1 Comitato scientifico Vittorio Gusella Università degli Studi di Perugia Claudia Conforti Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” Renata Codello Soprintendenza dei Beni Architettonici e Paesaggistici di Venezia e Laguna Sabine Frommel Université Paris–Sorbonne (Paris 4) A partire dall’osservazione che il monumento è il risultato di apporti di discipline e di pratiche operative diverse ed eterogenee, che in esso si fondono unitariamente, e che i provvedimenti di prevenzione e di restauro privi della necessaria interdisciplinarietà hanno provocato guasti , talvolta più gravi e irrimediabili degli eventi ambientali a cui il monumento è naturalmente sottoposto, è scaturita la proposta della collana AID Monuments. Volendo, più correttamente dovendo, operare coralmente per la messa a punto di una “cultura della difesa dei monumenti”, la collana vuole essere un agone ove si possano confrontare, liberamente e senza alcuna preclusione, punti di vista molteplici e diversi: dal rilievo alla storia dell’architettura, dalla scienza e tecnica delle costruzioni al restauro filologico, dal progetto architettonico all’urbanistica. Se recupera in toto lo spirito della prima edizione della conferenza internazionale da cui prende il nome, la collana AID Monuments desidera arricchirsi di un ulteriore tema di primario interesse nella difesa del patrimonio monumentale: stabilire, con il dialogo e il confronto, un legame forte fra il mondo universitario della didattica e della ricerca e il mondo che sovraintende alla conservazione, alla gestione e alla riuso dei monumenti. La collana si apre quindi agli apporti che intendano porsi quali contributi alla realizzazione di un laboratorio interdisciplinare per la difesa di monumenti. Luciano Cardellicchio La nuova Bibliotheca Hertziana L’architettura e la sua costruzione Aid Monuments – Collana editoriale con obbligo del Peer review (SSD A08 – Ingegneria Civile e Architettura), in ottemperanza alle direttive del Consiglio Universitario Nazionale (CUN), dell’Agenzia Nazionale del sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR) e della Valutazione Qualità della Ricerca (VQR). Peer Review per conto della Direzione o di un membro della Redazione e di un Esperto Esterno (clear peer review). Copyright © MMXV ARACNE editrice int.le S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Quarto Negroni, 15 00040 Ariccia (RM) (06) 93781065 isbn 978–88–548–8411–3 I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: maggio 2015 Ad Anna e Michelangelo Ringraziamenti Ringrazio sentitamente la prof.ssa Sybille Ebert-Schifferer e la prof.ssa Elisabeth Kieven per aver supportato la prosecuzione della ricerca alla base di questo testo oltre la conclusione della mia tesi di dottorato. Un ringraziamento speciale ad Enrico Da Gai per avermi concesso il privilegio di studiare il farsi di questo edificio da protagonista e non da estraneo osservatore. Grazie di cuore alla dott.ssa Angelika Gabrielli e all’arch. Elena Parducci, per l’aiuto indispensabile al ritrovamento dei documenti tecnici e per non essersi mai negate a chiarimenti sul complesso iter progettuale. Un ringraziamento particolare al prof. Don Gray per avermi dato l’opportunità di lavorare a questo testo presso la Kent School of Architecture, uno dei più stimolanti ambienti di ricerca per l’Architettura nel Regno Unito. Ringrazio inoltre: i responsabili del Reparto Edile della Max-Planck di Monaco, in special modo Reiner Pighi e Carl Hegon Heintz, per aver preso a cuore il progetto di ricerca; ringrazio con affetto e stima l’ing. Alfredo Marimpietri, il prof. Alberto Parducci, e il prof. Sergio Olivero per la disponibilità nel regalarmi continue spiegazioni sulla complessa statica dell’edificio; Michelangelo Esposito e Bruno Parlamenti dell’impresa di costruzione, per la loro gentilezza nell’accesso continuo al cantiere per fini di ricerca; il prof. Flaminio Lucchini per la sua generosità accademica che ha accompagnato i miei ultimi anni di studio in Italia; il prof. Vittorio Gusella per aver creduto nel progetto editoriale. Un affettuoso grazie all’ing. Paolo Stracchi per aver contribuito ad elaborare le immagini del modello strutturale presenti in questo testo e all’arch. Eljor Kerciku e al prof. Federico de Matteis per aver donato i loro servizi fotografici sull’edificio concluso. Un grazie sincero a Jacob Robert Howie, Enrica