Tredicesimo Capitolo. Luglio 1976. Lettere tra Monsieur Moony & Monsieur Padfoot durante il mese di Luglio del 1976 Caro Moony, Ciao! Come va? Spero che tu stia passando una piacevole estate, il tempo qui è meraviglioso e ci stiamo divertendo un casino. Non come l’estate scorsa ovviamente perché entrambi lavoriamo, il che spiega perché ci ho messo così tanto per scrivere. James ripara manici di scopa e io lavoro in un pub babbano al villaggio. È veramente molto divertente e le bevande babbane sono eccellenti e ho anche iniziato a vestirmi come uno di loro facendomi così prendere in giro da James. Apparentemente è di gran moda indossare collari da cani!! Ovviamente ne ho preso uno. Ho conosciuto anche una ragazza fantastica, si chiama Sophie e viene dalla Francia. È bellissima e molto divertente. Ti assomiglia molto, legge una montagna di libri e mi sta aiutando a migliorare il mio francese, oh oh. Comunque, spero che tu stia passando una bella estate! Scrivi presto. --Sirius Padfoot, Sembra che vi stiate divertendo moltissimo. Quando arriverà Peter? Sono ancora sorpreso che sua madre lo lasci andare, visto che tu e James siete due dei ragazzi più sudici del pianeta. Tuttavia, sembra che lui abbia tutta la fortuna. Sto ancora tentando di convincere mia madre e mio padre a lasciarmi venire ma la giura è ancora fuori a decidere. Non sono così sicuro della probabilità di un verdetto favorevole, da ambo le parti. Sophie sembra molto bella. M Moony, Sophie è molto bella. Peter arriverà intorno al 24 e probabilmente armato con abbastanza incantesimi antibatterici da ammazzare una Chimera. Non mi spiace dato che lo fa profumare sempre di fresco. Dì ai tuoi genitori che se non vieni i tuoi amici diventeranno analfabeti, quindi abbiamo bisogno della tua influenza per evitare di essere espulsi. Assicurati di venire nello stesso periodo in cui viene Peter, perché così riusciremo a stare un po’ insieme visto che probabilmente sarà la nostra ultima possibilità di avere un'estate libera. Scommetto che hai già iniziato le tue letture estive. Sono interessanti o devo lasciar perdere come al solito? --Sirius Padfoot, Sai benissimo che nessuno di voi due è analfabeta. Tu procrastini, sì, e lì giace il segreto della tua finale condanna. I libri mi sono piaciuti. Non penso che a te piaceranno. Uno di loro è lunghissimo e se vuoi posso farti un riassunto. Parla degli eventi che portarono allo scoppio di una guerra piuttosto che della guerra in sé, 1 quindi sono quasi sicuro che ti addormenteresti sulla prima pagina e ci sbaveresti sopra e che spreco sarebbe per un buon libro. Sophie sarà presente a darti una botta in testa per svegliarti? Suppongo che questa sia una di quelle cose che devono essere chieste, quindi che aspetto ha? M M, Certo che ti sono piaciuti, penso che sia ovvio. Quello che mi hai descritto sembra terrificante ma non ti chiederò di sacrificare il tuo tempo prezioso facendomi dei riassunti poiché probabilmente ci sbaverei sopra comunque. Cosa stai FACENDO in ogni caso oltre a leggere e ad evitare di venire a trovarci, mi deprimi. Sophie ci sarà sicuramente! È quel tipo di ragazza, sempre pronta a divertirsi ed è così socievole quindi va d’accordo con tutti. Voi due sarete subito come pappa e ciccia anche se trovo questa espressione disorientante. Lei è splendida, veramente, come una stella del cinema babbano, infatti non riesco proprio a immaginare come abbia fatto a scegliere uno come me (a parte per il bell'aspetto, il fascino, il caveau traboccante di soldi, la moto ecc.). Grandi occhi scuri e una dolce piccola bocca e lucenti capelli castani, ed è dell’altezza giusta proprio in linea con i miei occhi, e formosa ma non, sai, troppo formosa e profuma sempre di buono. Non assomiglia a McGoogles nemmeno un po' ma è a posto. Non farmi andare avanti o inizierò a sembrare come Prongs. Nessuna novità dal fronte genitoriale? --Sirius Padfoot, Ieri sono andato a vedere un film babbano con mia madre e l’altro ieri abbiamo provato a fare il gelato ma è venuto fuori una cosa disgustosa con il latte tutto ghiacciato che sapeva di cioccolato e metallo. È stato uno spreco. L’abbiamo bevuto comunque. Ho parlato con mia madre prima di cena a proposito di venire da voi nello stesso periodo in cui anche Peter è là. Mi ha lanciato uno sguardo che significava che mi avrebbe detto ancora una volta di no. Coinvolgerò mio padre, se questo ti è di qualche consolazione, e forse lui troverà il modo di persuaderla. Quindi lo farà se è a favore dell'idea e penso che lo sia perché trova strano che io abbia già finito le mie letture estive. Non iniziare a concordare; lo so già che trovi strano il fatto che io abbia terminato le mie letture estive. In ogni caso se tutto quello che farai è rendere le pagine appiccicose con la bava, allora ti racconterò all'incirca dieci importanti catalizzatori che portarono alla prima battaglia e successivamente ti descriverò anche tutto riguardo alla battaglia vera e propria, dato che anche quello è interessante. Che te ne pare? Però penso che gli altri libri ti piaceranno. Uno parla interamente di Trasfigurazione e so che lo divoreresti sicuramente, niente bava coinvolta. Mi sono trovato a desiderare, mentre lo stavo leggendo, di essere per metà così bravo quanto te e James e Peter, così avrei potuto capire meglio tutto. Sophie continua a sembrarmi bella. Ciò è molto bello. M Moony, Urrah per la tua efficace stranezza, forse risparmierà a tutti un’altra estate senza Moony! Se si tratta 2 ancora di una questione di soldi James e io potremmo vendere i nostri corpi giù al pub, abbiamo già avuto parecchie offerte da poter fare un’asta di beneficenza. Oh come vorrei che fosse uno scherzo, l’offerente era una signora anziana molto dolce con tanto di cardigan rosa. Ho visto anch’io alcuni film babbani! Soph e io siamo andati a vederne uno su Robin Hood con dentro James Bond. Non era male, alla fine lei ha pianto. Ma poi James ci ha portati a vederne un altro che si intitolava “Il Presagio” e QUESTO è quello che io chiamo un film. Non ho dormito per tutta la notte e sono rimasto alzato in posizione difensiva all’angolo della mia stanza con una mazza da battitore stretta in mano. Oggi un bambino mi girava attorno con il triciclo e ho strillato come una femminuccia. Avresti dovuto vedere la scena, era uno spasso. Sophie è molto bella. Ciò è bello. Ti ho allegato alcune foto nelle quali ho, come al solito, un aspetto spaventoso. Continua a supplicare senza vergogna. --Sirius 3 4 5 6 Padfoot, Penso che risparmierò tutte le mie isteriche urla da femminuccia per la privacy della mia casa, non che, ovviamente, ne abbia mai fatte. Se urlo è per far sì che arrivi qualche sterlina per comprare una nuova maglietta dato che ho fatto a pezzi la mia in un raptus di rabbia maschile. Adesso che ti sei strozzato a forza di ridere, posso andare avanti. Ho letto una recensione de "Il Presagio" e mi è sembrato uno di quei stupidi film di serie B ma se ha una raccomandazione così intensa e seducente, vedrò quello che posso fare. Sembri molto felice in quelle foto. Sophie sembra molto bella. Sono contento che vi state divertendo. Stamattina ho parlato con mio padre prima che andasse a lavoro e ha detto che vedeva quello che poteva fare. Da una parte è più facile perché sono solo io che parto ma la mamma sembra credere che verrò rapito dai fautori del grande male appena metto piede fuori casa e che verrò trascinato negli squallidi antri della notte di cui, naturalmente, il Devonshire è pieno. Credo che lui sia dalla nostra parte, comunque. Vedremo. M Moony, Tu e le parole “rabbia maschile” andate d’accordo come il ketchup e il budino, non che l'abbia mai 7 provato dato che sarebbe ovviamente disgustoso. Chiaramente hai bisogno di smettere di andare al cinema se ti mette in testa queste idee assurde. Il film è un po’ stupido ma anche terrificante. Se te la fai addosso con Poe non vedo come questo possa fallire. Tuo padre è un TESORO e puoi dirgli così da parte mia. Scusa se lettera è così corta, i Genitori di Sophie sono qui per il weekend e sto per incontrarli e devo cercare di essere presentabile senza sembrare un teppista, secondo me è una causa persa. --Me Padfoot, Spero che tu non abbia annusato la loro biancheria intima o le loro aree private o leccato parti di genitori dove non ci batte il sole. Ma ho una grande fiducia in te. Sono sicuro che tu non abbia fatto nulla di ciò. Non sono sicuro del perché ne sono sicuro, poiché le passate esperienze mi portano a