Di Roberto Soldati
Hanno collaborato: M USPAC L ’Aquila, Filippo Dragonetti,
M ary E nzler, I AF USA director, R ita Udelhowen, C atherine
Green, C esar V an E gelyn, G estalt I nstitute of C incinnati
USA, Bauhaus Dessau, Artemide I taly, I AF Photo Archive.
Fonti d’informazione: I l disegno industriale e la sua estetica
di Gillo Dorfles. W ikipedia, Z anichelli, C itroen I taly, FI AT
I talia, M ercedes I taly, W right M useom of C hicago, I stituto
Europeo di Design R oma, Bauhaus e W eimar library,
Germany.
Di Roberto Soldati
Una premessa:
Il ciclotrone di Frascati Adone
Nel 1970, un professore di un liceo artistico romano condusse i suoi studenti
all’Istituto di Fisica Nucleare di Frascati per toccare con mano la teoria coniata
verso il 1880 dall’architetto americano e padre del modernismo Louis Sullivan,
secondo la quale ALLA FORMA SEGUE LA FUNZIONE, un binomio che, a dire del
Prof, implicherebbe automaticamente anche la BELLEZZA. Lo scienziato che fece
loro da guida, condusse il gruppo nella stanza dove era ospitato il ciclotrone
Adone, nome che fece trasalire di gioia il professore, che esclamò entusiasta:
“Adone! Dio della bellezza. Ma è magnifico! Questo conferma da se la teoria che
volevo spiegare ai miei studenti. Stupefacente! Ma come vi è venuto in mente di
chiamarlo Adone Dio della bellezza?”
Lo scienziato un po’ sconcertato
candidamente rispose: “Beh, veramente l’abbiamo chiamato Adone perché è più
grosso di ADA, il vecchio ciclotrone”. Una risposta che arrivò come una secchiata
d’acqua gelata dritto sulla faccia del Prof.
Di Roberto Soldati
Gaffe a parte, il concetto fu comunque chiaro e da sempre
riconosciuto in modo unanime dai designers, architetti e
progettisti, cioè: Un qualsiasi oggetto è bello in quanto adeguato
all’uso a cui è destinato, che però trova molto meno consensi
tra i consumatori destinatari, in larga parte ancora legati alla
tradizionale cultura dell’addobbo decorativo, che la filosofia
Gestalt e i suoi seguaci rifiutano in blocco.
Cercheremo di evidenziare in questo CD come un distorto uso
delle nuove tecnologie e dei nuovi materiali possano troppo
spesso condurre nella direzione opposta al naturale concetto
FORMA SEGUE LA FUNZIONE, che invece era sempre insito nelle
opere e nei manufatti dei maestri artigiani del passato nel
modellare la materia tradizionale secondo regole non scritte che i
padri del moderno disegno industriale hanno decodificato nel
tentativo di applicarle anche ai prodotti seriali, evitando ogni
tentazione di eccesso o addobbo che replicati su vasta scala
producono montagne di rifiuti, enorme spreco di energia e
conseguenti danni ambientali. Come vedremo nelle pagine seguenti le
correnti di pensiero: Gestalt e Bauhaus nascono dall’esigenza di fare
ordine nello sconvolgimento socio-culturale indotto dalla rivoluzione
industriale iniziata nella seconda metà dell’ottocento. In questo CD,
per nostra comodità, abbiamo sintetizzato la frase ‘ALLA FORMA
SEGUE LA FUNZIONE’ nella parola ECOFORM per sottolineare come
un oggetto industriale avulso da divagazioni estranee alla sua
funzione possa perfettamente inserirsi nell’ambiente senza danni
rilevanti. ECOFORM è una compagine talmente efficace che anche la
natura la utilizza in ogni angolo dell’universo. Noi non possiamo fare
altro che osservare, imparare, cercando di imitare.
Di Roberto Soldati
L’immagine a sinistra racchiude in se tutta
la filosofia ECOFORM, cioè un buon design
dell’apparato condizionatore si sposa
naturalmente con lo stile dell’edificio in
pacifica convivenza col paesaggio urbano
circostante di primo 900 e senza bisogno di
grotteschi camuffamenti.
Dal punto di
vista ECOFORM l’impatto ambientale che
l’insieme di questa struttura determina
sarebbe poco traumatico e proponibile
persino nell’interno di un centro storico se
inserita
senza un effetto prevaricante
verso gli edifici antichi. L’esempio più
celebre lo troviamo nel Beaubourg (foto a
destra) di Parigi.
Purtroppo un simile
concetto trova ben poco sostegno nella
popolazione non avvezza ad accostamenti
insoliti e repentini stravolgimenti estetici.
Di Roberto Soldati
L a psicologia della forma G estalt
La psicologia della Gestalt, dove la parola tedesca Gestalt significa
forma, detta anche psicologia della forma, è una corrente psicologica
riguardante la percezione e l'esperienza che nacque e si sviluppò agli
inizi del XX secolo in Germania (nel periodo tra gli anni '10 e gli anni
'30), per poi proseguire la sua articolazione negli USA, dove i suoi
principali esponenti si erano trasferiti nel periodo delle persecuzioni
naziste.
La parola Gestalt fu usata per la prima volta, come termine tecnico,
da Ernest Mach; in seguito, Edmund Husserl e Christian von
Ehrenfels ripresero il termine da Mach nelle loro teorie psicologiche a
fondamento filosofico.
Fondatori della psicologia della Gestalt sono di solito considerati
Kurt Kafka, Wolfgang Kohler e Marx Wertheimer che sono stati
certamente i principali promotori e teorizzatori scientifici di questa
corrente di ricerca in Psicologia. I loro studi psicologici si
focalizzarono soprattutto sugli aspetti percettivi e del
ragionamento/problem-solving.Successivamente, importanti studi
furono condotti da Lewin con la teoria del campo e Goldstein con
una teoria della Personalità secondo la quale l'intero organismo
partecipa al comportamento. In seguito a partire dagli anni '60, la
Gestalt soffrì per alcuni decenni della sua difficoltà a misurarsi con
l'avanzato metodo sperimentale e gli approcci psicometrici
utilizzabili dal nascente movimento cognitivo, ed il suo modello di
teoria della mente si dimostrò meno euristico di quello del
cognitivismo in tutti i settori che non fossero legati alla psicologia
della percezione.
Solo in quest'ultimo ambito, per via di alcune difficoltà a spiegare
alcuni fenomeni percettivi in un'ottica strettamente cognitivista, la
Gestalt ha recuperato un limitato interesse alla fine del XX secolo.
Di Roberto Soldati
I n I talia
Interessante appare infatti l'attenzione agli aspetti fenomenici della percezione,
che il cognitivismo ha in parte trascurato nel suo programma di ricerca.
Per la psicologia della Gestalt non è giusto dividere l'esperienza umana nelle sue
componenti elementari e occorre invece considerare l'intero come fenomeno
sovraordinato rispetto alla somma dei suoi componenti: "L'insieme è più della
somma delle sue parti" (posizione del molarismo epistemologico). Quello che noi
siamo e sentiamo, il nostro stesso comportamento, sono il risultato di una
complessa organizzazione che guida anche i nostri processi di pensiero. La
stessa Percezione non è preceduta dalla sensazione ma è un processo immediato
influenzato dalle passate esperienze solo in quanto queste sono lo sfondo
dell'esperienza attuale che deriva dalla Gestalt, come combinazione delle diverse
componenti di un'esperienza reale-attuale.
Per comprendere il mondo circostante si tende a identificarvi forme secondo
schemi che ci sembrano adatti scelti per imitazione, apprendimento e
condivisione e attraverso simili processi si organizzano sia la percezione che il
pensiero e la sensazione; ciò avviene di solito del tutto inconsapevolmente.
Tra gli studiosi italiani della Teoria della Gestalt sono
da ricordare almeno Fabio Metelli, per studi nel campo
della percezione visiva, ed in tempi recenti Gaetano
Kanizsa, dei cui studi è particolarmente noto il
fenomeno percettivo detto Triangolo di Canizsa. Altri
autori di rilievo, che hanno contribuito a diffondere lo
studio della Teoria della Gestalt nelle università
italiane, sono Paolo Bozzi e Giovanni Bruno. Alla
diffusione della Gestalt in Italia contribuì anche Cesare
Musatti, comunque più noto per il suo impegno di
psicoanalista.
La psicologia della Gestalt, per via dell'influenza e delle
tradizioni di ricerca avviate da questi grandi maestri,
rappresentò uno di principali programmi di lavoro della
psicologia sperimentale italiana tra gli anni '50 ed i
primi anni '80, prima di essere progressivamente
sostituita dal Cognitivo.
