Sensazione e Percezione
Eleonora Bilotta
Sommario

In questa lezione
seguenti argomenti:
I
affronteranno
processi sensoriali
 Introduzione
 Il
si
alla psicofisica
riconoscimento degli oggetti
 Le
leggi dell’organizzazione percettiva
i
La sensazione
La funzione degli organi di senso è
registrare i cambiamenti che avvengono
nell’ambiente e trasmetterli al cervello.
 Per esempio il sistema visivo è sensibile
alla luce riflessa da un oggetto (energia
elettromagnetica) e, quindi i diversi sistemi
sensoriali devono tradurre in impulsi
nervosi.

La trasduzione sensoriale

Ogni senso comporta la trasduzione, o
modificazione di stato, di un tipo di energia
presente nel mondo esterno (onde
luminose o sonore, ad esempio) in segnali
neuronali, un altro tipo di energia.
5. Cerebral cortex
receives input
and produces
the sensation
and perception
4. Thalamus
processes and
relays the
neural response
Energy contains
information
about the world
1. Accessory
structure
modifies energy
3. Sensory nerve
transfers the
coded activity
to the central
nervous system
2. Receptor
transduces
energy into a
neural response
Il processo di trasduzione



I sensi non devono rispondere solo alla stimolazione
di una particolare forma di energia, ma devono
anche rispondere in modo differenziato alle
variazioni di tale energia.
Ogni forma di energia può variare secondo due
dimensioni: quantitativa e qualitativa.
Per tutti i sensi il processo di trasduzione avviene in
modo tale che l’informazione relativa alla quantità e
alla qualità dell’energia si conserva nel pattern dei
potenziali
d’azione
inviati
al
cervello
(codificazione).
La relazione psicofisica
Essa rappresenta la relazione tra lo
stimolo fisico esterno che questo provoca.
 Lo studio delle relazioni che si instaurano
fra l'intensità dell'energia che colpisce gli
organi di senso e l'intensità dell'esperienza
sensoriale del percipiente, cioè "il rapporto
fra il mondo degli stimoli fisici e quello
delle esperienze psicologiche da essi
prodotte" (Fechner, 1801-1887).

Limiti degli organi di senso



Nella fase di registrazione i nostri organi di
senso vincolati da alcuni limiti.
Il primo è legato al fatto che ogni sistema è
sensibile solo ad un particolare tipo di
energia.
Ciò comporta che molti altri stimoli sono
presente nell’ambiente ma noi non possiamo
avvertirli, perché il nostro sistema sensoriale
non è capace di rilevarli.
Le soglie



Un altro limite è l’intensità dello stimolo.
Questo vuol dire che qualsiasi stimolo fisico
deve raggiungere un livello minimo per
suscitare una sensazione.
Questo livello, chiamato soglia assoluta,
segna il confine fra gli stimoli che vengono
recepiti dall’organismo (stimoli sovraliminari)
e gli stimoli che, pur essendo presenti, non
sono
avvertiti
dall’organismo
(stimoli
infraliminari).
La soglia assoluta
La soglia differenziale
La soglia differenziale è la minima
differenza tra due stimoli che possa
essere colta.
 La differenza minima di intensità che due
stimoli devono avere per essere avvertita
nel 50% dei casi.

Misurazione della soglia
differenziale

Come per la soglia assoluta
presentando ogni volta due stimoli:
ma
standard – costante.
 Stimolo di confronto – variabile.
 Stimolo
La risposta consiste nel segnalare quando
si “sente” la differenza.
 La soglia differenziale si ha quando il
soggetto capta la differenza nel 50% dei
casi.

Legge di Weber e di Fechner


La differenza appena percepibile è una
costante, che ha un valore specifico per ogni
modalità sensoriale (Costante di Weber), e
che misura l'intensità di uno stimolo
dicendoci di quanto esso deve variare per
essere percepito come diverso da un altro.
Ad esempio per la pesantezza è 0.02.
 Se
il peso iniziale è gr.40 la differenza appena
percepibile sarà di 0.02X40, cioè 0.8 gr., se il
peso iniziale è gr.400, la differenza appena
percepibile sarà di 0.02X400, cioè 8gr.
Legge di Weber e di Fechner



Fechner scoprì che tra l'intensità dello stimolo e
quella della sensazione vi è una relazione per cui
dall'una si può ricavare l'altra.
“Perché l'intensità di una sensazione cresca in
progressione aritmetica, lo stimolo deve accrescersi
in progressione geometrica” (Fechner, 1801-1887).
Relazione espressa dalla formula:

S = k logI (S= sensazione; k costante specifica per
modalità sensoriale; log, logaritmo;
I intensità dello
stimolo).
Legge di Weber e di Fechner
Introduzione alla percezione



