Il trattamento fiscale degli interessi e delle royalties. Profili di fiscalità internazionale. Alessandro Terzuolo 22/10/2010 Sommario: 1. Premessa. - 2. La modalità impositiva secondo la normativa italiana, la normativa comunitaria ed il Modello di Convenzione OECD. - 3. I requisiti soggettivi in ambito comunitario. - 4. I requisiti soggettivi secondo il Modello di Convenzione OECD. - 5. I requisiti oggettivi secondo la normativa comunitaria e convenzionale. - 6. Conclusioni. 1. Premessa La modalità impositiva degli interessi e dei canoni transfrontalieri è il risultato dell’interazione tra la normativa fiscale nazionale, la normativa comunitaria e le Convezioni contro la doppia imposizione stipulate tra i singoli Stati. Tale interazione rende quindi necessaria la conoscenza dell’ambito applicativo dei tre livelli normativi. La corresponsione di interessi e royaltiesi tra società o stabili organizzazioni situate in Stati differenti è fenomeno assai diffuso nella prassi economica internazionale e, come tale, è stato oggetto di specifici interventi normativi sia da parte dell’Unione europeaii sia da parte dell’OECD nella redazione del Model Tax Conventioniii. Le motivazioni per cui si è reso necessario un intervento ad hoc risiedono, oltre che nella già citata frequenza di utilizzo nei gruppi multinazionali, anche nella constatazione che il pagamento di interessi e canoni avviene in alcuni casi per finalità di tax planningiv. Per questo motivo molti Stati, tra cui l’Italia, decisero di introdurre una ritenuta alla fonte su detti pagamenti transfrontalieri oltre a, nel caso specifico dell’ordinamento italiano, ricomprendere i pagamenti di interessi e canoni che usufruiscano delle disposizioni di cui all’art. 26-quater, comma 2, lett. e) del DPR 600/73, tra le specifiche fattispecie interessate dalle disposizioni antielusive previste dall’art. 37-bis del DPR 600/73. L’introduzione, sui pagamenti in questione, di una ritenuta alla fonte la quale, nella stragrande maggioranza dei sistemi fiscali mondiali, dà diritto ad un collegato credito d’imposta per il soggetto beneficiario del pagamento, assicura sì gettito allo Stato dal quale viene effettuato il pagamento, ma rischia di creare fenomeni di doppia imposizione giuridicav. L’incasso di interessi o royalties infatti costituisce una componente reddituale positiva che, ad esclusione di alcuni particolari sistemi fiscali, viene sottoposta ad imposizione nello Stato di residenza del soggetto percettore in base al c.d. world wide principlevi. Se l’incasso di tale componente reddituale è già gravato da una ritenuta alla fonte applicata dal soggetto pagatore, il soggetto beneficiario percepirà una componente reddituale che sarà doppiamente gravata da imposizione. Per ovviare al problema, generalmente, a fronte delle imposte corrisposte all’estero viene concesso un credito di imposta; il meccanismo in questione tuttavia può creare problemi di liquidità agli operatori economici e spesso non è in grado di eliminare totalmente la doppia imposizione. Alternativamente all’utilizzo della ritenuta alla fontevii, l’Unione europea ed in parte l’OECD Model Tax Convention hanno previsto il meccanismo dell’esenzione. Secondo tale sistema i flussi economici dipendenti da interessi o royalties non verranno assogettati ad imposizione nel Paese del soggetto pagatore (godranno cioè dell’esenzione) pur rappresentando, nel Paese del soggetto beneficiario, una componente reddituale positiva. Il meccanismo dell’esenzione non è tuttavia automatico e presenta diverse eccezioni nonché requisiti specifici. Analizzando le due metodologie tributarie da un punto di vista macro-economico, si può affermare che il sistema della ritenuta alla fonte favorisca il gettito degli Stati in cui vi sono numerose società o stabili organizzazioni che usufruiscono di capitali, tecnologie e know-how provenienti da Stati esteri. Una simile situazione è tipica di Stati in cui gli operatori economici necessitano di potenziare la propria dotazione finanziaria o tecnologica attraverso il ricorso ad operatori esteri. Il sistema dell’esenzione tende invece a privilegiare l’attività transfontaliera di aziende che sono in possesso di capitali, tecnologie e know-how le quali traggono benefici economici dallo sfruttamento degli stessi. La seconda situazione è tipica di economie forti ed all’avanguardia nell’innovazione le cui imprese hanno spesso nel loro Stato la sede della c.d. Casa-madre (anche sotto forma di holding) e possiedono diverse branches operative nei differenti Stati in cui operano. www.businessjus.com Pag 1 di 8 Gli obiettiviviii che il sistema dell’esenzione si pone di raggiungere sono, come chiarito dagli stessi Considerandoix della Direttiva 2003/49/CE ed al punto 3.1 della Relazione della Commissione al Consiglio del 17/04/2009, principalmente due: in primis porre su un piano di paritàx i pagamenti di interessi e di canoni transfontalieri rispetto a quelli nazionali, eliminando altresì la doppia imposizione giuridica; in secundis assoggettare una ed una sola volta ad imposizione fiscale tali pagamenti nello Stato di residenza del soggetto percettore. Il primo obiettivo mira anche ad evitare problemi di liquidità da parte delle aziende risolvendo gli scompensi di cash-flow causati dal meccanismo del credito di imposta. Il secondo obiettivo invece garantisce che il reddito sia tassato nello stesso sistema fiscale in cui possono essere dedotti eventuali costi connessi ovvero, a titolo esemplificativo, il costo della raccolta dei capitali e delle spese di ricerca e sviluppo rispettivamente connessi a redditi derivanti da interessi e da royalties. Il sistema dell’esenzione deve ad ogni modo garantire che i redditi derivanti da interessi o canoni scontino imposizione e non siano oggetto di frodi o abusi frutto di particolari rapporti tra il soggetto pagatore ed il beneficiario effettivo. 