diventato il santuario di san Pippitto Ciollanica. E la statua di Priapo è diventata la statua di Pippitto Ciollanica. Priapo era raffigurato nudo e con una grande ed eretta appendice, Pippitto Ciollanica è nudo pure lui ma ha l’appendice di un neonato e per giunta moscia. Sicuramente lo statuatore del tempo, com’era d’uso ingegnarsi nel trasformare il già esistente in quello che doveva esistere, pigliò il Priapo e gli tagliò il capitale. E poi, col mozzicone rimasto, gli fece il pisellino. Che il pisellino scandalo non fa. Pertanto san Pippitto Ciollanica è anche il santo dei bambini. Delle anime innocenti. Delle verginelle caste. Ed è anche il santo degli uomini scarsi d’aceddu che si consolano nell’avere la ciolla del santo. Naturalmente è pure il santo delle femmine che hanno paura del pene. O perché lo sconoscono o perchè danno ne hanno avuto. Invece il santo fa sorridere gli uomini con tre gambe e le donne che sanno cos’è il godere. Loro saranno pur cristiane, ma a letto continuano ad essere adepte di Priapo. Perchè il Pantheos è meglio del Monotheos anche se il meglio del meglio è l’Atheos.. l’Atheos non fa male.. invece per le religioni gli uomini si sono scannati da che mondo e mondo.. se la guerra di Purceddopolis fu combattuta per il possesso di una fica.. se Orazio dice che ben prima di Elena la fica fu causa di guerra.. se è vero che anche dopo la guerra è stata spesso combattuta per una fica io aggiungo anche che è stata combattuta per un dio.. dio e fica.. fica e diu... ecco i veri motivi della guerra.. e ricordo pertanto un verso del grande Zavattini. “ Diu al ghè. S'a ghè la figa al ghè. Sul lo al pudeva invantà na roba acsè.....” Io concordo sul valore della fica in senso scientifico, biologico, riproduttivo.. La vedo anche, a secondo delle circostanze, come strumento di palingenesi , di catarsi, di idiosincrasia.. e finanche di mezzo necessario e sufficiente pe una visione scatologica dell’universo.. Per il resto non l’ha inventata o creata dio....ad inventarla è stata l’evoluzione... nel senso che a questa parola hanno dato Darwin e altri... Se per Darwin “ l’uomo è il più evoluto tra gli animali.. per me , scienziato ateo, la fica delal donna e la più evoluta tra le fiche del mondo animale.. e se evoluta è la fica altrettanto non può che essere il cazzo e qual che attaccato c’è. Alti studi hanno confermato altri fatti. Si discute ancora se Zeus ebbe o non ebbe una avventura con una mortale locale . Ma gli Incardasciò ci credono. Perché anche Afrodite e suo figlio Priapo entrarono in questa storia. E c’entra la misteriosa Kazzophila. << E bello discendere da un dio. Se vero che dio è morto.. come dice quel simpaticone di filosofo tedesco e come canta un complesso da me molto amato.. a parte tutto questo è bello sentirsi discendenti di Zeus.. di Afrodite... di Priapo soprattutto... e della misteriosa e affascinate Kazzophila...>> ha recentemente detto nel corso di un dibattito il barone Pascal Incardasciò, discendente di Incarposciò, il figlio di Zeus e Nauficaa. E stata trovata anche una boccettina con del liquido rosso. Si è pensato all’ampolla della cerimonia detta “ Risveglio del sangue”. L’analisi effettua dal chimico Karbonio Elio Stronzio ha confermato che si tratta di materiale inorganico che gode della proprietà detta “ tissotropia “ “I materiali tissotropici diventano più fluidi se sottoposti a una sollecitazione meccanica, come piccole scosse o vibrazioni, mentre tornano allo stato precedente se lasciati indisturbati.” spiega il chimico. Si tratta infatti di una miscela di acqua, carbonato di calcio, presente per esempio nei gusci delle uova, di cloruro di sodio, il normale sale da cucina, e infine di cloruro ferrico.. <<Il più difficile da trovare.. in apparenza ... solo in apparenza, perché in realtà si trova nei materiali vulcanici... e l’Etna, vulcano attivissimo, che a volta con la sua cenere copre mezza Sicilia, secondo me è il fornitore ufficiale e gratis il cloruro ferrino.