UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI VERONA Corso di laurea magistrale in LINGUE PER LA COMUNICAZIONE TURISTICA E COMMERCIALE TESI DI LAUREA NUOVE TENDENZE NEL SETTORE COSMETICO: LA COSMESI ECOBIO E I SOCIAL MEDIA Da una panoramica del settore cosmetico alle beauty community online Relatore Ch.mo Prof. Fabio CASSIA Laureanda Silvia Rubin VR091913 ANNO ACCADEMICO 2011-2012 Dedicato a chi sa combattere per un ideale. A chi sa vivere con impegno e a chi sa morire col sorriso. Dedicato a coloro che cadono: a chi riesce a rialzarsi e a chi non ce la fa. Dedicato, soprattutto, a chi non ha mai avuto una dedica. Diego Dalla Palma INDICE GENERALE INDICE DELLE FIGURE i INTRODUZIONE I CAP. 1 COSTUME E COSMESI NEL TERZO MILLENNIO 1 1.1 Definizione e breve excursus storico della cosmesi 1.2L’economia della bellezza: da un’economia 1 dell’occhio a 4 un’economia come esperienza del corpo CAP. 2 IL MERCATO DELLA COSMESI 7 2.1 Alcune premesse: lo scenario macroeconomico 7 2.2 I consumi nel settore cosmetico a livello europeo 9 2.3 La crescita del settore cosmetico italiano dentro la crisi 11 2.4 La distribuzione geografica delle imprese del settore cosmetico in 14 Italia 2.5 L’evoluzione dei canali di distribuzione 16 2.6 Verso nuovi modelli di consumo? 19 CAP. 3 IL NUOVO TREND: LA COSMESI ECOBIO 3.1 Verso una definizione precisa: prodotto naturale, biologico o eco- 23 23 compatibile? 3.2 I cosmetici naturali: fitocosmesi ed ecobio 25 3.2.1 Il makeup minerale 28 3.3 Come riconoscere un cosmetico ecobio? 30 3.3.1 INCI: uno strumento per il consumo consapevole 31 3.3.2 Enti di certificazioni ed eco-label 40 3.4 Il canale distributivo privilegiato per il cosmetico ecobio: 49 L’ERBORISTERIA 3.5 L’e-commerce: un nuovo canale distributivo. Alcuni portali ecobio 53 CAP. 4 COSMETICI E TEST SU ANIMALI 57 4.1Direttiva 76/768/CEE, detta “direttiva cosmetici” e successive 58 modifiche CAP. 4.2 Direttiva 2003/15/CE 58 4.3 Regolamento (CE) 1223/2009 59 4.4 Standard Internazionale “Non testato su animali” 61 4.5 L’impegno continuo per rimpiazzare i test sugli animali 63 4.6 Cruelty-free: leggende e verità 64 5 IL GREENWASHING E ALCUNI STRUMENTI PER 67 SMASCHERARLO 5.1 Cos’è il Greenwashing? 67 5.2 GreenBean e i sei modi per cadere nel greenwashing 70 5.3 Come contrastare il greenwashing 73 5.4 Cosa avviene in campo cosmetico? 74 CAP. 6 IL MARKETING NEL SETTORE COSMETICO: IL RUOLO DEI 78 SOCIAL NETWORK 6.1 Alcune definizioni del termine marketing 6.2L’evoluzione del marketing: dalla 78 massificazione alla 79 personalizzazione 6.3 Il marketing relazionale 82 6.4 Il marketing One-to-One (1to1): oltre il marketing relazionale 85 6.5 Il web come strumento di marketing in campo cosmetico 90 6.6 Le guresse del makeup 96 CAP. 7 COSMETICI ECOBIO E SOCIAL MEDIA. LA PAROLA ALLE 101 BEAUTY BLOGGER E V-LOGGER 7.1 Motivazioni della ricerca 101 7.2 Metodo di ricerca e scelta dei soggetti da intervistare 102 7.3 Le domande del questionario alla base delle interviste 106 7.4 Analisi dei risultati 107 7.5 Considerazioni finali 114 CONCLUSIONI 115 BIBLIOGRAFIA 117 SITOGRAFIA 122 RINGRAZIAMENTI 125 INDICE DELLE FIGURE Figura 1: Consumi Europei di prodotti cosmetici 10 Figura 2: Evoluzione mercato cosmetico italiano 12 Figura 3: Evoluzione Industria Cosmetica 12 Figura 4: Distribuzione geografica delle imprese 15 Figura 5: Evoluzione del mercato - i canali 16 Figura 6: Pittogramma raffigurante il PAO 32 Figura 7: Legenda dei “semafori” per interpretare i risultati 34 Figura 8: COSMOS e Natrue, differenze e analogie 47 Figura 9: Come evitare di cadere in errore 72 Figura 10: Rappresentazione schematica del marketing tra domanda e offerta 79 Figura 11: Differenze tra Mass Marketing e Relationship Marketing 83 Figura 12: Schema riassuntivo: dal marketing di massa al marketing relazionale 85 Figura 13: Il rapporto tra relationship marketing e marketing 1to1 87 Figura 14: I diversi utilizzi della Rete da parte dell’azienda 89 Figura 15 : l’intricato insieme dei Social Media 91 Figura 16: I social media in cui sono presenti le aziende cosmetiche italiane 94 i INTRODUZIONE Il mio interesse per il mercato cosmetico e per le varie forme ed espressioni della bellezza, nasce da un’intensa passione per i cosmetici in generale e per il makeup in particolare che ormai coltivo da diverso tempo. Alcuni anni fa ho cominciato invece ad interessarmi in modo più approfondito alla composizione dei prodotti che si possono trovare nei diversi canali distributivi e a paragonarli tra loro. Ho iniziato così a chiedermi quale fosse il reale impatto di un determinato prodotto sulla mia pelle e se il suo costo fosse veramente giustificato da particolari caratteristiche e proprietà benefiche o fosse semplicemente frutto di abili strategie di marketing. Conseguentemente allo sviluppo di una forte allergia ad alcune sostanze presenti nella maggior parte dei prodotti cosmetici tradizionali e ad una crescente coscienza etica e ambientale, ho concentrato la mia ricerca verso i cosmetici di origine naturale, creati a partire da ingredienti derivanti da colture biologiche certificate e con il minor impatto ambientale possibile. È iniziata così una ricerca, che prosegue tuttora, sulla cosmetica ecobio. Ho subito notato la mancanza di una letteratura competente su tale argomento e la presenza di una generale confusione soprattutto nel web. Il presente lavoro ha l’obiettivo di fare chiarezza su tale ambito, attraverso una ricerca basata su basi solide, in grado anche di divenire uno strumento per tutti quei consumatori che vogliono avvicinarsi ai prodotti ecobio. A tale scopo è stata effettuata un’intensa attività di ricerca di dati e informazioni anche attraverso interviste ad un campione di beauty blogger v-logger. Al fine di rendere logica e organica l’analisi svolta, il lavoro si divide in sette capitoli, ognuno dei quali esplora un tema ben preciso. Dopo una breve introduzione (capitolo 1) alla definizione della cosmesi dal punto di vista linguistico e giuridico, si ripercorre la sua evoluzione storica, dalla sua nascita in epoca preistorica fino ai giorni nostri, notando come ogni epoca abbia dei particolari canoni di bellezza e come, nel corso dei secoli, si sia considerata la bellezza come una concreta possibilità di business. I Il secondo capitolo intende fornire una panoramica sull’andamento del mercato cosmetico, soprattutto italiano, durante questa congiuntura macroeconomica sfavorevole. Si porrà soprattutto l’accento sui mutamenti nei canali distributivi e sull’evoluzione della figura del consumatore. Il terzo capitolo rappresenta il core di questo elaborato in cui viene riportata un’analisi approfondita di un trend che non accenna a fermasi: la ricerca del benessere inteso in senso più olistico e più rispettoso dell’ambiente. Quella che inizialmente appariva come una moda destinata ad esaurirsi nel giro di poche stagioni è diventata uno dei trend trainanti dei consumi. Di conseguenza, l’acquisto e l’utilizzo di quei prodotti che un tempo erano considerati come destinati a nicchie di consumatori con abitudini “particolari”, “esotiche”e, per certi versi, “snobistiche” sono ormai definitivamente sdoganati e più che di moda passeggera oggi è possibile parlare di un vero e proprio stile di vita. Negli ultimi anni si è assistito, infatti, ad un cambiamento culturale che ha portato progressivamente il consumatore ad una maggiore attenzione verso la cura del proprio benessere psico-fisico. La trattazione è orientata verso una spiegazione chiara su cosa significhi veramente “cosmetico ecobio”, come riconoscere tali prodotti rispetto a quelli della cosmesi tradizionale e tramite quali canali sono solitamente distribuiti. Il capitolo quarto invece cerca di affrontare il complesso tema della vivisezione nel settore cosmetico ripercorrendo le varie tappe legislative a livello europeo e nazionale dagli anni ’70 ad oggi. Il quinto capitolo ha come obiettivo quello di spiegare al lettore come non tutto quello che viene proposto come green lo sia veramente. Il fenomeno del greenwashing (lavaggio verde) è purtroppo diventato una realtà che negli ultimi anni colpisce sempre più settori, compreso anche quello dei cosmetici. Nel capitolo verrà fornita la spiegazione del termine e dei principali indizi per riconoscere quelle aziende le cui azioni in favore della sostenibilità sono puramente di facciata. Inoltre si riportano alcune iniziative online volte ad arginare il fenomeno greenwashing con l’obiettivo di guidare il consumatore verso un acquisto realmente consapevole. Nel capitolo sesto verrà brevemente ripercorsa l’evoluzione del marketing (dalla massificazione alla personalizzazione) al fine di comprendere come i nuovi mezzi di comunicazione abbiano portato ad un radicale cambiamento nel rapporto tra azienda II e consumatore finale. In particolare, verrà posto l’accento sull’influenza che i social media esercitano sul comportamento d’acquisto dei consumatori nel settore cosmetico e verrà poi introdotta una nuova figura di opinion maker in campo cosmetico: le “guresse del makeup”. Nel settimo capitolo si è voluto, infine, approfondire questo nuovo ed interessante binomio “social media/cosmetici ecobio”. A tal proposito è stata condotta una serie di interviste ad un campione di ventuno beauty blogger e v-logger che si dedicano in modo particolare ai cosmetici ecobio. A partire dalle loro risposte si è inteso fornire alcune chiavi di lettura di questa nuova tendenza. I cosmetici rivestono un ruolo importante nella vita quotidiana e rappresentano una categoria di prodotti di largo consumo e di ampia diffusione. Ho avvertito per questo motivo la necessità di affrontare la tematica ecobio cercando di fare chiarezza al fine di comprendere meglio questa nicchia di mercato che, anche per esperienza personale, non gode della giusta visibilità. III CAP. 1 COSTUME E COSMESI NEL TERZO MILLENNIO In questo capitolo, dopo una breve definizione della cosmetica dal punto di vista linguistico e giuridico, verrà ripercorsa la sua storia, dalla nascita in epoca preistorica fino ai giorni nostri, illustrando congiuntamente l’evoluzione dei canoni di bellezza. 1.1 Definizione e breve excursus storico della cosmesi Nell’immaginario comune quando si pensa ai cosmetici, i primi prodotti che vengono in mente sono sicuramente: creme idratanti e antirughe e makeup; solo pochi sanno infatti che con tale termine si designa una vasta gamma di prodotti, da quelli per la cura di viso e corpo fino ai detersivi e ai prodotti per l’igiene orale. Nel dizionario della lingua italiana alla voce “cosmetica”, si legge “arte di curare il volto e la persona in genere mediante l'impiego di cosmetici”1; la voce “cosmetici”, invece, viene così descritta “prodotti che servono a conservare la morbidezza e la freschezza della pelle e a sottolineare la bellezza della persona”.2 Queste sono le definizioni diffuse presso l’opinione pubblica, alle quali si affianca la definizione contenuta nell’articolo II del decreto legislativo del 24 aprile 1997, n.126, conosciuta quasi esclusivamente dagli operatori del settore.3 L’articolo II del decreto legislativo del 24 aprile 1997, n.1264, definisce i prodotti cosmetici come segue: “ai fini della presente legge si intendono per prodotti cosmetici le sostanze e le preparazioni, diverse dai medicinali, destinate ad essere applicate sulle superfici esterne del corpo umano (epidermide, sistema pilifero e capelli, unghie, labbra, organi genitali esterni) oppure sui denti e sulle mucose della bocca allo scopo, esclusivo o prevalente, di pulirli, profumarli, modificarne l’aspetto, correggere gli odori corporei, proteggerli o mantenerli in buono stato”. 1 “Dizionario Italiano”, Garzanti Linguistica, maggio 2009, s.v cosmetica. “Dizionario Italiano”, Garzanti Linguistica, maggio 2009, s.v cosmetici. 3 BOVERO A., ASCIOTI M.T. “ Comunicare la bellezza e il benessere”, Tecniche Nuove, Milano, 2009, pag 13-14. 4 Attuazione della direttiva 93/35/CEE recante la sesta modifica alla direttiva 76/768/CEE concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai prodotti cosmetici. 2 1 Il termine “cosmetico” deriva dall’aggettivo greco țȠıȝİIJȚțȩȢ (kosmetikós) e dal verbo greco țȠıȝȑȦ (kosméo) il cui significato è “che ha il potere di sistemare” o “abile nel decorare”.5 La storia dei cosmetici segue le vicende evolutive dell’essere umano, al punto che già 30.000 anni fa l’uomo primitivo era solito utilizzare i colori (oltre che per pitturare le caverne) per decorare il proprio corpo come una sorta di protezione, allo scopo sia di mimetizzarsi sia di incutere timore nel nemico, animale o uomo che fosse.6 Le ricerche degli archeologi hanno portato alla luce formule di bellezza molto antiche, a testimonianza che già nell’antichità l’uomo dedicava parte del suo tempo alla cura estetica. Le prime spatole usate per ottenere polveri colorate, infatti, sono state fatte risalire a circa diecimila anni fa. Altre ricerche hanno ricondotto al 5000 a.C. circa, un’importante quantità di accessori per il trucco come ad esempio piccole giare e vasetti contenenti prodotti di bellezza. Nella civiltà egiziana, la bellezza era considerata al pari di un culto; erano infatti i sacerdoti a preparare i profumi e i cosmetici il cui uso era declinato su tre diversi piani: l'ambiente religioso, quello sociale e quello della mummificazione.7 Fin dall’infanzia agli uomini egizi veniva insegnato come guardarsi allo specchio; i cosmetici facevano a tal punto parte della vita quotidiana da risultare indispensabili sia alle classi altolocate che a quelle meno abbienti: persino gli operai e gli artigiani ricevevano sempre, assieme alla loro razione di alimenti dei prodotti cosmetici.8 Anche nel mondo ellenistico la bellezza era una condizione necessaria richiesta per nobili ed intellettuali tanto che lo stesso Ippocrate raccomandava digiuno, esercizio fisico e bagni frequenti.9 Tutti i valori estetici, da quelli dell’arte a quelli dell’abbellimento della persona, raggiungevano livelli altissimi, come se la bellezza e l’armonia fossero esigenze indispensabili per l’uomo.10 5 PENAZZI G., “La pelle e i cosmetici naturali”, Tecniche Nuove, collana Natura e salute, Milano, 2003, pag.73. 6 http://www.bec-natura.com/approfondimenti/storia-prodotto-cosmetico.html 7 ROVESTI P., “Alla ricerca dei cosmetici perduti. Con un saggio di Giampiero Bonetti”, Blow-up di Marsilio Editori, Venezia, 1975, pag. 30. 8 Ibidem, pag 39. 9 CAMASSI L., “Moda e cosmesi, un binomio vincente. Il rapporto con il mondo moda e le prossime tendenze di marketing”, Franco Angeli s.r.l., Milano, 2006, pag 17. 10 ROVESTI P., “Alla ricerca dei cosmetici perduti. Con un saggio di Giampiero Bonetti”, Blow-up di Marsilio Editori, Venezia, 1975, pag. 104. 2 Con l’affermarsi del Cristianesimo, i predicatori demonizzarono bagni e belletti facendoli coincidere con un doppio peccato: lussuria e orgoglio, poiché civetteria e seduzione portano alla dissolutezza. I cosmetici vennero considerati deleteri per il corpo e causa di ulcerazioni e necrosi (tesi medica ereditata da Galieno).11 È così che, come in altre epoche buie e represse, durante il Medioevo, i cosmetici furono messi al bando dai Santi Padri della Chiesa. Tutto ciò che era naturale era ritenuto dono di Dio, mentre l'artificioso era considerato opera del demonio.12 Durante il Rinascimento venne nuovamente esaltata la bellezza femminile poiché era tramite la bellezza del mondo e delle creature, che Dio si manifestava all’umanità. La Rinascenza rimise in valore i trattamenti estetici come mezzi per onorare ed esaltare maggiormente l’opera divina; non più artificio quindi, ma vera e propria arte.13 La sfrenata passione per i cosmetici fu propria dell’epoca rinascimentale, la quale scandì mode e puntualizzò ricette e ricerche che spinsero all’utilizzo di belletti. Tipica di questo periodo è la moda veneziana di imbiondire i capelli con tinture varie in modo da ottenere la sfumatura fulva battezzata “biondo veneziano”.14 In aggiunta, fanno la loro comparsa i finti nei sul viso, destinati a nascondere lentiggini e sfoghi cutanei. Durante il Settecento nei consumatori cresce l’esigenza di utilizzare prodotti cosmetici sempre più sicuri e ottenuti con processi produttivi sempre più scientifici. Questa necessità si traduce in controlli più severi sui prodotti finiti, oltre che in una maggiore professionalità nei processi di distribuzione. Com’è noto, il Romanticismo rappresenta il dolore individuale e cosmico, la nostalgia di cose e persone lontane nel tempo e nello spazio; di conseguenza, in quel periodo i canoni estetici, “vagheggiano di un corpo flessuoso e sottile come un fuso, di una donna pallida ed emaciata”.15 Questa bellezza sofferente era esaltata dalla pelle diafana che era ottenuta grazie all’utilizzo di ciprie e creme schiarenti. Nella seconda metà dell’ǥ800, lo sviluppo della tecnica e della scienza, congiuntamente ai cambiamenti negli stili di vita introdotti dalla Rivoluzione 11 PAQUET D., “Storia della bellezza. Canoni, rituali, belletti”, Einaudi-Gallimard srl, Torino, 1997, pag 31. 12 BOVERO A., ASCIOTI M.T. “ Comunicare la bellezza e il benessere”, Tecniche Nuove, Milano, 2009, pag 40. 13 Id. pag 164. 14 PAQUET D., “Storia della bellezza. Canoni, rituali, belletti”, Einaudi-Gallimard srl, Torino, 1997, pag 48. 15 CAMASSI L., “Moda e cosmesi, un binomio vincente. Il rapporto con il mondo moda e le prossime tendenze di marketing”, Franco Angeli s.r.l., Milano, 2006, pag 19. 3 industriale, porta a un incremento nell’uso dei cosmetici. I cosmetici, fino a quel momento confezionati in casa, diventarono prodotti specifici e mirati, testati e sicuri, e vengono introdotti sul grande mercato rendendoli prodotti di largo consumo. Grazie alla produzione industriale, alla ricerca scientifica e alla chimica organica viene stimolato lo sviluppo dell’industria cosmetica.16 Nel 1900 la bellezza diventa contemporaneamente diritto e dovere, personale e sociale, di ogni cittadino e arriva ad assumere un'impostazione individuale e personalizzata. La vendita di prodotti per il corpo subisce un'ulteriore impennata grazie all’affermazione dei grandi imperi cosmetici francesi e americani e grazie all'avvento della televisione, elemento centrale nello sviluppo di un nuovo modello di bellezza.17 Negli ultimi decenni il trucco non si accontenta più di correggere le imperfezioni, ma diventa una vera e propria arte. Essere belli equivale a tuffarsi nel mercato dei volti e dei corpi, che vengono esibiti per segnalare la classe sociale o il proprio “clan” di appartenenza: yuppies, new wave, rocker, punk, techno, grunge, emo, ecc..18 1.2 L’economia della bellezza: da un’economia dell’occhio a un’economia come esperienza del corpo Nel complesso, il ragionamento esposto nel precedente paragrafo porta a concludere che, nel tempo, è cambiata la visione della bellezza e si è sviluppato attorno ad essa un mondo in forte evoluzione che porta con il tempo a vedere il termine “bellezza” come una concreta possibilità di business. Ogni periodo storico ha avuto il suo canone di bellezza femminile e si tratta di vere e proprie metamorfosi nella forma della femminilità, ritenuta ideale. Se la cultura clericale del Medioevo vede nel corpo femminile “il luogo del peccato”, il Rinascimento attribuisce invece un nuovo valore alla bellezza femminile: essa è concepita come “segno” della bontà interiore. Ne consegue quindi l’obbligo di essere belli, in quanto la bruttezza diventa segno di 16 Id, pag 13-14. BOVERO A., ASCIOTI M.T. “ Comunicare la bellezza e il benessere”, Tecniche Nuove, Milano, 2009, pag. 54 18 PAQUET D., “Storia della bellezza. Canoni, rituali, belletti”, Einaudi-Gallimard srl, Torino, 1997, pag 89. 17 4 inferiorità e di depravazione morale.19 I cosmetici hanno così contribuito a nascondere i difetti, a rendere la pelle più bianca, liscia e luminosa, ad accentuare lo sguardo e le labbra. Anche per quanto riguarda i modelli di bellezza femminile a cui le donne aspirano, ogni epoca richiama caratteristiche diverse: dalle adiposità delle Veneri dell’età paleolitica, alle spalle strette e i ventri prominenti delle Eve di Cranach, fino alla lussureggiante maestà delle ninfe di Poussin, dalle estremità minuscole e i seni generosi delle bagnanti di Fragonard, ai vitini di vespa e i fianchi fecondi delle Grazie di Vittore Carpaccio, fino alle gambe fusiformi delle Pin-up di Aslan.20 Con l’evoluzione del concetto di bellezza, cambia anche l’economia della bellezza; più nello specifico, guardando ai tempi recenti, è entrato definitivamente in crisi il modello che ha caratterizzato la storia del consumo degli ultimi trent’anni; un modello fondato sull’occhio e sulla moda, sull’immagine e sulla pura sensibilità visiva. In questo modello impera lo status personale, attraverso la troppo abusata formula della personalizzazione. Questa economia viene definita “economia dell’occhio e della vista”21 in quanto le priorità di consumo partono con le proposte della moda, dell’abbigliamento e dei suoi accessori, con un ruolo centrale della griffe, della firma. Viene esasperato il modello visivo, la potenza dell’occhio trascurando altre priorità e portando all’esternalizzazione visiva del consumo che ha trovato la sua punta più elevata nell’idea del mondo virtuale come proiezione della propria immagine. Il percorso di questa economia continua attraverso il mondo della tecnologia e del virtuale, dai videogiochi agli avatar che con l’occhio sperimentavano e sperimentano la possibilità di un paesaggio virtuale totale, che sostituisce i riferimenti materiali, tangibili, senza alcuna interferenza esterna. Nell’ economia dell’occhio solo alla fine si approdava al corpo, alla sua cura, come punta estrema della finzione che ognuno era impegnato a mettere in scena. Nel terzo millennio, abbiamo assunto un modello nuovo, che in un certo senso però, richiama l’antico. Ciò presuppone un sistema diverso di assorbimento della realtà, capovolgendo le priorità precedenti per focalizzarsi nuovamente sulle priorità 19 CALANCA D., “Storia sociale della moda, Bruno Mondadori”, Milano, 2002, pag 56. CAMASSI L., “Moda e cosmesi, un binomio vincente. Il rapporto con il mondo moda e le prossime tendenze di marketing”, Franco Angeli s.r.l., Milano, 2006, pag 13. 21 Ibid. 20 5 corporee, di cura e di alimentazione, sulle competenze cinestetiche, tattili e gustative. Un mondo in cui il paesaggio dei prodotti e degli oggetti viene assunto direttamente dalle persone, sulla propria pelle. In questa nuova “economia come esperienza del corpo”22, l’immagine e la sua virtualità vengono neutralizzate dall’esperienza tangibile, in cui il toccare con mano diventa il segno dell’autenticità, di un reale che rischia di fuggire all’esperienza emotiva più diretta e gratificante. In questo capovolgimento di prospettiva l’esperienza del corpo e della nostra bellezza diventa di nuovo il centro dell’attenzione, la principale preoccupazione ed occupazione. Questo cambiamento si estende non solo direttamente all’esperienza di cura del corpo, ma anche all’abbigliamento e ad accessori che prendono le distanze dalle loro caratteristiche tattili e materiali per sollecitare emozioni, evocando un coinvolgimento emotivo e sensoriale totale. 22 Id. pag 14. 6 CAP. 2 IL MERCATO DELLA COSMESI Nel seguente capitolo verrà fornita una panoramica del settore cosmetico. Dapprima si presenterà brevemente lo scenario macroeconomico e le conseguenze che la crisi internazionale ha avuto e ha tuttora in Italia. Successivamente si analizzerà in particolare il settore cosmetico a partire dai consumi a livello europeo per poi soffermarsi sull’andamento del comparto in Italia, ponendo l’accento sui cambiamenti avvenuti nei canali distributivi e sull’evoluzione della figura del consumatore. 2.1 Alcune premesse: lo scenario macroeconomico La crisi internazionale iniziata già nel 2009 e che si pensava potesse assestarsi nel 2011, presenta ancora oggi dei picchi notevoli soprattutto in Europa, dove si registra una notevole diminuzione della ricchezza, conseguente all’incapacità di adottare politiche di ripresa adeguate.23 Questa diminuzione della ricchezza ha portato ad un inevitabile calo dei consumi e ad un aumento della disoccupazione. Inoltre l’aumento dei prezzi del petrolio e delle materie prime sta incrementando i riflessi della crisi a livello mondiale.24 La crisi europea, la debole ripresa ciclica statunitense e le incertezze che ancora caratterizzano i mercati finanziari internazionali, stanno vincolando la crescita degli scambi commerciali. Il rallentamento delle economie emergenti, alle prese con squilibri interni, una domanda estera (soprattutto europea) molto debole, condizionano il quadro economico internazionale che ha registrato un nuovo indebolimento negli ultimi mesi del 2012, sia nei Paesi avanzati che nei mercati emergenti.25 In Europa, la ridotta affidabilità dei debiti sovrani dei Paesi del Sud 23 Unipro, “Rapporto Unipro: Congiuntura, trend e investimenti nel settore cosmetico”, luglio 2012, pag. 1 http://www.unipro.org/home/it/documenti/centro_studi/Congiunturale_Luglio_2012/Rossello__low_res.pdf . 24 Dott.ssa Nunzia Maria Tinelli, Il mercato cosmetico, http://www.marketing-farmaceutico.it/ 25 Unipro, “Rapporto Unipro: Congiuntura, trend e investimenti nel settore cosmetico”, dicembre 2012, pag. 2. http://www.unipro.org/home/it/documenti/centro_studi/Congiunturale_2012_dicembre/1._retro_static a.pdf 7 fatica a sostenere la progressiva riduzione dello spread italiano e spagnolo per cui l’economia europea non ha potuto evitare la recessione nel corso del 2012, con le cadute del PIL per i Paesi più in difficoltà nella gestione dei bilanci pubblici, in contrapposizione alla ripresa dell’economia tedesca.26 Una moderata ripresa degli scambi commerciali globali potrebbe prendere avvio nello scorcio finale del 2013. Solo nel 2014, tuttavia dovrebbero ristabilirsi condizioni normalizzate sui mercati internazionali, con gli stati emergenti a fare da traino alla crescita economica mondiale.27 La crisi a livello mondiale ha avuto e sta avendo tuttora, delle ripercussioni sull’economia e sui consumi anche in Italia, in particolare: • Le tensioni che stanno maturando in vista del ciclo elettorale (con elezioni in Germania e in Italia nel 2013) portano a prevedere che lo spread tra BTP e BUND non si stabilizzerà sui livelli di minimo relativo raggiunti di recente, ma tornerà a crescere sino a quando le incertezze sull’esito elettorale non si saranno diradate.28 • La diminuita ricchezza degli italiani incide sulla generale propensione all’acquisto, con uno stallo dei consumi procapite che nel 2012 hanno registrato la flessione più grave dal secondo dopoguerra (-3,6%).29 • Nel terzo trimestre del 2012 il prodotto interno lordo è diminuito dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e del 2,4% nei confronti del terzo trimestre del 2011. Questo è quanto comunicato dall'Istat che ha rilevato inoltre come si tratti del quinto trimestre consecutivo di calo.30 26 Unipro, “Rapporto Unipro: Congiuntura, trend e investimenti nel settore cosmetico”, luglio 2012, pag.1 http://www.unipro.org/home/it/documenti/centro_studi/Congiunturale_Luglio_2012/Rossello__low_res.pdf . 27 Unipro, “Rapporto Unipro: Congiuntura, trend e investimenti nel settore cosmetico”, dicembre 2012, pag. 2. http://www.unipro.org/home/it/documenti/centro_studi/Congiunturale_2012_dicembre/1._retro_static a.pdf 28 Ibid. 29 Redazione Il Fatto Quotidiano, “Crisi, Confindustria: “Calo consumi più grave del dopoguerra”. Pil -2,4%”, Il Fatto Quotidiano, 13 settembre 2012, http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/09/13/crisiconfindustria-calo-consumi-piu-grave-del-dopoguerra/350977/ 30 Redazione La Repubblica, “Italia in profonda recessione, Pil giù del 2,4%”, La Repubblica, 15 novembre 2012, http://www.repubblica.it/economia/2012/11/15/news/pil_europa_crisi-46690754/ 8 • Dai dati Istat emerge, inoltre, il costante calo di soddisfazione degli italiani per quanto riguarda la qualità della vita in generale e soprattutto per la propria situazione economica nel 2012: il 40,5% delle famiglie giudica la propria situazione economica invariata rispetto all'anno precedente, ma cresce dal 43,7% al 55,8% la quota di famiglie che ne dichiara un peggioramento.31 • L’inflazione annua nel mese di Novembre 2012 si attesta intorno al 2,5% contro il 2,6% di Ottobre 2012.32 • Sul fronte occupazionale, le aspettative sono state riviste al ribasso di 0,2 e 0,3 punti percentuali con tassi di disoccupazione che sfiorano i 9 punti percentuali.33 2.2 I consumi nel settore cosmetico a livello europeo Nonostante la profonda crisi economica e finanziaria che ha colpito l’Europa negli ultimi anni e che non sembra dare cenni di frenata, il comparto cosmetico a livello europeo sembra risentirne solo marginalmente. Infatti, tra i beni di consumo, i cosmetici sono la categoria di prodotti che hanno registrato i risultati migliori. Cosmetics Europe - The Personal Care Association34, l’associazione europea di rappresentanza dell’industria cosmetica, ha divulgato la propria analisi sui consumi europei di cosmetici riferiti all’anno 2011. I dati dello studio (espressi in milioni di Euro sulla base dei prezzi al pubblico) confermano la Germania come leader dei consumi di cosmetici, con un valore di 12.673 milioni di Euro, seguita dalla Francia con 10.211 milioni di Euro. Terzo posto invece per l’Italia con 9.809 milioni di Euro, che supera il Regno Unito, fermo a 9.628 milioni di Euro e Spagna, con 7.037 milioni di Euro. Fanalino di coda della ricerca sono le Repubbliche Baltiche occupate 31 Ibid http://www.rivaluta.it/inflazione/ultimo-dato-inflazione-italia.htm 33 Dott.ssa Nunzia Maria Tinelli, Il mercato cosmetico, http://www.marketing-farmaceutico.it/ 34 Cosmetics Europe - The Personal Care Association, conosciuta con il nome di Colipa fino alla fine del 2011, è la voce dell’industria cosmetica europea, fin dalla sua creazione nel 1962. L’associazione rappresenta le imprese cosmetiche a livello europeo; il suo compito è di fornire alle imprese del settore informazioni sui regolamenti, sulla sicurezza e sulle guideline emanate a livello europeo. https://cosmeticseurope.eu 32 9 dell’ex Unione Sovietica, Lituania (144 milioni di Euro), Lettonia (88 milioni di Euro) ed Estonia (85 milioni di Euro).35 CONSUMI EUROPEI DI PRODOTTI COSMETICI Valori espressi in milioni di Euro – prezzi al pubblico Germ ania Francia It alia Regno Unito Spagna Paesi Bassi Polonia Belgio/Lussem burgo Svezia Svizzera Port ogallo Aust ria Norvegia Danim arca Grecia Finlandia Rom ania Repubblica Ceca Ungheria Irlanda Slovacchia Bulgaria Slovenia Lit uania Let tonia Est onia 0 2000 4000 6000 8000 10000 12000 14000 Figura 1: Consumi Europei di prodotti cosmetici Fonte: Unipro, “Rapporto annuale 2011 Unipro” http://www.unipro.org I valori comunicati da Cosmetics Europe - The Personal Care Association e riportati nel precedente grafico, confermano che i primi cinque Paesi, coprono da soli poco meno del 70% del mercato europeo. Nel complesso l’Europa, con quasi 42 miliardi di euro si conferma al primo posto nei consumi mondiali, seguita dagli Stati Uniti, con oltre 27 miliardi di euro, e dal Giappone, prossimo ai 15 miliardi di euro.36 35 Unipro, “Rapporto annuale 2011 Unipro”, http://www.unipro.org/home/it/documenti/centro_studi/RAPPORTO_ANNUALE/Rapporto_annuale_ 2011_-_WEB_-_DEF.pdf 36 Ibid. 10 2.3 La crescita del settore cosmetico italiano dentro la crisi Nell’economia nazionale, il settore cosmetico (composto sia dai produttori che dai distributori italiani di prodotti cosmetici), riveste un ruolo decisamente importante. La fotografia del comparto cosmetico italiano mostra una situazione positiva e in crescita, nonostante subisca i condizionamenti del calo della propensione all’acquisto (Fig. 2). Le previsioni per la fine del 2012 sono prudenti. Tali proiezioni consentono ancora margini di tenuta dei valori di produzione delle imprese cosmetiche italiane, grazie (oltre che ai mercati internazionali) all’incremento del giro d’affari registrati in alcuni canali distributivi (erboristeria in primis) che alleggeriscono le tensioni sui fatturati delle imprese (Fig. 3); d’altro canto preoccupano le contrazioni di consumo nel canale profumeria e nei saloni di acconciatura .37 Per fare il punto sullo “stato di salute” delle imprese del comparto cosmetico italiano, sono utili le analisi che Unipro38 compie periodicamente attraverso delle indagini presso le aziende associate, italiane e multinazionali operanti in Italia.39 37 Unipro, “Rapporto Unipro: Congiuntura, trend e investimenti nel settore cosmetico”, luglio 2012, pag.1 http://www.unipro.org/home/it/documenti/centro_studi/Congiunturale_Luglio_2012/Rossello__low_res.pdf . 38 Unipro: Associazione Italiana delle Imprese Cosmetiche è l’organismo di rappresentanza del sistema industriale italiano della cosmesi; nasce il 6 novembre 1967 dall'iniziativa di venti industriali ed operatori del settore e si afferma rapidamente quale punto di riferimento per tutto il mercato, fino a contare, oggi, oltre 500 imprese associate che rappresentano oltre il 90% del fatturato del settore. Da oltre quarant’anni Unipro affianca le aziende che operano in Italia e ne stimola la crescita e lo sviluppo attraverso una qualificata assistenza in materia tecnica, normativa, fiscale, economica e promozionale. Promuove e favorisce all’estero e in Italia iniziative tese allo sviluppo dell’industria sul piano tecnico-normativo e commerciale. http://www.unipro.org/home/it/ 39 CAMASSI L., “Moda e cosmesi, un binomio vincente. Il rapporto con il mondo moda e le prossime tendenze di marketing”, Franco Angeli s.r.l., Milano, 2006, pag 45. 