La quantizzazione del campo
elettromagnetico
Salice Terme
29.11.2004 – 4.12.2004
Il campo elettromagnetico classico
Equazioni di Maxwell nel vuoto
(sistema di Gauss)

  E  4

 1 B
 E 
0
c t

B  0

 1 E 4 
 B 

J
c t
c
Equazioni di collegamento


B   A
Sostituendo nella
Poiché

 1 B
 E 
0
c t
    0

  1 A 
0
   E 

c

t



 1 A
E
 
c t


1 A
E
 
c t
Libertà di gauge

 
A  A'  A  
1 
  '  
c t
La divergenza di

A
è arbitraria:
 1 
 A
0
c t
(condizione di Lorentz)
Trascrizione in forma
quadridimensionale
L’invarianza della carica elettrica ci dà subito un risultato.
Partiamo dalla definizione di densità σ di carica:
dq  dV
Moltiplichiamo membro a membro per
dx :

dx
dqdx  dVdx   dVdt
dt
dx 

dt
sono le componenti di un quadrivettore
Equazioni per i potenziali



1

  A  4
c t
2

 1  A
 1  
4 

2
 A  2 2     A 
J

c t
c t 
c

2
Nel gauge di Lorentz
1
4 0
2
    4 
J
2
c t
c
2

 4 
1  A
2
 A 
J
2
2
c t
c
2
Introdotto il tensore del campo elettromagnetico
 0 Ex E y Ez 


  E x 0  Bz B y 
F 

  E y Bz 0  Bx 
 E  B B 0 
z
y
x


(matrice rappresentativa delle sue componenti covarianti
F
)
le equazioni di collegamento


B   A


1 A
E
 
c t
si compendiano nelle:
A A
F        A   A
x
x
Le equazioni di Maxwell non omogenee

 1 E 4 
 B 

J
c t
c

  E  4
 F
nelle
0

 Ex
F 
 Ey
E
 z
 Ex
0
Bz
 By

4 

j
c
 E y  Ez 

 Bz B y 

0  Bx 
Bx
0 

j  (c , J )
matrice rappresentativa
delle componenti
controvarianti del
tensore
Le equazioni di Maxwell omogenee
F ,   0
dove il simbolo [ ] significa antisimmetrizazione sui tre
indici, e la virgola derivazione rispetto a
x

1
(  F    F    F    F   F   F )  0
3!
  F    F   F  0
Le trasformazioni di gauge

 
A  A'  A  

1 
  '  
c t



A  A'  A   
La condizione di Lorentz
 1 
 A
0
c t

 A  0
Le equazioni per potenziali



1

  A  4
c t
2

 1  A
 1  
4 

2
 A  2 2     A 
J

c t
c t 
c

2
Nel gauge di Lorentz
1  2 A
4 
2 
 A 
j
2
2
c t
c
Formalismo lagrangiano
Si considera il campo elettromagnetico, eventualmente in
interazione con cariche e correnti, come un sistema dinamico,
al quale si farà corrispondere una lagrangiana.
Le coordinate generalizzate q(t) sono sostituite da variabili di campo
funzioni dell’evento x.
Nel caso del campo elettromagnetico si candidano a costituire tale
insieme di variabili le componenti del quadripotenziale. Quanto
alle velocità generalizzate, esse sono sostituite dai quadri-gradienti
delle variabili di campo:

qi (t )  A ( x)
L
qi (t ) 
A 
La quantità
S   Ld x
4
dove L è in effetti una densità lagrangiana prende il nome di
integrale d’azione
Le equazioni del campo si possono ottenere dal principio
variazionale
 S 0
Assumendo che la lagrangiana dipenda dalle variabili di campo e
dalle loro variabili coniugate si ottengono le equazioni di Lagrange

L
L
  0



x (A / x ) A
Le equazioni per il campo elettromagnetico devono essere
gauge-invarianti. La densità lagrangiana deve dunque
dipendere solo dal tensore di Faraday-Maxwell.
Questo tensore ha due invarianti:
F F

