La Storia di Pomigliano d’Arco dalle origini
ai giorni nostri costituisce il primo volume
della “Collana di studi pomiglianesi” e rappresenta un complesso progetto editoriale
con cui si intendono approfondire gli aspetti determinanti della vita della nostra città.
L’intento della Collana è contribuire validamente alla formazione della cittadinanza
e renderla consapevole della propria identità,
oltre che arricchire il patrimonio bibliotecario locale antico e moderno, archivistico e
documentale.
La Storia di Pomigliano d’Arco abbraccia
l’arco temporale completo della storia di
Pomigliano, dalle prime testimonianze
risalenti al periodo greco-romano e la sua
fondazione fino a ricostruire gli avvenimenti
degli ultimi decenni e ad anticipare, per la
prima volta, le idee e i progetti futuri per lo
sviluppo urbano e socio-culturale della città.
La pubblicazione è organizzata come una
raccolta bibliografica, sintesi di un vastissimo
spoglio di testi e documenti della storia
pomiglianese, in cui la ricostruzione
documentaria dà risalto oltre che a luoghi e
personaggi già noti alla maggior parte dei
pomiglianesi anche a figure “minori”,
ancora ignote ai più, ma non certamente di
minor valore. In essa trovano posto personalità dall’animo sensibile, intelletti brillanti,
ricchi di talento e spirito di intraprendenza;
dietro il cui operato si scoprono vicende
che testimoniano la rettitudine morale, il
rispetto del proprio avversario, gli ideali di
civiltà e democrazia. Chi legge può ritrovare
collegamenti tra avvenimenti, luoghi, eroi e
semplici cittadini morti per la patria, che
hanno lottato per l’indipendenza, l’unità, la
libertà, che hanno lavorato per la crescita
economica, per la diffusione della cultura o
che si sono adoperati per salvaguardare le
tradizioni dei nostri antenati.
A Pomigliano
Ai Pomiglianesi
COMUNE DI POMIGLIANO D’ARCO
Collana di Studi Pomiglianesi
diretta da
Giovanni Basile
I
STORIA DI POMIGLIANO D’ARCO
DALLE ORIGINI AI GIORNI NOSTRI
C ATA L OGO BI BLI OGR A FI C O
a cura di
G IOvANNI B ASILE – A NNUNzIATA E SPOSITO
ANNO 2009
© Copyright 2009 – Comune di Pomigliano d’Arco
Copertina realizzata da:
Duva e Duva
IMPAGINAzIONE E GRAFICA
A CURA DI GIOvANNI BASILE
ISBN 978-88-902218-2-8
BIBLIOTECA COMUNALE
Corso Vittorio Emanuele (Palazzo dell’Orologio)
80038 Pomigliano d’Arco (NA)
Tel. 081.8849981 – Fax 081.8849981
Sito web: www.biblioteca.pomigliano.na.it
E-mail: [email protected]
v
INDICE
Presentazione ……...…………………………………………………………………………….…....
Prefazione ………………………………………………………………………………………….....
Introduzione …………………………………………………………………………………….….....
Guida alla consultazione ………………………………………………………………………….......
Ringraziamenti ………………………………………………….………………………………….....
p. xi
p. xiii
p. xv
p. xvii
p. xix
INQUADRAMENTO STORICO-GEOMORFOLOGICO
Inquadramento storico-geomorfologico ……………………………………………………………...
Liburia e sua evoluzione ……………………………………………………………………………...
p. 21
p. 22
ETIMOLOGIA, ORIGINI, EMBLEMA E STEMMA DI POMIGLIANO
Le ipotesi documentate …………………………………………………………………………….....
Origini di Pomigliano tra storia e leggenda : le tesi di Imbriani e Cantone ………………………....
La Gens Pomelia …………………………………………………………………………….
Emblema e stemma della città di Pomigliano d’Arco ……………………………………………….
p. 27
p. 30
p. 32
p. 33
PERIODO PRE-GRECO E GRECO (2000 – 300 a.C.)
Pomigliano e le origini del territorio ………………………………………………………………....
p. 35
PERIODO ROMANO (300 a.C. – 476 d.C.)
Campo Romano ……………………………………………………………………………………....
I primi insediamenti a Pomigliano …………………………………………………………………....
p. 37
p. 39
PERIODO BIzANTINO (476 – 1000 d.C.)
Invasioni barbariche. Epoca ducale e longobarda …………………………………………….……...
I più antichi documenti relativi a Pomigliano ……………………………………………….
p. 43
p. 47
PERIODO NORMANNO E INIzIO DELL’ETÀ FEUDALE (1000 – 1197 d.C.)
Pomigliano durante la conquista normanna ……………………………………………………….....
p. 49
PERIODO SvEvO (1197 – 1265 d.C.)
Dai Normanni agli Svevi ……………………………………………………………………………..
Inizio del periodo feudale ………………………………………………………………………….....
Il giuramento del Vassallo : Formula antica e Formula più recente ………………………...
Condizione di vita a Pomigliano durante l’epoca feudale …………………………………………...
I feudatari di Pomigliano d’Arco ……………………………………………………………………..
Riccardo Filangieri …………………………………………………………………………..
Giordano Filangieri …………………………………………………………………………..
p. 51
p. 52
p. 53
p. 53
p. 55
p. 56
p. 56
vi
Indice
PERIODO ANGIOINO (1265 – 1442 d.C.)
Pomigliano sotto il dominio angioino ……………………………………………………………….
Guglielmo I Stendardo ……………………………………………………………………...
Guglielmo II Stendardo ……………………………………………………………………..
Tommaso e Filippo Stendardo ……………………………………………………………...
I Tocco e gli Origlia ………………………………………………………………………...
La nascita del Casale ………………………………………………………………………………..
Pomigliano 33º Casale di Napoli …………………………………………………………...
Com’era governato il casale di Pomigliano : gli Eletti e il Camerlengo …………………..
p. 57
p. 60
p. 61
p. 61
p. 62
p. 63
p. 65
p. 66
PERIODO ARAGONESE (1442 – 1501 d.C.)
Alfonso I d’Aragona e il dominio aragonese ……………………………………………………….
Pomigliano sotto il dominio aragonese
Assalto di Carlo VIII a Pomigliano il 12 ottobre 1499 ……………………………………………..
I Carafa di Maddaloni ………………………………………………………………………
Contrada Arcora esentata dalle gabelle (1474-1516) ……………………………………………….
p. 67
p. 68
p. 70
p. 71
PERIODO DEL vICEREGNO SPAGNOLO (1503 – 1707)
Pomigliano nei due secoli del Viceregno spagnolo …………………………………………………
I Duchi di Eboli e Vespasiano del Balzo …………………………………………………...
Il Duca d’Alcalà vende il casale di Pomigliano …………………………………………………….
Gli Strambone ………………………………………………………………………………
p. 73
p. 77
p. 78
p. 78
PERIODO BORBONICO (1734 – 1860)
Pomigliano nel periodo borbonico fino al 1806 …………………………………………………….
I Cattaneo …………………………………………………………………………………...
Ius panizzandi e altri diritti dell’università di Pomigliano ………………………………....
Decurionato a Pomigliano …………………………………………………………………………..
Rivoluzione Francese
Anni precedenti la proclamazione della Repubblica Partenopea …………………………………...
I pomiglianesi affrontano le truppe francesi il 20 gennaio 1799
Saccheggio ed eccidi in Pomigliano ad opera dei Francesi …………………………………………
Motivazioni e conseguenze della rivolta pomiglianese del 1799 ………………………......
Brigantaggio e i caduti della Repubblica Partenopea a Pomigliano …………………….....
Napoleone, Restaurazione e primi moti risorgimentali ……………………………………………..
L’abolizione del feudalesimo ………………………………………………………………………..
Pomigliano negli anni delle Riforme napoleoniche
Attività del Decurionato : sistema elettorale, sede comunale, carceri, scuole e strade ……………..
I Decurioni di Pomigliano nel 1806 ………………………………………………………………...
Cutinelli Gioacchino (Sindaco 1812-14, 1819-1821, 1833-38) …………………………....
Eco delle rivolte del 1820
Diffusione del moto carbonaro del 1848 a Pomigliano ……………………………………………..
Paolo Emilio Imbriani (Deputato - Senatore, n. 1808 - m. 1877) ……………………….....
Il 1848 e i pomiglianesi arrestati : …………………………………………………………………..
Carlo Poerio (Ministro - Avvocato, n. 1803 - m. 1867) …………………………………....
Carmine Guadagno (o Guadagni, n. 1805 - m. 1850) ……………………………………...
Santolo Romano …………………………………………………………………………….
Luigi Barretta fu Santolo ……………………………………………………………………
Felice Cantone fu Domenico (Farmacista) …………………………………………………
Rocco Persico (Dottore) …………………………………………………………………….
Domenico Cantone fu Salvatore (n. 1817 - m. 1901) ………………………………………
Vita a Pomigliano dal 1848 all’Unità d’Italia ……………………………………………………….
p. 81
p. 83
p. 85
p. 85
p. 86
p. 87
p. 90
p. 91
p. 92
p. 94
p. 94
p. 99
p. 99
p. 100
p. 104
p. 106
p. 106
p. 108
p. 109
p. 109
p. 109
p. 110
p. 110
p. 110
Indice
vii
PERIODO POSTUNITARIO (1861 – 1915)
Pomigliano dopo l’Unità d’Italia …………………………………………………………………….
Vita politica a Pomigliano dopo l’Unità d’Italia …………………………………………………….
Le elezioni del 1879. Lo scontro tra Vittorio Imbriani e l’abate Felice Toscano …………………...
Abate Felice Toscano (Professore - Sindaco, n. 1819 - m. 1886) …………………………..
Vittorio Imbriani (Professore - Sindaco, n. 1840 - m. 1886) ……………………………….
Opere realizzate a Pomigliano dopo l’Unità d’Italia: la ferrovia, nuove strade, scuole …………….
La crisi agraria ed economica degli anni ’80 ………………………………………………………..
Dalle Società Operaie al Partito Socialista Italiano ………………………………………………….
L’emigrazione di fine Ottocento a Pomigliano d’Arco ……………………………………………...
L’agente di emigrazione a Pomigliano ……………………………………………………...
Il comune sotto inchiesta nel 1902 …………………………………………………………………..
Ercole Cantone (Sindaco - Avvocato, n. 1877 – m. 1949) ………………………………….
p. 115
p. 118
p. 119
p. 121
p. 124
p. 128
p. 133
p. 134
p. 136
p. 137
p. 137
p. 138
PRIMA GUERRA MONDIALE (1915 – 1918)
Prima guerra mondiale a Pomigliano d’Arco ………………………………………………………..
Caduti pomiglianesi della Prima guerra mondiale (1915-1918) ……………………………………..
Monumento ai caduti pomiglianesi …………………………………………………………
p. 141
p. 143
p. 143
IL FASCISMO (1922 – 1943)
Fascismo a Pomigliano d’Arco ……………………………………………………………………...
Una curiosità del fascismo a Pomigliano …………………………………………………………....
Ruolo delle donne durante il fascismo ……………………………………………………………....
Il Podestà …………………………………………………………………………………………….
I Podestà di Pomigliano dal 1926 al 1944: ………………………………………………………….
Eugenio Lombardi (Generale, Podestà “Commissario Straordinario” 1926-28) ……….......
Elia Savelli (Chirurgo, Podestà 1930-38) …………………………………………………...
Pietro De Cicco (Avvocato, Podestà 1938-39) ……………………………………………...
Bernardo Giannuzzi Savelli (Avvocato, Podestà 1939-44) ………………………………....
Stabilimento Alfa Romeo (1939)
Lo sviluppo economico dei primi anni quaranta …………………………………………………….
Il quartiere residenziale delle Palazzine ……………………………………………………………..
p. 145
p. 147
p. 148
p. 148
p. 149
p. 149
p. 149
p. 150
p. 151
p. 152
p. 157
SECONDA GUERRA MONDIALE (1940 – 1945)
Seconda guerra mondiale a Pomigliano d’Arco ……………………………………………………..
Rifugi antiaerei e bombardamenti …………………………………………………………………....
Bombardamenti anglo-americani sull’aereoporto di Pomigliano d’Arco …………………………...
Il bombardamento del 30 maggio 1943 ……………………………………………………..
Il bombardamento del 21 giugno 1943 ……………………………………………………..
I bombardamenti del luglio 1943 …………………………………………………………...
I bombardamenti da settembre a ottobre 1943 ……………………………………………...
I bombardamenti tedeschi da novembre 1943 a maggio 1944 ……………………………………...
Monumento ai caduti dello stabilimento Alfa Romeo …………………………………………….....
Resistenza a Pomigliano dal 1943 al 1945 …………………………………………………………..
Ferdinando Spanò (Presidente Corte d’Assise, n. 1870 - m. 1953) ………………………...
Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) a Pomigliano …………………………………………...
Elenco dei danni e delle brutalità commesse dai tedeschi a Pomigliano ……………………………
Elenco dei caduti pomiglianesi durante la Seconda guerra mondiale ……………………………….
Caduti eroici pomiglianesi durante i conflitti bellici ………………………………………………...
Francesco Caiazzo (Tenente Pilota, n. 1916 - m. 1938) ……………………………...……..
Felice Terracciano (Capitano d’aviazione, n. 1909 - m. 1943) ………………………...…...
Vittorio Tufano (Pilota d’aereo, n. 1918 - m. 1942) …………………………………..…....
p. 161
p. 163
p. 164
p. 164
p. 166
p. 166
p. 167
p. 167
p. 169
p. 169
p. 171
p. 171
p. 172
p. 173
p. 174
p. 174
p. 174
p. 175
viii
Indice
Pomiglianesi impegnati nella Resistenza …………………………………………………………......
Giovanni Carfora (n. 1922 - m. 1944) …………..............................………………………...
Alberto Di Nuccio (n. 1920 - m. 2007) …………....................……………................……...
Giuseppe Di Nuccio (n. 1924 - m. 1943) …………....................……………..............……..
Raffaele Piccolo (Maggiore e Commendatore, n. 1916 - m. 2008) …………...............…….
Vincenzo Pirozzi (n. 1918 - m. 1944) ……..............................................……...............…….
Pomiglianesi morti nei lager tedeschi …………………………………………………………..…….
p. 176
p. 176
p. 176
p. 177
p. 178
p. 179
p. 180
IL DOPOGUERRA (1945 – 1960)
Lotta politica ed elezioni amministrative del 1946 ………………………………………………..….
Monsignor Felice Basile (Professore, n. 1878 - m. 1966) …………....................…………...
Mauro Leone (Avvocato, n. 1879 - m. 1955) ………….......................................…………...
Il referendum del 1946. Dalla Monarchia alla Repubblica ………………………………………...…
Pomigliano negli anni quaranta. La ricostruzione post-bellica …………………………………….....
Lo stabilimento dell’Aerfer ………………………………………………………………………..….
Pomigliano negli anni cinquanta. Le prime lotte operaie e le rivolte contadine ……………………..
Sviluppo urbano e nuovi protagonisti politici tra gli anni cinquanta e sessanta ……………………..
p. 181
p. 184
p. 185
p. 186
p. 187
p. 189
p. 190
p. 192
IL BOOM ECONOMICO E LE CONTESTAzIONI (1960 – 1980)
Pomigliano negli anni sessanta. La svolta industriale e la vittoria sindacale del 1964 ……………....
L’industria automobilistica dell’Alfa Sud ………………………………………………………….....
Pomigliano negli anni settanta. La grande industria e gli effetti sul territorio …………………….....
La politica e la svolta del Partito Comunista Italiano a Pomigliano ………………………………....
Pomigliano d’Arco da Comune diventa “Città”
Giovanni Leone (Presidente della Repubblica, n. 1908 - m. 2001) …………………..........................
Le lotte operaie e studentesche dal contesto nazionale alle fabbriche di Pomigliano ………………..
I gruppi e movimenti politici di contestazione a Pomigliano ………………………………………...
Gruppi operai folk pomiglianesi ……………………………………………………………………....
Gruppo Operaio ’E Zezi ……………………………………………………………………...
Collettivo Operaio Nacchere Rosse ……………………………………………………….....
Gruppo Folk d’Asilia ………………………………………………………………………...
p. 195
p. 197
p. 198
p. 200
p. 204
p. 205
p. 210
p. 212
p. 213
p. 218
p. 220
DAL TERREMOTO ALLA FINE DEL MILLENNIO (1980 – 2000)
Pomigliano negli anni ottanta. Elezioni del 1980 e primato socialista …………………………….....
Il terremoto del 1980 e la ricostruzione ……………………………………………………………....
Quartiere ex Legge 219 o Parco Nuova Partenope …………………………………………………...
Abusivismo edilizio negli anni ottanta ……………………………………………………………......
La crisi dell’industria. Il passaggio dell’Alfa Sud alla Fiat e la nascita di Fiat Avio ………………...
Pomigliano negli anni novanta.
Le elezioni del 1990, il commissariamento e la fine del PSI ………………………………………...
Elezioni 1995. Pomigliano “cantiere aperto” ………………………………………………………....
p. 221
p. 224
p. 225
p. 227
p. 228
p. 230
p. 231
POMIGLIANO NEL TERzO MILLENNIO
Le politiche per la cultura. Progettare la memoria …………………………………………………....
La struttura polifunzionale di Palazzo dell’Orologio. La Biblioteca comunale ……………………...
Le elezioni amministrative del 2000 ……………………………………………………………….....
Recupero, riqualificazione e valorizzazione ambientale del territorio …………………………….....
Aggiornamento ed adeguamento del Piano Regolatore Generale 2005 ……………………………...
Opere pubbliche completate e altre messe in cantiere …………………………………….....
Piano del colore per l’edilizia storica di Pomigliano d’Arco ………………………………..
p. 233
p. 238
p. 242
p. 243
p. 247
p. 249
p. 250
Indice
Piano Urbanistico Attuativo per il centro storico (PUA) …………………………………...
Trasformazione e riqualificazione della Masseria Pacciano ………………………………..
Elezioni comunali del 2005 ed elezioni politiche nazionali del 2006 ……………………………….
Piano Sociale di Zona dell’Ambito Territoriale n. 12 ……………………………………………….
Elezioni politiche nazionali del 13 e 14 aprile 2008 a Pomigliano ………………………………….
ix
p. 251
p. 253
p. 254
p. 255
p. 256
POMIGLIANO NEL FUTURO : TRA PROGETTI E NUOvE IDEE
Codex. Il nodo civico delle Biblioteche digitali della Campania …………………………………...
Ex Biblioteca “Nicola Esposito” : una nuova Biblioteca per Pomigliano …………………………..
La cittadella scolastica …………………………………………………………………………….…
Il “Parco di città” : opera di riqualificazione urbana e industriale delle aree dismesse …………….
p. 257
p. 259
p. 261
p. 263
Bibliografia …………………………..………………………..….……………..…………………...
p. 269
x
xi
PRESENTAzIONE
Il lodevole lavoro svolto in questi anni dal responsabile della biblioteca cittadina sia con le
pubblicazioni dei cataloghi del Fondo “Luigi De Falco”e della raccolta dei libri antichi della ex
biblioteca “Nicola Esposito”, sia con la catalogazione online e la digitalizzazione dei testi, foto e
documenti della sezione di storia locale, ha fatto sì che una piccola biblioteca di paese diventasse
punto di riferimento culturale per l’intero territorio, in grado di fornire conoscenze, informazioni,
nonché materiale bibliografico sempre più specialistico.
La struttura bibliotecaria si è evoluta seguendo le innovazioni tecnologiche che hanno interessato il settore, con l’obiettivo primario di aggiornare le raccolte librarie attraverso un costante
lavoro di ricerca dei documenti e la trasformazione dei testi in formato elettronico come esige
l’epoca multimediale.
In questo contesto, l’attività della biblioteca ha saputo unire alla modernità degli strumenti di ricerca e raccolta del materiale l’esigenza di recuperare e restituire alla città il suo patrimonio culturale.
La presente pubblicazione, Storia di Pomigliano d’Arco dalle origini ai giorni nostri, è il primo
volume di un’opera complessa, una “Collana di studi pomiglianesi”, che si prefigge di approfondire
gli aspetti determinanti della vita della nostra comunità, partendo dalla sua storia, per poi analizzare,
nei prossimi volumi, arte e architettura sacra, cultura e tradizioni popolari, recupero del centro storico, urbanistica, ambiente, verde pubblico, strutture e servizi sociali.
La Storia di Pomigliano d’Arco dalle origini ai giorni nostri non è solo un scrigno di memoria
storica e culturale per la nostra città, ma raccoglie in sé la sfida di affrontare l’arco temporale completo della sua storia, partendo dalle prime testimonianze risalenti al periodo greco-romano, per poi
attraversare il Medioevo, i fasti dell’epoca spagnola e borbonica, i primi passi dell’amministrazione
comunale dopo l’Unità d’Italia, la nascita della città industriale, la sua trasformazione in polo culturale, fino ai progetti già in fase di attuazione che renderanno Pomigliano città sostenibile e
all’avanguardia.
Tra i pregi di quest’opera emerge il ritrovamento di una notevole quantità di documenti nuovi,
mai pubblicati precedentemente, finalmente messi a disposizione dei lettori. Al tempo stesso, il volume è stato realizzato con l’intento di fornire sia un supporto didattico e di approfondimento, di
ricerca scientifica e sociale agli studiosi, sia un’occasione di dibattito culturale al servizio di scuole,
enti ed associazioni, appassionati e semplici cittadini.
Pomigliano, negli ultimi quindici anni, ha acquisito un’identità completa, ben definita,
attraverso la valorizzazione dell’enorme patrimonio di risorse culturali e ambientali di cui dispone il
territorio, e vede in questa pubblicazione un prezioso dono offerto alla città, dedicato ai pomiglianesi
tutti, con l’augurio che possa ispirare quell’amore per la nostra terra che nasce dalla conoscenza delle
proprie radici, della propria storia.
Michele Caiazzo
Consigliere della Regione Campania
x
xiii
PREFAzIONE
Quando il responsabile della Biblioteca comunale, dottor Giovanni Basile, mi ha presentato il
progetto di una pubblicazione sulla storia della nostra città, non potevo che entusiasmarmi,
poiché l’operazione era in perfetta sintonia con quanto le ultime Amministrazioni hanno promosso, ossia la realizzazione di obiettivi primari quali la formazione e il coinvolgimento dei
pomiglianesi in tutte le iniziative culturali, che favoriscono una partecipazione consapevole alle
scelte democratiche della comunità.
Questo primo volume della Collana di Studi pomiglianesi, Storia di Pomigliano d’Arco dalle
origini ai giorni nostri, mi è sembrato un ottimo punto di partenza per il complesso programma culturale portato avanti dalla Biblioteca comunale con il patrocinio di quest’Amministrazione. Il testo
rappresenta un approfondito viaggio ideale che, prendendo il via dalla fondazione del piccolo borgo
di Pomigliano, si conclude con una proiezione al futuro prossimo, quando vedremo realizzati i principali progetti che il Comune ha in cantiere, dalla nuova “Biblioteca comunale”, a “Codex, il nodo
civico delle Biblioteche digitali della Campania”, alla “Cittadella scolastica”, fino al “Parco di città”.
Il racconto della storia di Pomigliano si muove attraverso un’affascinante simbiosi tra la parola e
l’immagine, in grado di suscitare un notevole interesse in tutti coloro che desiderano approfondire la
conoscenza della città.
Mi pare quindi opportuno dare risalto al grande potenziale della “Collana di studi pomiglianesi”,
che rappresenta un progetto editoriale in grado di contribuire validamente alla formazione della cittadinanza, rendendola consapevolmente orgogliosa della propria identità, delle proprie tradizioni e,
quello che più conta, sempre più partecipe alle iniziative cittadine. Inoltre, le successive pubblicazioni
arricchiranno il patrimonio bibliotecario locale antico e moderno, archivistico, documentale, culturale.
Questo ambizioso programma, con al centro la Biblioteca comunale quale punto di riferimento, va ad
inserirsi direttamente nelle linee europee di sviluppo della società dell’informazione.
Infine, mi auguro che anche le nuove generazioni leggano con attenzione questa Storia di
Pomigliano d’Arco, non come semplice ricostruzione del passato della nostra città, ma come
racconto della grande “avventura” delle persone che l’hanno costruita e che ne possano trarre ispirazione ad emulare i loro più importanti antenati, a sentirsi i nuovi interpreti della rifioritura della
cultura e protagonisti di quel futuro che noi oggi stiamo tentando di realizzare per loro.
Antonio Della Ratta
Sindaco di Pomigliano d’Arco
x
xv
INTRODUzIONE
Nell’anno 2002, quando ricevetti l’incarico di responsabile della Biblioteca comunale, intrapresi uno
studio ed una catalogazione sistematica dei testi e dei documenti della “Sezione Locale”. Man mano
che procedevo in questo lavoro mi rendevo conto sempre di più della ricchezza e della varietà del
nostro patrimonio culturale e mi accorgevo della mancanza di una pubblicazione omnia, che racchiudesse in sé i molteplici aspetti della città di Pomigliano d’Arco. Così iniziai ad organizzare il
materiale posseduto e quello che riuscivo a reperire negli archivi, nelle altre biblioteche e grazie ad
amici e studiosi pomiglianesi, con l’intento di realizzare una “Enciclopedia bibliografica pomiglianese”, utile strumento di riferimento della storia locale, in modo che i miei concittadini potessero
approfondire le proprie origini e mantenere vivo il ricordo delle tradizioni e del passato.
Durante il lavoro di ricerca svolto in questi anni, mi sono reso conto che la compilazione di un
volume enciclopedico su Pomigliano, capace di contenere l’enorme mole di notizie che si andava
accumulando, avrebbe richiesto troppi anni prima di vedere la luce e che, inoltre, sarebbe risultato
un testo eccessivamente voluminoso e di non agevole consultazione. Così, ho ritenuto opportuno
suddividere gli aspetti che compongono la vita della città in aree tematiche, in modo da distribuirle
in monografie riunite in una raccolta dal titolo Collana di studi pomiglianesi. E’ nata così la Storia
di Pomigliano d’Arco dalle origini ai giorni nostri, indispensabile presupposto per affrontare la lettura delle successive trattazioni.
La presente pubblicazione rappresenta una raccolta bibliografica, sintesi di un vastissimo spoglio di testi e documenti della storia pomiglianese, in cui il racconto delle vicende storiche è reso
attraverso la ricostruzione documentaria di ogni argomento riportato. Le parti di resoconto storico e
di descrizione bibliografica non sono separate, ma “dialogano” fra loro secondo un programma di
semplificazione dei percorsi di studio che, nelle mie intenzioni, vuole offrire un testo di nuova impostazione rispetto agli strumenti di ricerca tradizionali. La finalità del progetto è quella di soddisfare
una specifica esigenza di indagine tematica, la storia della città, coniugando gli scopi didattici al
necessario rigore scientifico nella presentazione dei documenti e nel loro inquadramento nel
contesto bibliotecario.
Questo volume si rivolge anche a coloro che, non avendo familiarità con le bibliografie e le
biblioteche, desiderano cimentarsi con lo studio dei documenti e la ricerca storica. La scelta di scrivere la storia di Pomigliano in forma di raccolta bibliografica è una dichiarazione di intenti:
stimolare la curiosità di chi legge ad approfondire le tematiche trattate e di conseguenza utilizzare la
biblioteca come punto di riferimento dove poter reperire e consultare i documenti citati.
Nella stesura della Storia di Pomigliano d’Arco ho messo in risalto oltre che luoghi e personaggi già noti alla maggior parte dei pomiglianesi anche figure “minori”, ancora ignote ai più, ma
non certamente di minor valore. Volevo ricordare come la città di Pomigliano abbia dato i natali a
personaggi dall’animo sensibile, a intelletti brillanti, ricchi di talento e spirito di intraprendenza;
xvi
Introduzione
dietro il loro operato si scoprono vicende che testimoniano la rettitudine morale, il rispetto del
proprio avversario, gli ideali di civiltà e democrazia. Chi legge può ritrovare collegamenti tra avvenimenti, luoghi, eroi e semplici cittadini morti per la patria, che hanno lottato per l’indipendenza,
l’unità, la libertà, che hanno lavorato per la crescita economica, per la diffusione della cultura o che
si sono sforzati di conservare le tradizioni dei nostri antenati.
Inoltre, ho ritenuto necessario ricostruire gli avvenimenti degli ultimi decenni della nostra storia e approfondire il nostro presente fino a scoprire le novità che ci attendono nel futuro prossimo.
Ho cercato di dare ampio spazio a queste sezioni poiché è la prima volta che viene pubblicata
un’opera che comprenda la storia contemporanea di Pomigliano e anticipi le idee e i progetti futuri
per lo sviluppo urbano e socio-culturale della città.
Con questo testo è mia intenzione trasmettere alle nuove generazioni, spesso attratte da una
società consumistica e dai messaggi forvianti dei mass media, l’amore per le nostre tradizioni che
racchiudono in sé il “codice genetico” della comunità. L’opera, dunque, mira a riscoprire valori,
ideali e cultura quali strumenti educativi per orientare i giovani nella nostra magmatica realtà, per guidarli verso una cittadinanza attiva, intesa come capacità di adoperarsi per migliorare la nostra società.
Un sentimento di ringraziamento va alla dottoressa Annunziata Esposito, con la quale ho già
avuto modo di condividere le fatiche per la compilazione del catalogo dei libri antichi Il bibliofilo
Furioso : vita di Nicola Esposito. La dedizione da lei sempre mostrata nella ricerca documentaria e
le sue competenze biblioteconomiche mi hanno convinto a coinvolgerla, nuovamente, nella compilazione di questo volume. La dottoressa si è presa cura della raccolta del materiale bibliografico e mi
ha coadiuvato nel lavoro di stesura dei testi e nella collazione delle numerose fonti che sono alla base
del presente volume.
In conclusione, mi auguro che gli studiosi pomiglianesi e i cittadini desiderosi di approfondire
la storia locale possano trarre ispirazione da questa pubblicazione e costituire un gruppo di lavoro
stabile che prosegua lo studio sistematico della storia e delle tradizioni di Pomigliano.
Giovanni Basile
Responsabile della Biblioteca comunale
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GUIDA ALLA CONSULTAzIONE
Nella compilazione di questo volume è stato seguito un criterio generale: semplificare al massimo la
consultazione del testo. Tutte le scelte formali adottate vanno nella direzione di renderlo simile ad un
manuale di storia, pur restando fedeli alla sua natura di raccolta bibliografica. La struttura del testo
si basa su regole e convenzioni che si sono andate consolidando e perfezionando nel tempo; innanzitutto si è tenuto conto della cronologia storica per meglio contestualizzare le vicissitudini di
Pomigliano nelle varie epoche.
L’opera è suddivisa in capitoli, ognuno dei quali corrisponde a un determinato periodo storico.
Ogni capitolo è strutturato in paragrafi, ciascuno dei quali approfondisce singole voci di nomi, luoghi, opere e avvenimenti. Ogni paragrafo è seguito dalla bibliografia relativa all’argomento trattato
ed è la sintesi dei documenti riportati, di cui sono segnalate le pagine specifiche. Non si tratta di uno
studio filologico, che necessiterebbe migliaia di note e risulterebbe comprensibile esclusivamente
agli addetti ai lavori, ma ognuna delle voci è stata composta cercando di coniugare la completezza
dell’informazione con la massima semplificazione, per rendere fruibile il testo anche a coloro che
non hanno familiarità con la catalogazione o la biblioteconomia.
Nella redazione delle bibliografie e nelle citazioni bibliografiche sono stati seguiti i criteri
dettati da uno standard di riferimento internazionale: il Chicago Manual of Style della University of
Chicago Press. L’Associazione Italiana Bibliotecari (AIB), attraverso il suo sito web
(http://www.aib.it), promuove il manuale in italiano di questo sistema di citazione bibliografica. Le
singole note bibliografiche sono state redatte per un pubblico che, per professione o semplice interesse, deve utilizzare fonti scritte; si è cercato di fornire uno strumento diretto anche agli studenti,
per avvicinarli alla ricerca e allo studio dei documenti segnalati nella pubblicazione, attraverso
citazioni il più possibile dettagliate.
Tutte le opere riportate sono presenti nella “Sezione Locale”, nel Fondo “Luigi De Falco”, nel
Fondo “Nicola Esposito” e nella sezione corrente della Biblioteca comunale; la maggior parte di esse
è disponibile anche in formato elettronico.
La ricerca iconografica delle immagini è stata realizzata attraverso un accurato lavoro di
spoglio delle fonti menzionate in bibliografia. Molte foto appartengono a collezioni private gentilmente concesse alla Biblioteca. Il lavoro di raccolta ha prodotto migliaia di foto, carte geografiche e
topografiche, ritratti, stemmi araldici, incisioni e cartoline d’epoca. In questo volume è stata pubblicata, per scelta editoriale e motivi di spazio, solo una parte del patrimonio iconografico catalogato.
Tra le immagini presenti nel testo alcune sono prive di note di riferimento in didascalia perché
scaricate da internet, altre sono riproduzioni fotografiche a cura dei compilatori.
x
xix
RINGRAzIAMENTI
La compilazione di un’opera a carattere enciclopedico quale la Storia di Pomigliano d’Arco dalle
origini ai giorni nostri ha richiesto la raccolta di un’imponente mole di informazioni e notizie, attraverso il lavoro e i suggerimenti di tante persone che, in misura diversa, hanno contribuito alla sua
realizzazione.
In modo speciale, si ringrazia il Settore Musei e Biblioteche della Regione Campania nelle
persone della dirigente dottoressa Loredana Conti e del dottor Sergio Sbragia, che sempre hanno
mostrato un’affettuosa premura verso la Biblioteca del Comune di Pomigliano d’Arco.
Un sentimento di gratitudine non può mancare all’on. Michele Caiazzo, Consigliere della
Regione Campania, per la sua sensibilità verso le iniziative culturali e per l’istituzione di nuove
biblioteche, musei e centri culturali.
Un ringraziamento, per aver patrocinato il progetto, va al sindaco Antonio Della Ratta,
all’assessore Sofia Salvati, con Deleghe alle Politiche educative, Istruzione e Infanzia, alla dirigente
del Settore Servizi Educativi, Rachela M. Di Gregorio.
Importante è stato il supporto dell’Ufficio tecnico del Comune, nelle persone di Lucia
Casalvieri, Stefano Sasso, Mimmo Iasevoli, Dino Caiazzo, Tino Esposito, Girolamo Saviato, Enzo
La Gatta, Angelo Nappi, Rosanna Napolitano, Luigi Montanino, Pasquale Marinelli e, infine,
Massimo Gallo, consulente esterno, persona cortese e disponibile.
Preziosi sono stati i consigli degli studiosi di storia pomiglianese: Ferdinando Esposito, Vera
Dugo-Iasevoli, Crescenzo Aliberti, Giovanni Sgammato, Renato Caneschi, Nicola Russo e Luciano
Molino; indispensabile è stato il contributo del bibliofilo mariglianese Guido Galdi, che ci ha
fornito nuovi documenti e testi essenziali per la pubblicazione.
Fondamentale è stata la collaborazione delle dottoresse Carla Palmese, che ha partecipato alla
ricerca dei testi, Viviana Solferino, esperta nella digitalizzazione dei testi e documenti della “Sezione
Locale” e della laureanda Cinzia Porcaro per il suo costante impegno nella catalogazione del
materiale librario.
Ringraziamo la professoressa Stefania Bellezza per i suoi preziosi consigli affinché l’opera
risultasse comprensibile anche ai più giovani; la dottoranda Noemi Corcione, esperta in Filologia
italiana, allieva del professore Raffaele Giglio, che, nel ruolo di correttrice di bozze, ha fornito
validissimi suggerimenti per la compilazione finale del testo.
Inoltre, un riconoscimento va a tutti coloro che durante il lavoro di ricerca, in modo diretto o
indiretto, ci hanno sostenuti con i loro incoraggiamenti.
xx
Beloch, Julius. Campania : Storia e Topografia della Napoli antica e dei suoi dintorni. Antica Campania.
INQUADRAMENTO STORICO-GEOMORFOLOGICO
Pomigliano d’Arco si estende in una fertile conca, chiusa a nord dai monti di Cancello (Tifatini), ad
est da quelli di Nola (catena del Partenio) e a sud dal monte Somma-Vesuvio. Pomigliano è posta
quindi in una posizione mediana tra gli agri acerrano e nolano. Dalle pendici del monte Somma si
estende sino al corso d’acqua dei Regi Lagni, al centro dell’antica provincia di Terra di Lavoro.
Confinante con i territori di Casalnuovo di Napoli, Acerra, Castello di Cisterna, Somma Vesuviana e
Sant’Anastasia, Pomigliano è parte integrante della Provincia di Napoli sin dal 1 maggio 1816.
Il territorio di origini antichissime fu abitato dagli Oschi, fu colonizzato dai Greci, dagli Etruschi dai
Sanniti. Tuttavia le prime notizie storiche le abbiamo in epoca romana grazie a Marco Tullio
Cicerone, che parla della nostra terra come appartenuta al “popolo romano”, facente parte del Campo
Romano sottratto alla contesa tra Napoli e Nola.
Il Campo Romano era una quota importante di territorio della Liburia, ovvero gli antichi Campi
leborini, poi Terra di Lavoro, che identifica l’area geografica dell’agro nolano ed è stata da sempre
oggetto di disputa tra gli studiosi, come il Galanti ed il Giustiniani, a parer dei quali era il vasto territorio compreso tra l’Appennino ed il Vesuvio, includendo nella parte orientale anche le aree delle
campagne acerrane.
Il termine Liburia si è evoluto durante l’epoca normanna in Terra Laboris, cioè Terra di Lavoro,
rimasta la nostra provincia di appartenenza fino al 1816.
Già nei documenti di origine romana del V secolo d.C. si trova traccia di Pomilianum, sorta vicino
all’Appia, ovvero l’attuale strada nazionale 7bis, che congiungeva Napoli con la Puglia.
I primi abitanti di Pomigliano si raccolsero intorno alla chiesa di San Felice. Il villaggio era situato
nel Rione Spedale, la parte più antica del paese, intorno al quale sorsero le mura ed i baluardi conservatesi fin verso la fine del sec. XVIII.
Dentro la conca campana, con Pomigliano nella pianura centrale, la Terra di Lavoro con il suo suolo
fertile ha contribuito nei secoli a rifornire i granai dei conquistatori di turno con il suo superbo
frumento, fermo restante che pestilenze, carestie, inondazioni, eruzioni vulcaniche ed invasioni barbariche hanno interrotto in più occasioni un ciclo virtuoso basato su di una buona condizione
geomorfologica della regione.
Pomigliano dunque nacque in un ambito territoriale originale ed autonomo rispetto a Nola e Napoli,
ed ha rappresentato uno snodo importante per le gesta dei vari dominatori che si sono succeduti nella
regione ed in tutta la parte meridionale della penisola.
La consistenza originale del territorio è dovuta all’azione congiunta di due fattori: l’attività
vulcanica e quella di trasporto dei detriti attraverso i torrenti.
Le eruzioni causavano il sollevamento dei terreni che si accompagnava con una azione di riempimento, a cui attendevano nella loro caduta ceneri, lapilli e scorie. Per quel che concerne l’attività dei
corsi d’acqua essi trasportavano a valle una quantità elevata di detriti. Per questo motivo la stratificazione e la consistenza del terreno si presenta diversa nel territorio in prossimità delle pendici del
Somma-Vesuvio, rispetto a quella presso i Regi Lagni o nel mariglianese, dando luogo ad una diversificazione del colore che ora si presenta giallastro o grigio e ora si fa ancora più scuro e diventa
tipicamente “vesuviano”.
Dal punto di vista idrografico, occorre dire che in epoca recente la zona non vanta alcun corso
d’acqua superficiale perenne, mentre un tempo l’area era attraversata dal canale Boscofangone e dal
22
Inquadramento storico-geomorfologico
fiume Clanio, che nascevano rispettivamente dai monti Maio e Fellino e dalle alture a nord di Avella.
A tali corsi d’acqua si aggiungevano i torrenti temporanei che scendevano dal Vesuvio, che però non
si congiungevano mai con essi. Nel tempo, i torrenti si sono dispersi nei terreni e, verosimilmente, i
fiumi Boscofangone e Clanio, sono andati a costituire due dei canali del sistema dei Regi Lagni.
La posizione geografica di Pomigliano, per la vicinanza al golfo di Napoli, permette il formarsi nel
territorio di un clima tipicamente mediterraneo, caratterizzato da un elevato tasso di umidità
presente nell’aria dovuto alla fisionomia quasi del tutto pianeggiante congiunta con l’inesistenza
sistematica di venti e la presenza di falda freatica a livelli non profondi.
Bibliografia
Afan De Rivera, Carlo. Considerazioni sui mezzi da restituire il valore ai doni che la natura largamente ha conceduto
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cose più rimarchevoli di tutte le città, terre ... e torri marittime in esse contenute con le badie del regno: le di
loro giurisdizioni ecclesiastiche, e politiche: la qualità dell’aria d’ogni paese ... . Napoli, Manfredi, 1798, pp. 1-5.
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politici ; presentazione di Michele Caiazzo, vol. 1, pt. 1. Somma Vesuviana, Graphosprint, 1998, pp. 11-25.
Aliberti, Crescenzo. “Pomigliano d’Arco”. In Repertorio-dizionario dei Comuni della Provincia di Napoli : storia,
società, cultura ; a cura di Guido Agostino, vol. 2, pp. 262-275. Salerno, Paparo Edizioni, 2007, p. 262.
Annali delle bonificazioni che si vanno operando nel Regno delle Due Sicilie per cura del Real Governo. Bimestrale,
vol. 1, 1(1858). Napoli, dalla Stamperia del Vaglio, 1858, pp. 45-56.
Beloch, Julius. Campania : Storia e Topografia della Napoli antica e dei suoi dintorni ; a cura di Claudio Ferone e Franco
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Caneschi, Renato. Documenti di storia pomiglianese : le città, le strade, i monumenti ; prefazione di Mino Sibilio.
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Cantone, Salvatore. Cenni storici di Pomigliano d’Arco : con 14 illustrazioni ; introduzione di Girolamo Sibilio ; prefazione di Luigi Di Monda. 2 Rist. Napoli, Adriano Gallina Editore, 1984, pp. 9-10.
D’Arcangelo, Ermete. L’agro nolano : aspetti umani ed economici. Napoli, Italgrafica, 1967, pp. 5-20.
Dugo Iasevoli, Vera. Guida storico-artistica di Pomigliano d’Arco : alla riscoperta del centro storico ; presentazione
di Vincenzo D’Onofrio ; prefazione di Sergio Brancaccio. Marigliano, Istituto Anselmi, 1993, p. 15.
Galanti, Giuseppe Maria. Nuova descrizione storica e geografica delle Sicilie, dell’avvocato Giuseppe M.a Galanti. ...
Tomo primo [-quinto], vol. 1. Napoli, Gabinetto letterario, 1786-1792.
Giustiniani, Lorenzo. “Pomigliano d’Arco”. In Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli di Lorenzo
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Istituto Enciclopedico Italiano. “Campania : NA-SA”. [Pomigliano d’Arco, p. 73]. In Comuni d’Italia ; direzione di
Pasquale Passarelli, Pina Apicelli, Adele Falasca. Acquaviva d’Isernia, Istituto Enciclopedico Italiano, 1999, p. 73.
Remondini, Gianstefano. Della nolana ecclesiastica storia alla santità di nostro signore sommo regnante pontefice
Benedetto 14. dedicata dal padre D. Gianstefano Remondini, 3 voll. Napoli, Giovanni Di Simone, 1747-1757,
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Sposito, Pasquale. Storia di Pomigliano : Città dalle due anime : dalle origini … ai giorni nostri. Pomigliano d’Arco,
[s.n.], 1989, pp. 1-2.
Liburia e sua evoluzione
Quest’ambito territoriale rientrava negli estesi campi Leborini, la futura Liburia, come attesta, nel I
sec. d.C., Plinio il vecchio nella sua Storia Naturale. Lo storico afferma che i Campi Leborini, da cui
trae origine il termine Liburia (da lébes, conca), si estendevano lungo il tratto pianeggiante della
Inquadramento storico-geomorfologico
23
Campania compreso tra «le colonie di Capua, Aquino, Suessa, Nola; e le città di Avellino,
Albalonga, Acerra».
Durante l’epoca ducale e longobarda, dopo le gravi invasioni barbariche, la dizione di Campo
Romano era raramente rintracciabile, difatti la consuetudine aveva imposto il termine Liburia per
indicare l’estesa regione posta tra i Campi Flegrei ed il fiume Clanio. Ciò che restò anche in epoca
ducale e longobarda fu una sostanziale anomalia dell’antico territorio che delimitava il Campo
Romano. Infatti, quella parte della Liburia continuò ad essere contesa dal ducato napoletano e dai
Longobardi.
Nel 543 Napoli fu riconquistata nuovamente dai Goti e nel 553 ritornò definitivamente ai Bizantini.
Nell’agosto del 554 nacque ufficialmente il ducato napoletano che si divideva in cinque distretti che
comprendevano rispettivamente il territorium Puteolanum, la Liburia, l’ager Neapolitanus, il
territorium Nolanum e il territorio Plagiense.
L’attività devastatrice compiuta nello scontro continuo tra i Bizantini del ducato napoletano ed i
Longobardi fu pressoché totale per ampie quote di territorio dell’antica Liburia. I nuovi pretendenti,
per porre fine ad ogni contesa, giunsero ad un solenne accordo nel 786, quando tra Arechi di
Benevento ed il duca di Napoli furono stabilite le Consuetudini della Liburia. Con tale atto, che per
la prima volta in epoca medievale ufficializzava il termine Liburia, si stabilì una sorta di promiscuità
giuridica che doveva valere per quell’area geografica. Così Pomigliano rientrò in un territorio,
Cantone, Salvatore. Cenni storici di Pomigliano d’Arco. Carta dell'antica Liburia, secondo P. Gribaudi.
24
Inquadramento storico-geomorfologico
risalente al 180 a.C., che manteneva una certa autonomia.
La lunga lotta per il predominio sulla Liburia napoletana e sul territorio nolano continuò sempre ad
occupare i pensieri di conquista dei Longobardi, infatti agli inizi della seconda metà del Settecento,
Francesco Maria Patrilli nel ricostruire la storia della Liburia intendeva dimostrare che quella regione era posta sotto due distinte sovranità: l’una del ducato napoletano e l’altra dei Longobardi
capuani e beneventani.
La temporanea occupazione del napoletano da parte dei Longobardi capuani spinse il duca Sergio a
rinforzare le difese della città affidandosi anche all’opera dei mercenari normanni. A questi concesse
nel 1030 il territorio di Aversa dove il loro capo Rainulfo Drengot si insediò con il titolo di conte. Si
affermava così la presenza duratura dei Normanni che, nel volgere di un secolo, divennero i padroni
del meridione partendo proprio dalla martoriata Liburia.
In un diploma del 1109 di Roberto I, principe di Capua e conte di Aversa, i confini della Liburia venivano identificati con a settentrione il fiume Clanio ed i monti di Cancello sopra Suessola, ad oriente
ancora il Clanio e l’agro nolano, ad occidente il mare, a mezzogiorno l’agro napoletano e cumano.
Durante l’epoca normanna fu diffusissimo il termine “terra” per indicare ambiti spaziali piccoli e
grandi. Tale consuetudine, che veniva continuamente proposta nei documenti ufficiali, con l’evoluzione del termine Liburia che divenne Laboris, alla fine di quella dominazione, verso il XII-XIII
secolo portò alla denominazione Terra Laboris. Le vicende storico-diplomatiche facevano rientrare
in questa regione i principati di Salerno, Benevento e Capua.
Al tempo in cui Federico II di Svevia conquistò il regno, questo era articolato in tre grandi ambiti
spaziali: Apulia, Calabria e Terra Laboris. Certa è, dunque, l’appartenenza di Pomigliano alla Liburia
Tabula Peutingeriana. Segmento VI Campania, VI sec. d.C. Riproduzione di Conrad Peutinger.
Inquadramento storico-geomorfologico
25
ducale-longobarda, alla Terra Laboris normanna e poi angioina.
Durante l’epoca rinascimentale, poi, affiorando anche nel napoletano qualche rigurgito classicistico,
si tentò di riproporre il nome Campania. Fu operata anche una distinzione tra Campania antica, per
indicare quella comprendente il basso Lazio, e Campania Felice, per indicare quella napoletana.
Usati promiscuamente per breve tempo i termini Campania Felice e Terra Laboris, fu quest’ultimo
ad avere molta più fortuna. Per circa sei secoli Pomigliano rientrò nelle pertinenze di Terra di Lavoro.
Con Legge 1 maggio del 1816, nell’ambito di un generale assetto istituzionale ed amministrativo,
veniva costituita la provincia di Napoli a totale discapito della provincia di Terra di Lavoro, che comprendeva tutti i comuni del nolano ad eccezione di Casalnuovo e Pomigliano e vedeva di molto
ridotto il proprio ambito. Pomigliano rappresentava l’ultima propaggine della provincia napoletana
lungo il versante dell’agro acerrano-nolano. Faceva parte del circondario di Casoria, del collegio
elettorale di Afragola ed era capoluogo di mandamento.
Bibliografia
Alfano, Giuseppe Maria. Istorica descrizione del regno di Napoli diviso in dodici provincie: in cui si fa menzione delle
cose più rimarchevoli di tutte le città, terre ... e torri marittime in esse contenute con le badie del regno: le di
loro giurisdizioni ecclesiastiche, e politiche: la qualità dell’aria d’ogni paese ... . Napoli, Manfredi, 1798, pp. 1-5.
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco dall’Unità d’Italia alla Repubblica ; prefazione di Raffaele Russo. Nola, Notor
Editore, 1991, p. 12.
Aliberti, Crescenzo. La camera del Lavoro : Percorso storico del Comprensorio pomiglianese ; CGIL Comprensorio
nolano vesuviano – Interno. Somma Vesuviana (NA), Graphosprint, 1993, pp. 16, 18, 22, 24.
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco : Sistematica enciclopedica di storia locale, Aspetti istituzionali, amministrativi e
politici ; presentazione di Michele Caiazzo, vol. 1, pt. 1. Somma Vesuviana, Graphosprint, 1998, pp. 13-19, 4058, 63-74, fig p. 59.
Aliberti, Crescenzo. “Breve storia di Pomigliano d’Arco”. In City Book : Pomigliano d’Arco : un servizio per la tua
città. [S.n.t.], p. 12.
Beloch, Julius. Campania : Storia e Topografia della Napoli antica e dei suoi dintorni ; a cura di Claudio Ferone e Franco
Pugliese Carratelli ; prefazione di Giovanni Pugliese Carratelli. Napoli, Bibliopolis, 1989, pp. 23-28, 419-421.
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino
agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, p. 10.
Caneschi, Renato. Pomigliano d’Arco : trasformazioni urbane e territoriali fino all’Unità d’Italia. Tesi di Laurea in
Conservazione dei beni culturali, Insegnamento di Storia della città e del territorio in età moderna ; relatore Maria
Raffaella Pessolano, correlatore Emilio Ricciardi. Napoli, Università “Suor Orsola Benincasa”, 2003, pp. 8-15,
figg. pp. 12, 14.
Caneschi, Renato. Documenti di storia pomiglianese : le città, le strade, i monumenti ; prefazione di Mino Sibilio.
Napoli, Università Popolare di Pomigliano d’Arco, 2006, pp. 11-12, 27-28.
Cantone, Salvatore. Nottiluche : conferenza sulla protostoria e storia campane : Pomigliano d’Arco, 30 giugno 1935 ;
a cura di Salvatore Cantone. Napoli, tipografia Joele & Aliberti, 1935, p. 9.
Cantone, Salvatore. Cenni storici di Pomigliano d’Arco : con 14 illustrazioni ; introduzione di Girolamo Sibilio ; prefazione di Luigi Di Monda. 2 Rist. Napoli, Adriano Gallina Editore, 1984, p. 16, fig. p. 18.
Cilento, Nicola. “I principati longobardi dell’interno”. In Storia della Campania ; a cura di Francesco Barbagallo, vol.
1, pp. 109-126. Napoli, Guida Editori, 1978, pp. 114-120.
Giustiniani, Lorenzo. “Pomigliano d’Arco”. In Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli di Lorenzo
Giustiniani, vol. 7, pp. 236-238. Napoli, Vincenzo Manfredi, 1797-1805.
Lepre, Aurelio. “Terra di Lavoro”. In Napoli capitale e le province. Vol. 5 di Storia del Mezzogiorno ; direttori Giuseppe
Galasso, Rosario Romeo ; coordinamento e ricerche Atanasio Mozzillo, Gabriella Di Martino, pp. 95-176.
Napoli, Edizioni del Sole, 1987, pp. 159, 167, 185.
Liceo Ginnasio Statale “Vittorio Imbriani”. Pomigliano d’Arco. Progetto “giovani 93” : Progetto generale “Star bene
con le Istituzioni”. Progetto particolare “Noi e l’ambiente” ; a cura di Filomena Rinaldis, Preside ; classi impegnate II e III Liceo Sez. E ; docenti coordinatori Gabriella D’Antonio, Francesco Romano, Antonio Cassese.
Pomigliano d’Arco, [s.n.], 1993, p. 25.
Parisi, Roberto. “Le aree industriali dismesse tra sperimentazione urbanistica e recupero delle preesistenze :
«Insediamento e localizzazione della grande industria. L’Alfa Romeo di Pomigliano d’Arco»”. In Lo spazio della
produzione : Napoli : la periferia orientale. pp. 177-183. Napoli, Edizioni Athena, 1998, p. 177.
26
Inquadramento storico-geomorfologico
Plinio Secondo, Gaio (Plinio il Vecchio). Caii Plinii Secundi Historiæ naturalis libri xxxvii, cum selectis comm. J.
Harduini ac recentiorum interpretum novisque adnotationibus, vol. 2. Parigi, Lambire, 1828, libro III, cap. 60.
Sacco, Francesco. Dizionario geografico - istorico - fisico del Regno di Napoli composto dall’abate d. Francesco Sacco ...
Tomo primo [-quarto]. Napoli, Vincenzo Flauto, 1795-1796, vol. III, p. 117.
Tufano, Maria. “Storia di una città : fatti, uomini, luoghi dal periodo romano al novecento”. In Pomigliano d’Arco :
una città che guarda al futuro ; a cura di Francesco De Rosa ; prefazione di Michele Caiazzo, pp. 19-37. Napoli,
Massa editore, 2002.
ETIMOLOGIA, ORIGINI, EMBLEMA E STEMMA DI POMIGLIANO
Le ipotesi documentate
Diverse sono le supposizioni relative alle origini del nome della città di Pomigliano. Alcuni studiosi
sostengono che esso derivi da pomi e liano, che vengono tradotti dalla lingua spagnola in pianura di
pomi. Altri affermano che il nome Pomigliano derivi dai pomi in marmo collocati sopra un cesto alla
sommità della colonna sita in Piazza Mercato; quegli stessi pomi che saranno ispirazione per lo stemma del paese. Questa supposizione potrebbe essere errata in quanto la colonna fu eretta nel 1735, in
ricordo del passaggio di Carlo III di Borbone a Pomigliano, quando i pomiglianesi offrirono al re alcune “spase” di fiori e frutta. Questa asserzione non può essere accettata in quanto toglierebbe 800 anni
di vita a Pomigliano, dal momento che i primi documenti ufficiali sono datati intorno all’anno 1000.
Basti pensare che Remondini pubblicò in Della nolana ecclesiastica storia una bolla del 1373 di
Gregorio XI, in cui, parlando della chiesa di S. Croce scrive: «Questa chiesa appartiene alla diocesi
di Nola ed è situata nella località del casale di Pumilianum».
La tesi più accreditata ritiene che il nome Pomigliano derivi dall’antica famiglia dei Pomilii o
Pompilii, della “gens Pomelia” romana, la quale, dopo la delimitazione del Campo Romano nel 180
a.C., ebbe in dono il territorio situato sulla via Appia e precisamente presso la via Sommese, dando
a questo luogo il nome di Pompigliano, cognome di famiglia da Pompilianus. Col passare del tempo,
questo nome è stato contratto togliendo la seconda p da Pompigliano che è diventato Pomigliano.
Difatti se si domandava ai vecchi pomiglianesi di che paese fossero, essi rispondevano “di
Pompigliano”. Questa ipotesi è sostenuta da Vittorio Imbriani nella prefazione ai XII Conti
pomiglianesi, alla nota II.
A Pomigliano fu aggiunta poi la denominazione “d’Arco” probabilmente per la sua vicinanza
all’acquedotto ad archi che l’imperatore Claudio fece edificare nell’agro nolano, intorno all’anno 20
a.C. Questa grande opera fu costruita al fine di portare l’acqua alle truppe, alle popolazioni e per
l’irrigazione dei campi. Scrive Vittorio Imbriani: «L’aggiunto d’Arco, che si ritrova anche nel nome
della Madonna dell’Arco; […] di Santa Maria dell’Arcora, chiesa in Afragola; di via Arcopinto
(ibidem) ecc., viene da’ ruderi dello antico acquedotto di Serino».
Studi recenti in seguito a scavi eseguiti nel sottosuolo del Tempietto della Madonna dell’Arco testimoniano che la stessa immagine sacra sia stata dipinta proprio sotto un arco dell’acquedotto Claudio.
Il topografo Antonio Lettieri che, nel 1550, misurò il territorio dell’agro-nolano ed elaborò le relative tavole, facendo relazione su quanto restava dell’acquedotto al viceré don Pedro de Toledo, così ne
descrisse il percorso: «[…] Di qui su grandi archi, per Pomigliano d’Arco (donde il nome), proseguiva verso Casalnuovo; grossi frammenti degli archi si trovano dapertutto reimpiegati per costruire
le case di Pomigliano e di Afragola. La stessa masseria benedettina “La Preziosa” risulta suddivisa
in territori con toponimi, sempre preceduti dalla indicazione “ad Arcora”: Preziosa ad Arcora in loco
Turre, in Campo Romano, in loco Romani, in loco la Preziosa, in loco Sancta Maria, in loco Tavola,
in loco Guadagni, in loco Pacciano, in loco Pacano, in loco Pumiliano».
Italo Sgobbo così espone la mappa fatta dal Lettieri riguardo la Masseria estesa dal Monte Somma a
Pacciano e Pomigliano d’Arco: «Famoso è nel sesto tratto il pontecanale di Pomigliano d’Arco,
lungo metri 3598 e di altezza varia da 2 a 5 metri, il quale si sviluppa in direzione da scirocco a maestro per una fila interminabile di archi e pilastri di cui restano considerevoli avanzi, costeggia per un
tratto la strada che dalla Madonna dell’Arco conduce a Casal Nuovo, traversa poi la strada delle
28
Etimologia, origini, emblema e stemma di Pomigliano
Ippolito, Giovanni. Madonna detta dell’Arco.
Archi dell’acquedotto Claudio con l’edicola della Madonna dell’Arco.
Puglie, s’incrocia più innanzi con l’acquedotto Carmignano e proseguendo lascia a destra il comune
di Pomigliano d’Arco e a sinistra il villaggio di Taverna Nova del comune di Casal Nuovo».
In effetti, in un documento del 495 d.C, per la prima volta si legge di una località indicata come
Pomelianum foris arcora, e in altri successivi Pomigliano è costantemente detta “Pumilianum foris
arcora dudum aqueductus” cioè “Pomigliano, fuori gli archi, presso l’acquedotto”. Durante il Ducato
napoletano (638-1137), epoca cui i documenti si riferiscono, i luoghi del versante settentrionale e di
quello occidentale del Somma si ubicavano su misura degli archi laterizi dell’acquedotto, e si dicevano appunto, intus o foris arcora, secondo i casi, come a dire “messo di qua” o “di là” dagli archi.
Sicché l’aggiunta d’Arco, nella sua forma primitiva di foris arcora, fu comune a tutti i paesi del circondario, come testimoniano i Monumenta di Capasso, ed il fatto che, fino al principio dell’800,
Mariglianella si è chiamata Mariglianella d’Arco. Comunque, da foris arcora, per la sua vicinanza
agli archi dell’acquedotto, si passò semplicemente ad arcora, e poi, attraverso ad Arcum, come scrive
il De Laurentiis in Universae Campaniae, al termine Arcorum, contenuto nel breviario nolano; poi,
Etimologia, origini, emblema e stemma di Pomigliano
29
si disse de Arco come nel Lettieri, e, quindi, ad Arco, come nel Lupoli, fino al moderno d’Arco.
Nella seconda metà del 1700 era ancora visibile, nei pressi di Pacciano, un arco superstite
dell’antico acquedotto.
Bibliografia
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Raffaella Pessolano, correlatore Emilio Ricciardi. Napoli, Università “Suor Orsola Benincasa”, 2003, pp. 15-16.
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30
Etimologia, origini, emblema e stemma di Pomigliano
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[Prima del tit.: Premio poesia golfo di Napoli. Contiene la poesia: Il golfo di Napoli], pp. 297-304. Napoli,
Rispoli, 1938, pp. 300-301.
Rationes decimarum italiae nei secoli XIII e XIV : Campania ; a cura di Mauro Inguanez, Leone Mattei-Cerasoli, Pietro
Sella. Contiene : 1 carta topogr. delle diocesi ripieg. in tasca. Ristampa anastatica dell’edizione : Città del
Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1942. [S.l., s.n.], 1973.
Remondini, Gianstefano. Della nolana ecclesiastica storia alla santità di nostro signore sommo regnante pontefice
Benedetto 14. dedicata dal padre D. Gianstefano Remondini, 3 voll. Napoli, Giovanni Di Simone, 1747-1757,
vol. 1, p. 656.
Sgobbo, Italo. L’acquedotto romano della Campania. Estratto dalle notizie degli scavi anno 1938, fasc.1, 2, 3, p. 94.
Tufano, Maria. “Storia di una città : fatti, uomini, luoghi dal periodo romano al novecento”. In Pomigliano d’Arco :
una città che guarda al futuro ; a cura di Francesco De Rosa ; prefazione di Michele Caiazzo, pp. 19-37. Napoli,
Massa editore, 2002, pp. 19-20.
Origini di Pomigliano tra storia e leggenda : le tesi di Imbriani e Cantone
Salvatore Cantone, in Una anonima relazione storica su Pomigliano d’Arco, sostiene che erra chi
pensa che Pomigliano fu il Pompejanum di Cicerone. Questa villa, infatti, si trova nel territorio di
Pompei, come l’Arpinatum ad Arpino, il Tusculanum a Tuscoli, il Cumanum a Cuma, il
Neapolitanum a Napoli. I romani ricavavano il nome delle loro ville da quello della città nella quale
sorgevano. Inoltre, come lo stesso Cicerone ci informa, Pompejanum era posto sul mare al contrario
di Pomigliano e Nola che sono città interne e Pompei non poté, certo, allargarsi fin qui, oltrepassando
Nola, quando Pomigliano, intanto, era in diretta dipendenza da Roma.
Il Remondini sostiene che il Pompejanum di Cicerone non sorse qui, ma crede che qui vi sia stato un
altro Pompejanum, chiamato così dal suo proprietario Pompeo.
Cantone, poi, rovistando fra le carte del defunto parroco Vito Cantone, ebbe la fortuna di imbattersi
in un vecchio manoscritto di un Anonimo pomiglianese del Settecento, senza titolo e senza numerazione di fogli, che narrava la storia del comune di Pomigliano.
Secondo questa relazione anonima il nome di Pomigliano deriverebbe dalla voce latina Pompejanum,
nome legato al primo possessore e fondatore che si sarebbe chiamato Pompeo, e sarebbe stato colui
che conquistò i beni nella Provincia della Terra di Lavoro a nome della Repubblica Romana.
L’Anonimo pomiglianese identifica addirittura il fondatore di Pomigliano in Gneo Pompeo, suocero
ed emulo di Cesare; e si dilunga pure sulla descrizione delle testimonianze architettoniche:
«Chiunque osservasse con attenzione le mura antichissime che circondano questa Terra, può
dedurre che si tratti di un’opera fatta nello stesso periodo in cui viveva Pompeo [...]. Oltre a queste
fortificazioni vi era anche un Castello che era il luogo in cui oggi è edificato il Ducal Palaggio, ossia
la residenza del feudatario, oggi per antonomasia ‘o Palazzo».
Salvatore Cantone, ritiene questa ipotesi errata e sostiene che l’Anonimo confonda la Pomigliano
dell’epoca romana con la Pomigliano medioevale e che invece il nome di Pomigliano derivi
Etimologia, origini, emblema e stemma di Pomigliano
31
dalla voce latina Pompejanum riferita
alla Gens Pomelia, la famiglia dal cui
cognome deriverebbe Pomilianum.
Salvatore Cantone dimostra priva di reale
fondamento anche la tesi di Tommaso
Turboli secondo cui i paesi Mariglianella e
Pomigliano acquisirono la denominazione
d’Arco da qualche tempio di Diana edificato
in forma di arco, così come respinge, in
quanto inconsistente, la tesi dell’Anonimo
pomiglianese, il quale scriveva che tale
aggiunta derivasse da un arco, innalzato
dagli avi, in memoria di una pace conclusa
tra Nolani, Palepolitani e Sanniti. Quest’arco,
resistito fino alla seconda metà del 1700 e
situato nei pressi di Pacciano, era, come
afferma Cantone, una parte rimasta dei molti
archi che costituivano l’acquedotto Claudio,
che passava proprio per la periferia di
Pomigliano.
Anche Vittorio Imbriani si cimentò negli
studi sulle origini del nome di Pomigliano.
Scrisse una farsesca descrizione delle origini
di Pomigliano d’Arco risalente al 1872:
«Quando Pompeo Magno guerreggiava contro i saraceni di Puglia non gli mancarono
Dugo Iasevoli, Vera. Le strade di Pomigliano d’Arco.
mai soldati. Un giorno, al gran rapporto, gli
Pacciano, arco superstite dell’acquedotto Claudio,
secondo l’ipotesi di Salvatore Cantone
si presentarono i Centurioni ed i Tribuni
militari, dichiarando che non c’era più verso
d’impedire la diserzione poiché i soldati non pagati da sei mesi e digiuni da quarantotto ore, di chiacchiere, di proclami, di gloria, e d’indipendenza nazionale, ecc. ecc. non sapevano più che farsene.
Pompeo si ritirò a pregare S. Antonio Abate [...] e S. Antonio gli disse di recarsi ai piedi della
montagna di Somma a sei miglia da Napoli; nel tal e tal luogo troverebbero un maiale frugando il
terreno col grifo; scavasse, scoprirebbe un tesoro. [...] Mosse Pompeo con lutto l’esercito giunse al
luogo rivelato: trovò il maiale, fece scavare e rivenne un tesoro incalcolabile che gli bastò a pagare
tutti gli arretrati ed a provvedere ai bisogni dell’esercito per oltre un anno. Riconoscente, edificò una
città che venne detta Pompigliano o Pomigliano dal nome del fondatore. Ne fu nominato ed investito Barone il duca Manfredi: il quale la mise sotto la protezione di S. Felice; e per riconoscenza verso
S. Antonio Abate ed il porco scopritori di tesori, stabilì che ogni famiglia pomiglianese educherebbe
almeno un maiale per anno e poco da quello né costumi si distinguerebbe Legge che tutt’ora
s’osserva; ed il paese tuttora si chiama Pomigliano, e c’è tuttora un vico Manfredi, là dove un giorno sorgeva la casa baronale ed un arco di trionfo ora distrutto, ma dal quale il paese si addimanda
d’Arco per distinguerlo da un altro Pomigliano. Ed il luogo dove fu ritrovata la pecunia per virtù
maialesca, tuttora ha nome di strada Tasso d’oro. E San Felice è tuttora il patrono della città: che ha
oltre diecimila abitanti, è capoluogo di mandamento nel circondario di Casoria, provincia di Napoli;
e spetta al collegio elettorale di Afragola. E questo è quanto».
Quando però il Cavaliere Vittorio Imbriani decise di smettere con i toni dello scherzo e fare
32
Etimologia, origini, emblema e stemma di Pomigliano
un’attenta analisi e riflessione su Pomigliano d’Arco e la sua genesi propose la prefazione ai XII
Conti pomiglianesi con annesse note. Qui si mette il primo punto fermo circa l’etimologia del nome
di Pomigliano d’Arco che si accredita derivare dalla presenza in loco della gens Pomelia.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco : Sistematica enciclopedica di storia locale, Aspetti istituzionali, amministrativi e
politici ; presentazione di Michele Caiazzo, vol. 1, pt. 1. Somma Vesuviana, Graphosprint, 1998, p. 31.
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Dugo Iasevoli, Vera. Le strade di Pomigliano d’Arco ; consulenza e presentazione di Nicola Esposito ; prolusione
di Raffaele Russo ; prefazione di Vincenzo D’Onofrio. Marigliano, Istituto Anselmi, 1992, pp. 69, 167-168,
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Remondini, Gianstefano. Della nolana ecclesiastica storia alla santità di nostro signore sommo regnante pontefice
Benedetto 14. dedicata dal padre D. Gianstefano Remondini, 3 voll. Napoli, Giovanni Di Simone, 1747-1757,
vol. 1, pp. 46, 312.
La Gens Pomelia
Il gentilizio Pomelianus, attraverso la giusta declinazione, rimanda a Pomelia che fu la gens romana
che generò il primo insediamento umano in loco. Quindi, il casato patrizio romano che fu posto a
guardia di quella quota di territorio del Campo Romano nel 180 a.C., su cui si ebbe l’originario
insediamento umano locale, fu la gens Pomelia.
Il gentilizio Pomelianus sta pure a Pomelius e, quindi, secondo quanto suggerisce Giovanni Flechia,
uno studioso della metà del XIX secolo, si giunge a “Pomeliano” che, per evoluzione e volgarizzazione, diventa Pomigliano. Il Flechia sostiene che il suffisso “i-ano” specifica un possessivo e, nel
caso particolare, aggiunto al gentilizio “Pomelianus” evolve in “Pomeliano”; in quest’ultimo termine si racchiude il significato di “territorio appartenente alla gens Pomelia”. Se si riflette sull’etimo
dei nomi di alcuni paesi posti nei pressi di Pomigliano, per esempio Brusciano, Marigliano o le
frazioni Faibano e Licignano, se ne ricava una comune origine; sono tutte comunità sorte in epoca
romana, e seguono la stessa evoluzione del territorio pomiglianese. I Marili per Marigliano, i Fabi
per Faibano, i Prosius per Brusciano e i Licini per Licignano inducono a pensare ad un simultaneo
popolamento dell’antico Campo Romano, a mezzo della venuta di patrizi e famiglie romane di un
certo rilievo sociale e politico-militare. Quindi, si può considerare il II secolo a.C. come una tappa
importante, se non la prima, del processo di insediamento umano di queste contrade, che troverà una
fase di crescita a conclusione della “Guerra Sociale”, nel primo decennio del I secolo a.C.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco : Sistematica enciclopedica di storia locale, Aspetti istituzionali, amministrativi e
politici ; presentazione di Michele Caiazzo, vol. 1, pt. 1. Somma Vesuviana, Graphosprint, 1998, pp. 41-48.
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società, cultura ; a cura di Guido Agostino, vol. 2, pp. 262-275. Salerno, Paparo Edizioni, 2007, p. 262.
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino
agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, pp. 12-13
Cantone, Salvatore. Pomigliano d’Arco : notizie e ricerche storiche. Manoscritto a Pomigliano d’Arco tra 1906-1912,
pp. 58-64.
Etimologia, origini, emblema e stemma di Pomigliano
33
Cantone, Salvatore. Una anonima relazione storica su Pomigliano d’Arco : pubblicata ora per la prima volta con note
ed appendici da Salv. Cantone. [S.n.t.] Manoscritto a Pomigliano d’Arco nel 1914, pp. 12-16.
Cantone, Salvatore. Nottiluche : conferenza sulla protostoria e storia campane : Pomigliano d’Arco, 30 giugno 1935 ;
a cura di Salvatore Cantone. Napoli, tipografia Joele & Aliberti, 1935, pp. 21-22.
Cantone, Salvatore. Cenni storici di Pomigliano d’Arco : con 14 illustrazioni ; introduzione di Girolamo Sibilio ;
prefazione di Luigi Di Monda. 2 Rist. Napoli, Adriano Gallina Editore, 1984, pp. 15-16, 23, 24 nota 55.
Conoscere Pomigliano d’Arco : Periodico di informazioni di comune utilità ; direttore responsabile Salvatore Adorno ;
introduzione di Raffaele Russo. Napoli, Selene edizioni, 1986, p. 2.
Dugo Iasevoli, Vera. Ricostruzione storica culturale architettonica del comune di Pomigliano d’Arco ; a cura del Lions
club di Pomigliano d’Arco, Distretto 108Y - Italy. Anno Sociale 1989-90. Service Nationale “Ama di più la tua
città”. Ercolano, La buona stampa, 1990, p. 6.
Dugo Iasevoli, Vera. Guida storico-artistica di Pomigliano d’Arco : alla riscoperta del centro storico ; presentazione
di Vincenzo D’Onofrio ; prefazione di Sergio Brancaccio. Marigliano, Istituto Anselmi, 1993, p. 15.
Flechia, Giovanni. Nomi locali del napolitano derivati da gentilizi italici. Ristampa anastatica dell’edizione : Torino,
Paravia, 1874. Sala Bolognese, Arnaldo Forni Editore, 1984, p. 43.
Parisi, Roberto. “Le aree industriali dismesse tra sperimentazione urbanistica e recupero delle preesistenze :
«Insediamento e localizzazione della grande industria. L’Alfa Romeo di Pomigliano d’Arco»”. In Lo spazio della
produzione : Napoli : la periferia orientale. pp. 177-183. Napoli, Edizioni Athena, 1998, p. 177.
Tufano, Maria. “Storia di una città : fatti, uomini, luoghi dal periodo romano al novecento”. In Pomigliano d’Arco :
una città che guarda al futuro ; a cura di Francesco De Rosa ; prefazione di Michele Caiazzo, pp. 19-37. Napoli,
Massa editore, 2002, pp. 19-20.
Emblema e stemma della città di Pomigliano d’Arco
Il primo emblema della città di Pomigliano è un antico suggello risalente al 1728. La presenza di tale
logo sugli atti pubblici locali è rintracciabile sin
dal 1692 e documentato nelle “Voci di vettovaglie” presso l’Archivio di Stato di Napoli.
Inoltre, per gli atti amministrativi precedenti il
XVII secolo non è stato evidenziato alcun logo
diverso, per cui si può dedurre che il primo vero
simbolo di Pomigliano sia stato questo logo che
accompagnò la nascita dell’Università locale,
sin dal XIV-XV secolo.
In questo emblema è riportato uno scudo ai cui
lati si intravedono decorazioni ed al cui interno
è inciso un ramoscello di imprecisabile origine,
al di sotto di una corona regale; il tutto contenuto in un riquadro ovale dove, a mò di perimetro interno, è riportata la scritta Pomigliano
d’Arco.
L’attuale stemma fu commissionato nel 1996
dall’Amministrazione comunale a Mauro
Pieroni, scultore in araldica. Esso rappresenta
una mela, posta su di un ramo frondoso, inscritta in una cornice circolare dorata sulla quale è
posta una corona a sette punte. Il tutto è incorAliberti Crescenzo : Pomigliano d’Arco : Sistematica
enciclopedica di storia locale. Emblema e stemma.
niciato da due rami, uno di alloro e l’altro di
34
Etimologia, origini, emblema e stemma di Pomigliano
Collezione fotografica del prof. Ferdinando Esposito. Piazza Mercato con l’antica colonna.
quercia, legati insieme da un nastro tricolore, inserito in uno sfondo di colore rosso.
Alcuni studiosi sostengono che esso è stato ispirato alla colonna dei pomi posta in Piazza Mercato
nel 1735 quando, in seguito al passaggio da Pomigliano di re Carlo III di Borbone in viaggio verso
Nola, il popolo gli offrì un cesto di frutta fresca. In ricordo di questo episodio, fu lì trasportata la
colonna che un tempo reggeva l’antica croce bizantina posta dinanzi la chiesa del Carmine sopra la
quale fu sistemato un cesto di pomi in marmo bianco che divenne col tempo lo stemma della città.
Durante la Seconda Guerra Mondiale al di sotto della piazza ove sorgeva la colonna fu realizzato un
rifugio per consentire alla popolazione di sottrarsi ai bombardamenti, quindi la colonna andò persa,
mentre il cesto fu conservato e custodito.
Nel 1976, la giunta municipale con deliberazione n. 538 approvava il progetto redatto dal prof. Nicola
Russo per il ripristino del monumento in Piazza Mercato, costitutito dal cesto marmoreo originale e da una
nuova colonna in piperno.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco : Sistematica enciclopedica di storia locale, Aspetti istituzionali, amministrativi e
politici ; presentazione di Michele Caiazzo, vol. 1, pt. 1. Somma Vesuviana, Graphosprint, 1998, 2ª di copertina.
Aliberti, Crescenzo. “Pomigliano d’Arco”. In Repertorio-dizionario dei Comuni della Provincia di Napoli : storia,
società, cultura ; a cura di Guido Agostino, vol. 2, pp. 262-275. Salerno, Paparo Edizioni, 2007, p. 262.
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino
agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, pp. 11-13.
Cantone, Salvatore. Pomigliano d’Arco : notizie e ricerche storiche. Manoscritto a Pomigliano d’Arco tra 1906-1912,
pp. 65-69.
Cantone, Salvatore. Cenni storici di Pomigliano d’Arco : con 14 illustrazioni ; introduzione di Girolamo Sibilio ;
prefazione di Luigi Di Monda. 2 Rist. Napoli, Adriano Gallina Editore, 1984, pp. 22-23, 91-100.
Comune di Pomigliano d’Arco. Deliberazione della Giunta Municipale n. 538 del 14 febbraio 1976 : Ripristino del
monumento a Piazza Mercato, approvazione progetto redatto dal prof. Nicola Russo. Pomigliano d’Arco, 1976.
Dugo Iasevoli, Vera. Le strade di Pomigliano d’Arco ; consulenza e presentazione di Nicola Esposito ; prolusione di
Raffaele Russo ; prefazione di Vincenzo D’Onofrio. Marigliano, Istituto Anselmi, 1992, p. 131.
PERIODO PRE-GRECO E GRECO (2000 – 300 a.C.)
Pomigliano e le origini del territorio
La storia della città di Pomigliano inizia nel periodo romano, ma il luogo dove esso sorse in qualità
di villaggio si formò in tempi assai più remoti. Da un punto di vista geologico, passando per l’era
cenozoica, detta eocene, poi per le successive età miocenica e pliocenica, si arriva all’era
quaternaria, allorquando emerse dal mare con forti esplosioni il monte Somma-Vesuvio che, attraverso i suoi materiali eruttivi, si riunì ai monti di Nola e Cancello, componendo così una delle più
fertili e ridenti aree della “Campania felice”, nella quale sorgerà la nostra Pomigliano. Proprio questa natura vulcanica del territorio determina il ritrovamento del tufo a Casalnuovo e ad Afragola, i
giacimenti di piperno a Castelcisterna e Brusciano, i larghi strati di lapilli nel sottosuolo e, a gran
profondità, conchiglie fossili.
Nel periodo greco (800 - 300 a.C.), il territorio fu inizialmente abitato dagli Oschi, ma in seguito fu
colonizzato dai Greci, quindi dagli Etruschi ed infine, dopo il V secolo a.C., dai Sanniti, fiera popolazione montanara. Il termine stesso Campania potrebbe derivare sia dal latino campus, che vuol dire
campagna, sia dal termine osco Kampanom, con il quale s’indicava l’area nei pressi della città di
Capua, da cui Capuania fino a Campania.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. “Breve storia di Pomigliano d’Arco”. In City Book : Pomigliano d’Arco : un servizio per la tua
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pp. 9-14.
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prefazione di Luigi Di Monda. 2 Rist. Napoli, Adriano Gallina Editore, 1984, pp. 9-18, fig. p. 24.
Caporale, Gaetano. Memorie storico-diplomatiche della città di Acerra e dei Conti che la tennero in feudo ; a cura di
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36
Periodo pre-greco e greco (2000 - 300 a.C.)
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Caporale, Gaetano. Dell’Agro Acerrano e della sua condizione sanitaria : ricerche fisiche, statistiche, topografiche,
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Dugo Iasevoli, Vera. Ricostruzione storica culturale architettonica del comune di Pomigliano d’Arco ; a cura del Lions
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Liceo Ginnasio Statale “Vittorio Imbriani”. Pomigliano d’Arco. Progetto “giovani 93” : Progetto generale “Star bene
con le Istituzioni”. Progetto particolare “Noi e l’ambiente” ; a cura di Filomena Rinaldis, Preside ; classi impegnate II e III Liceo Sez. E ; docenti coordinatori Gabriella D’Antonio, Francesco Romano, Antonio Cassese.
Pomigliano d’Arco, [s.n.], 1993, p. [24].
PERIODO ROMANO (300 a.C. – 476 d.C.)
Campo Romano
Le prime notizie storiche relative a Pomigliano sono rintracciabili in un episodio narrato da Marco
Tullio Cicerone nel libro I del suo De Officis, nel quale si narra che, dopo la fine della II guerra
Punica (219 a.C. - 202 a.C.), poiché Roma aveva esteso il suo dominio su tutta la penisola, nella
regione dove sorge attualmente Pomigliano, a seguito di una contesa sorta tra Napoli e Nola (VI-II
secolo a.C.) per il possesso di tale territorio, fu inviato, quale arbitro, il senatore Quinto Fabio
Labeone. L’astuto senatore romano delimitò lo spazio compreso tra i monti dell’antica Suessola, che
si trovava tra Acerra e Cancello, e la zona posta ai piedi di quei rilievi, tra il mariglianese ed il
pomiglianese-acerrano, lo sottrasse a Napoletani e Nolani e, nel 180 a.C., lo devolse alla Repubblica.
Anche Valerio Massimo, un altro scrittore latino, nel libro VII, capitolo III del suo Detti e fatti
memorabili narra lo stesso episodio.
Il territorio sottratto, passato a Roma, prese il nome di “Campo Romano”. Com’era d’uso, furono
mandati a guardia e come coloni alcuni Romani scelti fra i congedandi delle legioni e il terreno fu
diviso in lotti tra essi. Nel nostro territorio furono mandati “i Pomilii”, della “gens Pomelia” e fu da
loro che la località prese il nome di “Pomelianum”. Dalla primitiva “villa” di epoca romana, nacque,
verso l’anno mille, il nucleo fondativo di un villaggio che si andò via via ampliando e di cui la
notizia più antica risale al 912 d.C.
La delimitazione del Campo Romano rientrava negli stessi campi Leborini così definiti da Plinio e
come, con accentuazioni diverse, scrivono il Turboli, il Ricciardi e Giustiniani. Pomigliano in epoca
antica faceva quindi parte del Campo Romano, ma, contemporaneamente, come attesta Plinio,
rientrava nella Liburia.
A circa un secolo e mezzo di distanza dalla delimitazione del Campo Romano, il maggior geografo
dell’antichità, il greco Strabone, nella sua Geografia, descrivendo la pianura campana «oggetto di
molte contese per la sua fertilità», aggiungeva: «Nell’entroterra c’è Capua, che è la città principale della Campania […]. Ci sono poi Suessola, Atella, Nuceria, Acerrae, Abella e altre località
ancora più piccole di queste». Quindi il Campo Romano era una quota di territorio di quella che
sarà la Liburia.
Durante l’epoca ducale e longobarda, dopo le gravi invasioni barbariche, la dizione di Campo
Romano era raramente rintracciabile, poiché la consuetudine aveva imposto il termine Liburia per
indicare l’estesa regione posta tra i Campi
Flegrei ed il fiume Clanio. Ciò che restò
anche in epoca ducale e longobarda fu una
sostanziale anomalia dell’antico territorio
che delimitava il Campo Romano. Infatti,
quella parte della Liburia continuò ad essere contesa; ora erano il ducato napoletano
ed i Longobardi dell’interno ad avanzare
pretese. I nuovi pretendenti, per porre fine
Galdi, Guido. “Marigliano, suffeudo di Nola?”.
ad ogni contesa, giunsero ad un solenne
Denaro d’argento (diam. 18mm.) riproducente l’immagine
di Quinto Fabio Labeone – Collezione Alberto Galdi Senior
accordo nel 786 d.C., quando tra Arechi II
38
Periodo Romano (300 a.C. - 476 d.C.)
Ippolito, Giovanni. La Madonna detta dell’Arco. Ricostruzione del Campo Romano.
di Benevento ed il duca Stefano II di Napoli furono stabilite le Consuetudini della Liburia. Con
tale atto, che per la prima volta in epoca medievale ufficializzava il termine Liburia, si stabilì una
sorta di promiscuità giuridica che doveva valere per quel territorio. Inoltre, nessuna autorità o
giurisdizione, né napoletana né beneventana, aveva funzione preminente. Così Pomigliano si trovava
a far parte di un territorio che manteneva i tratti di una certa autonomia che, accidentalmente,
poteva farsi risalire al 180 a.C.