11 Figura 2: Evoluzione mercato cosmetico italiano Fonte: Unipro http://www.unipro.org Figura 3: Evoluzione Industria Cosmetica Fonte: Unipro http://www.unipro.org La crescita di oltre quattro punti percentuali registrata tra il 2010 e il 2011, difficilmente potrà essere eguagliata alla fine del 2012 anche se si prevede che la 12 nota anticiclicità del mercato cosmetico italiano può in parte compensare la contrazione dei consumi. Il rapporto annuale di Unipro riferito al contesto socio-economico del 201140, denota un trend in crescita per il mercato cosmetico in Italia nonostante che sui fatturati delle aziende pesino i rallentamenti dei mercati esteri oltre che l’aumento del petrolio e delle materie prime. Come si osserva dalla Fig. 3, i dati del 2011 del settore cosmetico indicano una crescita dei fatturati del 4,4% registrando un fatturato pari a circa 9 miliardi di euro, denotando quindi un “attraversamento dinamico” della crisi.41 Il comparto cosmetico ha quindi dimostrato di saper attraversare l’attuale crisi mondiale in maniera attiva, grazie all’intreccio virtuoso che esiste tra a-ciclicità ed anti-ciclicità del settore.42 Tuttavia l’anti-ciclicità del settore cosmetico italiano si è indebolita nell’ultimo trimestre del 2012 pur confermandosi meno elastica alla crisi rispetto ad altri settori contigui.43 Gian Andrea Positano, Responsabile del Centro Studi di Unipro rivela in un recente comunicato stampa che “le proiezioni per il 2013 sono orientate a un’ulteriore, anche se marginale, contrazione dei consumi, che dovrebbero ripartire a cavallo della seconda metà dell’esercizio”.44 40 Unipro, “Rapporto Unipro: Congiuntura, trend e investimenti nel settore cosmetico”, luglio 2012, pag.7 http://www.unipro.org/home/it/documenti/centro_studi/Congiunturale_Luglio_2012/Rossello__low_res.pdf 41 Dati Unipro. Comunicato stampa: “44ª Assemblea Unipro. Presentato il Rapporto Annuale 2011: l’attraversamento della crisi porta i fatturati del settore alla soglia dei 9 miliardi di euro (+4,4%)”, Milano, 19 giugno 2012. http://www.unipro.org 42 “Il settore cosmetico ha saputo mantenere un andamento positivo grazie a due motori paralleli e complementari. Il primo motore è costituito dal comportamento a-ciclico del settore che si manifesta nel consolidamento dell’occupazione e nell’aumento degli investimenti rispetto agli anni precedenti; il secondo motore si identifica invece con un comportamento anti-ciclico e che riguarda il recente mutamento delle strategie aziendali che sono passate da quelle di attesa/adattamento a quelle di movimento”. Commento del sociologo dott. Nadio Delai, presidente di Ermeneia, società di consulenza e ricerca sociale diretta di Roma, in occasione della presentazione del Beauty Report 2012. http://www.allure.it/index.php?method=section&action=zoom&id=197 43 Unipro, “Rapporto Unipro: Congiuntura, trend e investimenti nel settore cosmetico”, dicembre 2012, pag. 3. http://www.unipro.org/home/it/documenti/centro_studi/Congiunturale_2012_dicembre/1._retro_static a.pdf 44 Dati Unipro. Comunicato stampa: “Unipro: rallentano i consumi, ma gli italiani non rinunciano al cosmetico”, Milano, 20 dicembre 2012. http://www.unipro.org 13 Il Beauty Report 2012,45 che analizza annualmente i tratti caratteristici del settore cosmetico italiano, ha evidenziato: un incremento della produzione del settore cosmetico che mantiene così un andamento migliore rispetto a quello dell’insieme dei beni di consumo non durevoli nel 2011 ( l’incremento registrato è stato del +4,4% contro un -3,4% dei beni non durevoli); un incremento parallelo dell’export della cosmetica rispetto all’insieme dell’export nazionale (al netto dell’energia); una capacità di recuperare l’andamento del saldo commerciale attivo da parte dell’industria cosmetica italiana che, dal -13,7% del 2009 sale al +28,2% nel 2010 e al +22,3% nel 2011.46 2.4 La distribuzione geografica delle imprese del settore cosmetico in Italia Dopo aver osservato, nel paragrafo precedente, l’andamento positivo registrato negli ultimi anni dal settore cosmetico, è importante puntualizzare la distribuzione delle imprese cosmetiche lungo il territorio nazionale al fine di poter ottenere un quadro completo dell’importanza del settore in esame per l’economia e l’occupazione italiana. La Fig. 4, tratta dal “Rapporto Annuale 2011 Unipro”, fornisce in modo chiaro i dati riguardanti questa distribuzione. 45 Il Beauty Report è la pubblicazione ideata da Unipro e redatta da Ermeneia, per comunicare agli interlocutori istituzionali le tendenze, i risultati e le specificità del settore cosmetico nei suoi aspetti economici e imprenditoriali. http://www.unipro.org 46 Dati Unipro: “Beauty Report 2012. Terzo Rapporto sul valore dell’industria cosmetica in Italia. Sintesi dei risultati.” http://www.unipro.org/home/it/documenti/centro_studi/Beauty_Report_2012/Sintesi__Beauty_Report_2012.pdf 14 Figura 4: Distribuzione geografica delle imprese Fonte: Unipro “Rapporto Annuale 2011 Unipro” http://www.unipro.org Come si può facilmente evincere dalla precedente tabella, la distribuzione geografica sul territorio nazionale risulta tutt’altro che omogenea e il Centro-Nord d’Italia mostra maggiore concentrazione d’imprese del settore rispetto al resto d’Italia. In testa la Lombardia con una densità di imprese cosmetiche prossima al 53%, seguono l’Emilia Romagna con il 9,9%, il Piemonte 7,6%, e il Veneto 6,6%. Praticamente assenti gli insediamenti in Basilicata, Calabria, Sardegna e Molise, mentre il Lazio, con una quota del 6%, registra un lieve incremento di imprese cosmetiche rispetto alle precedenti rilevazioni ISTAT.47 47 Unipro, “Rapporto annuale 2011 Unipro”, http://www.unipro.org/home/it/documenti/centro_studi/RAPPORTO_ANNUALE/Rapporto_annuale_ 2011_-_WEB_-_DEF.pdf 15 2.5 L’evoluzione dei canali di distribuzione La quotidianità del consumo di cosmetici salva, solo in parte, l’effetto della crisi internazionale sulle propensioni d’acquisto dei consumatori.48 L’aspetto che, invece, preoccupa maggiormente i professionisti del settore, è la forte disomogeneità nell’evoluzione dei diversi canali di distribuzione del settore cosmetico causato, forse, dall’esasperazione dell’effetto “clessidra” dei consumi, già evidenziato negli ultimi esercizi: i consumatori non rinunciano ai livelli premium (l’alta gamma di prodotto che si trova in profumeria) e in parallelo (non in contrapposizione), si orientano verso livelli di prodotto dall’altro rapporto qualità/prezzo (prodotti della GDO). Un’indagine congiunturale proposta dal Centro Studi di Unipro sull’andamento dei diversi canali distributivi dal 2005 al 2011 fa emergere proprio una profonda disomogeneità al loro interno (Figura 5). Figura 5: Evoluzione del mercato - i canali Fonte: Unipro http://www.unipro.org 48 Unipro, “Rapporto Unipro: Congiuntura, trend e investimenti nel settore cosmetico”, luglio 2012, pag.7 http://www.unipro.org/home/it/documenti/centro_studi/Congiunturale_Luglio_2012/Rossello__low_res.pdf 16 Esistono due categorie di canali: quello tradizionale (profumerie, GDO, farmacie, erboristerie) e quello professionale (istituti di bellezza, parrucchieri e saloni di bellezza, i cosiddetti canali diretti e professionali). Dal confronto tra i vari canali distributivi più rappresentativi (GDO, farmacia, canali diretti e professionali e profumeria) tra il 2005 e il 2011 si osserva come la vendita del prodotto cosmetico cresca notevolmente per quanto riguarda la GDO; invece si può notare una flessione nelle vendite nei canali diretti e professionali e nella profumeria.49 In un momento di crisi congiunturale, la GDO si conferma come il più importante canale di vendita del cosmetico in quanto riesce a soddisfare ampie fasce di consumatori, che le riconoscono la capacità di offrire prodotti ad alto rapporto qualità/prezzo.50 Secondo Unipro, è da monitorare il fenomeno della distribuzione monomarca che nel futuro andrà probabilmente scorporata dalle valutazioni sul mass market.51 La profumeria riporta la più importante contrazione tra i canali tradizionali degli ultimi anni; tuttavia, rimane comunque un luogo privilegiato per vendita di cosmetici, soprattutto per il makeup e la profumeria alcolica. La qualità di counselling e sperimentazione che offre è percepita di alto livello e il consumatore lo riconosce; inoltre va osservato che le situazioni distributive sono disomogenee: se da una parte si rileva la staticità di molte profumerie tradizionali, dall’altra si riscontrano dinamiche di successo da parte delle catene organizzate come Sephora, Douglas e Limoni.52 Negativo anche l’andamento del canale dell’acconciatura professionale, che fa segnare una proiezione del -3,8% nel secondo semestre del 2012. 49 Dott.ssa Nunzia Maria Tinelli, Il mercato cosmetico, http://www.marketing-farmaceutico.it/ Unipro, “Rapporto Unipro: Congiuntura, trend e investimenti nel settore cosmetico”, luglio 2012, pag.7 http://www.unipro.org/home/it/documenti/centro_studi/Congiunturale_Luglio_2012/Rossello__low_res.pdf . 51 Unipro. Comunicato stampa: “Unipro: rallentano i consumi, ma gli italiani non rinunciano al cosmetico”, Milano, 20 dicembre 2012. 52 Unipro, “Rapporto Unipro: Congiuntura, trend e investimenti nel settore cosmetico”, luglio 2012, pag.7 http://www.unipro.org/home/it/documenti/centro_studi/Congiunturale_Luglio_2012/Rossello__low_res.pdf . 50 17 In antitesi ai canali in sofferenza, l’erboristeria53, anche grazie al fenomeno dei negozi monomarca e del crescente orientamento green e salutista dei consumatori, erode sempre maggiori quote di mercato agli altri canali distributivi. In rallentamento il ritmo di crescita della farmacia, che dopo anni di trend superiori alla media del comparto, mostra i primi segnali di difficoltà.54 Tali dati vanno analizzati guardando, in senso più ampio, all’evoluzione del commercio al dettaglio che mostra un calo del numero dei punti vendita e l'aumento del peso delle organizzazioni distributive più grandi come la GDO. Tale tendenza è dovuta soprattutto alla maggiore forza competitiva di cui si avvalgono le forme distributive moderne (supermercati, ipermercati, ecc.). Esse infatti sono in grado di offrire al cliente finale prezzi più contenuti, risparmio di tempo nel processo di acquisto, assortimenti più vasti, migliori garanzie sulla qualità dei prodotti venduti. Questi vantaggi sono in gran parte resi possibili dalla maggiore dimensione delle organizzazioni distributive che possono ottenere sconti maggiori dai fornitori e disporre di maggiori risorse per organizzare una ottimale offerta ai consumatori. Il commercio tradizionale può difendersi da questa competizione ricorrendo a forme di ri-specializzazione dei punti vendita e allo sviluppo del servizio personalizzato; si pensi proprio al caso dell’erboristeria citato in precedenza.55 53 All’erboristeria in quanto canale distributivo in crescita è dedicato il paragrafo “il canale distributivo privilegiato per il cosmetico ecobio: L’ERBORISTERIA” nel terzo capitolo. 54 Dati Unipro, comunicato stampa: “Occhi puntati sul rallentamento dei consumi. Mercati internazionali, erboristeria e mass market specializzato rafforzano la tenuta dei fatturati delle imprese”, Milano, 12 luglio 2012, http://www.unipro.org 55 CAMASSI L., “Moda e cosmesi, un binomio vincente. Il rapporto con il mondo moda e le prossime tendenze di marketing”, Franco Angeli s.r.l., Milano, 2006, pag 60-61. 18 2.6 Verso nuovi modelli di consumo? I fenomeni di condizionamento che il comparto cosmetico registra in questi ultimi esercizi di congiuntura economica negativa sono sempre più evidenti, anche se ormai il consumo cosmetico è entrato da tempo nel paniere quotidiano degli italiani che, in questo periodo di crisi, modificano le abitudini d’acquisto e le variabili prezzo/canale, ma non rinunciano ai prodotti legati alla cura e all’igiene personale.56 Nel corso degli anni sono naturalmente mutati i valori, gli ideali e le abitudini dei consumatori sebbene si sia sempre avvertita l’esigenza di migliorarsi, valorizzarsi, che, sempre di più, è percepita come una necessità, in uno stile di vita che assegna alla cura della propria immagine un peso rilevante, sia come auto-gratificazione sia come fattore di facilitazione nei rapporti interpersonali, professionali e sociali. Oggigiorno, in un clima di generalizzata flessione dei consumi, alla quale fa da contraltare una propensione d’acquisto sempre più attenta e differenziata, la domanda di cosmetici ha subito una contrazione inferiore rispetto alla media nazionale dei beni di consumo, confermando che la cosmetica si trova ai primi posti nelle scelte di consumo quotidiano.57 Appare quindi utile provare a comprendere tale fenomeno. Secondo un’indagine Eurisko del 2009 in un momento di crisi di identità e di valori, ci si rifugia nel consumo di beni più vicini all’indole e all’intimo dell’individuo, che lo fanno sentire bene dopo l’acquisto (fenomeno chiamato “nesting”: costruzione di un nido all’interno del quale fa rientrare tutti i consumi della sfera intima quali l’alimentare e il benessere).58 In aggiunta, è utile analizzare le spese per i prodotti cosmetici da parte dei consumatori italiani, al fine di mettere in evidenza la componente aciclica del comportamento d’acquisto. Su un campione nazionale di 2150 individui adulti intervistati per la redazione del Beauty Report 2012, è emersa la relativa tenuta della spesa per tali prodotti rispetto alla stessa indagine svolta nella primavera del 2010. I 56 Unipro, “Rapporto Unipro: Congiuntura, trend e investimenti nel settore cosmetico”, dicembre 2012, pag. 3. http://www.unipro.org/home/it/documenti/centro_studi/Congiunturale_2012_dicembre/1._retro_static a.pdf 57 Ibid. 58 BERTOLINI A., “Il mercato non penalizza il cosmetico, parola di Unipro” Intervista Fabio Franchina (allora presidente Unipro), MARKUP, il Sole 24Ore, Maggio 2009, pag 8. http://www.mark-up.it/01NET/Card_Library/MARKUP_Beauty_09_008_Unipro.pdf 19 consumatori intervistati hanno ribadito la “centralità” della spesa per i prodotti cosmetici (per la cura dei capelli, per la cura e l’igiene del corpo, per il trucco, per profumi e deodoranti), ritenendola “irrinunciabile” e collocandola al terzo posto, immediatamente a ridosso delle spese per l’alimentazione (1° posto) e alle spese per la salute (2° posto). L’indagine sui consumatori mostra come il 17% degli intervistati dichiara di aver speso di più nel 2011 rispetto all’anno precedente, ma tale percentuale sale al 41,6% se vi si aggiunge la componente di consumatori che dichiarano comportamenti di spesa analoghi al 2010 ma comunque consistenti, venendo così a configurare una sorta di “zoccolo a-ciclico” che interessa ben 4 persone su 10, (fermo restando che la parte maggioritaria, pari al 58,4% si posiziona sul fronte opposto, quello cioè di una minore spesa rispetto all’anno precedente). Anche per quanto riguarda la previsione di spesa per il 2012, tale proporzione si ripete (39,4%) qualora si considerino le previsioni positive e/o di tenuta di spesa nel 2012 rispetto al 2011.59 Una duplice conferma dell’importanza dei prodotti cosmetici per i consumatori viene, da una parte, dal 39,7% degli intervistati che affermano esplicitamente come la crisi non abbia cambiato sostanzialmente le loro abitudini di spesa, “perché alla propria cura e al proprio benessere non si può rinunciare”, dall’altra, si è rilevato che il 36,3% degli intervistati ammette che la crisi ha portato ad una diminuzione nella quantità di prodotti acquistati per preferire un numero inferiori di prodotti ma di elevata qualità in quanto, ritenuti essenziali. Ed infine, circa il 20% degli intervistati ha affermato che, malgrado la crisi in corso, abbia consumato forse più di prima, secondo l’opinione che “bisogna tenersi su di morale concedendosi qualche piccola gratificazione specie nei momenti che sono o che possono sembrare più seri e con più problemi”.60 Ciò che sicuramente è emerso dall’analisi proposta da Unipro è il cambiamento delle abitudini del consumatore tipo che si è stancato di essere il bersaglio passivo della pubblicità e dell’offerta proposta dalle aziende. Il consumatore, infatti, risulta sempre più autonomo, data la molteplicità di fonti di informazione che ha a sua disposizione 59 Dati Unipro: “Beauty Report 2012. Terzo Rapporto sul valore dell’industria cosmetica in Italia. Sintesi dei risultati.” http://www.unipro.org/home/it/documenti/centro_studi/Beauty_Report_2012/Sintesi__Beauty_Report_2012.pdf 60 Ibid. 20 e si presenta sotto una nuova veste, il “consum-attore”61: un acquirente più informato, più liberamente selettivo, arbitro delle proprie scelte, che non si accontenta più di scegliere un prodotto a caso ma sa dove guardare, a chi rivolgersi ed è interessato a scoprire sempre nuovi prodotti che si possano perfettamente adattare alle sue esigenze. Gli acquirenti di cosmetici stanno progressivamente esprimendo esigenze sempre più sofisticate, che li portano ad essere più accurati nella scelta del prodotto. La quantità di prodotti offerti è ampia e diversificata ma il consumatore odierno non è spaventato da questo sovraffollamento di proposte cosmetiche, anzi è felice di avere, finalmente, la possibilità di effettuare una scelta consapevole. Di conseguenza il consumatore è meno fedele e abitudinario rispetto al passato: cambia frequentemente prodotto ed è sempre più difficile che si fidelizzi ad una marca o ad un punto vendita; d’altro canto però, il consumatore di prodotti cosmetici, opera delle scelte sempre più chiare: individua un paniere di prodotti per i quali è disposto ad accettare una versione meno costosa a tutto vantaggio di beni di livello maggiore che interessano di più.62 A queste nuove opportunità si stanno adattando le strategie delle imprese, sempre più orientate al servizio, all’innovazione e alla ricerca con l’unico obiettivo di competere con la qualità dell’offerta.63 Tra i nuovi “stili di consumo”, senz’altro quello più interessante riguarda l’atteggiamento “salutista” di coloro che hanno a cuore i problemi sociali e ambientali legati alla produzione e/o al consumo di beni e servizi. In questo “stile di consumo”, proteso verso i prodotti naturali, meglio ancora se ecobio64, si possono ritrovare alcuni connotati tipici del cosiddetto consumatore verde. Risulta difficile identificare un profilo preciso del consumatore verde/responsabile. In linea generale si può affermare che si tratta di un consumatore il cui 61 Secondo Giampaolo Fabris si sta delineando sempre più chiaramente una nuova figura di consumatore più autonomo, più esigente e più competente sull’oggetto del consumo: il consum-attore. Secondo tale definizione, il consumatore è diventato più selettivo, meno legato ai prodotti di riferimento, meno fidelizzato, più disincantato e più scettico. FABRIS G., “Societing. Il marketing nella società postmoderna”, EGEA, Milano, 2009. 62 Commento del sociologo dott. Nadio Delai, presidente di Ermeneia, in occasione della presentazione del Beauty Report 2012. http://www.allure.it/index.php?method=section&action=zoom&id=197 63 Dott.ssa Nunzia Maria Tinelli, Il mercato cosmetico, http://www.marketing-farmaceutico.it/ 64 Il termine “ecobio” sarà debitamente spiegato e analizzato nel capitolo seguente: “la cosmesi ecobio” 21 comportamento di acquisto, di consumo e di riciclaggio, è guidato da una coscienza ambientale, determinata dal proprio livello di conoscenza e dalle proprie attitudini verso questa tematica. La peculiarità del consumatore “verde” risiede nel suo grado di “coscienza ecologica”.65 Non esiste perciò un prototipo di consumatore verde ma ci sono numerose tipologie di consumatori che, in certe circostanze, si dimostrano più propensi all’acquisto di prodotti ecobio.66 65 CANALI C., PUGLISI M.A., SOLIANI L. “L'economia, l'ambiente e l'etica: il consumatore verde”, EUT Edizioni Università di Trieste, 2004, pag.87 66 IRALDO F., MELIS M, “Green marketing. Come evitare il greenwashing comunicando al mercato il valore della sostenibilità”, Gruppo 24 Ore Spa, Milano, 2012 22 CAP. 3 IL NUOVO TREND: LA COSMESI ECOBIO 3.1 Verso una definizione precisa: prodotto naturale, biologico o eco-compatibile? Come osservato in precedenza, gli ultimi dati forniti da Unipro dimostrano chiaramente che i consumatori si stanno sempre più avvicinando a prodotti cosmetici green, a rimedi alternativi per curare alcuni disturbi cutanei e cominciano a preferire l’erboristeria rispetto alla tradizionale profumeria per l’acquisto dei prodotti per il viso e la cura del corpo. Oggi il mondo del biologico non si limita più ai soli ai prodotti agroalimentari ma è diventato un vero e proprio stile di vita e di consumo che si estende a molteplici settori, dall’abbigliamento alla cosmesi fino all’edilizia, uniti nell’attenzione alla salute umana, alla sostenibilità ambientale e al rispetto delle risorse naturali.67 Questa tendenza, riscontrata in una fetta sempre maggiore di consumatori, deriva dalla consapevolezza che i prodotti cosmetici usati hanno sia una grande importanza salutistica sia un elevato impatto sull’ambiente; ed è così che, questa filosofia di consumo, si sta estendendo anche nella cura del proprio corpo. All’immagine di “prodotto naturale” si associano delle caratteristiche ben precise: l’utente lo considera più sicuro rispetto a un prodotto tradizionale in quanto esente da sostanze chimiche dannose, senza controindicazioni e più rispettoso dell’ambiente.68 Nonostante la volontà di molti consumatori a prediligere l’acquisto etico e responsabile, non è sempre facile scegliere un prodotto veramente biologico ed ecocompatibile considerato anche che si è “bombardati” da claim pubblicitari di prodotti che di green hanno solo il packaging.69 È fondamentale quindi, conoscere chiaramente la differenza tra i significati dei termini “naturale”, “biologico” ed “eco-compatibile” che quotidianamente sono proposti dai media, dalla pubblicità e dalle etichette dei prodotti. 67 http://www.aideco.org Confesercenti Bologna, con il contributo della Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Bologna, “Guida ai negozi eco-bio di Bologna e provincia”, Tipografia ModernaIndustrie Grafiche, Bologna, 2012. 69 Informazioni tratte da “Yes.life: il web magazine della sostenibilità ambientale e della vita sostenibile e divertente”. http://www.yeslife.it/ 68 23 Il termine “naturale” di solito si applica a prodotti proposti come alternative a quelle “tradizionali”. Purtroppo ad oggi non esiste ancora una regolamentazione comunitaria per l’impiego del termine “naturale” come caratteristica dei prodotti di largo consumo. È possibile tuttavia considerare naturali, quei prodotti che presentano nella loro composizione, principi attivi naturali (derivati da piante e/o animali) che non abbiano subito alterazioni chimiche o di sintesi. Bisogna precisare poi, che non sempre gli ingredienti naturali descritti nelle confezioni sono presenti in quantità apprezzabile ma, piuttosto, funzionano da richiamo per quei consumatori che si stanno avvicinando ad un consumo più consapevole o che semplicemente sono attratti dal nuovo trend del prodotto green.70 Il termine “biologico” invece, si riferisce a prodotti agroalimentari derivanti da coltivazioni e allevamenti che non prevedono l’utilizzo di sostanze chimiche di sintesi (concimi, diserbanti, anticrittogamici, insetticidi, pesticidi) e di organismi geneticamente modificati (OGM).71 Tutti i prodotti biologici sono rigorosamente controllati e certificati dagli organismi autorizzati dal Ministero delle Politiche Agricole e si è sempre in grado di identificarli attraverso il marchio europeo e i codici specifici riportati nelle etichette. Infine con il termine “eco-compatibile” si descrive un prodotto che è stato progettato in modo da presentare un basso impatto ambientale. Il termine si riferisce a tutta la filiera: dalle materie prime ai processi di lavorazione e distribuzione, dallo smaltimento degli scarti alla scelta degli imballaggi, biodegradabili e riciclabili, il tutto nel rispetto di criteri ecologici.72 70 Informazioni tratte da “Yes.life: il web magazine della sostenibilità ambientale e della vita sostenibile e divertente”. http://www.yeslife.it/ 71 Regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio del 38 giugno 2007 relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici e che abroga il Regolamento (CEE) n. 2092/91. 72 Confesercenti Bologna, con il contributo della Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Bologna, “Guida ai negozi eco-bio di Bologna e provincia”, Tipografia ModernaIndustrie Grafiche, Bologna, 2012. 24 3.2 I cosmetici naturali: fitocosmesi ed ecobio Il settore cosmetico negli ultimi anni sta vivendo un vero e proprio “boom ecobio”: sempre più aziende cosmetiche puntano sull’utilizzo di ingredienti naturali e su iniziative che abbiamo un basso impatto ambientale. È prassi di molte aziende di tale settore, far emergere nella propria mission l’impronta green di cui è portatrice la loro impresa e creare dei veri e propri “manifesti” dai quali emerga il proprio impegno a ridurre l’impatto ambientale delle proprie produzioni, la qualità delle materie prime utilizzate, l’accuratezza nelle tecniche di lavorazione ed una particolare attenzione a specifici stakeholders, primo fra tutti il consumatore. In particolare, la filosofia sottostante tale concetto è quella della razionalizzazione nell’utilizzo di risorse naturali pur garantendo la soddisfazione del consumatore. Concretamente, le aziende cosmetiche, rispondono all’attenzione manifestata dai consumatori alla composizione dei prodotti usati per la cura di viso, corpo e capelli, focalizzandosi sulla fitocosmesi e sulla cosmesi ecobio. Non si tratta di due tipologie completamente diverse di prodotti ma piuttosto di due aspetti che spesso vengono integrati nella più ampia classificazione dei cosmetici naturali. Il termine fitocosmesi deriva dal greco fitos (pianta) e kosmesis (adornare) ed è la disciplina scientifica che si occupa dell'impiego dei derivati vegetali nei cosmetici.73 Il termine è stato coniato negli anni '50 dal dottor Paolo Rovesti74 e indica un 73 BOVERO A., ASCIOTI M.T. “ Comunicare la bellezza e il benessere”, Tecniche Nuove, Milano, 2009, pag 94. 74 Paolo Rovesti (1902-1983): viene universalmente riconosciuto come il padre della Fitocosmetica. Tuttora, a diversi anni dalla sua scomparsa, avvenuta nel 1983, la figura e gli studi del prof. Paolo Rovesti nel mondo accademico e industriale rimangono un importante punto di riferimento umano e scientifico. Paolo Rovesti si è laureato in Chimica e Farmacia all’Università di Genova nel 1925. Dalla direzione tecnica di diverse industrie chimiche, farmaceutiche ed essenziere, è passato in seguito a quella della Società Imprese Africane e della Compagnia per la Valorizzazione della Flora Etiopica e, infine, a industrie alimentari estrattive. Fondatore dell’Istituto di Ricerche sui Derivati Vegetali, è autore di oltre 500 pubblicazioni di carattere sperimentale sulla fitochimica, gli oli essenziali, le piante medicinali e la cosmesi funzionale. Presidente d’Onore del Comitato Internazionale di Estetica e Cosmetologia della Società Italiana dei Chimici Cosmetologi (di cui è stato fondatore) e dell’Unione Tecnica Italiana Farmacisti. Membro dell’Accademia Italiana di Storia dell’Arte Sanitaria di Roma, dell’Accademia di Dermatologia di Parigi e di numerose altre associazioni scientifiche italiane e straniere. È stato inoltre presidente del Centro Nazionale di Erboristeria e del Comitato Tecnico del Gruppo Industrie Cosmetiche facente capo all’Associazione nazionale per l’Industria Chimica e Presidente dell’Ordine dei Chimici della Lombardia. http://www.istitutorovesti.it/it/paolo.php 25 impiego preminente e preferenziale dei derivati vegetali nelle preparazioni destinate all'igiene e all'estetica della pelle.75 L'utilizzo delle piante in ambito cosmetico è una pratica antichissima, che ha portato negli anni alla nascita della fitocosmesi. Dalle piante si possono ricavare diverse sostanze d'impiego cosmetico: estratti, proteine, oli essenziali, idrocolloidi76, coloranti e altri ancora. In fitocosmesi, i derivati vegetali vengono utilizzati come sostanze funzionali o come eccipienti (in particolare come tensoattivi, emulsionanti, additivi reologici o umettanti), ma anche come antiossidanti, conservanti e coloranti, senza trascurare l’elevato numero di oli essenziali impiegati. Esistono inoltre numerosi coloranti vegetali che possono sostituire quelli di sintesi, con prevalenza del verde della clorofilla, il giallo dei flavonoidi e dei carotenoidi, oltre al rosso, l'azzurro e al viola.77 La cosmesi ecobio è un modo di concepire la cosmesi, il più possibile ecologico e biologico, che non prevede l'utilizzo di sostanze derivate dal petrolio o da prodotti chimici di utilizzo industriale (parabeni,78 PEG,79 siliconi,80), mentre punta sulle materie prime naturali per la formulazione dei cosmetici. La cosmesi è eco (ecologica) in quanto l'esclusione di derivati del petrolio e di sostanze chimiche 75 http://www.istitutorovesti.it/ Gli idrocollanti sono polimeri in grado di distribuirsi nel mezzo disperdente formando strutture colloidali più o meno gelificate. Queste sostanze possono essere ricavate da diverse parti degli organismi, in particolare da: foglie, fiori, radici (cellulosa, emicellulosa, pectine, mucillaggini), semi (gomma guar, gomma carruba), essudati vegetali (gomma arabica, gomma adragante, gomma ghatti, gomma karaya). BOVERO A., “Dermocosmetologia”, Tecniche Nuove, Milano, 2011, pag 79. 77 BOVERO A., ASCIOTI M.T. “ Comunicare la bellezza e il benessere”, Tecniche Nuove, Milano, 2009, pag 94. 78 I parabeni sono un gruppo di elementi chimici usati in molti cosmetici e farmaci come conservanti. Questi composti e i loro sali vengono impiegati principalmente per le loro proprietà battericide e funghicide. I sei principali parabeni che si possono trovare nelle formulazioni in commercio sono methylparaben, ethylparaben, propylparaben, isobutylparaben, butylparaben, e benzylparaben. http://www.naturmedica.com 79 La sigla PEG sta per Poli-Etilene-Glicole. I Peg e i suoi derivati sono sostanze usate come tensioattivi e come emulsionanti, cioè per mescolare le parti oleose con quelle acquose. Nell’elenco degli ingredienti INCI sono riconoscibili dalle lettere “PEG” o “eth” seguiti da un numero, come per esempio Ceteareth-33. http://www.naturmedica.com 80 I siliconi sono sostanze non biodegradabili sia in condizioni aerobiche che anaerobiche quindi rimangono nell’ambiente. I siliconi contenuti nei prodotti cosmetici servono a conferire la sensazione di “pelle liscia” creando l’illusione di una cute idratata profondamente, in realtà viene solo creata una pellicola invisibile sull’epidermide. Concetto tratto dall’ Intervista di Riccarda Serri, Direttore Responsabile di DermoCosmoNews, al dott. Fabrizio Zago, chimico industriale, ideatore del BioDizionario, esperto di formulazione cosmetica con ingredienti amici dell'ambiente, consulente Ecolabel, consulente per molte catene di distribuzione e fabbricanti sensibili all’ecologia. http://www.saicosatispalmi.org 76 26 va a beneficio dell'ambiente, ed è bio (biologica), in quanto le sostanze, oltre che essere naturali, provengono da colture biologiche81 che escludono l’utilizzo di pesticidi e di sostanze tossiche.82 La definizione di “biologico” può essere mantenuta solo se le formulazioni rispettano i principi fondamentali del biologico: assenza di OGM, assenza di concimi chimici o pesticidi nella crescita della pianta o delle sue parti, controllo delle acque utilizzate per la produzione, controllo delle fasi di produzione per evitare formazione o introduzione di sostanze non biocompatibili.83 È chiaro quindi che dimostrare la naturalità dei soli ingredienti, non è sufficiente ma, anche il metodo di lavorazione delle sostanze è un fattore chiave per poter definire un prodotto come “biologico”. Nei vari disciplinari biologici infatti, si da molta importanza ai processi a cui la sostanza viene sottoposta ed in generale vengono ammessi solo processi di tipo fisico (distillazione, filtrazione ecc.) e non processi che alterino radicalmente la struttura stessa della sostanza. La produzione di cosmetici ecobio, escludendo ingredienti come petrolati, siliconi e addensanti sintetici pone diverse difficoltà al cosmetologo che, avendo a disposizione un ventaglio ristretto di materie prime, fatica a garantire standard di gradevolezza paragonabili a quelli della cosmesi tradizionali; questo accade perché, l’ingrediente che le composizioni tradizionali inseriscono come funzionale in percentuali da principio attivo (e quindi bassissime), nei prodotti ecobio è invece il corpo del cosmetico stesso, il costituente principale.84 Questa sostanziale differenza tra cosmetici tradizionali e cosmetici ecobio può comportare il rischio di sviluppare prodotti certamente ecologici, ma penalizzati sotto il profilo della skin-feeling e poco attraenti dal punto di vista sensoriale; ad esempio, le creme ecobio si stendono con più difficoltà e i risultati saranno apprezzabili sono con un’applicazione costante.85 81 Con il termine “colture biologiche” si intende che la materia prima considerata deve essere certificata ai sensi del EU Reg. 834/2007 e successive modifiche e/o integrazioni. 