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Comitato scientifico
Vittorio Gusella
Università degli Studi di Perugia
Claudia Conforti
Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”
Renata Codello
Soprintendenza dei Beni Architettonici
e Paesaggistici di Venezia e Laguna
Sabine Frommel
Université Paris–Sorbonne (Paris 4)
A partire dall’osservazione che il monumento è il risultato di apporti di discipline e di pratiche operative diverse ed eterogenee,
che in esso si fondono unitariamente, e che i provvedimenti di
prevenzione e di restauro privi della necessaria interdisciplinarietà
hanno provocato guasti , talvolta più gravi e irrimediabili degli
eventi ambientali a cui il monumento è naturalmente sottoposto,
è scaturita la proposta della collana AID Monuments.
Volendo, più correttamente dovendo, operare coralmente per la
messa a punto di una “cultura della difesa dei monumenti”, la collana vuole essere un agone ove si possano confrontare, liberamente
e senza alcuna preclusione, punti di vista molteplici e diversi: dal
rilievo alla storia dell’architettura, dalla scienza e tecnica delle costruzioni al restauro filologico, dal progetto architettonico all’urbanistica. Se recupera in toto lo spirito della prima edizione della
conferenza internazionale da cui prende il nome, la collana AID
Monuments desidera arricchirsi di un ulteriore tema di primario
interesse nella difesa del patrimonio monumentale: stabilire, con
il dialogo e il confronto, un legame forte fra il mondo universitario della didattica e della ricerca e il mondo che sovraintende alla
conservazione, alla gestione e alla riuso dei monumenti.
La collana si apre quindi agli apporti che intendano porsi quali
contributi alla realizzazione di un laboratorio interdisciplinare per
la difesa di monumenti.
Luciano Cardellicchio
La nuova Bibliotheca Hertziana
L’architettura e la sua costruzione
Aid Monuments – Collana editoriale con obbligo del Peer review (SSD A08 – Ingegneria Civile e Architettura), in ottemperanza alle direttive del
Consiglio Universitario Nazionale (CUN), dell’Agenzia Nazionale del sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR) e della Valutazione Qualità
della Ricerca (VQR). Peer Review per conto della Direzione o di un membro della Redazione e di un Esperto Esterno (clear peer review).
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via Quarto Negroni, 15
00040 Ariccia (RM)
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isbn 978–88–548–8411–3
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: maggio 2015
Ad Anna e Michelangelo
Ringraziamenti
Ringrazio sentitamente la prof.ssa Sybille Ebert-Schifferer e la prof.ssa Elisabeth Kieven per aver supportato la prosecuzione della ricerca alla base di questo testo oltre la conclusione della mia tesi di dottorato.
Un ringraziamento speciale ad Enrico Da Gai per avermi concesso il privilegio di studiare il farsi di
questo edificio da protagonista e non da estraneo osservatore. Grazie di cuore alla dott.ssa Angelika
Gabrielli e all’arch. Elena Parducci, per l’aiuto indispensabile al ritrovamento dei documenti tecnici e
per non essersi mai negate a chiarimenti sul complesso iter progettuale.
Un ringraziamento particolare al prof. Don Gray per avermi dato l’opportunità di lavorare a questo
testo presso la Kent School of Architecture, uno dei più stimolanti ambienti di ricerca per l’Architettura
nel Regno Unito.
Ringrazio inoltre: i responsabili del Reparto Edile della Max-Planck di Monaco, in special modo
Reiner Pighi e Carl Hegon Heintz, per aver preso a cuore il progetto di ricerca; ringrazio con affetto
e stima l’ing. Alfredo Marimpietri, il prof. Alberto Parducci, e il prof. Sergio Olivero per la disponibilità nel regalarmi continue spiegazioni sulla complessa statica dell’edificio; Michelangelo Esposito e
Bruno Parlamenti dell’impresa di costruzione, per la loro gentilezza nell’accesso continuo al cantiere
per fini di ricerca; il prof. Flaminio Lucchini per la sua generosità accademica che ha accompagnato
i miei ultimi anni di studio in Italia; il prof. Vittorio Gusella per aver creduto nel progetto editoriale.
Un affettuoso grazie all’ing. Paolo Stracchi per aver contribuito ad elaborare le immagini del modello
strutturale presenti in questo testo e all’arch. Eljor Kerciku e al prof. Federico de Matteis per aver donato
i loro servizi fotografici sull’edificio concluso. Un grazie sincero a Jacob Robert Howie, Enrica Ciarniello
e Alessio Stefanelli per l’aiuto nella correzione finale del testo.
Il ringraziamento più grande va al mio mentore, la prof.ssa Claudia Conforti, che mi ha guidato sin
dai primi passi della mia carriera accademica, insegnandomi il valore della buona ricerca e la passione
per la divulgazione.
