Di Roberto Soldati Hanno collaborato: M USPAC L ’Aquila, Filippo Dragonetti, M ary E nzler, I AF USA director, R ita Udelhowen, C atherine Green, C esar V an E gelyn, G estalt I nstitute of C incinnati USA, Bauhaus Dessau, Artemide I taly, I AF Photo Archive. Fonti d’informazione: I l disegno industriale e la sua estetica di Gillo Dorfles. W ikipedia, Z anichelli, C itroen I taly, FI AT I talia, M ercedes I taly, W right M useom of C hicago, I stituto Europeo di Design R oma, Bauhaus e W eimar library, Germany. Di Roberto Soldati Una premessa: Il ciclotrone di Frascati Adone Nel 1970, un professore di un liceo artistico romano condusse i suoi studenti all’Istituto di Fisica Nucleare di Frascati per toccare con mano la teoria coniata verso il 1880 dall’architetto americano e padre del modernismo Louis Sullivan, secondo la quale ALLA FORMA SEGUE LA FUNZIONE, un binomio che, a dire del Prof, implicherebbe automaticamente anche la BELLEZZA. Lo scienziato che fece loro da guida, condusse il gruppo nella stanza dove era ospitato il ciclotrone Adone, nome che fece trasalire di gioia il professore, che esclamò entusiasta: “Adone! Dio della bellezza. Ma è magnifico! Questo conferma da se la teoria che volevo spiegare ai miei studenti. Stupefacente! Ma come vi è venuto in mente di chiamarlo Adone Dio della bellezza?” Lo scienziato un po’ sconcertato candidamente rispose: “Beh, veramente l’abbiamo chiamato Adone perché è più grosso di ADA, il vecchio ciclotrone”. Una risposta che arrivò come una secchiata d’acqua gelata dritto sulla faccia del Prof. Di Roberto Soldati Gaffe a parte, il concetto fu comunque chiaro e da sempre riconosciuto in modo unanime dai designers, architetti e progettisti, cioè: Un qualsiasi oggetto è bello in quanto adeguato all’uso a cui è destinato, che però trova molto meno consensi tra i consumatori destinatari, in larga parte ancora legati alla tradizionale cultura dell’addobbo decorativo, che la filosofia Gestalt e i suoi seguaci rifiutano in blocco. Cercheremo di evidenziare in questo CD come un distorto uso delle nuove tecnologie e dei nuovi materiali possano troppo spesso condurre nella direzione opposta al naturale concetto FORMA SEGUE LA FUNZIONE, che invece era sempre insito nelle opere e nei manufatti dei maestri artigiani del passato nel modellare la materia tradizionale secondo regole non scritte che i padri del moderno disegno industriale hanno decodificato nel tentativo di applicarle anche ai prodotti seriali, evitando ogni tentazione di eccesso o addobbo che replicati su vasta scala producono montagne di rifiuti, enorme spreco di energia e conseguenti danni ambientali. Come vedremo nelle pagine seguenti le correnti di pensiero: Gestalt e Bauhaus nascono dall’esigenza di fare ordine nello sconvolgimento socio-culturale indotto dalla rivoluzione industriale iniziata nella seconda metà dell’ottocento. In questo CD, per nostra comodità, abbiamo sintetizzato la frase ‘ALLA FORMA SEGUE LA FUNZIONE’ nella parola ECOFORM per sottolineare come un oggetto industriale avulso da divagazioni estranee alla sua funzione possa perfettamente inserirsi nell’ambiente senza danni rilevanti. ECOFORM è una compagine talmente efficace che anche la natura la utilizza in ogni angolo dell’universo. Noi non possiamo fare altro che osservare, imparare, cercando di imitare. Di Roberto Soldati L’immagine a sinistra racchiude in se tutta la filosofia ECOFORM, cioè un buon design dell’apparato condizionatore si sposa naturalmente con lo stile dell’edificio in pacifica convivenza col paesaggio urbano circostante di primo 900 e senza bisogno di grotteschi camuffamenti. Dal punto di vista ECOFORM l’impatto ambientale che l’insieme di questa struttura determina sarebbe poco traumatico e proponibile persino nell’interno di un centro storico se inserita senza un effetto prevaricante verso gli edifici antichi. L’esempio più celebre lo troviamo nel Beaubourg (foto a destra) di Parigi. Purtroppo un simile concetto trova ben poco sostegno nella popolazione non avvezza ad accostamenti insoliti e repentini stravolgimenti estetici. Di Roberto Soldati L a psicologia della forma G estalt La psicologia della Gestalt, dove la parola tedesca Gestalt significa forma, detta anche psicologia della forma, è una corrente psicologica riguardante la percezione e l'esperienza che nacque e si sviluppò agli inizi del XX secolo in Germania (nel periodo tra gli anni '10 e gli anni '30), per poi proseguire la sua articolazione negli USA, dove i suoi principali esponenti si erano trasferiti nel periodo delle persecuzioni naziste. La parola Gestalt fu usata per la prima volta, come termine tecnico, da Ernest Mach; in seguito, Edmund Husserl e Christian von Ehrenfels ripresero il termine da Mach nelle loro teorie psicologiche a fondamento filosofico. Fondatori della psicologia della Gestalt sono di solito considerati Kurt Kafka, Wolfgang Kohler e Marx Wertheimer che sono stati certamente i principali promotori e teorizzatori scientifici di questa corrente di ricerca in Psicologia. I loro studi psicologici si focalizzarono soprattutto sugli aspetti percettivi e del ragionamento/problem-solving.Successivamente, importanti studi furono condotti da Lewin con la teoria del campo e Goldstein con una teoria della Personalità secondo la quale l'intero organismo partecipa al comportamento. In seguito a partire dagli anni '60, la Gestalt soffrì per alcuni decenni della sua difficoltà a misurarsi con l'avanzato metodo sperimentale e gli approcci psicometrici utilizzabili dal nascente movimento cognitivo, ed il suo modello di teoria della mente si dimostrò meno euristico di quello del cognitivismo in tutti i settori che non fossero legati alla psicologia della percezione. Solo in quest'ultimo ambito, per via di alcune difficoltà a spiegare alcuni fenomeni percettivi in un'ottica strettamente cognitivista, la Gestalt ha recuperato un limitato interesse alla fine del XX secolo. Di Roberto Soldati I n I talia Interessante appare infatti l'attenzione agli aspetti fenomenici della percezione, che il cognitivismo ha in parte trascurato nel suo programma di ricerca. Per la psicologia della Gestalt non è giusto dividere l'esperienza umana nelle sue componenti elementari e occorre invece considerare l'intero come fenomeno sovraordinato rispetto alla somma dei suoi componenti: "L'insieme è più della somma delle sue parti" (posizione del molarismo epistemologico). Quello che noi siamo e sentiamo, il nostro stesso comportamento, sono il risultato di una complessa organizzazione che guida anche i nostri processi di pensiero. La stessa Percezione non è preceduta dalla sensazione ma è un processo immediato influenzato dalle passate esperienze solo in quanto queste sono lo sfondo dell'esperienza attuale che deriva dalla Gestalt, come combinazione delle diverse componenti di un'esperienza reale-attuale. Per comprendere il mondo circostante si tende a identificarvi forme secondo schemi che ci sembrano adatti scelti per imitazione, apprendimento e condivisione e attraverso simili processi si organizzano sia la percezione che il pensiero e la sensazione; ciò avviene di solito del tutto inconsapevolmente. Tra gli studiosi italiani della Teoria della Gestalt sono da ricordare almeno Fabio Metelli, per studi nel campo della percezione visiva, ed in tempi recenti Gaetano Kanizsa, dei cui studi è particolarmente noto il fenomeno percettivo detto Triangolo di Canizsa. Altri autori di rilievo, che hanno contribuito a diffondere lo studio della Teoria della Gestalt nelle università italiane, sono Paolo Bozzi e Giovanni Bruno. Alla diffusione della Gestalt in Italia contribuì anche Cesare Musatti, comunque più noto per il suo impegno di psicoanalista. La psicologia della Gestalt, per via dell'influenza e delle tradizioni di ricerca avviate da