I ntroduzione dell’autore
Nel 1969, frequentavo un corso annesso all’università ‘La Sapienza’ di Roma dove mi
capitò tra le mani il libro Il Disegno Industriale e la sua Estetica che un mio professore, il
critico d’arte e filosofo Gillo Dorfles, aveva scritto nel 63, che rivelò a me stesso una
specie di filosofia spicciola alla quale mi ero appoggiato sin dall’età di 8-10 anni, e come
tale vi ripropongo nel discernere i fenomeni ed eventi vari che via via si presentavano
sotto il mio campo visivo. A quell’epoca, un mio compagno di classe elementare un po’
birba aveva pensato di ficcare qualcosa nel buco della serratura, bloccando l’ingresso a
scuola e le lezioni.
Era una di quelle serrature antiche che avevano una chiave enorme come non se ne
vedono più. Per risolvere il problema, la maestra si rivolse ad un operaio del comune che
fu costretto a smontare la serratura. Di quella serratura mi colpì il meccanismo della
combinazione che era finemente decorato, con le molle che formavano ghirigori ed
infiorescenze, il che al momento lo trovai assurdo. Pensai: Perché perdere tempo ad
abbellire un meccanismo destinato a restare nascosto per secoli?
Dieci anni dopo quell’episodio, lessi il libro del Prof. Dorfles nel capitolo Forma funzione e
tutto mi apparve chiaro: La natura genera le sue creature secondo il concetto: FORMA
SEGUE LA FUNZIONE, non per esibizionismo ma in modo del tutto spontaneo ed
ovunque, anche negli anfratti più oscuri dell’universo dove un artigiano più attento di altri
notò un qualche evento vegetale e pensò di materializzarlo nella sua serratura che ho
recuperato e conservato come oracolo ispiratore ed oggetto di paragone del bello e del
brutto, del buono o cattivo gusto. Per cui, non aspettatevi imparzialità di giudizio, poiché
la natura del nostro lavoro ci rende, talmente sensibili al bruttume che l’uomo talvolta
produce da renderci ogni distacco emotivo impossibile. ECOFORM indica la via più
breve ed efficace possibile nel progettare. Utilizzate dunque questo libro come fosse un
manuale d’istruzione che vi permetta di sintonizzarvi con lo spirito dei grandi maestri
antichi e moderni che potrebbero farvi notare, come spesso capita e senza ideologie di
parte, che la soluzione più efficace nel progettare, spesso appare troppo ovvia,
economica ed elementare per essere considerata quella giusta.
La serratura della biblioteca di Lucoli, L’Aquila
La prova che la natura crea con perfezione assoluta è racchiusa in una semplice goccia
d’acqua. Qualsiasi conformazione il liquido assume nello sgorgare, una volta che si stacca
dalla cannella finirà inevitabilmente per aggregarsi in una sferula perfetta purchè non
intervengano agenti
circostanti a disturbarne la conformazione.
Il liquido versato da
una bottiglia a bordo di un’astronave e in assenza di
gravità finirà per aggregarsi sempre sottoforma di sfera, così come hanno fatto tutti i pianeti e
le stelle dell’universo, e senza eccezioni, offrendoci la prova inconfutabile di come il caos
possa trovare il giusto equilibrio in una forma geometrica perfetta.
Alla luce di ciò è lecito pensare, ammesso che le prove scientifiche non bastino, che la natura
riesca nel modo più spontaneo che si possa immaginare a trovare sempre la soluzione ideale
in un equilibrio perfetto nel creare i suoi prodotti, tra “minimo dispendio di energia/massima
efficienza. Fu così che la biosfera terrestre venne popolata da milioni di esseri viventi, alcuni
statici, chiamati vegetali, ed altri che vagano di continuo sopra la superficie del pianeta in una
eterna e spietata lotta di sopravvivenza, per accaparrarsi i pascoli e le sorgenti migliori da
difendere da altri invasori. I meccanismi di sopravvivenza e quelli preposti alla riproduzione,
quindi alla conservazione della specie sia vegetale che animale, sono così potenti che la
natura ha fornito alle sue creature, l’addobbo della struttura primaria da utilizzare come
apparato di difesa, o seduzione, a seconda delle esigenze del momento, inviando segnali
visivi, sonori o olfattivi che rendono pittoresca e meravigliosa la vita sulla terra, altrimenti la
nostra biosfera sarebbe popolata di soli cloni identici l’un l’altro, la cui sopravvivenza e la
conservazione della specie sarebbe legata solo ad eventi del tutto occasionali.
La spettacolare esibizione di questo fiore
attira l’insetto col profumo e i colori per
indurlo a fecondare, per impollinazione, la
parte vivente primaria che si trova
all’interno del seme. Tutto il resto è
semplice addobbo seduttore.
A sinistra, contrariamente al fiore, la
materia cosmica, al pari della goccia,
siapure in scale immensamente diverse,
si organizza sottoforma di sferoidi che
pur
non
avendo
una
funzione
ornamentale rivelano comunque il fascino
della forma geometrica perfetta.
Osservando queste quattro immagini appare
evidente come l’arte dell’addobbo sia un
meccanismo del tutto naturale e non certo
d’importanza secondaria visto che la natura lo
applica su scala universale al cui fascino
nemmeno l’essere umano sfugge, anzi è proprio
tra le mani dell’umano che l’addobbo ha
raggiunto picchi parossistici che spesso
sconfinano nel puro delirio. Se fosse un delfino,
siapure munito di un grande cervello ma con arti
inadatti a tradurre il pensiero in azione pratica,
l’uomo-delfino si limiterebbe a canalizzare la sua
energia creativa verso i mondi della fantasia e del
sogno senza perpetrare i danni sull’ambiente
che la natura ha creato sopra quell’esile e
fragilissimo velo, oggi molto malato, chiamato
biosfera.
L’uomo-delfino o donna-delfino
dovrebbero accontentarsi solo di quegli attributi
di minaccia o seduzione che madre natura ha
fornito al suo corpo, forse le pinne o una
particolare conformazione fisica da esibire al
massimo nell’arte del nuoto. Purtroppo non è
così. Quasi sempre quelle che percepiamo come
meraviglie dell’ingegno umano, i castelli, le
piramidi, e tutte le grandi opere antiche e
moderne ci narrano, scrutando tra le pieghe delle
loro vicende, storie tragiche e dolorose i cui
echi evocano fantasmi e, per paradosso, le
ammantano di un forte potere ammaliatore.
Infatti, non è un segreto che il grande potere
evocativo del Colosseo sta nell’ immaginare le
cruente lotte tra gladiatori e leoni.
L’addobbo, sia nella farfalla che nel pavone,
hanno la duplice funzione di sedurre o intimorire
l’avversario a seconda dell’esigenza.
Sia l’addobbo di Napoleone che del
guerriero Masai hanno la funzione di
inviare messaggi visivi evocatori i di uno
status di posizione sociale dominante.
La tendenza di addobbare il proprio corpo fino
all’esagerazione, per qualsiasi scopo lo si faccia,
non è di per se dannoso alla salute della biosfera
e non arreca, fin’ora, grandi danni, ma ci parla
molto, a saperlo interpretare, dell’ indole e le
intenzioni di chi abbiamo davanti. Come appare
dall’immagine della sua stanza da letto a sinistra,
Napoleone, al pari di tutti i despoti, non si limita
ad addobbare il proprio corpo ma estende il suo
messaggio all’ambiente circostante con mezzi
comunicativi che ubbidiscono alla stessa logica,
cioè ostentare fasto e ricchezza, che sott’intenda
potere secondo archetipi ben collaudati verso i
quali si va per istinto, anche se non è sempre
così. Infatti all’accumulo e all’ostentazione
talvolta maniacale dei beni materiali fa da
controaltare la tendenza a spogliarsi di tutto in
modo tale da non occultare la forza spirituale che
vive nel corpo trasformato in tempio di colui che
comunica con la forza trascendentale di qualsiasi
credo. Entrambi gli atteggiamenti possono
talvolta rivelare lo stesso stato d’ansia, il primo,
nel possedere a dismisura, trova appagamento
nei propri beni materiali e nel difenderli, spesso
in modo ossessivo;
l’altro trova lo stesso
appagamento spogliandosi di tutto, eliminando il
rischio di non perdere nulla, fugando così il
dolore del distacco affettivo.
Nelle due immagini in basso appare evidente che
all’origine il baldacchino ha avuto la semplice
funzione ‘utilitaria’ (termine che ritroveremo nei
prossimi capitoli) di proteggere il sonno da
zanzare, parassiti, e freddo, senza fronzoli inutili
che ne complichino la funzione primaria. La
scelta ragionata tra i due letti definiscono
sicuramente lo stile di vita, la personalità ed il
gusto di un individuo. Come dire: dimmi dove
dormi e ti dirò chi sei.