Indice
11Introduzione
13 I palazzi dell’Hertziana e il loro sviluppo
33 Il contemporaneo che abita la storia: il concorso del 1994
43 Baldeweg e l’Hertziana: l’architettura e il suo progettista
61 I primi passi verso la costruzione: il Piano di Recupero del 1999
73 La gestione del progetto e il restauro dei palazzi storici
83 Lo sviluppo progettuale: un ponte nel sottosuolo di Roma
95 Governare le incertezze: il progetto esecutivo strutturale
111 Storie dal cantiere
149 The new Hertziana Library: the architectural proposal and its construction
157 Riferimenti bibliografici
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Introduzione
La Bibliotheca Hertziana è la sede di ricerca sull’arte italiana
del Max-Planck-Gesellschaft, ente tedesco, non governativo, per la promozione delle scienze. L’ente non-profit, con
sede a Monaco di Baviera, finanziato per la maggior parte da
fondi del Governo Statale e del Governo Federale tedesco,
comprende tre aree scientifiche, nelle quali si allineano i vari
istituti di ricerca: medicina e biologia, chimica, fisica e tecnologia e scienze umanistiche.
All’interno di quest’ultima sezione si inserisce la Bibliotheca Hertziana con sede a Roma. Dal 1977 sono a capo
dell’istituto romano due direttori, che si alternano con un
ritmo biennale nel ruolo di amministratore delegato. Fino a
oggi sono stati direttori dell’istituto: Ernst Steinmann (19131934); Leo Bruhns (1934-1943); Franz Graf Wolff Metternich (1953-1963), Wolfgang Lotz (1963-1980), Matthias
Winner (1977-1999), Christoph Luitpold Frommel (19772001). A partire dal primo settembre 1999 è stata nominata
Elisabeth Kieven (in carica fino al 2014) e dal primo ottobre
2001 Sybille Ebert-Schifferer.
Lo studio della storia dell’arte italiana dal post-antico al
tardo barocco può giovarsi della biblioteca con oltre 225.000
volumi e della fototeca, dirette ciascuna da un direttore responsabile.
L’esponenziale incremento di libri ha saturato i depositi e
l’edificio, che ospita numerose sale di lettura a scaffale aperto.
La costruzione, prodotto di continue aggiunte edilizie, risulta
pericolosamente inadeguata alle norme antincendio e di sicurezza fin dai primi anni novanta. Nel 1994 viene elaborato
un progetto di messa a norma dello stabile che dimostra che
l’edificio non è in grado di reggere ulteriori incrementi di libri
e di lettori: il che significa la sua morte funzionale.
I vertici della Max-Planck, allora, ipotizzano la demolizione di una parte dell’aggregato edilizio e, tramite concorso
a inviti, la sua riconfigurazione conforme alle normative di
sicurezza e all’incremento librario anche nel lungo periodo.
Inizia così un po’ in sordina uno degli episodi di rinnovamento edilizio di maggiore complessità tecnico-costruttiva
mai eseguiti a Roma. Destreggiandosi tra innumerevoli vincoli archeologici, urbanistici ed edilizi, delicatissime preesistenze archeologiche e complessità ambientali, si apre un
cantiere veramente mirabolante per vincoli logistici e strumentali, che si conclude nel maggio 2013 quando la nuova
Bibliotheca Hertziana riapre le porte.
Questa eccezionale congiuntura architettonica, urbanistica e costruttiva è narrata in questo scritto attraverso il
monitoraggio di un cantiere anomalo, a vocazione europea, fino alla lettura più squisitamente architettonica del
manufatto. Lo studio analizza simultaneamente l’edificio
progettato dall’architetto madrileno Juan Navarro Baldeweg e il suo farsi costruttivo, individuando e valutando
gli originali contributi delle professionalità convergenti nel
compimento di un’opera tanto speciale. L’edificio una volta
compiuto, dissimula, per una precisa scelta espressiva, il
complesso e inedito sistema costruttivo che lo sostiene. L’eleganza lieve ed equilibrata dell’architettura non suggerisce
in alcun modo le difficoltà e le acrobazie tecniche e gestionali che ne hanno consentito la costruzione, contrassegnata
dalla sofisticata artigianalità che ha scandito la storia del
suo cantiere. Una storia che deve essere rammentata perché
è originale e perché può tracciare in filigrana le linee guida
per interventi di risanamento edilizio in centri storici, densamente stratificati.