credere che probabilmente il tuo naso era dovunque a dire ciao, ma speriamo che, per quando questa lettera ti arriva, non abbiano presentato delle imputazioni contro di te. È andato bene l’incontro con i suoi genitori? So quanto sia difficile per te avere un aspetto normale. M M-Non ho annusato nessuno che non voleva essere annusato. I suoi genitori erano completamente incantati da me, o perlomeno penso che lo fossero dato che il mio francese è molto arrugginito, ma sono abbastanza certo che abbiano detto "Siamo molto contenti che tu sia stato così ospitale con nostra figlia" e non "Vorrei picchiarti con questo ombrello." Sul serio, tutto quello che ci è voluto è stata qualche cosuccia ben detta in francese ed erano come creta nelle mie mani. Ho finto di averlo imparato da Soph invece che dalla mia Governante quattordici lunghi lunghi anni fa. Sono raccapricciato da me stesso ma non è una vera e propria bugia se non sono assolutamente certo di ciò che ho in realtà detto giusto? Per quel che ne so avrei potuto ammettere la mia colpevolezza. Scusa per le macchie su questa lettera. La mamma di James ha fatto le torte come promesso. Perché tu e Peter non siete qui ad aiutarci a mangiarle? Oh diventerò ancor più grasso di come lo ero a Natale. Sul serio, è piuttosto desolato e triste qua. James e io lavoriamo tutto il tempo perché la paga è molto misera quindi dobbiamo fare così se vogliamo pagare a suo padre il danno che abbiamo fatto alla casa. A dire la verità, i soldi non sono così pochi per me e me la passo abbastanza bene, però mi conosci, sono sempre stato felice in compagnia di ricchezze deteriorate ma mi manca il mio Jamesuccio, naturalmente. Continua a dare fastidio a tuo padre, io continuerò a darti fastidio finché non lo fai. --Sirius Padfoot, Non capisco. Come puoi sentirti solo quando hai James e Sophie? Senza contare che vai al cinema e intrattieni ospiti stranieri i quali potrebbero o no ucciderti durante la notte con ombrelli francesi. Sinceramente, non saprei cosa dirti, o come farti compagnia, o come possibilmente impedirti di riflettere sulla tua perenne solitudine, dato che il Devonshire è tutto per te. Per non parlare del lavoro al pub e del tuo comportamento, senza dubbio, illegale che assumi ogni volta che ne hai l’occasione. Il tuo francese è ottimo. Talvolta le tue bugie sono così scioccanti che non sono sicuro se credi veramente alle tue proprie convinzioni sconclusionate. Sono certo che fossero tutti adeguatamente incantati da te, 8 mon enfant satanique. Solo ricorda di restituirgli i loro calzini dopo, quando li perderanno nella loro crescente venerazione. M PS: Oh, giusto, e papà ha detto che posso venire. MOONY L’HA DETTO?! Finalmente!! È grandioso non vedo l’ora di vederti e anche Peter ovviamente e conoscerai Sophie e così via. Questo è veramente veramente fantastico. Verrai PRESTO vero? Dovresti venire PRESTO. Prenderai il treno?! Inviaci TUTTI I DETTAGLI SUBITO GRAZIE --Padfoot *** Il sole cala. Una luce soave irrompe da quella finestra lassù. Sirius è Mercuzio. Remus sa questo tanto chiaramente quanto non ha mai saputo nulla così bene prima d'ora, la dualità del viso di Sirius e del nome di Mercuzio. Il suo proprio nome è distante, da qualche parte sotto le unghie delle dita, che osserva per proteggere l'intimità degli amanti. Mercuzio sta guardando sopra l'alto muro, i suoi occhi appassionati con brama. "Guarda la distanza che giace tra quei due," dice. "La vedi? In alto sopra di lui lei sta, e lui si attiene a se stesso, con esitazione e silenzio per sempre." Remus non dice nulla. Non sta bene guardare. Si sente come se fosse una spia in territorio nemico, le indicazioni sottili della sua importunità gli consumano la pelle. Accavalla una gamba sopra l'altra e la cambia ogni minuto, il fruscio della sua calzamaglia è attutito dal mormorio di energia furiosa che emette Mercuzio. "Vedi, Benvolio?" ripete Mercuzio. "Lì giacciono i nostri amanti." "Ti sei messo una brachetta?" chiede Remus, senza pensare. "È all'ultima moda," dice Mercuzio, sembrando ferito, "non che tu lo sapresti; poiché i tuoi interessi non sono mai andati oltre ciò che è arido e polveroso, e dovresti portare una brachetta sul tuo cervello per esibire il tuo organo più importante. Non li guarderai nemmeno una volta?" "Quello che passa tra gli amanti non dovrebbe interessare né me," dice Remus, "né te in realtà, quindi smettila." "Ma niente passa tra di loro!" Mercuzio gli dardeggia un'occhiata urgente, e poi ritorna a fissare sopra il muro. "Lui l'ammira, e lei distoglie lo sguardo, e nessuno può parlare se non a se stessi. Guarda solo una volta, e comprendi." "Credo che dovrei avere una parola con te riguardo al lasciare la gente in pace," dice Remus, osservandosi le cuticole intensamente. "E nient'altro che una parola con me?" Un sorriso cupo tremola sul suo viso vivace. "Accoppiala con qualcosa, Benvolio; fa che sia una parola e una botta." Remus sbatte le palpebre. "Quale per prima, allora? La botta o la parola?" "Ah," dice Mercuzio, "poiché non si possono avere entrambe allo stesso tempo." Si ritira dal muro, getta un ultimo e indugiante sguardo sopra di esso, pur tuttavia gira intorno a Remus per l'altro lato, e si mette con le braccia incrociate, appoggiando le spalle contro la fredda pietra. "Allora essendo tu sicuramente migliore nelle botte, fa che la botta venga per ultima; ma se le tue parole sono più dolci delle tue botte, allora la parola dovrebbe seguire la botta." 9 "Mercuzio," tenta Remus, "non sono sicuro che quello avesse se--" "Ma lasciati guidare dalla mente e non dal cuore, quando parole e botte sono adatte più in basso." "Questa è un'insinuazione," riesce a pronunciare Remus. "Vero? Senti, riguardo il bacio; non ci ho pensato veramente. Ho letto in un libro che cose del genere accadono qualche volta. Affetti malriposti, conseguenze del vivere in un dormitorio maschile per interi anni, ormoni che interagiscono con ormoni, e la mentalità del branco aiuta poco, sebbene quello non c'era in nessun libro, purtroppo, ma immagino che sia meglio così." Mercuzio sembra sconcertato. "Codesto è più di una parola che hai spartito con me; tuttavia per la loro quantità avrei voluto che fosse stato una botta!" "Potrei ancora colpirti," propone Remus. "Ahimè, ma per così tante parole? Perché mi devi fustigare quasi a morte?" Gli occhi di Mercuzio sono distanti ora, di nuovo volti sopra il muro. La mente di Remus sente un'irresistibile voglia di guardare. "Un simile attacco non sarà il benvenuto, poiché tutte le botte del mondo potrebbero essere chiamate un tocco; mentre tutte le parole in tuo comando a mala pena sfiorano la pelle. Ormai ci sono abituato. Rendi all'amore puntura per puntura, e vedrai come s'affloscerà. Così vanno le cose con te, vero?" "Basta, basta." Remus affonda il polso di una mano nell'occhio. "Tu parli di nulla." "È vero. Parlo dei sogni, io, figli d'una mente oziosa, generata da un'inutile fantasia." "No," dice Remus, improvvisamente sconcertato da se stesso. "Intendo che stai dicendo delle assurdità." "Questo non è il mio sogno, né le assurdità sono le mie," fa notare Mercuzio. "Guarda." Remus, senza pensarci, lo fa. Giulietta posa la guancia sulla mano nuda, capelli rossi pallidi al chiaro di luna. Il chiaro di luna, cerca Remus di dire a se stesso, qualcosa di importante sul chiaro di luna. Non riesce a ricordare cosa per nulla al mondo. Quello che c'è intorno a lui è poco familiare, come in un sogno. "Tu mi hai baciato per primo," protesta Remus. Romeo fa un passo in avanti sotto la luce e solleva una mano alla vista del suo amore sopra il balcone. Ciò ricorda a Remus le persone, o gli amici, che non si mettono calzamaglie o brachette nei giambi occasionali. Si volta per guardare Mercuzio, la cui angoscia è stampata chiaramente sui lineamenti. "Mercuzio," dice Remus. Appoggia una mano sopra la sua spalla. "Che gelosia è questa?" "Non è gelosia," insiste Mercuzio, scrollandosi la mano di Remus di dosso. "Vedi come procede velocemente la commedia! Vedi gli amanti recitare le loro parti, leggiadramente, futilmente, al chiaro di luna! Ehi, Romeo! Ehi, Giulietta! Ehi, Benvolio!" Si gira di scatto su Remus, determinazione ostile nei suoi occhi. "Dimmi, Benvolio: cosa sogni? I critici di pazzi con animo poetico, le copie dell'amichevole ammicco di lei vivo nei cieli, e il tuo cuore che tosto brama le botte?" "Io non," inizia Remus. "Ma piano," dice Mercuzio. "Quale luce irrompe da quella finestra?" "Quella non è la tua battuta," protesta Remus. Però lui ha lasciato il sipario aperto; e potrebbe anche essere la battuta di Sirius, come tutte. "È di Romeo!" Remus si mette a sedere. L'ha capita, adesso. Romeo è James; Giulietta, Lily. O è all'incontrario? Non ne è sicuro. 