Due leader rivoluzionari a confronto: Il Mahatma
Gandhi e Napoleone; il primo fu artefice della
rivolta pacifica contro il colonialismo Britannico
nel primo 900, il secondo creò il suo impero da
conquistatore. A destra ‘l’emulatore’ Bokassa,
feroce dittatore della Repubblica Centro africana
e sedicente discendente dello stesso Napoleone
nel suo trono d’oro zecchino.
Sotto: San Francesco d’Assisi; contr’altare del
clero sfarzoso e corrotto di Roma. La nuda
‘madre terra’ contro l’ampollosità opprimente del
soglio di Pietro. Il baldacchino fu fatto costruire
dal Pontefice Urbano VIII della famiglia dei
Barberini, depredando e fondendo una parte di
ornamenti in bronzo dal portico del Pantheon. I
due atteggiamenti verso la vita (GandhiNapoleone) a confronto, ci inducono la legittima
riflessione di quanto possa divenire dannosa
l’arte dell’addobbo quando travalica i limiti
imposti dalla natura. Un aspetto che cercheremo
di indagare più avanti.
Secondo voi, quale automobile avrebbe desiderato Napoleone se fosse
vissuto oggi? La 2-cavalli Citroen o la Cadillac sotto? Con buona
probabilità per Gandhi la 2-cavalli sarebbe stata più che sufficiente. La
Cadillac USA del 1958 nell’immaginario collettivo rappresentava
un’astronave in fase di decollo per un volo orbitale sulla scia dello
Sputnik. In realtà, i potenti reattori ospitavano soltanto due innocui
fanalini di posizione. I due razzi sopra erano invece le frecce direzionali.
Queste secondo l’immaginario del tempo, sarebbero state le classiche
auto del 2000. Quanto di più anti ECOFORM si possa concepire.
In mancanza della Cadillac in Italia ci accontentavamo di apporre qualche
patetico posticcio, come sulla FIAT 500 dentro l’immagine in basso. Per
fortuna la necessità di fornire al popolo un veicolo pratico, ‘carino’ ed
economico fa si che vengano realizzati prodotti con funzione solo
utilitaria tornando al naturale equilibrio FORMA-FUNZIONE=BELLEZZA
Cosa esiste di più semplice di una barra come questa a
fianco? Un supporto ed un’asta bianco-rossa che fa su
e giù. Difficile credere che anche questa
specie di arcano sul selciato sia una barra anche se molto ma
moooolto ‘sofisticata’: “ Venghino siori, venghino, ad ammirare
questa meraviglia dell’umano ingegno. Come lor siori vedono
un motore direttamente inglobato nel portafiori in cemento, gira
un carrello che sposta il tutto sull’asfalto attivando anche i
lampeggianti che illuminano i fiori nel vaso deliziando lor siori!
Più o meno sono queste le parole che il rappresentante deve
aver usato per convincere quelli della giunta comunale del paese
che ‘nin zo’.
Il satellite sovietico
Sputnik del 1956
Il termine Utilitaria, citato prima, si spiega da se osservando le
caratteristiche di questi cinque veicoli. L’automobile utilitaria nasce
dall’esigenza di offrire anche alla fetta di popolo meno facoltosa la
vettura che deve sostituire l’asino da soma ed il carretto. Infatti la
Daimler-Benz nel 1935 produsse i primi prototipi di una vettura utilitaria
per la nascente Volkswagen (trad. auto del popolo). Una vettura di
nuova concezione non solo per la linea modernissima e aerodinamica,
ma anche per l’introduzione della tecnica a carrozzeria portante che
consente tempi di produzione rapidissimi grazie all’esclusione del telaio
tubolare. Le parti in lamiera pressata una volta assemblate racchiudono
in un unicum estetico: forma, aerodinamicità, sostegno e protezione,
una soluzione talmente efficace e funzionale che verrà adottata da
quasi tutte le case automobilistiche mondiali e mai più
abbandonata, soprattutto per il genere utilitario.
A questa
famiglia appartengono anche la FIAT 600, 500 e la Vespa Piaggio.
Di concezione leggermente diversa fu invece la francese Citroen
che costruì un telaio/motore da poter essere ‘vestito’ con diversi
tipi di carrozzeria a pannelli sagomati e assemblabili con grande
facilità sui modelli Diane, Ami 8 e la 2 cavalli (detta l’ombrello a 4
ruote), le cui parti in caso d’incidente potevano facilmente essere
riparate o sostituite, ma offrivano una scarsa protezione agli
occupanti in caso d’incidente.
La pubblicità ha sempre largamente utilizzato l’accostamento
donna-prodotto, come strumento di persuasione, rivolto al
consumatore maschile.
Anche tutti i moderni veicoli concepiti dopo gli anni 80 a livello
globale presentano le caratteristiche delle vecchie Citroen ma per
scopi che ubbidiscono solo ad un dissennato consumismo. In
pratica le nuove vetture hanno una struttura portante centrale
ricoperta da parti in plastica modellate e ancorate al traliccio che
hanno la sola funzione estetica di occultare alla vista i caotici
apparati tecnici, che nell’insieme costituiscono un vero e proprio
timer in grado di autodistruggere i veicoli nell’arco di qualche
anno. Infatti le varie parti, anche se lievemente danneggiate, non
sono riparabili ma devono essere sostituite, talvolta solo a
seguito delle vibrazioni che spezzano gli ancoraggi provocando
così un devastante Tsunami di rifiuti. Questa è la sconcertante
caratteristica dell’arte dell’addobbo moderna rispetto al passato
quando tutto era fatto per sfidare i secoli. Alla faccia della
martellante propaganda anti-consumistica propinata dai media.
Anche se abbiamo preso
ad esempio un motociclo
questa logica costruttiva
è estendibile a quasi tutti
i prodotti di consumo.
Nell’immagine a fianco appare evidente come sia possibile
spogliare
delle
parti
un
moderno
motociclo
senza
compromettere in alcun modo l’utilizzo del mezzo che torna così,
a somigliare ad una brutta versione del Ciao anni 60 (sotto a
sinistra) le cui parti svolgevano invece più funzioni, estetica
inclusa, per esempio il tubolare di sostegno che era nel
contempo sia serbatoio della miscela che portabagagli.
Nessuna parte poteva essere asportata senza comprometterne
l’efficienza. Le generazioni che hanno usato il Ciao ne ricordano
con nostalgia la proverbiale indistruttibilità. La tendenza
stilistica imposta dal mercato tramite i media, fa percepire, alle
nuove generazioni, questo veicolo come vecchiume del passato
e come tale rifiutato dai giovani più sensibili al divenire delle
tendenze di massa, che ‘condannerebbero’ il possessore del
mezzo all’emarginazione dal gruppo. Rimarchiamo ancora una
volta che quanto detto è estendibile a quasi tutti i prodotti di
largo consumo.
Anche se abbiamo preso
ad esempio un motociclo
questa logica costruttiva
è estendibile a quasi tutti
i prodotti di consumo.
Purtroppo anche il design ha assunto un ruolo connivente con le regole
di mercato. In questo panorama, la linea degli elettrodomestici, dei
veicoli da trasporto privato, e tutti gli altri oggetti di consumo sembra
studiata a bella posta per appagare e assecondare il gusto estetico delle
generazioni allevate dentro le astronavi dei super eroi che vanno “più
forti della luce!” tra le lame rotanti di Mazzinka, Goldrake e Robocop.
La linea ‘ganza’ del momento orna macchine e motorini come fosse un
capo di vestiario, e come tale, deve essere aggiornato, griffato e
rigorosamente in tono con zainetto, scarpe da tennis e la merendina, per
non fare la brutta fine del secchione non appena parcheggi a scuola, e
così via in attesa della prossima rottamazione. Gli esperti del marketing
sembrano molto attenti a fagocitare i dettami della buona sociologia con
un’attenzione particolare al capitolo che tratta L’omologazione di massa
e la fobia da emarginazione studiandone al microscopio i tic del
comportamento come utile strumento che permetta di prendere per mano
il popolo globale e guidarlo in linea di partenza verso la prossima corsa
agli acquisti.
L’aspetto di un
motoveicolo
moderno dopo un
semplice incidente
(DX) che potremmo
definire ‘ad effetto
uovo’ cioè, senza
nessuna possibilità
di essere riparato
poiché le parti da
sostituire
riguardano l’intero
guscio in rosso.
Le tecniche
costruttive di tutti i
moderni oggetti di
consumo fanno in
modo che ogni
anno nel mondo
vengano prodotti
così tanti rifiuti
solidi che
potrebbero formare
un pianeta di ben
venti chilometri di
diametro.