Gli organi di senso rappresentano la base
biologica della percezione.
Nell’uomo concludono la loro maturazione
entro i primi 4-5 mesi di vita.
Le informazioni registrate dagli organi di
senso, specie-specifiche, vengono integrate
attraverso il processo percettivo, che a sua
volta funziona in modo pre-programmato in
base alle sue caratteristiche biologiche.
Problema



Quale fiducia dare agli organi di senso e alla
percezione, che si fonda sui dati da essi rilevati?
Sappiamo che i dati sensoriali non sono sempre
veridici, ci sono infedeltà percettive, distorsioni,
mancate corrispondenze.
Questa constatazione può condurre ad una
svalutazione dell'attività percettiva a causa di
una falsa impostazione del problema: ritenere
cioè che lo scopo della percezione sia la
registrazione accurata di ciò che è presente nel
mondo.
Risoluzione del problema

Il problema si risolve a favore della fiducia
nella percezione (specie-specifica) se la
si considera come un complesso
meccanismo, preposto alla raccolta ed
elaborazione, in tempi molto brevi, di una
grande quantità di informazioni utili e/o
necessarie al sistema cognitivo e a quello
motorio per raggiungere i loro obiettivi,
prima di tutto quello della sopravvivenza.
La percezione
La percezione visiva ha come oggetto di
studio l'esperienza percettiva, ovvero ciò
che noi vediamo, così come lo vediamo.
 Ciò che noi vediamo, così come lo
vediamo, può essere chiamato fenomeno.
 Detto altrimenti,
la percezione visiva
studia l'organizzazione dello spazio
percettivo, data una certa configurazione
di stimoli limitata nel tempo e nello spazio.

Realismo ingenuo e percezione





Realismo ingenuo: la percezione è una fotocopia della realtà:
quello che percepiamo nel mondo fisico (percetto) corrisponde
alla realtà percepita (fenomenico).
NON E’ PROPRIO COSI’
Si può verificare il fenomeno dell’assenza dell’oggetto
fenomenico: quello che esiste nel mondo fisico non compare a
livello percettivo (figure mascherate o nascoste: mimetismo)
Si può verificare il fenomeno dell’assenza dell’oggetto fisico:
quello che percepiamo sul piano fenomenico non esiste sul piano
fisico (figure anomale).
Si può verificare una discrepanza fra oggetto fisico e fenomenico
(illusioni ottiche).
Elaborazione dell’informazione che
si conclude con la percezione




Input Ambientale (Stimolo Distale)

Registro Sensoriale (Stimolo Prossimale,
Organi di Senso)

Selezione Tramite Attenzione Selettiva
dell’input Interessante

Percezione-Riconoscimento
La catena psicofisica

Perché abbia luogo una percezione si
devono dare 3 condizioni:
 un
pezzo di mondo che emetta e/o rifletta
qualche tipo di energia (stimolo distale).
 un tipo di energia (fisica, chimica, meccanica
ecc.) che sia in grado di modificare gli organi
sensoriali (questa stimolazione che ricevono gli
organi di senso viene detta stimolo prossimale).
 un sistema di elaborazione che sia in grado di
decodificare e interpretare le modificazioni che
l'energia ha prodotto negli organi di senso (dà
luogo al percetto).
La catena psicofisica
7
2, 3
6
1
5
4
1 - La luce che viene riflessa dall’oggetto arriva all’occhio dell’osservatore,
2 - forma un’immagine sulla retina
3 - e genera impulsi elettrici nei recettori;
4 - gli impulsi nervosi viaggiano attraverso le fibre nervose,
5 - raggiungono il cervello
6 - dove vengono “elaborati”
7 - e il percettore vede l’oggetto
Catena psicofisica: l’esempio
della vista

Trasmissione neurale: vie tra
la retina e il cervello.

L’informazione visiva si dirige
verso la corteccia visiva (lobo
occipitale).

Incrocio nel chiasma ottico: la
metà destra del campo visivo
si proietta sulla metà sinistra di
ogni retina.