10 "Bene, caro," dice sua madre. Sta ai piedi del letto, smistando la roba da lavare. "Ti sei svegliato presto. Cosa vuoi per colazione, mm?" *** Remus e il Conte sono davanti a uno specchio dorato, e il Conte è Sirius. È in maniche di camicia. Al piano di sotto i servi stanno preparando la casa. Orientale, opulenta, abbastanza sfarzosa da mascherare l'esterno di essa, aggiungendo quello che possono alla sua decorazione già eccessiva. C'è il mordace sbuffo di oppio nelle narici di Remus. Gli occhi del Conte sono neri e gravosi quando incontrano i suoi nello specchio. "Monsieur Bertuccio," dice, "il mio gilet e il mio fazzoletto da collo. Dove hai la testa?" Remus si abbassa in un meravigliato piccolo inchino di scusa e va a prendere gli indumenti. Sono dove li aveva lasciati, sullo schienale della poltrona. Il Conte allunga le braccia e Remus gli mette il gilet di seta, attentamente, delicatamente. Il Conte ha l'abitudine di storcere il naso e di lacerare vestiti costosi. "Verranno questa notte," dice il Conte, con proposito sinistro e serio. Remus non è certo se stia parlando con lui, o con lo specchio. "Danglars e Villefort, per te, e tutto il resto di loro. E noi saremo pronti?" "Come possiamo, mio signore," dice Remus. "Sollevate il mento." Le dita conoscono la via. Lo schema del vestire è quasi confortante, e il vigore del corpo del Conte, tanto tumultuoso da spezzarsi, gli ricorda uno scopo che conosce troppo bene: straniero al suo proprio petto, ma emozionante sapere che il suo sangue ora sopporta il flagello della vendetta. Se ne stupisce, tuttavia, a causa del taglio spietato degli occhi del Conte. Pensa di conoscerli più giovani e meno pieni d'odio, con risate ad ogni piano escogitato, e con un'astuta nascita di gioia piuttosto che di necessità. "I piani, i piani," dice il Conte. Parla spesso a se stesso, nel sonno e nella veglia, voce che riecheggia con la propria per i corridoi. Persino nel trambusto dei preparativi può essere sentito da solo o niente affatto. È fin troppo abituato a se stesso e al suo scopo. A volte Bertuccio è sicuro che non ci sia bisogno di lui, oltre che per abbottonare i polsini del Conte e per sistemargli il fazzoletto da collo. A volte sa che c'è di più: una fratellanza, un legame, servo e padrone insieme, ma entrambi simili nell'intento. La classe sociale li distingue, e li distinguerà per sempre. Ma quando vengono offesi, vengono offesi ugualmente. "I piani proseguono," sussurra il Conte a se stesso. "I piani, i piani." Di nuovo Remus trova la sua mano sulla spalla di quest'uomo, sebbene la cappa lì sia scura, e lo squarcio delle bianche maniche faccia meraviglia nello specchio. Il Conte gli copre le dita. "Ce la faremo," insiste il Conte. "Lo sai fin troppo bene; eppure a volte il tuo riflesso lo nega." "Posso parlare sinceramente, mio signore?" Remus tiene occupate le mani da qualche altra parte, spazzolando le curve del mantello e aggiustando la pesante spilla, dove le spalle vigorose del Conte non possono snervarlo. Nello specchio è a mala pena presente, la sua unica manifestazione è il movimento nel vestire il Conte, e il fruscio del suo mantello; è poco più di un fantasma. "Buon Bertuccio, dovresti sempre parlare sinceramente con me." Il Conte gli mette una mano sulla guancia per fermarlo, familiari e strani, i suoi morbidi palmi inguantati. I suoi occhi sono luminosi dalla determinazione, ma offuscati dalla droga e, al di sotto di quello, dal più profondo torpore del dolore. "Vorrei che non ci fosse bisogno di questi piani," dice Remus dolcemente. "Ricordo quando pensavo ad altre cose." "Io no," replica Montecristo seccamente. "Quel posto mi ha rubato ogni parte di me che ricordava. Cosa può fare questo mondo per pagarmi il suo debito? Sei un uomo migliore di me, se non provi alcuna gioia oscura nel fare espiare il mondo, come deve essere." 11 "Sarete guarito quando saranno morti?" "Quando saranno morti," dice Sirius tranquillamente, senza distogliere i suoi occhi da quelli di Remus, "e le loro famiglie rovinate, e i loro nomi detestati da tutti gli uomini, allora forse sarò soddisfatto. Chi può dirlo? È anche un tuo peccato gloriarsi di questo, anche se non lo farai. Cosa ti guarirà, Bertuccio?" "Temo che quando sarò guarito, ne avrete ancora bisogno." Remus non riesce a incontrare i suoi occhi, i gemelli tenuti nel suo palmo. "E per tutto quello che vi darei, e per tutto quello che sacrificherei, mai potranno le mie mani offrirvi quello che cercate." "Lo fanno già," dice Sirius. "Anche se non lo vedi." Remus si sveglia di scatto con il tocco delle dita di Sirius sulle labbra. Nella confusione inebetita tra il sonno e la veglia, reprime un'improvvisa ondata di rabbia. Non è giusto. Ama questi libri, questi personaggi. Sono sacri. Sirius non ha alcun diritto di infiltrarsi in questi santuari e di toccarlo dappertutto. "Merda merda merda," scandisce Remus ad alta voce sopra il lavandino, parole mescolate con lo spazzolino. "Merda merda merda." *** L'aria è colma dell'inquietante sensazione dei punti esclamativi! Remus si domanda perché indossa un vestito da donna. È scomodo sulle spalle e sul petto, possibilmente perché è largo e bombato e non ha, ne è sicuro, assolutamente il seno. Abbassa lo sguardo fissando con orrore una balza di pizzo. Il vento è tempestoso! Capisce subito cosa sta succedendo. "Non sono Cathy," dice, enfaticamente. "Non lo sono, non lo sono, non lo sono. Questo è il mio sogno. Cosa c'è di sbagliato in me? Non posso essere Cathy nel mio sogno!" "Cathy!" sospira Heathcliff. Riesce a farlo con un punto esclamativo! Remus medita il suicidio. Sopra le brughiere desolate e pietrose turbina un cielo grigio immensamente tragico. "No," dice Remus. "No, no, no." "Oh! Cathy," geme Heathcliff, che sembra terribilmente familiare, "ti ricordi come, molti anni fa or sono, ci divertivamo a giocare con queste pietre solitarie? Quanto innocente, quanto puro era l'amore dell'infanzia celato!" Afferra la mano di Remus così strettamente che Remus guaisce, e si rivolge ai cieli che presagiscono il male. "Tuttavia quanto crudele diventa l'amore, tanto che deve essere la MIA Cathy colei che mi causa un simile dolore!! Oh, guarirò mai, questi peccati saranno mai cancellati, il nostro amore sarà mai consumato?!" "No!" dice Remus disperatamente. Almeno cerca di dire "no" ma in qualche modo le parole che gli escono dalla bocca sono "Oh, Heathcliff, potrai mai perdonarmi!" in toni disperati. "Oh, Cathy," bisbiglia Heathcliff appassionatamente, avvicinandosi. "L'hai detto prima," dice Remus. Almeno cerca di dire "l'hai detto prima" ma in qualche modo le parole che gli escono dalla bocca sono "Oh, Heathcliff!" cosa che ha già detto, e poi "La sofferenza nel mio cuore desidera solo te, solo te, sempre e solo te!" Il vento è tempestoso in modo pietoso. Heathcliff, che ha il viso scuro e rimuginante di Sirius, ha gli occhi profondi e ombrati e pieni di tormento. Remus capisce che è in qualche modo colpa sua -- non il profondo, non l'ombrato, non il pieno di tormento, ma la situazione stessa. Sirius, che porta questi vestiti. Remus, con una mano di Heathcliff stretta al suo inesistente petto, in un vestito da donna scomodo. La sensazione di condanna intralciante, ritmica, come i battiti del cuore di due amanti uniti come uno solo. I punti esclamativi! Di tutto ciò, in 12 qualche modo, qualcuno deve essere incolpato, e quel qualcuno deve essere se stesso. Si domanda se quelle lacrime che gli scorgano dagli occhi con lunghe ciglia siano vere, o se siano causate dal sogno o se stia piangendo per l'innocenza perduta della lettura, andata, andata, per sempre, bandita da questi ridicoli sogni che non ha chiesto nemmeno una volta di avere. "Oh, MIA Cathy," mormora Heathcliff. Remus può sentire il suo respiro. Sa di colazione. "Dimmi, allora, che mi ami e che, per un breve momento, prima che le nuvole si spacchino e i Cieli riversino su di noi la loro angoscia, ci sarà di nuovo felicità tra di noi!" "Sto per vomitare sul tuo cappotto," dice Remus. Almeno cerca di dire "sto per vomitare sul tuo cappotto" ma invece fa un lungo e addolorato suono, quasi come se avesse pestato un'anatra e le avesse fatto di colpo uscire tutta l'aria dal corpo in strida rauche. Si baciano