Itinerario di formazione per catechisti all’inizio del cammino Anno pastorale 2015/2016 PRIMAVERA NELLA CHIESA PRIMAVERA NELLA CHIESA CANTIAMO A TE Dal vangelo di Matteo In quel tempo Gesù disse: «Per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un'ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede?». Atto di speranza CCC, n.1817-1819 Comunemente “speranza” è sinonimo di fortuna o meglio auspicio che vada bene, proprio quando non hai molte carte da giocare. Quando le hai provate un po’ tutte, quando non sai più che pesce pigliare: allora speri che comunque ti vada bene. E poi quando lo racconti dici di essere stato fortunato. Nel linguaggio e negli atteggiamenti comuni la fortuna o sfortuna è il risultato della speranza. Famoso il detto: LA SPERANZA È L’ULTIMA A MORIRE Visto che “non costa nulla” tanto vale continuare a sperare; se andrà bene: sarò contento, se andrà male: manderò tutto a quel paese! Altro detto famoso: L’UOMO VIVE SPERANDO L’uomo è incapace di dare un nome preciso alla sua speranza anche se non può fare a meno di sperare. I cristiani parlano spesso di speranza; Dio in Gesù Cristo ci consente di dare un nome alla speranza. • Speranza di risuscitare; • Speranza di vincere il potere della morte; • Speranza di nuovi cieli e nuova terra; • Speranza di partecipare alla condizione del Figlio; • Speranza di riconciliazione con tutte le creature. Dalla lettera di San Paolo ap. ai Romani Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? L’uomo di oggi in cosa e in chi pone la sua speranza? Il linguaggio cristiano popolare ha dato un nome semplice alla meta della speranza cristiana: “cielo”. Che “cielo” sia soltanto una metafora è troppo evidente, una metafora oggi non più molto espressiva: basti pensare alla confusione che fanno i bambini ormai disincantati di fronte all’uso religioso della parola “cielo”. Nel suo senso profondo l’immagine del “cielo” vuole indicare come il destino dell’uomo è là dove con le sue energie egli non può arrivare; vuole indicare anche come l’uomo cammina verso la immutabilità e incorruttibilità che sembra appartenere alle stelle. • Il cielo • Il paradiso • La santità • La beatitudine • Il mondo di Dio • La visione beatifica La virtù della speranza la scrittura la paragona al tema del “vedere”. Non vedere, «stare nelle tenebre e nell’ombra della morte» (Lc 1,79), è uno dei più profondi e comprensibili motivi di sofferenza della condizione dell’uomo. Si comprende come nel “vedere” possa essere riconosciuta la “beatitudine”, il termine del cammino umano. 42,2-6 3 L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente: quando verrò e vedrò il volto di Dio? 4 Le lacrime sono mio pane giorno e notte, mentre mi dicono sempre: «Dov'è il tuo Dio?». 5 Questo io ricordo, e il mio cuore si strugge: attraverso la folla avanzavo tra i primi fino alla casa di Dio, in mezzo ai canti di gioia di una moltitudine in festa. 6 Perché ti rattristi, anima mia, perché su di me gemi? Spera in Dio: ancora potrò lodarlo, lui, salvezza del mio volto e mio Dio. L’uomo aspira alla contemplazione del volto di Dio, ma nello stesso tempo comprende anche la forte disparità tra i due volti e l’impossibilità per gli occhi umani nel poter scorgere il volto di Dio. 5,1-12 1 Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. 2 Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo: 3 «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. 4 Beati gli afflitti, perché saranno consolati. 5 Beati i miti, perché erediteranno la terra. 6 Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. 7 Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. 8 Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. 9 Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. 10 Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. 11 Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12 Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi. Non è possibile esprimere la meta della speranza cristiana con un concetto chiaro e distinto: solo in immagini se ne può parlare. Ed è giusto che sia così, perché la speranza cristiana ha questo di caratteristico, d’essere speranza in Dio. Un futuro ancora assente, ma pure progettato dall’uomo, può essere immaginato e descritto; un futuro invece che è Dio stesso può essere soltanto suggerito e intravisto mediante figure. Soeren Kierkegard PREVIDENZA Complesso delle assicurazioni sociali finanziate mediante contribuzione obbligatoria, che garantisce il lavoratore e la sua famiglia da eventi che riducono o fanno cessare il reddito PROVVIDENZA L’amore gratuito, smisurato, misericordioso di Dio nei confronti del creato La speranza cristiana non è un sentimento spontaneo e naturale, non è semplice ottimismo, ma un dono di Dio che ha in lui la sua origine e la sua sorgente. 6,25-34 Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un'ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena. La speranza è quindi un dono? Oppure è qualcosa che uno ha e un altro non ha? È rifiutabile oppure ti è buttata addosso e devi tenertela? San Paolo ai Filippesi 1,21