Occhi frontali, con buona
visione
stereoscopica
(profondità).
Le aree della corteccia occipitale
Esperimento
Coprite l’occhio sinistro e, tenendo il foglio alla distanza di
30 cm circa dagli occhi, fissate la croce e
contemporaneamente avvicinate lentamente il foglio al viso
finché l’immagine del punto scomparirà.
Ripetete la prova con l’occhio destro coperto: fissando il
punto nero scomparirà la croce.
Esperimento
In questo caso la “x” viene sostituita dalla barra nera.
Elaborazione bottom-up e topdown
La prima prospettiva ipotizza una modalità
di elaborazione guidata dai dati sensoriali,
ossia dalle singole parti dello stimolo.
 La seconda ipotizza che la percezione sia
guidata dalla conoscenza o guidata dai
concetti cioè basata sulle rappresentazioni
contenute in memoria.

possiamo riconosciamo un’automobile a
partire dalla proprietà fisiche oppure partendo
dal concetto di automobile.
 Es.:
Elaborazione bottom-up e topdown

Il problema “top-down o bottom-up o entrambi” nasce
quando si desidera assegnare una struttura a dei dati
secondo qualche principio



top-down: si usano i principi per predire i dettagli dei dati
(struttura degli oggetti per predire le disparità retiniche)
bottom-up: si usano i dati per predire le strutture a livello più alto
(disparità retiniche per struttura oggetti)
Differenti modalità di predizione: qual è la migliore?


le sole considerazioni computazionali non permettono di
decidere quale modalità adotta un sistema cognitivo
necessità di prove empiriche


bottom-up: il sistema funziona senza conoscenze di alto livello
top-down: il sistema funziona quando i dati sono degradati
La teoria della percezione di
Gibson




Rifiuto della teoria cognitivista dell’elaborazione
delle informazioni: le informazioni sono già
presenti nella stimolazione e possono essere
colte direttamente.
Teoria della percezione diretta.
Sensi = sistemi percettivi diretti con la funzione
di cogliere le invarianti strutturali disponibili
nell’ambiente.
Ad esempio, l’informazione raccolta dall’occhio è
quella necessaria per la percezione visiva.
La teoria della percezione di
Gibson




“Ask not what is inside the observers head, but what the
observers head is inside of.”
È impossibile studiare processi percettivi e cognitivi
indipendentemente dal contesto e dal tipo di
implementazione.
Nesso organismo-ambiente (= ciò che circonda
l’organismo). Ambiente non corrispondente all’ambiente
fisico.
Nell’ambiente c’è:



un mezzo (atmosfera) che ci permette di spostarci e di
percepire le sostanze,
delle sostanze (rocce, suolo, minerali, piante, animali, ecc.),
delle superfici che riflettono la luce, hanno una forma, una
tessitura, variano.
La teoria della percezione di
Gibson




Quando ci muoviamo in un ambiente statico, la
luce
entra
nell’occhio
in
movimento
dell’osservatore, subendo modificazioni continue
e sistematiche: il flusso ottico.
Da assetto ottico, statico -> a flusso ottico,
dinamico.
Nel mutamento aspetti che restano invarianti:
es. rigidità degli oggetti.
Il movimento è essenziale per la visione. Il
movimento dell’osservatore nel flusso produce
trasformazioni nel flusso ottico.
La teoria della percezione di
Gibson: le affordances

Per Gibson, le informazioni hanno senso
per l’organismo che le coglie direttamente
dalla stimolazione in quanto affordances
presentate dall’ambiente in relazione al
valore
evolutivo
che
hanno
per
l’organismo.
La teoria della percezione di
Gibson: le affordances




L’ambiente si offre al soggetto. Es. mela.
Le affordances riguardano SIAla percezione che l’azione.
Le affordances sono SIA soggettive che oggettive
Le affordances riguardano SIA l’ambiente che gli individui.
La teoria della percezione di
Gibson: le affordances



Le affordances sono variabili.
Variabilità e soggettività della affordances sono
rapportate alle dimensioni degli individui.
Artefatti: abbiamo modificato l’ambiente per
modificare quello che ci offre.
La posizione di Neisser


L’individuo possiede degli schemi cognitivi che
lo orientano e lo guidano nella esplorazione
percettiva (e selezione) degli stimoli, attraverso
un meccanismo di assimilazione.
Nel caso in cui gli elementi ambientali siano
incongruenti (o nuovi e sconosciuti) rispetto agli
schemi posseduti dal soggetto, gli schemi stessi
verranno modificati (accomodati) in funzione dei
feedback ambientali.
Ciclo percezione-azione di Neisser
La teoria di Marr
Marr (1982): "Vision is a process that
produces from images of the external
world a description that is useful to the
viewer".
 Elementari: distribuzione nello spazio
dell’intensità della luce che colpisce la
retina.
 Strutturali: legate alle relazioni tra le parti
consentono di riconoscere lo stimolo.
 Anche se variazioni delle proiezioni
retiniche, ricostruiamo la stessa struttura

La teoria di Marr

Marr(1982)
propone
rappresentazione:
4
livelli
di
 Immagine
 Sketch
primario
 Sketch a 2 ½D
 Sketch a 3D