2. La modalità impositiva secondo la normativa italiana, la normativa comunitaria ed il modello di Convenzione OECD. Prima di comprendere come la Direttiva 2003/49/CE e, al di fuori del suo ambito di applicazione, le singole Convenzioni contro la doppia imposizione disciplinino le modalità impositive degli interessi e dei canoni transfrontalieri, è necessario analizzare la tassazione di queste componenti reddituali per i soggetti non residenti in Italiaxi. L’art. 26, co. 5, DPR 600/73 assoggetta a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta del 12,5% gli interessi corrisposti a non residenti; nel caso invece in cui il soggetto percipiente sia residente in uno Stato o territorio diverso da quelli di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell’art. 168-bis del TUIRxii l’importo di tale ritenuta è del 27%. Per quanto riguarda i canoni, l’art. 25 DPR 600/73 prevede che gli stessi, qualora siano diversi da quelli relativi all’utilizzo delle attrezzature, siano assoggettati ad una ritenuta del 30% per la parte imponibilexiii del loro ammontare. Per i compensi corrisposti a non residenti per l’uso o la concessione in uso di attrezzature industriali, commerciali o scientifiche che si trovano nel territorio dello Stato è operata una ritenuta del 30% a titolo di imposta sull’ammontare degli stessi, salvo che i compensi siano corrisposti a stabili organizzazioni di soggetti non residenti situate però nel territorio dello Stato. Secondo la Direttiva 2003/49/CE, come successivamente integrataxiv e modificataxv, «i pagamenti di interessi o di canoni provenienti da uno Stato membro sono esentati da ogni imposta applicata in tale Stato su detti pagamenti, sia tramite ritenuta alla fonte sia previo accertamento fiscale, a condizione che il beneficiario effettivo degli interessi o dei canoni sia una società di un altro Stato membro o una stabile organizzazionexvi situata in un altro Stato membro, di una società di uno Stato membro». In ambito comunitario quindi, salvo ulteriori condizioni che si approfondiranno nel paragrafo 3. del presente articolo, è stato introdotto il meccanismo dell’esenzione totalexvii in modo da rendere assolutamente identico il trattamento di interessi o canoni transfrontalieri rispetto a quelli corrisposti tra società residenti nel medesimo Stato membro. Gli artt. 11 e 12 del Modello di Convenzione OECD disciplinano rispettivamente la tassazione degli interessi e delle royalties. L’art.11 prevede che gli interessi provenienti da uno Stato contraente (cioè uno Stato che abbia ratificato la Convenzione sulle doppie imposizioni sui redditi) e pagati ad un resident dell’altro Stato contraente siano imponibili nello Stato in cui è residente il soggetto che riceve il pagamento. In sostanza non dovrebbe esserci alcuna imponibilità, né tramite applicazione di ritenuta alla fonte né attraverso autoliquidazione, nel Paese da cui provengono i suddetti pagamenti. Tuttavia, in virtù della previsione derogatoria del paragrafo 2 dell’art. 11 è possibile che gli interessi siano imponibili anche nello Stato contraente di provenienza degli stessi, pur in misura non eccedente al 10%xviii qualora corrisposti ad un beneficiario effettivo residente nell’altro Stato contraente. Pertanto il Modello di Convenzione prevede una prima modalità impositiva rappresentata dal meccanismo dell’esenzione totale ed una seconda, residuale, rappresentata dalla possibilità dell’applicazione di una ritenuta alla fonte, o dell’autoliquidazione, sempreché questa non superi l’importo del 10%. Ciononostante, nelle numerose Convenzioni stipulate dall’Italia con altri Stati, l’aliquota della ritenuta alla fonte o dell’autoliquidazione previste sono, in diversi casi, superiori all’aliquota del 10%. L’aliquota del 10% è sicuramente la più frequente, ma vi sono Convenzioni che contemplano aliquote del 15%, del 20% o del 25%. Qualora l’aliquota prevista dalla Convenzione sia superiore all’importo previsto dalla normativa nazionale (che nel caso di soggetti non residenti in tax haeven è del 12,5%) si potrà optare per l’applicazione delle disposizioni normative Pag 2 di 8 www.businessjus.com nazionali, in quanto più favorevoli per il contribuente. Se invece, la Convenzione è stipulata tra Stati membri dell’Unione europea, si dovrà applicare la normativa prevista dalla Direttiva 2003/49/CE come successivamente integrata e modificata, a meno che la normativa convenzionale non risulti più favorevole per il contribuente. Parzialmente differente è invece il trattamento delle royalties previsto dall’art. 12 del Modello di Convenzione OECD. L’art.12 infatti stabilisce che i canoni provenienti da uno Stato contraente, il cui beneficiario effettivo sia un resident, dell’altro Stato contraente sono imponibili nello Stato in cui è residente il beneficiario effettivo. In sostanza non dovrebbe esserci alcuna imponibilità, né tramite applicazione di ritenuta alla fonte né attraverso autoliquidazione, nel Paese da cui provengono i canoni. Nella realtà pratica però, anche senza un’espressa previsione derogatoria da parte dell’art.12 del Modello di Convenzione, i canoni corrisposti sono, nella stragrande maggioranza dei casi, imponibili anche nello Stato contraente di provenienza degli