2 2
E B
  F F


 
 EB
D’altra parte, se si vogliono equazioni di campo lineari, la densità
lagrangiana deve essere una funzione quadratica delle funzioni di
campo. Si fissa allora la L come:
1
L   F F 
4
Le equazioni di campo non omogenee
 F

4 

j
c
si ottengono da questa densità lagrangiana cui si è aggiunto un
termine d’interazione della forma
j A

È il formalismo lagrangiano che quello che rende possibile
l’introduzione di variabili canonicamente coniugate
suscettibili di essere sottoposte a regole di quantizzazione.
1
Ritorniamo alla lagrangiana L   F F 
4
Quanto detto a proposito delle variabili canoniche in vista della
quantizzazione ci obbliga a riscriverla in termini delle componenti
del quadri-potenziale. Essa diventa allora, a parte fattori costanti:




(  A   A ) (  A   A )
Si vede allora che la variabile canonicamente coniugata ad
L
si annulla identicamente. Questa circostanza crea
 ( A 0 ) ovviamente problemi, sui quali torneremo.
A0
Di qui in avanti si considererà un campo elettromagnetico libero,
cioè non soggetto ad interazioni con la materia carica.
Di più, lo si considererà descritto dalle componenti del quadripotenziale, che obbedisce alle equazioni
1  2 A
2 


A 0
2
2
c t

 A  0
Un po’ di storia
Jordan, Dirac, Heisenberg e Pauli
Silvan S. Schweber, QED and the Men Who Made It:
Dyson, Feynman, Schwinger, and Tomonaga,
Princeton University Press, 1994
M. Cini, “Fermi e l’elettrodinamica quantistica”, in:
CONOSCERE FERMI nel centenario della nascita –
-29 settembre 1901-2001, a cura di C. Bernardini e
-Luisa Bonolis,Edizioni scientifiche SIF, 2002
Tian Yu Cao, Conceptual Developments of 20th Century
Field Theories, Cambridge University Press, 1997
Facciamo entrare in campo il primo importante autore nella
storia della teoria quantistica dei campi: Pascual Jordan.
Per Jordan si trattava di “spiegare le proprietà corpuscolari
del campo elettromagnetico (l’esistenza dei fotoni) e delle sue
interazioni con le particelle elettricamente cariche della materia,
introducendo i principi della meccanica quantistica nella sua
descrizione classica fornita dalle equazioni di Maxwell”.
(Cini, op. cit., p. 128)
Già nel lavoro del 1925 con Born si affermava che i campi
elettrici e magnetici dovevano essere riguardati come variabili
dinamiche, rappresentati da matrici, e soggetti a regole di
quantizzazione.
Poco dopo usciva il cosiddetto “Dreimännerarbeit”, di Born,
Heisenberg e Jordan (Zeitschrift für Physik 35, 557, 1925), nel
quale la meccanica delle matrici riceveva una sistemazione
complessiva.
L’ultimo capitolo del lavoro si deve a Jordan.
In esso Jordan si ripromise di mostrare che “la soluzione della
tormentosa questione dei quanti di luce di Einstein poteva ottenersi
applicando la meccanica quantistica allo stesso campo di Maxwell”.
Egli riprese in esame la formula einsteiniana per il valor medio
delle fluttuazioni energetiche di radiazione elettromagnetica
descritta dalla legge di Planck
2