Ogni forma di rappresentazione ha un
insieme di primitivi-
La teoria di Marr



Immagine
–
rappresenta
l’intensità della luce
Abbozzo (sketch) Primario.
Rappresenta i cambiamenti di
intensità.
Primitivi:
linee,
contorni, angoli.
Abbozzo a 2D Rappresenta le
superfici visibili.½. Primitivi:
superfici
con
diverso
orientamento.
La teoria di Marr




Modello
a
3D
rappresenta la struttura
3D – Primitivi: cilindri
con orientamento –
Risolve il problema della
visione di livello alto:
riconoscimento
degli
oggetti.
Costanza dell’oggetto:
non cambia con il punto
di vista.
Implica un quadro di
riferimento
basato
sull’oggetto
Riconoscere gli oggetti
Partiamo dalla seguente domanda: come
facciamo a riconoscere una lettera o una
parola nonostante le diverse forme nelle
può essere scritta?
 Riconoscere una configurazione visiva
significa fare un confronto tra gli stimoli in
arrivo e le informazioni presenti in
memoria.

Comparazione tra sagome

Questa teoria parte dal presupposto che
nella nostra memoria sarebbe archiviato
un numero enorme di sagome, ossia tutte
quelle forme di oggetti che possiamo
riconoscere.
 Oggetto
= comparazione tra le sagome
presenti in memoria e quelle presenti
nell’ambiente.

Il risultato di questo processo
riconoscimento dell’oggetto.
è
il
Comparazione tra sagome
Mentre nella realtà esistono strumenti in
grado di utilizzare questi sistemi di
confronto (es. codici a barre). Ogni
oggetto è caratterizzato da un particolare
codice.
 La nostra memoria non può contenere un
archivio con un enorme numero di
configurazioni tali da permetterne il
riconoscimento.

Teoria dei prototipi



Questa teoria prevede che il confronto
avvenga tra lo stimolo esterno ed un
prototipo interno che contiene le proprietà più
frequenti e più tipiche di un certo insieme di
oggetti.
Un prototipo non ha le proprietà di una
sagoma, ma è una rappresentazione astratta
della configurazione.
In sostanza non deve essere identico ma
occorre solo che condivida alcune delle
proprietà della configurazione.
Teoria dei prototipi



Questo significa che saremo in grado di
conoscere il nostro amico anche se ha la
barba più lunga.
Oltretutto noi siamo in grado di formarci dei
nuovi prototipi di oggetti pur non avendoli mai
visti prima, integrando le caratteristiche di
una determinata configurazione.
Il problema è che questa teoria non spiega
come si formano nella nostra memoria i
prototipi e le modalità secondo le quali sono
archiviati.
Teoria delle caratteristiche


Secondo
questa
teoria
il
confronto
avverrebbe tra alcune caratteristiche delle
stimolo esterno e le proprietà archiviate in
memoria.
Il riconoscimento avverrebbe per stadi
successivi, ossia:
 Rilevata
così come appare sulla retina.
 La
configurazione
sarebbe
sezionata
analizzandone le proprietà che la costituiscono.
 L’assemblaggio delle proprietà dello stadio
precedente darebbe vita al riconoscimento
cognitivo.
Teoria delle caratteristiche
Gli stimoli visivi sono riconosciuti
comparando le proprietà che contengono
con le caratteristiche presenti in memoria.
 Siamo in grado di riconoscere gli stimoli
che contengono il maggior numero di
caratteristiche
contenute
anche
in
memoria.
 Rispetto
alle altre teoria questa è
supportata da evidenze empiriche.

Il completamento amodale

La percezione costruisce la realtà di cui abbiamo
esperienza. Nella figura la parte nascosta della
striscia nera è presente nella nostra coscienza
anche se non è fisicamente visibile.
L’articolazione figura-sfondo
(Rubin, 1915)

È la prima segmentazione
del flusso delle stimolazioni:


non c’è figura senza sfondo
e viceversa.
Nella figura a lato riusciamo
a riconoscere uno sfondo
come figura all’interno della
configurazione in cui la
figura ha una sua forma
mentre lo sfondo ne è
privo?
Sagome incluse
Area minore
Assi cartesiani
L’articolazione figura-sfondo
Nella comune osservazione visiva, gli
spazi vuoti tra gli oggetti non vengono
notati.
 Noi vediamo gli oggetti come entità dotate
di forma, mentre gli spazi intermedi ne
sono privi, salvo quando esercitiamo un
certo sforzo e riusciamo a vedere i vuoti
come figure.