Ciarniello e Alessio Stefanelli per l’aiuto nella correzione finale del testo. Il ringraziamento più grande va al mio mentore, la prof.ssa Claudia Conforti, che mi ha guidato sin dai primi passi della mia carriera accademica, insegnandomi il valore della buona ricerca e la passione per la divulgazione. Indice 11Introduzione 13 I palazzi dell’Hertziana e il loro sviluppo 33 Il contemporaneo che abita la storia: il concorso del 1994 43 Baldeweg e l’Hertziana: l’architettura e il suo progettista 61 I primi passi verso la costruzione: il Piano di Recupero del 1999 73 La gestione del progetto e il restauro dei palazzi storici 83 Lo sviluppo progettuale: un ponte nel sottosuolo di Roma 95 Governare le incertezze: il progetto esecutivo strutturale 111 Storie dal cantiere 149 The new Hertziana Library: the architectural proposal and its construction 157 Riferimenti bibliografici 9 10 Introduzione La Bibliotheca Hertziana è la sede di ricerca sull’arte italiana del Max-Planck-Gesellschaft, ente tedesco, non governativo, per la promozione delle scienze. L’ente non-profit, con sede a Monaco di Baviera, finanziato per la maggior parte da fondi del Governo Statale e del Governo Federale tedesco, comprende tre aree scientifiche, nelle quali si allineano i vari istituti di ricerca: medicina e biologia, chimica, fisica e tecnologia e scienze umanistiche. All’interno di quest’ultima sezione si inserisce la Bibliotheca Hertziana con sede a Roma. Dal 1977 sono a capo dell’istituto romano due direttori, che si alternano con un ritmo biennale nel ruolo di amministratore delegato. Fino a oggi sono stati direttori dell’istituto: Ernst Steinmann (19131934); Leo Bruhns (1934-1943); Franz Graf Wolff Metternich (1953-1963), Wolfgang Lotz (1963-1980), Matthias Winner (1977-1999), Christoph Luitpold Frommel (19772001). A partire dal primo settembre 1999 è stata nominata Elisabeth Kieven (in carica fino al 2014) e dal primo ottobre 2001 Sybille Ebert-Schifferer. Lo studio della storia dell’arte italiana dal post-antico al tardo barocco può giovarsi della biblioteca con oltre 225.000 volumi e della fototeca, dirette ciascuna da un direttore responsabile. L’esponenziale incremento di libri ha saturato i depositi e l’edificio, che ospita numerose sale di lettura a scaffale aperto. La costruzione, prodotto di continue aggiunte edilizie, risulta pericolosamente inadeguata alle norme antincendio e di sicurezza fin dai primi anni novanta. Nel 1994 viene elaborato un progetto di messa a norma dello stabile che dimostra che l’edificio non è in grado di reggere ulteriori incrementi di libri e di lettori: il che significa la sua morte funzionale. I vertici della Max-Planck, allora, ipotizzano la demolizione di una parte dell’aggregato edilizio e, tramite concorso a inviti, la sua riconfigurazione conforme alle normative di sicurezza e all’incremento librario anche nel lungo periodo. Inizia così un po’ in sordina uno degli episodi di rinnovamento edilizio di maggiore complessità tecnico-costruttiva mai eseguiti a Roma. Destreggiandosi tra innumerevoli vincoli archeologici, urbanistici ed edilizi, delicatissime preesistenze archeologiche e complessità ambientali, si apre un cantiere veramente mirabolante per vincoli logistici e strumentali, che si conclude nel maggio 2013 quando la nuova Bibliotheca Hertziana riapre le porte. Questa eccezionale congiuntura architettonica, urbanistica e costruttiva è narrata in questo scritto attraverso il monitoraggio di un cantiere anomalo, a vocazione europea, fino alla lettura più squisitamente architettonica del manufatto. Lo studio analizza simultaneamente l’edificio progettato dall’architetto madrileno Juan Navarro Baldeweg e il suo farsi costruttivo, individuando e valutando gli originali contributi delle professionalità convergenti nel compimento di un’opera tanto speciale. L’edificio una volta compiuto, dissimula, per una precisa scelta espressiva, il complesso e inedito sistema costruttivo che lo sostiene. L’eleganza lieve ed equilibrata dell’architettura non suggerisce in alcun modo le difficoltà e le acrobazie tecniche e gestionali che ne hanno consentito la costruzione, contrassegnata dalla sofisticata artigianalità che ha scandito la storia del suo cantiere. Una storia che deve essere rammentata perché è originale e perché può tracciare in filigrana le linee guida per interventi di risanamento edilizio in centri storici, densamente stratificati. 