stessi. L’aliquota con cui i canoni vengono tassati è variabile da Convenzione a Convenzione ma si aggira intorno al 5%, al 10% o al 15%. Il Modello di Convenzione prevede perciò, a proposito dei canoni, una modalità impositiva rappresentata dal meccanismo dell’esenzione totale anche se, nelle singole Convenzioni, quasi sempre è prevista una certa imponibilità (attraverso l’applicazione di una ritenuta alla fonte o attraverso l’autoliquidazione) anche nello Stato da cui provengono i canoni. In maniera del tutto analoga rispetto all’imponibilità degli interessi fra gli Stati membri della Comunità europea prevarranno le disposizioni comunitarie a meno che la normativa nazionale o convenzionale non prevedano disposizioni più favorevoli per il contribuente. Fra Stati che non facciano entrambi parte della Comunità europea opereranno le normative convenzionali, qualora esistenti, e sempreché la normativa nazionale non preveda disposizioni più favorevoli per il contribuente. 3. I requisiti soggettivi in ambito comunitario. La normativa comunitaria prevede, affinché si possa godere del sistema dell’esenzione, alcuni specifici requisiti quali: 1. lo status di «società consociataxix» della società (o della sua stabile organizzazione) considerata «pagatorexx» rispetto alla società (o alla sua stabile organizzazione) considerata «beneficiario effettivoxxi». Il rapporto partecipativo che permette di definire una società consociata può essere alternativamente considerato: a. detenzione da parte della societàxxii considerata «pagatore» di una partecipazione minima direttaxxiii del 25 % del capitalexxiv della società considerata «beneficiario effettivo»; b. detenzione da parte della societàxxv «beneficiario effettivo» di una partecipazione minima diretta del 25 % del capitale della società «pagatore»; c. detenzione da parte di una società terza di una partecipazione minima diretta del 25 % del capitale della società «pagatore» e, contemporaneamente, della società «beneficiario effettivo». Estremamente rilevante è l’esclusione dall’ambito applicativo della Direttiva in oggetto (e pertanto dal meccanismo dell’esenzione) dei pagamenti di interessi e canoni effettuati tra società che non possiedano un rapporto partecipativo tale per cui una possa essere definita «consociata» rispetto all’altra. Nel caso in cui non sussista il rapporto partecipativo suddetto, per usufruire anche in parte dell’esenzione sarà necessario far appello alla specifica Convenzione contro la doppia imposizione, qualora esistente. Vi è pertanto, in assenza di status di «società consociataxxvi», una prima palese diversità di trattamento tra i flussi di interessi e canoni transfrontalierixxvii rispetto a quelli “nazionali” che non scontano alcuna ritenuta. Si noti inoltre che le partecipazioni in grado di conferire il requisito di «società consociata» devono comprendere unicamente società residenti nel territorio della Comunità europea, pena la mancata applicazione del meccanismo dell’esenzione. 2. lo status di «società di uno Stato membroxxviii». La società di uno Stato membro dell’Unione europea deve innanzitutto possedere la forma giuridica prevista dall’Allegatoxxix alla Direttiva 2003/49/CE, come successivamente integrato e modificato dalla Direttiva 2004/66/CExxx in conseguenza dell'adesione all’Unione europea della Repubblica ceca, dell'Estonia, di Cipro, della Lettonia, della Lituania, dell'Ungheria, di Malta, della Polonia, della Slovenia e della Slovacchia. Ulteriore requisito per l’applicazione del meccanismo dell’esenzione è che le forme societarie sopra individuate siano assoggettate, senza esserne esentate, ad una delle imposte, identiche o sostanzialmente similixxxi , previste dall’art.3xxxii, lett. a), punto iii) della Direttiva 2003/49/CE come successivamente integrato e modificato dalla Direttiva 2004/66/CExxxiii. 3. in alternativa allo status di società di uno Stato membro, il meccanismo dell’esenzione è applicabile anche alla «stabile organizzazione» con cui si intende: «una sede fissa di affari situata in uno Stato membro, attraverso la quale una società di un altro Stato membro esercita in tutto o in parte la sua attivitàxxxiv». In specifico riferimento alla stabile organizzazione è inoltre previsto che «se una stabile organizzazione di una www.businessjus.com Pag 3 di 8 società di uno Stato membro è considerata pagatore o beneficiario effettivo di interessi o canoni, nessun’altra parte di tale società è considerata pagatore o beneficiario effettivo di tali interessi o canonixxxv» 4. la residenza in uno Stato membro. Le società previste all’Allegato di cui al punto 2) del presente elenco, o le loro stabili organizzazioni, devono inoltre essere considerate residenti (o situatexxxvi) ai fini fiscali in uno degli Stati membri. Per determinare la residenza fiscale si applica la normativa tributaria del singolo Stato membro in questione, nonché la normativa prevista dalle Convenzioni sulle doppie imposizioni sui redditi. Affinché una società, o una sua stabile organizzazione, possa essere considerata fiscalmente residente (o situata) in uno Stato membro è quindi necessario che nessuna Convenzione sulle doppie imposizioni sui redditi, conclusa con uno Stato terzoxxxvii, stabilisca che tale società, o stabile organizzazione, sia considerata residente (o situata) al di fuori della Comunità europea. Il meccanismo dell’esenzione non si applica infatti qualora gli interessi o le royalties vengano pagati « da o ad una stabile organizzazione situata in uno Stato terzo di una società di uno Stato membro le