IV. COME LEGGERE LA BIBBIA Poco più di sessant’anni fa, nel 1948, Paul Claudel poteva scrivere: «Il rispetto dei cattolici per la Sacra Scrittura è senza limiti: esso si manifesta soprattutto con lo starle lontano». Già S. Ilario di Poitier (315-367) pregava così :«Signore ci siamo circondati di maestri e abbiamo inviato in esilio la tua Parola. Abbiamo tentato di chiuderti la bocca, per non sentire la tua voce scomoda. Ora la tua Parola sta tornando dall’esilio; ci siamo accorti che non può essere incatenata senza che prevalga l’ignoranza e l’iniquità. Chi non sopporta la purezza della tua verità, deve rassegnarsi a subire l’oscurità della menzogna e la crudeltà della violenza. Signore attendiamo che tu dia slancio agli inizi di questa nuova impresa, che tu consolidi questo nostro inizio di cammino in compagnia della tua Parola, che tu ci doni lo Spirito che mosse i tuoi profeti e i tuoi apostoli. Ma soprattutto attendiamo che tu ritorni dopo il forzato esilio a parlare con i tuoi figli,ad educarli e a stimolarli con la tua Parola efficace. Torna presto fra noi, o Signore! Amen». Da questa situazione molto cammino si è fatto grazie soprattutto al Concilio Vaticano II che il 18 novembre 1965 approvava la Costituzione dogmatica «Dei Verbum» che ha rivoluzionato il nostro rapporto con la Bibbia. Oggi la Sacra Scrittura è letta e studiata con interesse e amore da molti sacerdoti e laici nella Chiesa. L’importante è leggerla e capirla, per nutrire lo spirito. 1. La necessità di un aiuto Non è sempre facile leggere la Bibbia, perché è un libro scritto tanti secoli fa in una lingua e in una cultura molto lontane dalla nostra civiltà. Non pochi cristiani che hanno iniziato a leggerla hanno trovato grosse difficoltà, specialmente in alcune pagine dell’Antico Testamento che risultano monotone e addirittura scandalose e contrarie alla nostra sensibilità cristiana (guerre, stragi disumane, esempi immorali, maledizioni, odio dei nemici, vendetta…). Dobbiamo tener conto che molte pagine antiche della bibbia risentono della cultura e della sensibilità barbare del tempo. Spesso descrivono con realismo ciò che gli uomini hanno compiuto, senza nascondere nemmeno i peccati e i crimini dei patriarchi e dei re. Gli scrittori d’Israele hanno sempre avuto la libertà di critica anche nei confronti dei loro antenati e dei loro capi. Con la sua rivelazione Dio non ha potuto trasformare all’improvviso e in modo accelerato concezioni e mentalità pagane assorbite dall’ambiente ancora primitivo e rozzo dell’Oriente Antico. Egli ha adottato una pedagogia graduale. Tuttavia la Bibbia è un libro popolare scritto con semplicità e con immagini intuitive. Perciò la maggior parte degli insegnamenti che trasmette sono facilmente comprensibili. Se li capivano gli uomini indotti dell’antichità, li possiamo capire anche noi che abbiamo una maggiore istruzione. Una comprensione però più consapevole e adeguata richiede una guida e un metodo di lettura appropriati. Si rischia altrimenti di distorcere e falsare il significato di tanti fatti e parole. Non è la prima volta che accade a chi si improvvisa maestro in questo campo (vedi i Testimoni di Geova e tante altre sette che oggi prolificano). E’ di estrema attualità una pagina scritta da S. Girolamo intorno al 400. Si trova nella lettera di risposta a S. Paolino da Nola che gli aveva chiesto di insegnargli a leggere appunto la Bibbia: «Nell’Apocalisse si parla di un libro chiuso con sette sigilli: Prova a farlo leggere ad una persona colta e ti risponderà: “come posso leggerlo se è sigillato?”. Quanti sono ai giorni d’oggi coloro che si credono dotti e tengono in mano un libro chiuso! Non possono aprirlo senza che glielo dissigilli colui che possiede la chiave di Davide, colui che quando apre nessuno può chiudere e quando chiude nessuno può aprire. Leggiamo negli Atti degli Apostoli di quel bravo eunuco che sta leggendo sul suo carro il libro di Isaia: Filippo lo interroga: “ riesci a capire quello che stai leggendo?”