11 Per ricomporre le fasi progettuali e le procedure burocratiche del progetto sono stati analizzati documenti dell’ufficio tecnico della Bibliotheca Hertziana, dell’ufficio tecnico dell’impresa costruttrice, degli studi di progettazione architettonica, strutturale e impiantistica, oltre che dell’ufficio preposto al coordinamento e alla direzione dei 12 lavori dell’opera. La conoscenza del procedimento di costruzione è frutto di una constante presenza sul cantiere di chi scrive; i dati raccolti sono stati rielaborati e posti a fondamento di un modello tridimensionale dell’impianto costruttivo, utile alla comprensione del farsi dell’oggetto, anche a cantiere concluso. I palazzi dell’Hertziana e il loro sviluppo Il complesso di edifici della Bibliotheca Hertziana consta oggi di quattro unità edilizie: il villino Stroganoff sito in via Gregoriana e tre palazzi, costruiti in epoche diverse, occupanti l’estremo settentrionale dell’isola urbana che da piazza Trinità dei Monti scende verso via Capo le Case. I tre palazzi insistono su un’area di forma trapezoidale, confinante a nord-est con via Sistina, a nord-ovest con piazza Trinità dei Monti e a sud-ovest con via Gregoriana. La penisola è composta dal cinquecentesco Palazzo Zuccari, dimora e studio dell’omonimo scultore e pittore Federico, dopo il quale, seguendo l’asse longitudinale del complesso, parallelo a via Sistina, segue il Palazzo Nuovo, costruito in diverse epoche nell’area dell’antico giardino di Palazzo Zuccari, per concludersi con l’ottocentesco Palazzo Stroganoff. La configurazione dei palazzi anteriore all’intervento oggetto di questo volume, vede una forte disomogeneità dell’assetto distributivo, una scarsa coesione funzionale e architettonica tra i manufatti e una seria inadeguatezza alle norme edilizie per la sicurezza e la prevenzione dagli incendi degli edifici. Questo dato è il risultato del continuo inanellarsi di forti rimaneggiamenti edilizi, di interventi puntuali di ampliamento e di incisivi e irrispettosi restauri che sin dalla (definitiva) partenza da Roma di Federico Zuccari, avvenuta nel 1599 lasciando la fabbrica della sua casa-studio incompleta, hanno caratterizzato la sorte di questa porzione di città. Grazie alla riurbanizzazione delle pendici del Pincio, intrapresa nei pontificati di Gregorio XIII (1572-1585) e Sisto V (1585-1590), il sito a ridosso di Trinità dei Monti aveva conosciuto un rinato interesse edilizio, promosso da particolari privilegi pontifici previsti per i potenziali costruttori1. Infatti, prima del tracciamento delle due strade papali, la breve via Gregoriana e la grandiosa via Sistina, la zona, seppur ricca di ville patrizie, era incolta e per la maggior parte abbandonata sin dal tempo in cui i Goti avevano distrutto i condotti che adducevano l’acqua sul colle. Alla fine del XVI secolo nell’area gravitano solo il monastero francese di Trinità dei Monti e la residenza del Cardinale di Montepulciano, la futura Villa Medici. Il 15 giugno 1587, in una solenne cerimonia, Papa Sisto V riconduce l’acqua sul colle, grazie alla riattivazione dell’acquedotto Vergine: si può approntare in questo modo l’importante operazione di espansione immobiliare prefissata. In un tale contesto il pittore Federico Zuccari (1542/15431609) decide nel 1590 di acquistare la stretta lingua di suolo edificabile compresa fra i tratti iniziali delle due nuove strade per erigere il suo studio e la sua dimora. Il palazzo è concepito da Zuccari in tre parti distinte sia in pianta che in volumetria: uno studio con accesso da Trinità dei Monti, un corpo residenziale con accesso da via Sistina, e un significativo giardino con accesso da via Gregoriana. Il muro di cinta di quest’ultimo è caratterizzato da un portale in tufo e travertino dalle sembianze mostruose affiancato da due finestre dagli stessi lineamenti. Questa tripartizione planimetrica cadenza un lungo corridoio (più uno stretto vestibolo) che consente la prospettiva longitudinale di tutto il complesso, unendo l’accesso in testata al varco sul giardino. Tale asse congiunge le parti del palazzo che mantengono la loro autonomia architettonica e funzionale anche in pianta. Lo studio che affaccia su Trinità dei Monti, infatti, si apre al piano terra con un proprio vestibolo di ingresso, seguito 13 da due stanze per la bottega e una scala a doppia rampa per accedere