Bibliografia
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Periodo Romano (300 a.C. - 476 d.C.)
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http://www.thelatinlibrary.com
I primi insediamenti a Pomigliano
Poco dopo la seconda guerra punica, nacquero gli insediamenti dei coloni romani nel nostro
territorio e sul limite orientale del Campo Romano fu edificato il nobile castello di Somma.
Dopo la “Guerra Sociale” che vide protagonisti Mario e Silla, dopo la lotta tra i consoli Pompeo e
Cesare durante la quale si consumò l’epilogo dell’era di Roma Repubblicana, dopo l’epoca di
Ottaviano Augusto durante la quale Lucrezio e Catullo, Virgilio e Orazio, Ovidio e Tito Livio cantarono e narrarono le glorie dell’impero romano, nel 41 d.C., salì sul trono Claudio. In questa zona
l’imperatore Claudio fece costruire diverse opere pubbliche e tra queste nel 20 d.C. eresse gli archi
laterizi dell’acquedotto che, dalle sorgenti del Serino, attraverso Aiello, Forino, Contrada, Montoro,
Sarno, piano di Palma, fino al monte Somma, S. Maria del Pozzo e poi in direzione di Pomigliano,
entrava nella romana area Flegrea e, dopo aver rifornito d’acqua la zona militare e residenziale, terminava il suo percorso fino a versarsi, col suo ramo principale, a Baia, nella “Piscina mirabile”,
immenso serbatoio d’acqua per i bisogni della flotta romana. Per buona parte del suo percorso,
soprattutto nelle aree extra moenia, l’acquedotto non correva in galleria ma all’aperto, sulle caratteristiche arcate in pietra, delle quali resta traccia a Napoli, presso l’attuale zona dei Ponti Rossi.
40
Periodo Romano (300 a.C. - 476 d.C.)
Cantone, Salvatore. Cenni storici di Pomigliano d’Arco. Il primo aspetto di Pomigliano.
Che l’acquedotto passasse anche per Pomigliano è testimoniato dai primi documenti e pergamene
conosciuti. Fu così che la zona al di qua dell’acquedotto verso Napoli, venne detta intus arcora,
mentre quella al di là foris arcora.
Nei cinque secoli che separarono la morte dell’imperatore Claudio, ucciso nell’ottobre del 54 d.C.,
dal tentativo dell’Imperatore d’oriente Giustiniano (V sec. d.C.) di ricomporre il vecchio impero di
Roma, si visse un tempo durante il quale i vicus, i pagus e le città furono lasciati al loro destino, in
quanto le trame di potere e gli agguati che repentinamente si ordivano nella città eterna distraevano
oltremodo i protagonisti.
Popolazioni barbariche dell’Europa centrale avevano impensierito non poco già l’imperatore Marco
Aurelio tra il 167 e il 175 d.C., che si trovò a combattere contro Iazigi, Quadi, Marcomanni.
Verosimilmente, questi ultimi dovettero giungere a stanziarsi stabilmente nei pressi dell’acquedotto
Claudio, in quanto ai confini del territorio tra Pomigliano e Licignano è ricordata da tempo
antichissimo una masseria detta di Marcomanno.
Quando l’imperatore Costantino morì nel 337 d.C., lasciò l’eredità nelle mani dei suoi figli che
divisero l’antico impero di Roma in due aree: Oriente e Occidente. La costituzione dei due
imperi implicò un’intromissione costante della chiesa nei fatti terreni e l’irrompere delle genti barbare nella definizione dei nuovi scenari.
L’epoca del Basso Impero fu quella durante la quale l'inserimento forte delle popolazioni barbariche sconvolse ogni piano di ripresa dei territori di Roma. Le popolazioni, ridotte a numero esiguo,
vivevano sparse, famiglia per famiglia, per i terreni sgombri, in povere abitazioni (casae) con
davanti uno spiazzo (curtis) difeso da palatie, da fascinate, da moricce e da siepi. Successivamente
Periodo Romano (300 a.C. - 476 d.C.)
41
Ippolito, Giovanni. La Madonna detta dell’Arco.
Tratto dell’acquedotto Claudio nelle vicinanze di Pomigliano con epigrafe celebrativa dei restauri del IV sec. d.C.
queste popolazioni crebbero e con loro aumentarono anche i bisogni. Si cominciò a dissodare la
terra, ad abbattere boschi per fare spazio alla costruzione di qualche piccola chiesa per le pratiche
religiose. In seguito, intorno alle chiese, furono costruite abitazioni migliori. Tale fu l’origine di quasi
tutti i comuni posti nella Liburia. Curtis non definiva più il solo spiazzo antistante l’abitazione, ma
tutta la casa e, successivamente, tutto l’aggregato di abitazioni.
Formatosi il primo gruppo, nuovi coloni s’aggiungevano ad esso, in piccolo numero, poi un secondo e così via. Questi nuovi coloni erano uomini riscattati dalla servitù, richiamati dai proprietari dei
villaggi dove si stabilivano, oppure erano loro stessi che di propria volontà chiedevano la protezione
dei ricchi possessori o, infine, erano persone libere, che venivano chiamate all’antico luogo a cui
appartenevano.
I primi abitanti si raccolsero nel luogo della gens Pomelia, detta già nel V secolo d.C. Pomilianum,
sorta vicino all’Appia, la Regia Strada delle Puglie che collegava Napoli e Foggia, intorno alla chiesa di S. Felice. L’Appia, che passava per Nola, e già in età paleocristiana percorso privilegiato dai
pellegrini che da Napoli si recavano verso il centro religioso di Cimitile, fu ulteriormente ampliata,
diventando uno dei principali assi di traffico commerciale, lungo il quale si andò sviluppando il villaggio di Pomigliano. Tale nucleo urbano occupava il rione Spedale, la parte più antica del paese,
intorno al quale sorsero le mura ed i baluardi, che delimitarono il Castrum locale, e visibili ancora
verso la fine del XVIII secolo.
In seguito alla caduta dell’impero e all’ascesa definitiva delle popolazioni barbariche, lo squallore e
la miseria di questo periodo aumentarono con l’arrivo dei Longobardi, che completarono la rovina.
Bibliografia
Alfano, Giuseppe Maria. Istorica descrizione del regno di Napoli diviso in dodici provincie: in cui si fa menzione delle
cose più rimarchevoli di tutte le città, terre ... e torri marittime in esse contenute con le badie del regno: le di
42
Periodo Romano (300 a.C. - 476 d.C.)
loro giurisdizioni ecclesiastiche, e politiche: la qualità dell’aria d’ogni paese ... . Napoli, Manfredi, 1798, pp. 1-5.
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PERIODO BIZANTINO (476 – 1000 d.C.)
Invasioni barbariche. Epoca ducale e longobarda
Con la deposizione di Romolo Augusto ad opera di Odoacre, nel 476 d.C., si pose fine all’impero
d’Occidente e si segnò anche l’ascesa definitiva delle popolazioni barbariche. Infatti dall’evento sorsero quattro regni: in Gallia si insediarono i Franchi, in Spagna i Visigoti (o Goti d’Occidente), in
Africa i Vandali, in Italia prima gli Eruli di Odoacre e poi, dal 489 d.C., gli Ostrogoti di Teodorico.
Nel 543 d.C. gli Ostrogoti (o Goti d’Oriente) conquistarono tutto il territorio napoletano e riuscirono
ad essere pure benvoluti, al punto che i Napoletani si opposero con forza ai tentativi del bizantino
Belisario di conquistare la città. Nel 553 d.C. Napoli ritornò definitivamente ai Bizantini con Narsete
il conquistatore e nell’agosto del 554 d.C. nacque ufficialmente il Ducato Napoletano che durò per
circa sei secoli. Con la Pragmatica Sanctio del 554 d.C. l’imperatore Giustiniano diede peso e importanza anche ai piccoli insediamenti fortificati detti castra posti a difesa del territorio; verosimilmente,
in questo periodo anche Pomigliano, essendo un castrum, contribuì alla difesa dei confini del ducato.
De Seta, Cesare. Le città nella storia d’Italia : I casali di Napoli. Pianta redatta da Bartolomeo Capasso rappresentante
il territorio napoletano nell’XI secolo.
44
Periodo Bizantino (476 - 1000 d.C.)
Nel 557 d.C. giunsero in Campania i Longobardi che, al comando del re Alboino, erano scesi in Italia
ed avevano sconfitto l’esercito bizantino fissando la loro dimora inizialmente a Pavia.
L’insediamento dei Longobardi si estese alla Campania interna, dove fondarono il ducato di
Benevento e più tardi estesero il dominio a Napoli e nelle vicinanze, fino alla futura contea capuana.
La lotta ebbe pesanti ripercussioni perché i metodi di conquista, fatti di incursioni e distruzioni, non
lasciavano presagire riprese immediate. L’attività devastatrice compiuta nello scontro continuo tra i
Bizantini del ducato napoletano ed i Longobardi fu pressoché totale per ampie quote di territorio
dell’antica Liburia.
In tale periodo i nostri terreni erano invasi da boschi, pantani e paludi e, quasi un lago, ovvero un
pantano si era andato formando con le acque colate dai monti, mescolate e confuse con quelle del
fiumicello Clanio (latino: Clanius, nel Medio Evo Laneum, donde Lagno), per cui ben poche terre
erano rimaste libere per l’agricoltura. Inoltre, le diverse pestilenze che si abbatterono sulla Campania
tra il 543 ed il 767 d.C. completarono un quadro di desolazione che ebbe un effetto drammatico sulla
popolazione; vi fu una forte crisi demografica che non risparmiò, naturalmente, nemmeno il labile
insediamento umano di Pomigliano.
Durante l’epoca ducale e longobarda, la dizione di Campo Romano andò scomparendo, sostituita dal
termine Liburia per indicare l’estesa regione posta tra i Campi Flegrei ed il fiume Clanio. Ciò che
invece rimase invariato in epoca ducale e longobarda fu che il territorio continuò ad essere conteso,
stavolta tra il ducato napoletano ed i Longobardi dell’interno.
La fine del regno longobardo di Pavia, nel 774 d.C., ebbe una drammatica ricaduta in Campania:
dopo quella data i profughi longobardi della parte settentrionale della penisola si rifugiarono presso
Benevento aumentando così la pressione sui territori del ducato napoletano e creando condizioni
per un’implosione dei loro stessi antichi possedimenti. I Longobardi, che avevano ripartito il
territorio del ducato beneventano in loro possesso in 52 province, tra le quali Acerra e Nola, si
spinsero diverse volte verso i territori dell’antica Liburia e del Nolano, ai quali assegnavano una
certa funzione strategica. Gli scontri tra Napoletani e Longobardi dovettero essere molto frequenti
per il predominio su quei territori se addirittura si dovette giungere alla stipula delle Pactiones de
Laburiis cum Neapolitanis (Consuetudini della Liburia), patto siglato nel 786 d.C. tra il duca
Stefano II di Napoli e Arechi II di Benevento. Con tale patto si tese a stabilire una condizione
abbastanza anomala. Infatti sulla Liburia, e quindi anche su Pomigliano foris arcora, non vi era la
preminenza di alcuna giurisdizione, pertanto valeva sia la giurisdizione bizantina che quella longobarda. I Longobardi si impegnarono a restituire ai Bizantini le terre della pianura campana
attraversate dal Clanio e alcune quote di territorio nolano, stabilendo regole anche per quel che
riguardava il trattamento di servi ed ancelle. In questo scenario Pomigliano foris arcora diveniva
parte organica del territorio ducale.
Successivamente ci fu una maggiore autonomia del ducato di Napoli da parte di Bisanzio e una forte
intromissione dei Saraceni nelle vicende riguardanti Napoli e Benevento. Al tempo del ducato di
Gregorio IV appartiene pure la prima fonte scritta, una pergamena datata 27 gennaio 912 d.C., riportata da Bartolomeo Capasso nei Monumenta ad neapolitani ducatus, in cui scrive «pluries in nostris
documentis occorri», e dove viene fatto riferimento a Pomigliano foris arcora e si deduce che i guerrieri più valorosi dell’una e dell’altra parte ricevettero in dono dai rispettivi signori beni e terreni che
già lasciavano intravedere una pratica diffusissima in epoca normanna. Quindi, il popolamento di
Pomigliano foris arcora, in epoca precedente il 912 d.C., fu molto legato agli esiti delle battaglie e,
verosimilmente, i militari che ne ebbero in dote quote particolari si preoccuparono anche della
relativa difesa.
Nel 976 d.C. Basilio II, incoronato imperatore bizantino, ridiede vigore alla lotta tra i due imperi,
scontrandosi con Ottone I, imperatore del Sacro Romano Impero. In tale contesto ripresero le mai
Periodo Bizantino (476 - 1000 d.C.)
45
Cavallari, Giovanni Battista. De morbo epidemiali. Ricostruzione della parte orientale della Campania compreso il
castri Pompiliani e il fiume Clanio. Sotto, particolare dell’agro nolano.
46
Periodo Bizantino (476 - 1000 d.C.)
sopite ostilità tra i Napoletani ed i Longobardi capuani e beneventani. Lo stato dell’Italia meridionale era veramente miserando ed atroce, i Duchi di Benevento, Capua, Amalfi, Napoli, Salerno erano
in continue lotte fra di loro.
A Pomigliano, in epoca ducale, fuori il circuito delle mura, a sud-est della Curtis, fu eretta la chiesa
di Santa Croce, intorno alla quale si sviluppò un gruppo di case, che essendo un agglomerato urbano non chiuso da mura, fu detto borgo e, prendendo il nome dalla chiesa, si chiamò Borgo Santa
Croce, denominazione durata sin a quasi tutta la prima metà dell’Ottocento, e destinata alla parte centrale dell’attuale Rione Carmine. Qui sorse il Monastero dei Padri Greci di S. Basilio, del quale si ha
menzione in un documento del 1028.
Pomigliano, inizialmente dipendente dal Ducato napoletano, seguì le sorti di quest’ultimo e con esso
fu assorbito nel regno dei Normanni.
Nei primi secoli di vita lo sviluppo di Pomigliano fu molto lento. Basti pensare che ancora nel
1345 contava una popolazione di appena 864 persone. Tale lentezza, probabilmente, fu dovuta
alle scarse immigrazioni di coloni e alla presenza di una palude; inoltre, Pomigliano, essendo
posto ai confini del Ducato napoletano con quello di Benevento, era costretto a subire gli orrori
di quelle guerre.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco : Sistematica enciclopedica di storia locale, Aspetti istituzionali, amministrativi e
politici ; presentazione di Michele Caiazzo, vol. 1, pt. 1. Somma Vesuviana, Graphosprint, 1998, pp. 16-18, 33-50.
Aliberti, Crescenzo. “Breve storia di Pomigliano d’Arco”. In City Book : Pomigliano d’Arco : un servizio per la tua
città. [S.n.t.], p. 12.
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino
agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, pp. 21-22.
Caneschi, Renato. Pomigliano d’Arco : trasformazioni urbane e territoriali fino all’Unità d’Italia. Tesi di Laurea in
Conservazione dei beni culturali, Insegnamento di Storia della città e del territorio in età moderna ; relatore
Maria Raffaella Pessolano, correlatore Emilio Ricciardi. Napoli, Università “Suor Orsola Benincasa”, 2003,
pp. 13, 16-17, 86.
Cantone, Salvatore. Pomigliano d’Arco : notizie e ricerche storiche. Manoscritto a Pomigliano d’Arco tra 1906-1912,
pp. 31-43.
Cantone, Salvatore. Una anonima relazione storica su Pomigliano d’Arco : pubblicata ora per la prima volta con note
ed appendici da Salv. Cantone. [S.n.t.] Manoscritto a Pomigliano d’Arco nel 1914, pp. 19, 33-35.
Cantone, Salvatore. Cenni storici di Pomigliano d’Arco : con 14 illustrazioni ; introduzione di Girolamo Sibilio ;
prefazione di Luigi Di Monda. 2 Rist. Napoli, Adriano Gallina Editore, 1984, pp. 13-14, 18-20, fig. p. 48.
Cavallari, Giovanni Battista. De morbo epidemiali qui Nolam, et Campaniam universam vexavit curatius, et praeservatiuus discursu. Napoli, Iacobum Carlinu Typographum, 1602.
Cilento, Nicola. “I principati longobardi dell’interno”. In Storia della Campania ; a cura di Francesco Barbagallo, vol.
1, pp. 109-126. Napoli, Guida Editori, 1978, pp. 114-116.
De Seta, Cesare. Le città nella storia d’Italia : I casali di Napoli ; con i contributi di Gaetana Cantone, Stella Casiello,
Alessandro Dal Piaz, Anna Giannetti, Benedetto Gravagnuolo, Mimmo Jodice, Paolo Mascilli, Luigi Palomba,
Arturo Rigillo, Gregorio E. Rubino, Vladimiro Valerio, Claudia Zucca. Bari, Editori Laterza, 1989, fig. p. 24.
Dugo Iasevoli, Vera. Ricostruzione storica culturale architettonica del comune di Pomigliano d’Arco ; a cura del Lions
club di Pomigliano d’Arco, Distretto 108Y - Italy. Anno Sociale 1989-90. Service Nationale “Ama di più la tua
città”. Ercolano, La buona stampa, 1990, pp. 6-8.
Liceo Ginnasio Statale “Vittorio Imbriani”. Pomigliano d’Arco. Progetto “giovani 93” : Progetto generale “Star bene
con le Istituzioni”. Progetto particolare “Noi e l’ambiente” ; a cura di Filomena Rinaldis, Preside ; classi impegnate II e III Liceo Sez. E ; docenti coordinatori Gabriella D’Antonio, Francesco Romano, Antonio Cassese.
Pomigliano d’Arco, [s.n.], 1993, pp. [24-25].
Periodo Bizantino (476 - 1000 d.C.)
47
Cantone, Salvatore. Cenni storici di Pomigliano d’Arco. Antico Borgo Santa Croce.
I più antichi documenti relativi a Pomigliano
Il primo documento di Pomigliano, riportato integralmente nel manoscritto di Salvatore Cantone,
Pomigliano d’Arco: notizie e ricerche storiche (pp. 89-90), risale al 912 e si tratta di un atto di compravendita di un fondo di cui era tra i proprietari il militare Theodorus a cui era stato donato dal duca
di Napoli. Tale fondo venne acquistato da Stefano e Leone, zio e nipote, entrambi abitanti di
Pomigliano foris arcora.
Cantone elenca poi tutti i documenti dal X al XII secolo:
27 Gennaio 944: Sergio e Stefano di Stefano, fratelli, commutarono col monastero dei SS. Sergio e
Bacco un pezzo di terra sito a Pomigliano, ricevendone in cambio un’altro. Questo terreno
fu denominato pratora, plurale di pratum, quindi campo d’erba.
21 Settembre 964: venne stilato un testamento, nel quale ricorsero Maria de Pacifica ed un Leone.
14 Settembre 973: Stefano, figlio di Giovanni, cittadino di Napoli, con l’assenso della moglie, vendette ai
fratelli Leone e Stefano, abitanti di Pomigliano, figli del Sparano, un pezzo di terra (pratora) di
sua proprietà.
30 Agosto 978: si stipulò un istrumento, nel quale si parlava di una terra posta a Pomigliano, il cui
campo coltivato prendeva il nome di karictura : “luogo pieno di càrici”; la carice, pianta di
palude, era detta anche “sala” o “scialino” e testimonia l’esistenza di un ambiente paludoso.
12 Maggio 979: Stefano, monaco, offrì e affidò un suo fondo, posto a Pomigliano, eccetto una parte
di terra che andò al monastero dei SS. Teodoro e Sebastiano, al quale egli apparteneva.
Questa terra prese il nome di sianellum pictulum.
9 Maggio 981: il monastero dei SS. Sergio e Bacco commutò, coi germani Stefano e Giovanni, figli
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Periodo Bizantino (476 - 1000 d.C.)
di Palumbo ed Eufemia, una terra di Pomigliano, detta cesina, ossia “terreno già boscoso”,
con un’altra detta campo majore, entrambe accosto.
1 Maggio 1007: Pietro, figlio di Leoni, col consenso di sua moglie Maria, con la quale abitava a
Pomigliano, vendette a Stefano, figlio di Ursi, una terra detta biniale, da vinealis, cioè
“messo a vigna, vigneto”.
20 Ottobre 1011: alcuni abitanti del luogo promisero al monastero dei SS. Sergio e Bacco, un campo
detto moscarellum.
20 Novembre 1019: Stefano, figlio di Ursi, e sua moglie Maria, abitanti di Pomigliano, vendettero al
monastero dei SS. Sergio e Bacco la terra comprata da Pietro, figlio di Leone. Di essa furono mutati i confini, perché si trovò del monastero dei SS. Sergio e Bacco la terra che prima
apparteneva al monastero dei SS. Teodoro e Sebastiano. Anche questa terra fu detta biniale.
10 Marzo 1021: un abitante di Acerra prese dal monastero dei SS. Sergio e Bacco, due pezzi di terra
di cui il più grande era posto a Pomigliano ed era detto campo majore, e l’altro era nel tenimento di Acerra.
3 Maggio 1026: Pietro, abitante di Pomigliano, offrì e scambiò con Sparano, un altro abitante di
Pomigliano, un pezzo di terra detto pratora.
Dicembre 1028: Giovanni ottenne la concessione, dal monastero di SS. Sergio e Bacco, di un campo,
anch’esso detto moscarellum, in Pomigliano, col diritto di ritenere la metà dei frutti e
l’obbligo di dare l’altra metà al concedente e, per esso, portarla al monastero.
9 Marzo 1035: Grima e Leone vendettero a Marino e Leoni due pezzi di terra, detta trentamiliacca,
posti in Pomigliano.
29 Marzo 1036: Pietro, figlio di Augusto, col consenso di Eufemia, sua moglie, entrambi abitanti di
Pomigliano, vendette a Pietro, figlio di Stefano, ed a Giovanni, figlio di Orso, una terra posta
a Pomigliano detta moscarellum.
10 Maggio 1045: alcuni abitanti del luogo promisero ad altri, anche di Pomigliano, un pezzo di terra
posto a Pomigliano, detto San Paulinum.
10 Maggio 1073: Giovanni, con il consenso di sua moglie, dà a Giovanni, un pezzo di terra (campo
majore) posto a Pomigliano.
11 Giugno 1097: Stefano, abitante di Pomigliano, donò al monastero dei SS. Sergio e Bacco, una
terra, posta in Pomigliano.
7 Luglio 1097: Landolfo e Giovanni, abitanti di Pomigliano, presero con vari pesi, due pezzi di terra
congiunti in uno, dal monastero dei SS. Sergio e Bacco.
15 Febbraio 1198: Pietro, monaco del monastero dei SS. Sergio e Bacco, donò a quest’ultimo la sua
casa posta in Napoli e vicina a quella degli eredi Morino.
10 Maggio…: Stefano, figlio di Giovanni, ed un suo zio, entrambi di Pomigliano, diedero alla
chiesa un pezzo di terra detto campo majore.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco : Sistematica enciclopedica di storia locale, Aspetti istituzionali, amministrativi e
politici ; presentazione di Michele Caiazzo, vol. 1, pt. 1. Somma Vesuviana, Graphosprint, 1998, pp. 46-50.
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino
agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, pp. 9, 11-12.
Cantone, Salvatore. Pomigliano d’Arco : notizie e ricerche storiche. Manoscritto a Pomigliano d’Arco tra 1906-1912,
pp. 88-99.
Cantone, Salvatore. Cenni storici di Pomigliano d’Arco : con 14 illustrazioni ; introduzione di Girolamo Sibilio ;
prefazione di Luigi Di Monda. 2 Rist. Napoli, Adriano Gallina Editore, 1984, pp. 16-22.
PERIODO NORMANNO E INIZIO DELL’ETÀ FEUDALE (1000 – 1197)
Pomigliano durante la conquista normanna
L’inizio della conquista normanna è legato alla rivolta anti-bizantina di Melo di Bari, un nobile di
stirpe longobarda che, con l’aiuto dei principi capuani, cercò di liberarsi del dominio bizantino. A tale
scopo vari furono i tentativi rivoltosi tra il 1009 ed il 1018, anno in cui Melo fu definitivamente sconfitto a Canne. Il Papa, preoccupato dell’espansione bizantina nel meridione, chiese ad Enrico II di
scendere in soccorso della Chiesa. Avventurieri venuti dal nord, mercenari provenienti dalla
Normandia, i Normanni si trovavano nel 1018 a Capua. Non erano un gruppo consistente, ma bastarono a Melo di Bari che li assoldò nella lotta contro Bisanzio. La consuetudine inaugurata da Melo
di Bari sarà riproposta in diverse circostanze ed i Normanni, in poco tempo, si troveranno ora a
servire un padrone, ora un altro. Compreso il valore della loro funzione, i primi nuclei di mercenari
normanni inviarono ambasciatori presso la Normandia per far giungere nella penisola nuove forze di
cavalleria. La temporanea occupazione del ducato Napoletano da parte dei Longobardi capuani
spinse il duca Sergio a rinforzare le difese della città affidandosi anche all’opera dei mercenari
normanni. A questi concesse nel 1030 il territorio d’Aversa dove il loro capo, Rainulfo Drengot, si
insediò con il titolo di conte. Si affermava così la presenza duratura dei Normanni che, nel volgere
di circa un secolo, diventarono i padroni del meridione partendo proprio dalla martoriata Liburia che,
crocevia di molteplici interessi e avamposto per l’attacco definitivo al ducato napoletano, fu essenziale per la conquista normanna.
Pomigliano foris arcora, posta nel bel mezzo della Liburia ducale, visse con un certo impeto la conquista normanna che non fu
mai un processo indolore; i Normanni furono feroci, distrussero
campi, tagliarono alberi, arsero casolari, guardarono solo a rafforzare la loro signoria e ad assicurare tributi.
Nel 1053 l'imperatore d’Occidente Enrico III ottenne il vassallaggio dei Normanni e cedette Benevento a Papa Leone IX. L’epilogo
della lotta per il predominio territoriale, nella parte continentale ed
insulare del meridione, giunse il 27 settembre 1130 quando l’antipapa Anacleto II investì Ruggero II d’Altavilla della corona di
Sicilia, Calabria, Puglia e del principato di Capua. Mancava il solo
territorio napoletano: il disegno di Ruggero il normanno era quello di conquistare il ducato per portare a compimento un progetto
complessivo di costituzione del regno. Morto il duca Sergio VII, il
30 ottobre del 1137, per due anni a Napoli non fu nominato alcun
successore, ma nel 1140 Ruggero entrò nella città acclamato dai
Napoletani. Inizia la storia del regno normanno.
Re Ruggero II di Sicilia coniugò feudalità e regalità stando molto
attento a sottomettere l’una all’altra. Creò in questo modo le
contee feudali che erano di appannaggio della parentela del re e
venivano assegnate partendo dal vincolo di sangue. I Normanni
abolirono le libertà politiche, avviando, però, un’importante fase
Napoli. Palazzo Reale, facciata.
di edificazione giuridica, istituzionale ed amministrativa.
Ruggiero II il normanno.
50
Periodo Normanno e inizio dell’Età feudale (1000 - 1197)
Nel nuovo contesto, aspetti diplomatici e legami di parentela fecero assurgere Acerra, che si eresse a
contea, ad una maggiore importanza rispetto a Nola. L’immediata vicinanza con Pomigliano foris
arcora ed il prestigio dei personaggi che per primi si avvicendarono nel territorio acerrano ebbero
un’eco certa sul piano locale. In epoca normanna, a seguito dell’unificazione del Meridione in un
unico regno, nei documenti ufficiali fu diffusissimo l’uso del termine “Terra” per indicare ambiti spaziali piccoli e grandi. Tale consuetudine, tipica espressione dell’infeudamento, si estese al termine
Liburia, trasformato in Laboris, e verso la fine del XII secolo, in Terra Laboris.
Dopo il 1140, nell’epoca del re Ruggero II e del figlio Guglielmo, il casale di Pomigliano dovette
giungere ai Filangieri cui apparteneva Riccardo I. Il passaggio che il feudo pomiglianese visse dai
Filangieri agli Stendardo coincise con la feconda esperienza del regno di Federico II di Svevia.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco : Sistematica enciclopedica di storia locale, Aspetti istituzionali, amministrativi e
politici ; presentazione di Michele Caiazzo, vol. 1, pt. 1. Somma Vesuviana, Graphosprint, 1998, pp. 51-58, 64-75.
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino
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Cantone, Salvatore. Una anonima relazione storica su Pomigliano d’Arco : pubblicata ora per la prima volta con note
ed appendici da Salv. Cantone. [S.n.t.] Manoscritto a Pomigliano d’Arco nel 1914, p. 35.
Cantone, Salvatore. Cenni storici di Pomigliano d’Arco : con 14 illustrazioni ; introduzione di Girolamo Sibilio ;
prefazione di Luigi Di Monda. 2 Rist. Napoli, Adriano Gallina Editore, 1984, pp. 29-30.
Caneschi, Renato. Pomigliano d’Arco : trasformazioni urbane e territoriali fino all’Unità d’Italia. Tesi di Laurea in
Conservazione dei beni culturali, Insegnamento di Storia della città e del territorio in età moderna ; relatore Maria
Raffaella Pessolano, correlatore Emilio Ricciardi. Napoli, Università “Suor Orsola Benincasa”, 2003, pp. 13, 17, 86.
Caneschi, Renato. Documenti di storia pomiglianese : le città, le strade, i monumenti ; prefazione di Mino Sibilio.
Napoli, Università Popolare di Pomigliano d’Arco, 2006, p. 12.
Caporale, Gaetano. Memorie storico-diplomatiche della città di Acerra e dei Conti che la tennero in feudo ; a cura di
Angelo Manna. Ristampa anastatica dell’edizione : Napoli, Jovene, 1890. Napoli, Arturo Berisio Editore, 1975,
pp. 115-129.
Dugo Iasevoli, Vera. Ricostruzione storica culturale architettonica del comune di Pomigliano d’Arco ; a cura del Lions
club di Pomigliano d’Arco, Distretto 108Y - Italy. Anno Sociale 1989-90. Service Nationale “Ama di più la tua
città”. Ercolano, La buona stampa, 1990, pp. 12-13.
Galanti, Giuseppe Maria. Nuova descrizione storica e geografica delle Sicilie, dell’avvocato Giuseppe M.a Galanti. ...
Tomo primo [-quinto], vol. 1. Napoli, Gabinetto letterario, 1786-1792, pp. 37-44, 66, 137.
Liceo Ginnasio Statale “Vittorio Imbriani”. Pomigliano d’Arco. Progetto “giovani 93” : Progetto generale “Star bene
con le Istituzioni”. Progetto particolare “Noi e l’ambiente” ; a cura di Filomena Rinaldis, Preside ; classi impegnate II e III Liceo Sez. E ; docenti coordinatori Gabriella D’Antonio, Francesco Romano, Antonio Cassese.
Pomigliano d’Arco, [s.n.], 1993, p. [25].
PERIODO SVEVO (1197 – 1265)
Dai Normanni agli Svevi
Nel 1197 le vicende storico-dinastiche portarono Federico II di Svevia, di appena tre anni, sul trono
del regno, articolato in tre grandi aree geografiche: Apulia, Calabria e Terra Laboris. Il nuovo
sovrano nel 1231, finita la reggenza della madre, articolò il regno in tredici province, con le
Costitutiones Melphitanae. Pomigliano rimase pertinenza di quella che era stata la Liburia ducalebizantina, poi la Terra Laboris normanna.
All’inizio della seconda metà del XII secolo, Pomigliano foris arcora, era parte integrante della
Contea di Acerra retta da Ruggero de Medania, uno dei primi signori di queste terre insieme a
Riccardo d’Aquino. Presumibilmente dopo il 1197, Pomigliano si affrancò dalla Contea d’Acerra
passata a Diepoldo Schweinspeunt detto l’Alemanno.
Dalle lunghe oppressioni del dominio bizantino, sorse la libertà comunale nell’Italia meridionale.
Prima, furono varie città commerciali, abitate da popolazioni oppresse, come Napoli, Amalfi, Bari,
che si resero autonome, con propri magistrati eletti dai cittadini. Poi, l’esempio fu seguito dalle città
longobarde, e si estese anche alle terre ed alle castella. Ciò dipese dalla debolezza e lontananza del
governo centrale, protrattesi per lungo tempo. Ma, venuti i Normanni, e raccolte in un solo organismo le parti in cui era divisa la nostra regione, questa libertà autonoma dovette scomparire, e di essa
rimasero soltanto l’istituzione municipale e le sue consuetudini, compresa quella della nomina di
propri magistrati.
Con gli Svevi tutto cambiò di nuovo. L’imperatore Federico II abolì il diritto di questa nomina e
mandò suoi giustizieri, ma contemporaneamente riconobbe la personalità giuridica dei comuni,
università, accordò il diritto di assembrarsi due volte all’anno in curie regionali per trattare interessi collettivi, ed ammise i deputati delle città e terre demaniali nei parlamenti generali del regno, dove
i feudi erano rappresentati dai loro baroni. Con questi provvedimenti, l’Università fu considerata
come entità separata dal feudo, ma con una libertà ristretta.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco : Sistematica enciclopedica di storia locale, Aspetti istituzionali, amministrativi e
politici ; presentazione di Michele Caiazzo, vol. 1, pt. 1. Somma Vesuviana, Graphosprint, 1998, pp. 18, 63-73.
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino
agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, p. 9.
Cantone, Salvatore. Cenni storici di Pomigliano d’Arco : con 14 illustrazioni ; introduzione di Girolamo Sibilio ;
prefazione di Luigi Di Monda. 2 Rist. Napoli, Adriano Gallina Editore, 1984, p. 34.
Cantone, Salvatore. Una anonima relazione storica su Pomigliano d’Arco : pubblicata ora per la prima volta con note
ed appendici da Salv. Cantone. [S.n.t.] Manoscritto a Pomigliano d’Arco nel 1914, p. 114.
Caneschi, Renato. Pomigliano d’Arco : trasformazioni urbane e territoriali fino all’Unità d’Italia. Tesi di Laurea in
Conservazione dei beni culturali, Insegnamento di Storia della città e del territorio in età moderna ; relatore
Maria Raffaella Pessolano, correlatore Emilio Ricciardi. Napoli, Università “Suor Orsola Benincasa”, 2003,
pp. 13, 17-18, 43.
Caneschi, Renato. Documenti di storia pomiglianese : le città, le strade, i monumenti ; prefazione di Mino Sibilio.
Napoli, Università Popolare di Pomigliano d’Arco, 2006, p. 14.
Dugo Iasevoli, Vera. Ricostruzione storica culturale architettonica del comune di Pomigliano d’Arco ; a cura del Lions
club di Pomigliano d’Arco, Distretto 108Y - Italy. Anno Sociale 1989-90. Service Nationale “Ama di più la tua
città”. Ercolano, La buona stampa, 1990, p. 13.
Galanti, Giuseppe Maria. Nuova descrizione storica e geografica delle Sicilie, dell’avvocato Giuseppe M.a Galanti. ...
Tomo primo [-quinto], vol. 1. Napoli, Gabinetto letterario, 1786-1792, pp. 124-137.
52
Periodo Svevo (1197 - 1265)
Inizio del periodo feudale
Il feudalesimo è cominciato in Italia nell’800 d.C. quando Carlo Magno, secondo l’usanza
germanica, con i Capitularia divise l’Impero in feudi, ossia territori affidati a Signori dipendenti,
estendendo a loro le istituzioni fondamentali dell’immunità, dell’investitura e del bagno regio, fino
ad allora appannaggio della sola monarchia franca. Nel 1121 Pomigliano andò nelle mani del suo
primo feudatario Riccardo Filangieri.
Col disgregarsi dell’Impero Carolingio si ripropose la stessa situazione verificatasi durante la decadenza e la rovina dell’Impero Romano. L’autorità del Sovrano e il potere centrale vennero meno, e
l’uomo libero e il piccolo proprietario diventarono sempre più potenti. L’autorità sovrana cedette
terre e diritti regali a favore dei potenti Signori in cambio di milizie. Questa concessione di terre e
diritti con speciali obblighi sostituì il feudo che prese il significato di Beneficio, dall’usanza del basso
impero, quando imperatori e grandi signori solevano concedere terre in forma di beneficio. Quando
il beneficio da vitalizio e revocabile divenne ereditario e perenne, e quando al godimento della
rendita delle terre si aggiunse il diritto di esercitare pubbliche funzioni, cioè la giurisdizione, allora
si ebbe la vera forma del Feudalesimo.
I Vassalli erano sovrani nel loro feudo; appartenevano alla classe di grandi vassalli: i Conti, i
Marchesi, i Vescovi, seguivano poi i Militi e i Valvassini, possessori di benefici minori per lo più
ecclesiastici.
All’epoca del passaggio epocale dal ducato bizantino al regno normanno, la mancanza di una
autorità forte e certa, diede spazio alla nascita e alla consolidazione delle prime università. Esse
nascevano, dunque, dall’esigenza della comunità di definire dei sistemi di consuetudini allo scopo di
ottenere il riconoscimento di qualche privilegio. Il primo contatto certo tra il potere centrale e
queste embrionali istituzioni comunali si ebbe in epoca normanna, quando Guglielmo I d'Altavilla
istituzionalizzò la colletta, un contributo straordinario, che le università erano tenute a versare allo
Stato in caso di necessità o di guerra, e che divenne fissa nel 1235.
Nell’Italia meridionale, i re normanni crearono una grande quantità di feudi; la qualcosa contrastò
con le idee politiche centralizzatrici di Federico II che, quando andò al potere, combatté la feudalità.
Ma i re angioini e aragonesi non seguirono questa via, anzi, moltiplicarono i feudatari e resero feudi
un gran numero di città libere. Pomigliano non si sottrasse alla sorte comune e fu costituito in feudo,
quasi dall’inizio del periodo feudale.
Quando Ruggero di Altavilla si impossessò di Napoli, il Ducato Bizantino era tramontato già da due
anni ma il cambio della guardia non fu indolore; i nuovi conquistatori, pur mantenendo in vigore le
consuetudini municipali, attuarono una importante politica di feudalesimo. Re Ruggero creò una
distinzione tra le contee feudali e le baronie in capite de dominio rege; nelle prime, il signore locale
era legato al re da vincolo di sangue ed aveva il comando dell’esercito, mentre nelle baronie, tra le
quali va annoverata anche Pomilianum foris Arcora, il sovrano aveva un controllo diretto, anche per
quanto concerneva la trasmissione del feudo agli eredi. In più, nei feudi concessi in baronia i feudatari non comandavano un esercito, ma tale compito era affidato ad un connestabile di nomina regia.
Nel feudo vi erano degli Ufficiali per la esazione delle tasse. Il castellano era il maggiore rappresentante, più tardi si chiamò Governatore. Il concetto fondamentale dell’economia feudale era che ogni
singolo feudo bastasse a se stesso, costituisse cioè un campo chiuso di produzione e di consumo.
La tipologia dei feudi, il tipo di strutturazione e la stessa titolarità furono mutevoli in relazione alle
vicende diplomatiche e politiche legate alle successioni al trono.
Novità importantissima fu la ripartizione dei territori provinciali in terrae demaniali e feudali. In tal
senso, vi potevano essere territori (terre, casali, città) che erano di dominio pubblico, della corona o
privati dei signori feudali. A seconda della circostanza, i luoghi vantavano una specifica condizione
giuridica che portava ad avere università in regime feudale o demaniale. In entrambi i casi, però, le
Periodo Svevo (1197 - 1265)
53
università erano dotate di personalità giuridiche nette e riconoscibili. Ciò le metteva nella condizione
di poter far valere presso terzi e lo Stato le proprie prerogative.
Tra gli obblighi che Federico II impose ai feudatari vi fu quello di richiedere il suo regale assenso sia
per le successioni e le alienazioni dei feudi che per i loro stessi matrimoni.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco : Sistematica enciclopedica di storia locale, Aspetti istituzionali, amministrativi e
politici ; presentazione di Michele Caiazzo, vol. 1, pt. 1. Somma Vesuviana, Graphosprint, 1998, pp. 63-75.
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino
agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, pp. 22-23.
Caneschi, Renato. Pomigliano d’Arco : trasformazioni urbane e territoriali fino all’Unità d’Italia. Tesi di Laurea in
Conservazione dei beni culturali, Insegnamento di Storia della città e del territorio in età moderna ; relatore Maria
Raffaella Pessolano, correlatore Emilio Ricciardi. Napoli, Università “Suor Orsola Benincasa”, 2003, pp. 17-18,
31 (note 27, 30), 42-44.
Cantone, Salvatore. Una anonima relazione storica su Pomigliano d’Arco : pubblicata ora per la prima volta con note
ed appendici da Salv. Cantone. [S.n.t.] Manoscritto a Pomigliano d’Arco nel 1914, pp. 72-77, 114-122.
Cantone, Salvatore. Cenni storici di Pomigliano d’Arco : con 14 illustrazioni ; introduzione di Girolamo Sibilio ;
prefazione di Luigi Di Monda. 2 Rist. Napoli, Adriano Gallina Editore, 1984, pp. 29-34.
Napolitano, Nicola. Sviluppo economico e sociale della Città di Pomigliano d’Arco. Tesi di Laurea in Lettere Moderne,
Insegnamento di Geografia ; relatore Mario Fondi. Napoli, Università degli Studi “Federico II”, 1991, pp. 10-13.
Il giuramento del Vassallo : Formula antica e Formula più recente
Il Vassallo, ricevuta l’investitura del feudo, giurava fedeltà al suo Signore. Questo giuramento, in
origine assai semplice e generico, più tardi fu minutamente giustificato.
Formula antica: «Io giuro per questi Vangeli, che ora d’innanzi sarò fedele a costui come deve un
Vassallo al Signore, e ciò che egli affiderà alla mia fedeltà, non rivelerò consapevolmente ad altri in
suo danno».
Formula più recente: «Io N.N. giuro su questi santi Vangeli che ora d’innanzi sino all’ultimo giorno
della vita sarò fedele a te N.N. mio Signore, contro ogni uomo, eccetto l’Imperatore. Cioè giuro che
scientemente non parteciperò mai a deliberazione o ad atto per cui tu perda la vita o qualche membro, o riceva danno nella persona, od ingiustizia o insulto, che tu perda qualche diritto che tu hai o
in futuro avrai. E se avrò saputo o udito di qualcuno che voglia fare qualcuna di queste cose a tuo
danno, cercherò di impedire, nella misura delle mie forze che questo non avvenga, e se non potrò
oppormi ti avviserò al più presto possibile, e ti aiuterò contro di lui quanto potrò. E se accadrà che tu
perda qualche cosa che hai o avrai, per ingiustizia o caso, t’aiuterò a ricuperarla e, ricuperata a conservarla. E se avrò saputo che vuoi giustamente assalire qualcuno, e sarò stato da te invitato, sia in
forma generale, sia personale, ti darò il mio aiuto come potrò. E se tu mi avrai rivelato qualche segreto non lo svelerò ad alcuno, senza tuo permesso, né farò in modo che sia svelato. E se mi chiederai
consiglio in qualche cosa ti darò consiglio che mi sembrerà più utile per te. E mai di persona farò
coscientemente cosa che possa essere di danno ed insulto a te ed ai tuoi».
Bibliografia
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino
agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, pp. 23-24.
Condizione di vita a Pomigliano durante l’epoca feudale
Certa è l’origine normanna dei primi feudatari del casale di Pomigliano. Nella prima fase della sua
costituzione, il feudo di Pomigliano fu sempre intestato a personaggi di prim’ordine della corte.
Questa condizione fece in modo che l’Università locale restasse fuori dalle usurpazioni e dagli abusi
che il ceto baronale andava praticando nei propri possedimenti. Ciò per la qualità stessa dei feudatari
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Periodo Svevo (1197 - 1265)
locali e per lo spessore che ebbero nelle vicissitudini di corte. Non si era, cioè, in presenza di
cavalieri e militi di quart’ordine, bensì al cospetto di prestigiosi e necessari uomini d’armi, integrati
strettamente nella vita di corte.
Già nell’epoca sveva andò affermandosi una certa configurazione delle realtà locali sia dal punto di
vista amministrativo che giurisdizionale. Presso le università c’erano il baiuolo, il capitano e vi potevano essere sindaci temporanei, eletti relativamente ad un ufficio da compiere. Inoltre, presso ogni
università si andava consolidando, e quindi era legalmente riconosciuta, l’adunanza del parlamento
locale, cioè la riunione di tutti i maschi del casale che erano chiamati a discutere di fatti importanti.
Pomigliano, già prima dell’epoca dei suoi primi feudatari, Filangieri e Stendardo, come testimoniato da un documento datato 11 settembre 1444, aveva una sua Università, con un’assemblea ed un
“corpo municipale” formato dal sindaco e da due membri di nomina baronale. L’assemblea locale si
riuniva nella chiesa di S. Felice in Pincis, alla presenza del castellano (o del capitano), del corpo
municipale e di un cancelliere. Quest’ultimo, designato dal feudatario, ma eletto dai capofamiglia
locali che sedevano nell’assemblea, aveva il compito di stilare e registrare tutte le deliberazioni e tutti
gli atti emanati dal consiglio. Le riunioni risentivano molto della funzione condizionante del capitano.
Nel tempo di Filangieri e Stendardo, l’Università locale, andò accumulando un proprio demanio,
composto da terreni e beni pubblici di cui potevano usufruire tutti. Il demanio, che si costituiva per
concessione del sovrano o per acquisizione (sorta di usucapione), poteva essere destinato agli usi
civici. Tra gli obblighi dell’Università locale, vi erano i pagamenti delle collette e delle sovvenzioni
al re, oltre alle prestazioni feudali. A tal fine, il parlamento pomiglianese eleggeva i tassatori e percettori, figure a mezzo delle quali si raccoglievano i fondi dovuti alla corte ed al signore feudale.
I Filangieri non esercitavano un controllo diretto ed assoluto sul casale in quanto, per la trasmissione
del feudo pomiglianese, il sovrano si riservava la facoltà di concedere il regio assenso. Si trattava di
una facoltà per mezzo della quale s’intendeva mantenere sotto controllo movimenti transativi poco
graditi. Come per i Filangieri, anche per i secondi feudatari pomiglianesi si è in presenza di una
importante famiglia di cavalieri, che proprio per la loro fedeltà al re Carlo d’Angiò, vennero premiati
con l’assegnazione di titoli e beni. Il casato degli Stendardo, che giunse in possesso del feudo locale
nel 1268, era di origine francese. I membri di questa famiglia si affermarono nel regno dove giunse
il feudatario pomiglianese Guglielmo, al seguito di Carlo d’Angiò. Il re lo tenne in alta considerazione nominandolo maresciallo e grande ammiraglio del regno. Successivamente il casato si divise
in due: Guglielmo II, il successore, continuò la stirpe a Napoli, mentre suo fratello Galeazzo andò in
Sicilia dove la stirpe con lui si estinse poiché, partecipe dei moti dei Vespri, fu poi giustiziato.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco : Sistematica enciclopedica di storia locale, Aspetti istituzionali, amministrativi e
politici ; presentazione di Michele Caiazzo, vol. 1, pt. 1. Somma Vesuviana, Graphosprint, 1998, pp. 63-76.
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agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, pp. 22-23.
Caneschi, Renato. Pomigliano d’Arco : trasformazioni urbane e territoriali fino all’Unità d’Italia. Tesi di Laurea in
Conservazione dei beni culturali, Insegnamento di Storia della città e del territorio in età moderna ; relatore
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Napoli, Università Popolare di Pomigliano d’Arco, 2006, pp. 12-14.
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Sposito, Pasquale. Storia di Pomigliano : Città dalle due anime : dalle origini … ai giorni nostri. Pomigliano d’Arco,
[s.n.], 1989, pp. 4-5.
I feudatari di Pomigliano d’Arco
Riccardo Filangieri: Primo feudatario di Pomigliano. Arienzo, Ponticchio, Pipone, Sant’Antimo,
Casandrino, Friano, Quadrapane, S. Maria della Fossa, furono i suoi feudi.
Guglielmo Stendardo: Fu grande maresciallo del regno, governatore di Provenza. Morì nel 1271. Il
successore Guglielmo II fu un importante guerriero; Carlo II, dovendosi assentare, lo nominò
suo reggente. Gli successe il figlio Tommaso, seguito da Filippo Stendardo che morì senza eredi
e, nel 1343, i feudi degli Stendardo passarono al governo del Regio Demanio.
Pietro di Tocco: Acquistò il feudo dal demanio nel 1353. Lo ereditò il figlio Guglielmo che lo perse
nel 1412 a favore di Giovanni Origlia. Il feudo passò di nuovo ad Adalgisio di Tocco nel 1445
per volere di Alfonso I d’Aragona. Il figlio Niccolò morì senza eredi e il feudo passò al Regio
Demanio.
Diomede Carafa: Fu uomo di Stato, scrittore del secolo XV e fedele a Re Ferrante, che gli donò il
feudo pomiglianese. Morì nel 1487; gli successe il figlio Giantommaso e a questi Diomede II.
I Duchi di Eboli e Vespasiano del Balzo: Morto Diomede II, i Grimaldi duchi di Eboli comprarono
il feudo di Pomigliano. Più tardi lo vendettero al duca Vespasiano del Balzo; in seguito il feudo
passò al Regio Demanio e infine al Pio Monte della Misericordia il 1° marzo 1627.
Gianvincenzo Strambone: Acquistò il feudo di Pomigliano dal Pio Monte della Misericordia. Gli
Strambone, famiglia nobile napoletana, furono duchi di Salza e principi di Volturara. Furono i
feudatari più longevi. L’ultimo Strambone fu Girolamo, che morì senza eredi a 90 anni, il 27
febbraio 1749 e i suoi beni passarono allo Stato.
Domenico Cattaneo: Principe di S. Nicandro, acquistò il feudo di Pomigliano dal Regio Demanio nel
1751. L’ultimo feudatario di Pomigliano fu il nipote Augusto Cattaneo, che perse il feudo
nel 1806, dopo l’approvazione della legge di abolizione della feudalità.
Bibliografia
Alfano, Giuseppe Maria. Istorica descrizione del regno di Napoli diviso in dodici provincie: in cui si fa menzione delle
cose più rimarchevoli di tutte le città, terre ... e torri marittime in esse contenute con le badie del regno: le di
loro giurisdizioni ecclesiastiche, e politiche: la qualità dell’aria d’ogni paese ... . Napoli, Manfredi, 1798, p. 25.
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco : Sistematica enciclopedica di storia locale, Aspetti istituzionali, amministrativi e
politici ; presentazione di Michele Caiazzo, vol. 1, pt. 1. Somma Vesuviana, Graphosprint, 1998, pp. 136-146.
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino
agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, pp. 28-29.
Campanile, Filiberto. L’armi overo insegne de’ nobili. Ristampa anastatica dell’edizione : Napoli, nella Stamperia di
Tarquinio Longo, 1610. Sala Bolognese, Forni, 1986.
Candida-Gonzaga, Berardo. Memorie delle famiglie nobili delle province meridionali d’Italia raccolte dal conte Berardo
Candida Gonzaga, 6 voll. in 3. Ristampa anastatica dell’edizione : Napoli, 1875. Sala Bolognese, Forni, 1995.
Caneschi, Renato. Documenti di storia pomiglianese : le città, le strade, i monumenti ; prefazione di Mino Sibilio.
Napoli, Università Popolare di Pomigliano d’Arco, 2006, pp. 14-19.
Cantone, Salvatore. Una anonima relazione storica su Pomigliano d’Arco : pubblicata ora per la prima volta con note
ed appendici da Salv. Cantone. [S.n.t.] Manoscritto a Pomigliano d’Arco nel 1914, pp. 78-113.
Cantone, Salvatore. Cenni storici di Pomigliano d’Arco : con 14 illustrazioni ; introduzione di Girolamo Sibilio ;
prefazione di Luigi Di Monda. 2 Rist. Napoli, Adriano Gallina Editore, 1984, pp. 34-37, 52-53.
Conoscere Pomigliano d’Arco : Periodico di informazioni di comune utilità ; direttore responsabile Salvatore Adorno ;
introduzione di Raffaele Russo. Napoli, Selene edizioni, 1986, p. 2.
De Lellis, Carlo. Famiglie nobili del Regno di Napoli, 3 voll. Ristampa anastatica dell’edizione : Napoli, 1654-1671.
Bologna, Forni, 1968.
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Gleijeses, Vittorio. “Pomigliano d’Arco”. In Castelli in Campania, pp. 155-156. Napoli, Società editrice napoletana, 1973.
Liceo Ginnasio Statale “Vittorio Imbriani”. Pomigliano d’Arco. Progetto “giovani 93” : Progetto generale “Star bene
con le Istituzioni”. Progetto particolare “Noi e l’ambiente” ; a cura di Filomena Rinaldis, Preside ; classi impegnate II e III Liceo Sez. E ; docenti coordinatori Gabriella D’Antonio, Francesco Romano, Antonio Cassese.
Pomigliano d’Arco, [s.n.], 1993, pp. [25-26].
Mazzella, Scipione. Descrittione del Regno di Napoli. Ristampa anastatica dell’edizione : Napoli, ad istanza di Gio
Battista Cappello, 1601. Bologna, Forni, 1981.
Riccardo Filangieri
Riccardo Filangieri fu il primo feudatario di Pomigliano. Dopo il 1140, con la conquista del
territorio del ducato napoletano da parte normanna, nell’epoca di re Ruggero II e
del figlio Guglielmo, il casale di Pomigliano dovette giungere ai Filangieri, cui
apparteneva Riccardo I che fu tra i testimoni che assistettero all’incoronazione di
Ruggero I di Sicilia.
Pomigliano, insieme ad altri feudi grandi e notevoli come S. Antimo, Arienzo,
Arpaia, ecc., passò a Giordano, figlio di Riccardo.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco : Sistematica enciclopedica di storia locale, Aspetti istituzionali, amministrativi e
politici ; presentazione di Michele Caiazzo, vol. 1, pt. 1. Somma Vesuviana, Graphosprint, 1998, pp. 67-69.
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino
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Campanile, Filiberto. L’armi overo insegne de’ nobili. Ristampa anastatica dell’edizione : Napoli, nella Stamperia di
Tarquinio Longo, 1610. Sala Bolognese, Forni, 1986, pp. 100-105, fig. p. 100.
Candida-Gonzaga, Berardo. Memorie delle famiglie nobili delle province meridionali d’Italia raccolte dal conte
Berardo Candida Gonzaga, 6 voll. in 3. Ristampa anastatica dell’edizione : Napoli, 1875. Sala Bolognese, Forni,
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Conoscere Pomigliano d’Arco : Periodico di informazioni di comune utilità ; direttore responsabile Salvatore Adorno ;
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Gleijeses, Vittorio. “Pomigliano d’Arco”. In Castelli in Campania, pp. 155-156. Napoli, Società editrice napoletana, 1973.
Giordano Filangieri
Giordano Filangieri, uno dei più fedeli servitori della corte sveva, fu tra i cavalieri che seguirono la
crescita di Federico II sin dagli anni della reggenza della madre Costanza d’Altavilla. Giordano
raggiunse il punto massimo della notorietà e del potere quando ricoprì per lunghi anni incarichi
importanti e tra questi il comando generale per la Sicilia e la Calabria. Insomma, una figura di primo
piano su cui contava molto Federico II.
Alla morte di Giordano Filangieri subentrò nei possedimenti, e quindi anche nel casale di
Pomigliano, il figlio Riccardo (Corradino), pure lui irriducibile sostenitore degli Svevi e, come il
padre, uomo indispensabile a corte.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco : Sistematica enciclopedica di storia locale, Aspetti istituzionali, amministrativi e
politici ; presentazione di Michele Caiazzo, vol. 1, pt. 1. Somma Vesuviana, Graphosprint, 1998, pp. 67-68.
Campanile, Filiberto. L’armi overo insegne de’ nobili. Ristampa anastatica dell’edizione : Napoli, nella Stamperia di
Tarquinio Longo, 1610. Sala Bolognese, Forni, 1986, pp. 100-105, fig. p. 100.
Candida-Gonzaga, Berardo. Memorie delle famiglie nobili delle province meridionali d’Italia raccolte dal conte
Berardo Candida Gonzaga, 6 voll. in 3. Ristampa anastatica dell’edizione : Napoli, 1875. Sala Bolognese, Forni,
1995, vol. 1, pp. 216-223.
Conoscere Pomigliano d’Arco : Periodico di informazioni di comune utilità ; direttore responsabile Salvatore Adorno ;
introduzione di Raffaele Russo. Napoli, Selene edizioni, 1986, p. 2.
PERIODO ANGIOINO (1265 – 1442)
Pomigliano sotto il dominio angioino
La morte di Federico II di Svevia, nel 1250, era stata accompagnata dall’acuirsi dello scontro tra
Guelfi e Ghibellini nella parte centro-settentrionale della penisola. Il papa Innocenzo IV si era inserito bene nella disputa chiamandovi a partecipare pure il fratello del re di Francia, Carlo D’Angiò.
L’obiettivo dichiarato del pontefice era di scalzare gli Svevi dal meridione. Il che avvenne dopo che
il secondogenito di Federico, Manfredi, che era successo al trono al fratello Corrado morto nel 1254,
fu sconfitto dall’angioino Carlo presso Benevento nel febbraio del 1265.
Carlo d’Angiò all’indomani della battaglia di Benevento dovette apprestarsi allo scontro definitivo
con gli Svevi in quanto il figlio di Corrado, Corradino mosse per riconquistare il regno. I repentini
capovolgimenti di fronte si conclusero il 29 ottobre del 1267, quando in Piazza Mercato a Napoli
furono giustiziati Corradino e i suoi fidi sostenitori.
Convinto assertore della causa degli Svevi, il feudatario del casale di Pomigliano, Riccardo
Filangieri, si schierò apertamente con Corradino. Per questo motivo, nel 1268 il feudo del casale di
Pomigliano passò a Guglielmo Stendardo.
Dopo aver conquistato il regno, nel 1265, Carlo I d’Angiò, Conte di Provenza, Re di Napoli e di
Cantone, Salvatore. Cenni storici di Pomigliano d’Arco, 1923. Muzio Attendolo Sforza libera la Regina Giovanna II
da Castelcapuano e la conduce a Pomigliano.
58
Periodo Angioino (1265 - 1442)
Sicilia ne trasferì la capitale da Palermo a Napoli che tale
restò sino alla costituzione dell’Italia unita.
Morto nel 1285 Carlo d’Angiò, il figlio Carlo II regnò a
Napoli ed in Provenza fino al 1309. Carlo II iniziò a Napoli
quel governo civile e pacifico che fu continuato dal figlio
Roberto. Questi riordinò l’amministrazione per quanto era
consentito dalla resistenza dei nobili e migliorò le finanze
dello Stato.
Nel 1343 Giovanna I salì al trono. Fu frivola sia come
donna che come sovrana. Si dedicò col ministro Gran
Siniscalco Niccolò Acciaioli a rimettere ordine nell’amministrazione. Il suo regno durò fino al 1378, quando fu
deposta. La regina morì senza figli e fu sostituita da Carlo
Napoli. Palazzo Reale, facciata.
III di Durazzo, del ramo Angioino dei principi di Acaia,
Carlo I d’Angiò
che fu anche Re d’Ungheria.
Il figlio di Carlo, Ladislao, regnò a Napoli fino al 1414, e la figlia Giovanna II fino al 1435. Entrambi
regnarono in un periodo di continue guerre. Giovanna II, in particolare, dovette affrontare la guerra
per la successione al trono di Napoli contro Luigi III re di Francia. La regina chiamò in suo soccorso
Alfonso V d’Aragona al quale promise in eredità il
regno. Giovanna II, intrigante e sensuale, si circondò di amici molto discussi, come il condottiero
Muzio Attendolo Sforza, che la liberò da
Castelcapuano e la portò prima a Pomigliano e poi
a Nola. Venne per qualche tempo sostituita nel
governo dal marito, Giacomo de la Marca, il quale
rafforzò il legame con i Francesi, isolò la regina in
Castelnuovo e, nel 1415, fece arrestare lo Sforza.
L’anno successivo Giovanna II riprese il trono e
liberò lo Sforza che divenne Gran Connestabile del
regno. Priva di figli e lontana dal marito, la Regina
adottò come figlio ed erede Alfonso d’Aragona e di
Sicilia, che nel 1423 cercò di afferrare subito la
corona, arrestando Giovanni Caracciolo, amico e
consigliere della Regina, e tentando di arrestare
anche questa. La regina fuggì, revocò l’adozione, e
dichiarò erede Luigi III d’Angiò.
In meno di un secolo, dalla morte di re Roberto
d’Angiò nel 1343, a quella della regina Giovanna II,
avvenuta nel febbraio 1435, si ebbe un’intensa e
profonda trasformazione feudale che portò i baroni
molte volte a primeggiare rispetto alla corte o ad
imporsi ai sovrani.
Dal 1343 il ramo napoletano degli Stendardo perse
Pomigliano, a causa dei contrasti insorti con la nuova
regina, Giovanna I. Il feudo e gli altri beni apparteRemondini, Gianstefano.
nenti a quel casato passarono al Regio Demanio,
Della nolana ecclesiastica storia.
assegnati poi a Sancia di Maiorca, vedova di re
Bolla di Gregorio XI, chiese della Diocesi di Nola.
Periodo Angioino (1265 - 1442)
59
Rationes decimarum italiae. Carta topografica delle Diocesi della Campania nei secc. XIII-XIV.
Roberto I, che li tenne solo un biennio. Il feudo locale nel 1345 passò di nuovo al Regio Demanio,
restandovi per circa otto anni, fino al 1353 quando fu assegnato al Gran Siniscalco Pietro Tocco di
Montemiletto, conte di Martina. Guglielmo Tocco, figlio di Pietro, fu poi privato del feudo da re
Ladislao di Durazzo. In seguito, Pomigliano, ritornato nuovamente a far parte del Demanio della
Corona, fu acquistato dalla famiglia Origlia.
Due anni dopo, nel 1414, alla morte di Ladislao durante il regno di Giovanna II, il feudo di
Pomigliano andò dagli Origlia ai Caracciolo, poi di nuovo agli Origlia. Fu infine reclamato dai
Tocco. Nell’epoca in cui si fece più acuto lo scontro tra gli Origlia e i Tocco, nel Regno di Napoli
incominciò ad affermarsi la dinastia aragonese nelle persone di Alfonso I e del successore Ferrante.
Nel 1445 i Tocco tornarono in possesso del feudo di Pomigliano grazie ad Alfonso I d’Aragona.
In questo stesso periodo storico e precisamente dal 1373, come attesta una bolla di papa Gregorio XI,
in cui si nomina la chiesa di Santa Croce, è certo che Pomigliano appartenesse alla Diocesi di Nola.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco : Sistematica enciclopedica di storia locale, Aspetti istituzionali, amministrativi e
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Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino
agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, pp. 9, 24-28.
Caneschi, Renato. Pomigliano d’Arco : trasformazioni urbane e territoriali fino all’Unità d’Italia. Tesi di Laurea in
Conservazione dei beni culturali, Insegnamento di Storia della città e del territorio in età moderna ; relatore
Maria Raffaella Pessolano, correlatore Emilio Ricciardi. Napoli, Università “Suor Orsola Benincasa”, 2003,
pp. 18-20, 42-45, 107.
Caneschi, Renato. Documenti di storia pomiglianese : le città, le strade, i monumenti ; prefazione di Mino Sibilio.
Napoli, Università Popolare di Pomigliano d’Arco, 2006, pp. 14-16.
Cantone, Salvatore. Cenni storici di Pomigliano d’Arco : con 14 illustrazioni ; introduzione di Girolamo Sibilio ;
prefazione di Luigi Di Monda. 2 Rist. Napoli, Adriano Gallina Editore, 1984, pp. 37-39, fig. p. [40].
60
Periodo Angioino (1265 - 1442)
Conoscere Pomigliano d’Arco : Periodico di informazioni di comune utilità ; direttore responsabile Salvatore Adorno ;
introduzione di Raffaele Russo. Napoli, Selene edizioni, 1986, p. 2.
Dugo Iasevoli, Vera. Ricostruzione storica culturale architettonica del comune di Pomigliano d’Arco ; a cura del Lions
club di Pomigliano d’Arco, Distretto 108Y - Italy. Anno Sociale 1989-90. Service Nationale “Ama di più la tua
città”. Ercolano, La buona stampa, 1990, pp. 13-14.
Galanti, Giuseppe Maria. Nuova descrizione storica e geografica delle Sicilie, dell’avvocato Giuseppe M.a Galanti. ...
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Guglielmo I Stendardo
Come per i Filangieri, pure per i secondi feudatari pomiglianesi siamo in presenza di una importante
famiglia di cavalieri, che proprio per la loro fedeltà al sovrano conquistatore venivano premiati con
l’assegnazione di titoli e beni. Il casato degli Stendardo, che giunse in possesso del
feudo locale nel 1268, era di origine francese e propriamente della città di Berre in
Provenza. Originariamente il cognome era “Etendard”, poi nella battaglia di
Benevento contro Corrado, Guglielmo portò l’insegna dell’esercito invasore e
perciò ebbe quest’appellativo che, per la subita volgarizzazione, divenne
Stendardo. Gli Stendardo si affermarono nel Regno di Napoli nel quale giunse il
feudatario pomiglianese Guglielmo al seguito di Carlo d’Angiò. Guglielmo
Stendardo fu fedele ed ossequioso servitore del re, il quale lo tenne in alta considerazione nominandolo maresciallo e grande ammiraglio del regno.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco : Sistematica enciclopedica di storia locale, Aspetti istituzionali, amministrativi e
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1995, vol. 5, pp. 201-212.
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61
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Guglielmo II Stendardo
Guglielmo II Stendardo, figlio di Guglielmo I, fu un grande guerriero. Carlo II, dovendosi assentare,
lo nominò suo reggente. Gli successe il figlio Tommaso.
Guglielmo II Stendardo, il 24 febbraio del 1271, quando già possedeva Pomigliano e alcuni beni
feudali, ottenne dal re Carlo I d’Angiò altri possedimenti in principato Ultra e Terra di Lavoro.
Il casato degli Stendardo si divise in due: Guglielmo II continuò la stirpe a Napoli, mentre quella di
suo fratello Galeazzo si estinse quando, recatosi in Sicilia, fu giustiziato avendo partecipato ai moti
dei Vespri. Il ramo napoletano degli Stendardo si estinse con Giovannella, unica figlia di Giannotto,
che sposò Massimo Boffa nel 1417, quando gli Stendardo già non erano più feudatari di Pomigliano.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco : Sistematica enciclopedica di storia locale, Aspetti istituzionali, amministrativi e
politici ; presentazione di Michele Caiazzo, vol. 1, pt. 1. Somma Vesuviana, Graphosprint, 1998, p. 73.
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Berardo Candida Gonzaga, 6 voll. in 3. Ristampa anastatica dell’edizione : Napoli, 1875. Sala Bolognese, Forni,
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Conoscere Pomigliano d’Arco : Periodico di informazioni di comune utilità ; direttore responsabile Salvatore Adorno ;
introduzione di Raffaele Russo. Napoli, Selene edizioni, 1986, p. 2.
Tommaso e Filippo Stendardo
A Guglielmo II, deceduto nel 1308, seguì il suo quarto figlio, Tommaso anch’egli regio consigliere,
ciambellano di corte e, ripetutamente, capitano di guerra. Il suo unico figlio, Filippo, succedutogli,
fu il quinto feudatario di Pomigliano, morì senza eredi e nel 1343 i feudi degli Stendardo passarono
al Regio Demanio.
Bibliografia
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino
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62
Periodo Angioino (1265 - 1442)
Conoscere Pomigliano d’Arco : Periodico di informazioni di comune utilità ; direttore responsabile Salvatore Adorno ;
introduzione di Raffaele Russo. Napoli, Selene edizioni, 1986, p. 2.
I Tocco e gli Origlia
Nel 1353 il feudo di Pomigliano fu acquistato dal Gran Siniscalco Pietro di Tocco di Montemiletto.
La famiglia Tocco è ritenuta di origine longobarda; questa mantenne per
circa mezzo secolo il feudo pomiglianese che, insieme a quello di
Montemiletto, rientrava tra i loro possedimenti più importanti.
Successore di Pietro di Tocco fu il figlio Guglielmo, che versava alla corona l’adohamentum per il casale di Pomigliano e, come i suoi predecessori
antichi e nuovi, onorava la tassazione creata da Federico II.
Guglielmo di Tocco, riuscì a tenersi in disparte rispetto alle lotte dinastiche
accesesi dopo la morte di Giovanna I tra il ramo francese degli Angioini e
quello dei Durazzo. Nel 1399, a seguito dell’affermazione di Ladislao di
Durazzo, Guglielmo di Tocco divenne Gran Ciambellano di corte, stringendo una forte amicizia con il sovrano. Il rapporto fra i due si incrinò nel 1408,
quando Guglielmo, accusato di congiura, fu imprigionato e spogliato di ogni
bene. A Guglielmo non restò che l’esilio durante il quale morì. Quindi il
feudo di Pomigliano e gli altri beni passarono al Regio Demanio per poi essere acquistati da Gorello
Origlia per 6000 fiorini d’oro. Nel 1412 questi morì e i feudi di Ottaviano, Arnone, Pomigliano,
Mariglianella e la Contea di Acerra passarono al figlio Giovanni Origlia.
Due anni dopo, nel 1414, alla morte di Ladislao, Giovanna II scatenò una nuova guerra con la
Francia; dopo che la regina riottenne il controllo del regno, non mancò di far sentire il peso della sua
vendetta nei confronti di quanti le avevano voltato le spalle. Tra questi fu
punito Giovanni Origlia che, reo di essersi arreso all’invasore, fu spogliato di tutti i suoi beni. Pomigliano fu occupata dagli Sforza l’11 ottobre
1418 e donata dalla sovrana a Gianni Caracciolo nel 1420 diventando un
possedimento degli Orsini-Caracciolo.
Successivamente alla morte della regina, avvenuta nel 1437, Galeazzo
Origlia, con l’intercessione dello zio Giacomo della Leonessa presso
l’amico Raimondo Orsini, rientrò in possesso del feudo di Pomigliano, che
passò poi a Troilo, secondogenito di Giovanni Origlia.
In punto di morte, Guglielmo di Tocco aveva fatto promettere ai suoi figli
di riconquistare i feudi perduti. Approfittando dei disordini nel regno, suo
figlio Adalgisio, si mosse per rientrare in possesso di Montemiletto e del
casale di Pomigliano. Pur di raggiungere l’obiettivo di riconquistare i possedimenti appartenuti alla
famiglia, Adalgisio ingaggiò con Troilo Origlia una lotta legale, sostenendo che la vendita dei beni
della sua famiglia da parte del suo avo Guglielmo fosse stata conseguenza di un atto coercitivo di re
Ladislao, suggerito da Gorello Origlia. La battaglia legale si concluse nel 1445, quando il nuovo re
Alfonso I D’Aragona, accettate le argomentazioni di Adalgisio di Tocco, lo reintegrò nel bene conteso.
Ad Adalgiso seguì il figlio Niccolò, che fu l’ultimo del casato a tenere infeudato Pomigliano prima
che nel 1466 passasse ai Carafa.
Bibliografia
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La nascita del Casale
Le origini dei Casali variano, ma in generale essi sorsero o intorno a un santuario o intorno ad un
palazzo feudale ed erano costituiti da un insieme di case rustiche, fattorie, ambienti per la conservazione
dei raccolti e degli animali, insomma tutti gli usi civici consentiti su un territorio comunque demaniale.
Quando i casali si espandevano e soprattutto crescevano di popolazione, poteva esser riconosciuto
loro il diritto ad una amministrazione autonoma, ma la separazione amministrativa non intaccava la
giurisdizione, in quanto “cosa” del pubblico e non della città, per cui il casale rimaneva legato
all’università madre, anche nel caso dell’infeudazione. Ognuno di essi ha la sua storia ed anche la
sua mitologia.
I Casali di Napoli anticamente si chiamavano Vici, Villae, Pagi, ecc. Questi facevano un corpo con la
città godendo immunità, privilegi e prerogative di essa. I Casali avevano le consuetudini napoletane e
godevano di una certa indipendenza amministrativa. Questa interdipendenza viene confermata
dall’ordinamento feudale quando si distingue tra università, ovvero città propriamente intesa, e
casale, termine col quale s’intende quel certus casarum numerus costruito nel territorio dell’università
e sopra un terreno a questa appartenente.
Le relazioni tra Napoli e i suoi Casali sono state sempre strettissime; i vantaggi che questi trassero
dalla vicinanza di un centro così importante sono stati notevoli. Ad eccezione dell’epoca vicereale,
64
Periodo Angioino (1265 - 1442)
in cui il grande aumento della popolazione
fu dovuta ai Baroni che lasciavano i loro
feudi per trasferirsi nella capitale, in altri
tempi la popolazione dei Casali crebbe
parallelamente a quella della città.
Nell’epoca Angioina gli abitanti dei
Casali oltre a subire collette e ad altre
imposizioni fiscali erano maggiormente
gravati rispetto agli altri sudditi del
regno, poiché costretti al pagamento
annuale alla Real Corte di tre tareni
(Tareni o tereni o tari, erano monete che
derivavano il loro nome da quello arabo
di dirhem).
I casali, politicamente, avevano il privilegio di essere del Regio Demanio, ma
tal privilegio di cui godettero anche sotto
gli Angioini non fu molto rispettato e le
terre vennero parecchie volte trasformate in feudo. In quell’epoca vicereale,
in cui tanto denaro fu estorto a Napoli a
beneficio dei re spagnoli, era prassi
riconcedere in feudo le terre precedentemente riscattate dal Demanio. Il viceré
Conte di Monterey vendette tutte le terre
demaniali compresi i Casali di Napoli,
sia che avessero tale privilegio per grazia del re, sia che l’avessero acquistato
Sasso, Stefano. In Pomigliano d’Arco : una città che guarda al futuro.
riscattandosi.
Casali di Napoli, cartografia del 1613.
Nel 1783 di 30 casali esistenti, 20 erano
baronali. Più rispettata fu la prerogativa,
avuta dagli Aragonesi in poi, di non pagare le imposte di Napoli; questa però riguardava soltanto le
tasse ordinarie con tutti i donativi che Napoli offriva ai re di Spagna.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco : Sistematica enciclopedica di storia locale, Aspetti istituzionali, amministrativi e politici ; presentazione di Michele Caiazzo, vol. 1, pt. 1. Somma Vesuviana, Graphosprint, 1998, fig. p. 149.
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Periodo Angioino (1265 - 1442)
65
Cennamo, Michele. Le masserie circumvesuviane. Pomigliano. Masseria Tavolone.
Pomigliano 33º Casale di Napoli
Gli storici dei Casali di Napoli attribuiscon a Pomigliano il numero 33.
Un primo elenco è riportato negli studi fatti da Bartolomeo Capasso sulla storia del Ducato
Napoletano nei suoi Monumenta ad neapolitani ducatus, in cui scrive che nell’Ager Neapolitanus i
Casali erano 47. Un altro elenco dei casali di Napoli dall’età ducale al sec. XVIII è riportato da
Cesare De Seta che fa menzione del casale di Pomilianum foris Arcora, Paccianum foris Arcora e
Licilianum foris Arcora.
Si può desumere come solo in età ducale Pomigliano sia entrata a far parte della rete dei casali napoletani. Nelle epoche successive, pur continuando a essere indicato come casale negli atti ufficiali,
Pomigliano si era già emancipata da quello status giuridico, assumendo il rilievo di un vero e proprio castrum, come dimostra un documento dell’epoca aragonese, dove il tesoriere del regno esenta
il castry Pumiglyani per la tassa del focatico. Va precisato come sia il termine di “casale” che quello di castrum, dopo la conquista spagnola, rimasero svuotati di significato: il regno non aveva più
bisogno di piccole fortificazioni destinate alla difesa del territorio e nel contempo la capitale non
aveva più necessità dei casali dell’entroterra, che per la maggior parte furono infeudati. Il ruolo
non più centrale del Regno di Napoli nella politica europea, a partire dal Cinquecento, rese
possibile l’instaurarsi di un nuovo rapporto con le terre al di fuori delle mura cittadine; di conseguenza, i casali si trasformarono per la maggior parte in comunità sempre più vaste e organizzate dal punto
di vista istituzionale, lasciando il loro antico compito produttivo alle masserie.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco : Sistematica enciclopedica di storia locale, Aspetti istituzionali, amministrativi e politici ; presentazione di Michele Caiazzo, vol. 1, pt. 1. Somma Vesuviana, Graphosprint, 1998, fig. p. 149.
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Caneschi, Renato. Pomigliano d’Arco : trasformazioni urbane e territoriali fino all’Unità d’Italia. Tesi di Laurea in
Conservazione dei beni culturali, Insegnamento di Storia della città e del territorio in età moderna ; relatore Maria
Raffaella Pessolano, correlatore Emilio Ricciardi. Napoli, Università “Suor Orsola Benincasa”, 2003, pp. 42-45.
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Napoli, Università Popolare di Pomigliano d’Arco, 2006, pp. 47, 50.
Capasso, Bartolomeo. Monumenta ad neapolitani ducatus historiam pertinentia quae partim nunc primum, partim
iterum typis vulgantur. Tomus primus, secundus (pars prior-pars altera), cura et studio Bartholomaei Capasso
cum eiusdem notis ac dissertationibus, 3 voll. Napoli, Francesco Giannini, 1881, 1885, 1892.
Cennamo, Michele. Le masserie circumvesuviane : Tradizione e innovazione nell’Architettura rurale ; presentazione
di Mario Coletta. Benevento, Fiorentino & Newtechnology, 2006, fig. p. 142.
De Seta, Cesare. Le città nella storia d’Italia : I casali di Napoli ; con i contributi di Gaetana Cantone, Stella Casiello,
Alessandro Dal Piaz, Anna Giannetti, Benedetto Gravagnuolo, Mimmo Jodice, Paolo Mascilli, Luigi Palomba,
Arturo Rigillo, Gregorio E. Rubino, Vladimiro Valerio, Claudia Zucca. Bari, Editori Laterza, 1989, pp. 13, 18,
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produzione : Napoli : la periferia orientale. pp. 177-183. Napoli, Edizioni Athena, 1998, pp. 177-178.
Com’era governato il casale di Pomigliano : gli Eletti e il Camerlengo
Il Casale di Pomigliano era governato da due Eletti che avevano otto deputati. Quest’elezione
veniva fatta a volte con l’assistenza di un regionale della Camera, altre volte con l’intervento di un
delegato o ministro, oppure da propri e soli cittadini. Il popolo era avvertito del giorno dell’elezione
per intervenire nel luogo destinato e scrivere i nomi eleggibili: 15 di questi venivano estratti a sorte
dalla parte della Chiazza e altri 15 nomi dalla parte della Terra, i due quartieri che formavano
anticamente Pomigliano.
Primaria cura degli Eletti, per la facoltà concessa dal re Ladislao di Durazzo, era provvedere
all’abbondanza delle cose commestibili e necessarie alla pubblica assistenza. A tale scopo essi erano
obbligati a curare l’acquisto dei grani, o direttamente o per mezzo dei negozianti, la molitura dei
medesimi, la vendita delle farine e la consegna di queste ai farinai ed ai panettieri, nonché l’acquisto, la conservazione e la consegna degli olii ai bottegai di lardo e agli oleandoli del Casale. Gli Eletti,
per causa del magistero, dovevano far pagare un carlino per la gabella e 15 grane per ogni tomolo di
farina e stare attenti affinchè ogni cosa procedesse a beneficio dell’Università. Il casale era assistito
dal Camerlengo, che veniva designato e confermato ogni anno dal Reggente della Vicaria (la Corte
di Giustizia) secondo la nomina fatta dagli Eletti.
Il compito del Camerlengo era quello di vigilare, attendere e riferire al Reggente i delitti criminali
che venivano commessi nel paese e nel suo distretto, affinché questi mandasse qualcuno a prendere
informazioni e procedesse di giustizia. Gli Eletti nominavano altresì il Giurato, che assisteva gli scrivani che venivano in questo Casale, il quale riferiva alla Vicaria i delitti che si commettevano ogni
anno. Il Reggente dell’Università di Pomigliano riceveva 8 ducati e due carlini, il Giurato 6.
Bibliografia
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino
agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, pp. 31-34.
Cantone, Salvatore. Una anonima relazione storica su Pomigliano d’Arco : pubblicata ora per la prima volta con note
ed appendici da Salv. Cantone. [S.n.t.] Manoscritto a Pomigliano d’Arco nel 1914, p.76.
PERIODO ARAGONESE (1442 – 1516)
Alfonso I d’Aragona e il dominio aragonese
Subito dopo la morte di Giovanna II, avvenuta nel 1435, Alfonso I d’Aragona mosse contro Renato
d’Angiò, nuovo sovrano di Napoli, rivendicando il trono promessogli venti anni prima. La guerra si
concluse solo nel 1442, con la vittoria di Alfonso I, che fece il suo ingresso trionfante in città nel
1443 e riuscì ad assicurarsi una forte clientela tra i feudatari regnicoli; tra essi vi era anche Adalgisio
di Tocco. Quando conquistò il Regno di Napoli, Alfonso era sovrano di importanti territori castigliani ed iberici, possedeva già la Sardegna, ma non aveva un territorio esteso e concentrato sul quale
esercitare la sua sovranità. Predominava una connotazione federale che si espresse pure all’atto della
convocazione del parlamento di S. Lorenzo, nel febbraio del 1443, quando Alfonso nominò il figlio
naturale Ferdinando I d’Aragona, meglio conosciuto come Ferrante, luogotenente del regno. Ad
ogni modo, re Alfonso rese più stretto il suo rapporto con il meridione della penisola eleggendo
Napoli a capitale dell’intero regno. Il fatto inorgoglì il ceto baronale, il quale alzava continuamente
il prezzo della propria fedeltà al sovrano. Re Alfonso creò un’unica Cancelleria con sede in Napoli,
istituì il Sacro Regio Consiglio che doveva amministrare la giustizia per gli indigenti, riorganizzò
la Tesoreria.
Nel parlamento del 1443 fu pure concesso a tutti i signori feudali l’esercizio del diritto ad amministrare la giustizia, che rappresentava ancora una delle poche prerogative attraverso cui il sovrano
poteva interdire il potere baronale. I baroni potevano ritenersi un corpo autonomo e separato dallo
Stato del quale ne contrastavano a piacimento lo svolgersi. La tirannia baronale aveva destato nelle
università un odio profondo e ogni piccola terra pregava il re
di tenerla in suo demanio. La questione fiscale rappresentò il
problema cardine del rapporto tra il re, i baroni e le università.
Quando il re morì il 27 giugno 1458, a succedergli fu il figlio
Ferrante I che, salito al trono, ebbe paura di schierarsi apertamente con le università. Fu metodico nell’aumentare i poteri
costruendo uno scenario istituzionale certo. Ciò andava a scapito dei baroni i quali pure dall’estero tramarono contro il
sovrano. La rivolta avvenne nel 1459 quando i baroni si ribellarono apertamente. Dopo questo episodio, re Ferrante operò
una epurazione dei nobili partecipanti alla congiura, tra i quali
vi fu anche Niccolò, figlio di Adalgisio di Tocco, e una sistematica e continua spoliazione di quei signori feudali che con
maggiore caparbietà gli si erano messi contro.
I baroni raggiunsero il loro obiettivo quando il re di Francia
Carlo VIII decise di scendere nel meridione a riconquistare il
regno perduto. La spedizione francese avvenne nelle prime
settimane del 1495. Ferrante era morto il 25 gennaio 1494 ed
il regno era passato al figlio Alfonso il quale, di fronte al fervore francese, abdicò a favore di Ferrandino d’Aragona. Gli
Sforza e Carlo VIII arrivarono con truppe e cavalieri equipagNapoli. Palazzo Reale, facciata.
giati che si distinsero per l’ordine e l’organizzazione finalizzata
Alfonso I d’Aragona.
68
Periodo Aragonese (1442 - 1516)
ad attaccare, uccidere e conquistare territori.
Trascorsa la breve parentesi francese di Carlo VIII, gli Aragonesi riconquistarono il regno e lo
tennero con Federico sino al 1501, quando il papa dichiarò decaduto Federico d’Aragona, che andò
esule in Francia e gli Spagnoli nel 1503 si impadronirono del Regno di Napoli.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco : Sistematica enciclopedica di storia locale, Aspetti istituzionali, amministrativi e
politici ; presentazione di Michele Caiazzo, vol. 1, pt. 1. Somma Vesuviana, Graphosprint, 1998, pp. 82-99.
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino
agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, pp. 9, 34-36.