. E lui risponde: “come posso farlo se nessuno me lo spiega?” Lo vedi tenere in mano un libro, concentrare l’interesse sulle parole del Signore, articolare quelle parole con la lingua, pronunciarle con le labbra e non avere tuttavia la minima idea di colui che, senza saperlo, venera nel libro. Arriva Filippo e gli mostra quel Gesù che è nascosto fra le righe. Che potere magico ha un maestro! In un batter d’occhio gli da la fede, lo battezza, lo rende fedele e santo. Era discepolo e lo fa diventare maestro. Ti ho detto questo per farti capire che senza una guida capace di aprirti il cammino non ti è possibile addentrarti nella S. Scrittura. Contadini, muratori, fabbri, artigiani del metallo e del legno, lanaioli e lavandai, senza un maestro d’arte non possono diventare esperti nel mestiere che desiderano. Esiste una sola scienza, proprio quella della Scrittura, che tutti, senza distinzione, si arrogano di conoscere Una qualunque vecchietta linguacciuta, un qualunque vecchio bisbetico, un qualsiasi parolaio sgrammaticato, tutti si piccano di conoscere la Scrittura e la fanno a brandelli stracciandola. Non l’hanno letta e pretendono di insegnarla, ma è una puerilità, è roba da ciarlatani mettersi ad insegnare quello che non si conosce, anzi non accorgersi nemmeno (mi viene il vomito a parlarne) di essere ignoranti» (Lettera n. 53). Sembrerebbe quasi scontato che S. Girolamo mettesse come prima guida alla lettura delle Bibbia Gesù, colui che ha la chiave della rivelazione di Dio. Gesù ha donato per questo lo Spirito Santo alla Chiesa. Senza la luce e la guida dello Spirito Santo non si può leggere la Bibbia. Colui che l’ha ispirata ne è il primo interprete. Una lettura amorosa ed efficace della bibbia richiede fede nella Parola e nello Spirito. In secondo luogo viene la guida della Chiesa. S. Pietro diceva che la Scrittura non può essere soggetta a privata spiegazione, perché fu data alla chiesa intera. La Chiesa ha avuto il carisma del magistero per interpretare autenticamente e autorevolmente la Parola di Dio. In terzo luogo guide nella interpretazione della Bibbia sono gli esperti, cioè gli esegeti. S. Girolamo dice che per imparare un mestiere qualsiasi ci vuole un maestro esperto che lo insegni, pur dando spazio agli autodidatti (i santi con la scienza infusa). Questo vale anche per la Bibbia. Non si impara a leggerla da soli. Si corre il rischio di sciuparla e di distorcerne il significato. Per questo motivo la chiesa cattolica vuole che non si pubblichi nessuna Bibbia senza almeno alcune note essenziali che ne spieghino i punti più difficili per un profano. Insomma non si può insegnare la Bibbia agli altri senza preparazione culturale e spirituale. La Dei Verbum insiste con ragione su questo punto: «E’ necessario che tutti i chierici, principalmente i sacerdoti e quanti, come i diaconi o i catechisti, attendono legittimamente al ministero della parola, conservino un contatto continuo con le Scritture, mediante una lettura assidua e lo studio accurato, affinché non diventi “vano predicatore della parola di Dio all’esterno colui che non l’ascolta all’interno”(Agostino, Ser.179: est verbi Dei inanis forinsecus praedicator, qui non est intus auditor). D’altra parte «la Tradizione di origine apostolica (contenuta nella Bibbia) progredisce nella chiesa con l’assistenza dello Spirito Santo. Cresce infatti la comprensione tanto delle cose che delle parole con la riflessione e lo studio dei credenti, con l’esperienza data da una più profonda intelligenza delle cose spirituali, con la predicazione» (n.8, 883) Molti hanno perso da tempo l’abitudine di leggere e di studiare; oggi esperimentano un analfabetismo teologico di ritorno. Da anni ripetono solo alcune lezioni di catechismo elementare e le nostre prediche rischiano di essere lezioni stanche di moralismo spesso polemico. La chiesa ha indicato alcune regole fondamentali da tener presenti per una proficua lettura del Libro sacro da parte di chi inizia la sua lettura. La «Dei Verbum» detta queste regole nel par. n.12 in 3 capoversi che contengono un presupposto e tre principi di fondo. Il presupposto: Dio ha parlato per mezzo di uomini alla maniera umana, perciò c’è bisogno dell’uso di strumenti umani adeguati per capire quel linguaggio umano e divino; I tre principi di fondo: L’uso dei generi letterari; l’unità della rivelazione; la verità in ordine alla salvezza. 