IL CANCRO AL SENO:
ASPETTI
PSICOLOGICI
Dott.ssa Maria Anna Capozzo
Corso di Linfodrenaggio ADOS
Trieste, 28 Maggio 2009
PARTE PRIMA
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L’IMPATTO DEL CANCRO
IL MODELLO BIOPSICOSOCIALE
LA PSICONCOLOGIA
IL SIGNIFICATO DELLA MALATTIA
REAZIONI PSICOSOCIALI
GLI STILI DI COPING
IL SUPPORTO SOCIALE
L’IMPATTO DEL CANCRO I
• Nell’immaginario collettivo ed individuale, la patologia cancerosa
si associa a vissuti di stigma sociale, di sofferenza fisica e
psichica, di morte ineluttabile, talvolta accompagnata a
sentimenti di colpa e di vergogna (Morasso G, 2002).
• Il processo di malattia si pone dunque come un evento che
interrompe in modo brusco il percorso di vita di una persona e
ne frammenta le dimensioni di identità individuale e sociale su
cui si basa l’esistenza umana, paralizzando le capacità di
regolazione e di riassestamento ed evocando sentimenti di
indeterminatezza (Grassi L. et al., 2003).
L’IMPATTO DEL CANCRO II
• La malattia si impone, quindi, come momento di “crisi”, di
cambiamento, tanto che il 70% dei pazienti pare affronti, entro i
primi tre mesi dalla diagnosi, una vera e propria crisi esistenziale
(Costantini, Grassi, Biondi, 1998).
• Negli ultimi anni, molti studiosi si sono interessati agli aspetti
psicologici del cancro, volgendo l’attenzione all’impatto psichico
della malattia, a quali possibili risorse interiori d’adattamento
faccia ricorso l’individuo per fronteggiare un evento simile, a
quali aspetti psico-sociali possano interagire nel supportare il
malato, a quanto, in ultima analisi, il versante mentale possa
influire su quello fisico.
LA PSICONCOLOGIA I
La Psiconcologia considera l’integrazione disciplinare un
requisito indispensabile per la realizzazione di un sistema di cura
che accolga la globalità dei bisogni del malato.
“Promuove e realizza, nel rispetto dell’autonomia culturale e
professionale di ciascuna disciplina coinvolta, un approccio di
tipo psicosociale al paziente”: è la presa in carico del soggetto,
piuttosto che della sua malattia a costituire il motore di ricerca di
una nuova modalità di assistenza che integri l’aspetto emozionale
con gli aspetti biomedici della cura.
LA PSICONCOLOGIA II
• La Psiconcologia considera l’ammalarsi di cancro non come un
evento statico ma come un percorso posto all’interno di un
continuum che va dalla comparsa dei primi sintomi di sospetto
alla guarigione o alla fase di terminalità (Grassi L., Biondi M.,
Costantini A., 2003).
• Ogni fase di malattia rappresenta un momento di crisi e di rottura
dell’equilibrio precedente ed è connotata da peculiari modalità di
adattamento o coping, strategie che un soggetto sviluppa per
gestire il disagio psicologico generato dalla situazione
traumatizzante della malattia o diminuire l’impatto di un evento
che costituisce una minaccia per il suo benessere fisico e psichico
nonché per la vita (Morasso G., Di Leo S.,2002).
fattori
psicologici
farmacoterapia
fattori
biologici
psicoterapia
modello
biopsicosocia
le
terapie fisiche
fattori
cognitivi
interventi
psicosociali
fattori
ambientali
IL SIGNIFICATO DELLA MALATTIA
La malattia, indipendentemente dall’oggettivazione che ne fa il medico, è per
il malato un’esperienza soggettiva, a cui si conferiscono particolari attributi
in funzione del tipo di personalità, dalle esperienze vissute, dalla fase della vita
e dall’immaginario (es. malattia come evento voluto dal fato, come espiazione,
come malattia endogena).
Nel caso specifico del cancro alla mammella, quando l’intervento chirurgico si
risolve con uno sfiguramento o una mutilazione di un organo come il seno,
carico di significati simbolici per la donna, si può arrivare alla percezione
soggettiva di gravi perdite sul piano relazionale, affettivo nonché di incertezza
sulla propria identità. Per qualche paziente ciò è più negativo della prognosi
stessa, ed è vissuto come un lutto.
