Atti Accademia Nazionale
Italiana di Entomologia
Anno LVII, 2009: 35-47
STRUMENTI QUANTITATIVI PER LO STUDIO
E LA GESTIONE DI SPECIE INVASIVE
GIANNI GILIOLI (*) (***) - JOHANN BAUMGÄRTNER (**) (***)
(*) Università Mediterranea di Reggio Calabria, Dipartimento di Gestione dei Sistemi Agrari e Forestali (GESAF), Feo di Vito - 89122
Reggio Calabria, [email protected]
(**) Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Protezione dei Sistemi Agroalimentare e Urbano e Valorizzazione delle Biodiversità,
(DiPSA), Via Celoria, 2 20133 Milano.
(***) Centre for Analysis of Sustainable Agricultural Systems, Kensington, Cal., USA.
Lettura tenuta nella Sessione Entomologia Agraria nell’ambito del XXII Congresso Nazionale Italiano di Entomologia, Ancona 15-18
giugno 2009.
Quantitative tools for analysis and management of invasive species
To deal with the increased frequency and magnitude of invasive species, risk-based strategies for decision-support are designed.
In several strategic areas, modelling tools are indispensable and used among others, for the identification of risks (maps of
potential distributions) and the analysis of treatment options (containment of already established species). This chapter provides a
brief overview on quantitative tools (models) designed for describing the potential distributions of invasive species (statistical
descriptions, mechanistic models), their establishment and spread. With respect to the spread, modelling tools are developed on
the basis of statistical models, and dynamical models. The latter could consider the spatial dimension as continuous (reactiondiffusion models), or discrete (individual-based models, grid-based – lattice - models, metapopulation models).
In the area of risk identification and potential distributions of invasive species, three tools are used. The first tool exclusively
takes into account the climatic requirements of the invasive species, the second tool focuses on the population ecology and
management, and the third tool treats them as members of communities and applies methods of community ecology to their
study and management.
In the area of the analysis of risk treatment options and the design of containment strategies, ecologists and entomologists also
rely on a wide range of different methodologies. Some tools appear to be suitable for homogeneous environments and large-scale
dispersal processes. Other models are appropriate for low density populations and high biological and environmental variability.
There are also modelling tools that take into account spatial heterogeneity and fragmented landscapes. The selection of
modelling tools depends on the quality of the ecological system under study and management as well as on the objectives to be
met. In general, modelling tools are not seen as an end-product of a project but continuously changed in response to new
information and needs.
KEY WORDS: specie invasive, modelli, analisi del rischio, distribuzione potenziale, diffusione.
1. INTRODUZIONE
In questo lavoro sono analizzati alcuni aspetti
relativi alle invasioni biologiche che sono processi attraverso i quali le specie che non hanno
una storia di presenza in un dato territorio, sono
in grado di superare barriere biogeografiche e di
estendere il loro range distributivo (A NONY MOUS, 2010). La globalizzazione ha avuto e sta
avendo profondi effetti sulle invasioni biologiche (CROWL et al., 2008). L’apertura di nuove
vie commerciali tra Paesi precedentemente di
fatto non interconnessi (AIDE & GRAU, 2004) e
il potenziamento dei mezzi di trasporto ha prodotto un incrementato della frequenza e degli
effetti delle invasioni biologiche, compresa la
possibilità di trasporto di organismi patogeni e
dei loro vettori potenzialmente pericolosi per
l’uomo (CROWL et al., 2008). In aggiunta, i cam– Pubblicato settembre 2010
biamenti climatici e nell’uso del territorio possono interagire con le reti di trasporti di merci e
persone facilitando la diffusione delle specie
invasive fino a scala continentale (D UKES &
MOONEY, 1999; SAKAI et al., 2001; CROWL et al.,
2008). Per DUKES & MOONEY (1999) le invasioni biologiche non sono solo il prodotto del cambiamento globale ma sono esse stesse componenti causali importanti del cambiamento globale. Il rapporto tra cambiamento globale e
dinamica delle invasioni è comunque un tema
complesso. Per D UKES & M OONEY (1999) i
cambiamenti ambientali, come l’incremento
della disponibilità di azoto e della concentrazione di CO2 atmosferica, possono favorire gruppi
di piante e di animali che sono accomunate dalla
presenza di tratti che consentono loro di trarre
beneficio da tali variazioni. Secondo HAMILTON
(2008) la relazione tra fattori ambientali e la
– 36 –
dinamica delle singole specie è meno diretta,
analizzando per esempio il ruolo dell’incremento della CO 2 sulla erbivoria, questo autore
sostiene che è prioritaria la reazione dell’intera
comunità di artropodi e che questa spesso
annulla gli effetti sulle singole specie della variazione di una singola componente ambientale.
In ogni caso è riconosciuto da molti che le specie invasive sono attualmente una delle principali minacce alla biodiversità e di conseguenza al
funzionamento degli ecosistemi e alla fornitura
di servizi degli ecosistemi (DAILY & DASGUPTA,
2001; KOLAR & LODGE, 2001; PARK, 2004; TALLIS & KAREIVA, 2006; CARRETE & TELLA, 2008;
KENIS et al., 2009). L’introduzione di specie non
autoctone e l’ampliamento dell’areale di diffusione delle specie autoctone ha infatti profonde
conseguenze per gli ecosistemi (GÓMEZ-APARICIO & CANHAM, 2008). Le specie introdotte possono imporre nuove pressioni selettive alle specie autoctone (LAU, 2008) che causano variazioni nella ricchezza e abbondanza della fauna e
flora originarie di un dato territorio. Tali pressioni selettive possono anche portare alla estinzione
delle specie autoctone o addirittura alla scomparsa di intere comunità (CROWL et al., 2008).
Dal punto di vista degli ecosistemi la presenza di
specie invasive può produrre alterazioni dei regimi perturbativi, come ad esempio i regimi degli
incendi, modificazioni della qualità dell’acqua e
dei cicli biogeochimici (CROWL et al., 2008). Le
specie invasive possono anche modificare la disponibilità dei servizi degli ecosistemi, vale a dire
delle condizioni e dei processi attraverso cui gli
ecosistemi sostengono e soddisfano le esigenze
della vita umana (D AILY & D ASGUPTA , 2001;
HEIN et al., 2006).
