La banda del
bruco:
Ovvero come
farla franca
davanti ai
pericoli
L’aspetto di molti bruchi è poco rassicurante: alcuni
sembrano serpenti in miniatura, altri sono dotati di aculei
appuntiti e minacciosi. Per fortuna la maggior parte dei
bruchi italiani è inoffensiva. Non è così in sud America
dove alcuni bruchi possono uccidere l’uomo con veleni
rapidissimi. Nelle nostre zone, al massimo, si rischia un
lieve prurito. Ma perché accade? In natura nessun
animale attacca per crudeltà, il più delle volte l’attacco
nasce dalla paura o dalla necessità di sopravvivere.
Perché vedendo un bruco ci infastidiamo? Perché
gridiamo “ che schifo, un verme?” forse perché l’uomo è
spaventato da tutto ciò che non conosce o perché
nell’immaginario comune tutto ciò che striscia deve
essere schiacciato; comunque sia questa breve scheda
serve per far apprezzare i bruchi attraverso la loro
ingegnosità e chissà che domani vedendone uno non vi
venga da sorridere anziché da gridare! Qual è l’obiettivo
principale di un bruco? Ma è ovvio cerca di diventare una
farfalla ma per farlo deve poter sopravvivere abbastanza
a lungo motivo per cui, ogni bruco ha una sua strategia
di sopravvivenza vediamone alcune.
Chi preferisce l’attacco il bruco dell’Automeris io provoca
la paralisi di chiunque si avvicini troppo
….. E chi la difesa: il bruco della Perola
qui sotto finge di essere una foglia
Anche in questi casi la sopravvivenza dipende dalla
capacità di mimetizzarsi: a sinistra il bruco della
Attaccus atlas si finge un fiore,
il bruco della famiglia dei Geometridi si finge un ramo
Il bruco della specie Megalopygidae si finge una foglia
Pua!!!!! Che cattivo sapore
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Non toccatemi, faccio male!!!
Chi vince con l’inganno
Chi di mangiare non smetterà mai
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Nelle nostre zone uno dei bruchi più insidiosi è quello della
Processionaria che provoca irritazioni cutanee, bolle e
pruriti. Cadono vittime di questo bruco molti bambini
che, incuriositi, si avvicinano per toccarlo. Nel
linguaggio comune il bruco della Processionaria è
anche detto GATTA PELOSA. Molte specie di
Lepidotteri accumulano nei loro tessuti, durante la vita
larvale, i veleni delle piante che costituiscono la loro
dieta e li usano a loro vantaggio rendendosi pericolosi.
Nel Kalahari ad esempio, gli indigeni utilizzano questi
bruchi per avvelenare le loro frecce. Se il veleno può
essere utile ad un bruco per difendersi esso si può
trasformere un un potente elisir d’amore nella farfalla
adulta. Segue questa strategia il maschio delle farfalle
del genere Danaus che sfrutta il veleno accumulato da
bruco per stimolare le femmine all’accoppiamento.
Molti bruchi si nutrono dilarve di formica e per
raggiungere utilizzano due tecniche:
in alcuni casi si fingono morti e si fanno trasportare nel
formicaio dove poi compiono il massacro;
in altri entrano attivamente nel formicaio tollerati dalle
formiche che sono ghiotte di una sostanza zuccherina
emessa di bruchi stessi. Una volta entrati fanno
manbassa delle giovani larve.
I bruchi, come tutti gli animali, mettono in atto numerose
tecniche di sopravvivenza e se c’è chi attacca c’è anche chi
fugge. Il bruco della Bradypicola per esempio, vive nascosto
nella pelliccia dei Bradipi per sfuggire agli uccelli predatori. I
bruchi Geometridi invece restano immobili a corpo eretto su
gli alberi fingendosi rami e sviando l’avversario. Molte specie
tropicali, allo stadio di bruchi, assumono la livrea di serpenti
velenosi o spaventano gli avversari con finti occhi di fuoco.
Non c’è da stupirsi se si pensa che anche gli uomini
adottano alcune di queste tecniche. I militari indossano tute
mimetiche per non essere visti, gli indigeni di molte
popolazioni si dipingono il volto durante la caccia o durante
le battaglie e non da ultimo quando siamo spaventati anche
noi gridiamo, ci agitiamo e tentiamo di impaurire il nostro
avversario. La stessa tecnica è quella che usiamo per
mettere in fuga un animale o una vipera in montagna. Per
concludere questa breve trattazione occorre ricordare che i
bruchi sono considerati vere lecornie presso moltissime
etnie. Alcuni scritti ci confermano che presso i Romani le
larve della farfalla rodilegno, Couss couss, condite con il
miele erano un cibo da cerimonia. Per chi volesse quindi
approffondire l’aspetto culinario c’è un sito internet dedicato
alla cottura degli insetti: www.food-insects.com.
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