NOME COMPORTAMENTALI CONTRO L’INSUFFICIENZA VENOSA
Dr. Daniele Aloisi
La prima regola per prevenire e per curare le malattie venose degli arti inferiori è quella di dedicare
alle gambe un po’ del nostro tempo; mezz’ora o, meglio, un’ora al dì, preferibilmente di sera, è tutto
quello che vi chiedono le vostre gambe; sta a voi decidere se assumervi questo impegno.
La seconda regola è quella di individuare tutte le situazioni in cui, nell’arco della giornata, vengono
svolte azioni che possono mettere in difficoltà la circolazione venosa delle gambe.
I consigli che troverete di seguito vi potranno aiutare in questo compito anche se, per poter essere
veramente utili, devono entrare a far parte del vostro comportamento naturale, di tutti giorni.
Leggeteli quindi una prima volta con attenzione per poi provare ad applicarli nei giorni successivi.
Dopo una settimana tornate a leggerli e verificate quante volte avete seguito i consigli e in quante
occasioni invece ve ne siete dimenticati. Provate a correggervi la settimana successiva e riverificate.
Con questo metodo riuscirete, poco per volta, ad adattare il vostro comportamento.
Le norme comportamentali vengono illustrate in maniera semplice e diretta ma con una breve
spiegazione riguardo i motivi per i quali esse agiscono. Ciò anche per sfatare alcuni luoghi comuni
che vengono spesso riportati quando si parla di malattie venose.
1. CONTRASTARE LA FORZA DI GRAVITA’
Quando siamo in piedi il sangue venoso, per tornare dai piedi fino al cuore, deve lottare contro un
nemico insidioso: la forza di gravità. Questa forza infatti tende a trattenerlo verso il basso.
Il primo fondamentale consiglio è quindi quello di evitare, tutte le volte che sia possibile, di restare
fermi, in piedi o seduti, per periodi prolungati di tempo.
L’importanza di questa situazione nel determinare una stasi venosa è dimostrata dal fatto che tra
coloro che più spesso descrivono i disturbi venosi e che sviluppano delle vene varicose vi sono
coloro che, per lavoro o per abitudine, sono costretti a rimanere a lungo fermi
in piedi.
Tra questi ricordiamo: le casalinghe (impegnate a stirare o a cucinare), i
commercianti, i parrucchieri, gli insegnanti, i camerieri, le segretarie, i cassieri,
ma anche i chirurghi ed i fisioterapisti ed altri ancora.
La stessa forza di gravità, nemica quando siamo in piedi, diviene nostra alleata
quando alziamo le gambe ad un livello superiore rispetto a quello del cuore; in
questa posizione infatti la forza di gravità viene sfruttata per agevolare il
ritorno del sangue venoso verso il cuore. Dobbiamo allora sfruttare questo
aiuto il più spesso possibile:
- durante la notte, tenendo le gambe sollevate rispetto al cuore di circa 10-15 cm; per ottenere questo
sollevamento è possibile porre un cuscino sotto al
materasso dalla parte dei piedi (piuttosto che
direttamente sotto alle gambe dove tende a
spostarsi
con
facilità
determinando
il
mantenimento di una posizione scorretta per la
schiena), o, meglio ancora, porre degli zoccoli di
legno predisposti sotto ai piedi del letto.
- quando ci si riposa in poltrona, guardando la TV o leggendo, si può
utilizzare una normale sedia come appoggio per le gambe che devono
però appoggiare completamente al piano della sedia. Il ginocchio ,
mantenuto leggermente piegato, deve appoggiare su un cuscino morbido (un cuscino troppo duro
sotto al polpaccio potrebbe comprimere le vene profonde, ostacolandone il regolare svuotamento).
Bisogna invece evitare di appoggiare sulla sedia doltanto i
piedi, tenendo le gambe tese; in questo modo infatti, lasciando
il ginocchio nel vuoto, si crea una tensione della sua parte
posteriore che può stirare la vena, determinando un ostacolo al
ritorno venoso, oppure può stirare alcuni nervi, determinando
fastidiosi formicolii o perdite della sensibilità transitorie
(cosiddetta “gamba addormentata o morta” che spesso viene
interpretata come un blocco della circolazione).
Per evitare questi problemi
esistono in commercio anche
sia dei cuscini sagomati che
delle poltrone con schienale
reclinabile e poggia-gambe
che permettono di adottare
una posizione ideale.
- quando possibile, soprattutto d’estate, è molto utile spezzare la giornata con un riposo di 20-30
minuti a letto (dopo pranzo)
Attenzione!
La posizione declive degli arti inferiori è molto utile per chi soffre di problemi venosi ma può
peggiorare alcune altre malattie; chi soffre di cuore o di pressione alta prima di dormire con le gambe
sollevate deve consultare il proprio medico. Se adottando queste posizioni dovesse comparire un
dolore alle gambe o diventasse evidente una maggiore fatica a respirare, è possibile che esistano
problemi cardio-circolatori non ben definiti (come, ad esempio, una insufficienza cardiaca o arteriosa
degli arti inferiori). Non sottovalutate il problema e rivolgetevi subito al vostro medico.
2. STIMOLARE L’ATTIVITA’ MOTORIA
Per attivare la circolazione venosa è necessario stimolare regolarmente la
pompa muscolare del piede-polpaccio (il cosiddetto cuore periferico); per
questo è necessario dedicare un po’ di tempo ogni giorno ad una attività
motoria adatta per le gambe.