Il percorso che ha ispirato il design del casco da bici sotto appare
abbastanza evidente: dalla fantasia dei cartoons all’elmetto giocattolo
sopra. Ma ci inquieta ancor di più il pensiero di come un designer sia
riuscito a complicare a tal punto un accessorio fondamentalmente molto
semplice che ha il solo compito di proteggere la testa,
Il che, contrasta fortemente
con il concetto di linearità,
leggerezza e, soprattutto, la
semplicità tecnica raggiunta,
dopo anni di ricerca, da una
moderna bici, che ha reso
questo meraviglioso attrezzo
di locomozione praticamente
perfetto almeno fino al
giorno in cui venne inventata
la mountain bike .
All’origine la mountain bike (sotto a destra) era nata come robusta bici
per sentieri difficili, eppure forse per la linea ‘cattiva’ che ricorda la moto,
la mountain bike ha preso il posto della bici classica, infinitamente meno
faticosa, anche in città vanificando il lavoro di anni dedicati alla ricerca in
opzione alla linea aggressiva che tanto fa tendenza.
La stessa considerazione va fatta per i nostri personal computers. Il PC
rappresenta, dal punto di vista ECOFORM, quanto di più bello e
meraviglioso la tecnologia ci abbia regalato, cioè un’estensione per il
nostro cervello, atta ad immagazzinare, elaborare e comunicare dati
senza distorsioni emotive o percettive che ne potrebbero falsare il
contenuto d’origine. Ricordate il gioco del Passaparola? Nella catena
umana dei partecipanti, la parola iniziale fischio ha buona probabilità
che a fine catena divenga fiasco, errore che un computer, in quanto
automa, non commetterebbe mai. Essendo privo di parti meccaniche,
un PC dovrebbe avere vita eterna, invece no! La logica consumistica
esige un ciclo vitale che si accorcia sempre più. Riecco quindi (fig.
sotto) il vestito PC stile Goldrake da cambiare a fine stagione, come
suggerisce la rivista di moda informatica. I maligni sostengono
addirittura che nei nostri apparati elettronici vi sia installato sempre un
timer che ne determina il loro ciclo vitale, come contributo al grave
problema dei rifiuti elettronici.
Sopra a destra, un vecchio computer, del 1952, delle dimensioni che
vedete in fotografia, incluso l’armadio della memoria dietro la donna,
aveva appena le prestazioni di una piccola calcolatrice moderna ed
enormemente più limitate rispetto al PC sotto o al portatile a fianco.
La memory card di
una modesta camera
digitale da 3 cm x 2
contiene un numero di
informazioni molto
maggiore e molto più
veloci della memoria
nell’armadio sopra
Anche in questo caso il prototipo di un visore
3D nella sua essenziale linearità suggerita dalla
luce si è trasformato, per pura opportunità
commerciale, in un ingombrante casco spaziale.
Deviazioni estetiche:
L’asino si veste da leone. Un chiaro esempio di come la linea
aggressiva di una Ferrari, indispensabile alla penetrazione
aerodinamica, possa trasferirsi nel computer sottostante
assumendo una funzione soltanto evocativa della velocità.
Operazione inutile essendo il PC un apparato statico.
A fianco: Lo stile ECOFORM cioè più razionale possibile di
un PC, dove il guscio fa da rivestimento e piede d’appoggio
che all’occorrenza può essere utilizzato come maniglia per il
trasporto.
Camuffare addobbando significa non riconoscere la
funzione utilitaria di un apparato. Vestire un PC con la
corazza di Mazinka o col merletto della mamma,
vergognandosi delle sue nudità tecniche, non umilia forse
il PC? Ironia a parte, non sarà il caso di chiederci
seriamente che tutto questo non si chiami CATTIVO
GUSTO? Cerchiamo di analizzare il senso di questo
termine e nel modo più corretto ed imparziale possibile.
Antenna
cipresso in
toscana
Un ottimo esempio di ECOFORM d’altri tempi
le navi vichinghe erano veri capolavori di
essenzialità ed efficienza. In mancanza di
vento l’equipaggio remava seduto sopra il
baule personale ed a fianco ai loro scudi che
fuori battaglia diventavano postazioni di tiro a
difesa delle fiancate. Persino la tipica polenadragone aveva la duplice funzione, sia
ornamentale che d’ intimorire il nemico.
Accomodati. . . se ci riesci
MOSTRO SCACCIA MOSTRO:
DUPLICE FUNZIONE?
Un’antenna telefonica offende
il paesaggio? Niente paura!
Un bel cipresso in plastica
attorno risolverà alla radice
ogni problema estetico, o no?
Nell’immagine sopra.
I box di sicurezza per caschi
trasformati in secchioni per rifiuti. Questo è l’inevitabile
destino dei servizi urbani quando installati senza
considerare il grado di civiltà del luogo.
Immagine sotto. Punto attesa della serie: Come un
architetto possa fare a pezzi la reputazione di categoria.
Cercare la giusta definizione di cattivo gusto è come camminare tra una foresta dai mille sentieri
e capire quale sia quello giusto da imboccare. Dal nostro punto di vista, che siamo cresciuti
nutrendoci dei canoni Bauhaus, per giunta in un certo ambiente sociale dove la frugalità ed il
cosiddetto ritorno alla candela sono percepiti come un valore, non possiamo che optare per il
letto-stuoia di Gandhi. Anche se, attenzione! Frugale è bello solo quando per scelta si riesce ad
attraversare un centro commerciale senza comprare nulla che non sia indispensabile, il che vuol
dire anticonsumismo, un comportamento che se applicato ad ogni individuo della popolazione
occidentale produrrebbe una fonte di risorse sufficienti per l’intero pianeta. Chi sostiene il
contrario si faccia avanti. Tuttavia questo non vuol dire che non apprezziamo il letto-monumento
di Napoleone, se non altro come alta performance di abilità artigianale e quel che rappresenta.
Punto a capo! Il vero cattivo gusto dobbiamo cercarlo altrove, sperando di
trovarlo ripassando al setaccio le immagini delle pagine successive.
Lasciandoci tirare per il naso dal senso
comune, se Gandhi potesse scegliere tra le
due automobili sceglierebbe la 2.cavalli, pur
sapendo che per ragioni di sicurezza girava
dentro una robusta Limousine con autista.
Lo stesso senso comune ci induce a pensare, al di
la d’ogni ragionevole dubbio, che Napoleone
sceglierebbe senza esitazione la Cadillac. A meno
che, una vampata d’orgoglio nazionale non lo
induca ad optare per la Citroen.
Per definizione, il cattivo gusto scaturisce dalla mancanza di sensibilità dell’individuo o del
gruppo verso le altrui emozioni che si manifesta in un atteggiamento comportamentale che in
modo, più o meno palese, turba l’equilibrio armonico dell’ambiente naturale e dell’anima,
servendosi in modo più o meno inconsapevole di veicoli sonori e visivi, che talvolta hanno la
caratteristica di fissare nel tempo l’atto volgare sottoforma di immagini ed oggetti. Non ci
sembra azzardato definire l’atto volgare un prodotto creativo sia pure anti-estetico, quindi opera
umana, visto che ci resta inconcepibile individuare la volgarità nel mondo animale e vegetare.
Ve la sentireste di definire come atto volgare o di cattivo gusto, un’orchidea, un pavone che fa la
ruota, le cascate Niagara, un uragano, un leone che ghermisce la preda, l’eruzione di un
vulcano? Infondo, Napoleone nell’addobbarsi emula il pavone, quindi la natura. Il vero cattivo
gusto non sarà, per caso, partorito da coloro che cercano di imitare il vestito ed il
letto di Napoleone? Proviamo ad indagare la questione nelle pagine seguenti.
Esiste una categoria di oggetti inattaccabili dal cattivo gusto. Sono
gli oggetti in cui ogni addobbo metterebbe in crisi l’equilibrio
dinamico e strutturale degli stessi, per esempio le Aerodine di terra,
del mare e dell’aria in cui il perfetto equilibrio forma-funzione è stato
ristabilito. L’unico addobbo consentito su questi manufatti è la
decorazione grafica delle superfici, innocua all’aerodinamicità.
Gandhi e Napoleone non avrebbero possibilità di scelta in questo
caso, al massimo l’imperatore potrebbe apporre il suo blasone
disegnandolo sulla fusoliera dell’aereo imperiale. Specialmente negli
aerei, anche la minima asimmetria potrebbe alterarne gravemente la
navigabilità. Il parapendio, ultima foto a destra, non volerebbe se
anche uno solo dei cavetti di sostegno dovesse spezzarsi.