E

 E 2  h  E  
8 2 / c 3 d


e mostrò che poteva essere derivata partendo dalla descrizione
della radiazione di cavità come un insieme di oscillatori armonici
indipendenti, imponendo la condizione di quantizzazione
qp  pq  i  I
Cao (op. cit., p. 158 e segg.) traccia una distinzione fra due
possibili accezioni del termine:
1)la quantizzazione dell’energia del campo, o, più in generale,
del moto meccanico del campo, una quantizzazione simile a
quella del moto meccanico delle particelle di cui si occupa la
meccanica quantistica
2)la quantizzazione del campo come un’entità sostanziale
e conclude che Jordan aveva provato che erano quantizzati
gli stati energetici del campo, ma che questo non aveva niente
a che fare con la quantizzazione del campo elettromagnetico.
Nel 1927 entra in gioco il secondo degli autori che vogliamo
prendere in considerazione, P.A.M. Dirac, con l’articolo
“The quantum theory of emission and absorption of radiation”,
Proceedings of the Royal Society, A114, 242-265.
Esso è considerato da vari autori l’articolo germinale per la nascita
della teoria quantistica dei campi, la ragione essenziale essendo che
avrebbe introdotto la cosiddetta seconda quantizzazione. Dirac
avrebbe cioè quantizzato la funzione d’onda di Schrödinger – già di
per sé un oggetto quantistico – mostrando che in questo modo
all’onda risultavano associati dei corpuscoli: i quanti del campo.
Questo punto di vista fu espresso da Gregor Wentzel in una sua
ricostruzione della storia della teoria quantistica dei campi fino
al 1947.
Lo stesso Jordan ne diede questa lettura, giungendo perfino a
confondere fra il campo che lui aveva (o no) quantizzato con
l’onda di Schrödinger. Una lettura circostanziata dell’articolo
non conferma questa interpretazione.
Per cominciare, non c’è alcuna confusione fra i due campi d’onda.
“In primo luogo – scrive Dirac – l’onda luminosa è sempre reale,
mentre l’onda di de Broglie associata con un quanto di luce ...
deve comportare un esponenziale immaginario. Una differenza
anche più importante è che le loro intensità devono essere interpretate
in modi diversi”.
In secondo luogo, Dirac non parte dalla considerazione di un
(quale che sia) campo d’onda: egli considera invece in partenza
un sistema di N particelle non interagenti, che poi mostrerà potersi
interpretare, sotto un’opportuna ipotesi, come un insieme di quanti
di luce.
Cao (op. cit, p. 162) insiste sul fatto che neanche il procedimento
di Dirac può essere descritto come una quantizzazione del campo
elettromagnetico. Ciò, in primo luogo, perché non c’è alcun campo
reale, in secondo luogo perché non c’è alcuna quantizzazione di un
campo d’onda.
Altro aspetto da sottolineare è che, in riferimento al dualismo
onda-particella per la radiazione elettromagnetica, Dirac, nel
corso dell’articolo privilegia l’aspetto corpuscolare: suo punto
di partenza è un insieme di quanti di luce.
Tuttavia, come scrive fino dall’Introduzione, suo intento è di
mostrare che “c’è una perfetta armonia fra le descrizioni delle
interazioni in termini ondulatori o di quanti di luce”.
Nel settimo e ultimo paragrafo dell’articolo Dirac – si potrebbe dire
rivoltando le carte in tavola – considera un atomo, trattato fin
dall’inizio quanto-meccanicamente, soggetto all’azione perturbatrice
di un campo elettromagnetico, inizialmente concepito come campo