Per iniziare, è già importante recuperare quelle minime attività motorie degli
arti inferiori legate alle abitudini di tutti i giorni: ad esempio, per piccoli
spostamenti, è possibile rinunciare alla comodità dell’auto o del motorino a
favore di una passeggiata o della bicicletta; oppure, per raggiungere il nostro
piano utilizziamo di più le scale e meno l’ascensore e così via.
Purtroppo queste attività motorie non sono sempre sufficienti a compensare
le ore in cui invece si rimane fermi, in piedi o seduti. Occorre allora
dedicarsi ad un esercizio fisico un po’ più intenso.
Le attività ideali per la circolazione venosa sono quelle che impegnano le
gambe in maniera regolare ma continua e non eccessiva. Una passeggiata di
buon passo, se possibile su un terreno pianeggiante e morbido come un
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prato, con abiti e scarpe adatte, è il movimento più fisiologico che esista ed è
addirittura preferibile alla corsa ed al jogging.
Molto indicata anche una tranquilla escursione in bicicletta, su un percorso in
piano (cicloturismo) che è da preferire ad una attività agonistica (ciclismo) con
strappi violenti o salite importanti o a percorsi dissestati come nella pratica della
mountain-bike.
Il nuoto ed in genere le attività in acqua (idroterapia)
sono da considerare come le migliori tra le attività
fisiche per la circolazione venosa e sono da
consigliare 2-3 volte alla settimana.
L’idroterapia merita alcune parole in più per il rilevo che presenta nella prevenzione e nella cura
delle malattie venose: la ginnastica in acqua è sicuramente l’attività fisica che maggiormente può
arrecare beneficio al paziente con problemi di stasi venosa. All’interno dell’acqua, infatti, i benefici
indotti dall’attività muscolare si uniscono ai vantaggi derivanti dall’acqua stessa:
- galleggiamento: dà la possibilità di scaricare gran
parte del peso del corpo (basti pensare che una persona
immersa fino al torace pesa soltanto un terzo del suo
peso fuori dall’acqua); ciò agevola l’esecuzione dei
movimenti, soprattutto dei soggetti in sovrappeso, e
permette di ottenere spostamenti con una minore forza
muscolare;
- compressione idrostatica: l’acqua esercita una
pressione sui tessuti degli arti inferiori che si
incrementa con l’aumentare della profondità
(pressione idrostatica); in acqua è quindi come se si
indossasse una calza elastica a compressione molto
elevata e graduata;
- l’acqua determina resistenza ai movimenti proporzionale alla velocità di esecuzione degli stessi
(resistenza idrodinamica); movimenti eseguiti velocemente incontrano quindi una elevata resistenza
da parte dell’acqua. Questo fa sì che i movimenti eseguiti siano lenti, senza strappi e comunque
limitati in relazione alle capacità muscolari di ciascuno;
- gli stimoli che l’acqua esercita sulla pelle determinano sia una risposta neurovegetativa (sensazione
di benessere, di calma, di tranquillità), sia lo sviluppo di una migliore percezione della posizione
degli arti;
- l’acqua determina un massaggio sulle gambe che favorisce l’eliminazione dell’acido lattico e
quindi accelera il recupero muscolare allo sforzo ma favorisce anche il deflusso venoso e linfatico.
Il movimento in acqua, dalla semplice deambulazione fino al vero e proprio fitness (acquagym) è
consigliabile a tutti, anche a chi non sa nuotare.
Molti centri termali propongono, a pazienti con malattie venose, il cosiddetto percorso vascolare o
flebologico, costituito da due vasche con acqua calda e fredda da percorrere alternativamente per 1015 minuti; questi percorsi, molto utili per chi ha problemi venosi semplici, possono però arrecare
disturbi a persone con particolare sensibilità agli sbalzi di temperatura: attenzione allora in caso di
ipertensione arteriosa, cardiopatie, artrosi ecc.
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Anche l’idroterapia quindi necessità di una prescrizione medica che precisi il tipo, l’intensità, la
frequenza, la durata del ciclo dell’attività fisica ed escluda la presenza di controindicazioni (età
avanzata, cardiopatie, TVP, lesioni cutanee secernenti ecc.). Ricordate che anche in acqua sono da
evitare gli sforzi troppo intensi, come quelli svolti praticando alcune attività come l’idrobike.
Quando il tempo non consente l’esecuzione di attività all’aperto o in piscina, è
possibile, in casa, alla sera, utilizzare alcuni strumenti semplici ed ormai alla
portata di tutti come un tapis-roulant o, più semplicemente, una cyclette
(prima di utilizzare questi strumenti è sempre meglio tuttavia sentire il parere
del medico).
Per il tapis-roulant bisogna utilizzare la minima inclinazione possibile (in
piano) ed una velocità variabile dai 2,5 ai 4 Km/h, a seconda delle condizioni
fisiche generali, in modo da tenere un passo veloce ma non troppo.
Per la cyclette, bisogna avere cura di regolare il sellino
ed il manubrio in posizioni tali da mantenere la
schiena dritta e permettere un movimento il più ampio
possibile della gamba; inoltre il piede dovrà essere
appoggiato al pedale soltanto con la punta per
permettere l’esecuzione di ampi movimenti di
flessione ed estensione. La resistenza del volano dovrà
essere minima, in modo da non determinare un eccessivo sforzo muscolare
ma un movimento regolare dell’arto
Infine è possibile eseguire degli specifici esercizi anti-stasi.