direttamente al piano nobile dello studio. Il corpo residenziale è anch’esso provvisto di un vestibolo di ingresso da via Sistina e uno scalone a tre rampe, in asse con lo stesso ingresso, addossato a via Gregoriana. I piani, che in origine dovevano essere solo due più un attico, sono divisi tra loro in facciata da sottili cornici: la parte su via Sistina, infatti, è delimitata da fasce verticali bugnate; la mezzeria del corpo residenziale è sottolineata da un portale bugnato a tutto sesto e dalla sequenza più serrata delle tre finestre centrali. La stessa articolazione è ripetuta, semplificata, nel fronte su via Gregoriana, che è inconfondibilmente caratterizzato, come prospetto secondario, dal portale di accesso agli scantinati e dall’asimmetria delle finestre che danno luce allo scalone occidentale del palazzo. La pianta del piano nobile e quella del piano terra mostrano il saldo rapporto che il palazzo ha con la sua corte-giardino. Nell’abitazione si riconosce una fascia meridionale composta da una loggia al piano terreno chiamata Sala Terrena, affrescata con un pergolato di rose, e una galleria di affaccio al piano nobile. Entrambi gli spazi si aprono sul giardino con delle ampie arcate che segnano la facciata meridionale. Questo fronte interno è serrato da due torrini murari nei quali sono allogate due scale a chiocciola di collegamento tra la galleria e il giardino sottostante. L’intima connessione tra la fascia estrema dell’edificio e il giardino è evidente anche in alzato: su via Sistina la campata corrispondente alla galleria è separata mediante una netta cesura dal fronte residenziale, mentre su via Gregoriana la finestra al pianterreno della campata in esame è uno dei tre mascheroni, che forma quindi, insieme con il portale e con la finestra gemella, un motivo simmetrico centrato proprio sull’asse di accesso al giardino. Quest’ultimo è di pianta più o meno quadrata con 25 metri di lato e provvisto, nell’angolo orientale, di un piccolo fabbricato a due piani staccato dal corpo di fabbrica principale tramite una pensilina, dove probabilmente erano allogate le stanze della servitù e le stalle. Questo nucleo non è databile 14 La nuova Bibliotheca Hertziana in maniera precisa, ma compare chiaramente nella pianta del piano nobile custodita al Museo di Roma, redatta circa nel 1700. Il piccolo fabbricato a due livelli sarà poi il nucleo primigenio della settecentesca Casa dei Preti ovvero il primo insediamento edilizio all’interno del giardino cinquecentesco. A questo seguiranno a più riprese nei secoli successivi diversi interventi (non chiaramente databili) che ridurranno il giardino all’angusto cortile di un palazzo di epoca moderna, successivamente liberato dall’arioso intervento contemporaneo. La costruzione del palazzo romano è per Zuccari l’inizio del declino finanziario: per reperire le ingenti somme necessarie al completamento della fabbrica, Zuccari, non investito di incarichi importanti a Roma, parte nel 1599 per un viaggio nell’Italia settentrionale, in cerca di commesse. Muore nel 1609 ad Ancona senza far più ritorno a Roma, lasciando completo il corpo di fabbrica dello studio e la sua casa edificata fino per il primo piano. Durante il viaggio Zuccari fa testamento dando innanzitutto le disposizioni sul futuro uso del palazzo: mentre il corpo residenziale rimane ai due figli superstiti, lo studio doveva essere il luogo dove fondare un’Accademia delle arti, in cui poveri artisti avrebbero potuto trovare ricovero. In realtà i figli di Zuccari affittano da subito la casa, non ancora ultimata, al nobile Marcantonio Toscanella, che la completa con un progetto difforme dalle intenzioni originali. Il noto architetto Girolamo Rainaldi è incaricato, infatti, di portare a termine la parte residenziale e di sopraelevarla con un altro piano e un secondo attico. Con questo intervento, però, il corpo di fabbrica diventa più alto di quello adibito a studio, in contrasto con la gerarchia stabilita da Zuccari per le tre parti del palazzo. Per quanto riguarda il giardino, esso non risulta avere ancora nessuna costruzione gravitante nella sua area, come dimostra una veduta di Giovanni Maggi del 1625, e lo stesso si può riscontrare in una veduta più precisa del 1676, di Giovanni Battista Falda, nella quale è evidente la distinzione delle tre parti del palazzo. Dopo la morte di Toscanella gli eredi di Zuccari riprendono