Inchiesta Prevenzione e cura Luigi Marafante Compressione elastica Verso una “cultura della calza” I tutori elastocompressivi sono presidi utilizzati per prevenire o curare patologie linfatiche e venose. Nonostante sia sempre più evidente la loro efficacia, la loro diffusione è ancora esigua e, soprattutto, poco disciplinata. Non c’è ancora, per così dire, un’adeguata “cultura della calza” che porti a prescrivere, commercializzare e utilizzare tale tutore in modo corretto 22 Ortopedici & Sanitari settembre 2010 L e calze elastiche possono essere utilizzate sia a scopo curativo sia preventivo, presentando nei differenti casi gradazioni di pressioni diverse. Maria Pina De Montis, dell’ortopedia Ortsan di Sassari, si occupa da tempo della vendita di tutori elastocompressivi e ritiene siano degli ottimi ausili a scopo sia terapeutico sia preventivo: «Le calze elastiche preventive, con gradazione molto bassa, sono molto utili per combattere l’affaticamento della gamba e prevenire eventuali disturbi, mentre i tutori elastocompressivi, caratterizzati da una maggiore pressione, sono da considerarsi alla stregua di qualsiasi altro presidio medico e devono essere venduti previa prescrizione medica. È basilare distinguere tra calze elastiche indirizzate alla prevenzione e calze specifiche per patologie più serie: le prime, per esempio, sono utili per chi è soggetto a problemi a livello di microcircolazione o che presenta capillari fragili. Questo tipo di calza ha un effetto molto buono sulla salute della gamba ed è più efficace di qualsiasi crema o compressa». Continua Lorenza Flaviani dell’ortopedia Orthesys di Milano: «Quando passiamo da una calza con funzione preventiva a una con modalità terapeutica aumenta la pressione esercitata sull’arto. Le calze curative di vere e proprie patologie sono più costose e più difficili da gestire, quindi diventa importante il rapporto diretto con il paziente: in quest’ultimo caso, una volta che si posseggono tutti gli elementi ben definiti riscontrabili solo ed esclusivamente nella ricetta medica - quali classe di comprensione e segmento dell’arto interessato al trattamento - si fornisce al cliente l’indumento spiegandogli come indossarla e possibilmente facendo una prova con lui per verificarne il corretto uso». Un’attenta diagnosi Abbiamo già accennato come questo tipo di tutore cambi in base al tipo di patologia da curare o prevenire. Ne consegue l’importanza di un’approfondita analisi del paziente per decidere non solo il grado di compressione della calza, ma anche la tipologia di tutore adeguato al soggetto in carico. Lorenza Flaviani sottolinea la complessità dell’argomento e l’importanza di una diagnosi il più possibile dettagliata: «Sia il prescrittore sia il tecnico ortopedico preposto a prendere in carico il paziente devono analizzare il paziente a 360°, dallo scopo per il quale ci si rivolge alla calza elastica e alla morfologia dell’assistito. A questo punto il bravo medico stabilirà se prescrivere una classe di compressione preventiva spesso erroneamente espressa in denari, ma correttamente si parla di millimetri di mercurio (mmHg), ossia rispettivamente 12 o 18 mmHg - o un tutore curativo con una pressione maggiore. I millimetri di mercurio sono l’unità di misura che identifica la pressione esercitata sul segmento e che si presenta in modo decrescente, ossia maggiore nella parte distale della gamba e inferiore nella parte prossimale del segmento. Altro aspetto molto importante da definire è il segmento di arto che si vuole comprimere: vendere un gambaletto piuttosto che una calza alla coscia non è assolutamente la stessa cosa. Va considerata, infine, anche la corporatura del paziente: a una persona molto robusta sarebbe controindicato fornire una calza alla coscia o un’autoreggente poiché rischierebbe di arrotolarsi intorno alla gamba e creare problemi di circolazione. Un discorso differente riguarda la presa misure per tutori elastocompressivi specifici per patologie linfatiche. Questo tipo di ausili si confeziona su misura per via del maggior dismorfismo degli arti con linfedema rispetto a quelli delle patologie vascolari. La rilevazione delle misure deve essere effettuata in un momento preciso e non casualmente. In questo caso un tutore elastocompressivo non ha la funzione di ridurre l’edema ma di mantenere i risultati ottenuti con il linfodrenaggio. Il lavoro d’équipe in questo caso è molto