I costi ambientali ed economici dovuti alle
specie invasive sono notevoli. Per gli Stati Uniti
si stimano danni superiori a 120 miliardi di dollari all’anno (PIMENTEL et al., 2005), in Europa
dati riferiti alla Germania parlano di un impatto
economico di 103 milioni di Euro per 8 specie
di piante invasive, di 60 milioni per 6 specie animali (OLSON, 2006). Le specie invasive possono
quindi essere viste come una importante minaccia per le risorse economiche ed ecologiche di
una data area (F ORREST et al., 2006) e il loro
impatto interessa i capitali ecologici, economici
e sociali dei sistemi ecosociali che su tale area
insistono, così come la loro sostenibilità e la loro
resilienza anche a grandi scale spaziali (GILIOLI
& BAUMGÄRTNER, 2007, 2008).
Per quanto riguarda la gestione dei problemi
connessi agli effetti delle specie invasive, la strategia di considerare casi individuali di specie già
stabilitesi in un nuovo territorio non rappresenta una modalità di gestione efficiente. È invece
importante considerare strategie che tengano
conto dell’effettiva o potenziale introduzione di
un ampia gamma di organismi relativamente ad
ampi ambiti territoriali (FORREST et al., 2006;
BATABYAL, 2007). Tali strategie dovrebbero fondarsi in via prioritaria sullo sviluppo e l’impiego
di strumenti a supporto delle decisioni basati
sull’analisi del rischio che consentano di valutare scenari, definire opzioni e stabilire le priorità
nella gestione delle introduzioni (FORREST et al.,
2006; B ATABYAL , 2007).Tra gli altri O LSON
(2006) fornisce una esauriente revisione degli
aspetti economici della gestione delle specie
invasive.
In regioni dove è presente una elevata diversità di uso del suolo, con la formazione di un
landscape «a mosaico» la coordinazione dei
responsabili della gestione delle specie invasive
è molto importante, e l’integrazione degli aspetti peculiari della ecologia di un territorio frammentato nella ricerca e la gestione è essenziale
per il controllo (EPANCHIN-NIELL et al., 2010).
Le strategie di gestione delle specie invasive
devono anche considerare la complessità della
dinamica di sistemi ecologici e sociali (sistemi
ecosociali) interessati, pertanto nell’analisi di
questi sistemi risulta fondamentale l’uso di
modelli (J ØRGENSEN , 2002). In accordo con
CANNAS et al. (2003), i modelli matematici sono,
infatti, l’approccio più efficace per comprendere, fare previsioni e controllare le invasioni. A
tal proposito un esempio interessante è il lavoro
di MACKEE et al. (2008) che propone un modello bioeconomico per la rappresentazione degli
aspetti biologici, economici e normativi relativi
alla gestione di uno specifico problema d’invasione, quello della introduzione alla fine degli
anni 90 della mosca bianca delle serre in California. L’approccio è basato su 3 componenti:
un modello di dinamica della mosca bianca, un
modello sulla relazione tra infestazione e produzione e una funzione di massimizzazione del
profitto del coltivatore. Nel modelli sono poi
introdotti una serie di vincoli alle decisioni. È
importante sottolineare, infine, che lo sviluppo
e l’uso di modelli dovrebbero essere visti come
processi continui che hanno luogo all’interno di
un contesto di gestione. Per sfruttare le potenzialità offerte dai diversi modelli, nel contesto di
un loro uso secondo obiettivi specifici e finalizzati, è richiesto un continuo processo di adattamento degli strumenti stessi (PETERSON et al.,
1997; RYKIEL , 1996; H ILBORN & M ANGEL ,
1997).
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Il contributo qui proposto è in parte basato e
aggiorna una precedente rassegna sulle stesse
tematiche di BAUMGÄRTNER & GILIOLI (2008).
Obiettivo del lavoro è quello di fornire un quadro sistematico degli strumenti quantitativi che
hanno trovato o possono trovare impiego nella
rappresentazione e nello studio dei processi
ecologici e delle dinamiche connesse alle invasioni biologiche. Il fine è quello di mostrare l’utilità di tali strumenti a supporto delle strategie
di gestione delle specie invasive. Il contributo
non si occupa invece delle diverse opzioni strategiche e di politica della gestione, aspetti che
sono invece discussi in dettaglio, tra gli altri, da
M Y E R S et al. (2000), S I M B E R L O F F (2002),
OLSON (2006) e OLSON & ROY (2008) e MACKEE et al. (2008).
2. SISTEMI A SUPPORTO DELLE DECISIONI
I sistemi a supporto delle decisioni (DSS)
basati sulla valutazione del rischio costituiscono
l’ambiente ideale a supporto sia della PRA (Pest
Risk Analysis) sia del Pest Risk Management.
Uno schema di DSS basato sulla valutazione del
rischio è riportato in Figura 1, elaborato a partire da quanto proposto da Forrest e collaboratori (FORREST et al., 2006). Strumenti come que-
Fig. 1
Schema concettuale semplificato delle fasi e degli elementi chiave di guida per lo sviluppo di una Pest Risk Analysis (PRA) e di
un Pest Risk Management (FORREST et al., 2006).
sto forniscono la possibilità di identificare e
analizzare, in modo sistematico e trasparente, i
rischi e stabilire priorità tra i diversi obiettivi
della gestione delle specie invasive.
Schemi concettuali come quello di Fig. 1 e altri
più complessi sono stati elaborati e proposti da
Organismi internazioni che si occupano della
gestione delle specie invasive, come ad esempio
la EPPO (European Plant Protection Organization),
la FAO (Food and Agriculture Organization of
the United Nations) e l’EFSA (European Food
Safety Authority). Tuttavia le metodologie e gli
strumenti utilizzati nelle PRA sembrano in gran
parte ad uno stadio di sviluppo insufficiente per
produrre una valutazione scientifica su base quantitativa del rischio associato agli organismi parassiti delle piante (ROSSI, 2007). Questo si ripercuote
sulla adeguatezza e sulla efficacia delle politiche
e delle procedure decisionali utilizzate nel settore
della difesa fitosanitaria.