Tutte queste attività fisiche devono essere eseguite con regolarità e costanza più che con intensità; è
quindi molto più utile dedicare mezz’ora - un’ora al giorno, tutti i giorni, piuttosto che 3 ore, magari
molto intense, ma solo alla domenica. Inoltre l’attività fisica deve essere tranquilla, non eseguita con
l’assillo del tempo.
Il momento migliore della giornata in cui fare questo movimento è la sera: è in questo periodo della
giornata infatti che si bisogna recuperare quel liquido che si accumula nelle gambe e che provoca i
classici disturbi della insufficienza venosa. Oltre a questo, alla sera, dopo il lavoro, è utile fare
movimento per sfruttare a pieno anche la capacità rilassante dell’esercizio. Pensate che il tempo che
state dedicando all’esercizio non è tempo perso ma tempo che dedicate a voi stessi, al vostro corpo,
per il vostro benessere. Non bisogna dimenticare infatti che l’esercizio fisico, oltre che a stimolare la
circolazione venosa, tonifica i muscoli, rinforza le ossa, stimola l’apporto arterioso, migliora il
metabolismo di molte sostanze come i grassi e gli zuccheri.
Bisogna sottolineare che non va confuso un esercizio fisico
regolare con il semplice movimento delle gambe che viene
svolto durante il lavoro. Bisogna infatti considerare che il
sangue possiede una certa inerzia e, per essere mobilizzato, ha
bisogno di alcuni passi consecutivi (9-10 passi sono necessari
per ottenere una valida riduzione della pressione presente
all’interno delle vene); è chiaro quindi che i pochi passi fatti
in casa o dietro al banco di un negozio o in un ufficio,
intervallati da frequenti momenti in cui si è fermi, in piedi o
seduti, non sono in grado di attivare adeguatamente la
circolazione venosa, anche se vengono ripetuti decine di volte
in un giorno.
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Inoltre, calcolando la distanza percorsa in ambienti chiusi durante una giornata, questa non raggiunge
un chilometro mentre durante una passeggiata di buon passo si riescono a fare in mezz’ora almeno
un paio di chilometri. Ecco perché molte persone riferiscono all’angiologo: “ cammino tutto il
giorno eppure alla sera ho le gambe gonfie!”. Oppure si spiega perché tante casalinghe che si
rivolgono al proprio medico per un problema venoso affermano: “dottore, non mi dica di fare del
movimento! Lavoro in casa tutto il giorno e cammino quando vado a fare la spesa”; una camminata a
passo lento (“da shopping”), con carichi pesanti e con frequenti soste è certo molto impegnativa ma
serve a poco per il ritorno venoso. Allora, al pomeriggio, una passeggiata di buon passo, se possibile
su un manto erboso di un parco piuttosto che sull’asfalto, magari in compagnia, è ciò che serve alle
vostre gambe!
Quanto tempo dedicare a queste attività motorie non è facile da definire. La domanda è importante
soprattutto per chi non ha la possibilità o non ha voglia di dedicare all’attività fisica che il minimo
indispensabile. La risposta non è semplice e richiede alcune considerazioni: gli effetti benefici
dell’esercizio fisico sul ritorno venoso sono transitori; per mantenere questi benefici nel tempo è
necessario basarsi più sulla regolarità che sull’intensità dell’esercizio. E’ quindi molto meglio
un’attività discretamente impegnativa ma svolta tutti i giorni piuttosto che molto intensa ma svolta
saltuariamente o per brevi periodi.
L’intensità è il secondo punto: se è vero che i benefici dell’attività fisica sul ritorno venoso
aumentano con l’intensità di questa, d’altra parte è anche vero che l’esercizio deve essere
proporzionato all’età, alle condizioni psico-fisiche generali ed alle condizioni di allenamento, alla
presenza o meno di una malattia venosa già conclamata, a fattori esterni (come la temperatura
ambientale), a quanta attività si è fatta durante il giorno, al contesto sociale, attività troppo intense,
oltre che poter essere causa di problemi fisici, sono spesso accompagnate da un rapido calo della
motivazione che porta rapidamente all’abbandono.
In definitiva, indicativamente 20-30 minuti al giorno dovrebbero essere sufficienti ma, in alcuni casi,
come nel periodo estivo o nei giorni in cui si è rimasti più a lungo fermi in piedi o seduti o nei giorni
in cui non si sono indossate le calze elastiche, questo tempo dovrebbe essere aumentato.
Per chi non può o non vuole dedicarsi tutti i giorni ad una attività fisica è possibile, in alternativa,
svolgere 1 ora al giorno per almeno 3-4 giorni alla settimana. Chiaro che, per evitare la monotonia e
la ripetitività, sarebbe opportuno, dove possibile, ogni giorno scegliere una forma diversa di attività
motoria: 2-3 giorni alla settimana fare una attività sportiva (tra quelle consigliate), 2 giorni alla
settimana fare della cyclette o del tapis-roulant a casa, 2 giorni alla settimana una passeggiata a piedi
o in bicicletta. Ma non sempre i nostri impegni di lavoro o di famiglia consentono di dedicarci alle
attività fisiche all’aperto. E’ per le persone che hanno queste difficoltà, e purtroppo sono molte, a cui
si consiglia di utilizzare gli esercizi anti-stasi, utilizzati da soli o integrati con le altre attività fisiche,
per garantire a tutti la possibilità di poter ottenere una stimolazione adeguata del proprio sistema
venoso.