il possesso del palazzo e lo con- Figura 1 – Roma, Trinità dei Monti; sullo sfondo la testata di Palazzo Zuccari. (©Bibliotheca Hertziana) I palazzi dell’Hertziana e il loro sviluppo 15 Figura 2 – Inquadramento dei fabbricati appartenenti alla Bibliotheca Hertziana. Dall’alto verso il basso: Palazzo Zuccari, l’Edificio Nuovo, Palazzo Stroganoff. (©Studio Da Gai Architetti) serveranno fino al 1904. Dal 1703 al 1714 la casa è abitata dalla regina di Polonia Maria Casimira, che interviene sul palazzo aggiungendo un portico mistilineo su colonne, sormontato da un balcone, addossato alla testata su Trinità dei Monti, ribattezzato nell’ottocento il Tempietto. La pianta di Roma di Giovan Battista Nolli del 1748 segna già l’aderenza tra Palazzo Zuccari e il corpo di fabbrica a sud del giardino. Nel 1756 i frati Salesiani acquistano questo fabbricato (che per questo prenderà il nome di Casa dei Preti) per istallarvi una scuola: l’ampliamento che negli anni ha avuto questo manufatto si spinge a sud ovest fino a via Gregoriana, rimanendo comunque staccato dalla facciata sul giardino di Palazzo Zuccari al quale è addossato solo grazie a un portico-tettoia, come è visibile nel dipinto del 1837 di Eugen Napoleon Neureuther. Nella stessa immagine è possibile riscontrare che, alla data del dipinto, l’ampliamento e la sopra16 La nuova Bibliotheca Hertziana elevazione della Casa dei Preti hanno già la configurazione definitiva, riconoscibile ancora nell’attuale prospetto, lungo la facciata di via Gregoriana. Nel 1904 Henriette Hertz, nata nel 1846 da una famiglia ebrea di Colonia, dopo aver preso in affitto un appartamento nel palazzo, diventa proprietaria di tutto il fabbricato grazie ai finanziamenti provenienti dai signori Mond, un’agiata coppia di amici fraterni, presso i quali la Hertz esercita le sue tendenze storico-letterarie2. La nuova proprietaria incarica l’architetto Mariano Cannizzaro di ristrutturare e restaurare il Palazzo. L’intervento è estremamente incisivo: si improntano lavori che stravolgeranno definitivamente l’impianto cinquecentesco del fabbricato e, soprattutto, del giardino. I rilevi delle facciate antecedenti ai lavori iniziati nell’agosto del 1904 (conclusi nel 1907) redatti da Giovanni Maria Perrone, segretario della signorina Hertz, mostrano il disordinato impaginato delle finestre su tutti i fronti; in particolare su via Sistina il vecchio muro di recinzione del giardino, alzato di un piano, è in quel momento aderente a Palazzo Zuccari, e su via Gregoriana il Mascherone è ancora nella posizione concepita da Zuccari. Il baricentro del Palazzo viene spostato da via Sistina alla più signorile via Gregoriana, sulla quale, grazie alla demolizione dello scalone cinquecentesco, si sposta l’ingresso al palazzo. La scala della parte residenziale, quindi, viene girata su via Sistina e quella dello studio sostituita con un’altra semicircolare, disposta proprio sull’asse dell’antico vestibolo longitudinale. Nella sequenza di eventi che hanno ridotto il giardino Zuccari a un’incoerente massa edilizia alla fine degli anni ’60 del novecento, gli ampliamenti di cubatura voluti da Henriette Hertz segnano i punti nodali. Cannizzaro, infatti, progetta una nuova ala all’interno del giardino, adiacente a via Gregoriana e alta quanto lo studio di Zuccari, composta da una sala a doppia altezza per i concerti (Sala Bach) e da un terzo piano adibito a sala da ballo. L’intervento sbalorditivo è caratterizzato dal prospetto di questa nuova ala (che conserverà l’impaginato negli anni successivi) nel quale è inglobato il complesso delle tre aperture a forma di mostro, slittate dall’assetto originario di una campata e centrate sull’asse di simmetria del nuovo corpo di fabbrica. Con questa costruzione si concretizza quindi un fronte compatto su via Gregoriana che dall’ultima campata di Palazzo Zuccari, diventa prospetto, riallacciandosi con una rientranza (dal secondo piano in poi) alla facciata sud-occidentale della Casa dei Preti, e portando il fronte alla condizione dello stato attuale: si priva così definitivamente il giardino della fascia adiacente al Mascherone. Quest’ultimo, tamponato dall’interno, perde la funzione di varco e assume il ruolo di apparato scultoreo decorativo. La composizione dei volumi su via Gregoriana è improntata da Cannizzaro su una nuova simmetria centrata sull’ingresso del corpo residenziale, che ora è