>> dice sempre il suddetto chimico. Secondo moderni a autorevoli studiosi, tra cui l’antropologo Massimiliano Liceale, Pascalium Incarposciò, il figlio di Zeus, è il capostipite del casato degli Incardasciò, casato nobiliare da sempre al centro delle vicende della Munipuzos greco – romana e della successiva Monacazzo. Questo caruso, una volta cresciuto, si la fici con la bella Afrodite. Nasciu nu beddu pacchio ca si la fici catafuttiri da Priapo. Pertanto Priapo incunnò la sua sorascia, la sua sorellastra. Gli Incardasciò quindi presero la bellezza da Afrodite, la ciolla da Priapo e l’arroganza da Zeus. Più difficile confermare, secondo teologi e studiosi del comportamento divino comparato , se storicamente Zeus abbia inventato la minata. Ma può essere. In un momento di insoddisfazione generale il dio supremo si accontentò da solo. Si autoaccontentò. Sicuramente nessuno poteva dirci: << Zeus.. stai attento che fai peccato e diventi cieco..>> Secondo medici, studiosi del comportamento umano, evoluzionisti e psicologi e altro l’autoerotismo è la prima forma di erotismo.. << Perchè il sesso è fondamentale.. ma siccome l’uomo non può fermarsi al solo sesso è andato oltre.. non è più il sesso ma l’eros.. ovvero il sesso come arte..>> Confermato scientificamente e storicamente il terremoto che la notte tra il dodici e tredici dicembre del 62 d. C ( dopo Cristo..) colpì la Sicilia. Si salvò poco o niente. Ma questo è il calendario cristiano. Quel terremoto , accompagnato dall’eruzione di decine di vulcani dell’area mediterranea, accade nel 6666666666666666 d. Z ( dopo Zeus...> Un poeta anonimo scrisse Thamuz pan – megas Tethneke . Socratino di Munipuzos si sarebbe chiesto: << La vita è una, come la minchia, e se è un piacere vivere e avere una minchai, a mia chi minchia mi ni futti di sapiri cu è Thamuz e se tinia o no una minchia?>> Lasciamo il segreto su Thamuz, l’uomo muto ma dal digitus impudicus. Qualsiasi cosa succedeva lui rispondeva col digitus impudicus. Se tu gli dicevi “ E’ morto tizio..” lui ti rispondeva con il digitus impudicus. Come dire “ La pigliò in culo.. e a mia chi minchia mi ni fotte...“ Se gli dicevi “ E quando muori tu? >> lui ti rispondeva sempre con digitus impudicus ma facendolo ruotare di trecento sessanta gradi. Come dire “ Che la piglino in culo anche gli altri.. praticamente tutto l’orbe...tanto, a mia, chi minchia mi ni fotte?>> Zeus, spissu assai incazzato stava, Pirchì Era nun ci dava a so filazza. E iddu , mittennu manu a la minciazza, Curria a circari una ca ci la dava. Fimmini miei beddi curriti cà: Io, Leda, Alcmena, Danae, Dione. Faciti trasiri stu gran minchione Purtatimi lu pacchiu pi carità. Ma nessun vinia darci lu cunniddu. C’era sulu Ganimeduzzu beddu Ca ci dicia “ Fai na lu me culiddu”. Zeus vulia pacchio pi lu so aceddu. Pigliò ‘i so manu e fici ‘ncannisciddu E vinni na stu novu sticchiareddu . Poi disse “ Se pacchiu n’c’è, Pi ficcari li iucareddu beddu. Fatelo finto e pinsati che ver’è. Gratis è, e per tutti l’ho inventata E la consiglio a tutti perché bell’è. Sta cosa bella si ciama minata.” P. R. Santoro, La protominata di Zeus Se dio ci avesse creato con l’intenzione di non farci