cui attività vengono esercitate in tutto o in parte attraverso detta stabile organizzazione.». E’ pertanto necessario, perché possa essere applicata l’esenzione prevista dalla Direttiva 2003/49/CE, che tutte le società o le loro stabili organizzazioni coinvolte nel pagamento di interessi o canoni transfrontalieri siano residenti o situate nel territorio della Comunità europea. Aldilà dei requisiti soggettivi suddetti, in ambito comunitario sono previste diverse esclusioni che non permettono, in alcuni casi, di usufruire del meccanismo dell’esenzione. In primo luogo, i singoli Stati membri possono disapplicare la Direttiva 2003/49/CE qualora questo sia necessario per impedire frodi o abusi. Gli Stati membri, infatti, possiedono la facoltà di revocare i benefici del meccanismo dell’esenzione, rifiutandosi di applicarlo nel caso di «transazioni aventi come obiettivo principale o come uno degli obiettivi principali l'evasione o l'elusione fiscalixxxviii» od altre forme di abusoxxxix. In secondo luogo la Direttiva 2003/49/CE prevede alcune specifiche situazioni in cui lo Stato d’origine, ossia lo Stato da cui proviene il pagamento di interessi o canoni, può decidere di disapplicare il meccanismo dell’esenzione, operando ad esempio una ritenuta alla fonte su tali flussi. Le specifiche situazioni, a ben vedere legate a casi di sostanziale abuso od utilizzo fraudolento dei benefici offerti dalla Direttiva 2003/49/CE, sono le seguenti: 1) pagamenti di interessi o canoni considerati però utili distribuiti o capitale rimborsato; 2) pagamenti relativi a crediti recanti una clausola di partecipazione agli utili del debitore; 3) pagamenti relativi a crediti che autorizzano il creditore a rinunciare al suo diritto agli interessi in cambio del diritto a partecipare agli utili del debitore; 4) pagamenti relativi a crediti che non contengono disposizioni per la restituzione del capitale o per i quali il rimborso debba essere effettuato trascorsi più di 50 anni dalla data di emissione. In tutte e quattro le ipotesi suddette, lo Stato d’origine non è obbligato ad applicare il meccanismo dell’esenzione in quanto il pagamento di interessi o royalties, che solitamente sono considerati oneri fiscalmente deducibili dal reddito del soggetto pagatore, è in realtà una distribuzione di dividendi da parte del soggetto pagatore al beneficiario effettivo. Non solo in tale modo viene elusa l’eventuale imponibilità, anche parziale, della distribuzione di dividendi, ma soprattutto vengono imputati costi per un’operazione (la distribuzione di dividendi) che non genererebbe alcuna componente economica negativa. Una siffatta operazione permetterebbe un arbitraggio fiscale, se si considera la circostanza, presente in alcuni sistemi fiscali nazionali, secondo cui i redditi derivanti da interessi o royalties attivi sono tassati con aliquote di favore. In tale ottica deve quindi essere letta l’esclusione di cui al punto 4), dove la non restituzione di un capitale o la sua restituzione successiva ad un periodo di 50 anni equipara, nella sostanza, uno strumento di indebitamento ad una partecipazione al capitale di rischio, la cui remunerazione non è un interesse bensì un dividendo. Altra previsione anti-abuso si ha allorquando, in virtù di «particolari rapporti tra il pagatore ed il beneficiario effettivo del pagamento degli interessi o dei canoni, ovvero tra uno di essi ed un terzo, l'importo degli interessi o dei canoni sia superiore all'importo che sarebbe stato convenuto dal pagatore e dal beneficiario effettivo in assenzaxl dei rapporti in questione». In tale ipotesi il meccanismo dell’esenzione può essere applicato anche solo all’importo che sarebbe stato convenuto dal pagatore e dal beneficiario effettivo in assenza di particolari rapporti, partecipativi o contrattuali. In sostanza lo Stato d’origine può applicare un’eventuale ritenuta, disapplicando il meccanismo dell’esenzione, a quella parte di interesse o canone che eccede l’importo ritenuto normale in condizioni di mercato tra parti indipendenti. Ulteriori facoltàxli dello Stato d’origine sono: la richiesta di un holding period di mantenimento del requisito di società consociata per un minimo di due anni e l’esibizione di un certificato che attesti la sussistenza dei requisitixlii richiesti per l’esenzione. Il recepimento italiano della Direttiva 2003/49/CE, all’art. 26-quater, comma 2, lett. e) del DPR 600/73, ha previsto un periodo minimo di un anno per il possesso del requisito di cui all’art.3, lett. b della Direttiva in questione. 4. I requisiti soggettivi secondo il Modello di Convenzione OECD. Pag 4 di 8 www.businessjus.com I requisiti soggettivi nel Modello di Convenzione differiscono in parte da quelli richiesti dalla normativa comunitaria per usufruire dell’esenzione totale, pur presentando notevoli analogie. La differenza più rilevante è rappresentata dall’assenza, nel Modello di Convenzione, del requisito di “consociazione”. Il Modello di Convenzione, per usufruire dei benefici da esso previsti, non richiede alcun rapporto di partecipazione reciproca, nemmeno indiretta, tra il soggetto pagatore ed il beneficiario effettivo. Tale circostanza fa sì che qualora due società residenti in Stati differenti non possano applicare, per qualsiasi motivo, la normativa comunitaria potranno invece, se esistente ed applicabile, utilizzare le previsioni statuite dalla specifica Convenzione. Il requisito della residenza in ambito convenzionale è ovviamente collegato, non all’Unione europea, bensì alla residenza in uno degli Stati firmatari della specifica