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Per ricomporre le fasi progettuali e le procedure burocratiche del progetto sono stati analizzati documenti
dell’ufficio tecnico della Bibliotheca Hertziana, dell’ufficio
tecnico dell’impresa costruttrice, degli studi di progettazione architettonica, strutturale e impiantistica, oltre che
dell’ufficio preposto al coordinamento e alla direzione dei
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lavori dell’opera. La conoscenza del procedimento di costruzione è frutto di una constante presenza sul cantiere
di chi scrive; i dati raccolti sono stati rielaborati e posti a
fondamento di un modello tridimensionale dell’impianto
costruttivo, utile alla comprensione del farsi dell’oggetto,
anche a cantiere concluso.
I palazzi dell’Hertziana e il loro sviluppo
Il complesso di edifici della Bibliotheca Hertziana consta
oggi di quattro unità edilizie: il villino Stroganoff sito in via
Gregoriana e tre palazzi, costruiti in epoche diverse, occupanti l’estremo settentrionale dell’isola urbana che da piazza
Trinità dei Monti scende verso via Capo le Case. I tre palazzi insistono su un’area di forma trapezoidale, confinante
a nord-est con via Sistina, a nord-ovest con piazza Trinità
dei Monti e a sud-ovest con via Gregoriana. La penisola è
composta dal cinquecentesco Palazzo Zuccari, dimora e studio dell’omonimo scultore e pittore Federico, dopo il quale,
seguendo l’asse longitudinale del complesso, parallelo a via
Sistina, segue il Palazzo Nuovo, costruito in diverse epoche
nell’area dell’antico giardino di Palazzo Zuccari, per concludersi con l’ottocentesco Palazzo Stroganoff.
La configurazione dei palazzi anteriore all’intervento oggetto di questo volume, vede una forte disomogeneità dell’assetto distributivo, una scarsa coesione funzionale e architettonica tra i manufatti e una seria inadeguatezza alle norme
edilizie per la sicurezza e la prevenzione dagli incendi degli
edifici. Questo dato è il risultato del continuo inanellarsi di
forti rimaneggiamenti edilizi, di interventi puntuali di ampliamento e di incisivi e irrispettosi restauri che sin dalla (definitiva) partenza da Roma di Federico Zuccari, avvenuta nel 1599
lasciando la fabbrica della sua casa-studio incompleta, hanno
caratterizzato la sorte di questa porzione di città.
Grazie alla riurbanizzazione delle pendici del Pincio, intrapresa nei pontificati di Gregorio XIII (1572-1585) e Sisto
V (1585-1590), il sito a ridosso di Trinità dei Monti aveva
conosciuto un rinato interesse edilizio, promosso da particolari privilegi pontifici previsti per i potenziali costruttori1.
Infatti, prima del tracciamento delle due strade papali, la
breve via Gregoriana e la grandiosa via Sistina, la zona, seppur ricca di ville patrizie, era incolta e per la maggior parte
abbandonata sin dal tempo in cui i Goti avevano distrutto i
condotti che adducevano l’acqua sul colle. Alla fine del XVI
secolo nell’area gravitano solo il monastero francese di Trinità dei Monti e la residenza del Cardinale di Montepulciano,
la futura Villa Medici. Il 15 giugno 1587, in una solenne
cerimonia, Papa Sisto V riconduce l’acqua sul colle, grazie
alla riattivazione dell’acquedotto Vergine: si può approntare
in questo modo l’importante operazione di espansione immobiliare prefissata.
In un tale contesto il pittore Federico Zuccari (1542/15431609) decide nel 1590 di acquistare la stretta lingua di suolo
edificabile compresa fra i tratti iniziali delle due nuove strade
per erigere il suo studio e la sua dimora.
Il palazzo è concepito da Zuccari in tre parti distinte sia in
pianta che in volumetria: uno studio con accesso da Trinità
dei Monti, un corpo residenziale con accesso da via Sistina,
e un significativo giardino con accesso da via Gregoriana. Il
muro di cinta di quest’ultimo è caratterizzato da un portale in tufo e travertino dalle sembianze mostruose affiancato
da due finestre dagli stessi lineamenti. Questa tripartizione
planimetrica cadenza un lungo corridoio (più uno stretto vestibolo) che consente la prospettiva longitudinale di tutto il
complesso, unendo l’accesso in testata al varco sul giardino.
Tale asse congiunge le parti del palazzo che mantengono
la loro autonomia architettonica e funzionale anche in pianta. Lo studio che affaccia su Trinità dei Monti, infatti, si apre
al piano terra con un proprio vestibolo di ingresso, seguito
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da due stanze per la bottega e una scala a doppia rampa per
accedere direttamente al piano nobile dello studio.
Il corpo residenziale è anch’esso provvisto di un vestibolo
di ingresso da via Sistina e uno scalone a tre rampe, in asse
con lo stesso ingresso, addossato a via Gregoriana.