La malattia comunque innesca vissuti di perdita e di dipendenza.
REAZIONI PSICOSOCIALI ALLA
MALATTIA
Le reazioni psicosociali alla malattia includono:
• Rifiuto del ruolo di malato: A questo modo di reagire si ricollega la
preoccupazione di mantenere integra la propria immagine di persona sana,
efficiente, autonoma. Le difese usate sono generalmente di negazione.
• Evitamento/accettazione del ruolo di malato: Si evita l’assunzione del
ruolo di malato per poi legarvisi. Questa modalità è unita alla regressione ed è
rinforzata dal fatto che la malattia fa sentire esenti da obblighi e
responsabilità, magari prima sentite gravose.
• Accettazione realistica del ruolo di malato
(Pinkus L., 1985)
GLI STILI DI COPING I
• Watson e Greer definiscono il coping come la risposta cognitivocomportamentale del paziente al cancro (Watson M., Greer S., 1998). Esso
è un processo che può essere distinto in due fasi sequenziali: la prima
valutativa, la seconda esecutiva. La prima fase è più squisitamente centrata sui
processi di attribuzione di significato alla situazione che si sta affrontando,
la seconda è invece più selettivamente centrata su comportamenti operativi
adottati e manifestati dal soggetto (Grassi L., et al, 2003).
• Dato che la patologia neoplastica può assumere accezioni diverse a seconda
della storia, delle esperienze passate e della personalità di ogni singolo
individuo, esistono molti differenti stili di adattamento (Grassi L. et al, 2003).
• L’abilità di reazione dipende da molti fattori – medici, psicologici, spirituali,
sociali- che possono favorire un adattamento funzionale o uno stile di coping
disadattativo (Grassi L. et al, 2003).
GLI STILI DI COPING II
• Il riuscire a fronteggiare un evento di minaccia per la vita come il cancro
dipende, in primo luogo, dalla capacità di adattamento psicologico alla
malattia.
• Gli stili di coping sono determinanti nell’identificare i pazienti ad “alto rischio”
di sofferenza emozionale. Quest’ultimi presentano delle modalità di
adattamento alla malattia del tutto inadeguate come la rassegnazione, i
sentimenti di impotenza o la repressione. I pazienti a “basso rischio”, invece,
presentano stili di coping che predispongono ad un maggior confronto con il
problema, ridefinendo le problematiche e lottando apertamente con la
malattia (Worden et al, 1984).
• Burgess, riporta che uno stile di coping positivo e di confronto si assocerebbe
ad una minor morbidità psichiatrica mentre una risposta alla diagnosi di
disperazione ed impotenza comporterebbe elevati livelli di ansia e depressione
(Burgess et al, 1988).
GLI STILI DI COPING III
• Greer individua cinque stili di adattamento (o stili di coping): (Greer et al,
1987):
• Lo spirito combattivo viene considerato come una risposta di sfida alla
diagnosi, con una posizione di lotta attiva per la vita;
• La preoccupazione ansiosa comporta uno stato di tensione continuo,
accompagnato da un senso di preoccupazione costante per l’andamento della
malattia anche nelle situazioni in cui questa risulta in fase di remissione;
• L’evitamento porta ad un allontanamento dei pensieri legati alla malattia;
• La disperazione impotenza conduce ad un senso di profonda sofferenza nei
confronti di una malattia vissuta come imbattibile. È una situazione in cui i
pazienti si sentono senza speranza, privi di risorse e di possibilità di aiuto;
• Il fatalismo, infine, rappresenta una sorta di accettazione “stoica” della
malattia, vissuta come evento ineluttabile del proprio percorso di vita.
GLI STILI DI COPING IV
Gli stili di coping hanno tre principali funzioni “protettive”:
• gestire il problema che causa disagio agendo direttamente
sull’evento stressante,
• alterare il significato della situazione problematica in modo da
limitarne le caratteristiche minacciose
• gestire il distress emotivo
(Alberisio, Viterboni, 2002).
