3. La prova del nove È un giorno di pioggia, tipico della fine di novembre. Alle cinque del pomeriggio è già buio. Aspetto Chiara sul cancello della sua scuola e quando esce mi fa solo un cenno di saluto: ha il volto grigio, scuro come il cielo. “È stato faticoso il tempo prolungato a scuola oggi? Cosa hai mangiato?”. Ma non mi risponde e appena siamo in macchina sbotta: “La maestra ci ha spiegato la prova del nove e devo fare dieci moltiplicazioni ... con la prova del nove”. La risposta è così perentoria che rimbomba nell’abitacolo dell’auto come un tuono. Capisco che è inutile continuare a stuzzicarla e arriviamo a casa senza fare altri commenti. Però sono preoccupato per la serata e provo ad informarmi: “Per quando devi fare le dieci moltiplicazioni?”. “Per dopodomani”, mi risponde pronta. Tiro un sospiro di sollievo e cerco di incoraggiarla: “Allora hai tempo ... ma hai capito cosa devi fare?”. “Si. Devo riempire la crocetta e devono venire due numeri uguali”. “Allora siamo a posto. Hai capito tutto”. “Poverina – interviene Paolo – hai capito il meccanismo ma non perché devi riempire in quel modo la crocetta”. “Zitto tu! Pensa ai tuoi problemi di geometria”, ribadisce prontamente Chiara che, comunque, riflette sulle parole del fratello e mi chiede: “Ma perché hanno inventato la prova del nove se io non sbaglio le moltiplicazioni?”. “Vuoi dire che le controlli con la calcolatrice elettronica!”, irrompe nuovamente Paolo e riesce a schivare per un pelo una scarpa lanciata dalla sorella. Segue mezz’ora di tregua per vedere un cartone giapponese in televisione, ma Chiara non è tranquilla e serena come è di solito. Continua a rimuginare sulla prova del nove. Quando il cartone finisce viene vicino al mio tavolo, mi accarezza la nuca, si avvicina allo schermo del mio computer per spiare quello che sto facendo e mi chiede: “Si può trovare la prova del nove su Internet?”. “Certamente ... forse si ...”, rispondo distratto ma capisco che devo chiudere il computer e dedicarle un po’ di tempo. La regola Sistemo le mie carte e lascio sul tavolo un foglio bianco e una matita. “Allora, fammi capire quello che devi fare”, le chiedo. “Devo moltiplicare due numeri e poi per verificare se ho fatto bene devo fare la prova del nove”. Appare ancora preoccupata ma ha il volto un po’ schiarito dall’attenzione che le sto dedicando. “Scrivi due numeri e calcola il loro prodotto”, la incoraggio. “Due numeri a caso? ... a piacere? ... moltiplico 13 x 11. Faccio la moltiplicazione a reticolo, quella egiziana o ... ”. “Come vuoi. Ma se scrivi 13 x 11 = (10 + 3) x 11 ...”. “È come trovare l’area di due rettangoli di aree 10 x 11 e 3 x 11 che formano un rettangolo di area 13 x 11”, interviene Paolo come un falchetto che si è avvicinato alle mie spalle. Intanto Chiara ha disegnato sul foglio un rettangolo come in fig. 1. 1 3 x 11 = 33 10 x 11 = 110 Fig.1 E, appena finito il disegno, urla: “L’area del rettangolo grande è 143 perché è la somma 110 + 33”. “E adesso devi fare la prova del nove”, la stuzzica Paolo. “Ma perché devo farla se la moltiplicazione è corretta?”. “Non lo so – rispondo – in questo caso è inutile ma forse in esempi più complicati può essere utile ...”. “E va bene ...– continua Chiara un po’ rabbuiata dopo il guizzo di gioia che ha attraversato i suoi occhi per il calcolo appena eseguito – La maestra ci ha spiegato questa regola”. Disegna sul foglio una croce, come quella della fig. 2, e spiega: “A sinistra, 8 4 in alto della croce, ci scrivo 1 + 3 = 4; a sinistra, in basso, scrivo 1 + 1 = 2; a destra, = 33 in alto, scrivo 4 x 2 =38;xa 11 destra, in basso 2 8 scrivo 1 + 4 + 3 = 8. Riesce!!” Fig. 2 “ La prova del nove riesce perché ho ottenuto due numeri uguali a destra della croce”. Commenta con il suo fare da maestrina. È soddisfatta, ha applicato la regola senza inciampare e si sente più leggera perché si è liberata di un peso. “Vedi che non è difficile ...– la gratifico con una carezza –proviamo un’altra moltiplicazione”. 10accetta x 11con = 110 “Si. Va bene, proviamo”, entusiasmo. “Il prodotto di 126 x 83 è ... aspetta un attimo ... è 10458. Verifica se è corretto con la prova del nove”. “Ma come hai fatto senza penna e senza calcolatrice?”. “Dopo te lo dico. Tu, intanto, applica la prova del nove”. Chiara disegna un’altra crocetta sul foglio e comincia: “ A sinistra, in alto, scrivo 1+2+6 = 9. Ecco, il primo trucco della regola. Non posso scriverci 9 ma zero. Boh! A sinistra, in basso, scrivo 8+3 = 11 e ci risiamo: non scrivo 11 ma 0 0 1+1 = 2. A destra, in alto scrivo 0 x 2 = 0 (è zero e non due, vero? Vedi che non sbaglio x 11 = 33 più!). A destra, in 3basso, dovrei scrivere ancora 2 0 zero: vediamo ... devo sommare le cifre del risultato che mi hai dato 1+0+4+5+8 = 18, ma Fig. 3 invece la regola dice che devo scrivere 1+8 = 9 2 cioè zero. Evviva la prova riesce. Il risultato della moltiplicazione è esatto”. Sprizza lampi di gioia dagli occhi e anche le guanciotte hanno ripreso il loro colore naturale. Lascio sfogare la sua gioia, mentre Paolo, sornione, anticipa la mia domanda e le chiede: “E se io ti dico che il risultato non è il numero che ti ha dato papà ma è 10548? Verifica con la tua prova del nove!”