Tra i vincoli fondamentali che si frappongo al
pieno sviluppo e utilizzo di procedure scientifiche nella PRA due in particolare meritano
attenzione.
1) Raccolta e organizzazione dei dati. Lo sviluppo di procedure scientifiche di PRA necessita
di una enorme mole di dati. Relativamente a
questo esistono problemi di reperibilità, standardizzazione e organizzazione delle informazione in funzione anche della accessibilità.
Il ricorso ad esperti di singoli settori per valutazioni di tipo qualitativo è una alternativa
che ovvia ad una serie di difficoltà senza tuttavia risolvere i problemi. Inoltre, la mancata
standardizzazione comporta un notevole
consumo di tempo e risorse (ROSSI, 2007).
2) Supporto alle analisi del processo di invasione
e adeguatezza delle tecniche rispetto allo scopo.
Le procedure che sono coinvolte in una PRA
sono oltremodo complesse ed eterogenee e
comprendono l’analisi e la valutazione: i)
delle potenzialità di colonizzazione da parte
di organismi di quarantena o di potenziale
introduzione; ii) delle vie di introduzione, iii)
dei processi di insediamento, iv) dei processi
di diffusione, v) di stime dell’impatto economico ed ambientale. Tale vastità ed eterogeneità deve quindi considerare approcci multidisciplinari. La qualità delle analisi prodotte
dipende dalle metodologie adottate e dai
mezzi tecnici utilizzati per seguire e valutare
processi conseguenti alla introduzione. L’approccio normalmente utilizzato è caso-specifico e sono scarsi i tentativi di confrontare e
omogeneizzare gli strumenti a supporto di
analisi quantitative (ROSSI, 2007).
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Per quanto concerne le problematiche relative al punto 2) gli approcci di modellistica offrono opportunità uniche nel i) supportare analisi
multidisciplinari, ii) integrare i processi di
stima, iii) rendere più efficace e meno onerosa
l’analisi dei processi, la ricerca di soluzioni e la
formulazioni di raccomandazioni, iv) migliorare
le procedure di comunicazione ai decision
makers.
Nella rimanente parte del capitolo saranno
discussi alcuni aspetti salienti del contributo
della modellistica alle analisi e alle valutazioni
proposte nello schema riportato in Fig. 1. In
particolare, nella sezione 3 verrà fornito uno
schema che identifica e definisce i processi e gli
stadi implicati nella invasione. Nella sezione 4
saranno considerati aspetti riguardanti la previsione della distribuzione spaziale potenziale di
specie-obiettivo e la loro mappatura. Nella
sezione 5 ci si occuperà di una descrizione e
classificazione degli approcci di modellistica ai
processi di invasione, dal trasporto, alla introduzione, all’insediamento fino alla diffusione
nel nuovo territorio colonizzato.
3. UNA DEFINIZIONE DEI PROCESSI
Il processo di invasione è un processo di dispersione che comporta il superamento di barriere solitamente non sormontabili in tempi
brevi da una specie che si affidi ai soli mezzi
naturali. L’invasione dà origine ad un incremento dell’areale distributivo di una specie che
risulta essere, quanto meno all’inizio, un areale
disgiunto.
Le invasioni biologiche sono il risultato di una
serie di processi che intervengono a modificare
le caratteristiche di abbondanza e di crescita di
una popolazione. L’insieme dei processi è stato
variamente classificato, utile risulta essere il
richiamo ad una terminologia quanto più possibile neutra e vicina ai meccanismi ecologici
implicati come quella proposta da COLAUTTI &
MACISAAC (2004). Un elenco semplificato dei
processi e dei tipi di popolazioni coinvolti nelle
invasioni è riportato in Fig. 2. Tra i processi si
considerano qui:
a) Trasporto: coinvolge la popolazione che è una
potenziale sorgente di propaguli, altrimenti
definibili come invasori, il trasporto dà origine ad una popolazione di propaguli potenzialmente introducibili in una nuova area;
b)Introduzione: implica la sopravvivenza dei
propaguli trasportati e il loro rilascio nel sito
di destinazione, cui fa seguito l’innesco di un
Fig. 2
Schema in cui si elencano i processi e i tipi di popolazioni coinvolti nelle invasioni.
processo di colonizzazione con lo stabilirsi di
una popolazione fondatrice;
c) Insediamento: comporta la trasformazione
della popolazione fondatrice, altamente soggetta a rischio di estinzione, in una popolazione insediata stabilmente nella nuova area
colonizzata, questo grazie a processi di crescita e di dispersione locale;
d)Dispersione post-insediamento: la popolazione di invasori ormai è consistentemente
accresciuta e rafforza la pressione di popolazione che innesca il meccanismo di dispersione che può essere a corta e/o a lunga distanza,
processi che danno origine, a livello di popolazione, a due specifici pattern di diffusione,
quella continua e quella stratificata.
Questa classificazione considera un numero
minimo di categorie e per questo è caratterizzata da una considerevole generalità. Inoltre, essa
definisce processi e stadi di popolazione che
sono direttamente riferibili a categorie di interventi di gestione: misure di prevenzione e quarantena a livello internazionale (trasporto), ispezione e individuazione di materiale contaminato
(introduzione), rapido intervento ed eradicazione (insediamento), misure di quarantena a livello nazionale, zona di barriera, mitigazione e
recupero (dispersione) (H ULME , 2006; L IEB HOLD &T OBIN , 2008). Inoltre i processi sono
influenzati da una serie di determinanti che
hanno un preciso significato in termini di dinamica di popolazione: i) pressione dei propaguli
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(con cui si esprime il flusso o pressione di popolazione di individui colonizzanti), ii) caratteristiche o tratti delle strategie del ciclo di vita dell’invasore, iii) necessità abiotiche del potenziale
invasore, e iv) interazioni biocenotiche tra specie
introdotta e specie insediate o native o comunque già presenti nel sito colonizzato. La transizione da uno stato di popolazione ad un altro
per mezzo dei processi a)-d) prima descritti può
essere inquadrata in termini probabilistici e le
funzioni che descrivono i processi dipendono
dai determinanti ecologici i)-iv) prima definiti.