con la passione di tutte le stelle in una convulsiva esplosione di luce ipnotica! Strano a dirsi ma è una sensazione incredibilmente piacevole. Naturalmente, a questo punto, qualcuno fuori in strada decide di fare un incidente con l'auto, o quasi fa un incidente con l'auto, e il mondo esplode in un lampo di clacson, che suonano e stupidi babbani che si gridano a vicenda, e nel caos protestante. Remus cade dal letto con un basso gemito e si raggomitola, rendendosi conto che qualcosa di Perfettamente Naturale sta accadendo tra le sue gambe. Si spazzola i denti per ventuno minuti e diciotto secondi finché quello non va via, borbottando "Oh, Cathy il mio posteriore." *** Remus è seduto a una scrivania. Questo va bene. Oh, Dio. Questo va bene. È un uomo, seduto a una scrivania, e ciò è terribilmente familiare e confortevole. La scrivania è enorme e scura, di legno lussuoso e, attraverso le finestre gotiche ad arco, il sole filtra polverosamente sul legno. Remus sta sbucciando una mela, molto lentamente: le sue mani sono segnate e il suo polso sinistro ha la rossa incisione di una vita da arciere impressa su di esso. Giù per la sala, improvvisamente, giungono dei passi riecheggianti, pesanti e stonati sul metallo, e un'esplosione di risa chiassose e familiari fra la confusione delle voci. La porta dello studio si spalanca e suo fratello è davanti a lui, sorridente, i suoi scuri capelli selvaggi e il viso lucente di sudore. "Fratello! Sei stato qui per tutto questo tempo?" "Non volevo essere d'intralcio," obietta Remus, alzandosi. Il fratello scaccia magnanimamente il commento con un cenno della mano. "Ti ho cercato per tutto il pomeriggio! I miei uomini dicono che non c'è nessuno che possa battermi al bere, e io gli ho detto che solo tu puoi farlo. Loro--" getta uno sguardo impaziente ma tenero sopra la spalla "--loro non mi credono." Remus appoggia la mela sulla scrivania, pollice lungo il bordo del legno liscio, le sue dita callose con distanti ricordi. Vede il modo in cui il sole passa per le alte finestre dello studio e cattura granelli di polvere nell'aria, e sa che adora stare qui più di qualsiasi altro posto. Suo fratello odora di sudore, di alcool e di metallo, che insieme significano lunghe ore di pratica e un inizio mattutino fino alla fine del giorno. "Il sole è già tramontato?" chiede. "Non volevo essere così ozioso per così a lungo!" "Tu eviti il problema, fratellino." Boromir si avvicina dietro di lui, più silenzioso ora in questo luogo silenzioso. I suoi uomini sono andati via, seguendo la logica che solo un sogno può avere, sebbene l'anima letteraria di Remus si ribelli contro l'inconsistenza. "I miei uomini non credono che Faramir, fratello minore di Boromir di Gondor, possa darmi del filo da torcere nel bere -- e tu tolleri questo!" La risata negli occhi di Boromir è una cosa affettuosa e fraterna. Questi sono e non sono gli occhi di Boromir di Gondor. Remus allunga la mano, toccando la guancia del giovane uomo, guidato da due ricordi. "Fratellino," dice Boromir. "Faramir." 13 "Sono stato nello studio tutto il giorno," dice Remus. Sì, è così, no? Il dolce e ammuffito odore dei vecchi rotoli di pergamena e la forma irregolare della scrittura degli amanuensi, poesia e storia e canzoni unite sulla pagina scricchiolante. Ogni angolo marrone e strappato, ogni minuto devoto alla successiva parola e alla successiva e sempre alla parola che segue la precedente, mentre Boromir è fuori a urtare metallo contro metallo, sempre nel presente. Che modo è di vivere la propria vita, si domanda Remus, anche se tuttavia lo adora. "Sei stato nello studio tutto il giorno," ripete Boromir, "sì, lo vedo in te. Ti rinchiuderai sempre dietro la pagina, fratello? Non ti eccita la caccia, la battaglia non ti infiamma il sangue? L'amore fraterno non riscalda le stanze dove vivi, non le rende più calde di questo freddo angolo dove i giorni si logorano in ozio e disperazione?" "Non è così," protesta Remus. "Scendi dalla tua torre," insiste Boromir. "Se non berrai con me, allora parla con me." "Remus," dice la signora Lupin. "Remus, ieri hai promesso che questa mattina avresti aiutato il signor Tilden a falciare il prato, non ti ricordi?" "Follia," borbotta Remus nel cuscino. "Follia follia follia." La signora Lupin decide che non capisce del tutto suo figlio. *** Remus cammina su e giù nel suo camerino, armeggiando nervosamente con i bottoni della sua giacca rosa. È una giacca nuova, fatta su misura ed appena terminata oggi da un sarto nuovo a Saville Row, e pensava che l'avrebbe fatto sentire meglio, ma non è così, e adesso, naturalmente, dato che il mondo è un posto crudele e ingiusto, deve far finta di non essere nervoso quando un uomo che vagamente riconosce fa capolino dalla porta rossa e sussurra, "signor Wilde, il critico del Times è qui per vederla." "Certo, certo," dice Remus impazientemente. "Lo faccia entrare, naturalmente." L'uomo annuisce, e un momento dopo il critico teatrale del Times, fautore dei gusti dell'intera massa di idioti aristocratici di Londra, è davanti a lui con un arrogante sorrisino sulla faccia. Remus gli sorride in modo affascinante. "Buon giorno, signor Fitzherbert. Posso osare dire che è senza respiro per la suspense? Un altro Giorno di San Valentino strappato dalla portata delle spose della chiesa di San Giacomo, ah ah?" "Tutta Londra è in subbuglio," recita Fitzherbert soavemente, tutto britannico, come se stesse deliberatamente condannando l'accento di Remus. Remus dedica un momento a odiarlo, e a osservare quanto sia indigesto il suo panciotto. "Riesce a vedere quanta gente lotterà per farsi strada nella tormenta di neve per vedere la sua quarta commedia? Non ho bisogno di dirle che sono il più emozionato." Remus annuisce, brevemente. "Posso offrirle un po' di champagne, signor Fitzherbert?" Il critico solleva una mano impassibile e grassa. "Grazie, signor Wilde. Non bevo alcolici prima di fare una recensione." "Gli potrebbe piacere di più," propone Remus. "Mnnh," dice Fitzherbert con un sorriso lezioso. "Potrebbe, vero? Le piacerebbe che fosse così? Oh, no. Non avrò i miei sensi alterati in nessun modo. Me la voglio godere appieno." L'angolo dell'occhio sinistro di Remus si contrae. Critici. Quelli che non hanno il permesso di fare... Tuttavia, si trova a sorridere al signor Fitzherbert, quasi provando pena per lui mentre aspetta come la morte, desideroso di un fallimento, disperato per una possibilità di essere sarcastico. 14 A Remus piace la sua commedia. Forse, come la voce del dubbio gli dice sempre, non è buona come le altre: ma a lui piace questa commedia, e ha piena fiducia in essa. Si compiace, pensa, e con una metà del suo cervello spera che non sia troppo sofisticata da capire per il megalomane signor Fitzherbert, e, con l'altra, prega che lo sia. "Beh," dice, non sapendo più che fare, "mi permetta di sgusciare dietro le quinte per un momento a parlare -- parlare ai miei attori, mm?" "Certamente," dice il signor Fitzherbert. "Signor Wilde -- questa è, dopotutto, la sua serata." Remus fa una nota mentale di come l'uomo sembra in questo momento, dita a guglia, una gamba accavallata sull'altra, tozzo ma minaccioso tuttavia. Come un gargoyle moderno, che aspetta di prendere vita e picchiare proprio sulla giugulare chi osa avere un'opinione diversa dalla sua. "Si diverta," dice Remus, e si affretta a uscire. Il backstage è un confortante e terrificante trambusto. C'è una piccola donna dall'aspetto spaventoso con le braccia piene di piumini per la polvere che quasi rovescia su di lui, ma Remus grida forte e la evita giusto in tempo e scivola dietro l'angolo nello spogliatoio. Cecily fa il broncio davanti allo specchio indossando nient'altro che un negligé e una crinolina che si accorda con i suoi capelli rossi; Lady Bracknell è all'angolo, urlando contro il muro per riscaldamento. C'è George, il meraviglioso confortante George, che pratica il suo sguardo da Jack nello specchio mentre qualcuno tira con violenza i suoi indomabili capelli neri. E -- ah -- lì, seduto pigramente contro il muro, c'è il suo Algernon, tutto perfettamente curato e dalla grazia indolente. "Oscar," dice con un sorriso brillante, alzandosi in piedi, mani nelle tasche. "Come mai non sei nel tuo camerino in preda al panico? Il mondo è ai tuoi piedi." "Tu," dice Remus pericolosamente, "faresti meglio a eseguire una migliore interpretazione di quella della tua altrimenti irrilevante giovane vita." Algernon rotea gli occhi. "Davvero. Scrittori. Ogni