I piani, che in origine dovevano essere solo due più un attico, sono divisi tra loro in facciata da sottili cornici: la parte
su via Sistina, infatti, è delimitata da fasce verticali bugnate;
la mezzeria del corpo residenziale è sottolineata da un portale bugnato a tutto sesto e dalla sequenza più serrata delle
tre finestre centrali. La stessa articolazione è ripetuta, semplificata, nel fronte su via Gregoriana, che è inconfondibilmente caratterizzato, come prospetto secondario, dal portale
di accesso agli scantinati e dall’asimmetria delle finestre che
danno luce allo scalone occidentale del palazzo.
La pianta del piano nobile e quella del piano terra mostrano il saldo rapporto che il palazzo ha con la sua corte-giardino. Nell’abitazione si riconosce una fascia meridionale composta da una loggia al piano terreno chiamata Sala Terrena,
affrescata con un pergolato di rose, e una galleria di affaccio
al piano nobile. Entrambi gli spazi si aprono sul giardino
con delle ampie arcate che segnano la facciata meridionale.
Questo fronte interno è serrato da due torrini murari nei
quali sono allogate due scale a chiocciola di collegamento tra
la galleria e il giardino sottostante. L’intima connessione tra
la fascia estrema dell’edificio e il giardino è evidente anche in
alzato: su via Sistina la campata corrispondente alla galleria
è separata mediante una netta cesura dal fronte residenziale, mentre su via Gregoriana la finestra al pianterreno della
campata in esame è uno dei tre mascheroni, che forma quindi, insieme con il portale e con la finestra gemella, un motivo
simmetrico centrato proprio sull’asse di accesso al giardino.
Quest’ultimo è di pianta più o meno quadrata con 25 metri
di lato e provvisto, nell’angolo orientale, di un piccolo fabbricato a due piani staccato dal corpo di fabbrica principale
tramite una pensilina, dove probabilmente erano allogate le
stanze della servitù e le stalle. Questo nucleo non è databile
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La nuova Bibliotheca Hertziana
in maniera precisa, ma compare chiaramente nella pianta del
piano nobile custodita al Museo di Roma, redatta circa nel
1700. Il piccolo fabbricato a due livelli sarà poi il nucleo primigenio della settecentesca Casa dei Preti ovvero il primo insediamento edilizio all’interno del giardino cinquecentesco.
A questo seguiranno a più riprese nei secoli successivi diversi
interventi (non chiaramente databili) che ridurranno il giardino all’angusto cortile di un palazzo di epoca moderna, successivamente liberato dall’arioso intervento contemporaneo.
La costruzione del palazzo romano è per Zuccari l’inizio
del declino finanziario: per reperire le ingenti somme necessarie al completamento della fabbrica, Zuccari, non investito
di incarichi importanti a Roma, parte nel 1599 per un viaggio nell’Italia settentrionale, in cerca di commesse. Muore
nel 1609 ad Ancona senza far più ritorno a Roma, lasciando
completo il corpo di fabbrica dello studio e la sua casa edificata fino per il primo piano. Durante il viaggio Zuccari
fa testamento dando innanzitutto le disposizioni sul futuro
uso del palazzo: mentre il corpo residenziale rimane ai due
figli superstiti, lo studio doveva essere il luogo dove fondare
un’Accademia delle arti, in cui poveri artisti avrebbero potuto trovare ricovero. In realtà i figli di Zuccari affittano da
subito la casa, non ancora ultimata, al nobile Marcantonio
Toscanella, che la completa con un progetto difforme dalle
intenzioni originali. Il noto architetto Girolamo Rainaldi è
incaricato, infatti, di portare a termine la parte residenziale
e di sopraelevarla con un altro piano e un secondo attico.
Con questo intervento, però, il corpo di fabbrica diventa più
alto di quello adibito a studio, in contrasto con la gerarchia
stabilita da Zuccari per le tre parti del palazzo.
Per quanto riguarda il giardino, esso non risulta avere
ancora nessuna costruzione gravitante nella sua area, come
dimostra una veduta di Giovanni Maggi del 1625, e lo stesso si può riscontrare in una veduta più precisa del 1676, di
Giovanni Battista Falda, nella quale è evidente la distinzione
delle tre parti del palazzo. Dopo la morte di Toscanella gli
eredi di Zuccari riprendono il possesso del palazzo e lo con-
Figura 1 – Roma, Trinità dei Monti; sullo sfondo la testata di Palazzo Zuccari. (©Bibliotheca Hertziana)
I palazzi dell’Hertziana e il loro sviluppo
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Figura 2 – Inquadramento dei fabbricati appartenenti alla Bibliotheca
Hertziana. Dall’alto verso il basso: Palazzo Zuccari, l’Edificio Nuovo, Palazzo Stroganoff. (©Studio Da Gai Architetti)
serveranno fino al 1904. Dal 1703 al 1714 la casa è abitata
dalla regina di Polonia Maria Casimira, che interviene sul
palazzo aggiungendo un portico mistilineo su colonne, sormontato da un balcone, addossato alla testata su Trinità dei
Monti, ribattezzato nell’ottocento il Tempietto.