Convenzione. Nel Modello convenzionale non è previsto un elenco tassativo degli enti societari che possono usufruire del meccanismo dell’esenzione, è invece effettuato un richiamo specifico al termine resident come disciplinato dall’art.4 del Modello stesso di Convenzione. Posto che la definizione di permanent establishment risulta sostanzialmente identica in ambito comunitario ed in ambito convenzionalexliii, gli artt. 11 o 12 del Modello di Convenzione non si applicano qualora il beneficiario effettivo di interessi o royalties transfrontalieri sia una stabile organizzazione situata nell’altro Stato contraente. In questo caso, se il diritto o la proprietà sono effettivamente riferiti alla stabile organizzazione si applica l’art. 7 «Business profits» del Modello stesso. Per il solo caso degli interessi, invece, qualora il soggetto debitore possieda una stabile organizzazione nell’altro Stato contraente (ed il debito sia effettivamente riferito alla stabile organizzazione) l’interesse sarà imponibile nello Stato in cui è situata la stabile organizzazione e non il debitore. Rilevante differenza sostanziale tra la normativa comunitaria e quella convenzionale è, invece, rappresentata dalla frequente circostanza secondo cui le singole Convenzioni prevedono l’imponibilità (anche se in maniera ridotta e valida per entrambi gli Stati contraenti) degli interessi o delle royalties anche nello Stato da cui provengono (Stato d’origine). Qualora si sia in presenza di particolari rapporti tra il soggetto pagatore ed il beneficiario effettivo o tra uno di essi ed un soggetto terzo, entrambe le normative in questione possiedono una previsione per cui gli effetti della Direttiva o della Convenzione si applicano unicamente all’importo c.d. normale del pagamento di interessi o canoni. Per importo normale si intende, in questa sede, quell’importo che si sarebbe ottenuto in assenza dei particolari rapporti in questione. Unicamente secondo il Modello di Convenzione, l’importo deve però essere giudicato in funzione del credito, dell’utilizzo, dell’informazione o del diritto secondo cui è pagato l’interesse od il canone. 5. I requisiti oggettivi secondo la normativa comunitaria e convenzionale. Le tipologie di pagamenti transfrontalieri interessati o meno dal Modello di Convenzione e dalla Direttiva 2003/49/CE vengono identificate attraverso la definizione dei termini interest e royalties. La definizione dei due termini rappresenta perciò l’oggetto a cui applicare o non applicare i benefici offerti dalle normative di riferimento. Confrontando la definizione del termine interesse fornita dall’art. 2, lett. a) della Direttiva 2003/49/CE con quella stabilita dall’art. 11 paragrafo 3 del Modello OECD di Convenzione contro le doppie imposizioni, si può facilmente constatare la loro sostanziale identicità. Unica differenza è rappresentata dall’esclusione, da parte della Direttiva 2003/49/CE, del reddito derivante dai titoli pubblici (government securities) che invece sono inclusi nel Modello di Convenzione. Con il termine «interessi» si intendono « i redditi da crediti di qualsiasi natura, garantiti o non da ipoteca e recanti o meno una clausola di partecipazione agli utili del debitore e, in particolare, i redditi derivanti da titoli e da obbligazioni di prestiti, compresi i premi collegati a detti titoli; le penali per tardivo pagamento non sono considerate interessi». Relativamente alla definizione dei canoni vi sono invece due differenze tra la definizione dell’art. 2, lett. b) della Direttiva 2003/49/CE e quella fornita dall’art. 12 paragrafo 2 del Modello OECD di Convenzione contro le doppie imposizioni di cui una, almeno a livello teorico, non è certamente trascurabile. Con il termine «canoni» si intendono « i compensi di qualsiasi natura percepiti per l'uso o la concessione in uso del diritto di autore su opere letterarie, artistiche o scientifiche, comprese le pellicole cinematografiche, e il software, di brevetti, marchi di fabbrica o di commercio, disegni o modelli, progetti, formule o processi segreti o per informazioni concernenti esperienze di carattere industriale, commerciale o scientifico; sono considerati canoni i compensi per l'uso o la concessione in uso di attrezzature industriali, commerciali o scientifiche.». La definizione convenzionale non comprende il riferimento al software, pur occupandosene in maniera specifica nel Commentario, e non comprende «i compensi per l'uso o la concessione in uso di attrezzature industriali, commerciali o scientifiche». Per quanto riguarda il software, il Commentario stesso chiarisce che può essere considerato canone il pagamento in riferimento al diritto di utilizzo del software senza che questo diritto costituisca proprietà. I pagamenti in www.businessjus.com Pag 5 di 8 funzione dell’utilizzo di software sono però molteplici nella realtà economica ma, dal Modello di Convenzione, vengono considerati canoni quei pagamenti che, sostanzialmente, sono dovuti per non infrangere il diritto d’autorexliv. Differenza invece più rilevante si ha riguardo ai «compensi per l'uso o la concessione in uso di attrezzature industriali, commerciali o scientifiche». Secondo il Modello di Convenzione, siffatti compensi non sono considerati canoni, in quanto non espressamente previsti, ma vengono ricompresi tra le tipologie di reddito previste dall’art.7 «Business profits» del Modello di Convenzione. A livello pratico però, l’Italia nella stragrande maggioranza delle Convenzioni, ha preferito includere nel concetto di canoni anche i compensi per l’uso o la