2. Gli strumenti di lettura Si parte dal presupposto contenuto nel primo capoverso al quale abbiamo accennato: «Poiché Dio nella S. Scrittura ha parlato per mezzo di uomini alla maniera umana, l’interprete della Sacra Scrittura per capire bene ciò che egli ha voluto comunicarci deve ricercare con attenzione ciò che gli agiografi in realtà abbiano inteso significare e a Dio è piaciuto manifestare con le loro parole»(891) Due sono gli strumenti principali della Lectio Biblica: la scrutatio e la meditatio. Tradotte in parole più tecniche da “L’Interpretazione della Bibbia nella Chiesa” (PCB-1993) essi sono: L’esegesi (spiegazione-esposizione) che è la ricerca scientifica della Bibbia per capirne il significato letterale e storico, fatta con i mezzi offerti dalla critica storica e letteraria che usa la conoscenza delle lingue antiche, il confronto con le letterature orientali antiche, l’archeologia, l’analisi narrativa, l’analisi retorica, l’antropologia culturale, la lettura giudaico-rabbinica , la ricerca patristica (Origene, Girolamo) L’ermeneutica (interpretazione-applicazione), che è una ricerca tendente a scoprire il senso di un testo per noi oggi. Essendo la Bibbia un libro, opera di Dio e dell’uomo, è necessario ritrovare il significato dei testi come era inteso dagli scrittori sacri e soprattutto dallo Spirito Santo. Fin dai tempi dei padri (con la scuola storico letterale di Antiochia e la scuola allegorica di Alessandria) l’ermeneutica ha letto nella Bibbia il senso letterale e storico (messo in luce dall’esegesi critica, e che non può essere mai ignorato) e il senso spirituale, che è il senso pieno voluto da Dio. E’ legge del linguaggio umano che non sempre lo scrittore è consapevole del senso pieno delle sue parole. Spesso egli dice molto di più o molto di meno di quanto scrive. Sta ai commentatori scoprire significati nuovi, magari implicit. Nella lettera biblica c’è in più anche l’opera dello Spirito Santo che usa lo scrittore per la sua rivelazione divina (Is 7,14). C’è dunque un doppio livello di significati presente nel testo, quello inteso dall’autore e quello inteso dallo Spirito Santo che lo sorpassa. L’aiuto per capire viene dal contesto prossimo e remoto, dalla diversa rilettura dei fatti narrati operata dalla tradizione orale (Nei Vangeli risulta dal confronto tra i sinottici e di questi con Giovanni)); per l’Antico Testamento risulta dal confronto tra A. e N.T. in continuità e progressività di rivelazione e dalla tradizione ecclesiastica che legge i testi in maniera catechetico-pastorale e liturgica (Sl. 40 e Eb 10,5-10 per la festa dell’Annunciazione). Gli scrittori e i predicatori medievali su queste doppia pista del senso letterale e spirituale hanno sviluppato la teoria dei quattro sensi della Scrittura, descritti da H. De Lubac nella sua monumentale opera “L’Esegesi medievale”: il senso letterale (che risulta dall’analisi attenta del testo scritto), il senso allegorico (il senso simbolico figurato, metaforico, a volte fantasioso), senso tropologico (o morale che guida l’agire umano secondo Dio) e il senso anagogico (o escatologico che riguarda le ultime realtà della vita). Questi 4 sensi sono espressi sinteticamente dal distico di Agostino di Danimarca (XIII sec.): «Lictera gesta docet, quid credas allegoria, moralis quid agas, quid speras anagogia» (la lettera insegna le gesta, l’allegoria dona il contenuto della fede, il senso morale insegna come agire, l’anagogia inculca la speranza futura). La distinzione si riferisce più ai contenuti che al metodo di esegesi. 