Scritto dedicato a mio Padre, che amava moltissimo la Mitologia e la Divina Commedia. Quella del drago è un'immagine che si trova diffusa in diverse mitologie; in quella greco-romana incarna le forze istintuali che incessantemente si generano, si integrano, divorano e si divorano. Da qui la necessità di controllarle. Ne sono un esempio Tifone, Delfine e Pitone, variamente collegati alle origini della civiltà. Vi è poi tutta una stirpe di mostri: Echidna, Medusa, le Graie, l'Idra di Lerna, la Chimera, il cane Ortro, le Arpie... C'è ancora da ricordare un esplicito riferimento al dio Pan nella rappresentazione popolare 1 cristiana del Diavolo, ma la sua connotazione è decisamente meno negativa: fornito di corna (in realtà, nel Paganesimo, un simbolo di potere e di positività, tanto che i sacerdoti indossavano copricapi con corna, nota di Lunaria), barba, coda e zampe caprine, era sì collerico, tanto da suscitare il famoso "timor panico", ma solo se lo si disturbava nelle sue sieste prolungate in Arcadia, dove conduceva vita pastorale e dove si abbandonava spesso a eccessi orgiastici per l'attitudine alla vita selvaggia, senza malizia. (nota di Lunaria: nella Letteratura Latina, ci sono pervenuti una serie di "poesie" e invocazioni triviali, i "Carmina Priapea", dedicati al dio Priapo, il dio dal pene eretto; sono interessanti due cose, legate al culto di Priapo, che anche se è "degenerato" in forme triviali e volgari fini a se stesse, se non dagli intenti spiccatamente comici, "nasceva" come culto alto - almeno per chi sapesse coglierlo - del «Principio universale della Vita» che risultava dall'unione dei genitali maschili e femminili. Priapo portava una falce, ed è evidente la sua connotazione con la Luna, quindi, al mondo femminile; la seconda cosa interessante, e che, come per Iside "sopravvissuta" nel culto della madonna cristiana, senza che la maggior parte dei cristiani ne sia consapevole, è che anche Priapo sopravvisse, non più come Dio dal fallo eretto (data la feroce sessofobia cristiana...!) ma come la figura dello spaventapasseri allestito dai contadini nei campi. Proprio così! Il Priapo, da idolo in legno, con fallo eretto e falce in mano, che si trovava in piccoli templi agli angoli dei campi e dei boschi, durante la decadenza del Paganesimo, venne "rivestito" adattandosi ad essere, clandestinamente, uno spaventapasseri: il bastone sostituiva, metaforicamente, il grosso fallo, e se il contadino, agli inizi della decadenza pagana, era ancora devoto a Priapo, "protettore dei campi contro i ladri di frutta" (era appunto il secondo aspetto di Priapo, dopo quello della virilità) nel tempo, il riferimento a Priapo si perse via via, obliandosi, almeno dal punto di vista superficiale, ma non del tutto, perchè appunto fu conservato come "spaventapasseri".) 2 Tifone Pitone 3 Echidna 4 Medusa Graie 5 Idra 6 Chimera 7 Il Cane Ortro Arpie 8 9 10 Connotazioni decisamente negative aveva invece per i Greci e i Romani la vita nell'Oltretomba. Al di là, al di sotto, altrove... non c'è una formula precisa per collocare il mondo che attendeva gli esseri umani dopo la morte. Si credeva che da diversi luoghi della terra vi si potesse accedere e che comunque il giungervi comportasse una "discesa", ma tutto ciò nella più vaga o contraddittoria indeterminazione. Al passaggio dell'Acheronte ("fiume del dolore"), figlio di Nyx e di Erebo, presiedeva il sordido Caronte che, pur prendendo sulla propria zattera solo le ombre di chi avesse avuto un'adeguata sepoltura, pretendeva comunque un obolo per il proprio lavoro. Caronte Ma il vero custode degli Inferi era Cerbero, dotato di tre teste canine. 