La pianta di Roma di Giovan Battista Nolli del 1748 segna già l’aderenza tra Palazzo Zuccari e il corpo di fabbrica a
sud del giardino.
Nel 1756 i frati Salesiani acquistano questo fabbricato (che per questo prenderà il nome di Casa dei Preti) per
istallarvi una scuola: l’ampliamento che negli anni ha avuto
questo manufatto si spinge a sud ovest fino a via Gregoriana,
rimanendo comunque staccato dalla facciata sul giardino di
Palazzo Zuccari al quale è addossato solo grazie a un portico-tettoia, come è visibile nel dipinto del 1837 di Eugen
Napoleon Neureuther. Nella stessa immagine è possibile riscontrare che, alla data del dipinto, l’ampliamento e la sopra16
La nuova Bibliotheca Hertziana
elevazione della Casa dei Preti hanno già la configurazione
definitiva, riconoscibile ancora nell’attuale prospetto, lungo
la facciata di via Gregoriana.
Nel 1904 Henriette Hertz, nata nel 1846 da una famiglia
ebrea di Colonia, dopo aver preso in affitto un appartamento
nel palazzo, diventa proprietaria di tutto il fabbricato grazie ai finanziamenti provenienti dai signori Mond, un’agiata
coppia di amici fraterni, presso i quali la Hertz esercita le sue
tendenze storico-letterarie2. La nuova proprietaria incarica
l’architetto Mariano Cannizzaro di ristrutturare e restaurare
il Palazzo. L’intervento è estremamente incisivo: si improntano lavori che stravolgeranno definitivamente l’impianto
cinquecentesco del fabbricato e, soprattutto, del giardino.
I rilevi delle facciate antecedenti ai lavori iniziati nell’agosto del 1904 (conclusi nel 1907) redatti da Giovanni Maria
Perrone, segretario della signorina Hertz, mostrano il disordinato impaginato delle finestre su tutti i fronti; in particolare su via Sistina il vecchio muro di recinzione del giardino,
alzato di un piano, è in quel momento aderente a Palazzo
Zuccari, e su via Gregoriana il Mascherone è ancora nella
posizione concepita da Zuccari.
Il baricentro del Palazzo viene spostato da via Sistina alla
più signorile via Gregoriana, sulla quale, grazie alla demolizione dello scalone cinquecentesco, si sposta l’ingresso al palazzo.
La scala della parte residenziale, quindi, viene girata su via Sistina e quella dello studio sostituita con un’altra semicircolare,
disposta proprio sull’asse dell’antico vestibolo longitudinale.
Nella sequenza di eventi che hanno ridotto il giardino
Zuccari a un’incoerente massa edilizia alla fine degli anni ’60
del novecento, gli ampliamenti di cubatura voluti da Henriette Hertz segnano i punti nodali. Cannizzaro, infatti, progetta una nuova ala all’interno del giardino, adiacente a via
Gregoriana e alta quanto lo studio di Zuccari, composta da
una sala a doppia altezza per i concerti (Sala Bach) e da un
terzo piano adibito a sala da ballo.
L’intervento sbalorditivo è caratterizzato dal prospetto di questa nuova ala (che conserverà l’impaginato negli
anni successivi) nel quale è inglobato il complesso delle
tre aperture a forma di mostro, slittate dall’assetto originario di una campata e centrate sull’asse di simmetria del
nuovo corpo di fabbrica. Con questa costruzione si concretizza quindi un fronte compatto su via Gregoriana che
dall’ultima campata di Palazzo Zuccari, diventa prospetto, riallacciandosi con una rientranza (dal secondo piano
in poi) alla facciata sud-occidentale della Casa dei Preti,
e portando il fronte alla condizione dello stato attuale: si
priva così definitivamente il giardino della fascia adiacente al Mascherone. Quest’ultimo, tamponato dall’interno,
perde la funzione di varco e assume il ruolo di apparato
scultoreo decorativo.
La composizione dei volumi su via Gregoriana è improntata da Cannizzaro su una nuova simmetria centrata sull’ingresso del corpo residenziale, che ora è serrato ai lati da due
parti dallo stesso peso volumetrico, lo studio e la nuova ala.