Il contributo della modellistica nella PRA è
quindi quello di descrivere le transizioni tra stati
di popolazione tenendo conto dei determinanti
ecologici e valutando l’adeguatezza degli strumenti formali utilizzati al tipo di problema
descritto e agli obiettivi specifici della analisi
condotta.
4. DISTRIBUZIONE SPAZIALE POTENZIALE
La distribuzione potenziale delle specie invasive può essere prevista sulla base di dati climatologici o da telerilevamento (remote sensing) a
partire dalle aree di effettiva distribuzione geografica. Come risultato di tali analisi è possibile
ottenere la distribuzione spaziale potenziale di
una specie che può essere rappresentata tramite
mappe. A tali approcci di tipo puramente estrapolativo può essere aggiunta una componente
meccanicistica, questa consente di sfruttare
informazioni biologiche relative alla specie considerata per produrre mappe più attendibili e
dettagliate della distribuzione geografica potenziale della specie.
Climate matching
CLIMEX (2008) costituisce uno strumento
per la comparazione di dati climatologici di differenti località senza alcun riferimento ad un
organismo in particolare. Inoltre CLIMEX è in
grado guidare alla comprensione del potenziale
impatto del cambiamento climatico sulla distribuzione di specie e sul rischio potenziale derivato da specie invasive per regioni agricole. Il software include una funzione di climate matching,
che può essere usata in assenza di informazioni
e conoscenze sulla distribuzione di una specie,
che fornisce un metodo per la identificazione
dei siti con clima simile per il campionamento
focalizzato, per l’identificazione dei possibili siti
di rilascio o per la valutazione del rischio derivante da specie esotiche (SUTHERST et al., 2000).
Analisi statistiche
Numerosi sono gli esempi di approcci statistici
ai dati spazializzati che mostrano le potenzialità
dei dati telerilevati, in genere da satellite, al fine
di analizzare la distribuzione attuale e potenziale
di specie. Tali tecniche hanno per lo più applicazione nel caso di piante (J OSHI et al., 2004;
WANG, 2008), anche se dati da remoto sono stati
utilizzati per lo studio della diffusione di insetti
(RILEY, 1989). Tra i casi più analizzati vi è sicuramente l’analisi della espansione di Lymantria dispar nel Nord America e degli effetti della deforestazione da questa prodotta (R ILEY , 1989; DE
BEURS &TOWNSEND, 2008).
Rappresentazioni meccanicistiche
Per singole specie il software di simulazione
CLIMEX (2008) è in grado di considerare non
solo le necessità climatiche che sono inferite
dalla distribuzione nota della specie (sia nel suo
areale originario o in una regione diversa qualora essa vi si sia già stabilmente insediata da
lungo tempo), ma anche l’abbondanza relativa
e la fenologia stagionale potenziali (SUTHERST
et al., 2000). A titolo esemplificativo si cita il
lavoro di W OODS & H ARDIE (2008) condotto
tramite l’utilizzo di CLIMEX e finalizzato alla
previsione della distribuzione della carpocapsa
(Cydia pomonella) in Australia. Per singole specie, scenari di cambiamento climatico sono stati
utilizzati come input per CLIMEX nel tentativo di prevedere l’impatto di tale cambiamento
sulla distribuzione potenziale e sulla abbondanza di Oulema melanopus, Meligethes viridescens
e Ceutorynchus obstrictus in Canada (OLFERT &
WEISS, 2006) nelle aree dove queste specie sono
state introdotti di recente.
Per sistemi di popolazioni in interazione sono
stati sviluppati modelli di dinamica di popolazione
a base fisiologica che possono essere utilizzati per
predire la distribuzione spaziale potenziale delle
specie appartenenti a tali sistemi e l’evoluzione
delle reti trofiche in contesti ambientali differenti
(GUTIERREZ, 1996). L’output di questi modelli
può essere integrato in un sistema informativo
geografico (GIS) in grado di rappresentare la distribuzione spaziale di questi sistemi di popolazione (GUTIERREZ et al., 2008).
Per l’analisi di intere comunità, la situazione si
fa ancora più complessa e aspetti della ecologia
di comunità ed ecosistemica devono essere considerati nei modelli che rappresentano la dinamica e l’impatto delle specie invasive (LOHRER et
al., 2008).
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5. MODELLAMENTO DEL PROCESSO DI INVASIONE
5.1. Modelli di trasporto, introduzione
e insediamento
Per la fase di trasporto esistono modelli probabilistici (definiti pathway models) che analizzano la catena di eventi che fa sì che i propaguli
possano entrare in contatto con l’agente di trasporto (beni, mezzi di trasporto, persone, ecc.),
siano trasportati con successo e alla fine rilasciati nel sito di destinazione delle merci per poter
poi transitare sulla risorsa o ospite definitivo.
Tali modelli possono tener conto anche di
aspetti demografici insieme agli aspetti propriamente probabilistici, come nello studio di SKARPAAS & ØKLAND (2009) su Ips typographus. Ulteriori livelli di complessità nell’analisi delle via di
ingresso riguardano l’introduzione di aspetti
legati allo spazio e alle caratteristiche del landscape e alle comunità biotiche che accolgono i
propaguli (HULME, 2009). Pochi modelli hanno
preso in considerazione aspetti delle strategie di
gestione come l’ottimizzazione di strategie di
ispezione e individuazione del parassita o di
valutazione della efficacia di differenti misure di
gestione, questi sono però aspetti estremamente
importanti che meritano futuri approfondimenti di ricerca (HULME, 2009). Ad esempio, in uno
studio dei porti degli Stati Uniti, POWER et al.
(2008), facendo riferimento ai lavori di HEWITT
& MARTIN (2001), hanno determinato lo sforzo
di campionamento appropriato usando i metodi
di GREEN & YOUNG (1993) per specie rare che
seguono una distribuzione di Poisson. In questo
modo è stato calcolato, a titolo esemplificativo,
che è necessaria una dimensione campionaria di
circa 13 campioni per l’individuazione di specie
con una densità media di Poisson di 0.1 individui per campione e con un livello di probabilità
del 95%.