concessione in uso di attrezzature industriali, commerciali o scientifiche come peraltro prevedeva il Modello di Convenzione fino al 1992. Le modifiche apportate, in data 22 luglio 2010, al Commentario del Modello di Convenzione hanno fornito un’ulteriore precisazione del concetto di royalties nel particolare settore delle imprese di telecomunicazione. Sono infatti stati esclusi dalla qualifica di royalties alcuni tipici redditi del settore in questione quali, ad esempio, i compensi per l’utilizzo di satelliti o cavi sottomarini ed i compensi derivanti dagli accordi di roaming internazionale. Le fattispecie in questione sono state considerate «Business profits» ai sensi dell’art. 7 del Modello di Convenzione. Per concludere, le definizioni dei termini interessi e canoni non creano rilevanti problematiche di comparazione tra la normativa comunitaria e quella derivante dalle specifiche Convenzioni contro le doppie imposizioni essendo, come detto, pressoché identiche. 6. Conclusioni L’attuale regime impositivo dei pagamenti di interessi e royalties transfrontalieri risulta alquanto complesso ed, in alcuni casi, poco logico e lineare. Questi fattori impongono maggiori costi di pianificazione e di adeguamento per le società che effettuano operazioni transforntaliere. Anche in ambito comunitario, l’armonizzazione del regime impositivo dei pagamenti transfrontalieri in oggetto necessiterebbe ancora di alcune precisazioni ed ampliamenti al fine di aumentare l’uniformità interpretativa e ridurre l’incertezza giuridica. Come evidenziato nella stessa Relazione della Commissione al Consiglio del 17/04/2009, in conformità all’art. 163 del Trattato CE l’obiettivo di «rafforzare le basi scientifiche e tecnologiche dell'industria della Comunità, di favorire lo sviluppo della sua competitività internazionale» potrebbe essere raggiunto anche attraverso l’ampliamento dell’ambito di applicazione dell’esenzione ai pagamenti tra parti non collegate. Allo stato attuale, sebbene in alcuni casi le Convenzioni contro le doppie imposizioni riducano parzialmente il fenomeno, i pagamenti transfrontalieri tra parti non consociate subiscono ancora le pesanti formalità amministrative, i problemi di liquidità, gli ostacoli nonché la doppia imposizione internazionale che la Direttiva 2003/49/CE si propose di risolvere. Una soluzione accettabile, volta da un lato ad armonizzare la normativa comunitaria con quella prevista dal Modello di Convenzione OECD e dall’altro volta a favorire lo sviluppo del mercato interno alla Comunità europea, potrebbe essere rappresentata dall’ampliamento dell’ambito di applicazione della Direttiva 2003/49/CE in conformità a quanto previsto dagli art. 11 e 12 del Modello di Convenzione. Una modifica in tal senso risulterebbe inoltre coerentexlv con le disposizioni della Direttiva sulle società madri e figlie. La Direttiva 90/435/CE, come modificata dalle Direttive 2003/123/CE e 2006/98/CE, contiene infatti una disposizione simile, relativamente alla soglia per le partecipazioni, che è stata progressivamente diminuita all'attuale 10% del capitale o dei diritti di voto a partire dall’anno 2009. La presenza di soglie di partecipazione differenti (peraltro non giustificata da motivi economici sostanziali) in base a cui è possibile o meno usufruire del regime di esenzione può portare a conseguenze assurde. Si pensi ad esempio alla convenienza, per due società con un rapporto partecipativo pari al 10% ma inferiore al 25%, che potrebbe avere la riqualificazione del pagamento di interessi e canoni transfrontalieri sottoforma di distribuzione di profitti. A parere dello scrivente è tuttavia difficile che, in un contesto internazionale come quello attuale volto a tutelare fortemente il gettito dei singoli Stati membri, si possa giungere in tempi brevi ad un ampliamento delle società in grado di usufruire del regime di esenzione dei pagamenti transfrontalieri di interessi e royalties. L’ampliamento comporterebbe una riduzione del gettito degli Stati in cui vi sono numerose società o stabili organizzazioni che usufruiscono di capitali, tecnologie e know-how provenienti da Stati esteri, con conseguenti problemi finanziari sul proprio bilancio interno. Ad ogni modo, l’impatto finanziario sarebbe comunque mediato dal fatto che la maggior parte degli Stati membri prevede già una rinuncia, parziale o totale, all’applicazione di una tassazione alla fonte in virtù delle convenzioni in materia di doppia imposizione firmate con altri Stati membri. Non da ultimo però va considerato che per alcuni Stati membrixlvi, almeno fino al 31 dicembre 2012, saranno ancora in vigore norme transitorie che permettono di applicare, anche se in misura ridotta, ritenute alla fonte sui pagamenti in questione. Pag 6 di 8 www.businessjus.com Unless otherwise noted, this article and its contents are licensed under a Creative Commons Attribution 2.5. Generic License. http://creativecommons.org/licenses/by/2.5/ Se non altrimenti indicato, il contenuto di questo articolo è rilasciato secondo i termini della licenza Creative Commons Attribution 2.5. Generic License. [i] Si noti che il termine canone, nel presente contesto, corrisponde esattamente alla traduzione del termine inglese royalty, pertanto i termini vengono utilizzati in maniera alternativa dall’autore. [ii] Direttive del Consiglio 2003/49/CE, 2004/66/CE e 2004/76/CE. [iii] Agli articoli 11 e 12 del Modello in questione. [iv] P. GARBARINO, Manuale di tassazione internazionale, Milano, 2008. [v] A. DRAGONETTI,V. PIACENTINI, A. SFONDRINI, Manuale di fiscalità