questi grandi maestri, rappresentò uno di principali programmi di lavoro della psicologia sperimentale italiana tra gli anni '50 ed i primi anni '80, prima di essere progressivamente sostituita dal Cognitivo. I ntroduzione dell’autore Nel 1969, frequentavo un corso annesso all’università ‘La Sapienza’ di Roma dove mi capitò tra le mani il libro Il Disegno Industriale e la sua Estetica che un mio professore, il critico d’arte e filosofo Gillo Dorfles, aveva scritto nel 63, che rivelò a me stesso una specie di filosofia spicciola alla quale mi ero appoggiato sin dall’età di 8-10 anni, e come tale vi ripropongo nel discernere i fenomeni ed eventi vari che via via si presentavano sotto il mio campo visivo. A quell’epoca, un mio compagno di classe elementare un po’ birba aveva pensato di ficcare qualcosa nel buco della serratura, bloccando l’ingresso a scuola e le lezioni. Era una di quelle serrature antiche che avevano una chiave enorme come non se ne vedono più. Per risolvere il problema, la maestra si rivolse ad un operaio del comune che fu costretto a smontare la serratura. Di quella serratura mi colpì il meccanismo della combinazione che era finemente decorato, con le molle che formavano ghirigori ed infiorescenze, il che al momento lo trovai assurdo. Pensai: Perché perdere tempo ad abbellire un meccanismo destinato a restare nascosto per secoli? Dieci anni dopo quell’episodio, lessi il libro del Prof. Dorfles nel capitolo Forma funzione e tutto mi apparve chiaro: La natura genera le sue creature secondo il concetto: FORMA SEGUE LA FUNZIONE, non per esibizionismo ma in modo del tutto spontaneo ed ovunque, anche negli anfratti più oscuri dell’universo dove un artigiano più attento di altri notò un qualche evento vegetale e pensò di materializzarlo nella sua serratura che ho recuperato e conservato come oracolo ispiratore ed oggetto di paragone del bello e del brutto, del buono o cattivo gusto. Per cui, non aspettatevi imparzialità di giudizio, poiché la natura del nostro lavoro ci rende, talmente sensibili al bruttume che l’uomo talvolta produce da renderci ogni distacco emotivo impossibile. ECOFORM indica la via più breve ed efficace possibile nel progettare. Utilizzate dunque questo libro come fosse un manuale d’istruzione che vi permetta di sintonizzarvi con lo spirito dei grandi maestri antichi e moderni che potrebbero farvi notare, come spesso capita e senza ideologie di parte, che la soluzione più efficace nel progettare, spesso appare troppo ovvia, economica ed elementare per essere considerata quella giusta. La serratura della biblioteca di Lucoli, L’Aquila La prova che la natura crea con perfezione assoluta è racchiusa in una semplice goccia d’acqua. Qualsiasi conformazione il liquido assume nello sgorgare, una volta che si stacca dalla cannella finirà inevitabilmente per aggregarsi in una sferula perfetta purchè non intervengano agenti circostanti a disturbarne la conformazione. Il liquido versato da una bottiglia a bordo di un’astronave e in assenza di gravità finirà per aggregarsi sempre sottoforma di sfera, così come hanno fatto tutti i pianeti e le stelle dell’universo, e senza eccezioni, offrendoci la prova inconfutabile di come il caos possa trovare il giusto equilibrio in una forma geometrica perfetta. Alla luce di ciò è lecito pensare, ammesso che le prove scientifiche non bastino, che la natura riesca nel modo più spontaneo che si possa immaginare a trovare sempre la soluzione ideale in un equilibrio perfetto nel creare i suoi prodotti, tra “minimo dispendio di energia/massima efficienza. Fu così che la biosfera terrestre venne popolata da milioni di esseri viventi, alcuni statici, chiamati vegetali, ed altri che vagano di continuo sopra la superficie del pianeta in una eterna e spietata lotta di sopravvivenza, per accaparrarsi i pascoli e le sorgenti migliori da difendere da altri invasori. I meccanismi di sopravvivenza e quelli preposti alla riproduzione, quindi alla conservazione della specie sia vegetale che animale, sono così potenti che la natura ha fornito alle sue creature, l’addobbo della struttura primaria da utilizzare come apparato di difesa, o seduzione, a seconda delle esigenze del momento, inviando segnali visivi, sonori o olfattivi che rendono pittoresca e meravigliosa la vita sulla terra, altrimenti la nostra biosfera sarebbe popolata di soli cloni identici l’un l’altro, la cui sopravvivenza e la conservazione della specie sarebbe legata solo ad eventi del tutto occasionali. La spettacolare esibizione di questo fiore attira l’insetto col profumo e i colori per indurlo a fecondare, per impollinazione, la parte vivente primaria che si trova all’interno del seme. Tutto il resto è semplice addobbo seduttore. A sinistra, contrariamente al fiore, la materia cosmica, al pari della goccia, siapure in scale immensamente diverse, si organizza sottoforma di sferoidi che pur non avendo una funzione ornamentale rivelano comunque il fascino della forma geometrica perfetta. Osservando queste quattro immagini appare evidente come l’arte dell’addobbo sia un meccanismo del tutto naturale e non certo d’importanza secondaria visto che la natura lo applica su scala universale al cui fascino nemmeno l’essere umano sfugge, anzi è proprio tra le mani dell’umano che l’addobbo ha raggiunto picchi parossistici che spesso sconfinano nel puro delirio. Se fosse un delfino, siapure munito di un grande cervello ma con arti inadatti a tradurre il pensiero in azione pratica, l’uomo-delfino si limiterebbe a canalizzare la sua energia creativa verso i mondi della fantasia e del sogno senza perpetrare i danni sull’ambiente che la natura ha creato sopra quell’esile e fragilissimo velo, oggi molto malato, chiamato biosfera. L’uomo-delfino o donna-delfino dovrebbero accontentarsi solo di quegli attributi di minaccia o seduzione che madre natura ha fornito al suo corpo, forse le pinne o una particolare conformazione fisica da esibire al massimo nell’arte del nuoto. Purtroppo non è così. Quasi sempre quelle che percepiamo come meraviglie dell’ingegno umano, i castelli, le piramidi, e tutte le grandi opere antiche e moderne ci narrano, scrutando tra le pieghe delle loro vicende, storie tragiche e dolorose i cui echi evocano fantasmi e, per paradosso, le ammantano di un forte potere ammaliatore. Infatti, non è un segreto che il grande potere evocativo del Colosseo sta nell’ immaginare le cruente lotte tra gladiatori e leoni. L’addobbo, sia nella farfalla che nel pavone, hanno la duplice funzione di sedurre o intimorire l’avversario a seconda dell’esigenza. Sia l’addobbo di Napoleone che del guerriero Masai hanno la funzione di inviare messaggi visivi evocatori i di uno status di posizione sociale dominante. La tendenza di addobbare il proprio corpo fino all’esagerazione, per qualsiasi scopo lo si faccia, non è di per se dannoso alla salute della biosfera e non arreca, fin’ora, grandi danni, ma ci parla molto, a saperlo interpretare, dell’ indole e le intenzioni di chi abbiamo davanti. Come appare dall’immagine della sua stanza da letto a sinistra, Napoleone, al pari di tutti i despoti, non si limita ad addobbare il proprio corpo ma estende il suo messaggio all’ambiente circostante con mezzi comunicativi che ubbidiscono alla stessa logica, cioè ostentare fasto e ricchezza, che sott’intenda potere secondo archetipi ben collaudati verso i quali si va per istinto, anche se non è sempre così. Infatti all’accumulo e all’ostentazione talvolta maniacale dei beni materiali fa da controaltare la tendenza a spogliarsi di tutto in modo tale da non occultare la forza spirituale che vive nel corpo trasformato in tempio di colui che comunica con la forza trascendentale di qualsiasi credo. Entrambi gli atteggiamenti possono talvolta rivelare lo stesso stato d’ansia, il primo, nel possedere a