Nel cimitero a sinistra,
l’emulazione di massa
della cappella nobiliare
ha provocato un tale
affollamento edilizio
che ha reso necessario
la triplicazione
dell’area di un piccolo
cimitero di campagna
del centro Italia. A
destra un cimitero
inglese tradizionale di
sole lapidi, che a
differenza della
cappella hanno una
vera vita eterna
Per evitare giudizi che sarebbero inevitabilmente faziosi,
cercheremo di innescare alcune riflessioni sul buono o
cattivo gusto, che ognuno è libero di elaborare a proprio
piacimento, per esempio: I Protestanti sostengono che il
Cristo sulla croce è una entità troppo sacra per essere
rappresentata, I Cattolici replicano che il Cristo in croce,
invece, eleva lo spirito dei fedeli attraverso la visione del
dolore fisico.
Da una parte (sotto) la nuda croce come segno evocatore
del divino, affiancata dall’essenziale lampada come
semplice dispensatrice di luce. Dall’altra (sotto a destra) il
Evocazione
Da considerare che una di queste lapidi ha
un costo venti volte inferiore rispetto ad
una delle cappelle in muratura a fianco.
Cristo in croce come rappresentazione scenica del divino
affiancato dal mammolo-abatjour come rappresentazione
scenica del mondo fiabesco.
Sarebbe sin troppo facile per noi fanatici cultori della
ECOFORM bollare come pacchiano il mammolo-abatjour,
senza correre il rischio d’essere rintuzzati da quanti
inorridiscono alla vista, sia della lampada a SX che per
questa sedia che nella sua scarna linearità ha la stessa
tracotanza di un trono imperiale. In fondo non esiste un
buono o cattivo gusto. . . almeno fin quando i sette nani
del vicino non sconfineranno nel mio giardino!
Rappresentazione
La sedia C.R.
Mackintosh
Siapure priva dei
dettami Bauhaus,
il mammolo
abatjour, serve
comunque a
rassicurare,
fugando le paure
notturne e non
solo dei bimbi.
Molto spesso il cattivo gusto scaturisce anche
dall’ emulare il manufatto artigianale nel tentativo
di trasformare un oggetto pratico in oggetto
ornamentale. Chi! non ha mai visto un lampadario
fatto con la ruota di un carro? Il lavatoio e l’aratro
in queste immagini erano invece creati per servire
e durare attraverso intere generazioni, secondo
tecniche tradizionali che erano conosciute sin
dalla notte dei tempi. Una tradizione che per
inerzia si è trasferita anche nei primi prodotti
dell’industria moderna che ci ha regalato una serie
d’oggetti d’uso comune memorabili in cui,
affidabilità e robustezza continuavano ad essere
ancora le caratteristiche peculiari proposte e
richieste, come appare da questa foto pubblicitaria
delle lampade Artemide.
A differenza del prodotto artigianale, quello industriale era riproducibile all’infinito, il
che consentiva di creare oggetti seriali talmente perfetti nella loro disarmante
semplicità da non richiedere mai alcun perfezionamento tecnico. E’ il caso della
cinepresa Arriflex, un vero capolavoro d’ingegneria minimale, in cui l’otturatore
funzionava anche da reflex. Anche se di origini piuttosto fosche, in quanto costruita in
Germania in pieno periodo nazista per realizzare i filmati di guerra, l’Arriflex era fatta
per resistere ai duri disagi sui campi di battaglia. Quindi un apparecchio indistruttibile
ed ancora oggi utilizzato per realizzare film professionali.
L’Arriflex è solo un esempio tra i tanti
prodotti più longevi che l’industria abbia
mai fatto.
La strategia commerciale
‘lunga durata’ ci accompagnerà ancora
fino agli anni 70, dopodichè, assisteremo
ad una vera e propria gara al ribasso di
qualità, in un delirio consumistico la cui
apoteosi l’abbiamo sotto i nostri occhi. Il
vero obiettivo delle prime industrie era il
prodotto di largo consumo economico ma
anche gradevole. Fu sotto questo
auspicio che nacque l’Industrial design, e
le relative scuole come le Bauhaus di
Weimar e Dessau in Germania ma, come
vedremo nella prossima pagina, anche
l’Italia fece la sua parte del leone.
Il tipico profilo ‘Mickey Mouse’
dell’Arriflex
L’ingegno, l’estro e la fantasia
trovano campo libero solo
quando non sono imbrigliate
dalle regole ottuse. In questo
clima germogliarono le idee
che resero l’Italia famosa nel
mondo con decine di prodotti
industriali eccellenti e tutti
autoctoni. Quelli che vedete
in questa pagina, uniti agli
altri dentro questo libro, sono
solo un limitatissimo esempio
di oggetti creati prima che la
politica del “vieni avanti
cretino” attuale prendesse il
sopravvento.
Non tutti sanno che i veicoli Innocenti e Piaggio sono
tra i più diffusi nei paesi del terzo mondo, ed hanno
permesso di sostituire gli ormai obsoleti mezzi di
locomozione tradizionali.
Lo scooter Vespa che Corradino D’Ascanio creò
attorno ad un motore Piaggio, nato come starter
d’avviamento primario per un aereo della stessa
casa. Sotto, un jet Aermacchi d’addestramento.
L’industria Italiana dagli anni 20 fino ai 60 era
considerata tra le più avanzate nel mondo, prima
che una distorta logica politico-economica
provocasse un dissolvimento delle nostre
industrie con uno stillicidio ancora in atto.
L’aereo d’addestramento Aermacchi. Il
modello MB339 è quello impiegato dal
gruppo acrobatico delle Frecce tricolori .
Il registratore magnetico
Vanguard della Geloso
Da sinistra, la caffettiera Moka Bialetti con a fianco la
rigorosa ed elegante linea Brionvega. La Brionvega è
un'azienda italiana fondata nel 1945, specializzata nei
settori dell’elettronica. Si avvale tutt’oggi di designer di
fama mondiale, ed ha prodotto modelli di apparecchi
radio e televisori di successo. Un esempio di design
industriale italiano esposto in innumerevoli musei con
uno stile che incarna la migliore tradizione Bauhaus.
BAUHAUS non è una
cuccia per cani bensì . . .
Nel 1919, Walter Gropius, fonda il Bauhaus a Weimar e ne assume la
direzione. La scuola del Bauhaus, fu caratterizzata dalla presenza del
pittore svizzero Johannes Itten, che vi giunse nell'autunno del 1919.
L'artista e professore, tre anni prima aveva aperto una propria scuola
d'arte a Vienna, influenzata dalla parola di Franz Cizek.
Cizek, aveva elaborato un personale metodo di insegnamento che si
fondava sulla possibilità di stimolare la creatività dell'individuo. Le basi
di tale insegnamento vanno però cercate all'interno del clima culturale in
cui Cizek ha vissuto. Infatti tale metodo maturò ricco di teorie
pedagogiche progressiste, dei sistemi di Frobel e Montessori e grazie al
movimento Learning – Thought – Doing (Imparare–Pensare–Fare), il cui
Padre fondatore fu, senza dubbio,
l'americano John Dewey.
L'insegnamento, all'interno del corso propedeutico di Itten, fu
estremamente influenzato dal metodo di Cizek, anche se venne arricchito
con la teoria della forma e del colore di Goethe. Le finalità del corso di
base di Itten, che era obbligatorio per tutti gli studenti del primo anno,
consisteva nella possibilità di liberare la creatività dell'individuo e di
mettere in grado ogni studente di valutare le proprie capacità.
Gropius sentiva che con la fine della pima guerra mondiale era iniziato
un nuovo periodo storico, e voleva creare un nuovo stile architettonico
che riflettesse questa nuova era. Gropius fu a capo della scuola dal 1919
al 1928, seguito da Hannes Meyer e Ludwig Mies van der Rohe. Il
Bauhaus all'inizio venne largamente sovvenzionato dalla Repubblica di
Weimar. Dopo un cambio nel governo, nel 1925, la scuola si spostò a
Dessau
dove
venne
costruita
l’Università
Bauhaus.
La
Weissenhofsiedlung a Stoccarda (1927) Nel 1932 la scuola venne
spostata nuovamente, questa volta a Berlino.
La scuola Bauhaus di Dessau
Le abatjour realizzate dalla Bauhaus Schule di Dessau negli
anni venti, anche se oggi hanno un notevole valore storico,
all’epoca erano destinate al popolo e pensate per essere
facilmente costruite impiegando celluloide, materiale abbstanza
economico.
BAUHAUS non è una
cuccia per cani bensì . . .
La scuola venne chiusa per ordine del regime nazista nel 1933. I
nazisti si erano opposti al Bauhaus per tutti gli anni 20, così
come altri gruppi politici di destra. Il Bauhaus era da loro
considerato come una copertura per i comunisti, soprattutto
perché vi erano coinvolti molti artisti russi. Scrittori nazisti
come Wilhelm Frick e Alfred Rosenberg sentivano che il
Bauhaus fosse "non-tedesco", e non approvavano i suoi stili
modernisti. Ad ogni modo il Bauhaus ebbe un grosso impatto
sulle tendenze dell'arte e dell'architettura nell‘Europa
occidentale e negli Stati Uniti nei decenni a seguire, e molti
artisti che vi furono coinvolti vennero esiliati dal regime
nazista.