11 Cerbero Il Signore degli Inferi era invece Ade. Nel termine la radice che significa "vedere" è preceduta da una negazione, e in effetti la figura di Ade è tutta una negazione: dell'essere, della vita, della luce, in una concezione religiosa molto lontana dalla trascendenza cristiana entro la quale la morte, almeno dal punto di vista psicologico, rappresentava nella sostanza la fine di tutto. Sua sposa era Persefone, cui è legata la luce di una speranza di rinascita e rigenerazione. 12 Ade Ade e Persefone 13 Ma di tutte le divinità infernali, Ecate era quella maggiormente temuta. 14 Veniva rappresentata in aspetto di cagna con tre teste (oltre a quella canina, una di serpente e un'altra di cavallo) e si diceva con terrore che essa, soprattutto nelle notti senza luna, scorrazzasse sulla terra seguita da un'orda di cani sacri e di fantasmi. L'accompagnavano spesso anche le Empuse, i demoni con natiche d'asino e piedi calzati di bronzo, in grado di sedurre i maschi per succhiare poi la loro forza vitale e farli morire nel momento in cui giacevano con loro. Ecate era abbinata alla stregoneria, secondo un rituale riservato e segreto che aveva il sapore della magia. Tale rituale durò ben oltre il tramonto del Paganesimo e sembra si rifaccia al buio inquietante della Luna nella sua forma oscura. 15 Empusa La stessa Lilith ebraica viene spesso descritta come un demone goloso di sangue e sperma, avvezzo a introdursi nella notte nei giacigli dei dormienti per prosciugarli di ogni forza. Altri demoni dalle fattezze femminili e dall'insaziabile sete di sangue popolavano gli incubi dei popoli antichi: fra questi sono da ricordare le Lamie e le Striges, succhiatrici di sangue umano, nella tradizione greco16 romana, che potevano di volta in volta assumere l'aspetto di una fanciulla, di una vecchia o di un uccello. Anche le Empuse si nutrivano di sangue: si presentavano alle loro vittime sotto forma di affascinanti fanciulle, ma erano in realtà mostri orripilanti, con un piede di bronzo e l'altro di sterco d'asina. Lamia Secondo alcuni, la mitologia del vampirismo al femminile (Lilith/Lamie 17 ed Empuse, nonché Ecate) costituisce una testimonianza della fobia delle società maschiliste arcaiche nei confronti delle donne, mentre la simbologia del sangue si associa al fenomeno del ciclo mestruale, carico nei tempi antichi di mistero e magia. Nei "Fasti" di Ovidio si accenna a Carna (Cardea o Cardna), protettrice dei bambini, che salvaguardava dall'aggressione dei vampiri e delle Striges, e a un'altra divinità, Robigo, deputato a scongiurare l'aggressione della ruggine (considerata divinità al femminile) sul frumento. Anche Dante riprende alcune figure mitologiche; dopo "Caron dimonio, con occhi di bragia" si incontra Minosse: non sono propriamente demoni, ma l'uno il traghettatore delle anime per un viaggio senza ritorno, e l'altro il giudice che assegna il cerchio di residenza dell'eterna dannazione, accomunati da un aspetto orrendo. Sono i primi custodi dell'Inferno che compaiono e condividono il carcere con i peccatori irredenti: come loro sono "degradati" rispetto alla pienezza della natura umana; non importa che puniscano, perchè soffrono ugualmente di essere obbligati a ripetere per sempre i gesti che li rendono bestialmente grotteschi. In fondo non differiscono da Cerbero che "Fiera crudele e diversa /con tre gole caninamente latra / sovra la gente che quivi è sommersa [i golosi] / Li occhi ha vermigli, la barba unta e atra, / e 'l ventre largo, e unghiate le mani; / graffia li spirti ed iscoia ed isquarta". Anche Pluto, il dio la cui mitologia greca affidava la protezione delle ricchezze, è ridotto al punto di non sapersi esprimere, nella sua rabbia furiosa, in un linguaggio umanamente comprensibile. La degradazione della pienezza umana è del resto da subito il significato simbolico unitario e coerente della demonologia dantesca. 