IL SUPPORTO SOCIALE
• Molte ricerche hanno sottolineato come l’impatto di eventi
particolarmente stressanti o traumatici possa essere modulato
dalla presenza di relazioni interpersonali significative e
supportive (Cobb, 1976; Caplan, 1981)
• In ambito oncologico, il supporto sociale viene considerato, da
tempo, uno dei fattori di protezione più importanti per la salute e
per il benessere psichico del paziente oncologico (Biondi,
Costantini, Grassi, 1995).
• Kornblith et al, in uno studio condotto su 179 donne con
tumore alla mammella di stadio II, evidenzia come un elevato
supporto sociale si associ ad un minor livello di distress
psicologico (Kornblith et al, 2001)
PARTE II
QUADRI CLINICI DI SOFFERENZA
MENTALE NELLE DONNE CON
CANCRO AL SENO:
• Distress
• Disturbi d’ansia
• Disturbi depressivi
DISTRESS
• Il distress, è un termine coniato da un panel di specialisti, per definire
un’esperienza spiacevole di natura emotiva, psicologica, sociale o
spirituale capace di interferire negativamente con la capacità di
affrontare in modo adeguato il percorso di malattia.
• In quest’ottica, il distress si estende lungo un continuum che va da normali
sentimenti di vulnerabilità, tristezza e paura, a problemi che possono
diventare disabilitanti, come depressione, ansia, panico, isolamento sociale,
crisi esistenziale e spirituale. (National Comprehensive Cancer Network, 2003).
• Dabrowski et al, analizzando, 286 donne con tumore al seno, rileva un elevato
livello di distress nel 34% dei soggetti (Dabrowski et al, 2007).
DISTURBI D’ ANSIA
I sintomi:
• Persistente senso di ansietà, tensione, labilità emotiva ed
apprensione
• Sentimenti di minaccia, paura della morte, della sofferenza fisica,
della fragilità
• Sensazione di perdita di autocontrollo
• Dolori al petto, fame d’aria, disturbi gastrointestinali,
sudorazione, intorpidimento, tremori, astenia
• Insonnia,incubi notturni, irrequietezza.
• Spiacevoli pensieri di morte, perdita di speranza, senso di
impotenza
• L’ansia può essere acuta o cronica; nella forma cronica i sintomi
ansiosi possono comparire sotto forma di attacchi di panico.
DISTURBI DEPRESSIVI
I sintomi:
• Umore depresso per gran parte del giorno con vissuti soggettivi
di tristezza, pessimismo, scoramento e disperazione
• Anedonia
• Trascuratezza nella cura di sé
• Significativa perdita/aumento di peso
• Riduzione della mimica
• Irritabilità, ansia
• Astenia e faticabilità
• Insonnia o ipersonnia
• Sentimenti di autosvalutazione e di colpa
• Rallentamento idetico e psicomotorio
PARTE III
L’ITER DIAGNOSTICO E LA REAZIONE
PSICOLOGICA:
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Diagnosi
Trattamenti
Recidiva
Fase di terminalità
La diagnosi
• La fase di shock, immediatamente successiva alla diagnosi, ha
solitamente connotati “catastrofici”.
• La malattia viene vissuta come una frattura nel senso di
continuità dell’esperienza di Sé.
• La persona, incredula, indifesa, angosciata spesso reagisce
mettendo in atto meccanismi di difesa transitori, come la
negazione, che la aiutano a posticipare un confronto immediato e
diretto con tutto ciò che la diagnosi di cancro comporta.
Trattamenti
• Nel momento in cui la persona deve affrontare la nuova realtà rappresentata
da interventi chirurgici, trattamenti chemioterapici o radianti si passa dalla fase
di shock iniziale alla fase di reazione.
• L’impatto psicologico dei trattamenti può tradursi in angoscia, disperazione,
rabbia, paura, amarezza, ma sono solo alcune componenti dell’esplosiva
ondata di emozioni che investe la persona.
• Anche in questa fase, alcuni meccanismi di difesa, come la proiezione o la
razionalizzazione, possono aiutare il paziente nel fronteggiare la nuova
condizione di malato oncologico.