La scuola era focalizzata principalmente sull'architettura, e
spesso costruì case popolari a basso costo per il governo di
Weimar, ma si occupò anche di altre discipline dell'arte. Il
Bauhaus pubblicò un periodico chiamato "Bauhaus" e una
serie di libri chiamati "Bauhausbücher". Il capo dell'editoria e
del design fu Herbert Bayer. Uno dei principali obiettivi del
Bauhaus fu di unificare arte, artigianato e tecnologia. La
macchina veniva considerata un elemento positivo e quindi il
design industriale e del prodotto ne erano componenti
importanti. Veniva insegnato il Vorkurs- letteralmente 'pre
corso'; questa materia, che corrisponde al moderno corso di
fondamenti di design, è diventato uno dei corsi fondamentali di
tutte le scuole di architettura del mondo. Non c'era
insegnamento di storia nella scuola, perché si supponeva che
tutto venisse disegnato e creato come se fosse la prima volta,
piuttosto che pensando ai precedenti. È presso il Bauhaus che
assistiamo alla nascita della disciplina del design: come
docenti fondatori del Grunskurs a Weimar e Deaau vennero
chiamati Vasilij Kandinskij e Paul Klee.
Le nuove tecnologie hanno consentito all’architetto C. Eames di realizzare
uno dei primissimi manufatti in legno piegato a vapore. A fianco, la
lampada di W. Wagenfeld. I prodotti Bauhaus, studiati per il largo
consumo e destinati all’arredo pubblico e privato, ancora oggi sono diffusi
tra noi come oggetti di culto.
Il più importante contributo del Bauhaus fu nel campo del
design dei mobili. Un esempio onnipresente e famoso a livello
mondiale è la sedia Cantilever, del designer Mart Stam, che
sfruttava la proprietà tensile dell'acciaio.
All’epoca i manufatti seriali erano destinati all’arredo su vasta
scala delle strutture pubbliche, quindi non accettati, se non per
necessità, nella cerchia dei cosiddetti oggetti d’affezione che
personalizzano il nostro ambiente domestico.
Allo stesso periodo storico, appartengono le due opere d’autore dell’architetto
americano Frank Lloyd Wright, la sedia (sotto a destra) e la casa, che hanno in
comune l’interessante tentativo di utilizzare dei semplici modulari industriali che
nelle mani del maestro acquistano valore decorativo, un messaggio non sempre
raccolto dalle generazioni successive degli architetti e dei designers, ignorando
la possibilità che quasi sempre un lampione, una panchina, un guard rail un
elettrodotto o un sistema di recinzione, nati per scopi esclusivamente funzionali e
senza alcuna pretesa estetica, possano risultare infinitamente più gradevoli di
alcune divagazioni d’artista, rientrando, siapure inconsapevolmente, quindi nel
modo più naturale possibile, dentro i canoni forma-funzione, cari a noi gestaltici.
Siapure entrambe nate come prodotti di serie, nella sedia di Wright c’è già il
tentativo di offrire un oggetto all’elite (un oggetto di serie si, ma ‘grifato’ Wright)
che non tollerava la presenza in casa di un prodotto ‘uso ufficio’ come la sedia
Bauhaus a sinistra.
I manufatti seriali di largo consumo, siapure cloni anonimi, grazie alla loro
massiccia presenza nella nostra vita quotidiana, assumeranno col passare degli
anni un ruolo evocatore di ricordi che ognuno lega al proprio vissuto,
attribuendovi un valore simbolico-emotivo molto più forte dell’oggetto d’autore,
che per sua natura resta confinato ad una nicchia dell’ambiente urbano.
Frank Lloyd Wright,
architetto statunitense sulla
copertina del libro scritto dal
figlio, è una figura centrale
dell' architettura organica.
Assieme a Le Corbusier,
rappresenta forse in maniera
più emblematica l'altro lato
dell'architettura moderna,
quello della cosiddetta
architettura funzionale.
La caratteristica modulare e la mancanza di elementi
decorativi complessi propri dell’architettura classica,
rendono questo edificio facilmente ristrutturabile ed
espandibile anche a distanza di secoli senza snaturarne
lo stile architettonico originale.
Il prodotto di serie, in quanto economico, veniva acquistato come
arredo domestico soprattutto dalla classe operaia. I ceti più
facoltosi preferivano il mobile personalizzato dall’artigiano o
addirittura progettato dall’architetto, almeno nell’epoca quando
ancora si usava farsi fare il vestito buono direttamente dal sarto o il
mobile su misura dal falegname. Il perfezionamento delle macchine
industriali e la scoperta di nuovi materiali hanno ben presto messo
in crisi le vecchie tradizioni manuali che non riuscivano a tener testa
al ritmo incalzante dell’industria che ormai, grazie anche al
meccanismo pubblicitario, potevano sedurre una fetta di
consumatori sempre più ampia. La produzione e l’impiego dei nuovi
materiali richiedeva procedure tecnologiche sempre più sofisticate
che gli artigiani non potevano permettersi. Un artigiano era in grado
nel passato di costruire un carro dalla A alla Z, ma non aveva la
tecnologia per costruire un’automobile.
L’alta tecnologia che permette ad
un telefonino di funzionare è solo
uno dei tanti esempi che ci fanno
capire come i moderni prodotti
siano al di fuori della logica
artigianale, senza parlare dei
costi del marketing che nessun
artigiano potrebbe permettersi di
sostenere.
Persino oggi facciamo fatica a capire chi! materialmente costruisce
un jet di linea. Il progettista o l’ingegnere aeronautico sarebbero
meno di zero nel realizzare il jet da soli. Ma allora, chi è l’entità
divina in grado di compiere un simile miracolo? In realtà l’entità
divina è un unicum fatto di una tale quantità di maestranze che per
la nostra mente è inimmaginabile. Se la parte più semplice di un
aereo fosse il bullone, pensate quante persone hanno contribuito a
costruire quel bullone dal processo d’estrazione del metallo alla
fusione, dalla modellazione alla filettatura eseguita da macchine
filettanti che a loro volta sono state costruite da altre decine di
persone. Quindi, immaginiamo già alcune centinaia di persone per
costruire i bulloni necessari per tenere insieme l’aereo,
Una razione quotidiana d’immagini come
questa, osservata senza uno spirito
critico può avere lo stesso impatto di
una razione di cocaina su chi cerca di
lenire o camuffare la propria insicurezza
circondandosi di ‘simboli forti’ da
prendere in dosi sempre più massicce.
ora moltiplichiamo queste centinaia di persone per tutte le migliaia,
forse milioni di componenti che completano il jet e ci troveremo di
fronte una moltitudine inimmaginabile, probabilmente incalcolabile,
nella quale forse noi stessi inconsapevolmente abbiamo, in qualche
modo, collaborato per realizzare il nostro jet. A questo punto le
industrie, nell’impossibilità di avere un rapporto diretto col cliente,
hanno inventato due meccanismi pubblicitari per far conoscere i
prodotti industriali: I consigli per gli acquisti per i prodotti di largo
consumo, e la griffe (firma d’autore) per i cosidetti oggetti d’affezione.
I sociologi classificano come oggetti d’affezione tutti quegli oggetti
d’uso personale che in qualche modo ci permettono di esprimere la
nostra individualità, ad esempio, un certo modo d’accendere o
fumare la pipa, esibire un orologio, gli occhiali o un cellulare di
marca, guidare un’automobile fuoriserie, o qualsiasi altra cosa che
proietti sul prossimo il nostro modo di essere.
Oggetti d’affezione secondo l’autore del termine:
Tutto quanto capita sottomano o è scelto nell'abbondanza dei materiali
che ci circondano viene combinato con parole al fine di ottenere una
semplice immagine poetica.
Non bisognerà cercare quelle qualità plastiche, quei virtuosismi,
o i meriti che si è soliti vedere associati ai prodotti artistici.
Questi oggetti dovrebbero dilettare, disturbare, disorientare o far riflettere.
Man Ray
Nel mondo dell’alta moda:
Oggetti d’affezione sono quelli che ci aiutano ad affrontare la noia
quotidiana della vita. Sono quelli che ci fanno sentire sicuri e protetti.
Lanciano segnali oppure fermano lo sguardo. Io non potrei stare senza i
miei braccialetti, i miei anelli. I miei orecchini. Oggetti all’apparenza solo
decorativi. Inutili per molti, esagerati per altri. Sono loro invece che
bilanciano l’equilibrio instabile di un abito. E che ne completano il senso.
Sono loro e solo loro che mi rivelano internamente.