Attività sportive
Tra le attività sportive, alcune sono molto utili per chi ha problemi di stasi venosa, mentre altre
addirittura sono sconsigliate. Tra le prime ricordiamo il nuoto, il jogging, il cicloturismo, il golf, la
danza moderna, lo sci di fondo, la ginnastica in acqua; tutti questi sport sono caratterizzati da
contrazioni muscolari sottomassimali, armoniche e ad intervalli regolari.
Gli sport sconsigliati invece sono il tennis, lo squash, la pallavolo, il basket, l’aerobica (le
contrazioni muscolari sono improvvise e violente per i frequenti scatti) oppure, il sollevamento pesi,
la lotta, il rugby, il judo, il karate, il salto in alto, il salto in lungo, il ciclismo agonistico, la vela, il
calcio, la pesistica, lo sci alpino, il pugilato (si creano delle pressioni intra-toraciche o intraaddominali talmente alte da ostacolare il ritorno del sangue venoso) oppure il canottaggio,
l’equitazione, il ciclismo agonistico (si adottano delle posizioni per cui i vasi venosi vengono piegati
con interruzione del ritorno venoso) o, infine, il calcio, la lotta, il rugby, il judo, il karate (vi possono
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essere dei traumatismi alle vene delle gambe), la danza classica (per la posizione anomala assunta dal
piede).
3. ELIMINARE IL SOVRAPPESO
Il nostro corpo è predisposto per lavorare con un peso prestabilito (peso
ideale). Quando il peso del corpo aumenta oltre certi livelli (sovrappeso,
obesità) diversi organi ed apparati entrano in crisi: le articolazioni degli arti
inferiori (le anche, ma soprattutto le ginocchia e le caviglie) vanno incontro
ad un deterioramento più rapido, con comparsa di dolore ed, alla lunga, un
danno grave (artrosi); il cuore si affatica; i polmoni possono sfruttare meno la
respirazione addominale e per sforzi anche minimi si ha la comparsa di
affanno (“fame d’aria”). Tutto ciò determina che anche il semplice camminare
ed ogni semplice esercizio fisico divengono estremamente faticosi ed
impegnativi. Viene favorita quindi la sedentarietà e, con essa, il rallentamento
della circolazione venosa. Oltre a ciò vale la pena di ricordare che il peso
eccessivo influisce direttamente sul ritorno venoso alterando anche altri dei
meccanismi deputati a questo: viene infatti favorita la caduta della volta
plantare del piede con riduzione dell’efficacia della pompa venosa; viene,
come detto, ridotta la respirazione addominale, con riduzione del meccanismo
di aspirazione toraco-addominale.
E’ veramente elevato il numero di persone, soprattutto non più giovani, che si
rivolgono al medico per il gonfiore alle gambe e che devono la loro
condizione proprio ed unicamente al sovrappeso o all’obesità. Ed è molto
difficile convincerli che la cura migliore per i loro disturbi è il calo ponderale. Il fatto che il
soprappeso induca gradualmente nel tempo le alterazioni suddette rende più difficile capire il
consiglio del medico e non sono pochi i pazienti che affermano: “io sono ingrassato da tanto tempo
ma non ho mai avuto le gambe gonfie”.
Ecco dunque che ancora una volta è più facile prevenire che curare; controllando il peso del corpo ed
evitando il sovrappeso si eviteranno danni futuri a molti organi ed anche alle vene.
E’ per questo importante rivolgersi agli specialisti competenti per impostare una adeguata
rieducazione alimentare, piuttosto che tentare con inutili e spesso dannose diete auto-prescritte o
tratte da giornali.
Riguardo l’alimentazione, non esiste, fatta salva l’eccezione della prevenzione del sovrappeso, una
dieta specifica per chi ha problemi alle vene. Ciò che è possibile affermare è che l’alimentazione
deve mirare ad evitare l’aumento del peso e la comparsa di stipsi; in questo caso infatti si determina,
al momento della defecazione, un maggiore attivazione del torchio addominale con aumento
notevole della pressione all’interno dell’addome; questa pressione spinge il
sangue a ritroso nelle vene delle gambe, forzando le valvole e favorendone
lo sfiancamento. Un intestino regolare, che si svuota senza fatica, evita
quindi di creare questi problemi.
Per questo, l’alimentazione deve comprendere alimenti ricchi in fibre (frutta,
verdura, pane integrale ecc.). L’uso dei lassativi è da evitare in quanto, alla
lunga, possono peggiorare il problema.
E’ importante infine garantire un elevato apporto vitaminico, soprattutto vit.
C e P che hanno un’azione favorevole sulle pareti delle vene (arance, limoni,
pompelmi, ananas, kiwi). Sono invece da evitare spezie ed alimenti piccanti
o bevande alcoliche che possono provocare vasodilatazione e determinare
prurito.
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4. FUMO
Per quanto riguarda i danni indotti dal fumo di sigaretta, il sistema venoso
viene interessato in minor misura rispetto ad altri organi, come il cuore e
le arterie ed i polmoni. Ciò non vuol assolutamente dire che si può fumare
tranquillamente: il fumo infatti può interferire, anche se in maniera
indiretta,sul sistema venoso. Prima di tutto il fumo, proprio perché agisce
su organi di vitale importanza, determina una riduzione delle capacità di
svolgere attività fisiche quindi rallenta il ritorno venoso. Ma il fumo
determina anche un maggior rischio di insorgenza delle pericolose
complicanze delle malattie venose (le tromboflebiti superficiali e le
trombosi venose profonde), soprattutto in pazienti con predisposizione
alle malattie trombotiche o in presenza di altri fattori di rischio, come
l’assunzione di sostanze ormonali (estro progestinici assunti a scopo
anticoncezionale o come terapia sostitutiva in menopausa).
