Il cammino verso il Sinodo sulla Famiglia e l’insegnamento di Papa Francesco nelle
catechesi del mercoledì (Meeting di Rimini 25 agosto 2015 incontro SIDEF)
Da sempre l’interesse della Chiesa per la famiglia è centrale, perché in essa la Rivelazione
riconosce una struttura originaria della Creazione voluta espressamente da Dio per mostrare
all’uomo la sua natura intima ed il senso del suo destino comunionale. In essa si mostra con
evidenza che l’uomo e la donna sono creati “ad immagine e somiglianza di Dio” non nella loro
singola individualità personale, ma nell’originaria unità relazionale che li colloca come soggetto
particolare nell’unità della differenza di cui la famiglia, anche solo come realtà umana naturale, è il
segno più visibile. Con la venuta di Cristo tale significato di immagine trinitaria che la famiglia
riveste assume contorni ancora più precisi e definiti, tanto che la famiglia, fondata sul matrimonio,
viene sempre più offerta dalla Chiesa come vocazione cui l’uomo e la donna sono chiamati per
svolgere una precisa missione e specifici compiti nella mondo. Nella famiglia l’originario progetto
di comunione voluto da Dio si realizza come profonda unità nella distinzione e differenza dei
membri che la compongono; in essa la differenza sessuale si presenta non come accidentale ed
esteriore diversità fisica, né come distinzione di generi, ma come realtà ontologica originaria più
profonda di quanto venga affermata dalle singole culture.
L’unità della famiglia come valore originario non può perciò essere messa in discussione dal
variare degli approcci culturali ed antropologici, ma deve essere riconosciuta come valore
originario con caratteristiche che non è dato alla Chiesa di poter modificare per aggiornarsi con il
mutare dei tempi. Ciò non toglie che la Chiesa non debba essere attenta al cambiare delle
circostanze storiche e al mutare di condizionamenti che possono offuscare le verità originarie ed
obbligare a guardare più in profondità per rispondere adeguatamente alle sfide dell’oggi, come
per molti aspetti sta facendo Papa Francesco. Egli non intende formulare nuove verità o
sconfessare la tradizione, ma vuole solo aiutare l’uomo di oggi a rimanere fedele al Vangelo, ed in
particolare a quella misericordia cuore dell’amore familiare, cui peraltro sarà dedicato l’anno
giubilare straordinario. In quest’ottica non c’è da aspettare dal prossimo sinodo né una modifica
sostanziale della dottrina cattolica sulla famiglia, né soluzioni a casi particolari da assumere come
criterio generale universalizzato. Infatti, sarebbe pericoloso estendere soluzioni a casi particolari
sino a farle diventare regola della vita della chiesa, dimenticando che ci sono verità di cui la Chiesa
non detiene il monopolio, ma semmai il dovere della custodia intelligente e misericordiosa.
Non si tratta, infatti, di cedere a mentalità contrarie al Vangelo per accogliere in astratto criteri più
moderni e vicini alla mentalità corrente, ma piuttosto di riproporre la bellezza del Vangelo della
famiglia come risposta positiva e praticabile alle sfide che il mondo d’oggi pone alla famiglia.
Già nel Sinodo del 1980, da cui venne promulgata la Familiaris Consortio nel 1981, si invitava la
famiglia ad essere ciò che è, riconoscendone Identità e compiti, ed oggi il richiamo suona ancora
più urgente e drammatico a seguito della rivoluzione antropologica che ha distrutto la percezione
delle esigenze elementari quotidiane e delle evidenze essenziali dell’esistenza. Si dovevano perciò
accettare senza reticenze le sfide dell’attuale cultura e le domande poste da situazioni inedite
senza rinunciare all’’essenziale. Per questo si è voluto procedere l’anno scorso ad un sinodo
straordinario per una ricognizione di questioni aperte per poter raccogliere le domande più
significative e riconoscere possibili risposte di taglio pastorale, dando al sinodo ordinario del
prossimo ottobre il compito di indicare vie praticabili che testimonino la misericordia senza
stravolgere la Verità della dottrina. Il metodo, indicato anche nell’instrumentum laboris su cui
lavoreranno i padri sinodali, è di lasciare che la famiglia dica se stessa con verità, non attraverso
formulazioni dogmatiche precise ma anche sentite come lontane, ma secondo il linguaggio
dell’esperienza che risulta efficace dal punto di vista pastorale, perché richiama la vita quotidiana.
Il metodo è perciò quello della tenerezza che non è condiscendenza verso ogni posizione ma
sguardo benevolo come quello di Dio, che è più pronto ad aspettare il nostro ritorno dopo il
peccato che a condannare, essendo così più disponibile a valorizzare la possibilità di conversione
che a chiudere le porte.