Caneschi, Renato. Pomigliano d’Arco : trasformazioni urbane e territoriali fino all’Unità d’Italia. Tesi di Laurea in
Conservazione dei beni culturali, Insegnamento di Storia della città e del territorio in età moderna ; relatore Maria
Raffaella Pessolano, correlatore Emilio Ricciardi. Napoli, Università “Suor Orsola Benincasa”, 2003, p. 21.
Caneschi, Renato. Documenti di storia pomiglianese : le città, le strade, i monumenti ; prefazione di Mino Sibilio.
Napoli, Università Popolare di Pomigliano d’Arco, 2006, pp. 15-16.
Cantone, Salvatore. Una anonima relazione storica su Pomigliano d’Arco : pubblicata ora per la prima volta con note
ed appendici da Salv. Cantone. [S.n.t.] Manoscritto a Pomigliano d’Arco nel 1914, pp. 93, 97.
Cantone, Salvatore. Cenni storici di Pomigliano d’Arco : con 14 illustrazioni ; introduzione di Girolamo Sibilio ;
prefazione di Luigi Di Monda. 2 Rist. Napoli, Adriano Gallina Editore, 1984, p. 58.
Conoscere Pomigliano d’Arco : Periodico di informazioni di comune utilità ; direttore responsabile Salvatore Adorno ;
introduzione di Raffaele Russo. Napoli, Selene edizioni, 1986, p. 2.
Di Costanzo, Angelo. Istoria del Regno di Napoli di Angelo di Costanzo ... nella quale si raccontano i fatti più importanti dalla morte dell’Imperatore Federico 2. fino a’ tempi di Ferdinando I d’Aragona. Napoli, Stamperia di
Giovanni Gravier, 1769, vol. 5, pp. 3-113.
Dugo Iasevoli, Vera. Ricostruzione storica culturale architettonica del comune di Pomigliano d’Arco ; a cura del Lions
club di Pomigliano d’Arco, Distretto 108Y - Italy. Anno Sociale 1989-90. Service Nationale “Ama di più la tua
città”. Ercolano, La buona stampa, 1990, pp. 13-14.
Galanti, Giuseppe Maria. Nuova descrizione storica e geografica delle Sicilie, dell’avvocato Giuseppe M.a Galanti. ...
Tomo primo [-quinto], vol. 1. Napoli, Gabinetto letterario, 1786-1792, pp. 153-162.
Giustiniani, Lorenzo. “Pomigliano d’Arco”. In Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli di Lorenzo
Giustiniani, vol. 7, pp. 236-238. Napoli, Vincenzo Manfredi, 1797-1805.
Liceo Ginnasio Statale “Vittorio Imbriani”. Pomigliano d’Arco. Progetto “giovani 93” : Progetto generale “Star bene
con le Istituzioni”. Progetto particolare “Noi e l’ambiente” ; a cura di Filomena Rinaldis, Preside ; classi impegnate II e III Liceo Sez. E ; docenti coordinatori Gabriella D’Antonio, Francesco Romano, Antonio Cassese.
Pomigliano d’Arco, [s.n.], 1993, p. [25].
Sposito, Pasquale. Storia di Pomigliano : Città dalle due anime : dalle origini … ai giorni nostri. Pomigliano d’Arco,
[s.n.], 1989, pp. 4-5.
Pomigliano sotto il dominio aragonese
Assalto di Carlo VIII a Pomigliano il 12 ottobre 1499
Nel 1439, Alfonso d’Aragona, durante la guerra per conquistare il regno, preso Caivano e postovi
presidio, rivolse le armi anche contro Pomigliano, che subito gli si arrese.
All’indomani della vittoria, Alfonso d’Aragona convocò il Parlamento e il
provvedimento più importante riguardò la “tassa fuocatico”, ossia una tassa
di famiglia annuale che le Università dovevano versare al fisco. Con
l’introduzione del nuovo meccanismo fiscale si superava quello introdotto
dagli Angioini basato sulla sottoscrizione di sei collette annuali. Nel versare
la tassa, Pomigliano, come altre Università del regno, si vedeva assegnare a
priori l’importo dell’imposta.
Un documento risalente al 1444 evidenzia il fatto che già antecedentemente la fondazione del Regno
di Sicilia, quindi prima del 1130, Pomigliano versava le quote per le collette. Ciò indica che al tempo,
quello locale, era un feudo autonomo, quindi non dipendente da altri. Inoltre, il feudo locale era indicato
Periodo Aragonese (1442 - 1516)
69
come esempio circa la serietà e la precisione nel versamento dei contributi fiscali dovuti alla corte.
Tale motivo induceva l’esattore Francesco de Aquino a rivolgersi con un certo rispetto a Pomigliano
nell’esigere la nuova tassa, il fuocatico.
Un fatto nuovo emerse a partire proprio dal documento di concessione feudale del 9 ottobre 1445 alla
famiglia Tocco del feudo di Pomigliano, in cui veniva proposto il nome per esteso di “Pomigliano
d’Arco”, presso la quale terra si diceva esistesse un castello (castri). Il castri era una definizione che
assumeva anche una connotazione geografico-urbana e, oltre al nome, è importante evidenziare che
al tempo Pacciano era già parte integrante di Pomigliano d’Arco. Questa notizia risulta di grande
rilievo visto che i documenti più antichi citavano due distinte realtà, entrambe allocate foris arcora.
Nel documento del 1445 si trova richiamata la “terra” di Pomigliano d’Arco ed il “casale” di
Pacciano, segno evidente che il secondo era ormai integrato e subordinato alla prima.
Quando salì al trono, Ferrante d’Aragona si ritrovò contro i baroni e i pretendenti angioini, ma riuscì
comunque a tenere la situazione sotto controllo, soffocando la rivolta dei baroni, privando dei beni,
tra gli altri congiurati, anche Niccolò di Tocco, feudatario di Pomigliano. Il possedimento locale ed
altri beni della famiglia Tocco furono incamerati nuovamente dal Regio Demanio e tenuti sino al
1466, quando tutto passò ai Carafa.
Nel parlamento del 1481 Ferrante rivoluzionò il sistema fiscale, abolendo la “tassa fuocatico” e
costruendo un meccanismo basato su dazi e gabelle. Si passò, così, dall’imposizione diretta a quella
indiretta.
Nel 1495 Pomigliano si ritrovò di nuovo coivolta nelle guerre dinastiche all’indomani della venuta
nel Meridione del re di Francia Carlo VIII, deciso a riconquistare il regno. Quando questi fu sconfitto,
allontanatosi da Napoli, vi lasciò in presidio alcune truppe, le quali ben presto si videro in cattive
acque, incalzate dalle forze del legittimo re Ferdinando II d’Aragona, tornato nel regno. Furono tali
truppe che, perduta la capitale e ridotte male, il 12 ottobre 1495 si volsero contro le cittadelle dei
sostenitori del partito aragonese, tra cui i Carafa a Pomigliano. Il feudo fu preso, saccheggiato, devastato e furono ammazzate circa trecento pomiglianesi.
I Carafa tennero Pomigliano per ben settant’anni. In quell’arco di tempo si concluse la dominazione
aragonese nel regno ed iniziò quella spagnola. Nel 1530 il feudo passò ai duchi di Eboli, quando
Napoli faceva già parte del viceregno spagnolo.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco : Sistematica enciclopedica di storia locale, Aspetti istituzionali, amministrativi e
politici ; presentazione di Michele Caiazzo, vol. 1, pt. 1. Somma Vesuviana, Graphosprint, 1998, pp. 90-99.
Caneschi, Renato. Pomigliano d’Arco : trasformazioni urbane e territoriali fino all’Unità d’Italia. Tesi di Laurea in
Conservazione dei beni culturali, Insegnamento di Storia della città e del territorio in età moderna ; relatore
Maria Raffaella Pessolano, correlatore Emilio Ricciardi. Napoli, Università “Suor Orsola Benincasa”, 2003,
pp. 19-21, 87, 107.
Cantone, Salvatore. Pomigliano d’Arco : notizie e ricerche storiche. Manoscritto a Pomigliano d’Arco tra 1906-1912,
pp. 105-106.
Cantone, Salvatore. Una anonima relazione storica su Pomigliano d’Arco : pubblicata ora per la prima volta con note
ed appendici da Salv. Cantone. [S.n.t.] Manoscritto a Pomigliano d’Arco nel 1914, pp. 20-22, 44, 96-97.
Cantone, Salvatore. Cenni storici di Pomigliano d’Arco : con 14 illustrazioni ; introduzione di Girolamo Sibilio ;
prefazione di Luigi Di Monda. 2 Rist. Napoli, Adriano Gallina Editore, 1984, p. 59.
De Seta, Cesare. Le città nella storia d’Italia : I casali di Napoli ; con i contributi di Gaetana Cantone, Stella Casiello,
Alessandro Dal Piaz, Anna Giannetti, Benedetto Gravagnuolo, Mimmo Jodice, Paolo Mascilli, Luigi Palomba,
Arturo Rigillo, Gregorio E. Rubino, Vladimiro Valerio, Claudia Zucca. Bari, Editori Laterza, 1989, p. 28.
Dugo Iasevoli, Vera. Ricostruzione storica culturale architettonica del comune di Pomigliano d’Arco ; a cura del Lions
club di Pomigliano d’Arco, Distretto 108Y - Italy. Anno Sociale 1989-90. Service Nationale “Ama di più la tua
città”. Ercolano, La buona stampa, 1990, pp. 13-14.
Giustiniani, Lorenzo. “Pomigliano d’Arco”. In Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli di Lorenzo
Giustiniani, vol. 7, pp. 236-238. Napoli, Vincenzo Manfredi, 1797-1805, p. 237.
70
Periodo Aragonese (1442 - 1516)
Istituto Enciclopedico Italiano. “Campania : NA-SA”. [Pomigliano d’Arco, p. 73]. In Comuni d’Italia ; direzione di
Pasquale Passarelli, Pina Apicelli, Adele Falasca. Acquaviva d’Isernia, Istituto Enciclopedico Italiano, 1999, p. 73.
Liceo Ginnasio Statale “Vittorio Imbriani”. Pomigliano d’Arco. Progetto “giovani 93” : Progetto generale “Star bene
con le Istituzioni”. Progetto particolare “Noi e l’ambiente” ; a cura di Filomena Rinaldis, Preside ; classi impegnate II e III Liceo Sez. E ; docenti coordinatori Gabriella D’Antonio, Francesco Romano, Antonio Cassese.
Pomigliano d’Arco, [s.n.], 1993, p. [25].
Parisi, Roberto. “Le aree industriali dismesse tra sperimentazione urbanistica e recupero delle preesistenze :
«Insediamento e localizzazione della grande industria. L’Alfa Romeo di Pomigliano d’Arco»”. In Lo spazio della
produzione : Napoli : la periferia orientale. pp. 177-183. Napoli, Edizioni Athena, 1998, p. 178.
Sposito, Pasquale. Storia di Pomigliano : Città dalle due anime : dalle origini … ai giorni nostri. Pomigliano d’Arco,
[s.n.], 1989, p. 7.
I Carafa di Maddaloni
Diomede Carafa fu tra i feudatari del regno che si schierarono da subito con re Ferrante in occasione
della prima rivolta dei baroni del 1459. Il sovrano aragonese, riconoscente, donò ai Carafa il feudo
pomiglianese che al tempo apparteneva al Regio Demanio.
Diomede Carafa che tenne infeudata la baronia locale fu pure
conservatore del real patrimonio e ricoprì vari altri incarichi a
corte. Fu conte e poi duca di Maddaloni e rappresentò il ramo più
prestigioso del casato che vantava pure l’infeudazione di Acerra,
il marchesato di Marigliano con Alerico Carafa, nipote di
Diomede e Mariglianella con Fabrizio Carafa. Dunque, il casato
aveva una diffusa presenza nel territorio di cui Diomede, il feudatario pomiglianese, era l’esponente più prestigioso. Oltre ad
essere esperto uomo d’armi e di affari di Stato, Diomede Carafa
fu pure discreto uomo di cultura con particolare inclinazione per
le lettere e l’antiquariato. Egli diede una nuova impronta al suo
feudo costruendo palazzi, chiese; spese 1700 scudi per una vasta
opera di bonifica e morì a 80 anni il 7 maggio 1487.
I Carafa di Pomigliano, oltre all’amministrazione della
Aldimari, Biagio. Historia genealogica
giustizia, erano titolari della zecca e della portolania, una predella famiglia Carafa.
rogativa attraverso cui si sovrintendeva alla distribuzione delle
Diomede Carafa.
acque, ai traffici commerciali e all’esatta riscossione dei dazi.
Nell’invasione di Carlo VIII, Giantommaso, che era succeduto
al padre, era capitano generale delle forze aragonesi, ma fu
sconfitto a Ievoli. Ciò non gli impedì di sottomettersi al nuovo
padrone e fu confermato nei possedimenti del casato anche
all’indomani della breve conquista francese.
Quando nel 1503 gli Spagnoli si stabilirono nel regno, egli mutò
ancora casacca e riuscì a mantenere tutti i suoi possedimenti.
Gli successe suo figlio Diomede II. I Carafa mantennero il
possesso del feudo di Pomigliano ininterrottamente dal 1466
al 1530, anno in cui il feudo fu venduto a Giovanvincenzo
Grimaldi duca di Eboli.
Periodo Aragonese (1442 - 1516)
71
Bibliografia
Aldimari, Biagio. Historia genealogica della famiglia Carafa, divisa in tre libri. [… Nel secondo del ramo secondogenito, e trasversale, chiamato della Stadera…], 3 voll. Napoli, Antonio Bulifon nella stamperia di Giacomo Raillard,
1691, vol. 2, fig. p. 74.
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco : Sistematica enciclopedica di storia locale, Aspetti istituzionali, amministrativi e
politici ; presentazione di Michele Caiazzo, vol. 1, pt. 1. Somma Vesuviana, Graphosprint, 1998, pp. 92-94, 96.
Campanile, Filiberto. L’armi overo insegne de’ nobili. Ristampa anastatica dell’edizione : Napoli, nella Stamperia di
Tarquinio Longo, 1610. Sala Bolognese, Forni, 1986, pp. 50-52, fig. p. 50.
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino
agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, pp. 28-29.
Candida-Gonzaga, Berardo. Memorie delle famiglie nobili delle province meridionali d’Italia raccolte dal conte
Berardo Candida Gonzaga, 6 voll. in 3. Ristampa anastatica dell’edizione : Napoli, 1875. Sala Bolognese, Forni,
1995, vol. 1, pp. 173-183.
Caneschi, Renato. Pomigliano d’Arco : trasformazioni urbane e territoriali fino all’Unità d’Italia. Tesi di Laurea in
Conservazione dei beni culturali, Insegnamento di Storia della città e del territorio in età moderna ; relatore Maria
Raffaella Pessolano, correlatore Emilio Ricciardi. Napoli, Università “Suor Orsola Benincasa”, 2003, pp. 21-22.
Caneschi, Renato. Documenti di storia pomiglianese : le città, le strade, i monumenti ; prefazione di Mino Sibilio.
Napoli, Università Popolare di Pomigliano d’Arco, 2006, p. 16.
Cantone, Salvatore. Una anonima relazione storica su Pomigliano d’Arco : pubblicata ora per la prima volta con note
ed appendici da Salv. Cantone. [S.n.t.] Manoscritto a Pomigliano d’Arco nel 1914, pp. 97-107.
Cantone, Salvatore. Cenni storici di Pomigliano d’Arco : con 14 illustrazioni ; introduzione di Girolamo Sibilio ;
prefazione di Luigi Di Monda. 2 Rist. Napoli, Adriano Gallina Editore, 1984, pp. 44-48.
Conoscere Pomigliano d’Arco : Periodico di informazioni di comune utilità ; direttore responsabile Salvatore Adorno ;
introduzione di Raffaele Russo. Napoli, Selene edizioni, 1986, p. 2.
Dugo Iasevoli, Vera. Ricostruzione storica culturale architettonica del comune di Pomigliano d’Arco ; a cura del Lions
club di Pomigliano d’Arco, Distretto 108Y - Italy. Anno Sociale 1989-90. Service Nationale “Ama di più la tua
città”. Ercolano, La buona stampa, 1990, p. 14.
Gleijeses, Vittorio. “Pomigliano d’Arco”. In Castelli in Campania, pp. 155-156. Napoli, Società editrice napoletana, 1973.
Liceo Ginnasio Statale “Vittorio Imbriani”. Pomigliano d’Arco. Progetto “giovani 93” : Progetto generale “Star bene
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Pomigliano d’Arco, [s.n.], 1993, pp. [25-26].
Parisi, Roberto. “Le aree industriali dismesse tra sperimentazione urbanistica e recupero delle preesistenze :
«Insediamento e localizzazione della grande industria. L’Alfa Romeo di Pomigliano d’Arco»”. In Lo spazio della
produzione : Napoli : la periferia orientale. pp. 177-183. Napoli, Edizioni Athena, 1998, p. 178.
Persico, Tommaso. Diomede Carafa uomo di stato e scrittore del secolo 15 : con un frammento originale dei Doveri
del Principe, altri documenti inediti ed illustrazioni. Napoli, Luigi Pierro libraio editore, 1899, fig. p. 87.
Pisani, Massimo. Ritratti napoletani dal Cinquecento all’Ottocento. Napoli,, Electa Napoli, 1996, p. 118.
Ricca, Erasmo. Istoria de’ feudi del regno delle Due Sicilie di qua dal faro intorno alle successioni legali ne’ medesimi
dal XV al XIX sec pel Cav. Erasmo Ricca, vol. 1. Napoli, Stamperia De Pasquale, 1859, pp. 158, 195-196.
Tufano, Maria. “Storia di una città : fatti, uomini, luoghi dal periodo romano al novecento”. In Pomigliano d’Arco :
una città che guarda al futuro ; a cura di Francesco De Rosa ; prefazione di Michele Caiazzo, pp. 19-37. Napoli,
Massa editore, 2002, p. 25.
Contrada Arcora esentata dalle gabelle (1474-1516)
In un documento datato 11 settembre 1444, il commissario tesoriere dell’erario aragonese Francesco
d’Aquino comanda che nessuno mai molesti nel tempo la “universitatem castry Pumiglyani” per la
tassa del fuocatico, giacché dalle informazioni reperibili presso i Regi Archivi di Napoli si constatava l’esistenza di un privilegio in favore dei suoi abitanti già in epoca precedente al Regno di Sicilia.
In questa scrittura l’erario aragonese sottolinea l’immunità fiscale dell’Università locale, ma soprattutto sostiene che da tempi lontanissimi, nei regi archivi, si affermava l’antichità di quell’Università
e del suo “castrum”, già in epoca anteriore al regno normanno.
72
Ferdinando I o Ferrante d’Aragona.
Periodo Aragonese (1442 - 1516)
L’esenzione dalle gabelle avviene durante l’epoca di Ferrante
d’Aragona, quando i Casali non pagavano le imposte di consumo, come scritto nel diploma di concessione del re ad Angelo
Cuomo, nel quale acconsente a tutti coloro che vanno ad abitare nelle case da lui edificate presso Arcora (primo nucleo di case
di Casalnuovo) tutte quelle immunità e franchigie degli altri
Casali di Napoli. Inoltre, essi sono esentati da qualsiasi gabella,
tranne quella imposta per riparare le mura di Napoli e concede
di vendere vino greco, mosto ed altra qualsivoglia cosa.
Così, con relazioni un po’ vaghe, si andò avanti sino alla restaurazione, dopo la quale i Casali divennero comuni suburbani. Nel
1783 vi erano solo 30 Casali; gli altri dei 47 principali erano
entrati nella cinta cittadina, la quale era molto estesa.
Bibliografia
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino
agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, pp. 20-21.
Caneschi, Renato. Pomigliano d’Arco : trasformazioni urbane e territoriali fino all’Unità d’Italia. Tesi di Laurea in
Conservazione dei beni culturali, Insegnamento di Storia della città e del territorio in età moderna ; relatore Maria
Raffaella Pessolano, correlatore Emilio Ricciardi. Napoli, Università “Suor Orsola Benincasa”, 2003, pp. 43-45.
Cantone, Salvatore. Una anonima relazione storica su Pomigliano d’Arco : pubblicata ora per la prima volta con note
ed appendici da Salv. Cantone. [S.n.t.] Manoscritto a Pomigliano d’Arco nel 1914, pp. 23-25.
PERIODO DEL VICEREGNO SPAGNOLO (1503 – 1707)
Pomigliano nei due secoli del Viceregno spagnolo
Nel giugno del 1501 il papa Alessandro VI dichiarò decaduto Ferdinando d’Aragona, favorendo così
gli Spagnoli, che divennero padroni del Regno di Napoli dopo la rottura dell’accordo stipulato con
la Francia e la battaglia del Garigliano del 28 dicembre 1503.
Durante i due secoli della dominazione spagnola, nel territorio meridionale si verificò una consistente
ristrutturazione dell’istituto feudale a sostegno della politica iniziata da Ferdinando il Cattolico che
concesse molte terre demaniali e creò nuovi feudi. Il re spagnolo voleva coinvolgere il regno napoletano nelle proprie mire espansionistiche verso le regioni extraeuropee. Trovò grande opposizione a
quel progetto in quanto la cultura statale che comunque si era formata nel tempo degli Angioini e
degli Aragonesi portava l’alta burocrazia e la nobiltà locale a diffidare di ogni ipotesi che li vedeva
in posizione subordinata.
D’altronde gli stessi baroni non accettarono mai l’idea di essere considerati periferia dei dominii
spagnoli nel momento stesso in cui il territorio napoletano divenne “viceregno”.
Ferdinando il Cattolico portò avanti i suoi propositi espansionistici facendo pagare alle casse del
regno napoletano il prezzo più alto. Infeudò terreni demaniali e creò nuovi feudatari. Agli originari
baroni d’armi, ormai minoranza, si affiancarono borghesi, commercianti e banchieri senza scrupoli,
Pisani e Veneziani in primo luogo, che consideravano il possesso di una terra e delle relative
Cassiano de Silva. Campagna Felice (1692). Rappresentazione degli acquedotti e dei corsi d’acqua che attraversavano
la Terra di Lavoro.
74
Periodo del Viceregno spagnolo (1503 - 1707)
prerogative solo ed esclusivamente in termini affaristici. Il meccanismo di infeudazione generalizzato
inaugurato dal sovrano spagnolo, non si fermò più, fino all’ultimo metro quadrato di terreno
demaniale da mettere sul mercato.
Pomigliano restò indenne da tale processo di trasformazione, in quanto i Carafa mantennero il feudo
di Pomigliano ininterrottamente dal 1466 al 1530, proteggendolo da ogni fenomeno di parcellizzazione e, nel 1530, dai Carafa il feudo passò intatto ai duchi di Eboli.
L’intestazione di Pomigliano tra i possedimenti dei duchi di Eboli coincise con il viceregno di Pietro
di Toledo. In tale periodo, dal 1532 al 1552, si sviluppò tra i baroni il tentativo di affermare una certa
autonomia del Regno di Napoli rispetto alla corona spagnola. A tal proposito, sia il re Carlo V che il
suo successore, il figlio Filippo II, assecondarono molto le attività che nel napoletano conducevano
i viceré, loro diretti rappresentanti. Il viceré Toledo fu alfiere di una lotta spietata contro il vecchio
ceto baronale, ragion per cui costruì una vera leva di nuovi feudatari che doveva contrastare la
funzione frenante dell’antica aristocrazia. Con il re Filippo II si ebbe una concreta attenzione per il
funzionamento delle università. Il viceré conte de Lemos fu poi inviato a Napoli con il preciso compito di riformare il confuso e frammentario apparato burocratico. In tale scenario incominciava ad
essere stabile la figura del sindaco che insieme agli altri pubblici ufficiali, come gli esattori, dovevano essere eletti liberamente dai cittadini.
La rappresentanza dell’Università, con la propria autonomia giuridica, era ormai diventata stabile. Il
sindaco e due eletti che lo affiancavano costituivano i rappresentanti del parlamento che si riuniva
almeno una volta all’anno.
Nei primi decenni del Seicento, a Pomigliano cominciava a diffondersi un certo interesse tra i nativi
per la gestione dell’amministrazione locale, segno evidente che una certa “cultura giuridica” si stava
diffondendo. Rampolli di famiglie blasonate come i Primicile Carafa, professionisti come i Mautone,
commercianti come i Terracciano e poi i Gaudioso che stavano ai confini tra Pomigliano e
Casalnuovo, nella zona delle taverne, i Basile, i Guadagno furono i primi casati indigeni a farsi contaminare dal fascino della gestione della cosa pubblica. Questi stessi casati divennero spesso, e per
secoli, protagonisti nelle vicende della comunità locale.
Nel 1631 l’eruzione del Vesuvio danneggiò gravemente Pomigliano. I danni apportati al territorio e
all’abitato non furono procurati tanto dall’espulsione di ceneri e lapilli, ma dalla colata di torrenti di
fango che, provenienti dal Monte Somma, invasero le strade principali, cioè la Consolare di Puglia e
la via Terra. Rimase danneggiato anche l’acquedotto del Carmignano, costruito solo due anni prima
dal vicerè duca d’Alba.
Mentre in Spagna regnava Filippo IV, nel napoletano, in qualità di viceré, prima il duca d’Alba e poi
quello d’Alcalà impostarono il primo progetto attraverso cui lo stato centrale tese ad avere un certo
controllo nella vita amministrativa delle Università.
Intanto il feudo di Pomigliano d’Arco fu acquistato dalla famiglia Strambone, di origine napoletana.
Nel maggio del 1635 la Spagna era impegnata in un’ennesima guerra contro la Francia e il controllo sui bilanci delle Università si tradusse in un nuovo rastrellamento di risorse attraverso le tasse.
Il 7 luglio 1647 scoppiò la rivolta popolare a Napoli capeggiata dal popolano Masaniello.
Quell’evento mise a nudo i forti limiti che aveva manifestato il viceregno spagnolo. In seguito le
condizioni generali del napoletano si fecero drammatiche per il sopraggiungere della peste e della
spaventosa crisi economica che falciò molti appartenenti al ceto popolare. La situazione raggiunse il
picco della drammaticità sul finire degli anni ottanta quando il terremoto in Calabria e in altre zone
del regno segnò il definitivo declino della potenza spagnola nel napoletano.
Il grande baronaggio ed il clero andavano definitivamente abbandonando la gestione degli uffici pubblici e la copertura di cariche onorifiche; le loro attenzioni erano quasi tutte concentrate sui feudi,
sulla gestione di possedimenti dai quali ricavare i massimi profitti. L’alta aristocrazia feudale lasciò
Periodo del Viceregno spagnolo (1503 - 1707)
75
Fiengo, Giuseppe. L’acquedotto di Carmignano. Regi Lagni 1615-31.
al ceto forense la gestione dei pubblici uffici. I possedimenti feudali erano intestati a famiglie
comunque blasonate, ma il cui blasone, spesso, affondava la propria legittimità nell’aver svolto
servigi burocratici oppure essere impiegati nel campo della diplomazia politica, come accadde per
gli Strambone a Pomigliano.
Nella politica fiscale, confermato il sistema a gabella rispetto a quello dell’apprezzo, gli Spagnoli non
riuscirono a portare a compimento il catasto a cui si stava lavorando dal 1684. Il nuovo blocco di
potere mise in campo mille artifici pur di insabbiare l’introduzione di un meccanismo come il catasto,
che poteva mettere a rischio beni, patrimoni e ricchezze lucrate all’ombra delle deficienze statali.
Il viceregno spagnolo si concluse in modo inglorioso. Gli ultimi viceré assistettero, con un
sentimento di quasi rassegnazione, al consolidarsi del nuovo blocco di potere aristocratico-clericale
che mirava ad una forte autonomia del regno. Erano condizionati in quell’atteggiamento
dall’irreversibile declino dell’intero impero spagnolo. Nel luglio del 1707, a seguito della guerra di
successione spagnola, il viceregno passò agli Austriaci, che lo ressero sino al 1734, quando Napoli
divenne di nuovo regno indipendente con i Borbone.
Con gli Austriaci, dal 1707, il potere condizionante del ceto feudale si limitò ad una costante opera
di interdizione. Girolamo Strambone fu l’ultimo del casato ad aver intestato il feudo di Pomigliano.
Per oltre un secolo gli Strambone tennero intestato il possedimento locale.
76
Periodo del Viceregno spagnolo (1503 - 1707)
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco : Sistematica enciclopedica di storia locale, Aspetti istituzionali, amministrativi e
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vol. 1, 1(1858). Napoli, dalla Stamperia del Vaglio, 1858, 57-59.
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino
agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, p. 9.
Caneschi, Renato. Pomigliano d’Arco : trasformazioni urbane e territoriali fino all’Unità d’Italia. Tesi di Laurea in
Conservazione dei beni culturali, Insegnamento di Storia della città e del territorio in età moderna ; relatore Maria
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Napoli, Università Popolare di Pomigliano d’Arco, 2006, p. 16.
Cantone, Salvatore. Una anonima relazione storica su Pomigliano d’Arco : pubblicata ora per la prima volta con note
ed appendici da Salv. Cantone. [S.n.t.] Manoscritto a Pomigliano d’Arco nel 1914, pp. 44-45.
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Periodo del Viceregno spagnolo (1503 - 1707)
77
I Duchi di Eboli e Vespasiano del Balzo
Nel 1530 Diomede II Carafa cedette il feudo di Pomigliano a Giovan
Vincenzo duca di Eboli per 40 mila ducati. Questo antico casato fu fedele
agli Svevi e agli Angioini e addirittura prestò denaro alla casa aragonese.
Possedette anche i feudi di Somma ed Afragola, i ducati di Castropignano,
Campomele, Frignano e il contado di Trivento. Nel 1535 il duca Giovan
Vincenzo donò al figlio Andrea il feudo pomiglianese, e costui lo tenne intestato per un ventennio. Gli eredi di Andrea nel 1593 vendettero il feudo a
Vespasiano del Balzo per 45 mila ducati.
I del Balzo, originari della Provenza, discendenti del casato d’Orange, annoveravano nel loro casato baronie varie, visconti, conti, marchesi e duchi.
Vespasiano del Balzo, primo feudatario di quel casato a possedere
Pomigliano d’Arco, discendeva da Giovanni, rampollo dei duchi d’Andria.
Possedettero, tra le altre, le contee di Acerra e Nola e qui si imparentarono
con l’altra notevole famiglia del tempo, gli Orsini.
Successore di Vespasiano fu il figlio Scipione, il quale, documentato da una scrittura notarile, nel settembre del 1604, per vedersi legittimamente intestato il feudo, dovette pagare il “relevo”, una sorta
di tassa di successione, il cui importo era di ottanta ducati.
Quando, a causa delle guerre, la Spagna intensificò il rastrellamento delle risorse attraverso nuove imposte, il feudo locale dai del Balzo passò al Regio Demanio e poi al Pio Monte della Misericordia nel 1627.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco : Sistematica enciclopedica di storia locale, Aspetti istituzionali, amministrativi e
politici ; presentazione di Michele Caiazzo, vol. 1, pt. 1. Somma Vesuviana, Graphosprint, 1998, pp. 100-104.
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino
agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, p. 29.
Campanile, Filiberto. L’armi overo insegne de’ nobili. Ristampa anastatica dell’edizione : Napoli, nella Stamperia di
Tarquinio Longo, 1610. Sala Bolognese, Forni, 1986, pp. 163-164, fig. p. 163.
Candida-Gonzaga, Berardo. Memorie delle famiglie nobili delle province meridionali d’Italia raccolte dal conte
Berardo Candida Gonzaga, 6 voll. in 3. Ristampa anastatica dell’edizione : Napoli, 1875. Sala Bolognese, Forni,
1995, vol. 1, pp. 213-215, vol. 2, pp. 8-14.
Caneschi, Renato. Pomigliano d’Arco : trasformazioni urbane e territoriali fino all’Unità d’Italia. Tesi di Laurea in
Conservazione dei beni culturali, Insegnamento di Storia della città e del territorio in età moderna ; relatore Maria
Raffaella Pessolano, correlatore Emilio Ricciardi. Napoli, Università “Suor Orsola Benincasa”, 2003, pp. 22, 32.
Caneschi, Renato. Documenti di storia pomiglianese : le città, le strade, i monumenti ; prefazione di Mino Sibilio.
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Cantone, Salvatore. Cenni storici di Pomigliano d’Arco : con 14 illustrazioni ; introduzione di Girolamo Sibilio ;
prefazione di Luigi Di Monda. 2 Rist. Napoli, Adriano Gallina Editore, 1984, pp. 49-51.
Conoscere Pomigliano d’Arco : Periodico di informazioni di comune utilità ; direttore responsabile Salvatore Adorno ;
introduzione di Raffaele Russo. Napoli, Selene edizioni, 1986, p. 2.
Galanti, Giuseppe Maria. Nuova descrizione storica e geografica delle Sicilie, dell’avvocato Giuseppe M.a Galanti. ...
Tomo primo [-quinto], vol. 1. Napoli, Gabinetto letterario, 1786-1792, pp. 163-181.
Giustiniani, Lorenzo. “Pomigliano d’Arco”. In Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli di Lorenzo
Giustiniani, vol. 7, pp. 236-238. Napoli, Vincenzo Manfredi, 1797-1805, p. 237.
Gleijeses, Vittorio. “Pomigliano d’Arco”. In Castelli in Campania, pp. 155-156. Napoli, Società editrice napoletana, 1973.
Liceo Ginnasio Statale “Vittorio Imbriani”. Pomigliano d’Arco. Progetto “giovani 93” : Progetto generale “Star bene
con le Istituzioni”. Progetto particolare “Noi e l’ambiente” ; a cura di Filomena Rinaldis, Preside ; classi
78
Periodo del Viceregno spagnolo (1503 - 1707)
impegnate II e III Liceo Sez. E ; docenti coordinatori Gabriella D’Antonio, Francesco Romano, Antonio Cassese.
Pomigliano d’Arco, [s.n.], 1993, p. [26].
Parisi, Roberto. “Le aree industriali dismesse tra sperimentazione urbanistica e recupero delle preesistenze :
«Insediamento e localizzazione della grande industria. L’Alfa Romeo di Pomigliano d’Arco»”. In Lo spazio della
produzione : Napoli : la periferia orientale. pp. 177-183. Napoli, Edizioni Athena, 1998, p. 178.
Il Duca d’Alcalà vende il casale di Pomigliano
Il viceré Duca d’Alcalà, per soccorrere ai bisogni delle milizie di Filippo IV, cercò di rastrellare fondi
dai territori napoletani. In questa prospettiva vendette il casale di Pomigliano.
Con istrumento 1 marzo 1627, confermato con diploma di Filippo IV da Madrid del 21 luglio 1628,
Giovanvincenzo Strambone comprò, dal monte della Misericordia, Salza, Vulturara, Parolisi,
Pomigliano e Montemarano. Ebbe il beneficio di essere esentato dalla giurisdizione del Montiere
Maggiore per la caccia e dal Cavallerizzo Maggiore; gli fu concessa la portolania, con i suoi
emolumenti, lo ius del peso e misure. Questo casale non era tenuto ai servizi reali e personali, né ad
alloggiare truppe. L’acqua che passava per questo casale era proprietà di Pomigliano.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco : Sistematica enciclopedica di storia locale, Aspetti istituzionali, amministrativi e
politici ; presentazione di Michele Caiazzo, vol. 1, pt. 1. Somma Vesuviana, Graphosprint, 1998, pp. 102-103.
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino
agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, pp. 40-41.
Cantone, Salvatore. Una anonima relazione storica su Pomigliano d’Arco : pubblicata ora per la prima volta con note
ed appendici da Salv. Cantone. [S.n.t.] Manoscritto a Pomigliano d’Arco nel 1914, p. 107.
Parisi, Roberto. “Le aree industriali dismesse tra sperimentazione urbanistica e recupero delle preesistenze :
«Insediamento e localizzazione della grande industria. L’Alfa Romeo di Pomigliano d’Arco»”. In Lo spazio della
produzione : Napoli : la periferia orientale. pp. 177-183. Napoli, Edizioni Athena, 1998, p. 178.
Ricca, Erasmo. Istoria de’ feudi del regno delle Due Sicilie di qua dal faro intorno alle successioni legali ne’ medesimi
dal XV al XIX sec pel Cav. Erasmo Ricca, vol. 3. Napoli, Stamperia De Pasquale, 1865, pp. 261-277.
Gli Strambone
La famiglia Strambone era di origine napoletana. Giovanvincenzo fu personaggio di prim’ordine alla
corte vicereale, esimio membro del Consiglio di Stato e presidente di più province del regno, nonché
sindaco di Napoli. Visse con attaccamento alla corte vicereale e quando nel
1647 scoppiò a Napoli la rivolta capeggiata da Masaniello, pagò cara la sua
fedeltà e la condivisione della politica sociale ed economica dettata dalla
Spagna. La rivolta di Masaniello ed i suoi echi ancora non si erano spenti,
quando nel 1648, venne decapitato ad Ariano, in una sommossa popolare,
unitamente a Carlo Rossi del Barbazzale.
Quindi Giovanvincenzo non fece in tempo ad intestare al figlio Andrea il
feudo locale ed altri suoi beni. Provvide allo scopo la Regia Camera della
Sommaria. Andrea Strambone, che entrò in possesso dei beni paterni dopo
il 1647, fu duca di Salza e principe di Volturara. Andrea morì nel 1681; gli
successe il secondo figlio Girolamo, in quanto il primogenito
Giovanvincenzo era inabilitato perché sordo.
Girolamo Strambone non aveva da subito regolarizzato la propria posizione con il fisco e perciò fu chiamato al pagamento del “relevo”. Il duca Girolamo fu l’ultimo del casato
ad aver intestato il feudo di Pomigliano d’Arco. L’unica figlia, Teresa, che andò sposa al principe
d’Elbusso, morì in Napoli nel 1744 prima del padre, che la fece trasportare nella Chiesa del Carmine
di Pomigliano dove un magnifico sarcofago, collocato a destra dell’altare, ne raccoglie le spoglie.
Periodo del Viceregno spagnolo (1503 - 1707)
79
Chiesa di Santa Maria del Carmine, monumento funebre di
Teresa Strambone con epigrafe scritta dal latinista Matteo
Egidio nel 1744.
Rimasto senza eredi, Girolamo morì il 27 febbraio del 1749 all’età di novant’anni e i suoi beni furono devoluti al Demanio della Corona. Nel 1751, il principe di San Nicandro, Domenico Cattaneo e la
moglie Giulia di Capua principessa di Roccamonfina, li acquistarono. Gli Strambone furono i feudatari pomiglianesi più longevi.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco : Sistematica enciclopedica di storia locale, Aspetti istituzionali, amministrativi e
politici ; presentazione di Michele Caiazzo, vol. 1, pt. 1. Somma Vesuviana, Graphosprint, 1998, pp. 107-110.
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino
agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, p. 29.
Candida-Gonzaga, Berardo. Memorie delle famiglie nobili delle province meridionali d’Italia raccolte dal conte
Berardo Candida Gonzaga, 6 voll. in 3. Ristampa anastatica dell’edizione : Napoli, 1875. Sala Bolognese, Forni,
1995, vol. 6, pp. 177-178.
Caneschi, Renato. Pomigliano d’Arco : trasformazioni urbane e territoriali fino all’Unità d’Italia. Tesi di Laurea in
Conservazione dei beni culturali, Insegnamento di Storia della città e del territorio in età moderna ; relatore
Maria Raffaella Pessolano, correlatore Emilio Ricciardi. Napoli, Università “Suor Orsola Benincasa”, 2003,
pp. 22-23, 32-33.
Caneschi, Renato. Documenti di storia pomiglianese : le città, le strade, i monumenti ; prefazione di Mino Sibilio.
Napoli, Università Popolare di Pomigliano d’Arco, 2006, pp. 16-17.
Cantone, Salvatore. Una anonima relazione storica su Pomigliano d’Arco : pubblicata ora per la prima volta con note
ed appendici da Salv. Cantone. [S.n.t.] Manoscritto a Pomigliano d’Arco nel 1914, pp. 107-110.
Cantone, Salvatore. Cenni storici di Pomigliano d’Arco : con 14 illustrazioni ; introduzione di Girolamo Sibilio ;
prefazione di Luigi Di Monda. 2 Rist. Napoli, Adriano Gallina Editore, 1984, pp. 49-52.
Conoscere Pomigliano d’Arco : Periodico di informazioni di comune utilità ; direttore responsabile Salvatore Adorno ;
introduzione di Raffaele Russo. Napoli, Selene edizioni, 1986, p. 2.
80
Periodo del Viceregno spagnolo (1503 - 1707)
De Lellis, Carlo. Famiglie nobili del Regno di Napoli, 3 voll. Ristampa anastatica dell’edizione : Napoli, 1654-1671.
Bologna, Forni, 1968, vol. 2, pp. 306-320.
Dugo Iasevoli, Vera. Guida storico-artistica di Pomigliano d’Arco : alla riscoperta del centro storico ; presentazione
di Vincenzo D’Onofrio ; prefazione di Sergio Brancaccio. Marigliano, Istituto Anselmi, 1993, p. 17.
Liceo Ginnasio Statale “Vittorio Imbriani”. Pomigliano d’Arco. Progetto “giovani 93” : Progetto generale “Star bene
con le Istituzioni”. Progetto particolare “Noi e l’ambiente” ; a cura di Filomena Rinaldis, Preside ; classi impegnate II e III Liceo Sez. E ; docenti coordinatori Gabriella D’Antonio, Francesco Romano, Antonio Cassese.
Pomigliano d’Arco, [s.n.], 1993, pp. [26, 34].
Palumbo, Manfredi. “Pomigliano d’Arco”. In I comuni meridionali prima e dopo le leggi eversive della feudalità :
feudi, università, comuni, demani [2 voll.], vol. 1, p. 58. Ristampa dell’ed. Montecorvino Rovella del 1910-1916.
Bologna, Forni, 1979.
Parisi, Roberto. “Le aree industriali dismesse tra sperimentazione urbanistica e recupero delle preesistenze :
«Insediamento e localizzazione della grande industria. L’Alfa Romeo di Pomigliano d'Arco»”. In Lo spazio della
produzione : Napoli : la periferia orientale. pp. 177-183. Napoli, Edizioni Athena, 1998, p. 178.
Remondini, Gianstefano. Della nolana ecclesiastica storia alla santità di nostro signore sommo regnante pontefice
Benedetto 14. dedicata dal padre D. Gianstefano Remondini, 3 voll. Napoli, Giovanni Di Simone, 1747-1757,
vol. 1, p. 312.
Ricca, Erasmo. Istoria de' feudi del regno delle Due Sicilie di qua dal faro intorno alle successioni legali ne’ medesimi
dal XV al XIX sec pel Cav. Erasmo Ricca, vol. 3. Napoli, Stamperia De Pasquale, 1865, pp. 261-277.
“Strambone”. In Candida-Gonzaga, Berardo. Memorie delle famiglie nobili delle province meridionali d’Italia raccolte dal conte Berardo Candida Gonzaga, vol. 5, pp. 177-178. Ristampa anastatica dell’edizione : Napoli, 1875.
Sala Bolognese, Forni, 1995.
“Strambone e il loro feudo”. In Ricca, Erasmo. La nobiltà delle Due Sicilie pel cav. Erasmo Ricca, vol. 3, pp. 261-277.
Ristampa anastatica dell’edizione : Napoli, De Pascale, 1865. Sala Bolognese, Forni, 1978-1979.
Tufano, Maria. “Storia di una città : fatti, uomini, luoghi dal periodo romano al novecento”. In Pomigliano d’Arco :
una città che guarda al futuro ; a cura di Francesco De Rosa ; prefazione di Michele Caiazzo, pp. 19-37. Napoli,
Massa editore, 2002, p. 25.
PERIODO BORBONICO (1734 – 1860)
Pomigliano nel periodo borbonico fino al 1806
Nel 1707, durante la guerra di successione spagnola, la città fu occupata dalle truppe austriache. Il
Regno di Napoli divenne però ufficialmente parte dei domini asburgici solo con il Trattato di Utrecht
che pose fine alla guerra nel 1713, quando l’imperatore del Sacro Romano Impero, Carlo VI
d’Asburgo, assunse il titolo di Re di Napoli. Il passaggio della città dal viceregno spagnolo a quello
austriaco avvenne come un semplice avvicendamento: il 7 luglio 1707 Georg Adam von Martinitz,
primo viceré austriaco venuto al seguito dell’esercito imperiale, prese possesso del Palazzo Reale,
sede del governo, che fino al giorno prima aveva ospitato l’ultimo viceré spagnolo.
La dominazione spagnola si era conclusa lasciando in eredità una situazione istituzionale ed
amministrativa che fotografava una sovrapposizione di prammatiche, capitoli, privilegi e statuti che
rappresentavano i segni tangibili delle varie dominazioni succedutesi. Gli Austriaci, i nuovi arrivati,
intesero porsi come innovatori, ma sin dall’inizio dovettero piegarsi al potere d’interdizione della
classe dirigente napoletana.
Nell’ottobre del 1707 fu bloccata per l’ennesima volta la numerazione dei fuochi, il censimento che
doveva preludere al ripristino della tassa fuocatico. Tra il 1709 ed il 1720 gli Austriaci, fortemente
impegnati nelle guerre dinastiche per la successione al trono di Spagna, inasprirono oltre ogni
misura la pressione fiscale nel napoletano. Nel complesso, il trentennio austriaco rappresentò un
tentativo incompiuto di rafforzamento delle strutture ministeriali, dei poteri delle Università e
dell’intera attività legislativa, che non tenne conto della forza frenante dei baroni e della burocrazia.
Il vicereame austriaco terminò a causa della guerra di successione polacca, quando il 10 maggio 1734
don Carlo di Borbone, figlio di Filippo V di Spagna e di Elisabetta Farnese, conquistato il regno,
giunse a Napoli. Re Carlo III, già duca di Parma, fu il capostipite del ramo napoletano dei Borbone
e restituì l’originaria indipendenza al nuovo Regno di Napoli e Sicilia.
Il 3 gennaio 1735 ci fu un evento che scalfì non poco l’animo dei pomiglianesi. Carlo III arrivò a
Pomigliano, dopo aver attraversato contrade, casali e osservato di persona lo stato materiale del
regno. Nel largo davanti all’antico Palazzo Baronale, allestito a festa e bardato opportunamente per
l’occasione, il duca Girolamo Strambone aveva voluto la presenza
della popolazione dell’intero feudo, che affollava ogni centimetro di
spazio. Insieme al duca Girolamo Strambone erano presenti la figlia
Teresa, il marito, principe d’Elbusso, e poi i prelati, il sindaco, gli
eletti. La valenza principale del viaggio intrapreso da Carlo III nel
gennaio del 1735, a poco più di sei mesi dalla sua entrata in Napoli,
rappresentò anche una forma originale attraverso cui prendere possesso del regno.
La realizzazione del catasto onciario fu la verifica concreta delle
intenzionalità di Carlo III. Le istruzioni per la formazione del nuovo
catasto furono impartite dalla Regia Camera della Sommaria. Tra le
prime direttive vi fu quella del metodo da adottare nel computo delle
imposte, basato per once di carlini tre; da quel metodo derivò il termine
di onciario. Con dispaccio sovrano del 4 ottobre 1740 fu fatto obbligo a tutte le Università del regno, demaniali e feudali, di istituire il
Carlo III di Borbone
82
Periodo Borbonico (1734 - 1860)
catasto onciario per “distribuire ugualmente
le imposte secondo gli averi dei cittadini”. I
preliminari per la compilazione del catasto
onciario pomiglianese iniziarono tra l’ottobre ed il novembre del 1741, un anno dopo
l’emanazione del provvedimento normativo.
A distanza di oltre un decennio, tra il 1751 ed
il 1753, si stavano ultimando le procedure.
Gli Strambone, in questo periodo, portarono
a compimento un’importante opera di acquisizione al patrimonio feudale di terreni e beni
che costituivano la parte maggioritaria della
ricchezza pomiglianese. Inoltre, essi operarono
una profonda ristrutturazione delle proprietà
feudali, tra cui il Palazzo Baronale e quello
del Passo. Morto Girolamo Strambone nel
1749, il feudo pomiglianese passò al Regio
Demanio dal quale fu acquistato da Domenico
Cattaneo, principe di S. Nicandro.
Nel 1759, alla morte di Ferdinando VI di
Spagna, Carlo III ascese al trono spagnolo e
dovette rinunciare al trono di Napoli, che spettò al figlio Ferdinando, il quale regnò inizialmente con il titolo di Ferdinando IV, Re di
Napoli e di Sicilia. Ferdinando, nato a Napoli
il 1 gennaio 1751, aveva appena otto anni
quando il padre lo designò a succedergli nel
Caneschi, Renato. Documenti di storia pomiglianese.
regno napoletano sotto la tutela di un
Apprezzo della terra di Pomigliano in occasione della
Consiglio di Reggenza, presieduto dal celevendita del feudo degli Strambone nel 1750.
bre ministro Bernardo Tanucci (1698-1773);
dopo la parentesi napoleonica, dal 1815 prese
il nome di Ferdinando I Re delle Due Sicilie, regnando fino al 1825, anno della sua morte.
Domenico Cattaneo, che era già proprietario del feudo di Pomigliano, fu nel Consiglio di Reggenza
e tutore del re.
Il governo del regno stava nelle mani di Bernardo Tanucci che spinse Ferdinando IV ad attuare una
durissima politica antiecclesiastica, che nel novembre del 1767 portò all’espulsione di tutti i Gesuiti,
i quali avevano il monopolio dell’istruzione nel regno.
Re Ferdinando era affascinato e a tratti persuaso dalle discussioni con la classe intellettuale
napoletana. Ciò che però lo impensieriva non poco era la piega che stava prendendo il movimento
rivoluzionario in Francia. Quando il 21 gennaio 1793 il re francese Luigi XVI fu decapitato si chiuse ogni spiraglio di confronto e di collaborazione con gli intellettuali napoletani.
Nel triennio 1793-95 cattivi raccolti determinarono una forte crisi economica e forme diffuse di
carestia. Re Ferdinando e la sua corte si videro persi. Il perenne sospetto contro tutti e tutto. La sindrome della rivoluzione francese. L’attendismo degli intellettuali. Il fiato sul collo dei feudatari.
Troppe cose coincisero. Il 23 gennaio 1799 entrarono in Napoli le truppe francesi che presero il potere.
Conquistato il potere, i Francesi si preoccuparono sin dal 9 febbraio di estendere il loro controllo pure
alle province. Prima legge fu quella di far piantare in ogni realtà l’albero della libertà. Di alberi ne
Periodo Borbonico (1734 - 1860)
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furono piantati, estirpati e ripiantati molti nell’arco di giorni e settimane quale rappresentazione
emblematica della complessità che la rivoluzione rappresentò a Napoli e nelle province.
In seguito alla pace di Amiens del 25 marzo 1802 tra la Francia e la coalizione di paesi ostili, re
Ferdinando tornò sul trono di Napoli. Tra il 1802 ed il 1806 il sovrano si scagliò contro gli intellettuali, strinse una solida alleanza con la Chiesa e cercò di interloquire con il popolo. Inoltre non nascose
mai mire espansionistiche. Quando poi, il 30 marzo 1806 Giuseppe Bonaparte, fratello maggiore di
Napoleone, occupò il Regno di Napoli, i Borbone, sotto la protezione inglese, si rifugiarono in Sicilia.
Intanto Augusto Cattaneo, in virtù della Legge n. 130 del 2 agosto 1806, che aboliva la feudalità con
tutte le sue attribuzioni, non era più feudatario di Pomigliano.
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Web bibliography
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I Cattaneo
Morto Girolamo Strambone nel 1749, il feudo pomiglianese passò al Regio Demanio, dal quale fu
acquistato nel 1751 da Domenico Cattaneo (1698-1782), principe di S. Nicandro, sposato alla principessa di Termoli, Giulia di Capua. I Cattaneo possedettero feudi, contee, marchesati, ducati e principati.
Domenico Cattaneo era Grande di Spagna, Cavaliere dell’Insigne Real Ordine di San Gennaro e
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Periodo Borbonico (1734 - 1860)
dell’Ordine del Toson d’Oro; fu anche Maggiordomo Maggiore della
Real Casa Borbone, Reggente della Gran Corte della Vicaria, Gentiluomo
di Camera di Re Carlo III e, a partire dal 1740, Ambasciatore in Spagna.
Il casato dei Cattaneo, famiglia già blasonata, visse uno dei suoi momenti più importanti quando, nel 1759, il feudatario pomiglianese Domenico
entrò a far parte del Consiglio di Reggenza che tutelava il giovane re
Ferdinando. Egli fu tutore del re e anche i suoi discendenti, Francesco e
Augusto, mantennero buoni rapporti con la corte.
Dopo la morte di Domenico, avvenuta il 3 dicembre 1782, il feudo passò al
figlio Francesco. Questi si vantava di diverse onorificenze, tra le quali quella di Grande di Spagna di prima classe, cavalier del Real Ordine di S.
Gennaro, Cavallerizzo maggiore.
Non si curò molto della questione fiscale, infatti il 28 giugno del 1785,
nella seconda ruota della Regia Camera della Sommaria, si discusse del
mancato versamento dei corrispettivi dei “relevi” da parte del Cattaneo;
insomma, il feudatario di Pomigliano fu evidenziato come evasore del fisco
per una somma dovuta di circa cinquecento ducati. Francesco la considerò eccessivamente onerosa e
chiese una dilazione dei pagamenti, che gli fu concessa con atto della Regia Camera della Sommaria
del 29 dicembre 1786. Il principe morì il 4 maggio 1790 e il feudo, così come i suoi debiti, passarono
al figlio Augusto. Quest’ultimo, il 4 giugno del 1791, davanti agli ufficiali della Regia Camera della
Sommaria, mostrò l’impossibilità temporanea di versare al fisco le somme pregresse. Chiese ed ottenne una dilazione che fu concessa il 10 luglio 1791; i debiti dovevano essere estinti in tre anni.
Successivamente Augusto, il nipote del potente Domenico, aveva incitato, armandone le mani, gli
sprovveduti nativi, i quali, sentendosi rivestiti di importanza, si unirono alla lotta, del tutto personale, del feudatario contro il nemico giacobino, scagliandosi nel 1799 contro l’esercito francese alle
porte di Acerra. Infine, nel 1806, con l’abolizione della feudalità, Augusto non fu più feudatario di
Pomigliano. Venne spogliato di tutti i titoli e le prerogative feudali che il casato aveva acquistato
dagli Strambone. Prima temporaneamente, e poi definitivamente, tutto passò all’Università locale.
Augusto Cattaneo conservava i beni burgensatici, quei titoli acquisiti e posseduti liberamente dai suoi
predecessori e dagli altri feudatari locali, non soggetti al “relevo”.
Bibliografia
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Ius panizzandi e altri diritti dell’Università di Pomigliano
Già al tempo degli Strambone l’Università di Pomigliano aveva siglato una convenzione con il
feudatario in base alla quale aveva affittato lo ius panizzandi e quello macellandi, cioè il diritto del
forno e della macellazione delle carni. Le abitazioni e i mulini dell’Università si fittavano ogni anno
per un importo di cento ducati. Sia la “chianca” che il forno si trovavano nel palazzo del Passo. A
questi diritti appartenenti al duca, e la cui gestione era data in appalto, si affiancavano quelli
dell’Università. Per cui esistevano diritti privati del feudatario e diritti pubblici dell’Università.
Tra i vari documenti dei primi decenni del ‘700 si riscontrano il pagamento di diverse quote fiscali
imposte all’Università, spese per l’amministrazione pubblica e, per la prima volta, si menziona negli
atti ufficiali del 1752 la presenza di una scuola a Pomigliano, attraverso la nota del pagamento dello
stipendio a Giuseppe D’Alisa, maestro della scuola.
Diversi furono gli abusi contestati al duca Strambone sugli affitti degli appalti. Tutte le proteste
caddero nell’oblio fino alla sistemazione del Catasto onciario con cui i conti pubblici furono puntualmente sistemati. Anche il feudatario Augusto Cattaneo faceva gestire in appalto ed in affitto i suoi
titoli e prerogative, nonchè i terreni e l’insieme dei balzelli di cui era titolare.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco : Sistematica enciclopedica di storia locale, Aspetti istituzionali, amministrativi e
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Decurionato a Pomigliano
Deputati, eletti e sindaco costituivano il corpo rappresentativo dell’Università di Pomigliano d’Arco,
che si chiamava Consiglio Decurionato, definizione che legava strettamente il meccanismo elettorale del tempo con quello dell’antica Roma, quando erano detti decurioni tutti i membri dei consigli
municipali delle colonie dove sedevano in rappresentanza di un decimo di coloni.
Il corpo decurionale delle città, in genere, era eletto da una platea di aventi diritto al voto che era a
sua volta selezionata tra gli abitanti del luogo. A Pomigliano partecipavano tutti i capifamiglia che si
radunavano nella chiesa di S. Felice e costituivano il parlamento locale. Tutti i maschi della comunità prendevano parte al voto a seconda del ceto sociale di appartenenza. Quest’ultimo aspetto fu
meglio definito, sul piano generale, in epoca successiva a quella della venuta di Carlo III a Napoli,
in quanto si intendeva dare maggiore visibilità al ceto marginale.
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Periodo Borbonico (1734 - 1860)
I membri del parlamento pomiglianese erano suddivisi in tre fasce sociali dette primo, secondo e
terzo ceto. La ripartizione e l’appartenenza ad uno dei tre ceti dipendeva dalla condizione economica dei soggetti: al primo ceto facevano capo i ricchi, al secondo i benestanti ed al terzo si riferivano
quelli che venivano definiti “il popolo”, cioè commercianti, artigiani e raramente braccianti. Ogni
ceto eleggeva due rappresentanti che restavano in carica per un anno, i quali designavano delle
persone a ricoprire le varie cariche pubbliche. In primo luogo bisognava nominare un sindaco,
rappresentante ufficiale dell’Università. L’interferenza feudale nei meccanismi di elezione dei corpi
rappresentativi era molto forte e determinante.
I poteri veri del consiglio decurionato locale, che incominciò a vivere un’esistenza più certa e
strutturata dopo il 1734, erano limitati allo svolgimento delle prerogative dell’Università. Il corpo
decurionale e l’Università continuavano a non avere una sede fissa ove riunirsi. Nella chiesa di San
Felice, oltre a svolgersi le riunioni del parlamento, si conservavano pure gli atti dell’archivio che il
cancelliere custodiva. I due eletti, dal canto loro, erano i più stretti collaboratori del sindaco, quelli
che avevano più opportunità di rappresentargli i problemi della città, in quanto le sedute del consiglio decurionato non erano frequenti. Il sindaco, per parte sua, era il legale rappresentante
dell’Università, colui il quale ne sintetizzava il riconoscimento e l’esistenza formale.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco : Sistematica enciclopedica di storia locale, Aspetti istituzionali, amministrativi e
politici ; presentazione di Michele Caiazzo, vol. 1, pt. 1. Somma Vesuviana, Graphosprint, 1998, pp. 131-135.
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Cantone, Salvatore. Cenni storici di Pomigliano d’Arco : con 14 illustrazioni ; introduzione di Girolamo Sibilio ;
prefazione di Luigi Di Monda. 2 Rist. Napoli, Adriano Gallina Editore, 1984, pp. 31-33.
Rivoluzione Francese
Anni precedenti la proclamazione della Repubblica Partenopea
La presa di coscienza delle arretrate condizioni delle province meridionali, confrontate con quelle
delle altre nazioni più avanzate, fece avvertire come prioritaria un’azione riformatrice.
La causa propria del male consisteva nella concentrazione della ricchezza, col conseguente venir
meno dello spirito di iniziative nei ricchi. Le campagne e i villaggi meridionali, sepolti nella barbarie feudale, rivelarono strutture economiche e rapporti sociali ingiusti ed arretrati.
Prima la rivoluzione francese (1789-1795) e poi la sempre maggiore attenzione della cultura napoletana per le idee giacobine, affrettarono un processo di separazione tra il potere politico e gli intellettuali
progressisti, passati gradualmente da un atteggiamento riformista ad un atteggiamento rivoluzionario.
A Napoli i repubblicani, più che giacobini, si dissero patrioti, perché condannavano il programma
radicale e rivoluzionario giacobino, sentendosi più vicini ai moderati “girondini”. Le vicende della
politica monarchica napoletana, negli anni immediatamente precedenti la proclamazione della
Repubblica, furono condizionate in misura sempre più pressante dal timore “giacobino”; ad una
politica interna sempre più apertamente repressiva faceva da riscontro una politica estera sempre più
antifrancese, che condusse Ferdinando IV alla disastrosa marcia del 1798 nei territori della neonata
Repubblica romana, contro il generale francese Championnet.
Bibliografia
Cantone, Salvatore. Cenni storici di Pomigliano d’Arco : con 14 illustrazioni ; introduzione di Girolamo Sibilio ; prefazione di Luigi Di Monda. 2 Rist. Napoli, Adriano Gallina Editore, 1984, pp. 68-70.
Cantone, Salvatore. Pomigliano d’Arco : notizie e ricerche storiche. Manoscritto a Pomigliano d’Arco tra 1906-1912,
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Esposito, Ferdinando. La rivoluzione napoletana del 1799 : Saccheggio ed eccidi in Pomigliano d’Arco ; presentazione
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Periodo Borbonico (1734 - 1860)
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I pomiglianesi affrontano le truppe francesi il 20 gennaio 1799
Saccheggio ed eccidi in Pomigliano ad opera dei Francesi
La battaglia della Repubblica francese per esportare la rivoluzione e creare le repubbliche “sorelle”
filofrancesi, attraverso le conquiste del giovane generale Napoleone Bonaparte, arrivò anche nel
Regno di Napoli. Le armate francesi, agli inizi del dicembre 1798, sbaragliarono l’esercito borbonico, costringendolo alla ritirata. Al comando del generale Championnet, esse invasero il territorio del
regno napoletano, trovando in piena insurrezione i paesi che attraversavano. A contrastare l’avanzata
dei Francesi negli Abruzzi e in Terra di Lavoro furono soprattutto le insorgenze popolari, alimentate
dalla propaganda antifrancese. L’esercito nemico dovette ingaggiare duri combattimenti contro i contadini in armi, le masse in rivolta dei paesi per i quali passava e le scorrerie dei briganti. Contro gli
invasori, preceduti dalla fama di saccheggiatori, di estorsori, di assassini e di stupratori, le popolazioni in rivolta, organizzate per bande armate, opposero una vivace resistenza, ritardandone non poco
l’avanzata.
Fuggiti il re Ferdinando IV e la sua corte, l’esercito borbonico era allo sbando e il popolo insorse.
Furiose sommosse si verificarono a Napoli verso gli ultimi rappresentanti del potere e contro i
giacobini. Nella provincia ci furono insurrezioni contro i “traditori” e l’esercito francese, che
avanzava verso Napoli, prendendo posizione in vari punti strategici lungo la linea di demarcazione
dei Regi Lagni.
Moti antifrancesi interessarono quasi tutti i paesi confinanti con il territorio in cui si era accampato
l’esercito invasore. Le sommosse causarono caduti a Frattamaggiore e Caivano il 17 gennaio, fucilati
a Grumo Nevano, condannati a Casoria e Afragola tra il 17 e 20 gennaio; morti ad Aversa e Melito.
Nei centri del circondario nolano-vesuviano il movimento giacobino aveva trovato scarso consenso.
Vi aderirono pochi e piccoli possidenti, i quali vedevano nella “rivoluzione” un mezzo per liberarsi
dai gravami baronali, e alcuni ecclesiastici, animati da spirito di rinnovamento, mentre la gran massa
rimase estranea e indifferente.
Diffusasi la notizia che il Castello di Sant’Elmo era stato occupato dai “patrioti” il 19 gennaio, nel
campo francese presso Aversa cominciarono subito i preparativi per l’attacco finale al Capoluogo:
era la mattina del 20 gennaio 1799 e in quello stesso giorno tornava da Benevento, vittorioso, il generale Broussier, comandante di un battaglione di cacciatori a cavallo.
Al suo arrivo il generale Championnet diede ordine di avanzare su Napoli, per non consentire ai
“realisti” di ricomporre le loro forze e di coordinare la loro azione con i popolani; disponeva di un’armata di circa ventimila uomini, divisa in tre colonne: la prima, comandata dal generale Dufresse,
doveva spingersi per la via di Aversa-Melito fino a Capodichino e a Capodimonte e di là penetrare
in Napoli; la seconda, comandata dal generale Duhesme, doveva, per la via di Acerra-Pomigliano,
avanzare all’attacco di Porta Capuana attraverso Poggioreale; la terza, infine, guidata dal generale
Kellerman, muovendo dal territorio nolano-sarnese, doveva attaccare Napoli dalla marina, dopo aver
attraversato i territori di Somma Vesuviana, Pollena, Massa, San Sebastiano al Vesuvio e Ponticelli.
La brigata Broussier, sopraggiunta da Benevento, formava la retroguardia della colonna Duhesme
con il compito di proteggerne i reparti e di tagliare Napoli dai soccorsi, che potevano giungere dalle
popolazioni dei paesi vesuviani interni.
La marcia della suddetta divisione non si presentava, pertanto, del tutto agevole: il territorio da
percorrere, infatti, era attraversato, come del resto oggi, da due vie, una proveniente da Benevento e
un’altra da Avellino che, nei pressi di Pomigliano, si congiungevano in un’unica arteria, che proseguiva per Napoli.
Il 20 gennaio, alla notizia che l’esercito francese, accampato nel territorio di Acerra, procedeva verso
Pomigliano, centinaia di contadini e popolani locali, insorti, «[...] vollero ad esso opporsi con più
animo che senno», come scrive Vittorio Imbriani nell’introduzione ai XII Conti pomiglianesi; armati
88
Periodo Borbonico (1734 - 1860)
di fucili, di stili, di pistole, di vanghe e di altri attrezzi offensivi,
essi accorsero sulla via di Acerra, per arrestare la marcia francese:
combatterono nei pressi dei Regi Lagni in uno scontro disperato e
accanito; quindi si ritirarono in paese e attesero il nemico.
È verosimile che le armi ai locali siano state fornite dal feudatario
pomiglianese, Augusto Cattaneo, che dovette pensare ad ogni
cosa, compresi l’incitamento, sicuramente remunerato, e gli avvisi precauzionali. Il Cattaneo pensò di combattere in questo modo
la sua personale guerra ai Francesi, in difesa dei suoi privilegi, e a
loro volta quei pomiglianesi si sentirono importanti, nell’illusione
di salvarsi dalla complessa vicenda della Repubblica napoletana.
Generale Duhesme
L’avvenimento, che suscitò clamore e sorpresa tra gli abitanti del
circondario, rappresentò il tentativo da parte di pochi di opporsi
all’avanzata di un’intera divisione munita di forte artiglieria.
Sforzo generoso, ma anche sconsiderato, per cui non si poté evitare la mortificazione di una terribile sconfitta. Quella stessa sera il
paese fu messo a sacco e a fuoco e subì orrende distruzioni, aggravate dal barbaro rituale dei saccheggi e delle fucilazioni.
Inoltre, estendendosi le “insorgenze”, le truppe francesi dovettero
fare i conti con l’accanita resistenza delle popolazioni vesuviane,
che provenivano da ogni parte, da Marigliano, da Cancello, da
Somma Vesuviana; si ebbero scontri assai violenti e la repressione
fu feroce.
Tra le diverse testimonianze in merito rimane quella del generale
aiutante Thiébault, il quale scrive: «La divisione francese dovette
combattere, per passare i fossati dei Regi Lagni e impadronirsi di
Pomigliano d’Arco, che, presa d’assalto, fu incendiata, mentre i
suoi abitanti venivano passati per le armi [...]»; quindi, riferendosi
Generale Broussier
allo scontro furioso con le popolazioni provenienti da altri centri
limitrofi, aggiunge: «Ci furono frequenti rappresaglie in questo
territorio, e durante gli inevitabili scontri i più facinorosi si esaltarono al punto da compiere gli eccidi
più cruenti. Verso sera la prima divisione spinse la sua avanguardia verso Licignano [...]».
Le truppe francesi, trascorsa la notte tra il 20 e il 21 alloggiate sulle rovine di Pomigliano, il mattino
seguente, verso le otto, si misero in marcia, per prendere posizione al di là di Poggioreale e procedere, quindi, all’attacco di Porta Capuana, ove incontrarono incredibile resistenza.
Più particolareggiata rimane la testimonianza di Pietrabondio Drusco, diarista dell’epoca: «L’Acerra
e Casalnuovo hanno ricevuto quietamente le truppe francesi che sono passate da là, e che hanno fatto
la divisione di Porta Capuana. Per l’opposto molti abitatori di Pomigliano d’Arco, condotti da un
prode lor Capitano paesano osarono nel dì 20 di gennaio di andare ad attaccare i posti avanzati dei
Francesi, sino all’Acerra. Il generale francese, indispettito da tale ardire, a 24 ore dallo stesso giorno
mandò un distaccamento di Cacciatori a cavallo, per occupare Pomigliano; si fece gran fuoco dalle
case, quindi si eseguì il saccheggio e l’incendio di esse nella stessa notte, lasciandosi intatte le case
pacifiche, ed il Monistero dei padri Carmelitani, benchè vuoto. Diciassette paesani perderono la vita,
dopo che 25 cacciatori francesi si videro a suolo, e gli altri paesani si salvarono colla fuga».
In Pomigliano, quindi, si combatté accanitamente nella notte del 20 gennaio e molte furono le
vittime da entrambe le parti.
Dalle annotazioni dell’allora parroco della Chiesa di San Felice in Pomigliano, don Giacomo
Periodo Borbonico (1734 - 1860)
89
Terracciano, si ricava che i rivoltosi caduti – per essersi battuti senza prudenza e senza paura contro
l’esercito francese – furono trenta: «A dì 20 gennaio 1799 – si legge nella sua relazione sotto forma
di Avviso ai posteri – la truppa francese diede un assalto a questa Terra, saccheggiò quasi tutto il
paese; pose fuoco a moltissime case. Disonorò molte donne zitelle e maritate. Furono ammazzati da
30 Paesani. La perdita che ebbe questa Terra tra l’incendio e il saccheggio fu da circa centomila ducati. Dei Francesi però furono ammazzati da trecento e più».
Tra gli imprigionati risultano anche due giovani sacerdoti, Francesco Mattiello e Francesco
Terracciano che, accusati di reato di Stato per la loro adesione alle idee repubblicane, furono condannati, rispettivamente a 5 e a 15 anni di esilio fuori i Reali Domini.
A riguardo più dettagliata nel racconto, anche se in parte condizionata nelle valutazioni dalla sua
visione “borghese” dei fatti, è la testimonianza del notaio Carmine De Falco di Pomigliano: «Le dette
truppe – vi si legge – si accamparono in diversi luoghi, e specialmente in Acerra, per indi entrare
nella Città di Napoli. Alcuni male intenzionati dei nostri paesani andarono ad inquietare le Guardie
Francesi, che stavano in Acerra, e poi ogni giorno sonavano le campane a martello a sollevare il
popolo contro de’ Francesi, li quali finalmente nella sera del 20 gennaio di quest’anno si portarono
in truppa a fare vendetta contro i detti Birboni; circondarono il paese, e poi vi entrarono; ma avendo
trovata qualche resistenza de’ paesani, che da dentro le case tirarono molti colpi di fucile contra la
Truppa Francese, finalmente superati dal numero maggiore, si posero in fuga ed intanto il povero
paese fu posto a sacco e a fuoco. Furono bruciate circa 50 case, molti pagliaj; furono saccheggiate le
Chiese, tolti i vasi sacri, li calici, ostensorj, e pissidi col SS.mo Sacram.to, e gittate le sacre particole per terra fuori la Chiesa Parrocchiale di S. Felice, le quali la mattina seguente furono raccolte dal
Parroco e riposte nella Custodia. Vi perirono quella notte 32 paesani quasi tutti innocenti, a riserba
di 4 o 5, che furono rei, cioè che fecero resistenza alle truppe. In tutta la notte si sentirono solo colpi
di schioppi, urli, incendji, rotture di porte delle case, rubberie, lamenti, ed altri orribili flagelli. Tutti
i paesani fuggirono per le campagne per tutta la notte, e nella mattina seguente; essendo rimasto il
paese totalmente spopolato, le case aperte; cadaveri estinti immezzo le strade, e nelle vicine campagne, ed una puzza intollerabile. Nella stessa mattina seguente, subito fatto giorno, la Truppa Francese
partì alla volta di Napoli».
Bibliografia
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La rivoluzione napoletana del 1799 : illustrata con ritratti, vedute, autografi ed altri documenti figurativi e grafici del
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Motivazioni e conseguenze della rivolta pomiglianese del 1799
Non si potrebbe comprendere la vera natura della “resistenza” armata contro l’esercito francese senza
contestualizzarla nella realtà di un mondo, quello della povera gente, popolato da sacrifici, privazioni
e da sofferenze quotidiane. I cittadini, stanchi di subire ogni sorta di vessazione, estesero la propria
avversione anche contro i “signori” locali, che ai loro occhi, per antiche esperienze, non avrebbero
fatto altro che allearsi con gli invasori per accrescere ulteriormente i propri privilegi. Quindi quei
compaesani ribelli erano espressione dei ceti subalterni, sollecitati a sostenere un’accesa lotta contro
gli invasori per la difesa di quel poco di cui disponevano e che consideravano tanto. Quelle
rivolte, quindi, quasi esclusivamente contadine, nascevano da profonde cause economiche e avevano come movente immediato il risentimento contro il continuo aumento del costo della vita e i
pesanti tributi estorti.
Nell’Università pomiglianese, con ormai esperienza ultradecennale, i corpi rappresentativi, sindaco,
eletti e consiglio decurionato, promuovevano i rapporti con il feudatario e, contemporaneamente,
rappresentavano sempre più una palestra di virtù civica. I paesani, partecipando alla vita amministrativa, avevano occasione di incontrarsi, riconoscersi e prendere più immediatamente coscienza
della loro forma giuridica collettiva. Quanto più questo senso di appartenenza si affermava, tanto più
aumentava la dialettica con il feudatario, con il quale i rapporti non erano più di esclusiva sudditanza, ma si incominciavano a esporre con determinazione le prerogative dell’Università e non si
tacevano più secolari abusi. Ecco che, all’arrivo delle truppe francesi, Augusto Cattaneo non restò
disarmato, e con il feudatario si schierarono in tanti.
I Francesi ristabilirono l’ordine con la forza delle armi, impegnando veri e propri contingenti militari. In una di queste operazioni, furono catturati e giustiziati quattro briganti, sepolti poi nella Chiesa
parrocchiale di S. Felice di Pomigliano.
Successivamente, il restaurato governo borbonico, accingendosi a riordinare l’amministrazione e le
finanze dello Stato, sconvolte dalle passate vicende, si ritrovò in una crisi sociale, politica e finanziaria ancora più grave: la spietata reazione non solo aveva distrutto ogni possibilità di dialogo tra la
parte migliore del paese e la dinastia, ma aveva anche allentato il rapporto tra questa e le masse urbane e rurali, le quali, anche se nel fondo ancora sanfediste e borboniche, rimasero deluse e sfiduciate.
Esse si resero conto che la riconquista del regno, avendo comportato il ripristino dell’“antico ordine”,
non era avvenuta per loro, ma per la cricca di corte e per i padroni di sempre.
Bibliografia
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Parisi, Roberto. “Le aree industriali dismesse tra sperimentazione urbanistica e recupero delle preesistenze :
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produzione : Napoli : la periferia orientale. pp. 177-183. Napoli, Edizioni Athena, 1998, p. 178.
Brigantaggio e i caduti della Repubblica Partenopea a Pomigliano
Il brigantaggio, di cui abbiamo notizia a partire dalla rivoluzione partenopea, era un fenomeno di
rivolta diffuso anche nelle nostre campagne. L’esercito francese dovette ingaggiare duri combattimenti contro i contadini in armi, le masse in rivolta dei paesi per i quali passava e le scorrerie dei briganti.
Tetimonianza che il fenomeno fosse presente anche a Pomigliano è un episodio risalente proprio al
periodo della rivoluzione napoletana del 1799, quando Pomigliano si estendeva fino a comprendere
l’intero territorio di Tavernanova. Durante una delle operazioni militari volte a stabilire l’ordine nella
provincia, lungo la strada consolare delle Puglie, nella località denominata “Casotto”, presso
Tavernanova, furono catturati e giustiziati da una colonna militare mobile quattro “briganti”, così
identificati: Michele Annunziata di Ottaviano, Francesco Palma di Ottaviano, Luigi Catapano di
Ottaviano e Antonio Balzano di Boscoreale, sepolti poi nella Chiesa parrocchiale di S. Felice di
Pomigliano, come risulta dalla registrazione del parroco dell’epoca, don Giacomo Terracciano.
In seguito, assunse particolare significato la legge eversiva della feudalità del 2 agosto 1806, con la
quale, oltre a sopprimere le giurisdizioni e i proventi baronali, si abolirono le prestazioni personali
dei contadini. Questi provvedimenti non colpirono però la proprietà signorile, che ne uscì anzi rafforzata a spese del Demanio statale ed ecclesiastico; quest’ultimo, infatti, lottizzato in quote piccole
e scarse, prive, per altro, di capitale, finì per essere acquistato per pochi soldi dai proprietari borghesi,
verso cui la massa contadina senza terra manifestò rabbia e delusione, alimentando il brigantaggio.
Tale fenomeno, domato tra il 1810 e il 1811, riprese con maggiore recrudescenza ad opera di sbandati dell’ex esercito murattiano e per lo più di uomini inclini alla violenza o di malviventi, che da soli
o in bande vivevano alla macchia.
Le miserabili condizioni di vita delle popolazioni rurali, aggravate ulteriormente dalla restaurata
monarchia borbonica, tutrice dei vecchi ordinamenti e privilegi a vantaggio di nobili e “galantuomini”,
fece in modo che nei villaggi e nelle campagne le masse contadine appoggiassero i briganti.
Nel 1859, durante i moti risorgimentali, abbiamo notizie certe che tra i paesi vesuviani imponeva la sua legge Vincenzo Barone, il quale dopo il servizio nell’esercito borbonico, era divenuto
organizzatore di sbandati e briganti. In quell’epoca la “banda Barone” era composta di quattrocento individui ed era suddivisa in quattro squadre. Una di esse era comandata da un certo
Pasquale Minore di Pomigliano.
92
Periodo Borbonico (1734 - 1860)
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Napoleone, Restaurazione e primi moti risorgimentali
In seguito alla pace di Amiens del 25 marzo 1802 tra la Francia e la coalizione dei paesi ostili, re
Ferdinando tornò sul trono di Napoli. Tra il 1802 ed il 1806 il sovrano si scagliò contro gli
intellettuali, strinse una solida alleanza con la Chiesa, cercò di interloquire con il popolo, pur senza
trascurare le sue mire espansionistiche. Quando, nel 1805, scoppiò la guerra tra Austria e Francia,
Ferdinando firmò un trattato di neutralità con quest’ultima ma, alcuni giorni dopo, si alleò con
l’Austria e permise ad un corpo di spedizione anglo-russo di entrare nel regno per difenderlo dalle
truppe di Napoleone. Dopo la disfatta nella battaglia di Austerlitz, i Russi lasciarono l’Italia mentre
gli Inglesi si ritirarono in Sicilia. Il 30 marzo 1806 Giuseppe Bonaparte, fratello maggiore di
Napoleone, occupò il Regno di Napoli. I Borbone si rifugiarono in Sicilia sotto la protezione inglese. Napoleone dichiarò decaduta la dinastia borbonica e proclamò suo fratello Giuseppe Bonaparte
Re di Napoli. Nel 1808, dopo che il trono sottratto ai Borbone si era reso vacante per la nomina di
Giuseppe Bonaparte a Re di Spagna, Napoleone nominò Gioacchino Murat Re di Napoli.
Intanto, con la Legge n. 130 del 2 agosto 1806 di abolizione della feudalità, il feudo di Pomigliano
passò tutto all’Università. La feudale Università prese il nome di Comune; sindaco del tempo era
Alessandro Pulcrano che presiedeva il Decurionato, formato da dieci membri.
Dopo la sconfitta e la caduta di Napoleone e il recepimento delle norme stabilite al Congresso di
Vienna del 1815, si apre l’età della Restaurazione. Come gli altri sovrani europei, Ferdinando tornò
sul trono del regno e assunse il nome di Ferdinando I Re delle Due Sicilie.
Successivamente, nel febbraio del 1818, fu siglato il
Concordato tra lo Stato e la Chiesa in base al quale si riconosceva un’ampia intromissione del clero nelle cose terrene.
La Carboneria, società segreta fondata su valori patriottici e liberali,
nata a Napoli inizialmente come forma di opposizione alla politica
filo-napoleonica di Gioacchino Murat, fece successivamente
seguiti in Francia ed in Spagna, puntando sulle libertà politiche e
sulla concessione di una costituzione nei paesi d’Europa.
Sia il Concordato che la soppressione delle sette religiose ad opera
di re Ferdinando furono motivi di forte preoccupazione nel ceto
borghese, che intravedeva una continua involuzione della politica
dei Borbone. Dopo la caduta di Murat, i carbonari si concentrarono contro il re Ferdinando, reo di aver dimenticato le promesse di
giustizia e libertà fatte nel periodo dell’esilio.
Ferdinando I delle Due Sicilie
Il successo della rivoluzione in Spagna agli inizi del 1820 spinse i
Periodo Borbonico (1734 - 1860)
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liberali napoletani ad accellerare i preparativi della sommossa nel regno.
Il movimento insurrezionale, guidato dal prete Luigi Minichini, scoppiò a Nola nella notte tra il 1
e il 2 luglio 1820, in occasione della rivolta del reggimento di cavalleria Borbone, comandato dai sottotenenti Silvati e Morelli. Esso ebbe conseguenze sproporzionate ai propositi iniziali: agli insorti si
unirono altri carbonari dei centri vicini e tutti, in attesa degli eventi e degli aiuti promessi, mossero
verso le alture di Monteforte, dove furono raggiunti dalle forze del tenente colonnello De Concilj,
comandante delle forze di stanza ad Avellino. I carbonari, sempre più divisi tra radicali e liberali
moderati, rivendicavano la concessione della Costituzione spagnola del 1812 e la creazione del parlamento nel regno. Sorpreso dal movimento, il governo borbonico rivelò tutta la sua debolezza.
Dapprima ne credette facile la repressione, poi si decise ad inviare forti contingenti di truppe, i cui
comandanti nulla poterono fare, sia per le incertezze e le contraddizioni che erano negli ordini, sia
perché la rivolta ben presto conquistò le province; alla fine si aggiunse la defezione di una parte delle
truppe di Napoli destinate a combattere gli insorti, le quali, influenzate dalla propaganda carbonara,
si unirono ai ribelli sotto il comando del generale Guglielmo Pepe, ex ufficiale napoleonico. Egli,
raggiunta Avellino, assunse il comando di tutte le forze costituzionali. Allora il re ritenne opportuno
e necessario cedere e, il 6 luglio, decise di accordare ai sudditi una Costituzione, promettendo di
pubblicarne le basi entro 8 giorni, nominò un nuovo governo e proclamò suo figlio, il principe
ereditario Francesco I, Vicario del regno.
Quando poi Ferdinando ritornò nel pieno dei propri poteri, scatenò una dura repressione nei confronti
di quanti erano stati cospiratori delle sommosse e degli stessi ex deputati.
A Pomigliano, in questo periodo di rivoluzioni e rivolte, le famiglie Poerio ed Imbriani si congiunsero ed impersonarono gran parte delle vicende politiche, civili e letterarie di tutto il secolo XIX,
ricordato come il secolo del Risorgimento italiano.
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94
Periodo Borbonico (1734 - 1860)
L’abolizione del feudalesimo
Il 2 agosto del 1806 Giuseppe Bonaparte faceva presentare dai suoi ministri al Consiglio di Stato un
progetto di legge per l’abolizione della feudalità in base al quale si affermava che il sistema feudale
era considerato uno degli ostacoli più potenti alla rigenerazione di uno Stato e la sua abolizione era
necessaria per stabilire un sistema uniforme, giusto e ben regolato per la percezione dei tributi e rendere assai più attiva la influenza della Podestà sovrana. L’articolo I della approvata Legge n. 130 del
2 agosto 1806 recitava: «La feudalità con tutte le sue attribuzioni resta abolita. Tutte le giurisdizioni
sinora baronali, ed i proventi qualunque, che vi siano stati annessi, sono reintegrati alla sovranità,
dalla quale saranno inseparabili».
Augusto Cattaneo, il nipote del potente tutore del re Ferdinando di Borbone, non era più feudatario
di Pomigliano.