classico. Il punto di vista di partenza è quindi ora quello ondulatorio..
Punto di partenza è il campo elettromagnetico classico. Per
definitezza, lo si può pensare confinato in una cavità planckiana,
in modo che abbia un insieme discreto di gradi di libertà.
Dirac afferma che si possono considerare energia e fase di
ciascuna componente come variabili dinamiche descriventi
il campo di radiazione, e che si può supporre che formino una
coppia di variabili canonicamente coniugate.
Per passare alla trattazione dello stesso problema in termini
quantistici, è necessario assumere che l’energia
Er
e la fase
r
di ciascuna componente siano
sottoposte alla regola di quantizzazione
 r , Es   ih rs
“Questa assunzione conferisce immediatamente la proprietà di
quanti di luce alla radiazione”. Nell’ultimo paragrafo, Dirac passa
poi, senza alcun commento, da queste variabili alle
Nr
e
r
usate nel corso dell’articolo.
L’intento primario del paragrafo, come del resto quello
dell’intero articolo, enunciato fino dall’Introduzione, è di
mostrare che “c’è una perfetta armonia fra le descrizioni delle
interazioni in termini ondulatori o di quanti di luce”.
Si tratta, nel caso di Dirac come già in quello di Jordan,
dell’avvento, preconizzato da Einstein fino dal 1909, di
una teoria che sappia render conto ad un tempo delle proprietà
ondulatorie e corpuscolari della radiazione, o, in altri termini,
della soluzione finale del dilemma onda-corpuscolo.
Sembrerebbe di sì, e la chiave sembra essere: si deve
quantizzare il campo elettromagnetico.
Ma lo si è propriamente, oltre che efficacemente, quantizzato??
Quello che è certo è che l’alternativa – la complementarietà –
dei due aspetti è messa in immediatamente in luce dalla regola
di commutazione basilare, la
 r , Nr   ih
Se si conosce il numero dei fotoni in uno stato – proprietà
corpuscolare – resta completamente indeterminata la fase –
proprietà ondulatoria – e viceversa.
La non commutabilità fra operatore di fase e operatore numero
di fotoni è elemento base nelle trattazioni più recenti degli stati
di un campo di radiazione: v., per esempio: R. Loudon, The
Quantum Theory of Light, Clarendon Press, Oxford, 1983
(seconda edizione), in particolare paragrafi 4.8, 4.9
Cao (op. cit, p. 162) insiste sul fatto che neanche il procedimento
di Dirac può essere descritto come una quantizzazione del campo
elettromagnetico. Ciò, in primo luogo, perché non c’è alcun campo
reale, in secondo luogo perché non c’è alcuna quantizzazione di un
campo d’onda.
Una “vera” quantizzazione del campo elettromagnertico dovrebbe
partire dalla considerazione di un insieme di funzioni di campo –
come variabili classiche – e sottoporre quelle variabili a
procedimento di quantizzazione che le rendesse operatori hermitiani.
Questa fu la via aperta da Heisenberg e Pauli (“Zur QuantenElektrodynamik der Wellenfelder”, Zeitschrift für Physik 56,
pp. 1-61, 1929, 59, pp. 168-190, 1930).
L’idea era appunto di considerare le componenti del quadripotenziale come variabili canoniche, di introdurre le variabili
canonicamente coniugate ad esse, e di sottoporre le une insieme
con le altre alle regole standard di quantizzazione
qp  pq  i  I
Ma, come sappiamo, nasce una difficoltà, legata al fatto che la
variabile canonica coniugata ad
0
A
si annulla identicamente.
Si deve a Heisenberg l’idea di sostituire la lagrangiana data in
precedenza con la
1
1  A