82 Informazioni tratte da “Yes.life: il web magazine della sostenibilità ambientale e della vita sostenibile e divertente”. http://www.yeslife.it/ 83 Dr. Guido Rovesti, Istituto Paolo Rovesti – Milano, “Cosmetici biologici e bioderivati: materie prime e opportunità formulative”, http://www.istitutorovesti.it/archivio/cosmetici.php 84 RIGHINI B. (a cura di), “Sai cosa ti spalmi? Come farsi belli senza distruggere il pianeta” magazine semestrale, gennaio-giugno 2010, pag 4. 85 BOVERO A., ASCIOTI M.T. “ Comunicare la bellezza e il benessere”, Tecniche Nuove, Milano, 2009, pag 98. 27 Un prodotto per essere classificato come ecobio oltre ad utilizzare materie prime provenienti da agricoltura biologica o da raccolta spontanea, deve garantire l’assenza di materiali discutibili dal punto di vista ecologico, sia nel prodotto stesso che nell'imballaggio oltre alla riduzione dell'impatto ambientale dovuto agli imballaggi superflui (confezioni singole) o non riciclabili (si promuovono imballaggi da materie prime rinnovabili, materiali riciclabili o collegati ad un sistema di restituzione dei vuoti).86 Particolarmente importante da osservare, nel caso della cosmesi naturale, è la data di scadenza del prodotto: il problema dei cosmetici ecobio, infatti, è legato alla loro conservazione, in quanto gli elementi naturali, se da un lato sono biodegradabili e non tossici, dall'altro sono altamente deperibili e si alterano facilmente (col trascorrere del tempo, se esposti a fonti di calore e di luce diretta.).87 Infine è utile osservare che nel campo dei cosmetici ecobio esiste un’ampia produzione di prodotti naturali per la skincare di viso e corpo, mentre è ancora piuttosto limitata la produzione dei cosiddetti cosmetici “decorativi” (cioè il makeup), come rossetti, ombretti, fard e così via: solo alcuni dei più noti eco-brand, infatti, hanno avviato anche delle linee dei trucco naturale.88 3.2.1 Il makeup minerale In campo cosmetico, e soprattutto per quanto riguarda il makeup, si nota un susseguirsi incessante di trend più o meno di successo. Negli ultimi tempi sta prendendo sempre più piede una rivoluzione nel mondo del makeup: il trucco minerale, che diviene il punto di riferimento della cosmesi ecobio decorativa negli ultimi anni. Il trucco minerale è composto unicamente da polveri minerali ottenute dalla polverizzazione e micronizzazione di pietre e/o terre minerali. Con l'ausilio di particolari processi tecnologici queste polveri vengono ridotte a microscopici cristalli piatti che aderiscono naturalmente all’olio naturale della pelle senza penetrare nei 86 http://www.icea.info/it/ Informazioni tratte da: “Yes.life: il web magazine della sostenibilità ambientale e della vita sostenibile e divertente” http://www.yeslife.it 88 IMWINKELRIED R., PENNATI N., “Ecoshopping. Idee, indirizzi, siti per fare acquisti senza trascurare ambiente, salute e... portafoglio”, Sperling & Kupfer, Milano, 2008 87 28 pori. Da prodotto di nicchia e sconosciuto al consumatore medio, sta guadagnando terreno nelle scelte d’acquisto dei consumatori che lo preferiscono al makeup tradizionale, riconoscendo che il suo utilizzo porta dei benefici alla pelle dal punto di vista fisiologico oltre che dal punto di vista estetico. Il trucco minerale non è certo una novità assoluta; si tratta infatti di un prodotto cosmetico già conosciuto ed usato fin dagli anni ‘70 negli USA e nei paesi del Nord Europa ma solo negli ultimi anni sta prendendo piede in Italia. Di conseguenza anche le grandi case cosmetiche hanno deciso di seguire la moda dei cosmetici minerali lanciando sul mercato linee di prodotti “mineral” che di minerale hanno molto poco. Purtroppo non basta aggiungere un pizzico di ossido di zinco ad un impasto siliconico per ottenere un vero prodotto minerale.89 Per riconoscere un buon prodotto da un altro bisogna guardare attentamente la lista di ingredienti (INCI)90 che lo compongono, assicurandosi così che contenga solamente polveri minerali.91 Gli ingredienti su cui si basa il trucco minerale per essere definito tale sono appunto solo minerali inorganici ridotti in polvere libera tra cui: Titanium Dioxide, Mica, Zinc Oxide, Iron Oxides, Ultramarines, Kaolin Clay, Manganese Violet, Silica, Ferric Ferrocyanide, Chromium Oxides.92 Per ottenere le diverse sfumature di colore non si utilizzano coloranti di sintesi bensì ossidi di ferro puro, che hanno oltretutto la capacità di assorbire calore e, quindi, di creare uno schermo protettivo sia dai raggi UVA che da quelli UVB, funzionando da vero e proprio schermo solare: in particolare il biossido di titanio garantisce un SPF15 al prodotto.93 I vantaggi del trucco minerale rispetto ai tradizionali cosmetici sono davvero numerosi. Innanzitutto si tratta di prodotti privi di conservanti e di prodotti chimici di 89 http://www.nevecosmetics.it/it/blog/17-cos-e-il-trucco-minerale L'INCI (International Nomenclature of Cosmetic Ingredients) è l'elenco degli ingredienti cosmetici da apporre nell’etichetta del prodotto. Dal 1° gennaio 1997 è obbligatorio per ogni cosmetico immesso sul mercato in base alla direttiva 96/335/CE che stabilisce anche la nomenclatura INCI da utilizzare. http://biodetersivi.altervista.org/allegati/vademecum_nas.pdf 91 Se tra gli ingredienti del prodotto “cosiddetto minerale” è presente anche uno solo dei seguenti: dimethicone, carnauba wax, cetyl dimethicone, trimethylsiloxylicate, triisocetyl citrate, magnesium stearate, zea mays, allantoin, panthenol, methylparaben, paraffinum liquidum, propylparaben, non si tratta di un vero cosmetico minerale. 92 RIGHINI B. (a cura di), “Sai cosa ti spalmi? Come farsi belli senza distruggere il pianeta” magazine semestrale, gennaio-giugno 2010, pag 16. 93 http://www.mineralepuro.it 90 29 sintesi come siliconi e paraffine che non lasciano respirare la pelle e favoriscono la formazione di imperfezioni cutanee. Nonostante siano privi di conservanti, la maggior parte dei puri pigmenti minerali ha una lunghissima durata: il makeup minerale infatti è inerte, non viene assalito dai batteri perché non contiene materiale organico e può, di conseguenza, potenzialmente durare anche anni.94 I prodotti minerali sono estremamente versatili: possono essere utilizzati in polvere, oppure mescolati ad acqua e creme idratanti per renderli fluidi; i pigmenti colorati possono essere usati come ombretti, mescolandoli fra loro, creando nuove sfumature o dando loro l’effetto bagnato con un poco d’acqua; è possibile inoltre aggiungerli al rossetto per illuminare le labbra o al mascara per colorare le ciglia, ma anche al blush o alla terra.95 3.3 Come riconoscere un cosmetico ecobio? Un consumatore che voglia addentrarsi nel mondo del consumo consapevole potrebbe facilmente cadere in errore se non osserva alcune piccole accortezze al momento dell’acquisto. Si è portati a pensare che tutti i prodotti venduti in erboristeria e farmacia non contengano sostanze che possano creare danni alla pelle; purtroppo non è sempre così, anche se affidarsi ad un professionista preparato è certamente un primo passo verso il consumo critico.96 Uno dei fattori determinanti per poter scegliere in modo consapevole è quello di avere a propria disposizione corretti strumenti informativi. Innanzitutto il consumatore deve leggere con attenzione le etichette riportate sui prodotti dove sono riportati gli ingredienti di cui è composto (INCI). Un altro strumento che può aiutare il consumatore è quello di scegliere sempre cosmetici il cui valore ecologico è garantito dal marchio di almeno un ente certificatore (italiano o straniero): alcune aziende, per risparmiare sui costi della certificazione e forti del loro brand, si fanno 94 http://www.nevecosmetics.it/it/blog/17-cos-e-il-trucco-minerale http://www.ilmiomakeup.it/trucco-minerale-benefici-pelle/ 96 RIGHINI B. (a cura di), “Sai cosa ti spalmi? Come farsi belli senza distruggere il pianeta” magazine semestrale, gennaio-giugno 2010, pag 6. 95 30 garanti esse stesse dei loro prodotti, ma la certificazione ecobio resta fino ad ora l’unica reale garanzia del prodotto.97 3.3.1 INCI: uno strumento per il consumo consapevole La legge italiana sui cosmetici 713/ 86 e successive modifiche e integrazioni indica le diciture che devono obbligatoriamente essere riportate sull'etichetta del prodotto cosmetico, ossia: nome o ragione sociale e sede legale del produttore, contenuto nominale, data di durata minima, precauzioni particolari d'uso, numero di lotto di fabbricazione, funzione del prodotto, lista degli ingredienti e Paese d'origine.98 Il Paese d'origine deve essere indicato nel caso in cui il cosmetico sia prodotto in uno Stato non appartenente all'Unione Europea. La Direttiva 2003/15/CE del 27 febbraio 2003, recepita con D.Lgs n.50 del 15 febbraio 2005 prevede che venga riportato il PAO99 (Period After Opening) cioè un'indicazione relativa al periodo di tempo in cui il prodotto, una volta aperto, può essere utilizzato senza effetti nocivi per il consumatore.100 Il PAO si raffigura utilizzando il pittogramma riportato in Figura 6 (all. VI bis della Legge 713/1986) che rappresenta un barattolo di crema aperto. L’indicazione “12 M”, posta all’interno o al fianco del vasetto, indica che il cosmetico mantiene le sue caratteristiche di salubrità entro 12 mesi dalla data di apertura. Il simbolo non ha dimensioni determinate per legge, ma deve mantenere le proporzioni tra le sue diverse parti. 97 Informazioni tratte da: “Yes.life: il web magazine della sostenibilità ambientale e della vita sostenibile e divertente”. http://www.yeslife.it/ 98 http://www.abc-cosmetici.it/index.php/conoscere-i-cosmetici/cosa-dice-la-legge/cosa-dice-la-legge/ 99 Un cosmetico andrà considerato “aperto” quando il consumatore lo usa per la prima volta. Rispetto al ciclo di vita di un prodotto, il PAO si riferisce esclusivamente alla parte relativa alla sua fase di utilizzo da parte del consumatore. I parametri di stabilità su cui si fonda la determinazione del sono quindi relativi alla sicurezza del consumatore e non alla “performance” tecnica del prodotto. GORNI R., UNIPRO, Area Tecnico Normativa, “Periodo post-apertura: etichettatura e linee guida”, http://www.unipro.org 100 CAMASSI L., “Moda e cosmesi, un binomio vincente. Il rapporto con il mondo moda e le prossime tendenze di marketing”, Franco Angeli s.r.l., Milano, 2006, pag 152. 31 Figura 6: pittogramma raffigurante il PAO Fonte: Abc cosmetici http://www.abc-cosmetici.it Come anticipato, l'elenco degli ingredienti presente in un prodotto cosmetico prende il nome di INCI: International Nomenclature of Cosmetic Ingredients; tale elenco deve essere preceduto dalla parola “ingredienti” o “ingredients”. Si tratta di una nomenclatura standard divenuta obbligatoria per legge dal 1997.101 Purtroppo non è previsto alcun obbligo di specificare la percentuale degli ingredienti utilizzati, tuttavia gli ingredienti sono elencati in ordine decrescente di peso al momento dell’incorporazione: per primi quelli in dose maggiore (di solito troviamo l'acqua) e progressivamente poi quelli in dosi minori (1%, 0,1% ecc.). Le sostanze che sono presenti in percentuale inferiore all’1%, invece, possono essere indicate in ordine sparso.102 Gli ingredienti di derivazione vegetale e che non hanno subito processi chimici sono espressi tramiti il loro nome botanico latino, seguito dalla parte di essi utilizzata in lingua inglese (ad esempio “prunus dulcis oil” sta per “olio di mandorle dolci”, “Olea Europaea Oil” sta per “olio d’oliva”). Le sostanze che, invece, hanno subito un intervento chimico hanno un nome inglese (ad esempio “Sodium Laureth Sulfate” sta per sodio lauriletossisolfato” e “Hyaluronic Acid” sta per “acido ialuronico”). Nel caso in cui nell'elenco ingredienti siano presenti dei coloranti, si utilizzano le numerazioni secondo un registro di riferimento per le sostanze coloranti conosciuto 101 102 http://biodetersivi.altervista.org/allegati/vademecum_nas.pdf http://www.abc-cosmetici.it 32 come il Colour Index International, facilmente riconoscibili da una serie di cinque cifre precedute dalla sigla CI (es. CI 45430).103 Come regola generale è possibile affermare che più l’elenco degli ingredienti è breve e in latino, più è indice di un prodotto naturale. Il consumatore che vuole essere sicuro di ciò che usa sulla propria pelle o non è convinto che un prodotto sia davvero naturale e innocuo può consultare il BioDizionario104 creato dal chimico industriale Fabrizio Zago105 che ha analizzato circa 5000 sostanze e le ha catalogate in base ai rischi che possono comportare per la salute; ogni ingrediente è indicato con pallini verdi (sostanza sicura), gialli (sostanza che potrebbe creare problemi cutanei) e pallini rossi (sostanza dannosa).106 Infine per i consumatori “mobile-addicted”, Icea ha lanciato l’applicazione per smartphone “Icea Cosmetic Check”, il programma che permette a chiunque di valutare il grado di “naturalità” cosmetico.107 103 http://www.saicosatispalmi.org Il Biodizionario funziona esattamente come un tradizionale dizionario e riporta in ordine alfabetico l’elenco delle sostanze contenute nei diversi prodotti cosmetici, contrassegnate da pallini colorati. Due pallini verdi stanno a significare che la sostanza è naturale; un solo pallino verde significa che la sostanza è accettabile; un pallino giallo indica che potrebbero sorgere dei problemi (ad esempio allergie o irritazioni) ma se l‘ingrediente si trova alla fine dell’elenco, si può soprassedere; una sostanza classificata con un pallino rosso invece, è sconsigliata a meno che sia il solo componente pericoloso e che sia tra i componente presenti in misura minore ed infine due pallini rossi simboleggiano un ingrediente considerato dal BioDizionario come inaccettabile. Attualmente sono conosciute esattamente 6205 sostanze che possono essere impiegate nella produzione di cosmetici. Il prof. Zago ne ha attualmente catalogate ben 4947, cioè quelle che si usano più frequentemente. http://www.biodizionario.it/ 105 Dott. Fabrizio Zago: chimico industriale, ideatore del BioDizionario, esperto di formulazione cosmetica con ingredienti amici dell'ambiente, consulente Ecolabel, consulente per molte catene di distribuzione e fabbricanti sensibili all’ecologia. http://www.biodizionario.it/ 106 http://www.biodizionario.it/ 107 ICEA Cosmetic Check: l’applicazione per smartphone, in costante aggiornamento, che riconosce ognuna delle quasi 9000 sostanze registrate nell’inventario europeo degli ingredienti utilizzabili dall’industria cosmetica. L’applicazione è stata presentata da Icea in occasione dell’edizione 2012 del salone Sana di Bologna (8-11 settembre 2012). Per facilitare l’inserimento ed evitare errori di trascrizione è il programma stesso a suggerire i nomi degli ingredienti corrispondenti alle prime lettere digitate. Quando si dà il via al processo di valutazione, ICEA Cosmetic check divide gli ingredienti inseriti in “buoni” e “cattivi”. I “buoni”, visualizzati in verde, sono quelli eco e dermocompatibili, che non contengono Ogm né sostanze chimiche di sintesi, non sono tossici, né producono effetti indesiderati sul corpo umano. Tutti gli altri, evidenziati in rosso, sono quelli che, pur essendo a norma di legge, non vengono adottati dalle aziende più sensibili ai bisogni dei consumatore (petrolio, petrolati, parabeni ecc.) http://www.icea.info/it/ 104 33 A titolo di esempio si è scelto di analizzare, con l’ausilio del BioDizionario (www.biodizionario.it), cinque detergenti viso. Per poter comprendere chiaramente i simboli posti accanto alle sostanze contenute nei prodotti, si riporta qui di seguito la legenda fornita dal prof. Fabrizio Zago nel suo BioDizionario: vai che vai bene accettabile ci potrebbero essere dei problemi ma, tutto sommato si può chiudere un occhio soprattutto se il componente è alla fine degli ingredienti qualche problema, se ne sconsiglia l'uso a meno che sia il solo componente in rosso o che sia presente in misura minore (cioè elencato alla fine della lista INCI) inaccettabile Figura 7: legenda dei “semafori” per interpretare i risultati Fonte: il BioDizionario http://www.biodizionario.it/ A) Garnier - Pure Gel Detergente Quotidiano. Inci: Acqua/Water, Cocobetaine, Propylene Glycol, Sodium Laureth Sulfate, Peg-120 Methyl Glucose Dioleate, Sodium Chloride, Disodium Cocoamphodiacetate, Benzyl Salicylate, Eucalyptus Globulus Ectract, Limonene, Linalool, Menthol, Menthoxypropanediol, Salicylic Acid, Sodium Benzoate, Tetrasodium Edta, Zinc Gluconate, Parfum. AQUA solvente COCO-BETAINE tensioattivo POLYETHYLENE antistatico / legante / viscosizzante SODIUM LAURETH SULFATE tensioattivo PEG-120 METHYL GLUCOSE DIOLEATE emulsionante SODIUM CHLORIDE viscosizzante DISODIUM COCOAMPHODIACETATE tensioattivo BENZYL SALICYLATE Allergene del profumo EUCALYPTUS GLOBULUS vegetale LIMONENE Allergene del profumo LINALOOL Allergene del profumo MENTHOL Denaturante MENTHOXYPROPAN EDIOL rinfrescante / coprente SALICYLIC ACID preservante SODIUM BENZOATE preservante 34 TETRASODIUM EDTA sequestrante ZINC GLUCONATE Antistatico PARFUM B) Vichy - Normaderm Gel Detergente Pulizia Profonda. Inci: Aqua, Sodium laureth Sulfate, PEG-200 Hydrogenated Glyceryl Palmate, Decyl Glucoside, Glycerin, PEG-120 Methyl Glucose Dioleate, PEG-7 Glyceryl Cocoate, PEG-4 Dilaurate, Peg-4 Laurate, Hamamelis Virginiana, Isobutylparaben, Glycolic Acid, Triethanolamine, Methylparaben, Salicylic Acid, Phenoxyethanol, Iodopropynyl Butylcarbamate, Propylparaben, CI 47005, CI 42053, Parfum. *Formulato per ridurre i rischi di allergia. AQUA solvente SODIUM LAURETH SULFATE tensioattivo PEG-200 HYDROGENATED GLYCERYL PALMATE emolliente DECYL GLUCOSIDE tensioattivo GLYCERIN denaturante / umettante / solvente PEG-120 METHYL GLUCOSE DIOLEATE emulsionante PEG-7 GLYCERYL COCOATE emulsionante / tensioattivo PEG-4 DILAURATE emulsionante PEG-4 LAURATE emulsionante / tensioattivo HAMAMELIS VIRGINIANA vegetale ISOBUTYLPARABEN conservante GLYCOLIC ACID agente tampone TRIETHANOLAMINE regolatore di pH METHYLPARABEN conservante SALICYLIC ACID preservante PHENOXYETHANOL conservante IODOPROPYNYL BUTYLCARBAMATE conservante PROPYLPARABEN conservante CI 47005 colorante cosmetico CI 42053 colorante cosmetico PARFUM 35 C) Yves Rocher - Gel detergente pure calmille. Inci: Aqua, Propylene glycol, Sodium laureth sulfate, Butylene glycol, Sodium cocoamphoacetate, Peg-30 glyceryl laurate, Peg-7 glyceryl cocoate, Sodium cocoyl isethionate, Carbomer, Xanthan gum, Parfum, Imidazolidinyl urea, Methylparaben, Allantoin, Tetrasodium EDTA, Sodium hydroxide, Cymbopogon martinii motia, Chamomilla recutita, CI 19140, CI 42090. AQUA solvente PROPYLENE GLYCOL umettante / solvente SODIUM LAURETH SULFATE tensioattivo BUTYLENE GLYCOL umettante / solvente SODIUM COCOAMPHOACETATE tensioattivo PEG-30 GLYCERYL LAURATE emulsionante PEG-7 GLYCERYL COCOATE emulsionante / tensioattivo SODIUM COCOYL ISETHIONATE tensioattivo CARBOMER stabilizzante emulsioni / viscosizzante XANTHAN GUM legante / stabilizzante emulsioni / viscosizzante IMIDAZOLIDINYL UREA conservante METHYLPARABEN conservante ALLANTOIN pulizia orale TETRASODIUM EDTA sequestrante SODIUM HYDROXIDE agente tampone / denaturante CYMBOPOGON MARTINI vegetale CHAMOMILLA RECUTITA emolliente CI 19140 colorante cosmetico CI 42090 colorante cosmetico PARFUM D) Organic Surge – Daily Care Face Wash. Inci: Aqua (Water), Aloe Barbadensis Leaf Juice*, Cocamidopropyl Betaine, Sodium Coco-Sulfate, Decyl Glucoside, Glycerin (Veg)*, Sodium Lauryl Glucose Carboxylate, Lauryl Glucoside, Coco-Glucoside, Dehydroacetic Acid, Benzyl Alcohol, Sucrose Laurate, Alcohol, Sodium Chloride, Pelargonium Graveolens Flower Oil*, Pelargonium Graveolens Flower Oil, Tocopherol, Citric Acid, Sodium Benzoate, Geraniol, Citral, Linalool. *ingrediente da agricoltura biologica. AQUA solvente ALOE BARBADENSIS emolliente COCAMIDOPROPYL BETAINE tensioattivo SODIUM COCO-SULFATE tensioattivo 36 DECYL GLUCOSIDE tensioattivo GLYCERIN denaturante / umettante / solvente Sodium Lauryl glucose carboxylate Tensioattivo anionico LAURYL GLUCOSIDE Tensioattivo nonionico dolce COCO-GLUCOSIDE tensioattivo DEHYDROACETIC ACID conservante BENZYL ALCOHOL Allergene del profumo / conservante / solvente SUCROSE LAURATE emulsionante / tensioattivo ALCOHOL solvente SODIUM CHLORIDE viscosizzante PELARGONIUM GRAVEOLENS additive TOCOPHEROL antiossidante CITRIC ACID agente tampone / sequestrante SODIUM BENZOATE preservante GERANIOL Allergene del profumo CITRAL Allergene del profumo LINALOOL Allergene del profumo E) Fitocose - Gel detergente all'aloe e azulene. Inci: Aqua, Aloe barbadensis gel*, Glycerin*, Chamomilla recutita extract*, Lauryl polyglucoside, Azulen, Xanthan gum, Chamomilla recutita oil*, Sodium dehydroacetate, Profumo.** *da agricoltura biologica **da olio essenziali naturali AQUA solvente ALOE BARBADENSIS emolliente GLYCERIN denaturante / umettante / solvente CHAMOMILLA RECUTITA emolliente LAURYL POLYGLUCOSE tensioattivo AZULENE additivo XANTHAN GUM legante / stabilizzante emulsioni / viscosizzante SODIUM DEHYDROACETATE preservante PARFUM 37 Dopo aver effettuato questa breve analisi su cinque detergenti viso è possibile effettuare alcune osservazioni. • Sono stati scelti prodotti che appartengono a categorie diverse sia dal punto di vista distributivo sia per quanto riguarda la fascia di prezzo: il “Pure Gel Detergente Quotidiano” di Garnier (A) è facilmente reperibile in tutti i supermercati e nei negozi di detersivi. Con un prezzo di circa 4 €, appartiene alla fascia di prodotti low-cost. Il “Normaderm Gel Detergente Pulizia Profonda” di Vichy (B) è acquistabile sono in farmacia e, con un prezzo di circa 15 €, appartiene alla fascia premium-price. Il “Gel detergente pure calmille” di Yves Rocher (C) è reperibile solo nei negozi monomarca Yves Rocher o negli istituti di bellezza dello stesso brand e appartiene alla fascia low-cost (5 € circa). Il “Daily Care Face Wash” di Organic Surge (D) è acquistabile solo online direttamente sul sito inglese di Organic Surge ( www.organicsurge.com ), oppure, dall’Italia, sul portale e-commerce di cosmetici ecobio “Eco-belli” (www.ecobelli.com); il prezzo del prodotto è di £ 5.19 (€ 7) più spese di spedizione; si posiziona quindi in una fascia media di prezzo. Infine il “Gel detergente all'aloe e azulene” di Fitocose (E) è reperibile in negozi specializzati in cosmesi e alimentazione biologica oppure è possibile acquistarlo direttamente sul sito web aziendale ( www.fitocose.it ); il prezzo è di 6,07 € (più spese di spedizione se di acquista dal sito web) che posiziona il prodotto in una fascia medio-bassa di prezzo. • Eco-dermocompatibilità: grazie al BioDizionario è stato possibile analizzare ogni sostanza contenuta nella lista degli ingredienti dei cinque prodotti presi in esame. Il detergente Garnier (A) è piuttosto aggressivo e irritante, contiene delle sostanze che possono provocare allergie, inoltre nelle prime posizioni dell’INCI (quindi contenuti in quantità maggiori) sono presenti dei petrolati e dei siliconi; in conclusione è possibile affermare che non si tratta di un prodotto adatto a chi voglia orientarsi su una skin-care routine ecobio. Dal detergente Vichy (B) trattandosi di un prodotto di alta fascia, venduto 38 esclusivamente in farmacia, ci si aspetterebbe una scelta di ingredienti attenta e accurata invece, secondo l’analisi effettuata, il prodotto presenta una gran quantità di derivati dal petrolio, di siliconi, di conservanti e di coloranti che con l’utilizzo prolungato possono portare a dei danni cutanei. Il detergente Yves Rocher (C), brand che pubblicizza i suoi prodotti come “vegetali”, ha tra le prime voci del suo INCI quasi esclusivamente petrolati e sostanze potenzialmente irritanti e allergizzanti; la camomilla, che da anche il nome al prodotto, si trova al terzultimo posto, subito prima di due coloranti sintetici. Il detergente Organic Surge (D) e Fitocose (E) sono gli unici prodotti, tra quelli presi in esame, ad avere un INCI considerato green, eco-dermocompatibile e con una bassa possibilità di provocare irritazioni e allergie ai consumatori; inoltre, molti delle sostanze presenti derivano da ingredienti provenenti da agricoltura biologica. Quest’ultimi detergenti possono essere un’ottima opzione per i consumatori che vogliono scegliere una ski-care routine ecobio Questo breve test ha sicuramente fatto emergere alcune interessanti considerazioni: la farmacia, un canale distributivo considerato “sicuro” e affidabile può nascondere delle insidie per quei consumatori che preferiscono optare per una skin-care ecobio. Lo stesso vale per quanto riguarda il prestigio della marca che non è sempre sinonimo di qualità del prodotto. La peggiore sorpresa è venuta infatti dal prodotto Yves Rocher; il brand francese si proclama come pioniere della cosmetica vegetale e reclamizza i suoi prodotti come 100% naturali;108 la realtà appare però ben diversa: le piccole quantità di estratti naturali presenti nei loro cosmetici sono immersi in petrolati, siliconi, conservanti e coloranti sintetici. Ci troviamo quindi di fronte ad un caso di greenwashing,109 in cui le accattivanti immagini di piante e fiori presenti sulle confezioni sono solo, purtroppo, degli specchietti per le allodole. Risulta quindi indispensabile non affidarsi ciecamente alla marca (come nel caso Yves Rocher) o al canale distributivo (come nel caso Vichy) ma imparare a leggere l’INCI dei prodotti al fine di operare una scelta d’acquisto consapevole, senza lasciarsi abbagliare da false promesse. 108 109 http://www.yves-rocher.com/it/cosmetique_vegetale/i_5_principi.html Al fenomeno greenwashing è dedicato l’intero capitolo 6. 39 3.3.2 Enti di certificazioni ed eco-label Un altro strumento importante per un acquisto consapevole di un prodotto cosmetico è, come accennato in precedenza, l’eco-label della certificazione apposta sulla confezione, che permette al consumatore di avere ulteriori garanzie sulle qualità ecobio di un cosmetico. Purtroppo a livello europeo non esiste uno standard di certificazione unico che disciplina la cosmesi ecobio e ciò può comportare non poche insidie per il consumatore finale. In Europa sono presenti diverse organizzazioni che operano nel campo della certificazione biologica: la Francia opera attraverso ECOCERT110, il Regno Unito attraverso la SOIL ASSOCIATION111 e la Germania, paese leader della cosmesi biologica, attraverso la BDIH112. In Italia, l’ente certificatore più importante è ICEA113 (Istituto per la Certificazione Etica ed Ambientale) che rilascia dal 2002 il marchio “EcoBioCosmesi”. Icea è l'organismo di controllo e certificazione fondato da AIAB114 nel 2000 che ha messo a punto un disciplinare per i cosmetici, probabilmente il più diffuso in Italia. 110 ECOCERT: ente di controllo e certificazione, che dalla fine del 2002 rilascia il marchio “Cosmetique Biologique” a quei cosmetici che contengano almeno il 95% di ingredienti di origine naturale, di cui il 50% certificato biologico. http://www.ecocert.com 111 SOIL ASSOCIATION, ente certificatore britannico, dal 2002 si fa promotore di un disciplinare per la certificazione dei prodotti cosmetici naturali considerato il più “integralista”: i prodotti devono contenere almeno il 75% di ingredienti biologici su sostanza secca. http://www.soilassociation.org/ 112 BDIH: Federazione delle imprese dell’Industria e del Commercio per prodotti farmaceutici, articoli salutari, alimenti integrativi e prodotti per l’igiene personale. Già dal 1996 ha sviluppato un disciplinare per la certificazione dei prodotti naturali per la cura del corpo, rilasciando il marchio “Certified Natural Cosmetic”. www.bdih.de 113 Icea, Istituto per la Certificazione Etica ed Ambientale, è un consorzio che controlla e certifica aziende che svolgono la propria attività nel rispetto dell’uomo e dell’ambiente, tutelando la dignità dei lavoratori e i diritti dei consumatori. Con circa 13mila aziende controllate a forte valenza etica, ambientale e sociale, 300 tecnici e 28 Strutture Operative Territoriali in Italia e all'Estero, Icea è tra i più importanti organismi del settore in Italia e in Europa, dove opera per favorire uno sviluppo equo e socialmente sostenibile che dall’agricoltura biologica si estende agli altri settori del bioecologico. Le certificazioni Icea coprono infatti i settori Food (comparto agroalimentare biologico e acquacoltura biologica) e Non Food, (cosmesi e detergenza bio, tessile ecologico, arredamento ecologico, turismo sostenibile, materiali per la bioedlizia, gestione sostenibile degli spazi verdi, certificazione SA8000). http://www.icea.info/it/ 114 Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica, http://www.aiab.it/ 40 Le aziende che intendono ottenere la certificazione Icea devono soddisfare determinati requisiti minimi, tra i quali: • non utilizzare sostanze derivate da organismi geneticamente modificati; • non sperimentare i prodotti e gli ingredienti in esso contenuti sugli animali; • non trattare il prodotto con radiazioni ionizzanti; • rispettare le norme internazionali e nazionali vigenti in materia; • gli ingredienti devono provenire da agricoltura biologica certificata; • i prodotti non devono contenere vegetali a rischio di estinzione; • imballare il prodotto in confezioni riciclabili non dannose per la salute, preferibilmente in materiali simili a quelli utilizzati per gli alimenti; • non utilizzare ingredienti che sono stati banditi dal disciplinare (sono circa 1500 sostanze chimiche considerate “a rischio”, ovvero allergizzanti, irritanti o nocive per la salute).115 Icea è inoltre molto attenta alla filosofia dell'azienda che vuol essere certificata e al suo comportamento etico. La sua certificazione è basata su un sistema di criteri elaborato da un gruppo di tecnici e centri universitari di ricerca. Dal 2007 Icea ha ottenuto da IOAS (International Organic Accreditation Service), l’accreditamento internazionale ISO/IEC 65:1996. Le aziende certificate da Icea, vengono controllate con ispezioni svolte periodicamente da personale esperto; a queste, si aggiungono controlli analitici sui prodotti immessi sul mercato, effettuati presso laboratori qualificati. Questi controlli, in accordo con IOAS sono più frequenti di quelli a cui sono sottoposti i cosmetici convenzionali.116 L’elenco completo delle aziende e dei cosmetici certificati, con relative composizioni, è consultabile sul sito Icea, www.icea.info al seguente link: www.icea.info/Default.aspx?tabid=208 . Accanto a Icea, in Italia esistono altri due enti certificatori che hanno istituito un proprio disciplinare e marchio che viene apposto su quei prodotti che rispettano determinati standard fissati: CCPB e Bioagricert. 115 Disciplinare Tecnico per la Eco-Bio Cosmesi redatto da Icea è consultabile online sul sito dell’ente di certificazione stesso, www.icea.info/media/com_icea/documentation/documents/339.pdf 116 CATELLANI S. “Icea – L’eco-bio cosmesi certificata compie dieci anni: il boom dei prodotti e la richiesta di una legge europea”, Viaemilianet.it il portale dell’economia, Bologna, 10 settembre 2012, http://www.viaemilianet.it 41 CCPB è il marchio italiano specializzato in produzioni agro-biologiche ed ha uno specifico disciplinare in materia cosmetica. I marchi sono due: “Cosmetici Naturali” e “Cosmetici Biologici”. Il primo prevede che almeno il 95% degli ingredienti sia naturale (o di origine naturale), il secondo che il 95% degli ingredienti naturali sia certificato biologico, acqua esclusa ovviamente. Lo standard è pertanto “privato”, ed è stato predisposto da un gruppo di lavoro composto da esperti appartenenti ad aziende ed associazioni del settore ed è equivalente ai più importanti standard utilizzati a livello europeo.117 Bioagricert ha messo a punto uno standard volontario per la certificazione dei prodotti per la cura e per la detergenza del corpo: “BIO&NATURAL Cosmetic Standard”. Lo standard prevede uno specifico disciplinare per i cosmetici a tre livelli di certificazione: “Bio-natural” attesta che almeno il 95% degli ingredienti deve essere di origine naturale e che gli ingredienti di origine agricola o da raccolta spontanea devono essere certificati. “Natural cosmetic” garantisce che gli ingredienti sono naturali e/o di origine naturale, fatta salva la deroga relativa a massimo un 5% di prodotti di origine sintetica ammessi. “Natural detergenza” è dedicato, come s'intuisce, ai detergenti.118 A livello europeo, per risolvere la questione legata alla frammentazione dei diversi disciplinari, molti enti di certificazione stanno cercando di creare uno standard comune e definito. L’obiettivo è quello di riavvicinare i capitolati di ogni singolo ente, cercando di stabilire dei nuovi criteri di certificazione in base alle percentuali di ingredienti biologici contenuti nel prodotto finito, creando allo stesso tempo, una 117 118 http://www.ccpb.it/ www.bioagricert.org/ 42 “positive list” di materie prime ammesse e stabilendo una comune terminologia per distinguere i cosmetici biologici da quelli naturali. I risultati di questo lavoro si sono concretizzati in due grandi certificazioni cosmetiche internazionali, private e volontarie: COSMOS119 e NaTrue120. COSMOS (Cosmetic Organic Standard121) è stato creato dall’alleanza di cinque enti di certificazione europei: Ecocert e Cosmebio (Francia), Bdih (Germania), Soil Association (Regno Unito) e Icea (Italia). Si tratta di un codice di autoregolamentazione su base volontaria, con un proprio marchio, che definisce e regolamenta il cosmetico biologico stabilendone le caratteristiche. La mission di COSMOS-standard, entrato in vigore il 1° settembre 2011, è quella di promuovere l'utilizzo di prodotti da agricoltura biologica nel rispetto della biodiversità, utilizzare risorse naturali in modo responsabile nel rispetto dell’ambiente e della salute umana e di integrare e sviluppare il concetto di “Green Chemistry”.122 Cosmos suddivide gli ingredienti cosmetici in 5 grandi categorie: • Acqua: l'acqua non interferisce nel calcolo della percentuale di ingredienti di origine biologica sul prodotto finito. • Minerali: i minerali non vengono considerati biologici perché non sono fonte rinnovabile, possono essere tuttavia usati purché puri e naturali. • PPAI (Physically Processed Agro-Ingredients): sono ingredienti di origine vegetale, animale e microbiologica trattati solo con metodi fisici consentiti dallo standard. • • CPAI (Chemically Processed Agro-Ingredients): sono ingredienti derivati da processi chimici ammessi dalla certificazione. COSMOS vuole promuove la cosiddetta "chimica verde" attraverso l’uso di risorse rinnovabili e l’assoluto divieto dell’utilizzo di solventi di origine petrolchimica nella lavorazione di materiali biologici. Atri ingredienti. 