L’articolazione figura-sfondo
L’area minore è
percepita come figura
Diventa figura la regione con
gli assi orientati secondo le
direzioni principali dello spazio
percettivo,
verticale
e
orizzontale
L’articolazione figura-sfondo
La regione inclusa-circoscritta è
percepita come figura
Diventa
figura
la
regione
convessa (favorisce l’emergere
della figura), rispetto a quella
concava (tende a provocare la
percezione di sfondo)
Esempio di loghi che usano
l’organizzazione figura-sfondo
Dalla figura-sfondo alle figure
reversibili



Non sempre, la relazione figura-sfondo risulta
completamente determinata dalle caratteristiche
dello stimolo visivo.
Quando gli indizi presenti nella scena sono scarsi
oppure ambigui, incontriamo delle difficoltà nel
decidere a quale forma attribuire il significato di
figura e a quale il significato di sfondo.
Questo fenomeno è detto figura reversibile, vale a
dire figure nelle quali si ha una inversione tra la
figura e lo sfondo.
Figure reversibili o instabili

Quando nessuna di queste condizioni privilegia
una parte del campo visivo rispetto alle altre, si
ha una situazione di instabilità e una continua
reversibilità del rapporto figura/sfondo.
Figure bistabili

Nel caso delle figure bistabili assume rilevanza
anche
l’impostazione
soggettiva
dell’osservatore, che determina la segregazione
figura/sfondo sulla base di uno spostamento
dell’attenzione (Kanizsa, 1975).
La Psicologia della Gestalt: i principi
dell’organizzazione percettiva
L’informazione che noi percepiamo sta in
questa organizzazione.
 Di fatto, Gestalt in tedesco significa
“insieme organizzato”, “configurazione
armonica” e secondo i fautori di questo
approccio, la vera unità fondamentale per
lo studio della percezione sta nella Gestalt
dello stimolo sensoriale, non nei singoli
elementi che lo compongono.

La Psicologia della Gestalt: i principi
dell’organizzazione percettiva



Questo processo di organizzazione intrinseca è
regolato da alcuni fattori o leggi gestaltiche.
Grazie a questi fattori le parti di un campo
percettivo vengono a costituire delle totalità
coerenti e strutturate (Gestalten) come figure
sullo sfondo, come oggetti dotati di proprie
caratteristiche (colore, movimento, ecc.).
In questa prospettiva la percezione costituisce
un processo primario che conduce alla
segmentazione del campo fenomenico in unità
distinte con le loro proprietà e relazioni
immediate ed evidenti (Kanizsa, 1980).
La Psicologia della Gestalt: i principi
dell’organizzazione percettiva

Nella teoria formulata dalla Gestalt il
sistema nervoso è predisposto a
rispondere ai pattern degli stimoli
sensoriali con meccanismi innati, che
agiscono in base ad alcune regole
fondamentali,
definite
principi
dell’organizzazione percettiva: (Koffka,
1935; Wertheimer, 1923):
 Vicinanza,
somiglianza, chiusura, continuità,
movimento comune, simmetria, esperienza
passata.
Vicinanza


Tendiamo a vedere gli
elementi di uno stimolo
visivo tra loro vicini come
parti dello stesso oggetto,
e quelli distanti come
parti di oggetti differenti.
Questo ci permette di
separare
un
vasto
insieme di elementi in
un
insieme
meno
numeroso di oggetti.
Somiglianza


Tendiamo a vedere gli
elementi di uno stimolo
fisicamente simili come
parti
dello
stesso
oggetto, e gli elementi
diversi come parte di
oggetti differenti.
Siamo in grado di
distinguere tra due
oggetti diversi in base
alle differenze visive.
Somiglianza dovute al colore
La similarità del colore fa sì che una serie di
punti neri e grigi venga percepita come una
serie di quadrati neri che si alternano a
quadrati grigi.
Chiusura


Tendiamo a vedere le forme
come delimitate da un
contorno continuo e a
ignorare
le
eventuali
interruzioni
di
tale
continuità.
Questo ci aiuta a percepire
le forme come complete
anche
quando
sono
parzialmente nascoste da
altri oggetti.
Continuità


Quando varie linee si
intersecano, tendiamo a
riunire i segmenti in modo
da formare linee il più
possibile
continue,
col
minimo cambiamento di
direzione.
Questo ci permette di
attribuire una certa linea a
un
particolare
oggetto
quando due o più oggetti si
sovrappongono.
Movimento comune


Quando gli elementi di
uno stimolo si muovono
nella stessa direzione e
alla stessa velocità,
tendiamo a
vederli
come parti di un unico
oggetto.
Questo ci aiuta a
distinguere un oggetto
in movimento dallo
sfondo.
Simmetria


Il sistema percettivo
cerca
di
produrre
percezioni
il
più
possibile
eleganti:
semplici,
ordinate,
simmetriche, regolari e
prevedibili.
Il
nostro
sistema
percettivo organizza gli
stimoli nella forma più
semplice possibile.
Esperienza passata