L   F F     
4
2   0 x

3




2
dove ε è un parametro numerico. Con questa forma della densità
lagrangiana l’inconveniente è eliminato, e il procedimento di
quantizzazione si può instaurare. Alla fine del procedimento si
farà tendere ε a zero.
Una lagrangiana della forma
1
1  A

L   F F   
4
2  x




2
sarebbe stata poi considerata da Fermi, insieme con accorgimenti
sui quali torneremo.
Finalmente la quantizzazione
Le A (x)
sono variabili di campo da sottoporre a quantizzazione.
Il momento canonicamente coniugato ad A (x) è a sua volta
una variabile di campo:
L
 ( x)   ( x)
A

Bisogna introdurre le ...
Condizioni di quantizzazione
Fra le variabili di campo e i momenti coniugati valgono le
regole di commutazione:
[ ( x), A ( x' )]x

 
 ic   ( x  x ' )

0
 x0 '
Accanto a queste valgono anche le:
[ A ( x), A ( x' )]  ic D( x  x' )

Queste ultime devono essere imposte se si vuole che valga la:
[ H , A ( x)]  ic  ( x)
che caratterizza H come generatrice delle traslazioni nel tempo.
La
D( x  x' )
è un animale raro, che può essere scritto nella forma:


0
0
D( x  x ' )  
[

(
x

x
)


(
x

x
)]

4 x
1
Sviluppo in onde piane
L’equazione di d’Alembert
1  2 A
2 


A 0
2
2
c t
ammette soluzioni in termini di onde piane monocromatiche
della forma

 ik x
u ( x )  u0 e
dove


k  (k 0 , k )  ( , k )
e
 
k r

ik x  ic(t 
)
c
Nell’elettromagnetismo classico, si mostra che esiste un legame
tra componenti del quadri-potenziale e stati di polarizzazione
dell’onda. Ora, le onde elettromagnetiche sono trasversali: il
vettore descrivente la polarizzazione giace dunque in un piano
(perpendicolare alla direzione di propagazione), e ha quindi solo
due componenti indipendenti. Due delle quattro componenti
del quadri-potenziale sono dunque non fisiche; si può fare una
scelta specifica di gauge che ne annulla due (quella temporale
e quella diretta lungo la direzione di propagazione z). Le due
componenti residue risultano poi combinazioni lineari di due
vettori unitari diretti lungo gli assi x e y. Ma qui si vogliono
ottenere risultati gauge-invarianti. Si lasciano quindi sopravvivere
su un piano di parità le quattro componenti, che risulteranno
combinazioni lineari di quattro “vettori polarizzazione”.
Lo sviluppo di una componente del quadri-potenziale in onde piane
monocromatiche assumerà quindi la forma generale:
A ( x)  V 1/ 2 
d 3k


dove le   (k )
( )




( )
( )
ikx
(  )
ikx
   (k ) a (k )e  a (k )e
3
 0
sono quattro vettori unitari linearmente
indipendenti che possono essere scelti in modo da formare una
base ortonormale:

( )


(  ') 

 '
V è un volume di normalizzazione e l’asterisco indica la complessa
coniugazione.

Introdotte le quantità

 ( ) 
3
( )
a (k )     (k ) a (k )
 0

 (  ) 
3
( )
a (k )     (k ) a (k )

 0
dalle regole di commutazione segue che valgono anche le


 

( 3)
[a (k ), a (k ' )]    (k  k ' )






[a (k ), a (k ' )]  [a (k ), a (k ' )]  0
Emerge l’aspetto corpuscolare
Di qui in avanti, per semplificarci la vita, guarderemo alla
sostanza più immediata delle cose dimenticandoci del
carattere vettoriale del campo. Ci rifaremo dunque a regole
di commutazione semplificate, della forma:
  


[a(k ), a (k ' )]   (3) (k  k ' )
o, ancora più sinteticamente

[ak , ak ]  1
Introduciamo l’operatore

N k  ak ak
e la sua equazione agli autovalori
N k   nk 
Moltiplichiamo scalarmente per Φ:

(, ak ak )  (, nk )  nk (, )  nk
Ma si può riscrivere
Dunque

(, ak ak )  (ak , ak )  ak   0
nk  0
2
Moltiplichiamo ora da sinistra la
N k   nk 
per ak

:





ak N k   ak ak ak   ak (ak ak  1)
Sostituendo il valore per


N k  a primo membro



ak (ak ak  1)  N k ak   ak   nk ak 
o ancora


N k (ak )  (nk  1)(ak )
Dunque, se Φ è un’autofunzione, di N, lo è anche
a

ma
con autovalore n+1.
Analogamente si mostra che, se Φ è un’autofunzione, lo è anche
a
con autovalore n-1.
Dato che
nk  ak   0
2
gli autovalori di N non possono essere negativi. Applicando a ad
un dato stato più volte in successione si arriverà a uno stato con
autovalore zero. Per questo stato sarà
Nk 0  0
Allora lo stato
1  a 0
apparterà all’autovalore 1.
Applicando più volte in successione l’operatore aggiunto si
costruisce una successione di autostati di N con autovalori interi
positivi.
come l’operatore associato all’osservabile
Leggiamo N k
numero di particelle nello stato k. Nel caso del campo e.m. Ci
sarebbe anche la specificazione dello stato di polarizzazione.
Gli operatori
a
e
a