serrato ai lati da due parti dallo stesso peso volumetrico, lo studio e la nuova ala. Anche le antiche rimesse su via Sistina vengono sopraelevate di un piano fino all’altezza odierna, previo un intervento sulle sottofondazioni per rinsaldare il fabbricato esistente. Il “nuovo” palazzo viene inaugurato nel 1908 e diventa subito un luogo d’incontro per la società colta e cosmopolita della capitale. L’idea della Hertz di istituire nel palazzo una fondazione per il culto delle arti e della musica è rinvigorita dalla proposta di uno studioso appassionato di Rinascimento fiorentino, Ernst Steinmann, di mettere al centro di questa fondazione una biblioteca come principale strumento scientifico di ricerca. Dopo un tentativo dell’aprile del 1910, naufragato nel novembre dello stesso anno, di un’intesa con lo Stato Tedesco per la creazione di un istituto internazionale per lo studio dell’arte e della civiltà del Rinascimento (Römisches Institut für Kunstgeschichte), con particolare riguardo a Roma, la Hertz accetta il consiglio di Theodor Lewald, consigliere del ministro degli Interni del Reich, che gli suggerisce l’affiliazione a un ente tedesco di recente istituzione: la Kaiser-Wilhelm-Gesellschaft zür Förderung der Wissenschaften. Figura 3 – Il Mascherone o Portale dei Mostri nella sua posizione originale in una foto dei primi del Novecento. (©Bibliotheca Hertziana) Il 18 settembre 1912 Henriette Hertz lascia in legato alla Gesellschaft il Palazzo Zuccari, come sede della Bibliotheca Hertziana, stabilendo che il palazzo non sarebbe mai stato adibito ad altro scopo e che i libri non sarebbero stati rimossi mai dalle sue sale se non in caso di assoluta necessità. La biblioteca apre per la prima volta le sue sale in occasione del X Congresso internazionale di storia dell’arte che si svolge a I palazzi dell’Hertziana e il loro sviluppo 17 Roma nell’ottobre del 1912. Dal gennaio del 1913 la biblioteca è aperta regolarmente sotto la direzione di Ernst Steinmann. Il 9 aprile dello stesso anno muore Henriette Hertz e la Kaiser-Wilhelm-Gesellschaft entra in possesso del lascito. Nel 1914, dopo lo scoppio della guerra, il palazzo chiude i battenti e viene sequestrato dallo Stato italiano come proprietà nemica; riapre nel 1919 con il ritorno a Roma del suo direttore. “Secondo il criterio direttivo formulato da Steinmann, l’Hertziana deve consolidare in silenzio la sua posizione, in modo da diventare a poco a poco un’istituzione che abbia in sé stessa la garanzia della propria sopravvivenza3”. Dopo il 1927 il Ministero degli Esteri tedesco e la stessa Kaiser-Wilhelm-Gesellschaft contribuiscono al finanziamento dell’Hertziana, rendendo possibile un aumento dell’organico, che prima di allora era composto solo dal direttore e da un assistente bibliotecario. In questi anni la crescita della Bibliotheca comporta la prima acquisizione di nuovi spazi: nel 1932 l’istituto si riappropria della Sala Bach, precedentemente data in affitto a un’organizzazione concertistica, riconvertita nel 1936, con il nuovo nome di “Sala Goethe”, in sala lettura. Si rientra in possesso, dunque, di tutti i fabbricati allora gravitanti all’interno dell’antico giardino. Il progetto di riconversione configura un nuovo assetto per la fascia sud della parte basamentale della facciata di via Gregoriana. Viene realizzato un basamento in stucco a ricorsi regolari, nel quale vengono ridisegnate le due porte di accesso alla sala; si unisce, così, il registro con i mascheroni al fronte ovest della Casa dei Preti. Dopo la seconda guerra mondiale l’attività dell’istituto tedesco (sequestrato durante il conflitto dalle autorità militari alleate) viene garantita da un organismo fondato appositamente per la conservazione del patrimonio scientifico di enti stranieri in Italia: l’Unione Internazionale degli Istituti di Archeologia, Storia e Storia dell’Arte in Roma. Il problema della restituzione dell’istituto al governo federale tedesco viene affrontato per conto della Max-Planck-Gesellschaft, subentrata 18 La nuova Bibliotheca Hertziana alla Kaiser-Wilhelm-Gesellschaft. Lo stato giuridico disciplinare dell’istituto è chiarito nel corso di trattative fra il Cancelliere Adenauer e il Presidente del Consiglio De Gasperi: in questa occasione è confermato che la biblioteca non sarebbe mai stata rimossa da Roma e che nell’attività scientifica dell’istituto la lingua italiana e quella tedesca