18 Troviamo poi i diavoli stizzosi e violenti, che custodiscono la città di Dite, forse allertati da Flegias (il nocchiero della palude stigia, altro personaggio mitologico degradato), le Furie e Medusa. Flegias Città di Dite Le citazioni mitologiche procedono con il Minotauro, con i Centauri (che hanno il compito di impedire l'uscita dal fiume di sangue bollente in cui sono immersi gli omicidi scoccando le loro infallibili frecce) e con le Arpie. Più spazio è riservato a Gerione. Rispetto ai classici che lo descrivevano di natura tricorporea, Dante lo immagina come un mostro dotato di tre nature e un corpo solo: il volto è quello dell'uomo giusto, il busto è quello del serpente, le zampe sono quelle del leone. è la trasparente rappresentazione della frode, sottolineata da un puzzo insopportabile. 19 (Stralci tratti da Angela Cerinotti e Davide Sala) 20 Gorgoni: il nome indica, nella mitologia classica, tre temibili figure femminili: Steno, Euriale e Medusa, figlie di Forco e di Ceto, chiamate perciò talora con l'epiteto di Forcidi. Erano rappresentate col capo coperto di serpenti sibilanti; avevano anche ali d'oro e mani di bronzo, e denti giganteschi; l'unica delle Gorgoni ad avere natura mortale era Medusa: in origine, essa era una bellissima giovinetta, ma le sue chiome vennero trasformate in serpenti da Atena, in punizione dei suoi amori con Poseidone, avvenuti in uno dei templi dedicati ad Atena e dai quali erano nati Crisaor e Pegaso (secondo alcune fonti i due nacquero quando la Gorgone venne decapitata e scaturirono da sangue del suo collo reciso). In conseguenza del castigo divino, il capo di Medusa divenne così spaventoso che chiunque l'avesse vista sarebbe rimasto pietrificato. Quando Perseo la uccise, Atena collocò il capo di Medusa al centro del proprio scudo; seconda un'altra tradizione, la testa fu sepolta ad Argo oppure divenne l'ornamento dell'egida di Zeus. Le Gorgoni vennero anche scolpite su alcuni templi, sulle facciate o vicino all'ingresso degli edifici, infatti si riteneva che potessero tenere lontano il malocchio. Anche il sangue che zampillò da Medusa da due vene aveva delle valenze positive e negative: il Dio Asclepio lo raccolse, per ridare la vita ai defunti, mentre il sangue raccolto dall'altra vena portava la morte. 21 Una duplicità delle figure delle Gorgoni, oscillanti tra l'aspetto terribile e quello positivo e benefico, è evidente anche nel significato dei nomi, che corrispondono a certi termini greci: "Steno" si collega alla forza, "Euriale" richiama l'idea di un vasto mare; "Medusa" indica "la sovrana", e talora il nome viene usato per indicare "sovrano del mare" al maschile; "Gorgo" era attestato anche come nome di donna. Il mito delle Gorgoni compare nell'Iliade, nell'Odissea, nella Teogonia, nello "Scudo" di Esiodo, nelle "Pitiche" di Pindaro, nel "Prometeo" di Eschilo, nella "Ione" di Euripide, nell'"Eneide" di Virgilio, nelle "Metamorfosi" di Ovidio. Ma la Gorgone compare anche nella 22 letteratura moderna: Milton nel "Paradiso Perduto" la pone a guardia del mondo dei morti. Compare anche nel libro di Artù e nelle "Fortune di Andromeda e Perseo" di Calderòn de la Barca. Nella Poesia del Rinascimento simboleggia il fascino oscuro del femminile, e compare anche nel "Faust" di Goethe. Anche Prevelakis, Döblin, Ristat riprendono il mito della Gorgone, e persino Freud in "La testa di Medusa" (1922) Anche a livello musicale, molti gruppi si ispirano al mito di Medusa; basta ricordare, tra i molti esempi più o meno noti, i Cradle of Filth e The Black, che ha dedicato una splendida copertina a Medusa. 23 24