interpretazione che eseguo è un capolavoro, come sai perfettamente bene." Questa volta il suo sorriso è misterioso e sensuale. Remus sbatte le palpebre. Il direttore del teatro urla che mancano cinque minuti e si va in scena. George si alza dalla sedia, sistemandosi gli occhiali, fa scorrere una mano provocantemente tra i capelli e si sofferma per fare un saluto e un breve sogghigno a Remus prima di andare a zonzo tra le quinte. "Beh?" dice Remus. "Forza. Fuori di qui, ridicolo pezzo di scarto. Non farmi sventrare dalla stampa londinese, o ti perseguiterò." "Mm," dice Algernon cupamente, "beh, vediamo se mi ricordo tutte le battute, eh?" Remus fa un rumore strozzato, e Algernon gli rovescia un cappello invisibile e gli scivola accanto. Le sue dita sfiorano leggermente la vita di Remus mentre se ne va lasciandogli una macchia di trucco sull'indumento appariscente, e Remus rabbrividisce e gli sorride in modo ebete per un momento; poi si scrolla e avanza lentamente nei corridoi, su per le scale del teatro, verso il conforto (e verso la quantità prodigiosa di alcool) che il suo camerino può offrire. Guarda il programma, cercando di fermare le sue tremolanti dita, quando le luci si spengono. L'importanza di Essere Sirius, dice. Una Nuova Commedia di Oscar Wilde. "YAUGH," dice Remus, svegliandosi. "YAUGH!" insiste, quando nessuno gli risponde. "È 'L'importanza di Essere Ernesto' miseriaccia -- per Cristo -- per Merlino -- YAUGH!" E, nota pochi momenti dopo, è di nuovo Perfettamente Naturale nella parte bassa del suo pigiama. Questo è orrendo. *** 15 Un'altra scrivania. Una vecchia Victrola. Una collezione di apparati che sembrano quasi come dei mezzi di tortura. Un blocchetto per gli appunti, una penna costosa, uno studio colmo di libri. Un grosso tomo aperto sull'importanza della dizione. "Ancora una volta, signorina Doolittle," Remus sente Pickering dire, come se non l'avesse già sentito un migliaio di volte. Guarda sopra la spalla. Pickering è Peter. Bene. Questa è una novità. "Per favore?" "Paine in buoca," dice Eliza. Assomiglia a Sirius. In effetti, guardando da più vicino, lei è Sirius. Remus si sente trionfante. Questa volta, pensa, i suoi pensieri più intimi non gli hanno dato delle mutandine con pizzo. Hanno dato a uno dei suo migliori amici maschi delle mutandine con pizzo. Remus si sente un po' meno trionfante. "Cerca di ascoltarti," dice, istintivamente. "Come se le palline non fossero lì." "E--ee oh oo oo ay," dice Eliza bruscamente. "Non è necessaria una simile volgarità," dice Remus tranquillamente. "Sto solo tentando di insegnarti a parlare come una persona." Eliza fa un movimento come se stesse vomitando e sputa le palline, che rotolano sul pavimento, e dice furiosamente "Che cavolo di 'persona' va in giro dele paline nella sua maledeta bocca, voglio sapere? E in più--" Lei -- lui -- solleva la gonna, mostrando una grande quantità di peli sulle gambe, e si precipita su Remus, tremando con collera, "comprare un fiore da 'na pora ragazza non significa 'fare diventare 'na pora ragazza in una maledeta scimia justo? Non significa "ingozzare la bocca de la pora ragazza con ojetti estranei, justo? Se sei un professore de la lingua perché non lavori sulle tue danate abilità di comprensione?! Non ti ho chiesto di imischiarti con me, vero? Non potevi farti gli impicci tuoi! Sempre a cercare di perfezionare! Stavo solo vendendo fiori, nessuno mi ha mai messo cose in bocca o blaterato de la mia grammatica! E che succede se non voglio essere una lady?" Dato il suo eccessivamente profondo -- sebbene curiosamente perforante allo stesso tempo -- tono di voce, pensa Remus piuttosto istericamente, non è che abbia una vera e propria opzione. "Oh cielo," sussurra Pickering. Remus si toglie gli occhiali, li pulisce sulla manica, e cerca di non gridare. "Eliza, devi avere un po' di pazienza; un po' di fiducia nel programma. Non vuoi cioccolata ogni giorno, e vestiti eleganti, e un officiale della Guardia con baffi sottili?" Eliza l'osserva con grande sospetto e storce leggermente l'ispida bocca. "Non vale; e non so come posso crederti. Non posso farlo. Neanche tu pensi che posso farlo. Sarò per sempre orribile e tutto il tuo perfezionamento non può ajustare niente." "Devo insistere," dice Remus, con un tono clinico che spaventa persino se stesso, "che sostituisca quelle palline, o ne trovi di nuove, e continui la lezione, o altrimenti non conosceremmo mai le tue capacità, e ce lo domanderemo per l'eternità. Che ne dici?" "Voglio strozzarti, ecco che dico!" urla Eliza. Si lancia verso Remus, e per un momento ha l'impressione che è al dunque, la fine è ormai venuta, mentre Eliza si lancia su di lui come uno yeti o come un qualche giocatore gigante di sport mascolini ma intellettualmente inutili. La sua mente, al momento della morte, lo terrorizza, il leggero e aristocratico rifiuto, lo shock che rimpiazza l'orrore, la suscettibilità offesa che è, più di qualsiasi cosa, profonda o viscerale. "Eliza," sente se stesso dire, "per favore ripensaci." "Forse," tenta Pickering, "forse possiamo posticipare le palline a un'altra volta?" 16 "Perché non provi a parla' con quelle palline nella tua bocca, vedrai qanto difficile è?" "Quanto difficile sia," dice Remus tranquillamente. Eliza fa un profondo respiro. Per quanto Eliza sia o non sia sveglia, per quanto capace, sembra non trovare un suo posto qui. Remus suppone che la sua suscettibilità, non importa quanto rozza, sia ancora femminile. Il che è difficile da transigere, considerando il giovane uomo che torreggia sopra di lui, rosso in faccia e determinato ad avere un qualche tipo di ricompensa. "Qanto difficile sia," si adegua Eliza. "Molto bene," inizia Pickering. "Quanto," insiste Remus. Solleva una mano per imporre il silenzio al suo amico sfortunatamente gentile. Eliza stringe i denti. "Qanto," sussurra. "Con la u," dice Remus fermamente. "È come una c e una u insieme." "Cuuuu," dice, ancora guardandolo torvamente. "Cuuuuu..anto." "Ora per intero," incita Remus. "Quuu....anto difficile è...sia," borbotta Eliza. Poi alza lo sguardo, e dice con una voce che è sorprendentemente come quella di Sirius, "perché faccio sempre tutto quello che vuoi?" "Lo fai?" dice Remus. È perplesso dalla sua improvvisa abilità di articolare se stessa, ma sta cercando, proprio come un vero gentiluomo inglese, di non mostrare alcuna emozione. "Beh è ovvio, no," dice Eliza pazientemente. Purtroppo è tornata alle unghie-sulla-lavagna. "Guarda, te lo mostro: dì 'salta.'" "Salta," dice Remus dubbiosamente. "Quu...anto in alto?" dice Eliza, e sorride. Remus spalanca gli occhi per scoprire che è capovolto sul letto con la testa che dondola fuori dalla finestra e i piedi sul cuscino e un sapore in bocca non dissimile al pelo. "Agh," dice miserabilmente, a nessuno, e poi "perché io?" Dopo alcuni momenti di meditazione, si alza e molto cautamente zoppica verso la doccia, dove ci passa l'ora successiva. "Non esaurire tutta l'acqua calda!" strilla la signora Lupin attraverso la porta dopo venti minuti. "Sarà impossibile," risponde Remus, attraverso i denti digrignati, e rabbrividisce. *** La prima cosa che Remus pensa quando vede la neve cadere è che la neve non viene nel bel mezzo dell'estate. Dà un colpetto al vetro della finestra, scrutando in basso la strada tortuosa e acciottolata. È mattino presto. Da qualche parte, una campana suona. L'aria odora di fuochi lenti e di carne che viene cotta, e di pino, e di fredda umidità. Sebbene le nuvole si siano addensate nel cielo, sente qualcosa che sta arrivando, ridicolo e incontrollato e pieno di piacevole allegria. Natale, realizza. Non può essere altro che il periodo natalizio. Le sue mani sono calde nei guanti senza dita, e ha una sciarpa avvolta strettamente intorno al collo per tenere lontano il gelo invernale. Dall'altra parte della lunga e sconosciuta stanza, un fuoco scoppietta in un camino austero. Cerca di collocarsi, nel tempo e nello spazio, notando le linee del suo cappotto e la 17 strana forma del suo cappello sulla scrivania di fronte a lui. Zoccoli di cavallo fanno rumore sulla pietra, comparendo e scomparendo lentamente dal suo mondo. Per la prima volta da anni, non ha l'impulso di grugnire il solito Bah! Che ipocrisia. Questo, però, è più di una semplice mancanza di aperta ostilità: questa è una gioia schietta, il selvaggio delirio di rendersi conto di quanto sia bello essere vivi, e corre verso una finestra e la apre violentemente, così che il vento lo assalisca e la