avrebbero avuto uguale risalto. Il 18 giugno 1953 entra in vigore un accordo fra Italia e Repubblica Federale Tedesca, con il quale cessa lo stato di sequestro dell’istituto che il primo ottobre dello stesso anno riapre l’attività di ricerca con il nuovo nome di Bibliotheca Hertziana Max-Planck-Institut4. L’attività dell’istituto sarà successivamente riconosciuta all’interno della legislazione italiana dall’Accordo culturale tra l’Italia e la Germania e scambio di note di cui alle Disposizioni e comunicati del Ministero degli Affari Esteri sanciti a Bonn l’8 febbraio 19565. Nella seconda metà del novecento l’attività della biblioteca vede un ampliamento notevole del patrimonio edilizio, dovuto all’esponenziale incremento di testi e ricerche scientifiche dovuto al generale clima di espansione economica. Fra il 1962 e il 1966 la fascia di costruzioni murarie della Casa dei Preti viene demolita, approntando però la conservazione delle facciate storiche, per lasciare spazio a un edificio in acciaio e solai latero-cementizi, impostato all’interno dei fronti storici su di un trapezio irregolare adiacente al confine meridionale dell’antico giardino. Ancora una volta si riduce la superficie della corte. Questo nuovo inserto, denominato Edificio Nuovo, è progettato dall’architetto Silvio Galizia (1925-1989). Esso si compone di cinque piani fuori terra, adibiti a deposito e sale lettura, e di due piani interrati, rispettivamente a quota -3,00 e -6,80 metri dalla quota della soglia del Mascherone, adibiti entrambi a deposito. Il progetto, approvato dal Comune di Roma6, prevede un ampio sistema di vetrate per l’illuminazione delle sale lettura che si affacciano sul cortile e, con degli importanti salti di quota tra varie porzioni di solaio, l’unificazione anulare di tutti i fabbricati attorno al cortile stesso. Purtroppo il pro- getto così configurato non risolve globalmente l’assetto dei fabbricati all’interno dell’ ex giardino, sebbene appronti una demolizione di alcune parti, ma definisce, con poca lungimiranza, solo un ulteriore intervento puntuale, con la sola finalità dell’aumento di cubatura. Oltre alla demolizione e ricostruzione della fascia meridionale, infatti, in occasione dei lavori di ampliamento si interviene anche sulle preesistenze del giardino: la distribuzione dell’ala su via Sistina viene riconfigurata con la demolizione dei tramezzi interni a la costruzione di un nuovo solaio in acciaio con lo scopo di migliorare il collegamento con Palazzo Zuccari. Quest’ultimo intervento sottolinea la sorprendente eterogeneità costruttiva all’interno di questa piccola porzione di città: il nucleo più antico su via Sistina è realizzato in muratura piena e solai in putrelle e voltine di laterizio, l’ala su via Gregoriana è costruita con una doppia fila di pilastri in ghisa tamponati in muratura, e da ultimo, il nucleo moderno che è realizzato in acciaio e vetro. La già difficile armonia costruttiva e funzionale tra i fabbricati viene portata alle estreme conseguenze con l’acquisto (avvenuto nel 1963, già in fase di progetto dell’Edificio Nuovo) della proprietà limitrofa al fianco meridionale della Casa dei Preti: l’ottocentesco Palazzo Stroganoff. Quest’ultimo fabbricato si forma per la ricostruzione parziale a opera dell’architetto Giovanni Riggi, della casa del pittore Salvator Rosa. Il lotto su cui si impostava l’abitazione, confinante con la Casa dei Preti, è rettangolare con i lati corti affacciati sulle due strade cinquecentesche: il fabbricato è disposto su via Gregoriana, mentre su via Sistina si presentava un giardino. Acquistata dal conte Gregor Stroganoff nel 1888, che era entrato in possesso di un notevole capitale grazie alla costruzione delle ferrovie siberiane, la casa viene ristrutturata dalle fondamenta e ampliata a formare un palazzo sacrificando l’area settentrionale del giardino di Casa Rosa7. L’adeguamento, in fase di cantiere, delle quote dei solai a questa nuova entità immobiliare, viene articolata ancora una volta con tentativi puntuali e non complessivi, comportando Figura 4 – Il tempietto di Palazzo Zuccari sulla testata di affaccio su piazza Trinità dei Monti in una foto dei primi del Novecento. (©Bibliotheca Hertziana) scelte architettoniche che rendono il nuovo fabbricato della biblioteca poco funzionale già dopo l’inaugurazione. Nella quasi bulimica necessità di sfruttare al massimo ogni area