• La fase di elaborazione inizia, tendenzialmente, dopo il “periodo attivo” dei
trattamenti. Le persone cercano di dare un senso all’accaduto e di accettare
l’esperienza di malattia.
• Il “dover convivere con la malattia” e con i cambiamenti che ha comportato
assume un valore basilare nella fase del riorientamento in cui si tenta di dare
un nuovo significato alla malattia ed alla propria esistenza.
Recidiva
In questa fase si ripropone in modo più accentuato il medesimo
processo reattivo della crisi conseguente alla diagnosi.
Secondo Culberg, tale processo si evolve in 4 fasi:
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Fase di shock (meccanismi di difesa)
Fase di reazione (la realtà si impone: angoscia, rabbia, paura)
Fase di elaborazione (si cerca un senso e un perché)
Fase di orientamento (successiva ad ogni visita di controllo)
Fase di terminalità
• La fase avanzata di malattia ripropone in maniera enormemente amplificata le
problematiche, le angosce e le difficoltà che il paziente ha già incontrato al
momento della diagnosi e dei trattamenti con la variante che la speranza di
guarigione perde consistenza (Grassi L. et al., 2003).
• Numerose sono le paure che il profilarsi della morte determina: paure legate
alla sfera somatica connesse ai sintomi della malattia e ai sintomi secondari
alle terapie; paure legate alla sfera psicologica-spirituale; paure legate alla sfera
relazionale quali i timori di abbandono, di essere di peso, di non avere più
alcun valore (Garfield C.A., 1987).
• Di conseguenza scaturiscono bisogni molteplici che vanno dalla gestione del
dolore e dei sintomi fisici, alla necessità di sicurezza, di mantenere la
comunicazione, di sentirsi apprezzati e di dare un senso all’esistenza (Grassi L.
et al., 2003).
PARTE IV
LA RELAZIONE D’ AIUTO: PREMESSE
• I bisogni dell’essere umano
• I meccanismi di difesa della persona ammalata di
cancro
• I meccanismi di difesa dell’operatore
COS’E’ LA RELAZIONE D’ AIUTO?
Una relazione in cui almeno uno dei protagonisti ha lo scopo di
promuovere nell’altro la crescita, lo sviluppo,
la maturità e il raggiungimento di un modo di agire più adeguato
ed integrato
(Rogers, 1970)
La piramide dei bisogni
(Maslow, 1954)
ricerca del significato (trascendenza)
realizzazione del sè
stima e autostima
bisogni sociali - affettività
sicurezza
bisogni primari (fisiologici)
I MECCANISMI DI DIFESA DEL
MALATO
Regressione: Lo stato di dipendenza reale dagli altri e la conseguente perdita
dell’autonomia personale inducono richieste di tipo affettivo e comportamenti che
sarebbero normali in età cronologiche precedenti, soprattutto infantili e adolescenziali
(es. accentuare sproporzionatamente i propri disturbi, asserita incapacità di compiere
azioni che si è in grado di eseguire, richiesta frequente di rassicurazioni)
Formazione reattiva: Il malato vive un senso di “persecuzione” da parte di forze esterne
(destino, operatori sanitari, familiari) per cui tende a difendersi con un comportamento
che è nella sua fenomenologia, aggressivo. Esempi: bisogno di imprecare, notificare
con arroganza le mancanze di premura o di attenzione, ricerca spasmodica di
consulenti sempre più qualificati e capaci, secondo il malato, di rendergli giustizia, del
danno che ritiene di subire.
Negazione: può essere parziale o totale.