dismisura, trova appagamento nei propri beni materiali e nel difenderli, spesso in modo ossessivo; l’altro trova lo stesso appagamento spogliandosi di tutto, eliminando il rischio di non perdere nulla, fugando così il dolore del distacco affettivo. Nelle due immagini in basso appare evidente che all’origine il baldacchino ha avuto la semplice funzione ‘utilitaria’ (termine che ritroveremo nei prossimi capitoli) di proteggere il sonno da zanzare, parassiti, e freddo, senza fronzoli inutili che ne complichino la funzione primaria. La scelta ragionata tra i due letti definiscono sicuramente lo stile di vita, la personalità ed il gusto di un individuo. Come dire: dimmi dove dormi e ti dirò chi sei. Due leader rivoluzionari a confronto: Il Mahatma Gandhi e Napoleone; il primo fu artefice della rivolta pacifica contro il colonialismo Britannico nel primo 900, il secondo creò il suo impero da conquistatore. A destra ‘l’emulatore’ Bokassa, feroce dittatore della Repubblica Centro africana e sedicente discendente dello stesso Napoleone nel suo trono d’oro zecchino. Sotto: San Francesco d’Assisi; contr’altare del clero sfarzoso e corrotto di Roma. La nuda ‘madre terra’ contro l’ampollosità opprimente del soglio di Pietro. Il baldacchino fu fatto costruire dal Pontefice Urbano VIII della famiglia dei Barberini, depredando e fondendo una parte di ornamenti in bronzo dal portico del Pantheon. I due atteggiamenti verso la vita (GandhiNapoleone) a confronto, ci inducono la legittima riflessione di quanto possa divenire dannosa l’arte dell’addobbo quando travalica i limiti imposti dalla natura. Un aspetto che cercheremo di indagare più avanti. Secondo voi, quale automobile avrebbe desiderato Napoleone se fosse vissuto oggi? La 2-cavalli Citroen o la Cadillac sotto? Con buona probabilità per Gandhi la 2-cavalli sarebbe stata più che sufficiente. La Cadillac USA del 1958 nell’immaginario collettivo rappresentava un’astronave in fase di decollo per un volo orbitale sulla scia dello Sputnik. In realtà, i potenti reattori ospitavano soltanto due innocui fanalini di posizione. I due razzi sopra erano invece le frecce direzionali. Queste secondo l’immaginario del tempo, sarebbero state le classiche auto del 2000. Quanto di più anti ECOFORM si possa concepire. In mancanza della Cadillac in Italia ci accontentavamo di apporre qualche patetico posticcio, come sulla FIAT 500 dentro l’immagine in basso. Per fortuna la necessità di fornire al popolo un veicolo pratico, ‘carino’ ed economico fa si che vengano realizzati prodotti con funzione solo utilitaria tornando al naturale equilibrio FORMA-FUNZIONE=BELLEZZA Cosa esiste di più semplice di una barra come questa a fianco? Un supporto ed un’asta bianco-rossa che fa su e giù. Difficile credere che anche questa specie di arcano sul selciato sia una barra anche se molto ma moooolto ‘sofisticata’: “ Venghino siori, venghino, ad ammirare questa meraviglia dell’umano ingegno. Come lor siori vedono un motore direttamente inglobato nel portafiori in cemento, gira un carrello che sposta il tutto sull’asfalto attivando anche i lampeggianti che illuminano i fiori nel vaso deliziando lor siori! Più o meno sono queste le parole che il rappresentante deve aver usato per convincere quelli della giunta comunale del paese che ‘nin zo’. Il satellite sovietico Sputnik del 1956 Il termine Utilitaria, citato prima, si spiega da se osservando le caratteristiche di questi cinque veicoli. L’automobile utilitaria nasce dall’esigenza di offrire anche alla fetta di popolo meno facoltosa la vettura che deve sostituire l’asino da soma ed il carretto. Infatti la Daimler-Benz nel 1935 produsse i primi prototipi di una vettura utilitaria per la nascente Volkswagen (trad. auto del popolo). Una vettura di nuova concezione non solo per la linea modernissima e aerodinamica, ma anche per l’introduzione della tecnica a carrozzeria portante che consente tempi di produzione rapidissimi grazie all’esclusione del telaio tubolare. Le parti in lamiera pressata una volta assemblate racchiudono in un unicum estetico: forma, aerodinamicità, sostegno e protezione, una soluzione talmente efficace e funzionale che verrà adottata da quasi tutte le case automobilistiche mondiali e mai più abbandonata, soprattutto per il genere utilitario. A questa famiglia appartengono anche la FIAT 600, 500 e la Vespa Piaggio. Di concezione leggermente diversa fu invece la francese Citroen che costruì un telaio/motore da poter essere ‘vestito’ con diversi tipi di carrozzeria a pannelli sagomati e assemblabili con grande facilità sui modelli Diane, Ami 8 e la 2 cavalli (detta l’ombrello a 4 ruote), le cui parti in caso d’incidente potevano facilmente essere riparate o sostituite, ma offrivano una scarsa protezione agli occupanti in caso d’incidente. La pubblicità ha sempre largamente utilizzato l’accostamento donna-prodotto, come strumento di persuasione, rivolto al consumatore maschile. Anche tutti i moderni veicoli concepiti dopo gli anni 80 a livello globale presentano le caratteristiche delle vecchie Citroen ma per scopi che ubbidiscono solo ad un dissennato consumismo. In pratica le nuove vetture hanno una struttura portante centrale ricoperta da parti in plastica modellate e ancorate al traliccio che hanno la sola funzione estetica di occultare alla vista i caotici apparati tecnici, che nell’insieme costituiscono un vero e proprio timer in grado di autodistruggere i veicoli nell’arco di qualche anno. Infatti le varie parti, anche se lievemente danneggiate, non sono riparabili ma devono essere sostituite, talvolta solo a seguito delle vibrazioni che spezzano gli ancoraggi provocando così un devastante Tsunami di rifiuti. Questa è la sconcertante caratteristica dell’arte dell’addobbo moderna rispetto al passato quando tutto era fatto per sfidare i secoli. Alla faccia della martellante propaganda anti-consumistica propinata dai media. Anche se abbiamo preso ad esempio un motociclo questa logica costruttiva è estendibile a quasi tutti i prodotti di consumo. Nell’immagine a fianco appare evidente come sia possibile spogliare delle parti un moderno motociclo senza compromettere in alcun modo l’utilizzo del mezzo che torna così, a somigliare ad una brutta versione del Ciao anni 60 (sotto a sinistra) le cui parti svolgevano invece più funzioni, estetica inclusa, per esempio il tubolare di sostegno che era nel contempo sia serbatoio della miscela che portabagagli. Nessuna parte poteva essere asportata senza comprometterne l’efficienza. Le generazioni che hanno usato il Ciao ne ricordano con nostalgia la proverbiale indistruttibilità. La tendenza stilistica imposta dal mercato tramite i media, fa percepire, alle nuove generazioni, questo veicolo come vecchiume del passato e come tale rifiutato dai giovani più sensibili al divenire delle tendenze di massa, che ‘condannerebbero’ il possessore del mezzo all’emarginazione dal gruppo. Rimarchiamo ancora una volta che quanto detto è estendibile a quasi tutti i prodotti di largo consumo. Anche se abbiamo preso ad esempio un motociclo questa logica costruttiva è estendibile a quasi tutti i prodotti di consumo. Purtroppo anche il design ha assunto un ruolo connivente con le regole di mercato. In questo panorama, la linea degli elettrodomestici, dei veicoli da trasporto privato, e tutti gli altri oggetti di consumo sembra studiata a bella posta per appagare e assecondare il gusto estetico delle generazioni allevate dentro le astronavi dei super eroi che vanno “più forti della luce!” tra le lame rotanti di Mazzinka, Goldrake e Robocop. La linea ‘ganza’ del momento orna macchine e motorini come fosse un capo di vestiario, e come tale, deve essere aggiornato, griffato e rigorosamente in tono con zainetto, scarpe da tennis e la merendina, per non fare la brutta fine del secchione non