. Dopo un attimo di gelo, Chiara scrive il numero di Paolo sul foglio, cancella lo zero scritto in basso a sinistra nella croce precedente, poi somma 1+0+5+4+8 = 18 ed esclama: “Ma è ancora zero!! È come prima! Pure il risultato di Paolo è corretto – affievolisce la voce e continua - ... come è possibile che una moltiplicazione ha due risultati corretti?”. 0 “È un mistero della tua prova del nove, – gongola Paolo – se 0al numero che ti ha detto papà scambi due cifre, il 4 con il 5, ad esempio, la prova del nove riesce ma è un risultato sbagliato!!”. 3 x 11 = 33 Chiara è sconcertata, abbassa la testa e dopo qualche attimo sbotta: 2 “Ma 0 allora la prova del nove che prova è? Come faccio a scoprire qual è il risultato giusto di una moltiplicazione e – rivolgendosi a me implorante – tu come hai fatto a darmi il risultato 10458?”. “Facile – prendo la penna e disegno una 100 26 tabella a doppia entrata come quella di fig.4 – Ho moltiplicato a mente 100 x 80, 26 x 80, 100 2080 80 8000 x 3 e 26 x 3 e poi ho sommato 8.000+2.080 1 0x 1 1 = 1 1 0 = 10.080, 10080+300+78 =10380+20+58 = 3 300 78 10458”. Fig. 4 “Ho capito! – riprende Chiara a bassa voce e a testa bassa – Vuoi convincermi che la regola del nove è inutile e che è meglio imparare i tuoi trucchi del calcolo mentale”. Non so cosa risponderle, ormai è stanca e demoralizzata. Provo solo a ribattere: “Non sono trucchi ... sono le proprietà delle operazioni aritmetiche”. Per fortuna arriva provvidenziale l’invito a cena della mamma e Chiara non si fa certo pregare per mangiare. Durante la cena e anche dopo non viene più ripreso il discorso della prova del nove. Chiara resiste mezz’ora davanti al televisore e crolla per il sonno sul divano. La prova del nove non è affidabile Il mattino dopo, Chiara si sveglia serena, fa colazione e si prepara per andare a scuola. Non accenna alla discussione sulla prova del nove. Sembra che il sonno abbia cancellato tutto. Ma, appena entrata in macchina mi dice: “Che ne pensi, ... lo dico alla maestra che la prova del nove non è una prova?”. Me lo aspettavo, anche se non ero riuscito ad elaborare una risposta. “Decidi tu ...”, è l’unica risposta che mi viene in mente di darle. Chiara non mi dà il tempo per riflettere sulla inutilità o dannosità della mia risposta perché subito irrompe: “Va bene, se la maestra non è di luna storta, le faccio l’esempio proposto da Paolo ieri sera 126 x 83 = 10548. La prova del nove riesce ma il risultato della moltiplicazione è sbagliato. Sono curiosa di vedere la faccia che farà!”. Siamo già arrivati davanti la scuola di Chiara, ci salutiamo e riparto. Ripenso alla mia risposta pilatesca ... le curiosità dei bambini non vanno mai soffocate, anzi noi educatori dobbiamo aiutarli a “tirar fuori” le domande che si pongono. Ma non posso continuare la riflessione perché sono già arrivato nel parcheggio della mia scuola. La vita frenetica non permette la riflessione e quindi nel mondo che abbiamo costruito non c’è posto per il maestro che, per definizione, è uno che riflette, dubita e aiuta gli allievi a dubitare, a porre problemi. Infatti il maestro che “estrae” i saperi alla 3 maniera di Socrate è stato sostituito dall’insegnante che “impartisce” i saperi. Il maestro artigiano si è evoluto nell’insegnante operaio che distribuisce pacchetti già pronti chiamati units negli Stati Uniti, unità didattiche o unità di apprendimento in Italia. Questi pensieri tormentano la mia mente nei momenti di pausa, ad esempio mentre i miei alunni sono impegnati nella risoluzione dei “compiti in classe”. Per fortuna esistono cervelli che sfuggono alle regole, che conservano un minimo di creatività e rendono affascinante il lavoro dell’insegnante “apprendista maestro”. Oggi è toccato ad Antonio, un mio alunno di terza liceo scientifico di fornirmi l’occasione per apprezzare il mio lavoro. Infatti, dopo aver stimolato la classe a riflettere sul motivo dell’uso della parola parabola per indicare una curva ottenuta come sezione di un cono, Antonio, verso la fine della lezione, mi ha risposto: “La parabola disegnata sulla lavagna è come la parabola del figliol prodigo. Un giovane che lascia i genitori, diventa uno sbandato, raggiunge il fondo e poi comincia a risalire e torna dal padre”. (Disegno lavagna con parabola , studente in piedi che la indica) Non c’entra nulla. È una di quelle risposte che infastidiscono l’insegnante perché distraggono il resto della classe