(Pinkus L., 1985)
I MECCANISMI DI DIFESA DEGLI
OPERATORI
• Atteggiamento ossessivo e ossessivo compulsivo, che
comporta una dedizione esasperata al malato fino al sacrificio
personale
• Spinta esasperata all’aggiornamento personale per essere
certi che nessuno possa attaccarci o farci sentire in colpa per
qualcosa
• Esasperazione dell’atteggiamento scientifico (occuparsi del
corpo e non della persona che soffre)
• Il distacco. Esprime la piena consapevolezza di una discrepanza
tra ciò che si dovrebbe fare e ciò che si fa, spostando su altri la
colpa apparente
(Triolo L., Medicina per operatori sanitari, 1996)
PARTE V
L’APPROCCIO NELLA RELAZIONE
D’ AIUTO
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Il buon esempio di Cecily Saunders
La relazione
Ruoli e relazione
I parametri della relazione: ascolto, rispetto, empatia,
accettazione
“E’ il modo di dare assistenza che
permette di raggiungere i luoghi più
reconditi”
(Madame C. Sauders,1996)
Alcune riflessioni sulla RELAZIONE
• Sembra un fatto ovvio e conosciuto da tutti, ma che cos’è la
relazione?
• È proprio da tutti vissuta e praticata in modo valido e
• fruttuoso?
• La relazione è un atto consensuale di avvicinamento, una realtà
che avviene attraverso la comunicazione, che rende possibile
l’evocazione delle cose, degli eventi.
• È una attività che trasferisce beni propri e altrui ad un
interlocutore cooperante.
• È un fatto reale e secondo Balint produce un’evoluzione
personale reciproca.
RUOLI E RELAZIONE
• La Relazione operatore-paziente serve e riconoscere lo specifico
stato di disagio e di sofferenza e facilita il riconoscimento e il
reciproco conferimento di identità.
• Nella relazione, in qualsiasi ambiente e situazione sociale non
comunichiamo come individui generici, privi di determinazioni,
ma come individui che rivestono dei ruoli specifici
RIFLETTIAMO SU ALCUNI
PARAMETRI DELLA RELAZIONE
• COS’E’ L’ASCOLTO?
• COS’E’ IL RISPETTO?
• COS’E’ L’EMPATIA?
• COS’E’ L’ACCETTAZIONE?
L’ASCOLTO
L’ascolto: il beneficio terapeutico più efficace e più gradito che
si possa fare ad un ammalato è la disponibilità all’ascolto.
Attraverso la parola è possibile esprimere se stessi, aspetti della
propria personalità e della propria interiorità, pensieri, affetti e
talvolta favorisce la consapevolezza.
Il malato può avere l’esigenza di parlare di ciò che gli sta per
accadendo e l’ascolto ed eventualmente risposte date con
sobrietà e verità sulla sua situazione, possono aiutarlo ad avere
meno paura.
ASCOLTARE IL SILENZIO
Il silenzio è l’intermezzo fra il detto e il non detto, che spesso è
significativo quanto il primo.
Restare accanto, silenziosi e partecipi, crea una situazione
rassicurante, un clima empatico e di fiducia
Il silenzio può essere espressione di un rifiuto contingente, una
diffidenza, una negazione, un’aggressività.
Rappresenta in ogni caso un movimento di un’attività interiore messa in
azione dalla Relazione operatore-paziente.
IL RISPETTO
E’ la prima condizione per l’instaurazione di una relazione
umana.
Rispettare la persona significa riconoscere la sua dignità, la
sua intenzionalità, l’unicità della sua integrazione nel
mondo, delle sue scelte di valori e del suo progetto di vita.
Il rispetto si basa su tutto questo e si configura come un universo
di atteggiamenti interiori e pratici qualificati dal riconoscimento
dell’altro come altro e come il soggetto che ha il diritto di
realizzare il suo bene nella libera espressione del proprio essere.
L’EMPATIA
L’empatia si identifica con la comprensione e la capacità di
immergersi nel mondo interiore dell’altro e partecipare alle
esperienze che egli ci comunica mettendoci al suo posto e
vedendo le cose come le vede lui, senza emettere giudizi.
L’ACCETTAZIONE
Si configura nel riconoscere al malato la libertà di essere se stesso
in un dialogo libero e liberante, non valutativo, non indagatore,
non direttivo, ma comprensivo, senza obbligo di costrutto né
logico né ideologico.
L’accettazione della presenza e dell’ascolto tolgono dalla
solitudine, ma chiedono sia l’accettazione dell’altro, sia il saper
somministrarsi all’altro.