appena parcheggi a scuola, e così via in attesa della prossima rottamazione. Gli esperti del marketing sembrano molto attenti a fagocitare i dettami della buona sociologia con un’attenzione particolare al capitolo che tratta L’omologazione di massa e la fobia da emarginazione studiandone al microscopio i tic del comportamento come utile strumento che permetta di prendere per mano il popolo globale e guidarlo in linea di partenza verso la prossima corsa agli acquisti. L’aspetto di un motoveicolo moderno dopo un semplice incidente (DX) che potremmo definire ‘ad effetto uovo’ cioè, senza nessuna possibilità di essere riparato poiché le parti da sostituire riguardano l’intero guscio in rosso. Le tecniche costruttive di tutti i moderni oggetti di consumo fanno in modo che ogni anno nel mondo vengano prodotti così tanti rifiuti solidi che potrebbero formare un pianeta di ben venti chilometri di diametro. Il percorso che ha ispirato il design del casco da bici sotto appare abbastanza evidente: dalla fantasia dei cartoons all’elmetto giocattolo sopra. Ma ci inquieta ancor di più il pensiero di come un designer sia riuscito a complicare a tal punto un accessorio fondamentalmente molto semplice che ha il solo compito di proteggere la testa, Il che, contrasta fortemente con il concetto di linearità, leggerezza e, soprattutto, la semplicità tecnica raggiunta, dopo anni di ricerca, da una moderna bici, che ha reso questo meraviglioso attrezzo di locomozione praticamente perfetto almeno fino al giorno in cui venne inventata la mountain bike . All’origine la mountain bike (sotto a destra) era nata come robusta bici per sentieri difficili, eppure forse per la linea ‘cattiva’ che ricorda la moto, la mountain bike ha preso il posto della bici classica, infinitamente meno faticosa, anche in città vanificando il lavoro di anni dedicati alla ricerca in opzione alla linea aggressiva che tanto fa tendenza. La stessa considerazione va fatta per i nostri personal computers. Il PC rappresenta, dal punto di vista ECOFORM, quanto di più bello e meraviglioso la tecnologia ci abbia regalato, cioè un’estensione per il nostro cervello, atta ad immagazzinare, elaborare e comunicare dati senza distorsioni emotive o percettive che ne potrebbero falsare il contenuto d’origine. Ricordate il gioco del Passaparola? Nella catena umana dei partecipanti, la parola iniziale fischio ha buona probabilità che a fine catena divenga fiasco, errore che un computer, in quanto automa, non commetterebbe mai. Essendo privo di parti meccaniche, un PC dovrebbe avere vita eterna, invece no! La logica consumistica esige un ciclo vitale che si accorcia sempre più. Riecco quindi (fig. sotto) il vestito PC stile Goldrake da cambiare a fine stagione, come suggerisce la rivista di moda informatica. I maligni sostengono addirittura che nei nostri apparati elettronici vi sia installato sempre un timer che ne determina il loro ciclo vitale, come contributo al grave problema dei rifiuti elettronici. Sopra a destra, un vecchio computer, del 1952, delle dimensioni che vedete in fotografia, incluso l’armadio della memoria dietro la donna, aveva appena le prestazioni di una piccola calcolatrice moderna ed enormemente più limitate rispetto al PC sotto o al portatile a fianco. La memory card di una modesta camera digitale da 3 cm x 2 contiene un numero di informazioni molto maggiore e molto più veloci della memoria nell’armadio sopra Anche in questo caso il prototipo di un visore 3D nella sua essenziale linearità suggerita dalla luce si è trasformato, per pura opportunità commerciale, in un ingombrante casco spaziale. Deviazioni estetiche: L’asino si veste da leone. Un chiaro esempio di come la linea aggressiva di una Ferrari, indispensabile alla penetrazione aerodinamica, possa trasferirsi nel computer sottostante assumendo una funzione soltanto evocativa della velocità. Operazione inutile essendo il PC un apparato statico. A fianco: Lo stile ECOFORM cioè più razionale possibile di un PC, dove il guscio fa da rivestimento e piede d’appoggio che all’occorrenza può essere utilizzato come maniglia per il trasporto. Camuffare addobbando significa non riconoscere la funzione utilitaria di un apparato. Vestire un PC con la corazza di Mazinka o col merletto della mamma, vergognandosi delle sue nudità tecniche, non umilia forse il PC? Ironia a parte, non sarà il caso di chiederci seriamente che tutto questo non si chiami CATTIVO GUSTO? Cerchiamo di analizzare il senso di questo termine e nel modo più corretto ed imparziale possibile. Antenna cipresso in toscana Un ottimo esempio di ECOFORM d’altri tempi le navi vichinghe erano veri capolavori di essenzialità ed efficienza. In mancanza di vento l’equipaggio remava seduto sopra il baule personale ed a fianco ai loro scudi che fuori battaglia diventavano postazioni di tiro a difesa delle fiancate. Persino la tipica polenadragone aveva la duplice funzione, sia ornamentale che d’ intimorire il nemico. Accomodati. . . se ci riesci MOSTRO SCACCIA MOSTRO: DUPLICE FUNZIONE? Un’antenna telefonica offende il paesaggio? Niente paura! Un bel cipresso in plastica attorno risolverà alla radice ogni problema estetico, o no? Nell’immagine sopra. I box di sicurezza per caschi trasformati in secchioni per rifiuti. Questo è l’inevitabile destino dei servizi urbani quando installati senza considerare il grado di civiltà del luogo. Immagine sotto. Punto attesa della serie: Come un architetto possa fare a pezzi la reputazione di categoria. Cercare la giusta definizione di cattivo gusto è come camminare tra una foresta dai mille sentieri e capire quale sia quello giusto da imboccare. Dal nostro punto di vista, che siamo cresciuti nutrendoci dei canoni Bauhaus, per giunta in un certo ambiente sociale dove la frugalità ed il cosiddetto ritorno alla candela sono percepiti come un valore, non possiamo che optare per il letto-stuoia di Gandhi. Anche se, attenzione! Frugale è bello solo quando per scelta si riesce ad attraversare un centro commerciale senza comprare nulla che non sia indispensabile, il che vuol dire anticonsumismo, un comportamento che se applicato ad ogni individuo della popolazione occidentale produrrebbe una fonte di risorse sufficienti per l’intero pianeta. Chi sostiene il contrario si faccia avanti. Tuttavia questo non vuol dire che non apprezziamo il letto-monumento di Napoleone, se non altro come alta performance di abilità artigianale e quel che rappresenta. Punto a capo! Il vero cattivo gusto dobbiamo cercarlo altrove, sperando di trovarlo ripassando al setaccio le immagini delle pagine successive. Lasciandoci tirare per il naso dal senso comune, se Gandhi potesse scegliere tra le due automobili sceglierebbe la 2.cavalli, pur sapendo che per ragioni di sicurezza girava dentro una robusta Limousine con autista. Lo stesso senso comune ci induce a pensare, al di la d’ogni ragionevole dubbio, che Napoleone sceglierebbe senza esitazione la Cadillac. A meno che, una vampata d’orgoglio nazionale non lo induca ad optare per la Citroen. Per definizione, il cattivo gusto scaturisce dalla mancanza di sensibilità dell’individuo o del gruppo verso le altrui emozioni che si manifesta in un atteggiamento comportamentale che in modo, più o meno palese, turba l’equilibrio armonico dell’ambiente naturale e dell’anima, servendosi in modo più o meno inconsapevole di veicoli sonori e visivi, che talvolta hanno la caratteristica di fissare nel tempo l’atto volgare sottoforma di immagini ed oggetti. Non ci sembra azzardato definire l’atto volgare un prodotto creativo sia pure anti-estetico, quindi opera umana, visto che ci resta inconcepibile individuare la volgarità nel mondo animale e vegetare. Ve la sentireste di definire come atto volgare o di cattivo gusto, un’orchidea, un pavone che fa la ruota, le cascate Niagara, un