importante e di solito si iniziano a prendere le misure Il tecnico ortopedico ha un ruolo importante nella vendita delle calze, assistendo il cliente e informandolo sulla manutenzione del tutore In Italia ci sono calze terapeutiche ottime di varie marche ma con tabelle di vestibilità diverse. Quindi se il tecnico ortopedico propone una calza di una marca diversa da quella prescritta rischia di vendere un prodotto con caratteristiche diverse da quelle volute verso la metà del trattamento perché è proprio questo il periodo in cui il paziente ha ottenuto il massimo dei risultati nella riduzione dell’edema. Si ha così il tempo di creare il tutore elastocompressivo in modo da poterlo fare indossare al paziente nel momento stesso in cui si toglie i bendaggi del linfodrenaggio, assicurando che non si perdano gli effetti benefici della terapia». Anche le caratteristiche tecniche dei due tipi di tutori sono differenti. Prosegue a tal proposito Lorenza Flaviani: «La differenza tra i tutori elastocompressivi per terapie linfatiche e quelli per terapie venose sta principalmente nelle trame: normalmente nel campo dell’insufficienza venosa si lavora ancora oggi con trame a tessitura rotonda, in questi casi l’adeguamento del tutore al paziente è risolvibile quasi sempre utilizzando l’ampia gamma Ortopedici & Sanitari settembre 2010 23 Inchiesta Prevenzione e cura di taglie disponibili sul mercato. Il rischio di questo tipo di tessitura è l’arrotolamento in quanto, in presenza di una gamba molto gonfia, la calza tende a fare “laccio”. La situazione è più delicata quando ci troviamo a trattare un linfedema, perché in questa situazione l’arto è spesso molto gonfio. È stato quindi necessario inventare un differente tipo di trama, piatta, tridimensionale e a celle, che si muove insieme con il movimento della muscolatura e non entra nella cute, evitando l’effetto laccio». L’importanza di una corretta prescrizione La mancanza della citata “cultura della calza” porta a sottovalutare aspetti che sono invece fondamentali affinché il presidio svolga correttamente la sua funzione: «La prescrizione deve essere necessariamente fatta da uno specialista» afferma Guido Arpaia, medico angiologo direttore dell’U.O.S. di Angiologia dell’Ospedale di Vimercate (MB), «che di solito per questi casi può essere l’angiologo, il chirurgo vascolare, il flebolinfologo o comunque un medico che deve specificare il grado di compressione, il modello della calza, la taglia e tutte le informazioni che saranno poi necessarie al tecnico ortopedico per fornire al paziente il tutore consono alle sue esigenze». Ma non è così semplice come può sembrare, a causa dell’attuale scarsa regolamentazione del mercato. Il dott. Arpaia continua spiegando che: «Già determinare 24 Ortopedici & Sanitari settembre 2010 la classe di compressione crea i primi fastidi, poiché da qualche anno in Italia sono disponibili calze terapeutiche certificate sia secondo il metodo tedesco sia secondo quello francese e, anche se entrambi hanno la compressione graduata in classi (prima, seconda, terza e quarta classe), il metodo francese esercita una compressione più leggera rispetto a quello tedesco. Quindi se si prescrive una determinata classe senza però specificare il livello di compressione in millimetri di mercurio, c’è il rischio che il paziente si ritrovi con un ausilio inadatto. La taglia deve anch’essa essere determinata in maniera coscienziosa, in quanto il tutore in questione trasmette il livello di compressione adeguato solo se la gamba che la indossa è delle misure giuste per quella calza, per cui se la taglia fosse troppo grande, anche con un grado di pressione in millimetri di mercurio adeguati, la pressione sarebbe comunque inferiore a quella necessaria». «Poiché marche provenienti da Paesi differenti suddividono la pressione della calza in modo diverso» continua Maria Pina De Montis, «è fondamentale riferirsi sempre ai millimetri di mercurio. Di solito si parte da 12 millimetri di mercurio per arrivare anche a 30». L’importanza della prescrizione è ulteriormente sottolineata dal dott. Guido Arpaia, che conclude: «La prescrizione è veramente la prima cosa a cui prestare attenzione e sottolineo l’importanza di questo fondamentale passaggio in quanto, nonostante se ne parli ormai da anni e si consideri un argomento ormai scontato, nella realtà dei fatti questo tipo di tutore è ancora molto mal prescritto». La