3. La presenza di generi letterari diversi E’ fondamentale ricercare prima di tutto il significato letterale storico del testo. Il Concilio nel secondo capoverso prosegue: «Per ricavare l’intenzione degli agiografi si deve tener conto tra l’altro anche dei ″ generi letterari″. La verità infatti viene diversamente proposta ed espressa nei testi in varia maniera storici, o profetici, o poetici o con altri modi di dire. E’ necessario che l’interprete ricerchi il senso che l’agiografo intese esprimere ed espresse secondo le condizioni del suo tempo e della sua cultura per mezzo dei generi letterari allora in uso. Si deve fare debita attenzione sia agli abituali e originali modi di intendere e di esprimersi e di raccontare vigenti ai tempi dell’agiografo, sia a quelli che allora erano in uso nei rapporti umani»(892) Il genere letterario è un particolare modo di esprimersi e di scrivere proprio di un ambiente o di una cultura. Ogni genere letterario ha leggi espressive e contenuti propri. Un telegramma non è una lettera, una lettera non è una fattura commerciale, un romanzo non è un libro di storia, una poesia non è un articolo di giornale, né un’operazione matematica, la dichiarazione dei redditi non è un’arringa da avvocati. Il genere letterario è scelto dall’autore in base al soggetto da trattare, alle capacità di cui è dotato, allo scopo didattico che vuole raggiungere. Non si scrive un libro di matematica in poesia, non si compone una fattura commerciale in versi, Per comunicare rettamente, un poeta scrive poesie, un giornalista compone articoli, uno storico scrive libri di storia, un romanziere scrive romanzi, un filosofo scrive trattati di filosofia. Ognuno usa il suo stile e la sua arte, la sua competenza per gli scopi che vuole ottenere. Se teniamo presente la varietà degli autori sacri che Dio ha utilizzato nelle scrivere la Bibbia, ci rendiamo conto anche della varietà grande degli scritti della Bibbia. Abbiamo la poesia dei Salmi e di alcuni libri profetici, la canzone amorosa del Cantico dei Cantici, la cronaca di alcuni libri storici, la catechesi e la teologia di alcuni libri didattici delle scuole sapienziali, di alcuni brani di teologia della storia, dei vangeli. Abbiamo codici legislativi nei libri dell’Esodo, del Levitico e del Deuteronomio, brani e citazioni di canti epici , professioni di fede, parabole, leggende e romanzi, lettere inviate a vari destinatari, libri e brani apocalittici, oracoli profetici, racconti autobiografici, simboli e gesti simbolici. Insomma la Bibbia è ricca di componimenti che risentono di una grande ricchezza letteraria e artistica che non ha eguali nelle letterature orientali antiche. Nessuna letteratura orientale antica ha questa ricchezza. Ogni libro e addirittura ogni brano della Bibbia è scritto in un particolare genere letterario che bisogna riconoscere per capirne il messaggio e l’insegnamento che contiene. Non si possono leggere i romanzi di Ester, di Giuditta, di Tobia , come pagine di storia. Non si può interpretare la leggenda didattica di Giona come fosse una storia documentata. E’ puerile leggere come storia la canzone filastrocca del primo racconto della creazione o la parabola della creazione dell’uomo e della donna, e del conseguente peccato originale nel libro della Genesi, o la descrizione simbolica del diluvio e della torre di Babele, come fossero resoconti giornalistici. Non si può ripetere l’errore dei cardinali che condannarono Galileo, leggendo il canto epico di Giosuè che ferma il sole (Gios 10,12-14), come resoconto di un preciso fenomeno astronomico. Spesso gli autori sacri usano il linguaggio figurato, che è il più adatto per l’istruzione di gente semplice e incolta. Leggere tutto con lo stesso criterio e dando a tutto lo stesso valore storico, sarebbe omologare il Libro Sacro e stravolgerne l’insegnamento. Si è fatto troppe volte nel passato. 4. L’unità e la progressività della rivelazione biblica Il terzo capoverso delle Dei Verbum tratta del contenuto unitario della Scrittura: «Dovendo la Sacra Scrittura essere letta de interpretata con l’auto dello stesso Spirito Santo mediante il quale è stata scritta, per ricavare con esattezza il senso dei sacri testi, si deve badare con non minore diligenza al contenuto e all’unità di tutta le Scrittura, tenuto conto della viva Tradizione di tutta la Chiesa e dell’analogia della fede».