La portata epocale della legge del 2 agosto 1806 riguardava innanzitutto il fatto che per circa un
millennio la feudalità aveva costituito la blindatura dell’emancipazione e del riscatto per le popolazioni meridionali. La legge di abolizione della feudalità, se ebbe immediata efficacia formale, non
corrispose con altrettanta celerità ai propositi che si intendevano perseguire per due motivi: il primo
era che le Università ed i loro corpi rappresentativi non erano sufficientemente preparati e predisposti a corrispondere a quanto esigeva la nuova normativa; il secondo motivo riguardava il fatto che gli
ormai ex feudatari tardavano a comprendere sino in fondo che un’intera epoca si era esaurita. Una
legislazione organica e la formazione di ceti dirigenti locali avrebbero rappresentato la scommessa
post-feudale.
L’amministrazione del neonato Comune di Pomigliano d’Arco fu affidata al Decurionato, formato da
10 membri o Decurioni e dal Sindaco che convocava e presiedeva il Decurionato nella sua casa, mancando una sede municipale, e che, insieme ad altri due Eletti, costituiva quasi la moderna giunta, che
durava in carica un anno.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco : Sistematica enciclopedica di storia locale, Aspetti istituzionali, amministrativi e
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Caneschi, Renato. Pomigliano d’Arco : trasformazioni urbane e territoriali fino all’Unità d’Italia. Tesi di Laurea in
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Raffaella Pessolano, correlatore Emilio Ricciardi. Napoli, Università “Suor Orsola Benincasa”, 2003, p. 26.
Cantone, Salvatore. Una anonima relazione storica su Pomigliano d’Arco : pubblicata ora per la prima volta con note
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prefazione di Luigi Di Monda. 2 Rist. Napoli, Adriano Gallina Editore, 1984, pp. 29-53.
Conoscere Pomigliano d’Arco : Periodico di informazioni di comune utilità ; direttore responsabile Salvatore Adorno ;
introduzione di Raffaele Russo. Napoli, Selene edizioni, 1986, p. 2.
Palumbo, Manfredi. “Pomigliano d’Arco”. In I comuni meridionali prima e dopo le leggi eversive della feudalità :
feudi, università, comuni, demani [2 voll.], vol. 1, p. 58. Ristampa dell’ed. Montecorvino Rovella del 1910-1916.
Bologna, Forni, 1979.
Parisi, Roberto. “Le aree industriali dismesse tra sperimentazione urbanistica e recupero delle preesistenze :
«Insediamento e localizzazione della grande industria. L’Alfa Romeo di Pomigliano d’Arco»”. In Lo spazio della
produzione : Napoli : la periferia orientale. pp. 177-183. Napoli, Edizioni Athena, 1998, p. 178.
Pomigliano e le Riforme napoleoniche
Attività del Decurionato : sistema elettorale, sede comunale, carceri, scuole e strade
Il lavoro svolto dalla commissione speciale per l’abolizione della feudalità fu estremamente prezioso
in quanto contribuì ad introdurre elementi di chiarezza in uno scenario entro il quale regnava sovrana la confusione. La commissione speciale esaminava tutti i titoli che i baroni, i feudatari, esibivano
per comprovare la legittimità dei diritti da loro posseduti. Non mancarono molteplici casi di
Periodo Borbonico (1734 - 1860)
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incongruenza e tentativi di boicottaggio da parte degli ex feudatari, oppure l’insipienza e la sciatteria degli amministratori locali.
Il sindaco di Pomigliano d’Arco, Carmine De Falco, nel 1809 ricordava che tra il comune locale ed
il Cattaneo non vi era alcun contenzioso aperto che la commissione speciale dovesse esaminare.
Effettivamente tra il principe di S. Nicandro ed i rappresentanti locali non vi fu alcun diverbio che
non si ricompose. Evidentemente l’ex feudatario intese subito il nuovo clima che si andava
istaurando nel regno.
All’abolizione del feudalesimo seguì l’opera di spoliazione dei beni della Chiesa, iniziata da
Giuseppe Bonaparte, che raggiunse il punto culmine con l’emanazione del Decreto 7 agosto 1809,
quando il suo successore, Gioacchino Murat, ordinò la soppressione di tutti i monasteri e fece confluire i loro beni nel Demanio.
A livello periferico lo Stato fu organizzato attraverso le intendenze, le sottointendenze e i circondari. Con Legge dell’8 dicembre 1806 fu definita la ripartizione amministrativa del territorio di Terra
di Lavoro. Furono creati tre distretti: S. Maria Capua Vetere, Gaeta e Sora. Il comune di Pomigliano
d’Arco faceva parte della provincia di Terra di Lavoro, del distretto di S. Maria Capua Vetere e del
circondario di Casoria. Fu, poi, capoluogo di mandamento di cui facevano parte i comuni di
Casalnuovo e Licignano.
A parte i trasferimenti alle Università previsti dalla legge di abolizione della feudalità, una prima
novità fu introdotta in ambito locale, nel 1806, quando furono riformati i corpi rappresentativi delle
realtà locali. La nuova legge assumeva come discriminante il valore demografico. I consigli decurionati erano composti da dieci membri nei comuni che avevano sino a tremila abitanti; per le realtà
sino a diecimila anime valeva la regola di tre decurioni ogni mille abitanti; per le città di grandi
dimensioni demografiche i decurioni arrivavano ad un massimo di trenta.
Pomigliano d’Arco, comune di seconda classe, aveva un corpo decurionale che passò da dieci a dodici unità. Sindaco del tempo era Alessandro Pulcrano, appartenente ad uno dei casati più antichi del
luogo. Precedentemente, tra il 1804 ed il 1806, era stato sindaco il pomiglianese Giuseppe Palladino,
altro casato che fu tra i primi, già nel Settecento, ad essere impegnato nella vita pubblica locale.
Con il nuovo meccanismo di elezione del corpo decurionale la selezione veniva fatta in base al censo.
Per diventare decurioni bisognava possedere una rendita annuale di 24 ducati nei comuni sino a
tremila abitanti e di 48 ducati in tutti gli altri. Tra tutti gli abitanti di un dato luogo che avevano le
caratteristiche richieste si estraevano annualmente quelli che andavano a ricoprire la carica. Il
decurionato stilava delle liste di tre nomi, dalle quali il Ministero dell’Interno, tramite l’intendente e
il sottointendente, scieglieva il sindaco e gli eletti.
I Francesi nei fatti impartivano precise disposizioni per reclutare le persone da destinare alle
maggiori cariche pubbliche locali tra i soggetti più prestigiosi o che perlomeno non fossero compromessi con il trascorso regime. Le persone designate, quasi obbligate a ricoprire le cariche, non
potevano garantire la massima efficienza agli uffici che andavano ad occupare. Questo sistema, infatti, comportava frequentemente la rinuncia, da parte dei designati, alle cariche. A Pomigliano, il 16
maggio del 1809, il sindaco Carmine De Falco, che era subentrato nella carica a Nicola Terracciano
nel maggio del 1808, chiese le dimissioni, ma furono rifiutate dalle autorità francesi ed egli dovette
restare a malincuore nel suo ufficio. Poco tempo dopo aver ricevuto l’investitura, anche il suo successore, Domenico De Falco, incominciò a meditare sull’eventualità di rassegnare le dimissioni.
Ulteriore problema affrontato dall’amministrazione pubblica di Pomigliano in questi primi decenni
fu la mancanza di una sede per il neonato Municipio.
Successivamente all’emanazione del Decreto 7 agosto 1809 relativo alla soppressione dei monasteri, l’attenzione degli amministratori locali si era concentrata sul complesso conventuale del
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Periodo Borbonico (1734 - 1860)
Carmine. Il luogo, costituito da ampi locali, corrispondeva alle esigenze dei tempi. Allo scopo
cominciò un intenso carteggio tra il sindaco pomiglianese e le autorità superiori, nel quale si inseriva
con sempre maggiore frequenza il consiglio decurionato. La spinta degli amministratori pomiglianesi aveva carpito l’attenzione delle autorità superiori, le quali furono persuase che, per alleggerire il
bilancio comunale dalle spese dei fitti di immobili per uso ufficio, bisognava venire a capo della
questione del convento del Carmine. Nel monastero, di cui era pubblica solo una quota, incominciarono ad allocarsi i primi uffici pubblici. Con il tempo e le opportunità offerte dalla normativa,
presso il convento furono alloggiati tutti gli uffici comunali.
Un altro aspetto che l’amministrazione comunale si trovò ad affrontare fu quello della sede
carceraria pomiglianese. Agli inizi di maggio del 1811 il sindaco Domenico De Falco scriveva al
sottointendente che il giudice di pace sollecitava una ristrutturazione delle carceri, allocate nei cantinati del palazzo Mocerino, accanto al monastero del Carmine. La proprietà di questo immobile non
era ancora chiara, in quanto si attendeva la determinazione di quali beni burgensatici dell’ex feudatario Cattaneo sarebbero dovuti rientrare nel Demanio. La questione non fu spiegata nemmeno dal
sottointendente di Casoria, il quale trasferì le carte del caso all’attenzione dell’intendente che, rispondendo al funzionario di Casoria, certificava che palazzo Mocerino ove erano allocate le carceri era
di proprietà del Demanio; questo, però, non esimeva il comune di Pomigliano dal compartecipare alla
spesa necessaria per la ristrutturazione. A tale proposito l’intendente autorizzava il sindaco De Falco
a svolgere una spesa di otto ducati.
Nei primi mesi del 1829 il notaio Pipola si attivò molto per l’avvio delle procedure che dovevano
portare alla costruzione del nuovo carcere. I locali che dovevano servire allo scopo, di proprietà del
comune, si trovavano presso il monastero del Carmine. Nel bilancio del 1830, tra le spese per opere
pubbliche, assistenza, sanità ed istruzione, rientrarono pure i 730 ducati necessari alla prima parziale spesa per la costruzione del carcere.
Nel 1840 giunsero nel monastero del Carmine i padri pisani, i quali spinsero l’amministrazione
comunale a liberare i locali dalle carceri. Il comune allora fu costretto a prendere accordi con il duca
Nicola Riario Sforza, proprietario del castello di piazza Mercato, dal quale affittò alcuni locali dove
spostare le carceri.
Il 20 maggio 1808 fu approvata la riforma dell’ordinamento giudiziario che stabiliva l’obbligo per i
comuni di abolire le privative e mantenersi con dazi e tasse. Diverse furono le iniziative giuridiche e
amministrative del comune di Pomigliano. Il 21 agosto 1808 i decurioni deliberarono di organizzare
la Pubblica Panizzazione a Forno aperto.
Nel 1810 furono istituite le prime due scuole pubbliche, municipali, una maschile e l’altra femminile,
esentando gli alunni da qualsiasi contribuzione, benché prevista dal decreto del 14 settembre 1810.
I catapani, ovvero gli amministratori, divennero due per il Quartiere della Terra e per il Quartiere
della Piazza. Si nominarono tre guardiani rurali e fu istituita la “Commissione di Beneficenza”
divenuta poi Congrega di Carità.
Negli anni successivi il decurionato fu costretto ad affrontare il problema drammatico del sistema
viario interno di Pomigliano, messo in continuo dissesto dai detriti e dal fango trasportati a valle dal
monte Somma durante le violente piogge. In questo tempo solo tre vie interne erano selciate,
ovvero la Pigna, quella di S. Antonio Abate e quella del Cammino Reale, oggi Via Nazionale.
La questione, però, non si poneva solo nel periodo invernale, in quanto gli effetti devastanti di
questi torrenti di fango si ripercuotevano durante tutto l’anno. Il punto era di individuare il percorso
Periodo Borbonico (1734 - 1860)
Dugo Iasevoli, Vera. Le strade di Pomigliano d’Arco. Ricostruzione topografica.
Collezione fotografica del prof. Ferdinando Esposito. Palazzo Municipale, carceri e Casotto Mocerino.
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Periodo Borbonico (1734 - 1860)
Collezione fotografica del prof. Ferdinando Esposito. Cammino Reale, oggi via Nazionale.
attraverso il quale le acque che provenivano dal monte Somma, dovevano confluire nel sistema del
Regi Lagni senza arrecare alcun danno al territorio. Si decise, quindi, di farle giungere fino
all’immissione nel fosso che costeggiava il lato destro del regio Cammino di Puglia per poi farle
confluire nel canale Carmignano attraverso via Pratola e da lì giungere ai Regi Lagni. Risolto il problema delle acque, si poteva passare al rifacimento del basolato. Gioacchino Cutinelli, sindaco nel
1813, diede forte impulso alla realizzazione delle nuove opere.
Bibliografia
Alfano, Giuseppe Maria. Istorica descrizione del regno di Napoli diviso in dodici provincie: in cui si fa menzione delle
cose più rimarchevoli di tutte le città, terre ... e torri marittime in esse contenute con le badie del regno: le di
loro giurisdizioni ecclesiastiche, e politiche: la qualità dell’aria d’ogni paese ... . Napoli, Manfredi, 1798, pp. 1-5.
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco : Sistematica enciclopedica di storia locale, Aspetti istituzionali, amministrativi e politici ; presentazione di Michele Caiazzo, vol. 1, pt. 1. Somma Vesuviana, Graphosprint, 1998, pp. 9798, 153-165, 168-170, 204-205, 214-215.
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Conservazione dei beni culturali, Insegnamento di Storia della città e del territorio in età moderna ; relatore Maria
Raffaella Pessolano, correlatore Emilio Ricciardi. Napoli, Università “Suor Orsola Benincasa”, 2003, pp. 58, 95-97.
Caneschi, Renato. Documenti di storia pomiglianese : le città, le strade, i monumenti ; prefazione di Mino Sibilio.
Napoli, Università Popolare di Pomigliano d’Arco, 2006, pp. 30-31.
Cantone, Salvatore. Pomigliano d’Arco : notizie e ricerche storiche. Manoscritto a Pomigliano d’Arco tra 1906-1912,
pp. 123-127, 159-160.
Cantone, Salvatore. Una anonima relazione storica su Pomigliano d’Arco : pubblicata ora per la prima volta con note
ed appendici da Salv. Cantone. [S.n.t.] Manoscritto a Pomigliano d’Arco nel 1914, pp. 51-52, 112-113, 119-124.
Cantone, Salvatore. Cenni storici di Pomigliano d’Arco : con 14 illustrazioni ; introduzione di Girolamo Sibilio ;
prefazione di Luigi Di Monda. 2 Rist. Napoli, Adriano Gallina Editore, 1984, pp. 77-79.
Dugo Iasevoli, Vera. Le strade di Pomigliano d’Arco ; consulenza e presentazione di Nicola Esposito ; prolusione di
Raffaele Russo ; prefazione di Vincenzo D’Onofrio. Marigliano, Istituto Anselmi, 1992, fig. p. [25].
Dugo Iasevoli, Vera. Guida storico-artistica di Pomigliano d’Arco : alla riscoperta del centro storico ; presentazione
di Vincenzo Iasevoli. 2 Ed. Marigliano, Istituto Anselmi, 1994, p. 18.
Dugo Iasevoli, Vera. La Chiesa di S. Maria del Carmine in Pomigliano d’Arco : storia, fede, arte nella tradizione ; prefazione di don Peppino Gambardella. Napoli, Adriano Gallina Editore, 1995, pp. 10, 28-31.
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Sposito, Pasquale. Storia di Pomigliano : Città dalle due anime : dalle origini … ai giorni nostri. Pomigliano d’Arco,
[s.n.], 1989, p. 7.
I Decurioni di Pomigliano nel 1806
I primi Decurioni del neonato comune di Pomigliano furono:
De Falco Alfonso
Antignano Domenico
Toscano Angelo - Antonio
Terracciano Antonio
Toscano Raffaele
Sodano Raffaele
Pipola Felice
Barretta Felice
Crispo Raffaele
Cantone Domenico
Bibliografia
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino
agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, p. 40.
Gioacchino Cutinelli (Sindaco 1812-14, 1819-1821, 1833-38)
Il marchese Gioacchino Cutinelli nacque a Napoli nel 1771 da una nobile famiglia stabilitasi a
Pomigliano d’Arco agli inizi del secolo XIX. Fu il più longevo sindaco di Pomigliano dell’epoca preunitaria, restando in carica, a più riprese, per complessivi dodici anni. Sposò la marchesa Vittoria
Salomone (1771-1854), la quale, donna di profonda fede, volle far costruire per la propria famiglia una cappella, ancora oggi ricordata, perciò,
col nome di Cappella Salomone o Cutinelli, i cui
resti sono ancora visibili in via Vittorio Imbriani.
La sua professione legale, il fatto di avere stretti
rapporti con gli ambienti napoletani ed una conoscenza dei meccanismi amministrativi, resero il
Cutinelli indispensabile, tanto da essere chiamato
alla carica di sindaco locale sia durante il decennio francese che, in due momenti diversi, durante la restaurata monarchia borbonica. Gioacchino
Cutinelli ricoprì l’ufficio di sindaco per la prima
volta nel triennio 1812-14, successore nella carica di Domenico De Falco. Seppe guidare con
piglio sicuro i lavori del consiglio decurionato e
fu particolarmente attivo rispetto alle riforme
della struttura amministrativa comunale e della
vivibilità complessiva del territorio.
Durante il lungo periodo degli incarichi a sindaco
Dugo Iasevoli, Vera. Le strade di Pomigliano d’Arco.
i membri del suo casato riuscirono a stringere un
Resti della Cappella Cutinelli.
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Periodo Borbonico (1734 - 1860)
rapporto più diretto e stabile con la realtà locale; l’ammiraglio Vittorio, suo nipote, e il presidente della
Corte di Cassazione, Eugenio Cutinelli, pure nipote, rappresentarono gli esempi più prestigiosi.
Con Gioacchino Cutinelli sindaco, su cui il sottointendente di Casoria esprimeva un ottimo giudizio,
ricoprivano la carica di primo e secondo eletto, due veracissimi pomiglianesi, Pasquale Pipola e
Francesco Siciliano. Nel dicembre del 1814 si concluse il mandato di Gioacchino Cutinelli. Con la
scadenza del mandato a sindaco coincideva anche quella dell’ufficio di primo e secondo eletto. Per questi ultimi furono riconfermati Francesco Siciliano e Pasquale Pipola.
Nell’estate del 1819 Cutinelli fu nuovamente sindaco, ma da subito dichiarò una disponibilità temporanea, limitata nel tempo. Il 25 ottobre il Cutinelli già sollecitava gli organi superiori a fare presto
per giungere alla nomina del sostituto. Verso la fine del 1820 Gioacchino Cutinelli fu sostituito nella
carica di sindaco dal notaio Pasquale Pipola ma, con dispaccio del 29 marzo 1821, successivamente
alla sconfitta dei moti carbonari ed allo scioglimento del parlamento, furono reintegrate tutte le
amministrazioni in carica al 10 luglio 1820. Doveva quindi rientrare anche il Cutinelli.
Quando nel 1832 il notaio Pasquale Pipola concluse il suo mandato, iniziato nel 1827, la carica
di sindaco fu nuovamente occupata dal marchese Cutinelli. Tra le cose notevoli da lui realizzate
durante i suoi mandati, la più preziosa rimane la spinta che egli diede alla realizzazione del cimitero
comunale, inaugurato nel 1840.
Sul finire del 1838 il negoziante Gennaro Coppola fu designato suo successore.
Il marchese Gioacchino Cutinelli morì a Pomigliano il 2 agosto 1850.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco : Sistematica enciclopedica di storia locale, Aspetti istituzionali, amministrativi e politici ; presentazione di Michele Caiazzo, vol. 1, pt. 1. Somma Vesuviana, Graphosprint, 1998,
pp. 170-174.
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino
agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, p. 162.
Cantone, Salvatore. Una anonima relazione storica su Pomigliano d’Arco : pubblicata ora per la prima volta con note
ed appendici da Salv. Cantone. [S.n.t.] Manoscritto a Pomigliano d’Arco nel 1914, p. 124.
Dugo Iasevoli, Vera. Le strade di Pomigliano d’Arco ; consulenza e presentazione di Nicola Esposito ; prolusione di
Raffaele Russo ; prefazione di Vincenzo D’Onofrio. Marigliano, Istituto Anselmi, 1992, pp. 109, 153-155, fig. p. 154.
Dugo Iasevoli, Vera. Guida storico-artistica di Pomigliano d’Arco : alla riscoperta del centro storico ; presentazione
di Vincenzo D’Onofrio ; prefazione di Sergio Brancaccio. Marigliano, Istituto Anselmi, 1993, p. 54.
Esposito, Ferdinando. “Un apostolo nelle carceri napoletane fra restaurazione e rivoluzione : P. Gennaro M. Cutinelli”.
Societas : Rivista dei Gesuiti dell’Italia meridionale [Estratto]. 1-2 45(1996), pp. 17-34.
Esposito, Ferdinando. La rivoluzione napoletana del 1799 : Saccheggio ed eccidi in Pomigliano d’Arco ; presentazione
di Michele Caiazzo ; premessa di Raffaele Giglio. Napoli, Edizioni Phoebus, 1999, p. 82 nota 11.
Esposito, Ferdinando. La parrocchia di San Francesco d’Assisi in Pomigliano d’Arco : in cammino con Cristo nei
secoli ; foto di Patrizio Reale e Giovanni De Chiara. Marigliano, Edizioni LER, 2002, p. 54 nota 4.
Eco delle rivolte del 1820
Diffusione del moto carbonaro del 1848 a Pomigliano
La situazione generale del regno, agli inizi del 1820, evidenziava un malcontento diffuso in seguito
al restaurato governo borbonico. I più disillusi comprendevano la classe militare murattiana, il basso
clero, il ceto dei professionisti e degli intellettuali, i cui comuni interessi di ordine economico e
sociale dovevano contribuire non poco alla diffusione e al rafforzamento della Carboneria, e la nuova
borghesia agraria, composta anzitutto di piccoli proprietari, che intendeva salvaguardare le proprie
conquiste. La Carboneria mirò più che altro ad ottenere ordinamenti rappresentativi che rendessero
possibile un ulteriore sviluppo delle istituzioni già avuto negli anni precedenti o almeno ne
garantissero la conservazione di fronte al dispotismo regio, al centralismo amministrativo e alle
prevaricazioni nobiliari. Quindi il moto spagnolo di Cadice (1 gennaio 1820), più che la causa,
Periodo Borbonico (1734 - 1860)
101
fu il semplice pretesto per una rivoluzione preparata
e maturata nel quinquennio precedente.
L’eco delle rivolte del 1820 ebbe una risonanza anche
a Pomigliano. Matteo Imbriani partecipava attivamente alle discussioni che si svolgevano tra i liberali negli
anni e nei mesi precedenti il luglio del 1820. A Napoli,
non aveva mai fatto mancare il suo ascoltato punto di
vista nei vari circoli e salotti liberali. Quando si recava
a Pomigliano, nei periodi estivi e nelle festività, erano
frequenti gli incontri con il prestigioso bruscianese
Mariano Semmola, docente di ideologia, logica e
metafisica e attivo propugnatore di idee antiassolutistiche. Il Semmola e Matteo Imbriani, nella casa di
questi al vico della Pigna, coinvolsero nelle loro
discussioni la classe dirigente dei pomiglianesi, dei
Bruscianesi e di altri comuni della zona. Lo spirito
liberale ma moderato dei due li spingeva ad agire con
circospezione al fine di non perdere il controllo della
situazione. Successivamente allo scoppio dei moti a
Protomastro, Giuseppe. Matteo Renato Imbriani.
Nola, sia a Pomigliano che a Brusciano non vi fu alcun
Quadro di Saverio Altamura. Matteo Imbriani
tentativo di sommossa. Matteo Imbriani e Mariano
con il nipote Matteo Renato.
Semmola furono eletti deputati al Parlamento nel 1820.
Il Parlamento napoletano, istituito successivamente alla concessione della Costituzione, una volta
insediatosi, discusse della necessità di riformare l’amministrazione provinciale e comunale. Verso la
fine del 1820 si riuscì a prospettare quale novità importante il cambio di tutti gli amministratori del
regno. Fu così che il sindaco in carica a Pomigliano, Gioacchino Cutinelli, fu sostituito dal notaio
Pasquale Pipola.
Nel 1821, re Ferdinando, sedata la rivolta con l’ausilio degli Austriaci, con dispaccio del 29 marzo
abrogò la Costituzione scatenando una dura repressione contro i capi della sommossa e gli ex deputati, reintegrando tutte le amministrazioni in carica al 10 luglio 1820.
L’esito dei moti e la svolta reazionaria del re Borbone portò il Semmola e l’Imbriani a separarsi ed
allontanarsi dalla vita pubblica.
Le truppe austriache dislocate nell’agro nolano ebbero il compito di tenere sotto sorveglianza la
popolazione di Pomigliano, nonostante in questa terra, allo scoppio dei moti, non vi fosse stato alcun
tentativo di sommossa. Al tempo Mariano Semmola si era completamente ritirato a vita privata. Dal
canto suo, Matteo Imbriani con la moglie Caterina De Falco, per salvarsi fuggì dal regno, vagando
in esilio tra Roma e Firenze, facendo ritorno a Pomigliano, nella casa del vico Pigna solo nell’estate
del 1825, dopo la morte di re Ferdinando, avvenuta il 3 gennaio di quell’anno, mentre regnava a
Napoli Francesco I.
Sul finire del 1821 fu nominato sindaco Federico Antignano, l’amministratore della Congregazione
del Carmine, che non tralasciò di interessarsi dell’economia pomiglianese e riservò una certa attenzione ai problemi della scuola pubblica.
Ai primi di novembre del 1836, durante il regno di Ferdinando II delle Due Sicilie (1830-1859), detto
il re “bomba”, scoppiò la terribile epidemia di colera che si accentuò nel maggio successivo, fino a
raggiungere il massimo della recrudescenza durante l’estate, e che a Pomigliano colpì più di 1.000
persone. Per fronteggiare la grave situazione sanitaria che si era determinata nel comune, oltre al
medico Carmine Guadagni, fu assunto temporaneamente anche il medico Minieri che prestò servizio
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Periodo Borbonico (1734 - 1860)
sino all’agosto del 1837. Si pose dunque il problema dell’inumazione di
tanti morti, i cui corpi furono inizialmente sepolti nel Convento del
Carmine; presto però fu decisa la
costruzione dell’attuale cimitero inaugurato nel 1840.
Il colera del 1836 aveva contribuito a
far emergere la fragilità dei tentativi
innovatori di Francesco I, e poi di
Ferdinando II, di fronte ai quali il ceto
intellettuale andava mostrando una
crescente diffidenza. Di contro, l’intelligenza napoletana tenne un atteggiamento di quasi simpatia per gli atti
insurrezionali del 1842 e del 1844.
Dopo queste due ultime fallimentari
esperienze, i patrioti napoletani, primi
fra tutti Carlo Poerio e Mariano
D’Ayala, incominciarono a persuadersi che bisognava agire con l’insurrezione, che dilagò in tutto il regno.
Ferdinando II, preso di contropiede
anche dall’atteggiamento dei generali
dell’esercito che gli comunicarono
che non sarebbero intervenuti contro i
manifestanti, il 28 gennaio 1848 decise di concedere la Costituzione ed il
giorno seguente ne rese pubblici i
Caprioli, Gennaro. In Fermenti.
principi. Tofano, D’Ayala, Carlo e
Casa degli Imbriani al vico della Pigna.
Alessandro Poerio, Paolo Emilio
Imbriani ed altri patrioti furono posti a
capo dei governi provinciali, mentre a Bozzelli fu affidato il compito di stilare materialmente la Carta costituzionale che poi fu sancita il 9 febbraio.
Il ventenne Paolo Emilio Imbriani aveva conosciuto a Firenze, frequentando gli stessi ambienti e circoli culturali, i fratelli Alessandro
e Carlo Poerio. Quando, nel 1833, il loro padre Giuseppe Poerio
ritornò a Napoli dall’esilio e riprese ad esercitare l’avvocatura con
grande successo, Paolo Emilio Imbriani cominciò a far pratica nello
studio legale che questi aveva riaperto insieme ai figli. L’amicizia
nata a Firenze e la frequentazione della famiglia a Napoli fecero sì
che Paolo Emilio conoscesse Carlotta Poerio, sorella di Alessandro
e Carlo, che sposò. Carlotta Poerio seguì Paolo Emilio Imbriani nel
suo domicilio di Pomigliano.
Paolo Emilio Imbriani rivestì il ruolo di ministro della Pubblica
Protomastro, Giuseppe.
Istruzione. Quando il re riprese il potere con la forza, nel maggio del
Giuseppe Poerio.
Periodo Borbonico (1734 - 1860)
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1848, costrinse il governo alle dimissioni e ne nominò uno di sua fiducia. Molti deputati furono arrestati, altri scelsero l’esilio, i più fortunati, come Paolo Emilio Imbriani, poterono optare per il ritiro
dalla scena pubblica. Alcuni trovarono rifugio a casa Imbriani al vico della Pigna, a Pomigliano, dove
riparò in più occasioni anche Carlo Poerio, dove pensava di essere al sicuro, lontano da occhi indiscreti, ma non fu così.
Carlo Poerio e il cognato Paolo Emilio Imbriani continuarono a discutere e riflettere, insieme agli altri
patrioti, sulle condizioni del regno e sulle strategie di lotta da adottare. Dopo i fatti del 15 maggio
1848, gli agenti della polizia borbonica per tutta l’estate del 1848, approfittando della povertà della
popolazione, girarono per Pomigliano cercando di estorcere false testimonianze contro Carlo Poerio.
Giovanni Ruffini, nel Il dottore Antonio, scrive che tra i testimoni falsi esibiti durante il processo ai
128 patrioti, capi dei moti, a tradire Carlo Poerio fu un certo Mauro Colella di Pomigliano e che per
rendere verosimile la mendace deposizione furono arrestati pure diversi nativi. Testimonianze false
portarono all’arresto e condanna del barbiere Luigi Santolo, dei medici Carmine Guadagno e Rocco
Persico, del capitano Santolo Romano e di Felice Domenico Cantone: furono tutti ritenuti frequentatori e solidali dei rivoltosi.
I pomiglianesi per la maggior parte restarono diffidenti, sia perchè non accettavano proposte
allettanti fatte dagli stranieri sia perchè avevano imparato a voler bene alla nuora di don Matteo
Imbriani, Carlotta, la moglie di Paolo Emilio, sorella di Carlo Poerio. Uno spettacolo che i paesani
non avrebbero mai voluto vedere erano i ferri ai polsi di compaesani di prim’ordine che si
appellavano con il “don”; don Carmine, don Felice, don Mimì, don Santufillo, ecc. Pure il sindaco
in carica, Pasquale Primicile Carafa si intimorì. Lui però non c’entrava e restò al suo posto.
Bibliografia
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pp. 145-147, 153-162, 170-181, 186-190, 194-196, 220-224.
Imbriani, Vittorio. Alcune epigrafi poste da poco nel Camposanto di Pomigliano d’Arco : Ricordo del II Novemmbre
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Paolo Emilio Imbriani (Deputato e Senatore, n. 1808 - m. 1877)
Paolo Emilio Imbriani nacque a Napoli nel 1808. Fu patriota, giurista e letterato assai stimato. Dopo
i moti del 1820-1821 partì esule da Napoli, ove ritornò solo dopo l’incoronazione di Ferdinando II
nel 1830. Divenne ministro della Pubblica Istruzione del Regno delle due Sicilie nel 1848 e del
Regno d’Italia nel 1861. Fu anche sindaco di Napoli e rettore dell’Università partenopea nel 1860.
Fu eletto senatore nel 1863. Il padre Matteo junior (1789-1847), nativo di Roccabascerana, si trasferì
a Napoli ai primi dell’Ottocento e sposò nel 1806 la giovane Caterina De Falco di Pomigliano
d’Arco, discendente di una famiglia napoletana stabilitasi in paese ai tempi della rivolta di
Masaniello. La famiglia della De Falco possedeva in Pomigliano
alcuni beni che vennero affidati come dote nuziale a Caterina. Si trattava di alcuni fondi rustici e di un ampio fabbricato, in via della
Pigna che, con opportuni rifacimenti divenne la residenza estiva ed
autunnale degli sposi. Ebbero due figli, Paolo Emilio, appunto, e
Rosa. Entrambi trascorsero l’infanzia e la giovinezza a Pomigliano
e da quanto è dato sapere ebbero assai caro questo luogo, lì dove era
nata e poi morì la loro mamma. É probabile che proprio a Pomigliano
Paolo Emilio conobbe la bionda Margherita, di cui parla in alcuni
suoi componimenti e di cui fu innamorato e intimamente legato.
Tuttavia preferì sposare Carlotta Poerio, figlia del barone Giuseppe e
Mellusi, Antonio.
sorella del poeta e patriota Alessandro e di Carlo, patriota del
Paolo Emilio Imbriani.
Risorgimento italiano. Ritornato dal suo decennale esilio a Firenze,
Periodo Borbonico (1734 - 1860)
105
Paolo Emilio, vide morire la sua
diciottenne figliuola e da allora decise
di fissare la dimora definitiva di tutti i
suoi congiunti e dei Poerio, suoi
parenti, in Pomigliano. Fece costruire
la cappella gentilizia nel vecchio cimitero di Pomigliano, componendo per
ciascuno dei suoi cari delle solenni
epigrafi e pubblicò i suoi versi a
Napoli nel 1863. In essi traspaiono di
continuo note di commossa malinconia. La cappella fu riconosciuta monumento nazionale con Regio Decreto n.
65 del 23 gennaio 1930.
Anche se l’intensa vita politica del
senatore Paolo Emilio, l’esilio e le
attività filosofiche e letterarie lo tenevano per lunghi periodi lontano da
Pomigliano, ebbe sempre cara questa
terra e ogni volta che gli era possibile
vi ritornava.
Partecipava alla vita politica locale e
avviò i rapporti con l’abate Felice
Toscano, che furono proseguiti dal
figlio Vittorio.
Paolo Emilio Imbriani si ricordò del
Toscano quando fu chiamato dal
Protomastro, Giuseppe. Matteo Renato Imbriani.
Consiglio di luogotenenza alla
Cappella Imbriani-Poerio
Pubbli-ca Istruzione, nominandolo
professore di filosofia razionale e
morale nel liceo “V. Emanuele” di Napoli, appena fondato, nonché docente di Filosofia del diritto
all’Università. Volle essere presente a Pomigliano quando nel 1870 si inaugurò, nell’antico borgo di
Sant’Antonio Abate, l’asilo infantile “Duchessa d’Aosta” che il Toscano volle realizzare con molta
determinazione. In questa occasione Paolo Emilio pronunciò un discorso che testimoniava anche
dei buoni rapporti intercorrenti tra lui e il Toscano. Anche l’interessamento per la risoluzione del
problema dell’alveo Spirito Santo e per la pubblica istruzione furono altri momenti attraverso cui si
rinsaldò ulteriormente il rapporto di Paolo Emilio Imbriani con Pomigliano e non solo quand’egli,
negli anni 1861-66, venne eletto consigliere provinciale nel mandamento di Pomigliano, ma anche
quando si trasferì nel mandamento di Chiaia-Posillipo. Morì a Napoli nel 1877.
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Il 1848 e i pomiglianesi arrestati :
Carlo Poerio (Ministro e avvocato, n. 1803 - m. 1867)
Carlo Poerio fu tra i pomiglianesi imprigionati, processati e giustiziati dopo i moti del 1848. Uomo
politico e patriota, appena adolescente, seguì nell’esilio in Toscana, poi in Francia ed infine in
Inghilterra, il padre Giuseppe, barone regio, avvocato, oratore eccezionale e patriota, e l’illuminata
madre Carolina, insieme al fratello Alessandro, poeta e patriota anch’egli e all’amata sorella Carlotta.
Tornato a Napoli nel 1833, esercitò la professione paterna, rafforzando i propri sentimenti di riformista
moderato e divenendo il capo del partito liberale napoletano. Nel 1847 il governo borbonico lo arrestò
ritenendolo complice dei ribelli e cospiratore, anche se ben presto
dovette liberarlo, poiché mancarono fondate prove nei suoi confronti.
Nel 1848 il Poerio partecipò ai moti costituzionali e, come deputato
al Parlamento napoletano del 1848, in qualità di ministro
dell’Istruzione, propiziò presso re Ferdinando II la concessione della
Carta costituzionale.
Carlo Poerio fu cognato di Paolo Emilio Imbriani, il quale aveva
sposato la sorella Carlotta. Quando il 12 marzo 1849, fu sciolta la
Camera e vi furono violente reazioni, egli si rifugiò nella residenza
degli Imbriani a Pomigliano.
I principali sospetti di cospirazione ricaddero su di lui, specie a
causa di false accuse, suffragate da false testimonianze, tra cui spiccò
Mellusi, Antonio. Paolo Emilio
Imbriani. Carlo Poerio.
quella di Mauro Colella di Pomigliano, ex frate, turpe individuo già
Periodo Borbonico (1734 - 1860)
107
processato per diversi reati. Carlo Poerio fu arrestato il 17 luglio di quello stesso anno e condannato
a ventiquattro anni di carcere. Fu liberato dopo quasi dieci anni insieme con altri sessantasei prigionieri politici e condannato all’esilio in America; ma gli esuli sbarcarono in Irlanda e raggiunsero
Londra, dove furono accolti come eroi. Infine riparò in Piemonte.
Nel 1860, fu eletto deputato ad Arezzo e Livorno nel primo Parlamento italiano. Dopo la proclamazione del Regno d’Italia, Carlo Poerio condusse una vita appartata e rifiutò più volte le offerte del
Cavour, il quale nel 1861 lo incitava ad accettare almeno la nomina di ministro senza portafoglio.
Ritiratosi infine dalla scena politica morì a Firenze il 28 aprile 1867. Dopo solenni funerali fu imbalsamato. Il suo cuore è conservato nel cimitero di Napoli, mentre il corpo fu traslato nella cappella
gentilizia “Imbriani-Poerio” nel cimitero di Pomigliano d’Arco.
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Carmine Guadagno (o Guadagni, n. 1805 – m. 1850)
Il dottor Carmine Guadagno (o Guadagni) nacque a Pomigliano nel 1805. Così come altri suoi
contemporanei fu tra i pomiglianesi processati durante i moti del 1848. Capitano della guardia
nazionale pomiglianese e zio materno del prof. Felice Toscano, uomo di forte ingegno e non comune dottrina, come lo definiva Salvatore Cantone, fu ingiustamente accusato da Mauro Colella di aver
collaborato alla costruzione di barricate durante i moti liberali del 1848. Arrestato agli inizi del 1849,
in carcere si ammalò di tubercolosi e, verso la fine del 1850, assistito dalla moglie Brigida Russo e
dai quattro giovani figli, vi morì. La sua figura è ricordata come quella di un ottimo medico che aveva
profuso un notevole impegno in occasione del colera del 1836, ma ancor di più come quella di un
uomo probo e buono.
Dai Guadagno e dai loro congiunti, discesero tutti i Guadagno che diedero il loro cognome
alla contrada dove dimoravano originariamente, l’attuale masseria Guadagni, un tempo denominata il “Pizzone”.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco : Sistematica enciclopedica di storia locale, Aspetti istituzionali, amministrativi e politici ; presentazione di Michele Caiazzo, vol. 1, pt. 1. Somma Vesuviana, Graphosprint, 1998, p. 221.
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Sposito, Pasquale. Storia di Pomigliano : Città dalle due anime : dalle origini … ai giorni nostri. Pomigliano d’Arco,
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Santolo Romano
Santolo Romano, capitano della locale guardia nazionale, fu tra i protagonisti dei moti del 1848;
proprio per questa sua partecipazione fu arrestato e condannato.
Mauro Colella, insieme ad altri, lo accusò di fomentare i circoli settari a tenersi pronti ad un
movimento sovversivo e reclutare gente armata per marciare su Napoli.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco : Sistematica enciclopedica di storia locale, Aspetti istituzionali, amministrativi e politici ; presentazione di Michele Caiazzo, vol. 1, pt. 1. Somma Vesuviana, Graphosprint, 1998, p. 221.
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino
agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, pp. 42-44.
Cantone, Salvatore. Pomigliano d’Arco : notizie e ricerche storiche. Manoscritto a Pomigliano d’Arco tra 1906-1912,
pp. 131-134.
Cantone, Salvatore. Cenni storici di Pomigliano d’Arco : con 14 illustrazioni ; introduzione di Girolamo Sibilio ;
prefazione di Luigi Di Monda. 2 Rist. Napoli, Adriano Gallina Editore, 1984, p. 76.
Dugo Iasevoli, Vera. Le strade di Pomigliano d’Arco ; consulenza e presentazione di Nicola Esposito ; prolusione di
Raffaele Russo ; prefazione di Vincenzo D’Onofrio. Marigliano, Istituto Anselmi, 1992, p. 72.
Luigi Barretta fu Santolo
Il barbiere Luigi Barretta nacque nel 1827 e fu compagno di prigionia del rivoluzionario Luigi
Settembrini durante i moti del 1848. Liberato, fu un pensionato del nuovo governo, quale
danneggiato politico.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco : Sistematica enciclopedica di storia locale, Aspetti istituzionali, amministrativi e politici ; presentazione di Michele Caiazzo, vol. 1, pt. 1. Somma Vesuviana, Graphosprint, 1998, p. 221.
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino
agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, pp. 42-44.
Cantone, Salvatore. Pomigliano d’Arco : notizie e ricerche storiche. Manoscritto a Pomigliano d’Arco tra 1906-1912,
pp. 131-134.
Cantone, Salvatore. Una anonima relazione storica su Pomigliano d’Arco : pubblicata ora per la prima volta con note
ed appendici da Salv. Cantone. [S.n.t.] Manoscritto a Pomigliano d’Arco nel 1914, p. 54.
Cantone, Salvatore. Cenni storici di Pomigliano d’Arco : con 14 illustrazioni ; introduzione di Girolamo Sibilio ;
prefazione di Luigi Di Monda. 2 Rist. Napoli, Adriano Gallina Editore, 1984, pp. 74-76.
Sposito, Pasquale. Storia di Pomigliano : Città dalle due anime : dalle origini … ai giorni nostri. Pomigliano d’Arco,
[s.n.], 1989, p. 8.
Felice Cantone fu Domenico (Farmacista)
Il farmacista Felice Cantone fu arrestato, insieme agli altri pomiglianesi ed anche lui accusato da
Mauro Colella di aver partecipato ai moti del 1848.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco : Sistematica enciclopedica di storia locale, Aspetti istituzionali, amministrativi e politici ; presentazione di Michele Caiazzo, vol. 1, pt. 1. Somma Vesuviana, Graphosprint, 1998, p. 221.
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino
agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, pp. 42-44.
Cantone, Salvatore. Pomigliano d’Arco : notizie e ricerche storiche. Manoscritto a Pomigliano d’Arco tra 1906-1912,
pp. 131-134.
Cantone, Salvatore. Una anonima relazione storica su Pomigliano d’Arco : pubblicata ora per la prima volta con note
110
Periodo Borbonico (1734 - 1860)
ed appendici da Salv. Cantone. [S.n.t.] Manoscritto a Pomigliano d’Arco nel 1914, p. 54.
Cantone, Salvatore. Cenni storici di Pomigliano d’Arco : con 14 illustrazioni ; introduzione di Girolamo Sibilio ;
prefazione di Luigi Di Monda. 2 Rist. Napoli, Adriano Gallina Editore, 1984, p. 76.
Dugo Iasevoli, Vera. Ricostruzione storica culturale architettonica del comune di Pomigliano d’Arco ; a cura del Lions
club di Pomigliano d’Arco, Distretto 108Y - Italy. Anno Sociale 1989-90. Service Nationale “Ama di più la tua
città”. Ercolano, La buona stampa, 1990, p. 17.
Rocco Persico (Dottore)
Il dottor Rocco Persico fu arrestato per false denunzie durante i moti del 1848.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco : Sistematica enciclopedica di storia locale, Aspetti istituzionali, amministrativi e politici ; presentazione di Michele Caiazzo, vol. 1, pt. 1. Somma Vesuviana, Graphosprint, 1998, p. 221.
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agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, pp. 42-44.
Cantone, Salvatore. Pomigliano d’Arco : notizie e ricerche storiche. Manoscritto a Pomigliano d’Arco tra 1906-1912,
pp. 131-134.
Cantone, Salvatore. Cenni storici di Pomigliano d’Arco : con 14 illustrazioni ; introduzione di Girolamo Sibilio ;
prefazione di Luigi Di Monda. 2 Rist. Napoli, Adriano Gallina Editore, 1984, p. 76.
Domenico Cantone fu Salvatore (n. 1817 – m. 1901)
Domenico Cantone nacque nel 1817. Fu il capostipite dei Cantone impegnati nelle vicende
pubbliche pomiglianesi. Figlio dell’ex decurione e cassiere comunale Salvatore Cantone, era il padre
di Angelo Antonio, primo presidente della Corte di Cassazione del regno, di Salvatore, ingegnere che
elaborò il progetto della ferrovia locale, e di Antonino, futuro sindaco pomiglianese. Fu il nonno di
Ercole, grande sindaco di Pomigliano della prima metà del Novecento. Avo dello storico Salvatore
Cantone, che lo cita tra i perseguitati dopo i moti del 1848. Domenico fu consigliere comunale per
circa un decennio tra gli anni sessanta e settanta dell’Ottocento. Sposò nel 1841 Stella Toscano, sorella dell’abate Felice, di cui fu alleato inseparabile. Morì nel 1901.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco : Sistematica enciclopedica di storia locale, Aspetti istituzionali, amministrativi e politici ; presentazione di Michele Caiazzo, vol. 1, pt. 1. Somma Vesuviana, Graphosprint, 1998, p. 221.
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino
agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, pp. 42-44.
Cantone, Salvatore. Pomigliano d’Arco : notizie e ricerche storiche. Manoscritto a Pomigliano d’Arco tra 1906-1912,
pp. 131-134.
Cantone, Salvatore. Una anonima relazione storica su Pomigliano d’Arco : pubblicata ora per la prima volta con note
ed appendici da Salv. Cantone. [S.n.t.] Manoscritto a Pomigliano d’Arco nel 1914, p. 54.
Cantone, Salvatore. Cenni storici di Pomigliano d’Arco : con 14 illustrazioni ; introduzione di Girolamo Sibilio ;
prefazione di Luigi Di Monda. 2 Rist. Napoli, Adriano Gallina Editore, 1984, p. 77.
Vita a Pomigliano dal 1848 all’Unità d’Italia
Gli anni difficili dei moti del 1848 videro a Pomigliano il marchese Pasquale Primicile Carafa, figlio
del marchese di Cireale e Montejasi, sindaco tra il 1847 ed il 1849, dopo aver ricoperto varie volte
l’incarico di decurione. L’opera più importante realizzata all’epoca della sindacatura di Primicile
Carafa fu la costruzione della strada di collegamento tra Pomigliano d’Arco ed Acerra. La conclusione del mandato di sindaco del Primicile Carafa coincise con l’inizio di un decennio difficile per
tutto il Regno delle Due Sicilie, con una certa influenza pure sul piano locale. L’abolizione della
libertà di stampa, la forte ingerenza della Chiesa nell’istruzione di ogni ordine e grado, l’abbandono
di tutti i tentativi per rilanciare l’economia, una diffusa repressione segnarono il decennio tra il 1849
ed il 1859.
Periodo Borbonico (1734 - 1860)
111
Le funzioni di sindaco tra il 1850 ed il 1851 furono svolte
dal secondo eletto, il marchese Luigi d’Ippoliti, napoletano che si trovava a svolgere l’ufficio di decurione
pomiglianese per effetto dei beni da lui posseduti in
loco. Il biennio 1850-51 fu particolarmente amaro per i
pomiglianesi, in quanto la comunità locale fu duramente colpita dal tifo petecchiale. Fu una vera epidemia
durante la quale perirono diversi paesani.
Gli anni ‘50 dell’Ottocento, sul piano locale, videro protagonisti diversi decurioni: Francesco De Cicco,
Cimitero di Pomigliano,
Francesco Antignani, Vincenzo Coppola, Leopoldo
lapide
di
Pasquale
Primicile Carafa.
Pasquarelli, Francesco Ponticelli, Carlo Toscano, Felice
Tranchese, Tommaso D’Ascoli, Domenico De Falco,
Sebastiano Marino, Luigi De Falco, Raffaele Cantone, Felice Malfi, Camillo Terracciano, Raffaele
Crispo, Saverio Cutinelli ed il marchese Luigi d’Ippoliti.
In quel consiglio decurionato, cresciuto notevolmente di numero per effetto dell’incremento demografico, mancavano quelli che sarebbero diventati gli amici pomiglianesi degli Imbriani e che erano
stati allontanati dalle cariche pubbliche: i Romano, i Persico, i Guadagni, i Barretta che erano stati
arrestati insieme a Carlo Poerio.
Diversi di quei casati rientrarono nella vita politica sul finire del decennio, ma i primi anni
successivi alla conclusione della sindacatura del marchese Primicile Carafa furono abbastanza tormentati per il governo locale.
Il napoletano Francesco Mausoni, che era domiciliato in Pomigliano, avendo sposato la nativa Maria
Giuseppa Venditti, figlia del dottor Camillo, decurione, ricoprì la carica di sindaco per il biennio
1852-53. Egli non aveva mai tollerato il buio che avvolgeva Pomigliano, quando era rischiarato solo
Collezione fotografica del prof. Ferdinando Esposito. Piazza Mercato.
112
Periodo Borbonico (1734 - 1860)
dalla luna. Pure i paesani avevano bisogno di luce dopo il tramonto al ritorno dai campi e prima
dell’alba quando vi si recavano per lavorare. L’intraprendenza del sindaco Mausoni lo spinse a sollecitare il governo a risolvere il problema dell’illuminazione stradale, essendo Pomigliano comune
di prima classe e risultando indecoroso il buio nelle ore notturne. Deliberò così l’istallazione dei
fanali stradali.
Quando nella seconda metà del XIX secolo s’iniziarono a lastricare le prime strade del paese, e la
vita comunitaria si sviluppò intorno alle due piazze cittadine, quella del Municipio e quella del
Mercato, si accelerò il processo di accentramento della popolazione e sorsero i primi caffè, locande,
esercizi commerciali vari. Infatti nel 1832 quasi il 79% dell’intera popolazione viveva nel centro del
paese; nel 1864 su 8940 abitanti solo 400 vivevano sparsi nelle masserie.
Il centro urbano di Pomigliano in quegli anni si snodava lungo le strade comprese tra il convento del
Carmine e la chiesa di San Felice (antica via Sommese), e tra la via Nazionale e piazza Mercato (antica via San Benedetto). Al fenomeno dell’accentramento della popolazione si unì la concentrazione
delle abitazioni in spazi limitati e la costruzione di prime abitazioni private con più di un piano.
La maggior parte della popolazione dedita all’agricoltura ed a forme rurali di artigianato viveva nei
cortili cittadini. I “possidenti” avevano le loro residenze nelle migliori abitazioni dei cortili, disposte
al centro del paese; i braccianti e le loro famiglie erano abbandonati all’anonimato degli stessi cortili, dei quali si faceva menzione solo ricordando il cognome, nome o “contranome” dei possidenti e
dei signori che vi abitavano.
Relativamente alle attività commerciali ed industriali di questo periodo, secondo la statistica della
Camera di commercio per il 1863, nel nostro comune vi erano un solo pizzicagnolo, un opificio di
mattoni, due industriali di spirito, diciannove industriali di vinacce.
Negli anni cinquanta dell’Ottocento crescevano altri tipi di attività lavorative e nuove figure di lavoratori sempre legati al mondo dell’agricoltura. Si coltivava e lavorava ampiamente la canapa. Le
Cantone, Salvatore. Cenni storici di Pomigliano d’Arco. Antica via Sommese.
Periodo Borbonico (1734 - 1860)
113
Pomigliano : immagini d’epoca e dettagli. Prospettiva di via Sommese, antico quartiere Terra.
abbondanti acque presenti nell’area, in epoca medioevale, fecero sì che si avesse una discreta
diffusione prima del gelso e successivamente della canapa. Quest’ultima coltivazione fu molto
sponsorizzata anche dai Borbone. Da un lato le opere di bonifiche e di prosciugamento dei terreni
dell’area gravitante sulla direttrice dei Regi Lagni e dall’altro la crisi incalzante dell’apparato
industriale napoletano pre-unitario segnarono il declino della coltivazione del gelso e della canapa.
A questa fase calante corrispose la parallela ascesa della coltura della patata, con una rotazione che
era tipica dell’agricoltura della pianura nolana: dalla patata si passava al granturco e dal pomodoro
agli ortaggi vari. Accanto si svilupparono anche alberi da frutta: ciliegi, peschi, albicocche.
Con la qualità della produzione agricola locale non cresceva di pari passo la qualità dei consumi
della maggior parte della polazione, la cui dieta era ancora molto povera e saltuaria. La presenza
di quattro mulini per la lavorazione della farina che si trovavano in Pomigliano rientrava in un processo economico in cui la maggior parte della migliore produzione agricola e i prodotti della
macellazione locale erano destinati all’esportazione verso Napoli. Dunque, le condizioni di vita, di
lavoro e di alimentazione per la maggior parte dei pomiglianesi erano ai limiti dell’umano. Questo
stato di cose incideva pesantemente sullo stato di salute dei cittadini sino a pregiudicarne l’esistenza stessa. A parte vicissitudini atmosferiche, alimentazione ed altro, va ricordata l’assenza di
mezzi e strutture sanitarie.
Nel 1853, dopo Mausoni, fu sindaco Francesco De Cicco, pomiglianese d’antico casato. Il nuovo sindaco si dovette occupare di un vero dramma che colpì nuovamente Pomigliano nel 1854, il colera. A
differenza di quelle precedenti, l’epidemia che colpì la comunità nel 1854 fu nefasta: tutte le classi
sociali ne subirono le conseguenze. Il morbo entrò in ogni casa, indipendentemente dalle condizioni
economiche. In pochi giorni si passò da 80 a 267 persone colpite dall’epidemia. Il colera, alla data
del 10 dicembre 1854 aveva fatto morire 155 pomiglianesi. Le epidemie, di tifo prima e di colera poi,
114
Periodo Borbonico (1734 - 1860)
mal fronteggiate dalle autorità locali andarono ancor di più a minare le condizioni già indigenti della
popolazione di Pomigliano, che più volte si rivolse alle autorità comunali per chiedere sussidi.
L’ultimo periodo degli anni cinquanta dell’Ottocento fu particolarmente duro. Ampi strati della popolazione del regno erano ridotti alla fame. Aumentavano gli indigenti che si rivolgevano ai sindaci, il
potere più vicino a loro, per chiedere aiuto. Vincenzo Romano, il sindaco secondo eletto scrisse a più
riprese alle autorità superiori per ricevere istruzioni sul da farsi. Nell’ottobre del 1858 chiese di poter
modificare il bilancio per «accorrere a sussidiar tutti gli indigenti». La mancanza di risposte positive
da parte del potere centrale, condizionato, del resto, dall’incertezza della situazione politico-sociale
nella quale si dibatteva il Regno delle Due Sicilie, finì per vanificare qualsiasi azione intrapresa dalle
autorità comunali per fronteggiare la situazione.
Nel 1860 furono sindaci prima Pasquale Gaudiosi e poi Gioacchino Toscano. Nel consiglio decurionato c’erano gli arrestati del 1848, Felice Cantone e Santolo Romano.
A quel tempo sul trono sedeva il figlio di Ferdinando II, Francesco II, re dal 1859 al 1861, che non
ebbe mai il controllo vero della politica e mancava di autorità. Il Regno delle Due Sicilie crollava:
gli esuli dall’esterno, le rivolte mai interrotte dei Siciliani, il discredito internazionale acquisito dai
Borbone di Napoli, la grave situazione economico-sociale del regno schiusero le porte a Garibaldi.
Questi, sbarcato in Calabria il 20 agosto 1860, in meno di due settimane conquistò la quasi totalità
del territorio dello Stato borbonico. Il 7 settembre fece il suo ingresso trionfante in Napoli.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco dall’Unità d’Italia alla Repubblica ; prefazione di Raffaele Russo. Nola, Notor
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Ciasca, Raffaele. Storia delle bonifiche del Regno di Napoli. Bari, Laterza, 1928, pp. 99-145.
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di cartoline d’epoca realizzata con il patrocinio dell’Assessorato alla Pubblica Istruzione e Cultura di Pomigliano
d’Arco : Pomigliano d’Arco, 17 febbraio-3 marzo 1990 ; a cura di Luigi De Falco. Marigliano, Istituto Anselmi,
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Simonetti, Riccardo. “La bonifica e la sistemazione idraulica dei torrenti di Somma e Vesuvio”. Giornale del Genio
Civile [Estratto], anno 1912. Roma : Stabilimento tipo-litografico del Genio Civile, 1912, pp. 8-9.
PERIODO POSTUNITARIO (1861 – 1915)
Pomigliano dopo l’Unità d’Italia
Nel 1859 salì al trono Francesco II che, per il debole carattere, era detto Franceschiello. Egli
mantenne la corona solo per un anno: il 7 settembre 1860 Giuseppe Garibaldi entrava trionfalmente
in Napoli e i Borbone si rifugiavano nella fortezza di Gaeta, dove cominciavano la resistenza. La
notizia fu accolta con gioia anche dalla popolazione di Pomigliano che, come del resto tutto il
Mezzogiorno, nutriva grandi speranze nell’avvento del nuovo Stato unitario.
Prima della capitolazione dei Borbone, che conservavano ancora il loro corpo diplomatico in forza
presso i vari governi europei, il 21 ottobre 1860, si svolse l’elezione, anche a Pomigliano, che, con
un “sì” plebiscitario, sanciva l’annessione del Regno delle due Sicilie ai Savoia.
Il 19 novembre del 1860 il Consiglio Comunale decise, su proposta del sindaco Gioacchino Toscani,
di stanziare una somma di 134 ducati per i festeggiamenti in onore di Vittorio Emanuele II, nuovo Re
d’Italia. Alla riunione del Consiglio furono presenti i decurioni che erano stati arrestati nel 1848 e tutto
il ceto dirigente locale che salutò i primi passi compiuti da Pomigliano nella storia dell’Italia unita.
Intanto l’esercito sardo-piemontese assediava la fortezza borbonica di Gaeta. La capitolazione di
Gaeta il 13 febbraio 1861 portò, la mattina seguente, Francesco II di Borbone a rendere ufficiale la
fine del Regno delle Due Sicilie, comunicando ai superstiti della propria guarnigione i motivi della
resa alla casa Savoia.
Dunque a Pomigliano si cambiava registro. Il corso della vita dei pomiglianesi avrebbe dovuto
prendere così un nuovo indirizzo, la dimensione amministrativa e politica ricevere nuovi impulsi, i
prodotti del lavoro locale trovare nuovi acquirenti. Tutto ciò sarebbe potuto accadere se la fine del
regno borbonico fosse avvenuta in seguito a grandi rivolgimenti sociali e politici. Così non fu.
Verosimilmente i pomiglianesi non si resero nemmeno conto sino in fondo che ormai s’era cambiata la “sella al cavallo”. In effetti, il modo in cui avvenne l’estinzione del dominio borbonico nel
Mezzogiorno non poteva, concretamente, essere avvertito da tutti. Sia il fatto formale, il plebiscito
per l’annessione, che le battaglie militari avvenute lontano dai territori pomiglianesi, erano eventi troppo distanti dagli interessi degli uomini e delle donne che popolavano il borgo agricolo pomiglianese.
Nella fase postunitaria, a Pomigliano la quasi totalità della popolazione, dovendosi fidare solo ed
esclusivamente sulla forza delle proprie braccia, in quanto non specializzata ed analfabeta, aveva l’unica grande preoccupazione di riuscire a
racimolare il necessario per vivere.
La situazione igienica era alquanto delicata. Bisognava inoltre provvedere per il forno pubblico, l’alveo di Pacciano, la polizia urbana e rurale,
ecc. In tale quadro, il 31 luglio 1865 venne emanato il primo Regolamento
sanitario di Pomigliano d’Arco: l’amministrazione comunale, assumendosi come affar suo la cura della salute pubblica e privata, entrò sin dentro i minimi dettagli per operare la prima alfabetizzazione igienico-sanitaria dell’intero territorio comunale. Opera quest’ultima che, negli anni
precedenti, era stata praticata con spirito persecutorio nei confronti della
prostituzione e degli eventuali soggetti portatori d’infezione.
Tra il 1864 e il 1865 nascevano i regolamenti daziario, di polizia urbana
e rurale. Nel giugno del 1865, nell’ambito di una ridefinizione giuridicoFrancesco II Borbone
istituzionale generale, fu varata anche una nuova legge comunale e
116
Periodo postunitario (1861 - 1915)
Comune di Pomigliano d’Arco. Ufficio di Piano. Catasto Borbonico, cartografia di Pomigliano d’Arco 1875-76.
Periodo postunitario (1861 - 1915)
117
provinciale che mutava il quadro di riferimento giuridico-amministrativo entro il quale si doveva
sviluppare l’iniziativa degli amministratori locali. I pubblici amministratori di Pomigliano si
preoccuparono di venire a capo della questione della pubblica panizzazione e il consiglio comunale
intervenne in materia il 5 maggio 1865, decidendo di reistituzionalizzare la panizzazione pubblica
per fronteggiare la situazione incresciosa che si era venuta a creare in seguito alla coalizzazione
formatasi tra tutti i privati panizzatori, che comportava un aumento eccessivo del prezzo del pane.
Durante i primi decenni postunitari l’attenzione dello Stato verso il Mezzogiorno si manifestò principalmente attraverso l’obiettivo della unificazione normativa per avere istituzioni e strutture capaci
di operare nella diversificata realtà meridionale. Incameramento della proprietà ecclesiastica, liquidazione degli usi civici, quotizzazione dei demani comunali, abolizione del maggiorascato (l’eredità
andava di solito al figlio maschio maggiore, mentre gli altri ne restavano esclusi) furono alcune delle
misure, introdotte tra il 1860 ed il 1885, volte a liberare l’agricoltura dai vincoli feudali ancora
presenti ed appartenenti al vecchio regime.
Opere pubbliche come strade e ferrovie, porti ed altro ebbero una corsia preferenziale per il
Mezzogiorno al punto che la Legge 333 del 13 luglio 1881 finanziava sino a quindici anni i progetti
delle amministrazioni locali. Tra la fine del XIX e primi del XX sec. iniziò una fase intensa ed organica di attività dello Stato centrale rispetto alle popolazioni meridionali. Nel settore delle opere
pubbliche si stabiliva il principio secondo cui lo Stato assumeva l’onere finanziario della realizzazione di servizi di utilità collettiva, liberando da tali oneri gli enti locali.
Il primo atto amministrativo di una certa consistenza, che a Pomigliano fu compiuto in questa nuova
fase, fu l’acquisizione dei locali del convento del Carmine adibiti, successivamente, ad uso uffici per
il municipio. Era il 31 dicembre 1866, quando il ricevitore demaniale, agente per il fondo del culto,
alla presenza dell’assessore comunale Floriano Mausoni e del priore dei padri pisani Luigi Ragosta,
applicò la Legge 3096 del 7 luglio 1866. Con detta legge furono soppressi tutti i beni appartenenti ai
vari ordini religiosi che, da quel momento, entrarono a far parte del patrimonio comunale.
A partire dal 1 gennaio 1867, il municipio di Pomigliano d’Arco ritornò nella sede che già precedentemente aveva occupato, cioè il convento del Carmine.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco dall’Unità d’Italia alla Repubblica ; prefazione di Raffaele Russo. Nola, Notor
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società, cultura ; a cura di Guido Agostino, vol. 2, pp. 262-275. Salerno, Paparo Edizioni, 2007, p. 265.
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, pp. 44-45, 47, 52-53.
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Comune di Pomigliano d’Arco. Aggiornamento ed Adeguamento del Piano Regolatore Generale – Relazione
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Periodo postunitario (1861 - 1915)
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Vita politica a Pomigliano dopo l’Unità d’Italia
Quando dal Decurionato si passò al consiglio comunale, in seguito alle elezioni del maggio 1861 e a
poco più di tre mesi di distanza dalla proclamazione del Regno d’Italia, risultarono essere eletti quasi
tutti coloro i quali avevano costituito le amministrazioni in epoca borbonica: Santo Romano, Luigi
Zito, Gioacchino Toscani, Paolo Sodano, Pasquale Gaudiosi, ecc. La maggior parte di questi uomini, pubblici amministratori, erano proprietari terrieri o di beni immobili.
Il contesto amministrativo-istituzionale entro il quale operarono i pubblici amministratori pomiglianesi fu quello disegnato dalla Legge Rattazzi del 1859 sull’ordinamento comunale e provinciale. Il
regno venne diviso in province, circondari, mandamenti e comuni. Pomigliano d’Arco faceva parte
della provincia di Napoli, del circondario di Casoria, ed era capoluogo di mandamento. Con la nuova
legge, a differenza di quanto avveniva con il decurionato, oltre al sindaco vi era anche la giunta che
diventava organo esecutivo. Nel 1865 dal bilancio comunale emergeva una spesa più articolata e
diversificata rispetto a quanto avveniva prima dell’Unità d’Italia.
La Legge Rattazzi prevedeva un censo di quaranta lire annuali da pagare all’erario per essere elettore alle votazioni politiche. Quelli che a Pomigliano, nel 1864, pagavano tale cifra erano 28 su 92
aventi diritto di voto. Gli altri 64 elettori votavano in quanto possessori di titoli di studio o vari altri
titoli. Il dato degli aventi diritto al voto amministrativo segnalava una forte percentuale, circa 100 su
143, di elettori per qualità, che lasciava presagire futuri ricambi della classe dirigente locale. Tale
ricambio cominciò a manifestarsi sin dal 1862, quando entrarono nel consiglio comunale
pomiglianese 5 professionisti di cui 2 farmacisti, 2 medici, 1 notaio, cambiando le cose rispetto alla
totale egemonia che i vari possidenti e proprietari pomiglianesi avevano da sempre manifestato nella
vita pubblica locale. Pur mantenendosi sempre alta la percentuale dei possidenti (14-16 su 20
consiglieri) negli anni settanta dell’Ottocento la situazione subì un’accelerazione nel processo di
mutamento: un numero sempre maggiore di professionisti si avvicinava alla vita politica ed amministrativa locale.
Prima che la scena della vita pubblica di Pomigliano venisse egemonizzata da Vittorio Imbriani e
Felice Toscano, altri furono gli interpreti delle vicende locali. Tra questi, Gioacchino Toscani,
Pasquale Gaudiosi, Francesco De Cicco, Pasquale Primicile Carafa, Salvatore Coppola, Ferdinando
Antignani, Luigi Caruso, Pasquale Aracri, Antonino Cantone ed altri che, in tempi diversi ed in funzione diversa, di sindaco, consigliere comunale o assessore, furono protagonisti della vita politica
pomiglianese.
Alcuni sindaci designati dai governi del Regno d’Italia furono riciclati dall’esperienza borbonica del
decurionato. Fu il caso di Pasquale Primicile Carafa e Francesco De Cicco.
Il Primicile Carafa, già sindaco tra il 1847 ed il 1849, ritornò in carica tra il 1864 ed il 1866, ormai
ultrasettantenne.
A Pasquale Gaudiosi e Salvatore Coppola sono legate alcune importanti realizzazioni sia sul piano
amministrativo che su quello civile. Il Gaudiosi fu sindaco per pochi mesi nel 1860 e poi dal 1861 al
1863 fino allo scioglimento del consiglio comunale. La riscossa politica di Gaudiosi si ebbe nel 1865
quando fu eletto, primo pomiglianese, al seggio di consigliere provinciale. Mantenne questo incarico sino al 1869 quando, a contendergli quel seggio, fu l’abate Felice Toscano, che ebbe la meglio.
PERIODO POSTUNITARIO (1861 – 1915)
Pomigliano dopo l’Unità d’Italia
Nel 1859 salì al trono Francesco II che, per il debole carattere, era detto Franceschiello. Egli
mantenne la corona solo per un anno: il 7 settembre 1860 Giuseppe Garibaldi entrava trionfalmente
in Napoli e i Borbone si rifugiavano nella fortezza di Gaeta, dove cominciavano la resistenza. La
notizia fu accolta con gioia anche dalla popolazione di Pomigliano che, come del resto tutto il
Mezzogiorno, nutriva grandi speranze nell’avvento del nuovo Stato unitario.
Prima della capitolazione dei Borbone, che conservavano ancora il loro corpo diplomatico in forza
presso i vari governi europei, il 21 ottobre 1860, si svolse l’elezione, anche a Pomigliano, che, con
un “sì” plebiscitario, sanciva l’annessione del Regno delle due Sicilie ai Savoia.
Il 19 novembre del 1860 il Consiglio Comunale decise, su proposta del sindaco Gioacchino Toscani,
di stanziare una somma di 134 ducati per i festeggiamenti in onore di Vittorio Emanuele II, nuovo Re
d’Italia. Alla riunione del Consiglio furono presenti i decurioni che erano stati arrestati nel 1848 e tutto
il ceto dirigente locale che salutò i primi passi compiuti da Pomigliano nella storia dell’Italia unita.
Intanto l’esercito sardo-piemontese assediava la fortezza borbonica di Gaeta. La capitolazione di
Gaeta il 13 febbraio 1861 portò, la mattina seguente, Francesco II di Borbone a rendere ufficiale la
fine del Regno delle Due Sicilie, comunicando ai superstiti della propria guarnigione i motivi della
resa alla casa Savoia.
Dunque a Pomigliano si cambiava registro. Il corso della vita dei pomiglianesi avrebbe dovuto
prendere così un nuovo indirizzo, la dimensione amministrativa e politica ricevere nuovi impulsi, i
prodotti del lavoro locale trovare nuovi acquirenti. Tutto ciò sarebbe potuto accadere se la fine del
regno borbonico fosse avvenuta in seguito a grandi rivolgimenti sociali e politici. Così non fu.
Verosimilmente i pomiglianesi non si resero nemmeno conto sino in fondo che ormai s’era cambiata la “sella al cavallo”. In effetti, il modo in cui avvenne l’estinzione del dominio borbonico nel
Mezzogiorno non poteva, concretamente, essere avvertito da tutti. Sia il fatto formale, il plebiscito
per l’annessione, che le battaglie militari avvenute lontano dai territori pomiglianesi, erano eventi troppo distanti dagli interessi degli uomini e delle donne che popolavano il borgo agricolo pomiglianese.
Nella fase postunitaria, a Pomigliano la quasi totalità della popolazione, dovendosi fidare solo ed
esclusivamente sulla forza delle proprie braccia, in quanto non specializzata ed analfabeta, aveva l’unica grande preoccupazione di riuscire a
racimolare il necessario per vivere.
La situazione igienica era alquanto delicata. Bisognava inoltre provvedere per il forno pubblico, l’alveo di Pacciano, la polizia urbana e rurale,
ecc. In tale quadro, il 31 luglio 1865 venne emanato il primo Regolamento
sanitario di Pomigliano d’Arco: l’amministrazione comunale, assumendosi come affar suo la cura della salute pubblica e privata, entrò sin dentro i minimi dettagli per operare la prima alfabetizzazione igienico-sanitaria dell’intero territorio comunale. Opera quest’ultima che, negli anni
precedenti, era stata praticata con spirito persecutorio nei confronti della
prostituzione e degli eventuali soggetti portatori d’infezione.
Tra il 1864 e il 1865 nascevano i regolamenti daziario, di polizia urbana
e rurale. Nel giugno del 1865, nell’ambito di una ridefinizione giuridicoFrancesco II Borbone
istituzionale generale, fu varata anche una nuova legge comunale e
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Periodo postunitario (1861 - 1915)
distinte fazioni elettorali che segnarono fino agli anni novanta le vicende locali.
Felice Toscano, pomiglianese giobertiano legato al filosofo Luigi Palmieri, era intimo amico di Paolo
Emilio Imbriani, padre di Vittorio, sindaco di Napoli, presidente della provincia e rettore
dell’Università. Vittorio Imbriani, come il suo avo, fu partigiano e militante della Destra Storica,
epigono degli hegeliani di Napoli e volle per testimone di nozze il filosofo Bertrando Spaventa, fratello del rivoluzionario e deputato Silvio.
Dunque, lo spessore delle due personalità fece in modo che la vicenda pubblica locale ne travalicasse
l’ambito; la lotta tra i partigiani del Toscano e quelli dell’Imbriani divenne particolarmente aspra
negli anni e l’apice dello scontro si ebbe in occasione delle elezioni per il consiglio provinciale nel
1879, quando i due compaesani si presentarono come candidati contrapposti.
Imbriani nel 1876 ed il Toscano nel 1878-79 avevano ricoperto la carica di sindaco di Pomigliano e,
prima e dopo, quella di consiglieri comunali. Precedentemente, al seggio di primo cittadino pomiglianese erano saliti altri esponenti della vita politica locale e tra questi Salvatore Coppola,
Ferdinando Antignani, Pasquale De Falco, tutti legati in un modo o in un altro al Toscano o ad
Imbriani e impegnati a fare proseliti tra gli elettori pomiglianesi, permettendo il formarsi dei due
schieramenti avversi mai più ricomposti. Così, dalle dispute di casato si arriverà alle liste elettorali
ripartite per quartieri: famosi sono rimasti gli scontri tra “ ’a Chiazza” e “ ’a Terra”.
Pomigliano d’Arco era parte del Circondario di Casoria e capoluogo di mandamento a cui
facevano capo anche i comuni di Casalnuovo e Licignano; si veniva già da anni di conflitti, ricorsi e contrasti vari che avevano tenuto intensamente diviso il paese nelle due fazioni e la partita
elettorale fu accompagnata anche da un attentato intimidatorio ai danni dell’Imbriani, facendo
esplodere una bomba-carta sotto il portone di casa sua, che fortunatamente provocò solo danni
materiali e tanto spavento.
Le prime avvisaglie di quello che sarebbe successo si ebbero quando tra i galantuomini del paese
cominciò a ventilarsi la possibilità della presentazione di una candidatura di Imbriani a consigliere
provinciale in alternativa all’abate Felice Toscano, sindaco in carica e consigliere provinciale uscente.
I due uomini si incontrarono cercando di raggiungere un accordo per evitare che le divisioni creassero ulteriori danni ai loro partiti, ma non raggiunsero un’intesa e si andò alle urne.
Imbriani risultò eletto con 256 voti contro i 225 del Toscano. Per l’abate cavalier Toscano non fu certo
un'affermazione, ma la cosa non finì così. Neanche una settimana dopo la proclamazione dei risultati
elettorali, alcuni elettori presentarono ricorso al Prefetto contro Imbriani per presunti brogli elettorali.
Dopo un’istruttoria abbastanza sommaria, la Deputazione provinciale di Napoli, ascoltata la relazione della commissione d’inchiesta, annullò l’elezione di Vittorio Imbriani a consigliere provinciale nel
mandamento di Pomigliano d’Arco, senza fissare la data per nuove elezioni.
L’Imbriani, a sua volta, era in attesa dell’esito del suo ricorso al Re contro la decisione della
Deputazione provinciale. Intanto, il Toscano era sindaco con un consiglio comunale che gli era sempre più ostile e che non perdeva occasione per mostrare le spaccature e metterlo in minoranza, fino
al 1880 quando venne sciolto il consiglio comunale stesso. Nelle nuove elezioni si rinnovò il consiglio dove vi fu la predominanza assoluta del partito di Imbriani con sindaco Ferdinando Antignani.
Sconfitto nelle elezioni ed abbandonato dagli elettori, Toscano fece ricorso ma non fu ascoltato dalla
Deputazione provinciale; ormai quasi cieco ed ultrasettantenne, si ritirò presso la casa del fratello a
Napoli dove morì nel 1886.
Imbriani, ormai padrone assoluto della scena politica pomiglianese, dopo i fatti del ‘79 e lo scioglimento del consiglio comunale presieduto dal Toscano si risollevò e tentò nuovamente la scalata per
il seggio alla camera dei deputati, ma fu battuto. Dopo aver insegnato estetica all’Università di
Napoli per poco meno di due anni ed aver patito le pene di una seconda operazione all’uretra, morì
nel gennaio del 1886.
Periodo postunitario (1861 - 1915)
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Pur non essendovi più la presenza dell’abate Toscano e del professore Imbriani, le contrapposizioni
e i contrasti e nel campo politico locale continuarono e si fecero più aspri e duri: il seme della discordia impiantato dai due continuava ad essere coltivato da chi era stato compartecipe degli avvenimenti
degli anni precedenti. Le tensioni che accendevano le vicende politiche che avevano per protagonisti Imbriani e Toscano generavano nuove aspirazioni di protagonismo.
In un quadro di novità, sia amministrative che di natura politica e sociale, Pomigliano visse anche i
drammi che la congiuntura economica italiana ed europea della crisi degli anni ottanta poneva.
Bibliografia
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Editore, 1991, pp. 41, 48, 50-66.
Aliberti, Crescenzo. Un’Alba Estiva. Somma Vesuviana, Ed. d’Arte “La Fenice”, 1995.
Aliberti, Crescenzo. Vittorio Imbriani pomiglianese : Presentato dalla Cumpagnia Tiatro La Puteca. Regia di
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“Asilo infantile duchessa d’Aosta”. Somma Vesuviana (NA), Graphosprint; 2001, pp. 19-32.
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Imbriani, Vittorio. Vittorio Imbriani a Gustavo Iacobucci : cinque lettere inedite ; a cura di Monica Mola. Casalnuovo
di Napoli, Phoebus Edizioni, 2002, pp. 8-21.
La elezione di Vittorio Imbriani a consigliere provinciale nel mandamento di Pomigliano d’Arco il 27 luglio 1879 :
ricordo agli elettori. Napoli, Stabilimento tipografico Perrotti, 1879.
Mola, Monica. Vittorio Imbriani : opera omnia : carteggi inediti ; a cura di Monica Mola ; con una premessa di Raffaele
Giglio. Vicenza, Marsilio, 2007, pp. LXXX, 376-377 note 3, 7.
Abate Felice Toscano (Professore - Sindaco, n. 1819 - m. 1886)
L’Abate Felice Toscano nacque a Pomigliano il 14 ottobre del 1819 da Angeloantonio e Maria
Giuseppa Guadagno (sorella di Carmine, medico e patriota morto nelle carceri borboniche all’indomani dei fatti del ‘48). Studiò letteratura classica e scienze nel seminario di Nola al tempo del suo
massimo splendore, mettondosi in evidenza per la compilazione di due saggi: uno di matematiche
pure e miste e, l’altro, di teologia dogmatica.
Ordinato sacerdote nel 1842, venne a Pomigliano dove, per qualche
tempo, attese all’insegnamento. Successivamente si trasferì a Napoli
per perfezionarsi alla scuola filosofica di Luigi Palmieri, frequentata
allora da ben quattrocento discepoli, tra cui vi erano Giuseppe
Massari, Ruggero Bonghi, Nicola Amore, Mariano Semmola ed
Arcangelo Palmentieri, più noto come Padre Ludovico da Casoria.
Conseguita presso la Reale Università di Napoli la cedola in Belle
Lettere, aprì, nel 1846, uno studio privato di filosofia, che in breve fu
tra i più rinomati ed affollati della capitale.
I rivolgimenti politici del ‘48 segnarono la fine del cosiddetto
“intervallo di tolleranza” e l’inizio di una fase reazionaria, che per gli
hegeliani significò la dispersione e l’esilio e per i giobertiani come
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Periodo postunitario (1861 - 1915)
Palmieri, il disimpegno dall’attività speculativa, ovvero il silenzio editoriale. Il Toscano, invece,
malgrado i rigori della polizia borbonica, riuscì a pubblicare nel 1857 un Corso elementare di
filosofia, dedicato al venerando Palmieri. Con quest’opera egli rese popolare la dottrina del
Gioberti. Nel 1860, per il Garibaldi, che da poco era sbarcato a Marsala, pubblicò un Corso
elementare di filosofia del diritto.
Nel 1861 il governo luogotenenziale, nella persona del ministro della Pubblica Istruzione, Paolo
Emilio Imbriani, lo nominò professore di Filosofia razionale e morale nel Liceo “Vittorio Emanuele
II” di Napoli, insegnamento che tenne fino al 1867. Questo fu un incarico che egli portò avanti con
grande zelo e successo, tanto che fu nominato Cavaliere dell’ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro e, in
seguito, docente pareggiato di Filosofia del diritto nella Reale Università napoletana. Redasse un
Compendio di filosofia razionale e morale (1864). Tra i suoi allievi liceali vi fu quel Francesco
d’Ovidio che, raggiunta fama e ottima reputazione di filologo, benedì sempre il Toscano e le sue
lezioni, che sicuramente arricchirono la sua cultura e ampliarono i suoi orizzonti.
Toscano si trovò nella necessità di sintetizzare le sue dottrine. Tra il 1864 ed il 1868 collaborò al
periodico Il Campo dei filosofi italiani con sei lettere filosofiche, discutendo e ribattendo le obiezioni mosse contro le sue dottrine.
Nel 1867 fu promosso Preside del Liceo “Mario Pagano” di Campobasso, ma per ragioni di salute e,
fondamentalmente, perchè vide in quella promozione una sorta di ostracismo perpetrato ai suoi danni
da parte degli hegeliani, nelle cui mani era ormai il potere politico, non accettò l’incarico e si
collocò in aspettativa per un anno, trascorso il quale, non essendo stato restituito alla sua antica mansione, abbandonò l’insegnamento pubblico per ritornare a quello privato.
Concorse più volte per una cattedra universitaria senza tuttavia gli esiti sperati, ma non per questo gli
furono disconosciuti i suoi meriti scientifici se, nel 1868, fu ascritto fra i soci dell’Accademia
Pontaniana e le autorità religiose precedentemente gli avevano conferito il titolo di abate.
L’abate Toscano non disdegnò neppure la
lotta politica, risultando, nel 1869, eletto
Consigliere provinciale del mandamento di
Pomigliano d’Arco ed esercitando per oltre
un decennio tale mandato. Nell’esercizio di
questa funzione si prodigò per la costruzione
della strada provinciale PomiglianoSant’Anastasia e per l’istituzione di un asilo
infantile, che accogliesse bambini poveri e
orfani, dedicato alla memoria della Duchessa
d’Aosta, il cui vero nome era Maria Dalpozzo. Ella era figlia di uno dei più nobili
patrioti italiani, il principe della Cisterna, che
militò sotto le bandiere della libertà nel 1821
con Santorre Santarosa, Giacinto Collegno,
Giovanni Berchet. L’inaugurazione dell’asilo
avvenne il 12 giugno 1870 e la sua gestione
fu affidata alle cure delle Suore della Carità.
Il discorso inaugurale fu tenuto da Paolo
Emilio Imbriani, il quale disse: «L’asilo è la
colonna miliare del nuovo cammino della
beneficenza, e del primo di esso ha voluto giovare alla patria sua il prof. Toscano, spirito
Periodo postunitario (1861 - 1915)
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privilegiato, cui le speculazioni filosofiche non hanno rapito all’azione civile della vita».
Il Consiglio d’Amministrazione, il giorno 30 gennaio 1927, pose in memoria del Toscano una
lapide nell’atrio dell’edificio.
Dal 1872 le vicende dell’abate si intrecciarono con quelle di Vittorio Imbriani che, fissata la sua
dimora in Pomigliano, andava preparando la sua candidatura al Parlamento per le elezioni del 1874,
autorevolmente sostenuto proprio dall’abate-filosofo. Le elezioni, però, si risolsero in modo non
favorevole all’Imbriani che, successivamente, in una lettera accusò il Toscano di slealtà e tradimento,
segnando in tal modo la fine del sodalizio.
L’abate Felice Toscano, eletto Deputato Provinciale, esercitò per ben sei anni consecutivi i due incarichi della Beneficenza e dell’Istruzione Pubblica a lui sempre affidati e, con decreto del 24 marzo
1878, venne nominato Ufficiale dell’Ordine della Corona d’Italia.
Nel 1879 Felice Toscano, già consigliere e deputato provinciale, fu nominato anche sindaco di
Pomigliano d’Arco. Nello stesso anno si avvicinavano le elezioni provinciali e l’Imbriani a sorpresa
avanzò la propria candidatura in alternativa proprio a quella dell’abate. La tornata elettorale si svolse in un clima di particolare tensione. Le urne, ad ogni modo, decretarono, e per ben due volte, visto
che in prima istanza era stata accolta una richiesta di annullamento delle elezioni, la vittoria
dell’Imbriani e l’inesorabile tramonto politico del Toscano che, a causa della precaria salute, fu
costretto a vita privata fino alla morte, sopraggiunta per apoplessia il 13 marzo del 1886 a Napoli, in
casa del fratello Francesco.