Wertheimer ha aggiunto anche un fattore empirico: la
segmentazione del campo avverrebbe, a parità delle altre
condizioni, anche in funzione delle nostre esperienze passate, in
modo che sarebbe favorita la costituzione di oggetti con i quali
abbiamo più familiarità, che abbiamo già visto, piuttosto che di forme
sconosciute o poco familiari.
In un’accezione più moderata, i gestaltisti consideravano che
l’esperienza passata non influisse sui processi di base ma che
influisse sull’orientare tali processi in particolari direzioni rispetto ad
altre.
Le illusioni ottiche
A volte i nostri processi percettivi, a causa
di condizioni visive inadeguate, possono
indurci in errore.
 La tendenza a percepire i pattern visivi e
gli oggetti come insiemi organizzati è così
forte che in alcuni casi il sistema percettivo
aggiunge elementi mancanti, creando
delle vere illusioni ottiche (percezione
falsa o distorta della realtà).

Le illusioni ottiche

Nel campo delle illusioni, possiamo
distinguere quattro differenti tipi di illusioni
visive:
 figure
ambigue
 figure paradossali
 figure fittizie
 distorsioni
Le illusioni ottiche: figure
paradossali


Se osserviamo attentamente la figura notiamo che non può
esistere come oggetto tridimensionale.
Il nostro sguardo ripercorre incessantemente la figura, come
se andasse alla ricerca di una chiave di soluzione, di un
indizio di stabilità, ma è uno sforzo vano perché è impossibile
trovare una soluzione.
Le illusioni ottiche: figure fittizie

I contorni del triangolo non sono fisicamente presenti,
pur essendo percettivamente colti. Si tratta di contorni
anomali e illusori, generati dalla distribuzione e
dall’organizzazione degli elementi della stimolazione.
Le illusioni ottiche: distorsioni
Illusione di Müller-Lyer
Illusione di Ponzo
Le illusioni ottiche: distorsioni



L’illusione di Müller-Lyer è stata spiegata nel
modo seguente: quando i segmenti che si
trovano alle estremità della linea convergono,
la linea viene percepita come più corta
rispetto a quando divergono.
I segmenti convergenti ci dicono che la linea
è più vicina a noi, quelli divergenti che è più
lontana.
Questa stessa spiegazione è stata applicata
per spiegare anche l’illusione di Ponzo.
Movimento apparente




Grazie a Wertheimer si è saputo molto del
perché percepiamo immagini in movimento
quando guardiamo un film, ad esempio
Egli scoprì che alternando il tempo di
illuminazione fra due fonti luminose vicine era
possibile dare la sensazione di movimento
Con intervalli di 50/100 ms si produceva un
movimento apparente
Con intervalli maggiori si aveva la sensazioni di
vedere due stimoli stazionari
Movimento stroboscopico
(Wertheimer 1912)
beta
Movimento stroboscopico
(Wertheimer 1912)
phi puro
I meccanismi percettivi



I meccanismi delle illusioni percettive sono vari e vanno
esaminati caso per caso.
Il più delle volte si tratta di errori o disfunzioni nei
meccanismi correttivi che il cervello mette in atto (come
ad esempio nelle costanze) e che di solito hanno l’effetto
di migliorare il processo percettivo.
Nel caso del movimento apparente, invece, abbiamo a
che fare con situazioni esterne che vanno oltre i limiti
delle capacità percettive del sistema nervoso.
Percezione della lettura


La lettura è una complessa attività in cui entra in gioco la
percezione, delle singole lettere, delle parole e delle
frasi, ma la parte principale spetta alle funzioni superiori,
in particolare al linguaggio.
Il testo è esplorato a scatti, come l’immagine.

In ogni fissazione si vede bene solo un piccolo tratto di riga (span
percettivo).
 La percezione del testo è discontinua (l’esplorazione è a salti), selettiva
(non tutto il materiale di una riga viene visto) e guidata dal cervello che
si basa soprattutto sull’esigenza di acquisire significati.
 Il cervello integra i dati frammentari raccolti nell’esplorazione del testo
basandosi essenzialmente sui significati.
Processamento umano
dell’informazione

Nel processamento delle informazioni, possiamo
identificare almeno sei importanti unità che sono attive
mentre un individuo umano osserva un oggetto:


recettori sensoriali, registri sensoriali, memoria permanente,
processi di riconoscimento di configurazioni, attenzione e
memoria di servizio.
I recettori sensoriali nel processo visivo sono composti
da milioni di cellule specializzate che rispondono per
prime agli input ambientali. Essi rappresentano il primo
gradino nel processamento di tutte le immagini
provenienti dal mondo esterno.
I processi più importanti