uragano, un leone che ghermisce la preda, l’eruzione di un vulcano? Infondo, Napoleone nell’addobbarsi emula il pavone, quindi la natura. Il vero cattivo gusto non sarà, per caso, partorito da coloro che cercano di imitare il vestito ed il letto di Napoleone? Proviamo ad indagare la questione nelle pagine seguenti. Esiste una categoria di oggetti inattaccabili dal cattivo gusto. Sono gli oggetti in cui ogni addobbo metterebbe in crisi l’equilibrio dinamico e strutturale degli stessi, per esempio le Aerodine di terra, del mare e dell’aria in cui il perfetto equilibrio forma-funzione è stato ristabilito. L’unico addobbo consentito su questi manufatti è la decorazione grafica delle superfici, innocua all’aerodinamicità. Gandhi e Napoleone non avrebbero possibilità di scelta in questo caso, al massimo l’imperatore potrebbe apporre il suo blasone disegnandolo sulla fusoliera dell’aereo imperiale. Specialmente negli aerei, anche la minima asimmetria potrebbe alterarne gravemente la navigabilità. Il parapendio, ultima foto a destra, non volerebbe se anche uno solo dei cavetti di sostegno dovesse spezzarsi. Nel cimitero a sinistra, l’emulazione di massa della cappella nobiliare ha provocato un tale affollamento edilizio che ha reso necessario la triplicazione dell’area di un piccolo cimitero di campagna del centro Italia. A destra un cimitero inglese tradizionale di sole lapidi, che a differenza della cappella hanno una vera vita eterna Per evitare giudizi che sarebbero inevitabilmente faziosi, cercheremo di innescare alcune riflessioni sul buono o cattivo gusto, che ognuno è libero di elaborare a proprio piacimento, per esempio: I Protestanti sostengono che il Cristo sulla croce è una entità troppo sacra per essere rappresentata, I Cattolici replicano che il Cristo in croce, invece, eleva lo spirito dei fedeli attraverso la visione del dolore fisico. Da una parte (sotto) la nuda croce come segno evocatore del divino, affiancata dall’essenziale lampada come semplice dispensatrice di luce. Dall’altra (sotto a destra) il Evocazione Da considerare che una di queste lapidi ha un costo venti volte inferiore rispetto ad una delle cappelle in muratura a fianco. Cristo in croce come rappresentazione scenica del divino affiancato dal mammolo-abatjour come rappresentazione scenica del mondo fiabesco. Sarebbe sin troppo facile per noi fanatici cultori della ECOFORM bollare come pacchiano il mammolo-abatjour, senza correre il rischio d’essere rintuzzati da quanti inorridiscono alla vista, sia della lampada a SX che per questa sedia che nella sua scarna linearità ha la stessa tracotanza di un trono imperiale. In fondo non esiste un buono o cattivo gusto. . . almeno fin quando i sette nani del vicino non sconfineranno nel mio giardino! Rappresentazione La sedia C.R. Mackintosh Siapure priva dei dettami Bauhaus, il mammolo abatjour, serve comunque a rassicurare, fugando le paure notturne e non solo dei bimbi. Molto spesso il cattivo gusto scaturisce anche dall’ emulare il manufatto artigianale nel tentativo di trasformare un oggetto pratico in oggetto ornamentale. Chi! non ha mai visto un lampadario fatto con la ruota di un carro? Il lavatoio e l’aratro in queste immagini erano invece creati per servire e durare attraverso intere generazioni, secondo tecniche tradizionali che erano conosciute sin dalla notte dei tempi. Una tradizione che per inerzia si è trasferita anche nei primi prodotti dell’industria moderna che ci ha regalato una serie d’oggetti d’uso comune memorabili in cui, affidabilità e robustezza continuavano ad essere ancora le caratteristiche peculiari proposte e richieste, come appare da questa foto pubblicitaria delle lampade Artemide. A differenza del prodotto artigianale, quello industriale era riproducibile all’infinito, il che consentiva di creare oggetti seriali talmente perfetti nella loro disarmante semplicità da non richiedere mai alcun perfezionamento tecnico. E’ il caso della cinepresa Arriflex, un vero capolavoro d’ingegneria minimale, in cui l’otturatore funzionava anche da reflex. Anche se di origini piuttosto fosche, in quanto costruita in Germania in pieno periodo nazista per realizzare i filmati di guerra, l’Arriflex era fatta per resistere ai duri disagi sui campi di battaglia. Quindi un apparecchio indistruttibile ed ancora oggi utilizzato per realizzare film professionali. L’Arriflex è solo un esempio tra i tanti prodotti più longevi che l’industria abbia mai fatto. La strategia commerciale ‘lunga durata’ ci accompagnerà ancora fino agli anni 70, dopodichè, assisteremo ad una vera e propria gara al ribasso di qualità, in un delirio consumistico la cui apoteosi l’abbiamo sotto i nostri occhi. Il vero obiettivo delle prime industrie era il prodotto di largo consumo economico ma anche gradevole. Fu sotto questo auspicio che nacque l’Industrial design, e le relative scuole come le Bauhaus di Weimar e Dessau in Germania ma, come vedremo nella prossima pagina, anche l’Italia fece la sua parte del leone. Il tipico profilo ‘Mickey Mouse’ dell’Arriflex L’ingegno, l’estro e la fantasia trovano campo libero solo quando non sono imbrigliate dalle regole ottuse. In questo clima germogliarono le idee che resero l’Italia famosa nel mondo con decine di prodotti industriali eccellenti e tutti autoctoni. Quelli che vedete in questa pagina, uniti agli altri dentro questo libro, sono solo un limitatissimo esempio di oggetti creati prima che la politica del “vieni avanti cretino” attuale prendesse il sopravvento. Non tutti sanno che i veicoli Innocenti e Piaggio sono tra i più diffusi nei paesi del terzo mondo, ed hanno permesso di sostituire gli ormai obsoleti mezzi di locomozione tradizionali. Lo scooter Vespa che Corradino D’Ascanio creò attorno ad un motore Piaggio, nato come starter d’avviamento primario per un aereo della stessa casa. Sotto, un jet Aermacchi d’addestramento. L’industria Italiana dagli anni 20 fino ai 60 era considerata tra le più avanzate nel mondo, prima che una distorta logica politico-economica provocasse un dissolvimento delle nostre industrie con uno stillicidio ancora in atto. L’aereo d’addestramento Aermacchi. Il modello MB339 è quello impiegato dal gruppo acrobatico delle Frecce tricolori . Il registratore magnetico Vanguard della Geloso Da sinistra, la caffettiera Moka Bialetti con a fianco la rigorosa ed elegante linea Brionvega. La Brionvega è un'azienda italiana fondata nel 1945, specializzata nei settori dell’elettronica. Si avvale tutt’oggi di designer di fama mondiale, ed ha prodotto modelli di apparecchi radio e televisori di successo. Un esempio di design industriale italiano esposto in innumerevoli musei con uno stile che incarna la migliore tradizione Bauhaus. BAUHAUS non è una cuccia per cani bensì . . . Nel 1919, Walter Gropius, fonda il Bauhaus a Weimar e ne assume la direzione. La scuola del Bauhaus, fu caratterizzata dalla presenza del pittore svizzero Johannes Itten, che vi giunse nell'autunno del 1919. L'artista e professore, tre anni prima aveva aperto una propria scuola d'arte a Vienna, influenzata dalla parola di Franz Cizek. Cizek, aveva elaborato un personale metodo di insegnamento che si fondava sulla possibilità di stimolare la creatività dell'individuo. Le basi di tale insegnamento vanno però cercate all'interno del clima culturale in cui Cizek ha vissuto. Infatti tale metodo maturò ricco di teorie pedagogiche progressiste, dei sistemi di Frobel e Montessori e grazie al movimento Learning – Thought – Doing (Imparare–Pensare–Fare), il cui Padre fondatore fu, senza dubbio, l'americano John Dewey. L'insegnamento, all'interno del corso propedeutico di Itten, fu estremamente influenzato dal metodo di Cizek, anche se venne arricchito con la teoria della forma e del colore di Goethe. Le finalità del corso di base di Itten, che era