Dice l’Instrumentum Laboris su cui lavorerà il sinodo: “Tenerezza vuol dire dare con gioia e
suscitare nell’altro la gioia di sentirsi amato. Essa si esprime in particolare nel volgersi con
attenzione squisita ai limiti dell’altro, specialmente quando emergono in maniera evidente.
Trattare con delicatezza e rispetto significa curare le ferite e ridonare speranza, in modo da
ravvivare nell’altro la fiducia. La tenerezza nei rapporti familiari è la virtù quotidiana che aiuta a
superare i conflitti interiori e relazionali”. Al riguardo, Papa Francesco ci invita a riflettere e ad
avere il coraggio di accogliere con tenerezza le situazioni difficili e i problemi di chi ci sta accanto.
Naturalmente non v’è misericordia senza verità e la stessa tenerezza non è giustificazione
dell’errore, né annacquamento della verità, ma è atteggiamento di attesa che va in cerca di
quanto vale davvero. E ciò ricalca il modo con cui Dio guarda: “La fiducia di Dio nell’uomo e nella
donna, ai quali affida la terra, è generosa, diretta, e piena. Si fida di loro. Ma ecco che il maligno
introduce nella loro mente il sospetto, l’incredulità, la sfiducia. E infine, arriva la disobbedienza al
comandamento che li proteggeva. Cadono in quel delirio di onnipotenza che inquina tutto e
distrugge l’armonia. Anche noi lo sentiamo dentro di noi tante, volte, tutti. Il peccato genera
diffidenza e divisione fra l’uomo e la donna. Il loro rapporto verrà insidiato da mille forme di
prevaricazione e di assoggettamento, di seduzione ingannevole e di prepotenza umiliante, fino a
quelle più drammatiche e violente”(Papa Francesco). Dio conosce il peccato dell’umanità ma non
ne fa l’ultima parola definitiva del destino della comunione. Anzi il valore della famiglia viene
ripresentato nelle catechesi del mercoledì attraverso il compito dei vari soggetti che compongono
la famiglia e i momenti che ne qualificano l’esistenza e la crescita.
Da qui emerge soprattutto il valore di COMUNIONE che la definisce rendendola un grande segno
della Creazione: “Con intima gioia e profonda consolazione, la Chiesa guarda alle famiglie che
restano fedeli agli insegnamenti del Vangelo, ringraziandole e incoraggiandole per la
testimonianza che offrono. Grazie ad esse, infatti, è resa credibile la bellezza del matrimonio
indissolubile e fedele per sempre. Nella famiglia, «che si potrebbe chiamare Chiesa domestica» (LG,
11), matura la prima esperienza ecclesiale della comunione tra persone, in cui si riflette, per grazia,
il mistero della Santa Trinità. «È qui che si apprende la fatica e la gioia del lavoro, l’amore fraterno,
il perdono generoso, sempre rinnovato, e soprattutto il culto divino attraverso la preghiera e
l’offerta della propria vita» (CCC, 1657). La Santa Famiglia di Nazaret ne è il modello mirabile, alla
cui scuola noi «comprendiamo perché dobbiamo tenere una disciplina spirituale, se vogliamo
seguire la dottrina del Vangelo e diventare discepoli del Cristo» (Paolo VI, Discorso a Nazaret, 5
gennaio 1964). Il Vangelo della famiglia nutre pure quei semi che ancora attendono di maturare, e
deve curare quegli alberi che si sono inariditi e necessitano di non essere trascurati”.
Da una prospettiva del genere nasce allora lo sguardo verso i grandi temi dell’oggi che riguardano
la visione antropologica della famiglia e, primo fra tutti, la questione della differenza sessuale,
come ricorda ancora Papa Francesco: ”E come tutti sappiamo, la differenza sessuale è presente in
tante forme di vita, nella lunga scala dei viventi. Ma solo nell’uomo e nella donna essa porta in sé
l’immagine e la somiglianza di Dio: il testo biblico lo ripete per ben tre volte in due versetti (26-27):
uomo e donna sono immagine e somiglianza di Dio. Questo ci dice che non solo l’uomo preso a sé è
immagine di Dio, non solo la donna presa a sé è immagine di Dio, ma anche l’uomo e la donna,
come coppia, sono immagine di Dio. La differenza tra uomo e donna non è per la contrapposizione,
o la subordinazione, ma per la comunione e la generazione, sempre ad immagine e somiglianza di
Dio.
L’esperienza ce lo insegna: per conoscersi bene e crescere armonicamente l’essere umano ha
bisogno della reciprocità tra uomo e donna. Quando ciò non avviene, se ne vedono le conseguenze.
Siamo fatti per ascoltarci e aiutarci a vicenda. Possiamo dire che senza l’arricchimento reciproco in
questa relazione – nel pensiero e nell’azione, negli affetti e nel lavoro, anche nella fede – i due non
possono nemmeno capire fino in fondo che cosa significa essere uomo e donna”.