e, di solito, l’Antonio di turno viene deriso o severamente ammonito. Invece quella risposta “divergente” mi ha dato la possibilità di stuzzicare la ricerca del significato delle parole parabola, ellisse e iperbole assegnate dagli antichi greci alle sezioni coniche. La mattinata è volata in fretta, avverto un po’ di stanchezza. Certamente è faticoso suscitare l’interesse di due o tre classi, condurre una “brain storming”, provocare cioè una tempesta nei cervelli o più semplicemente far nascere il dubbio, “intorpidire” i cervelli come faceva Socrate. È molto più rilassante scrivere una formula sulla lavagna e poi controllare la risoluzione di dieci esercizi su quella formula fatta da studenti impacciati o annoiati. Ma, non essendo capace di fare l’insegnante operaio, accetto la stanchezza e continuo a fare l’apprendista maestro fino alla pensione. Solo quando entro in macchina mi ricordo della prova del nove di Chiara e raggiungo in fretta la sua scuola. È già sul cancello che mi aspetta. Dal volto disteso e dagli occhi che catturano e riflettono tutta la luce possibile capisco che ha parlato con la maestra. Infatti appena seduta in macchina, mentre chiude la portiera esplode: “La prova del nove non è sicura al cento per cento! La maestra si è consultata anche con la maestra Lucia e mi ha detto che se la prova riesce la moltiplicazione può essere sbagliata. Io volevo dirle che non è una prova ma lei ha chiuso il discorso perché, intanto, Franco e Carlo si stavano picchiando”. Ha abbassato il tono di voce. Non l’ho guardata ma immagino che il suo volto si sia rabbuiato e infatti borbotta: “Per quei due cretini dobbiamo fare dieci moltiplicazioni con la prova del nove!”. Questa si chiama pedagogia della punizione. Per punire una classe che disturba si aumenta il numero di esercizi di matematica. È così che nella mente dello studente si forma l’idea: la matematica è ... uno strumento di tortura. Non provo nemmeno a rassicurare Chiara ma capisco che dovrò dedicarle una parte del pomeriggio per “intorpidirla” al fine di avviarla alla comprensione della prova del nove. Chi ha inventato la prova del nove? A pranzo, Anna cerca di carpire da Paolo qualche informazione sulla sua giornata scolastica ma, come al solito, ottiene solo risposte gestuali per indicare affermazioni o negazioni. Chiara mangia tranquilla con l’usuale appetito ma il suo silenzio è segno di una intensa attività cerebrale. Infatti, dopo un po’ irrompe: “Ma chi l’ha inventata la prova del nove?”. La tentazione di darle una risposta evasiva è forte dopo aver passato tutta la mattinata a sollecitare dubbi e a rispondere a tante domande dei miei studenti. Ma non posso deluderla. “Preparami il caffè e poi andiamo a cercarle insieme le origini della prova del nove”. Questa mia risposta la rende felice. In un attimo finisce di mangiare una mela, sparecchia la tavola e comincia a preparare la macchinetta del caffè. 4 Stranamente, Chiara rinuncia anche alla visione del cartone giapponese del primo pomeriggio e mi raggiunge nel mio studio dove ho tirato fuori dallo scaffale un paio di trattati di aritmetica del 1800. Si siede accanto a me e mostra impazienza sfogliando uno dei due vecchi manuali. “Eccola! L’ho trovata”, gioisce quando trova la pagina riportata in fig. 5. Fig. 5 Pagina di un vecchio trattato di aritmetica (prova senza spiegazioni) “Ma questa è la regola proprio come me l’ha spiegata la maestra. Questo signor ...... l’ha scoperta nel ..... Ma non spiega come l’ha trovata”. “Calma! ..... è solo uno che ha riportato la prova del nove in questo libro di aritmetica per ragazzi del ....”, cerco di frenarla. Ma ormai il processo della scoperta si è innescato e Chiara è motivata per l’apprendimento. Sfogliamo insieme altri manuali di aritmetica moderni (fig. 6) o antichi (fig. 7), ma il risultato è sempre lo stesso: tutti riportano la regola senza spiegarla. Fig. 6 (scanner a colori?) 5 Fig. 7 “Papy, ma perché in questo libro (fig. 7) si parla di prova per nove e cosa c’entrano i resti della divisione per nove? Eppure è sempre la stessa prova!”. Da questa osservazione intuisco che il livello di attenzione è alto. È ora di insistere nell’intorpedimento socratico. Mi compiaccio con Chiara per l’osservazione fatta e le mostro un trattato, purtroppo solo in fotocopia, scritto da Baldassarre Boncompagni nel 1857 che riporta il Liber Abaci di Fibonacci del 1202 (fig. 8). Fig. 8 (Frontespizio Liber Abaci) “Ma non si capisce ...”, osserva subito Chiara. “Certo, è scritto in latino. Ti leggo solo un esempio di moltiplicazione con la prova del nove fatta da Fibonacci nel 1202. Eccola è a pagina 8”. “Ma Fibonacci ... è quello dei conigli?”, irrompe Paolo provocando la reazione della sorella: “Ma che c’entrano i conigli, stiamo cercando chi ha inventato la prova del nove”. Aspetto