Anche le antiche rimesse su via Sistina vengono sopraelevate
di un piano fino all’altezza odierna, previo un intervento sulle sottofondazioni per rinsaldare il fabbricato esistente.
Il “nuovo” palazzo viene inaugurato nel 1908 e diventa
subito un luogo d’incontro per la società colta e cosmopolita
della capitale. L’idea della Hertz di istituire nel palazzo una
fondazione per il culto delle arti e della musica è rinvigorita dalla proposta di uno studioso appassionato di Rinascimento fiorentino, Ernst Steinmann, di mettere al centro di
questa fondazione una biblioteca come principale strumento
scientifico di ricerca.
Dopo un tentativo dell’aprile del 1910, naufragato nel
novembre dello stesso anno, di un’intesa con lo Stato Tedesco per la creazione di un istituto internazionale per lo studio dell’arte e della civiltà del Rinascimento (Römisches Institut für Kunstgeschichte), con particolare riguardo a Roma,
la Hertz accetta il consiglio di Theodor Lewald, consigliere
del ministro degli Interni del Reich, che gli suggerisce l’affiliazione a un ente tedesco di recente istituzione: la Kaiser-Wilhelm-Gesellschaft zür Förderung der Wissenschaften.
Figura 3 – Il Mascherone o Portale dei Mostri nella sua posizione originale
in una foto dei primi del Novecento. (©Bibliotheca Hertziana)
Il 18 settembre 1912 Henriette Hertz lascia in legato alla
Gesellschaft il Palazzo Zuccari, come sede della Bibliotheca
Hertziana, stabilendo che il palazzo non sarebbe mai stato
adibito ad altro scopo e che i libri non sarebbero stati rimossi
mai dalle sue sale se non in caso di assoluta necessità. La
biblioteca apre per la prima volta le sue sale in occasione del
X Congresso internazionale di storia dell’arte che si svolge a
I palazzi dell’Hertziana e il loro sviluppo
17
Roma nell’ottobre del 1912. Dal gennaio del 1913 la biblioteca è aperta regolarmente sotto la direzione di Ernst Steinmann. Il 9 aprile dello stesso anno muore Henriette Hertz
e la Kaiser-Wilhelm-Gesellschaft entra in possesso del lascito.
Nel 1914, dopo lo scoppio della guerra, il palazzo chiude i battenti e viene sequestrato dallo Stato italiano come
proprietà nemica; riapre nel 1919 con il ritorno a Roma del
suo direttore. “Secondo il criterio direttivo formulato da
Steinmann, l’Hertziana deve consolidare in silenzio la sua
posizione, in modo da diventare a poco a poco un’istituzione
che abbia in sé stessa la garanzia della propria sopravvivenza3”. Dopo il 1927 il Ministero degli Esteri tedesco e la stessa
Kaiser-Wilhelm-Gesellschaft contribuiscono al finanziamento
dell’Hertziana, rendendo possibile un aumento dell’organico, che prima di allora era composto solo dal direttore e da
un assistente bibliotecario.
In questi anni la crescita della Bibliotheca comporta la
prima acquisizione di nuovi spazi: nel 1932 l’istituto si riappropria della Sala Bach, precedentemente data in affitto a
un’organizzazione concertistica, riconvertita nel 1936, con
il nuovo nome di “Sala Goethe”, in sala lettura. Si rientra
in possesso, dunque, di tutti i fabbricati allora gravitanti
all’interno dell’antico giardino. Il progetto di riconversione
configura un nuovo assetto per la fascia sud della parte basamentale della facciata di via Gregoriana. Viene realizzato
un basamento in stucco a ricorsi regolari, nel quale vengono ridisegnate le due porte di accesso alla sala; si unisce,
così, il registro con i mascheroni al fronte ovest della Casa
dei Preti.
Dopo la seconda guerra mondiale l’attività dell’istituto
tedesco (sequestrato durante il conflitto dalle autorità militari alleate) viene garantita da un organismo fondato appositamente per la conservazione del patrimonio scientifico di
enti stranieri in Italia: l’Unione Internazionale degli Istituti
di Archeologia, Storia e Storia dell’Arte in Roma. Il problema
della restituzione dell’istituto al governo federale tedesco viene
affrontato per conto della Max-Planck-Gesellschaft, subentrata
18
La nuova Bibliotheca Hertziana
alla Kaiser-Wilhelm-Gesellschaft. Lo stato giuridico disciplinare
dell’istituto è chiarito nel corso di trattative fra il Cancelliere
Adenauer e il Presidente del Consiglio De Gasperi: in questa
occasione è confermato che la biblioteca non sarebbe mai stata
rimossa da Roma e che nell’attività scientifica dell’istituto la
lingua italiana e quella tedesca avrebbero avuto uguale risalto.