5. STIMOLARE LA POMPA PLANTARE
Si è detto che il viaggio di ritorno del sangue venoso verso il cuore parte dal punto più lontano, la
pianta del piede. A questo livello è infatti presente il primo meccanismo che attiva il ritorno venoso,
la pompa plantare Il corretto funzionamento del piede è quindi fondamentale per prevenire il
rallentamento della circolazione venosa.
Quando il piede presenta un’anomalia di appoggio, ad esempio se è piatto o cavo, durante la
camminata non si riuscirà ad ottenere una spremitura di sangue adeguata. In queste situazioni il piede
appoggia infatti troppo in alcuni punti (dove si formano delle callosità come risposta difensiva della
pelle) e troppo poco in altri.
E’ necessario allora costruire un tutore che, pur non potendo correggere la morfologia del piede,
permetta tuttavia di farlo funzionare in maniera adeguata: un plantare flebologico.
Per costruire un plantare flebologico in maniera corretta è opportuno rivolgersi ad un tecnico
ortopedico che sia in grado di costruirlo su misura, dopo avere eseguito un esame podobarometrico,
sia statico che, ancora meglio, dinamico,
Tenendo conto che l’80% della popolazione presenta delle anomalie, più o meno gravi,
dell’appoggio plantare (oltre una certa età praticamente nessuno presenta un perfetto appoggio
plantare) e che le alterazioni del ritorno venoso si hanno con alterazioni del piede anche minime, ben
minori rispetto a quelle che richiederebbero una correzione per motivi ortopedici, è chiaro che,
quando si decide di utilizzare un plantare flebologico, occorre farlo costruire su misura. I plantari
preconfezionati, di serie, venduti separatamente o direttamente dentro ad una calzatura, anche se in
linea teorica, potrebbero essere utili a coloro che non hanno alcuna alterazione dell’appoggio
plantare, in pratica, non portano benefici alla maggior parte della popolazione.
Ma non solo le alterazioni dell’appoggio plantare a poter determinare una riduzione dell’efficacia
della pompa venosa plantare ma anche difetti dell’andatura, le dismetrie degli arti, l’alluce valgo, le
dita a martello e le alterazioni posturali in genere. Una valutazione precisa in tal senso dagli
specialisti competenti è quindi fondamentale.
Oltre che la modalità di costruzione è molto importante anche il materiale
con cui vengono costruiti i plantari flebologici. A differenza di quelli
ortopedici, costruiti solitamente con materiali rigidi (cuoio, sughero ecc.), i
plantari flebologici sono costruiti di materiali molto morbidi (schiume di
lattice), in grado di stimolare i tessuti sottocutanei senza schiacciarli
eccessivamente.
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Questi plantari, possono essere trasferiti agevolmente da una scarpa all’altra e sono molto ben
tollerati. L’uso di questi plantari deve diventare regolare: dovrà essere utilizzato nelle scarpe con cui
si va a lavorare, ma anche in quelle con cui si va a fare sport, o a passeggio. Per chi sta molte ore in
casa è opportuno utilizzare delle calzature da casa (ciabatte e zoccoli), già predisposte od
opportunamente modificate per poter contenere il plantare.
Quando si inizia ad adottare un plantare flebologico è possibile avvertire un po’ di fastidio alla
pianta del piede per i primi giorni; questo è del tutto naturale perché le stimolazioni che vengono
indotte sono percepite come inconsuete; per questo è opportuno iniziare ad usarlo in maniera
graduale, in modo da permettere al piede di abituarsi ad esso: 2 ore il primo giorno aumentando poi
progressivamente nei giorni successivi, fino ad indossarlo per tutta la giornata dopo una settimana.
Dopo tale periodo il plantare costruito su misura non deve essere avvertito più come fastidioso né
tantomeno doloroso: se così fosse ci si deve rivolgere a chi ve lo ha costruito per farlo verificare.
Oltre al plantare, molta attenzione va prestata alle calzature
utilizzate. Quando vi accingete a scegliere un paio di scarpe
ricordatevi che il piede, per funzionare perfettamente, deve
utilizzare una calzatura con alcune caratteristiche. La scarpa
“ideale” deve essere comoda, avere un tacco di 3-4 cm, con pianta
larga, anche in punta per permettere un corretto appoggio di tutta la
pianta del piede e delle dita ed una parte superiore (tomaia) larga a
sufficienza da non comprimere il dorso del piede. Deve essere
costruita con materiale morbido e possibilmente traspirante per
evitare il surriscaldamento e l’eccessiva umidità. Sono invece da
evitare scarpe senza tacco o con tacchi troppo alti o con una pianta
troppo stretta, che creano problemi all’andatura e rendono più
difficile il ritorno venoso. Da evitare anche gli stivali. L’uso di calzature eleganti, con tacco alto,
deve quindi essere limitato: l’uso saltuario di queste scarpe (una serata elegante) non è dannoso per
la circolazione come lo è invece un uso regolare.
6. CONTROLLARE LA TEMPERATURA
I vasi sanguigni, oltre al compito di trasportare il sangue, intervengono anche nel mantenimento della
giusta temperatura corporea. Per far questo reagiscono alle temperature ambientali, dilatandosi
quando c’è caldo e restringendosi quando c’è freddo.