“distruggono” e “creano”
particelle in un dato stato (operatori di distruzione e creazione).
Lo stato

0
è detto stato di vuoto.
Le complicazioni del caso e.m.
Ritorniamo su alcune cose riguardanti i campi classici.
■ Le equazioni per le componenti del potenziale si scrivono nella
forma
1  2 A
2 


A 0
2
2
c t
se è soddisfatta la condizione di Lorentz
  A ( x)   ( x)  0

La loro forma generale è data dalle
1  2 A
2 



A


 0
2
2
c t
che non sono equivalenti alle equazioni di Maxwell.
■ Perché si abbia l’equivalenza la lagrangiana “di Fermi” deve
essere affiancata dalla condizione
 ( x)  0
L’enunciato dovrà essere riconsiderato quando si affronterà
esplicitamente il problema della quantizzazione.
■ La lagrangiana “di Fermi” può allora essere posta nella
forma:
1  ,
L   A A ,
2
■ Con la lagrangiana L  
coniugata ad
1
F F  la variabile canonicamente
4
A0 si annulla identicamente
■ Allora si sceglie la lagrangiana
1
1  A

L   F F   
4
2  x




2
che non è gauge-invariante per la presenza del secondo termine.
■ Questa lagrangiana dà luogo alle equazioni di campo
1  2 A
2 


A 0
2
2
c t
■ Il momento canonicamente coniugato ad
A
diventa allora
L
  
A

■ L’hamiltoniana si pone a sua volta nella forma:
1 
1 3
k
H        A , A ,k
2
2 k 1
Essa non è definita positiva, in quanto la componente μ=0
dà un contributo negativo-definito ad H. Lo diventa se si
richiede la validità della condizione sussidiaria
 ( x)  0

a (k ) e
Verrebbe fatto di considerare

a (k )

rispettivamente come operatori di distruzione e creazione. Senonché
questo porta a stati a dato numero di particelle con norme negative.
È autoconsistente assumere in alternativa che siano operatori di
distruzione

al (k )
per l=1,2,3 e

a0 (k )

e operatori di creazione


al (k )
per l=1,2,3 e

a0 (k )
L’inconveniente precedente risulta allora eliminato, ma ne nasce un
altro:
stati di fotoni corrispondenti a un valore non nullo della
componente temporale del quadri-potenziale hanno energia
negativa.
Si noti tuttavia che non è stata ancora imposta la condizione
sussidiaria
 ( x)  0
che rende la formulazione in termini di potenziali equivalente
a quella di Maxwell. Si tratta in effetti della condizione di Lorentz
  A ( x)   ( x)  0

che in effetti garantisce il carattere definito positivo dell’energia.
Essa non può essere imposta come condizione operatoriale, in
quanto in contrasto con le condizioni di quantizzazione.
Un modo soddisfacente di trattare questa condizione sussidiaria
fu considerato da Fermi in due articoli (E. Fermi, “Sopra
l’elettrodinamica quantistica”, I, Rend. Lincei 9, pp. 881-887,
1929; II, Rend. Lincei 12, pp. 431-435, 1930).
Poiché essa è incompatibile con le regole quantistiche di
commutazione, la si deve considerare come un vincolo sugli
stati quantici del sistema. Vettori di stato che descrivono stati
fisicamente realizzabili del campo elettromagnetico devono
soddisfare la
(  A )   0

S.N. Gupta e K. Bleurer, indipendentemente, nel 1950 svilupparono
un metodo alternativo, mostrando come tutti gli a e gli aggiunti
possono, in modo opportuno, essere trattati come operatori di
distruzione e creazione.
Scarica

La quantizzazione del campo elettromagnetico (, 333 KB,)