Il 18 giugno 1953 entra in vigore un accordo fra Italia e Repubblica Federale Tedesca, con il quale cessa lo stato di sequestro dell’istituto che il primo ottobre dello stesso anno riapre
l’attività di ricerca con il nuovo nome di Bibliotheca Hertziana Max-Planck-Institut4. L’attività dell’istituto sarà successivamente riconosciuta all’interno della legislazione italiana
dall’Accordo culturale tra l’Italia e la Germania e scambio di note
di cui alle Disposizioni e comunicati del Ministero degli Affari
Esteri sanciti a Bonn l’8 febbraio 19565. Nella seconda metà
del novecento l’attività della biblioteca vede un ampliamento notevole del patrimonio edilizio, dovuto all’esponenziale
incremento di testi e ricerche scientifiche dovuto al generale
clima di espansione economica.
Fra il 1962 e il 1966 la fascia di costruzioni murarie della
Casa dei Preti viene demolita, approntando però la conservazione delle facciate storiche, per lasciare spazio a un edificio
in acciaio e solai latero-cementizi, impostato all’interno dei
fronti storici su di un trapezio irregolare adiacente al confine
meridionale dell’antico giardino. Ancora una volta si riduce
la superficie della corte.
Questo nuovo inserto, denominato Edificio Nuovo, è
progettato dall’architetto Silvio Galizia (1925-1989). Esso si
compone di cinque piani fuori terra, adibiti a deposito e sale
lettura, e di due piani interrati, rispettivamente a quota -3,00
e -6,80 metri dalla quota della soglia del Mascherone, adibiti
entrambi a deposito.
Il progetto, approvato dal Comune di Roma6, prevede un
ampio sistema di vetrate per l’illuminazione delle sale lettura
che si affacciano sul cortile e, con degli importanti salti di
quota tra varie porzioni di solaio, l’unificazione anulare di
tutti i fabbricati attorno al cortile stesso. Purtroppo il pro-
getto così configurato non risolve globalmente l’assetto dei
fabbricati all’interno dell’ ex giardino, sebbene appronti una
demolizione di alcune parti, ma definisce, con poca lungimiranza, solo un ulteriore intervento puntuale, con la sola
finalità dell’aumento di cubatura. Oltre alla demolizione e
ricostruzione della fascia meridionale, infatti, in occasione
dei lavori di ampliamento si interviene anche sulle preesistenze del giardino: la distribuzione dell’ala su via Sistina
viene riconfigurata con la demolizione dei tramezzi interni a
la costruzione di un nuovo solaio in acciaio con lo scopo di
migliorare il collegamento con Palazzo Zuccari.
Quest’ultimo intervento sottolinea la sorprendente eterogeneità costruttiva all’interno di questa piccola porzione di
città: il nucleo più antico su via Sistina è realizzato in muratura piena e solai in putrelle e voltine di laterizio, l’ala su via
Gregoriana è costruita con una doppia fila di pilastri in ghisa
tamponati in muratura, e da ultimo, il nucleo moderno che
è realizzato in acciaio e vetro.
La già difficile armonia costruttiva e funzionale tra i fabbricati viene portata alle estreme conseguenze con l’acquisto
(avvenuto nel 1963, già in fase di progetto dell’Edificio Nuovo) della proprietà limitrofa al fianco meridionale della Casa
dei Preti: l’ottocentesco Palazzo Stroganoff.
Quest’ultimo fabbricato si forma per la ricostruzione parziale a opera dell’architetto Giovanni Riggi, della casa del pittore Salvator Rosa. Il lotto su cui si impostava l’abitazione,
confinante con la Casa dei Preti, è rettangolare con i lati corti
affacciati sulle due strade cinquecentesche: il fabbricato è disposto su via Gregoriana, mentre su via Sistina si presentava
un giardino. Acquistata dal conte Gregor Stroganoff nel 1888,
che era entrato in possesso di un notevole capitale grazie alla
costruzione delle ferrovie siberiane, la casa viene ristrutturata
dalle fondamenta e ampliata a formare un palazzo sacrificando
l’area settentrionale del giardino di Casa Rosa7.
L’adeguamento, in fase di cantiere, delle quote dei solai a
questa nuova entità immobiliare, viene articolata ancora una
volta con tentativi puntuali e non complessivi, comportando
Figura 4 – Il tempietto di Palazzo Zuccari sulla testata di affaccio su piazza Trinità dei Monti in una foto dei primi del Novecento. (©Bibliotheca
Hertziana)
scelte architettoniche che rendono il nuovo fabbricato della
biblioteca poco funzionale già dopo l’inaugurazione.