Il calore ha quindi la capacità di far dilatare le vene; il sangue, trovandosi a scorrere dentro vasi più
larghi, procede più lentamente verso il cuore. Questo rallentamento della circolazione, presente
soprattutto in chi già presenta delle dilatazioni patologiche delle vene delle gambe (vene varicose o
teleangectasie), determina un rapido peggioramento dei sintomi. Bisogna inoltre considerare che,
cosa ancor peggiore, la dilatazione delle vene indotta dal calore, se protratta, può determinare un
danno permanente alle pareti delle vene stesse, accelerando quindi il peggioramento della malattia.
Per questo il calore è uno dei peggiori nemici da combattere, in ogni luogo e situazioni in cui ci si
trovi.
Bisogna quindi evitare di rimanere troppo a lungo
vicino a fonti di calore, come termosifoni o stufe
(in casa o al lavoro) e di utilizzare borse di acqua
calda sulle gambe o all’interno delle cosce.
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Sono inoltre sconsigliabili, anche
d’inverno, i pediluvi ed i bagni troppo
caldi, ai quali va piuttosto preferita una
doccia tonificante.
La sauna ed il bagno turco sono assolutamente vietati.
Tra le terapie termali, sono da evitare i fanghi caldi e le sabbiature.
Per la depilazione, la ceretta a caldo è sicuramente da evitare,
anche per il traumatismo meccanico indotto sulla cute che può
favorire la comparsa di teleangectasie (c.d. capillari). Rispetto alla
ceretta molto più indicata è la depilazione con rasoio elettrico o
con creme o saponi depilatori, che permettono di evitare danni
alla circolazione indotti dal calore o da microtraumatismi.
Se il caldo dilata le vene, il freddo ottiene l’effetto contrario: restringendo i vasi permette al sangue
venoso di scorrere con maggiore velocità verso il cuore.
E’ quindi molto utile, quando la temperatura esterna è alta (d’estate o in ambienti di lavoro molto
caldi) raffreddare frequentemente le gambe.
Questo raffreddamento può essere ottenuto sia a inizio che a fine giornata,
ricorrendo a docciature delle gambe con acqua fresca, fatte con
l’impugnatura ed un getto abbastanza potente, ma non troppo forte e
concentrato. Fate scorrere il getto lentamente lungo la faccia interna della
gamba, su e giù, dalla caviglia al ginocchio, per 4 volte, poi lungo la
faccia posteriore della gamba per altre 4 volte, poi lungo la faccia esterna
ancora 4 volte ed infine sulla faccia anteriore per 4 volte. Poi passare
all’altra gamba
In alternativa, è possibile utilizzare delle creme rinfrescanti, a base di
mentolo (non sono invece consigliabili i prodotti a base alcoolica, come la
maggior parte dei gel, che tendono a rendere la pelle più secca).
Occorre a questo punto ricordare che, se il freddo determina un beneficio
sulla circolazione, quando questo diventa eccessivo, può provocare dei
danni, anche gravi, alla pelle. E’ quindi da evitare assolutamente l’uso di
acqua troppo fredda o l’applicazione di ghiaccio naturale o sintetico.
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7. SCEGLIERE I VESTITI ADATTI
Per impedire che le vene vengano compresse dall’esterno creando un ostacolo al
ritorno venoso bisogna evitare indumenti troppo elasticizzati o aderenti o che
comprimono l’inguine (jeans, busti, giarrettiere, gambaletti o calze autoreggenti
non sanitarie).
Se possibile preferire tessuti leggeri, aerati, in grado di evitare l’eccessivo
riscaldamento, soprattutto durante la stagione calda.
Chi ha necessità di indossare busti rigidi deve assicurarsi che venga lasciata libera
la radice della coscia per evitare di comprimere le vene dell’arto inferiore.
8. CURA DELLA PELLE
L’insufficienza venosa determina, già dai primi stadi, la perdita degli annessi piliferi (ghiandole
sebacee e sudoripare), privando la pelle della necessaria idratazione e del normale film idrolipidico
che la rendono più resistente verso le infezioni e, in generale, verso i microtraumi occasionali.
Perché l’insorgenza di queste lesioni sia evitata è indispensabile osservare le più basilari norme
igieniche: una accurata igiene del piede (in particolare degli spazi interdigitali) e della gamba è
fondamentale. È opportuno utilizzare per lavarsi del sapone neutro, evitando essenze profumate che
possono provocare reazioni allergiche. Asciugatevi con cura, utilizzando un panno morbido (spugna)
e “tamponando” la pelle senza sfregarla. Non massaggiatevi energicamente le gambe, soprattutto se
sono presenti lesioni cutanee o vene varicose.
Anche i minimi traumatismi occasionali, come un urto accidentale contro uno
spigolo di un mobile, potrebbero provocare, a causa della maggiore fragilità
della pelle, la comparsa di ferite. Per lo stesso motivo sono da evitare, per
quanto possibile, i graffi di animali e le punture di insetto (consigliabile per
queste ultime l’uso regolare nella stagione estiva di prodotti repellenti, meglio
se di origine naturale). La perdita della normale idratazione cutanea
determina l’insorgenza di una notevole secchezza cutanea fino a far diventare
la pelle squamosa e fortemente pruriginosa. Grattandosi è facile provocarsi
piccole ferite che rappresentano la porta di ingresso per i germi. Per questo è
utile l’uso regolare, tutte le sere, di creme idratanti ed emollienti, su tutta la
cute della gamba, dal piede fino al ginocchio.