119 http://www.cosmos-standard.org/ http://www.natrue.org/ 121 Il testo in inglese del COSMOS-standard (Cosmetics organic and natural standard), è consultabile online. http://www.cosmos-standard.org/docs/COSMOS-standard-final-jan-10.pdf 122 http://www.cosmos-standard.org/ 120 43 All’interno del Cosmos viene applicato il principio di precauzione verso quei composti che presentano un potenziale rischio per la salute o per l’ambiente come per esempio le nanoparticelle insolubili con diametro inferiore a 100 nm. Riguardo ai test effettuati sugli animali il Cosmos segue la normativa vigente secondo la quale sono vietati i test sui prodotti finiti, mentre sono permessi quelli sui singoli ingredienti qualora la legge lo richieda.123 La certificazione COSMOS è anche attenta alla natura del packaging: le confezioni non devono contenere PVC o altri materiali plastici clorurati, sostanze derivate da organismi o enzimi geneticamente modificati e polistirolo.124 Grazie a queste divisioni il Cosmos-standard riesce a distinguere 2 tipi di cosmetici certificabili: il Cosmetico Biologico e il Cosmetico Naturale. Un prodotto cosmetico biologico per ottenere la certificazione “COSMOS ORGANIC” deve contenere almeno il 95% di PPAI biologici; entro 36 mesi dall'entrata in vigore dello standard, almeno il 30% dei PPAI restanti dovrà essere biologico, se disponibile. Al termine del periodo di transizione di 36 mesi, almeno il 30% dei CPAI, secondo il sistema di calcolo previsto dallo standard, dovrà essere commutato in biologico. Di conseguenza, sul totale del prodotto finito, almeno il 20% di ingredienti deve essere biologico, ad eccezione dei prodotti da risciacquo come bagnoschiuma, shampoo ecc. per i quali è sufficiente il 10%. Per quanto riguarda invece il marchio "COSMOS-NATURAL" non è richiesta una percentuale determinata di ingredienti biologici. Su tali prodotti si deve indicare in etichetta l'ente certificatore nazionale e indicare gli ingredienti biologici nella lista INCI.125 123 Per quanto riguarda la delicata tematica della vivisezione, è stato dedicato l’intero il capitolo 4 al corpus legislativo e ad alcune riflessioni sull’argomento ritenendo che meritasse uno spazio adeguato data la complessità della materia. 124 http://www.saicosatispalmi.org 125 http://www.aideco.org 44 NaTrue è la certificazione internazionale nata nel 2009 per iniziativa di alcune importanti aziende tedesche e svizzere che rappresentano la maggior parte del mercato europeo della cosmesi bio/naturale. Adopera dei criteri più restrittivi rispetto a Cosmos per quanto riguarda le sostanze e i metodi di trasformazione con lo scopo di certificare prodotti realmente naturali.126 Gli organismi di controllo italiani riconosciuti da NaTrue sono: Ccpb, BioagriCert e Certiquality mentre in Europa si può citare Bio.Inspecta (Svizzera), EcoControl (Germania). La certificazione NaTrue divide i suoi elementi in 3 tipologie: “sostanze naturali”: sono quelle che si trovano in natura e non sono sottoposte a trattamenti chimici; “sostanze natural-identiche”: sostanze naturali manipolate con semplici metodi di trasformazione, che sono stabiliti nel dettaglio e “sostanze natural-simili”: sono sostanze che provengono da elementi che si trovano in natura, ma che vengono modificate con trattamenti chimici. Esse includono pigmenti minerali e conservanti che sono ammessi solamente nel caso non siano disponibili, in alternativa, sostanze naturali qualitativamente e quantitativamente sufficienti; queste sostanze devono essere specificate nell’etichetta.127 La Certificazione NaTrue deve essere rinnovata ogni due anni e distingue in modo preciso tra il cosmetico biologico e quello naturale. Essa garantisce inoltre che nei prodotti certificati non siano presenti: • Profumi e colori sintetici. • Prodotti derivati del petrolio (Parafines, PEG,-propil-,-alchil-, ecc). • Oli di silicone e derivati. • OGM (in conformità col regolamento UE). • Irradiazione del prodotto finito.128 126 Confesercenti Bologna, con il contributo della Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Bologna, “Guida ai negozi eco-bio di Bologna e provincia”, Tipografia ModernaIndustrie Grafiche, Bologna, 2012.. 127 http://www.natrue.org 128 http://www.aideco.org 45 Per quanto riguarda l'acqua, essa non è considerata nel calcolo della percentuale di ingredienti biologici. Tutte le sostanze che non rientrano nelle 3 categorie non sono ammesse. NaTrue prevede 3 livelli di certificazione, che corrispondono a 3 livelli di naturalità del prodotto finito: “NaTrue una stella” - Cosmetici Naturali: lo standard base della certificazione. Per ottenerlo si devono rispettare l'elenco degli ingredienti ammessi e dei metodi per la loro lavorazione, nonché i limiti del contenuto minimo di sostanze naturali e del contenuto massimo di sostanze natural-simili. Per ogni tipologia di prodotto si riscontrano criteri differenti (ad esempio quelli applicabili al sapone sono diversi da quelli applicabili a una crema) per via della loro diversa funzione d'uso. “NaTrue due stelle” - Cosmetici Naturali con complementi biologici. Oltre allo standard base precedente, questo marchio richiede livelli minimi più alti di sostanze naturali non trasformate, delle quali il 70% deve provenire da agricoltura biologica o raccolta spontanea certificata.129 Infine il livello più alto di certificazione, “NaTrue tre stelle” - Cosmetici Biologici. Oltre allo standard due stelle, i cosmetici biologici devono contenere percentuali minime ancora più elevate di ingredienti naturali non trasformati; il prodotto infatti deve contenere una percentuale di ingredienti provenienti da coltivazioni biologiche controllate e/o raccolte spontanee controllate pari al 95%. Data la restrittività di quest'ultima certificazione, essa è ottenibile solamente da alcune tipologie di cosmetici.130 Per ogni brand, ogni prodotto presentato deve rispettare pienamente i criteri e almeno il 75% della gamma di prodotti/brand deve ottenere la certificazione.131 129 http://www.skineco.org/index.php?option=com_content&view=article&id=30&Itemid=169&lang=it 130 Marchio NATRUE: requisiti per cosmetici naturali e biologici, http://www.natrue.org 131 Confesercenti Bologna, con il contributo della Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Bologna, “Guida ai negozi eco-bio di Bologna e provincia”, Tipografia ModernaIndustrie Grafiche, Bologna, 2012. 46 In conclusione è possibile così riassumere le peculiarità delle due certificazioni internazionali descritte: Ingredienti vegetali Ingredienti chimici % bio sul totale % bio sul vegetale Cosmos Organic Elenco sostanze vietate Elenco sostanze vietate 20,00% 95,00% Cosmos Natural Elenco sostanze vietate e criteri dell'ente certificatore nazionale Elenco sostanze vietate e criteri dell'ente certificatore nazionale Non richiesto Non richiesto NaTrue * Minimo richiesto a seconda della categoria cosmetica Massimo permesso a seconda della categoria cosmetica Non richiesto Non richiesto NaTrue ** Minimo richiesto sul totale: 15% Massimo permesso sul totale: 15% Non richiesto 70,00% NaTrue *** Minimo 20% Massimo 15% Non richiesto 95,00% Figura 8: COSMOS e Natrue, differenze e analogie Fonte: http://www.skineco.org Sia COSMOS sia NaTrue sono giunti a distinguere il cosmetico biologico da quello naturale. Entrambi riconoscono che non sia possibile ideare formulazioni di cosmetico biologico per tutti i tipi di prodotto, ma è possibile assegnare un valore di “naturalità” ad una formula, per garantirne comunque un minore impatto sull'ambiente e sulla salute. Le due certificazioni inoltre non includono l'acqua nel calcolo della percentuale di biologico contenuta nel cosmetico, riconoscendo che la maggior parte dei cosmetici contiene grandi percentuali d’acqua e questo, in sede di analisi, falserebbe il giudizio nella scelta se considerare un prodotto biologico o meno.132 Infine, i criteri per aderire alla certificazione NaTrue sono molto più restrittivi di quelli di Cosmos, ma allo stesso tempo, non prestano molta attenzione all'intero ciclo di vita del prodotto, sforzo che invece è compiuto da quest'ultimo.133 132 http://www.skineco.org/index.php?option=com_content&view=article&id=30&Itemid=169&lang=it 133 http://www.saicosatispalmi.org 47 Alle due precedenti certificazioni internazionali si aggiunge anche Ecolabel. Si tratta una certificazione pubblica europea di qualità ecologica, quindi non prende in considerazione l'origine biologica degli ingredienti ma, nel caso dei cosmetici, prevede specifici parametri che assicurano un impatto ambientale ridotto. Fondamentale per questa certificazione è il CVD (Volume Critico di Diluizione), cioè la quantità d'acqua necessaria per diluire e rendere inoffensiva per l'uomo e l'ambiente una dose di prodotto o sostanze potenzialmente irritanti o nocive. Per ottenere l'assegnazione del marchio bisogna garantire l'utilizzo di ingredienti con limitata tossicità per gli organismi acquatici, l'assenza di prodotti nocivi o pericolosi per l'ambiente, ed un elevata biodegradabilità. Grande attenzione è posta anche alla riduzione del packaging. La gestione di questo marchio è affidata al Comitato dell’Unione Europea per il marchio di qualità ecologica che è composto dagli organismi competenti, da rappresentanti delle associazioni ambientaliste, dei consumatori e dell’industria cosmetica. Nel valutare la formulazione di un certo cosmetico, Ecolabel non indaga a fondo sull’origine delle materie prime quanto invece si interessa particolarmente al loro impatto sull’ambiente acquatico con attenzione peculiare a ciò che succede dopo che è stato immesso nell’ambiente con il risciacquo. Ecolabel infatti prende in considerazione solo i cosmetici da risciacquo sia per uso personale che professionale, perché proprio questi hanno il maggior impatto dovuto alle grandi quantità riversate nell’ambiente.134 Dopo aver presentato l’elenco dei diversi organi certificatori e le caratteristiche che i prodotti cosmetici devono possedere per poter utilizzare la loro eco-label è possibile effettuare alcune riflessioni. Innanzitutto è facilmente intuibile che il proliferare di disciplinari privati di certificazione a livello nazionale (e anche internazionale) ha come diretta conseguenza di incrementare la confusione nella mente del consumatore medio (non in possesso di particolari competenze in materia) che non è in grado di stabilire autonomamente a quale ente dare più credito. Infatti in Italia manca ancora 134 Informazioni tratte da: “Yes.life: il web magazine della sostenibilità ambientale e della vita sostenibile e divertente”. http://www.yeslife.it/ 48 una legislazione apposita che definisca quali caratteristiche debba avere un prodotto naturale o uno ecobio, come al contrario è avvenuto in altri Stati; in Inghilterra, in Germania e in Francia esistono già regole specifiche, contrariamente alla legge italiana sui cosmetici che non entra nel merito dei prodotti ecobio. Di fatto, non aiuta nemmeno che i criteri ai quali i prodotti devono sottostare per ottenere la certificazione siano molto diversi da un ente certificatore ad un altro, tanto che una sostanza non ammessa da alcune certificazioni è invece approvata da altre.135 Anche in ambito europeo manca una certificazione pubblica, cioè decisa a livello statale o europeo, un po' come è stato fatto per l'alimentare biologico con il regolamento comunitario del 1991. Queste mancanze rischiano di minare la fiducia dei consumatori verso i cosmetici ecobio. È ormai noto che si tratta di un mercato in crescita che necessita quindi di regole certe come ad esempio una direttiva europea che identifichi precisamente il cosmetico ecobio. In assenza di un disciplinare pubblico, quelli privati hanno supplito come hanno potuto con diverse certificazioni su base volontaria. La speranza è quella di avere, in futuro, un po' più di chiarezza data la quota crescente di consumatori che si stanno orientando verso questa fetta di mercato. 3.4 Il canale distributivo privilegiato per il cosmetico ecobio: L’ERBORISTERIA Come evidenziato precedentemente, da tempo si sente parlare di cosmesi naturale ed ecobio. Per quanto questi termini possano sembrare semplici e facilmente comprensibili, si è potuto notare già nei passati paragrafi come sia effettivamente complesso darne una definizione accurata. Tendenzialmente, il consumatore è portato a pensare che un cosmetico venduto in erboristeria o negozi affini sia automaticamente “naturale”, in quanto proposto in un settore che dovrebbe garantire una certa genuinità e naturalità del prodotto. In realtà non è sempre così e anche in erboristeria è possibile trovare prodotti che “di verde hanno solo l’inchiostro con cui 135 RIGHINI B. (a cura di), “Sai cosa ti spalmi? Come farsi belli senza distruggere il pianeta” magazine semestrale, gennaio-giugno 2010, pag 7. 49 è stato stampato l’INCI”.136 Questo però non deve scoraggiare il consumatore che è alla ricerca di un’alternativa valida alla cosmesi tradizionale in quanto, questo fenomeno, era diffuso soprattutto in passato; sempre più erboristerie infatti propongono marchi e linee di prodotti ecobio, inoltre l’erborista, grazie alle sue competenze in materia, è senz’altro un valido consultant che può guidare adeguatamente i consumatori all’acquisto. Secondo gli ultimi dati forniti da Unipro137, il canale delle erboristerie copre quasi il 4% del mercato cosmetico italiano e si conferma un canale con ottime potenzialità di sviluppo. Probabilmente è il canale distributivo che più di altri asseconda le richieste di una domanda sempre più attenta al benessere e interessata all’acquisto di prodotti in armonia con la natura a base di oli essenziali, estratti vegetali, acqua termale ecc. Nel 2011, nelle erboristerie, il valore delle vendite di cosmetici è stato di poco inferiore ai 380 milioni di euro, per un tasso di crescita del 3,9%, il più alto tra tutti i canali tradizionali e in linea con le importanti dinamiche che caratterizzano il consumo di prodotti erboristici, negli ultimi 10 anni. 138 Un’importante spinta allo sviluppo di questo canale è sicuramente da ricercare nella svolta green di un numero sempre maggiore di consumatori. Anche i dati preconsuntivi del primo semestre 2012 mostrano l’erboristeria come un canale distributivo in controtendenza rispetto alla contrazione registrata dagli altri canali tradizionali (farmacie, profumerie e soprattutto GDO che, pur confermandosi il primo canale distributivo per la cosmesi, registra una crescita molto limitata pari allo 0,5% nel primo semestre 2012 con una previsione per il secondo semestre a un tasso positivo di un punto percentuale).139 Grazie al fenomeno dei negozi monomarca e alla crescente coscienza ecologica di consumatori attenti al prodotto a connotazione bio-naturale che trovano nell’offerta in erboristeria un logico riscontro – come dichiara Giancarlo Bruson, Presidente del Gruppo Vendite in Erboristeria di Unipro – questo canale conquista sempre maggiori quote di mercato e porta i dati 136 Id., pag 6. Unipro, “Rapporto annuale 2011 Unipro”, http://www.unipro.org/home/it/documenti/centro_studi/RAPPORTO_ANNUALE/Rapporto_annuale_ 2011_-_WEB_-_DEF.pdf 138 Ibid. 139 Intervento di M.Cristina Ceresa, direttore responsabile della Green Planner, alla tavola rotonda organizzata alla Palazzina Liberty di Milano il 19 ottobre 2012, a cura dell’associazione Change up!, http://www.magazine.greenplanner.it 137 50 preconsuntivi del primo semestre a +5,2%, con un valore di mercato che, a fine esercizio, oltrepasserà i 400 milioni di euro con una crescita del 5,9%.140 Negli ultimi anni si è assistito a profondi cambiamenti nella struttura dell’erboristeria che da una sfera tipicamente artigianale, sta progressivamente assumendo una dimensione imprenditoriale. La connotazione dell’erborista odierna è mutata rispetto al passato, dovendo necessariamente affiancare alle competenze tecniche tipiche della sua professione che erano sufficienti fino a qualche tempo fa, quando la dimensione del comparto era appunto artigianale - capacità imprenditoriali, che permettano di dipanarsi in un contesto sempre più articolato e complicato.141 In occasione dell’edizione 2012 dell’appuntamento fieristico più importante del comparto cosmetico, il Cosmoprof Bologna142, è stata presentata una recente ricerca Key-Stone sul settore erboristerie, commissionata dal Gruppo Vendite in Erboristeria di UNIPRO.143 Grazie alla ricerca Key-Stone si è potuto misurare il comparto della cosmesi in un canale erroneamente ritenuto “vecchio”, composto da circa 5.000 negozi in tutta Italia. Contrariamente a quello che si potrebbe pensare, infatti, il 35% dei punti vendita è stato aperto negli ultimi 10 anni, segno di grande dinamicità. Il fenomeno è marcato soprattutto al Nord ed è ancora più evidente nei negozi monomarca, localizzati più spesso nei centri commerciali. Secondo gli operatori del canale, le motivazioni legate all’andamento positivo risiedono in un ampliamento dell’offerta, in termini di assortimento prodotti e 140 Dati Unipro, comunicato stampa: “Unipro al SANA di Bologna con le imprese del Gruppo Vendite in Erboristeria”, Bologna, 8 settembre 2012, http://www.unipro.org 141 Intervento di Maurizio Devasini, presidente di Unerbe, in occasione dell’edizione 2012 della manifestazione fieristica dedicata al biologico Sana 2012, tenutasi a Bologna dall’8 all’11 settembre, http://www.unerbe.it/ 142 Da oltre 40 anni Cosmoprof è l’evento internazionale più importante del settore dell’estetica, della bellezza e della cosmesi con un’attenzione particolare rivolta all’industria delle Spa. Si propone come il Beauty Partner delle imprese del settore, con l’obiettivo comune di ottimizzare la presenza in fiera delle aziende e sviluppare al massimo le opportunità di business attraverso iniziative volte a favorire il contatto tra espositori e buyer. Cosmoprof ha siglato accordi di joint-venture con organizzazioni internazionali per dare vita a nuove manifestazioni fieristiche di alto livello in tutto il mondo e a testimonianza della strategia di internazionalizzazione della società si possono citare le seguenti iniziative: Cosmoprof Worldwide Bologna, Cosmoprof Asia (Hong Kong),Cosmoprof North America (Las Vegas). http://www.cosmoprof.com 143 Domenica 11 marzo 2012 nell’ambito di Cosmoprof Bologna, Roberto Rosso, Presidente KeyStone, ha presentato i risultati di una recente indagine condotta nel mondo delle erboristerie in Italia. La ricerca ha coinvolto un campione rappresentativo di 538 Erboristerie, di cui 486 tradizionali e 52 monomarca; ciò ha permesso di realizzare interessanti elaborazioni di confronto, sia sulla base del comportamento di acquisto che delle performance registrate. http://www.key-stone.it 51 profondità di gamma ed in una domanda in crescita e sempre più fidelizzata, sintomo di una trasformazione del canale: le erboristerie da punti di vendita iperspecializzati ed occasionali, si trasformano in punti vendita abituali per l’acquisto di alcune categorie di prodotto, tra cui proprio quello ecobio. Sotto questo profilo, riveste sempre più importanza il ruolo dell’erborista come promotore ed influenzatore di acquisto nei confronti del consumatore. Tra i principali driver di acquisto del consumatore è il consiglio dell’erborista a fare la differenza. L’acquirente che entra in erboristeria, accanto a prodotti sicuri e di qualità, ricerca anche l’assistenza ed il consiglio del professionista esperto, aspetto per il quale è disposto a pagare anche un surplus di prezzo: ecco perché il prezzo risulta un fattore importante ma secondario alla raccomandazione dell’erborista.144 La ricerca Key-Stone ha dimostrato che il vero valore aggiunto di questo canale è la fidelizzazione del cliente: solo il 20% dei clienti viene giudicato come “occasionale” e ben oltre il 50% frequenta il negozio come minimo una volta al mese, ciò consente di affermare che la tipologia di clienti che accede all’erboristeria è fortemente fidelizzato. La vicinanza al concetto di “prodotto naturale” e la specifica competenza degli operatori del canale rendono il legame tra cliente e negozio particolarmente stabile.145 Maurizio Devasini, presidente di Unerbe (Unione Nazionale Erboristi), in una recente intervista rilasciata a Bologna in occasione dell’edizione 2012 del Sana146 ha affermato il settore erboristico può essere messo in difficoltà dall’e-commerce: Internet, infatti, ha sposato a pieno la filosofia del naturale e biologico, anche per quanto riguarda i cosmetici.147 144 CERESA M.C., “Change Up: è tutto green quello che di verde si imbelletta?” Green Planner Magazine, 16 ottobre 2012, http://www.magazine.greenplanner.it 145 AA.VV., “Cosmetici in Erboristeria: una ricetta di successo in tempo di crisi”, Marzo 2012, http://www.key-stone.it 146 Il Salone Internazionale del Naturale SANA costituisce la più grande ed importante manifestazione fieristica dedicata al mercato del Naturale. Nato nel 1989 e arrivato ormai alla sua 24 edizione, lo storico salone internazionale del biologico e del naturale, offre una vetrina completa e qualificata per migliaia di visitatori, espositori ed operatori provenienti dall’Italia e da altri 50 paesi in tutto il mondo, con particolare interesse per l'area mediterranea. Alimentazione, Benessere, Altri prodotti naturali sono le tre sezioni che il SANA dedica al mondo del Naturale, raccogliendo ogni anno migliaia di visitatori, con una altissima percentuale di operatori professionali. Numerosi convegni sul tema del biologico, del Naturale e dell'eco-compatibile arricchiscono l'evento SANA offrendo interessanti approfondimenti. http://www.sana.it 147 http://www.unerbe.it/ 52 3.5 L’e-commerce: un nuovo canale distributivo. Alcuni portali ecobio L'Influenza che Internet ha avuto e avrà sui canali distributivi è stata ed è tuttora oggetto di studi e dispute tra chi reputa che l’e-commerce possa sconvolgere il quadro distributivo dei cosmetici e chi invece fatica ad immaginare che gli attuali consumatori, già così segmentati, passino in misura significativa ad effettuare acquisti su Internet. 148 A tal proposito va osservato che in rete sono già presenti molti prodotti cosmetici, anche se tali prodotti non sono quasi mai venduti da aziende cosmetiche, ma da dettaglianti o grossisti, che trovano nella rete un mezzo per aumentare le proprie vendite. Mentre in Italia l’e-commerce fatica a svilupparsi, in Nord Europa e negli Stati Uniti rappresenta, già da tempo, una delle aree più significative di fruizione del web.149 Il presidente di Unipro, Fabio Rossello, in occasione della Beauty Web Conference 2011, ha fornito i risultati del sondaggio online “Internet e aziende cosmetiche” dimostrando come nel 2011 le aziende cosmetiche aventi un sito internet proprio rappresentavano il 96,6% ma che solo una piccola percentuale di esse lo usassero per l’e-commerce.150 Tuttavia Paolo Chiaramida (CEO di T-Shop e cofondatore di BOW.IT srl), nel suo intervento ha asserito che, nonostante l’utilizzo del commercio elettronico da parte delle aziende cosmetiche italiane sia ancora basso rispetto all’estero (USA e UK in testa), la presa di coscienza del fenomeno sia in crescita.151 Attualmente il conversion 148 ARGENTIERI A. “Il marketing operativo dei prodotti cosmetici”, Aras Edizioni, Fano, 2009, pag. 83. 149 Id, pag. 53. 150 http://www.beautywebconference.it/edizione2011.html 151 L’Italia è il fanalino di coda per l’e-commerce in Europa, davanti solo alla Romania, con il 5% di aziende italiane che vendono online contro una media europea del 15% e il 36% registrato dalla Norvegia che guida la classifica. Sono soprattutto le piccole e medie imprese a registrare un importante gap nell’utilizzo di Internet come canale di vendita. Tuttavia nel corso del 2012 L’Italia sta recuperando questo gap nell’e-commerce rispetto agli altri principali mercati Ue. Lo rivela uno studio di eMarketer che analizza la situazione del commercio online oltre in Europa. Secondo tale studio, il ritardo dell’Italia è attribuibile all’assenza di una ‘massa critica’ di ‘cyberacquirenti’: nel 2011, soltanto il 38,5% degli italiani aveva effettuato acquisti online, contro l’82,5% del Regno Unito e il 74,6% della Germania. Nel 2012 la percentuale di acquirenti è arrivata al 41,3% (pari a 11,7 milioni di eShopper) e dovrebbe assestarsi al 44,1% nel 2013 (13 milioni). TALARICO A., “Ecommerce: l’Italia comincia a recuperare il gap. Nel 2012 mercato da 12,8 mld di euro”, Key4Biz, 02 Ottobre 2012, http://www.key4biz.it 53 rate152 delle visite di una pagina web è soltanto dell’1%; diventa quindi indispensabile che le aziende si adoperino per comprendere al meglio il canale. La strada da seguire è quella dell’innovazione, rendendo la fruizione del proprio sito web più semplice e intensificando l’interazione con i propri clienti (reali e potenziali), ad esempio grazie al monitoraggio dei forum.153 Anche il mondo ecobio non è rimasto insensibile alle possibilità offerte da Internet e se da una parte esistono brand che raggiungono il consumatore esclusivamente attraverso i canali tradizionali (farmacia ed erboristeria) dall’altra, oggi il consumatore che incontra delle difficoltà a reperire prodotti ecobio nel proprio territorio, li può comodamente ordinare attraverso un sito web. Il panorama è molto ampio: vi sono negozi “reali” che aprono anche una “vetrina virtuale” (un sito web per la vendita online) e spediscono le loro merci in tutta Italia (ad esempio Fitocose)154, e portali online che trattano solamente articoli ecobio. Quest’ultima tipologia di operatori, per lo meno in Italia, è piuttosto recente ma di grande interesse e praticità, dal momento che il consumatore si trova davanti a una serie di articoli già selezionati in base ai criteri dell’ecobio.155 Di seguito si presenta un breve elenco dei portali e-commerce di prodotti ecobio, tra i più forniti e affidabili del panorama web: Yes.life Store: è il progetto e-commerce di www.yeslife.it, “il web magazine della vita sostenibile e divertente”. Yes.life Store nasce per raggruppare tutti i prodotti del mercato europeo che possono essere definiti eco-chic, ovvero belli, allegri, alla moda e prima di tutto sostenibili. Per ogni prodotto viene spiegato il motivo per cui è considerato sostenibile; ad esempio per quanto riguarda i prodotti di bellezza ecobio è indicata la lista degli ingredienti e le certificazioni alle quali aderiscono. Yes.life Store si pone come punto di riferimento di prodotti ecologici e chic, nuovi, unici, originali e green.156 152 Per i siti web il Conversion Rate (tasso di conversione) è il numero di visitatori che compiono l'azione desiderata diviso per il numero di visitatori totali in un determinato arco di tempo (di norma mensilmente). In questo caso si tratta della percentuale di persone che si convertono in compratori sul totale dell'utenza esposta alla possibilità di conversione. 153 SOMMARIVA W., “La bellezza incontra il web”, Allure, agosto 2011. 154 http://www.fitocose.it 155 DI PALMA R. “ La cosmetica diventa bio, per una cura di sé e dell’ambiente”, Economia e Società, Parma Economica, 2011. 156 http://store.yeslife.it/ 54 Mondevert, il bio-beauty shop online: MondeVert nasce nel 2007, dopo una lunga esperienza nella vendita online di prodotti naturali maturata dai suoi ideatori. Sul potale MondeVert i consumatori troveranno un grande assortimento di cosmetici e prodotti eco-bio che rispettano in maniera completa i rigidi criteri di scelta di MondeVert. Ogni prodotto MondeVert è certificato da organismi di controllo come Icea, CCPB o Bioagricert; all'interno di ogni gamma di prodotti certificati viene operata un’ulteriore selezione analizzando attentamente l’INCI e dando preferenza a cosmetici la cui componente vegetale deriva da coltivazioni biologiche certificate o meglio ancora da raccolta spontanea.157 EcoBelli: portale e-commerce di cosmetici ecobio e cruelty free. Nella vetrina di prodotti, sempre in costante aggiornamento, vengono proposti cosmetici altamente selezionati secondo i principi degli standard europei sulla cosmesi ecobio, allo scopo di arginare le pratiche di greenwashing.158 Nel catalogo prodotti vengono privilegiate le piccole aziende artigianali italiane e straniere. Lo staff di EcoBelli è molto attento alla formulazione dei prodotti infatti, la lista degli ingredienti è sempre riportata nella scheda prodotto.159 NaturaBioBenessere: portale e-commerce di prodotti naturali e biologici per la cura, la bellezza ed il benessere del corpo. Un sito dedicato a tutti coloro che prediligono uno stile di vita più consapevole, etico ed ecosostenibile.160 Saicosatispalmi: offre prodotti per la cura della persona e prodotti per il make-up esclusivamente eco-bio. La sua ideatrice, Barbara Righini è stata tra le prime blogger ad aprire un portale (www.saicosatispalmi.org) che ospita un utilissimo forum dedicato alla cosmesi eco-bio.161 Nonostante in Italia sia ancora un fenomeno poco frequente, esistono aziende cosmetiche ecobio che hanno deciso di affidarsi esclusivamente all’e-commerce, eliminando i costi di distribuzione e potendo così offrire ai propri clienti ottimi prodotti eco-bio a dei prezzi vantaggiosi. L’esempio italiano di maggior successo è Neve Cosmetics: la prima azienda a produrre mineral makeup in Italia. Neve Cosmetics nasce nel 2009 a Moncalieri (TO) e avvalendosi dei migliori professionisti 157 http://www.mondevert.it/ Al fenomeno del greenwashing, è dedicato il capitolo 6 di questo elaborato. 159 http://www.ecobelli.com 160 http://www.naturabiobenessere.it 161 http://www.saicosatispalmi.com/ecommerce/ 158 55 nazionali continua ad inventare e realizzare cosmetici minerali, naturali e innovativi. Alla base della filosofia produttiva c'è la volontà di creare prodotti efficaci, colorati e creativi senza rinunciare a formule semplici e pulite né all’etica cruelty-free. Una scelta importante dell’azienda è stata quella di non destinare ingenti budget a testimonial famosi, product placement, imballaggi complicati e di commercializzare i propri prodotti esclusivamente online.162 Vale la pena menzionare infine i siti specializzati nella vendita di materie prime idonee al confezionamento di cosmetici ecobio. Una minoranza di consumatori, infatti, alla ricerca di sicurezza ed efficacia, è arrivata al punto di “costruire” i cosmetici da sé: esistono rivenditori che forniscono ingredienti e ricette, come il francese Aroma Zone che propone addirittura dei kit per principianti163. Questa tendenza, chiamata dalle sue estimatrici “l’arte dello spignatto”, nell’ultimo periodo sta avendo un discreto clamore, come possono testimoniare il successo di forum dedicati a questo “hobby”: PromiseLand (www.promiseland.it), Sai Cosa ti Spalmi (www.saicosatispalmi.org), l’Angolo di Lola (www.lola.mondoweb.net) e Carlitadolce (www.carlitadolce.com), dove vengono fornite ricette e video tutorial per preparare a casa propria dei cosmetici realmente naturali. 162 163 http://www.nevecosmetics.it http://www.aroma-zone.com 56 CAP. 4 COSMETICI E TEST SU ANIMALI La questione dei test sugli animali per quanto concerne i cosmetici è piuttosto complessa; ogni prodotto cosmetico che viene a contatto con l'uomo necessita infatti, per legge, di essere sperimentato, per garantirne la completa sicurezza e atosiccità.164 Si è già visto, nel capitolo precedente, come nemmeno a livello delle certificazioni europee per i cosmetici ecobio ci sia uniformità nel trattare la tematica. Il Decreto Legislativo n. 116 del 1992 prevede che ogni sostanza potenzialmente pericolosa per gli uomini (farmaci, additivi alimentari, pesticidi, prodotti per l’igiene della casa e della persona, cosmetici, ecc.) debba essere obbligatoriamente testata sugli animali prima di essere commercializzata.165 Più precisamente per sperimentazione sugli animali, conosciuta anche con il termine vivisezione, si intende qualsiasi tipo di ricerca (farmacologica, cosmetica, ecc.) in cui sono utilizzati animali . Solo il 30% degli esperimenti riguarda in qualche modo la medicina, la chirurgia e la psichiatria; il restante 70% riguarda esperimenti per testare prodotti cosmetici, industriali e bellici.166 Unipro tiene a precisare che, per quanto riguarda l’industria cosmetica italiana ed europea, la priorità assoluta rimane quella di assicurare la tutela della salute del consumatore, con il ricorso a metodiche scientifiche di valutazione della sicurezza delle materie prime e dei prodotti finiti, volte ad offrire la massima garanzia.167 Di seguito vengono presentate le principali normative sull’argomento. 