qualche minuto per ottenere il silenzio e comincio a leggere il testo di Fibonacci scrivendo appunti su un foglio di carta (Fig. 9). “L’esempio di moltiplicazione è 37 x 37 ...” “Ho capito perché si dice 37 per 37. È scritto così in latino”, irrompe Chiara che ormai non riesce a frenare la curiosità. “Brava, hai imparato anche questo. Però, andiamo avanti. Fibonacci dice di moltiplicare le unità 7 x 7 = 49. Scrive 9 e trattiene 4 decine sulle dita di una mano. Poi moltiplica 3 x 7 e 7 x 3 e somma i due prodotti con le 4 decine del riporto: 21 + 21 + 4 = 46. Scrive 6 davanti al 9 e trattiene ancora 4 centinaia sulle dita di una mano. Infine moltiplica 3 x 3 = 9 e aggiunge le 4 centinaia, ottenendo 13. Il risultato della moltiplicazione è 1369”. 6 9 6 9 1 3 6 9 3 7 3 7 3 7 3 7 3 7 3 7 a b c Fig. 9 “È giusto! – esclama Paolo dopo aver calcolato a mente il prodotto – È come facciamo noi, ma Fibonacci scrive solo il risultato e lo scrive sopra e non sotto”. “Va bene! Lo scienziato conferma ... Ma la prova del nove?”. “Eccola! Se hai un po’ di pazienza ci arriviamo. Fibonacci scrive: verifichiamo se la moltiplicazione è esatta. E così continua: sommiamo le cifre del numero 37 e otteniamo 10 da cui togliamo 9 e ci resta 1. Lo stesso viene ripetuto per l’altro fattore 37. Poi moltiplica 1 x 1 = 1 e infine somma le cifre del risultato 1 + 3 + 6 + 9 = 19 da cui toglie due volte 9 e rimane 1. Conclude dicendo che la moltiplicazione è corretta”. “Ma questa è la regola della maestra, anche se Fibonacci non disegna la crocetta. E la spiegazione?” , sbotta Chiara, manifestando tutta la sua delusione. “Aspetta che ci arriviamo, – la rassicuro – intanto, Fibonacci osserva che, invece di sommare le cifre del numero 37 e poi togliere 9 per ottenere 1, si può dividere 37 per 9 e il resto è 1”. “Come in quel libro del 18... E che vuol dire?” – chiede Chiara. ???????????????????? Alhezen L’aritmetica dell’orologio “I numeri 0, 1, 2, 3, … sei abituata a vederli distribuiti su una linea retta, vero?” “La linea dei numeri naturali – interviene con prontezza Chiara – l’abbiamo disegnata su un muro dell’aula in prima elementare.” “Bene. Ora osserva i numeri stampati sul quadrante del mio orologio.” “Sono solo dodici … mi verrebbe da dire: perché mi fai osservare l’orologio? Ma ho capito che devo aver pazienza. Continua pure …”. Chiara mostra tutto il suo disappunto dovuto alla frenesia di arrivare al traguardo ma accetta di essere “intorpidita” e mi permette di andare avanti. “I numeri dell’orologio vanno da 1 a 12. Ti disegno un orologio con i numeri che vanno da 0 a 11”. Disegno prima la fig. ** e poi la completo con la fig. *** 7 11 0 0 1 2 3 x 11 = 33 3 6 10 x 11 = 110 5 Fig. ** 0 2 0 9 6 0 1 2 10 3 4 7 0 11 3 9 100 26 8000 2080 80 300 78 3 Fig.*** 4 8 7 6 5 “Questo è un orologio notturno: la mezzanotte è l’ora 0 e il mezzogiorno non c’è. In tutti gli orologi, invece, il mezzogiorno è segnato dal 12 e non c’è la mezzanotte che dovrebbe essere 24 … oppure 0.” “Ha parlato lo scienziato Paolo … Ma perché sull’orologio c’è scritto forse 13, 14, 15, …?” “Smettetela di beccarvi. Avete fatto delle buone osservazioni. Per segnare le ore 15, dove si trova la lancetta piccola dell’orologio?” “Sul 3 …”, interviene Chiara anticipando il fratello. “Allora … ragioniamo. Il 15 è nascosto sotto il 3, il 16 sotto il 4, … il 23 sotto l’11, il 24 sotto lo 0. E potrei continuare: il 25 sotto l’1, il 26 sotto il 2, il 27 sotto il 3 ecc.” “La retta dei numeri si avvolge su una circonferenza.” “Ha ragione Paolo. È proprio così. È come il centimetro da sarta arrotolato su un cilindro”, conferma Chiara. “Vedo che cominciate a cooperare. Ditemi allora dove si trova il numero 120 su questo orologio?” “… si trova su 0 perché 120 è 10 volte 12. Vero?” – interviene Paolo provocando una smorfia sul volto della sorella, la quale , per rifarsi, continua: “… e allora 121 è nascosto sotto 1, 122 sotto il 2 e così via.” “E 3725 dove è nascosto?”. La mia domanda provoca un momento di riflessivo silenzio ma non di sgomento. È bello vedere le facce dei bambini che spremono le meningi per riflettere. Anche se i video-giochi o il computer pretendono velocità e prontezza di azione, tuttavia, non riescono a cancellare la capacità di riflessione, anche se la offuscano e pertanto spetta alla scuola far riflettere, pensare, ragionare. “Prima di tutto bisogna trovare il multiplo di 12 più vicino a 3725… 12 per 100 è 1200, per 200 è 2400, per 300 è 3600, più 120 fa 3720 che si trova sotto lo 0 dell’orologio. Allora 3721 sta sotto l’1, … 3725 si trova sotto il 5. Giusto?” “Come? … ma è giusto? Hai fatto uno dei tuoi soliti calcoli cervellotici”, interviene Chiara riferendosi al fratello e mi costringe a riportare la calma per evitare rappresaglie. “Paolo ha ragione e non dire che ha fatto un