Da considerare che la penetrazione dei principi attivi di molte creme è
estremamente ridotta, quasi nulla; bisogna quindi dubitare degli effetti
miracolosi spesso promessi da questi prodotti.
9. FARMACI
Alcuni farmaci possono influire in maniera negativa sulla parete delle vene e sulla ritenzione di
liquidi determinando la comparsa di disturbi e, in alcuni casi, anche di gonfiore alle gambe. Tra i
farmaci più utilizzati devono essere ricordati quelli contenenti sostanze ormonali come la pillola
anticoncezionale ed i cerotti utilizzati in fase di menopausa.
Anche alcuni farmaci assunti per l’ipertensione possono determinare la comparsa di gonfiore alle
gambe. Se nel corso della loro assunzione dovesse comparire gonfiore alle caviglie, parlatene con il
vostro medico che valuterà se modificare la terapia.
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Attenzione!
Prima di sospendere qualunque farmaco è necessario consultare il proprio medico. Per alcuni farmaci
la sospensione improvvisa può essere pericolosa!
Per quanto riguarda i farmaci cosiddetti “flebotonici” o “flebotropici” o “capillaro-protettori”,
possiamo dire che la terapia farmacologica nei pazienti con insufficienza venosa è, ancora oggi, la
più utilizzata e preferita, anche se spesso con poca ragione, sia dai medici che dai pazienti. I farmaci
utilizzabili in campo flebo logico hanno diverse azioni (dalla cura dei sintomi, alla prevenzione di
complicanze, alla prevenzione dell’evoluzione della malattia di base). In campo flebologico, come in
altri campi, l’autoprescrizione è una pratica molto frequente. La medicina provata dal parente o
dall’amico che ha alleviato i disturbi, viene consigliata come la migliore ed assunta senza
prescrizione. Bisogna ricordare che esistono in commercio molti farmaci, sia naturali che di sintesi,
che presentano azioni diverse sul sistema venoso e linfatico. La loro azione si adempie non tanto
sulle vene di grosso calibro, quanto sui diversi versanti del microcircolo ed è, per questo, differente
da farmaco a farmaco. La prescrizione deve essere effettuata dal medico che, oltre a stabilire quale
tra tanti sia il più adatto, sulla base di una diagnosi precisa, indicherà anche con precisione il
dosaggio ed il periodo di assunzione.
10. CALZA ELASTICA
La calza elastica rappresenta l’arma principale a disposizione
contro l’insufficienza venosa.
Le calze vanno indossate al mattino, appena svegli, con le gambe
sgonfie per il riposo notturno. E’ opportuno allora tenere le calze
sul comodino, portata di mano, in modo da poterle indossare
prima ancora di scendere dal letto. Se si è abituati, al risveglio, a
svolgere altre attività(doccia, colazione cc.) è necessario, prima
di indossare le calze, tornare a sdraiarsi sul letto con le gambe
sollevate per almeno 15 minuti. Le calze non vanno mai
indossate a metà giornata soprattutto se le gambe tendono a gonfiarsi. La calza va tolta alla sera, al
momento di coricarsi o, comunque, più tardi possibile. Le calze devono necessariamente essere tolte
di notte in quanto la pressione applicata dalla calza può provocare, nella persona sdraiata, la
comparsa di disturbi fastidiosi a causa di una cattiva vascolarizzazione cutanea e muscolare.
Indossando la calza elastica per molte ore al giorno è possibile, dopo averla tolta, avvertire per alcuni
minuti una sensazione fastidiosa alle gambe (prurito, formicolio ecc). Questa sensazione è normale e
può facilmente essere eliminata effettuando un leggero massaggio dal basso verso l’alto con creme
idrata tanti o rinfrescanti in estate.
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APPLICAZIONE
PARTICOLARI
DELLE
NORME
COMPORTAMENTALI
A
SITUAZIONI
AL LAVORO
Se si deve mantenere la stazione eretta o seduta, comunque ferma, è opportuno,
per quanto possibile, interrompere tale posizione per fare qualche passo, se
possibile ogni mezz’ora.
Quando questo non è possibile, fare dei movimenti di flessione ed
estensione del piede e sollevamenti sulle punte e sui talloni (30
secondi ogni 30 minuti).
Per chi lavora seduto molte ore al giorno, il mantenimento di
una posizione della schiena scorretta può indurre la comparsa di
disturbi alle gambe che, spesso, vengono interpretati come segni
di una “cattiva circolazione”. Quest’ultima, in realtà, spesso non
c’entra nulla in quanto questi disturbi dipendono da
compressioni delle strutture nervose. E’ importante quindi
mantenere una postura corretta: regolare il piano della sedia in
altezza in modo da mantenere le gambe e le anche flesse a 90°
circa; la schiena deve essere mantenuta ben appoggiata allo
schienale; molto importante l’appoggio dei piedi su appositi
cunei “poggia-piedi”; gli arti superiori devono essere appoggiati
al tavolo o a braccioli della sedia con i gomiti a 90°.
Non mantenere le gambe rannicchiate sotto alla sedia o
accavallate troppo a lungo: queste posizioni possono
invece determinare un ostacolo al ritorno venoso. Nella
pausa pranzo o tutte le volte che è possibile approfittarne
per camminare un po’ o per mettere le gambe sollevate su
una sedia.
L’abitudine quindi di tenere i piedi sulla scrivania va quindi, almeno da un punto di vista flebologico,
incoraggiata, a patto di fare attenzione di non determinare ipertensione del ginocchio e a non farsi
sorprendere dal capo-ufficio.