Fu sepolto nel cimitero di Pomigliano d’Arco e sulla sua lapide fu incisa un’epigrafe del filosofo
abate Vito Fornari che recita:
FELICE TOSCANO
SACERDOTE E CITTADINO
OSSERVANTE DEI SUOI DOVERI
DOTTO, MODESTO, OPEROSO
MANTENNE IN ONORE CON GLI SCRITTI
E CON L’INSEGNAMENTO A VOCE
LA TRADIZIONE DELLA SANA FILOSOFIA
L’elenco degli scritti di Felice Toscano di seguito riportato è sostanzialmente quello approntato nel
1879 da Angelo De Gubernatis, che ne tracciò un breve profilo nel Dizionario Biografico degli scrittori contemporanei e, più di recente, riproposto da Ferdinando Esposito. Esso può dirsi a tutt’oggi
valido non essendosi, nel frattempo, ulteriormente arricchito di nuovi ritrovamenti:
Corso elementare di filosofia, Tip. Diogene, Napoli, 1857 (2ª edizione, ivi 1862, 2 voll.; 3ª edizione,
ivi 1869, 2 voll.).
Corso elementare di filosofia del diritto, Tip. Diogene, Napoli, 1860, 2 voll.
Compendio di filosofia razionale e morale, Tip. Diogene, Napoli, 1864.
“Lettera ai Compilatori”. Parte prima, in Il Campo dei filosofi italiani, Tomo I, Napoli, 1864, pp. 169-186;
Parte seconda, ivi, pp. 241-262.
“Al Signor D. Francesco Canonico Orgera” (Polemica). Lettera prima, in Il Campo dei filosofi italiani, Tomo
II, Napoli, 1866, pp. 205-213; Lettera seconda, ivi, pp. 329-344; Lettera terza, ivi, pp. 433-448.
“Sulla Teorica del Progresso infinito”, Lettera prima, in Il Campo dei filosofi italiani, Tomo IV, Torino, 1868,
pp. 24-47; Lettera seconda, ivi, pp. 385-401.
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Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino
agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, pp. 96-97,
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Cantone, Salvatore. Cenni storici di Pomigliano d’Arco : con 14 illustrazioni ; introduzione di Girolamo Sibilio ;
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Dugo Iasevoli, Vera. Le strade di Pomigliano d’Arco ; consulenza e presentazione di Nicola Esposito ; prolusione di
Raffaele Russo ; prefazione di Vincenzo D’Onofrio. Marigliano, Istituto Anselmi, 1992, pp. 81-82, 209-211.
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ed artisti ; a cura di Nunzio Coppola. Roma, Istituto per la storia del Risorgimento Italiano, 1964, pp. 144146, 149-150, 152.
Imbriani, Vittorio. Vittorio Imbriani a Gustavo Iacobucci : cinque lettere inedite ; a cura di Monica Mola. Casalnuovo
di Napoli, Phoebus Edizioni, 2002, pp. 17, 26 nota 3.
La elezione di Vittorio Imbriani a consigliere provinciale nel mandamento di Pomigliano d’Arco il 27 luglio 1879 :
ricordo agli elettori. Napoli, Stabilimento tipografico Perrotti, 1879.
Mola, Monica. Vittorio Imbriani : opera omnia : carteggi inediti ; a cura di Monica Mola ; con una premessa di Raffaele
Giglio. Vicenza, Marsilio, 2007, pp. 376-377 nota 3.
Prof. Felice Toscano : Consigliere provinciale. Proprietà Letteraria : Il Consiglio Provinciale. Tav. XXIX – gennaio
1880. Napoli, Tip. Giannini, 1880, ritratto.
Regolamento dello Asilo Infantile Duchessa D’Aosta in Pomigliano d’Arco. Napoli, Tipografia della Gazzetta di
Napoli, 1874.
Statuto organico dello Asilo Infantile Duchessa d’Aosta in Pomigliano d’Arco. Pomigliano d’Arco, Tip. Scala, 1873.
Toscano, Felice, abate. Sulla teorica del progresso infinito : lettura prima e seconda ; con saggio introduttivo e nota
bio-bibliografica di Giovanni M. Buglione. San Giuseppe Vesuviano, Arti Grafiche La Stampa, 2003, pp. 33-38.
“Toscano Felice, abate”. In Dizionario biografico degli scrittori contemporanei : Ornato di oltre 300 ritratti ; a cura di
Angelo De Gubernatis, pp. 1000-1001. Firenze, Le Monnier, 1879.
Vittorio Imbriani (Professore - Sindaco, n. 1840 - m. 1886)
Vittorio Imbriani nacque a Napoli nel 1840 da Paolo Emilio e da Carlotta Poerio. Fu insigne critico
e professore di Estetica dell’Università di Napoli. Fu eletto sindaco di Pomigliano nel 1875.
Partecipò alle guerre di indipendenza, nel 1859, con l’esercito piemontese ad Arezzo e nel 1866, con
i volontari garibaldini, quando fu fatto prigioniero in Croazia. Nel 1885 ottenne la cattedra di Estetica
all’Università di Napoli, ma non riuscì neppure a cominciare le lezioni, in quanto una gravissima
malattia di lì a poco lo condusse alla morte, nel 1886.
Liberale costituzionale aderì fervidamente alla Destra Storica. Fu letterato, filosofo e polemista vivace. Collaborò a vari giornali tra i quali l’Italia del De Sanctis, poi la Patria e la Nuova Patria, il
Progresso e dal ‘72 al Giornale napoletano di filosofia e lettere insieme a Bertrando Spaventa e
Francesco Fiorentino. Sostenitore di una polemica basata sul principio d’autorità, fu avversario spietato della Sinistra che combatté anche attraverso L’Araldo e Il Fanfulla.
Nelle sue opere emerge la figura dell’erudito e del letterato appassionato di fatti e costumi popolari.
Rigido nelle sue convinzioni politiche e letterarie, l’Imbriani può essere definito uno tra i più originali e moderni scrittori del secondo Ottocento italiano.
Duraturo, complesso e sofferto fu il rapporto che Vittorio Imbriani ebbe con Pomigliano. Acquisita
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la cittadinanza pomiglianese, partecipò alla vita politica ed
amministrativa del paese. Il nonno paterno, Matteo Imbriani,
sposò la benestante pomiglianese Caterina De Falco il 15
Maggio 1806. La dimora degli Imbriani al vico della Pigna era
stata portata in dote da Caterina De Falco la quale, insieme al
marito Matteo, vi trascorreva l’estate per poi trasferirsi a Napoli
in inverno. Da Matteo Imbriani e Caterina De Falco nacquero
Rosa e Paolo Emilio. Da quest’ultimo poi, in seguito al matrimonio avvenuto con Carlotta Poerio, sorella dei patrioti napoletani Alessandro e Carlo, nacquero sette figli tra cui Vittorio,
Matteo Renato e Giorgio Pio. Nel 1872 il trentaduenne Vittorio
Imbriani fissa il proprio domicilio in Pomigliano d’Arco, al
vico della Pigna, divenendo elettore politico ed amministrativo
del comune col titolo di possidente.
Per le elezioni del consiglio provinciale, che si svolsero il 26
Protomastro, Giuseppe. Matteo Renato
Imbriani. Il giovane Vittorio Imbriani.
luglio del 1874, Imbriani appoggiò con convinzione la candidatura dell’abate Toscano, che poi risultò effettivamente eletto.
Vittorio Imbriani aveva dato il suo appoggio elettorale all’abate poiché stava coltivando l’aspirazione di candidarsi come deputato al Parlamento nel collegio di Afragola, di cui faceva parte
Pomigliano, e quindi gli poteva ritornare utile l’appoggio dell’abate Felice Toscano. Imbriani aveva
la certezza della vittoria; gli erano giunte nuove promesse di appoggio elettorale tra le quali non mancarono quelle dell’abate e dei suoi amici. L’esito invece fu una sconfitta e Imbriani si convinse, e lo
scrisse in una lettera al Toscano, che era rimasto escluso dal Parlamento per il tradimento degli amici
dell’abate. Da quel momento i rapporti tra Imbriani e Toscano non si ricomposero mai più.
Gli anni che vanno dal 1875 al 1879 furono
quelli durante i quali più intenso si fece il
rapporto di Vittorio Imbriani con
Pomigliano d’Arco.
L’Imbriani fu nominato sindaco. La carica
durava tre anni ma dopo alcuni mesi, in
seguito alla caduta del governo Minghetti
nel 1876 ed al successivo avvento al potere
della Sinistra, il Cavaliere decise, con un
gesto simbolico e veemente, di dimettersi
dalla carica, sperando che anche la sua giunta lo seguisse, ma non fu così. Deluso,
Imbriani si trasferì per un certo periodo a
Roma da dove comunque continuò a seguire e ad influire sulle vicende di Pomigliano.
Un prezioso impulso all’evoluzione sociale
della comunità locale fu dato da Vittorio
Imbriani attraverso due importanti iniziative: il 29 luglio 1877 fondò, con altri, tra cui
Salvatore Coppola ed Antonino Cantone, la
Società Operaia che aveva lo scopo di reaCasa Imbriani a Pomigliano. Targa posta in occasione
lizzare la mutua assistenza tra i soci partecidel centenario della morte di V. Imbriani.
Composta da Ferdinando Esposito e Gennaro Caprioli.
panti, quasi tutti esercenti e possidenti; il 19
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settembre 1878 Imbriani scrisse all’ex ministro Silvio Spaventa di interessarsi del progetto per la
costruzione della ferrovia che doveva collegare Pomigliano d’Arco a Napoli e Nola e che giunse a
buon fine tra il 1880 ed il 1884.
In quegli anni coltivò maggiormente gli aspetti della vita privata dopo che, nel 1877, gli morì il padre
Paolo Emilio. Si fidanzò con la delicata Gigia Rosnati e sul finire degli anni settanta giunse anche il
matrimonio; padrino dell’evento fu il filosofo Bertrando Spaventa. Il matrimonio tra Gigia e Vittorio
coincise con la drammatica elezione per il rinnovo del Consiglio provinciale nel 1879.
Lo scontro elettorale con l’abate Felice Toscano del ‘79 segnò nel profondo Vittorio Imbriani.
L’avversità sistematica ad ogni sua aspirazione di impegno politico, prima per il Parlamento nazionale e poi per il Consiglio provinciale, modificò molto la tempra del professore. La nascita del figlio
servì ad alleviare lo stato di angoscia nel quale versava. Gigia Rosnati, attraverso il figlio Paolo
Emilio, aveva fatto ritornare il sorriso sulle labbra dell’accigliato e ghignoso marito. Nel 1880, presentatosi nuovamente per conquistare il seggio di deputato, fu sconfitto. E poco dopo il figlioletto
Paolo Emilio morì, il 26 ottobre 1881, ad appena sedici mesi di vita.
La morte del figlio lasciò una ferita profonda che non si rimarginò nemmeno in seguito alla nascita
di una bambina, Carlotta, venuta alla luce nella seconda metà del 1881. Nello stesso periodo si aggravò la malattia che accompagnò Vittorio Imbriani negli ultimi anni della sua vita. L’atassia che lo
colpì, malattia che si manifestava attraverso la perdita di coordinazione dei movimenti muscolari
volontari, interessò gradualmente le gambe e portò Vittorio a non poter più camminare.
La moglie Gigia gli fu vicina e pure gli amici pomiglianesi, da Salvatore Coppola a Ferdinando
Antignani, da Saverio De Falco a Giuseppe Russo, che lo considerarono sempre punto di riferimento per le battaglie elettorali. Furono loro che, per manifestare l’affetto e l’attaccamento per Vittorio,
lo candidarono per le elezioni politiche del 1882 e, in seguito al successivo annullamento, per quelle del
maggio del 1883. Imbriani, in entrambe le competizioni non poté partecipare con intensità anche perchè
la malattia lo portava a trascorrere lunghi periodi lontano da Pomigliano. Comunque non risultò eletto.
Tra il 1883 ed il 1884 Vittorio Imbriani visse una significativa fase di attività di studioso.
L’attenzione si concentrò quasi tutta sul folklore, sulle fiabe e sui canti popolari.
Mentre la malattia si faceva più insistente, nel 1885 il cavalier Imbriani ottenne la cattedra per
l’insegnamento all’Università, obiettivo lungamente ambito.
Trascorsa a Pomigliano l’estate del 1884, Imbriani, ormai paralizzato alle gambe dalla malattia,
si trasferì a Napoli.
Morì nella notte di capodanno, tra il 31 dicembre del 1885 ed il 1 gennaio del 1886. I suoi resti e
quelli dei suoi familiari riposano nella cappella gentilizia della famiglia nel cimitero di Pomigliano.
Tra i suoi innumerevoli scritti di storia e critica della letteratura, di narrativa, di versi e corrispondenze giornalistiche, egli non trascurò Pomigliano, preoccupandosi di raccogliere testi di letteratura
popolare, canti tradizionali e novelle, tra cui ricordiamo: Canti popolari delle province meridionali :
Pomigliano d’Arco, 1871-72; ‘A ‘Ndriana Fata : cunto pomiglianese. Per nozze, 1875; XII Conti
pomiglianesi, 1876; Le canzonette infantili pomiglianesi, 1877; ‘O Cunto d’ ‘a bella pilosa, 1883,
Canti popolari raccolti in Pomigliano d’Arco, 1883.
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Web bibliography
http://it.wikipedia.org/wiki/Vittorio_Imbriani
Opere realizzate a Pomigliano dopo l’Unità d’Italia: la ferrovia, nuove strade, scuole
L’interessamento di Vittorio Imbriani per la realizzazione di un collegamento ferroviario di
Pomigliano d’Arco a Napoli faceva seguito ad oltre un decennio di tentativi che gli amministratori
locali avevano in vario modo esercitato. Gli abitanti del borgo agricolo pomiglianese avevano sentito parlare del treno fin dalla sua prima apparizione in Italia, quando nel 1839 fu inaugurato il primo
tronco ferroviario di otto chilometri da Napoli a Portici. Pochi anni dopo quella data, nel 1842, diversi
pomiglianesi presero parte alla realizzazione della Regia strada ferrata da Napoli a Capua. I timori e
le diffidenze che avevano accompagnato le prime apparizioni del treno erano state man mano superate dagli indubbi vantaggi che la stazione di Casalnuovo aveva portato. La stazione ferroviaria di
Casalnuovo era a tre miglia dal centro urbano pomiglianese e la possibilità che un tratto ferroviario
Periodo postunitario (1861 - 1915)
potesse collegare anche Pomigliano con Napoli era un
obiettivo che dopo l’Unità d’Italia i personaggi pubblici
locali si erano prefissati di raggiungere. Il comune di
Pomigliano, in accordo con il deputato Spinelli, stava
tentando di inserirsi nella vicenda della nascente ferrovia Napoli-Benevento-Foggia per ottenere una fermata
anche per la comunità pomiglianese.
A metà degli anni sessanta dell’Ottocento la società
“Ferrovie Provinciali per l’Italia meridionale” intervenne per ottenere sussidi economici ed il suolo necessario
per la costruzione della ferrovia.
Il 15 aprile del 1867 erano già stati approvati dal
Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici gli studi e la
planimetria della linea Napoli-Nola per Marigliano.
Solo nel maggio del 1868 venne accordata la concessione e l’esercizio della linea di strada ferrata da
Casalnuovo di Napoli a Marigliano. La possibilità di
veder realizzato il collegamento ferroviario di
Pomigliano d’Arco con Napoli e Nola, però, doveva
superare l’ostacolo della costruzione della linea AcerraNola, che agli amministratori locali non appariva prioritaria quanto la linea Napoli-Nola. Questa invece, avrebbe dovuto allacciare i comuni di Pomigliano d’Arco,
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Relazione progetto ferrovia. Frontespizio
Collezione fotografica del prof. Ferdinando Esposito. Prima stazione ferroviaria.
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Cisterna, Brusciano, Mariglianella, Lausdomini, Marigliano, Casaferro, Scisciano, Frascatoli,
Casola, S. Martino, S. Vitaliano e Nola. Inoltre questa linea Napoli-Nola avrebbe dato un miglioramento all’agricoltura, scongiurando così l’emigrazione, e in più sarebbe venuta a costare meno visto
l’attraversamento di terreni piani. Solo nel settembre del 1883 si venne a capo dell’intera vicenda
della ferrovia a Pomigliano.
La prima e più antica sede della stazione ferroviaria fu costruita nel prolungamento di Via Umberto
al di là della via Nazionale delle Puglie. Via Umberto fu aperta intorno alla metà dell’Ottocento, proprio per permettere un rapido collegamento fra la Stazione ed il centro del paese e, pertanto, venne
popolarmente detta “via Nova”. In questi anni la ferrovia non era gestita dalla Circumvesuviana ed
aveva il suo capolinea napoletano nei pressi dell’attuale centro direzionale.
La ferroviaria, ormai in via di ultimazione, si rivelò utilissima a scopi sociali durante il colera scoppiato nell’estate del 1884 a Napoli e provincia. A Pomigliano d’Arco vi furono venti morti. A fine
agosto dello stesso anno il sindaco di Pomigliano chiese all’ingegnere capo della Ferrovia NapoliNola-Baiano «di far servire il casotto, cantoniere sulla traversata della via consortile Licignano, ad
uso disinfezione di coloro che vogliono entrare in cotesto comune».
Il dottor Nicola Pecoraro (1855-1924) si distinse durante l’epidemia colerica a Pomigliano. Grande
benefattore, purtroppo oggi dimenticato, fu medico curante e amico di Vittorio Imbriani che gli fece
pubblicare un opuscoletto dal titolo Istruzioni pratiche sul colera. Napoli, Stabil. Tip. di Vincenzo
Marano, 1884.
La linea ferroviaria Napoli-Nola-Baiano a binario unico, scartamento ridotto e trazione a vapore, nel
1884 collegava Napoli con la città di Nola; l’anno successivo la linea venne terminata, con l’arrivo
definitivo a Baiano. La ferrovia fu uno dei fattori d’impulso per la crescita della realtà locale, in
quanto produsse forti cambiamenti anche nel commercio. Infatti la canapa, l’uva, le patate, il grano,
gli animali da corte e da stalla, tutti prodotti che venivano inviati ai mercati di Napoli e Nola, potevano essere spostati col nuovo mezzo di trasporto.
Il sindaco Ercole Cantone (1906-1925 e 1943-1948) testimoniava che per arrivare ad un utilizzo specifico della ferrovia ci fu bisogno di superare forti resistenze degli agricoltori locali che preferivano
il trasporto sui carri. La ferrovia divenne anche un luogo di ritrovo per i braccianti, che attendevano
la venuta del caporale che li conducesse nei campi a lavorare.
Il 31 ottobre del 1869 venne approvato il primo Regolamento Edilizio locale che pose ordine
procedurale per la realizzazione di nuove costruzioni e manufatti abitativi e prendeva atto del sistema viario che nel tempo si era sviluppato in successione alla crescita dell’insediamento umano. A
parte le propaggini di Tavernanova e Pacciano, numerose erano le masserie tra le quali le più antiche
erano Marcomanno, Guadagni, San Martino; il centro era cresciuto intorno a Piazza Mercato, tra le
chiese del Carmine e di San Felice, tra vico della Pigna, via Damiano (o Giardino) e la zona del
Passo. Ad ogni modo già negli anni settanta del XIX secolo il numero dei manufatti abitativi era di
circa 320; la tipologia costruttiva era di tipo “a sacco” e faceva largo uso della pietra vesuviana e
raramente le costruzioni superavano il piano terra ed il primo piano.
Tra il 1881 ed il 1885 vi fu un’intensa attività amministrativa in riferimento alla viabilità interna.
Furono portati a compimento alcuni progetti di lastricamento o basolamento iniziati negli anni precedenti. Si resero transitabili: via Terra, via Aurora, via S. Pietro, via S. Rocco, traversa Mingione,
vico Ricci, vico De Falco, via Manfredi, via dei Forni. La Legge del 30 agosto del 1868 obbligava i
comuni alla costruzione di nuove strade. La Legge del 1871 invitava a procedere alla nominazione
delle vie e delle piazze. Nel 1879 venne costruita l’arteria interna che collegava borgo Pacciano con
il centro del paese e nell’aprile dello stesso anno venne approvato il progetto che collegava Pacciano
e la Via Nazionale. L’illuminazione dell’intero sistema stradale pomiglianese era effettuata con fanali a petrolio. Il progetto per la realizzazione di una delle più antiche strade intercomunali che da
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Pomigliano : immagini d’epoca e dettagli. Rione Terra lastricato.
Pomigliano : immagini d’epoca e dettagli. Via Nazionale con pubblica illuminazione a gas.
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Periodo postunitario (1861 - 1915)
Pomigliano conduceva ad Acerra venne depositato presso il comune nel dicembre del 1846. Le
pratiche di esproprio dei terreni pomiglianesi si trascinarono sino al 1871. Nel marzo del 1876 si
procedette all’incanto dell’appalto dei lavori per la costruzione della “strada obbligatoria”
Pomigliano-Licignano-Casalnuovo.
Seguì il riordinamento generale del tronco inferiore del torrente Spirito Santo nel punto di deviazione tra Pacciano e la strada Provinciale di Ottaviano. Successivamente ci si attivò per la costruzione
di un edificio scolastico che doveva sorgere nella proprietà Sepe alla Via Pomi, che richiedeva la
spesa prevista di 26 mila lire. E’ noto che Paolo Emilio e Vittorio Imbriani contribuirono molto a far
nascere un sentimento diffuso di attenzione rispetto al tema dell’alfabetizzazione nei cittadini pomiglianesi. Testimonianze concrete di questo sentimento furono rappresentate dagli istituti scolastici
“Paolo Emilio Imbriani” e l’istituto convitto “Marco Polo”, che furono la spia di un processo più
generale di crescita dell’attività scolastica privata.
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Dugo Iasevoli, Vera. Guida storico-artistica di Pomigliano d’Arco : alla riscoperta del centro storico ; presentazione
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Pomigliano : immagini d’epoca e dettagli ; (Materiale per una ricerca a cura di Luigi De Falco) : catalogo della mostra
di cartoline d’epoca realizzata con il patrocinio dell’Assessorato alla Pubblica Istruzione e Cultura di Pomigliano
d’Arco : Pomigliano d’Arco, 17 febbraio-3 marzo 1990 ; a cura di Luigi De Falco. Marigliano, Istituto Anselmi,
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Periodo postunitario (1861 - 1915)
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La crisi agraria ed economica degli anni ’80
La grave crisi che colpì l’intera agricoltura europea in seguito al crollo del prezzo del grano, a partire
dal 1881 fece sentire in modo drammatico, anche nelle campagne meridionali, i propri effetti che si
andarono a sommare a quelli determinati dalla crisi della cantieristica. Ma il dramma nel quale
viveva l’economia agricola meridionale fu magnificamente espresso dalle conclusioni a cui giunse
l’inchiesta agraria svolta da Stefano Jacini ed il cui esito si conobbe nel 1884.
Il conte e senatore Stefano Jacini (1826-1891) fu un politico ed economista italiano. L’inchiesta sulla
crisi fu promossa dalla Camera dei deputati il 15 marzo 1877.
Negli anni ottanta del secolo XIX inizia anche nella nostra area una politica economica protezionistica che crea una seria ipoteca sullo sviluppo futuro dell’agricoltura. L’economia di quegli anni
rimaneva agricola e artigianale. La maggior parte della popolazione era dedita all’agricoltura e a
forme rurali di artigianato. La debolezza dell’agricoltura e dell’artigianato che avevano una scarsa produzione emerse in tutta la sua grandezza in seguito all’abolizione delle barriere doganali regionali.
Il protezionismo di cui si fece promotore il governo servì solo a proteggere la nascente industria settentrionale a scapito del Meridione la cui economia agraria doveva esportare i propri prodotti. Capitò
che tra il 1879 ed il 1887 il prezzo del grano in Italia crollò a causa dell’arrivo del grano americano.
Il grano e il granoturco rappresentavano le colture quasi esclusive del basso nolano ed insieme alla
canapa, che pure scese di prezzo, occupavano la quasi totalità della forza lavoro delle comunità locali.
I progressi compiuti dalla tecnica agraria rimasero per lo più ignorati al Sud; ad aggravare la situazione
Pomigliano : immagini d’epoca e dettagli. Corso Vittorio Emanuele, botteghe artigiane.
134
Periodo postunitario (1861 - 1915)
fu la mancanza di ogni forma di investimento. L’assenza di opifici di rilievo, tranne qualche
sporadico caso, completava il quadro della situazione.
Ad aggravare la crisi fu l’introduzione di una tariffa nel 1887, un vero dazio sul grano, che aumentò
il potere dei grandi proprietari, abbattendosi come una scure sul processo di trasformazione delle colture. Il passaggio dal liberismo al protezionismo favorì lo sviluppo industriale al Nord, a spese della
già dissestata agricoltura meridionale. Il Sud si avviava a diventare un mercato coloniale, senza rapporti con l’estero, passivo consumatore dei costosi manufatti nordici.
A ben vedere, tuttavia, si trattò di una crisi latente già negli anni settanta dell’Ottocento, alimentata
dalla sconsideratezza dei responsabili della politica economica del paese. Gli effetti furono devastanti
e si sommarono a quelli che avevano già danneggiato l’agricoltura meridionale, dedita al mercato e
alle colture specializzate, come vini, olio, agrumi.
La crisi agraria contribuì alla prima ondata di emigrazione delle classi contadine.
La nuova democrazia rurale cominciava a convincersi che con l’emigrazione erano stati eliminati i
due principali fattori che avevano messo in crisi l’agricoltura italiana e, in particolare, quella
meridionale: la sovrappopolazione e la mancanza di capitali.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco dall’Unità d’Italia alla Repubblica ; prefazione di Raffaele Russo. Nola, Notor
Editore, 1991, pp. 101-102.
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Aliberti, Crescenzo. Le Trasformazioni dell’area nolana ; C.G.I.L. Camera del Lavoro di Napoli F.I.O.M.
Comprensorio di Pomigliano d’Arco. Somma Vesuviana (NA), «Graphosprint», 1993, p. 18.
Pomigliano : immagini d’epoca e dettagli ; (Materiale per una ricerca a cura di Luigi De Falco) : catalogo della mostra
di cartoline d’epoca realizzata con il patrocinio dell’Assessorato alla Pubblica Istruzione e Cultura di Pomigliano
d’Arco : Pomigliano d’Arco, 17 febbraio-3 marzo 1990 ; a cura di Luigi De Falco. Marigliano, Istituto Anselmi,
1990, p. [17], fig. p. [18].
Romano, Maria Pia. Problemi di storia dell’emigrazione tra Ottocento e Novecento : Pomigliano d’Arco. Tesi di Laurea
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Sgammato, Giovanni. Pummigliano ra ‘e patane all’apparecchie ; prefazione di Stefano De Matteis. Urbino,
edizione Montefeltro, 1995, fig. p. 109.
Dalle Società Operaie al Partito Socialista Italiano
Lo sviluppo delle Società Operaie, o società di mutuo soccorso, che ebbe inizio nelle contrade
piemontesi sin dal 1850, già durante il secondo congresso nazionale svoltosi a Firenze nel 1861, dietro la forte spinta delle correnti che si richiamavano al pensiero mazziniano, dovette fare i conti con
il tema dell’orientamento politico che le nascenti associazioni dovevano avere. Fu così che grazie
all’iniziativa dei mazziniani, nel decennio 1861-71, le società di mutuo soccorso cominciarono a tramutarsi in vere e proprie società operaie dove ai caratteri solidaristici, assistenziali e mutualistici si
aggiunsero quelli inerenti la tutela del lavoro salariato e del miglioramento delle condizioni di vita
dei lavoratori.
Negli anni tra il 1871 ed il 1880, l’attività dell’associazionismo operaio fu fortemente condizionata
dal pensiero e dall’azione dell’anarchico Bakunin, fondatore dell’anarchismo moderno, il quale
teorizzava non soltanto il raggiungimento di obiettivi di carattere economico ma anche quello della
giustizia sociale da costruire a partire da una lotta dura contro il capitalismo. Negli anni tra il 1879
ed il 1890, in quasi tutta la provincia di Terra di Lavoro, di cui facevano parte tutti i comuni del nolano ad eccezione di Casalnuovo e Pomigliano, che rientravano nella provincia di Napoli, vi fu un forte
sussulto del movimento democratico che trovava nelle società operaie di mutuo soccorso un proprio
Periodo postunitario (1861 - 1915)
135
forte traino. Nel periodo 1879-1880 le società
operaie passarono da 79 a 148 e diverse tra
queste erano direttamente collegate con gli
ambienti radicali.
Tramontati i tentativi mazziniani e mai attecchiti gli ideali marxisti e bakuniani, dalle
nostre parti, negli anni settanta dell’Ottocento,
l’iniziativa rimase ben salda nelle mani degli
esponenti della Destra Storica che più e meglio
di altri riuscivano a comprendere i profondi
sospiri di una società culturalmente, economicamente e civilmente chiusa.
Vittorio Imbriani, l’ardente e dotto professore,
fu uno degli esponenti di punta di quella classe dirigente della Destra e fu, perciò, capace di
interpretare le aspirazioni del ceto operaio
pomiglianese.
Nel 1877 gli operai di Pomigliano, affratellati
in Mutuo Soccorso, diedero vita alla Società
Operaia regolata da uno statuto che si componeva di 111 articoli. La Società Operaia aveva
come scopo principale quello di garantire il
mutuo soccorso tra operai e agricoltori locali,
e per questo motivo fu ben accolta dai cittadini.
Nel marzo del 1887, però, contestualmente
Alberti, Crescenzo. Dall’Unità d’Italia alla Repubblica.
allo scioglimento della vecchia organizzazioFrontespizio Statuto Società Operaia 1878.
ne, avvenne la fondazione della “Società
Operaia Cooperativa”. Quest’ultima svolse
attività anche nel settore dell’educazione, preoccupandosi della formazione sia dei ragazzi che degli
adulti. Nel 1889 la Società Operaia Cooperativa sollecitò il sindaco Pasquale Aracri affinché potesse ottenere il riconoscimento di Ente Giuridico.
Un punto importante per la crescita delle forze della democrazia radicale e repubblicana dell’ultimo
ventennio dell’Ottocento fu rappresentato dallo sviluppo delle banche popolari. In seguito al 3°
Convegno nazionale delle Banche Popolari tenutosi a Bologna nel 1880, nel quale si decise di promuovere tutte le iniziative atte a favorire lo sviluppo del credito popolare nel Meridione, fu stabilita
l’apertura dei nuovi sportelli bancari che servirono innanzitutto a combattere l’usura, che era molto
forte nelle campagne e nelle varie contrade meridionali. Lo strumento più efficace per debellare tale
increscioso fenomeno fu appunto l’elargizione del credito ai ceti popolari ad un tasso molto agevolato.
A fronte della crisi agraria le Società Operaie non seppero porsi come interlocutori ed espressione dei
reali bisogni dei ceti popolari. La funzionalità che le strutture associative operaie ebbero per il
movimento democratico rivelò la propria efficacia, invece, solo più tardi, nel 1912, con il raggiungimento del suffragio universale maschile.
Quando lo spontaneismo insurrezionale incominciò la propria fase calante, contemporaneamente
prese corpo l’ipotesi della costituzione di una forza politica autonoma degli operai in grado di tutelare
i loro interessi e che nello stesso tempo abbandonasse la pratica dell’astensionismo elettorale e praticasse un proprio inserimento nello schieramento politico.
Ispirato a queste caratteristiche nacque, nel 1885, il Partito Operaio Italiano che, ponendosi obiettivi
136
Periodo postunitario (1861 - 1915)
democratici, intendeva perseguire un programma di riforma capace di alleviare il disagio della
condizione operaia. A distanza di sette anni dalla nascita del Partito Operaio Italiano, nel 1892, a
Genova, si svolse il congresso costitutivo del Partito dei Lavoratori Italiani nel quale confluirono la
Lega Socialista Milanese ed il Partito Operaio.
Più tardi, con il congresso di Reggio Emilia del 1893 e quello di Parma del 1895 nacquero il Partito
Socialista dei Lavoratori prima ed il Partito Socialista Italiano poi. Con la nascita del PSI si affermò
una netta separazione organizzativa tra la struttura del partito e quella delle associazioni sindacali che
avevano già svolto a Parma nel 1893 il primo congresso delle Camere del Lavoro.
Dello sviluppo dell’organizzazione del movimento operaio e socialista si ebbe sentore nelle contrade dell’agro-nolano solo con il nuovo secolo. In seguito al 1° congresso socialista della Campania,
che si tenne a Napoli nel Gennaio del 1900, fu deciso che bisognava lavorare all’organizzazione della
Federazione Socialista di Terra di Lavoro e contemporaneamente si passò dalle adesioni individuali
a quelle organizzate in sezioni.
Le associazioni contadine che si svilupparono nella nostra zona non erano ancora efficienti come
quelle dell’Italia settentrionale, che avevano come riferimento le nascenti Camere del Lavoro. Nel
nostro territorio crebbero delle aggregazioni contadine che, pur conoscendo i propositi delle leghe
contadine settentrionali di ispirazione socialista, erano tenute insieme dall’indigenza e dalla necessità di ottenere quanto necessario per la vita quotidiana.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco dall’Unità d’Italia alla Repubblica ; prefazione di Raffaele Russo. Nola, Notor
Editore, 1991, pp. 99-101, fig. p. 321.
Aliberti, Crescenzo. La camera del Lavoro : Percorso storico del Comprensorio pomiglianese ; CGIL Comprensorio
nolano vesuviano – Interno. Somma Vesuviana (NA), Graphosprint, 1993, pp. 16-26.
L’emigrazione di fine Ottocento a Pomigliano d’Arco
Successivamente alla crisi agraria degli anni ottanta del secolo XIX iniziò anche sul piano locale un
continuo e costante processo di emigrazione. In questa prima fase, l’emigrazione fu soprattutto agricola e diretta verso il continente americano. Notizie precise sull’emigrazione a Pomigliano possono
essere ricavate dall’Archivio storico del Comune della città.
Tra il 1885 ed il 1890 mossero da Pomigliano d’Arco, per andare a cercare fortuna altrove, tra le 250
e le 300 persone. Mediamente ogni mese partivano da 1 a 4 pomiglianesi. Destinazioni preferenziali erano il Venezuela e gli Stati Uniti. Inizialmente a muoversi erano solo gli uomini che, una volta
trovato lavoro all’estero, richiamavano le proprie famiglie, aumentando così la presenza femminile
nel flusso migratorio. Iniziava una forma di insediamento stabile degli immigrati italiani all’estero.
Il governo messicano, ad esempio, forniva agli immigrati il viaggio ed una sistemazione in loco, ma
richiedeva che essi rinunciassero alla loro nazionalità d’origine.
Nel 1888 venne abolita la schiavitù in Brasile, e da questo provvedimento scaturì la necessità di cercare nuova manodopera. Iniziò così una grande campagna attraverso una fitta rete di agenti sparsi in
Europa, incaricati di arruolare emigranti disposti a trasferirsi in quel paese. Il Brasile diventò allora
la meta preferita dagli emigranti italiani, insieme all’Argentina, dove spesso venivano impiegati nella
realizzazione di opere pubbliche. Negli ultimi decenni dell’Ottocento, ma soprattutto nel nuovo secolo, si fece sempre più ingente il flusso di emigranti diretti negli Stati Uniti che diventarono la meta
preferita soprattutto da coloro che provenivano dal sud Italia.
Molti emigranti pomiglianesi si diressero verso New York, in particolare nel quartiere di Brooklyn,
dove diedero vita ad una sorta di colonia.
Il primo conflitto mondiale interruppe il flusso migratorio, che aveva raggiunto la punta massima
negli anni 1905-1906.
Periodo postunitario (1861 - 1915)
137
I figli degli emigranti pomiglianesi, oggi, hanno costituito a New York un’associazione non-profit
denominata “I figli di Pomigliano”, consultabile all’indirizzo web www.scafidi.com.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco dall’Unità d’Italia alla Repubblica ; prefazione di Raffaele Russo. Nola, Notor
Editore, 1991, pp. 101-102.
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Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino
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Figli di Pomigliano d’Arco. Annual dinner dance : Novembre 16, 2008 ; a cura di Figli di Pomigliano d’Arco, A not
for profit organization est. 2007. New York, [s.n.], 2008.
Romano, Maria Pia. Problemi di storia dell’emigrazione tra Ottocento e Novecento : Pomigliano d’Arco. Tesi di Laurea
in Sociologia, Insegnamento di Storia Contemporanea ; relatore Paolo Macry. Napoli, Università Federico II,
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Web bibliography
www.scafidi.com
L’agente di emigrazione a Pomigliano
Le fonti documentarie attestano anche a Pomigliano la presenza di alcuni agenti di emigrazione, che
esercitarono molta influenza sui pomiglianesi che abbandonarono il loro paese di origine per
emigrare nelle Americhe. Fra questi, Tobia Romano fu il rappresentante dei vettori per New York,
mentre Aniello Toscano fu il rappresentante dei vettori del trasporto marittimo e transatlantico di
Barcellona.
Nel 1902 a Pomigliano venne eletto il Comitato mandamentale per l’emigrazione, presieduto dal
Pretore; venne nominato componente Luigi Compenzioso, vicepresidente della Società Operaia
pomiglianese. L’istituzione del comitato era obbligatoria quando vi era un rappresentante di vettori
in zona. I compiti fondamentali del Comitato erano finalizzati alla tutela dell’emigrazione e
all’informazione di quanti maturavano la decisione di partire in cerca di fortuna.
Bibliografia
Romano, Maria Pia. Problemi di storia dell’emigrazione tra Ottocento e Novecento : Pomigliano d’Arco. Tesi di Laurea
in Sociologia, Insegnamento di Storia Contemporanea ; relatore Paolo Macry. Napoli, Università Federico II,
1995. pp. 113-115.
Il comune sotto inchiesta nel 1902
Agli inizi del Novecento il Prefetto dispose un’inchiesta contro l’amministrazione comunale di
Pomigliano a seguito di numerosi reclami pervenuti alla Prefettura e ad altre Autorità. Dalla relazione del segretario del Prefetto risultavano gravi violazioni di legge, con permanente danneggiamento
degli interessi del Comune, atti di favoritismo e sperpero di denaro pubblico. Le finanze del Comune,
così come le opere pubbliche, la questione relativa all’acqua del Serino e l’illuminazione pubblica
avevano tutte la stessa intonazione di illegalità.
Il 24 novembre del 1902, dunque, per la prima volta in quarant’anni di vita amministrativa, il
Comune di Pomigliano veniva sottoposto ad un’indagine prefettizia, che interessava tutti i rami in
cui un’amministrazione locale potesse intervenire. Non si ebbe lo scioglimento del consiglio comunale, come il sottoprefetto aveva minacciato, a differenza delle due occasioni precedenti, nel 1880,
quando era sindaco l’abate Felice Toscano, e nel 1888.
Quando a Pomigliano d’Arco giunse il segretario di Prefettura per dare inizio all’indagine, sindaco
in carica era Antonino Pio Cantone, nipote dell’abate Felice Toscano in quanto figlio della sorella
Stella e di Domenico Cantone, consigliere comunale. Antonino Cantone sedette sulla poltrona di
138
Periodo postunitario (1861 - 1915)
primo cittadino di Pomigliano per più di un decennio, dal 1895 sino ai primi mesi del 1906.
Successivamente alle risultanze dell’inchiesta amministrativa del 1902 sul Comune di Pomigliano vi
fu un certo impulso ad agire. Si partì con l’organizzazione degli uffici comunali. Dopo aver lavorato
per più di un mese e mezzo, la giunta comunale presentò, il 13 gennaio 1903, un nuovo regolamento per gli impiegati e salariati comunali e un’ipotesi di una nuova organizzazione degli uffici. Con le
nuove disposizioni si stabiliva anche che il personale del Comune venisse assunto tramite concorso.
Gli effetti di questa nuova riorganizzazione si cominciarono a vedere dal gennaio 1904, in concomitanza con l’inizio della vicenda della tassa di famiglia. Nel gennaio 1903 fu istituita tale tassa per
sopperire al minore introito del dazio di consumo in seguito all’abolizione del dazio sui farinacei.
Tale tassa scatenò la reazione popolare cavalcata dal gruppo di opposizione a Cantone in consiglio
comunale, capitanato da Mauro Leone. Tale situazione portò, il 6 gennaio 1906, alle dimissioni di 13
consiglieri comunali su 20 ed alla conseguente apertura della crisi, fino allo scioglimento del consiglio comunale, che segnerà il tramonto politico di Antonino Cantone che, però, nel frattempo aveva
già aperto la via al figlio Ercole.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco dall’Unità d’Italia alla Repubblica ; prefazione di Raffaele Russo. Nola, Notor
Editore, 1991, pp. 105-135.
D’Elcefina, Marco. Appunti dal vero sulla lotta elettorale in Pomigliano d’Arco. Napoli, Tipografia Novecento, 1902.
Ercole Cantone (Sindaco – Avvocato, n. 1877 – m. 1949)
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale a Pomigliano era sindaco don Ercolino Cantone, figlio di
Antonino, anch’egli sindaco di Pomigliano dal 1895 al 1906.
Ercole Cantone fu avvocato, consigliere provinciale dal 1902, deputato scolastico e varie volte
sindaco di Pomigliano tra il 1906 e il 1925, e dal 1943 al 1948.
Dedicò tutta la vita al bene del paese. Non si formò una famiglia, né esercitò la sua professione, per
amore del popolo. La sorella Antonietta gli fu molto d’aiuto specie quando egli rifiutò di accettare la
tessera fascista, iniziando così un periodo di forte difficoltà economica. La sorella, essendo sua
dirimpettaia e per risparmiargli l’umiliazione di sedersi alla tavola del cognato, gli passava il vitto
tramite una specie di teleferica tra il suo balcone e quello di suo fratello sulla quale scorreva un
“panariello” che viaggiò avanti e indietro per molti anni.
L’inchiesta a cui era stata sottoposta l’amministrazione comunale di Pomigliano nel 1902 aveva offerto un quadro che richiedeva un lavoro di rinnovamento da parte del governo locale. Nel 1906 Ercole
Cantone, al suo primo mandato, fece sua questa esigenza, dando
particolare importanza ad alcuni settori d’intervento, tra cui la politica sociale, le opere pubbliche, il settore viario, l’istruzione e la
prima rete elettrica cittadina, modificandone tutti i regolamenti.
Durante la guerra del 1915-18, essendo presidente del Consorzio
agrario, si prodigò a beneficio del paese, non facendo mancare ciò
che era necessario. Grazie all’amicizia personale che aveva con
l’allora Presidente della Camera dei deputati Enrico De Nicola,
futuro primo Presidente della Repubblica Italiana, nel 1918 il sindaco Cantone istituì a Pomigliano la prima Scuola Normale Statale
intitolata a Carlotta Imbriani Poerio che, abolita nel 1923, venne
sostituita dall’Istituto Magistrale parificato nel 1934, quando era
podestà il prof. Elia Savelli.
Collezione fotografica
del dottor Antonio Romano.
Cantone visse gli anni del ventennio fascista in dignitosa solitudine
Il giovane Ercole Cantone.
ma sempre stimato e rispettato da tutti i pomiglianesi.
Periodo postunitario (1861 - 1915)
139
Fu protagonista tra il 1919 e il 1920 dei cambiamenti del sistema politico nazionale che
portò anche a Pomigliano una lotta tra due
partiti contrapposti. Il processo evolutivo fu
rappresentato dal nuovo meccanismo elettorale
con il quale si passò dal collegio uninominale
alla competizione per lista con sistema proporzionale. Il nuovissimo Partito Popolare, che tra
i fondatori aveva Mauro Leone, e che concorse
per la prima volta ad una competizione politica,
fu altro elemento che sul piano locale diede
modo allo stesso Leone, ad Elia Savelli ed altri
di precisare ulteriormente i motivi della propria
opposizione a Cantone. Questi, infatti, appoggiava i Liberali e i Costituzionali di Enrico De
Nicola e Benedetto Croce, che avevano il
“Cavallo sfrenato” come proprio simbolo.
Dunque le elezioni politiche del novembre
1919, vinte dal Partito Popolare di Mauro
Leone, furono le prime a veder contrapposti
due schieramenti in campo locale che, ormai,
non si formavano più per motivi personali, di
casato, di ascese individuali o di appetiti mai
soddisfatti. Ora le divisioni facevano richiami
a programmi e politiche che riguardavano
Alberti, Crescenzo. Dall’Unità d’Italia alla Repubblica.
anche condotte nazionali dei gruppi e dei partiFrontespizio Appalto prima rete elettrica.
ti a cui si faceva riferimento.
Accadde che, a partire dagli anni venti, si determinò una divisione territoriale dell’elettorato pomiglianese: nel quartiere “Terra” vivevano tutti i
fautori del Cantone e del “Cavallo sfrenato”; al quartiere “Chiazza” la quasi totalità dell’elettorato di Leone e del Partito Popolare.
Alle elezioni amministrative del 1920 vinse Cantone che rimase in carica come sindaco fino allo
scioglimento del consiglio comunale da parte del regime fascista e all’istituzione dei Podestà.
L’opera e l’attività del podestà Elia Savelli, suo oppositore già dagli anni della sua prima elezione a
sindaco, fu contrastata tenacemente da Ercole Cantone, il quale ingaggiò una lotta costante e quotidiana, nella quale ogni cosa veniva meditata e ripensata più volte.
Fu così che, insieme ad un gruppo di persone rimastegli fedeli, don Ercolino organizzò l'opposizione
al potere costituito. Facendo da spola tra il bar Umberto che si trovava sotto la propria abitazione e
la piazza Municipio, il Cantone non perdeva occasione per aizzare, criticare, convincere e svolgere
propaganda avversa ai podestà e commissari di turno.
Sicuramente ai fascisti locali l’atteggiamento ed il modo di fare del Cantone non piacque affatto per
cui non mancarono episodi di rissa e di violenza. Secondo alcune testimonianze di protagonisti diretti
ed indiretti, quasi ogni sera gruppi di facinorosi attendevano don Ercolino sotto casa ed in più occasioni lo fecero oggetto di percosse violente.
Durante il successivo mandato a sindaco di Cantone, tra il 1943-48, furono impostate le soluzioni
dei problemi inerenti le fognature, di cui Pomigliano era completamente sprovvista. In questo
periodo, il Cantone, insieme a Enrico De Nicola, cercò di perorare uno stanziamento di fondi per
140
Periodo postunitario (1861 - 1915)
la realizzazione della rete fognaria cittadina.
Tra le sue opere pubbliche, oltre al lastricamento di molte strade cittadine, vanno ricordate: la strada
Pomigliano-Castel Cisterna e quella Tavernanova-Casalnuovo.
Purtroppo il Commendatore Cantone non poté portare a termine il suo secondo mandato, perché dopo
qualche anno morì.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Un epigono del liberismo meridionale : Ercole Cantone. Tesi di Laurea in Scienze politiche,
Insegnamento di Storia contemporanea ; relatore Michelangelo Mendella. Napoli, Università Federico II, discussa il 24 giugno 1988.
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco dall’Unità d’Italia alla Repubblica ; prefazione di Raffaele Russo. Nola, Notor
Editore, 1991, pp. 119, 135, 137-202, 224-227, 282-301, figg. pp. 196, 335.
Aliberti, Crescenzo. “Breve storia di Pomigliano d’Arco”. In City Book : Pomigliano d’Arco : un servizio per la tua
città. [S.n.t.], pp. 14, 21-22.
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino
agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, pp. 139, 162.
Cantone, Salvatore. Una anonima relazione storica su Pomigliano d’Arco : pubblicata ora per la prima volta con note
ed appendici da Salv. Cantone. [S.n.t.] Manoscritto a Pomigliano d’Arco nel 1914, p. 124.
Cantone, Salvatore. Cenni storici di Pomigliano d’Arco : con 14 illustrazioni ; introduzione di Girolamo Sibilio ;
prefazione di Luigi Di Monda. 2 Rist. Napoli, Adriano Gallina Editore, 1984, p. 123.
De Falco, Mario. Acquerelli pomiglianesi : ricordi di personaggi, usi e tradizioni di una Pomigliano che non c’è più ;
prefazione di Giovanni Basile. Marigliano, Istituto Anselmi, 2003, pp. 13-20.
Dugo Iasevoli, Vera. Guida storico-artistica di Pomigliano d’Arco : alla riscoperta del centro storico ; presentazione
di Vincenzo D’Onofrio ; prefazione di Sergio Brancaccio. Marigliano, Istituto Anselmi, 1993, p. 20.
Romano, Maria Pia. Problemi di storia dell’emigrazione tra Ottocento e Novecento : Pomigliano d’Arco. Tesi di Laurea
in Sociologia, Insegnamento di Storia Contemporanea ; relatore Paolo Macry. Napoli, Università Federico II,
1995, pp. 95-97.
PRIMA GUERRA MONDIALE (1915 – 1918)
Prima guerra mondiale a Pomigliano d’Arco
Il primo conflitto mondiale scoppiò negli anni in cui a Pomigliano era protagonista della scena
politica Ercole Cantone. Insieme a lui emergevano altri personaggi illustri tra i quali Mauro Leone
(padre di Giovanni, futuro Presidente della Repubblica Italiana) e monsignor Felice Basile che iniziarono ad organizzare le forze cattoliche, seguiti dai Caruso, i Cutinelli, Elia Savelli e tanti altri che
nei vari campi della cultura e delle professioni seppero farsi valere.
Pomigliano cresceva: nel 1922 vi erano 12446 abitanti; gli elettori erano 3910; gli iscritti alle scuole
per il 1910-11 erano 893; nel 1921 esistevano 10 cantine ed alcuni Caffé; nel 1922 vennero censiti
30 vinai, 13 liquoristi, 12 macellai e 50 altri esercizi appartenenti a varie tipologie di commercio.
Gli effetti prodotti dalla guerra del 1915-18 colpirono tutti: la crisi economica che si abbatté
sull’intero paese non fece distinzione tra civili e militari, uomini e donne.
La politica delle grandi potenze europee tra la fine del secolo XIX e il principio del XX, e le
vicende della questione d’Oriente e dei problemi extraeuropei, erano condizionati da dissidi che
sarebbero sfociati nella guerra mondiale: rivalità anglo-tedesca; attrito franco-tedesco, austro-russo,
austro-serbo; contrasti italo-austriaci.
Nel giugno 1914 fu ucciso a Sarajevo in Bosnia l’Arciduca Francesco Ferdinando d’Austria, insieme con la consorte Sofia, da un gruppo di cospiratori. In seguito a tali delitti l’Austria, il 23 luglio
1914, dichiarò guerra alla Serbia.
La prima guerra mondiale vide inizialmente lo scontro degli Imperi centrali di Germania e AustriaUngheria contro la Serbia, il Montenegro, il Belgio e le nazioni della Triplice Intesa: Francia, Regno
Unito e Russia.
Il conflitto si allargò successivamente ad altre nazioni. Entrarono in guerra, come alleati degli Imperi
centrali, l’Impero Ottomano e la Bulgaria. Mentre gli alleati della Triplice Intesa furono il Giappone,
il Portogallo, la Romania, gli Stati Uniti, Panama, Cuba, la Grecia, il Siam, la Liberia, la Cina, il
Brasile, il Guatemala, il Nicaragua e la Costarica.
Così in breve tempo tutta l’Europa fu in fiamme, meno l’Italia. La neutralità italiana significava vigile
attesa e preparazione per la tutela degli interessi e dei diritti italiani su alcuni territori contesi all’Austria.
Venute meno tutte le assicurazioni dovute all’Italia, questa, il 24 maggio 1915, uscì dalla Triplice
alleanza e dichiarò guerra all’Austria, dispiegando un esercito di 400 mila uomini. Il 15 maggio
l’offensiva austriaca si scatenò sugli Altipiani di Asiago, ma presto si sviluppò una contro-offensiva
italiana (23 luglio 1916). Le vittorie italiane del Piave e di Vittorio Veneto e quelle alleate sulla
Marna e nel Belgio, determinarono il crollo degl’Imperi centrali. La guerra si concluse l’11 novembre 1918, quando la Germania firmò l’armistizio con le forze dell’Intesa. Così si concludeva la più
grande guerra che mai si fosse combattuta, con oltre quindici milioni di morti.
I pomiglianesi, scoppiata la guerra, soggetti alla mobilitazione, corsero al fronte per difendere la
patria. Alcuni servirono da ufficiali altri da sottoufficiali o da militari di truppa e tutti si resero benemeriti della patria coprendosi di gloria sui campi di battaglia.
Le trincee erano lontane dalle nostre zone e non furono arrecati danni materiali al paese, però dal
fronte giungeva l’eco assordante di una guerra “non vissuta” dalle popolazioni civili. I pomiglianesi
non ebbero grandi problemi per gli approvvigionamenti dei viveri grazie alla presenza di Ercole
Cantone alla presidenza del Consorzio agrario zonale a ciò preposto.
Ma in questa guerra spietata Pomigliano, come ogni contrada italiana, aveva pagato il proprio tributo
142
Prima Guerra Mondiale (1915 - 1918)
Minichini, Angelo, parroco. Resoconto della fine della Prima guerra mondiale.
di sangue con la morte di 136 paesani, come confermato da un documento del 1918 redatto dal
parroco di San Felice, don Minichini, che testimonia il numero delle vittime in «128 morti oltre
ai bambini».
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Un epigono del liberismo meridionale : Ercole Cantone. Tesi di Laurea in Scienze politiche,
Insegnamento di Storia contemporanea ; relatore Michelangelo Mendella. Napoli, Università Federico II, discussa il 24 giugno 1988, pp. 60-61.
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco dall’Unità d’Italia alla Repubblica ; prefazione di Raffaele Russo. Nola, Notor
Editore, 1991, pp. 67-102, 202.
Aliberti, Crescenzo. Le Trasformazioni dell’area nolana ; C.G.I.L. Camera del Lavoro di Napoli F.I.O.M.
Comprensorio di Pomigliano d’Arco. Somma Vesuviana (NA), «Graphosprint», 1993, p. 35.
Aliberti, Crescenzo. “Breve storia di Pomigliano d’Arco”. In City Book : Pomigliano d’Arco : un servizio per la tua
città. [S.n.t.], p. 21.
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, pp. 54-58, 60, 177.
Dugo Iasevoli, Vera. Guida storico-artistica di Pomigliano d’Arco : alla riscoperta del centro storico ; presentazione
Prima Guerra Mondiale (1915 - 1918)
143
di Vincenzo D’Onofrio ; prefazione di Sergio Brancaccio. Marigliano, Istituto Anselmi, 1993, pp. 18, 20.
Minichini, Angelo, parroco. “Fine dell’anno che registra il termine della guerra mondiale … 1918 … [di] Parr.
Minichini”. In Archivio Parrocchia di San Felice in Pincis di Pomigliano d’Arco, Liber mortuorum, XII, p. 227.
Caduti pomiglianesi della Prima guerra mondiale (1915-1918)
Aievoli Antonio – Antignano Vincenzo – Auriemma Donato – Antignano Gennaro – Auriemma
Nicola – Beneduce Carmine – Brunastrio Ciro – Buonincontri Raffaele – Barretta Raffaele – Belfiore
Michele – Bernile Pasquale – Coppola Andrea – Citarelli Enrico – Carotenuto Gennaro – Coppola
Biagio – Caiazzo Felice fu Raffaele – Caiazzo Vincenzo – Cantone Tobia – Ciccarelli Luigi –
Colombrino Vincenzo – Caiazzo Elia – Campana Antonio – Gennamo Saverio – Caiazzo Pietro –
Caiazzo Felice di Giovanni – Caiazzo Francesco – Coppola Raffaele – Colombrino Michele –
Castiello Angelo – Caruso Nicola – Colella Biagio – De Falco Raffaele di E.ne – D’Avino Ciro –
D’Onofrio Felice – De Cicco Giovanni – De Falco Angelo – De Falco Antonio fu Raffaele – De
Cicco Antonio di Domenico – De Falco Natale – D’Onofrio Raffaele – D’Avanzo Biagio – Di
Costanzo Pasquale – De Falco Antonio fu F.ce – De Falco Girolamo – Di Costanzo Antonio –
D’Onofrio Aniello – Di Sarno Domenico – Ditale Ugo – De Falco Ciro – De Cicco Antonio fu F.ce
– Dalia Giovanni – De Falco Luca – D’Onofrio Francesco – De Falco Raffaele di M.tia – Di Monda
Giuseppe – De Falco Giuseppe – De Falco Gennaro – De Falco Felice – Esposito Salvatore –
Esposito Giovanni – Esposito Giuseppe – Esposito Pasquale – Esposito Tommaso – Fico Pasquale –
Fico Raffaele – Fierro Angelo – Frezza Salvatore – Guadagni Ettore – Guadagni Felice – Gusto
Andrea – Guadagni Pasquale – Gremito Luigi – Guadagni Domenico – Iorio Salvatore – Inciso
Francesco – Leone Carmine – Leone Luigi – La Gatta Vincenzo – Manna Francesco – Maione
Francesco – Mocerino Luigi – Mingione Francesco – Manna Pietro – Mele Davide – Mangi
Giuseppe – Mingione Vincenzo – Montanino Felice – Mercede Mariano – Mingione Andrea –
Minichino Michele – Onesino Alberto – Oragano Luigi – Ottaiano Giuseppe – Pugliese Orazio –
Pipola Pasquale di G.ni – Palladino Salvatore – Panico Carmine – Pandolfi Angelo – Panico
Salvatore – Petrillo Enrico – Panico Francesco – Pulcrano Raffaele – Panico Domenico – Palladino
Gaetano – Pulcrano Raffaele – Pirozzi Antonio – Pirozzi Domenico – Palmese Salvatore – Panico
Angelo – Pipola Pasquale – Palladino Stefano – Panico Nicola – Piccolo Raffaele – Russo Antonio
fu Luigi – Raica Rocco – Romano Antonio – Rea Francesco – Rea Sabato – Romano Francesco –
Sepe Francesco – Sacchi Fedele – Sepe Salvatore – Trinchese Pasquale – Toscano Mario – Tranchese
Salvatore – Toscano Salvatore – Terracciano Saverio – Tranchese Francesco – Visone Domenico –
Vecchione Felice – Vanzanella Antonio – Verdesca Giovanni – Vellega Nunzio – Vellega Salvatore –
Zito Gaetano – Zincarelli Giuseppe.
Bibliografia
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino
agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, pp. 58-59.
Monumento ai caduti pomiglianesi
Dopo una trafila burocratico-amministrativa durata circa un decennio, il podestà Elia Savelli nel
gennaio del 1936 deliberò l’inizio dei lavori per la costruzione dell’edificio scolastico con annessa
piazzetta e monumento ai caduti della “Grande Guerra” che sorsero nell’antica zona del “Ponte
Nunziatella”, ora Pratola Ponte.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco dall’Unità d’Italia alla Repubblica ; prefazione di Raffaele Russo. Nola, Notor
Editore, 1991, pp. 241-242.
Dugo Iasevoli, Vera. Le strade di Pomigliano d’Arco ; consulenza e presentazione di Nicola Esposito ; prolusione di
Raffaele Russo ; prefazione di Vincenzo D’Onofrio. Marigliano, Istituto Anselmi, 1992, figg. pp. 178-179.
144
Prima Guerra Mondiale (1915 - 1918)
Pratola Ponte, monumento ai caduti della Prima guerra mondiale.
IL FASCISMO (1922 – 1943)
Fascismo a Pomigliano d’Arco
La crisi prolungata ed infinita del dopoguerra ed il successivo avvento del fascismo rappresentarono
la cornice entro la quale s’inserirono altri momenti delle vicende di Pomigliano.
Facendosi sentire la crisi economica del periodo successivo alla prima guerra mondiale ed abbattutasi sui comuni la scure dei tagli della spesa, qualsiasi amministrazione locale volesse erogare nuovi
servizi doveva imporre nuove tasse per fare fronte alla spesa.
Quando nel novembre del 1925 fu nominato commissario al comune di Pomigliano il generale
Eugenio Lombardi da Napoli, già da tre anni le schiere del fascismo si erano impadronite del potere
in Italia. Il processo di acquisizione del potere da parte del regime, all’interno delle varie province,
fu invece progressivo e avvenne per tappe. Non fu invece graduale, nel nostro comune, l’allineamento al clima politico generale del paese, anzi una certa sintonia si stabilì tra le vicende nazionali
e il gruppo iniziale di pomiglianesi che da sempre si riconobbe nelle attività dei nazionalisti e poi
dei fascisti.
Ad opera di Salvatore Esposito, Domenico Romano ed altri, negli anni successivi alla fine della
prima guerra mondiale, venne fondato il circolo nazionalista pomiglianese che aveva la propria sede
nel palazzo Sbrescia in via Umberto I. All’attività di detto circolo partecipavano diverse personalità
cittadine, tra cui anche l’avvocato Mauro Leone, che erano rimaste sempre estranee alle vicende della
gestione del comune.
L’attività di agitazione delle camicie azzurre (nazionalisti) pomiglianesi rimase distinta da quella di
chi aveva fatto da subito la scelta di adesione al fascismo indossando la camicia nera. Questa
situazione si perpetuò sino agli anni 1925-1926, cioè sino all’epoca in cui il fascismo non decise di
gettare la maschera autotrasformandosi in regime dittatoriale. Salvatore, padre del futuro podestà
Elia Savelli, Salvatore Esposito ed un altro gruppo di pomiglianesi furono tra coloro i quali
nell’ottobre del 1922 effettuarono la marcia su Roma. La sezione locale del Partito Nazionale
Fascista (P.N.F.), sin dalla prima ora, venne ubicata nel palazzo Sbrescia alla via Umberto I.
Con il regime si ebbe la fine di ogni libertà sindacale in seguito all’emanazione della Legge n. 563
del 3 aprile 1926 con la quale si posero le basi dell’ordinamento sindacale corporativo. A fronte di
ciò, il 1 gennaio del 1927 il Consiglio direttivo della CGIL decideva lo scioglimento dell’organizzazione rispetto al quale molti dirigenti sindacali socialisti, espatriati in Francia, si dichiararono
contrari e mantennero in vita la struttura sindacale all’estero.
Il popolo pomiglianese si mostrò, per lo più, diffidente nei riguardi del fascismo e i fascisti convinti
non furono mai una legione. La media-alta borghesia era soddisfatta e perfino entusiasta dell’ordine
e della tranquillità sociale. Il primo fascismo a Pomigliano conobbe anche qualche episodio di squadrismo e ci fu chi si decise a prendere la tessera solo dopo essere stato picchiato a sangue.
Uno dei primi obiettivi che si pose Mussolini all’indomani della conquista del potere fu quello di
irreggimentare e normalizzare l’attività di quanti avevano partecipato alle manifestazioni violente
delle squadre fasciste. Tra il 1923 e il 1924 venne concepita e realizzata la Milizia Volontaria
Sicurezza Nazionale, che aveva il proprio manipolo di adepti anche a Pomigliano, composto da ventiquattro pomiglianesi che dedicavano alcune ore del loro tempo libero al servizio del regime.
Il 2 marzo 1926, la federazione provinciale del P.N.F. decise lo scioglimento della locale sezione
«causa irregolarità nella gestione e nel funzionamento». La gestione della sezione venne successivamente
146
Il Fascismo (1922 - 1943)
affidata ad un triumvirato.
Nel 1927 venne istituita la Gioventù Italiana del Littorio e anche a Pomigliano, esclusi i fanciulli dai
cinque agli otto anni che costituivano i “Figli della lupa”, essa venne articolata in base al sesso. Dai
nove ai quattordici anni i maschi erano “Balilla”, le femmine “Piccole italiane”; tra i quattordici e i
diciotto “Avanguardisti” i ragazzi, “Giovani italiane” le ragazze; fino a 21 anni si era “Giovani fascisti” e dopo si prendeva la tessera del P.N.F. Tra l’altro per gli uomini che avevano superato i 18 anni
correva l’obbligo del servizio premilitare che i giovani pomiglianesi svolgevano presso la locale
caserma. Presidenti in fasi e momenti diversi della Gioventù Italiana del Littorio furono, tra gli altri,
Alfonzo Cozzolino e l’ingegnere Francesco Uember. Particolarmente attenta ed attiva nel campo
locale era l’azione svolta dai balilla e dagli avanguardisti. A capo dell’organizzazione dei primi,
l’Opera Nazionale Balilla (O.N.B.), fu Ettore De Falco.
Istruzioni politiche e paramilitari erano le due principali attività del “sabato fascista”. Nella sede del
fascio locale venivano svolte riunioni e conferenze per propagandare e rendere di massa gli obiettivi e i programmi del fascismo. Nella zona della Vasca Carmine venivano svolte le esercitazioni e le
pratiche paramilitari. Carlo Felice Giampaolino, segretario, Giuseppe De Luca, Pietro De Cicco,
Angelo Caprioli, Alberto Caprioli, Carmine Savella, oltre agli altri già menzionati, furono membri
del direttorio e del fascio.
Alla fine degli anni ’30 venne data una struttura organizzativa anche agli universitari pomiglianesi.
Il 14 novembre 1939 il fiduciario del nucleo universitario fascista Carmine Savella comunicò al
podestà l’invito per l’inaugurazione del locale nucleo universitario fascista.
Nel 1939 il regime, soprattutto per migliorare l’apparato militare, decise di costruire lo stabilimento
Alfa Romeo a Pomigliano. Alla posa della prima pietra, avvenuta il 1 aprile, partecipò lo stesso
Mussolini. Dal nuovo insediamento industriale derivò il complesso urbano delle cosiddette
“Palazzine” di Pomigliano, che costituì la conclusione di una lunga serie di interventi urbanistici ed
architettonici realizzati nel periodo fascista.
Nel 1940 sorse anche a Pomigliano l’Istituto Nazionale di Cultura Fascista, il cui primo presidente
fu Mario De Falco. Era il segno della svolta: ormai non ci si limitava più alla propaganda spicciola.
La presenza di autorevoli esponenti della cultura e del pensiero fascista indicava un salto di qualità
nelle attività divulgative del locale Istituto Nazionale di Cultura Fascista.
Con la costruzione dello stabilimento aeronautico si fece particolarmente attiva anche l’azione
dell’Organizzazione Politica (O.P.) a cui venivano segnalati dalle gerarchie superiori particolari persone da seguire e schedare. Obiettivi principali erano i tecnici e gli operai, con idee comuniste, che
dal più sindacalizzato Nord venivano a lavorare all’Alfa Romeo. Furono “schedati rosa” e vigilati
dall’O.P. l’operaio socialista Garibaldi Pernigotti, impegnato nella politica pomiglianese, ed il
comunista Barantini.
Uno dei primi episodi della parabola discendente del fascismo pomiglianese fu rappresentata dalla
destituzione dagli incarichi di Domenico Leone e Carmine Savella nel 1932 per irregolarità nella
gestione. A guidare l’opposizione locale al fascismo furono Ercole Cantone e i suoi più stretti amici.
La quasi totalità della popolazione di Pomigliano si era “abituata” alla nuova situazione che vedeva
anche il fiorire di momenti di vita associativa, sportiva e culturale, tutti, però, finalizzati ed incanalati a sostenere il regime.
Se a Pomigliano non vi furono fermenti di antifascismo diffuso fu anche perchè le gerarchie fasciste,
nominando uomini come Elia Savelli a podestà, neutralizzavano eventuali sentimenti di avversità, in
quanto questi uomini, pomiglianesi e professionisti, si mettevano a «disposizione del popolo». Chi
comprese che i motivi dell’avversità al fascismo non potevano risiedere in ostilità personali fu Ercole
Cantone, che ingaggiò una lotta nella quale nulla fu lasciato al caso: la sua iniziativa era quotidiana
e meticolosa. In modo riservato e cospiratorio, Ercole Cantone ed i suoi seguaci svolgevano discussioni
Il Fascismo (1922 - 1943)
147
che tendevano ad evidenziare i limiti e le carenze del regime, della sua politica nazionale ed in
particolar modo della gestione comunale. Agli angoli delle strade, nella piazza ed in special modo nei bar
si fece molto intensa, rigorosa e capillare l’iniziativa antifascista del Cantone e di pochi altri coraggiosi.
Quando il 25 luglio 1943, a Roma, dopo una violenta discussione in seno al Gran Consiglio del
Fascismo, la maggioranza votò una mozione di sfiducia contro Mussolini fu l’inizio della fine del
regime in Italia.
A Pomigliano fu presa di mira la sezione del fascio che, dopo qualche anno in piazza Mercato, era
tornata di nuovo in via Umberto I. Furono distrutti i locali, bruciati i documenti e le suppellettili.
Parteciparono in tanti a questa azione, anche quelli che prima andavano fieri di essere fascisti.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Un epigono del liberismo meridionale : Ercole Cantone. Tesi di Laurea in Scienze politiche,
Insegnamento di Storia contemporanea ; relatore Michelangelo Mendella. Napoli, Università Federico II, discussa il 24 giugno 1988, pp. 85-87, 90-100.
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco dall’Unità d’Italia alla Repubblica ; prefazione di Raffaele Russo. Nola, Notor
Editore, 1991, pp. 202, 205-210, fig. p. 204.
Aliberti, Crescenzo. Le Trasformazioni dell’area nolana ; C.G.I.L. Camera del Lavoro di Napoli F.I.O.M.
Comprensorio di Pomigliano d’Arco. Somma Vesuviana (NA), «Graphosprint», 1993, pp. 36-39.
Aliberti, Crescenzo. La camera del Lavoro : Percorso storico del Comprensorio pomiglianese ; CGIL Comprensorio
nolano vesuviano – Interno. Somma Vesuviana (NA), Graphosprint, 1993, pp. 28, 31.
Aliberti, Crescenzo - D’Agostino, Guido. “Formare, Formarsi : L’esperienza di un corso IFTS”. In Campania ; a cura
di Crescenzo Aliberti e Guido D’Agostino. Nota del Direttore del corso : Salvatore Santaniello. Napoli, Edizioni
scientifiche Italiane, 2004, pp. 226-227.
De Falco, Mario. Acquerelli pomiglianesi : ricordi di personaggi, usi e tradizioni di una Pomigliano che non c’è più ;
prefazione di Giovanni Basile. Marigliano, Istituto Anselmi, 2003, pp. 14-16.
De Fazio, Rosaria. “Pomigliano d’Arco : Origine e struttura di una città-fabbrica”. Sociologia Urbana e Rurale :
Quadrimestrale diretto da Paolo Guidicini. n. 80 23(2006), pp. 29-46. Milano, Franco Angeli, 2006, p. 45.
Ginnasio-Liceo “V. Imbriani” di Pomigliano d’Arco. Antifascismo e resistenza tra Acerra e Pomigliano : ricerca didattica della classe VB, 1984-85 ; saggio storico del prof. C. Gravier Oliviero ; prefazione della prof.ssa Anna
Morandi Mariconda, Preside. Marigliano, Istituto Anselmi, 1985, pp. 23-27.
“Mussolini pone la prima pietra dello stabilimento Aeronautico fra Pomigliano d’Arco e Acerra”. Corriere di Napoli,
1 aprile 1939, prima pagina. Napoli, 1939.
Romano, Maria Pia. Problemi di storia dell’emigrazione tra Ottocento e Novecento : Pomigliano d’Arco. Tesi di Laurea
in Sociologia, Insegnamento di Storia Contemporanea ; relatore Paolo Macry. Napoli, Università Federico II,
1995, pp. 71-76, 97-100.
Scuola Media Statale “Omero”, Pomigliano d’Arco. Un viaggio per conoscere Pomigliano ieri e oggi : raccolta degli
atti del progetto ecologico autorizzato dal Ministero dell’Ambiente ; presentazione di Augusto Graniero ; una
testimonianza di Gennaro Caprioli. Marigliano, Istituto Anselmi, 1991, fig. p. 71.
Una curiosità del fascismo a Pomigliano
Un bizzarro episodio è legato all’opera di inquadramento della popolazione da parte del regime
svoltasi a Pomigliano. Nel mese di maggio 1936, il fascismo in Italia era festante per la conquista
dell’Etiopia e l’occupazione di Addis Abeba. Anche i fascisti pomiglianesi erano festanti e lo manifestarono a modo loro in Piazza Mercato, davanti alla sede del fascio. A titolo di curiosità si portò ad
assistere alle manifestazioni anche l’ex sindaco Ercole Cantone, che si mise a sedere davanti alla
bottega del pizzicagnolo Carmine Andrisani (Ninuccio o’ termene). Intanto, in gran pompa,
sopraggiunse il manipolo pomiglianese della Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale, capeggiato
dall’avvocato Giuseppe Di Giovanni. Quest’ultimo, alla vista del Cantone, ordinò al manipolo di rendere l’onore delle armi all’ex sindaco. Evidentemente a don Ercolino la cosa fece piacere, non però
ai membri del fascio pomiglianese che destituirono dall’incarico Giuseppe Di Giovanni, colpevole di
aver reso omaggio ad un avversario del regime.
148
Il Fascismo (1922 - 1943)
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Un epigono del liberismo meridionale : Ercole Cantone. Tesi di Laurea in Scienze politiche,
Insegnamento di Storia contemporanea ; relatore Michelangelo Mendella. Napoli, Università Federico II, discussa il 24 giugno 1988, 90-100.
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco dall’Unità d’Italia alla Repubblica ; prefazione di Raffaele Russo. Nola, Notor
Editore, 1991, pp. 206-207.
De Falco, Mario. Acquerelli pomiglianesi : ricordi di personaggi, usi e tradizioni di una Pomigliano che non c’è più ;
prefazione di Giovanni Basile. Marigliano, Istituto Anselmi, 2003, p. 14.
Tufano, Maria. “Storia di una città : fatti, uomini, luoghi dal periodo romano al novecento”. In Pomigliano d’Arco :
una città che guarda al futuro ; a cura di Francesco De Rosa ; prefazione di Michele Caiazzo, pp. 19-37. Napoli,
Massa editore, 2002, fig. p. 35.
Ruolo delle donne durante il fascismo
Nel 1928 Lucia Pranzataro apriva la campagna di proselitismo al fascismo tra le donne con le seguenti
parole: «Egli Duce magnifico, fu il genio della stirpe mandato da Dio per la salvezza di essa. E a noi
madri, sorelle, spose […] nel rinnovare la tessera del fascismo che rappresenta non un partito ma una
dottrina, una religione, il simbolo delle rinnovate fortune d’Italia, a noi, il compito di custodire la
pace di questi alti ideali e di trasmetterli incontaminati attraverso le pure anime delle piccole italiane». Per le tante donne braccianti di Pomigliano, la signorina Mattiello pensò all’organizzazione
delle “Donne rurali”. Altre, come Maria Quercia, moglie di Tommaso Giampaolino, Pia Paduano e,
soprattutto, Emilia Terracciano, maritata De Falco, portavano la propaganda fascista in ogni luogo di
riunione di donne.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco dall’Unità d’Italia alla Repubblica ; prefazione di Raffaele Russo. Nola, Notor
Editore, 1991, p. 208.
Il Podestà
Il governo fascista con un decreto legge del 23 aprile 1926 procedette all’abolizione dei consigli
comunali ed alla istituzione dei podestà in tutti i comuni.
Quest’ufficio era antico e risalente ai tempi dell’imperatore Federico Barbarossa il quale, volendo far
valere nelle città i diritti di supremazia spettanti all’Impero, cominciò a mandare in molte di esse un
proprio rappresentante che ebbe il nome di Potesias.
Il Podestà nelle sue mansioni era aiutato dai Consultori, non meno di sei, che formavano la Consulta
municipale che gli dava il suo parere e variavano secondo il numero degli abitanti.
Per un quadro complessivo dell’intera gestione amministrativa, dopo Ercole Cantone, bisogna rifarsi alle risultanze dell’ispezione a cui fu sottoposto il comune di Pomigliano d’Arco nel 1927. Il Regio
decreto del 23 ottobre 1925, creativo del servizio ispettivo presso i comuni, fu voluto dal regime per
aiutare i podestà a superare le difficoltà eventualmente incontrate nell’esercizio delle proprie funzioni.
L’estensore della relazione finale dell’ispezione fu il commissario governativo straordinario Eugenio
Lombardi, che agì a partire dagli esiti di quella stessa relazione, nella qualità di primo podestà
pomiglianese.
I Podestà di Pomigliano furono: il Commissario Generale Eugenio Lombardi, il professor Elia
Savelli, gli avvocati Pietro De Cicco, Bernardo Giannuzzi Savelli e Vincenzo Spanò.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco dall’Unità d’Italia alla Repubblica ; prefazione di Raffaele Russo. Nola, Notor
Editore, 1991, pp. 212-213.
Aliberti, Crescenzo. “Breve storia di Pomigliano d’Arco”. In City Book : Pomigliano d’Arco : un servizio per la tua
città. [S.n.t.], p. 21.
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino
agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, p. 61.
Il Fascismo (1922 - 1943)
149
I Podestà di Pomigliano dal 1926 al 1944:
Eugenio Lombardi (Generale, Podestà “Commissario Straordinario” 1926-28)
Il 29 ottobre del 1925 il Generale Commendatore Eugenio Lombardi fu nominato Commissario
prefettizio con l’incarico di reggere provvisoriamente l’amministrazione del Comune di Pomigliano
d’Arco. Nel 1927 fu anche impegnato, in quanto commissario governativo, nella stesura della relazione finale dell’ispezione voluta da Mussolini.
Fu proprio Eugenio Lombardi, nei mesi antecedenti l’ispezione, a portare a termine l’acquisto di
palazzo Imbriani da parte del Comune per destinarlo ad uso delle scuole comunali. Ancora per
migliorare il livello d’istruzione della popolazione pomiglianese, nel settembre del 1928 il podestà
trasformò i corsi integrativi, successivi alla quarta elementare, in scuole di avviamento tecnico
professionale a tipo agricolo. Eugenio Lombardi, però, essendo un militare, non aveva grande dimestichezza con le procedure ed il lessico tecnico usato dagli apparati della pubblica amministrazione.
Il 29 agosto 1928 l’alto Commissario per la provincia di Napoli stabilì in 900 lire mensili il compenso
a favore del podestà Eugenio Lombardi, che però non risiedeva a Pomigliano. Fu quest’ultima
circostanza a rendere impossibile al Lombardi la continuazione della sua esperienza pomiglianese,
in quanto una precisa normativa imponeva per i podestà l’obbligo della residenza nei comuni da loro
amministrati.
Eugenio Lombardi non attese che giungesse la legge e rassegnò le dimissioni dalla carica il 28 marzo 1928.
A reggere le sorti del municipio pomiglianese venne nominato, con il titolo di Commissario
Provvisorio il Commendatore Giuseppe Ruggieri, anch’egli non pomiglianese; questi amministrò per
oltre un anno, sino al 29 giugno 1930, quando alla carica di Podestà di Pomigliano fu chiamato Elia
Savelli.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco dall’Unità d’Italia alla Repubblica ; prefazione di Raffaele Russo. Nola, Notor
Editore, 1991, pp. 168, 205, 213-218.
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino
agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, pp. 61, 163.
Elia Savelli (Chirurgo, Podestà 1930-38)
Nel 1930 il primo pomiglianese ad occupare la più alta carica amministrativa locale fu il Podestà Elia
Savelli, medico-chirurgo e docente universitario. Come Ercole Cantone, impiegò nel settore
dell’istruzione gran parte della sua attività amministrativa. Nel 1936 si occupò, infatti, della realizzazione dell’edificio scolastico con annessa piazzetta e monumento ai caduti della “Grande Guerra” che sorsero nell’antica
zona del “Ponte Nunziatella”, ora Pratola Ponte, facendo in
modo che nella realtà urbana e sociale pomiglianese si sviluppasse un altro polo di attività umane e commerciali.
Elia Pasquale Bruto Savelli nacque a Pomigliano il 28 ottobre
1874 ed apparteneva alla stessa generazione di Ercole
Cantone e Mauro Leone. Dopo aver conseguito la laurea in
medicina e chirurgia nel 1900 all’Università di Napoli, sposò
Vincenza Coppola e da tale matrimonio nacquero due figli.
Per 35 anni prestò la sua opera di assistente e direttore
negli Ospedali riuniti di Napoli e, per 27 anni, nell’Ospedale
di Nola.
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco
Il Savelli fu personalità pomiglianese dal percorso politico
dall’Unità d’Italia alla Repubblica.
alterno e tormentato. Prima lo studio e poi la professione non
Elia Savelli
150
Il Fascismo (1922 - 1943)
gli impedirono mai di essere una delle figure più vive e prestigiose della vita pubblica per circa
quarant’anni. Evidentemente Elia Savelli sentiva molto il fascino dell’ascesa politica trovandosi al
cospetto di Ercole Cantone e Mauro Leone, i quali avevano l’uno, nel padre Antonino, e l’altro, in
monsignor Basile, chi gli “spianava la strada”.
Presentandosi nella lista alternativa a quella dei Cantone, in occasione delle elezioni amministrative
del 1906, spinto da don Mauro Leone e monsignor Basile, il professor Elia Savelli voleva rappresentare l’aspirazione dei cattolici pomiglianesi a conquistare addirittura un seggio alla Camera dei
deputati. Fu il primo degli eletti dello schieramento di opposizione a Ercole Cantone, con duecento
voti di preferenza. Restò consigliere comunale quasi ininterrottamente sino alle elezioni amministrative del 1920, vinte dal Cantone, che furono le ultime svolte prima dell’avvento del fascismo.
In occasione delle elezioni politiche del 1921 Elia Savelli venne candidato al seggio di parlamentare con il numero 10 nella lista del Partito Popolare; l’8 maggio 1921 fu lui a tenere il comizio in nome
e per conto del partito del simbolo “Scudo Crociato” ma non riuscì ad essere eletto deputato.
Il 29 giugno 1930 il Savelli fu chiamato alla carica di Podestà di Pomigliano, che tenne fino al 1938.
La sua attività spaziava nei campi più disparati, attraverso l’emanazione di atti amministrativi capaci di sanare vecchi ritardi ed incongruenze, oppure di determinare nuove situazioni dal punto di vista
della gestione e del funzionamento di alcuni servizi. Tra le sue opere vanno ricordate: l’edificio scolastico a Pratola Ponte; il monumento ai caduti della guerra 1915-18; la lastricazione delle vie Fiume,
Napoli, la strada delle Rose, via Trento; il rimodernamento della chiesa di San Felice; l’apertura della
Scuola Magistrale e quella dell’Avviamento al Lavoro.
Nell’ottobre del 1931 fu operata per la prima volta una lettura della realtà urbana pomiglianese che
permise di stabilire una certa scala d’importanza commerciale delle varie zone. Il giudizio delle
diverse autorità ispettive che visitarono il Comune di Pomigliano per ben quattro volte, tra il 1934 ed
il 1937, fu nel complesso quasi sempre positivo.
Il Savelli, con la costruzione dell’Alfa Romeo, divenne il medico di fiducia degli operai dello stabilimento e si mostrò particolarmente audace in occasione del bombardamento della fabbrica nel 1943.
Medico buono e generoso, aveva l’abitudine di lasciare ai suoi pazienti le medicine e, ai bisognosi,
un biglietto da cinque lire sotto il cuscino.
Con decreto ministeriale del 28 luglio 1941, quando non era più podestà, Elia Savelli fu nominato
Regio ispettore onorario per la conservazione dei monumenti e degli oggetti d’antichità e d’arte per
la Provincia di Napoli.
Il professore Savelli morì in miseria il 2 luglio 1963 e fu sepolto nel cimitero di Pomigliano. Le spese
per il funerale furono a totale carico del comune per espressa volontà dei sindaco Carmine Savella,
il quale pensò di rendere così l’omaggio della cittadina allo scomparso.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Un epigono del liberismo meridionale : Ercole Cantone. Tesi di Laurea in Scienze politiche,
Insegnamento di Storia contemporanea ; relatore Michelangelo Mendella. Napoli, Università Federico II, discussa il 24 giugno 1988, pp. 64-65, 96-100.
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco dall’Unità d’Italia alla Repubblica ; prefazione di Raffaele Russo. Nola, Notor
Editore, 1991, pp. 127, 141, 154, 159, 166-167, 218-245, fig. p. 246.
Aliberti, Crescenzo. “Breve storia di Pomigliano d’Arco”. In City Book : Pomigliano d’Arco : un servizio per la tua
città. [S.n.t.], p. 21.
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino
agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, pp. 141-142,
163, fig. p. 141.
Pietro De Cicco (Avvocato, Podestà 1938-39)
Pietro De Cicco fu avvocato, membro del direttorio e del fascio. Il 12 marzo del 1939 faceva
affiggere alle mura del borgo locale un manifesto sul quale c’era scritto, tra l’altro: «Dopo
Il Fascismo (1922 - 1943)
151
l’annunzio del provvedimento adottato dal governo per la creazione di un grandioso cantiere in
questa zona, ricca di floridezza di suolo e di energia di uomini, la fiamma ardente della rinascita
ha invaso il nostro spirito [...]».
L’annunzio a cui si riferiva il Podestà pomiglianese era che il governo aveva deciso di impiantare a
Pomigliano d’Arco, e non nel territorio in cui si estendevano i terreni di Boscofangone, il nuovo
stabilimento aeronautico Alfa Romeo con annesso aeroporto. Il 1 aprile del 1939 fu Mussolini in persona a venire a Pomigliano a porre la prima pietra dell’opificio.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Un epigono del liberismo meridionale : Ercole Cantone. Tesi di Laurea in Scienze politiche,
Insegnamento di Storia contemporanea ; relatore Michelangelo Mendella. Napoli, Università Federico II, discussa il 24 giugno 1988, p. 107.