calcolo cervellotico: ha solo ragionato per trovare una soluzione”. “E se il numero è più grande? Ogni numero si nasconde sotto un simbolo dell’orologio?”, chiede Chiara. “Brava! – la incoraggio e i suoi occhietti tornano a splendere – Se mi hai detto che la retta dei numeri si avvolge sulla circonferenza come il centimetro da sarta su un cilindro, vuol dire che ogni numero può essere nascosto sotto un simbolo dell’orologio”. “Ho trovato! Prendo un numero e lo divido per 12. Se la divisione è esatta allora quel numero si nasconde sotto lo 0 dell’orologio, …”. Il ragionamento di Paolo viene interrotto dalla sorella che 8 irrompe: “E se il resto è 1 allora quel numero si nasconde sotto l’1, se il resto è 2 il numero si nasconde sotto il 2 … - si ferma un attimo e continua alzando di molto il tono di voce illuminando il viso di gioia – ecco perché in quel trattato si parlava di resti di divisioni nella prova del nove”. “Esatto! – intervengo per evitare battibecchi – Ci siamo quasi. Ancora qualche passo e arriviamo al traguardo della comprensione”. I due fanciulli si trovano nella fase di massimo “intorpidimento”. È arrivato il momento di prenderli per mano e guidarli verso la scoperta. Prendo tempo per disegnare un nuovo orologio su un foglio di carta (fig. ***) e subito Paolo interviene: 0 0 8 1 2 7 3 9 2 3 4 3 6 6 5 4 Fig. *** “È un orologio che ha perso tre ore?” Chiara non ascolta il fratello e riflette ad alta voce: “Il 9 si trova sotto lo 0, il 10 sotto l’1, l’11 sotto il 2 …” “… e così via! Su questo orologio sono riportati i resti della divisione di un numero per nove”, precisa Paolo, infastidendo la sorella. “Bene! Allora prendiamo due numeri e moltiplichiamoli tra loro …”, non posso continuare perché Chiara tempestivamente propone: “ … 13 e 11. Sono i numeri di ieri usati per la prova del nove”. L’attesa è stata tanta ed è difficile tenerli a freno: sono come due puledri che non accettano di essere costretti nel recinto e vogliono correre. “Se vi calmate un po’ arriviamo al traguardo. – riesco a fatica ad ottenere il silenzio e a proseguire – Ditemi l’11 dove si trova in questo orologio?” “Sotto il 2 … e il 13 si trova sotto il 4”, esplode Paolo, inserendosi come un fulmine nel mio ragionamento. “E il prodotto 2 per 4 è 8. Giusto? – posso continuare - … mentre il prodotto 13 per 11 era …” “Era 143, me lo ricordo”, è Chiara, questa volta, a vincere l’anticipo. “E 143 dove si trova nel mio orologio?” A questo punto Paolo fissa negli occhi Chiara che esulta gridando: “Se si trova nascosto sotto l’8 allora la moltiplicazione è esatta!” “Infatti – conferma Paolo – 144 è uguale a 90 + 54, quindi è multiplo di 9 e si trova sotto lo 0, mentre 143 si trova sotto l’8”. “Certo, la divisione 143 : 9 ha resto 8”, precisa Chiara che nel frattempo ha eseguito la divisione con carta e penna. 9 “La scoperta è fatta! Manca ancora qualche dettaglio da sistemare ma il grosso è fatto. La gioia dei ragazzi è grande ma la soddisfazione del maestro lo è ancora di più. Non c’è paragone tra quello che si prova quando un allievo “scopre” e quando invece riesce a risolvere un esercizio anche molto complicato. Provare per credere … . “In conclusione, fare la prova del nove di una moltiplicazione significa moltiplicare due numeri sull’orologio a nove tacche”, esulta Chiara, felice di aver compreso. “Certo, ma allora si potrebbe usare anche un altro orologio? Che ne pensate?”, con questa mia domanda-stimolo si apre un’altra finestra e si respira nuova aria: l’aria della scoperta. Altri orologi … altre prove “Proviamo con un orologio a quattro tacche”, propongo mentre disegno la fig. ++ Fig. ++ “… facciamo la prova del quattro per la stessa moltiplicazione 13 x 11”, continuo e subito Paolo interviene: “Il 12 sta sotto lo zero, quindi il 13 sta sotto l’1 e l’11 sta sotto il 3. Moltiplico 1 x 3 e ottengo 3…”. “Ci scommetto che il risultato della moltiplicazione, che era 143, si trova sotto il 3 in questo strano orologio…”, si intromette Chiara e Paolo conclude: “… infatti! 140 è multiplo di 4 e quindi sta sotto lo 0, allora 143 sta sotto il 3”. “Ma … allora si può fare anche la prova del tre, del cinque, del sette … “, chiede Chiara con un sorriso che le illumina il volto. “Certamente. Vogliamo applicare, per esempio, la prova dell’11 sempre alla stessa moltiplicazione 13 x 11 ?”, propongo e non riesco nemmeno a disegnare la figura dell’orologio con 11 tacche perché Paolo si mette subito a far di conto: “L’11 sta sotto lo 0, il 13 sta sotto il 2. Moltiplico 0 x 2 e ottengo 0 … 11 x 11 fa 121, aggiungo 11 e ottengo 132, … aggiungo ancora 11 e ottengo 143. Esatto! Il 143 sta sotto lo 0”. “Anche la prova dell’undici è vera … Ma perché la maestra mi ha insegnato solo la prova del nove?”, chiede Chiara candidamente. “Ora basta! – interviene Paolo con