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IN VIAGGIO
- In macchina: è opportuno interrompere ogni due ore il viaggio per fare
qualche passo o per alzare le gambe per 10-15 minuti (ad esempio
sedendosi sul sedile posteriore con le gambe appoggiate allo schienale del
sedile anteriore).
- In treno: camminare frequentemente lungo i corridoi
e cercare di tenere le gambe stese e non rannicchiate
sotto al sedile. Eseguire frequenti movimenti di flessoestensione delle caviglie.
- In aereo:
prima del viaggio: è opportuno non bere bevande gassate o alcolici, evitare alimenti poco digeribili o
comunque fare pasti particolarmente abbondanti.
durante il viaggio: adottare un abbigliamento confortevole, scelto anche in considerazione del clima
del paese di arrivo, evitando indumenti stretti o costrizioni (slacciare il colletto della camicia,
allentare la cinghia dei pantaloni ecc.). Le scarpe devono essere comode, possibilmente senza lacci.
Bere frequentemente bevande non gassate. Quando il viaggio è previsto duri più di 2 ore è opportuno
indossare gambaletti elastici ed eseguire esercizi di flessione ed estensione del piede e sollevamenti
sulle punte e sui talloni (30 secondi ogni 10 minuti).
dopo il viaggio: all’arrivo è opportuno riposare con le gambe sollevate per almeno 1 ora.
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IN VACANZA
- IN MONTAGNA
L’ambiente tra gli 800 ed i 1000 metri è quello ideale per chi ha
malattie venose. La possibilità di fare delle lunghe passeggiate su un
terreno morbido e la temperatura fresca determinano un enorme
beneficio alla circolazione venosa. All’inizio delle vacanze non
esagerate con lo sforzo; la distanza percorsa e l’impegno del percorso
(salita) va aumentato gradualmente, intervallando anche dei giorni di
riposo in cui concedere un recupero ai muscoli. Non osservando queste
norme è facile rimanere vittime dei classici dolori del “giorno dopo”
che riducono il benefico effetto di queste passeggiate e possono
rovinare il resto della vacanza. Non sforzatevi di fare percorsi su
terreni ripidi e rocciosi, esposti al sole; aumentano il rischio di
provocare traumi o ferite. Preferite piuttosto, soprattutto nelle ore più
calde della giornata, i percorsi con pendii più dolci ed i luoghi boscosi,
in grado di assorbire le radiazioni a grande lunghezza d’onda che sono
maggiormente vasodilatatrici, o le zone con migliore ventilazione
- AL MARE
Uno dei luoghi comuni più frequentemente riportati è che la vacanza al
mare è proibita per chi ha problemi di vene. Ciò non è assolutamente vero,
ma a patto che vengano seguite con attenzione alcune semplici accortezze.
Non è il sole ad essere dannoso per le vene ma il calore. È necessario
quindi, per potersi abbronzare con sicurezza e tranquillità, farlo avendo
cura di raffreddare continuamente le gambe e di mantenere la circolazione
attiva con il movimento.
Rispettando
la
regola
fondamentale
dell’esposizione solare progressiva per evitare
danni cutanei, bisogna comunque evitare
l’esposizione nelle ore più calde. È preferibile
quindi lasciare la spiaggia dalle 11.00 alle 16.00.
Rimanere sotto all’ombrellone durante queste ore o, addirittura, coprire le
gambe con un telo pensando così di difendersi dal sole è assolutamente
inutile e, anzi, può essere ancor più dannoso, creando un ambiente ancor più
caldo ed umido.
Nelle ore più calde è piuttosto meglio preferire i luoghi ombrosi e ventilati (un
bosco, una pineta).
Le prime ore del mattino e quelle del tardo pomeriggio sono invece quelle da
preferire per l’abbronzatura. Anche in questo
caso però evitate di esporre le gambe al sole
sdraiati sul lettino, fermi, per periodi di
tempo troppo prolungati.
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Le passeggiate sulla spiaggia sono piacevoli ma anche
molto impegnative, sia per i muscoli che per le
articolazioni. È bene, come per l’esposizione solare,
iniziare con 20’ di passeggiata al giorno per poi
aumentare gradualmente fino ad arrivare ad un’ora al
giorno. Dove camminare è molto importante: il
bagnasciuga non è il fondo ideale, in quanto la sabbia
bagnata rappresenta un fondo troppo duro che può
provocare infiammazioni al tallone in caso di passeggiate
troppo lunghe e ripetute. Molto meglio camminare
camminare nell’acqua, immergendosi però fino
all’inguine, per sfruttare l’effetto idrostatico dell’acqua (galleggiamento e pressione
dall’esterno). I piedi devono essere nudi, senza ciabatte o sandali, perché il contatto
della pianta del piede con la superficie irregolare del fondo marino stimola la pompa venosa plantare.
Il raffreddamento delle gambe è fondamentale; le gambe devono
essere costantemente bagnate: bisogna quindi utilizzare per questo
dei secchielli o, meglio, stare seduti sul bagnasciuga con le gambe
lambite dalle onde
Ogni mezz’ora è consigliato interrompere l’esposizione solare con una doccia fresca .
E’ fondamentale bere molto per reintegrare le perdite di acqua determinate dalla
abbondante sudorazione. Alla sera, dopo una doccia rinfrescante è utile, oltre che
piacevole, massaggiarsi delicatamente le gambe con creme rinfrescanti.
Se si seguono le indicazioni un soggiorno al mare può rappresentare una cura per le vene.
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consigli insufficienza venosa arti inferiori