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco dall’Unità d’Italia alla Repubblica ; prefazione di Raffaele Russo. Nola, Notor
Editore, 1991, pp. 208, 250, 255, fig. p. 351.
Aliberti, Crescenzo. La camera del Lavoro : Percorso storico del Comprensorio pomiglianese ; CGIL Comprensorio
nolano vesuviano – Interno. Somma Vesuviana (NA), Graphosprint, 1993, p. 31.
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, pp. 61, 150, 163.
“Mussolini pone la prima pietra dello stabilimento Aeronautico fra Pomigliano d’Arco e Acerra”. Corriere di Napoli,
1 aprile 1939, prima pagina. Napoli, 1939.
Bernardo Giannuzzi Savelli (Avvocato, Podestà 1939-44)
L’avvocato Bernardo Giannuzzi Savelli, proveniente da Napoli, divenne Podestà di Pomigliano dopo
che, con decreto prefettizio del luglio 1939, era stato nominato commissario al comune al posto di
Pietro De Cicco.
Il Giannuzzi Savelli rimase in carica sino al settembre del 1943 e assunse il compito di tradurre sul
piano locale, nella buona e nella cattiva sorte, le direttrici delle gerarchie superiori condizionate dal
clima di guerra generale e dalla presenza dei militari tedeschi ed italiani a Pomigliano.
Fu grazie all’attivismo del podestà Giannuzzi Savelli se il comune di Pomigliano poté vantare, a
partire dagli anni quaranta, uno strumento che permettesse di avere una qualche norma di
regolamentazione per l’uso del territorio. Trattasi della convenzione siglata il 4 febbraio 1940 tra
l’amministrazione podestarile e la direzione dell’Alfa Romeo. Il documento sottoscritto servì ad
impegnare la direzione aziendale per la costruzione di 600 alloggi, ma anche per stabilire norme e
vincoli circa l’uso del territorio. Dunque, per il nascente rione Palazzine, l’amministrazione podestarile riuscì ad accordarsi con la direzione dell’Alfa Romeo anche per ottenere fogne, acqua e luce
elettrica per i nuovi appartamenti che si andavano a costruire.
Il podestà Giannuzzi Savelli ebbe fiuto e fu lungimirante anche quando decise di rivolgersi
all’Ispettorato del credito per ottenere l’apertura di uno sportello bancario a Pomigliano.
Bernardo Giannuzzi Savelli profuse un impegno costante anche nel settore dell’istruzione. Ad una
parte della popolazione scolastica delle scuole elementari, a partire dall’anno scolastico 1942-43, fu
garantita anche la refezione scolastica.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Un epigono del liberismo meridionale : Ercole Cantone. Tesi di Laurea in Scienze politiche,
Insegnamento di Storia contemporanea ; relatore Michelangelo Mendella. Napoli, Università Federico II, discussa il 24 giugno 1988, pp. 109, 114.
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco dall’Unità d’Italia alla Repubblica ; prefazione di Raffaele Russo. Nola, Notor
Editore, 1991, pp. 255-259, 265, 280, 286.
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino
agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, pp. 61, 163.
Ginnasio-Liceo “V. Imbriani” di Pomigliano d’Arco. Antifascismo e resistenza tra Acerra e Pomigliano : ricerca didattica della classe VB, 1984-85 ; saggio storico del prof. C. Gravier Oliviero ; prefazione della prof.ssa Anna
Morandi Mariconda, Preside. Marigliano, Istituto Anselmi, 1985, p. 26.
152
Il Fascismo (1922 - 1943)
Stabilimento Alfa Romeo (1939)
Lo sviluppo economico dei primi anni quaranta
Quando nel 1939 il regime fascista decise di costruire lo stabilimento Alfa Romeo e l’annesso
aeroporto, oltre a Pomigliano altre due zone erano candidate ad ospitare l’impianto: quella dei
Mazzoni, in provincia di Caserta, e Boscofangone, tra Marigliano, Cancello e Nola. L’eco delle
dispute territoriali giunse sino a Mussolini, che propendeva a favore degli esiti a cui era giunta la
commissione tecnica nominata dal governo. Questa, dopo vari sopralluoghi nella zona della masseria di S. Agostino, al confine tra Acerra e Pomigliano, decise, per personale intercessione del duce
stesso, di costruire l’aeroporto e l’adiacente stabilimento tra la masseria S. Agostino e quella di San
Martino nel territorio pomiglianese.
La zona venne scelta perché ben si prestava alla realizzazione del progetto, sia per le caratteristiche
morfologiche, essendo formata da terreni semipaludosi che con il loro grado di umidità favorivano il
formarsi di correnti di venti ascensionali, utili ad aumentare la potenza alare degli aerei, sia per la
facilità di collegamento grazie alla linea della Circumvesuviana. Così, con un manifesto pubblico del
12 marzo 1939, il Podestà di Pomigliano, Pietro De Cicco, annunciò la costruzione dell’Alfa Romeo.
Per consacrare l’importanza che il regime dava al nascente stabilimento, Mussolini venne personalmente a posare la prima pietra il 1 aprile del 1939. Effettivamente l’attenzione posta dagli uomini del
regime nella realizzazione dell’impianto Alfa Romeo fu notevole. Il motivo principale di tale interessamento derivava dalla necessità di rendere efficiente e qualificato l’apparato militare italiano che
era obsoleto. L’assenza di qualsiasi altro aeroporto militare nell’intero mezzogiorno fece sì che
Pomigliano fungesse da testa di ponte per le
strategie belliche del regime fascista.
All’Istituto per la Ricostruzione Industriale
(IRI), strumento operativo del regime
fascista, non interessava la produttività economica dello stabilimento; l’Alfa Romeo fu
un “investimento militare”, il cui unico
obiettivo era quello di contribuire alla riduzione dell’arretratezza bellica della nazione,
che allora doveva confrontarsi con i più
moderni stardard militari degli altri Stati
contro cui o a fianco dei quali l’Italia sarebbe entratata in guerra.
Una seconda evidenza del carattere “antieconomico” dello stabilimento era il fatto
che gli impianti furono costruiti in una zona
con terreni tra i più fertili d’Europa, contrastando così con la stessa politica agricola
autarchica del regime. Pomigliano si vide
così espropriare tre milioni e trecento mila
metri quadrati di terreno per vedere sorgere
sul proprio territorio lo stabilimento aeronautico che, oltre le strutture produttive,
ospitava un aereoporto completo di aviorimessa e di pista in cemento lunga 1200
metri e larga 60, da utilizzare per le prove
tecniche dei velivoli che sarebbero stati
Corriere di Napoli, 1 aprile 1939, prima pagina.
Il Fascismo (1922 - 1943)
153
costruiti; il tutto fu progettato dall’ingegnere Ugo Gobbato, direttore generale dell’Alfa Romeo.
La prima fase progettuale della costruzione dello stabilimento aeronautico, avvenuta tra il 1939 ed il
1942, doveva rispondere con assoluta priorità a due requisiti: la rapidità di esecuzione dei lavori,
poiché la fabbrica era destinata alla produzione di enormi quantità di mezzi militari in previsione dell’entrata in guerra; l’osservanza dei più moderni accorgimenti in campo di architettura militare nella
realizzazione degli impianti industriali e delle strutture ad essi collegate. Infatti erano previste anche
la costruzione di rifugi antiaerei per i lavoratori, l’adozione di soluzioni tecniche costruttive d’avanguardia, la predisposizione di spazi verdi tra le strutture industriali per favorire la mimetizzazione degli
impianti in modo da garantire la massima sicurezza e ostacolare eventuali attacchi aerei o sabotaggi.
In seguito il piano del complesso industriale fu rimaneggiato e subì diverse modifiche e ampliamenti rispetto a quello sul quale era stato modellato il plastico presentato al duce. Ma, a distanza di un
anno dalla posa della prima pietra, le officine aeronautiche di Pomigliano erano già funzionanti nel
rispetto dei tempi stabiliti da ordini superiori e le strutture principali erano già state completate al
momento in cui cominciarono i bombardamenti sulla zona.
In seguito allo scoppio della seconda guerra mondiale, i lavori di costruzione dei fabbricati furono
accelerati tanto che il 1 aprile del 1940 uscirono dalle officine già assemblati i primi motori. La potenzialità industriale dell’impianto si basava su un organico di 1260 macchine utensili, per la cui fornitura
s’incontrarono gravi difficoltà in seguito alla partecipazione italiana al secondo conflitto mondiale.
La parziale funzionalità dei reparti non compromise l’occupazione aziendale negli impianti aeronautici che sviluppava consistenti programmi per provvedere alla produzione, dalle leghe leggere, ai
motori, agli aerei completi. Si cominciarono a costruire motori con una forza lavoro iniziale di 6700
unità. Durante il massimo sviluppo della produzione si registrò un organico di 10-11 mila addetti.
Parte dei tecnici e degli operai specializzati proveniva dallo stabilimento Alfa Romeo di Milano. Il
problema della sistemazione in loco per un così rilevante numero di operai fu risolto con la realizzazione, tra il 1942 e il 1943, di un nuovo insediamento urbano, il quartiere denominato “Palazzine”.
Al luglio 1939 erano già in fase di realizzazione le officine e le scuole-officine; gli uffici, la palestra,
154
Il Fascismo (1922 - 1943)
Cantone, Luigi. In Pomigliano d’Arco : una città che guarda al futuro. L’aeroporto durante l’eruzione del Vesuvio nel 1944.
le piscine e le attrezzature per il dopolavoro degli operai, tra cui anche il cinema e il teatro.
Gli interventi dell’Alfa Romeo sul territorio di Pomigliano non furono esclusivamente di natura
industriale ed urbanistica, infatti la società finanziò la realizzazione di una moderna azienda agricola i cui
prodotti dovevano rifornire sia le mense dell’impianto che i negozi ubicati nel nuovo centro residenziale.
Da questo momento in poi i ritmi del processo evolutivo pomiglianese cominciarono ad essere molto
più intensi ed accelerati; lo scenario delle vicende della comunità locale non fu più quello di uno dei
tanti paesi agricoli delle contrade meridionali: Pomigliano era destinata a diventare una pedina
importante nello scacchiere strategico-militare del regime fascista.
Nella realizzazione del complesso industriale fu esclusa l’amministrazione locale da ogni procedimento e sede di decisione. Il Comune di Pomigliano nulla poteva, ammesso che volesse, di fronte ai
nuovi problemi che l’insediamento industriale portava con sé: alloggi, disoccupazione, servizi, ma
soprattutto l’espropriazione dei terreni. Ancora nel dicembre 1939 non si era ancora giunti ad un
accordo sulle indennità da pagare ai contadini privati del principale bene per il loro sostentamento
economico: la terra. Proprio per queste famiglie il problema della disoccupazione era particolarmente sentito. Nell’agosto del 1939 venne redatto un verbale nel quale i dirigenti dell’Alfa Romeo si
impegnavano ad assumere, tra gli operai che dovevano essere introdotti alla scuola di avviamento,
un contingente del 25% da scegliersi tra gli espropriati. I patti sottoscritti non vennero rispettati e i
rapporti tra l’amministrazione podestarile, che si faceva interprete dei bisogni dei pomiglianesi, e la
direzione dell’Alfa si guastarono.
La nascita dello stabilimento aeronautico a Pomigliano spinse il livello d’istruzione dei pomiglianesi
Il Fascismo (1922 - 1943)
155
ad elevarsi: a circa 2000 arrivarono gli iscritti alle scuole elementari; circa 400 erano le studentesse
dell’Istituto Magistrale ed oltre 300 gli allievi dei corsi di avviamento professionale.
Ben più profondo fu il cambiamento delle coscienze e delle abitudini dei vecchi agricoltori pomiglianesi. Infatti, con la venuta dell’Alfa Romeo e le otto ore di lavoro in fabbrica, cambiarono profondamente
il modo di vivere la giornata e il tempo libero, oltre che gli usi e i costumi delle famiglie e dei singoli.
Tra la fine del 1940 ed i primi del ‘41 l’opificio pomiglianese giunse a pieno ritmo produttivo ed il
suo periodo di splendore durò sino al 30 maggio 1943, quando iniziarono con accanimento i bombardamenti nemici sull’Alfa Romeo. Ciò significò la distruzione dello stabilimento, vasti danni per i
Comuni e le popolazioni del circondario, molti feriti, molti morti, i cui nomi sono elencati in un
monumento eretto in mezzo al giardino dello stabilimento. I danni di guerra ridimensionarono
notevolmente gli spazi e le capacità produttive dell’impianto che nel dopoguerra iniziò a rivivere soltanto grazie ad una modesta attività di riparazione di carri armati e motori aerei.
Intanto, un altro avvenimento destinato ad importanti sviluppi si verificava a Pomigliano. Sull’area
di quello stesso Centro aeronautico, la parte occidentale del vecchio impianto Alfa Romeo, il gruppo IRI, il 23 novembre 1949, finanziò la realizzazione delle “Officine di Pomigliano d’Arco per
costruzioni aeronautiche e ferroviarie”, l’Aerfer. In questi nuovi stabilimenti il periodo di
avviamento della società fu dedicato alla realizzazione di veicoli ferroviari ed autofilotranviari, e
successivamente si diede inizio alle produzioni aeronautiche.
Bibliografia
Aeritalia, storia di un’industria ; realizzato dalla Direzione Relazioni Pubbliche e Stampa dell’Aeritalia. Torino,
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Cantone, Luigi. La gestione strategica dei territori nell’economia post-fordista : dinamiche evolutive e prospettive di
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figg. pp. 16, 30, 51, 55, 92.
156
Il Fascismo (1922 - 1943)
Conoscere Pomigliano d’Arco : Periodico di informazioni di comune utilità ; direttore responsabile Salvatore Adorno ;
introduzione di Raffaele Russo. Napoli, Selene edizioni, 1986, pp. i, 1.
De Falco, Mario. Acquerelli pomiglianesi : ricordi di personaggi, usi e tradizioni di una Pomigliano che non c’è più ;
prefazione di Giovanni Basile. Marigliano, Istituto Anselmi, 2003, pp. 46-47, 93-94.
De Fazio, Rosaria. “Pomigliano d’Arco : Origine e struttura di una città-fabbrica”. Sociologia Urbana e Rurale :
Quadrimestrale diretto da Paolo Guidicini. n. 80 23(2006), pp. 29-46. Milano, Franco Angeli, 2006, pp. 30-46.
Dell’Orefice, Anna. “Un difficile esordio: il centro aeronautico dell’Alfa Romeo di Pomigliano d’Arco”. Il pensiero
economico moderno, vol. 15, fasc. 3(1995), pp. 71-91.
Dugo Iasevoli, Vera. Le strade di Pomigliano d’Arco ; consulenza e presentazione di Nicola Esposito ; prolusione di
Raffaele Russo ; prefazione di Vincenzo D’Onofrio. Marigliano, Istituto Anselmi, 1992, figg. pp. 93, 110.
Dugo Iasevoli, Vera. Guida storico-artistica di Pomigliano d’Arco : alla riscoperta del centro storico ; presentazione
di Vincenzo D’Onofrio ; prefazione di Sergio Brancaccio. Marigliano, Istituto Anselmi, 1993, pp. 18-19.
Fiat Auto. Sustaining Beauty - 90 years of art in engineering : catalogo della mostra sulla storia dell’Alfa Romeo :
Museo delle Scienze, Londra, 2001-2002 ; mostra a cura di Antonio Magro ; introduzione del catalogo di Roberto
Testore, A..D. Fiat Auto SpA. Como, Grafiche Mariano, 2001.
Educati per vincere (piezz’ e’ core e … “onorata società”) : L.R. 39-85 Ricerca ed analisi conoscitiva per la formazione di una coscienza anticamorra ; a cura delle classi Quinte Plesso Legge 219 del IV Circolo Didattico Statale di
Pomigliano d’Arco, anno scolastico 1993-94. [s.l.,s.n.], 1994, p.11.
Iorio, Giovanni. “La strategia industriale “Stile Fiat” a Pomigliano d’Arco. Alfa Romeo Avio : ultimo atto?”. Il
Meridiano : periodico dell’Area Nolana e della Bassa Irpinia ; direttore responsabile Gianni Amodeo. n. 5
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Il quartiere residenziale delle Palazzine
Il complesso urbano ed industriale di Pomigliano costituì la conclusione di una lunga serie di
interventi urbanistici ed architettonici realizzati nel periodo fascista, quando in tutta Italia era diffusa la pratica edilizia di costruire villaggi e quartieri operai, città di nuova fondazione e rifondazione,
oltre ad esempi di sventramenti, diradamenti, borghi e comuni rurali, ciascuno motivato da precise
esigenze non solo residenziali, ma anche politiche e propagandistiche. Le trasformazioni architettoniche e urbanistiche a Pomigliano erano infatti volte a sancire la presenza dello Stato fascista in
un’area, com’era quella di Napoli e provincia, che annoverava intellettuali di spicco in aperto
contrasto con l’ideologia fascista.
Dopo la costruzione dell’Alfa Romeo, e in seguito all’approvazione del piano regolatore nel 1942,
cominciò la realizzazione dell’insediamento urbano a Pomigliano per ospitare le maestranze.
La tecnica urbanistica razionalistica adottata dal fascismo prevedeva una rigida lottizzazione a scacchiera basata su una sovrapposizione di linee parallele e perpendicolari (cardo e decumano). Nel caso
di Pomigliano non si può parlare di villagio operaio di matrice ottocentesca, né di città sociale, e tanto
meno la città nuova giunse mai ad inghiottire il nucleo originario, fino alla sua identificazione nella
città-fabbrica, come accadde a Torino. Il quartiere residenziale di Pomigliano era l’insediamento
urbano costituito da quegli edifici che fornivano alloggio ad operai ed impiegati. Analogamente a
quanto venne fatto a Colleferro, da noi vennero realizzati tre tipi di residenze: le ville per dirigenti,
le case per gli impiegati e gli alloggi per le maestranze. La zona residenziale era ben distinta e
separata dal complesso industriale e dall’antico nucleo urbano, più che per necessità di diradamento
edilizio, per tutelare i residenti in caso in incursioni aeree.
Nella vasta area destinata alle abitazioni, posta a sud rispetto all’insediamento industriale, si individuano immediatamente i quattro isolati che furono costruiti per primi nel 1940. Essi sono edifici in
linea, con una consistenza di 600 alloggi, di cui 552 per operai, ai quali era associato nella corte un
orto individuale di circa 90 m², vera espressione della ruralità. L’uso proficuo dell’orto domestico,
chiamato giardino, nel dopolavoro veniva ritenuto un forte legame d’affezione tra inquilino e luogo.
Il rapporto verde-residenza diventava poi una delle componenti essenziali del progetto della nuova
idea di città, che in generale si stava diffondendo in Europa. Le città giardino non solo rispondevano
alla necessità di offrire un’alternativa estetica alla città storica, ma assicuravano anche la massima
razionalizzazione nell’uso del suolo con minimi costi di urbanizzazione. L’intervento di Pomigliano,
nello specifico, è paragonabile, sia per tipo-morfologia che per le dimensioni del progetto, ai famosi isolati a corte costruiti in Olanda e in Germania negli anni venti e trenta.
Il fulcro del nuovo quartiere, chiamato Palazzine, era ed è rappresentato dall’incrocio degli assi stradali principali, viale Alfa e via Terracciano; il corpo degli edifici che costituivano gli alloggi operai
si estendeva parallelamente a viale Alfa. Questo gruppo di abitazioni comprendeva soluzioni collettive, di tipo lineare, con corpi di fabbrica rettilinei e disposti a margine di strada, in numero di otto
elementi paralleli, raggruppati a due a due, con il lato posteriore di ciascun elemento rivolto su una
zona verde adibita ad orto. Gli appartamenti per gli impiegati erano posti a fronte di ciascuno degli
otto corpi di fabbrica e differivano dagli alloggi destinati agli operai non solo per la posizione di
testata, ma anche per la composizione interna e le scelte stilistiche adottate.
Ciascun fabbricato era composto di soli tre piani e prevedeva dieci ingressi. I portali di ingresso
possono essere considerati l’unica concessione artistica che sottrae le Palazzine al rigore estetico
158
Il Fascismo (1922 - 1943)
Stenti, Sergio. Città Alfa Romeo. Foto aerea dello stabilimento Alfa Romeo e del quartiere San Martino, 1943.
Stenti, Sergio. Città Alfa Romeo. Vista panoramica del quartiere Palazzine.
Il Fascismo (1922 - 1943)
159
Stenti, Sergio. Città Alfa Romeo. La stazione della Circumvesuviana e l’albergo per i dipendenti, 1942.
elementare, grazie alle formelle di terracotta, di autore sconosciuto, collocate sopra ogni portale e
raffiguranti operai ritratti nei momenti salienti del loro lavoro in fabbrica.
A Pomigliano, la zona riservata, che accoglieva le abitazioni per tecnici specializzati e le ville per
dirigenti, era separata fisicamente secondo un ordine gerarchico, funzionale sia all’organizzazione
politica sia a quella aziendale. Tale ordine non solo era saldamente rispettato, ma appariva evidente
a tutti, senza tuttavia generare umiliazioni presso i ceti più modesti.
L’architettura razionalistica fascista fu utilizzata in particolare per la costruzione degli edifici che
rivestivano una funzione sociale: il museo, l’ nido, l’albergo, la scuola aziendale, il palazzo degli
uffici, la nuova stazione della Circumvesuviana, già costruita nel 1936, e le attrezzature sportive e
ricreative per i dipendenti. L’architetto milanese Alessandro Cairoli, autore del piano regolatore di
Pomigliano del 1939, proponeva soluzioni stilisticamente eterogenee, che guardavano alla scuola
tedesca per l’impianto urbano del quartiere residenziale, a quelle costruttiviste per le testate delle
case degli impiegati e per l’asilo nido e al Novecento romano per la scuola aziendale.
Dopo il secondo conflitto mondiale s’interruppe la realizzazione della città industriale, unico
modello di colonia industriale del fascismo nel Meridione.
Attualmente l’impianto fascista di Pomigliano è riconoscibile solo attraverso il tessuto viario urbano
e attraverso le poche tracce che gli edifici rimasti conservano della loro originaria caratteristica
fisionomia, oggi nascosta dal fitto tessuto edilizio che gli si è costruito intorno.
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SECONDA GUERRA MONDIALE (1940 – 1945)
Seconda guerra mondiale a Pomigliano d’Arco
Il 10 giugno 1940, dieci mesi dopo la dichiarazione di guerra della Germania alla Francia e
all’Inghilterra, l’Italia, alleata della Germania, dichiarò anch’essa guerra a queste potenze. Il
clamoroso successo delle armate tedesche in Francia spinse Mussolini ad abbandonare il suo atteggiamento iniziale di cautela, affrettando l’ingresso in guerra dell’Italia senza una preparazione
militare e politica adeguate.
Iniziò la verifica dell’efficacia e dell’opportunità militare dell’intero apparato industriale che si era
costruito con l’Alfa Romeo a Pomigliano. Allo stesso tempo i pomiglianesi poterono rendersi conto
del valore anche simbolico, dal punto di vista militare, che la realtà locale assunse.
Ormai la produzione dello stabilimento aeronautico Alfa Romeo marciava a pieni ritmi. Sotto la
direzione dei tecnici civili, in prevalenza di provenienza toscana e in particolare pisana, e di quelli
dell’aeronautica militare, la manodopera locale lavorava alacremente. In piena guerra, a tenere i collaudi alla produzione dello stabilimento e ad effettuare corsi di preparazione tecnico-militare alle
giovani leve, a Pomigliano giungevano mensilmente gruppi di 20-30 tra militari e sottoufficiali della
regia aeronautica. Dall’aeroporto locale partivano aerei e rifornimenti per i vari fronti di guerra.
C’erano i militari alloggiati presso la masseria S. Martino, le postazioni di portaerei, tanti operai che
venivano anche dai paese vicini.
Il paese era completamente militarizzato, con diverse contraeree sistemate a difesa dell’aeroporto e
dello stabilimento e tre distinti gruppi di batterie, collocati uno all’altezza di Tavernanova, un altro
ai confini con Castelcisterna ed il terzo nella zona della vasca Carmine (‘o Passariello). I militari italiani impegnati nelle varie postazioni erano circa cinquecento ed alloggiavano nelle masserie o in
tende situate nei pressi delle contraerei. Il comando militare italiano di stanza a Pomigliano era
acquartierato nella masseria S. Martino, agli ordini del colonnello Alfonso Porzio, fratello del più
famoso Giovanni, liberale, membro dell’Assemblea Costituente nel dopoguerra.
Intanto i nazisti, circa un centinaio, giunsero a Pomigliano agli inizi del 1942. Di essi, una parte
collaborava con i militari italiani nelle postazioni delle contraerei, il resto, diviso in piccoli gruppi,
girava in forma di ronde per le strade del paese. Successivamente all’entrata in guerra dell’Italia si
poneva quindi anche sul piano locale il problema del rapporto con i tedeschi. Con questi ultimi
i pomiglianesi non riuscirono ad avere mai una relazione chiara e leale, sia per la lingua, sia perché i
nazisti, in perfetto stile militare, accampandosi nelle tende, rimasero fisicamente separati dagli abitanti.
Tra il novembre del 1942 ed il maggio 1943 Pomigliano fu bersaglio preferito per il fuoco
dell’aeronautica militare nemica.
Prima di arrivare ai bombardamenti anglo-americani, i pomiglianesi videro i militari tedeschi
spadroneggiare in paese e, via via che i rapporti italo-germanici peggiorarono, crebbero anche l’astio
e il sospetto. Il clima degenerò completamente il 30 maggio 1943. Preparata con grande cura dei particolari l’incursione aerea, in modo da evitare di rendere vana l’operazione, all’alba di quel giorno
l’aeronautica militare inglese puntò diritta sui capannoni, le officine, le scuole e l’aeroporto dello
stabilimento Alfa Romeo. La distruzione delle strutture fu quasi totale. Furono ore angosciose e
drammatiche per tutti.
L’angoscia ed il dolore attraversavano ogni strada, ogni famiglia. Le abitazioni dei pochi medici professionisti subito si riempirono: qui si operava, si medicava, si confortava. La gente, in preda al panico
e al dolore, non sapeva a chi rivolgersi. A differenza del conflitto del 1915-18, combattuto nelle
162
Seconda Guerra Mondiale (1940 - 1945)
trincee al confine con l’Austria, questa volta Pomigliano poté comprendere in fondo il significato
della guerra.
Nel tardo pomeriggio del 24 luglio 1943 a Roma si riunì il Gran Consiglio, al termine del quale
Mussolini uscì sconfitto e sconfessato. Nel pomeriggio del 25 luglio fu dimissionato e fatto arrestare dal re. Poco prima delle 11 di sera la radio diede l’incredibile notizia: «Sua Maestà il Re e
Imperatore ha accettato le dimissioni dalla carica di Capo del Governo, Primo Ministro e Segretario
di Stato, presentate da Sua Eccellenza il Cavaliere Benito Mussolini e ha nominato Capo del
Governo, Primo Ministro e Segretario di Stato Sua Eccellenza il Cavaliere, Maresciallo d’Italia,
Pietro Badoglio».
Scoppiò immediata la grande festa popolare. Scene di giubilo si videro per le strade di Pomigliano.
Cominciarono quelli che sarebbero stati i 45 giorni di Badoglio, assurdi e ambigui nella presenza
sempre più cospicua e minacciosa dei nazisti, nella continuazione dei bombardamenti alleati.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre1943, dichiarato dal Generale Badoglio, si verificò il cambio delle
alleanze e i tedeschi da cobelligeranti divennero invasori, e dal clima di sospetto dei mesi precedenti,
si passò a episodi di violenza e di barbarie. I maggiori massacri avvennero nei giorni tra il 27
settembre ed il 2 ottobre del 1943.
Il 2 ottobre 1943 una decina di compaesani, resisi conto che ormai i militari nazisti avevano
completamente abbandonato il territorio pomiglianese, andarono a chiamare gli alleati inglesi,
acquartierati a Somma Vesuviana e sollecitarono il loro ingresso in Pomigliano. Gli inglesi giunsero
in piazza Municipio verso le nove del mattino. Erano una quindicina di uomini in divisa che assunsero le funzioni di liberatori ed autorità costituita.
Dopo la fuga dei nazisti da Pomigliano, anche gli inglesi usarono il locale aeroporto per far atterrare
gli aerei carichi di viveri. Il comando delle truppe s’installò nei locali del Comune e da qui riceveva
ordini dai superiori ed impartiva quelli necessari al governo della fase di emergenza che viveva
Pomigliano. L’autorità unica a cui per due mesi gli inglesi poterono chiedere collaborazione per
gestire l’amministrazione del paese fu l’allora segretario comunale Ferdinando Quagliata di
Marigliano. Quest’ultimo, dall’8 ottobre al 12 dicembre 1943, si prodigò nella sua qualità di segretario-commissario per ripristinare le primarie condizioni di vita.
Oltre ai ventitré morti nei bombardamenti dei capannoni dell’Alfa Romeo, Pomigliano pagò un
tributo di sangue alla guerra con altri sedici morti, di cui dieci trucidati tragicamente, mentre sei persero la vita sotto le macerie delle abitazioni e dei palazzi fatti saltare in aria dai tedeschi.
Ancora ad Ercole Cantone, tornato ad essere il principale attore della vita pubblica locale, toccò,
nell’aprile del 1944, su richiesta del questore di Napoli Broccoli, quantizzare in termini economici i
danni che la guerra aveva procurato alle abitazioni private ed esprimere alle autorità la necessità di
nuove opere pubbliche per Pomigliano.
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“Pomigliano d’Arco”. In Pocock, Simon. Campania 1943 : Volume 2: Provincia di Napoli, Parte 2: Zona Ovest, pp.
151-179. Napoli, Three Mice Books, 2009, pp. 154-167, 171-173.
Scuola Media Statale “Omero”, Pomigliano d’Arco. Un viaggio per conoscere Pomigliano ieri e oggi : raccolta degli
atti del progetto ecologico autorizzato dal Ministero dell’Ambiente ; presentazione di Augusto Graniero ; una
testimonianza di Gennaro Caprioli. Marigliano, Istituto Anselmi, 1991, pp. 74, 100-101.
Romano, Maria Pia. Problemi di storia dell’emigrazione tra Ottocento e Novecento : Pomigliano d’Arco. Tesi di Laurea
in Sociologia, Insegnamento di Storia Contemporanea ; relatore Paolo Macry. Napoli, Università Federico II,
1995, pp. 102-103.
Rifugi antiaerei e bombardamenti
Nel 1942-43 il podestà Giannuzzi Savelli cominciò a preoccuparsi della vita e dell’incolumità della
popolazione civile pomiglianese che poteva subire lutti e danni da eventuali attacchi aerei dei futuri
alleati inglesi ed americani.
Tante cavità naturali furono adattate a rifugi antiaerei durante l’ultimo conflitto mondiale, come gli
ambienti sotterranei della chiesa di Santa Maria delle Grazie e del cunicolo di via Roma. La cavità
sottostante la parte centrale di Piazza Mercato ospitava un uno dei maggiori rifugi antiaereo, oggi trasformato nel Museo della Memoria. Rifugi furono costruiti nel Rione Palazzine con stanze sotto i
giardini e cunicoli sotterranei; altri rifugi in via Roma costituiti dalle cantine sottostanti i fabbricati,
via Imbriani, via Marconi, vico Ricci, via Pompeo.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco dall’Unità d’Italia alla Repubblica ; prefazione di Raffaele Russo. Nola, Notor
Editore, 1991, p. 265.
Barone, Maria – Favicchio, Filomena Maria Rosaria. Per non dimenticare : l’esperienza dei laboratori dei ragazzi, dei
docenti, dei filosofi, degli storici, dei testimoni, della città di Pomigliano d’Arco sulla Resistenza. Documenti ;
Archivio e realizzazione fotografica a cura di Silvano Caiazzo. Pomigliano d’Arco, Immagine grafica, 2003, p. 57.
Comune di Pomigliano d’Arco. Censimento e prima indagine sulle cavità sotterranee del territorio comunale ; realizzato e a cura di Geonova s.c.r.l. Pomigliano d’arco, 1982, pp. 6, 8-14, 25-27, 28-30.
Comune di Pomigliano d’Arco. Deliberazione della Giunta comunale n. 129 del 20 aprile 2007 : Intitolazione Museo
della memoria a Vincenzo Pirozzi, martire della Resistenza. Pomigliano d’Arco, 2007.
164
Seconda Guerra Mondiale (1940 - 1945)
Piazza Mercato, rifugio antiaereo della Seconda guerra mondiale.
Esposito, Sabato. Riqualificazione urbana dell’area di Piazza Mercato ed adeguamento statico e strutturale dell’ex
rifugio antiaereo, da destinare a struttura museale : Progetto Preliminare [Museo della Memoria, Pomigliano
d’Arco] ; redatto a cura dell’Arch. Sabato Esposito, in seguito ad incarico ricevuto dall’Amministrazione
Comunale di Pomigliano d’Arco, con Delibera di G.M. n. 7/97 e successiva n. 1154/97. Pomigliano d’Arco,
[s.n.], 1998, [Foto].
Stenti, Sergio. Città Alfa Romeo : 1939 Pomigliano d’Arco quartiere e fabbrica aeronautica ; presentazione di Cesare
De Seta. Napoli, CLEAN edizioni, 2003, pp. 67-68.
Bombardamenti anglo-americani sull’aereoporto di Pomigliano d’Arco
Il bombardamento del 30 maggio 1943
La domenica del 30 maggio 1943 l’unità 2° Bomb Group cominciò, alle 5.45 del mattino, la missione
di bombardamento dell’aeroporto militare di Pomigliano, dove venivano costruiti i motori DaimlerBenz 601 usati dai Messerschmitt e dai Macchi 202. Decollarono da Chateaudun-du Rhumel 36 aerei
B-17, bombardieri pesanti denominati Fortezze Volanti, che giunsero sull’obiettivo alle ore 11.11,
scaricando sull’aeroporto di Pomigliano 404 bombe da 500 libre, che produssero danni ed incendi.
Contemporaneamente, sempre il 30 maggio, partì l’unità 301° Bomb Group da St. Donat, composta
da altri 26 aerei che giunsero a Pomigliano alle 11.15 e vi scaricarono ben 3.594 pezzi da 20 libre a
frammentazione. Vennero uccisi 23 operai.
Gravi i danni alle officine Alfa Romeo tanto che, per scongiurare altre distruzioni, parte degli impianti
venne trasferita con sollecitudine nella grotta di San Rocco nei pressi di Capodimonte. Pesanti furono anche le perdite subite dalla popolazione.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. “Breve storia di Pomigliano d’Arco”. In City Book : Pomigliano d’Arco : un servizio per la tua
città. [S.n.t.], p. 22.
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco dall’Unità d’Italia alla Repubblica ; prefazione di Raffaele Russo. Nola, Notor
Editore, 1991, fig. p. 276.
Seconda Guerra Mondiale (1940 - 1945)
165
Mazzanti, Gastone. Obiettivo Napoli : dagli archivi segreti anglo-americani i bombardamenti della 2ª guerra mondiale.
Bombardamento del 30 maggio 1943. Il fumo sale verso l’alto dall’aeroporto di Pomigliano colpito dai B-17
del 301° Bomb Group.
Dugo Iasevoli, Vera. Le strade di Pomigliano d’Arco. Danni all’Alfa Romeo dopo l’incursione aerea del 30 maggio 1943.
166
Seconda Guerra Mondiale (1940 - 1945)
Aliberti, Crescenzo. La camera del Lavoro : Percorso storico del Comprensorio pomiglianese ; CGIL Comprensorio
nolano vesuviano – Interno. Somma Vesuviana (NA), Graphosprint, 1993, pp. 32, 34-35.
Cantone, Luigi. La gestione strategica dei territori nell’economia post-fordista : dinamiche evolutive e prospettive di
sviluppo del sistema di produzione locale di Pomigliano d’Arco. Napoli, Massa editore, 2003, p. 11.
Cantone, Luigi. “Il sistema di produzione locale : Dinamiche evolutive e prospettive di sviluppo nell’economia postfordista”. In Pomigliano d’Arco : una città che guarda al futuro ; a cura di Francesco De Rosa ; prefazione di
Michele Caiazzo, pp. 59-83. Napoli, Massa editore, 2002, p. 62.
Dugo Iasevoli, Vera. Le strade di Pomigliano d’Arco ; consulenza e presentazione di Nicola Esposito ; prolusione di
Raffaele Russo ; prefazione di Vincenzo D’Onofrio. Marigliano, Istituto Anselmi, 1992, figg. pp. 94-95.
Ginnasio-Liceo “V. Imbriani” di Pomigliano d’Arco. Antifascismo e resistenza tra Acerra e Pomigliano : ricerca didattica della classe VB, 1984-85 ; saggio storico del prof. C. Gravier Oliviero ; prefazione della prof.ssa Anna
Morandi Mariconda, Preside. Marigliano, Istituto Anselmi, 1985, pp. 28-35, fig. p. 30.
Mazzanti, Gastone. Obiettivo Napoli : dagli archivi segreti anglo-americani i bombardamenti della 2ª guerra mondiale. Da dicembre 1942 alla fine delle ostilità [Bombardamenti su Pomigliano], pp. 49-287. Roma, Teos Grafica,
2004, pp. 125-131,134-140, figg. pp. 66, 126, 127, 129.
Il bombardamento del 21 giugno 1943
Nelle prime ore del 21 giugno le Fortezze Volanti, che continuavano a bombardare Napoli, avevano
anche altri obiettivi: l’aeroporto militare di Pomigliano d’Arco e il deposito di materiale per l’aeronautica sito nel vicino centro di Cancello, obiettivo posto a 5 miglia a nord-est della fabbrica di
Pomigliano, costituente il principale deposito di rifornimento tedesco per l’Italia. Il 97° Bomb Group
di base a Chateaudun-du Rhumel alle 10.20 partì per sganciare sull’obiettivo di Cancello 288 bombe
da 300 libre, subendo però l’attacco di venti caccia, tre dei quali, secondo la relazione dei piloti
americani, precipitarono.
Bibliografia
Amministrazione comunale di Acerra. A quarant’anni dall’eccidio 1943-1983 ; a cura di Tommaso Esposito. Acerra,
Tipografia “La Nuovissima”, 1983, pp. 28-29.
Aliberti, Crescenzo. La camera del Lavoro : Percorso storico del Comprensorio pomiglianese ; CGIL Comprensorio
nolano vesuviano – Interno. Somma Vesuviana (NA), Graphosprint, 1993, pp. 32, 34-35.
Ginnasio-Liceo “V. Imbriani” di Pomigliano d’Arco. Antifascismo e resistenza tra Acerra e Pomigliano : ricerca didattica della classe VB, 1984-85 ; saggio storico del prof. C. Gravier Oliviero ; prefazione della prof.ssa Anna
Morandi Mariconda, Preside. Marigliano, Istituto Anselmi, 1985, pp. 28-35.
Mazzanti, Gastone. Obiettivo Napoli : dagli archivi segreti anglo-americani i bombardamenti della 2ª guerra mondiale. Da dicembre 1942 alla fine delle ostilità [Bombardamenti su Pomigliano], pp. 49-287. Roma, Teos Grafica,
2004, pp. 148-151.
I bombardamenti del luglio 1943
Il 10 luglio segnò una data storica per le sorti della guerra grazie allo sbarco degli anglo-americani
in Sicilia con l’intento di assicurarsi la piena disponibilità dell’isola e la possibilità di utilizzare le
molte basi aeree esistenti. Il loro arrivo segnò un accentuarsi dei bombardamenti sul meridione della
penisola. Il 14 luglio l’ordine del giorno era: «Il nemico sta rapidamente perdendo le sue basi aeree
in Sicilia, ed è costretto a fare affidamento sempre di più sugli aeroporti dell’Italia peninsulare.
Pertanto, è necessario privarlo dell’uso dei campi di Capodimonte e di Pomigliano d’Arco, distruggendo i velivoli che vi sono parcheggiati». Dei 72 aerei Wellington della RAF (Royal Air Force)
inglese operativi, ben 17 furono impiegati per il bombardamento dell’aeroporto di Pomigliano.
Gli aerei non lanciavano solo bombe e spezzoni incendiari. Mentre aumentava la pressione bellica
alleata e il cerchio politico-militare si stringeva, la guerra psicologica cominciò a manifestarsi anche
con il lancio di manifestini informativi sui vari rovesci militari dell’Asse, sulle denominazioni delle
intere divisioni italiane cadute prigioniere, sulla maniera di avere notizie mettendosi all’ascolto delle
varie radio alleate e sugli inviti al sabotaggio, agli scioperi, alle manifestazioni, alla resa, alla pace.
Il 17 luglio, un’ora dopo mezzanotte, furono lanciati su Pomigliano dai Wellington che attaccarono
Seconda Guerra Mondiale (1940 - 1945)
167
l’aereoporto manifestini del tipo «Avviso.
Mussolini lo chiese: volete che l’Italia ne soffra?». Ci furono una ventina di morti e il doppio dei feriti.
Tanto grande furono il terrore e il nervosismo
dovuti ai «violenti e infernali bombardamenti
verso Pomigliano, cui rispondeva un uragano di
cannonate della difesa tedesca», secondo quanto
riferisce il vescovo di Acerra monsignor Capasso,
tra il 16, 17 e il 18 luglio, che il 19 cominciò un
rapido esodo della popolazione dalla città verso
province limitrofe.
Bibliografia
Amministrazione comunale di Acerra. A quarant’anni
dall’eccidio 1943-1983 ; a cura di Tommaso
Esposito. Acerra, Tipografia “La Nuovissima”,
1983, pp. 28-29.
Aliberti, Crescenzo. La camera del Lavoro : Percorso storico del Comprensorio pomiglianese ; CGIL
Comprensorio nolano vesuviano – Interno. Somma
Vesuviana (NA), Graphosprint, 1993, pp. 32, 34-35.
De Falco, Mario. Acquerelli pomiglianesi : ricordi di personaggi, usi e tradizioni di una Pomigliano che non
c’è più ; prefazione di Giovanni Basile. Marigliano,
Istituto Anselmi, 2003, pp. 91-96.
Ginnasio-Liceo “V. Imbriani” di Pomigliano d’Arco.
Mazzanti, Gastone. Obiettivo Napoli. Volantino
Antifascismo e resistenza tra Acerra e Pomigliano :
propagandistico lanciato su Pomigliano
ricerca didattica della classe VB, 1984-85 ; saggio
il 16 luglio 1943.
storico del prof. C. Gravier Oliviero ; prefazione
della prof.ssa Anna Morandi Mariconda, Preside.
Marigliano, Istituto Anselmi, 1985, pp. 28-35.
Mazzanti, Gastone. Obiettivo Napoli : dagli archivi segreti anglo-americani i bombardamenti della 2ª guerra mondiale. Da dicembre 1942 alla fine delle ostilità [Bombardamenti su Pomigliano], pp. 49-287. Roma, Teos Grafica,
2004, pp. 159-204, fig. p. 167.
I bombardamenti da settembre a ottobre 1943
Pomigliano, il 6 settembre, fu colpita nuovamente dai bombardamenti alleati del 97° e 99° Bomb
Group, che sganciano 32 bombe da 250 libre alle ore 14.10 su bersagli non identificati.
Bibliografia
Mazzanti, Gastone. Obiettivo Napoli : dagli archivi segreti anglo-americani i bombardamenti della 2ª guerra mondiale. Da dicembre 1942 alla fine delle ostilità [Bombardamenti su Pomigliano], pp. 49-287. Roma, Teos Grafica,
2004, pp. 240-242.
I bombardamenti tedeschi da novembre 1943 a maggio 1944
Tra il 5 e il 6 novembre alcuni aerei tedeschi sganciarono delle bombe sull’aereoporto di Pomigliano,
ma non scoppiarono. Quattro incursori furono abbattuti e grande fu la paura tra la gente. Nelle prime
ore del 10 novembre, le navi ormeggiate nel porto di Napoli vennero attaccate da una trentina di JU
88 e il giorno 12 l’aereoporto di Pomigliano subì nuovamente l’offesa da parte di dodici FW 190.
Rimasero ferite alcune persone e danneggiati due apparecchi parcheggiati. Un velivolo fu abbattuto.
Tra l’ottobre del 1943 ed il maggio del 1944, nonostante la liberazione di Napoli, continuarono i
168
Seconda Guerra Mondiale (1940 - 1945)
bombardamenti, questa volta dei nuovi nemici, i tedeschi. Questi infatti avevano ricevuto ordini di
resistere con determinazione a sud di Roma; fu quindi più difficile avanzare per gli alleati, viste le
avverse condizioni meteorologiche determinate dall’avvicinarsi della stagione invernale, che non
permisero all’armata aerea di appoggiare le truppe. Il 18 marzo 1944 il Vesuvio cominciò una
terribile eruzione.
Nel marzo del 1944 per allietare la permanenza delle truppe anglo-americane nel territorio
napoletano venne organizzata una serie di spettacoli con artisti e attori di fama mondiale, stelle del
cinema e della canzone inviati direttamente dall’America. A Pomigliano d’Arco arrivò l’attrice
Marlene Dietrich.
Il pullulare di truppe alleate a Napoli e nelle città vicine non passò inosservato dagli aerei tedeschi,
i quali iniziarono a bombardare la città e le zone vicine, tanto che Napoli può vantare lo spiacevole
primato di essere stata bombardata sia dagli alleati che dai tedeschi.
Mazzanti, Gastone. Obiettivo Napoli. Eruzione del Vesuvio nel 1944.
Seconda Guerra Mondiale (1940 - 1945)
169
Bibliografia
Cantone, Luigi. “Il sistema di produzione locale : Dinamiche evolutive e prospettive di sviluppo nell’economia postfordista”. In Pomigliano d’Arco : una città che guarda al futuro ; a cura di Francesco De Rosa ; prefazione di
Michele Caiazzo, pp. 59-83. Napoli, Massa editore, 2002, p. 62, figg. pp. 60-61.
Mazzanti, Gastone. Obiettivo Napoli : dagli archivi segreti anglo-americani i bombardamenti della 2ª guerra mondiale. Da dicembre 1942 alla fine delle ostilità [Bombardamenti su Pomigliano], pp. 49-287. Roma, Teos Grafica,
2004, pp. 250-284.
Monumento ai caduti dello stabilimento Alfa Romeo
Il monumento ai caduti eretto al centro del giardino dello
stabilimento Alfa Romeo riporta i nomi dei 23 morti causati
dal bombardamento nemico del 30 maggio 1943: Acciarino
Concetta, Artuffo Camillo, Bottero Onorato, Cenni Luigi,
Chiarion Emilio, Coppola Trusiano, D’Agostino Luigi,
Esposito Fortuna, Fanis Antiaco, Fratiello Raffaele, Gonella
Michele, Leone Giovanni, Marescotti Enzo, Mannarini
Alfredo, Naddeo Antonietta, Neri Filippo, Panico Giovanni,
Petrucci Mario, Pulcrano Raffaele, Rega Arturo, Sbrana
Otello, Terracciano Giuseppe, Toscano Giacomo.
Bibliografia
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di
ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino agostiniano. 2 ed.
migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro
Graziano, 1966, pp. 121-122, fig. p. 122.
Resistenza a Pomigliano dal 1943 al 1945
Con la resa e la firma dell’armistizio del Generale Badoglio, l’8 settembre 1943, si dice che Hitler
abbia dato alle truppe germaniche in Italia il seguente ordine: «Saccheggiate. Bruciate. Ammazzate».
I maggiori massacri avvennero nei giorni tra il 27 settembre ed il 2 ottobre. Un pugno di militari nazisti, tre o quattro, a bordo di una camionetta percorrevano come impazziti le strade di Pomigliano alla
ricerca di uomini. Bussavano ad ogni porta, perquisivano abitazioni, stalle, fienili, cantine alla ricerca spasmodica degli uomini di cui servirsi come scudo o da inviare nei campi di concentramento
prima ad Afragola e poi in altre zone della Campania.
Tutti i maschi pomiglianesi scappavano in periferia, nelle masserie circostanti dove era più difficile
che i nazisti arrivassero. Altri si erano dileguati nelle campagne del Passariello, nei cantinati e nei
cunicoli delle case Alfa Romeo, altri ancora si erano rifugiati sui tetti. E da qui, come un tam-tam,
passava la voce di persona in persona per avvertire l’altro dei movimenti che i nazisti facevano a
bordo della camionetta. Durante le giornate di maggior accanimento persecutorio nei confronti dei
pomiglianesi, tra i tanti coraggiosi Salvatore Romano, “ ‘o fift”, si distinse per la sua azione. Il
Romano era proprietario di un esteso giardino in via Vittorio Emanuele, quasi di fronte alla farmacia
Manna, e qui offriva rifugio a quanti scappavano dai militari tedeschi.
I pomiglianesi non furono collaborazionisti, provocando ulteriormente la ferocia di questa banda
armata. Non servì a piegare l’atteggiamento dei pomiglianesi né il carro armato tigre, fermo in via
Vittorio Emanuele nei pressi del palazzo Primicile, né la sequela di violenze, piccole e grandi,
compiute ai danni di diverse donne pomiglianesi.
170
Seconda Guerra Mondiale (1940 - 1945)
Dopo scontri aperti contro i tedeschi, sabato 2 ottobre 1943 pioveva e nell’aria delle strade di
Pomigliano ancora si alzavano le nubi di polvere dalle macerie dei palazzi abbattuti dalle mine tedesche. Poco dopo le sette del mattino un gruppo di una decina di pomiglianesi, che si era nascosto al
sicuro nella zona del Passariello, si assicurò che ormai i nazisti avessero completamente abbandonato il territorio e andarò a chiamare gli alleati. Questi, inglesi, erano acquartierati a Somma Vesuviana
in località Santa Maria del Pozzo, ed entrarono a Pomigliano da liberatori.
I militari nazisti che si erano abbandonati alle scorribande per le strade di Pomigliano, insieme a
quelli che ancora si trovavano nella zona dell’aeroporto, si diedero alla fuga e si diressero nella zona
di Acerra, dove si combatteva ancora. Guerra aspra e dura era stata combattuta anche dagli acerrani
per liberare il loro paese dall’oppressione tedesca. Tra il 12 settembre e il 2 ottobre ci furono scontri
a ripetizione con i tedeschi, che in diciotto tenevano in pugno una cittadina di oltre 25 mila abitanti;
i morti furono circa duecento. Nella notte tra il sabato 2 e la domenica 3 ottobre, giunse a Pomigliano
un gruppo di rivoltosi acerrani per chiedere l’aiuto e l’intervento degli inglesi. Finalmente l’incubo
finiva anche per loro: verso le 10 di domenica 3 ottobre 1943, gli alleati entravano ad Acerra.
Ormai l’intero territorio intorno a Pomigliano era libero e s’incominciò a fare i primi bilanci di quanto
era successo. Indubbiamente il tributo di sangue pagato dagli acerrani era incomparabile con quanto
era accaduto a Pomigliano, che aveva avuto 44 morti, anche se i pomiglianesi furono fortemente terrorizzati, sin dai primi anni di guerra, con terribili bombardamenti proprio da parte dei nuovi liberatori.
I nazisti in fuga compirono le ultime rappresaglie danneggiando ulteriormente Pomigliano. Infatti,
dopo aver trasferito tutti i reparti operativi dello stabilimento Alfa Romeo nella grotta di San
Rocco a Capodimonte, minarono anche le strutture in cemento, le pareti e quanto poco altro rimaneva dei macchinari. L’ultima loro follia fu quella di costringere con la forza delle armi l’ormai
settantenne Ferdinando Spanò, ex presidente della Corte d’Assise di Lecce e Taranto, ad accettare
l’incarico di podestà.
Gli alleati inglesi, entrati a Pomigliano, appena ebbero modo di rendersi conto della situazione, il 9
ottobre 1943 esonerarono dall’incarico di commissario prefettizio Ferdinando Spanò e nominarono
ad interim il segretario comunale, dottor Ferdinando Quaglia, commissario. A questi, il 27 dicembre
1943, successe Ercole Cantone, che svolse prima la funzione di commissario e poi quella di sindaco
di Pomigliano, sotto l’esclusiva tutela del comando militare alleato.
Anche la costituzione della prima giunta comunale post-bellica fu di completa nomina prefettizia e
nacque sotto la tutela inglese.
Bibliografia
Amministrazione comunale di Acerra. A quarant’anni dall’eccidio 1943-1983 ; a cura di Tommaso Esposito. Acerra,
Tipografia “La Nuovissima”, 1983, pp. 31-32, 36-37, 50.
Aliberti, Crescenzo. Un epigono del liberismo meridionale : Ercole Cantone. Tesi di Laurea in Scienze politiche,
Insegnamento di Storia contemporanea ; relatore Michelangelo Mendella. Napoli, Università Federico II, 1988,
pp. 48, 110-112, 115-116.
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco dall’Unità d’Italia alla Repubblica ; prefazione di Raffaele Russo. Nola, Notor
Editore, 1991, pp. 267-275, 287.
Aliberti, Crescenzo. La camera del Lavoro : Percorso storico del Comprensorio pomiglianese ; CGIL Comprensorio
nolano vesuviano – Interno. Somma Vesuviana (NA), Graphosprint, 1993, pp. 32-35.
Barone, Maria – Favicchio, Filomena Maria Rosaria. Per non dimenticare : l’esperienza dei laboratori dei ragazzi,
dei docenti, dei filosofi, degli storici, dei testimoni, della città di Pomigliano d’Arco sulla Resistenza.
Documenti ; Archivio e realizzazione fotografica a cura di Silvano Caiazzo. Pomigliano d’Arco, Immagine
grafica, 2003. pp. 13-14.
De Falco, Mario. Acquerelli pomiglianesi : ricordi di personaggi, usi e tradizioni di una Pomigliano che non c’è più ;
prefazione di Giovanni Basile. Marigliano, Istituto Anselmi, 2003, pp. 91-96.
Ginnasio-Liceo “V. Imbriani” di Pomigliano d’Arco. Antifascismo e resistenza tra Acerra e Pomigliano : ricerca didattica della classe VB, 1984-85 ; saggio storico del prof. C. Gravier Oliviero ; prefazione della prof.ssa Anna
Morandi Mariconda, Preside. Marigliano, Istituto Anselmi, 1985, pp. 5-8, 40-66.
Seconda Guerra Mondiale (1940 - 1945)
171
In ricordo di Mons. Giuseppe Campanale, Chiesa di S. Felice in Pincis : Don Peppino un sacerdote che si donò nell’umiltà e nel silenzio : Pomigliano d’Arco 7 gennaio 1995 ; a cura di Giuseppe Mastromatteo. Napoli,
Tipolitografia Laurenziana, 1993, pp. 8, 13.
“Pomigliano d’Arco”. In La guerra dopo la resa : albo dei militari campani caduti e dispersi in prigionia su tutti i fronti dopo l’9 settembre 1943 ; [a cura dell’] Associazione nazionale ex internati, pp. 124-125. Napoli, Edizioni
Athena, 1989.
“Pomigliano d’Arco”. In Pocock, Simon. Campania 1943 : Volume 2: Provincia di Napoli, Parte 2: Zona Ovest, pp.
151-179. Napoli, Three Mice Books, 2009, pp. 154-173.
Ferdinando Spanò (Presidente Corte d’Assise, n. 1870 - m. 1953)
Ferdinando Spanò nacque a Pomigliano nel 1870. Sposò Concettina Cutinelli, figlia del magistrato
Eugenio. Magistrato insigne, fu presidente della Corte d’Assise di Lecce e Taranto, presidente
della Croce Rossa Italiana per la provincia di Napoli, insignito della Commenda e poi nominato
Grande Ufficiale.
Nel 1943, nelle tragiche giornate del crollo, a 70 anni, fu obbligato dai tedeschi a ricoprire la carica
di Podestà. Essendosi opposto energicamente alle deportazioni dei civili fu, a sua volta, minacciato
di deportazione e fucilazione.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco dall’Unità d’Italia alla Repubblica ; prefazione di Raffaele Russo. Nola, Notor
Editore, 1991, p. 271.
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo
Cherubino agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano,
1966, p. 138, fig. p. 138.
Comitato di liberazione nazionale (CLN) a Pomigliano
Come nel resto del Mezzogiorno, tranne le epiche Quattro giornate di Napoli, la Resistenza mancò
totalmente anche da noi. A Pomigliano, però, si era costituito un Comitato di Liberazione Nazionale,
presieduto dal notaio Giuseppe De Luca che fino al luglio del 1943 era stato vice-segretario del fascio
locale. Il CLN di Pomigliano ambiva a tutti i costi a conquistare l'amministrazione comunale. La convinzione di ciò era tanto forte che, quando giunsero gli alleati, gli aderenti al CLN locale davano già
per scontato che uno di loro, nello specifico l’avvocato Giuseppe Di Giovanni, fosse chiamato alla
carica di sindaco. Fu scelto, invece, Ercole Cantone che, tra il 1943 ed il giugno 1944, svolse prima
la funzione di commissario e poi quella di sindaco di Pomigliano, sotto l’esclusiva tutela del
comando militare alleato.
Per il Comitato di Liberazione di Pomigliano esistevano dubbi di credibilità agli occhi degli alleati.
Innanzitutto da Pomigliano non bisognò cacciare i tedeschi, poiché questi, con l’incalzare dei bombardamenti e l’avvicinarsi delle truppe alleate erano andati via da soli. In secondo luogo, i legami dei
membri del CLN con il passato regime erano troppo vistosi per non essere tenuti in considerazione
dagli alleati: il dottor Alfonso Cozzolino, il dottor Salvatore Terracciano ed il professor Pandolfi
erano stati membri dei vari direttori del fascio, mentre il signor Salvatore Sodano era stato incaricato
fascista per l’ammasso dei cereali. Al contrario, il Cantone non aveva accettato nessun compromesso
col regime. Gli alleati, quando la situazione fu più chiara, sollecitarono la formazione della giunta
comunale, la quale fu nominata con decreto prefettizio n. 4107 del maggio 1944 e affiancò il Cantone
nell’opera di ricostruzione.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco dall’Unità d’Italia alla Repubblica ; prefazione di Raffaele Russo. Nola, Notor
Editore, 1991, pp. 273, 287-288.
172
Seconda Guerra Mondiale (1940 - 1945)
Aliberti, Crescenzo. Un epigono del liberismo meridionale : Ercole Cantone. Tesi di Laurea in Scienze politiche,
Insegnamento di Storia contemporanea ; relatore Michelangelo Mendella. Napoli, Università Federico II, 1988,
pp. 48, 110-112.
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino
agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, p. 142.
Elenco dei danni e delle brutalità commesse dai tedeschi a Pomigliano
Il 16 ottobre del 1944 il questore di Napoli Broccoli chiese al sindaco di Pomigliano Ercole Cantone
l’elenco dei Danni e brutalità commesse dai tedeschi. Il Cantone inviò la seguente descrizione degli
orrori procurati:
«Cetro Eugenio – Alcuni tedeschi armati di pistole e fucili ruppero la serratura del negozio di panetteria del Cetro ed entrativi ruppero il cassetto del bancone di vendita involvendo L. 700 in contanti;
Sgambati Felice – Militari tedeschi armati di mitragliatrice, fucile e pistole, ruppero il bar dello
Sgambati ed entrativi ruppero e asportarono numerose casse di liquori, argenterie, bicchieri; De
Cicco Salvatore – Alcuni militari ruppero la serratura del negozio ed entrativi asportarono statuette,
calameriere e un orologio; Coppola Felice – Alcuni militari tedeschi con pistole in pugno costrinsero
il Coppola a consegnare un maiale del peso di kg. 150; Truzzi Vincenzo – Alcuni militari tedeschi
armati di pistole sotto minacce di esse hanno perquisito l’abitazione asportando due orologi ed indumenti vari; Merichetti Eduardo – Alcuni militari con pistole in pugno costrinsero il Merichetti a far
uscire i figli che fuggirono per paura di essere offesi; Metafio Luigi – Alcuni militari tedeschi con
pistole in pugno perquisirono l’abitazione del Metafio rubando un orologio ed indumenti vestiario;
Taralletti Giuseppe – Alcuni militari tedeschi asportarono vestiario ed indumenti dalla abitazione;
Comella Attilio – Alcuni militari tedeschi armati di pistola perquisirono il negozio e tutto asportarono; D’Onofrio M. Michela – Due Militari tedeschi minarono l’abitazione facendola così saltare in
aria; Scala Francesco – Tipografia completamente distrutta dai tedeschi; Romano Nicola – Casa
danneggiata da mine; Ricci Giovanni – Fabbricato danneggiato; D’onofrio Maria – Fabbricato
danneggiato; Caiazzo Pasquale – Palazzo distrutto da mine; Moscariello Umberto – Fabbricato
distrutto da mine; Leone Vincenza – Mobilio ed altro danneggiato; Mingione Raffaele –
Assassinato dai tedeschi da un colpo di mitraglia; De Cicco Salvatore – Mentre trovavasi nei pressi di casa sua i tedeschi lo invitarono a seguirlo, il Salvatore si rifiutò e al rifiuto venne colpito da
una bomba a mano restando ferito; De Cicco Domenico – Deportato e assassinato dai tedeschi nel
comune di Afragola; Esposito Ciro – Assassinato dai tedeschi nella propria abitazione; Auriemma
Pietro – Venne aggredito e sparato con colpi di mitraglia e fu ferito al piede destro; Romano Felice
– Assassinato dai tedeschi senza alcun motivo; Marino Luigi – Sparato e ferito dai tedeschi senza
alcun motivo; Flamia Giovanni – Sparato e ferito dal tedeschi senza alcun motivo».
Danni subirono anche Criscuolo Aniello e Cosentino Feliciano; Marino Angelo fu assassinato;
D’onofrio Gennaro, Palmese Felice, Ercole Cantone, Sbrescia Vincenzo e Domenico, Romano
Antonio, Olga Cantone ebbero i fabbricati e le abitazioni minate o distrutte. A Gennaro Di Nuccio, in Via
Roma 226, oltre a distruggergli il fabbricato, deportarono prima ed ammazzarono dopo il figlio Giuseppe.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco dall’Unità d’Italia alla Repubblica ; prefazione di Raffaele Russo. Nola, Notor
Editore, 1991, pp. 266-267.
Di Nuccio, Alberto. La va a pochi!... Diario di un prigioniero italiano nei lager tedeschi ; introduzione di Guido
D’Agostino ; a cura di Giovanni Giudicianni. Napoli, Libreria Dante & Descartes, 2002.
“Pomigliano d’Arco”. In La guerra dopo la resa : albo dei militari campani caduti e dispersi in prigionia su tutti i fronti dopo l’9 settembre 1943 ; [a cura dell’] Associazione nazionale ex internati, pp. 124-125. Napoli, Edizioni
Athena, 1989, pp. 23, 124-125.
Seconda Guerra Mondiale (1940 - 1945)
173
Elenco dei caduti pomiglianesi durante la Seconda guerra mondiale
I caduti e dispersi pomiglianesi durante il
secondo conflitto mondiale furono 44.
Ecco i nomi:
Antignano Gennaro (classe 1915) –
Antignano Giuseppe (classe 1907) –
Antignano Vincenzo (classe 1922) –
Auriemma Angelo (classe 1922) – Cerulli
Luigi (classe 1923) – Ciccarelli Antonio
(classe 1927) – Ciccarelli Raffaele Carmine
(classe 1921) – Colella Antonio (classe
1911) – Cortese Salvatore (classe 1921) –
De Cicco Antonio (classe 1922) – De Falco
Ciro (classe 1921) – De Falco Felice (classe
1923) – De Falco Vincenzo (classe 1915) –
De Fazio Salvatore (classe 1920) – Esposito
Carmine (classe 1913) – Esposito Giuseppe
(classe 1922) – Guadagni Elia (classe 1921)
– Guadagni Paolo (classe 1921) – Iacunzio
Aniello (classe 1913) – Izzo Felice (classe
1904) – La Gatta Luigi (classe 1920) – La
Gatta Mauro (classe 1913) – La Montagna
Salvatore (classe 1913) – Leone Gregorio
(classe 1914) – Marciano Vincenzo (classe
1909) – Martoscia Gaetano (classe 1915) –
Marzano Giovanni (1912) – Minichino
Carmine (classe 1920) – Napolitano Nunzio
(classe 1920) – Paduano Franco (classe
Dugo Iasevoli, Vera. Le strade di Pomigliano d’Arco.
1921) – Pandolfi Salvatore (classe 1916) –
Stele ai caduti della Seconda guerra mondiale in Via Roma.
Panico Nicola (classe 1918) – Panico
Salvatore (classe 1919) – Panico Umberto
(classe 1916) – Passariello Felice (classe 1916) – Piemonte Francesco (classe 1908) – Pipola
Francesco (classe 1915) – Pirozzi Vincenzo (classe 1909) – Ricci Salvatore fu Vincenzo (1923) –
Romano Carmine (classe 1916) – Romano Pasquale (classe 1917) – Romano Sabato (classe 1918) –
Siesto Francesco (classe 1921) – Terracciano Antonio (classe 1921) – Terracciano Beniamino (classe 1916) – Terracciano Stefano (classe 1922) – Toscano Antonio (classe 1920) – Toscano Carmine
(classe 1914) – Tufano Vittorio (classe 1918) – Vanzanella Vincenzo (classe 1922).
Nel 1985 fu posto un piccolo monumento in piazzetta Libertà, dedicato ai caduti della nostra città,
martiri per la libertà della patria, come si legge nella lapide appostavi: «[...] massacrati dalla folle
rabbia dei nazisti in ritirata nel settembre ottobre 1943».
Bibliografia
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino
agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, pp. 63-64.
Dugo Iasevoli, Vera. Le strade di Pomigliano d’Arco ; consulenza e presentazione di Nicola Esposito ; prolusione di
Raffaele Russo ; prefazione di Vincenzo D’Onofrio. Marigliano, Istituto Anselmi, 1992, p. 117, fig. p. 118.
“Pomigliano d’Arco”. In La guerra dopo la resa : albo dei militari campani caduti e dispersi in prigionia su tutti i fronti dopo l’9 settembre 1943 ; [a cura dell’] Associazione nazionale ex internati, pp. 124-125. Napoli, Edizioni
Athena, 1989.
174
Seconda Guerra Mondiale (1940 - 1945)
Caduti eroici pomiglianesi durante i conflitti bellici
Francesco Caiazzo (Tenente Pilota, n. 1916 - m. 1938)
Francesco Caiazzo, figlio del commerciante Nicola e di Maria Sibilio, nacque a Pomigliano d’Arco
il 31 luglio 1916. Fu sottotenente pilota, intrepido e valoroso. Morì ad Addis Abeba, in Africa
Orientale, il 26 settembre 1938, mentre effettuava un’incursione aerea. Le sue spoglie furono
traslate nel cimitero di Pomigliano.
A lui è dedicata una lunga strada, centrale e importante, che da piazza Salvo D’Acquisto (già Piazza
del Popolo), conduce fino a via Mazzini.
Bibliografia
De Falco, Mario. Acquerelli pomiglianesi : ricordi di personaggi, usi e tradizioni di una Pomigliano che non
c’è più ; prefazione di Giovanni Basile. Marigliano, Istituto Anselmi, 2003, p. 94.
Dugo Iasevoli, Vera. Le strade di Pomigliano d’Arco ; consulenza e presentazione di Nicola Esposito ; prolusione di Raffaele Russo ; prefazione di Vincenzo D’Onofrio. Marigliano, Istituto Anselmi, 1992, pp. 69-70.
Felice Terracciano (Capitano d’aviazione, n. 1909 - m. 1943)
Un eroe dell’aria pluridecorato
Felice Terracciano, capitano d’aviazione ed eroe dell’aria pluridecorato, nacque a Brusciano l’8 maggio 1909, ma visse sempre a Pomigliano, dove era conosciuto come “Cicetto”. Appena conseguito il
brevetto di pilota diventò noto a tutta Pomigliano per i suoi raids
a volo radente su piazza Mercato, ove abitava, per salutare i suoi.
Durante la guerra 1940-44 si distinse per il suo valore militare in
varie imprese nei cieli di Spagna, dell’Africa settentrionale italiana,
del Mediterraneo settentrionale e centrale. Fu decorato al valor militare per ben tre volte con medaglia d’argento. Partecipò a numerose azioni belliche, dando prova di capacità, serenità e valore.
Felice Terracciano, nel luglio 1941, venne decorato con due
medaglie di bronzo. Egli guidò la propria squadriglia, contrastata
dalla violenta reazione contraerea, in numerose azioni su obiettivi difficili e sulla flotta nemica. Dimostrò capacità ed ardimento,
non esitando a scendere a bassa quota per meglio colpire l’avversario. Il 13 luglio 1943, mentre volava sul golfo di Gela per mitragliare la flotta nemica anglo-americana, il suo velivolo fu colpito
Caiazzo, Cherubino. Pomigliano
ed incendiato. Il capitano Terracciano fu dichiarato disperso.
nella sua storia di ieri e di oggi.
Felice Terracciano.
Aveva solo 34 anni.
Durante la Repubblica Sociale Italiana di Salò fu a lui intitolato
il Gruppo Aerotrasporti A.N.R. dell’aviazione fascista.
Nel dopoguerra, con deliberazione di giunta comunale, al Terracciano fu dedicata una delle
principali strade di Pomigliano.
Bibliografia
Basile, Giovanni. Concorso Borsa di Studio “Luigi De Falco” : Anno scolastico 2005/06, Elaborati premiati ; a cura
di Giovanni Basile. Pomigliano d’Arco, Biblioteca comunale, 2006, p. 28.
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, pp. 143-144, fig. p. 143.
De Falco, Mario. “L’ala spezzata : Appendice”. In Acquerelli pomiglianesi : ricordi di personaggi, usi e tradizioni di
una Pomigliano che non c’è più ; prefazione di Giovanni Basile, pp. 91-94. Marigliano, Istituto Anselmi, 2003.
Dugo Iasevoli, Vera. Le strade di Pomigliano d’Arco ; consulenza e presentazione di Nicola Esposito ; prolusione di
Raffaele Russo ; prefazione di Vincenzo D’Onofrio. Marigliano, Istituto Anselmi, 1992, pp. 201, 206.
Dugo Iasevoli, Vera. Guida storico-artistica di Pomigliano d’Arco : alla riscoperta del centro storico ; presentazione
di Vincenzo D’Onofrio ; prefazione di Sergio Brancaccio. Marigliano, Istituto Anselmi, 1993, p. 20.
Seconda Guerra Mondiale (1940 - 1945)
175
Vittorio Tufano (Pilota d’aereo, n. 1918 – m. 1942)
Vittorio Tufano nacque il 1 gennaio del 1918 a Pomigliano d’Arco. Nel 1936 si arruolò in aeronautica e nel 1937 divenne primo aviere pilota. Nel 1939 fu promosso sergente maggiore.
Partecipò ad operazioni di guerra sui fronti africo-occidentale e mediterraneo dal 1940 al 1942, anno
in cui diventò maresciallo pilota.
Il 12 agosto del 1942 fu dichiarato disperso perché non rientrato da
una missione di guerra.
Ha ricevuto varie decorazioni ed encomi:
Decorato della croce di guerra al valore militare sul campo con la
seguente motivazione: «Partecipava valorosamente in qualità
di pilota a bordo di velivolo da bombardamento alle azioni
aeree delle Baleari, in cui i velivoli italiani danneggiavano gravemente potenti formazioni navali inglesi, che erano costrette
a ripiegare» (Azione del 9 luglio 1940, B.U. 1940 n. 2, p. 40).
Decorato della medaglia di bronzo al valor militare con la seguente
motivazione: «Esperto e valoroso pilota da bombardamento partecipava ad importanti e rischiose missioni belliche, dimostrando
in ogni occasione audacia ed alto spirito combattivo. Rientrava
Collezione fotografica della presipiù volte alla base con l’apparecchio seriamente colpito. Durante
de Maria Tufano. Vittorio Tufano
un’azione contro importanti forze navali, scortate da portaerei,
contribuiva validamente, incurante della reazione aerea e contraerea, all’esito brillante della missione» (Cielo del Mediterraneo, Novembre 1940 - Maggio 1941; B.U. 1942 - Disp. 6, p. 271).
Decorato della medaglia d’argento al valor militare sul campo con la seguente motivazione:
«Secondo pilota di velivolo da bombardamento partecipava alla vittoriosa battaglia aereonavale di mezz’agosto portando arditamente l’offesa delle nostre armi nel cuore della formazione
nemica alla quale infliggeva perdita e danni gravissimi. Sosteneva valorosamente un attacco di
caccia nemici, contribuendo all’abbattimento di nove di essi, finché sopraffatto dal nemico, col
velivolo in fiamme, era costretto ad abbandonare la formazione e non faceva ritorno alla base»
(Cielo del Mediterraneo Occidentale, 12 agosto 1942; B.U. 1943, suppl. 1, p. 2).
Grazie all’interessamento del Maggiore Raffaele Piccolo a lui è stata dedicata una strada nei pressi
della scuola media “Catullo”.
Bibliografia
Marra, Giovanni. “Addio, commendatore Raffaele Piccolo! Ve lo giuro: era una gran brava persona”. Cronache
Italiane. n. 6 (settembre 2008), p. 24. [S.n.t.].
Lungo la ritirata i tedeschi giunsero in paese il 30 settembre 1943. Furono uccisi:
Carmine De Cicco, 34 anni.
Elia De Falco, 56 anni, trucidato il 1 ottobre in piazza Mercato.
All’alba del giorno dopo arrivarono i carri armati Tigre. Caddero:
Domenico De Cicco, 34 anni.
Ciro Esposito, 31 anni.
Molti edifici furono minati; sotto le macerie dei palazzi Cantina e Cosentino, morirono:
Angela e Teresa Esposito
Giovanni Flavia, 14 anni.
Angelo Massaro Marini, sacerdote.
176
Seconda Guerra Mondiale (1940 - 1945)
Alcuni coraggiosi inseguirono i tedeschi. Sul ponte dei Lagni caddero:
Vincenzo D’Onofrio, 39 anni.
Ferdinando Manna, 30 anni.
La sezione pomiglianese dell’Associazione combattenti e reduci aggiunse all’elenco delle vittime dei
tedeschi:
Aniello Criscuolo, 16 anni.
Aniello De Cicco, 20 anni.
Raffaele Mingione, 61 anni.
Bibliografia
Ginnasio-Liceo “V. Imbriani” di Pomigliano d’Arco. Antifascismo e resistenza tra Acerra e Pomigliano : ricerca didattica della classe VB, 1984-85 ; saggio storico del prof. C. Gravier Oliviero ; prefazione della prof.ssa Anna
Morandi Mariconda, Preside. Marigliano, Istituto Anselmi, 1985, p. 55.
Pomiglianesi impegnati nella Resistenza
Giovanni Carfora (n. 1922 - m. 1944)
Giovanni Carfora nacque a Pomigliano d’Arco il 15 maggio 1922; allievo ufficiale, studente,
partigiano, fu fucilato dai nazisti a Gubbio, in Umbria, all’alba del 30 giugno 1944.
Studiò al ginnasio “Diaz” di Ottaviano e poi al liceo “Umberto” di Napoli, dove superò l’esame di
maturità nel 1941. Nello stesso anno s’iscrisse alla Facoltà di Legge a Napoli e, per mantenersi agli
studi, essendo appena morto il padre, lavorò da rappresentante di conserve alimentari della ditta
Gaudino.
Era iscritto al Gruppo Universitario Fascista, ma frequentò gli ambienti del dissenso al regime e
nell’agosto 1942 prese parte a una manifestazione contro la guerra. Fu arrestato nella retata e tenuto
per una settimana in carcere.
Nel gennaio 1943 partì come soldato e fu inviato al corso allievi ufficiali a Vittorio Veneto. Dopo l’8
settembre raggiunse la madre sfollata a Umbertide, in Umbria. Aderì alla formazione partigiana di
San Faustino, addetto ai servizi di collegamento in coppia con Anemome Tolmino. Tese un’imboscata a camion tedeschi. Fu messa una taglia sulla sua testa.
Nella notte tra il 28 e il 29 giugno 1944 con Tolmino fu sorpreso nel sonno su una collina sopra
Gubbio. Li portarono a Villa Borrelli, sede del comando tedesco. Furono processati da un tribunale
militare. Invano il vescovo di Gubbio, Beniamino Ubaldi, tentò di salvarli.
I resti di Carfora sono sepolti nel cimitero di Ponticelli. La lapide fu dettata da Giancarlo Pajetta:
«Carfora Giovanni / allievo ufficiale / nel 1943 rifiutò la resa dell’otto settembre / e la salvezza di un
rifugio. / Scelse la via, la lotta, il rischio del partigiano. / Combatté con i compagni / membri della
brigata di San Faustino. / Catturato il 30 giugno / affrontò fiero il tribunale nazista. / Eroico subì
l’assassinio dei fucilatori. / I compagni di allora e i giovani d’oggi / non vogliono dimenticarlo».
Il 6 settembre 1946, alla memoria, Carfora fu riconosciuto partigiano combattente. Il 17 dicembre
1948 l’Università di Napoli gli conferì la laurea in giurisprudenza honoris causa.
Alberto Di Nuccio (n. 1920 - m. 2007)
Alberto Di Nuccio nacque a Pomigliano d’Arco il 18 ottobre del 1920. Il padre Gennaro fu
maresciallo dei carabinieri, la madre, Luisa Romano, casalinga.
Nel 1939 dovette interrompere gli studi universitari di lettere perché chiamato alle armi. Assegnato
alla divisione Brennero col grado di sottotenente, all’indomani dell’8 settembre 1943 fu fatto prigioniero dai tedeschi a Rodi ed internato dapprima nel campo di concentramento di Siedlce in Polonia,
Seconda Guerra Mondiale (1940 - 1945)
177
e, successivamente, in quelli di Sandbostel, Wietzendorf e
Amburgo, dove, nel maggio 1945, venne liberato dagli inglesi e
rimpatriato di lì a poco.
Al rientro in famiglia, il 6 agosto 1945, ritrovò soltanto la mamma.
L’unico fratello Giuseppe era stato trucidato dai tedeschi a Bellona
il 7 ottobre 1943; il padre era morto di dolore il 17 giugno del
1945, pensando che la guerra gli avesse portato via entrambi i figli.
Ripresi gli studi, superò brillantemente un concorso presso il
Ministero delle Finanze dove prese servizio nel 1950. Raggiunto il
grado di Dirigente Superiore, vi restò fino alla pensione maturata
nel 1985.
Si sposò nel 1959 con Maria Cinquegrana e dal loro matrimonio
nacquero Luisa e Gennaro.
In quegli anni cominciò anche il suo impegno politico, militando
Di Nuccio, Alberto. La va a pochi!....
Foto in divisa di Alberto Di Nuccio.
nella Democrazia Cristiana e diventando segretario della sezione
di Pomigliano. Fu membro del consiglio provinciale, consigliere
comunale, assessore alle finanze e vicesindaco del Comune di Pomigliano d’Arco.
Visse l’impegno professionale e politico con grande responsabilità, senza mai cedere a compromessi,
con la sollecitudine per la giustizia sociale e il bene comune. Altrettanta fu la sua onestà nel lavoro,
la sua fedeltà alla famiglia, la coerenza con gli ideali del partito, la dedizione alla Parrocchia, l’amore
per la sua città.
Qualche giorno prima della sua dipartita, avvenuta il 5 dicembre 2007, scrisse un affettuoso e divertito ricordo del suo caro amico Nicola Esposito, pubblicato ne Il bibliofilo furioso : vita di Nicola
Esposito. E’ sepolto nel cimitero cittadino.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Breve storia di Pomigliano d’Arco. Fa parte di : City Book : Pomigliano d’Arco : un servizio per
la tua città. [S.n.t.], p. 22.
Basile, Giovanni. Concorso Borsa di Studio “Luigi De Falco” : Anno scolastico 2005/06, Elaborati premiati ; a cura
di Giovanni Basile. Pomigliano d’Arco, Biblioteca comunale, 2006, p. 28.
Basile, Giovanni - Selva, Maddalena - Esposito, Annunziata. Il bibliofilo furioso : vita di Nicola Esposito : Catalogo
del patrimonio librario antico (secc. XVI-XIX) della biblioteca “Nicola Esposito” acquisita dal Comune nell’anno 2000 ; prefazione di Antonio Della Ratta. Pomigliano d’Arco, Biblioteca comunale, 2008, pp. ix -x, xiv.
Città di Pomigliano d’Arco. Provincia di Napoli. In memoria di Giovanni Leone : Commemorazione del Presidente
emerito della Repubblica prof. Sen. Giovanni Leone ; intervento del Sindaco Michele Caiazzo in occasione del
Consiglio comunale del 28 novembre 2001. Pomigliano d’Arco, Comune di Pomigliano d’Arco, 2002, p. 10.
Di Nuccio, Alberto. La va a pochi!... Diario di un prigioniero italiano nei lager tedeschi ; introduzione di Guido
D’Agostino ; a cura di Giovanni Giudicianni. Napoli, Libreria Dante & Descartes, 2002, fig. anteporta.
Giuseppe Di Nuccio (n. 1924 - m. 1943)
Giuseppe Di Nuccio nacque a Pomigliano d’Arco il 24 marzo 1924, studente, figlio di Gennaro
e fratello di Alberto, politico e illustre pomiglianese.
Fu una delle vittime della strage di Bellona avvenuta il 7 ottobre 1943.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. “Breve storia di Pomigliano d’Arco”. In City Book : Pomigliano d’Arco : un servizio per la tua
città. [S.n.t.], p. 22.
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco dall’Unità d’Italia alla Repubblica ; prefazione di Raffaele Russo. Nola, Notor
Editore, 1991, p. 267.
Di Nuccio, Alberto. La va a pochi!... Diario di un prigioniero italiano nei lager tedeschi ; introduzione di Guido
D’Agostino ; a cura di Giovanni Giudicianni. Napoli, Libreria Dante & Descartes, 2002, p. 7.
178
Seconda Guerra Mondiale (1940 - 1945)
Luigi La Gatta (n. 1920 - m. 1943)
Luigi La Gatta nacque a Pomigliano d’Arco il 25 febbraio 1920. Caporal maggiore del 112 Regg. di
marcia artigliere, fu dichiarato disperso nell’ottobre 1943 in territorio metropolitano.
Bibliografia
“Pomigliano d’Arco”. In La guerra dopo la resa : albo dei militari campani caduti e dispersi in prigionia su tutti i fronti dopo l’9 settembre 1943 ; [a cura dell’] Associazione nazionale ex internati, pp. 124-125. Napoli, Edizioni
Athena, 1989, p. 124.
Salvatore Pandolfi (n. 1916 - m. 1944)
Salvatore Pandolfi nacque a Pomigliano d’Arco il 20 ottobre 1916. Brigadiere della Finanza, fu
dichiarato disperso a Malta l’8 febbraio 1944.
Bibliografia
“Pomigliano d’Arco”. In La guerra dopo la resa : albo dei militari campani caduti e dispersi in prigionia su tutti i fronti dopo l’9 settembre 1943 ; [a cura dell’] Associazione nazionale ex internati, pp. 124-125. Napoli, Edizioni
Athena, 1989, p. 124.
Felice Passariello (n. 1916 - m. 1945)
Felice Passariello nacque a Pomigliano d’Arco il 1 gennaio 1916. Soldato del 33 Regg. Div. Fant.
Art., morì in un lager polacco il 22 gennaio 1945.
Bibliografia
“Pomigliano d’Arco”. In La guerra dopo la resa : albo dei militari campani caduti e dispersi in prigionia su tutti i fronti dopo l’9 settembre 1943 ; [a cura dell’] Associazione nazionale ex internati, pp. 124-125. Napoli, Edizioni
Athena, 1989, p. 124.
Raffaele Piccolo (Maggiore e Commendatore, n. 1916 - m. 2008)
Raffaele Piccolo nacque a Pomigliano d’Arco nel 1916. Commendatore e Maggiore nel ruolo
d’onore, fu presidente dell’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci e Ispettore della zona
nolana-vesuviana. Molto si adoperò affinché s’intitolasse la già piazza del Popolo a Salvo
D’Acquisto con l’installazione del relativo monumento.
Militare di carriera aveva partecipato alla guerra di Spagna ed era sbarcato in Albania nel 1939, sul
fronte greco-albanese-jugoslavo.
Ritornato a Pomigliano, nel pomeriggio del 2 ottobre 1943, Raffaele Piccolo andò incontro agli inglesi, accampati a Santa Maria del Pozzo, e insieme ad altri 7-8 pomiglianesi, li guidò verso il paese.
Partecipò alla guerra di liberazione 1943-1945 nel nord Italia, dove venne catturato dai tedeschi l’8
settembre del 1943 e deportato al campo di concentramento, dal quale riuscì ad evadere dopo soli
dieci giorni di prigionia.