La fase di insediamento rappresenta un periodo critico in cui la specie aumenta progressivamente di densità anche se questo accade solo
nell’intorno del sito di arrivo. La popolazione
fondatrice è in genere costituita da un numero
ridotto di individui, questo fa sì che il rischio di
estinzione sia elevato. E’ stato dimostrato come
in genere la probabilità di insediamento è proporzionale all’abbondanza degli individui nella
popolazione fondatrice (FARGAN et al., 2002) e
quindi anche alla pressione di propaguli (SIMBERLOFF, 2009). Le condizioni di bassa densità assimila la dinamica di popolazione delle popolazioni fondatrici a quella delle specie rare che sono
normalmente analizzate nella ecologia della con-
servazione, questo rende questa fase suscettibile
con i metodi di analisi della viabilità di popolazione (AKÇAKAYA & SJÖGREN-GULVE, 2000).
Tra gli approcci più seguiti nel descrive l’incremento della probabilità di estinzione a basse
densità vi sono quelli basati sul cosiddetto effetto Allee, introdotto dall’ecologo Warde Allee
negli anni ’30 del secolo scorso per rappresentare il grado di viabilità della popolazioni in funzione della densità (COURCHAMP et al., 1999).
Nella forma più semplice il modello di Allee prevede l’esistenza di una soglia minima al di sotto
della quale la popolazione è avviata alla estinzione. I meccanismi coinvolti nell’effetto Allee sono
i più diversi, dall’inincrocio, alla difficoltà di
incontro tra partner sessuali, alla mancanza di
cooperazione nell’accesso alle risorse alimentari.
Significativo a tal proposito è il caso del coleottero Ips typographus di cui sono riportate diverse
introduzioni accidentali in Nord America e a cui
non è mai seguito un insediamento. Tale mancanza sembra potersi attribuire all’effetto Allee
legato alle necessità di cooperazione trofica di
questa specie per superare la resistenza della
pianta ospite (SCHLYTER & ANDERBRANT, 1989).
Dal punto di vista matematico l’effetto Allee è
modellato come una modificazione del tasso di
crescita di una popolazione proporzionale alla
abbondanza di popolazione stessa. Diverse sono
le forme funzionali che descrivono matematicamente l’effetto Allee, tra queste le più importanti
considerano che dipenda dalla pressione dei
propaguli (LEUNG et al., 2004) o che la soglia di
Allee, indicata come il livello di popolazione al
di solo del quale la specie non è più viabile,
possa essere modificata per tener conto di effetti
stocastici di tipo ambientale o demografico
(ENGEN et al., 1998; 1993).
5.2. Modelli di diffusione
Introduzione
La diffusione in nuovi territori rappresenta
l’ultima fase del processo di invasione (L IEB HOLD & TOBIN, 2008). La diffusione è guidata
dall’accoppiamento di due processi, la crescita
di popolazione e la dispersione. Mentre alcune
specie si diffondono spazialmente secondo un
processo continuo, la maggior parte segue una
modalità che viene definita dispersione stratificata. Questa si manifesta come il susseguirsi di
una serie di salti discreti che hanno come effetto
globale quello di incrementare il tasso di diffusione (S HIGESADA et al., 1995; L IEBHOLD &
TOBIN, 2008).
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Nello studio della diffusione delle specie sono
stati proposti numerosi tipi di modelli a diversi
livelli di complessità a seconda delle assunzioni
che vengono fatte relativamente alla natura del
processo diffusivo e alla natura del medium
ambientale (DIECKMANN et al., 2000; LAW et al.,
2000).
Modelli statistici e modelli di dati
Una buona rassegna di modelli statistici per
l’analisi e la interpretazione di dati empirici che
riguardano fenomeni diffusivi è offerta da COX
et al. (2000). Secondo questi autori questi
modelli possono essere raggruppati in 3 categorie: modelli statistici essenzialmente descrittivi,
modelli stocastici e modelli statistici più formali
che legano modelli a dati empirici (modelli di
fitting). I modelli statistici descrittivi tendono
ad essere i più utili nella valutazione preliminare
dei dati come esemplificato dalla valutazione
delle serie storiche dei dati. Modelli descrittivi,
se considerano lo spazio bidimensionale, risultano legati ai modelli per processi spaziali
(RENSHAW, 1991). Semplici modelli stocastici
(es. processi di Poisson, modelli di Markov, processi di punto) sono sviluppati per la trattazione
matematica delle proprietà distributive delle
specie ed offrono una struttura formale particolarmente utile nello sviluppo di modelli con
finalità specifiche. La loro utilità consiste nel
fatto che consentono di sostituire complicate
dinamiche di tipo deterministico con semplici
processi stocastici o con semplici processi deterministici che includono un rumore casuale. Un
esempio è fornito dal Colorado Invasive Species
Mapping Project (ANONYMOUS, 2008), nel progetto ci si è basati su una lista di specie area-specifiche e si considerano una serie di variabili
antropogenetiche e ambientali gestite in
ambiente GIS, e su una serie di immagini satellitari e di mappe del suolo per creare modelli spaziali espliciti di probabili distribuzioni della ricchezza di specie non native usando la trend surface analysis e il kriging. Se le funzioni di cui si
analizza la distribuzione sono definite solo su un
insieme discreto di valori, il modello si focalizzerà su patch che hanno lo stesso valore come
esemplificato da mappe di uso del territorio o
mappe di tipi vegetazionali.
La letteratura ecologica riporta inoltre molti
studi sperimentali sul movimento di individui,
spesso basati sulla marcatura di animali che
sono rilasciati in specifiche località e catturati a
varie distanze (TURCHIN, 1998). Con tale metodo è stata condotta, per esempio, una analisi
della varianza distributiva di adulti di Cactoblastis cactorum rilasciati sperimentalmente, da tali
dati, con modelli di regressione, è stato possibile
descrivere la dispersione degli individui di questa specie (HIGHT et al., 2005). In un altro esempio, una semplice regressione logistica, applicata però a dati storici, ha consentito a PERRINS et
al. (1993) di esaminare il tasso e l’estensione
della diffusione di tre specie di piante del genere
Impatiens nelle isole Britanniche.