Nella quasi bulimica necessità di sfruttare al massimo ogni
area disponibile del fabbricato in costruzione Galizia decide
I palazzi dell’Hertziana e il loro sviluppo
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di spostare il corpo per i collegamenti verticali in una nicchia
di palazzo Stroganoff, annettendo questa porzione sottratta
al fabbricato ottocentesco all’Edificio Nuovo. La pianta trapezoidale di quest’ultimo viene così liberata dall’ingombro
della scala e dell’ascensore, comportando un sostanziale incremento di superficie utile per le scaffalature.
La nuova scala8 così assemblata, aperta direttamente sulle
sale lettura e i magazzini, si trasforma in una scomoda struttura di collegamento. Per unire le diverse quote di Palazzo
Stroganoff i solai dell’Edificio Nuovo non hanno mai un interpiano comune: il secondo livello, a esempio, ha un’altezza
netta di 2,70 metri, il terzo 2,40 metri, per arrivare addirittura a 2,00 metri al quarto livello. Ne consegue che la scala
non ha un andamento dei gradini costante e in alcuni punti
gli intradossi delle rampe sono prossimi ai piani di calpestio.
Le ragioni dell’intervento
L’edificio costruito sull’antico giardino di palazzo Zuccari è
quindi il risultato di una serie di aggregazioni edilizie diacroniche, svolte progressivamente senza un piano programmatico di estensione della cubatura da parte dell’istituto.
In particolare, l’intervento appena descritto degli anni
’60 mostra sin dall’inizio la completa inadeguatezza sotto il
profilo della prevenzione antincendi, rilevante per il carico
combustibile presente in una biblioteca. Tutte le zone dell’Edificio Nuovo non sono compartimentate, e lo stesso accade
per la scala che quindi non può essere considerata una via di
fuga. I percorsi stessi ai singoli piani, da una qualunque parte
dell’edificio alle uscite su strada, sono intervallati da un continua presenza di gradini e dislivelli, che non garantiscono
un deflusso omogeneo dei fruitori e del personale della biblioteca. Per la legge n. 966, del 26 luglio 1965, che sancisce
l’obbligo di ottenere il Certificato di Prevenzione Antincendi
(CPA), lo stabile si trova, quindi, in una condizione di assoluta inadeguatezza.
Per la legge del 7 dicembre 1984, n. 818, diventa obbligatorio da parte dell’istituto l’ottenimento del Nulla Osta
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La nuova Bibliotheca Hertziana
Provvisorio (NOP) entro il 31 dicembre 1989, in attesa
dell’adeguamento definitivo per il conseguimento del CPA
necessario alla sopravvivenza della biblioteca. A questo scopo, nell’ottobre del 1985 si redige un primo progetto per
l’istallazione di un impianto antincendio e per l’adeguamento delle centrali termiche. La Bibliotheca Hertziana ottiene
in data 25 settembre 1990 il NOP con scadenza 30 giugno
1994: entro tale data l’istituto dovrebbe presentare al Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco un progetto globale
di riassetto dell’edificio. La redazione di questo progetto, a
cura dell’architetto dell’Hertziana Giuseppe Papillo viene
condotta in stretta collaborazione con Enzo Santagati, colonnello dei Vigili del Fuoco. In una memoria datata 5 maggio 1990 Papillo scrive:
In data 30-01-1990, nei locali della Bibliotheca Hertziana,
si è tenuto l’incontro con il Colonnello dei Vigili del Fuoco Enzo Santagati. Nell’incontro, presenti i Direttori della
Bibliotheca Hertziana, i Tecnici della M.P.G. (Max-Planck-Gesellshaft) e il sottoscritto, sono stati presi in esame e
confermati dal Col. Santagati i problemi generali e in particolare l’assenza di una compartimentazione della Bibliotheca fondamentale ai fini del C.P.A..
Della compartimentazione interessa l’ala nuova della Bibliotheca sia in orizzontale che in verticale, costituita dalla
scala principale. Quest’ultima, in caso di incendio, rappresenta l’elemento di propagazione a tutti i piani; diventa nel
caso specifico il punto nodale per l’ottenimento del C.P.A..
Sempre nello stesso incontro sono emerse due proposte
progettuali possibili ai fini della compartimentazione della
suddetta scala.
La prima riguardava la realizzazione su ogni piano di un
corridoio di disimpegno, che comprenda la scala e l’ascensore, mediante la costruzione di una parete tagliafuoco, con
all’estremità porte REI 120, a chiusura automatica, collegate all’impianto di rilevamento fumi.
La seconda prendeva in esame la possibilità di realizzare,
utilizzando il vano dell’attuale, una nuova scala con all’interno un nuovo ascensore; in modo da realizzare la compartimentazione a filo parete.
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