È stato insignito della Croce d’oro al valor militare, decorato della onorificenza di Cavaliere della
Corona d’Italia e, il 27 dicembre 1989, ha ricevuto dal Presidente della Repubblica Francesco
Cossiga la Medaglia d’Oro Mauriziana per la carriera militare. È morto a Pomigliano d’Arco l’8
maggio 2008.
Bibliografia
Ginnasio-Liceo “V. Imbriani” di Pomigliano d’Arco. Antifascismo e resistenza tra Acerra e Pomigliano : ricerca didattica della classe VB, 1984-85 ; saggio storico del prof. C. Gravier Oliviero ; prefazione della prof.ssa Anna
Morandi Mariconda, Preside. Marigliano, Istituto Anselmi, 1985, pp. 55, 64.
Marra, Giovanni. “Addio, commendatore Raffaele Piccolo! Ve lo giuro: era una gran brava persona”. Cronache
Italiane. n. 6 (settembre 2008), p. 24. [S.n.t.], fig. p. 24.
“Pomigliano d’Arco”. In Pocock, Simon. Campania 1943 : Volume 2: Provincia di Napoli, Parte 2: Zona Ovest, pp.
151-179. Napoli, Three Mice Books, 2009, pp. 171-172.
Seconda Guerra Mondiale (1940 - 1945)
179
Vincenzo Pirozzi (n. 1918 - m. 1944)
Vincenzo
Pirozzi
nacque
a
Pomigliano d’Arco il 6 febbraio
1918 da Amedeo e Vincenza Palladino. Fu trucidato alle Fosse
Ardeatine.
Chiamato alle armi nell’aprile 1938,
sbrigò il servizio negli Autieri di
Napoli. Poco dopo fu trasferito a
Roma e da lì partì per le prime azioni di guerra contro la Francia.
Prese il diploma di ragioniere durante una breve licenza, concessagli
Russo, Giovanni. In Giustizia e Libertà. Vincenzo Pirozzi
appunto per motivi di studio, e partì
subito per l’Africa settentrionale. Fu
fatto prigioniero a El Alamein. Riuscì ad evadere dal campo di prigionia con alcuni compagni e
raggiunse Tripoli, dove si ammalò. Lo rimpatriarono, sbarcò a Napoli e fu ricoverato per tre mesi
in ospedale. Dopo la guarigione lo rimandarono a Roma. Nei giorni dell’occupazione nazista
lasciò di nascosto la caserma e si unì alle formazioni partigiane.
Scoperto dalle SS naziste, forse in seguito ad una soffiata, venne arrestato il 1 febbraio 1944, portato in via Tasso per le rituali torture e infine spostato a Regina Coeli, da dove uscì per raggiungere le
Fosse Ardeatine. A Pomigliano gli sono stati intitolati una via ed il Museo della Memoria.
Bibliografia
Comune di Pomigliano d’Arco. Deliberazione della Giunta comunale n. 129 del 20 aprile 2007 : Intitolazione Museo
della memoria a Vincenzo Pirozzi, martire della Resistenza. Pomigliano d’Arco, 2007.
Barone, Maria – Favicchio, Filomena Maria Rosaria. Per non dimenticare : l’esperienza dei laboratori dei ragazzi, dei docenti, dei filosofi, degli storici, dei testimoni, della città di Pomigliano d’Arco sulla Resistenza.
Documenti ; Archivio e realizzazione fotografica a cura di Silvano Caiazzo. Pomigliano d’Arco, Immagine
grafica, 2003, pp. 15-16.
Ginnasio-Liceo “V. Imbriani” di Pomigliano d’Arco. Antifascismo e resistenza tra Acerra e Pomigliano : ricerca didattica della classe VB, 1984-85 ; saggio storico del prof. C. Gravier Oliviero ; prefazione della prof.ssa Anna
Morandi Mariconda, Preside. Marigliano, Istituto Anselmi, 1985, p. 41.
Russo, Giovanni. “In ricordo di Vincenzo Pirozzi : martire delle Fosse Ardeatine”. Giustizia e Libertà : periodico dell’omonima Associazione con sede in Pomigliano d’Arco ; coordinatore Giovanni Russo. N. 5 1[2007], pp. 2-3.
Pomigliano d’Arco, [s.n., 2007], fig. p. 3.
Vincenzo Ricci (n. 1923 - m. 1944)
Vincenzo Ricci nacque a Pomigliano d’Arco l’11 settembre 1923. Soldato del Genio, fu dichiarato
disperso il 22 gennaio 1944 a Rodi.
Bibliografia
“Pomigliano d’Arco”. In La guerra dopo la resa : albo dei militari campani caduti e dispersi in prigionia su tutti i fronti dopo l’9 settembre 1943 ; [a cura dell’] Associazione nazionale ex internati, pp. 124-125. Napoli, Edizioni
Athena, 1989, p. 124.
Pasquale Romano (n. 1921 - m. 1944)
Pasquale Romano nacque a Pomigliano d’Arco il 19 febbraio 1921. Soldato del 26 Reggimento
Genio, dopo l’8 settembre 1943 si aggregò ai partigiani albanesi. Fu trucidato dai tedeschi il 18
marzo 1944.
180
Seconda Guerra Mondiale (1940 - 1945)
Bibliografia
“Pomigliano d’Arco”. In La guerra dopo la resa : albo dei militari campani caduti e dispersi in prigionia su tutti i fronti dopo l’9 settembre 1943 ; [a cura dell’] Associazione nazionale ex internati, pp. 124-125. Napoli, Edizioni
Athena, 1989, p. 124.
Domenico Sibilio (n. 1915 - m. ?)
Domenico Sibilio nacque a Pomigliano d’Arco nel 1915. Partigiano, fu catturato dai militari tedeschi
a Pomigliano e trucidato nei pressi di Roma.
Vincenzo Sodano (n. 1913 - m. 1945)
Vincenzo Sodano nacque a Pomigliano d’Arco il 27 maggio 1913. Muratore, combatté nella nona
divisione Garibaldi Langhe, seconda Brigata Squassino. Morì l’8 giugno 1945 a Torino per una
malattia presa per i disagi della lotta partigiana sui monti.
Stefano Terracciano (n. 1922 - m. 1943)
Stefano Terracciano nacque a Pomigliano d’Arco il 7 dicembre 1922. Soldato del 66 Reggimento
Fanteria, morì in Africa settentrionale il 28 ottobre 1943.
Bibliografia
“Pomigliano d’Arco”. In La guerra dopo la resa : albo dei militari campani caduti e dispersi in prigionia su tutti i fronti dopo l’9 settembre 1943 ; [a cura dell’] Associazione nazionale ex internati, pp. 124-125. Napoli, Edizioni
Athena, 1989, p. 125.
Antonio Toscano (n. 1920 - m. 1943)
Antonio Toscano nacque a Pomigliano d’Arco il 19 giugno 1920. Soldato della Sezione Commiss.
Suss. Am.ne, morì a Malta il 18 ottobre 1943.
Bibliografia
“Pomigliano d’Arco”. In La guerra dopo la resa : albo dei militari campani caduti e dispersi in prigionia su tutti i fronti dopo l’9 settembre 1943 ; [a cura dell’] Associazione nazionale ex internati, pp. 124-125. Napoli, Edizioni
Athena, 1989, p. 125.
Salvatore Visone (n. ? - m. 1943)
Salvatore Visone nacque a Pomigliano d’Arco. Soldato del Battaglione Garibaldi della Divisione
Venezia 84 Fanteria, passato con i partigiani jugoslavi, fu fucilato dai militari tedeschi il 16
novembre 1943 a Brodarevo in Montenegro.
Pomiglianesi morti nei lager in Germania:
Luigi Cerulli, nato a Pomigliano d’Arco il 26 ottobre 1923, soldato 11 Reggimento Fanteria,
dichiarato disperso il 2 agosto 1944.
Felice De Falco, nato a Pomigliano d’Arco il 2 gennaio 1923, soldato 10 Reggimento Genio, morì
il 7 marzo 1945.
Carmine Esposito, nato a Pomigliano d’Arco il 30 maggio 1913, soldato 32 Reggimento Fanteria,
morì il 30 maggio 1944.
Giuseppe Esposito, nato a Pomigliano d’Arco il 18 agosto 1918, soldato 92 Batteria Artiglieria, morì
il 30 novembre 1944.
Gregorio Leone, nato a Pomigliano d’Arco il 4 novembre 1914, soldato 226 Reggimento Fanteria,
morì il 7 aprile 1945.
Bibliografia
“Pomigliano d’Arco”. In La guerra dopo la resa : albo dei militari campani caduti e dispersi in prigionia su tutti i fronti dopo l’9 settembre 1943 ; [a cura dell’] Associazione nazionale ex internati, pp. 124-125. Napoli, Edizioni
Athena, 1989.
IL DOPOGUERRA (1945 – 1960)
Lotta politica ed elezioni amministrative del 1946
Dopo la Liberazione del 25 aprile 1945 si ristabilì una qualche normalità nell’amministrazione del
paese. A Pomigliano governava la giunta municipale, che affiancava Ercole Cantone, voluta dagli
alleati. Nel nuovo governo cittadino furono chiamati a far parte il professor Felice Pirozzi, antico
compagno del sindaco e suo alter ego, l’avvocato Ettore Cucciolito, Leonardo Primicile Carafa e
Antonio Riccio che, in modi e tempi diversi, avevano avuto legami con il trascorso regime. Inoltre,
per la prima volta, varcarono la soglia del governo locale il tecnico comunista dell’Alfa Romeo
Mario Ferretti e l’operaio socialista Garibaldi Pernigotti. Poste queste condizioni di partenza, si
scatenò una lotta politica che trovò un primo punto di approdo e di verifica nelle elezioni amministrative del 1946.
Il vecchio nucleo del Partito Popolare pomiglianese, raccolto intorno all’avvocato Mauro Leone
ed a monsignor Felice Basile, riprese a tessere le proprie fila e ad agire sotto il nuovo simbolo,
quello della Democrazia Cristiana (DC). Monsignor Felice Basile ebbe non solo corrispondenza
ma anche rapporti personali con il fondatore del Partito Popolare, Luigi Sturzo. Il prelato pomiglianese non si limitò ad un’attività provinciale ma si inserì entro una discussione piú nazionale
inerente il tema della scuola.
Lo strumento privilegiato dai democristiani per scalzare il Cantone dal comune fu il Comitato di
Liberazione Nazionale (CLN), attraverso cui si coagularono forze diverse con l’obiettivo di ribaltare la situazione di egemonia creata da don Ercolino.
La preoccupazione principale dei democristiani fu quella di far in modo che non si arrivasse alle
elezioni amministrative del 1946 con il Cantone nella carica di sindaco. Si conosceva troppo bene
l’abilità di don Ercolino nel far valere la sua carica di primo cittadino nei periodi elettorali. Si attivò,
dunque, la DC locale presso le strutture provinciali del partito che, a loro volta, posero la questione
in seno al CLN napoletano. Evidentemente l’iniziativa e le argomentazioni portate avanti dal CLN
contro il sindaco dovevano essere molto forti, in quanto effettivamente si riuscì a ribaltare la situazione. Così, alla carica di sindaco, venne nominato dal prefetto il notaio Salvatore Terracciano ed il
15 ottobre 1945 venne costituita dalla prefettura una nuova giunta municipale. Questa compagine
amministrativa restò in carica sino allo svolgimento delle elezioni amministrative, che si tennero il 7
aprile1946.
La Democrazia Cristiana tese a mettere insieme tutte le forze desiderose di porre fine all’egemonia
cantoniana. Abbandonato personalmente e direttamente il campo, Mauro Leone, insieme ai suoi
amici democristiani, si fece promotore di una campagna che aveva di mira l’operato delle trascorse
amministrazioni cantoniane.
Per cui si ritrovarono in lista l’ex vice segretario del fascio, notaio Giuseppe De Luca, il tenente
colonnello Domenico Leone, per diversi anni responsabile del fascio giovanile di combattimento,
l’ex segretario degli universitari fascisti, Carmine Savella, l’ex sindaco Salvatore Terracciano ed infine alcuni nomi nuovi come Alberto Di Nuccio, Vincenzo D’Onofrio ed una donna, Gelsomina
Mattiello. A capeggiare la lista dello scudo crociato era Felice Palmese e tutti gli altri in ordine sparso. Nella sesta posizione della lista capitò il figlio di Mauro Leone, Carlo. Guidate da Elvira Russo
furono mobilitate anche tutte le ragazze che facevano riferimento all’Azione Cattolica e vennero
impegnate in un’opera di propaganda e ricerca capillare del consenso per la lista della DC. Si studiò
182
Il dopoguerra (1945 - 1960)
nome per nome la composizione delle liste elettorali al fine di conquistare il massimo dei voti. La
polemica politica locale si fece sempre più rovente.
Il Cantone, dal canto suo, si dedicò alla preparazione della lista per le elezioni amministrative sin dal
gennaio 1946, momento in cui era stato scalzato dalla carica di sindaco. Egli costituì il comitato elettorale della “Lista del cavallo sfrenato”. Pur portando l’emblema che fu, nelle elezioni politiche del
1921, dei “Liberali e democratici”, quella di don Ercolino non era una lista di partito, né tanto meno
un’aggregazione definitiva dal punto di vista dell’adesione ad un preciso e definito filone politico. Si
trattava, in realtà, di un raggruppamento eterogeneo di forze e di uomini a cui il Partito Liberale
Italiano cercò di dare una dignità politica precisa, ricordando che i liberali avevano fatto «delle città
italiane città belle, moderne, abitabili».
Per la prima volta nella storia cittadina capitò che alle due liste tradizionali, una del partito di governo e l’altra dell’opposizione, se ne aggiunse una terza. Detta del “Fronte del lavoro”, la terza lista
comprendeva elementi già sperimentati quali l’ex podestà Elia Savelli, Alfonso Cozzolino,
Domenico Giampaolino ed altri. Insieme a loro i comunisti Mario Ferretti, Giuseppe Pandolfi ed il
socialista Garibaldi Pernigotti. Il “Fronte del lavoro” si presentava come lista alternativa sia al
“Cavallo” che allo scudo crociato. Risultante da un insieme di forze eterogenee, la nuova aggregazione elettorale poteva contare su due elementi fondamentali, sia giocare sul ricordo ancora vivo
nelle persone dell’opera svolta da Elia Savelli nella qualità di podestà e di quanto egli aveva fatto in
occasione del bombardamento all’Alfa Romeo, sia pensare alla realtà della fabbrica come luogo
dal quale potevano venire i maggiori suffragi per i candidati comunisti e socialisti. Dunque, i comunisti ed i socialisti badavano a conquistare consensi alla lista del “Fronte del lavoro” al rione
Palazzine. Savelli, Cozzolino, Giampaolino ed altri raccoglievano consensi per la stessa lista all’interno del paese e nelle masserie.
Bar Umberto, Bar “e Peppe ‘e picille”, Bar “e’ Zì patrone” erano i luoghi della politica. Piazza
Municipio, piazza Garibaldi, piazza della Stazione, largo S. Felice furono i quattro luoghi in cui si
tennero accesi comizi a cui partecipavano in tanti, perché incuriositi dal nuovo modo di comunicare
con gli elettori. I democristiani per conto loro tennero un primo comizio pubblico a piazza Municipio
che diede modo agli esponenti della lista del Cantone di ironizzare molto sul “Grande circo equestre
Korno”, come era definita la lista della DC, stampando pure dei volantini con versi di sagace satira
politica: «A piazza Municipio hanno messo i carrozzoni e da essi sono scesi dei pagliacci e tre leoni
[…]». Intanto i democristiani continuavano imperterriti la loro campagna elettorale, facendo largo
uso dei comizi come strumento di propaganda, insieme a lunghi comunicati che attaccavano
l’operato di Ercole Cantone: «[…] la sua rielezione sarebbe un insulto all’onestà ed al decoro
di Pomigliano».
I comizi erano scontri a viso aperto. Uno di essi fu organizzato dalla lista dello scudo crociato nella piazza della Stazione, da sempre epicentro della zona di Pomigliano in cui era forte lo schieramento ostile
al Cantone. Non appena l’oratore democristiano, Giuseppe Di Giovanni, iniziò a polemizzare con gli
esponenti della lista del “Cavallo sfrenato”, dal terrazzo di un palazzo prospicente a quello dal quale
parlava comparve il giovane professore Nicola Esposito, fedele appartenente alla lista di don Ercolino,
a cui toccò improvvisare un discorso per contrastare quanto stava dicendo l’oratore ufficiale.
Questo era il modo con cui si sviluppavano i confronti-scontri che appassionavano non solo gli
oratori, ma anche i cittadini che restavano incuriositi da quanto valenti professionisti e stimati
galantuomini erano capaci di rinfacciarsi.
Giunse la domenica del 7 aprile 1946 quando, dopo più di venti anni, i pomiglianesi tornarono a votare per eleggere i propri candidati. Questa volta non solo chi era ricco, istruito o maschio, ma anche
le donne potevano votare. Era questa la prima conquista del nuovo Stato italiano che si compiva: il
suffragio universale, l’esercizio del diritto di voto senza discriminazioni sociali e di sesso, introdot-
Il dopoguerra (1945 - 1960)
183
to con decreto legge luogotenenziale n. 151 del 25 giugno 1944 emanato dal governo Bonomi.
Dopo tante battaglie politiche la parola passava agli elettori e l’esito delle urne non era affatto scontato. Gli aventi diritto risultarono essere 9.599. Quelli che effettivamente si recarono a votare furono
7.679 pari al 79,9% degli aventi diritto. Dallo scrutinio emerse il seguente quadro: lista del “Cavallo
Sfrenato” 2.761 voti; lista della Democrazia Cristiana 2.738 voti; lista del Fronte del Lavoro 1.803 voti.
Per effetto dei meccanismi della Legge elettorale n. l del 7 gennaio 1946 alla lista di Ercole Cantone
andarono 24 seggi, alla Democrazia Cristiana 6 seggi e nessuna rappresentanza ebbe il Fronte del
Lavoro. Seppur per 23 voti, don Ercolino Cantone venne eletto sindaco, ottenendo un successo che
gli permise di mantenere il dominio nella vita politica locale. Su 30 consiglieri comunali eletti con le
elezioni amministrative, oltre la metà erano quelli che andavano a sedere per la prima volta nel civico consiglio cittadino, tra cui professionisti, diversi artigiani, possidenti, qualche operaio. Era
comunque una rappresentanza politica che, per effetto del sistema elettorale maggioritario, non dava
rappresentatività piena alle nuove forze del lavoro. Alcuni, tra cui Elia Savelli, uscivano definitivamente dalla vita politica locale.
Dunque, come mezzo secolo prima, ai tempi della sua elezione a consigliere provinciale, Ercole
Cantone, ormai settantenne, era ancora la figura più alta ed illustre della vita pubblica pomiglianese.
Purtroppo il commendatore Cantone non poté portare a termine il suo mandato perché nel 1949 morì.
Archivio del dott. Nicola Esposito.
Volantino per la canditatura di Ercole Cantone del 1946.
Eletti al consiglio comunale il 7 aprile 1946.
184
Il dopoguerra (1945 - 1960)
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Un epigono del liberismo meridionale : Ercole Cantone. Tesi di Laurea in Scienze politiche,
Insegnamento di Storia contemporanea ; relatore Michelangelo Mendella. Napoli, Università Federico II, discussa il 24 giugno 1988, pp. 48-49, 54, 121-123.
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco dall’Unità d’Italia alla Repubblica ; prefazione di Raffaele Russo. Nola, Notor
Editore, 1991, pp. 288-298, fig. p. 357.
Attenzione! Attenzione! Telegrafica risposta della Democrazia Cristiana … [Volantino Elettorale ; stampato dalla DC,
Elezioni amministrative]. Pomigliano d’Arco, 1946.
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, p. 142, fig. p. 177.
De Falco, Mario. Acquerelli pomiglianesi : ricordi di personaggi, usi e tradizioni di una Pomigliano che non c’è più ;
prefazione di Giovanni Basile. Marigliano, Istituto Anselmi, 2003, pp. 16-19.
Grande circo equestre Korno … [Volantino Elettorale ; stampato dal Partito Liberale, Elezioni amministrative].
Pomigliano d’Arco, 1946.
Pomiglianesi …[Attacco a Ercole Cantone] … [Volantino Elettorale ; stampato dalla DC, Elezioni amministrative].
Pomigliano d’Arco, 1946.
Ricordo di Mauro Leone : (nel trigesimo della morte) 19 dicembre 1955 ; ricordo dei figli e commemorazioni pubbliche. [s.l., s.n. ], 1955, pp. 4-5.
Romano, Maria Pia. Problemi di storia dell’emigrazione tra Ottocento e Novecento : Pomigliano d’Arco. Tesi di Laurea
in Sociologia, Insegnamento di Storia Contemporanea ; relatore Paolo Macry. Napoli, Università Federico II,
1995, pp. 103-104.
Esposito, Ferdinando. “Mons. Felice Basile : A quarant’anni dalla scomparsa”. In Dialogo : mensile della Chiesa Nolana
direttore responsabile Mario Fabbroncini. n. 9 22(ott.-nov. 2006), p. 9. Nola, Edizioni Anselmi, 2006, p. 9.
Monsignor Felice Basile (Professore, n. 1878 - m. 1966)
Monsignor Felice Basile nacque a Pomigliano il 14 novembre 1878. Studiò al seminario di Nola
e fu ordinato sacerdote nel 1902. Si laureò in lettere all’Università di Napoli, insegnò storia
dell’arte nei licei, ricoprì la carica di preside del Ginnasio Liceo Vescovile di Nola e della Scuola
Magistrale di Pomigliano. Fu Prelato Domestico di Sua Santità Giovanni XXIII e Canonico della
Cattedrale di Nola.
Nel 1919 fondò il Partito Popolare a Pomigliano insieme a Mauro Leone, conosciuto sui banchi di
scuola, con cui strinse un’amicizia sincera durata 70 anni. La fondazione del partito fu facilitata grazie ai suoi rapporti personali con Luigi Sturzo, fondatore del Partito Popolare nazionale.
Fu parroco di S. Felice dal 1923 al 1937. Amante della patria, prestò servizio nella prima e seconda
guerra mondiale come Tenente Cappellano. Nel secondo dopoguerra contribuì a ricostituire le fila del
Partito Popolare e alla conversione di questo nella Democrazia Cristiana. La sua attività politica non si
limitò all’ambito locale ma si inserì entro una discussione nazionale
inerente il tema dell’istruzione.
Sacerdote esemplare, maestro ed educatore, insigne poeta, scrittore
illustre, sparse ovunque semi di bontà, aiutando tutti e beneficandoli. Molti dei suoi allievi hanno ricoperto incarichi elevati nella dignità sacerdotale, nella politica e nella scuola. In tanti ancora lo ricordano con grande affetto e stima. All’età di 88 anni dava ancora
lezioni private, fino a due mesi prima della sua dipartita. Stava per
terminare uno studio particolare sul libro di don Luigi Sturzo, Il
Ciclo dell’Universo, quando lo colpì prima la cecità e poi la
morte, avvenuta a Pomigliano nel 1966.
L’Onorevole Giovanni Leone, venuto espressamente da Roma, innanzi ad una folla di concittadini, in piazza San Felice, rievocò con tratti
luminosi la figura di monsignor Basile, tra la commozione di tutti.
Il dopoguerra (1945 - 1960)
185
Tra i suoi scritti pubblicati degni di menzione sono: Ansie di luce; Voci lontane; L’Immacolata;
Ultimo crisantemo; Ansie Eucaristiche; la prefazione a I Poemi di Virgilio in un Centone del P. Pietro
Angelo Spera; Lo studio della religione nelle scuole medie; La romanità in Virgilio e Sant’Agostino;
Il discorso funebre in memoria di Maria Leone Gioffredi; Per la morte di Papa Giovanni XXIII; Note
sulla morte di Mauro Leone.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Breve storia di Pomigliano d’Arco. Fa parte di : City Book : Pomigliano d’Arco : un servizio per
la tua città. [S.n.t.], p. 21.
Basile, Felice, monsignore. “[…] Note sulla morte di Mauro Leone”. In Ricordo di Mauro Leone : (nel trigesimo
della morte) 19 dicembre 1955 ; ricordo dei figli e commemorazioni pubbliche, pp. 26-27. [s.l., s.n.], 1955.
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino
agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, pp. 77, 101,
177-178, fig. p. 177.
Comunità Parrocchiale di San Felice : Pomigliano d’Arco. San Felice : protettore di Pomigliano d’Arco ; presentazione del Sac. Francesco Coppola ; ristampa a cura dell’Assessorato alla Pubblica Istruzione e Cultura. Marigliano,
Istituto Anselmi, 1988, p. 31.
Esposito, Ferdinando. Mons. Felice Basile : A quarant’anni dalla scomparsa. Fa parte di : In Dialogo : mensile
della Chiesa Nolana ; direttore responsabile Mario Fabbroncini. n. 9 22(ott.-nov. 2006). Nola, Edizioni
Anselmi, 2006, p. 9, fig. p. 9.
Ruggiero, Andrea. Felice Basile : sacerdote, maestro, poeta ; presentazione di Vincenzo D’Onofrio ; prefazione di
Alberto Di Nuccio. Marigliano, Istituto Anselmi, 1990.
Russo, Giovanni. I poeti pomiglianesi : antologia ; a cura di Giovanni Russo ; presentazione di Vincenzo D’Onofrio.
Marigliano, Istituto Anselmi, 1990, pp. 51-56.
Mauro Leone (Avvocato, n. 1879 - m. 1955)
L’avvocato Mauro Leone nacque a Pomigliano il 13 aprile del 1879 da Giovanni e Teresa Colella.
Compì gli studi elementari nelle scuole di Pomigliano dove conobbe monsignor Felice Basile del
quale si considerò fratello spirituale. Studiò al Seminario di Nola e si laureò in giurisprudenza nel
1903. Iniziò l’attività professionale specializzandosi in campo civile.
Nel 1919 fondò il Partito Popolare a Pomigliano insieme a monsignor Basile. Prima dell’avvento del
fascismo fu tra i protagonisti della vita politica locale in qualità di consigliere d’opposizione nell’amministrazione comunale. Nel dopoguerra partecipò con entusiasmo alla rinascita del Partito
Popolare a Pomigliano sotto il nuovo simbolo della Democrazia Cristiana.
Terziario francescano, esplicò l’investitura dedicandosi ad opere benefiche. Nel 1952 la sua grande esperienza si riversò nella carica di Commissario prefettizio degli Ospedali Ascalesi e Morvillo,
dedicandosi alla loro riorganizzazione, dotandoli di reparti scientifici all’avanguardia, insieme alla
fondazione di un avanzato centro di cardio-reumatologia. Fu lui a volere che il Morvillo assumesse la denominazione di S. Gennaro Extra Moenia, dopo averlo riportato ad un alto livello di efficienza sanitaria e sociale. Va particolarmente ricordata la ricostruzione dell’Ascalesi, che è valsa
ad offrire a Napoli un complesso ospedaliero efficiente e moderno e a cui indubbiamente resterà
legato il suo nome.
Mauro Leone morì a Napoli il 19 settembre del 1955, e fu sepolto nel cimitero di Poggioreale.
Il 10 novembre 1958 l’Istituto di cardiologia fu dedicato alla sua memoria. Erano presenti il
Cardinale di Napoli don Alfonso Castaldo, il ministro degli Interni Fernando Tambroni e il ministro
della Sanità Vincenzo Monaldi che conferì, come si legge nella motivazione, una medaglia d’oro alla
memoria del grande scomparso per il conseguimento, negli ultimi anni della sua vita, della rinascita
e dello sviluppo dei pii luoghi napoletani. La medaglia d’oro fu consegnata al figlio onorevole
Giovanni Leone, allora Presidente della Camera, tra l’emozione generale.
186
Il dopoguerra (1945 - 1960)
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco : dall’unità d’Italia alla Repubblica ; prefazione di Raffaele Russo. Nola,
Notor Editore, 1991, p. 205.
Aliberti, Crescenzo. Breve storia di Pomigliano d’Arco. Fa parte di : City Book : Pomigliano d’Arco : un servizio per
la tua città. [S.n.t.], p. 21-22.
Basile, Giovanni. Concorso Borsa di Studio “Luigi De Falco” : Anno scolastico 2005/06, Elaborati premiati; a cura
di Giovanni Basile. Pomigliano d’Arco, Biblioteca comunale, 2006, p. 28.
Caiazzo, Cherubino, padre agostiniano. Pomigliano nella sua storia di ieri e di oggi ; a cura di p. Caiazzo Cherubino
agostiniano. 2 ed. migliorata e corretta con illustrazioni. Napoli, Tipografia Pietro Graziano, 1966, p. 140.
Ricordo di Mauro Leone : (nel trigesimo della morte) 19 dicembre 1955 ; ricordo dei figli e commemorazioni
pubbliche. [s.l., s.n.], 1955, fig. p. nn.
Il referendum del 1946. Dalla Monarchia alla Repubblica
A circa due mesi di distanza dalle elezioni amministrative, gli elettori pomiglianesi, il 2 giugno 1946,
furono di nuovo chiamati a votare per eleggere i deputati da inviare alla Costituente e per scegliere
tra la Monarchia e la Repubblica, la futura forma istituzionale dello Stato italiano. Anche per queste
elezioni non mancarono sorprese sul piano locale.
La forma da dare al nuovo Stato italiano era già stata affrontata nel 1944 dal governo Bonomi. Questi,
a pochi giorni di distanza dalla liberazione di Roma in seguito alla svolta di Salerno, quando Togliatti
decise di accantonare la questione istituzionale, stabilì con decreto legge luogotenenziale n. 151 del
25 giugno 1944 che, alla fine della guerra, sarebbe stata eletta a suffragio universale diretto e segreto
un’assemblea costituente per scegliere la forma dello Stato e dare al paese una nuova costituzione.
Nel 1945, con l’entrata dei sovietici a Berlino e la resa dei tedeschi in Italia ai partigiani, si può ritenere conclusa la seconda guerra mondiale. All’indomani della liberazione il potere venne assunto dal
Comitato di Liberazione Nazionale formato da partiti antifascisti. Il paese restava una monarchia
sotto la reggenza di Vittorio Emanule III, il quale però già da tempo aveva ceduto gran parte dei suoi
poteri al figlio Umberto nominato Luogotenente.
Il primo governo dell’Italia liberata fu quello di Ferruccio Parri, membro del partito d’azione, costituito il 21 giugno del 1945. Questo però non era gradito né ai conservatori né agli americani che lo
ritenevano troppo a sinistra. Infatti, nel novembre 1945 i ministri liberali uscirono dal governo e Parri
fu costretto a rassegnare le dimissioni. Nuovo Presidente del Consiglio fu Alcide De Gasperi (DC),
a capo ancora di un governo di unità nazionale. Fu lui ad occuparsi anche della questione lasciata in
sospeso della nuova forma da dare allo Stato italiano. Col decreto legislativo luogotenenziale n. 98
del 16 marzo 1946, che integrava e modificava la normativa precedente di Bonomi, affidava ad un
referendum popolare la decisione sulla forma istituzionale dello Stato. Contemporaneamente fissava
le norme per l’effettuazione delle votazioni per l’Assemblea Costituente, quest’ultima da eleggersi
con sistema proporzionale. Nel tentativo di salvare la monarchia, Vittorio Emanuele III, considerato
uno dei responsabili dell’ascesa di Mussolini e della conseguente rovina d’Italia, annunciò di voler
abdicare, e il 10 maggio 1946 lasciò l’Italia e la corona a suo figlio, divenuto re Umberto II.
Il 2 giugno 1946 gli italiani e, per la prima volta, le italiane, furono chiamati a scegliere fra
Monarchia e Repubblica. Al termine dello spoglio e dopo l’esame di vari ricorsi dei monarchici, che
denunciavano brogli, la Corte di Cassazione approvò definitivamente il risultato del referendum. Il
54,3% degli italiani voleva la Repubblica, anche se l’Italia appariva spaccata soprattutto geograficamente: mentre al nord e al centro oltre il 60% voleva la Repubblica, al sud e nelle isole oltre il 60%
voleva la Monarchia.
Quando il 2 giugno 1946 i pomiglianesi furono chiamati a pronunciarsi sul referendum Monarchia o
Repubblica, così risposero: elettori 9.607; votanti 8.380; voti validi 7.908; voti favorevoli alla monarchia 6.113 (77,3%); voti a favore della repubblica 1795 (22,7%).
Il dopoguerra (1945 - 1960)
187
Riguardo invece i deputati da inviare all’Assemblea Costituente il professor Giovanni Leone, figlio
di Mauro, ed i democristiani pomiglianesi non si fecero sfuggire la ghiotta occasione di rifarsi dello
smacco subito nella competizione amministrativa. Con maggiore determinazione scese in campo la
chiesa locale che in Leone vedeva una propria creatura. Don Ercolino Cantone appoggiava la lista
dell’Unione Democratica Nazionale, in quanto in tale formazione militavano i suoi amici politici, tra
cui il Cortese. Nella lista unitaria Partito d’Azione-Partito Repubblicano Italiano era candidato un
altro pomiglianese, l’avvocato Giuseppe Minichino.
Giunti al giorno delle elezioni i cittadini andavano a votare ma non sceglievano, anche perché disorientati dalla presenza di circa venti simboli diversi sulla scheda elettorale. Comunque, con 4.038
voti, la Democrazia Cristiana ottenne il 53,6% dei suffragi ed al Leone andarono quasi tutti i voti di
lista anche come preferenze. Era il riscatto per quanto avvenuto meno di due mesi prima. L’Unione
Democratica Nazionale appoggiata dal sindaco Cantone raccolse 1.356 voti ed il 17,9%. La lista di
repubblicani ed azionisti in cui era candidato l’avvocato Giuseppe Minichino raccolse 1.159 voti ed
il 15,3%. Il 3,9% fu raccolto dai comunisti (295 voti), il 2% dal PSIUP (151 voti), il 3,3% dal partito
del Fronte dell’Uomo qualunque (250 voti). Nessun voto ottenne il PSI e le varie altre formazioni.
Su questo primo test elettorale politico post-bellico iniziarono a riflettere tutti; in diversi cominciarono un nuovo ciclo della propria attività politica. Si riorganizzarono i partiti tradizionali, dai
democristiani a quelli del Cavallo Sfrenato e ai comunisti, altri si riproposero in veste diversa.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Pomigliano d’Arco dall’Unità d’Italia alla Repubblica ; prefazione di Raffaele Russo. Nola, Notor
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Web bibliography
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http://cronologia.leonardo.it/storia/italia/italia001.htm
http://it.wikipedia.org/wiki/Nascita_della_Repubblica_Italiana
http://it.wikipedia.org/wiki/Referendum_istituzionale_del_1946
http://www.camera.it/cost_reg_funz/345/4762/4763/documentotesto.ASP
Pomigliano negli anni quaranta. La ricostruzione post-bellica
La ricostruzione post-bellica, con l’organizzazione nuova che la cittadina cominciò a darsi, stimolava
nuovi impulsi alla socialità e alla vita comunitaria. Nascevano il cinema Eliseo (poi Mediterraneo) a
Via Fiume, il Metropol a Viale Alfa Romeo, l’Arena Estiva vicino alla stazione, a palazzo
dell’Orologio “don Vincenzo” Larizza continuava a proiettare 2 film per 50£, mentre a via Carlo
Poerio iniziavano i lavori per la realizzazione del cinema teatro Gloria. Si sviluppava anche l’associazionismo cattolico in modo massiccio trovando riferimenti certi nelle Parrocchie di San Felice e
Santa Maria delle Grazie.
I partiti politici smettevano di essere sette o masse informi raccolte intorno ad un leader e cominciavano invece ad attivarsi nella discussione, nella dialettica e nella produzione di idee e progetti nuovi
che la realtà locale rivendicava.
Sia rispetto alla fame e alla miseria, che rispetto alle altre questioni inerenti le condizioni materiali
di vita dei pomiglianesi, l’ultimo podestà ed i primi sindaci “post-bellici” poterono ben poco.
Con la morte di Ercole Cantone nel 1949 si spegneva la funzione di un intera classe dirigente locale,
che seppure con difficoltà aveva garantito per circa ottanta anni un utile e necessario punto di riferimento per i pomiglianesi. La classe dirigente che Pomigliano reclamava doveva essere più efficiente
e capace ma soprattutto più aperta mentalmente alle novità. Allora ecco affacciarsi in fasi e tempi
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Il dopoguerra (1945 - 1960)
diversi i Leone, i Pranzataro, i Di Giovanni,
i Manna, i Savella, i Caprioli, i Di Nuccio,
persone ed idee che si dovettero subito
misurare con la realtà da ricostruire.
Anche la neonata classe operaia pomiglianese si diede proprie forme organizzative.
La crescita della consapevolezza della giovane classe lavoratrice trovò un importante
punto di approdo tra la fine del 1947 e
l’inizio del 1948 quando fu aperta la
Camera del Lavoro territoriale.
Salvatore Cantone, Nicola Ingiusto,
Antonio De Falco, Vincenzo Violetti ed
altri operai dell’Alfa Romeo, non pomiglianesi, fondarono la sede sindacale nella proprietà di Carmine Rea a via Carmine
Guadagni. Cantone, Ingiusto, De Falco,
Violetti ed altri erano tutti lavoratori iscritti
al Partito Comunista Italiano. Nella
Camera del Lavoro venivano espletate pratiche per i lavoratori agricoli e si aiutavano
i cittadini a districarsi nell’incertezza
legislativa inerente la materia assistenziale
e pensionistica. Così, quel pugno di lavoratori dell’Alfa Romeo, dopo aver compiuto
la propria giornata lavorativa, si recava
Collezione fotografica del dott. Guido Galdi.
presso la sede sindacale per prestare la proPalazzo dell’Orologio adibito a cinema negli anni quaranta.
pria opera volontaria.
Nella riottosa Pomigliano “’O scalandrone”,
come veniva chiamata la Camera del Lavoro a causa della sua ubicazione in un ammezzato, ebbe
subito vasta eco tra i lavoratori locali, come una forte presenza sindacale. «Te faccio saglì ’o scalandrone» era l’invettiva contro i padroni spesso usata dai lavoratori edili, da quelli che si arrangiavano
a svolgere mille mestieri per sbarcare il lunario, dai braccianti nei confronti dei datori di lavoro
incuranti di ogni richiesta delle proprie maestranze, sia essa economica che di miglioramento delle
condizioni di lavoro. Allora l’invettiva aveva il senso di dire che, se non si accettavano il dialogo ed
il confronto, bisognava poi salire i gradini dello “scalandrone” che portava direttamente sopra
l’ammezzato della sede sindacale per comporre un’eventuale vertenza.
Intanto il sindacato incominciava ad acquisire una propria fisionomia politica ed organizzativa anche
all’interno della fabbrica, dell’Alfa Romeo, che era comunque la palestra nella quale venivano
elaborate proposte o iniziative tese ad emancipare le classi lavoratrici. In ciò l’esperienza di quei tecnici ed operai milanesi che sin dai primi mesi del 1940 giunsero a lavorare presso lo stabilimento
pomiglianese fu preziosissima. Fu proprio un milanese, Erminio Davide Zanot, comunista e
antifascista che, giunto a lavorare a Pomigliano nel febbraio del 1940, divenne uno dei punti di riferimento degli operai nelle lotte in fabbrica.
Quale primo responsabile della Camera del Lavoro di Pomigliano fu designato Antonio De Falco,
operaio dell’Alfa Romeo.
In questi anni, la deindustrializzazione dell’Alfa Romeo, che aveva toccato punte di oltre diecimila
Il dopoguerra (1945 - 1960)
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occupati, poneva forti problemi di disoccupazione e miseria. In seguito ad un periodo di impotenza,
iniziò la protesta degli operai della ditta ARAR, in quanto si diceva che questa, una volta terminati i
lavori di rimozione degli ultimi residui bellici dell’Alfa Romeo, avrebbe licenziato tutti gli operai. Il
sindaco Cantone, non sapendo quali iniziative intraprendere per rispondere ai lavoratori, attese
l’intervento dell’assessore Nicola Esposito, che doveva occuparsi di raccogliere le richieste degli
operai. Subito dopo mandò l’assessore a Roma per chiedere aiuto al governo, ma al ritorno della delegazione il Cantone si era già ammalato. Morì il 20 febbraio del 1949 senza sapere il destino degli
operai dell’ARAR. Con la sua morte si chiudeva definitivamente un’epoca di storia di Pomigliano.
Intanto, tra il 1949 ed il 1950, su parte dei terreni dell’ex aeroporto cominciava la costruzione di un
nuovo stabilimento, l’Aerfer che andava ad affiancare l’Alfa Romeo, la quale ormai aveva
riconvertito le proprie produzioni. La presenza dell’Aerfer nel territorio locale rendeva Pomigliano
definitivamente un polo industriale.
Bibliografia
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Dugo Iasevoli, Vera. Guida storico-artistica di Pomigliano d’Arco : alla riscoperta del centro storico ; presentazione
di Vincenzo D’Onofrio ; prefazione di Sergio Brancaccio. Marigliano, Istituto Anselmi, 1993, pp. 25-26.
Lo stabilimento dell’Aerfer
Nel 1948 l’Istituto per la Ricostruzione Industriale (I.R.I.) creò Finmeccanica, una società finanziaria
che accorpò all’Alfa Romeo le altre aziende meccaniche del gruppo. Finmeccanica, utilizzando gli
incentivi previsti per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, il 23 novembre del 1949 costituì
ufficialmente la società Aerfer (Officine di Costruzioni Aeronautiche e Ferroviarie).
Nel 1950 il nuovo insediamento industriale dell’Aerfer sorse in una quota di quei terreni, espropriati
alla nascita dell’Alfa Romeo, del vasto territorio del Centro Industriale Aeronautico di Pomigliano
d’Arco. La dislocazione dei capannoni e delle officine rendeva facile il collegamento con la
stazione delle Ferrovie dello Stato ad Acerra, dalla quale lo stabilimento Aerfer era distante qualche
chilometro. Inizialmente presso lo stabilimento di Pomigliano d’Arco si realizzarono veicoli
ferroviari e autofilotranviari.
Molti tecnici, ingegneri e specialisti giunsero a Pomigliano per volere dell’IRI-Finmeccanica. Con
l’avvento dell’Aerfer, accanto allo stabilimento dei motori Alfa Romeo, cominciava a prender corpo
e consistenza il disegno IRI anteguerra e cioè la ricomposizione del Centro Industriale Aeronautico
a Pomigliano. La Finmeccanica si prodigava anche per procurare il lavoro e riusciva nel proprio
intento stipulando un contratto nel 1952 con la statunitense società Republic, che affidava all’Aerfer
la prestigiosa qualifica di capocommessa per la produzione di parti di ricambio per velivoli militari.
La produzione del nuovo opificio riguardava inizialmente parti di meccanica e carrozzeria di veicoli
190
Il dopoguerra (1945 - 1960)
da trasporto pubblico ma, già nel 1953, l’Aerfer era uno stabilimento in grado di fabbricare apparecchi completi, dal primo all’ultimo pezzo, esclusi i motori, che sarebbero stati costruiti nel confinante
stabilimento dell’Alfa Romeo. Verso la metà degli anni ‘50 cominciava la produzione aeronautica
con aerei da caccia leggeri come il Sagittario, seguito dall’Ariete e dal Leone, che effettuavano le
prove e i primi rullaggi sulla pista di Pomigliano. Il 4 dicembre 1956 volò il Sagittario II, commissionato nel 1954 dal Ministero Difesa Aeronautica, che conquistò un ambìto e prestigioso primato: il
primo aereo italiano a superare la barriera del suono.
La superficie della neonata azienda era di circa 200.000 mq., di cui oltre un quarto destinata a
strutture coperte tutte di costruzione postbellica. Un ampio capannone di oltre 14 mila mq. era ed è
destinato alla costruzione delle parti; le materie prime venivano introdotte direttamente all’interno
dai carri ferroviari o da automezzi, come tutt’oggi. Inoltre, lo stabilimento comprendeva un vasto
locale con impianto autonomo di riscaldamento, adibito all’imballaggio della parti.
Bibliografia
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Pomigliano negli anni cinquanta. Le prime lotte operaie e le rivolte contadine
La presenza dell’Aerfer nell’ambito del territorio locale cominciava a rendere credibile la prospettiva che Pomigliano sarebbe diventata il principale centro industriale del Mezzogiorno.
Importante era la maturità che la giovane classe operaia dell’Alfa Romeo aveva dimostrato
all’indomani della guerra, difendendo con tutta la propria forza il presidio industriale locale, che
Il dopoguerra (1945 - 1960)
191
altrimenti avrebbe potuto essere dismesso. A poco a poco, procedendo alle prime assunzioni, cresceva
anche il numero degli aderenti alla FIOM-CGIL di fabbrica, che diventava il maggiore interlocutore
sindacale dell’azienda.
Arcangelo De Falco “ ‘o mericano”, Salvatore Piccolo “ ‘o cavaliere” e Antonio Minichini furono tra
i più attivi militanti sindacali che con la loro iniziativa riuscirono a rendere forte e combattiva la presenza dei metalmeccanici della CGIL. A differenza dei lavoratori militanti sindacali dell’Alfa
Romeo, quelli dell’Aerfer non avevano un legame stretto con la struttura sindacale territoriale, la
Camera del Lavoro. Essi erano direttamente in contatto con la FIOM provinciale e non erano attenti a
far pesare sul territorio la loro forza. Così l’impegno per la crescita strutturale della Camera del Lavoro
territoriale gravava esclusivamente sui militanti sindacali dell’Alfa Romeo. Tale situazione rese fisiologico e normale che i vari responsabili della Camera del Lavoro provenissero tutti dalle fila della classe lavoratrice dell’Alfa Romeo, come gli operai comunisti Vincenzo Violetti e Salvatore Cantone.
Nel decennio ’51-’61 si affermò la vocazione industriale di Pomigliano che aveva una disponibilità
di 2900 posti di lavoro nel settore pari al 74,51% delle disponibilità occupazionali presenti nel proprio territorio. L’esistenza in loco di due fabbriche, l’Alfa Romeo e l’Aerfer, che già nella seconda
metà degli anni ’50 impiegavano complessivamente circa cinquemila lavoratori, insieme all’agricoltura,
che pure aveva punte di impiego di circa duemila persone, necessitava di una presenza sindacale nei
luoghi di lavoro.
Nel 1954 cominciò uno dei periodi più difficili e duri per il movimento sindacale italiano, a causa
delle persecuzioni politiche, delle discriminazioni e delle violenze praticate nei confronti dei singoli
militanti di fabbrica. Il clima di persecuzione contro le rappresentanze sindacali ebbe i suoi effetti
anche sul piano locale dove, in special modo nei confronti dei militanti sindacali della FIOM
dell’Aerfer, fu praticata una “scientifica” persecuzione politica, che culminò nel 1953 con il licenziamento di 23 operai.
Nel 1959, quando la FIOM stava cominciando a mettere solide radici tra i lavoratori dell’Aerfer, le
maestranze si resero protagoniste di una lotta sindacale durissima. Nella primavera di quell’anno la
commissione interna, rappresentanza sindacale aziendale, era impegnata in una grande opera di
sensibilizzazione dei lavoratori in materia di diritti e nella questione del contratto di lavoro, che a
quell’epoca non era a tempo indeterminato per tutte le maestranze e lasciava ampio potere discrezionale nelle mani dell’azienda la quale, unilateralmente, poteva decidere delle sorti di ogni singolo operaio.
In una delle tante manifestazioni ed iniziative sindacali, svoltesi in fabbrica in quella primavera, ve
ne fu una durante la quale gruppi consistenti di operai si recarono presso la direzione e gli uffici degli
impiegati per invitarli ad uscire e a manifestare tutti uniti per un nuovo contratto di lavoro.
Verosimilmente l’invito dei lavoratori non fu accolto e si accesero diversi tafferugli all’interno della
fabbrica: era il segnale che la direzione aziendale aspettava per mettere in pratica il proprio piano e
colpire in maniera esemplare una determinata parte sindacale. Ci furono denunce e fermi, e una forte
presenza di polizia e carabinieri fuori la fabbrica che anticipò di un quinquennio quello che sarebbe
successo all’Alfa Romeo nel 1964.
La direzione dello stabilimento Aerfer perseguì una linea di “epurazione” di tutti quei lavoratori che
più degli altri si erano impegnati nella lotta ed in special modo nei confronti di quelli che avevano la
FIOM come proprio punto di riferimento.
Anche nel settore agricolo la primavera del 1959 fu segnata da tumulti e rivolte contadine, quando la
zona dell’agro-nolano fu colpita da gravi precipitazioni atmosferiche che distrussero tutto il raccolto.
La pioggia, la grandine, i temporali avevano distrutto interi campi e, come se non bastasse, anche le
leggi del mercato fecero la loro parte, provocando una forte caduta del prezzo della patata.
Moltissime famiglie contadine s’impoverirono ed intere economie locali, come quella acerrana e
mariglianese, furono completamente distrutte. Il moto di rivolta della gente fu quasi spontaneo.
192
Il dopoguerra (1945 - 1960)
Una prima manifestazione si svolse a Napoli, davanti alla prefettura, il 6 giugno 1959, dove
intervennero alcune migliaia di lavoratori agricoli della zona. Nei giorni seguenti la lotta si spostò
nei singoli Comuni. Tra martedì 9 e lunedì 15 giugno 1959 a Pomigliano, Acerra, Nola, Marigliano,
Cicciano e Cimitile vi furono vari tumulti contadini, alcuni culminati in forti scontri con le forze
dell’ordine inviate in massa a presidiare la zona.
Le situazioni più incandescenti si verificarono a Nola, dove era circolata la voce che i braccianti
avrebbero impedito lo svolgimento del mercato del mercoledì e a Marigliano dove i contadini assaltarono il Comune, dando vita alla sommossa che prese il nome di “rivolta delle patate”, che portò al
fermo di alcune persone e a 5 arresti. Alla fine la lotta pagò in quanto il governo decise un primo
stanziamento di 100 milioni per favorire la ripresa delle attività nelle campagne.
In quegli anni, su di un piano più generale, la lotta dei lavoratori conquistò importanti risultati, tra
cui l’aumento delle retribuzioni che comportò incrementi salariali fino ad un massimo del 30%.
Bibliografia
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Sviluppo urbano e nuovi protagonisti politici tra gli anni cinquanta e sessanta
Fino agli anni ’60 Pomigliano continuò ad essere una realtà ancora estranea alla modernità,
nonostante l’avvento dell’industria che l’aveva imposta in ambito nazionale quale contesto produttivo avanzato. Prima dell’avvento dell’industria automobilistica, la maggior parte dei pomiglianesi era
ancora impiegata in mestieri tradizionali, com’era visibile nelle abitazioni del centro storico: case
raggruppate intorno ai cortili e un pozzo, un forno e un bagno in comune, che all’epoca ancora
favorivano la vita comunitaria.
Gli anni cinquanta videro l’inizio di un processo di urbanizzazione che, conclusosi alla fine degli
Il dopoguerra (1945 - 1960)
193
anni sessanta, portò alla creazione di una certa continuità urbana tra vecchio e nuovo.
Fino al 1958-59 la città aveva contenuto la propria espansione, estendendosi lungo i margini del centro storico, ai lati del corso Vittorio Emanuele e di via Roma ed intorno al vicino casale di Pacciano.
Il nucleo delle Palazzine appariva ancora come un villaggio operaio extraurbano, ampliatosi solo
lungo il viale Alfa Romeo, con piccole case di soli due piani.
Nel 1956 fu avviato il primo piano regolatore che, basandosi su un progetto di espansione dell’area
orientale della città, prevedeva intorno al nucleo delle Palazzine, una serie di lotti residenziali.
Nella cartografia dell’Istituto Geografico Militare (IGM) del 1957, ovvero quella carta topografica
che illustra una città ordinata e chiara nel suo impianto urbano, Pomigliano appariva collocata dentro un’estesa campagna costellata da diverse antiche masserie e da fondi rurali collocati sul fronte
meridionale. Il progetto previsto dal piano regolatore, comunque, non fu attuato, e la città cominciò
ad espandersi, fino alla fine degli anni settanta, in modo disorganico, nella maggioranza dei casi in
deroga alle disposizioni normative vigenti.
La crescita urbana, avvenuta dopo gli anni ‘50 secondo una veloce e confusa urbanizzazione fu
connotata da fenomeni diffusi di speculazione edilizia. Fu di quegli anni la realizzazione del Rione
San Martino ubicato a sud delle Palazzine e la veloce urbanizzazione delle aree agricole esistenti tra
queste ultime e il centro antico, nonché tra l’antica via Appia (attuale via Rorna) e via Felice
Terracciano. I tre “Frassi”, via 1° Frasso (attuale via Libertà), via 2° Frasso (parte iniziale di via
Terracciano e Via Genova) e via 3° Frasso (via Savona) furono abbattuti, rappresentando una frontiera
Stenti, Sergio. Città Alfa Romeo. Planimetria IGM 1957.
194
Il dopoguerra (1945 - 1960)
che separava il centro del paese dal quartiere Palazzine. Quello che però ancora non emergeva
era una certa integrazione civile ed umana tra le diverse realtà.
A partire dagli anni sessanta, nel centro della città, si ebbe una densificazione demografica del rione
posto alle spalle del Palazzo Municipale e di tutti gli spazi aperti delle grandi corti. Lo stesso processo
di densificazione subirono le aree a sud dell’asse stradale di via Napoli, corso Vittorio Emanuele e via
Trieste (prolungamento dell’ex via Sommese). Nello specifico, a sud di via Napoli, tra via S. Pietro e
via Abate Felice Toscano, si strutturò una vera e propria “città mista”, caratterizzata in parte da una edilizia compatta, sorta attorno all’originario Borgo Pacciano, parallelamente all’Alveo Spirito Santo, e in
parte da un’edilizia residenziale rarefatta, collocata dentro grandi spazi aperti.
A sud di via Trieste, infine, tra via Aurora e via Trento ad ovest, e via Carso ad est, si andava
definendo un’area della città che conservava un’ampia estensione di spazi verdi.
Relativamente agli aspetti politici e amministrativi, a partire dalla metà degli anni cinquanta iniziò la
lenta e costante ascesa della Democrazia Cristiana che, inizialmente con Carlo Leone (sindaco
1956-60, fratello di Giovanni, Presidente della Repubblica Italiana) e poi con Alberto Di Nuccio,
Giuseppe Di Giovanni, Angelo Caprioli (sindaco 1966-71), Carmine Savella (sindaco 1962-66,
1971-74), promosse il formarsi di una nuova classe dirigente che dovette, però, misurarsi costantemente con il dinamismo del “Cavallo sfrenato”, il cui blocco elettorale era animato da Michele
Manna, brillante figura pubblica locale.
Bibliografia
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Stenti, Sergio. Città Alfa Romeo : 1939 Pomigliano d’Arco quartiere e fabbrica aeronautica ; presentazione di Cesare
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Manifestolibri ed., 1999, pp. 23-24.
IL BOOM ECONOMICO E LE CONTESTAZIONI (1960 – 1980)
Pomigliano negli anni sessanta. La svolta industriale e la vittoria sindacale del 1964
Il decennio ’60-’70 vide completarsi a Pomigliano il processo di industrializzazione cominciato con
l’Alfa Romeo, proseguito con l’Aerfer e la diversificazione dei settori industriali con la costruzione
del nuovo stabilimento automobilistico dell’Alfa Sud.
Nei primi anni sessanta, al fianco della grande industria, ci fu l’istituzione dell’I.T.I.S. (Istituto
Tecnico Industriale Statale), una scuola per formare periti meccanici ed elettrotecnici, un esempio di
struttura scolastica pienamente inserita in un contesto economico in evoluzione.
Intanto la classe operaia acquistava consapevolezza e affrontava il boom economico e le successive
recessioni con maturità e tenacia che anticipavano le grandi battaglie sindacali del decennio successivo. Una delle più belle e significative pagine di storia del movimento dei lavoratori fu scritta dalle
maestranze dell’Alfa Romeo di Pomigliano nel 1964.
L’Alfa Romeo in pieno boom economico aveva diversificato la propria produzione in due settori,
avio ed automobilistico, lasciando all’impresa privata, la FIAT, il settore dei veicoli commerciali.
Verso la fine di giugno del 1964 un calo di produzione di un modello di autovettura “R4”, che lo stabilimento pomiglianese produceva in collaborazione con la francese Renault, provocò la decisione
da parte della direzione di mettere 150 persone in cassa integrazione a zero ore. Alla fine di settembre si decise l’ulteriore cassa integrazione per giorni alternati di altri 330 lavoratori.
Nel 1964 l’attività sindacale in fabbrica si attuava attraverso le commissioni interne, che svolgevano
alcune delle funzioni che poi sarebbero state dei consigli di fabbrica. La commissione interna
organizzò quindi la lotta operaia alla quale, fin dal primo momento, si aggregarono le famiglie, i
giovani e la chiesa. Le giornate di lotta dell’ottobre 1964 furono drammatiche.
Il 6 ottobre si svolse a Napoli una vibrante giornata di protesta, che portò i manifestanti a essere ricevuti dal prefetto Bilancia, il quale si premunì di trasmettere al governo le aspettative dei lavoratori.
Nel frattempo, nella stessa giornata, fu convocato dal sindaco Carmine Savella il consiglio comunale
di Pomigliano, in cui i consiglieri comunisti proposero l’immediata occupazione dello stabilimento,
accusando i dirigenti di affossare l’industria meridionale.
Infine la vicenda dello stabilimento pomiglianese arrivò sul tavolo del governo che si impegnò a
rendere stabili i livelli occupazionali della fabbrica pomiglianese sino al gennaio del 1965. Inoltre,
Zevi, Bruno. Cronache di architettura. Pomigliano. Istituto Tecnico Industriale Statale “E. Barsanti”.
196
Il boom economico e le contestazioni (1960 - 1980)
sempre per impegno del governo, l’Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI) avrebbe approntato
un nuovo piano di organizzazione e di rilancio produttivo dello stabilimento Alfa Romeo.
Nel frattempo i lavoratori di Pomigliano continuarono a non entrare in fabbrica e a vegliare davanti
ai cancelli dello stabilimento, poiché, pur considerando soddisfacenti gli impegni che il governo
aveva preso, ritenevano necessario che l’azienda revocasse i provvedimenti di cassa integrazione o
che si assumesse l’onere finanziario di far raggiungere ad ogni lavoratore le 104 ore lavorative mensili che gli garantissero il diritto di percepire gli assegni familiari.
Dopo circa venti giorni di lotta capitò la scintilla che fece degenerare la situazione. All’alba di venerdì
16 ottobre, sarebbero dovute entrare in fabbrica tutte le maestranze tranne i 150 lavoratori che erano
in cassa integrazione. Come solitamente capitava, la rappresentanza sindacale di fabbrica svolgeva
opera di persuasione nei confronti di quei gruppi di operai che erano tentati ad entrare. Capitò dunque che durante la discussione fra lavoratori scoppiò il tafferuglio. Cinque persone furono fermate e
trasferite nella vicina caserma dei carabinieri di via Mauro Leone. L’arresto di Carmine De Falco,
Michele Flamia, Rocco Auriemma, Franco Colucci e Carmine D’Onofrio, sconvolse l’intera
comunità pomiglianese.
I primi ad accorrere davanti ai cancelli della fabbrica, insieme alle famiglie delle maestranze Alfa
Romeo, furono i lavoratori della vicina Aerfer. Giunsero poi i quattrocento studenti dell’ITIS
Barsanti. Tutti insieme circondarono la caserma e i cinque fermati furono rilasciati.
Pomigliano si era ritrovata stretta in una morsa di polizia e carabinieri, giunti in massa per sbarrare
le strade di accesso e collegamento con i comuni vicini. A causa della tensione accumulata, gli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine furono inevitabili e volarono sassi e lacrimogeni.
Quel venerdì 16 ottobre 1964, per la prima volta, la comunità locale tutta si ritrovò compatta a
difendere il proprio nucleo industriale. La lotta operaia continuò particolarmente acuta ed anche la
stampa cominciò ad attaccare il governo e l’IRI.
Il governo di centro sinistra, volendo dare una risposta alla protesta dell’intera comunità pomiglianese, convocò le parti per trovare un accordo. Dopo quelle drammatiche giornate di ottobre del 1964,
l’Alfa Romeo cominciò a riprendere la produzione grazie ai nuovi programmi industrali, ai nuovi
investimenti e alla diversificazione della propria attività produttiva nel settore Avio e in quello dei
veicoli commerciali.
L’era industriale e gli stravolgimenti da essa portati, contribuirono ad accrescere notevolmente la
coscienza sociale e civile dei cittadini, forgiatasi nelle lotte operaie, oltre che a spingere i pomiglianesi verso un sempre maggiore bisogno di partecipazione alla vita pubblica, alla domanda di pulizia
morale e materiale, di istruzione seria, di lavoro dignitoso e produttivo.
Bibliografia
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il PCI i compagni Napolitano e Abenante”. L’Unità : Fondata da Antonio Gramsci nel 1924. Organo del Partito
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Il boom economico e le contestazioni (1960 - 1980)
197
L’industria automobilistica dell’Alfa Sud
L’insediamento dell’Alfa Sud nell’area industriale di Pomigliano d’Arco rappresentò un momento di
svolta nell’uso delle tecnologie e dell’organizzazione del lavoro che, sul piano locale, pur in presenza dell’Alfa Romeo e dell’Aerfer, era rimasta a livello artigianale. L’Alfa Sud ebbe una risonanza ed
un’eco di livello nazionale sin dalla sua nascita.
Il nuovo stabilimento automobilistico s’inseriva nel contesto di quella arroganza industrialista volta a
investire capitali a beneficio anche del Meridione. L’euforia per la crescita illimitata del mercato
dell’auto, che spinse lo Stato ad impegnarsi anche in quel settore, era il segno di quei tempi che, tra
boom economico e periodo d’oro per il centro sinistra, erano forieri di ottimismo.
I lavori per la costruzione dell’Alfa Sud di Pomigliano, la più grande fabbrica del Mezzogiorno, iniziarono nel 1967, nel territorio posto ai confini tra Acerra e Castello di Cisterna. Nel 1968 fu posta
la prima pietra dello stabilimento che, come gli altri, fu edificato su parte dei terreni del vecchio e
ormai inutilizzato aeroporto. L’insediamento, però, nasceva con caratteristiche autonome e non era
un pezzo dell’Alfa Romeo.
Nell’ambito del territorio pomiglianese sorgeva dunque una fabbrica che eseguiva tutti i processi di
progettazione e costruzione all’interno dello stabilimento stesso. L’aeroporto di Pomigliano, che Ugo
Gobbato, il suo progettista, saggiamente considerava una risorsa strategica per lo sviluppo dell’industria aeronautica locale, lasciava il posto alla tipica “fabbrica fordista” fondata su processi scientifici
di divisone del lavoro, meccanizzati e, dunque, sull’uso di manodopera non specializzata.
Lo stabilimento dell’Alfa Sud fu realizzato in tempi molto rapidi e già nel novembre del 1971 la
prima automobile, l’Alfasud, fu presentata al Salone di Torino.
Con la nuova industria, che arrivò ad avere punte di circa 15 mila dipendenti, la metà dei quali pomiglianesi, il paese cresceva sul piano demografico ed urbano ma stentava ad organizzarsi sul piano dei servizi.
Si sviluppò l’area urbanizzata del territorio pomiglianese, che ormai comprendeva parte di Pacciano,
nuovi parchi lungo la via delle Puglie, la zona adiacente la scuola Mauro Leone. In modo preponderante, però, si andò sviluppando l’area compresa tra viale Alfa, via Mauro Leone, via Mazzini, via
Selva (ora via Miccoli), via Passariello e via Leonardo da Vinci, dove sorsero il quartiere F.lli Bandiera
e il parco Poggio della Macchia. In questa rapida urbanizzazione, purtroppo, non fu prevista la
costruzione di scuole e asili, né il sistema fognario e quello di illuminazione, che erano fatiscenti o
Scuola Media Statale “Omero”. Un viaggio per conoscere Pomigliano ieri e oggi. Alfa Sud.
198
Il boom economico e le contestazioni (1960 - 1980)
inesistenti. Interi pezzi della cittadina, sul piano della crescita civile, erano fermi a vent’anni prima.
L’Alfa Sud, lungi dal risolverle, aveva aggravato le condizioni di vita già precarie nella città. I processi di industrializzazione non selezionati né programmati, l’ostinata concentrazione del capitale
finanziario, dopo aver determinato la grossa emigrazione degli anni ’60 verso il nord, aggravava il
processo di riduzione del numero delle aziende agricole, determinato anche dall’assorbimento di
manodopera da parte dello stabilimento, così come si era verificato prima per gli altri settori di
attività, commercio e artigianato.
Bibliografia
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Conoscere Pomigliano d’Arco : Periodico di informazioni di comune utilità ; direttore responsabile Salvatore Adorno ;
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Dugo Iasevoli, Vera. Guida storico-artistica di Pomigliano d’Arco : alla riscoperta del centro storico ; presentazione
di Vincenzo D’Onofrio ; prefazione di Sergio Brancaccio. Marigliano, Istituto Anselmi, 1993, pp. 25-26.
Istituto Magistrale Statale “M. Serao” di Pomigliano d’Arco. Annuario 1979 : studi, conferenze e contributi ; a cura di
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Francesco De Rosa ; prefazione di Michele Caiazzo, pp. 39-58. Napoli, Massa editore, 2002, fig. p. 53.
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Pomigliano negli anni settanta. La grande industria e gli effetti sul territorio
Il potenziamento della struttura industriale dovuto alla realizzazione dell’Alfa Sud, nel 1969, e alla
costituzione dell’Aeritalia, nello stesso anno, determinò durante gli anni settanta un sensibile
incremento del numero degli addetti nel ramo manifatturiero.
Nel 1970 cominciò una prima fase di reclutamento della manodopera che portò all’assunzione di
circa 2200 persone, di cui 1800 impiegati e 400 operai. Tra il 1972 e il 1973 ci fu l’assunzione di
3500 operai, i quali andarono a completare il numero degli addetti per i vari turni. All’Alfa Sud furono
avviate al lavoro maestranze provenienti non solo dai comuni vicini, ma anche dalle altre province
della regione. La forte eterogeneità dei lavoratori e l’assenza di una efficace rete di servizi, di
Il boom economico e le contestazioni (1960 - 1980)
199
trasporto innanzitutto, evidenziarono, sin dall’inizio, la problematicità del rapporto dell’Alfa Sud col
territorio rispetto agli stabilimenti Alfa Romeo e Aeritalia.
L’Aeritalia fu costituita a Napoli il 12 novembre del 1969, con la partecipazione paritetica di Fiat e
Finmeccanica. La nuova società concentrò le attività aerospaziali di Fiat-Divisione Aviazione con
quelle di Aerfer e Salmoiraghi del Gruppo I.R.I. Finmeccanica. Nelle intenzioni del governo,
dell’I.R.I. e del Ministero delle Partecipazioni Statali, la concentrazione delle attività aerospaziali dei
due gruppi nasceva dall’esigenza di rafforzare la capacità competitiva internazionale dell’industria
aeronautica italiana. Nel 1971 l’Aeritalia firmò un accordo con la Boeing per lo studio congiunto di
un velivolo di linea con atterraggio e decollo corti. Cominciò per molti concittadini, tecnici dello
stabilimento di Pomigliano, l’avventura di lunghe trasferte negli Stati Uniti.
L’Alfa Sud, dal canto suo, nel 1972 produsse ventottomila vetture e, nel 1973, più di settantamila.
Tuttavia, in considerazione dello sviluppo della domanda di mercato, lo stabilimento era stato progettato per una produzione doppia, obiettivo che per diversi anni non fu raggiunto.
Lo sviluppo produttivo dell’industria indusse effetti nefasti sul delicato equilibrio dell’economia
agro-alimentare pomiglianese. La struttura produttiva agricola, basata su produzioni ortofrutticole a
basso valore, era scarsamente integrata nel più ampio contesto della filiera agro-alimentare locale e
nazionale, a causa della storica frammentazione in piccole aziende agricole a conduzione familiare.
Con l’assorbimento della manodopera da parte dello stabilimento Alfa Sud, cominciò la riduzione del
loro numero fino alla completa disfatta dell’economia agricola locale.
Le assunzioni all’Alfa Sud furono effettuate anche sul mercato extraregionale del lavoro e, insieme
alla concentrazione a Pomigliano del personale dagli uffici settentrionali, provocarono correnti
migratorie di maestranze da luoghi lontani, che dovettero avvicinarsi alla sede industriale.
Nel centro di Pomigliano il flusso migratorio indusse i costruttori a realizzare nuovi insediamenti abitativi che coesistevano con il vecchio patrimonio immobiliare.
Se la manodopera maschile fu assorbita dalla nuova industria automobilistica, quella femminile, non
trovando adeguata risposta alla propria richiesta di occupazione, si riversò nel lavoro nero a domicilio. In tal modo l’insediamento dell’Alfa Sud determinò nel centro storico di Pomigliano, da un lato,
la nascita di un nuovo proletariato industriale e, dall’altro, l’incremento di antiche forme di lavoro
marginale.
Nel periodo di tempo che va dal 1971 al 1981 i settori meccanico, dell’abbigliamento e delle calzature registrarono una contrazione complessiva delle unità locali, il cui numero risultava, invece,
immutato nei comparti alimentari e della lavorazione del legno. In generale il ramo manifatturiero di
Pomigliano tra il 1971 e il 1981 mostrava, da un lato, il potenziamento delle grandi industrie dei
mezzi di trasporto, incapaci di incentivare le piccole aziende meccaniche del territorio e, dall’altro,
l’ulteriore riduzione dell’incidenza delle attività tradizionali.
La crisi petrolifera del 1974 e l’affermarsi di nuovi concorrenti sul mercato internazionale misero in
seria difficoltà tutte le industrie dei mezzi di trasporto, che furono coinvolte nella recessione
economica e vissero una drammatica fase congiunturale, cui purtroppo corrispose la contrazione
delle attività tradizionali.
Con la crisi cominciò anche una fase difficile per la produzione di automobili, durante la quale si susseguirono lunghi processi di riorganizzazione per consentire all’Alfa Romeo di affrontare la sfida
competitiva degli anni ’80.
Mentre l’Aeritalia, dopo aver superato le difficoltà della congiuntura economica degli anni settanta,
iniziò ad affermarsi sui mercati mondiali stipulando programmi di collaborazione con imponenti
industrie aeronautiche, diversamente, gli effetti della crisi energetica e di quelli derivanti dalla crisi
del mercato dell’auto fecero morire sul nascere le velleità di ripresa e di sviluppo dell’Alfa Sud.
L’azienda non riusciva a sostenere la competitività e le trasformazioni in atto di quegli anni.
200
Il boom economico e le contestazioni (1960 - 1980)
Cominciarono la cassa integrazione, i prepensionamenti, i licenziamenti incentivati, meccanismi che
continuarono ininterrottamente sino a metà degli anni ottanta. Un altro brutto colpo al futuro produttivo dello stabilimento pomiglianese fu data dall’aumento costante e continuo dei fenomeni di
assenteismo. Tutto si protrasse sino al 1987 quando l’Alfa Sud, seguitando a denunciare bilanci
negativi, fu ceduta alla Fiat di Torino.
Bibliografia
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produzione : Napoli : la periferia orientale. pp. 177-183. Napoli, Edizioni Athena, 1998, pp. 182-183.
Scuola Media Statale “Omero”, Pomigliano d’Arco. Un viaggio per conoscere Pomigliano ieri e oggi : raccolta degli
atti del progetto ecologico autorizzato dal Ministero dell’Ambiente ; presentazione di Augusto Graniero ; una
testimonianza di Gennaro Caprioli. Marigliano, Istituto Anselmi, 1991, pp. 106-110.
Vitiello, Antonio. Come nasce l’industria subalterna : il caso Alfasud a Napoli 1966-1972. Napoli, Guida Editori, 1973.
La politica e la svolta del Partito Comunista Italiano a Pomigliano
I primi anni settanta segnarono l’inizio della fase calante del vecchio ceto dirigente pomiglianese che
per oltre tre lustri aveva retto la gestione amministrativa.
Dopo il dominio della Democrazia Cristiana (DC) negli anni ‘50, già nei primi anni ‘60 il Partito
Comunista Italiano (PCI) viveva una vera e propria svolta poiché veniva per la prima volta rappresentato in consiglio comunale, con l’elezione a consigliere del dottore Antonio Oratino.
Dopo le elezioni del 1970 la DC aveva ancora la maggioranza assoluta. Poi nel 1972 Carmine Savella
e Angelo Caprioli si separano creando due liste, una con il simbolo dello scudo crociato, l’altra con
quella dell’“Orologio”. Allora il PCI riuscì ad accordarsi con Savella per spaccare la maggioranza
democristiana e andare al governo, con una giunta di 16 consiglieri su 14, soprattutto per evitare il
commissariamento. L’amministrazione comunale fu composta da forze politiche della DC, del Partito
Il boom economico e le contestazioni (1960 - 1980)
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Socialista e del Partito Comunista, con sindaco l’avvocato Carmine Savella e assessore al bilancio il
dottor Antonio Oratino del PCI. Ma ritornati insieme i consiglieri DC, cadde la giunta e il comune fu
commissariato. Dal 1974 al 1975 venne nominato Commissario Nicola Giudicepietro.
Fu il tempo dell’ingovernabilità che coincise con il dramma del colera nel 1973. Pomigliano aveva
bisogno di nuove idee, lotte, progetti e capacità per poter decollare ed avere un governo capace di
gestire le trasformazioni in atto. Saverio Tramontano, Raffaele Russo, Giovanni De Falco, Francesco
Testa, Alberto Beneduce, furono alcuni tra gli uomini che riuscirono a dare un impulso nuovo
all’azione di governo.
La sezione del PCI nei primi anni della sua fondazione si trovava nei pressi della ottocentesca stazione ferroviaria; negli anni‘60 era collocata a Corso Vittorio Emanuele, prima a fianco del Palazzo
dell’Orologio, poi ad angolo con Via abate Felice Toscano. Il segretario nel 1964 fu Vincenzo
Romano “’o marchesino” rimasto poi tesoriere. Nel 1973 Saverio Tramontano divenne il nuovo
segretario della sezione e contribuì in modo decisivo a stabilire un fecondo rapporto di collaborazione con i disoccupati organizzati, i commercianti ambulanti e a posto fisso, gli operai delle fabbriche
della zona e i gruppi musicali, che in quegli anni muovevano i primi passi. Il Tramontano stabilì
l’apertura di una nuova sede distaccata della Federazione Giovanile Comunista Italiana (FGCI) in Via
Verdi. Nel ’74 la sede del PCI fu spostata a Via Felice Cavallotti nei pressi di Piazza Mercato, lasciando quella di Corso Vittorio Emanuele all’Unione Donne Italiane (UDI). Dopo il 1980 il PCI acquistò
i locali dell’attuale Casa del Popolo, per 135 milioni di lire, trasferendo lì tutte le proprie attività.
Negli anni settanta il tesseramento al Partito Comunista sul territorio pomiglianese, in linea con
l’opera di avvicinamento alle problematiche della cittadinanza, fu imponente fino a raggiungere 3300
iscritti. Il partito organizzò e partecipò alle manifestazioni degli operai per tutti gli anni ‘70.
Pomigliano, grazie all’esperienza delle lotte operaie, era palestra per la formazione delle menti più
Collezione fotografica della signora Luisa Romano.
Sezione del PCI in Corso Vittorio Emanuele di fronte al Palazzo dell’Orologio.
202
Il boom economico e le contestazioni (1960 - 1980)
brillanti destinate a diventare futuri quadri del partito, tra cui Eugenio Donise, consigliere comunale
a Pomigliano nel 1972 e successivamente parlamentare. Anche l’attuale Presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano fu tra coloro che frequentarono Pomigliano fin dagli anni ’60.
La roccaforte politica comunista fu per molto tempo l’Alfa Sud, mentre all’inizio l’Aeritalia era una
fabbrica “bianca”, a maggioranza DC. Con il lavoro di proselitismo portato avanti da Siesto Amodio,
membro del Partito Comunista, cominciarono ad aumentare gli iscritti.
In sintonia con il clima generale del paese, nasceva anche sul piano locale una nuova classe pubblica
che vedeva protagonisti studenti, lavoratori, giovani professionisti ed antiche personalità espressione della cultura comunista e socialista. I segni del tempo nuovo erano fortemente condizionati dalla
presenza operaia sul territorio e da intense dinamiche derivanti da una diffusa partecipazione democratica, declinata sia nei partiti che nei circoli ed associazioni autonome che segnalavano pure una
buona presenza femminile.
Alle elezioni amministrative del 1975 si ebbe una risicata vittoria delle forze laiche e di sinistra. Il PCI
ebbe 8 seggi, il PSI 7, il PSDI 3, il PRI 3: erano i numeri che servirono a costruire un governo del municipio che apriva una nuova epoca, e metteva all’opposizione una DC forte ancora di 15 seggi su 40.
Emma Tarantino fu candidata, tra le prime donne ad esserlo, e divenne assessore al personale tra il
1975 e il 1978, oganizzando il comune con la nuova pianta organica.
La giunta del ’75-’80 funzionava nonostante il numero stretto di maggioranza: Francesco Testa
(Sindaco); giunta comunale: Alberto Beneduce, Giovanni De Falco, Pasquale Milo, Raffaele Russo,
Emma Tarantino, Saverio Tramontano, Giovanni Sodano (Supplente), Salvatore Pipola (Supplente).
Dopo dieci anni di amministrazione DC con i comunisti all’opposizione, l’avanzata del PCI che portò
la sinistra al governo della città servì pure a riposizionare gli equilibri all’interno della sinistra locale: i comunisti erano assorbiti nella quasi esclusiva attività di governo del Comune per evidenziare i
segnali di rottura col passato; i socialisti, garantito l’indiscutibile apporto all’attività amministrativa,
guardavano con occhio attento alle dinamiche che interessavano la comunità locale.
Il PCI condannò duramente la precedente gestione democristiana, ritenendola responsabile di una
incapacità nel far fronte alla crescita industriale del territorio, e considerandola colpevole dei danni
provocati dalla speculazione edilizia, dalla carenza dei servizi, dalla disorganizzazione amministrativa, dalle crisi continue, dai due commissariamenti prefettizi.
Il rapporto del PCI con la base elettorale fu determinante per alcune riforme strutturali come la suddivisione della città in quartieri nel 1976, proposta dall’assessore Tramontano, e il nuovo
Regolamento del consiglio comunale; furono attuati provvedimenti riguardanti la sistemazione delle
strade, della rete fognaria, del servizio idrico e dell’illuminazione, l’adeguamento del servizio di nettezza urbana. La giunta comunale operò per disciplinare la fiera settimanale, organizzando un’altra
sezione del mercato a via Mazzini, ed elaborò un piano per il commercio ambulante e per i pubblici
esercizi. Fu portata a termine la costruzione del nuovo cimitero e furono edificati 104 alloggi popolari in località Sulmona.
Per quanto riguarda il settore scolastico, l’amministrazione di sinistra realizzò 40 nuove aule, 3 asili
nido, il servizio di assistenti sociali per i bambini che evadevano l’obbligo scolastico, l’assistenza ai
portatori di handicap, il servizio di scuola-bus comunale per le materne e le elementari e la refezione
scolastica per mille bambini.
Tra i protagonisti di questi anni vanno ricordati vari personaggi.
Antonio Oratino, che prima militò tra le liste della Democrazia Cristiana, assessore alle Finanze
nella giunta presieduta da Carlo Leone, poi in contrasto con la linea politica del suo partito, abbandonò
la DC (1958) e costituì, unitamente a Francesco Testa, la lista civica del “Gallo”, che alle elezioni del
1962 ottenne un buon risultato, essendo eletti come consiglieri sia lui che Testa. Nello stesso periodo aderì al Partito Comunista Italiano, provocando una vera e propria svolta, non solo perché il PCI
Il boom economico e le contestazioni (1960 - 1980)
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veniva per la prima volta rappresentato in consiglio comunale vedendo tra i propri consiglieri un professionista, ma
anche perché l’Oratino si schierò pubblicamente contro
l’indiscusso potere politico di quel tempo.
Saverio Tramontano, segretario della sezione del Partito
Comunista Italiano di Pomigliano dal 1973 al 1978 e dal
1969 membro del comitato federale del PCI di Napoli. Dal
1975 fu consigliere comunale di Pomigliano e nelle giunte
di sinistra ricoprì gli incarichi di assessore al Personale, al
Commercio, al Lavoro, all’Edilizia popolare e alla Sanità.
Domenico Toscano, già figlio del consigliere comunale
Antonio, dagli anni della gioventù impegnato politicamente
nelle file della Democrazia Cristiana diventò il più giovane
consigliere comunale d’Italia nel 1975, all’età di 23 anni.
Raffaele Russo nel 1974 fu nominato segretario della
locale sezione del PSI e nell’anno successivo eletto al consiglio comunale di Pomigliano d’Arco e nominato assessore nella giunta guidata dal sindaco Francesco Testa, fino
a diventare sindaco nel 1980, nel 1985 e nel 1990.
Collezione fotografica della signora Luisa
Tommaso Sodano negli anni ‘70 partecipò alla grande staRomano. Sezione del PCI in Piazza Mercato
gione di lotte impegnandosi nel Movimento degli Studenti,
con il simbolo della lista del “Gallo”.
nelle battaglie civili per il diritto allo studio, al lavoro e per
la democrazia.
Pasquale Milo, membro del PCI, dagli anni ‘70 sino alla metà degli anni ‘80, fu consigliere e
assessore alla cultura del Comune di Pomigliano d’Arco.
Vincenzo Romano “ ’o marchesino”, militante del PCI e tesserato fin dal 1945, segretario di sezione nel 1964, rimase nel partito fino alla sua morte avvenuta nel 1984.
Antonio Oratino “zi’ totonn”, già autista personale di monsignore Felice Basile, operaio e membro
del collegio dei probiviri dell’Alenia e militante nel Partito Comunista Italiano.
Eugenio Donise, quadro del PCI, segretario FGCI, inviato a Pomigliano da Giorgio Napolitano per
fare palestra politica e affidato alle cure di Tramontano per candidarlo alle elezioni amministrative;
divenne consigliere comunale tra il ’72 e il ‘74 nella giunta Savella e fu uno dei promotori del cosiddetto “dialogo laico-cattolico”, avvenimento nuovo a Pomigliano, che si verificò con la crisi della
DC al governo e la scissione tra Savella e Caprioli. Fu segretario della Federazione PCI di Napoli e
senatore per due legislature.
Bibliografia
“Alfa Romeo : nuove scelta per uscire dalla crisi. Ieri la Conferenza di fabbrica. La mozione conclusiva, presenti per
il PCI i compagni Napolitano e Abenante”. L’Unità : Fondata da Antonio Gramsci nel 1924. Organo del Partito
Comunista Italiano. Sezione Napoli. n. 169 41(21 giugno 1964), p. 4. Roma, 1964.
Aliberti, Crescenzo. “Pomigliano d’Arco”. In Repertorio-dizionario dei Comuni della Provincia di Napoli : storia,
società, cultura ; a cura di Guido Agostino, vol. 2, pp. 262-275. Salerno, Paparo Edizioni, 2007, pp. 267-268.
Aliberti, Crescenzo. “Breve storia di Pomigliano d’Arco”. In City Book : Pomigliano d’Arco : un servizio per la tua
città. [S.n.t.], p. 35.
Il Compagno Totonno [Ricordo di Antonio Oratino] ; a cura di Luigi Antignani e Enrico Arcone. [Presentato alla Festa
dell’Unità : Parco pubblico Giovanni Paolo II, Pomigliano d’Arco, 24 giugno-5 luglio 2009]. Pomigliano d’Arco,
Associazione “il Pettirosso”, 2009.
Lista Rinascita pomiglianese … Vota Gallo. [Volantino Elettorale ; stampato dalla Lista civica Gallo, Elezioni
amministrative]. Pomigliano d’Arco, 1962.
204
Il boom economico e le contestazioni (1960 - 1980)
L’operato e il programma del PCI : decidiamo insieme cosa fare negli anni ’80. [Volantino Elettorale ; stampato dal
PCI, Elezioni amministrative]. Pomigliano d’Arco, La Tipografia s.r.l., 1980.
“Lutto. È deceduto il compagno Vincenzo Romano …”. L’Unità : Fondata da Antonio Gramsci nel 1924. Organo del
Partito Comunista Italiano. Sezione Napoli. n. 12 61(15 gennaio 1984), p. 17. Roma, 1964.
Saverio Tramontano candidato Consiglio Provinciale … [Volantino Elettorale ; stampato dal Partito dei Comunisti
Italiani, Elezioni Consiglio Provinciale]. Pomigliano d’Arco, 2004.