vendita al cliente Una volta che il medico avrà individuato la patologia, scelto la modalità d’intervento e prescritto il tutore più idoneo, il paziente si rivolgerà all’ortopedico. Il dott. Arpaia evidenzia come: «Dal punto di vista della distribuzione commerciale, un grosso problema consiste nel fatto che in Italia sono disponibili calze terapeutiche di diverse marche di ottimo livello, ma che hanno tabelle di vestibilità differenti. Succede quindi che se prescrivo una calza di una determinata marca con determinati millimetri di mercurio di compressione e di una taglia ben precisa ma il commerciante, Inchiesta Prevenzione e cura non avendo a disposizione la tal marca e non volendola ordinare, fornisce una marca differente, può potenzialmente non fare l’interesse del paziente, perché rischia di vendergli un prodotto con caratteristiche diverse rispetto a quelle volute dal medico». Continua Lorenza Flaviani, ribadendo l’importanza del rispetto delle ricetta medica ma sottolineando anche il ruolo che il tecnico ortopedico deve avere nella vendita delle calze, assistendo il cliente e fornendogli le informazioni adeguate sulla manutenzione del tutore: «La prescrizione riguardante la compressione da fornire al paziente deve essere fatta esclusivamente dal medico ed è importante che non vi sia una sovrapposizione dei ruoli in questo delicato campo, anche se a volte ciò significa rinunciare a una vendita. Altrettanto importante è il rapporto diretto ortopedico-cliente al momento della vendita, quest’ultimo va, infatti, assistito nella vestizione e istruito sulle modalità di utilizzo del tutore». «La manutenzione di un tutore elastocompressivo continua Maria Pina De Montis «non è troppo differente da quella di un qualsiasi indumento delicato: si può tranquillamente lavarlo a 30°C, ovviamente prestando attenzione al materiale con cui è stato realizzato. In ogni caso è importante parlare con il cliente al momento della vendita, cercando di chiarire il più possibile ogni suo dubbio sull’utilizzo o sulla manutenzione del prodotto. La durata del presidio dipende molto tanto dal tipo di marca scelta quanto dall’uso che se ne fa. Una calza elastica va indossata con attenzione e in maniera corretta, altrimenti non solo si rischia che non svolga efficacemente la sua funzione, ma si può danneggiare con più facilità. Va anche detto che la qualità della calza dipende in misura notevole anche dalla 26 Ortopedici & Sanitari settembre 2010 La calza elastica va prescritta da uno specialista, che specifica grado di compressione, modello e taglia. Informazioni necessarie per il tecnico ortopedico, affinché fornisca al paziente il tutore corretto casa produttrice: ci sono aziende che lavorano in modo talmente raffinato da poter garantire la durata nel tempo dei loro prodotti, mentre altre aziende offrono un prezzo inferiore a discapito della qualità. In generale, se una calza elastica è trattata con cura, lavata a 30°C e indossata in maniera corretta, dura nel tempo». A tal proposito il dott. Guido Arpaia si concentra sulle certificazioni di qualità, non ancora obbligatorie in Italia: «In Italia il ministero della Salute non richiede alcuna certificazione per le calze elastiche terapeutiche, come invece avviene in Germania, Francia, Inghilterra e Cina. Di conseguenza, da noi le marche che si certificano sono molto poche, il che rende ancora più importante il fatto che la prescrizione del medico sia precisa e che venga seguita con attenzione». Viene spontaneo chiedersi come reagiscono i clienti davanti alla diversa qualità delle calze elastiche sul mercato. Secondo Maria Pina De Montis: «Nonostante la differenza di qualità tra calze certificate e non, il cliente tende comunque sempre a richiedere quella che costa meno. Credo che questo comportamento derivi anche dalla scarsa conoscenza dell’oggetto e del tipo di cura che si deve fare. La calza elastica non viene ancora percepita come un vero e proprio ausilio e ciò porta a ricercar il maggior risparmio possibile, indipendentemente dalla qualità percepita. Va altresì detto che le calze certificate durano molto di più delle altre e quindi, se trattate in maniera adeguata, possono consentire un effettivo risparmio nel tempo, anche se la spesa immediata è più elevata. Purtroppo la scarsa conoscenza di questo mondo tende a fare prevalere la logica del risparmio immediato sulla qualità e sul risparmio nel lungo periodo». ■