decisione – Devo provare un nuovo gioco per la playstation che mi ha prestato Fabrizio”. “Va bene, continuiamo domani?” – propongo, ma Chiara vuole difendere la sua richiesta e dice: “Facciamo dopo cena. Domani voglio raccontare tutto alla maestra”. La seduta si scioglie, i fanciulli corrono in cucina per la merenda ma l’ingenua domanda di Chiara ha spalancato un’altra finestra. Perché proprio la prova del nove? 10 La cena è il momento per riunire la famiglia, raccontarsi gli eventi della giornata e parlare dei programmi per il giorno seguente a patto che il televisore non si trovi in cucina e i telefoni siano spenti. Quella sera Paolo è particolarmente loquace perché soddisfatto del nuovo gioco per la playstation mentre Chiara è ansiosa di chiudere la storia della prova del nove. E infatti, mentre rosicchia una mela, chiede: “Papy, me lo spieghi perché la maestra mi ha parlato solo della prova del nove?” “Ah, già. Non ci pensavo più”, commenta Paolo. “Aiutatemi a sparecchiare e poi continuate le vostre scoperte”, ammonisce Anna. Dalla fretta che ha Chiara di rimettere a posto la cucina si capisce il suo interesse per il dopo cena. Ci ritroviamo nel mio studio e comincio a farli riflettere aiutandomi con carta e penna: “Il numero 10 posso scriverlo 10 = 9 + 1, giusto? E 100 = 99 + 1 = 9x11 + 1, come pure 1000 = 999 + 1 = 9x111 + 1 e così via per le altre potenze di dieci. La somma delle cifre dei numeri 10, 100, 1000, 10000, … è sempre 1 che è proprio il resto delle divisioni di tali numeri per 9. Siete d’accordo?” “Certo, sono numeri che si possono scrivere come multipli di 9 più 1 … Ma gli altri numeri?”, chiede Paolo. “Aspetta che ci arriviamo – riprendo con calma a scrivere - … lo stesso vale per 20, 200, 2000, … perché 20 = 2x9 + 2 e 200 = 2x(9x11) + 2. Il resto delle divisioni di questi numeri per 9 è sempre 2, cioè la somma delle loro cifre.” “La stessa cosa vale per 30, 300, 3000, … e così via. Ma perché il resto della divisione per 9 di un numero qualunque è dato dalla somma delle sue cifre?”, è ancora Paolo a intromettersi. “Va bene, dimmi un numero qualunque …”, non riesco ad andare oltre perché Chiara mi brucia sul tempo: “Per esempio 3725 che è ancora scritto su questo foglio”. “Bene, Chiara. Possiamo scrivere 3725 = 3000 + 700 + 20 + 5, vero?” “Certamente!–irrompe Paolo–I resti delle divisioni per 9 dei quattro addendi sono 3, 7, 2 e 5”. “La loro somma è la somma delle cifre di 3725. Ma 3 + 7 + 2 + 5 = 17 e il resto della divisione 17 : 9 è 8, cioè è dato dalla somma 1 + 7 perché 17 = 10 + 7”. Chiara mi interrompe afferrandomi il polso destro: “Ecco perché nella prova del nove si sommano le cifre dei numeri e se viene un numero più grande di nove, si continua a sommare le cifre”. “Brava! è proprio così – la gratifico e cerco di concludere – Se il resto della divisione 3725 : 9 è 8 allora vuol dire che 3725 occupa il posto dell’8 nell’orologio a nove tacche. Ebbene, avete compreso perché è stata scelta la prova del nove non solo dalla maestra di Chiara ma fin dai tempi di Alhezen?” “Perché è facile trovare il resto della divisione di un numero per nove: basta sommare le sue cifre ripetutamente finché non rimane una sola cifra e se questa è 9 si sostituisce con 0”. Le parole di Paolo suonano come la conclusione del discorso: sembrano il come volevasi dimostrare che si scrive in fondo alla dimostrazione di un teorema. Invece Chiara si ricorda del consulto della sua maestra con la maestra Lucia e pone un nuovo problema. Perché la prova del nove non è sempre affidabile? La preoccupazione di Chiara rivela il danno fatto dalla risposta categorica e sbrigativa della maestra: “La prova del nove non è sempre affidabile!”. D’altra parte scoprire la non affidabilità della prova del none non è così complicato. Infatti è Chiara stessa che suggerisce: “Sommando le cifre di due numeri come 143 o 134 ottengo lo stesso risultato ma i resti delle divisioni di questi due numeri per nove sono diversi. Vero?”. 11 “Certo! – la tranquillizzo – In entrambi i casi sono corrette le prove del nove delle moltiplicazioni 13x11 = 143 e 13x11 = 134, ma la seconda è sbagliata”. “Però è difficile commettere un errore del genere nell’esecuzione di una moltiplicazione”, si intromette Paolo. “Diciamo che è poco probabile. Ma quali altri errori di calcolo non vengono rilevati dalla prova del nove? – provo a chiedere, ma capisco che è difficile avere una risposta e riprendo a farli ragionare – Se moltiplico 13x11 e vi dico che il prodotto è 1430, ci credete?”. “No – risponde prontamente Paolo – il risultato deve essere un po’ più grande di 100, non può essere più grande di 1000”. “E se ti dico che 1,3x1,1 = 14,3?”