neve turbini attorno la sua testa. C'è un piccolo moccioso dai capelli neri fuori della sua casa, con un cappello in mano e un'espressione funerea. "Oh, ragazzo," lo chiama Remus. "Che giorno è oggi?" "Eh?," risponde il ragazzo, un po' sorpreso. "Che giorno è oggi, amico mio?" urla Remus, sentendosi completamente stordito. Ci sono le campane nella sua testa. "Oggi? Ma come, è Natale!" esclama il ragazzo, guardandolo senza nessuna preoccupazione. Remus non si è mai sentito così felice in tutta la sua vita nel sentir parlare del Natale, e il ragazzo con i capelli scuri lo sta fissando come se potesse tirar fuori un coltello, così Remus gli lancia una corona; è Natale, dopotutto, e ognuno dovrebbe sentirsi benissimo come lui. Emette un grido di gioia e chiude la finestra e gira pazzamente per la stanza, e poi si ferma bruscamente, improvvisamente ricordando qualcosa: un altro ragazzo, e un Natale che può essere tanto triste quanto il suo lo è sempre stato, mentre al piano di sotto la porta suona per segnalare l'entrata del suo impiegato. "Ma io odio Dickens!" cerca Remus di gemere, ma non riesce a fare nessun suono. Fa due scalini alla volta per scendere. Sa cosa deve fare, e suppone che il sogno finirà quando l'avrà fatto. Persino la gioia che lo colma irrefrenabilmente non può cancellare il fastidio della prosa elaborata dietro i suoi occhi: i due combattono per il controllo delle sue emozioni e gli lasciano un senso di vertigine, come se fosse scritto da un uomo pagato parola per parola. In un modo, suppone, che non si allontana molto dalla verità. Uno: deve dire al suo impiegato di festeggiare questo giorno. Due: deve dare al moccioso un tacchino più grosso della maggior parte dei ragazzini. Tre: deve aspettare l'apogeo, o qualunque svolta letteraria che il suo subconscio ha progettato per lui stanotte. Quattro: quando si sveglia, deve consultare un libro per fermare questa follia. È tutto molto semplice prima di saltare l'ultimo scalino. Il suo naso si sente rosa per la prima volta in anni. Distrae molto. Bob Cratchit, che ha un viso rotondo e capelli scarmigliati del colore della sabbia, lo sta aspettando nell'ufficio. Assomiglia a Peter che si fa piccolo e cerca di nascondersi dietro le sedie, quando Sirius è di malumore. "Va a casa," dice Remus. Non ricorda le parole, non esattamente, e ora quel pensiero ha calpestato il suo istinto, la sua mente non riesce ad afferrare cosa viene dopo. Cerca di dire con difficoltà qualcosa di appropriato. "E, ehm, sta con la tua famiglia!" Non suona vittoriano. Non suona nemmeno come qualcosa detta da Scrooge. Cratchit lo fissa. Sì, vuole dire Remus, sono impazzito. "Avanti," dice, in modo che spera che sarà interpretato come "disperatamente allegro" piuttosto che ‘spaventoso.’ "Va a casa e sta con, ehm, comesichiama, e il piccolo Tim," e poi ci siamo: un lungo tavolo di legno, circondato da candele ardenti e pino e visi rotondi e felici e tumuli su tumuli di budini natalizi. C'è un tacchino lì, da qualche parte, ma i budini dominano l'attenzione. 18 "Vorrei fare un brindisi," dice Cratchit, il suo viso rosso e di buon cuore, alzando il bicchiere, "al signor Scrooge: per essersi finalmente arreso alla magnifica gaiezza del Natale, come tutti sapevamo che avrebbe fatto; e per aver condiviso la sua ricchezza con tutti noi riuniti qui stanotte." "Bene, bravo!" gridano le voci intorno al tavolo, e "urrah per il vecchio Scrooge!" "Un buon Natale a tutti noi!" strepita Cratchit, e c'è troppo rumore di approvazione fatto sbattendo i piedi a terra. Remus lancia un'occhiata in giro. Tutti quelli che ha incontrato finora sono intorno al tavolo, che gli annuiscono, consapevoli, allegri, felici di vederlo. Cerca di sorridere. Un mormorio leggero e infantile giunge dalla sedia accanto alla sua: "sono felice che siate qui per Natale, signor Scrooge!" Remus abbassa lo sguardo. Sirius lo guarda e gli fa un gran sorriso, una faccia luminosa, con denti radi, appollaiata su un corpo ossuto e un paio di stampelle enormi. "Non è favoloso, il Natale? Ho cercato di dirvelo." "Ehm," dice Remus. "Che Dio ci benedica," dice Sirius in modo bleso ma adorabile, "tutti quanti!" Remus si sveglia urlando. Dopo che sua madre è venuta in camera correndo con un asse di legno sollevata in aria per difendere il figlio dagli assassini e suo padre ha versato del tè caldo sui pantaloni per il frastuono e Remus si è scusato e spiegato e lavato i pantaloni del padre, sa che c'è una cosa sola che potrebbe aiutarlo ora. Ricerca. Il libro si chiama, semplicemente, "Interpretazione dei Sogni." Sua madre l'ha comprato qualche tempo fa, quando aveva avuto un particolarmente esasperante e ricorrente incubo sulla casa che veniva invasa dalle pulci; da allora è stato abbandonato nello studio dei Lupin al piano di sotto, le 1600 pagine che diventavano sempre più piene di muffa ogni mese. Remus ha sempre creduto che la Somniomanzia fosse qualcosa senza capo né coda, e quindi è stato uno dei pochi libri della casa che non ha mai toccato. (Gli altri, per inciso, sono un libro di cucina vegetariana e una mostruosità con copertina blu intitolata "Il primo bambino..." il quale crede possa contenere fotografie.) Ora, però, è disposto a ritirare ogni sua dura parola che ha detto su questa scienza se solo può far fermare tutto questo. Apre l'indice, e poi va sulla L. "Letteratura, sogni in relazione con" è, miracolosamente, una voce: lo dirige a pagina 783. Il cuore di Remus accelera un po', anticipando la salvezza. Per primo, c'è una lista di domande. La domanda uno gli chiede se ha letto troppo. Su un separato pezzo di carta, scrive 1. non credo nel leggere troppo. Questo significa, decide dopo un momento di pausa, che secondo gli standard del libro ha letto veramente troppo. Ne fa una nota, e passa alla domanda due. La natura dei tuoi sogni è sessuale? Remus sente una fiammata improvvisa nello stomaco che gli brucia la gola. 2. Sì sembra ridicolo, ma necessario per andare a fondo in questo casino. Se la natura dei tuoi sogni è sessuale, per favore gira la pagina. Remus gira la pagina. Vuole un indice di autori, qualcosa di tangibile, qualcosa di rassicurante. Invece il libro dice Forse dovresti considerare di iniziare un diario dei sogni. Remus lo fissa. "È tutto quello che hai da offrire?" chiede, dopo che nulla succedeva. Il libro non dice nulla in risposta, cosa che Remus decide che significa Sì. 19 "Beh va a quel paese," mormora. Il libro continua a non dire nulla, tranne Le schede dei sogni dovrebbero essere in un libro vuoto, uno che ti dia Buone Vibrazioni e che odori preferibilmente di Cuoio Vecchio. Remus quasi si aspetta un annuncio pubblicitario. Non ce n'è. È un freddo conforto. Prendi accurati appunti su ogni scenario e sui personaggi ricorrenti, temi ricorrenti, e desideri sessuali ricorrenti. "Non voglio rivivere tutto," dice Remus al libro. Il libro non se ne cura. Troviamo che, spesso, le Illustrazioni Aiutino. "Odio le tue maiuscole," dice Remus. Le Illustrazioni sono un Buon Metodo per Risolvere l'Enigma. "Lo stai facendo apposta," accusa Remus. Anche la Più Piccola Illustrazione potrebbe aiutare. "Non so disegnare, ma suppongo che nemmeno quello importi," borbotta Remus. Forse, vedendo i tuoi Sogni Visualizzati, sarai capace di individuare gli schemi prima d'ora sconosciuti da chiunque tranne che dal tuo Occhio Interiore, che ti aiuteranno a riconoscere le implicazioni dei tuoi sogni. "Grazie," brontola Remus, "questo è molto utile. Non mi stupisco che mamma ti abbia messo via." (Vedere anche,) aggiunge il libro, in quello che Remus considera essere un carattere tipografico piuttosto compiaciuto di sé. (Sogni Sessuali, pp. 32-203.) Remus fissa il libro. Non offre alcuna introspezione, alcuna rivelazione, alcuna risposta a tutti i suoi problemi. Non lo curerà. Non impedirà allo sconcertante funzionamento dei pensieri più intimi di Remus di impastare la testa di Sirius in quella del piccolo Tim, o di rovinare tutti i bei libri per sempre finché Remus finalmente non soccombe alla follia e ai muri imbottiti. Può solo fare quello che il libro vuole, e pregare per un miracolo. È ora di andare a trovare un vecchio, puzzolente diario di cuoio che gli dia Buone Vibrazioni. Qualunque cosa significhi. *** 20 21 22 23 24 *** Riflettendoci, pensa Sirius dopo, sarebbero probabilmente dovuti uscire di casa, o perlomeno uscire dal salotto. In verità non stava pensando così in avanti, con James e la sua famiglia a trovare una zia, con il lavoro che non