obbligatorio per tutti gli studenti del primo anno, consisteva nella possibilità di liberare la creatività dell'individuo e di mettere in grado ogni studente di valutare le proprie capacità. Gropius sentiva che con la fine della pima guerra mondiale era iniziato un nuovo periodo storico, e voleva creare un nuovo stile architettonico che riflettesse questa nuova era. Gropius fu a capo della scuola dal 1919 al 1928, seguito da Hannes Meyer e Ludwig Mies van der Rohe. Il Bauhaus all'inizio venne largamente sovvenzionato dalla Repubblica di Weimar. Dopo un cambio nel governo, nel 1925, la scuola si spostò a Dessau dove venne costruita l’Università Bauhaus. La Weissenhofsiedlung a Stoccarda (1927) Nel 1932 la scuola venne spostata nuovamente, questa volta a Berlino. La scuola Bauhaus di Dessau Le abatjour realizzate dalla Bauhaus Schule di Dessau negli anni venti, anche se oggi hanno un notevole valore storico, all’epoca erano destinate al popolo e pensate per essere facilmente costruite impiegando celluloide, materiale abbstanza economico. BAUHAUS non è una cuccia per cani bensì . . . La scuola venne chiusa per ordine del regime nazista nel 1933. I nazisti si erano opposti al Bauhaus per tutti gli anni 20, così come altri gruppi politici di destra. Il Bauhaus era da loro considerato come una copertura per i comunisti, soprattutto perché vi erano coinvolti molti artisti russi. Scrittori nazisti come Wilhelm Frick e Alfred Rosenberg sentivano che il Bauhaus fosse "non-tedesco", e non approvavano i suoi stili modernisti. Ad ogni modo il Bauhaus ebbe un grosso impatto sulle tendenze dell'arte e dell'architettura nell‘Europa occidentale e negli Stati Uniti nei decenni a seguire, e molti artisti che vi furono coinvolti vennero esiliati dal regime nazista. La scuola era focalizzata principalmente sull'architettura, e spesso costruì case popolari a basso costo per il governo di Weimar, ma si occupò anche di altre discipline dell'arte. Il Bauhaus pubblicò un periodico chiamato "Bauhaus" e una serie di libri chiamati "Bauhausbücher". Il capo dell'editoria e del design fu Herbert Bayer. Uno dei principali obiettivi del Bauhaus fu di unificare arte, artigianato e tecnologia. La macchina veniva considerata un elemento positivo e quindi il design industriale e del prodotto ne erano componenti importanti. Veniva insegnato il Vorkurs- letteralmente 'pre corso'; questa materia, che corrisponde al moderno corso di fondamenti di design, è diventato uno dei corsi fondamentali di tutte le scuole di architettura del mondo. Non c'era insegnamento di storia nella scuola, perché si supponeva che tutto venisse disegnato e creato come se fosse la prima volta, piuttosto che pensando ai precedenti. È presso il Bauhaus che assistiamo alla nascita della disciplina del design: come docenti fondatori del Grunskurs a Weimar e Deaau vennero chiamati Vasilij Kandinskij e Paul Klee. Le nuove tecnologie hanno consentito all’architetto C. Eames di realizzare uno dei primissimi manufatti in legno piegato a vapore. A fianco, la lampada di W. Wagenfeld. I prodotti Bauhaus, studiati per il largo consumo e destinati all’arredo pubblico e privato, ancora oggi sono diffusi tra noi come oggetti di culto. Il più importante contributo del Bauhaus fu nel campo del design dei mobili. Un esempio onnipresente e famoso a livello mondiale è la sedia Cantilever, del designer Mart Stam, che sfruttava la proprietà tensile dell'acciaio. All’epoca i manufatti seriali erano destinati all’arredo su vasta scala delle strutture pubbliche, quindi non accettati, se non per necessità, nella cerchia dei cosiddetti oggetti d’affezione che personalizzano il nostro ambiente domestico. Allo stesso periodo storico, appartengono le due opere d’autore dell’architetto americano Frank Lloyd Wright, la sedia (sotto a destra) e la casa, che hanno in comune l’interessante tentativo di utilizzare dei semplici modulari industriali che nelle mani del maestro acquistano valore decorativo, un messaggio non sempre raccolto dalle generazioni successive degli architetti e dei designers, ignorando la possibilità che quasi sempre un lampione, una panchina, un guard rail un elettrodotto o un sistema di recinzione, nati per scopi esclusivamente funzionali e senza alcuna pretesa estetica, possano risultare infinitamente più gradevoli di alcune divagazioni d’artista, rientrando, siapure inconsapevolmente, quindi nel modo più naturale possibile, dentro i canoni forma-funzione, cari a noi gestaltici. Siapure entrambe nate come prodotti di serie, nella sedia di Wright c’è già il tentativo di offrire un oggetto all’elite (un oggetto di serie si, ma ‘grifato’ Wright) che non tollerava la presenza in casa di un prodotto ‘uso ufficio’ come la sedia Bauhaus a sinistra. I manufatti seriali di largo consumo, siapure cloni anonimi, grazie alla loro massiccia presenza nella nostra vita quotidiana, assumeranno col passare degli anni un ruolo evocatore di ricordi che ognuno lega al proprio vissuto, attribuendovi un valore simbolico-emotivo molto più forte dell’oggetto d’autore, che per sua natura resta confinato ad una nicchia dell’ambiente urbano. Frank Lloyd Wright, architetto statunitense sulla copertina del libro scritto dal figlio, è una figura centrale dell' architettura organica. Assieme a Le Corbusier, rappresenta forse in maniera più emblematica l'altro lato dell'architettura moderna, quello della cosiddetta architettura funzionale. La caratteristica modulare e la mancanza di elementi decorativi complessi propri dell’architettura classica, rendono questo edificio facilmente ristrutturabile ed espandibile anche a distanza di secoli senza snaturarne lo stile architettonico originale. Il prodotto di serie, in quanto economico, veniva acquistato come arredo domestico soprattutto dalla classe operaia. I ceti più facoltosi preferivano il mobile personalizzato dall’artigiano o addirittura progettato dall’architetto, almeno nell’epoca quando ancora si usava farsi fare il vestito buono direttamente dal sarto o il mobile su misura dal falegname. Il perfezionamento delle macchine industriali e la scoperta di nuovi materiali hanno ben presto messo in crisi le vecchie tradizioni manuali che non riuscivano a tener testa al ritmo incalzante dell’industria che ormai, grazie anche al meccanismo pubblicitario, potevano sedurre una fetta di consumatori sempre più ampia. La produzione e l’impiego dei nuovi materiali richiedeva procedure tecnologiche sempre più sofisticate che gli artigiani non potevano permettersi. Un artigiano era in grado nel passato di costruire un carro dalla A alla Z, ma non aveva la tecnologia per costruire un’automobile. L’alta tecnologia che permette ad un telefonino di funzionare è solo uno dei tanti esempi che ci fanno capire come i moderni prodotti siano al di fuori della logica artigianale, senza parlare dei costi del marketing che nessun artigiano potrebbe permettersi di sostenere. Persino oggi facciamo fatica a capire chi! materialmente costruisce un jet di linea. Il progettista o l’ingegnere aeronautico sarebbero meno di zero nel realizzare il jet da soli. Ma allora, chi è l’entità divina in grado di compiere un simile miracolo? In realtà l’entità divina è un unicum fatto di una tale quantità di maestranze che per la nostra mente è inimmaginabile. Se la parte più semplice di un aereo fosse il bullone, pensate quante persone hanno contribuito a costruire quel bullone dal processo d’estrazione del metallo alla fusione, dalla modellazione alla filettatura eseguita da macchine filettanti che a loro volta sono state costruite da altre decine di persone. Quindi, immaginiamo già alcune centinaia di persone per costruire i bulloni necessari per tenere insieme l’aereo, Una razione quotidiana d’immagini come questa, osservata senza uno spirito critico può avere lo