masturbare, ci avrebbe fatto con le braccia più corte . George Carlin -DP. S: i 4 intellettuali. A cose finite il sommo poeta di lingua greca Homerino da Munipuzos scrisse l’opera Che rottura di phallus quest’opera del fhallus. Il sommo poeta di lingua latina, anzi di dialetto latino, Mhassymylyano da Munipuzos scrisse un Carmen intitolato Che rottura di testiculos quest’opera della mentula. Lo scrittore Santhokriso scrisse, in dialetto locale, un romanzo intitolato Cent’anni di ruttura di cugghiuna se unu si leggi stu libru di la minchia. Il famoso filosofo Socratino da Munipuzos si pose ancora una domanda. << La vita è una, come la minchia, e se non è un piacere vivere e avere una minchia, a che minchia serve vivere e leggere un romanzo che parla solo di minchia e che scassa sia i coglioni che la minchia?>> << Ma cu minchia erano sti quattro intellettuali?>> si chiedevano i Munipuzici. Homerino da Munipuzos è il poeta dei poeti di lingua greca tra i tanti poeti che hanno sempre poetato a Munipuzos. Poco si sa a parte che scrisse tanto . Nato in codesto paese studiò assai assai assaissimo. E scrisse ancora chiù assai assai assaissimo. << La parola scritta è importante .. dice il vero e lo nega, confessa e sconfessa e ognun ne fa quel che vuole.. l’importante è la libertà.... eleuteria.. di parola.. vita .. di credo e scredo... no alle arroganze , si alla liberta....>> Nulla si sa del poeta a parte il fatto che non si sposò mai. << Fotter è bello ma farsi fottere da una femmina che vuol diventare tua moglie proprio no....>> Mhassymylyano da Munipuzos è il poeta dei poeti di lingua latina tra i tanti poeti che hanno sempre poetato a Munipuzos. Scusate, poeta di dialetto latino. E tutti i suoi discendenti son poeti anche loro. La cosiddetta Scuola dei Massimilianidi. Dopo aver cantato, esaltato e osannato Priapo nei suoi Carmina Priapea , che tanto assai piacevano la dio itifallico, conobbe una discendente di quel misterioso è strano personaggio che sicuramente fu Luiginacunnorumaamorosorumaculorumagioiorum Crisostomadeuterocrisostomacrisopacchiorum. Tale femmina, Luigina di nome , pagana in origine, si era poi convertita alla nuova religione. E per amore fece convertire pure il poeta Mhassymylyano. Tutte le mattine andavano sempre alla missalarua. Poi al lavoro. La sera pregavano. Prima si facevano prima li cosi di dio e poi li cosi loro. Si maritano in chiesa e poiché sia lui che lei amavano la famiglia fecero figli assai assai assaissimo. Il poeta abiurò i Carmina Priapea e si mise a scrivere solo preghiere. In latino maturamente. Anzi in dialetto latino. << Ma che preghiere belle..>> diceva la gente. Infatti invogliavano a pregare. Tra i discendenti si è messo in evidenza Max Giorgino Baffo da Venezia con i suoi sonetti. Tra cui questi due. << Cara mona, che in mezzo a do colonne ti xe là messa, come un capitelo, per cupola ti ga do culattone, e 'l bus del cul sora xe 'l to cielo. Perché t'adorin tutte le persone ti stà coverta sotto un bianco velo, che, se qualcun te l'alza, e che t'espone, vittima sul to altar casca ogni oselo. El sacro bosco ti me par de Diana, dove un per banda ghe do mustacchioni, che all'arca ne conduse della mana. Notte e zorno ti fa miracoloni, che l'acqua, che trà su la to fontana, dà vita al cazzo, e spirito ai cogioni. Mona, cossa mai xestu, che ti ha tanta forza, e vertù de far tirar i cazzi, che ti fa deventar i savi pazzi, e i coraggiosi in ti se perde, e incanta. Quei, che d'esser gran teste se millanta, per ti deventa tanti visdecazzi, ti fa che i vecchi fazza de ragazzi, e che fazza peccai