(893). Questo equivale a dire che la Bibbia contiene una rivelazione unitaria e progressiva che va dal primo all’ultimo libro della Scrittura. S. Agostino diceva: «Ricordatevi che è la stessa parola di Dio che è presente in tutta la Scrittura; è lo stesso Verbo che risuona sulla bocca di tutti gli scrittori sacri; lui che al principio era Dio presso Dio, non ha bisogno di sillabe perché non è soggetto al tempo» (Psal 103,4,1). L’Antico Testamento va letto alla luce del Nuovo Testamento secondo l’aforisma dello stesso Agostino: «Il Nuovo Testamento si nasconde nell’Antico e l’Antico si rivela nel Nuovo» (Novus in Vetero latet, Vetus in Novo patet). Dio è stato un saggio educatore che ha istruito gli uomini secondo la legge della gradualità pedagogica. Non ha preteso salti indebiti dalla natura umana che è lenta nelle sue conquiste. Perciò la sua verità salvifica è andata crescendo e perfezionandosi con il progredire della civiltà e della maturità degli uomini. La verità totale, perfetta e definitiva l’ha portata Gesù Cristo e si trova negli scritti del Nuovo Testamento. Nell’Antico Testamento, specie negli scritti più antichi, ci sono alcune concezioni religiose, sia di fede che di morale, ancora imperfette e incomplete. Vi sono infatti convinzioni che lentamente regrediscono fino a scomparire, perché frutto di ambienti religiosi ancora primitivi, e concezioni che progrediscono fino alla piena maturità del vangelo. Così molte concezioni di Dio mutuate dall’ambiente religioso dell’oriente tendono a scomparire: Pensiamo al concetto di Dio guerriero e violento, al Dio che incute paura e giudica con severità le azioni umane; egli deve far giustizia esclusivamente in questo mondo con il suo premio e il suo castigo immediati. Fino al secondo secolo a.C. non si aveva idea delle vita oltre la morte e del giudizio di Dio nell’aldilà. Lo Scheol (= gli inferi) era concepito alla maniera pagana come un mondo umbratile e sotterraneo dei morti senza più vita né speranza. Alcune concezioni morali sono ancora legate alla barbarie dei tempi. Così l’idea della vendetta, sia pure limitata, le leggi crudeli che regolavano il comportamento in guerra (come il herem, l’anatema), la poligamia, il divorzio quasi arbitrario,la pena di morte comminata con frequenza anche per infrazioni per noi insignificanti. Il Nuovo Testamento ha fatto progredire molte concezioni limitate su Dio, introducendo e perfezionando l’idea di Dio Padre buono e misericordioso. Ha introdotto la verità di fede in un Dio in tre persone uguali, distinte e indivise, ha confermato e chiarito la verità della retribuzione dopo la morte e quella della risurrezione finale dei morti. Ha insegnato la venuta nel mondo del Figlio di Dio nato dalla vergine Maria per opera dello Spirito Santo e divenuto vero uomo, che è morto e risorto per la nostra salvezza. Ha insegnato che Gesù ha fondato la Chiesa come popolo nuovo con la chiamata degli ebrei e dei pagani; che la Chiesa è il Corpo di cui Cristo è il Capo e il luogo dove circola la vita divina in tutti i membri, tra i quali vige la legge della comunione dei santi, cioè lo scambio dei meriti e delle grazie. La Chiesa vive nell’attesa del ritorno di Gesù alla fine dei tempi per instaurare cieli nuovi e terra nuova e per giudicare con giustizia tutti gli uomini del mondo. In campo morale il vangelo ha abolito tutte le leggi legate alle tradizioni particolari degli ebrei, come le leggi di purità e impurità legale sui cibi e sui contatti tabù, la circoncisione; ha proibito la vendetta e introdotto il perdono dei nemici; ha abolito la poligamia. Gesù col suo esempio e con il suo insegnamento ha inculcato il carisma del celibato libero per il regno di Dio e la imitazione del suo amore senza limiti per ogni uomo considerato fratello. In conseguenza di quanto abbiamo detto, la Bibbia va letta in modo globale non settoriale. Essa contiene una rivelazione progressiva che culmina con Cristo: Non ci si può dunque fermare ad un brano, specie dell’Antico Testamento e assolutizzarlo (come fanno i Testimoni di Geova e i Mormoni), senza tener conto della rivelazione cristiana che può averlo arricchito o corretto. L’Antico Testamento va letto alla luce del Nuovo Testamento. Una verità va vista nell’intero arco delle rivelazione per comprenderla e usarla rettamente. Insomma la Bibbia non può essere usata a pezzettini, ma va usata tutta intera dal Genesi all’Apocalisse. 