internazionale, Milano, 2010, Cap. 3. [vi] Secondo tale principio i redditi di un soggetto residente in uno Stato sono tassati in detto Stato ovunque essi siano prodotti. [vii] AA. VV.a cura di C. SACCHETTO e L. ALEMANNO, Materiali di diritto tributario internazionale, Milano, 2002. [viii] B. J.M. TERRA, P. J. WATTEL, ,European Tax Law, Kluwer Law International, 2005. [ix] S. GRILLI, La Direttiva sugli interessi e sulle royalties infra-gruppo, Diritto e pratica tributaria internazionale (2005), 129-190. [x] M. GREGGI, La Direttiva 2003/49/CE e il regime di tassazione degli interessi e delle royalties, Rassegna tributaria 2 (2004). [xi] E. VIAL, Fiscalità internazionale in pratica, Milano, 2009, 116, 134 [xii] Cosiddetta white-list alla data di redazione non ancora emanata. [xiii] Nel caso in cui i canoni siano relativi a redditi di lavoro autonomo beneficeranno della deduzione prevista dall’art. 54 co. 8 DPR 600/73. [xiv] P. BONARELL,I Approvate le norme che recepiscono la Direttiva 2003/49/CE, Fiscalità internazionale, 2005,229 [xv] Dalle Direttive 2004/66/CE e 2004/76/CE. [xvi] M. GUSMEROLI, Triangular Cases and the interest & royalty Directive:untying the Gordian knot?, Diritto e Pratica Tributaria Internazionale,2004, 469-562 [xvii] DEOTTO & ASSOCIATI, Regime di esenzione per interessi e canoni corrisposti a consociate residenti in altri Stati membri, Pratica fiscale e professionale, 2005, n. 46,13-16 [xviii] «However, such interest may also be taxed in the Contracting State in which it arises and according to the laws of that State, but if the beneficial owner of the interest is a resident of the other Contracting State, the tax so charged shall not exceed 10 per cent of the gross amount of the interest. The competent authorities of the Contracting States shall by mutual agreement settle the mode of application of this limitation. » [xix] Si veda l’art.1 punto 7 della Direttiva 2003/49/CE [xx] Si segnala che, ai sensi della Direttiva 2003/49/CE, «una stabile organizzazione è considerata pagatore di interessi o canoni soltanto nella misura in cui i pagamenti in questione rappresentano per la stabile organizzazione spese fiscalmente deducibili nello Stato membro in cui essa è situata.» [xxi] Per quanto riguarda la nozione di «beneficiario effettivo», ai sensi della Direttiva 2003/49/CE, occorre distinguere tra società e stabile organizzazione. Infatti: «una società di uno Stato membro è considerata beneficiario effettivo di interessi o canoni soltanto se riceve tali pagamenti in qualità di beneficiaria finale e non di intermediaria, quale agente, delegato o fiduciario di un'altra persona.». Per considerare invece una stabile organizzazione «beneficiario effettivo» di interessi o canoni è necessario che: «il credito, il diritto, l'utilizzo o l'informazione che generano i pagamenti degli interessi o dei canoni si ricolleghino effettivamente a tale stabile organizzazione» e tali pagamenti di interessi o di canoni rappresentino redditi per i quali la stabile organizzazione è 32 33 assoggettata (nello Stato membro in cui è situata) ad una delle imposte elencate alle note e del presente elaborato (o, nel caso del Belgio e della Spagna, all'«impôt des non-résidents/belasting der niet-verblijfhouders » oppure all'«Impuesto sobre la Renta de no Residentes» od ancora ad un'imposta identica o sostanzialmente simile applicata in aggiunta o in sostituzione alle suddette imposte). [xxii] Per semplicità espositiva si omette di precisare che oltre alla società viene fatto riferimento anche alle stabili organizzazioni. [xxiii] Non sono pertanto considerate valide le partecipazioni c.d. indirette che non tengano conto dell’effetto demoltiplicatore legato alle partecipazioni c.d. “a catena”. [xxiv] Alternativamente di diritti di voto qualora sia stato previsto ai sensi del punto b) dell’art. 3 della Direttiva 2003/49/CE. [xxv] Si veda in merito la nota [xxvi] 22 Si veda art.1 punto 7 della Direttiva 2003/49/CE. [xxvii] Che saranno soggetti a ritenuta qualora la specifica Convenzione contro le doppie imposizioni non preveda diversamente. [xxviii] Si veda l’art.3 della Direttiva 2003/49/CE. . [xxix] Si riporta l’elenco delle società di cui all’Allegato della Direttiva 2003/49/CE: a) Le società di diritto belga denominate «société anonyme/naamloze vennootschap», «société en commandite par actions/commanditaire vennootschap op aandelen», «société privée à responsabilité limitée/besloten vennootschap met beperkte aansprakelijkheid», nonché gli enti di diritto pubblico che operano in regime di diritto privato; b) le società di diritto danese denominate «aktieselskab» e «anpartsselskab»; c) le società di diritto tedesco denominate «Aktiengesellschaft», «Kommanditgesellschaft auf Aktien», «Gesellschaft mit beschränkter Haftung» e «bergrechtliche Gewerkschaft»; d) le società di diritto greco denominate «ανώνυµη εταιρία»; e) le società di diritto spagnolo denominate «sociedad anónima», «sociedad comanditaria por acciones», «sociedad de responsabilidad limitada», nonché gli enti di diritto pubblico che operano in regime di diritto privato; f) le società di diritto francese denominate «société anonyme», «société en commandite par actions», «société à responsabilité limitée», nonché gli stabilimenti ed imprese pubblici a carattere industriale e commerciale; g) le società di diritto irlandese denominate «public companies limited by shares or by guarantee», «private companies limited by shares or by guarantee», gli enti registrati sotto il regime degli «Industrial and Provident Societies Acts» o le «building