iniziava prima delle otto e lui solo metà vestito e Sophie che portava il suo prendisole giallo preferito quando ha bussato alla porta; ma tuttavia, avrebbe potuto almeno considerare la possibilità che Qualcosa di Troppo Orribile da Contemplare potesse accadere. Ma non l'ha fatto, e ora è troppo tardi. "Ehm," dice il signor Potter, fissando freneticamente il muro. "Scusatemi, sono terribilmente dispiaciuto, avrei dovuto bussare--" "No no, scusi noi, Monsieur Potter," dice Sophie, scivolando fuori da sotto il braccio di Sirius e lisciando il vestito con una notevole presenza di spirito. Sirius la guarda a bocca aperta, come un baccalà, sentendo un calore rosso che gli pervade la faccia fino alle punte delle orecchie. "Non volevamo disturbarla." "No no!" protesta il signor Potter. È un po' isterico, cercando di guardare dappertutto tranne che al suo sofà. "Nessun minimo disturbo, Sophie, niente affatto, perfettamente naturale, tutti hanno indosso i pantaloni, ah ah, siamo venuti a casa un po' prima, vado a mettere a posto il cappello," e scappa via. "Oh Dio," dice Sirius. Seppellisce la testa nei cuscini. "Oh Dio, oh Dio, oh Dio--" "Oh, smettila," dice Sophie. Una piccola risata spumeggiante orla la sua dolce e misteriosa voce. "Sei come un ragazzino. È solo un bacio; o alcuni baci." Si infila le scarpe, aggrovigliando le dita nei capelli di lui, e Sirius emette un piccolo gemito, non confortato. "È il papà di James! Vivo nella loro casa!" "E tu hai ventun'anni," dice Sophie gentilmente. Questo non è esattamente vero, di sicuro, ma Sirius non la considera una bugia, non proprio, dato che il suo francese è terribilmente arrugginito e "vingt-et-un" potrebbe perfettamente significare diciassette. "È un adulto, cheri. Lo siete entrambi." "Giusto," dice Sirius. Le fa un sorriso esitante. "Giusto! Adulto! Sì! Tutti noi! Così vignt-et-un!" Sophie gli sorride, un po' paziente, un po' premurosa, un po' francese e quindi un po' fantastica. Sirius pensa a quanto sia molto attraente, ed è in qualche modo confortato. Purtroppo, la sua sospensione della pena capitale ha vita breve. Quella sera, dopo cena, dopo che Sophie se n'è andata e Sirius è sicuro di essere finalmente salvo, si trova da solo nella camera di James con il signor Potter. Intrappolato. Rovinato. James, pensa, alto tradimento, col cazzo che doveva farsi una doccia, devo ucciderlo, prima che il signor Potter si schiarisca la gola goffamente. "Abbiamo pensato," inizia, "abbiamo pensato che sia una buona idea parlare di -- certe -- parlare di -- alla luce della tua relazione con Sophie -- e essendo un nostro piacere ma anche un nostro dovere averti sotto il nostro tetto -- il nostro tetto -- e così abbiamo pensato che sia meglio parlarti di -- certe -- parlarti." Il signor Potter si aggiusta il colletto e allenta la cravatta. Sirius lo fissa. Non può essere. "Vedi," persiste il signor Potter coraggiosamente, "quando arrivi a una certa età, ci sono certi desideri che certamente si fanno avanti, ne sono certo, nella mente di ogni giovane uomo." "Urgk," dice Sirius. Tutto quello che gli viene in mente dopo è, "certamente." "Ho comprato qualche -- qualche opuscolo," continua il signor Potter, mescolando alcuni depliant nel suo grembo. Depliant, pensa Sirius, non sarò mai più capace di guardare quest'uomo negli occhi. Non è nemmeno capace di guardare quest'uomo negli occhi ora, fissando le scarpe e volendo, più di qualsiasi altra cosa, avere la semplice vita di un laccio. Dovrebbe solo preoccuparsi dello sfilamento sui bordi, o di essere morso dai cagnolini. Sarebbe una bella vita, anche se non ci sono i budini. "Beh," dice il signor Potter, "come ti sembra questo? È Perfettamente Naturale." Sirius fa un rumore soffocato. "Cosa, uhm. Signore. Cos'è perfettamente naturale?" 25 "Beh," dice il signor Potter. Sirius si domanda chi, dei due, è il più a disagio. Si immagina entrambi, che si affrontano sul ring, impegnati in una competizione di teste esplosive. Saranno valutati per le tonalità, per il colore delle loro facce, per quanto velocemente i loro cervelli saltano fuori dalle orecchie con imbarazzo. "Beh, lo è." "Lo è," ripete Sirius. Oh mio Dio, oh mio Dio, oh mio Dio. Non c'è via di fuga. Tutto è nero. "Signore, lei... ehm. Oh Dio." "Sì," dice il signor Potter, diventando verdognolo. Fissa il muro proprio dietro l'orecchio sinistro di Sirius mentre continua ad attaccare in un certo modo spettrale e gioviale. "Sì proprio così, Sirius, ragazzo mio. Abbiamo pensato che dovresti sapere che mentre... quello... è di sicuro una parte bellissima e naturale dell'esperienza umana e di sicuro, ehm, una magnifica espressione d'amore tra due adulti consenzienti, o, ah ah, quasi adulti, ci sono di sicuro certe... precauzioni che bisogna prendere -- cose di cui bisogna tener conto. Ehm." "Sì!" esclama Sirius, attraverso la foschia del panico e della degradazione. "Sì, assolutamente. Precauzioni. Già prese e... così via. Sophie e io, molto precauti. Non che... ci sia il bisogno di... prenderle, perché... non necessarie! Ed è tutto nei depliant!" "Giusto!" dice il signor Potter con una gratitudine così profonda che è quasi tangibile. Si catapulta in piedi dal letto di Sirius e gli stringe vigorosamente la spalla; così vigorosamente, infatti, che Sirius emette un sorpreso "uff!" e stringe ancora più forte. "Sei come un figlio per me, Sirius, ragazzo mio." "Grazie, signor Potter," mormora Sirius, cercando di respirare e soppesando, nella sua testa, tutti i vari metodi di suicidio. "Teniamolo fuori casa la prossima volta, va bene, ah ah?" dice il signor Potter, e poi, "oh, non dimenticare, ehm, i depliant." Li fa cadere sul lenzuolo di Sirius come qualcosa di morto e marcio e coperto di putride mosche e poi fugge via dalla camera. "Voglio morire," dice Sirius, a nessuno, e, quasi di riflesso, apre un depliant. Sono tutti illustrati. Sirius emette un piccolo rumore di angoscia e striscia sotto il letto aspettando la morte. *** La madre di James lo spinge in un angolo sul tragitto per la doccia con uno sguardo che dice Non Pensare Di Salvarti. James tenta di fuggire, sapendo che, se prende il tempo in modo giusto, può saltar fuori dalla finestra del bagno incontrando la morte e lo sfregio giusto in tempo per evitare l'inevitabile. Sfortunatamente, l'inevitabile ha appena finito di lavare i pavimenti e riesce a placcarlo mentre James scivola su un punto bagnato e cade di testa nel suo fato deplorevole. "Beh," dice la signora Potter, "come stai, allora, figliolo?" "Sei seduta sopra di me," brontola James. "Penso che tu mi abbia perforato un polmone." La signora Potter gli dà un buffetto sulla testa scompigliata. "Ho dei depliant per te," dice. "Suggeriscono di parlare ai propri figli del rapporto sessuale--" "AGH," grida James, cercando di impedire alla voce di sua madre che dice rapporto sessuale di riecheggiare continuamente nel suo cervello, "AGH AGH AGH AGH AGH." "--del rapporto sessuale prima che raggiungano l'età dei diciotto anni," insiste sua madre, "e quindi eccomi qua." James ora sa che mai e poi mai farà del sesso. Un giorno, in un futuro vicino, una volta che avrà indebolito la resistenza di Lily per la seconda volta, e si troverà avvinghiato a lei in un abbraccio passionale, le sue dolci labbra e i suoi capelli tra le mani, si ricorderà improvvisamente e senza preavviso 26 questa immagine isolata di sua madre, che lo scrutava da dietro gli occhiali spessi, i capelli grigi disordinati per l'umidità e per i lavori di pulizia, dicendo rapporto sessuale! in modo trionfante. E quello sarà la fine di tutto. "Il rapporto sessuale," dice la signora Potter allegramente, sistemandosi sullo stomaco di James, "è una delle cose più belle che due persone possano condividere, supponendo che naturalmente quelle due persone siano entrambe disposte ed entusiaste." "La la la la!" strilla James, pigiando con forza le mani sulle orecchie. "Oh, stare in Inghilterra ora che Aprile è là--" "--e," continua sua madre, imperturbata, "che entrambe siano pienamente consapevoli dei rischi e delle conseguenze che quel rapporto sessuale porta con sé. Naturalmente, la medicina magica ha fatto grandi passi in avanti nella prevenzione e nell'assistenza per i molti afflitti da Malattie Sessualmente Trasmissibili--" "--e chiunque si svegli in Inghilterra vede, un mattino, ignaro--" "--ma la gravidanza," prosegue sua madre a tutta birra e spietatamente, rimuovendo gentilmente le dita di James dalle orecchie e trattenendo le agitate braccia