Sono molti i processi che devono essere condotti sugli
stimoli ambientali, per poterne derivare un significato.
Ogni processo richiede del tempo.
Poiché l’ambiente può cambiare rapidamente, e dato
che uno stimolo può terminare prima del completamento
del processo percettivo, potremmo attenderci che
l'analisi di molti stimoli termini a metà, prima che ne sia
determinato il significato.
I processi più importanti


Nei fatti la cosa non è frequente, in quanto noi
siamo dotati di sistemi che trattengono per breve
tempo una rappresentazione abbastanza completa
degli stimoli, e così l’analisi percettiva può essere
condotta a termine.
Sono questi sistemi che costituiscono i registri
sensoriali e sono la seconda componente
importante di processamento delle informazioni
(immagini).
Pattern recognition


Dire che la percezione implica la determinazione
del significato degli stimoli implica che gli individui
abbiano un repertorio permanente di conoscenze
sul loro mondo. E’ questo deposito che va
consultato per determinare il senso di un dato
evento. Nel modello presentato tale componente ha
preso il nome di memoria permanente. E’
improbabile che gli stimoli esistenti nel nostro
ambiente abbiano esattamente la stessa forma
della conoscenza che possediamo del mondo e che
abbiamo
immagazzinato
nella
memoria
permanente.
Entrano allora in gioco numerosi processi di
riconoscimento
di
configurazioni
(pattern
recognition).
Pattern recognition

Le ricerche su questo tema indagano su come l’individuo riesce a
determinare che un particolare insieme di linee e d’angoli è, per
esempio, la lettera A, o un particolare insieme di linee curve
rappresenti una certa immagine. In sostanza, il riconoscimento di
configurazioni si occupa di come gli stimoli ambientali sono
identificati con qualcosa già immagazzinato nella memoria
dell’individuo. Per capire in poche parole cosa accade bisogna
specificare cosa s’intende per concetto o schema. Questi termini si
riferiscono a strutture mentali, ad unità organizzate delle
conoscenze che l’individuo ha del mondo. Noi possediamo un
ampio numero di schemi di questo tipo, per quel che sappiamo sui
libri, fiori, gli alberi, ecc. Essi possono avere vari livelli di generalità,
e possono essere legati ad altri schemi.
La memoria di servizio


Il numero di stimolazioni ambientali ai quali un individuo
potrebbe prestare attenzione è illimitato. Per esempio,
abbiamo visto che vi sono milioni di sfumature di colore,
d’effetti di contrasto, di forme che egli potrebbe
analizzare e percepire. Ma poiché l’individuo ha limitate
capacità di processamento allora egli deve decidere
come distribuirle tra i vari compiti che potrebbe seguire.
E’ questo il processo dell’attenzione.
Un aspetto cruciale della capacità di processare
informazioni risiede nella capacità dell’individuo di porre
in una memoria di servizio alcuni aspetti delle funzioni
cognitive.
La memoria di servizio


Questo tipo di memoria è legato a quel che
comunemente è detto consapevolezza. L’individuo
diventa così capace di controllare o modificare alcuni
processamenti che sta compiendo. Quest’aspetto
consente anche di pianificare o di generare delle
condizioni uniche d’informazioni in cui non si è mai
imbattuto in precedenza (Moates & Schumacher, 1983).
Le sei componenti costituiscono il fondamento in base al
quale si può spiegare come un individuo faccia a trarre
significati dalle immagini visive, a prestar loro attenzione
ed a ricordarle.
La Computer vision

La vista è il più importante sistema sensoriale dell’uomo,
dal quale otteniamo il maggior numero d’informazioni
sull’ambiente che ci circonda. Lo studio di questo settore
rappresenta uno degli argomenti più importanti delle
Scienze Cognitive e dell’Intelligenza Artificiale in quanto,
per poter costruire macchine artificiali capaci di eseguire
compiti adattivi complessi, in ambienti in continuo
mutamento, sicuramente devono essere dotate di
capacità visive. Il sistema visivo umano è molto
complesso dal punto di vista neurofisiologico (Oatley,
1982), anche se il comportamento visivo è attuato in
modo completamente automatico nei soggetti umani.
La Computer vision


Infatti, l’azione del vedere non
trasduzione
di
segnale,
ma
l’interpretazione dell’immagine.
Tale processo presuppone:



è soltanto una
include
anche
l’estrazione
d’informazioni
parziali
che
riguardano
l’individuazione di tutti gli oggetti presenti nell’immagine;
la determinazione delle posizioni spaziali degli oggetti e delle
loro dimensioni;
la costruzione di una rappresentazione sintetica della scena a
partire dall’immagine stessa.
I sistemi di visione artificiale