PARTE VI
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La comunicazione: premesse
La comunicazione: funzioni
Pragmatica della comunicazione
La comunicazione non verbale
COMUNICAZIONE: PREMESSE I
• Secondo la psicologia, la comunicazione è il processo attraverso
cui il comportamento di un organismo costituisce uno stimolo
per un altro organismo.
• Secondo il modello teorico di Shannon e Weaver si assume
l'esistenza di un'origine e di una destinazione del messaggio;
questo viene codificato in uscita dall'origine e inviato in un
canale, posto tra origine e destinazione, e quindi viene
decodificato all'entrata della destinazione.
• Secondo la teoria dell'informazione, un messaggio contiene tanta
più informazione quanto più è composto da notizie inattese dal
ricevente. Viceversa, quanto più un messaggio contiene notizie
probabili e attese, tanto minore è la sua quantità d'informazione.
COMUNICAZIONE: PREMESSE II
• Dal punto di vista Psicologico la cosa più importante è il
significato che un messaggio riveste sia per chi lo manda sia per
chi lo riceve.
Negli esseri umani ciò che conta non è la probabilità di una
notizia, ma la valutazione soggettiva di quanto quella notizia sia
interessante.
• Dalla teoria dell'informazione discendono le applicazioni
cibernetiche, cui si ispira il più popolare modello della
comunicazione umana, quello proposto da Watzlawick, Helmick,
Beavin e Jackson (Pragmatica della comunicazione umana, 1967),
a sua volta ripreso in innumerevoli applicazioni cliniche.
COMUNICAZIONE: FUNZIONI
• Le funzioni della comunicazione consistono:
- nel far emergere un’esplicita accettazione del compito;
- nel far emergere le cose dall’altro;
- nell’attivare la produzione di materiale ideo-affettivo;
- nel crescere attraverso la frustrazione, la perplessità;
- nell’utilizzare il sapere esperienziale più che il sapere
dottrinale;
- nel prendere coscienza della complessità: non banalizzare
alcun messaggio;
- decodificare i messaggi;
- accettare i nuovi messaggi;
PRAGMATICA DELLA
COMUNICAZIONE
Gli assiomi della comunicazione:
• Non si può non comunicare
• Ogni comunicazione ha due livelli contemporanei, uno di
contenuto ed uno di relazione (metacomunicazione). La
metacomunicazione può essere verbale o non verbale e può
essere coerente o contraddittoria con il contenuto
• La natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle
sequenze di comunicazione tra i comunicanti (chi ha iniziato?
Chi ha reagito alla risposta?)
• La comunicazione è sia analogica (non verbale) che numerica
(verbale)
• Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici (uguaglianza)
o complementari (differenza)
(Watzawick et al., 1967)
LA COMUNICAZIONE NON
VERBALE
E’ un linguaggio interculturale a differenza del linguaggio verbale
che è culturalmente reciproco.
I segnali non verbali esprimono e comunicano emozioni molto
più efficacemente di quelli verbali e forniscono un maggior
numero di informazioni
Il linguaggio del corpo è predominante nella trasmissione
dell’informazione; secondo alcuni autori solo il 7% di tutte le
informazioni che arrivano da un discorso derivano dall’uso
delle parole.Il 38% ci perviene dal tono della voce e il 55% dal
linguaggio corporeo.
LA COMUNICAZIONE NON
VERBALE
• La trattativa per instaurare una buona relazione
interpersonale è condotta sempre in maniera
extra-verbale, ai limiti della consapevolezza, su
un canale parallelo a quello verbale.
• Saper prestare ascolto ai messaggi non verbali
significa far emergere un canale di
comunicazione indispensabile per l’avvio di una
più vera e autentica relazione.
LA COMUNICAZIONE NON
VERBALE
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In senso lato comprende:
Postura
Gesti degli arti
Espressioni del volto
Prossemica (orientamento, spazio, distanza)
Paralinguistica
Abbigliamento
Tono e inflessione di voce
Il comportamento non verbale può essere diviso in tre categorie:
• Atti informativi, se forniscono informazioni riguardo al parlante ma non sono
intenzionali
• Atti comunicativi, se sono chiaramente e intenzionalmente mirati a
trasmettere un significato al ricevente
• Atti interattivi, se tendono a modificare o influenzare il comportamento
interattivo del ricevente
PARTE VII
CHE ATTEGGIAMENTO ADOTTARE?