disponibile del fabbricato in costruzione Galizia decide I palazzi dell’Hertziana e il loro sviluppo 19 di spostare il corpo per i collegamenti verticali in una nicchia di palazzo Stroganoff, annettendo questa porzione sottratta al fabbricato ottocentesco all’Edificio Nuovo. La pianta trapezoidale di quest’ultimo viene così liberata dall’ingombro della scala e dell’ascensore, comportando un sostanziale incremento di superficie utile per le scaffalature. La nuova scala8 così assemblata, aperta direttamente sulle sale lettura e i magazzini, si trasforma in una scomoda struttura di collegamento. Per unire le diverse quote di Palazzo Stroganoff i solai dell’Edificio Nuovo non hanno mai un interpiano comune: il secondo livello, a esempio, ha un’altezza netta di 2,70 metri, il terzo 2,40 metri, per arrivare addirittura a 2,00 metri al quarto livello. Ne consegue che la scala non ha un andamento dei gradini costante e in alcuni punti gli intradossi delle rampe sono prossimi ai piani di calpestio. Le ragioni dell’intervento L’edificio costruito sull’antico giardino di palazzo Zuccari è quindi il risultato di una serie di aggregazioni edilizie diacroniche, svolte progressivamente senza un piano programmatico di estensione della cubatura da parte dell’istituto. In particolare, l’intervento appena descritto degli anni ’60 mostra sin dall’inizio la completa inadeguatezza sotto il profilo della prevenzione antincendi, rilevante per il carico combustibile presente in una biblioteca. Tutte le zone dell’Edificio Nuovo non sono compartimentate, e lo stesso accade per la scala che quindi non può essere considerata una via di fuga. I percorsi stessi ai singoli piani, da una qualunque parte dell’edificio alle uscite su strada, sono intervallati da un continua presenza di gradini e dislivelli, che non garantiscono un deflusso omogeneo dei fruitori e del personale della biblioteca. Per la legge n. 966, del 26 luglio 1965, che sancisce l’obbligo di ottenere il Certificato di Prevenzione Antincendi (CPA), lo stabile si trova, quindi, in una condizione di assoluta inadeguatezza. Per la legge del 7 dicembre 1984, n. 818, diventa obbligatorio da parte dell’istituto l’ottenimento del Nulla Osta 20 La nuova Bibliotheca Hertziana Provvisorio (NOP) entro il 31 dicembre 1989, in attesa dell’adeguamento definitivo per il conseguimento del CPA necessario alla sopravvivenza della biblioteca. A questo scopo, nell’ottobre del 1985 si redige un primo progetto per l’istallazione di un impianto antincendio e per l’adeguamento delle centrali termiche. La Bibliotheca Hertziana ottiene in data 25 settembre 1990 il NOP con scadenza 30 giugno 1994: entro tale data l’istituto dovrebbe presentare al Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco un progetto globale di riassetto dell’edificio. La redazione di questo progetto, a cura dell’architetto dell’Hertziana Giuseppe Papillo viene condotta in stretta collaborazione con Enzo Santagati, colonnello dei Vigili del Fuoco. In una memoria datata 5 maggio 1990 Papillo scrive: In data 30-01-1990, nei locali della Bibliotheca Hertziana, si è tenuto l’incontro con il Colonnello dei Vigili del Fuoco Enzo Santagati. Nell’incontro, presenti i Direttori della Bibliotheca Hertziana, i Tecnici della M.P.G. (Max-Planck-Gesellshaft) e il sottoscritto, sono stati presi in esame e confermati dal Col. Santagati i problemi generali e in particolare l’assenza di una compartimentazione della Bibliotheca fondamentale ai fini del C.P.A.. Della compartimentazione interessa l’ala nuova della Bibliotheca sia in orizzontale che in verticale, costituita dalla scala principale. Quest’ultima, in caso di incendio, rappresenta l’elemento di propagazione a tutti i piani; diventa nel caso specifico il punto nodale per l’ottenimento del C.P.A.. Sempre nello stesso incontro sono emerse due proposte progettuali possibili ai fini della compartimentazione della suddetta scala. La prima riguardava la realizzazione su ogni piano di un corridoio di disimpegno, che comprenda la scala e l’ascensore, mediante la costruzione di una parete tagliafuoco, con all’estremità porte REI 120, a chiusura automatica, collegate all’impianto di rilevamento fumi. La seconda prendeva in esame la possibilità di realizzare, utilizzando il vano dell’attuale, una nuova scala con all’interno un nuovo ascensore; in modo da realizzare la compartimentazione a filo parete.