stesso impatto di una razione di cocaina su chi cerca di lenire o camuffare la propria insicurezza circondandosi di ‘simboli forti’ da prendere in dosi sempre più massicce. ora moltiplichiamo queste centinaia di persone per tutte le migliaia, forse milioni di componenti che completano il jet e ci troveremo di fronte una moltitudine inimmaginabile, probabilmente incalcolabile, nella quale forse noi stessi inconsapevolmente abbiamo, in qualche modo, collaborato per realizzare il nostro jet. A questo punto le industrie, nell’impossibilità di avere un rapporto diretto col cliente, hanno inventato due meccanismi pubblicitari per far conoscere i prodotti industriali: I consigli per gli acquisti per i prodotti di largo consumo, e la griffe (firma d’autore) per i cosidetti oggetti d’affezione. I sociologi classificano come oggetti d’affezione tutti quegli oggetti d’uso personale che in qualche modo ci permettono di esprimere la nostra individualità, ad esempio, un certo modo d’accendere o fumare la pipa, esibire un orologio, gli occhiali o un cellulare di marca, guidare un’automobile fuoriserie, o qualsiasi altra cosa che proietti sul prossimo il nostro modo di essere. Oggetti d’affezione secondo l’autore del termine: Tutto quanto capita sottomano o è scelto nell'abbondanza dei materiali che ci circondano viene combinato con parole al fine di ottenere una semplice immagine poetica. Non bisognerà cercare quelle qualità plastiche, quei virtuosismi, o i meriti che si è soliti vedere associati ai prodotti artistici. Questi oggetti dovrebbero dilettare, disturbare, disorientare o far riflettere. Man Ray Nel mondo dell’alta moda: Oggetti d’affezione sono quelli che ci aiutano ad affrontare la noia quotidiana della vita. Sono quelli che ci fanno sentire sicuri e protetti. Lanciano segnali oppure fermano lo sguardo. Io non potrei stare senza i miei braccialetti, i miei anelli. I miei orecchini. Oggetti all’apparenza solo decorativi. Inutili per molti, esagerati per altri. Sono loro invece che bilanciano l’equilibrio instabile di un abito. E che ne completano il senso. Sono loro e solo loro che mi rivelano internamente. Maria Luisa Frisa, Design della moda, IUAV E’ ormai certezza che sia proprio il rapporto più o meno intelligente con l’oggetto di consumo e d’affezione, in particolare, a creare i maggiori danni; sia alla biosfera che alla sfera della cultura umana. A questo punto, sfidando la pedanteria, cercheremo di capire in che cosa consista un rapporto intelligente con l’oggetto. Frugando tra i libri dedicati a questo aspetto della mente, ci si rende conto che l’intelligenza nell’ umano ha la stessa funzione della pelliccia per l’orso polare, le fauci e le unghie per i felini, la vista e gli artigli per l’aquila, cioè: Adattamento all’ambiente finalizzato alla sopravvivenza. Infatti l’uomo come essere di origine tropicale si sarebbe estinto durante l’era glaciale se non avesse trovato il sistema di coprirsi con le pelli, costruirsi un rifugio e scaldarsi con il fuoco. L’opera e l’ingegno dell’individuo umano presuppone quindi consapevolezza secondo un ciclo completo: esigenza-Invenzione-uso-gestione della scoperta che implica anche l’uso ponderato dell’invenzione stessa. Per esempio l’uomo preistorico che scoprì il fuoco sapeva bene che il fuoco oltre a scaldare può anche bruciare, il che presuppone quelle precauzioni che invece ignorava chi pensò di rubare il fuoco provocando l’incendio della foresta, così come oggi trovi sempre chi riesce, con l’abilità di un Fregoli a trasformare ogni meraviglia tecnologica in una trappola nella quale invischiarsi. Vedi i disastri ambientali, le malattie da vita sedentaria, l’uso sconsiderato ed eccessivo dell’automobile, dei telefonini, dei computer, dei videogame e chi più ne ha ne metta. Una rappresentazione pubblicitaria costruita ad arte e tesa a far associare il prodotto ‘occhiali’ allo stereotipo forza-bellezza secondo l’immaginario di massa Ricordate la storia dell’apprendista stregone che in barba alle avvertenze del maestro, obbliga la scopa a trasportare l’acqua dal pozzo al pentolone ma poi dimentica la formula magica per fermare la scopa allagando così il castello? Allo stesso modo il rapporto maldestro con gli apparati tecnologici è indotto da un atteggiamento istintivo quindi non ragionato con essi. Ad un interlocutore che chiedeva all’etologo: “Perchè mai una volpe quando entra in un recinto stermina l’intero pollaio?” L’etologo rispose che la volpe è stata programmata in natura per uccidere un pollo al massimo due poiché gli altri si mettono in salvo, ma quando la volpe entra in un pollaio chiuso, uccide tutti i polli senza limitarsi al fabbisogno del momento, distruggendo stupidamente la scorta di cibo per il futuro. I n conclusione: L’intero scibile umano è costituito da una congerie di idee, pensieri, teorie, azioni, credenze, pregiudizi e superstizioni più o meno meditate che prima o poi, in un ambiente sano, troveranno un naturale equilibrio nello spazio socio-culturale, organizzandosi per schieramenti più o meno contrapposti, talvolta antagonisti sul campo dell’eterna battaglia tra egoismo ed altruismo, tra bene e male, che come la materia (tornando alla prima pagina di questo libro), trova il suo equilibrio dal caos in una massa sferica, la materia culturale umana trova il suo equilibrio in due polarità distinte e definibili per convenzione: Progressista-conservatore, destra-sinistra, negativo-positivo, angeli-demoni, falchi-colombe, rock-lento che siano. Insomma, due poli uniti da una vasta gamma di sfumature il cui prevalere o ritrarsi è influenzato da istinti primari che si traducono in azioni quasi mai cruente e solo finalizzate alla sopravvivenza, alla felicità, al benessere, della tribù e del gruppo, possibilmente in un clima di tolleranza e di scambio culturale. Purtroppo, la scelta di campo tra i due schieramenti, in un ambiente sociale snaturato è spesso dettata dalla istintiva necessità umana di trovare sicurezza e rifugio in un gruppo, la cui tendenza ideologica sia come il cemento che inglobi la creatività, le dee, le risorse e le energie dei singoli appartenenti, in una massa omogenea che si configuri in un qualche simbolo di appartenenza per il quale battersi e morire. In questo contesto, il gruppo antagonista è percepito come possibile minaccia. Ecco perché ogni idea innovativa diviene un corpo estraneo da attaccare, distruggere o anche fagocitare, secondo la convenienza di parte. In un contesto sociale sano e al di fuori di ogni schieramento, ECOFORM dovrebbe rappresentare la bibbia del progettista e del designer, nell’indicarci il giusto rapporto con la nostra tecnologia. ECOFORM è il tentativo di codificare per poi comunicare, sottoforma di norme, il gusto della bellezza che naturalmente fluisce attraverso le opere artistiche e dell’ingegno che dall’alba delle prime civiltà hanno arricchito l’ambiente naturale attraverso i secoli. ECOFORM dovrebbe essere l’atteggiamento filosofico che trasforma il pensiero in un oggetto da ammirare come si ammira un bel fossile marino sopra una montagna, in cui la stasi, per intercessione della mente, diviene l’azione, che attraverso i millenni ha modellato la terra, con sconvolgimenti titanici e smisuratamente lenti ed impalpabili ma non abbastanza da non poter essere immaginati. In conclusione: non esiste una pillola della saggezza da dispensare, si sappia però, che assecondare tendenze costruite ad arte per esclusivo scopo commerciale, estenderà a livello globale le devastazioni ambientali già in atto su troppi posti del nostro pianeta. Utilizzando un termine informatico, ECOFORM dovrebbe avere, per un progettista o un designer responsabile e serio, più o meno la funzione default del dei nostri computers: La tecnologia manda la tua vita nel caos creativo? Niente paura