nella sua presa d'acciaio, "dura per sempre, e le conseguenze emozionali di un incontro sessuale non pianificato o restio possono perdurare tutta una vita." "Hai preso questo da un libro?!" grida James. "Non sono più tuo figlio. Perché stai facendo questo? Hai sorpreso Sirius con Sophie e adesso io devo soffrire?" "Devi essere informato." Sua madre gli sorride radiosamente. "Ora, naturalmente, sono sicura che sei molto curioso riguardo a tutti questi nuovi sentimenti, e voglio farti sapere che non te ne devi vergognare, e voglio che tu mi chieda alcune di quelle domande scottanti." James la guarda a bocca aperta. "I tuoi genitori," dice, "possono essere una fonte di conoscenza sul sesso in tutte le sue molte forme." Il cervello di James si spegne completamente. Dopo un momento riesce a gracidare, "Mamma?" "Sì, caro? Non aver paura di chiedere le domande difficili." "Devo farmi una doccia." Per sempre, aggiunge silenziosamente. "Odori un po' di stagionato," concorda. "Nuove ghiandole, naturalmente. Pubertà! Che cosa bellissima!" "Non ti parlerò mai più," geme James con voce sepolcrale. "Mi trasferirò in Siberia e mi farò suora. Grazie, mamma, per aver modellato la mia vita in questo modo." "Caro, capisco che sei un po' titubante," dice sua madre placidamente, e lo bacia sulla fronte prima di alzarsi in piedi. "Ma per favore devi capire che noi -- tuo padre e io -- sappiamo per esperienza personale che il sesso può e dovrebbe essere una delle cose più belle del mondo, e non dovresti mai provare vergogna di te stesso sessualmente o--" "DIO SANTO NEI CIELI," urla James, scagliandosi nel bagno e sbattendo la porta. Per alcuni momenti sta da solo seduto sul water, cercando di non piagnucolare come un bambino. Poi, da dietro la tenda della doccia, qualcuno sussurra, "Prongs?" "Pads?" "Tuo padre è là fuori?" 27 "Non farò mai del sesso," dice James. "La vita non ha più senso. Nemmeno i seni. Mi farò suora. Vuoi aiutarmi a cercare un convento?" "Io mi farò castrare," replica Sirius con voce spenta, "e canterò all'opera. Perché, Prongs? Perché, perché, perché?" "È colpa tua," sibila James, "tua e della tua cagnolina francese." "Sono pieno di tormento," dice Sirius. "La fine è vicina." "Incolpo te," insiste James, senza alcun vigore nella sua accusa. "Te e i tuoi bisogni sfrenati." La testa di Sirius colpisce il muro piastrellato. "I miei depliant sono illustrati." "La mia mamma è una pazza." "Tuo padre ha cercato di parlarmi dei fatti della vita." "La mia mamma ha usato le parole rapporto sessuale." "Ha detto la parola certamente almeno dieci volte in una frase." "Ha parlato di lei e mio papà che -- lo sai." "Oh Dio." Sirius fa capolino da dietro la tenda. "Hai vinto tu." *** Remus si rende conto a metà della cena che nessuno ha parlato da quando si sono seduti a mangiare. Alza uno sguardo furtivo e rapido dalle sue patate, e realizza che i suoi genitori lo stanno fissando, come se fossero nel bel mezzo del Sahara: sua madre e suo padre due avvoltoi che si muovono in cerchio, e lui stesso una gazzella allo stremo delle forze. Cerca di non strozzarsi con il cibo, mandandolo giù nella sua stretta gola. "Uhm," dice. "Buoni i piselli?" "Dobbiamo parlare," dice la signora Lupin. "Cosa ho fatto?" chiede Remus. "Non ho fatto nulla." "No, no, no, certo che no," dice suo padre gentilmente. "Non hai fatto assolutamente nulla." "Uno di voi sta morendo?" chiede Remus, combattendo il bisogno di cedere al panico. Sua madre ride e scambia una veloce occhiata con suo padre. Remus si tira indietro. "Certo che no, tesoro. Abbiamo solo -- beh, abbiamo notato che hai preso in prestito il mio libro." "Il tuo... libro," ripete Remus. Oh Dio, loro sanno? Non possono sapere. Forse i sogni letterari sono una cosa tipica della famiglia Lupin, e quando cominciano devi essere iniziato al Segreto della Famiglia Lupin. "Io -- volevo controllare qualche, ehm, sogno." "Lo sappiamo," dice suo padre. Si piega sul tavolo, mettendo una mano confortante sulla spalla di Remus. "Volevamo solo farti sapere che questi sogni li hanno tutti." Remus lo guarda a bocca aperta, consapevole di avere la bocca piena, in un modo poco attraente, di piselli mezzi masticati. "Co-- ah sì?" "Certo che sì, amore." Sua madre gli sorride, affettuosa e comprensiva. Il panico sale nella gola di Remus. "Vedi, quando arrivi a una certa età, il tuo corpo inizia ad avere... certi impulsi." 28 "No," dice Remus velocemente. "Nessun impulso. Non ci sono impulsi." "Certo che ci sono," persevera sua madre, "e sono perfettamente normali. Sono gli ormoni, sai. Una funzione del corpo. Niente di cui preoccuparsi." "Nessun impulso," insiste Remus. "Nessun impulso." "Non c'è bisogno di negarlo," dice sua madre con un tono rasserenante. "Capiamo che tu ti debba sentire -- confuso, e solo, e possibilmente intimidito. È, dopotutto, un nuovo fenomeno. Ti starai facendo delle domande, come 'Cosa mi sta accadendo?' e 'Sono l'unico?' Ma non sei solo, caro." "Ci sono passato anch'io," dice suo padre, tagliando una fetta di arrosto. "Nessun impulso," dice Remus di nuovo. Ha dimenticato che esistono altre parole. "Ora, Remus," dice la signora Lupin pazientemente, "abbiamo pensato che, dato che ti piace così tanto leggere, alcuni libri sull'argomento potrebbero essere molto utili." "Sto ancora parlando in inglese?" farfuglia Remus. "Mi sembra inglese. Perché non state ascoltando? Nessun impulso. Nessun impulso!" "Beh," tenta la signora Lupin, "il negoziante ha consigliato questa versione illustrata per giovani uomini. Vuoi darci un'occhiata?" "Non se è sugli impulsi," dice Remus, sentendosi isterico. "Ho capito," dice suo padre, strizzando evidentemente gli occhi. "Nessun impulso. Giusto? Lasceremo questi nel salotto. Solo in caso." Remus fissa i piselli nel piatto. D'ora in poi, immagina, non sarà più capace di mangiare piselli. Li assocerà per sempre con questa nausea depressa e disperata, l'espressione disponibile di sua madre, l'ammicco demente e lascivo di comprensione cospirativa di suo padre. "Ack," dice Remus. "Ricorda: siamo sempre qui se hai bisogno di noi," dice sua madre in modo confortante. "Ack," dice Remus di nuovo, e nasconde la testa tra le mani. *** Peter sa che è nei guai quando sente sua madre che strilla dal salotto. Non sa perché è nei guai. Potrebbe essere qualsiasi cosa, a parte che non ha fatto niente, ma quello non gli dà una vera via d'uscita. "Peter Wimsley Pettigrew, porta le tue chiappe in questa stanza immediatamente!" Peter corre al piano di sotto, non avendo veramente una scelta in merito. Sua madre lo guarda torvamente, tenendo qualcosa in mano che sembra... un calzino. Un calzino di gomma, molto piccolo. "Dove pensi che abbia trovato questo?" dice, mettendo le mani sui fianchi. Peter non ne ha idea. Poteva essere dappertutto, in verità. Lascia calzini ovunque. Non potrebbe nemmeno essere un suo calzino. Probabilmente è uno dei calzini di sua sorella. "Ehm," dice. "Non lo so." Sua madre sembra che stia per esplodere. Peter immagina che esploda, e poi immagina che se lo facesse, probabilmente avrebbe l'odore di disinfettante. "Nel bucato," tuona sua madre. Il pavimento sotto i piedi di Peter trema. È quasi come un terremoto, solo che sua madre potrebbe fargli mangiare di 29 nuovo il sapone, ed è di gran lunga peggiore del mondo che si spacca inghiottendolo tutto. "E da dove pensi sia venuto?" "Non capisco," dice Peter intontito. "I calzini dovrebbero andare nel bucato. No?" Il labbro inferiore di sua madre freme. I suoi occhi lampeggiano come macchioline di fuoco rosso, demoniaco e accusatorio. Peter indietreggia. "Rapporto sessuale!" grida sua madre. "È una pratica oscena, piena di malattie! Nel bagno, giovane uomo! Due ore!" Peter gira i tacchi e scappa. "Hai la minima idea?" lo segue la voce di sua madre. "Verruche -- herpes -- innumerevoli infezioni -malsano -- disgustoso -- osceno -- non sei mio figlio--!" Peter sbatte la porta del bagno dietro di lui e la chiude a chiave. Non sembrava nemmeno uno dei suoi calzini. Era troppo piccolo per essere uno dei suoi calzini. Deve essere stato un calzino di sua sorella, che si è mescolato nel bucato sbagliato. Non è del tutto sicuro da dove arrivi tutto questo discorso sul rapporto sessuale, e di come le verruche finiscano nel cesto della biancheria, ma non ascolta spesso sua madre e segretamente solleva la polvere dei conigli di pezza, finché lei non li porta via. Non è che deve starla a sentire. Oh beh, pensa Peter, e fa scorrere l'acqua calda nella vasca. 30