Maria Luisa Frisa, Design della moda, IUAV
E’ ormai certezza che sia proprio il rapporto più o meno intelligente con l’oggetto
di consumo e d’affezione, in particolare, a creare i maggiori danni; sia alla biosfera
che alla sfera della cultura umana. A questo punto, sfidando la pedanteria,
cercheremo di capire in che cosa consista un rapporto intelligente con l’oggetto.
Frugando tra i libri dedicati a questo aspetto della mente, ci si rende conto che
l’intelligenza nell’ umano ha la stessa funzione della pelliccia per l’orso polare, le
fauci e le unghie per i felini, la vista e gli artigli per l’aquila, cioè: Adattamento
all’ambiente finalizzato alla sopravvivenza. Infatti l’uomo come essere di origine
tropicale si sarebbe estinto durante l’era glaciale se non avesse trovato il sistema
di coprirsi con le pelli, costruirsi un rifugio e scaldarsi con il fuoco. L’opera e
l’ingegno dell’individuo umano presuppone quindi consapevolezza secondo un
ciclo completo: esigenza-Invenzione-uso-gestione della scoperta che implica
anche l’uso ponderato dell’invenzione stessa. Per esempio l’uomo preistorico che
scoprì il fuoco sapeva bene che il fuoco oltre a scaldare può anche bruciare, il che
presuppone quelle precauzioni che invece ignorava chi pensò di rubare il fuoco
provocando l’incendio della foresta, così come oggi trovi sempre chi riesce, con
l’abilità di un Fregoli a trasformare ogni meraviglia tecnologica in una trappola
nella quale invischiarsi. Vedi i disastri ambientali, le malattie da vita sedentaria,
l’uso sconsiderato ed eccessivo dell’automobile, dei telefonini, dei computer, dei
videogame e chi più ne ha ne metta.
Una rappresentazione pubblicitaria
costruita ad arte e tesa a far associare
il prodotto ‘occhiali’ allo stereotipo
forza-bellezza secondo l’immaginario
di massa
Ricordate la storia dell’apprendista stregone che in
barba alle avvertenze del maestro, obbliga la scopa a
trasportare l’acqua dal pozzo al pentolone ma poi
dimentica la formula magica per fermare la scopa
allagando così il castello?
Allo stesso modo il
rapporto maldestro con gli apparati tecnologici è
indotto da un atteggiamento istintivo quindi non
ragionato con essi. Ad un interlocutore che chiedeva
all’etologo: “Perchè mai una volpe quando entra in un
recinto stermina l’intero pollaio?” L’etologo rispose
che la volpe è stata programmata in natura per
uccidere un pollo al massimo due poiché gli altri si
mettono in salvo, ma quando la volpe entra in un
pollaio chiuso, uccide tutti i polli senza limitarsi al
fabbisogno del momento, distruggendo stupidamente
la scorta di cibo per il futuro.
I n conclusione:
L’intero scibile umano è
costituito da una congerie di idee, pensieri,
teorie, azioni, credenze, pregiudizi e superstizioni
più o meno meditate che prima o poi, in un
ambiente sano, troveranno un naturale equilibrio
nello spazio socio-culturale, organizzandosi per
schieramenti più o meno contrapposti, talvolta
antagonisti sul campo dell’eterna battaglia tra
egoismo ed altruismo, tra bene e male, che come
la materia (tornando alla prima pagina di questo
libro), trova il suo equilibrio dal caos in una
massa sferica, la materia culturale umana trova il
suo equilibrio in due polarità distinte e definibili
per convenzione: Progressista-conservatore,
destra-sinistra, negativo-positivo, angeli-demoni,
falchi-colombe, rock-lento che siano. Insomma,
due poli uniti da una vasta gamma di sfumature il
cui prevalere o ritrarsi è influenzato da istinti
primari che si traducono in azioni quasi mai
cruente e solo finalizzate alla sopravvivenza, alla
felicità, al benessere, della tribù e del gruppo,
possibilmente in un clima di tolleranza e di
scambio culturale.
Purtroppo, la scelta di campo tra i due
schieramenti, in un ambiente sociale snaturato è
spesso dettata dalla istintiva necessità umana di
trovare sicurezza e rifugio in un gruppo, la cui
tendenza ideologica sia come il cemento che
inglobi la creatività, le dee, le risorse e le energie
dei singoli appartenenti, in una massa omogenea
che si configuri in un qualche simbolo di
appartenenza per il quale battersi e morire. In
questo contesto, il gruppo antagonista è
percepito come possibile minaccia. Ecco perché
ogni idea innovativa diviene un corpo estraneo
da attaccare, distruggere o anche fagocitare,
secondo la convenienza di parte. In un contesto
sociale sano e al di fuori di ogni schieramento,
ECOFORM dovrebbe rappresentare la bibbia del
progettista e del designer, nell’indicarci il giusto
rapporto con la nostra tecnologia.
ECOFORM è il tentativo di codificare per poi comunicare, sottoforma di norme, il gusto
della bellezza che naturalmente fluisce attraverso le opere artistiche e dell’ingegno che
dall’alba delle prime civiltà hanno arricchito l’ambiente naturale attraverso i secoli.
ECOFORM dovrebbe essere l’atteggiamento filosofico che trasforma il pensiero in un
oggetto da ammirare come si ammira un bel fossile marino sopra una montagna, in cui
la stasi, per intercessione della mente, diviene l’azione, che attraverso i millenni ha
modellato la terra, con sconvolgimenti titanici e smisuratamente lenti ed impalpabili ma
non abbastanza da non poter essere immaginati.
In conclusione: non esiste una pillola della saggezza da dispensare, si sappia però,
che assecondare tendenze costruite ad arte per esclusivo scopo commerciale,
estenderà a livello globale le devastazioni ambientali già in atto su troppi posti del
nostro pianeta. Utilizzando un termine informatico, ECOFORM dovrebbe avere, per un
progettista o un designer responsabile e serio, più o meno la funzione default del dei
nostri computers: La tecnologia manda la tua vita nel caos creativo? Niente paura
clicca ECOFORM per tornare alle impostazioni estetiche predefinite e . . .
. . . come disse il Sig. Rossi di
Segrate:
“L’unica forza in
grado di risolvere tutti i
problemi che affliggono il
mondo, di eliminare le guerre
e
le ingiustizie e persino
capace di produrre energia
inesauribile e pulita; è pronta
all’uso ed è gratis:
Si chiama intelligenza”
I n conclusione:
L’intero scibile umano è
costituito da una congerie di idee, pensieri,
teorie, azioni, credenze, pregiudizi e superstizioni
più o meno meditate che prima o poi, in un
ambiente sano, troveranno un naturale equilibrio
nello spazio socio-culturale, organizzandosi per
schieramenti più o meno contrapposti, talvolta
antagonisti sul campo dell’eterna battaglia tra
egoismo ed altruismo, tra bene e male, che come
la materia (tornando alla prima pagina di questo
libro), trova il suo equilibrio dal caos in una
massa sferica, la materia culturale umana trova il
suo equilibrio in due polarità distinte e definibili
per convenzione: Progressista-conservatore,
destra-sinistra, negativo-positivo, angeli-demoni,
falchi-colombe, rock-lento che siano. Insomma,
due poli uniti da una vasta gamma di sfumature il
cui prevalere o ritrarsi è influenzato da istinti
primari che si traducono in azioni quasi mai
cruente e solo finalizzate alla sopravvivenza, alla
felicità, al benessere, della tribù e del gruppo,
possibilmente in un clima di tolleranza e di
scambio culturale.
Purtroppo, la scelta di campo tra i due
schieramenti, in un ambiente sociale snaturato è
spesso dettata dalla istintiva necessità umana di
trovare sicurezza e rifugio in un gruppo, la cui
tendenza ideologica sia come il cemento che
inglobi la creatività, le dee, le risorse e le energie
dei singoli appartenenti, in una massa omogenea
che si configuri in un qualche simbolo di
appartenenza per il quale battersi e morire. In
questo contesto, il gruppo antagonista è
percepito come possibile minaccia. Ecco perché
ogni idea innovativa diviene un corpo estraneo
da attaccare, distruggere o anche fagocitare,
secondo la convenienza di parte. In un contesto
sociale sano e al di fuori di ogni schieramento,
ECOFORM dovrebbe rappresentare la bibbia del
progettista e del designer, nell’indicarci il giusto
rapporto con la nostra tecnologia.
ECOFORM è il tentativo di codificare per poi comunicare, sottoforma di norme, il gusto
della bellezza che naturalmente fluisce attraverso le opere artistiche e dell’ingegno che
dall’alba delle prime civiltà hanno arricchito l’ambiente naturale attraverso i secoli.