clicca ECOFORM per tornare alle impostazioni estetiche predefinite e . . . . . . come disse il Sig. Rossi di Segrate: “L’unica forza in grado di risolvere tutti i problemi che affliggono il mondo, di eliminare le guerre e le ingiustizie e persino capace di produrre energia inesauribile e pulita; è pronta all’uso ed è gratis: Si chiama intelligenza” I n conclusione: L’intero scibile umano è costituito da una congerie di idee, pensieri, teorie, azioni, credenze, pregiudizi e superstizioni più o meno meditate che prima o poi, in un ambiente sano, troveranno un naturale equilibrio nello spazio socio-culturale, organizzandosi per schieramenti più o meno contrapposti, talvolta antagonisti sul campo dell’eterna battaglia tra egoismo ed altruismo, tra bene e male, che come la materia (tornando alla prima pagina di questo libro), trova il suo equilibrio dal caos in una massa sferica, la materia culturale umana trova il suo equilibrio in due polarità distinte e definibili per convenzione: Progressista-conservatore, destra-sinistra, negativo-positivo, angeli-demoni, falchi-colombe, rock-lento che siano. Insomma, due poli uniti da una vasta gamma di sfumature il cui prevalere o ritrarsi è influenzato da istinti primari che si traducono in azioni quasi mai cruente e solo finalizzate alla sopravvivenza, alla felicità, al benessere, della tribù e del gruppo, possibilmente in un clima di tolleranza e di scambio culturale. Purtroppo, la scelta di campo tra i due schieramenti, in un ambiente sociale snaturato è spesso dettata dalla istintiva necessità umana di trovare sicurezza e rifugio in un gruppo, la cui tendenza ideologica sia come il cemento che inglobi la creatività, le dee, le risorse e le energie dei singoli appartenenti, in una massa omogenea che si configuri in un qualche simbolo di appartenenza per il quale battersi e morire. In questo contesto, il gruppo antagonista è percepito come possibile minaccia. Ecco perché ogni idea innovativa diviene un corpo estraneo da attaccare, distruggere o anche fagocitare, secondo la convenienza di parte. 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In conclusione: non esiste una pillola della saggezza da dispensare, si sappia però, che assecondare tendenze costruite ad arte per esclusivo scopo commerciale, estenderà a livello globale le devastazioni ambientali già in atto su troppi posti del nostro pianeta. Utilizzando un termine informatico, ECOFORM dovrebbe avere, per un progettista o un designer responsabile e serio, più o meno la funzione default del dei nostri computers: La tecnologia manda la tua vita nel caos creativo? Niente paura clicca ECOFORM per tornare alle impostazioni estetiche predefinite e . . . . . . come disse il Sig. Rossi di Segrate: “L’unica forza in grado di risolvere tutti i problemi che affliggono il mondo, di eliminare le guerre e le ingiustizie e persino capace di produrre energia inesauribile e pulita; è pronta all’uso ed è gratis: Si chiama intelligenza” I n conclusione: L’intero scibile umano è costituito da una congerie di idee, pensieri, teorie, azioni, credenze, pregiudizi e superstizioni più o meno meditate che prima o poi, in un ambiente sano, troveranno un naturale equilibrio nello spazio socio-culturale, organizzandosi per schieramenti più o meno contrapposti, talvolta antagonisti sul campo dell’eterna battaglia tra egoismo ed altruismo, tra bene e male, che come la materia (tornando alla prima pagina di questo libro), trova il suo equilibrio dal caos in una massa sferica, la materia culturale umana trova il suo equilibrio in due polarità distinte e definibili per convenzione: Progressista-conservatore, destra-sinistra, negativo-positivo, angeli-demoni, falchi-colombe, rock-lento che siano. Insomma, due poli uniti da una vasta gamma di sfumature il cui prevalere o ritrarsi è influenzato da istinti primari che si traducono in azioni quasi mai cruente e solo finalizzate alla sopravvivenza, alla felicità, al benessere, della tribù e del gruppo, possibilmente in un clima di tolleranza e di scambio culturale. Purtroppo, la scelta di campo tra i due schieramenti, in un ambiente sociale snaturato è spesso dettata dalla istintiva necessità umana di trovare sicurezza e rifugio in un gruppo, la cui tendenza ideologica sia come il cemento che inglobi la creatività, le dee, le risorse e le energie dei singoli appartenenti, in una massa omogenea che si configuri in un qualche simbolo di appartenenza per il quale battersi e morire. In questo contesto, il gruppo antagonista è percepito come possibile minaccia. Ecco perché ogni idea innovativa diviene un corpo estraneo da attaccare, distruggere o anche fagocitare, secondo la convenienza di parte. In un contesto sociale sano e al di fuori di ogni schieramento, ECOFORM dovrebbe rappresentare la bibbia del progettista e del designer, nell’indicarci il giusto rapporto con la nostra tecnologia. ECOFORM è il tentativo di codificare per poi comunicare, sottoforma di norme, il gusto della bellezza che naturalmente fluisce attraverso le opere artistiche e dell’ingegno che dall’alba delle prime civiltà hanno arricchito l’ambiente naturale attraverso i secoli. ECOFORM dovrebbe essere l’atteggiamento filosofico che trasforma il pensiero in un oggetto da ammirare come si ammira un bel fossile marino sopra una montagna, in cui la stasi, per intercessione della mente, diviene l’azione, che attraverso i millenni ha modellato la terra, con sconvolgimenti titanici e smisuratamente lenti ed impalpabili ma non abbastanza da non poter essere immaginati. 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Rossi di Segrate: “L’unica forza in grado di risolvere tutti i problemi che affliggono il mondo, di eliminare le guerre e le ingiustizie e persino capace di produrre energia inesauribile e pulita; è pronta all’uso ed è gratis: Si chiama intelligenza” I n conclusione: L’intero scibile umano è costituito da una congerie di idee, pensieri, teorie, azioni, credenze, pregiudizi e superstizioni più o meno meditate che prima o poi, in un ambiente sano, troveranno un naturale equilibrio nello spazio socio-culturale, organizzandosi per schieramenti più o meno contrapposti, talvolta antagonisti sul campo dell’eterna battaglia tra egoismo ed altruismo, tra bene e male, che come la materia (tornando alla prima pagina di questo libro), trova il suo equilibrio dal caos in una massa sferica, la materia culturale umana trova il suo equilibrio in due polarità distinte e definibili per convenzione: Progressista-conservatore, destra-sinistra, negativo-positivo, angeli-demoni, falchi-colombe, rock-lento che siano. 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In conclusione: non esiste una pillola della saggezza da dispensare, si sappia però, che assecondare tendenze costruite ad arte per esclusivo scopo commerciale, estenderà a livello globale le devastazioni ambientali già in atto su troppi posti del nostro pianeta. Utilizzando un termine informatico, ECOFORM dovrebbe avere, per un progettista o un designer responsabile e serio, più o meno la funzione default del dei nostri computers: La tecnologia manda la tua vita nel caos creativo? Niente paura clicca ECOFORM per tornare alle impostazioni estetiche predefinite e . . . AAAAAAH, EC OFOR M ! FORM A-FUNZIONE e BELLEZZA, In un solo gusto! Di Roberto Soldati Hanno collaborato: M USPAC L ’Aquila, Filippo Dragonetti, M ary E nzler, I AF USA director, R ita Udelhowen, C atherine Green, C esar V an E gelyn, G estalt I nstitute of C incinnati USA, Bauhaus Dessau, Artemide I taly, I AF Photo Archive. Fonti d’informazione: I l disegno industriale e la sua estetica di Gillo Dorfles. W ikipedia, Z anichelli, C itroen I taly, FI AT I talia, M ercedes I taly, W right M useom of C hicago, I stituto Europeo di Design R oma, Bauhaus e W eimar library, Germany.