164 CAMASSI L., “Moda e cosmesi, un binomio vincente. Il rapporto con il mondo moda e le prossime tendenze di marketing”, Franco Angeli, Milano, 2006, pag 146-147 165 D.lgs 116/92: Attuazione della direttiva n. 86/609/CEE in materia di protezione degli animali utilizzati a fini sperimentali o ad altri fini scientifici. (G.U. Serie Generale, n. 40 del 18 febbraio 1992). 166 http://www.enpa.it/it/ 167 Dati Unipro, “Cosmetici e test sugli animali: la posizione dell’industria cosmetica. Da marzo 2009 i test su animali per scopi cosmetici sono proibiti in tutti i Paesi dell’Unione Europea”, position paper del 26 aprile 2012. www.unipro.org 57 4.1 Direttiva 76/768/CEE, detta “direttiva cosmetici” e successive modifiche In Italia la produzione e la commercializzazione dei prodotti cosmetici è disciplinata dalla legge dell’11 ottobre 1986 n. 713 e successive modifiche.168 Si tratta del recepimento e dell’attuazione della direttiva comunitaria 76/768/CEE, detta “Direttiva Cosmetici” emanata al fine di rendere uniforme, a livello europeo, la disciplina relativa alla produzione e alla vendita dei cosmetici. Questa direttiva impone di utilizzare animali nei test specifici per gli ingredienti dei prodotti cosmetici. Nel giugno 1993 la direttiva 93/35/CEE sui cosmetici, viene adottata come sesto emendamento della direttiva 76/768 CEE, apportando delle sostanziali modificazioni. Introduce infatti il divieto, a decorrere dal 1° gennaio 1998, di immettere sul mercato ingredienti o combinazioni di ingredienti testati su animali. Chiede inoltre che sia fornita annualmente una relazione sullo sviluppo di metodi alternativi. Viene altresì precisato che, qualora tali metodi non venissero ritenuti inadeguati, la Commissione potrà rinviare il divieto. Puntualmente la relazione del 1996 afferma che fino a quel momento nessun metodo alternativo fosse disponibile per valutare il rischio sistemico, proponendo così un rinvio. La Commissione ha rinviato così la data del divieto prima al 30 giugno 2000 con la direttiva 97/18/CE e poi al 30 giugno 2002 con la direttiva 2000/41/CE . 4.2 Direttiva 2003/15/CE Il settimo emendamento alla Direttiva Cosmetici, scritto nel 2000 e approvato come direttiva 2003/15/CE il 27 gennaio 2003, sostanzialmente sostituisce le modifiche introdotte dalla direttiva 93/35/CEE mantenendo però le stesse clausole di rinvio. La nuova direttiva sui prodotti cosmetici prevede l'eliminazione progressiva della sperimentazione animale nel settore. Dal settembre 2004 è in vigore il divieto della 168 Legge 11 ottobre 1986, n. 713. Norme per l'attuazione delle direttive della Comunità europea sulla produzione e la vendita dei cosmetici. Tale legge regolamenta, in particolare, gli aspetti relativi alla composizione dei prodotti cosmetici, alla presentazione (etichettatura, confezionamento e ogni altra forma di rappresentazione esterna del prodotto) e agli adempimenti necessari per avviare la produzione e la vendita o procedere all’importazione dei prodotti. 58 sperimentazione animale relativa ai prodotti cosmetici finiti e dal marzo 2009 vige un divieto analogo per quanto concerne gli ingredienti o le combinazioni di ingredienti. Dal marzo 2009 è inoltre vietato commercializzare nell'UE prodotti cosmetici e loro ingredienti che siano stati oggetto di una sperimentazione animale, indipendentemente dall'origine di tali prodotti. Questo divieto di commercializzazione ha un'applicazione generale tranne che per gli effetti più complessi sulla salute umana che devono essere oggetto di sperimentazione per dimostrare la sicurezza dei prodotti cosmetici (la tossicità da uso ripetuto, compresa la sensibilizzazione cutanea e la cancerogenicità, la tossicità riproduttiva e la tossicocinetica) e per i quali il legislatore ha prorogato la scadenza fino al marzo 2013.169 La Commissione però si è riservata la possibilità di far slittare questo termine in assenza di test alternativi adeguati. Tale direttiva è stata recepita nel nostro ordinamento il 15 febbraio 2005 con il d.lgs. n. 50/2005, attraverso il quale sono resi non commercializzabili in Italia i prodotti finiti testati su animali (oltre all’obbligo di indicare il periodo di validità successivo all'apertura del prodotto, il divieto di utilizzo di sostanze classificate cancerogene, mutagene o tossigene, ecc). 4.3 Regolamento (CE) 1223/2009 Il 22 dicembre 2009, nella Gazzetta Ufficiale dell’UE, è stato pubblicato il nuovo regolamento sui cosmetici, approvato dal Parlamento europeo e dal Consiglio, per disciplinare in maniera coordinata il settore dei prodotti cosmetici in tutti i Paesi membri, armonizzando le disposizioni già esistenti in materia. Il Regolamento CE n. 1223/2009 sarà pienamente applicabile a partire dall’11 luglio 2013.170 Lo scopo di tale regolamento è di eliminare la incertezze e le incoerenze 169 COMMISSIONE EUROPEA, “Relazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio: relazione sulla messa a punto, sulla convalida e sulla legalizzazione di metodi alternativi alla sperimentazione animale nel settore dei cosmetici (2009)”, Bruxelles, 13 settembre 2011, pag 2. http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2011:0558:FIN:IT:PDF 170 http://europa.eu/legislation_summaries/consumers/product_labelling_and_packaging/co0013_it.htm 59 giuridiche dovute all’elevato numero di emendamenti che la direttiva cosmetici ha subito nel corso dei decenni; armonizzare la procedura di immissione sul mercato dei prodotti cosmetici che ad oggi si presenta diversa da Stato a Stato; garantire che i prodotti cosmetici immessi sul mercato dell'Unione siano sicuri alla luce dell'innovazione del settore. Negli Stati membri la sperimentazione animale è sottoposta a rigidi controlli, che saranno ulteriormente rafforzati a decorrere dal 1° gennaio 2013 in virtù della direttiva 2010/63/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2010, relativa alla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici171. Il 13 settembre 2011 la Commissione europea ha pubblicato un rapporto nel quale sottolinea la volontà costante in Europa e nel mondo di trovare metodi che possano sostituire definitivamente la sperimentazione animale. Malgrado questa volontà e i progressi scientifici finora raggiunti, sarà impossibile trovare dei test sostitutivi affidabili per i test sulla tossicità da uso ripetuto, la tossicità riproduttiva e la tossicocinetica entro la scadenza prevista ( 11 luglio 2013).172 Si arriverà quindi, molto probabilmente ad uno slittamento del divieto, i più ottimisti preconizzano un rinvio al 2015 mentre si profila, come data possibile, il 2019173 (secondo alcuni invece il divieto potrebbe addirittura slittare al 2025).174 Tuttavia, secondo recenti notizie, sembrerebbe che il tanto temuto rinvio del bando dei test sugli animali per i prodotti cosmetici, non avrà luogo. A comunicarlo è stato il Commissario designato alla Salute Tonio Borg, che ha confermato il suo intento di vietare, a partire dal prossimo 2013 la commercializzazione di prodotti cosmetici testati sugli animali.175 Il Commissario, dopo il primo pronunciamento dello scorso 13 novembre avvenuto in Parlamento avrebbe confermato in una lettera inviata alla sezione inglese della PETA (People for the Ethical Treatmet of Animals) il suo 171 Direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2010, sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici (GU L 276 del 20.10.2010), pag. 33. 172 COMMISSIONE EUROPEA, “Relazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio: relazione sulla messa a punto, sulla convalida e sulla legalizzazione di metodi alternativi alla sperimentazione animale nel settore dei cosmetici (2009)”, Bruxelles, 13 settembre 2011, pag 4. http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2011:0558:FIN:IT:PDF 173 Redazione GEAPRESS, “Direttiva cosmetici – nuova conferma al rinvio”, 21 luglio 2011, http://www.geapress.org 174 Redazione GEAPRESS, “Test cosmetici e l’eccezionale uso”, 01 febbraio 2012, http://www.geapress.org 175 Redazione GEAPRESS, “Cosmetici e vivisezione – il Commissario designato Borg conferma il suo no al rinvio”, 20 novembre 2012, http://www.geapress.org 60 intento a non proporre alcun ritardo o compromesso in merito al divieto di commercializzazione di prodotti cosmetici testati sugli animali e ha inoltre sottolineato che il fatto che non vi siano ancora strumenti alternativi, non deve rappresentare una giustificazione per un continuo rinvio.176 4.4 Standard Internazionale “Non testato su animali” Dopo aver fornito, nei precedenti paragrafi, l’evoluzione legislativa sulla questione legata alla sperimentazione sugli animali di prodotti cosmetici, si cercherà ora fare chiarezza sul significato di “cruelty free” in campo cosmetico. La definizione del termine “cruelty free”177 è opinabile e pone diversi problemi; effettivamente si potrebbero definire cruelty free solo quelle ditte che usano ingredienti inseriti nella “positive list” (ingredienti presenti sul mercato prima del 1976, anno in cui è entrato in vigore l'obbligo dei test su animali specifici per i cosmetici)178, ma ormai quasi nessuna azienda è in grado di soddisfare questo criterio così stringente. È nato così lo Standard internazionale “Non testato su animali” che fornisce una definizione meno severa ma ugualmente accettabile ed efficace.179 Lo standard “Non testato su animali”, riconosciuto a livello internazionale nell'ambito della cosmesi, è stato ideato nel 1997 da una coalizione internazionale di associazioni animaliste di tutta Europa guidate dalla coalizione europea contro la vivisezione (ECEAE), di cui la LAV è membro italiano, e dalle principali associazioni animaliste statunitensi. Lo standard prevede che le aziende che 176 Redazione GEAPRESS, “Test cosmetici sugli animali – il Commissario europeo conferma: stop nel 2013”, 14 dicembre 2012, http://www.geapress.org 177 Cruelty Free è un termine inglese che sta ad indicare che un prodotto cosmetico, (compresi gli ingredienti di cui è composto) non è testato su animali. Informazioni tratte da: “Yes.life: il web magazine della sostenibilità ambientale e della vita sostenibile e divertente” http://www.yeslife.it 178 Positive list: queste sostanze non necessitano di ulteriori test per poter essere usate in un prodotto cosmetico. Quindi, i cosmetici che hanno come ingredienti solo le sostanze della Positive List sono gli unici che sicuramente non incrementano il numero di animali usati nelle sperimentazioni dopo il 1976. Resta il fatto che non esistono, almeno in Italia, aziende che utilizzano esclusivamente ingredienti di detta lista. http://www.enpa.it/it/uffici/ducumenti_av/Vivisezione_e_cosmesi.pdf 179 “Cosmetici e sperimentazione animale aggiornamento 2012 sui cosmetici cruelty-free”. Pieghevole realizzato da VIVO – Comitato per un consumo consapevole, che spiega in breve cosa si intende per cosmetici cruelty free e indica quali sono le marche “approvate” http://www.consumoconsapevole.org/download/VIVOfolder.pdf 61 vogliono, sulla propria etichetta, porre la dicitura “Stop ai testi su animali”, debbano impegnarsi a fornire alle associazioni competenti (in Italia la LAV)180 una documentazione attestante l'impegno a non condurre test sugli animali, a non acquistare sostanze da fornitori che li conducono e a certificare che i singoli ingredienti utilizzati nel prodotto non siano stati testati dopo una certa data, chiamata “fixed cut-off date”. Infatti dal 2004 la Lega Anti Vivisezione (LAV), si è fatta promotrice di questa campagna per sensibilizzare e coinvolgere le aziende del settore, approvando l’adesione delle aziende allo Standard Internazionale solo in seguito al placet dell'ICEA che, come osservato in precedenza, rappresenta importante ente di certificazione italiano del biologico e dei prodotti a valenza etica, sociale e ambientale. Il controllo delle aziende da parte di ICEA avviene tramite ispezioni condotte da un'equipe di chimici, tecnici e farmaceutici, direttamente nelle sedi aziendali.181 In conclusione, quando si parla di cruelty free, si fa riferimento a tutti quei prodotti, messi sul mercato da aziende che hanno aderito ad uno Standard Internazionale che, come si è osservato, fissa i criteri per evitare l’incremento della sperimentazione dei cosmetici sugli animali e valorizzare una politica aziendale libera da crudeltà sugli animali.182 Recentemente però si è discusso molto sulla reale valenza della dicitura “Stop ai testi su animali” introdotta dalla LAV in quanto poteva risultare fonte di ulteriore confusione per il consumatore in quanto non specifica se ci si riferisce al prodotto finito o ai singoli ingredienti. Come riportato precedentemente, i test sugli animali sul prodotto finito e su una parte degli ingredienti sono già banditi per legge in tutta l’Unione Europea, di conseguenza, una simile etichetta porterebbe il consumatore a pensare che i brand che non la utilizzano perpetuano la vivisezione. Anche il prof. Fabrizio Zago, aveva sollevato parecchie perplessità a tal 180 http://www.lav.it/ CAMASSI L., “Moda e cosmesi, un binomio vincente. Il rapporto con il mondo moda e le prossime tendenze di marketing”, Franco Angeli, Milano, 2006, pag 146-147 182 Informazioni tratte da: “Yes.life: il web magazine della sostenibilità ambientale e della vita sostenibile e divertente” http://www.yeslife.it 181 62 proposito nel forum di Promiseland dedicato alla cosmesi e al BioDizionario e da lui moderato.183 Riguardo questa tematica, il 06 dicembre Cosmetics Europe ha pubblicato un comunicato stampa in cui ha preso una posizione ufficiale contro il claim “cruetly free” affermando che verranno considerate ingannevoli tutte diciture apposte sulle etichette dei cosmetici che richiamino il cruelty free in quanto compromettono il continuo e prezioso lavoro degli scienziati impegnati nella ricerca di soluzioni alternative alla vivisezione, laddove non sono già state trovate.184 Come diretta conseguenza di questa decisione, il coniglietto della LAV che da simbolo di un reale impegno contro la vivisezione è (purtroppo) diventato uno specchietto per le allodole, dovrà essere rimosso da ogni confezione. 4.5 L’impegno continuo per rimpiazzare i test sugli animali L’associazione Cosmetics Europe (ex Colipa) gioca un ruolo di leader nello sviluppo e nella promozione di metodi di test alternativi e nuovi approcci che assicurino la sicurezza dei prodotti e degli ingredienti. Per la maggior parte degli ingredienti usati in cosmetica oggi, vengono impiegati con successo test che non coinvolgano animali, come il metodo in vitro. Tuttavia ci sono ancora delle lacune nella conoscenza scientifica che necessitano di essere colmate allo scopo di rimpiazzare completamente i test sugli animali, continuando a garantire la sicurezza dei prodotti. In Europa, metodi alternativi ai test sugli animali sono scientificamente certificati dall’ ECVAM (European Centre for the Validation of Alternative Methods) un organo predisposto a questo proposito dall’Unione Europea. La certificazione da parte dell’ ECVAM significa che un metodo alternativo è stato ufficialmente accettato dai regolamenti UE. 183 http://forum.promiseland.it/viewforum.php?f=2 Cosmetics Europe, comunicato stampa “Cruelty free claims for cosmetics misleading for public”, Bruxelles, 06 dicembre 2012 https://www.cosmeticseurope.eu/news-a-events/news/424-pressstatement-cruelty-free-claims-for-cosmetics-misleading-for-public.html 184 63 Nel novembre 2005, l’industria cosmetica, con il supporto dell’UE, ha unito le forze con molte aziende e associazioni di diversi settori industriali per creare l’EPAA (European Partnership for Alternative Approaches to Animal Testing). Questa partnership unica utilizza le migliori conoscenze e risorse per sviluppare nuovi approcci alternativi e lavora per accelerare l’accettazione dei suddetti metodi. Del resto, un completo abbandono dei test sugli animali è possibile solo attraverso un’azione collettiva da parte dei più importanti stakeholder su scala mondiale.185 4.6 Cruelty-free: leggende e verità Troppi simboli, sigle e autocertificazioni a pagamento confondono i consumatori e innalzano una cortina fumogena nei confronti di coloro che sono intenzionati, attraverso il loro comportamento d’acquisto, a prendere una posizione nei confronti di quelle aziende che testano i prodotti e gli ingredienti sugli animali. La questione della sperimentazione su animali, che la legge impone, per questioni di sicurezza, ogni qual volta un’azienda decida di immettere in commercio un prodotto cosmetico, è una materia ben più complessa di quanto possa apparire. Innanzitutto è possibile affermare con sicurezza che le generiche dichiarazioni che si trovano sull’etichetta (bio, amico dell’ambiente, non testato sugli animali ecc…) non hanno alcun valore perché si riferiscono solitamente al solo prodotto finito, mentre non dicono nulla a proposito dei singoli ingredienti che lo compongono. Il dott. Fabrizio Zago assieme al dott. Sauro Martella186 (fondatore di Promisland.it) e al dott. Massimo Tettamanti187 (Moderatore forum “Vivisezione” su Promiseland.it) hanno redatto un documento il cui intento è di far chiarezza sulla questione, fornendo così un valido aiuto ai consumatori per un acquisto più consapevole. 185 COLIPA, “Working together to replace animal testing”, brochure 2009 pag 5 https://www.cosmeticseurope.eu/ 186 Dott. Sauro Martella: Fondatore e direttore del sito Promiseland.it, vegano da oltre 10 anni, Ha fondato il sito per diffondere le informazioni di difficile accesso relativamente al mondo dei diritti umani, della difesa dell’ambiente, del rispetto della vita ed in particolar modo per la diffusione della cultura nonviolenta e vegana. Opera professionalmente nel settore della comunicazione web in Italia ed in altri Paesi. http://www.promiseland.it/ 187 Dott. Massimo Tettamanti: Chimico, Vegano. Creatore e coordinatore dell'International Center for Alternatives in Research and Education, I-CARE e del Nutrition Ecology International Center, NEIC. 64 Secondo i tre esperti, le persone che cercano prodotti “cruelty-free” devono dimostrarsi attente a tutti gli aspetti etici quindi devono orientarsi verso prodotti che non inquinino l'ambiente e che, congiuntamente, non incrementino la vivisezione. Purtroppo attenersi completamente a questi principi risulta, ad oggi, impossibile perché tutti i cosmetici (alcuni più, altri meno) inquinano e tutti i singoli ingredienti dei cosmetici, (al di là dei test sul prodotto finito) sono comunque testati su animali, per obbligo di legge. La soluzione auspicabile è quella di cercare il miglior compromesso possibile e cioè acquistare prodotti che arrechino il minor impatto ambientale e che non incrementino la vivisezione.188 A livello pratico, come è già stato spiegato nel precedente capitolo, il consumatore che vuole optare per una scelta d’acquisto etica ed ecobio ha la possibilità di accertarsi dell’effettive caratteristiche etiche paventate del prodotto attraverso l’analisi dell’INCI (tramite il BioDizionario e l’applicazione per smartphone di Icea), oltre che scegliere prodotti approvati dai principali enti di certificazione italiani e internazionali. Un altro valido strumento che corre in aiuto di quei consumatori che vogliono essere sicuri di acquistare prodotti che sono realmente cruelty-free, è la lista delle aziende cruelty-free redatta da “VIVO-Comitato per un Consumo Consapevole” e costantemente aggiornata.189 Le ditte indicate nella lista, oltre a non testare il prodotto finito, non commissionano test sugli ingredienti e non usano ingredienti testati dai produttori dopo l’anno di adesione a questa policy.190 Il futuro resta ancora incerto sia per quanto riguarda l’effettivo bando della vivisezione a fini cosmetici che dovrebbe entrare in vigore nel 2013, sia per la scoperta di metodi alternativi per effettuare i test. Segnali confortanti arrivano dalle Istituzioni europee e dalla associazione Cosmetics Europe, segnale di un impegno costante a livello internazionale. 188 “Cruelty-free: leggende e verità (come decidere consapevolmente). http://www.promiseland.it “Cosmetici e sperimentazione animale aggiornamento 2012 sui cosmetici cruelty-free”. Pieghevole realizzato da VIVO – Comitato per un consumo consapevole, che spiega in breve cosa si intende per cosmetici cruelty free e indica quali sono le marche “approvate” http://www.consumoconsapevole.org/download/VIVOfolder.pdf 190 Ibid. 189 65 La tematica resta sicuramente controversa in quanto se da una parte i test risultano necessari per l’immissione sul mercato di prodotti sicuri, dall’altra si avverte l’esigenza di trovare finalmente soluzioni alternative affinché il ricorso alla vivisezioni diventi obsoleto. 66 CAP. 5 IL GREENWASHING E ALCUNI STRUMENTI PER RICONOSCERLO Le tendenze in campo di cosmesi e bellezza, come osservato, sono sempre molteplici: se da una parte le grandi case cosmetiche offrono miracoli in boccetta, dall’altra la moda del naturale sta sempre più prendendo piede. Come si è ribadito, non si tratta solo di moda, anzi ci sono sempre più consumatori che prediligono la cosmesi ecologica e biologica (ecobio) perché si sono orientati verso un consumo consapevole, che porti benefici alla pelle e al tempo stesso non gravi troppo sullo stato del pianeta. I cosmetici ecobio stanno guadagnando sempre più quote di mercato e, anche i grandi marchi stanno iniziando ad investire in linee di prodotti a minor impatto ambientale. Di conseguenza, con l’aumento dell’attenzione dei consumatori verso prodotti ecocompatibili, cresce anche il numero di claim e messaggi volti a mettere in luce le caratteristiche green di un prodotto o di un intero brand. Spesso tutto inizia dal packaging: gli scaffali sono invasi da accattivanti confezioni dai colori chiari, prediligendo soprattutto le tonalità del verde e i colori caldi della terra come gialli o arancioni (tutti colori che richiamano piacevolmente l’idea di natura). Non mancano poi anche diciture come “naturale”, “ecologico”, “bio”, in bella evidenza.191 Il problema sorge quando il messaggio si rivela fuorviante o falso: in questo caso si parla di greenwashing, letteralmente “lavaggio verde”, che indica proprio come tante aziende sfruttino le tematiche ambientali solo per darsi un’immagine green che in realtà non posseggono. Tale tematica viene esaminata nei prossimi paragrafi. 5.1 Cos’è il Greenwashing? Si parla di greenwashing per indicare le pratiche adottate da quelle aziende od organizzazioni interessate ad acquisire una reputazione green, nella sua accezione 191 Per maggiori informazioni sulla definizione dei termini “naturale”, “ecologico” e “bio” si rimanda al primo paragrafo del capitolo 3 “verso una definizione precisa: prodotto naturale, biologico o ecocompatibile? 67 che evoca l’attenzione verso l’ecologica, senza che vi corrisponda un modo di operare sostanzialmente diverso da quello degli altri soggetti (concorrenti) rispetto ai quali esse si vogliono differenziare.192 Le origini di questo comportamento risalgono agli anni '70 e '80, quando vi si ricorreva per distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica e dei media dall'impatto ambientale negativo di alcune attività produttive.193 Il termine specifico, coniato negli anni '90, indica quindi l’ingiustificata appropriazione di virtù ambientaliste da parte di aziende, finalizzata alla creazione di un’immagine positiva della marca e dei propri prodotti. In altre parole, il greenwashing è ciò che si potrebbe definire un “marketing ecologico di facciata”, i cui sforzi sono orientati a una modifica della reputazione aziendale senza incidere realmente sulla sostenibilità ambientale dei processi produttivi adottati o dei prodotti realizzati; si tratta a tutti gli effetti di una pubblicità fuorviante che l’azienda mostra ai propri consumatori.194 Le azioni di greenwashing si attuano prevalentemente attraverso attività di comunicazione, non solo di tipo strettamente commerciale (pubblicità o packaging dei prodotti), ma anche destinate al pubblico più ampio, in genere con eventi o sponsorizzazioni. In tutti i casi l'obiettivo è la rivendicazione, da parte dell'azienda, di qualità ambientaliste a cui non corrispondono azioni concrete.195 Se il greenwashing viene inteso in un senso più ampio del termine, è possibile inserire sotto questa “etichetta” tutte quelle iniziative intraprese dalle aziende, secondo un’ottica di filantropia aziendale, che non sono ricollegabili direttamente con il business dell’azienda e che non sono accompagnate da un concreto sforzo nel ridurre il proprio impatto (ad esempio risistemare a proprie spese un giardino pubblico o sponsorizzare un evento culturale). Infatti, se un tempo generiche donazioni o attività di beneficienza erano considerate sufficienti a testimoniare 192 Greenwashing è un termine inglese relativamente nuovo, che unisce il concetto di “green” (verde inteso in senso ecologico) e di “whitewashing” (dissimulare, nascondere, riabilitare) per indicare la tendenza da parte di aziende e qualsiasi tipo di società o organizzazione a pubblicizzare i propri presunti comportamenti ecosostenibili ed attenti all’ambiente per risultare, agli occhi dei consumatori, attenti allo sviluppo sostenibile. GRANT J., “Green Marketing: il Manifesto”, Francesco Brioschi Editore, Milano, 2009. 193 PRATESI C.A., Professore di Economia e gestione delle imprese all'Università Roma Tre “Il Greenwashing” http://carloalbertopratesi.sitonline.it/1/a_m_b_i_e_n_t_e_1883504.html 194 Yes.life: il web magazine della sostenibilità ambientale e della vita sostenibile e divertente. http://www.yeslife.it/ 195 Prof. PRATESI C.A., Professore di Economia e gestione delle imprese all'Università Roma Tre “Il Greenwashing” http://carloalbertopratesi.sitonline.it/1/a_m_b_i_e_n_t_e_1883504.html 68 l'impegno aziendale verso la collettività, oggi rischiano di essere addirittura controproducenti, proprio in termini di reputazione.196 Secondo il prof. Carlo Alberto Pratesi dell’Università Roma Tre “occorre comunque riconoscere che le attività di greenwashing non sono sempre il risultato di malafede o atteggiamenti opportunistici, ma in molti casi dipendono da una mancanza di competenze in materia di management ambientale, che rende poco chiara la distinzione tra green marketing e greenwashing”.197 Il «vero» green marketing è quello che nasce quando un'azienda e di conseguenza, i suoi clienti, assumono nelle proprie attività economiche e sociali un'ottica di lungo periodo, che tenga conto del fatto che le risorse naturali (a partire da terra, aria e acqua) non sono infinite, e che quindi è indispensabile un loro uso responsabile per non ledere i diritti della collettività e delle future generazioni.198 La sfida del green marketing è di fare in modo che l’alternativa “verde” appaia normale e accettabile, al contrario del greenwashing in cui si cerca di far apparire “verdi” le attività normali.199 In questa prospettiva, ciò che contraddistingue una corretta pratica di green marketing e la differenzia dal greenwashing è il carattere proattivo: riuscire ad andare oltre agli obblighi di legge o alle pratiche standard di mercato nella riduzione dell'impatto della propria attività produttiva, coniugando risultati economici e tutela dell'ambiente.200 Con lo scopo di smascherare i comportamenti riconducibili al greenwashing da parte di numerose aziende operanti in vari settori, sono state condotte numero indagini, forse la più significativa in Italia è stata quella svolta nel 2010 da GreenBean.201 196 SEMPRINI S., “Sei modi di dire Greenwashing”, GDOWEEK, ottobre 2010, pag 74. http://www.gdoweek.it 197 Prof. PRATESI C.A., Professore di Economia e gestione delle imprese all'Università Roma Tre “Il Greenwashing” http://carloalbertopratesi.sitonline.it/1/a_m_b_i_e_n_t_e_1883504.html 198 Ibid. 199 GRANT J., “Green Marketing: il Manifesto”, Francesco Brioschi Editore, Milano, 2009, pag 28. 200 Questo avviene modificando non solo i processi produttivi, ma anche il prodotto durante tutto il suo ciclo di vita - dalla fornitura delle materie prime fino allo smaltimento o eventuale riciclo -, ed educando il cliente a un consumo più responsabile. Prof. PRATESI C.A., Professore di Economia e gestione delle imprese all'Università Roma Tre “Il Greenwashing” http://carloalbertopratesi.sitonline.it/1/a_m_b_i_e_n_t_e_1883504.html 201 Nata nel 2009 da un’idea di Sissi Semprini, GreenBean è la prima agenzia italiana di brand communication interamente dedicata alla sostenibilità. Sviluppano idee e strategie di marketing e comunicazione per affermare la sostenibilità - sociale, ambientale ed economica - come valore di marca e d'impresa. Collaborano con partner strategici, esperti, centri di ricerca e organizzazioni non governative, integrando e completando il loro know-how in comunicazione e responsabilità d'impresa. http://www.greenbean.it/futuro-it.php 69 5.2 GreenBean e i sei modi per cadere nel greenwashing GreenBean, ha recentemente condotto uno studio sulle strategie di greenwashing intraprese da alcune aziende italiane, prendendo in esame le loro campagne di comunicazione tra il 2008 e il 2010, tese a posizionare un brand/prodotto come “green”.202 Lo studio ha individuato 83 casi di brand italiani che hanno pianificato una campagna pubblicitaria proponendo come messaggio principale, temi legati alla sostenibilità ambientale. Tra queste, 53 sono risultate “colpevoli” di greenwashing.203 La ricerca ha evidenziato che nei comportamenti volti consapevolmente o inconsapevolmente al greenwashing, sono 6 gli errori più diffusi:204 Evidenziare una sola caratteristica del prodotto, ritenendola sufficiente per classificarlo come green, ignorando del tutto altri aspetti molto importanti. Si tratta del comportamento più diffuso: 18 infatti, sono i casi più eclatanti di questo tipo rilevati dalla ricerca; tuttavia, in linea generale quasi tutte le campagne analizzate da GreenBean, sono cadute in questo errore. Non comunicare determinate informazioni (dati o caratteristiche specifiche), a supporto di quanto dichiarato. Spesso queste informazioni mancano del tutto o sono 202 Alcune caratteristiche della ricerca: i brand oggetto di analisi sono stati estratti tramite la ricerca di parole chiave (area ambiente e area sostenibilità) utilizzate nelle campagne pubblicitarie stampa pianificate dal 01/01/2008 al 31/05/2010. Sono state individuate in totale 151 marche. Da questa popolazione, i brand automobilistici sono stati volutamente esclusi dall’analisi perché la quasi totalità delle campagne è stata relativa alle promozioni (eco-incentivi) così come sono stati esclusi i brand non pertinenti. Sono 83 le marche identificate che hanno pianificato campagne pubblicitarie proponendo come messaggio principale temi legati alla sostenibilità. Tra queste, sono state individuate le 53 marche, evidenti casi di greenwashing, che sono state oggetto dello studio. SEMPRINI S., “Sei modi di dire Greenwashing”, GDOWEEK, ottobre 2010, pag 76. http://www.gdoweek.it 203 Anon.., “Sempre più greenwashing, dagli Stati Uniti all'Italia cresce l'interesse delle imprese”, Adnkronos, 15 luglio 2011, http://www.adnkronos.com 204 SEMPRINI S., “Sei modi di dire Greenwashing”, GDOWEEK, ottobre 2010, pag 74. http://www.gdoweek.it 70 comunque difficilmente reperibili anche sul sito web aziendale. Se l’informazione esiste, ed è positiva per l’immagine aziendale, non ci dovrebbero essere motivi per tenerla nascosta. Anche il modo in cui queste informazioni vengono rese note è fondamentale; infatti, essere “generosi” con le informazioni fornite non equivale ad una semplice abbondanza ma piuttosto a preoccuparsi di porgerle in modo semplice e comprensibile per gli utenti.205 Comunicare caratteristiche green che in realtà sono irrilevanti o non vengono inserite in una visione sistemica della sostenibilità. Ogni informazione, infatti, ha valore in base al contesto in cui è inserita. Un piccolo impegno può risultare rilevante nell’ambito di un contesto specifico; altre manifestazioni, magari più impegnative, perdono la loro rilevanza se non sono ben contestualizzate. Fornire dati e informazioni presentandoli come certificati, ma da se stessi, senza l’intervento di una terza parte indipendente che ne garantisca procedure e veridicità. Talvolta sono apposte anche finte eco-label su annunci pubblicitari e/o sulle confezioni. Comunicare come essenza del messaggio la generosità nel finanziare progetti socio-ambientali. In altre parole, quando l’azienda si auto-celebra. Risulta inoltre controproducente il messaggio veicolato ai consumatori del “prima sporco e poi compenso”.206 205 Anon.., “Sempre più greenwashing, dagli Stati Uniti all'Italia cresce l'interesse delle imprese”, Adnkronos, 15 luglio 2011, http://www.adnkronos.com 206 SEMPRINI S., “Sei modi di dire Greenwashing”, GDOWEEK, ottobre 2010, pag 76. http://www.gdoweek.it 71 Utilizzare visual o parole che evocano una sensibilità ambientale che poi non corrisponde alla realtà. Un modo per attirare l’attenzione su una mera comunicazione commerciale, tingendola di verde. In sintesi, dall'indagine di GreenBean, emergono tre macro tendenze all'interno delle quali i brand coinvolti nell’indagine commettono gli errori individuati: delegano al consumatore la responsabilità di salvare il pianeta utilizzando il tal prodotto a valenza green, innescando quindi una sorta di ricatto emotivo; ricercano indulgenza, auto-glorificandosi; infine relegano il consumatore a un ruolo passivo, ponendo continui limiti al suo bisogno di conoscenza, negandola o minimizzandola.207 La figura 9 riassume i comportamenti che le aziende dovrebbero tenere per evitare di cadere in comportamenti riconducibili al greenwashing, tra i quali spiccano la necessità di creare meccanismi di massima trasparenza nel caso in cui non ci siano terze parti indipendenti che assumono il ruolo di garante tramite le certificazioni e il fatto di evitare di evocare, tramite immagini e slogan, la sostenibilità se non ve n’è presente alcuna traccia riscontrabile. Figura 9: Come evitare di cadere in errore Fonte: GDOWEEK, http://www.gdoweek.it 207 Anon., “Sempre più greenwashing, dagli Stati Uniti all'Italia cresce l'interesse delle imprese”, Adnkronos, 15 luglio 2011, http://www.adnkronos.com 72 5.3 Come contrastare il greenwashing Nel paragrafo precedente si è visto come dall’indagine promossa da GreenBean, sia emerso il comportamento scorretto di alcune aziende che, per approfittare della crescente sensibilità all’eco-sostenibilità ambientale, spesso pongano in essere comportamenti riconducibili al greenwashing. Per il consumatore, che si trova quotidianamente circondato da claim pubblicitari che inneggiano a svolte green da parte di aziende di svariati settori, la possibilità di cadere in errore è sempre più frequente. Arginare il fenomeno del greenwashing richiede non solo di reprimere comportamenti scorretti delle aziende ma anche di puntare a importanti campagne di educazione, al fine di rendere le persone più consapevoli di ciò che le circonda. In altre parole, per difendersi dal greenwashing, il consumatore deve informarsi e porsi in maniera critica davanti ai quei messaggi pubblicitari che sono “too good to be true”. In aggiunta, trovare la verità nel caos che dilaga nel web non è certamente facile, soprattutto per coloro che non hanno competenze specifiche in materia, ma negli ultimi anni sono state intraprese delle importanti iniziative che possono accorrere in aiuto del consumatore che vuole contrastare il fenomeno del greenwashing attraverso un consumo consapevole, favorendo quelle aziende che si preoccupano davvero dell’impatto ambientale e boicottando invece quelle che utilizzano delle vie poco green per attirare i consumatori. Tra le iniziative tese a guidare il consumatore verso scelte corrette e consapevoli va segnalata quella di Futerra208, un'associazione inglese che propone la “Greenwash guide”, una guida stampabile attraverso la quale è possibile riconoscere le aziende che hanno dei comportamenti non in linea con la mission eco-sostenibile che dichiarano e a evitarle.209 Fornisce inoltre un simpatico decalogo dei segnali più comuni del greenwashing.210 La società americana EnviroMedia Social Marketing211, leader statunitense nella consulenza aziendale in fatto di sostenibilità ambientale, ha creato un'interessante 208 http://www.futerra.co.uk/ PRATESI C.A., Professore di Economia e gestione delle imprese all'Università Roma Tre “Il Greenwashing” http://carloalbertopratesi.sitonline.it/1/a_m_b_i_e_n_t_e_1883504.html 210 “The Greenwash Guide”, http://www.futerra.co.uk/downloads/Greenwash_Guide.pdf 211 http://www.enviromedia.com/ 209 73 community online, denominata Greenwashingindex212, dove gli utenti possono segnalare, commentare e giudicare spot televisivi e in generale messaggi pubblicitari di aziende e organizzazioni, sospettati di essere casi di greenwashing.213 Un’altra iniziativa americana per aiutare i consumatori ad arginare il greenwashing è sicuramente la “GoodGuide”214, creata dal prestigioso MIT (Massachusetts Institute of Technology) di Cambridge (vicino Boston), che classifica molti prodotti di largo consumo esprimendo un giudizio secondo tre basilari parametri: salute, impatto ambientale e impatto sociale. Infine, è importante citare GreenWikia215 che, utilizzando lo stesso approccio di Wikipedia, consente a tutti di partecipare alla discussione sulle tematiche ambientali, per rendere disponibili informazioni veritiere e il più possibile riscontrabili.216 In conclusione è possibile affermare che il danno provocato dal greenwashing è articolato: inganna i consumatori che vorrebbero scegliere beni concepiti secondo logiche eco-sostenibili e induce confusione e sfiducia in quei produttori che invece si stanno sforzando per un’effettiva opera di ripensamento del modo di produrre. 