• La comunicazione empatica
• Fattori che favoriscono la comunicazione
• Fattori che ostacolano la comunicazione
CHE ATTEGGIAMENTO
ADOTTARE?
Le abilità essenziali per una buona pratica operativa possono venire così
riassunte:
• Capacità di comunicare
• Capacità di praticare l’ascolto attivo, ossia di riprendere e riassumere ciò che
l’interlocutore ha appena detto ottenendo la sua approvazione e dimostrando
di aver prestato attenzione a quanto comunicato
• Elevato controllo e consapevolezza del linguaggio corporeo e prossemico
(comunicazione non verbale) attraverso cui vengono veicolati gli stati emotivi
connessi al contenuto verbale di cui si sta parlando
• Capacità di auto-osservazione e monitoraggio di quanto sta avvenendo nella
costruzione della relazione
CHE ATTEGGIAMENTO
ADOTTARE?
• Ricordarsi che la tipologia di relazione tra riabilitatore e paziente è di
partecipazione reciproca. Il prototipo è il rapporto tra due persone adulte, una
delle quali possiede le nozioni di cui l’altra ha bisogno.
• Capacità di relazionarsi, rispettando il paziente e accettandolo acriticamente
(accoglienza integrale senza pregiudizi o preconcetti)
• Ricordarsi che l’uso cosciente del linguaggio non verbale è per il riabilitatore,
uno strumento di lavoro
• Comunicare empaticamente
• Permettere lo sfogo di emozioni; lasciare libertà alle parole di fuoriuscire
• Accogliere momenti di silenzio anche prolungati
• Eliminare l’aggressività dal tono di voce e dal non verbale
• Controllare la propria emotività
FATTORI CHE FAVORISCONO LA
COMUNICAZIONE I
• Riflessione (ripetere un concetto appena sentito per essere sicuri di aver
compreso; fa notare al soggetto di essere capito)
• Facilitazione (es. annuire con il capo)
• Silenzio (permette la riflessione, l’espressione di emozioni)
• Rinforzo positivo (sottolineare gli aspetti positivi di un comportamento o di
una situazione)
• Autorivelazione (dire discretamente qualcosa di sé)
• Confronto (puntualizzare con abilità qualcosa che la persona non ha
esplicitato sufficientemente)
• Interpretazione (dire qualcosa sul comportamento o pensieri di cui la persona
non è ben consapevole)
• Rassicurazione (sincera)
• Consigli (con molto cautela; mai prima che l’altro si sia espresso)
• Riepilogo
FATTORI CHE FAVORISCONO LA
COMUNICAZIONE II
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L’identità dei comunicanti
La relazione tra i comunicanti
Il contenuto
Il linguaggio
La congruenza tra canale analogico e digitale
Il canale di trasmissione
La flessibilità delle strategie utilizzate
ERRORI PRELIMINARI
• La soggettività: assegnare a ciò che viene detto o
fatto dei significati personali.
• Il significato razionale: concentrarsi su questo
significato può offuscare il significato
psicologico.
• Formarsi idee preliminari
• Reminescenze affettive inconsce
INTERVENTI VERBALI DA
EVITARE
• Intervento di valutazione o giudizio morale: può innescare nella persona
blocco della comunicazione o reticenza, senso di colpa, ribellione, angoscia
• Intervento interpretativo: si pone l’accento su un particolare che noi
consideriamo essenziale; può portare a disinteresse nel colloquio, irritazione,
blocco difensivo (resistenza)
• Intervento inquisitivo: provoca reazioni di chiusura
• Intervento di soluzione del problema: concerne il proporre un’idea per
uscire dalla situazione o dispensare consigli; genera spesso una forma
d’obbligo per adottarla
• Intervento di supporto affettivo: caratterizzato dal desiderio di offrire
incoraggiamento e consolazione e rassicurazioni, minimizzando alcuni vissuti;
genera dipendenza, può indurre atteggiamento passivo nei nostri confronti o
rifiuto
L’IMMAGINE DELL’OPERATORE
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Sono espressioni di professionalità le seguenti caratteristiche:
Tono di voce pacato e rassicurante
Volume vocale da conversazione, mai concitato
Il sorriso, non il riso
Il linguaggio privo di gergalità e di qualsiasi volgarità, senza alcuna ironia.