societies» registrate sotto il regime dei «Building Societies Acts»; h) le società di diritto italiano denominate «società per azioni», «società in accomandita per azioni», «società a responsabilità limitata», nonché gli enti pubblici e privati che esercitano attività industriali e commerciali; i) le società di diritto lussemburghese denominate «société anonyme», «société en commandite par actions» e «société à responsabilité limitée»; www.businessjus.com Pag 7 di 8 j) le società di diritto olandese denominate «naamloze vennootschap» e «besloten vennootschap met beperkte aansprakelijkheid»; k) le società di diritto austriaco denominate: «Aktiengesellschaft» e «Gesellschaft mit beschränkter Haftung»; l) le società commerciali o società civili di forma commerciale, le cooperative e le imprese pubbliche costituite conformemente al diritto portoghese; m) le società di diritto finlandese denominate: «osakeyhtiö/aktiebolag», «osuuskunta/andelslag», «säästöpankki/sparbank» e «vakuutusyhtiö/försäkringsbolag»; n) le società di diritto svedese denominate: «aktieboag» e «försäkringsaktiebolag»; o) le società costituite conformemente al diritto del Regno Unito. [xxx] L’elenco di cui alla nota precedente è stato integrato con le seguenti tipologie societarie: «p) le società di diritto ceco denominate “akciová společnost”, “společnost s ručením omezeným”, “veřejná obchodní společnost”, “komanditní společnost”, “družstvo”; q) le società di diritto estone denominate “täisühing”, “usaldusühing”, “osaühing”, “aktsiaselts”, “tulundusühistu”; r) le società di diritto cipriota denominate società conformemente alla normativa societaria, gli enti di diritto pubblico nonché ogni altro ente considerato una società conformemente alla normativa in materia di imposta sul reddito; s) le società di diritto lettone denominate “akciju sabiedrība”, “sabiedrība ar ierobežotu atbildību”; t) le società costituite conformemente al diritto della Lituania; u) le società di diritto ungherese denominate “közkereseti társaság”, “betéti társaság”, “közös vállalat”, “korlátolt felelősségű társaság”, “részvénytársaság”, “egyesülés”, “közhasznú társaság”, “szövetkezet”; v) le società di diritto maltese denominate “Kumpaniji ta' Responsabilita' Limitata”, “Soċjetajiet in akkomandita li lkapital tagħhom maqsum f'azzjonijiet”; w) le società di diritto polacco denominate “spółka akcyjna”, “spółka z ograniczoną odpowiedzialnością”; x) le società di diritto sloveno denominate “delniška družba”, “komanditna delniška družba”, “komanditna družba”, “družba z omejeno odgovornostjo”, “družba z neomejeno odgovornostjo”; y) le società di diritto Slovacco denominate: “akciová spoločnos”, “spoločnosť s ručením obmedzeným”, “komanditná spoločnos”, “verejná obchodná spoločnos”, “družstvo”.». [xxxi] Si prenda ad esempio la sostituzione nel sistema tributario italiano dell’imposta sulle persone giuridiche con l’analoga imposta sul reddito delle società. [xxxii] Ossia una delle imposte sul reddito delle forme societarie previste dai singoli Stati membri: - impôt des sociétés/vennootschapsbelasting in Belgio, - selskabsskat in Danimarca, - Körperschaftsteuer in Germania, - Φόρος εισοδήµατος νοµικών προσώπων in Grecia, - impuesto sobre sociedades in Spagna, - impôt sur les sociétés in Francia, - corporation tax in Irlanda, - imposta sul reddito delle persone giuridiche in Italia, - impôt sur le revenu des collectivités in Lussemburgo, - vennootschapsbelasting nei Paesi Bassi, - Körperschaftsteuer in Austria, - imposto sobre o rendimento da pessoas colectivas in Portogallo, - yhteisöjen tulovero/inkomstskatten för samfund in Finlandia, - statlig inkomstskatt in Svezia, - corporation tax nel Regno Unito. [xxxiii] Le tipologie di imposte di cui alla nota precedente sono state integrate, in conseguenza dell'adesione all’Unione europea della Repubblica ceca, dell'Estonia, di Cipro, della Lettonia, della Lituania, dell'Ungheria, di Malta, della Polonia, della Slovenia e della Slovacchia, con le seguenti: - Daň z příjmů právnických osob nella Repubblica ceca, - Tulumaks in Estonia, - φόρος εισοδήματος a Cipro, - Uzņēmumu ienākuma nodoklis in Lettonia, - Pelno mokestis in Lituania, - Társasági adó in Ungheria, - Taxxa fuq l-income a Malta, - Podatek dochodowy od osób prawnych in Polonia, - Davek od dobička pravnih oseb in Slovenia, - Daň z príjmov právnických osôb in Slovacchia». [xxxiv] Art. 3, lett. c) della Direttiva 2003/49/CE. [xxxv] Art. 1, punto 6. della Direttiva 2003/49/CE. [xxxvi] Nel caso della stabile organizzazione. [xxxvii] Ossia uno Stato non facente parte dell’Unione europea. [xxxviii] Art. 5,punto 2. della Direttiva 2003/49/CE. [xxxix] si vedano in merito la Sentenza della Corte di Giustizia Europea del 17 luglio 1997 nella causa C-28/95 Leur-Bloem e la Sentenza della Corte di Giustizia Europea del 13 marzo 2007 nella causa C-524/04 Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation. [xl] Art. 4,punto 2. della Direttiva 2003/49/CE. [xli] Si veda in merito la Sentenza della Corte di Giustizia Europea del 17 ottobre 1996 nelle cause riunite C-283/84, C-291/94 e C-292/94 Denkavit International BV. [xlii] Ossia i requisiti richiesti dagli artt. 1 e 3 della Direttiva 2003/49/CE. [xliii] Si veda l’art.5 dell’OECD Model Tax Convention. [xliv] E. VIAL, Fiscalità internazionale in pratica, Milano, 2010. [xlv] S. VAN THIEL, EU Case Law on Income Tax, International Bureau of Fiscal documentation, 2001. [xlvi] In virtù dell’art. 6 della Direttiva 2003/49/CE e dell’art.1 della Direttiva 2004/76/CE. Pag 8 di 8 www.businessjus.com