5.4 Cosa avviene in campo cosmetico? Nei paragrafi precedenti si è cercato di far luce sul fenomeno del greenwashing in generale, fornendo una definizione, ponendo l’accento sui suoi contenuti e elencando alcune iniziative che hanno lo scopo di informare i consumatori e di aiutarli ad arginare questa pratica scorretta posta in essere da un numero elevato di aziende appartenenti ai più svariati settori. Il settore della cosmesi e della bellezza non è certo immune dal greenwashing. Come già evidenziato precedentemente, la quota di mercato dei cosmetici che vantano caratteristiche green è in costante crescita, con il proliferare di intere linee di prodotti che si dichiarano ecobio senza averne le caratteristiche. È importante 212 http://www.greenwashingindex.com/ PRATESI C.A., Professore di Economia e gestione delle imprese all'Università Roma Tre “Il Greenwashing” http://carloalbertopratesi.sitonline.it/1/a_m_b_i_e_n_t_e_1883504.html 214 http://www.goodguide.com/ 215 http://green.wikia.com/wiki/Wikia_Green 216 PRATESI C.A., Professore di Economia e gestione delle imprese all'Università Roma Tre “Il Greenwashing” http://carloalbertopratesi.sitonline.it/1/a_m_b_i_e_n_t_e_1883504.html 213 74 puntualizzare che non basta che la confezione di un cosmetico sia verde o che utilizzi un claim con la parola “natura” perché il suo contenuto sia davvero “pulito”. Per evidenziare come il greenwashing si sia diffuso anche nel comparto cosmetico è opportuno citare l’analisi svolta da Beth Greer, green opinion leader e autrice del best seller “Super Natural Home: Improve Your Health, Home, and Planet--One Room at a Time” uscito nel 2009.217 In un articolo postato nel suo blog, dal titolo “10 Ways To Tell If A Product Is (Or Isn’t) Really ‘Natural’”218 (10 modo per dire se un prodotto è o meno davvero naturale), Beth spiega ai consumatori come possono difendersi dal greenwashing cosmetico e quali sono le dieci espressioni che compaiono sulle etichette e sui claim, alle quali si deve porre maggiore attenzione: • amico dell’ambiente. Si tratta di dichiarazioni inappropriate, perché non esistono standard o linee guida per delineare tali qualità. Pertanto si tratta di una comunicazione troppo vaga per poter essere significativa; • dermatologicamente testato, testato su pelli sensibili, ipoallergenico. La legge non prevede che tali test debbano essere eseguiti da medici, quindi non è detto che siano scientificamente provati;219 • derivato da “sostanza naturale x”. occorre fare attenzione a non associare l’uso di un prodotto naturale, come l’olio di cocco, ad un prodotto sicuro, perché anche da queste materie prime si estraggono chimicamente prodotti nocivi;220 • senza profumo. Dichiarazione che non esclude la presenza di oli essenziali, sostanze chimiche discutibili o coloranti artificiali, che sono comunque fonte di allergie. • non tossico. La definizione di “non tossico” sottende in realtà l’affermazione “più sicuro rispetto ad alcuni ingredienti pericolosi”. La tossicità è riferita a situazioni in cui il prodotto venga ingerito, inalato o assorbito dalla pelle, ma non riguarda gli effetti derivanti da un’esposizione prolungata ad esso. È 217 http://supernaturalmom.com/about/ http://supernaturalmom.com/2011/12/28/10-ways-to-tell-if-a-product-is-or-isnt-really-natural/ 219 Ibid. 220 È importante ricordare di non associare automaticamente “prodotto con sostanze naturali” = “prodotto più sicuro”. Alcuni dei più potenti veleni, infatti, sono di origine naturale, questo, ovviamente, non significa creare degli inutili fanatismi settoriali (100% vegetale o 100% sintetico), ma fornire al consumatore tutti gli elementi possibile affinché operi una scelta d’acquisto in modo critico e consapevole. 218 75 proprio questo il punto più discusso in relazione a saponi, cosmetici e deodoranti;221 • biologico: alcuni brand appongono sulle etichette la dicitura “Bio” ma in realtà nei prodotti non c’è quasi nulla di veramente biologico oppure l’ingrediente derivante da agricoltura biologica è presente in quantità risibile che non è certamente sufficiente per catalogare il prodotto come biologico.222 • libero da “sostanza x” (vietata per legge). Affermare che non siano presenti sostanze vietate non consente al consumatore di fare una comparazione tra diversi prodotti, perché se sono in commercio, tutti sono privi di tali elementi. Quindi si tratta di una comunicazione irrilevante; • certificato green. Secondo l’Istituto ISO , “verde o green” sono aggettivi troppo vaghi da poter essere rilevati. Quindi non può esserci alcun ente esterno che garantisca queste caratteristiche;223 • naturale. Termine generico che non significa sempre “sostanza che si trova in natura”, quindi si tratta di un aggettivo inadeguato; • realizzato con “prodotto di natura x”. L’impiego di sostanze come il limone, ad esempio, non significa di per sé nulla se non rapportato almeno alla percentuale reale presente nel prodotto. Spesso accade infatti, che venga comunicata la presenza di sostanze che in realtà rappresentano solo l’1%.224 Come il fenomeno del greenwashing sia diffuso nel settore cosmetico è testimoniato anche dallo studio della Centrale del Consumatore di Amburgo realizzato nel dicembre 2009 che ha smascherato molti prodotti cosmetici pseudo-ecologici. Il test, effettuato su 18 prodotti “ecobio”, ha messo in luce la presenza di svariati elementi di sintesi di origine petrolchimica, insieme a poche tracce di componenti di origine naturale. I richiami, ad esempio, all'aloe vera o all'estratto di melagrana bio, si sono rivelati soltanto degli specchietti per le allodole, smentiti poi nei codici INCI, obbligatori sulle confezioni, ma che spesso risultano di difficile lettura da parte della maggioranza dei consumatori.225 221 http://saponetteverdi.com/2012/02/09/da-guzzanti-al-greenwashing-dei-cosmetici/ http://supernaturalmom.com/2011/12/28/10-ways-to-tell-if-a-product-is-or-isnt-really-natural/ 223 http://saponetteverdi.com/2012/02/09/da-guzzanti-al-greenwashing-dei-cosmetici/ 224 Ibid. 225 BINDI G., “Cosmetici finto-naturali”, Terra Nuova, a piedi nudi sul pianeta, 09 febbraio 2010, http://www.aamterranuova.it 222 76 Come è già stato puntualizzato in precedenza, Internet supporta la tendenza al naturale e biologico, anche per quanto riguarda i cosmetici; marchi e prodotti dilagano, con tutti i rischi che ne possono derivare. La disinformazione cosmetica in rete è stata favorita negli ultimi tempi dalla crescita di blog, forum e social network, dove persone senza alcuna competenza scientifica in materia, giudicano negativamente alcuni prodotti e brand, senza rendersi conto della forte influenza che hanno sugli utenti. Il risultato è la diffusione virale di vere e proprie “eco-bufale”226 e di una dilagante sfiducia dei consumatori che sono sempre più confusi riguardo alla veridicità dei messaggi che ricevono. La confusione di cui si lamentano i consumatori è inoltre amplificata dalla mancanza di dettami certi in merito al significato dei termini “naturale” e “biologico” quando attribuiti ad un cosmetico. A differenza degli alimenti, infatti, non esistono normative ufficiali che definiscano il significato ed i parametri per poter definire un cosmetico naturale e/o biologico. Precise regole in tal senso dovrebbero essere stabilite in un contesto ufficiale al pari di quanto avvenuto per la definizione di cosmetico, imposta prima dalla Direttiva europea 76/768/CEE ed oggi dal Regolamento Europeo 1223/09.227 Al fine di “smascherare” i finti eco-cosmetici il consumatore può innanzitutto chiedere consiglio ai professionisti del settore come erboristi, farmacisti e dermatologi ma, in caso si trovi da solo a dover operare la scelta di un prodotto cosmetico, gli strumenti per evitare di cadere nel greenwashing sono quelli già esposti nei capitoli precedenti: prediligere prodotti certificati dai più importanti enti italiani e internazionali,228 leggere attentamente l’etichetta e valutare l’elenco degli ingredienti (INCI) del prodotto avvalendosi del prezioso aiuto del BioDizionario229 o dell’Icea Check.230 226 Ecobufale è un neologismo indicante le comunicazioni ed informazioni ingannevoli, fuorvianti o semplicemente false o infondate fatte circolare per sostenere virtù ambientaliste , etiche o salutistiche. http://www.nononsensecosmethic.org/?p=40223 227 TROVATO M. “Cosmetici naturali biologici ed ecologici: un po’ di chiarezza”, 4° Convegno Nazionale AIDECO, Roma 25-25 novembre 2011. http://www.aideco.org/5convegno/atti/Corso/TROVATO.pdf 228 L’elenco dei più importanti enti certificatori italiani e internazionali è stato già trattato al paragrafo 3.3.2 “Enti di certificazioni ed eco-label”. 229 http://www.biodizionario.it/ 230 https://itunes.apple.com/it/app/icea-check/id555325156?mt=8 77 CAP. 6 IL MARKETING NEL SETTORE COSMETICO: IL RUOLO DEI SOCIAL NETWORK In questo capitolo verrà affrontato il complesso tema del marketing; dopo aver fornito alcune definizioni per chiarire il significato del termine e delle attività che coinvolge, verrà ripercorsa l’evoluzione del marketing, dalla massificazione alla personalizzazione, al fine di comprendere come i nuovi mezzi di comunicazione e soprattutto Internet hanno modificato il rapporto tra l’impresa e il consumatore. Particolare attenzione verrà infine offerta al ruolo dei social media nelle strategie di marketing in campo cosmetico. 6.1 Alcune definizioni del termine marketing In un significato ampio, il marketing, può essere inteso come l’insieme di analisi, decisioni e azioni riguardanti il rapporto fra l’offerta di un’impresa e la domanda del mercato avente come scopo quello di soddisfare le esigenze e le necessità di determinati clienti, conseguendo un profitto.231 Secondo una recente e generale definizione di Philip Kotler, uno dei più grandi studiosi in questo ambito, il marketing è infatti definibile come “il processo mediante il quale le imprese creano valore per i clienti e instaurano con loro solide relazioni al fine di ottenere in cambio un ulteriore valore”.232 In altre parole, l’impresa offre un determinato valore al mercato, attraverso la commercializzazione di beni o di servizi, per ottenere in cambio dell’altro valore, solitamente in forma monetaria. (figura 9). 231 ARGENTIERI A. “Il marketing operativo dei prodotti cosmetici”, Aras Edizioni, 2009, Fano, 2009, pag 2. 232 KOTLER P., ARMSTRONG G., “Principi di Marketing”, Pearson Education, Milano, 2009, pag 6. 78 Valore Beni e Servizi OFFERTA dell’impresa DOMANDA del mercato Prezzo Valore Figura 10: Rappresentazione schematica del marketing tra domanda e offerta Fonte: nostra elaborazione Di conseguenza, il marketing può essere inteso come quell’attività volta a gestire il rapporto tra offerta di beni e servizi e domanda proveniente dai clienti intermedi e dai consumatori finali. Il significato che attribuiamo oggi al termine marketing è frutto del passaggio dalla produzione artigianale a quella industriale e di massa. Nella produzione artigianale, infatti, l'acquirente poteva ottenere dall’artigiano, un prodotto che si adattasse alle specifiche esigenze personali (tailor-made product); peculiarità di questo prodotto era l’impossibilità di essere riprodotto in più copie identiche. L’avvento della rivoluzione industriale modificò radicalmente la tecnologia produttiva, cambiando, di conseguenza, anche il rapporto tra offerta e domanda di beni.233 Di seguito viene ripercorsa tale evoluzione. 6.2 L’evoluzione del marketing: dalla massificazione alla personalizzazione Risulta chiaro che per l’impresa, non esiste un modo uniforme di rapportarsi con il mercato: dipende dal contesto geografico, dal momento storico che ogni sistema si trova ad attraversare e dalla capacità delle singole imprese ad adattarsi alla domanda innovando la propria offerta. La letteratura di marketing propone l'analisi evolutiva del concetto di marketing attraverso quattro orientamenti principali, in cui il marketing, da strumento di 233 CONTALDO G., LARGO T., “Marketing relazionale. Come gestire la relazione con il cliente”, Ipsoa, Milano, 2006, pag 6. 79 supporto all'atto di vendita, diventa un vero e proprio processo di gestione delle dinamiche del mercato di riferimento: orientamento alla produzione, orientamento alla vendita, orientamento al mercato e orientamento alla relazione. • Orientamento alla produzione L'impresa vende ciò che sa produrre: concentra cioè la propria attenzione sul miglioramento della produzione e sull'efficienza distributiva. L’azienda si occupa di fabbricare il prodotto nel miglior modo, al minor costo possibile, limitando la vendita quasi esclusivamente alla distribuzione fisica sul mercato.234 Tale orientamento è efficace quando la domanda di un prodotto supera l'offerta. Il marketing orientato alla produzione ha come obiettivo l'aumento dei volumi di vendita finalizzata al contenimento dei costi di produzione.235 Secondo questa impostazione i consumatori sono considerati come aventi tutti medesimo peso per l'azienda, che cerca di raggiungerli in maniera indifferenziata.236 • Orientamento alla vendita o alla transazione Quando l’azienda non riesce a vendere in misura adeguata ai suoi obiettivi può cercare di adottare azioni di vendita su larga scala e aggressive campagne promozionali. Tale orientamento è tipico dei periodi in cui l’offerta supera quantitativamente la domanda. Il marketing orientato alla transazione vede l'impresa focalizzarsi esclusivamente sulle attività di vendita del proprio bene o servizio. L’importante in tali situazioni è riuscire a vendere ciò che si produce, ma così facendo l’azienda si concentra solo su risultati di breve termine (con la conclusione di transazioni di vendita) piuttosto che sullo sviluppo di durevoli relazioni di lungo termine con i clienti. Lo scopo dell’azienda è di trovare nuovi clienti a cui vendere il prodotto, senza preoccuparsi troppo della soddisfazione dei clienti stessi. Il rischio risiede nella possibilità che il cliente insoddisfatto generi un passaparola negativo, con un conseguente peggioramento dei risultati aziendali nel lungo termine. In generale, i consumatori cominciano ad acquisire un peso differente in base al volume 234 ARGENTIERI A. “Il marketing operativo dei prodotti cosmetici”, Aras Edizioni, 2009, Fano, 2009, pag 3. 235 CONTALDO G., LARGO T., “Marketing relazionale. Come gestire la relazione con il cliente”, Ipsoa, Milano, 2006, pag 6. 236 ARGENTIERI A. “Il marketing operativo dei prodotti cosmetici”, Aras Edizioni, 2009, Fano, 2009, pag 3. 80 e al valore dei loro acquisti anche se le dinamiche competitive tra le imprese si fondano sull'esclusivo utilizzo della leva del prezzo.237 • Orientamento al mercato L'orientamento al mercato (detto anche orientamento di marketing) è caratterizzato dal fatto che “il raggiungimento degli obiettivi d'impresa presuppone la determinazione dei bisogni e dei desideri dei mercati obiettivo, nonché il loro soddisfacimento in un modo più efficace ed efficiente rispetto ai concorrenti”.238 Il marketing di un’impresa orientata al mercato è quello che pone l'accento sul marketing mix, ovvero sulla gestione armonizzata delle quattro leve fondamentali: product, price, place, promotion (definite 4P). In questa fase l'impresa comincia a tener conto, da un lato delle esigenze e delle aspettative del consumatore e, dall'altro dell'operato della concorrenza. La formulazione dell'offerta è il risultato di un'analisi congiunta svolta sia sulla concorrenza sia sul consumatore. Quindi, accanto alla gestione della leva del prezzo, cominceranno ad acquisire importanza anche la leva del prodotto, quella distributiva nonché quella promozionale.239 Per citare Peter Drucker : “in questa fase l'obiettivo del marketing è quello di rendere superflua l'attività di vendita”.240 • Orientamento alla relazione Le aziende ormai da tempo sono consumer oriented, guardano cioè al consumatore per studiare, interpretare e soddisfare i suoi bisogni (attuali o potenziali), raggiungendo così un profitto.241 L’orientamento al cliente richiede all’azienda di disporre di maggiori informazioni, al fine di poter interpretare al meglio le sue esigenze. Il marketing orientato alla relazione rappresenta una rivisitazione del precedente approccio in quanto, secondo questa impostazione, l'armonizzazione delle 237 CONTALDO G., LARGO T., “Marketing relazionale. Come gestire la relazione con il cliente”, Ipsoa, Milano, 2006, pag 6. 238 KOTLER P., ARMSTRONG G., “Principi di Marketing”, Pearson Education, Milano, 2009, pag 17. 239 CONTALDO G., LARGO T., “Marketing relazionale. Come gestire la relazione con il cliente”, Ipsoa, Milano, 2006, pag 6. 240 Secondo Peter Drucker, uno dei più illuminati studiosi del settore, “il marketing, più che una scienza, è un’arte che ha come obiettivo quello di rendere superflua l’attività di vendita”. Pur convenendo che una certa attività di vendita sarà sempre necessaria, continua affermando che “l’obiettivo del marketing è quello di acquisire una conoscenza ed una comprensione del cliente tali che il prodotto o il servizio si vendano da soli. Idealmente, il marketing dovrebbe avere come risultato un cliente pronto ad acquistare”. DRUCKER P., “Manuale di management”, Etas Libri, Milano 1978. 241 ARGENTIERI A. “Il marketing operativo dei prodotti cosmetici”, Aras Edizioni, 2009, Fano, 2009, pag 4. 81 quattro leve precedentemente descritte avviene attraverso la gestione di una quinta (People), ovvero attraverso la tendenziale costruzione di vere proprie partnership con ogni singolo attore del mercato. Secondo questo approccio, il cliente diviene il punto focale delle strategie di marketing.242 Oggi la maggior parte delle imprese ha compreso che è il cliente, soddisfatto e fedele, l'asset aziendale più importante: da qui l'importanza assunta dalle strategie improntate sulla crescita dei meccanismi di ritenzione e fidelizzazione della clientela.243 6.3 Il marketing relazionale Come accennato, ben presto il marketing di massa ha dovuto cedere il passo alla “clusterizzazione” del mercato, talvolta al marketing di nicchia, fino alla più moderna filosofia “client driven”, diretta conseguenza della sopraggiunta consapevolezza di non poter concepire unitariamente il mercato e di non poter gestire in maniera tradizionale le quattro leve di marketing mix. La personalizzazione del rapporto azienda-cliente ha rivoluzionato in modo significativo i concetti del marketing “classico”. Negli anni ‘80, infatti, il principio prevalente che guidava la pianificazione e l’attuazione delle politiche di marketing era quello della “segmentazione del mercato”; si trattava di un concetto relativamente facile e intuitivo ma già molto innovativo rispetto all’approccio al mercato adottato dalle imprese nell’immediato dopoguerra.244 Successivamente, l'acuirsi delle dinamiche competitive tra le imprese e la diminuzione dei costi di ritenzione dei clienti rispetto a quelli di acquisizione di nuovi, ha spinto le imprese ad abbandonare l'orientamento al mercato e ad abbracciare quello alla relazione (relationship marketing).245 242 CONTALDO G., LARGO T., “Marketing relazionale. Come gestire la relazione con il cliente”, Ipsoa, Milano, 2006, pag 6. 243 Ibid., pag 20. 244 CARDINI I., “Cenni di marketing relazionale”, http://www.psicolab.net 245 CONTALDO G., LARGO T., “Marketing relazionale. Come gestire la relazione con il cliente”, Ipsoa, Milano, 2006, pag 20. 82 Differenze tra Mass Marketing e Relationship Marketing Figura 11: Differenze tra Mass Marketing e Relationship Marketing Fonte: CONTALDO G., LARGO T. ,“Marketing relazionale. Come gestire la relazione con il cliente” Il marketing relazionale si pone come obiettivo di iniziare, negoziare e gestire le relazioni di scambio; si basa sulla comprensione dei bisogni e dei desideri dei clienti, e si realizza ponendo tali desideri al centro del business, integrandoli con la strategia complessiva, la tecnologia ed il processo di business stesso. L’obiettivo non è più solo conquistare nuovi clienti ma, soprattutto, trattenere e fidelizzare quelli più “redditizi“. Kotler, a tal proposito, nel suo libro “Principi di Marketing” afferma: “Le imprese devono spostare la loro attenzione da obiettivi a breve termine incentrati sulle transazioni alla costruzione di relazioni a lungo termine con i clienti”.246 Il marketing relazionale è supportato ed implementato anche da una serie di tecnologie che contribuiscono alla realizzazione pratica dei principi di “personalizzazione” dell’azione di marketing percepibile soprattutto dal cliente. L’avvento di Internet e lo sviluppo delle telecomunicazioni, ha infatti arricchito di nuovi strumenti la relazione tra impresa e cliente.247 Allo stesso tempo ha generato maggiore competitività e ha reso più difficile conservare la fedeltà dei clienti (diventati sempre più esigenti e informati). In un tale contesto si è reso necessario adottare diverse strategie di marketing, basate su strumenti operativi idonei a comprendere i bisogni dei clienti e a migliorare il rapporto con gli stessi.248 Secondo l’economista Webster “se in passato il problema 246 KOTLER P., ARMSTRONG G., “Principi di Marketing”, Pearson Education, Milano, 2009. GRANDINETTI R., “Concetti e strumenti di marketing”, ETAS, Milano, pag 427, 2002. 248 CARDINI I., “Cenni di marketing relazionale”, http://www.psicolab.net 247 83 di marketing che l’impresa doveva affrontare, consisteva nella gestione delle transazioni di mercato secondo una logica microeconomica di massimizzazione del profitto, nella fase attuale il problema è la gestione delle relazioni con i clienti e con gli altri soggetti che partecipano al sistema del valore dell’impresa, con l’obiettivo di garantire ai clienti un valore superiore”.249 Il marketing relazionale si occupa quindi di creare un rapporto solido tra cliente e azienda. Secondo questa prospettiva, molte aziende stanno mettendo in pratica il CRM ( Customer Relationship Management) e di conseguenza si impegnano a curare in modo specifico la relazione con il cliente. Si parla, quindi, di management e non più soltanto di marketing, perché le variabili che intervengono per attivare e gestire una buona relazione dipendono da tutte le divisioni aziendali: dalla produzione alla distribuzione.250 Da un punto di vista scientifico, i primi studi sul marketing relazionale risalgono ai primi anni ’80 e sono riferiti esclusivamente ai beni industriali, negli anni successivi si è invece registrato un forte sviluppo del relationship marketing applicato ai servizi. Sarà necessario attendere ancora più di un decennio per assistere alla sua applicazione ai beni di consumo. Questo avviene per effetto di due fenomeni distinti: 1. la graduale terziarizzazione dei prodotti offerti ai consumatori dalla imprese: il prodotto finale acquistato dal cliente integra al suo interno le prestazioni fornite dalle diverse organizzazioni di prodotti e servizi collegati nel sistema di valore.251 L’approccio utilizzato nel marketing relazionale si concentra appunto sulle varie interdipendenze che intercorrono nelle relazioni lungo il sistema di valore. 2. La disponibilità di tecnologie in grado di offrire, a basso costo e in breve tempo, prodotti personalizzati in grado di soddisfare i singoli di bisogni dei consumatori presi individualmente: il concetto qui richiamato è quello della “mass customization” che vede nella tecnologia un driver determinante. 249 GRANDINETTI R., “Concetti e strumenti di marketing”, ETAS, Milano, pag 401 2002. BOVERO A., ASCIOTI M.T. “ Comunicare la bellezza e il benessere”, Tecniche Nuove, Milano, 2009, pag 180. 251 “Molti dei servizi che I prodotti di consumo incorporano richiedono la partecipazione non solo del produttore ma anche di altri soggetti che operano nella filiera produttiva. Sono necessarie strette relazioni tra il produttore e l’agente di vendita, tra l’agente di vendita e il dettagliante, tra il dettagliante e il consumatore.” HETZEL P., “Le marketing relationnel”, PUF, Parigi, 2007. 250 84 Grazie all’evoluzione avvenuta nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT), molte imprese hanno potuto abbandonare la produzione di massa e adottare la produzione flessibile che permette di proporre un’offerta varia e personalizzata al consumatore.252 Lo schema seguente può fornire degli spunti per chiarire il passaggio da un approccio incentrato sul mass marketing ad uno incentrato sul relationship marketing (fig. 11). Schema riassuntivo: dal marketing di massa al marketing relazionale Produzione di massa Produzione flessibile Grande impresa Organizzazione a rete (corporation) (network) Consumatore passivo e Soggettività interattiva massificato del consumatore Figura 12: Schema riassuntivo: dal marketing di massa al marketing relazionale Fonte: nostra elaborazione 6.4 Il marketing One-to-One (1to1): oltre il marketing relazionale La rivoluzione nel campo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, non ha determinato solamente l’adozione di un sistema di produzione flessibile ma ha anche portato al passaggio da una relazione unidirezionale con il consumatore, ad una logica bidirezionale e cooperativa (interattiva). Sono infatti emerse nuove opportunità per raccogliere ed elaborare un maggior quantitativo di informazioni.253 Internet è il primo tra i mass media a permettere l’interazione: la radio, la tv e la stampa, portano le informazioni al consumatore finale ma non danno la possibilità di replicare in maniera diretta (feedback). Grazie alle caratteristiche peculiari della sua 252 La “mass customization” è un diverso approccio gestionale per l’azienda e si esplicita con il passaggio dal modello MTS (make to stock Æ produrre a magazzino) al più evoluto BTO (build to order Æ produrre su commessa). In altre parole, con il termine “mass customization” si designa l’abilità delle imprese a soddisfare, a prezzi contenuti, bisogni e desideri del cliente, considerato singolarmente. THORSTEN B., FRIEDRICH G., “Mass Customization: concepts, tools, realization”, GITO-Verlag, Berlino, 2005, pag 2. 253 VICARI S., “Il management nell’era della connessione”, EGEA, Milano 2001. 85 tecnologia, Internet fornisce l’occasione di instaurare facilmente delle relazioni personalizzate con i clienti, che si dimostrerebbero invece complesse, dispendiose e poco puntuali nel mercato offline.254 Fare marketing utilizzando la Rete significa porre il consumatore al centro dell’attenzione prima, durante e dopo il processo d’acquisto, instaurando un dialogo sincero in cui la vendita non è l’obiettivo primario e abbandonando una visione quantitativa per preferirne una qualitativa della relazione.255 L’utilizzo di Internet, infatti, permette alle aziende di fornire maggiori servizi ai clienti e, nello stesso tempo, raccogliere utili informazioni che le permettono di poter identificare gli stessi e i loro comportamenti. Questa nuova prospettiva manifestata dalle imprese, ha portato in diversi casi al marketing 1to1, che risulta essere il naturale completamento della mass customization. Una frase di Don Peppers, considerato una delle autorità a livello mondiale per quanto riguarda le strategie di business customer-focused, indica una delle più importanti innovazioni commerciali degli ultimi anni:256 “dai al tuo cliente l’opportunità di spiegarti cosa desidera, tienilo a mente, realizzalo per lui, comunicaglielo e lo avrai conquistato per sempre”.257 Questa è l’essenza del nuovo approccio al marketing, definito appunto “one-to-one” in quanto è così personalizzato da arrivare al punto di prevedere la gestione di un rapporto interattivo con ciascun singolo cliente. Secondo Don Peppers, l’impresa, al fine di perseguire questo nuovo approccio, deve abbandonare il marketing di massa generalista, per trarre profitto dai nuovi strumenti tecnologici e aumentare la propria capacità competitiva. Diventare un'impresa 1to1 significa saper riconoscere singolarmente i propri clienti e le rispettive necessità, e proporre loro prodotti e servizi talmente personalizzati da scoraggiare qualsiasi migrazione verso la concorrenza. Al tempo stesso significa riconoscere quali tra loro sono di maggior valore, cioè contribuiscono 254 HETZEL P., “Le marketing relationnel”, PUF, Parigi, 2007. VICARI S., “il management nell’era della connessione”, EGEA, Milano, 2001 256 PEPPERS D., “Il marketing one to one”, Il Sole 24 Ore, Milano, 2000, pag 83. 257 LAMBORGHINI B., “Guida alla Net Economy. Cosa conoscere e come prepararsi per entrare con successo nell'economia digitale”, Franco Angeli, Milano, 2000, pag 134. 