Esclusione di giudizi negativi o pettegolezzi su persone: chi parla male degli
altri potrebbe prima o poi parlar male anche dell’ascoltatore
Atteggiamento composto
Una divisa corrispondente alla qualifica rivestita; completa e priva di elementi
impropri
Assenza di ostacoli alla comunicazione (es. occhiali scuri)
Assenza di segni di fascino incongrui per quantità o qualità
(Triolo L. Medicina per operatori sanitari, 1996)
PARTE VIII
ALCUNI ESEMPI DALLE PSICOTERAPIE
DI GRUPPO PER DONNE CON TUMORE
AL SENO
ESEMPI DI PSICOTERAPIA DI GRUPPO
PER DONNE CON CANCRO AL SENO
• Modello Psicoeducazionale
• Modello supportivo espressivo
• Modello cognitivo
• Modello supportivo esistenziale
David Spiegel. Effects of psychoterapy on cancer survival
Nature Reviews Cancer 2; 1-7 (2002)
LA TERAPIA DI GRUPPO
SUPPORTIVA ESPRESSIVA
Fattori terapeutici:
coesione di gruppo confronto ed apprendimento di modalità di reazione alla
malattia più idonee aiuto reciproco (solidarietà, reciprocità, altruismo);
condivisione di esperienze (riduzione di sentimenti di solitudine ed
isolamento) e percezione degli altri come persone e non come ammalati di
cancro
Obiettivi finali:
Ridurre i sentimenti di alienazione, diversità e stigmatizzazione determinati
dalla malattia e dalle terapie; Facilitare il mutuo supporto tra i membri del
gruppo; Migliorare il sostegno sociale e familiare Raggiungere una miglior
apertura ed espressività emozionale, sia all’interno che all’esterno del gruppo;
Integrare all’interno della visione che il paziente ha di sè, un’immagine diversa
del proprio corpo, e di conseguenza, di se stessa; Migliorare le abilità di
coping Sviluppare nuovi progetti di vita e migliorare la qualità di vita
(Grassi,Biondi, Costantini, 2003)
IL MODELLO PSICO-EDUCAZIONALE
EDUCAZIONE ALLA SALUTE
IDENTIFICAZIONE DELLE CAUSE
CONSAPEVOLEZZA
GESTIONE DELLO STRESS
GESTIONE
CAPACITA’ DI ADATTAMENTO
IDENTIFICAZIONE DELLE REAZIONI PERSONALI
MODIFICARE LE SORGENTI (PROBLEM SOLVING)
CAMBIARE ATTITUDINE O PERCEZIONE (NEW LIGHT)
CAMBIARE LA RISPOSTA FISICA (RILASSAMENTO)
OTTIMISMO (ATTESA DI CAMBIAMENTI POSITIVI)
SENSO PRATICO (ESISTENZA DI OPZIONI E DI ALTERNATIVE)
FLESSIBILITA’ (STRATEGIE DI CAMBIAMENTO PER PROBLEMI CHE CAMBIANO)
SVILUPPO DELLE PROPRIE RISORSE (CAPACITA’ DI RICERCARE SUPPORTO)
RILASSAMENTO
IDENTIFICAZIONE DEL PROBLEMA
RICERCA DI POSSIBILI SOLUZIONI
SELEZIONE E MESSA IN OPERA DI UNA POSSIBILE SOLUZIONE
VALUTAZIONE
PSICOTERAPIA DI SUPPORTO DI GRUPPO
GENERAZIONE DI SPERANZA E DETERMINAZIONE
MOBILIZZAZIONE DI RISORSE DI ADATTAMENTO
SUPPORTO NEL GRUPPO DAI SUOI COMPONENTI
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Il cancro al seno: aspetti psicologici