Modelli dinamici
Modelli dinamici continui. I modelli dinamici
continui o modelli diffusivi possono prevedere
la distribuzione degli organismi sulla base delle
caratteristiche del processo di dispersione
descritto a livello individuale come un cammino
casuale (LEVIN et al., 2003). L’origine dei modelli diffusivi classici va fatta risalire al lavoro di
SKELLAM (1951) che ha proposto un modello di
avanzamento del fronte invasivo delle specie
colonizzatrici sulla base della semplice dispersione. La considerazione dei processi demografici di natalità e mortalità nei modelli diffusivi
classici conduce ad una categoria di modelli più
complessi, i modelli a reazione-diffusione (se
basati sulla assunzione del campo medio) o integro-differenziali che non necessitano di tale
assunzione. MARSULA &WISSEL (1994) hanno
usato questi modelli per simulare una zona di
barriera che possa fermare la diffusione del Calliforide Cochliomyia hominivorax agente della
miasi delle piaghe. SHAROV et al. (1998) definiscono una zona di barriera come un’area posta
sul fronte di avanzamento della distribuzione di
una popolazione dove deve concentrarsi l’attività di eradicazione (o soppressione o controllo)
al fine di prevenire o ridurre la diffusione della
popolazione. Tramite il modello sopra citato,
M ARSULA &W ISSEL (1994) hanno stimato la
profondità minima delle zone di barriera e la
densità di maschi sterili che dovrebbe essere
sufficienti per fermare la diffusione. Un modello
distributivo dinamico delle specie osservabile
molto di frequente tra gli invasori è quello in cui
sono rilevabili picchi di densità in movimento
lungo un gradiente spaziale. Questi picchi sono
detti onde viaggianti (travelling waves). JOHNSON et al. (2006), pur non studiando specie
invasive, hanno fornito una metodologia molto
utile per lo studio delle travelling waves in un
sistema tritrofico in un paesaggio eterogeneo.
Estremamente importanti sono anche i modelli
che descrivono la diffusione stratificata (SHIGESADA et al., 1995). Gli esempi di analisi della dif-
– 42 –
fusione stratificata sono molteplici, tra i più noti
vi è quello relativo a Lymantria dispar in Nord
America, dove il trasporto aereo di larve dello
stadio I è principalmente responsabile della dispersione a breve distanza mentre il trasporto
operato dall’uomo è in grado di creare foci di
infestazione anche a notevole distanza dal fronte di avanzamento (WHITMIRE & TOBIN, 2006).
Modelli basati su individui (individual-based
models). L’essenza di questo tipo di modelli è
quella di derivare le proprietà dei sistemi ecologici a partire dalle proprietà degli individui che
costituiscono il sistema (ŁOMNICKI, 1992). Originariamente, l’applicazione dei modelli basati
su individui era particolarmente raccomandata,
se non addirittura ristretta, ai casi di piccole
popolazioni o di popolazioni che sono soggette
ad un altro grado di stocasticità temporale (fluttuazioni nella abbondanza), o ancora, di popolazioni che sperimentano condizioni ambientali
e interazioni con altri organismi altamente eterogenei nello spazio (DEANGELIS & ROSE, 1992;
DI COLA et al., 1999). L’ambito di applicazione
dei modelli basati sugli individui si è notevolmente esteso, grazie alle ricerche più teoriche
sulla loro struttura formale e grazie anche alla
aumentata capacità di calcolo dei computer. I
modelli basati su individui sono in grado di
descrivere sistemi altamente eterogenei sia dal
punto di vista biologico che ambientale, questo
li rende particolarmente appropriati per l’analisi
della fase iniziale delle invasioni e per considerare il comportamento di colonizzatori che, a
basse densità, entrano a contatto con un habitat
spazialmente eterogeneo (DEANGELIS & MOOIJ,
2005). Un modello basato su individui è stato
utilizzato, per esempio, per la valutazione dello
stato di invasione della pianta Heracleum mantegazzianum (NEHRBASS & WINKLER, 2007). Una
interessante applicazione di un modello basato
su individui è stata sviluppata da BANCROFT &
S MITH (2001) per descrivere il movimento di
Anoplophora glabripennis.
Modelli a griglia. Nei modelli a griglia lo spazio non è continuo ma è discretizzato in una
serie di nodi ciascuno dei quali supporta una
popolazione. Le popolazioni seguono una dinamica locale e sono tra loro interconnesse, si
hanno quindi scambi di individui tra nodi,
secondo regole definite. Un esempio di questi
modelli è dato dallo studio della diffusione di
una singola specie di pianta condotto da
O PPENHEIMER & E RVIN (2007). Questi autori
hanno adottato una strategia di modellamento
in due fasi. Nella prima fase il modello considera il dominio spaziale come suddiviso in nodi,
ognuno dei quali è dotato di una propria capacità portante e un proprio tasso intrinseco di
accrescimento. La dinamica di popolazione
della specie vegetale segue un modello continuo
di accrescimento logistico. E’ stato quindi considerato lo stadio di dispersione dei semi rispetto al quale ogni nodo della griglia ha una specifica probabilità di insediamento in funzione del
carico di semi presenti nel nodo. In ogni nodo e
ad ogni intervallo temporale l’abbondanza di
popolazione è considerata come condizione iniziale nei nodi precedentemente occupati e la
popolazione di germogli stabilitasi è presa come
condizione iniziale per nodi non ancora occupati. Ad ogni intervallo temporale è applicato l’accrescimento logistico. S IEGERT et al. (2006)
hanno studiato il rodilegno di smeraldo (Emerald Ash Borer), Agrilus planipennis, un parassita estremamente distruttivo e responsabile, da
quando si è stabilito nel Nord America, della
morte e del declino di oltre 15 milioni di frassini
nel sud-est del Michigan.