. “È lo stesso sbagliato. Il risultato deve essere più grande di 1 ma più piccolo di …” “… più piccolo di 4 – aiuto Paolo nella riflessione e continuo – La prova del nove non rileva errori di ordine di grandezza. I numeri 143, 1430, 14,3 … si trovano tutti nascosti sotto il rappresentante 8 nell’orologio a nove tacche. Le divisioni di tutti questi numeri per nove hanno resto 8”. “Ma questi errori si controllano prima di eseguire la prova del nove”, interviene Paolo. “Certamente! Si controllano con il buon senso che è sempre il primo strumento di controllo dell’errore … – e continuo – vediamo se esistono altri possibili errori non segnalati dalla prova del nove”. Comincio a scrivere una moltiplicazione su un foglio di carta (fig. **), prendo tempo per riflettere e moltiplico gli stessi numeri nella fig. ***. 2 7 1 4 1 4 3 1 5 7 Fig. ** 9x 6= 4 4 2 7 1 7 2 0 3 2 2 0 9x 6= 4 4 Fig. *** “La prima moltiplicazione è sbagliata, controllate pure. Sono stati commessi errori nei riporti … Eppure la prova del nove è corretta in entrambi i casi”. “Questo errore è più probabile. Capita spesso che uno si distrae e dimentica i riporti”, commenta Paolo. “E la distrazione non può essere controllata con il buon senso …”. Prima di continuare, vengo interrotto da Chiara: “Ho capito cosa voleva dire la maestra Lucia quando ha detto che la prova del nove non è affidabile al cento per cento. Riesce a controllare gli errori commessi nelle moltiplicazioni … ma qualche errore sfugge al controllo”. Gli allievi appaiono soddisfatti. Chiara è raggiante ma la breve pausa è stata utilizzata dal fratello per aprire una nuova finestra: “Esiste un modo per controllare anche questi errori che sfuggono alla prova del nove?”. La domanda di Paolo rimbalza nello studio in attesa di risposta e provoca, come previsto, la fuga della sorella la quale rinforza: “Ci sarà pure una prova più sicura della prova del nove ma ora ho sonno. Buonanotte”. 12 La prova dell’undici Paolo resta incollato alla sedia con i gomiti poggiati saldamente sul tavolo per sostenere la testa tra le mani, appesantita dal sonno ma curiosa di scoprire. I suoi occhietti vispi mi incoraggiano a continuare la ricerca di una prova “più sicura” anche se capisco che bisogna affrettare i tempi per non sfidare troppo il sonno. “Per controllare l’esattezza di una moltiplicazione si potrebbe applicare la prova del tre o quella del cinque… o qualunque altra. Ma il gioco non vale la candela”. “Certo - interviene Paolo – bisognerebbe trovare i resti delle divisioni per 3, per 5 ecc. …si perderebbe troppo tempo! Esiste qualche caso in cui i resti delle divisioni si trovano subito come nel caso del 9?” A questo punto il problema è stato individuato e può essere affrontato: “Prendiamo, ad esempio, il numero 11 – continuo aiutandomi con carta e penna – il resto della divisione 1 : 11 è 1 perché scrivo 1 = 0 ⋅ 11 + 1 Lo stesso vale per i numeri 100, 10000, 1000000, … perché: 100 = 9 ⋅ 11 + 1 10000 = 909 ⋅ 11 + 1 1000000 = 90909 ⋅ 11 + 1 Tutte le potenze di 10 con esponente pari, divise per 11, forniscono resto 1”. “Ho capito – esclama Paolo, scrollando la testa – e le potenze con esponente dispari?” “Eccole – continuo a scrivere – Le divisioni di queste potenze per 11 hanno un resto negativo -1. Infatti: 10 = 1 ⋅ 11 − 1 1000 = 91 ⋅ 11 − 1 100000 = 9091 ⋅ 11 − 1 Con te che frequenti la prima media, possiamo anche scrivere 10=101, 1000=103, 100000=105 … e possiamo usare il simbolo -1”. “Chiara non avrebbe capito. Non sa che esistono numeri negativi – esclama Paolo, orgoglioso del suo sapere – Ma non potrei scrivere: 10 = 0 ⋅ 11 + 10 1000 = 90 ⋅ 11 + 10 ..." “O anche 100000 = 9090 ⋅ 11 + 10 - lo aiuto – Ma, in questo caso, non riesco a calcolare facilmente il resto della divisione 30 : 11. Invece introducendo il resto negativo posso scrivere: 30 = 3 ⋅ 10 = 3(11 − 1) = 3 ⋅ 11 − 3 Il resto della divisione 30 : 11 è -3. Oppure: 7000 = 7 ⋅ 1000 = 7( 91 ⋅ 11 − 1) = 637 ⋅ 11 − 7 ”. “Il resto della divisione 7000 : 11 è -7 ”, irrompe Paolo con entusiasmo … un po’ appannato dal sonno. “Allora hai capito che il resto della divisione 7435 : 11 è … Aspetta, scriviamo: 7435 = 7 ⋅ 1000 + 4 ⋅ 100 + 3 ⋅ 10 + 5 . Il resto è 5 – 3 + 4 – 7 = - 1 perché 5 – 3 = 2 che sommato a 4 fa 6 e 6 – 7 = - 1 .” “Prendiamo un altro numero – Paolo afferra la penna e comincia a scrivere 653 = 6 ⋅ 100 + 5 ⋅ 10 + 3 . Il resto di 600 : 11 è 6 , perché 600 = 6 ⋅ 100 = 6( 99 + 1) = 6 ⋅ 9 ⋅ 11 + 6 . Il resto di 50 : 11 è – 5 , perché 50 = 5 ⋅ 10 = 5(11 − 1) = 5 ⋅ 11 − 5 , e il resto di 3 : 11 è 3 perché 13 3 = 0 ⋅ 11 + 3 . Allora il resto della divisione 600 : 11 è 6 – 5 + 3 = 4. Ho capito. Per trovare il resto della divisione di un numero per 11 si fa così: alla cifra delle unità del numero si sottrae quella delle decine, si somma quella delle centinaia, si sottrae quella delle migliaia e così via …”. “Perfetto! Questa è la regola pratica. Bravo, hai capito – lo incoraggio per chiedergli un