255 86 in maniera preponderante al risultato economico dell'azienda e perciò premiarli, incentivandoli a servirsi dei nostri prodotti in misura ancora maggiore.258 Laddove l'azienda mass market classica opera differenziando i prodotti, l'impresa 1to1 differenzia i clienti agendo contemporaneamente anche sui prodotti. L’obiettivo dell'impresa 1to1 è di conquistare nuovi clienti e al tempo stesso conservarli e svilupparli; tale sfida richiede il ricorso intensivo agli strumenti di profilazione e d'interazione offerti dalla moderna tecnologia informatica e dal Web.259 Il marketing 1to1 nasce come sorta di sottocategoria del relationship marketing (fig.12) anche se non tutto ciò che rientra nel relationship marketing può essere ricondotto al marketing 1to1; l’azienda deve dimostrarsi in grado di cambiare il proprio comportamento nei confronti del singolo cliente, in base alle informazioni che esso comunica. RELATIONSHIP MARKETING MARKETING 1to1 Figura 13: Il rapporto tra relationship marketing e marketing 1to1 Fonte: nostra elaborazione Nel suo libro Don Peppers definisce così il marketing 1to1: “in luogo di vendere un solo prodotto alla volta al maggior numero possibile di clienti in una particolare stagione di vendita, chi applica il marketing 1to1 sfrutta il potenziale del database clienti e della comunicazione interattiva per vendere a un solo cliente alla volta, il maggior numero di beni e servizi per l’intera durata della relazione di clientela”.260 258 PEPPERS D., ROGERS M., “Enterprise One to One”, Crown Publishing Group, New York,1999, pag 224. 259 MAZZONI R. “Il futuro dell'impresa secondo Don Peppers”, itechStudio, http://www.01net.it/itechstudio/articoli/0,1254,4_ART_24783,00.html 260 Ibid. 87 In altre parole, si tratta di coniugare l’Information Technology, di cui si dispone oggi, con l’affabilità e la conoscenza del cliente propria del negoziante degli anni ’50.261 Il marketing 1to1 si basa essenzialmente sull’idea di “trattare clienti diversi in maniera diversa”.262 Il concetto può apparire piuttosto semplice ma il suo sviluppo operativo non lo è altrettanto: tutte le attività aziendali devono essere riorganizzate sulla base delle singole esigenze dei singoli clienti. Per creare delle relazioni 1to1 a lungo termine, l’azienda deve continuamente registrare le interazioni che avvengono con i singoli clienti e deve rispondere dinamicamente alle informazioni che può trarre da tali interazioni. L’impresa deve saper coinvolgere i propri clienti e in particolare quelli considerati migliori, sforzandosi per ottenere la loro fedeltà.263 Uno degli strumenti per attuare un approccio di marketing 1to1 , come detto, è senz’altro Internet. La rete possiede un vantaggio enorme rispetto ad altri mezzi oggi disponibili e permette di conseguire realmente l’obiettivo prioritario del marketing: quello di poter raggiungere, conoscere e dialogare in modo interattivo con il singolo cliente, al fine di creare un profilo delle sue preferenze ed esigenze d’acquisto.264 Nel piano di marketing che intenda sfruttare le potenzialità di Internet possono trovare spazio strategie diverse a seconda dell’impresa. Innanzitutto è necessario che l’azienda faccia il punto della situazione per quanto riguarda il proprio utilizzo della Rete. 261 HETZEL P., “Le marketing relationnel”, PUF, Parigi, 2007. L’obiettivo della strategia di marketing non è più quello di soddisfare la domanda di un cliente standard, bensì quella del Signor X, un soggetto con un identikit preciso. I clienti non vanno trattati tutti allo stesso modo perché ognuno di essi presenta delle esigenze diverse. PEPPERS D., “Il marketing one to one”, Il Sole 24 Ore, Milano, 2000, pag 3. 263 Ibid. 264 http://www.frontpoint.it/it/materiali/nuove_tec.asp 262 88 Un modo molto semplice per valutare il proprio posizionamento è quello di collocarsi all'interno di una delle fasi di sviluppo descritte nel seguente schema: Comunicazione 3RVWDHOHWWURQLFD Promozione Servizi Interattivi 6HUYL]LGL&XVWRPHU 6HUYLFHYLD:HE &DWDORJRULFKLHVWHGL RIIHUWHRUGLQLHFF 6LWRZHESHUOD SUHVHQWD]LRQHH O·RIIHUWDGHLVHUYL]L Social Media 6RFLDOQHWZRUN EORJIRUXP YLGHRRQOLQH Figura 14: I diversi utilizzi della Rete da parte dell’azienda Fonte: http://www.frontpoint.it/it/materiali/nuove_tec.asp 1. Comunicazione: la più diffusa applicazione di Internet nelle aziende è sicuramente quella relativa all'invio e alla ricezione di messaggi di posta elettronica. Tale tecnologia è sempre più indispensabile nel lavoro quotidiano. 2. Promozione: creazione di un sito aziendale finalizzato alla presentazione dell'Impresa e alla promozione dei suoi beni e servizi; una sorta di “vetrina virtuale”. 3. Servizi interattivi: è il passaggio successivo nell'evoluzione dei servizi Internet offerti dalle imprese ai propri clienti. Riguarda la possibilità di offrire ai clienti attivi e potenziali, informazioni sugli sconti e le condizioni commerciali a loro riservate, la possibilità di richiedere offerte, inviare ordini ecc. Generalmente si fa riferimento a questa categoria di servizi quando si attivano delle funzioni di e-commerce.265 4. Social media: si tratta della nuova frontiera dell’utilizzo del web da parte delle aziende. Ai social media viene riconosciuto soprattutto il fatto di essere dei validi strumenti di informazione e di relazione con clienti e consumatori, grazie alla capacità di favorire il dialogo e l’interazione. Attraverso l’utilizzo dei social media da parte delle aziende è inoltre possibile raccogliere feedback e suggerimenti su prodotti e servizi da parte dei consumatori. 265 http://www.frontpoint.it/it/materiali/nuove_tec.asp 89 Il marketing 1to1, fino ad alcuni anni fa, comportava costi proibitivi (soprattutto per le PMI) e risultava perciò poco praticabile per il mercato tradizionale; oggi, con l’avvento dell’era interattiva, è divenuto un prerequisito indispensabile per il successo commerciale. Infine è possibile riassumere in alcuni punti, i benefici dell’approccio 1to1 come strategia di marketing: • offre economie di scopo, non economie di scala; • lo sforzo è concentrato soprattutto sui clienti più redditizi (circa il 10-20% del totale), tenendo presente che acquisire nuovi clienti è di gran lunga più oneroso che fidelizzare i clienti attuali, specie se redditizi; • i clienti con i quali si instaura una relazione più stretta, possono essere fonte di idee per lo sviluppo di nuove prospettive di business; • i clienti soddisfatti e fedeli innescano effetti passaparola spontanei, inoltre sono ottime referenze per nuovi potenziali clienti.266 6.5 Il web come strumento di marketing in campo cosmetico Pianificare e attuare una campagna di marketing e comunicazione online (web marketing and advertising) non significa abbandonare i tradizionali canali di comunicazione ma, piuttosto, esplorare nuove possibilità offerte dalla Rete allo scopo di interagire costantemente con il proprio consumatore finale. I forum, i blog, YouTube, Facebook, Twitter, ecc., sono moderne piazze, nuovi spazi virtuali, dove le aziende possono incontrare potenziali clienti, non tanto per offrire loro prodotti, ma per capire chi sono e cosa desiderano realmente (fig.15). 266 http://blog.bizen.it/web-marketing/246/marketingonetoone/ 90 Figura 15 : l’intricato insieme dei Social Media Fonte: http://www.allure.it Questi nuovi strumenti riguardano il contatto diretto con il consumatore, e ciò presuppone la capacità di saper coinvolgere gli interlocutori nel dialogo, per “guadagnare” la loro fiducia, ascoltando i loro bisogni e aspirazioni, i loro problemi e le loro idee. Prima dell’avvento di Internet, e della conseguente esplosione dei social media, gli strumenti di comunicazione a disposizione degli operatori di marketing erano i tradizionali metodi push: messaggi e spot pubblicitari passati alla tv e alla radio, immagini pubblicitarie che riempiono le riviste di ogni settore;267 la maggioranza di questi messaggi, indipendentemente dalla loro diffusione, era creata con lo scopo di pressare il destinatario.268 Negli ultimi quindici anni, invece, la Rete ha completamente modificato il processo di raccolta e scambio di informazioni (nel B2B, nel B2C, così come tra utenti privati) e il modo in cui l’azienda deve concepire e attuare la comunicazione dei propri beni e/o servizi; ha inoltre totalmente rivoluzionato le dinamiche di socializzazione grazie al successo dei vari social network (in primis MySpace, che è stato poi velocemente “abbandonato” in favore di Facebook e Twitter).269 Per poter sviluppare una campagna online di successo soprattutto attraverso i social media è necessario prima di tutto capire il loro funzionamento e comprendere che il 267 CHASE L., KNEBL K., “La rivoluzione dei social media nelle vendite”, Franco Angeli, Milano, 2012, pag 20. 268 Critico nei confronti della pubblicità tradizionale è anche David Meerman Scott che la considera come un insieme di comunicazioni unidirezionali e focalizzate sul prodotto. MEERMAN SCOTT D., “Nuove regole di marketing e Pr.”, Libreria dello Sport, Milano, 2011, p. 39. 269 CHASE L., KNEBL K., “La rivoluzione dei social media nelle vendite”, Franco Angeli, Milano, 2012, pag 21. 91 mondo online è di “proprietà” del consumatore. Le piattaforme di social networking sono “controllate” da chi le usa attivamente, i flussi comunicativi sono infiniti ed è lo stesso utente ad operare una selezione delle informazioni in base ai propri interessi, perché non è più disposto a subire passivamente la comunicazione insistente dei venditori, ma vuole avere la possibilità di decidere come, quando, cosa ascoltare e come interagire con i messaggi pubblicitari.270 Anche nel campo della cosmetica si assiste all’esplosione del ruolo del web come fattore di successo nel business aziendale, infatti la web advertising è stata anche uno tra i temi più importanti affrontati alla sesta edizione della Beauty Web Conference che si è tenuta a Milano lo scorso ottobre. L’evento, promosso da Unipro e Bellezza.it271 ha coinvolto più di 150 operatori del settore cosmetico e del marketing che hanno potuto testimoniare come il settore della bellezza sia attento alle reali opportunità di business offerte dalla Rete. In occasione della conferenza, il presidente di Unipro, Fabio Rossello ha illustrato i risultati del sondaggio online “L’utilizzo di Internet da parte delle aziende cosmetiche” al quale hanno risposto oltre 130 aziende del settore. Dai dati emersi è possibile evincere come l’interesse verso la comunicazione con il pubblico si stia esprimendo sempre di più tramite strumenti web dinamici e interattivi che bene si adattano alla forte connotazione emotiva veicolata dal prodotto cosmetico. Secondo il sondaggio Unipro, nell’ultimo periodo è fortemente aumentato il numero di aziende cosmetiche che si sono dotate di sito web aziendale e che lo utilizzano come mezzo di social CRM (Custumer Relationship Management); i siti vengono frequentemente aggiornati e ormai sono diventati, per le aziende, uno strumento imprescindibile della comunicazione. 270 Ibidem. Bellezza.it è un portale italiano che si rivolge sia ai consumatori sia ai professionisti del settore cosmetico. La sua mission è la ricerca della bellezza non solo come ideale estetico, ma come nuovo stile di vita. Gli utenti possono porre domande agli esperti, utilizzare i servizi interattivi, cercare informazioni, e scambiarsi consigli sul Forum. Per gli addetti ai lavori Bellezza.it è sicuramente un punto di riferimento importante dove scoprire le ultime tendenze, trovare approfondimenti aggiornati e autorevoli, informarsi su eventi speciali dedicati al mondo del beauty e del wellness professionale. Bellezza.it offre inoltre alle aziende la possibilità di comunicare in modo efficace e innovativo attraverso strumenti e spazi personalizzati come: beauty-letter, leaderboard, invio di samples, ecc... Le soluzioni sono diversificate e molteplici, accomunate dalla capacità di valorizzare il messaggio pubblicitario, aumentare la visibilità del brand e raggiungere il target di riferimento evitando inutili dispersioni. http://www.bellezza.it 271 92 L’utilizzo della newsletter272 è ancora poco diffuso, anche se si tratta di un fenomeno in crescita; le aziende che la usano, la inviano ai contatti presenti nelle propria mailing list con frequenza mensile.273 Le operazioni concrete che un’azienda cosmetica potrebbe intraprendere per incrementare il proprio successo attraverso il web sono essenzialmente di due tipi: • creazione di un sito web aziendale: le applicazioni a cui si presta un sito web aziendale sono molteplici. Innanzitutto può essere usato come vetrina per i propri prodotti e come veicolo per la campagna pubblicitaria, creando continuum con la pubblicità sui media tradizionali e sul web, rafforzando l’immagine aziendale. Il sito può essere usato anche come spazio per informare i consumatori/utenti sulle iniziative intraprese dall’azienda come sponsorizzazione di eventi culturali o iniziative di beneficenza. Al suo interno si potrebbe inoltre creare uno spazio dedicato ai commenti dei consumatori sui prodotti e sulla loro esperienza d’acquisto presso i punti vendita. Trattandosi di prodotti cosmetici sarebbe utile avere anche una sezione dedicata ai “Tips”, consigli puntuali su come utilizzare nel migliore dei modi i prodotti o, meglio ancora contattare dei makeup artist con cui avviare una collaborazione. Infine, un’ulteriore opportunità che potrebbe incrementare il successo aziendale, è offerta dall’e-commerce. Un solo strumento, il sito web appunto, per più utilizzi diversi ma integrati tra loro: mezzo di informazione, media pubblicitario e commercio elettronico. • Adozione di strumenti che sfruttano l’aspetto visivo e che arrivano direttamente all’utente: invio di DEM274, newsletter e advertising sul web. Dopo una prima fase di lancio, sarà necessario poi lavorare sul buzzing e sulla 272 Newsletter: indica un servizio di notizie a tema che viene diffuso periodicamente tramite mail a tutti gli utente che ne hanno fatto richiesta inserendo il proprio indirizzo e-mail nell’apposito form del sito. VIETRI D., CAPPELLOTTO G., “E-commerce. Progettare e realizzare un negozio online di successo”, Hoepli, Milano, 2011, pag. 40. 273 ROSSELLO F., presidente Unipro “L’utilizzo di internet da parte delle aziende cosmetiche. Risultati del sondaggio online” http://www.unipro.org 274 DEM (Direct Email Marketing): indica una tecnica di comunicazione che consiste nell’inviare una mail pubblicitaria a un sottoinsieme con precise caratteristiche. A differenza della newsletter che raggiunge indistintamente tutti gli iscritti alla mailing list, il DEM prevede invece di comunicare con utenti profilati, potenzialmente interessati all’offerta. Il DEM infatti contiene solo pubblicità mentre la newsletter è di carattere più informativo e può contenere notizie, aggiornamenti e novità riguardanti l’azienda. VIETRI D., CAPPELLOTTO G., “E-commerce. Progettare e realizzare un negozio online di successo”, Hoepli, Milano, 2011, pag 40. 93 reputation: quindi forum dedicati alla bellezza, coinvolgimento di beautyblogger e presenza costante sui social network.275 Da quanto appare dai risultati del sondaggio “L’utilizzo di Internet da parte delle aziende cosmetiche”, si può notare una predilezione delle aziende cosmetiche per i social media rispetto agli altri strumenti offerti dal web.276 Del resto i social media sono diventati molto di moda in questi ultimi anni, sono usati da un numero sempre crescente di persone molto diverse tra loro, presentano esigue barriere all’entrata, sono di facile utilizzo e permettono un contatto diretto con l’utente, avendo inoltre la possibilità di monitorare costantemente gli input da lui offerti. Nello specifico, la figura 16 esplicita i risultati ottenuti dal sondaggio online sulla presenza sui social media da parte delle aziende cosmetiche. Le 130 aziende intervistate dovevano riferire in merito all’utilizzo da parte dell’azienda dei social media, segnalando in quali è già presente e in quali progetta entrare.277 31% social network (Facebook, Google+) video (YouTube, Vimeo) 16% 1% nessuna presenza, ma possibile in futuro non sono interessati ai social media 1% blog, forum 6% social network professionali (Linkedln) 15% 7% Microblog (Twitter, Plurk) social bookmarking (Del.icio.us) 11% 12% altro Figura 16: I social media in cui sono presenti le aziende cosmetiche italiane Fonte: nostra elaborazione a partire dai risultati del sondaggio realizzato da Unipro 275 Cristina Ginelli, trade marketing manager Vagheggi, durante il suo intervento in occasione del convengo “La formula della Bellezza” tenutosi presso il centro congressi della Confartigianato di Vicenza, domenica 18 novembre 2012, ha diffuso reali esempi positivi per superare la crisi, creando le “10 mosse per avere successo nel settore beauty”. 276 ROSSELLO F., presidente Unipro “L’utilizzo di internet da parte delle aziende cosmetiche”. I risultati del sondaggio online sono stati presentati a Milano il 26 ottobre 2011. http://www.unipro.org 277 http://www.unipro.org/home/it/documenti/centro_studi/1.Rossello_Unipro.pdf 94 I dati forniti dal sondaggio fanno emergere la presenza della stessa azienda su più piattaforme contemporaneamente, segno del crescente utilizzo dei social media da parte delle aziende cosmetiche. È possibile notare come i social network, e Facebook in particolare, occupino il primo posto nelle strategie di social media planning per gli oltre 130 intervistati riguardo la presenza nel panorama social. Ben più distante, ma in continua crescita, è l’utilizzo da parte delle aziende cosmetiche di YouTube (16%) e di blog e forum (11%). Ancora basso, in percentuale, risulta invece l’utilizzo dei social network dedicati al mondo professionale e dei Microblog. Circa il 30% delle aziende intervistate invece, non è ancora presente in nessun social media ma più del 15% sta valutando come inserirsi in questo mondo, mentre il 12% è irremovibile e ammette di non aver alcun interesse al riguardo. Sicuramente questi dati sono la conferma di una generale propensione delle aziende cosmetiche verso i new media278 È ormai evidente che il web abbia cambiato il mondo della comunicazione aziendale del settore cosmetico e ignorare questa evoluzione sarebbe controproducente. È altrettanto evidente come i social media abbiano cambiato il modo in cui le aziende cosmetiche e le profumerie comunicano con i propri consumatori (attuali e potenziali). La conferma del crescente utilizzo di questo medium è arrivata anche dagli esperti del settore come Giuseppe Francioni (Direttore Marketing di Clinique) che ha sottolineato come il mondo digitale si differenzia dagli altri media tradizionali soprattutto in relazione alla potenzialità pressoché infinita di interazione con il consumatore attraverso il coinvolgimento bidirezionale e attivo tra i soggetti. La presenza dell’azienda su più social network permette una migliore profilazione del target e la possibilità di monitorare in modo puntuale l’andamento della propria campagna di comunicazione grazie ai feedback dei consumatori. Avvicinarsi al consumatore tramite i social network aiuta a creare con l’azienda un rapporto di fiducia.279 Evelina Locatelli (Communication Specialist di Deborah Italia) fa notare come la stessa immagine pubblicata su diverse piattaforme (Facebook, Pinterest, Flick’r) possa sortire effetti diversi. Il compito degli addetti al marketing è di cogliere tali 278 POSITANO G., “Aziende Cosmetiche e Social Media”, Accademia 33, anno 4 n.8, Editore Unipro, Milano. 279 MUDULU G., SOMMARIVA W., “La rivoluzione dei Social Media nelle vendite”, Allure, the trade beauty magazine, 2012, http://www.allure.it 95 differenze e agire di conseguenza. La presenza dei brand sui social media deve puntare sulla capacità di coinvolgere, di creare community, scegliendo blogger di riferimento che sappiano suscitare fiducia e partecipazione. L’esperta fa notare come nel giro di pochi anni il web sia passato da mezzo di comunicazione a piattaforma di interazione, introducendo un nuovo fenomeno che sta affollando il web: le “guresse del makeup”. Un network di ragazze “comuni” heavy user di makeup e dalle enormi competenze che influenzano il pubblico, sono autorevoli ed “educano” le loro follower ad utilizzare prodotti anche molto tecnici.280 6.6 Le guresse del makeup E già stato rilevato precedentemente, come il web sia diventato uno strumento fondamentale per le aziende cosmetiche sia per instaurare una relazione a lungo termine con i propri consumatori, sia per incrementare il proprio successo. In particolare il canale video online si è dimostrato un filtro molto importante per la diffusione della conoscenza dei brand cosmetici in quanto agevola un meccanismo di promozione spontanea dal basso.281 La piattaforma di video online più conosciuta e utilizzata è, senza ombra di dubbio, YouTube282 creata nel 2005 da tre ex dipendenti di PayPal e diventata il “luogo” privilegiato per lo sviluppo di una vera e propria beauty community popolata dalla “guresse del makeup” (o makeup guru), divenute oramai le makeup artist della generazione 2.0 grazie ai loro video che contano ogni giorno milioni di visualizzazioni. 280 Ibid. NOTTI T., “Con il web la cosmesi green accresce il consumo etico”, Markup gennaio/febbraio 2012, pag 90. 282 YouTube è una piattaforma di contenuti gratuiti (video in particolare) che gli utenti frequentano per 2 scopi principali: divertirsi e avere informazioni utili. Per inquadrare al meglio le potenzialità di Youtube come canale di veicolazione di contenuti è opportuno fornire qualche dato: il traffico di Youtube rappresenta il 10% del totale traffico Internet; ogni giorno vi sono 2 miliardi di visualizzazioni video; il 70% del traffico di YouTube proviene da Paesi al di fuori degli USA; YouTube è localizzato in 25 Paesi e disponibile in 38 lingue; l’Italia pesa per il 4% circa del totale visite su Youtube. Youtube, grazie alla sua viralità, può diventare uno strumento molto potente per l’azienda se vengono sfruttate le molteplici opportunità offerte da questo mezzo per: migliorare la conoscenza dell’azienda e del proprio brand; fare promozione su specifici prodotti, eventi, persone; fare attività di customer care e post vendita. http://www.mercatoglobale.com/web-marketing/youtubeper-limmagine-ed-il-business-aziendale 281 96 Alle v-logger283 più intraprendenti e di successo più accadere che la propria passione per il makeup diventi una professione: quando si hanno molti iscritti e un numero importante di visualizzazioni, YouTube concede la partnership. Sul canale compaiono degli spot pubblicitari e lo youtuber riceverà un compenso in base al numero di visualizzazioni provenienti dai proventi pubblicitari: in sintesi più un video viene visualizzato, più il compenso aumenta.284 I video pubblicati possono essere di vario genere: • video tutorial: video per la realizzazione passo a passo di determinate tecniche di trucco, per l’applicazione ottimale di prodotti per la bellezza; • video haul (letteralmente video “bottino”): video relativi a prodotti acquistati ma non ancora provati sulla propria pelle e quindi non sottoponibili a recensione; • video review: video con recensioni di prodotti testati; • video giveaway: video con cessione di premi, nella fattispecie prodotti per il make-up e la cura di viso e corpo, oltre ad accessori di bellezza.285 Ogni video che viene pubblicato è tutt’altro che improvvisato. Esiste una sorta di codice non scritto su come un prodotto deve essere presentato e descritto nel video, esiste un determinato gergo e una determinata gestualità che vengono riproposti ogni volta; ogni prodotto presente nel video, che sia una review o un tutorial, viene sapientemente mostrato, analizzato e comparato con i concorrenti nel minimo dettaglio: prezzo qualità, packaging, texture e reperibilità sul mercato.286 In Italia il fenomeno delle makeup guru si è sviluppato solo recentemente ma è sufficiente compiere una veloce ricerca tra i canali YouTube più frequentati per rendersi conto che si tratta di un fenomeno in evidente crescita. Tutto è cominciato dalle artiste del trucco di lingua inglese e soprattutto da Michelle Phan, giovanissima americana di origini vietnamite, la quale si è guadagnata una pagina su Wikipedia287 poiché il suo canale spicca tra quelli con più iscritti (più di 283 Termine inglese derivante dalla fusione di “video” e “blogger”. http://support.google.com/youtube/bin/answer.py?hl=it&answer=72855 285 BERNARDINI A., “Web 2.0, comunicazione marketing: il fenomeno delle guresse del makeup in YouTube e nei social network”, http://communicationvillageblog.wordpress.com/2010/07/14/web-20-comunicazione-marketing-fenomeno-guresse-make-up-youtube-e-social-network/ 286 NOTTI T., “Con il web la cosmesi green accresce il consumo etico”, Markup gennaio/febbraio 2012, pag 90. 287 http://en.wikipedia.org/wiki/Michelle_Phan 284 97 2.466.000 iscritti, circa 240 video caricati e più di 689.197.000 visualizzazioni video).288 I suoi video sono tra i più visti e commentati grazie alla chiarezza con cui svela passo-passo i segreti delle tecniche di makeup, all’editing ricercato e alle musiche di sottofondo molto raffinate. Recentemente la guru del beauty internazionale ha creato una propria azienda cosmetica, la IQQU Beauty International289, ed è stata scelta dalla maison Lancôme come sua nuova video makeup artist ufficiale.290 Altre stelle della beauty community di YouTube sono le sorelle inglesi Samantha e Nicola Chapman , in arte Pixiwoo (più di 724.000 iscritti, circa 500 video caricati e più di 132.052.000 visualizzazioni video).291 Blogger e v-logger, con i loro cliccatissimi video tutorial su YouTube mostrano come realizzare centinaia di look, da quelli più naturali a quelli ispirati alle celebrities e ai personaggi dei film. A Samantha è dedicata una pagina di Wikipedia292 e ha ricevuto due importanti riconoscimenti del mondo della bellezza e dello stile sul web: il Cosmopolitan Blog Award nel 2010 e il Beautiful Award nel 2011. Le sorelle Pixiwoo hanno inoltre lanciato recentemente la propria linea di pennelli professionali: Real Techniques.293 In Italia invece, chi ha dato inizio al fenomeno delle makeup artist 2.0 è stata Clio Zanmmateo quando nel 2008 ha aperto il suo canale YouTube, ClioMakeUp294 e ha iniziato a postare dei video nei quali spiegava agli utenti quello che stava imparando alla MakeUpDesignory (MUD)295, un’accademia di New York per diventare truccatori professionisti. La consacrazione mediatica su YouTube non si è fatta attendere e grazie al sempre maggior numero di iscrizioni e visualizzazioni (più di 255.000 iscritti, circa 500 video caricati e più di 105.427.000 visualizzazioni video), le si sono aperte le porte anche del successo offline. Ha pubblicato due libri editi da Rizzoli: il primo, nel 2009 intitolato “ClioMakeUp”, una sorta di manuale del makeup per chi è alle prime armi, in cui vengono spiegate le basi fondamentali del trucco, gli strumenti da usare e vengono illustrati alcuni look da realizzare. Il 288 Dati rilevati a dicembre 2012. http://www.youtube.com/user/MichellePhan?feature=chclk http://www.iqqubeauty.com 290 http://www.next-tv.it/2012/01/02/le-youtube-tars-italiane-top-6-make-up-artist/ 291 Dati rilevati a dicembre 2012. http://www.youtube.com/user/pixiwoo 292 http://en.wikipedia.org/wiki/Samantha_Chapman#Pixiwoo 293 http://realtechniques.com/ 294 http://www.youtube.com/user/cliomakeup 295 http://www.makeupschool.com/ 289 98 secondo libro “Clio Beauty-Care. La cura della pelle e i cosmetici fai da te”, uscito nel 2010, è focalizzato sulla cura della pelle e sulla creazione casalinga di alcuni prodotti di bellezza.296 Il successo di questa giovane ragazza che da un paesino nel bellunese si è trasferita a New York per costruirsi una carriera come makeup artist, non è sfuggito a PUPA Milano che le ha offerto un contratto di collaborazione per testare i propri prodotti, farne delle video recensioni e realizzare dei video tutorial che reinterpretino le collezioni makeup. Questo sodalizio si è poi rafforzato nel 2011 con il lancio dell’edizione limitata creata da Clio: “CLIOFORPUPA: MIMI&OSCAR COLLECTION”.297 Un’altra collaborazione prestigiosa è quella con Vogue: Clio è stata infatti scelta come loro web makeup artist; inoltre, recentemente ha condotto per il canale “Realtime”, un programma in cui insegna a delle ragazze comuni a valorizzarsi attraverso il trucco.298 A Clio è stata infine dedicata una applicazione gratuita per smartphone: un vero e proprio manuale digitale per avere dei consigli di makeup a portata di touch.299 Un’altra stella di YouTube è Giuliana Arcarese, una makeup artist italiana residente in California. Giuliana ha due canali YouTube, il canale italiano Makeupdelight2009 (più di 103.000 iscritti, circa 550 video caricati e più di 31.347.000 visualizzazioni video), e GiulianaMUA, in inglese. I trucchi proposti da Giuliana sono molto esperti e professionali, tanto da essere apprezzati non solo dalle giovanissime frequentatrici della rete ma anche da donne più adulte.300 La rivista “Elle USA” le ha dedicato un articolo nel gennaio 2010, dopo che aveva vinto un concorso indetto dalla casa cosmetica Covergirl. Attualmente collabora con Deborah Milano attraverso il blog 296 CENTENATO L., SORCHIOTTI T., “Personal Branding. L’arte di promuovere sé stessi online”, Hoepli, Milano, 2012, pag 139. 297 http://www.pupa.it/ita/Collection/clioforpupa-mimi-oscar-collection.aspx 298 http://www.realtimetv.it/video/programmi/clio-makeup/ 299 La beauty app di Cliomakeup permette a tutte le fan di Clio di seguirla costantemente attraverso la sezione News, che viene aggiornata ogni volta che viene caricato un nuovo video sul canale Youtube di Cliomakeup. Nella sezione Video, è possibile inoltre ordinare i vari video secondo il parametro che si vuole in quel momento: per data, per colore, per stile, per evento e extra. Nella sezione MakeUp è possibile creare il proprio avatar e provare dei look attraverso la sottosezione Trucca Viso. Un’altra sottosezione Domande & Risposte, è dedicata ai quesiti posti dalle fans a cui Clio risponde personalmente e infine la sottosezione Top Prodotti contiene i prodotti preferiti da Clio suddivisi per mesi. Un'app colorata, lineare, intuitiva, e indispensabile per tutte le beauty-addicted. http://fashionidentity.blogosfere.it/2012/09/cliomakeup-la-prima-guru-italiana-lancia-la-sua-app-periphone-scoprila-adesso.html 300 BERNARDINI A., “Web 2.0, comunicazione marketing: il fenomeno delle guresse del makeup in YouTube e nei social network”, http://communicationvillageblog.wordpress.com/2010/07/14/web-20-comunicazione-marketing-fenomeno-guresse-make-up-youtube-e-social-network/ 99 “Il Design del Colore”, nel quale Giuliana crea dei look usando i prodotti delle varie collezioni makeup di Deborah, postandone poi i relativi video.301 Come Clio anche Giuliana ha pubblicato un libro sul makeup, edito da Rizzoli, intitolato “Makeup Delight”, nel quale sono raccolti molti consigli utili sulle varie tecniche di makeup, su come abbinare i colori nel modo giusto e una raccolta di look per varie occasioni: un colloquio di lavoro, a scuola o a una cena romantica, ma anche in spiaggia, in palestra o a un concerto. Grazie alla spettacolare efficacia mediatica assunta negli ultimi anni da questi video, che spesso diventano virali, persone comuni con una forte passione per il makeup, diventano delle celebrities, della neo-cultura del web 2.0. Guresse e semplici addicted del makeup su YouTube contemporaneamente ricoprono sia il ruolo di opinion maker, perché sviluppano e diffondono il proprio parere e la propria esperienza all’interno di un gruppo di interesse (la beauty community), sia quello di opinion leader tramite il potere di convincimento dei loro giudizi sui prodotti, come se i loro video mettessero in atto una specie di passaparola tra gli utenti, secondo cui un prodotto sia giudicato valido o meno. Le youtuber più accreditate, proprio in virtù della fiducia accreditata loro dai fan, sono opinion leader nel senso più stretto della locuzione, perché, da una parte le lezioni online e i consigli di makeup suggeriscono le tendenze del makeup della stagione agli utenti, e dall’altra, con i video review, orientano gli acquisti dei prodotti di bellezza. Le aziende del settore cosmetico più lungimiranti, hanno iniziato a capire e ad apprezzare la potenzialità di questi contenuti e, sempre più spesso, contattano le youtuber con un canale dedicato al makeup, proponendo loro di testare gratuitamente dei loro prodotti e di recensirli attraverso la pubblicazione di un video sul loro canale, un post su Facebook o un articolo sul blog. Per mezzo di questi interventi si aumenta il volume delle conversazioni su un dato prodotto, di conseguenza si incrementa la notorietà e la reputazione del brand. Il prossimo capitolo sarà interamente dedicato all’approfondimento di questo fenomeno che si sta rapidamente diffondendo anche nel mondo della cosmesi ecobio. 