Modelli ad Automi Cellulari. Per lo studio del
processo di invasione i modelli ad Automi Cellulari (AC) sono considerati particolarmente
utili (CANNAS et al., 2003). COLE & ALBRECHT
(2008) forniscono una descrizione degli AC i
quali, dal punto di vista formale, sono composti
di 4 elementi: celle, stati, intorno, e regole. Lo
spazio è suddiviso in una serie di celle contigue,
ciascuna cella può essere considerata come una
porzione di spazio in grado di contenere individui o intere popolazioni e può assumere una
serie di valori (o stati) discreti. Ciascuna cella è
circondata da un intorno di celle anch’esse
caratterizzate da stati. Ad ogni intervallo temporale lo stato di una cella viene aggiornato secondo un insieme di regole che tengono conto, tra
l’altro, dello stato della cella all’istante precedente e degli stati nelle celle dell’intorno. Gli
AC, tra le altre applicazioni in ecologia, sono
stati usati anche per lo studio della diffusione
delle specie. CANNAS et al. (2003), ad esempio,
hanno sviluppato dapprima un modello ad AC
per specie singole e quindi hanno proceduto
allo sviluppo di AC multipli per specie in interazione. Il primo modello prende in considerazione tratti dei cicli vitali che hanno importanza
per la dinamica di popolazioni e la probabilità
di colonizzazione. Il secondo modello considera
anche la competizione. Una delle regole del
modello è che una data cella non può essere
occupata da individui di differenti specie allo
– 43 –
stesso tempo. I risultati delle simulazioni condotte hanno consentito di dimostrare come la
media della distanza di dispersione dei semi e
l’età riproduttiva minima sono i principali fattori che influenzano la velocità di invasione. Elementi addizionali sono stati considerati da
PARKS et al. (2005) che hanno sviluppato un
modello stocastico per la diffusione delle specie
usando un modello ad agenti basato sugli AC
per rappresentare le relazioni spaziali e i cambiamenti nel tempo delle relazioni biotiche considerate. Un esempio di estensione dell’approccio basato su automi cellulari alla fitopatologia è
fornito da MARTINS et al. (2000) che hanno sviluppato un modello CA per la trasmissione di
Citrus Variegated Chlorosis (CVC) da parte di
una cicalina. Questo modello sembra essere di
particolare interesse per lo studio di altri insetti
vettori di malattie delle piante che sono anche
specie invasive, come è il caso di Scaphoideus
titanus nei vigneti sud europei.
Modelli di metapopolazione. Le metapopolazioni sono sistemi di popolazioni locali (subpopolazioni) che insistono su habitat discontinui (costituiti da insiemi di patch) e che sono
connesse da individui che migrano da un patch
all’altro. Le possibili applicazioni di questi
modelli nello studio delle specie invasive sono
molteplici anche se ancora oggi poco esplorate
in particolare per quanto riguarda la diffusione
in habitat frammentati (S ENO & K OSHIBA ,
2005). Modelli di metapopolazioni sono stati
applicati, ad esempio, alle piante Nasella trichotoma e Avena fatua che stanno invadendo l’Australia (HIGGINS & RICHARDSON, 1996). Il territorio è stato diviso in una serie di siti caratterizzati da altrettante popolazioni locali, ciascuna
delle quali in accrescimento esponenziale. Una
proporzione di ogni popolazione locale si suppone si disperda verso i siti vicini e i siti differiscono in termini della loro suscettibilità alla
colonizzazione (A ULD & C OOTE , 1990). H AR DING et al. (2006) hanno cercato di comprendere la dinamica delle invasioni in un habitat organizzato a patch tramite la teoria delle metapopolazioni. Sono stati proposti anche modelli di
metapopolazione a due specie che considerano
un invasore che interagisce competitivamente
con una specie nativa. Un’ampia gamma di
comportamenti sono previsti da questi modelli
in funzione delle modalità di colonizzazione e di
estinzione della specie invasiva e del tipo di
risposte della specie autoctona. L IEBHOLD &
SHAROV (1998) hanno sviluppato un modello di
metapopolazione per la dispersione stratificata
del bombice dispari (Lymantria dispar). Il
modello è stato usato per predire in che modo
zone di barriera possono ridurre il tasso di diffusione della specie. Tale modello è inoltre in
grado di prevedere che è possibile ottenere una
riduzione del 54% del tasso di diffusione se si
procede alla eradicazione dell’insetto presente
in colonie isolate.
6. OSSERVAZIONI CONCLUSIVE
La rassegna proposta nel presente lavoro mostra come un’ampia gamma di modelli sia stata
sviluppata e utilizzata per lo studio e la gestione
delle specie invasive. Gli ecologi e gli esperti in
controllo dei parassiti (pest management) sono
consapevoli che i problemi connessi alla gestione delle specie invasive sono complessi, questo
chiama in causa la necessità di sviluppare e
impiegare approcci e modelli complementari
(JØRGENSEN, 2002). Ad esempio, strumenti di
modellistica sviluppati per rappresentare la distribuzione spaziale potenziale di una specie possono essere utilizzati in combinazione e integrati
con modelli diffusivi una volta che l’invasione
abbia avuto luogo. A titolo riassuntivo verrà qui
di seguito proposto un breve schema che costituisce una sorta di guida alla selezione dei
modelli più opportuni a seconda del tipo di problema considerato.
Nell’ambito della identificazione del rischio di
invasione e della distribuzione potenziale delle
specie invasive (Fig. 1), tre principali tipi di
approcci possono essere utilizzati. Il primo considera esclusivamente le necessità climatiche
delle specie invasive, il secondo considera anche
altri aspetti della ecologia di popolazione in funzione della loro gestione, mentre il terzo considera le popolazioni come membri di comunità e
considera nozioni e metodi della ecologia ecosistemica per il loro studio e gestione. Gli strumenti di modellistica elaborati nell’ambito del
primo approccio sono particolarmente efficaci
nel caso siano disponibili scarse informazioni e
conoscenze. I modelli ispirati alla ecologia di
popolazioni offrono invece potenti strumenti
per la gestione di popolazioni monospecifiche.
Modelli ispirati alla ecologia di comunità ed
ecosistemica sono particolarmente adatti per la
valutazione degli effetti delle colonizzazioni e
migrazioni delle specie invasive sulla biodiversità, la struttura, il funzionamento e l’evoluzione
degli ecosistemi.