Così si può comprendere perché la Chiesa difenda il valore della differenza sessuale come
condizione quasi anche per comprendere meglio chi è Dio, sino ad esprimere un giudizio sulla
questione dei gender da cui tanti equivoci sono nati :”La cultura moderna e contemporanea ha
aperto nuovi spazi, nuove libertà e nuove profondità per l’arricchimento della comprensione di
questa differenza. Ma ha introdotto anche molti dubbi e molto scetticismo. Per esempio, io mi
domando, se la cosiddetta teoria del gender non sia anche espressione di una frustrazione e di una
rassegnazione, che mira a cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con
essa. Sì, rischiamo di fare un passo indietro. La rimozione della differenza, infatti, è il problema,
non la soluzione. Per risolvere i loro problemi di relazione, l’uomo e la donna devono invece parlarsi
di più, ascoltarsi di più, conoscersi di più, volersi bene di più. Devono trattarsi con rispetto e
cooperare con amicizia. Con queste basi umane, sostenute dalla grazia di Dio, è possibile
progettare l’unione matrimoniale e familiare per tutta la vita. Il legame matrimoniale e familiare è
una cosa seria, lo è per tutti, non solo per i credenti. Vorrei esortare gli intellettuali a non disertare
questo tema, come se fosse diventato secondario per l’impegno a favore di una società più libera e
più giusta”. Ed è così radicale il problema che persino l’affievolirsi del senso religioso trova una
causa nel perdere di vista l’originaria unità/differenza tra uomo e donna. Dice Papa Francesco: ”Mi
chiedo se la crisi di fiducia collettiva in Dio, che ci fa tanto male, ci fa ammalare di rassegnazione
all’incredulità e al cinismo, non sia anche connessa alla crisi dell’alleanza tra uomo e donna. In
effetti il racconto biblico, con il grande affresco simbolico sul paradiso terrestre e il peccato
originale, ci dice proprio che la comunione con Dio si riflette nella comunione della coppia umana e
la perdita della fiducia nel Padre celeste genera divisione e conflitto tra uomo e donna”. Perciò è
essenziale coniugare la comprensione per lo smarrimento dell’umanità di oggi con la
responsabilità dell’annuncio di Gesù, per “riscoprire la bellezza del disegno creatore che inscrive
l’immagine di Dio anche nell’alleanza tra l’uomo e la donna. La terra si riempie di armonia e di
fiducia quando l’alleanza tra uomo e donna è vissuta nel bene. E se l’uomo e la donna la cercano
insieme tra loro e con Dio, senza dubbio la trovano. Gesù ci incoraggia esplicitamente alla
testimonianza di questa bellezza che è l’immagine di Dio”.
In questa prospettiva si possono affrontare senza pregiudizi o rigidezze teoriche anche problemi
concreti, come quelli, ad esempio, delle coppie divorziate e del loro rapporto con la comunità
cristiana (che peraltro non esclude nessuno) in rapporto anche alla questione dell’ammissione
all’Eucaristia. Non bisogna correre il rischio, però, di cercare nuove ipotesi dottrinali o inediti
tentativi pastorali che contrappongano matrimonio ed eucaristia al di fuori della logica
sacramentale: si devono certo studiare nuovi percorsi di accoglienza dei divorziati, ma non si
possono cercare scorciatoie. Anche qui una profonda comprensione della misericordia aiuta a non
contrapporre ciò che nel mistero di Cristo è all’origine unito, facendo riscoprire l’esperienza
dell’essere dentro l’abbraccio accogliente del perdono che non giustifica ma evidenzia quale
sconfinata nostalgia abbia Dio di noi. E proprio la natura del matrimonio esalta ciò: “Il sacramento
del matrimonio è un grande atto di fede e di amore: testimonia il coraggio di credere alla bellezza
dell’atto creatore di Dio e di vivere quell’amore che spinge ad andare sempre oltre, oltre sé stessi e
anche oltre la stessa famiglia. La vocazione cristiana ad amare senza riserve e senza misura è
quanto, con la grazia di Cristo, sta alla base anche del libero consenso che costituisce il
matrimonio”.
In conclusione, attingere ai testi delle catechesi del Papa o ai documenti di lavoro del prossimo
Sinodo è un’occasione per non cadere nella “colonizzazione culturale” di una mentalità che rifiuta
di misurarsi con la profondità del mistero dell’Amore che tutto fa e che spiega la comunione
sponsale e la bellezza della famiglia andando all’origine stessa da cui scaturiscono. Pregare perché
lo Spirito illumini i padri sinodali e seguire il dibattito e la ricerca di nuove possibilità pastorali con
onestà intellettuale sono un’occasione per tutti: non si tratta di contrapporre divere visioni
teologiche, ma di non contraddire la verità del matrimonio e della famiglia mentre si cerca di
incarnare la loro efficacia nell’oggi.
GIAMPAOLO COTTINI del direttivo del SIDEF
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