301 http://www.deborahmilano.com/it/makeup-delight 100 CAP. 7 COSMETICI ECOBIO E SOCIAL MEDIA. LA PAROLA ALLE BEAUTY BLOGGER E V-LOGGER 7.1 Motivazioni della ricerca Nei precedenti capitoli si è visto come le strategie di marketing delle imprese operanti nel mercato della cosmesi si stiano orientando verso l’utilizzo sempre maggiore della Rete e, in particolare, dei social media. Questo trend ha toccato anche le aziende di cosmesi ecobio, forse in modo più profondo rispetto alla cosmesi tradizionale. Infatti si può notare la massiccia presenza e il successo di blog, forum e canali YouTube espressamente legati a tale tematica. Sempre un maggior numero di consumatori prima di procedere all’acquisto del cosmetico preferisce svolgere una piccola indagine online alla ricerca di recensioni, giudizi e consigli sul prodotto rivolgendosi alle beauty blogger (o v-logger a seconda dei casi). Questa nuova beauty community ecobio sta diventando una realtà importante nel mondo dei social media e molto spesso i consumatori tendono a dare maggior credito ai giudizi espressi dalla “ragazza della porta accanto” appassionata di cosmetici, piuttosto che ad altisonanti claim pubblicitari o a studi condotti in laboratorio. È nella capacità di creare un rapporto paritario con i propri lettori che risiede la formula del successo di questi strumenti. A tal proposito è stato ritenuto interessante svolgere una ricerca approfondita su questo nuovo modo di promuovere, valutare e di far conoscere i prodotti cosmetici ecobio. Il punto di vista non sarà quindi né quello del consumatore finale né quello dell’azienda produttrice ma ci si pone tra questi due soggetti, su di un livello intermedio, quello delle blogger e v-logger, le quali hanno un ruolo centrale nel filtrare e analizzare le informazioni sui prodotti cosmetici ecobio. Tali informazioni giungono successivamente ai consumatori addizionate dai loro pareri personali. Il modo migliore per analizzare questo fenomeno è stato quello di intervistare un gruppo di blogger e v-logger sottopondo loro una serie di domande sull’argomento 101 “cosmetici ecobio e social media”. A partire poi dalle loro risposte si è cercato di ricavare alcune chiavi di lettura di questo trend. 7.2 Metodo di ricerca e scelta dei soggetti da intervistare Il gruppo di blogger e v-logger a cui sottoporre il questionario è stato selezionato in base ad alcuni criteri ritenuti adeguati al fine di poter “scattare una fotografia” esaustiva del panorama della beauty community online legata alla tematica ecobio. I criteri di selezione dei soggetti da intervistare sono stati: • fascia d’età compresa tra i 20 e i 40 anni • attinenza alla tematica ecobio • longevità del blog/canale YouTube/pagina Facebook • frequenza nella pubblicazione di articoli/video/post. • distribuzione sul territorio nazionale • numero di follower e di visualizzazioni Si è scelto di far ricomprendere le persone intervistate nella fascia d’età 20-40 perché si ritiene che nella suddetta fascia rientri la maggior parte dei consumatori di cosmetici che al tempo stesso sono anche frequentatori di social media. Indubbiamente l’attinenza alla tematica ecobio degli articoli/video/post delle blogger e v-logger e la longevità del blog o del canale YouTube sono state le discriminanti fondamentali al momento della loro selezione. Allo scopo di fornire una visione che fosse il più completa possibile della beauty community online si è cercato di creare un gruppo di persone intervistate che provenissero da tutto il territorio nazionale. Infine la frequenza nella pubblicazione e il numero di follower sono state delle variabili importanti in sede di selezione. È stato deciso di dare la priorità a coloro che possiedono contemporaneamente sia un canale attivo sulla piattaforma YouTube sia un blog (o pagina Facebook). I contatti intrattenuti con le blogger e le v-logger si sono svolti via e-mail o via Facebook. Innanzitutto è stato esposto loro il presente lavoro di ricerca e la volontà 102 di esplorare il binomio “cosmetica ecobio/social media”. Successivamente, a coloro che si sono rese disponibili a prendere parte alla ricerca, è stato inviato un questionario di venti domande sulla tematica in esame. Su un totale di trenta persone contattate, ventuno hanno risposto favorevolmente; è possibile quindi affermare di aver ricevuto le risposte da un nutrito gruppo che possa essere rappresentativo della beauty community online specializzata nella cosmetica ecobio. Segue quindi l’elenco delle blogger (e/o v-logger) che hanno acconsentito a partecipare all’indagine sul binomio “cosmetica ecobio/social media”. • Alessandra e Michela (La tribù delle Lunatiche): gestiscono un blog302 e una pagina Facebook303 in cui trattano argomenti di makeup (sia ecobio sia tradizionale) e bellezza in generale. • Camilla (Camillabertini): ha aperto un canale YouTube circa tre anni fa dove recensisce prodotti ecobio e parla della sua vita quotidiana304; gestisce inoltre un blog305 e una pagina su Facebook.306 • Deborah (DebyVany91): ha creato inizialmente un blog e successivamente un sito internet sulla cosmesi ecobio (Biomakeup: solo natura sulla tua pelle!)307 supportato dalla sua pagina Facebook.308 • Desiré (Parfumreview007): gestisce un blog (To be bio: a case of beauty)309 in cui recensisce prodotti cosmetici ecobio e fornisce alcune ricette per crearsi dei prodotti cosmetici home-made. • Giada (Goddessinspired): nel 2009 ha aperto un canale YouTube dove propone dei tutorial di makeup, recensioni di prodotti cosmetici e di libri;310 gestisce inoltre un blog dove tratta argomenti di bellezza e di moda.311 302 http://womanwaylatribudellelunatiche.blogspot.it/ https://www.facebook.com/le.lunatiche 304 http://www.youtube.com/user/camillabertini 305 http://www.camillabertini.wordpress.com/ 306 https://www.facebook.com/camilla.bertiniyt?fref=ts 307 http://www.biomakeup.it/ 308 https://www.facebook.com/pages/DebyVany91-Bio-Make-up/139722642804414?fref=ts 309 http://www.tobebioacaseofbeauty.blogspot.it/ 303 103 • Irene e Valentina (Amiche per Passione): nel 2011 hanno aperto un blog312 e successivamente una pagina Facebook313 in cui recensiscono prodotti cosmetici soprattutto ecobio. • Loredana (BioWorldReviews): ha aperto recentemente un canale YouTube in cui propone delle review su prodotti cosmetici e per l’igiene personale esclusivamente ecobio.314 • Mariangela (Mariangela Balsamo): da oltre un anno ha aperto un canale YouTube dedicato al mondo del make-up e della cosmetica naturale ed ecobio;315 gestisce inoltre un blog dove si occupa di recensioni di prodotti cosmetici.316 • Martina (Cookies, tea & make-up): gestisce un blog in cui parla di makeup e beauty in generale;317 ha, inoltre, una pagina Facebook dove posta i suoi articoli e news sul makeup.318 • Maura (Mauraga85): gestisce sia un canale YouTube319 sia una pagina Facebook320 in cui parla di cosmesi ecobio, libri, alimentazione vegetariana e vegana, allattamento e puericultura. • Melania (A Tutto Bio) attraverso la sua pagina Facebook321, il suo blog322 e il canale YouTube323 fornisce ai suoi follower delle interessanti recensioni sui prodotti cosmetici ecobio oltre che a preziosi consigli su uno stile di vita più sano e rispettoso dell’ambiente. 310 http://www.youtube.com/user/goddessinspired/featured http://www.personalitamultiple.blogspot.it/ 312 http://www.amicheperpassione.blogfree.net/ 313 https://www.facebook.com/amichexpassione 314 http://www.youtube.com/user/BioWorldReviews 315 http://www.youtube.com/user/MariangelaBalsamo 316 http://www.viadeltrucco75.it/ 317 http://www.cookiesteaandmakeup.com/ 318 https://www.facebook.com/cookiesteaandmakeup 319 http://www.youtube.com/user/mauraga85 320 https://www.facebook.com/Mauraga85/info 321 https://www.facebook.com/pages/A-Tutto-Bio/195444690562372 322 http://www.atuttobioblog.blogspot.it/ 323 http://www.youtube.com/user/AtUtToBiO 311 104 • Paola (KATTIKful) : nel suo blog324 e nel suo canale YouTube325 parla delle sue esperienze con i cosmetici ecobio attraverso recensioni e consigli e condivide con i suoi follower delle ricette vegetariane utilizzando prodotti biologici. • Paola M. (Laboratoriodellefate): nel suo canale YouTube condivide con le sue iscritte la sua passione per il makeup ecobio.326 • Rita (Briseide) gestisce un blog327 e una pagina Facebook328 sul makeup e la cosmesi naturale ed ecobio in cui offre alle sue lettrici recensioni e pareri, sul mondo dell'ecobio. • Silvia (MsSilvy) da oltre un anno ha un canale su YouTube329 dove posta dei video di recensione su cosmetici e detergenti ecobio; gestisce inoltre un blog dove pubblica i suoi articoli legati alla medesima tematica.330 • Valentina (The Thunder of Beauty): ha aperto il suo blog nel 2008 dove da consigli di moda e di makeup alle sue lettrici.331 • Valentina (Vaxl2007): da quasi quattro anni pubblica su YouTube332 i suoi video di makeup (ma non solo) con tutorial , recensioni e consigli per i suoi follower; nella sua pagina Facebook posta principalmente delle news e degli articoli su prodotti cosmetici sia tradizionali sia ecobio.333 • Veronica (MsStardust81) è un’estetista che da più di due anni condivide con i suoi follower la sua passione per il beauty e il makeup attraverso il suo blog334, il canale YouTube335 e la pagina Facebook.336 324 http://katpaola.blogspot.it/ http://www.youtube.com/user/KATTIKful 326 http://www.youtube.com/user/laboratoriodellefate 327 http://www.biosamente.blogspot.it/ 328 https://www.facebook.com/pages/Biosamente/247028825334969 329 http://www.youtube.com/user/MsSilvy1 330 http://www.mssilvy.blogspot.it/ 331 http://www.glitterthunder.blogspot.it/ 332 http://www.youtube.com/user/vaxl2007 333 https://www.facebook.com/vaxlmakeup.channel?fref=ts 334 http://www.polveredistellemakeup.com/ 335 http://www.youtube.com/user/MsStardust81/videos?flow=grid&view=0 336 https://www.facebook.com/PolveredistelleMakeUp 325 105 • Viviana (Bellezza EcoBio fatta in casa) ha aperto il blog per condividere quello che ha imparato sulla cosmetica fai da te offrendo alle sue lettrici delle semplici ricette per creare da sole i propri cosmetici.337 7.3 Le domande del questionario alla base delle interviste Al fine di dare pari risalto a tutti i blog/canali YouTube/pagine Facebook contattati, le interviste hanno avuto tutte la stessa struttura basata su un questionario di venti domande inviato via e-mail alle quali era possibile rispondere separatamente o con un testo unico utilizzando le domande come traccia. Di seguito sono riportare le domande che sono state poste alle ventuno blogger e/o vlogger che hanno dato la loro disponibilità a partecipare alla ricerca. 1. Quando ha deciso di aprire il suo canale YouTube/blog/pagina Facebook? 2. Cosa l’ha spinta a prendere questa decisione? 3. Da quanto tempo è appassionata di cosmetica e di makeup? 4. Perché si dovrebbe passare alla cosmesi ecobio? 5. Mi parli della sua scelta verso una cosmesi ecobio. Le motivazioni che l’hanno spinta in questa direzione e gli step che ha seguito nella sua “conversione” dalla cosmesi tradizionale a quella ecobio. 6. Attualmente qual è la sua beauty routine quotidiana? 7. Dove compie abitualmente i suoi acquisti ecobio? GDO, erboristeria, farmacia, profumeria, portali di e-commerce e siti aziendali online? 8. Con quale criterio sceglie i prodotti da acquistare (brand, certificazioni, recensioni, ecc.)? 9. Attualmente ha intrapreso delle collaborazioni con alcune aziende cosmetiche? Le è stato mai proposto? 337 http://www.ecobiobeauty.blogspot.it/p/il-mio-blog.html 106 10. Cosa ne pensa dell’utilizzo dei Social Media nel settore cosmetico in generale e in quello dei cosmetici ecobio in particolare? 11. Quali pensa siano i punti di forza e di debolezza (se ci sono) della promozione dei cosmetici ecobio attraverso i Social Media? 12. Come mai, secondo lei, la cosmetica ecobio è principalmente veicolata attraverso strumenti online (e-commerce, web advertising, blog, vlog, ecc.) e solo marginalmente attraverso strumenti offline (pubblicità tradizionale, testimonial, negozi monomarca, ecc.)? 13. In generale pensa che l’ecobio nel settore cosmetico sia un trend o un vero e proprio stile di vita? 14. Nel web impera una grande confusione sull’argomento ecobio. Cosa pensa a tal proposito? 15. Che rapporto intrattiene con i suoi follower? 16. Avverte una sorta di responsabilità verso i suoi follower in quanto opinion maker? 17. Quali sono gli altri blog, canali YouTube dedicati all’argomento in questione che segue attualmente? 18. Che consigli si sente di dare ad una persona che vorrebbe iniziare ad utilizzare cosmetici ecobio? 19. Cosa ne pensa del fenomeno “greenwashing”? Secondo lei, i consumatori, come possono arginarlo? 20. Commenti e suggerimenti finali. 7.4 Analisi dei risultati Qui di seguito viene presentata una sintesi, organizzata in macroaree, delle risposte fornite dalle blogger e v-logger intervistate, utile al fine di analizzare il trend dei cosmetici ecobio da un punto di vista diverso da quello dei produttori e dei 107 consumatori finali. Si è notato infatti che, soprattutto per quanto riguarda questa tipologia di prodotti, la promozione non avviene in modo tradizionale attraverso campagne pubblicitarie nei mass media classici ma sono soprattutto gli articoli postati su Facebook o nei blog e ancora i video caricati sulla piattaforma YouTube ad influenzare le scelte d’acquisto dei consumatori. • Le motivazioni ad aprire un blog o un canale YouTube: le ragioni che hanno portato le ventuno blogger e v-logger intervistate a pubblicare articoli e video online sono molteplici ma per tutte la spinta più grande è stata quella di voler far conoscere la propria opinione e le proprie esperienze legate alla cosmesi ecobio a consumatori che condividono la stessa passione. È infatti la passione per questo settore (sorta in momenti diversi per ognuna di loro) che le guida nella realizzazione delle loro pubblicazioni in rete oltre ad un’indole curiosa verso le nuove tecnologie che, per le intervistate, sono diventate il miglior strumento per veicolare la “bio mentalità”. Molte di loro hanno iniziato come assidue lettrici di altri blog per documentarsi adeguatamente sia sulla cosmesi ecobio sia sui nuovi trend del mercato cosmetico. Con il tempo hanno capito di voler dare il loro contributo, condividendo le scoperte fatte in quanto consumatrici, con le proprie lettrici, mettendosi così ad un livello paritetico con i propri follower. I toni degli articoli sono, nella maggior parte dei casi più simili ad “una chiacchierata tra amiche” piuttosto che “una ricerca in laboratorio” e grazie alla possibilità di lasciare un commento si crea un clima di armonioso (quasi sempre) scambio di idee e di esperienze. L’obiettivo primario della loro attività è infatti quello di far conoscere ad un pubblico sempre più vasto ed interessato la cosmesi ecobio che per il momento fatica a ritagliarsi un posto nei media tradizionali. • La scelta della cosmetica ecobio: le ragioni che hanno spinto questo campione di blogger e v-logger a preferire prodotti cosmetici ecobio rispetto a quelli tradizionali riguardano soprattutto una loro crescente coscienza etica verso i temi ambientali di salvaguardia degli ecosistemi naturali che per 108 troppo tempo sono stati sfruttati e contaminati anche dalle aziende cosmetiche. I prodotti cosmetici ecobio, come rimarcano le intervistate, hanno un impatto ambientale minore rispetto a quelli tradizionali (in fase di produzione, imballaggio, trasporto, smaltimento). Anche l’amore per gli animali ha condizionato la scelta delle intervistate che a tal proposito hanno affermato di prediligere cosmetici ecobio prodotti da aziende che dichiarano di non testare su animali gli ingredienti usati per la produzione (come si è visto in precedenza, i test sui prodotti finiti sono stati vietati dal 2004). Molte di loro hanno affermato di preferire questo tipo di cosmetici per la loro maggiore efficacia, grazie ad contenuto più elevato di principi attivi, e in generale perché nella loro preparazione non vengono utilizzati ingredienti dannosi per l’organismo come siliconi e petrolati. L’attenzione verso la composizione dei prodotti cosmetici nasce dall’esigenza di sapere esattamente cosa entra in contatto con la propria pelle e dalla voglia di prendersi veramente cura del proprio corpo e non semplicemente di apparire belle e curate. Come hanno affermato alcune, è tuttavia indispensabile mantenere sempre uno sguardo critico verso l’offerta che propone il mercato: non tutto ciò che è chimico è necessariamente dannoso e di conseguenza non tutto ciò che è vegetale e naturale è migliore. Il messaggio che vogliono trasmettere le blogger e v-logger è di non cedere ad inutili allarmismi rischiando di cadere nel “terrorismo cosmetico”. • Il passaggio da una beauty routine tradizionale a quella ecobio: la “conversione” verso i prodotti ecobio non è avvenuta per tutte allo stesso modo; alcune si sono approcciate a questo tipo di cosmesi un po’ per curiosità e per moda, altre dopo aver capito quali ingredienti fossero veramente presenti nei prodotti, altre ancora dopo aver sviluppato delle allergie ad alcune componenti. Alcune di loro hanno iniziato dall’alimentazione e dopo aver letto libri e articoli su questo tema hanno compreso che la composizione dei prodotti utilizzati per la cura del proprio corpo meritava la stessa attenzione messa nella scelta degli alimenti da consumare, con lo scopo anche 109 di condurre uno stile di vita migliore e più rispettoso dell’ambiente e degli esseri viventi. La “conversione” all’utilizzo di prodotti ecobio è l’espressione di una cultura che insegna a non sprecare, a non comprare prodotti inutili, ad auto-prodursi quello che è possibile, ad apprezzare l’effetto dell’utilizzo diretto della singola materia prima anziché del prodotto processato.338 All’unanimità le partecipanti hanno affermato di aver riscontrato un vistoso miglioramento di cute e capelli dopo l’utilizzo assiduo di cosmetici di origine vegetale. • Principali canali di vendita e distribuzione: come si è visto in precedenza, la maggior parte dei cosmetici ecobio viene venduta online attraverso siti aziendali e portali e-commerce e infatti le blogger e v-logger intervistate hanno confermato di effettuare la gran parte dei loro acquisti sul web e solo in minima parte in bio-profumerie, ovvero negozi fisici che vendono prodotti naturali, biologici e certificati. I motivi legati alla scelta di commercializzare prevalentemente online i prodotti cosmetici ecobio operata delle aziende produttrici riguardano principalmente aspetti di carattere economico e soprattutto l’economicità offerta dall’e-commerce. Una piccola casa cosmetica fatica a farsi distribuire nei grandi circuiti commerciali sia per gli altissimi costi di distribuzione, sia per l'impossibilità di produrre un gran numero di pezzi di ogni singolo prodotto, sia per la veloce deperibilità dei cosmetici totalmente naturali. Di conseguenza un consumatore che vive in un piccolo paese riscontra diverse difficoltà nel reperire prodotti ecobio che rispondono a certi criteri e perciò trova molto più agevole ed economico ordinarli online. • Criteri di scelta d’acquisto: i criteri che le rispondenti affermano di utilizzare nella scelta d’acquisto sono generalmente lo studio preliminare dell’azienda (filosofia aziendale, etica, dimensioni, iniziative ecologiche intraprese), l’adesione a certificazioni e l’ottenimento di ecolabel, l’analisi personale 338 (l’utilizzo dell’olio di mandorle dolci ad esempio contro all’acquisto di una crema che ne contiene magari il 10/15%). 110 dell’INCI con l’ausilio del BioDizionario e la consultazione di forum e di siti in cui i consumatori recensiscono i prodotti che hanno utilizzato. Ancora una volta viene confermata la valenza degli strumenti offerti dalla Rete nel reperimento di informazioni utili per la guida all’acquisto consapevole. • Ruolo dei social media: a questo proposito le ragazze intervistate sono consapevoli del crescente utilizzo dei social media come veicolo di informazione dei prodotti cosmetici e li considerano un buon modo per far conoscere dei brand che non possono competere sul mercato con le grandi multinazionali della cosmesi tradizionale. I social media rappresentano inoltre una possibilità di comunicare le proprie idee, le proprie conoscenze e le proprie opinioni, in un modo e a una velocità totalmente inedite fino a pochi anni fa. Al contempo permettono di raggiungere un’ampia fascia di consumatori desiderosi di avere maggiori informazioni sull’argomento. Le blogger e v-logger intervistate hanno riscontrato che molte aziende di cosmetici ecobio hanno deciso di utilizzare gli strumenti offerti dal web per pubblicizzare i propri prodotti, soprattutto se non hanno a disposizione grandi budget da dedicare ai mezzi tradizionali di promozione. A loro avviso uno dei motivi principali che spinge un’azienda ad entrare nel mondo dei social media è senz’altro il motivo economico: attraverso l’invio gratuito di prodotti alle blogger e v-logger ricevono un feedback immediato, fanno in modo che si parli dei loro prodotti innescando un potente passaparola. Purtroppo non ci sono solo aspetti positivi nell’utilizzo dei social media in quanto, come è stato più volte fatto notare nei capitoli precedenti, le informazioni che circolano in Rete sono spesso contrastanti, fuorvianti, troppo generiche e non verificate, generando così una grande confusione nel consumatore. Navigare in Internet è come essere in una piazza e sentire contemporaneamente le voci di tutti, un frastuono generale di suoni discordanti in cui è difficile ascoltare un’unica voce chiara e attendibile. Esiste un gran numero di forum, siti e blog in cui vengono dispensati consigli in modo totalmente improvvisato. Internet è uno strumento utile e potente ma come tale bisogna usarlo nel modo corretto: è necessario affinare il proprio 111 senso critico, tener sempre presente che si tratta di pareri soggettivi e avere ben chiaro in mente cosa si cerca in una review ma soprattutto, in un prodotto. • Ecobio: moda o stile di vita? Il pericolo di creare confusione è ancora più forte in una nicchia di mercato relativamente giovane come quella della cosmesi ecobio in cui non esiste ancora una letteratura autorevole in materia e spesso viene vista solo come un trend passeggero. Molti consumatori si sono inizialmente avvicinati a questa tipologia di prodotti solo per seguire la moda del momento ma, anche le persone intervistate sono convinte che saranno coloro che pensano in maniera veramente ecobio che lo porteranno avanti come stile di vita in quanto si tratta di una scelta che comporta necessariamente qualche difficoltà iniziale (informarsi, trovare i prodotti, disintossicarsi dai siliconi, accettare che la durata del make-up sia differente da quella dei prodotti “classici” ecc.). • Rapporto con i follower: Come già accennato, il rapporto che si crea tra blogger/v-logger e follower è di reciprocità, intesa e condivisione; nessuna volontà di “indottrinamento” da parte di chi pubblica un articolo o un video anzi, le blogger e v-logger intervistate hanno tenuto a precisare di essere le prime a imparare dalle loro follower. Il clima che le intervistate vogliono mantenere è sempre quello di una “chiacchierata tra amiche” in cui vengono espressi pareri ed esperienze personali. Ciononostante avvertono una forte responsabilità verso gli utenti che le seguono e per questo non esitano a dare le loro reale opinione senza edulcorare la verità ma cercando di fornite tutte le informazioni possibili in modo che ogni utente abbia gli strumenti per capire se un determinato prodotto più essere adatto o meno. Sono consce che la fiducia che i follower ripongono in loro vale molto di più di una crema inviata gratuitamente da un’azienda con lo scopo di ottenere una recensione positiva. • Il greenwashing: Le blogger e v-logger intervistano sono consapevoli di come il fenomeno del greenwashing si stia sviluppando anche nel settore 112 della cosmetica ecobio. Per questo motivo invitano gli utenti ad informarsi costantemente sugli ingredienti presenti dai prodotti, sulle eco-label apposte sulle confezioni e sulle politiche gestionali portate aventi dalle aziende. Consigliano inoltre di evitare l’acquisto di prodotti provenienti da multinazionali che, per “cavalcare l’onda dell’ecobio” lanciano sul mercato intere linee di prodotti verdi dalla dubbia valenza green e di privilegiare invece quelle piccole aziende (soprattutto italiane) che hanno sempre perpetuato una produzione eco-compatibile • Consigli a chi si avvicina all’ecobio: a coloro che volessero intraprendere la via dell’ecobio le blogger e v-logger che hanno risposto al questionario consigliano innanzitutto di informasi adeguatamente in materia, leggere recensioni di prodotti, articoli e libri, imparare a leggere l’INCI dei prodotti cosmetici e a riconoscere le certificazioni e le ecolabel, ascoltare le esigenze del proprio corpo e di compiere i propri acquisti in maniera oculata; ogni volta che si compie una scelta d’acquisto si aderisce alle scelte politiche e gestionali dell'azienda, al modo in cui tratta i lavoratori, a ciò che provoca nell'ambiente e agli animali e alle conseguenze che quel prodotto ha sull’organismo. Inoltre le persone intervistate consigliano di usare assiduamente i prodotti ecobio e di non scoraggiarsi se inizialmente i risultati tardano ad arrivare. Spesso nel passaggio dalla cosmesi tradizionale a quella ecobio, all'inizio ci si sente delusi ma bisogna dare il tempo alla pelle e ai capelli di disintossicarsi. Infine si riporta il pensiero di una v-logger che ben racchiude le motivazioni che sono alla base di coloro che scelgono di affidarsi alla cosmetica ecobio: “attuare un consumo consapevole può richiedere un impegno maggiore rispetto agli acquisti d’impulso ma mi è sembrata poca cosa visto quello che c’era in ballo: il mio benessere, quello del pianeta (e degli animali vista la scelta cruelty free), e anche un miglior impiego dei miei soldi. Nessuna scelta radical-chic, nessuno sconvolgimento di vita, solo una maggiore consapevolezza e la voglia di imparare cose nuove. Che credo sia, ognuno con la sua gradualità, alla portata di tutti.”. 113 7.5 Considerazioni finali Le risposte che sono state fornite dalle ventuno blogger e v-logger che hanno partecipato a questo lavoro di ricerca hanno sicuramente confermato quanto è stato detto nei capitoli precedenti: la cosmetica ecobio non è semplicemente un trend di passaggio ma è una nicchia di mercato in continua crescita. Si tratta di un mercato giovane e formato per la maggior parte da piccole aziende che a livello budgetario destinato alla promozione dei propri prodotti non possono certamente competere con le grandi case cosmetiche. D’altro canto è stato però rilevato che il target di riferimento della cosmesi ecobio non avverte l’esigenza di estese campagne pubblicitarie in quanto è grande frequentatore della Rete in generale e dei social media in particolare. I motivi di questa predilezione possono essere ricercati nel bisogno di reperire informazioni e recensioni sui prodotti, di sopperire alla scarsa visibilità di questo genere di cosmetici ed infine nel bisogno di scambiarsi opinioni e consigli prima di procedere all’acquisto. Lo spirito che guida le follower è quello di volersi confrontare su un tematica relativamente nuova e sconosciuta ma che al contempo è ritenuta importante. L’importanza dell’utilizzo dei social media e soprattutto la facilità di trasmissione e la viralità che può raggiungere un post online, è stata compresa anche da diverse case cosmetiche. Negli ultimi tempi sempre più aziende hanno aperto canali YouTube, blog, siti, account Twitter e pagine Facebook attraverso le quali non si limitano a invitare all'acquisto dei propri prodotti, ma aiutano il consumatore a comprendere più a fondo le proprietà degli ingredienti, le tecniche di utilizzo e i criteri di selezione. Il rapporto con il consumatore si fa quindi più diretto e personale e grazie allo sviluppo di queste beauty community virtuali hanno la possibilità di avere un ritorno economico grazie all’aumento dei loro volumi di vendita. 114 CONCLUSIONI Il lavoro di ricerca fin qui svolto ha consentito di esplorare a fondo il mercato cosmetico. Un mercato particolarmente rilevante considerato che i cosmetici fanno parte della nostra vita quotidiana e il loro impiego è legato a comportamenti abituali di cui ormai non possiamo immaginare di fare a meno. Proprio perché si tratta di prodotti di uso quotidiano è importante conoscere la loro composizione e gli effetti che possono provocare sulla pelle. La crescente volontà di effettuare un’analisi “oggettiva” che consentisse ai consumatori di operare un consumo più critico e consapevole è stata la stella polare di questo elaborato. Ogni capitolo è stato scritto tenendo ben presenti le incertezze tipiche del consumatore che, grazie ad una crescente coscienza etica oppure mosso dalla curiosità verso questi nuovi prodotti, vuole avvicinarsi alla cosmetica ecobio. Il lavoro ha messo in risalto che sulla tematica ecobio si avverte la mancanza di fonti autorevoli e chiare in proposito; la Rete è un valido strumento di informazione ma, dal momento che tutti possono esprimere liberamente le proprie convinzioni, può condurre al sorgere di una grande confusione. È proprio questa mancanza di filtro che ha reso lenta e difficile la fase di reperimento delle informazioni necessarie alla stesura dell’elaborato. La successiva operazione di scrematura delle informazioni reperite ha richiesto molto tempo ed accuratezza ma ha consentito di analizzare a fondo l’argomento in esame. Dall’analisi condotta è emerso come, nel complesso, il settore cosmetico italiano stia reagendo proattivamente ad una congiuntura economica sfavorevole a livello internazionale; i consumi registrati negli ultimi periodi confermano la generale crescita del settore soprattutto grazie alla nuova tendenza green manifestata dagli acquirenti. È proprio su questa tendenza che si è voluto concentrare l’analisi, nel tentativo di provvedere ad una chiara definizione del cosmetico ecobio, delle sue caratteristiche estrinseche ed intrinseche, dei canali privilegiati per il suo acquisto e di come fare per riconoscerlo. 115 L’obiettivo perseguito è stato quindi quello di ridurre la confusione che impera sul tema sfatando alcuni luoghi comuni, basandosi su dei dati oggettivi (come l’analisi effettuata su cinque detergenti per il viso) e su fonti autorevoli. Il lavoro ha messo in evidenza come occorra evitare di appoggiare in modo cieco e integralista la causa green; proprio a tal proposito l’elaborato non a inteso suggerire l’abbandono dei cosmetici tradizionali, ma piuttosto fornire alcuni spunti di riflessione unitamente ad una serie di strumenti pratici per guidare il consumatore verso un consumo critico e consapevole. Gli ostacoli a cui deve far fronte il consumatore non sono pochi: scarsa visibilità del settore, informazioni fuorvianti e greenwashing. Solo nel momento in cui si è in possesso di informazioni attendibili è possibile scegliere i prodotti più adatti alle proprie esigenze di bellezza, al proprio stile di vita, alle proprie convinzioni etiche e alla propria capacità di spesa. Attraverso l’analisi della nicchia ecobio si è notato come la vendita e la promozione di questo genere di prodotti fossero veicolate essenzialmente tramite gli strumenti offerti dalla Rete: portali e-commerce e social media. Tale utilizzo di Internet è stato poi confermato dalle interviste svolte all’interno della beauty community online che hanno dimostrato la volontà del consumatore sia di reperire informazioni valide ed attendibili prima di operare l’acquisto sia di confrontarsi e scambiarsi opinioni in merito, facendo emergere anche il ruolo centrale proprio delle opinion maker online. Al termine di questa ricerca è possibile affermare che la cosmetica ecobio sia ormai una realtà del settore cosmetico e non una semplice moda passeggera. Il mercato sta rispondendo positivamente alla progressiva conversione green dei consumatori ma la strada per far uscire l’ecobio dall’ombra è ancora lunga. 116 BIBLIOGRAFIA Libri ARGENTIERI A. “Il marketing operativo dei prodotti cosmetici”, Aras Edizioni, 2009, Fano, 2009. BOVERO A., “Dermocosmetologia”, Tecniche Nuove, Milano, 2011. BOVERO A., ASCIOTI M.T. “ Comunicare la bellezza e il benessere”, Tecniche Nuove, Milano, 2009. 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Mi sembra dunque doveroso ringraziare tutti coloro che mi sono stati vicini in questi anni e in particolar modo in questi ultimi mesi frenetici. Innanzitutto un doveroso ringraziamento va al Professor Fabio Cassia, il quale, senza esitazione, ha creduto e appoggiato il mio progetto e mi ha sostenuto in questi mesi. È sicuramente stato molto più di un relatore, ha saputo infatti ascoltarmi nei miei momenti di confusione e timore, soprattutto quando questa tesi sembrava non prendere mai forma; mi ha sempre fornito delle correzioni puntuali e precise ma al contempo mi ha lasciato completa libertà nella trattazione di un tema che altre persone avrebbero bocciato senza appello. Un grazie immenso ai miei genitori, per gli insegnamenti che mi hanno reso la persona che sono oggi e per il loro costante supporto economico ed emotivo. Grazie soprattutto a mia madre che ha saputo lasciarmi tempo e spazio per potermi dedicare completamente alla stesura di questi capitoli, resistendo alla voglia di chiedermi costantemente come stava procedendo. Ringrazio la mia coinquilina Mara che mi ha sopportato in questi mesi, ha saputo ascoltare i miei deliri, i miei malumori, le mie ansie e le mie paure con una pazienza incredibile. Grazie a Valeria che mi è sempre stata accanto e che per prima ha creduto nell’argomento di questa tesi. Grazie anche ad Elena che ha svolto l’importante compito di leggere questo lavoro prima della stampa definitiva. Ringrazio le blogger e le v-logger per aver accolto con entusiasmo il mio progetto, per avermi dedicato il loro tempo e per avermi dimostrato il loro sostegno. Infine vorrei ringraziare tutti coloro che in questi anni hanno saputo capirmi ed accettarmi, che hanno sopportato i miei silenzi (pochi), la mia ironia (troppa) e il mio umorismo (tagliente). Un grazie di cuore alle persone che mi sono state vicine e hanno sempre creduto in me, anche quando io per prima non lo facevo. A tutti semplicemente GRAZIE! 125