5. La verità necessaria alla salvezza La prima domanda di ogni lettore è questa: Che cosa mi aspetto di trovare nella Bibbia? La risposta più ovvia è certamente questa: la rivelazione di Dio. Ma che cosa ha rivelato Dio? Il Concilio Vaticano II, nella «Dei Verbum» risponde : «I libri della Scrittura insegnano con certezza e senza errore la verità necessaria alla nostra salvezza che Dio volle fosse consegnata nelle sacre Lettere» (11. 890) La Bibbia vuole insegnarci la verità religiosa, quella che ha per oggetto Dio, il suo progetto si salvezza, la sua azione nel mondo, l’adempimento della sua volontà. La Bibbia dunque non contiene ogni tipo di verità e non intende soddisfare qualunque curiosità umana, sia pure legittima, non è un’enciclopedia. In una parola, la Sacra Scrittura è la rivelazione che Dio fa di se stesso e della sua volontà. Nessuna verità di tipo profano è oggetto specifico della rivelazione di Dio, ne la verità scientifica, né quella storica, ne quella matematica, né quella filosofica. Le nozioni scientifiche contenute nella Bibbia sono proporzionate alla cultura degli autori umani che Dio usò come suoi strumenti. Nessuna anticipazione di scoperte scientifiche che sono frutto di ricerca umana successiva. Dio non ha voluto formare degli scienziati, ma dei credenti. Galileo diceva che «Dio non insegna come vadia il cielo, ma come si vadia in cielo». Anche le notizie storiche sono da valutare, non solo in base alla qualità delle conoscenze che gli antichi scrittori poterono acquisire dalle tradizioni popolari e dai documenti utilizzati, ma anche in base alla particolare idea che avevano della storia. Essa era diversa da quella che abbiamo noi moderni con le nostre pretese di scientificità e autenticità provata dalla documentazione. Sono garantite solo le notizie storiche legate a verità di fede. E siccome la rivelazione di Dio è una rivelazione storica, sono abbastanza numerose le verità di fede legate alla storia: il fatto della creazione del mondo e dell’uomo (non il modo), la chiamata di Abramo e dei patriarchi, l’esodo dall’Egitto, l’Alleanza sinaitica con le sue leggi, la chiamata dei profeti, le promesse messianiche fatte a Davide e ai suoi discendenti, l’incarnazione del Figlio di Dio, la nascita verginale di Gesù, le principali tappe della sua vita, i suoi miracoli, la sua originale predicazione, la sua morte in croce al tempo di Pilato, la sua risurrezione, la sua ascensione al cielo, la venuta dello Spirito Santo a Pentecoste, la fondazione della Chiesa. In pratica sono garantite come vere e autenticamente storiche le verità contenute nel credo. Dal punto di vista morale sono garantite quelle verità con le quali Dio ha inteso regolare la condotta e il comportamento umano secondo il suo progetto creativo e la sua volontà. Esse sono contenute nei comandamenti di Dio e nei precetti evangelici con i quali Gesù ha inteso perfezionare o correggere la Legge antica. I comportamenti umani spesso immorali non sono regole di vita, ma cronaca oggettiva, che anche nella sua negatività può servire da insegnamento e da monito. Spesso quei comportamenti sono criticati in maniera diretta, mediante la condanna dei profeti (Natan a David), o in maniera indiretta facendo vedere le conseguenze negative che essi portano con sé (Giacobbe e i suoi figli, David …) Nessuno deve perciò cercare nella Bibbia la conferma delle sue personali convinzioni o delle sue teorie scientifiche, storiche e filosofiche. La Bibbia, per trasmetterci la verità salvifica, usa il linguaggio, la cultura e le nozioni che gli autori umani ricevettero dal loro ambiente, senza pretese di scientificità anacronistica. Ma Dio, attraverso loro, ci ha trasmesso la sua rivelazione, quella rivelazione di cui la Chiesa non può fare a meno nemmeno oggi. Alla fede in questa rivelazione è legata la nostra salvezza. “La tua fede ti ha salvato e continua a salvarti!” Oltre questa c’è solo la visione beatifica.