ultimo sforzo prima di mandarlo a letto - … prendiamo una di quelle moltiplicazioni sbagliate ma con la prova del nove corretta.” Cerco tra le carte rimaste sulla scrivania e trovo: “Ecco, ricordi, avevo scritto 29 x 76 = 1574 . Il prodotto è errato ma la prova del nove è corretta.” “Cosa vuoi dirmi che, se applichiamo la prova dell’ undici, questa risulta sbagliata …”. “Proviamo … – capisco che Paolo sta producendo uno sforzo enorme per rimanere sveglio – Disegniamo la crocetta della prova dell’undici. A sinistra, in alto, scriviamo il resto della divisione 29 : 11 che risulta 9 – 2 = 7 (la cifra delle unità meno quella delle decine). A sinistra, in basso, scriviamo il resto della divisione 76 : 11 che è 6 – 7 = – 1. A destra, in alto, scriviamo il prodotto dei due resti 7 ⋅ ( − 1) = − 7 . A destra, in basso, scriviamo il resto della divisione 1574 : 11 che è 4 – 7 + 5 – 1 = 1. Ecco la crocetta dell’ undici completa: (DISEGNO A MANO) La prova è sbagliata perché sull’orologio con 11 tacche i numeri 1 e - 7 non si trovano nella stessa casella”. “Ma il numero negativo - 7 dove si trova?” – interviene Paolo, sfidando il sonno . “Giusto! I numeri negativi sull’orologio dove li collochiamo? A partire da 0, percorriamo l’orologio nel verso antiorario e scriviamo successivamente - 1, - 2, - 3, ecc. – parlando gli disegno l’orologio a 11 tacche con alcuni numeri positivi e negativi - … è chiaro come sono collocati i numeri negativi?” (DISEGNO A MANO) “Invece, se applichiamo la stessa regola alla moltiplicazione corretta 29 x 76 = 2204 … - Paolo si concentra stringendo la penna tra le dita – a sinistra in alto nella crocetta devo scrivere 7, a sinistra in basso scrivo – 1 , a destra in alto scrivo – 7 , mentre a destra in basso devo scrivere il resto della divisione 2204 : 11 che è 4 – 0 + 2 – 2 = 4. (DISEGNO A MANO) Eccola …”. “… E - 7 e 4 si trovano nella stessa casella sull’orologio a 11 tacche – intervengo per sollevarlo in un momento di smarrimento - … affinché la prova dell’undici sia corretta, i due numeri a destra della crocetta devono essere uguali o anche tali che sia 11 la differenza tra il più grande e il più piccolo”. “Per essere certi dell’esattezza di una moltiplicazione, oltre alla prova del nove, si dovrebbe fare quella dell’undici? – conclude Paolo, trattenendo uno sbadiglio – … è così? ”. 14 “Proprio certi … no! Infatti se tu moltiplichi due numeri e trovi il risultato 1324 e un tuo amico invece trova 1324 + 2 ⋅ 99 = 1522 , le due prove sono corrette ma almeno uno dei due ha sbagliato il calcolo. Infatti, il resto della divisione 1324 : 9 è 1 + 3 + 2 + 4 = 10 da cui 1 + 0 = 1; il resto della divisione 1522 : 9 è 1 + 5 + 2 + 2 = 10 quindi 1 + 0 = 1. Lo stesso vale se si divide per 11. Il resto di 1324 : 11 è 4 – 2 + 3 – 1 = 4 e il resto di 1522 : 11 è 2 – 2 + 5 – 1 = 4”. “Ma allora … ? – un lampo di delusione attraversa il viso di Paolo - … è tutto inutile!” “Non è tutto inutile perché è molto improbabile che due persone trovino come prodotti di due numeri risultati che differiscono per un multiplo di 99. La prova dell’undici, applicata dopo quella del nove, fornisce garanzie migliori sull’esattezza dell’operazione effettuata”. Con queste parole Paolo si accontenta e finalmente va a letto per godere del meritato riposo. Invece a me il sonno è passato. Riordino le mie carte e penso alla soddisfazione provata da Paolo e Chiara nel comprendere una regola imposta. È stata un’occasione per riflettere, per ragionare: attività della mente che sembrano in via di estinzione. Ma non è vero. Per attivare questi registri mentali nei ragazzi è sufficiente che il maestro, o la maestra, accenda la miccia, inneschi e guidi il ragionamento facendo dubitare il discepolo, intorpidendo la sua mente come ci ha insegnato il vecchio Socrate. E ripenso anche alla fatica di coloro che hanno inventato queste prove del calcolo aritmetico quando tale calcolo era un problema serio. Mi viene in mente il matematico arabo Alhezen, sperando di non sognarlo nella notte con la sua barba bianca, che aveva trovato il modo per controllare l’errore umano o, almeno, per renderlo meno probabile. (FOTO ALHEZEN) Da questa ragnatela di pensieri viene fuori che è ingiusto far soffrire i bambini nell’applicazione meccanica della prova del nove. La calcolatrice elettronica incorporata nei telefonini rende superflua qualsiasi prova di calcolo: basta digitare nella maniera giusta e la calcolatrice fornisce il risultato corretto. Perché continuare, allora, a torturare i bambini della scuola primaria con la prova del nove? Se proprio si vuole insegnarla, la si inserisca come conclusione di una unità di apprendimento sull’aritmetica modulare. Nella scuola secondaria di primo o di secondo grado, invece, è il caso di parlarne e di giustificarla se i ragazzi l’hanno 15