Il processo visivo, sia naturale sia artificiale, gestisce
una
rilevante
quantità
d’informazioni.
Tale
informazione sono codificate in una matrice
bidimensionale, l’immagine, che rappresenta le
misure della quantità di luce riflessa nell’occhio, o,
per il sistema artificiale nella telecamera, da ogni
punto della superficie degli oggetti tridimensionali
presenti nella scena. Questo lavoro di registrazione
dell’immagine nell’occhio umano è svolto da più di
100 milioni di recettori, presenti nelle due retine. Nel
caso del sistema di visione artificiale, nella
telecamera il numero d’elementi recettori è cento
volte inferiore rispetto all’occhio umano.
I sistemi di visione artificiale

Tuttavia, poiché ogni punto dell’immagine è codificato con un
numero d’otto cifre, la quantità d’informazioni presenti in ogni
immagine è veramente imponente. Per imitare l’occhio umano è
necessario che il sistema visivo artificiale sia in grado di
processare almeno alcune immagini il secondo. Per cui, nella
progettazione di tali sistemi è necessario prevedere la
disponibilità di calcolatori con enorme capacità computazionale e
di dispositivi dedicati per compiere il calcolo ad altissima velocità
o in tempo reale. Nonostante tutta l’informazione che un
calcolatore può stivare e computare per un’immagine, essa
risulta insufficiente per il problema della proiezione del mondo
tridimensionale sulla superficie bidimensionale dell’immagine,
che determina una perdita d’informazione sulla profondità con la
comparsa d’ambiguità interpretative.
La tridimensionalità

Come si passa dalla realtà tridimensionale della scena al
mondo bidimensionale dell’immagine è un argomento
che fu affrontato per la prima volta dagli artisti del
Rinascimento, che, per superare il problema della
realizzazione d’opere pittoriche realistiche, inventarono
un modello prospettico di formazione dell’immagine,
attualmente utilizzato anche per la visione artificiale
(Kruger, 1990). Secondo tale modello, l’immagine di una
scena
tridimensionale,
vista
dall’angolazione
dell’osservatore, si ottiene come intersezione con un
piano dei raggi luminosi congiungenti i punti della scena
con il punto di vista scelto (Mangili e Musso, 1992)
La visione artificiale


Analizzando invece alcuni processi della visione
artificiale, ci si rende conto che il compito che deve
svolgere la macchina è rovesciato, rispetto agli artisti
rinascimentali: mentre l’artista ha l’obiettivo di costruire
un’immagine, a partire dal mondo reale, il sistema di
visione artificiale deve invece, partendo dall’immagine,
ricostruire o interpretare il modello tridimensionale.
Le metodologie studiate per affrontare questo problema
sono di due tipi: l’approccio monoculare e quello
binoculare.
La visione artificiale



Il primo approccio analizza le scene basandosi su
immagini singole, mentre il secondo seguendo una
strategia di tipo umano, sfrutta la cooperazione e la
concatenazione di più immagini di una scena ripresa da
più punti di vista, per ricostruire la stessa scena.
La differenza tra le due alternative si coglie se si fa il
paragone con la visione umana, quando si utilizza un
solo occhio e quando si utilizzano due occhi.
Nel primo caso, visione con un solo occhio, sia la
profondità sia le proporzioni fra gli oggetti presenti in una
scena sono molto difficili da percepire.
Conclusioni



Il nostro sistema visivo opera continuamente
confronti e mette in relazione gli stimoli percepiti in
modo da riconoscerli e semmai dargli un significato
Ogni cosa quindi ha una funzione: il colore, il
movimento, gli indici propriocettivi, gli indici di
profondità, la relazione fra gli elementi, la
segmentazione figura sfondo, ecc.
Queste informazioni (parallele) che vengono
continuamente integrate ci permettono di vivere in
un ambiente, anche a costo di interpretare
l’ambiente come in realtà non è.
Conclusioni
c
Le informazioni vengono continuamente
integrate in base a quello che noi già
sappiamo del mondo (top-down) e a
quello che recepiamo (bottom-up), in
modo da rientrare comunque in uno
schema.
L’integrazione di questi elementi e delle
nostre conoscenze apprese e ri-elaborate
ci permettono di dare un senso ai pattern
visivi, come quello della figura.
c
Percorso di autoverifica
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La sensazione
La psicofisica
Elaborazione delle informazioni e riconoscimento
degli oggetti
Cosa si intende per percezione e le principali
teorie
L’articolazione figura-sfondo
La teoria della Gestalt
Figure reversibili e bistabili
Le leggi o principi dell’organizzazione percettiva
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Sensazione e percezione