la zente santa. Ti ti è quella, che fa che sti avaroni deventa generosi in tu' un momento, e che volta bandiera i buzzaroni; per ti el più desterà torna contento, per ti se perde onor, robba, e cogioni. Mona, mo cossa mai gastu là drento? Santhokriso continuò a scrivere in dialetto locale. Fondo un movimento contro il matrimonio sia laico che religioso. Una altro per l’abolizione del titolo di suocera. << State insieme solo per il piacere di stare insieme... la libertà è la cosa più importante.. il resto sono solo minchiate, minchiateddi e forse pure minchiatazze.. ma la libertà è la liberta... il resto sono solo batracomiomachie...>> Restò ateo. << Non voglio esser compromesso con le guerre di religione che sconquasseranno l’orbe...>> Lo scrittore Santhokriso si propose di scrivere male della Trinacria . Soprattutto della zona del Pattuallopolis e dei protagonisti dello stesso. Per questo si mise a scrivere sonetti tutti diversi ma con lo stesso titolo. A parte il numero. Pattuallopolis uguale Bordellopolis 1 Pattuallopolis uguale Bordellopolis 2 Pattuallopolis uguale Bordellopolis 3 Pattuallopolis uguale Bordellopolis 4 Pattuallopolis uguale Bordellopolis. 5 Pattuallopolis uguale Bordellopolis 6 Pattuallopolis uguale Bordellopolis 7 Pattuallopolis uguale Bordellopolis 8 Pattuallopolis uguale Bordellopolis 9 Pattuallopolis uguale Bordellopolis 10 Pattuallopolis uguale Bordellopolis 11 Pattuallopolis uguale Bordellopolis 12 P.............................................. P............................................... P............................................... P............................................... P...............................................99999999999999999999999999999999999999999999 99999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999 99999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999 99999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999 99999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999 999999999999999..................................... Non si sa che punto arrivò.... Questo invece è il suo testamento politico spirituale. S'io fossi foco S' i' fosse foco, arderei 'l mondo; s' i' fosse vento, lo tempesterei; s' i' fosse acqua, i' l'annegherei, s' i' fosse Zeus, mandereil' en profondo; s' i' fosse Priapo, sare' allor giocondo, ché tutt' i quanti inculerei; s' i' fosse Dioniso, sa' che farei? a tutti mozzerei lo capo a tondo. S' i' fosse Eolo , vent’e morte a chi so io; s' i' fosse Efesto, Etna saria per loro: se Poseidon fossi, forza sisma mio. S' i' fosse Sant’Kriso, com' i' son e fui, torrei dal monno falliti e bugiardi , che saria più bel senza sti cojon bui. Il filosofo Socratino fece carriera. Scrisse opere su opere ma sempre partendo da una domanda. Questa quella della sua ultima opera. << La vita è una, come la minchia, e io sono Socratino ed ho solo una minchia, e se non è un piacere vivere bene la unica possibilità che abbiamo e fariccilla passare bene pure alla minchia, a che minchia serve vivere soffrendo e avere una minchia sofferente?>> Socratino si impiccò dopo aver strangolato la sua minchia. FINE. 28.7.2005 Indice: A. L’antefatto B. Il fatto I. Zeus, il capodio II. Lu matrimonio di Elena, la prima buttana di Munipuzos III . Priapogenesi ed altre nascite … Munipuzos compresa IV . La stagione degli amori e delle corna V. Agaminkione da dove viene? VI . Tre minchie per un cunnu, un cunno per tre minchie VII . L’andropriapomachia e la guerra di Purceddopolis VIII. Tuttu chiddu ca incomincia deve finire C. Archeologia D . P. S: i 4 intellettuali .