ECOFORM dovrebbe essere l’atteggiamento filosofico che trasforma il pensiero in un
oggetto da ammirare come si ammira un bel fossile marino sopra una montagna, in cui
la stasi, per intercessione della mente, diviene l’azione, che attraverso i millenni ha
modellato la terra, con sconvolgimenti titanici e smisuratamente lenti ed impalpabili ma
non abbastanza da non poter essere immaginati.
In conclusione: non esiste una pillola della saggezza da dispensare, si sappia però,
che assecondare tendenze costruite ad arte per esclusivo scopo commerciale,
estenderà a livello globale le devastazioni ambientali già in atto su troppi posti del
nostro pianeta. Utilizzando un termine informatico, ECOFORM dovrebbe avere, per un
progettista o un designer responsabile e serio, più o meno la funzione default del dei
nostri computers: La tecnologia manda la tua vita nel caos creativo? Niente paura
clicca ECOFORM per tornare alle impostazioni estetiche predefinite e . . .
. . . come disse il Sig. Rossi di
Segrate:
“L’unica forza in
grado di risolvere tutti i
problemi che affliggono il
mondo, di eliminare le guerre
e
le ingiustizie e persino
capace di produrre energia
inesauribile e pulita; è pronta
all’uso ed è gratis:
Si chiama intelligenza”
I n conclusione:
L’intero scibile umano è
costituito da una congerie di idee, pensieri,
teorie, azioni, credenze, pregiudizi e superstizioni
più o meno meditate che prima o poi, in un
ambiente sano, troveranno un naturale equilibrio
nello spazio socio-culturale, organizzandosi per
schieramenti più o meno contrapposti, talvolta
antagonisti sul campo dell’eterna battaglia tra
egoismo ed altruismo, tra bene e male, che come
la materia (tornando alla prima pagina di questo
libro), trova il suo equilibrio dal caos in una
massa sferica, la materia culturale umana trova il
suo equilibrio in due polarità distinte e definibili
per convenzione: Progressista-conservatore,
destra-sinistra, negativo-positivo, angeli-demoni,
falchi-colombe, rock-lento che siano. Insomma,
due poli uniti da una vasta gamma di sfumature il
cui prevalere o ritrarsi è influenzato da istinti
primari che si traducono in azioni quasi mai
cruente e solo finalizzate alla sopravvivenza, alla
felicità, al benessere, della tribù e del gruppo,
possibilmente in un clima di tolleranza e di
scambio culturale.
Purtroppo, la scelta di campo tra i due
schieramenti, in un ambiente sociale snaturato è
spesso dettata dalla istintiva necessità umana di
trovare sicurezza e rifugio in un gruppo, la cui
tendenza ideologica sia come il cemento che
inglobi la creatività, le dee, le risorse e le energie
dei singoli appartenenti, in una massa omogenea
che si configuri in un qualche simbolo di
appartenenza per il quale battersi e morire. In
questo contesto, il gruppo antagonista è
percepito come possibile minaccia. Ecco perché
ogni idea innovativa diviene un corpo estraneo
da attaccare, distruggere o anche fagocitare,
secondo la convenienza di parte. In un contesto
sociale sano e al di fuori di ogni schieramento,
ECOFORM dovrebbe rappresentare la bibbia del
progettista e del designer, nell’indicarci il giusto
rapporto con la nostra tecnologia.
ECOFORM è il tentativo di codificare per poi comunicare, sottoforma di norme, il gusto
della bellezza che naturalmente fluisce attraverso le opere artistiche e dell’ingegno che
dall’alba delle prime civiltà hanno arricchito l’ambiente naturale attraverso i secoli.
ECOFORM dovrebbe essere l’atteggiamento filosofico che trasforma il pensiero in un
oggetto da ammirare come si ammira un bel fossile marino sopra una montagna, in cui
la stasi, per intercessione della mente, diviene l’azione, che attraverso i millenni ha
modellato la terra, con sconvolgimenti titanici e smisuratamente lenti ed impalpabili ma
non abbastanza da non poter essere immaginati.
In conclusione: non esiste una pillola della saggezza da dispensare, si sappia però,
che assecondare tendenze costruite ad arte per esclusivo scopo commerciale,
estenderà a livello globale le devastazioni ambientali già in atto su troppi posti del
nostro pianeta. Utilizzando un termine informatico, ECOFORM dovrebbe avere, per un
progettista o un designer responsabile e serio, più o meno la funzione default del dei
nostri computers: La tecnologia manda la tua vita nel caos creativo? Niente paura
clicca ECOFORM per tornare alle impostazioni estetiche predefinite e . . .
. . . come disse il Sig. Rossi di
Segrate:
“L’unica forza in
grado di risolvere tutti i
problemi che affliggono il
mondo, di eliminare le guerre
e
le ingiustizie e persino
capace di produrre energia
inesauribile e pulita; è pronta
all’uso ed è gratis:
Si chiama intelligenza”
I n conclusione:
L’intero scibile umano è
costituito da una congerie di idee, pensieri,
teorie, azioni, credenze, pregiudizi e superstizioni
più o meno meditate che prima o poi, in un
ambiente sano, troveranno un naturale equilibrio
nello spazio socio-culturale, organizzandosi per
schieramenti più o meno contrapposti, talvolta
antagonisti sul campo dell’eterna battaglia tra
egoismo ed altruismo, tra bene e male, che come
la materia (tornando alla prima pagina di questo
libro), trova il suo equilibrio dal caos in una
massa sferica, la materia culturale umana trova il
suo equilibrio in due polarità distinte e definibili
per convenzione: Progressista-conservatore,
destra-sinistra, negativo-positivo, angeli-demoni,
falchi-colombe, rock-lento che siano. Insomma,
due poli uniti da una vasta gamma di sfumature il
cui prevalere o ritrarsi è influenzato da istinti
primari che si traducono in azioni quasi mai
cruente e solo finalizzate alla sopravvivenza, alla
felicità, al benessere, della tribù e del gruppo,
possibilmente in un clima di tolleranza e di
scambio culturale.
Purtroppo, la scelta di campo tra i due
schieramenti, in un ambiente sociale snaturato è
spesso dettata dalla istintiva necessità umana di
trovare sicurezza e rifugio in un gruppo, la cui
tendenza ideologica sia come il cemento che
inglobi la creatività, le dee, le risorse e le energie
dei singoli appartenenti, in una massa omogenea
che si configuri in un qualche simbolo di
appartenenza per il quale battersi e morire. In
questo contesto, il gruppo antagonista è
percepito come possibile minaccia. Ecco perché
ogni idea innovativa diviene un corpo estraneo
da attaccare, distruggere o anche fagocitare,
secondo la convenienza di parte. In un contesto
sociale sano e al di fuori di ogni schieramento,
ECOFORM dovrebbe rappresentare la bibbia del
progettista e del designer, nell’indicarci il giusto
rapporto con la nostra tecnologia.
ECOFORM è il tentativo di codificare per poi comunicare, sottoforma di norme, il gusto
della bellezza che naturalmente fluisce attraverso le opere artistiche e dell’ingegno che
dall’alba delle prime civiltà hanno arricchito l’ambiente naturale attraverso i secoli.
ECOFORM dovrebbe essere l’atteggiamento filosofico che trasforma il pensiero in un
oggetto da ammirare come si ammira un bel fossile marino sopra una montagna, in cui
la stasi, per intercessione della mente, diviene l’azione, che attraverso i millenni ha
modellato la terra, con sconvolgimenti titanici e smisuratamente lenti ed impalpabili ma
non abbastanza da non poter essere immaginati.
In conclusione: non esiste una pillola della saggezza da dispensare, si sappia però,
che assecondare tendenze costruite ad arte per esclusivo scopo commerciale,
estenderà a livello globale le devastazioni ambientali già in atto su troppi posti del
nostro pianeta. Utilizzando un termine informatico, ECOFORM dovrebbe avere, per un
progettista o un designer responsabile e serio, più o meno la funzione default del dei
nostri computers: La tecnologia manda la tua vita nel caos creativo? Niente paura
clicca ECOFORM per tornare alle impostazioni estetiche predefinite e . . .
AAAAAAH,
EC OFOR M !
FORM A-FUNZIONE e
BELLEZZA,
In un solo gusto!
Di Roberto Soldati
Hanno collaborato: M USPAC L ’Aquila, Filippo Dragonetti,
M ary E nzler, I AF USA director, R ita Udelhowen, C atherine
Green, C esar V an E gelyn, G estalt I nstitute of C incinnati
USA, Bauhaus Dessau, Artemide I taly, I AF Photo Archive.
Fonti d’informazione: I l disegno industriale e la sua estetica
di Gillo Dorfles. W ikipedia, Z anichelli, C itroen I taly, FI AT
I talia, M ercedes I taly, W right M useom of C hicago, I stituto
Europeo di Design R oma, Bauhaus e W eimar library,
Germany.
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