Anche nell’ambito dell’analisi del rischio associato a differenti opzioni di trattamento e a
– 44 –
diverse strategie di contenimento (Fig. 1), ecologi ed esperti di pest management possono fare
affidamento ad un ampia gamma di metodologie. Come già visto alcuni strumenti si basano
sull’assunzione di una sostanziale omogeneità
dello spazio (modelli dinamici continui basati
sull’ipotesi del campo medio), altri sembrano
essere particolarmente adatti per popolazioni a
bassa densità e alta variabilità biologica e
ambientale (modelli basati su individui), mentre
altri ancora sono particolarmente adatti per
considerare la eterogeneità spaziale in un territorio frammentato (modelli a griglia, ad automi
cellulari e modelli di metapopolazioni). I
modelli basati su individui, come osservato,
sono particolarmente appropriati per rappresentare la dinamica delle popolazioni di invasori
a bassa densità, per esempio, all’inizio del processo di colonizzazione di un nuovo territorio.
Per specie saldamente insediatesi in un dato territorio e quindi con densità più elevate, che
manifestano un forte tendenza alla espansione,
gli esperti possono scegliere tra modelli a griglia
e modelli di metapopolazioni a spazialità esplicita. Il secondo tipo di modelli può essere più
appropriato per un territorio in cui la risorsa è
presente in modo frammentato.
In generale, la selezione degli strumenti di
modellistica dipende dalle caratteristiche del
sistema ecologico oggetto di studio e gestione,
così come dagli obiettivi che si devono perseguire in un dato progetto. Indipendentemente
della scelta della strategia di modellamento da
seguire è in generale importante considerare
che i modelli non devono essere visti come il
prodotto finale di un progetto (H ILBORN &
M ANGEL , 1997), ma devono essere continuamente modificati in risposta a nuove informazioni disponibili e alle necessità che via via si
presentano nel processo di gestione (PETERSON
et al. 1997). Nel contesto di questo continuo
aggiornamento degli strumenti di modellistica,
gli ecologi, i biomatematici e gli esperti nella
gestione dei parassiti dovrebbero essere guidati
in primo luogo dai dati disponibili, dalle necessità definite dai progetti in corso e da criteri di
intelligibilità, intendendo con questa il grado di
comprensibilità di un dato sistema ecologico
che il modello deve essere in grado di offrire.
Nel tentativo di sviluppare uno strumento a
supporto dello studio e della gestione di un
sistema, GILIOLI et al. (2008), seppur lavorando
in un contesto diverso da quello delle specie
invasive, fornisco un esempio di strategia che
cerca di ottimizzare la intelligibilità di un sistema a partire dalle scarse informazioni disponibi-
li. A tale scopo hanno sviluppato un primo strumento di modellistica basato sulle metapopolazioni che è di ampia valenza per i diversi tipi di
contesti di gestione delle popolazioni, sia per
quanto riguarda la conservazione (G ILIOLI et
al., 2008) che il pest management. In questi
lavori gli autori mostrano come l’approccio al
modellamento di un dato processo può e deve
evolvere in relazione alla disponibilità di informazioni e conoscenze.
L’evoluzione degli strumenti della modellistica in rapporto all’evoluzione del processo di
management è parte integrante dell’approccio
adattativo alla gestione dei sistemi ecologici
(H OLLING , 1978; G ILIOLI et al., 2007; B AUM GÄRTNER et al., 2010), approccio, quello adattativo, come dimostrato dal suo ruolo e dalla sua
importanza in altri contesti di gestione degli
ecosistemi che sembra essere particolarmente
utile, se non indispensabile, anche nella gestione
delle specie invasive.
RIASSUNTO
Nella gestione delle problematiche connesse alla frequenza di invasioni biologiche e alla importanza delle specie invasive svolgono un ruolo importante strategie a supporto delle decisioni basate sull’analisi del rischio. Nell’ambito di tali strategie i modelli possono avere un ruolo
fondamentale, per esempio nella identificazione del
rischio (mappe per la distribuzione potenziale) e nella
analisi delle opzioni di trattamento (per il contenimento di
specie già stabilitesi in un dato territorio). Questo lavoro
ha lo scopo di fornire una breve rassegna su strumenti
quntitativi (modelli) sviluppati per descrivere la distribuzione potenziale delle specie, il loro insediamento in nuovi
territori e la loro diffusione. Relativamente al problema
della diffusione sono stati sviluppati e impiegati modelli
statistici e modelli dinamici. Questi ultimi sono basati su
differenti assunzioni relative alla dinamica di popolazioni
nello spazio che può essere continuo (modelli reazionediffusione) o discreto (continuo, modelli basati su individui, modelli a griglia, modelli di metapopolazione).
Nell’ambito della definizione del rischio e della distribuzione potenziale delle specie invasive sono principalmente utilizzati tre tipi di strumenti. Il primo è basato
esclusivamente sulla considerazione delle necessità climatiche delle specie invasive, il secondo è basato su modelli
utilizzati nella ecologia e nella gestione delle popolazione
e il terzo considera le specie invasive come membri di biocenosi e applica per il loro studio e la loro gestione i metodi della ecologia di comunità.
Anche nell’ambito dell’analisi del rischio associato a differenti opzioni di trattamento e a diverse strategie di contenimento, gli ecologi e gli esperti della gestione dei parassiti fanno riferimento ad una ampia gamma di metodologie. Alcuni modelli sono adatti per ambienti omogenei e
processi di dispersione a larga scala. Altri sono appropriati
per popolazioni a bassa densità e ambienti caratterizzati
da eterogeneità spaziale e frammentazione del paesaggio.
La selezione dei modelli dipende inoltre dalle caratteristiche del sistema ecologico oggetto di studio e gestione così
– 45 –
come dagli obiettivi da raggiungere. Per concludere, è
importante considerare che lo sviluppo di appropriati
strumenti di modellistica non deve essere visto come l’obiettivo finale di un progetto, tali strumenti sono infatti
oggetto di un cambiamento continuo in funzione della
acquisizione di informazioni dal sistema analizzato e delle
necessità relative agli interventi.
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Bianca
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