Vacca, Giovanni. Il Vesuvio nel motore : l’avventura del gruppo musicale operaio ‘e Zezi di Pomigliano d’Arco. Roma,
Manifestolibri ed., 1999, pp. 27-30.
Pomigliano d’Arco da Comune diventa “Città”
Giovanni Leone (Presidente della Repubblica, n. 1908 – m. 2001)
Tra le figure determinanti per la crescita della Città di Pomigliano emerge uno dei suoi figli più
illustri, Giovanni Leone, Presidente della Repubblica Italiana.
Nacque a Napoli il 3 novembre 1908 e trascorse tutta la sua infanzia, l’adolescenza e gran parte della
sua giovinezza a Pomigliano. Nel 1929 conseguì la laurea in giurisprudenza e, solo un anno più tardi,
la laurea in scienze politiche sociali. Dal 1933 al 1972 fu professore ordinario di Diritto e procedura
penale, insegnando nelle Università di Messina, Bari, Napoli e concludendo la sua carriera universitaria a Roma. Partecipò alla seconda guerra mondiale e nel 1944 si iscrisse alla Democrazia Cristiana,
diventando segretario politico del comitato napoletano del partito.
Nel 1946 fu eletto nelle file della DC all’Assemblea Costituente. Fu chiamato a far parte della
Commissione dei “Settantacinque” che redasse il testo preliminare della Costituzione, contribuendo
in modo incisivo alla formulazione delle norme in materia di libertà personali e di azione penale.
Durante la sua carriera politica raggiunse una serie di tappe importanti: nel 1948 fu eletto deputato
al Parlamento, diventando vice presidente della Camera dei Deputati dal 1953 al 1955 e presidente
nel 1955 in sostituzione di Giovanni Gronchi. Fu incaricato di formare due governi, nel 1963 e nel
1968; fu nominato senatore a vita nel 1967 da Giuseppe Saragat e, il 24 dicembre 1971, eletto
Presidente della Repubblica, incarico al quale fu costretto a rinunciare il 15 giugno del 1978, in
seguito alle richieste di dimissioni provenienti da più partiti. Date le dimissioni, ritornò al Senato
dove continuò ad impegnarsi con la correttezza che sempre caratterizzò il suo lavoro. Morì a Roma
il 9 novembre 2001.
Municipio di Pomigliano d’Arco, targa in ricordo del conferimento del titolo di “Città”.
Il boom economico e le contestazioni (1960 - 1980)
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Il Presidente Leone fu sempre legato a Pomigliano, la terra dei suoi avi; s’informava costantemente
di quanto accadeva a Pomigliano, patrocinando numerose iniziative come la fondazione del circolo
cattolico Leone XIII presso la parrocchia di Santa Maria delle Grazie, che è stato, come egli stesso
disse: «il luogo di incontro e di ripartenza di tutte le iniziative culturali, e non solo, presenti a
quell’epoca a Pomigliano». Inoltre, nella seconda metà degli anni sessanta esercitò un peso determinante nella scelta di Pomigliano quale sede per la costruzione del più grande stabilimento industriale
dell’Italia meridionale, l’Alfa Sud.
Sempre a Giovanni Leone si deve il conferimento a Pomigliano d’Arco del titolo di “Città”,
ottenuto il 9 gennaio 1974. Questo ha consentito alla città di compiere un notevole balzo in avanti
nella crescita, grazie all’accesso a leggi e finanziamenti europei per la realizzazione di opere e
interventi di urbanizzazione.
Bibliografia
Basile, Giovanni. Concorso Borsa di Studio “Luigi De Falco” : Anno scolastico 2005/06, Elaborati premiati ; a cura
di Giovanni Basile. Pomigliano d’Arco, Biblioteca comunale, 2006, p. 26.
Cederna, Camilla. Giovanni Leone : la carriera di un presidente. Milano, Feltrinelli Editore, 1978.
Chiara, Piero. Una storia italiana : il caso Leone. Milano, Sperling & Kupfer Editori, 1985.
Città di Pomigliano d’Arco. Provincia di Napoli. In memoria di Giovanni Leone : Commemorazione del Presidente
emerito della Repubblica prof. Sen. Giovanni Leone ; intervento del Sindaco Michele Caiazzo in occasione del
Consiglio comunale del 28 novembre 2001. Pomigliano d’Arco, Comune di Pomigliano d’Arco, 2002.
Le lotte operaie e studentesche dal contesto nazionale alle fabbriche di Pomigliano
Il 1968 ebbe un suo specifico e autonomo rilievo in tutto l’occidente capitalistico in riferimento al
movimento di contestazione e rivolta studentesca. Alla fine degli anni ’60 nelle università e nelle
scuole emersero una serie di organizzazioni appartenenti a quella galassia rivoluzionaria che era nata
a ridosso dei fenomeni di contestazione politica e sociale, definiti “movimenti” da molti storici.
Cominciò un intero ciclo politico, sociale e culturale che dalla metà degli anni ’60 alla fine degli anni
’70 venne definito “la stagione dei movimenti”, preceduta dalla crisi di alcuni sistemi, e contraddistinto dalla reazione prima di tutto delle giovani generazioni.
In Italia, gli anni ’60 furono caratterizzati da fermenti e travagli postconciliari del mondo cattolico,
dalla crisi del centrosinistra, dall’unificazione e spaccatura del Partito Socialista che portò alla nascita
del PSIUP, dal ruolo di formazioni culturali come i Quaderni Rossi. La sinergia tra fronte studentesco
e fronte operaio costituì la forza d’urto che nell’autunno caldo del ‘69 condusse al tormentato rinnovo del contratto dei metalmeccanici, una delle categorie più numerose della classe operaia.
Per gli anni ’70 va ricordata l’avanzata del PCI, con l’ascesa del suo leader più carismatico, Enrico
Berlinguer, il referendum sul divorzio, la strategia della tensione, locuzione che identificava un certo
disegno politico dietro l’insieme delle stragi e degli attentati terroristici avvenuti in Italia a partire
dalla strage di Piazza Fontana nel 1969. Quelli furono anche gli anni del “compromesso storico”, cioè
gli accordi avvenuti, su proposta del segretario del PCI Berlinguer con la Democrazia Cristiana di
Aldo Moro, per una proficua collaborazione di governo, che provocò la nascita del sovversivismo
rosso, con al suo interno gruppi della sinistra extraparlamentare (Il Manifesto, Lotta Continua,
Avanguardia Operaia). Alcuni degli adepti di questi gruppi proseguirono la lotta sotto forma di
rivoluzione culturale, altri, più tardi, optarono per l’adesione alle organizzazioni di lotta armata,
determinando la comparsa del terrorismo e gli anni di piombo, con l’estrema sinistra che boicottò il
PCI e spinse i terroristi delle Brigate Rosse a rapire e uccidere Aldo Moro nel 1978.
Fu in generale una stagione politica e ideale ricca, di cui furono protagonisti i giovani, gli studenti,
gli operai, i lavoratori, le donne. Un ruolo decisivo ebbero le organizzazioni dei metalmeccanici Fim,
Fiom, Uilm e la FML, la nascita e l’affermarsi dei consigli di fabbrica come strutture di base del
sindacato unitario, che entro il 1970 furono eletti in quasi tutti gli stabilimenti. Nelle scuole e nelle
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Il boom economico e le contestazioni (1960 - 1980)
università furono costituiti i sindacati aderenti a CGIL, CISL e UIL.
Dalle lotte sindacali della fine degli anni sessanta scaturì la Legge 300 del 20 maggio 1970, nota
come lo Statuto dei diritti dei lavoratori, che rappresentava la suprema conquista. Si tratta di un vero
compendio di norme circostanziate inerenti le libertà di associazione, di pensiero e l’esercizio della
democrazia nei luoghi di lavoro oltre alla tutela della dignità dei singoli lavoratori.
Nella vita sindacale delle fabbriche nell’area di Pomigliano, all’Aeritalia e all’Alfa Romeo, i fermenti dei giovani, i bisogni di cambiamento e la battaglia politica si svilupparono essenzialmente
all’interno del percorso di rinnovamento del sindacato. Nelle fabbriche di più antico insediamento,
l’Aeritalia e l’Alfa Romeo, furono particolarmente significative le lotte contro la repressione, per
l’agibilità democratica delle strutture sindacali, per la mensa uguale per tutti i lavoratori, e queste
lotte si intrecciarono con quelle all’Alfa Sud, dove l’identità industriale, politica e culturale era tutta
da costruire, così come la sua sindacalizzazione.
Erano tante, circa quaranta, le sigle dei movimenti territoriali inventariate dai documenti degli archivi. Alcune, come la Confederazione Unitaria di Base (CUB) e il Fronte Unito erano espressione di
una reale presenza e forza in fabbrica ed eleggevano delegati. Altre, come Lotta Continua, rappresentavano interventi di organizzazioni esterne che cercavano un radicamento all’interno. Si formò
così una generazione di militanti sindacali che, partendo dalle esperienze e dalle lotte nei luoghi di
lavoro, assunse un ruolo rilevante nella direzione politica del sindacato napoletano.
Nel Libro bianco dell’Alfasud gli operai e i delegati, autori del libro, hanno documentato tutti i disagi
patiti dalle maestranze operaie negli anni ’70 presso lo stabilimento, registrando un’incidenza di
Collezione fotografica dell’Associazione il “Pettirosso”. Manifestazione operia davanti ai cancelli dell’Alfa Sud.
Il boom economico e le contestazioni (1960 - 1980)
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infortuni sul lavoro e malattie pressocché tripla rispetto alla media nazionale delle altre fabbriche
metalmeccaniche con analogo processo produttivo. Disagi, questi, che furono tra le cause scatenanti
delle varie lotte messe in atto.
All’Alfa Sud l’elezione per il consiglio di fabbrica nei primi mesi del 1972 coincise con un anno
intenso in cui la lotta sindacale si fece particolarmente accesa e non mancò di coinvolgere la popolazione locale, memore ancora dei fatti del 1964 all’Alfa Romeo. Ci furono licenziamenti e scontri
con carabinieri e polizia fuori ai cancelli della fabbrica. Le lotte naturalmente coinvolsero anche gli
altri due storici stabilimenti pomiglianesi, l’Alfa Romeo e l’Aeritalia.
Momenti drammatici di lotta per il lavoro si ebbero durante la metà degli anni settanta quando
l’ambizione di tutti era il “posto fisso” nella grande fabbrica. Un movimento coordinato tra le varie
realtà locali, con presenze sindacali e politiche, fu quello che si sviluppò in relazione alle “quote” di
occupati spettanti ad ogni comune e da impiegare nello stabilimento Alfa Sud. Fuori dalla fabbrica
imperversava la battaglia per le assunzioni, da un lato sulla spinta delle lotte sociali, dall’altro tramite la gestione clientelare e paternalistica dei notabili del potere. A questo punto la vicenda dell’Alfa
Sud, e di riflesso quella dei militanti sindacali si incrocia con il movimento napoletano dei
Disoccupati Organizzati (DO) che, in quegli anni, lottava per ottenere un posto di lavoro stabile e
sicuro. La grande fabbrica pomiglianese sembrava, così come l’Italsider di Bagnoli, un approdo possibile per i senza lavoro e fu meta di picchetti per impedire gli straordinari. Fuori dalla fabbrica di Pomigliano
manifestavano pure i gruppi musicali operai folkloristici, ‘E Zezi, Nacchere Rosse e Folk d’Asilia.
Va ricordato pure il gruppo dei giovani studenti di Pomigliano che fondarono il Centro di Iniziativa
Politica e Culturale (C.I.P.C.), aderente al movimento studentesco. A Pomigliano infatti, le lotte studentesche precedenti al 1976-77 si erano incontrate e confrontate con quanto la classe lavoratrice
locale andava rivendicando in termini di diritti sociali e democratici. Fu così che molti giovani si
ritrovarono fianco a fianco dei lavoratori pomiglianesi nelle lotte degli anni settanta. Le assemblee
degli studenti si svolgevano all’ITIS di Pomigliano ed erano espressione di un movimento di battaglia per la democrazia nella scuola; i ragazzi, affascinati da quanto studenti e operai erano riusciti ad
ottenere nel resto del paese, guardavano alle esperienze della lotta operaia pomiglianese con una
certa simpatia e ambivano ad esserne protagonisti.
A metà degli anni ’70, contestualmente alle lotte per l’occupazione e alla fase di maggiore espansione occupazionale dell’Alfa Sud, i sindacati e le forze politiche spingevano pure per la realizzazione
dell’Apomi 2, una nuova ed autonoma situazione industriale che doveva trovare il proprio punto di
forza nella produzione dei veicoli commerciali, al fine di creare un indotto di decine di migliaia di
nuovi posti di lavoro. L’ipotesi di Apomi 2 però svanì. Nel febbraio 1976 scioperi e scontri con le
forze di polizia portarono all’arresto di 17 operai dell’Alfasud processati nel giugno 1977.
Il 1977 fu l’anno cruciale delle lotte e della politica italiana, tanto da essere paragonato al 1968,
quale anno di forti contestazioni giovanili. Ma mentre il 1968 segnalava il risveglio della classe
operaia italiana, ed apriva un periodo pre-rivoluzionario in cui i lavoratori italiani avrebbero potuto
prendere il potere, il 1977 segnalava ben’altra cosa: la netta separazione tra una fascia di giovani
e lavoratori e la massa, nonché l’allontanamento di alcuni gruppi estremisti dalla classe operaia
che contava sulle riforme del governo.
Il 1977 segnava una tappa importante nel passaggio dall’ascesa rivoluzionaria del periodo 1968-77
agli anni successivi che videro sparire dalla scena politica italiana non solo tutti i vari gruppi della
sinistra rivoluzionaria nati sull’onda del ’68 ma anche il più grande partito comunista dell’occidente
che finirà con la scissione del 1991.
Alla fine degli anni ’60 nascevano tanti gruppi rivoluzionari, da Lotta Continua ad Avanguardia
Operaia, dal Partito di unità proletaria (PduP) ad Autonomia Operaia e tanti altri. L’orientamento
delle masse verso il PCI non si rifletteva solo nell’accresciuta militanza ma anche a livello elettorale,
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milioni di giovani e lavoratori votavano comunista per la prima volta. Questo fu evidente nelle amministrative del 1975, quando anche a Pomigliano vinsero le sinistre, e poi nelle politiche del 1976 dove
il PCI raggiunse il suo massimo storico con oltre il 34% dei consensi elettorali. Se al risultato del PCI
si aggiunge il voto per il Partito Socialista (che si era spostato a sinistra) e il voto per il cartello elettorale Democrazia Proletaria, l’insieme del voto a sinistra superava il 48%.
Il voto del 1976 suscitò grandi entusiasmi e grandi speranze tra le masse operaie e giovanili. Veniva
visto come l’inizio di un cambiamento serio nel paese. Ma la delusione era dietro l’angolo.
Nell’autunno del 1976 l’annuncio del programma d’austerità emanato dal governo Andreotti
provocò una risposta dura ed immediata da parte degli operai in tutta Italia.
Le fabbriche erano ormai in rivolta, scioperi selvaggi e manifestazioni di protesta scoppiavano
ovunque. Questo distacco tra i giovani, in particolare, e i vertici del PCI e della CGIL, si rivelò in
maniera drammatica negli scontri tra studenti e servizio d’ordine del PCI e della CGIL nell’Ateneo
de La Sapienza a Roma, il 17 febbraio del 1977, quando in un comizio del segretario generale della
CGIL, Luciano Lama, gli studenti in mobilitazione si raccolsero per contestarlo e lo allontanarono
dall’Università.
La massa dei lavoratori però continuava a sperare che la collaborazione tra PCI e DC potesse portare
a qualcosa di buono. Ai loro occhi non era comprensibile la contestazione di questa fascia di giovani
che si spingeva fino allo scontro fisico con le forze del PCI. Berlinguer arrivò a paragonare i gruppi
della sinistra extraparlamentare ai fascisti, aumentando ulteriormente il distacco tra loro e la massa,
che aveva fiducia nel governo Andreotti, detto della “non sfiducia”, per realizzare le tanto attese
riforme, e la sinistra di fabbrica si modificò di conseguenza.
A Pomigliano, la sinistra dimostrò il suo dissenso dai movimenti politici extraparlamentari che si
erano lasciati coinvolgere dalla spirale terroristica quando il 6 aprile del 1977 fu sequestrato il compagno Guido De Martino, segretario provinciale del PSI. In questa occasione il consiglio di fabbrica
dell’Alfa Sud pubblicò un durissimo comunicato diretto a tutti i lavoratori della zona. I militanti
sindacali furono tra i primi a chiamare i cittadini alla mobilitazione e alla vigilanza democratica.
Assemblee nelle scuole, volantinaggi nelle realtà sociali e presìdi furono alcune delle forme di
presenza privilegiate per far comprendere che coloro che combattevano il terrorismo non erano
marziani, bensì gli operai, gli studenti, i lavoratori stessi.
Di lì a poco, nel 1978, fu sequestrato Aldo Moro, segretario della DC, e cominciò una crisi di governo.
L’esito del sequestro, con la morte di Moro, segnò l’inizio del declino dei movimenti più estremisti
come Lotta Continua e PdUP. Nacque la Democrazia Proletaria che riattivò la vecchia rete dei CUB
e incanalò una parte di Lotta Continua.
Quando nel 1978-79 arrivò la stagione del rinnovo dei contratti di lavoro, mentre i vertici sindacali
continuavano a predicare moderazione, i lavoratori cercavano di recuperare il potere d’acquisto perso,
ricominciando scontri durissimi nelle piazze e fuori le fabbriche. A Pomigliano, durante una manifestazione davanti la scuola elementare Ponte, ci furono diversi arresti, tra cui Michele Caiazzo, all’epoca segretario di sezione FGCI, estraneo agli scontri e accorso a sedare gli animi di alcuni compagni.
Le lotte di quegli anni videro il loro compimento nell’estate del 1979, in occasione di una veglia ai
cancelli delle fabbriche pomiglianesi per il rinnovo del contratto di lavoro. Enrico Berlinguer venne
a Pomigliano, in occasione dell’inaugurazione della Casa del Popolo di Acerra, a vedere come funzionava lo stabilimento Alfa Sud, incontrando una folta delegazione di operai. Il servizio d’ordine
per la visita del segretario comunista fu affidato, oltre alle forze di polizia, anche ai compagni del
PCI locale, sotto la supervisione di Saverio Tramontano. Berlinguer trascorse con gli operai un intero
pomeriggio, mentre sul suo tavolo si affollavano centinaia di fogli che iniziavano tutti con la formula
«Compagno Berlinguer voglio chiederti [...]», prestampata dal partito, a cui loro avevano aggiunto
domande, richieste, riflessioni. Berlinguer, che con pazienza e interesse prendeva appunti e ragionava
Il boom economico e le contestazioni (1960 - 1980)
209
Collezione fotografica dell’Associazione il “Pettirosso”.
Enrico Berlinguer durante il comizio tenuto davanti ai cancelli dell’Alfa Sud il 30 maggio 1979.
con loro, rispose con la sua voce ferma e precisa a tutte le istanze, affermando che «la lotta per il lavoro porta all’interno dell’uomo la dignità», proprio in un momento di grave crisi industriale.
La quasi totalità dei disoccupati dell’area pomiglianese continuò a riporre le proprie speranze
nell’Alfa Sud, nell’Aeritalia, nell’Alfa Romeo. Però, dopo la fase delle assunzioni, all’inizio degli
anni ’80, l’unico movimento organizzato che rimase in piedi fu quello del famoso gruppo dei “48 di
Pomigliano”, appellativo che derivò a questi disoccupati dalla loro tenacia e testardaggine nel portare avanti la lotta fino all’assunzione, mentre nelle altre realtà locali della zona il sogno del posto di
lavoro nella grande fabbrica incominciava ad essere esaudito da discussi personaggi politici attraverso forme e modi che implicavano denaro e voti di scambio.
Bibliografia
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210
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I gruppi e movimenti politici di contestazione a Pomigliano
Insieme ai grandi partiti come DC, PCI, PSI, che erano molto radicati sul territorio, a metà degli anni
sessanta cominciarono a nascere anche a Pomigliano movimenti politici di contestazione operaia.
Il primo di questi movimenti fu un gruppo conosciuto come “Lotta di lunga durata” dal nome del
giornale che veniva diffuso nelle manifestazioni politiche e fuori dalle fabbriche e che aveva aderito
al Partito Comunista marxista-leninista Italiano (PCmlI). Tale partito nacque a Livorno nel 1964 e fu
diretto da Osvaldo Pesce, che trovò a Napoli un gruppo di seguaci capitanati dal fisico Gustavo
Ermann, il quale iniziò la diffusione del pensiero maoista, in contrapposizione con la linea del Partito
Comunista Italiano, assumendo, altresì, la difesa dell’azione politica di Stalin. Il movimento Lotta di
lunga durata aprì una sede ad Acerra e riuscì ad insediarsi tra i lavoratori dei cantieri edili durante la
costruzione dell’Alfa Sud.
Nel 1972 il gruppo guidato da Ermann subì una scissione. Il gruppo di Acerra, insieme ad altri gruppi
provinciali, costituì l’Organizzazione comunista marxista-leninista (OCml) che pubblicava il giornale
Fronte unito, nome con il quale in seguito verrà identificata. Tale gruppo decise di lavorare nel
sindacato nei consigli di fabbrica e nella FIOM, considerati delle organizzazioni di massa in cui i
marxisti-leninisti dovevano essere attivi partecipanti. Questo gruppo, alla fine del 1974, lasciò anche
Fronte Unito e si fuse con il PdUp-Manifesto, contribuendo alla succesiva costituzione di Democrazia
Il boom economico e le contestazioni (1960 - 1980)
211
Proletaria su tutto il territorio della Provincia di Napoli e partecipando con i riferimenti della sinistra
sindacale napoletana alla costituzione della “Terza Componente” nella FIOM e nella CGIL.
Il PCI, all’inizio dell’attività dell’Alfa Sud, riuscì a far gestire le assunzioni sulla base delle liste di
collocamento; tanti giovani comunisti preparati, ma disoccupati, entrarono come quadri nello stabilimento e contrastarono l’attività di questo movimento estremo, orientando la massa dei lavoratori,
che rimaneva legata al partito comunista.
Alla fine degli anni sessanta, altri gruppi estremisti presero piede sul territorio di Pomigliano e
presso le sue fabbriche meccaniche. Qui si stabilì un gruppo di giovani inviato da Lotta Continua,
che svolse un lungo e costante lavoro esterno alle fabbriche attraverso la diffusione di volantini e
del giornale del movimento. Stefano Paoloni, Sergio Aida, Elena Coccia, Paolo Liguori furono
alcuni dei rappresentanti di Lotta Continua a Pomigliano. L’adesione degli operai a questa organizzazione fu molto scarsa, ma una piccola compagine esisteva e si faceva sentire nelle assemblee
e nelle riunioni di reparto.
Un’altra iniziativa politica, estranea alle attività dei partiti istituzionali, fu quella dei preti operai di
Pomigliano e del Movimento Politico dei Lavoratori (MPL), che nasceva dalle Associazioni
Cristiane Lavoratori Italiani (ACLI) e aveva come rappresentanti alcuni gesuiti di grande sensibilità
come padre Rolando e padre Michele. Il gruppo dell’ex ACLI successivamente aderì a Democrazia
Proletaria, seguendo Giovanni Russo Spena e Domenico Iervolino, che in seguito diventarono riferimenti nazionali di quella formazione politica.
Finiti gli anni ’70, il movimento dei giovani del 1977 prendeva atto che una fase della contestazione giovanile era finita e che il movimento sindacale operaio subiva una grave sconfitta nel 1980
alla Fiat di Torino. Qui, nell’ottobre di quell’anno, dopo un mese durante il quale gli operai avevano
bloccato i cancelli di Mirafiori e protestato contro l’ipotesi di licenziamento di oltre ventimila
dipendenti, i sindacati capitolarono, firmando l’accordo con la Fiat. Quel momento segnò il tracollo del movimento sindacale, trascinando con sé la miriade di sigle e gruppi che aveva distinto
una stagione irripetibile.
Anche nel comprensorio di Pomigliano-Acerra la crisi fu avvertita dai vecchi gruppi politici, che
dovettero confrontarsi con il fenomeno della nuova camorra, devastante per la vita sociale e politica
dell’intera area.
Bibliografia
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Gruppi operai folk pomiglianesi
Le lotte operaie dei primissimi anni settanta rappresentarono l’atto fecondo a partire dal quale una
nuova connotazione culturale si diffuse nella cittadina, grazie al protagonismo profuso a Pomigliano
dalle fabbriche. Un complesso di situazioni economiche e sociali fece della città un laboratorio
culturale e politico che suscitò l’interesse di personalità e movimenti di livello nazionale.
Un secolo dopo Vittorio Imbriani, toccò ad un altro studioso della tradizione, Roberto De Simone,
musicista di estrazione colta ma anche musicologo, compositore e regista teatrale, occuparsi del recupero della tradizione popolare attraverso le ricerche intorno al Monte Somma, soffermandosi non
poco su Pomigliano d’Arco, e tentando di recuperare i canti attraverso il lavoro della Nuova
Compagnia di Canto Popolare (Nccp).
Nella realtà pomiglianese fiorivano gruppi, associazioni e singole personalità, dai Zezi alle Nacchere
Rosse, che intrapresero un lavoro intenso di riappropriazione della tradizione, poiché la nascita
dell’Alfa Romeo nel 1939, la guerra, nonché la nascita del polo industriale dell’Alfasud avevano del
tutto rimosso dalla memoria collettiva la dimensione significante del tempo trascorso come comunità
agricola. La ripresa della tradizione avvenne di conseguenza tenendo conto della mutazione antropologica subita nel tempo. Il recupero del patrimonio folk contadino si affiancò all’esigenza di dover
esprimere i disagi sociali attraverso le forme della contestazione.
Bibliografia
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Centro Cultura Popolare. Fare cultura nel mezzogiorno : Nel decennale del Centro Cultura Popolare Via F. Bandiera
16/20. Pomigliano d’Arco (Napoli) ; a cura di Marina Cappelli, Aldo Cigliano, Viviana Cocco, Giuliana Monte,
Maurizio Pietrovita. Pomigliano d’Arco, Centro cultura popolare, [s.d.].
Conoscere Pomigliano d’Arco : Periodico di informazioni di comune utilità ; direttore responsabile Salvatore Adorno ;
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Il boom economico e le contestazioni (1960 - 1980)
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De Falco, Mario. Acquerelli pomiglianesi : ricordi di personaggi, usi e tradizioni di una Pomigliano che non c’è più ;
prefazione di Giovanni Basile. Marigliano, Istituto Anselmi, 2003, pp. 66-69, 77-78.
De Simone, Roberto. Canti e tradizioni popolari in Campania : appendice critica di Giuseppe Vettori ; collaboratori
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Dugo Iasevoli, Vera. Guida storico-artistica di Pomigliano d’Arco : alla riscoperta del centro storico ; presentazione
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“O ppane e mamella…” … al “popolo” della scuola : Quaderni di Cultura Popolare ; raccolta di documenti a cura
di ‘E Zezi Cooperativa culturale del Gruppo Operaio di Pomigliano d’Arco ; con il contributo
dell’Assessorato all’Istruzione e Cultura della Regione Campania ; con le collaborazioni di Patrizio Esposito
e Ciro Oliviero Gravier ; testi di Luigi Coppola, Pasquale Corbo, Elisa Gaglione, Gridas, Katrin Kroll,
Renato Ottobre ; immagini fotografiche di Enzo Panico. n. 1(dic. 1985-apr.1986). Napoli, Edizioni “Zezi in
Coop” – l’Alfabeto urbano, 1986.
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Sgammato, Giovanni. Pummigliano ra ‘e patane all’apparecchie ; prefazione di Stefano De Matteis. Urbino, edizione
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Simone e Gennaro Rogliani ; presentazione di Enrico Marino ; prefazione di Lucio Fino. Marigliano, Istituto
Anselmi, 1998, pp. 55-63.
Vacca, Giovanni. Il Vesuvio nel motore : l’avventura del gruppo musicale operaio ‘e Zezi di Pomigliano d’Arco. Roma,
Manifestolibri ed., 1999.
Gruppo Operaio ’E Zezi
Il Gruppo Operaio ’E Zezi di Pomigliano nacque verso la fine del 1974, nel clima del folk revival
napoletano, a ridosso del lavoro artistico della Nuova Compagnia di Canto Popolare, per tentare un
recupero della tradizione popolare non mediato da contaminazioni colte e un uso politico di questa
cultura, in linea con il percorso del folk della contestazione, allontanandosi dalla via del successo
della Nccp.
L’intento del gruppo dei Zezi era quello di far entrare nel canto di ispirazione contadina gli
avvenimenti del quotidiano, la storia, per essere espressione di classe e motore di iniziative sociali,
catalizzando l’energia creativa non solo di operai e braccianti, ma anche di soggetti sociali come
militanti di sinistra, disoccupati, studenti, insegnanti, artigiani e chiunque desiderasse partecipare e
sentirsi veicolo di trasformazione.
In tale contesto, il Gruppo Operaio ’E Zezi rappresentò un potente serbatoio di quella che un tempo
si sarebbe definita “soggettività antagonista”, un collettore di energie e di idee, un laboratorio, forse
unico in Italia, di creazione operaia sui precedenti modelli espressivi contadini.
Il Gruppo Operaio ’E Zezi nacque come aggregazione di operai, disoccupati e militanti di sinistra per
dar voce ad un collettivo politico-artistico. Il gruppo venne fondato e coordinato da Angelo De Falco
“ ’o prufessor”, scenografo, già collaboratore di Roberto De Simone e della Nccp.
Il nome del gruppo viene dai “zezi”, attori improvvisati degli anni '50, che giravano per Pomigliano
e le campagne limitrofe recitando la Canzone di Zeza, una rappresentazione teatrale popolare di un
rituale di carnevale, un tempo diffuso in tutta la Campania, ripetuto diverse volte nei giorni di
214
Il boom economico e le contestazioni (1960 - 1980)
Foto di Enzo Simonelli. Gruppo Operaio ’E Zezi, 1978.
carnevale tra le strade, i cortili e le masserie. Il Gruppo Operaio si formò a Pomigliano in una
“casarella” di via Carmine Guadagni, così affettuosamente detta perché locali di questo tipo venivano
presi in affitto a pochi soldi per incontrarsi, discutere e suonare insieme. Prevalentemente formato da
proletari provenienti dal mondo contadino e forzatamente inseriti nel contesto industriale, ’E Zezi si
configurarono subito come “collettivo”, come un gruppo in cui le scelte artistiche o politiche erano
decise collettivamente.
Il nucleo originario era costituito, oltre che da Angelo De Falco, da Tonino Esposito “ ’o stoc”,
Pasquale Bernile, Antonio De Falco “cemmenera”, Pasquale Terracciano “ ’o pissetto”, Luigi
Cantone, Ugo Basile, Matteo D’Onofrio, Marcello Colasurdo, Pasquale De Cicco, Nino Marzo,
Vincenzo Panico “mumù” e Daniele Sepe.
La prima operazione del Gruppo Operaio fu il recupero della Canzone di Zeza, che a Pomigliano
era scomparsa dal 1956. Successivamente riproposero la rappresentazione popolare dei Dodici
Mesi; allo stesso tempo il gruppo svolse un accurato lavoro per amalgamare il canto popolare con
la canzone di protesta.
Il primo disco, del 1976, Tammurriata dell’Alfasud, testimonia l’approccio scelto dalla formazione
che, attraverso tematiche di stretta attualità, riporta un esempio di teatro politico messo in scena.
Il disco contiene la Tammurriata dell’Alfasud che riprende il ritmo dell’omonimo ballo tradizionale
per denunciare il clientelismo nelle assunzioni in fabbrica e la Tammurriata de pummarole che
denuncia lo sfruttamento dei lavoratori nell’agricoltura. Ma il brano più noto, il cavallo di battaglia
del Gruppo Operaio di Pomigliano, è senz’altro A Flobert, dal nome di una fabbrica di armi giocattolo saltata in aria nelle campagne di Sant’Anastasia l’11 aprile 1975, che causò la morte di dodici
operai e il ferimento di molti altri.
Il boom economico e le contestazioni (1960 - 1980)
215
Foto di Patrizio Esposito / l’Alfabeto Urbano. Gruppo Operaio ’E Zezi. Carnevale nella masseria “Dei Dottori”, 1987.
La vicenda del gruppo ‘E Zezi ha abbracciato tutte le fasi della storia del movimento operaio italiano,
infatti sono stati presenti nelle manifestazioni e nei picchetti davanti ai cancelli delle fabbriche, così
come nella veglia davanti all’Alfa Sud nel luglio del 1979.
Nel 1975 la frenetica attività del gruppo coinvolse Marcello Colasurdo, all’epoca barista poco più che
ventenne, che riuscì ad entrare nel gruppo grazie alle sue strordinarie doti canore fino a diventarne
uno dei principali protagonisti. Presente sulla scena della musica popolare da piu di trent’anni, ha
inizialmente coniugato l’attività operaia con quella artistica. Nel 1995, stanco dei collettivo Zezi,
decise di avviare la carriera da solista e nel 1996 costituì il gruppo musicale che da lui ha preso il
nome di “Marcello Colasurdo e Paranza” con il quale ha inciso il disco E manco ’o sole ce ’a sponta.
Durante la sua carriera artistica ha collaborato con diversi artisti tra i quali gli Almamegretta, i 99
Posse, i Bisca e la Nccp, con i quali ha partecipato a numerosi concerti dal vivo. Ha fatto parte anche
del gruppo Spaccanapoli, nato da una clamorosa scissione di altri componenti del Gruppo Operaio
’E Zezi, con il quale ha inciso il disco Lost souls (Aneme perze) per la casa discografica inglese Real
Word che fa capo a Peter Gabriel, tenendo concerti in USA, Giappone, Malesya, Turchia ed Europa.
Matteo D’Onofrio, operaio all’Alfasud, è stata una delle voci storiche dei Zezi fino al 2007 anno in
cui è fuoriuscito dal gruppo.
Daniele Sepe invece è noto oggi come un affermato musicista jazz, ma la sua carriera prese avvio
proprio nel Gruppo Operaio in cui da giovanissimo suonava i fiati. Diventato un affermato autore,
sassofonista e compositore di tante colonne sonore per il cinema, ha poi collaborato nelle successive
evoluzioni dei Zezi.
Giovanni Sgammato, che fin dai primi tempi ha collaborato e ispirato il gruppo fornendo i documenti
e le notizie della originaria epopea dei “zezi” degli anni cinquanta, è stato un importante personaggio
216
Il boom economico e le contestazioni (1960 - 1980)
delle lotte operaie e sindacali all’Alfa Romeo di Pomigliano, e si è interessato seriamente alle tradizioni popolari locali. Appassionato frequentatore delle feste mariane (Madonna a Castello,
Montevergine, Madonna dell’Arco), nel periodo di Carnevale ha spesso organizzato i carri allegorici, i fuochi di S. Antonio, le rappresentazioni della Zeza, dei Dodici Mesi, dei Mestieri. Nel 1984,
dopo una partecipazione al Carnevale con i Zezi, restò nel gruppo. Nel ‘92 lasciò ’E Zezi e, insieme
ad altri amici, diede vita ad un gruppo dal nome Rarecanova, dove trovò la possibilità di esprimersi
interpretando testi che lui stesso aveva scritto. Continuò a raccogliere appunti sulle tradizioni di
Pomigliano che pubblicò nel libro dal titolo Pummigliano ra ‘e patane all’apparecchie, in cui racconta di maschere ormai dimenticate e che lui stesso fa rivivere in un gioco di travestimenti, come
l’incensiere, la vecchia d’’o Carnevale, il Pazzariello, il Pulcinella, il Banditore e tanti altri personaggi della tradizione. Dopo aver continuato a studiare la tradizione locale lavorando ad ulteriori
pubblicazioni, ha dato vita all’associazione ’A sunagliera con l’intento di far rivivere la cultura popolare nell’attuale contesto culturale globalizzato.
Pasquale Terracciano ha fatto parte della formazione originaria del Gruppo Operaio e dopo varie
esperienze in altri gruppi, Rarecanova e Napoli Extracomunitaria, è ritornato nei Zezi per continuare il loro progetto musicale.
Quella dei Zezi è stata la formazione più longeva e attiva rispetto a tutti gli altri gruppi folk nati a
Pomigliano sulla loro scia. Gli altri dischi pubblicati dal gruppo sono: Auciello ro mio (1994), Zezi
vivi (1996), Diavule a quatto (2003) e Triccabballacche (2007).
Bibliografia
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Il boom economico e le contestazioni (1960 - 1980)
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Gruppo Operaio ‘E Zezi di Pomigliano d’Arco. Tammurriata dell’Alfa Sud. 1 CD (ca. 72 min.) + 1 fasc. con i testi di
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218
Il boom economico e le contestazioni (1960 - 1980)
Collettivo Operaio Nacchere Rosse
Il Collettivo Operaio Nacchere Rosse nacque nel dicembre 1975 sotto forma di “collettivo operaio”
per la ricerca di forme culturali ed espressioni popolari tra cui il canto contadino dell’entroterra
campano e del Sud dell’Italia, al fine di rielaborarlo nel contesto operaio. Oltre alla ricerca ed alla
elaborazione di canti e musiche della cultura contadina, le Nacchere Rosse s’impegnarono nella composizione di brani inediti che furono poi pubblicati nel loro primo LP intitolato Noi vi spar(l)iamo
addosso, inciso nel 1978. Ebbero prestigiose collaborazioni con il Living Theatre di New York e con
Dario Fo, prima nell’opera teatrale il Mistero Buffo, poi nel 2004 hanno composto canti e musiche
per la serie televisiva Teatro in Italia.
I componenti del Collettivo furono Alberto Guadagno, Tonino Rea, Ciro Esposito, Pasquale
Marinelli, Aniello De Cicco, Enzo Toscano, Nino Manna, Laurino Cervone, Enzo La Gatta, Gennaro
Ciotola e Salvatore Alfuso. Questi ultimi tre, amici di lungo corso, già prima di iniziare questa impegnativa avventura avevano condiviso esperienze e passioni. Fu Salvatore Alfuso detto “Sciascià”
proveniente dal Gruppo Operaio ’E Zezi a coinvolgere nel progetto sia Enzo La Gatta “tre bastoni” sia
Gennaro Ciotola “ ’o parricchiano”, letteralmente strappandolo alla pratica di esibirsi nei matrimoni.
I membri del Collettivo erano compagni di fabbrica, studenti e disoccupati, che diedero vita ad una
serie di incontri politico-musicali durante i quali vennero riconosciuti il talento di Alfuso e condivise le sue idee. Egli cominciò a cantare accompagnato da nacchere e tammorre e con semplici parole
che parlavano di lavoro e della voglia di cambiare il mondo. Compose canzoni capaci di coinvolgere chiunque le ascoltasse.
Le Nacchere Rosse furono i maggiori interpreti, tra i gruppi di Pomigliano, dell’atavico malessere
delle genti del Sud nei confronti del potere di Roma. Un malessere che, alla fine degli anni settanta,
era attuale e diffuso, nonostante le profonde modificazioni e le conquiste ottenute dalle contestazioni
studentesca e operaia. A ciò deve aggiungersi che, sul finire del 1975, venne bloccata l’erogazione
dei finanziamenti alla Cassa per il Mezzogiorno, privando il popolo meridionale anche di quel poco
Archivio web Nacchere Rosse. Milano 1976.
Il boom economico e le contestazioni (1960 - 1980)
219
Associazione Nuove Nacchere Rosse. Siamo fatti di memoria. Concerto all’interno della fabbrica della Flobert, 1975.
che riusciva ad affluire per evitare il tracollo economico.
Dopo la scomparsa di “Sciascià”, all’età di 36 anni, una prima commemorazione in suo onore si
tenne nel mese di febbraio del 1992 al Teatro Gloria di Pomigliano, durante la quale vennero
presentati gli ultimi lavori multimediali del progetto delle Nuove Nacchere Rosse. La più recente
commemorazione realizzata a Pomigliano risale al 30 maggio del 2004 e si è svolta nel Parco
Pubblico Papa Giovanni Paolo II. Per l’occasione furono invitati molti di coloro che conobbero questo “popolare Masaniello”, al quale resero omaggio con un lavoro musicale a cura di Enzo La Gatta,
dal titolo Tammorra a sunagliera. All’affollatissima manifestazione parteciparono quasi 10.000
persone ed intervennero le Nuove Nacchere Rosse, Marcello Colasurdo, Nello Daniele, Enzo
Gragnaniello, Tony Cercola, Dario Fo e importanti leader politici.
Bibliografia
Associazione Nuove Nacchere Rosse. Siamo fatti di memoria : Il collettivo operaio Nacchere Rosse tra musica e impegno civile. Documentario; con testimonianze di Antonio Rea, Enzo la Gatta, Ciro Esposito; contributo artistico
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Parascandolo e Raffaele Siniscalchi ; a cura del gruppo di ideazione e produzione “Cronaca”: Piero Dorfles ...
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Web bibliography
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220
Il boom economico e le contestazioni (1960 - 1980)
Gruppo Folk d’Asilia
Il Gruppo Folk d’Asilia nacque nel 1974, ispirati dall’esperienza dei Zezi. I componenti erano tutti
giovanissimi e frequentavano le scuole medie superiori. Il nome del collettivo derivava da “ ’o vico
d’asilia”, una stradina di Pomigliano, attuale via Imbriani, dove i componenti del gruppo riuscirono
a trovare una “casarella” per pochi soldi, per incontrarsi e suonare insieme.
Nel suo nucleo originario il gruppo era formato da Raffaele Mele, Luigi La Gatta, Giacomo Riccio,
Francesco Gammella, Armando De Chiara, Antonio Esposito e il compianto Luigi De Falco.
Il loro repertorio spaziava dalle tammurriate ai brani scritti dalla Nccp, comprendendo anche le
canzoni di protesta caratterizzanti la propria impostazione politica.
Cominciarono un’intensa attività di studio e di osservazione della tradizione popolare, ampliando il
repertorio del Gruppo considerevolmente e acquistando un’autonoma consistenza artistica. Oltre ai
canti della tradizione contadina, la nuova produzione includeva canzoni inedite sui temi del lavoro e
della disoccupazione, costruite su testi di grande crudezza e immediatezza e sostenute da ritmi gravi
e serrati, trasmettendo un’immagine di rabbia autentica, tipica degli adolescenti.
Purtroppo il Gruppo Folk d’Asilia fu il primo a sciogliersi tra i collettivi pomiglianesi e, paradossalmente, il motivo fu la giovane età dei suoi componenti, molti dei quali furono costretti a partire per
il servizio di leva. Lo scioglimento del Gruppo non segnò però la fine dell’impegno artistico, poichè
alcuni si unirono al Gruppo Operaio ‘E Zezi, altri al Collettivo Operaio Nacchere Rosse.
Associazione Nuove Nacchere Rosse. Siamo fatti di memoria. Gruppo Folk d’Asilia, 1975.
Bibliografia
Associazione Nuove Nacchere Rosse. Siamo fatti di memoria : Il collettivo operaio Nacchere Rosse tra musica e impegno civile. Documentario; con testimonianze di Antonio Rea, Enzo la Gatta, Ciro Esposito; contributo artistico
di Dario Fo. 1 DVD (54 min.) : col., son. Roma, Rai Trade, 2009.
“Carnevale popolare a Pomigliano d’Arco, parte 1. ; Carnevale popolare a Pomigliano d’Arco, parte 2. (Pomigliano
1977)”. In Gli anni ‘70 : antologia delle inchieste di “Cronaca” ; rubrica di inchieste sociali ideata da Renato
Parascandolo e Raffaele Siniscalchi ; a cura del gruppo di ideazione e produzione “Cronaca”: Piero Dorfles ...
[et al.]. 1 DVD (104 min.) : col., son. Roma, Rai Trade, 2006.
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2009, pp. 91-101.
DAL TERREMOTO ALLA FINE DEL MILLENNIO (1980 – 2000)
Pomigliano negli anni ottanta. Elezioni del 1980 e primato socialista
Dal 1975 al 1980 il Partito Comunista Italiano (PCI) al governo era impegnatissimo sia nella
realizzazione di opere e riforme che nell’amministrazione della città, e cominciava a programmare
nuove iniziative per gli anni avvenire.
Per le elezioni comunali del 1980 il PCI stilò un dettagliato programma che prevedeva il progetto del
miglioramento e dell’incremento dei servizi scolastici attraverso l’incentivo alle attività a tempo
pieno, lo sviluppo dei servizi di medicina scolastica, di guardia medica, di consultorio familiare e di
cura dei tossicodipendenti, l’istituzione del servizio di anagrafe sanitaria per le scuole dell’obbligo,
il potenziamento delle attività della polisportiva comunale, il risanamento della finanza locale.
L’idea di città elaborata dal PCI era quella di una Pomigliano moderna, industriale e abitabile. Le fabbriche, infatti, erano considerate al centro dell’interesse generale insieme alla necessità di garantire
al cittadino-lavoratore una città più vivibile e con maggiori servizi. Di conseguenza, i comunisti elaborarono idee e proposte concrete come la realizzazione di parchi pubblici, centri sociali per il tempo
libero, biblioteche pubbliche, attrezzature sportive per ogni quartiere, 22 asili nido e scuole materne,
15 nuove scuole elementari, 4 nuove scuole medie, 3180 nuovi vani di cui 1520 destinati all’edilizia
popolare, l’istituzione del servizio nazionale del lavoro per i disoccupati, il potenziamento del
trasporto pubblico dedicato agli studenti e ai lavoratori.
Intanto la politica del Partito Socialista Italiano (PSI) di Pomigliano si indirizzava progressivamente
verso la conquista del primato elettorale. Nel 1974 Raffaele Russo fu nominato segretario della locale
sezione del PSI, nell’anno successivo venne eletto al Consiglio Comunale di Pomigliano e nominato assessore nella giunta guidata dal sindaco socialdemocratico Francesco Testa. Alle elezioni del
1980 il PSI riuscì a catalizzare parte del blocco elettorale che era stato della Democrazia Cristiana
(DC) e ad attrarre quote consistenti di voti di provenienza repubblicana, socialdemocratica e liberale.
Il PSI divenne il partito di maggioranza relativa con 11 consiglieri. Tale risultato fu possibile grazie
al passaggio nelle file socialiste di esponenti della vecchia DC. Il nuovo consiglio comunale, di cui
faceva parte anche Felice Iossa, eletto nel 1982 Deputato alla Camera, nominò sindaco Raffaele
Russo, confermato poi anche nel 1985 e nel 1990. Egli, sempre alle amministrative del 1980, fu eletto al consiglio provinciale di Napoli dove ricoprì la carica di capogruppo della compagine socialista
e contemporaneamente fu eletto nell’assemblea nazionale del PSI.
Ci fu una certa soluzione di continuità tra la coalizione di governo del 1975-80 e quella del 1980-85.
La nuova coalizione raggiunse dapprima un accordo con il PCI e, successivamente, con il Partito
Socialista Democratico Italiano (PSDI) e il Partito Repubblicano Italiano (PRI). I contrasti tra il PCI
e il PSI erano sempre solo politici e di contenuto, sulla corretta gestione e soluzione dei problemi e
mai era messo in discussione l’accordo di governo. Così anche gli assessori rimasero quasi sempre
gli stessi.
L’amministrazione socialista si dedicò principalmente alla realizzazione e al completamento delle
opere pubbliche. Prima venne istituita l’Azienda Servizi Municipalizzata (ASM), incaricata dell’erogazione dell’acqua potabile, poi iniziarono i lavori per la fornitura del metano. Restò invece senza
seguito l’annunciata costruzione di una villa comunale in luogo della cosiddetta “Vasca Carmine”,
l’esteso alveo nel quale un tempo confluivano le acque reflue, che sarà invece realizzata vent’anni
dopo. L’attenzione verso la cultura, sollecitata dall’attività dell’assessore comunista Pasquale Milo,
222
Dal terremoto alla fine del millennio (1980 - 2000)
aprì la strada alle prime manifestazioni artistiche di ampio respiro e portò alla realizzazione della
Biblioteca comunale nell’antico Palazzo dell’Orologio, anche se un primo studio della sua istituzione era stato redatto dal dottor Antonio Meluccio già nel 1973.
Quando vennero ultimati, sia pure parzialmente, i lavori di costruzione delle case popolari in via
Sulmona, attraverso l’Istituto Autonomo Case Popolari (IACP), i socialisti reclamarono pubblicamente il merito dell’operazione, sorvolando sul problema della “selvaggia” corsa all’occupazione da
parte di soggetti privi dei requisiti di legge. Quel quartiere diventò un enorme serbatoio di voti.
Intanto il PCI, che nella precedente tornata elettorale del 1975 si era affermato come primo partito di
sinistra, nel 1980 aveva perso consensi passando da 8 a 6 consiglieri comunali. Ritenendo che il gruppo dirigente avesse fallito, la base del partito si mobilitò per cambiarlo. Fu così che nei primi anni
ottanta, all’esito di un congresso straordinario, un gruppo di giovani formatisi nella Federazione
Giovani Comunisti Italiani (FGCI) prese le redini della situazione. Tra questi, Michele Caiazzo dal
1980 al 1984 diventò segretario di sezione del PCI di Pomigliano e successivamente fu nominato
segretario di zona; nel 1985 fu eletto consigliere comunale nella giunta socialista.
In questo clima si arrivò alle elezioni amministrative del 1985, quando il PSI fece registrare un piccolo balzo in avanti ai danni del PCI, che rimase comunque al governo con i socialisti, ottenendo un
vicesindaco comunista, Michele Caiazzo.
Nel 1986, dopo un solo anno di governo, il PCI e il PSI ruppero l’accordo e i comunisti si ritirarono
dalla maggioranza cedendo il passo ai liberali. Nell’operazione si inserirono in seguito anche i democristiani, il cui apporto consentì la formazione di una nuova alleanza.
Con questi continui cambi di coalizione, le giunte si rinnovarono otto volte nel decennio 1980-90.
Raffaele Russo rimase comunque sindaco per tutto il decennio, tranne pochi mesi nel 1986, quando
fu sostituito da Giovanni De Falco.
Il clima politico degli anni ottanta fu caratterizzato ovunque dall’accentramento del potere nelle mani
di pochi, dal crescere della prepotenza della
classe dirigente e dal prevalere del rampantismo di ispirazione reganiana (Donald Regan
fu presidente USA dal 1981 al 1989) che causò
un progressivo allontanamento delle giovani
generazioni dalla politica. Verso la fine del
decennio si esasperò il risentimento per l’arroganza della pratica politica spregiudicata che
caratterizzava gli uomini al governo e le loro
scelte. All’interno del PSI cresceva la tensione. I giovani socialisti reclamavano più spazio
e si schieravano apertamente contro il nucleo
storico del partito. A Pomigliano la “rivolta dei
giovani leoni”, come titolarono i quotidiani
dell’epoca, si dissolse in un nulla di fatto, ma
ebbe il merito di riflettere a livello locale quanto stava accadendo su scala nazionale. Nel 1989
i giovani socialisti pomiglianesi denunciarono,
tra l’altro, la mancanza di spazi di aggregazione,
suggerendo la ristrutturazione di Villa Ricciardi, signorile villa ottocentesca affacciata su via
Carmine Guadagni, il cui recupero era già stato
Lions Clubs di Pomigliano. Vent’anni di vita.
dibattuto nel 1983. La delibera n. 145 del
Copertina “Iniziativa ‘73” per la Biblioteca.
Dal terremoto alla fine del millennio (1980 - 2000)
223
Dugo Iasevoli, Vera. Le strade di Pomigliano d’Arco. Villa Ricciardi negli anni ’80, prima della ristrutturazione.
1983, infatti, destinava la struttura ad uso scolastico o associativo-culturale, ma il progetto non era
andato avanti.
Bibliografia
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Dugo Iasevoli, Vera. Le strade di Pomigliano d’Arco ; consulenza e presentazione di Nicola Esposito ; prolusione di
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Dugo Iasevoli, Vera. Guida storico-artistica di Pomigliano d’Arco : alla riscoperta del centro storico ; presentazione
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Gammella, Pasquale. Fabbrica e Tammorre ; a cura di Gianluca Nunziata. Casalnuovo di Napoli, Phoebus Edizioni,
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L’operato e il programma del PCI : decidiamo insieme cosa fare negli anni ’80. [Volantino Elettorale ; stampato dal
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Sposito, Pasquale. Storia di Pomigliano : Città dalle due anime : dalle origini … ai giorni nostri. Pomigliano d’Arco,
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224
Dal terremoto alla fine del millennio (1980 - 2000)
Il terremoto del 1980 e la ricostruzione
Il 23 novembre 1980 Pomigliano fu scossa dal terremoto che, con epicentro in Irpinia, devastò la
Campania centrale e la Basilicata. Il cataclisma fu seguito dalla ricostruzione, che portò più di
tremila napoletani nella nostra cittadina.
A seguito del sisma i vecchi problemi irrisolti della Campania riguardanti l’occupazione, la casa, i
trasporti ed i servizi sociali, diventarono sempre più gravi.
Venne emanata la Legge n. 219 del 14 maggio 1981 per la ricostruzione del dopoterremoto; in
particolare per la città di Napoli, erano previste tutte le opere necessarie per risolvere il problema
abitativo nell’area metropolitana: ricostruzione o riparazione di immobili distrutti o danneggiati;
interventi straordinari nel campo dell’edilizia sovvenzionata o agevolata; recupero delle abitazioni
degradate; interventi per il ripristino o riedificazione di opere infrastrutturali e pubbliche in genere.
L’esecuzione delle lavori fu avviata nel 1982.
Il Programma Straordinario di Edilizia Residenziale (PSER) prevedeva, per la provincia di Napoli,
la creazione di 20.000 nuovi alloggi da realizzare assieme alle necessarie opere infrastrutturali e ad
una serie di opere urbane secondarie. I comuni interessati dal piano per la costruzione dei nuovi comparti abitativi furono: Napoli, Quarto, Brusciano, San Vitaliano, Cercola, Pomigliano d’Arco,
Marigliano, Casoria, Caivano, Boscoreale, Afragola, Melito, Sant’Antimo, Casalnuovo, Pozzuoli,
Castello di Cisterna, Massa di Somma, Volla e Striano.
Decongestionare Napoli e approfittare del terremoto per realizzare un nuovo equilibrio tra l’antica
capitale e la sua provincia erano le parole d’ordine della giunta di sinistra guidata da Maurizio
Valenzi, primo sindaco comunista di Napoli. Egli persuase le strutture politiche di zona riguardo la
bontà dei nuovi progetti di localizzazione degli insediamenti abitativi popolari nell’area agro-nolana,
oltre che del Centro Ingrosso Sviluppo (CIS) e dell’Interporto di Nola. La prima operazione della
giunta Valenzi fu l’acquisizione di alcuni immobili ad Acerra, Pomigliano d’Arco e Castello di
Cisterna, dove trasferì le prime famiglie napoletane.
Comiciò poi la costruzione di veri e propri nuovi agglomerati urbani i cosiddetti Quartieri della ex
Legge 219 sorti a Brusciano, Castello di Cisterna, Marigliano, S. Vitaliano, Pomigliano. Queste realtà,
dalla complessa e delicata composizione socio-culturale, rappresentarono e rappresentano ancora
oggi delle vere “bombe ad orologeria” perché, unitamente all’alloggio, non fu offerta alle famiglie
alcuna possibilità d’integrazione socio-economica.
Il terremoto innescò un processo di ristrutturazione delle realtà locali interessate, costrette a creare
nuove sistemazioni e nuovi modelli organizzativi, fino a segnare definitivamente la struttura urbana
anche della nostra città. Basti pensare all’aumento demografico e alla conseguente crescita
dell’indice di urbanizzazione nei vari comuni della zona causati dalla Legge 219 e dagli alloggi che
vennero realizzati per i terremotati provenienti dalla città di Napoli. Il comune con la più alta percentuale di superficie urbanizzata è diventato proprio Pomigliano, dove l’81-82% di area totale è
stata occupata da fabbricati ed infrastrutture.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. Le Trasformazioni dell’area nolana ; C.G.I.L. Camera del Lavoro di Napoli F.I.O.M. Comprensorio
di Pomigliano d’Arco. Somma Vesuviana (NA), «Graphosprint», 1993, pp. 77-78, 87-88, 133, 147.
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Concessionario : Società Italiana per Condotte d’Acqua. Trasmissione del parere tecnico-economico sulla perizia di variante e suppletiva relativa al Centro Parrocchiale (Santa Maria del Suffragio). Napoli, 1991.
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Dal terremoto alla fine del millennio (1980 - 2000)
225
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Programma straordinario di edilizia residenziale a beneficio dei terremotati di Napoli in aree esterne al territorio
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di Pomigliano d’Arco. Pomigliano d’Arco, 8 aprile, 1988 ; coordinatore Giuseppe Pizzi. Collana : Quaderni della
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Titolo VIII della Legge 14 maggio 1981 e successive modifiche : Comparto n.° 7 Comune di Pomigliano d’Arco :
Progetto esecutivo Complesso Parrocchiale (Santa Maria del Suffragio). Napoli, 1991.
Quartiere ex Legge 219 o Parco Nuova Partenope
In osservanza della Legge 219 del 1981, l’amministrazione di Pomigliano, guidata dal sindaco
Raffaele Russo, decise di attuare il piano alloggi riguardante il trasferimento di numerosi cittadini
napoletani nel territorio della provincia.
Pomigliano mise a disposizione del Commissario Straordinario di Governo 205.752 mq, per un
numero complessivo di 467 alloggi, di cui 370 per i non residenti e 92 per i residenti. I contributi statali destinati al comune ammontarono a L. 1.800.000.000.
Fu costruito un vastissimo complesso abitativo, con il nome di Quartiere ex Legge 219, detto anche
Nuova Partenope, nell’area dell’antico quartiere Buonpensiero a ridosso della via Nazionale delle
Puglie, ubicato sulla destra, andando verso Napoli, subito dopo il ponte che scavalca l’alveo Spirito
Santo fino al confine del comune di Casalnuovo. Tutta la zona, composta da diversi agglomerati,
quali le Masserie Visone, Cirino, Marcomanno, Chiavettieri, Tavolone, il parco degli Amici, lo
Svaimec, la Cooperativa Alfa Romeo e il Parco ex Legge 219, nel corso degli anni ’80, è passata da
un’economia agricola ad un’economia basata prevalentemente sull’industria.
Il nuovo insediamento, oltre ai 467 alloggi, prevedeva due asili nido, due scuole materne, una scuola elementare, una scuola media, campi sportivi, un centro commerciale, una piazza attrezzata, un
parco, un centro di Pronto Soccorso per ostetricia, una chiesa.
Siccome l’area individuata per la costruzione di tale complesso era quella dell’alveo Spirito Santo,
un alveo scoperto che raccoglieva le acque reflue di Sant’Anastasia e Somma Vesuviana per convogliarle verso i Regi Lagni, occorreva, prima di procedere alla realizzazione dell’insediamento,
bonificare il sito. Il Comune di Pomigliano d’Arco, ad integrazione dell’intervento di edilizia residenziale previsto ai sensi del titolo VIII della Legge 219/81, richiese una serie di opere, tra cui
l’irregimazione (assestamento del corso d’acqua) del Lagno Spirito Santo. Il progetto prevedeva la
copertura del canale dal suo incrocio con l’autostrada Napoli-Bari fino all’incrocio con la Provinciale
per Casalnuovo, il ripristino della vasca di modulazione di Pacciano, un serbatoio idrico pensile,
nonché la realizzazione della viabilità insistente sul tratto coperto.
Oltre all’edilizia residenziale, fu portata a termine una serie di infrastrutture volte al collegamento di questi nuovi insediamenti abitativi con i comuni limitrofi e con la città di Napoli, come l’asse viario Centro
Direzionale-Ponticelli-Cercola-Pomigliano. L’altra importante operazione fu la creazione dell’emissario
fognario, lungo 3 Km., intervento indispensabile per permettere l’immediato smaltimento e trattamento
delle acque di scarico. Inoltre fu realizzata la nuova linea della Circumvesuviana nel tratto Pomigliano
d’Arco-S. Vitaliano, al fine di migliorare i collegamenti interni fra i paesi e la città di Napoli.
L’imponente e repentina urbanizzazione della zona ha comportato la costruzione della via “Legge
219”, alla quale si accede dalla Nazionale, dinanzi alla traversa Imbriani e lungo la quale sono
disseminati i sei complessi abitativi, denominati “settori”.
L’operazione costruttiva, che venne denominata “Napoli oltre Napoli”, avviata nel 1981 dall’allora
Presidente della Regione Campania Emilio De Feo, era volta al raggiungimento dell’equilibrio e
226
Dal terremoto alla fine del millennio (1980 - 2000)
della riqualificazione territoriale, ma allo stato dei fatti si rivelò un fallimento. Tutto l’intervento è,
di fatto, risultato configurato come un pezzo estraneo alla struttura della città, poco coordinato dal
punto di vista urbanistico, quasi come l’aggiunta di un tassello separato dal paese. Dal segretario
generale della “Gestione straordinaria per il piano residenziale al di fuori della cinta urbana”,
Domenico di Siena, fu sottolineato che occorreva un’approfondita indagine socio-economica prima di
affrontare progetti del genere. Egli segnalò l’assenza di una politica gestionale e di una cultura che andasse al di là della semplice realizzazione di un’opera, prevedendone contemporaneamente la vita futura.
La situazione si è poi aggravata con la progressiva mancata manutenzione delle strutture realizzate.
Nell’anno 2000 l’Istituto Autonomo per le Case Popolari della Provincia di Napoli ha effettuato
verifiche all’interno del quartiere Nuova Partenope, rilevando la presenza di 10 alloggi occupati abusivamente e di 19 alloggi seriamente danneggiati.
Un problema fondamentale ha riguardato l’inserimento sociale di alcuni cittadini napoletani, tra gli
oltre tremila che giunsero a Pomigliano, provenienti da zone notevolmente degradate, con un alto tasso
di disoccupazione che, immessi in un quartiere disgiunto, hanno subìto la ovvia ghettizzazione.
Dal terremoto al futuro ; a cura di Ermanno Corsi e Carlo Franco.
Panoramica del quartiere ex Legge 219.
Dal terremoto alla fine del millennio (1980 - 2000)
227
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Sasso, Stefano. “L’evoluzione urbanistica della città”. In Pomigliano d’Arco : una città che guarda al futuro ; a cura di
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Abusivismo edilizio negli anni ottanta
L’inadeguatezza degli standard urbanistici contenuti nel piano regolatore del 1979, congelato e
lasciato inattuato dalla stessa amministrazione provinciale, ha provocato una situazione di dilagante
abusivismo edilizio, frutto di una speculazione e di una lottizzazione che negli anni ottanta non ha
rispettato le regole di costruzione. Il disastro operato da tale fenomeno ha posto ulteriori difficoltà
allo svilupparsi di un progetto teso a rispondere sia alle nuove esigenze abitative che a garantire
un’adeguata fruibilità e vivibilità dell’ambiente urbano. L’abusivismo ha infatti impoverito il territorio
comunale: dal 1980 al 1987 sul suolo di Pomigliano sono state realizzate 752 costruzioni non in regola.
Per riqualificare l’espansione periferica, provocata da tale fenomeno e dall’inattuato piano regolatore
228
Dal terremoto alla fine del millennio (1980 - 2000)
del 1979, per recuperare il centro storico, salvaguardare la campagna ancora superstite e centralizzare
la periferia, negli anni novanta è cresciuta l’esigenza di un nuovo piano regolatore per Pomigliano,
diretto alla riqualificazione di tutto il territorio, che solo nel 2005 ha visto la luce.
Bibliografia
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Comune di Pomigliano d’Arco. “Aggiornamento ed Adeguamento del Piano Regolatore Generale – Relazione illustrativa : Deliberazione del Consiglio comunale n. 3 del 9 gennaio 2004”. In Variante Generale Aggiornamento ed
Adeguamento del Piano Regolatore Generale : Piano vigente. Decreto del Presidente della Provincia n. 810
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Miano, Pasquale. Una Politica urbanistica per Pomigliano d’Arco : tracciato di impostazione. “Un nuovo progetto per
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La crisi dell’industria. Il passaggio dell’Alfa Sud alla Fiat e la nascita di Fiat Avio
La grave crisi che negli anni ottanta e nei primi anni novanta colpì i tre giganti dell’economia locale,
Alfa Sud, Alfa Romeo e Alenia, mise a dura prova i nervi democratici della comunità pomiglianese.
Già alla fine degli anni settanta l’Alfa Romeo aveva subito un cambiamento strategico radicale. C’era
stata infatti un’operazione di risanamento finanziario e di cambio direzionale che aveva reso, nel gennaio del 1981, l’Alfa Romeo S.p.A. società capogruppo rispetto alle unità operative Alfa Romeo e
Alfa Sud, Alfa Romeo Avio, Alfa Romeo Veicoli Commerciali, Arreco, Alfa Romeo Nissan
Automobili (Arna).
Le condizioni di mercato e il peggioramento dell’equilibrio finanziario spinsero l’I.R.I.
Finmeccanica, nel novembre del 1986, a vendere l’Alfa Romeo a Fiat e ad uscire dal business
dell’auto. L’accordo con Fiat prevedeva la chiusura dello stabilimento Arna, così come avvenne di
lì a breve. Il 1 gennaio 1987 nacque la Società per azioni Alfa Lancia Industriale e la Fiat divenne
l’unica produttrice di auto in Italia.
Negli anni novanta il generale recupero del mercato mascherava però la decadenza della Fiat auto,
come hanno dimostrato i consuntivi in rosso del 2001. Nel 1997 l’azienda assorbì anche l’Alfa Avio,
continuando con le fusioni, anziché investire in ricerca e sviluppo. Preso possesso dell’Alfa, ribattezzata Alfa Lancia e in seguito Fiat Auto Pomigliano, il colosso torinese estese nella sua nuova
proprietà il clima di normalizzazione.
Dal terremoto alla fine del millennio (1980 - 2000)
229
Dopo le battaglie dei cosiddetti “35 giorni”, dal 10 settembre al 15 ottobre 1980, quando gli operai
bloccarono i cancelli di Mirafiori contro l’ipotesi di licenziamento di oltre ventimila dipendenti, e la
“marcia dei 40.000 colletti bianchi di Torino”, il 14 ottobre 1980, che protestavano contro lo sciopero,
i sindacati capitolarono e firmarono l’accordo con la Fiat. Queste date segnarono la fine della combattività operaia. L’anno successivo i dipendenti Fiat furono 27.300 in meno e, nel 1985, 36.000 in meno.
Ebbe così inizio un periodo di profonda metamorfosi tecnologica dell’azienda, con i robot che
rendevano inutili migliaia di dipendenti negli stabilimenti.
Il passaggio all’azienda torinese fu dunque per Pomigliano un vero trauma. Venne reintrodotta la
postazione fissa degli operai sulla catena di montaggio e la parcellizzazione del lavoro. Furono costituite a Giugliano, Casandrino e Casalnuovo le famigerate Upa (Unità Produttive Accessoristiche),
reparti distaccati per la costruzione della componentistica (sedili, cablaggi, ecc.). La ristrutturazione
imposta dalla Fiat significò poi la chiusura del reparto meccanica, dove veniva assemblato il famoso motore “boxer”, la costruzione del nuovo reparto verniciatura e, in seguito, le dimissioni delle
stesse Upa, vendute a terzi, che ridussero i posti di lavoro in fabbrica, alimentando tendenzialmente
il circuito di un subappalto precario, difficilmente controllabile sul piano dei diritti dei lavoratori.
Nel 1989, con il piano industriale noto come la “svolta di Marentino”, la Fiat varava, sul modello
giapponese, la produzione sincronizzata sulle esigenze del mercato: non si operava più su grandi
numeri ma su piccole quantità; meno auto in produzione, ma più optional e personalizzazione. Tutta
la produzione fu riorganizzata in maniera flessibile ed elastica, nessuno spreco né in termini di
tempo, né di uomini, né di spazi. Si entrava anche a Pomigliano nella cosiddetta era della “fabbrica
snella”, post-fordista e postmoderna, radicalmente in opposizione ai giganteschi moloch del passato.
Questo modello di fabbrica, che ha permesso un aumento enorme di produttività, è stato ritenuto
l’unico capace di garantirsi la sopravvivenza. L’insediamento di Pomigliano, sebbene potenziato e
modernizzato dalla Fiat, rimase ancorato alla vecchia catena di montaggio, con i suoi enormi capannoni, con i suoi tanti operai; l’Alfa Sud sembra tuttora lontana dalla dimensione del post-fordismo.
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Cantone, Luigi. “Il sistema di produzione locale : Dinamiche evolutive e prospettive di sviluppo nell’economia postfordista”. In Pomigliano d’Arco : una città che guarda al futuro ; a cura di Francesco De Rosa ; prefazione di
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Pomigliano negli anni novanta. Le elezioni del 1990, il commissariamento e la fine del PSI
Le elezioni del 1990 furono caratterizzate da una forte delusione dei cittadini per i risultati del
decennio precedente.
Il Partito Socialista Democratico Italiano, dopo un’attenta riflessione sui propri obiettivi, riuscì ad
unire forze socialiste e riformiste assumendo così un ruolo importante. Il Partito Repubblicano
Italiano non riuscì a fare altrettanto rischiando di autoescludersi dalla vita politica pomiglianese. La
formazione politica con più probabilità di vittoria era ancora il Partito Socialita Italiano con un compatto gruppo dirigente appoggiato da gran parte della comunità. Il problema fondamentale era con
chi allearsi tra la Democrazia Cristiana, in balia della propria crisi nazionale, e il Partito Comunista
Italiano, che non volle mai rinunciare ad un proprio ruolo dominante a Pomigliano, città con una forte
prevalenza operaia. Inoltre, dal 1986 in poi, dopo la rottura dell’alleanza, il PCI aveva ulteriormente
acuito lo scontro con i socialisti.
La cittadinanza decise di riconfermare il PSI, nel quale ormai confluivano personalità provenienti dalle
più disparate esperienze politiche, spinti più dall’interesse per il potere che da un preciso ideale politico. I sospetti sulla cattiva gestione della cosa pubblica passarono presto al vaglio della magistratura.
Prima la crisi economica e il conseguente affievolirsi dell’entusiasmo nel decennio precedente, poi
Tangentopoli ed il malaffare, con inchieste diffuse in tutta Italia, si abbatterono anche sulla politica
pomiglianese. Nel luglio 1993 vi furono arresti in massa con accuse di collusione e associazione
camorristica. Si ebbero due anni di commissariamento del Municipio; si ripeteva quanto avvenuto
venti anni prima con l’implosione della DC.
Tutto era cominciato nel 1991, quando il sostituto procuratore Armando D’Alterio concluse la sua
indagine preliminare su alcune delibere della giunta comunale di Pomigliano. Il risultato non fu per
nulla positivo: furono imputati il sindaco socialista Raffaele Russo, gli assessori succedutisi dal 1989
e cinque imprenditori. Secondo l’accusa la giunta aveva favorito, con 50 milioni di lire, finanziamenti non giustificati e senza rendiconto finale alla squadra giovanile di calcio presieduta da Nicola
Foria, anche lui imputato; la stessa modalità si sarebbe ripetuta per l’appalto, ottenuto con trattative
private, per il servizio di pompe funebri, con in aggiunta il sospetto di infiltrazione camorristica, in
quanto gli imprenditori proprietari delle pompe funebri sarebbero risultati imparentati con personaggi
noti della camorra cittadina. Gli imputati e il sindaco si difesero affermando il corretto procedimento
del finanziamento alla squadra di calcio e, per quanto riguardava l’appalto, affermarono che esso era
già stato concesso nel 1962. Al pubblico ministero tutte queste giustificazioni non bastarono, e furono
inoltrate 22 richieste di rinvio a giudizio.
Il processo si concluse nel 2007 e tutti gli imputati furono assolti con formula piena dalle accuse di
legami con la camorra, per insussistenza di prove; nell’ottobre del 2009 il Comune di Pomigliano ha
risarcito le spese legali per il lungo processo sostenuto dall’ex sindaco Raffaele Russo.
Questa vicenda, come nel resto d’Italia, ha segnato comunque il destino del Partito Socialista
Italiano, mettendo fine all’epoca della sua egemonia.
Il decennio dal 1990 al 2000 fu caratterizzato ed animato, inoltre, dalla svolta del vecchio Partito
Comunista Italiano. Il 3 febbraio 1991, il PCI deliberò il proprio scioglimento, promuovendo contestualmente la costituzione del Partito Democratico della Sinistra (PDS). Il cambiamento del nome
Dal terremoto alla fine del millennio (1980 - 2000)
231
intendeva sottolineare la differenziazione politica con il partito originario accentuando l’aspetto
democratico. Una novantina di delegati non aderì alla nuova formazione e diede vita a un movimento
che inglobò Democrazia Proletaria e altre formazioni comuniste minori, assumendo la denominazione
di Partito della Rifondazione Comunista (PRC).
A Pomigliano gli uomini dei Democratici di Sinistra e di Rifondazione Comunista, ora alleati ora
avversari, rappresentarono il cuore della vicenda pubblica in quegli anni. Se Michele Caiazzo (PDS)
è stato sindaco per un decennio (1995-2005), Tommaso Sodano (PRC) è stato assessore provinciale
e senatore. Dal 1995 sono ascesi alla vita pubblica locale uomini e donne legati al mondo delle professioni o a famiglie che da sempre hanno testimoniato la loro attività civile. Notevole è stata pure la
partecipazione di giovani che non provenivano da alcuna esperienza pregressa.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. “Pomigliano d’Arco”. In Repertorio-dizionario dei Comuni della Provincia di Napoli : storia,
società, cultura ; a cura di Guido Agostino, vol. 2, pp. 262-275. Salerno, Paparo Edizioni, 2007, pp. 267-268.
Bufi, Fulvio. “Processate Gava: camorra. I magistrati accusano anche Patriarca , Meo, Russo e Vito. E’ stata stralciata
invece la posizione di Cirino Pomicino. La Procura: l’ex ministro dc era alleato di Alfieri e Galasso”. Corriere
della Sera : quotidiano fondato nel 1876 [Archivio on line]. Anno 120(18 marzo 1995), p. 13. Roma, 1995.
http://www.archiviostorico.corriere.it
“Chiesto il soggiorno obbligato per senatore PSI di Pomigliano Napoli: Caso senza precedenti”. Corriere della Sera :
quotidiano fondato nel 1876 [Archivio on line]. Anno 118(28 giugno 1993), p. 8. Roma, 1993.
http://www.archiviostorico.corriere.it
D’Errico, Enzo. “Napoli, il terremoto delle mazzette : magistrati danno il via ai provvedimenti per gli sprechi della ricostruzione: nel mirino anche 9 imprenditori”. [Pomigliano]. Corriere della Sera : quotidiano fondato nel 1876
[Archivio on line]. Anno 118(11 marzo 1993), p. 6. Roma, 1993. http://www.archiviostorico.corriere.it
D’Errico, Enzo. “Gava nei guai per il dopo terremoto coinvolti quasi tutti i big della politica. Oltre a Gava Antonio
anche Meo Vincenzo e Russo Raffaele accusati dall’ex assessore regionale De Rosa Armando per una tangente
versata alla Democrazia cristiana per i lavori del dopo terremoto”. Corriere della Sera : quotidiano fondato nel
1876 [Archivio on line]. Anno 118(7 giugno 1993), p. 15. Roma, 1993. http://www.archiviostorico.corriere.it
D’Errico, Enzo. “Ventriglia avrebbe foraggiato Pomicino tramite la Polisportiva Partenope. Avviso di garanzia a
Ventriglia Ferdinando…. Gava Antonio interrogato dai giudici…”. Corriere della Sera : quotidiano fondato nel
1876 [Archivio on line]. Anno 118(16 giugno 1993), p. 7. Roma, 1993. http://www.archiviostorico.corriere.it
D’Errico, Enzo. “C’era una volta il mistero Cirillo. La Corte d’Appello di fatto archivia, restano nel buio i protagonisti della vicenda…”. Corriere della Sera : quotidiano fondato nel 1876 [Archivio on line]. Anno 118(2 luglio
1993), p. 13. Roma, 1993. http://www.archiviostorico.corriere.it
Di Fiore, Gigi. “Per il Pm a giudizio la giunta di Pomigliano. Appalti e contributi sospetti: 22 imputati”. Il Mattino :
quotidiano di Napoli. Anno 100(20 dicembre 1991), p. 25. Napoli, 1991.
Gammella, Pasquale. Fabbrica e Tammorre ; a cura di Gianluca Nunziata. Casalnuovo di Napoli, Phoebus Edizioni,
2009, p. 44
Il Pensiero : Periodico di Unità socialista. Numero unico (dic. 1989). Pomigliano d’Arco, 1989, p. 2.
“Pomigliano : L’ex sindaco Raffaele Russo incassa i soldi del risarcimento”. Il Mattino : quotidiano di Napoli. Anno
117(23 ottobre 2009), p. 43. Napoli, 2009.
Ruggeri, Corrado. “Dal Parlamento alla prigione. Aggiornato dossier del gruppo verde sui 19 deputati e 6 senatori che
il 15 aprile, se non rieletti, rischiano la cella”. Corriere della Sera : quotidiano fondato nel 1876 [Archivio on
line]. Anno 119(22 gennaio 1994), p. 12. Roma, 1994. http://www.archiviostorico.corriere.it
Web bibliography
http://it.wikipedia.org/wiki/Partito_Comunista_Italiano
http://www.archiviostorico.corriere.it
Le elezioni del 1995. Pomigliano “cantiere aperto”
Dopo due anni di commissariamento, dal 1993 al 1995, a Pomigliano si ritornò alle urne.
Alle elezioni del 1995 si presentò una coalizione di centrodestra mentre la sinistra correva divisa con
due candidati e 14 liste.
Un caso anomalo dal momento che erano in corsa due schieramenti facenti capo l’uno al Partito dei
232
Dal terremoto alla fine del millennio (1980 - 2000)
Democratici di Sinistra, coalizzato con Verdi, Patto dei democratici, Partito Repubblicano Italiano e
Comunisti unitari, l’altro al Partito della Rifondazione Comunista, insieme al Partito Popolare Italiano,
all’Alleanza democratica e ai Laburisti. Vinsero entrambi i fronti e i rispettivi candidati andarono al
ballottaggio.
Le due coalizioni misero fuori gioco il centrodestra, che era l’insieme di nuovi partiti nati all’indomani dello scoglimento della Democrazia Cristiana e della fondazione di Forza Italia e Alleanza
Nazionale, avvenimenti verificatisi tra il 1993 e il 1995. A Pomigliano il centrodestra era a sua volta
diviso in due tronconi: Forza Italia e Cristiani Democratici Uniti (CDU), che avevano puntato sull’ex consigliere comunale DC Luigi Capone; Alleanza Nazionale e Centro Cristiano Democratico
(CCD), che invece avevano sponsorizzato Francesco Masucci.
Nel ballottaggio, a contendersi la poltrona di sindaco furono Michele Caiazzo (PDS), appoggiato da
Verdi, PRI, Comunisti unitari e Patto dei democratici, e Marianna Fragala’ Coppola, candidata da
PRC, Laburisti e Alleanza democratica. Caiazzo ottenne il 41% e la sua avversaria il 30% dei voti.
Michele Caiazzo diventò sindaco per la prima volta. L’intento principale del suo partito, finalmente
al governo, fu di ricostruire il consenso e dare garanzie della propria affidabilità attraverso programmi e progetti mirati al risanamento e alla rinascita della città.
In questo clima di rinnovamento, Pomigliano fu definita “cantiere aperto” dal nuovo sindaco, il
quale, diversamente dagli amministratori precedenti, che avevano cavalcato il solo aspetto industriale,
intendeva mutare il volto della città, trasformandola da centro industriale in polo culturale.
Bibliografia
Aliberti, Crescenzo. “Pomigliano d’Arco”. In Repertorio-dizionario dei Comuni della Provincia di Napoli : storia,
società, cultura ; a cura di Guido Agostino, vol. 2, pp. 262-275. Salerno, Paparo Edizioni, 2007, pp. 267-268.
Bultrini, Raimondo. “Domani un test politico da un milione di voti”. La Repubblica : Quotidiano fondato nel 1976 da
Eugenio Scalfari ; diretto da Ezio Mauro. Anno 20(18 Novembre 1995), p. 10. http://www.repubblica.it/repubblica/archivio
“Campania, l’Ulivo in vantaggio nella città-simbolo”. La Repubblica : Quotidiano fondato nel 1976 da Eugenio
Scalfari ; diretto da Ezio Mauro. Anno 20(4 dicembre 1995), p. 5. http://www.repubblica.it/repubblica/archivio
“Centrosinistra – Polo, 2 a 1”. [Pomigliano d’Arco : Ballottaggio]. La Repubblica : Quotidiano fondato nel 1976 da
Eugenio Scalfari ; diretto da Ezio Mauro. Anno 20(21 novembre 1995), p. 15. http://www.repubblica.it/repubblica/archivio
De Rosa, Francesco. “La città che sta costruendo il proprio futuro : intervista di Francesco De Rosa al Sindaco Michele
Caiazzo”. In Pomigliano d’Arco : una città che guarda al futuro ; a cura di Francesco De Rosa ; prefazione di
Michele Caiazzo, pp. 111-125. Napoli, Massa editore, 2002.
“Due sinistre al ballottaggio a Pomigliano : Sindaco 1995”. Corriere della Sera : quotidiano fondato nel 1876 [Archivio
on line]. Anno 120(2 dicembre 1995), p. 2. Roma, 1995. http://www.archiviostorico.corriere.it
Gammella, Pasquale. Fabbrica e Tammorre ; a cura di Gianluca Nunziata. Casalnuovo di Napoli, Phoebus Edizioni,
2009, p. 44.
Web bibliography
http://it.wikipedia.org/wiki/Democrazia_Cristiana
http://www.archiviostorico.corriere.it
http://www.repubblica.it/repubblica/archivio
POMIGLIANO D’ARCO NEL TERZO MILLENNIO
Le politiche per la cultura. Progettare la memoria
Dalla seconda metà degli anni novanta, Pomigliano fu investita da una progressiva realizzazione di
opere pubbliche che ne avrebbe profondamente trasformato l’aspetto, fino a restituirle, in poco
tempo, una nuova e distinta identità. L’amministrazione di Pomigliano iniziò ad investire con serietà
nel settore della cultura, con la convinzione che la qualità della vita vada di pari passo con il livello
di civiltà, con il livello di diffusione della cultura e dei servizi, di democrazia e di coesione sociale.
L’interazione tra cultura e territorio fu al centro della nuova politica culturale.
Con la nuova amministrazione dei Democratici di Sinistra (DS) cominciava un percorso per
Pomigliano che coincise con nuovi intenti rivolti a ritrovare la bellezza del “piccolo” inteso come
riscoperta della tradizione locale, stabilendo un collegamento tra passato e futuro.
La città, nella sua cultura e tradizione, era stata a lungo maltrattata e oscurata, per dare importanza a
una modernizzazione che aveva promesso alla popolazione un benessere mai del tutto raggiunto.
Pomigliano, come tutto il Mezzogiorno, ha iniziato a ricercare una modernizzazione dall’aspetto più
umano, più vivo, fatta di interessi locali. La città ha rivalutato il suo patromonio culturale, come beni
architettonici, storico-artistici, monumentali, le tradizioni locali popolari e religiose. Tutto questo
rientrava nei progetti per trasformare il patrimonio in un’opportunità economica, ma tenendo presente gli errori del passato e creando uno sviluppo compatibile con i bisogni sociali.
I primi progetti di riqualificazione videro il recupero e l’ampliamento del Palazzo dell’Orologio. La
struttura ospita oggi la moderna Biblioteca comunale ed un corso di laurea in Turismo per i beni
culturali dell’Università Suor Orsola Benincasa, fortemente caldeggiato dall’Amministrazione, rappresentando una considerevole conquista sotto il profilo dello scambio e della crescita culturale della
città, da sempre aperta verso le nuove e diverse influenze.
Inoltre, si attuò una serie di opere divenute improcastinabili, come la realizzazione di un parco
pubblico al posto della vasca Carmine, la costruzione di isole pedonali e piste ciclabili, la riqualificazione delle piazze. Vennero così restituite alla comunità, con una nuova veste, piazza Salvo
D’Acquisto, piazza Municipio, piazzetta Garibaldi, piazza Primavera e piazza Mercato, dove sono
stati recuperati i vecchi rifugi antiaerei e, con l’intento di trasmettere alle future generazioni i valori
della Resistenza, è stato istituito il Museo della Memoria. Continuò poi l’opera di valorizzazione e
di ripristino degli edifici storici, come il Palazzo Baronale (ex Casotto Mocerino), il Palazzo
Pranzataro e la riqualificazione dell’ex distilleria dei fratelli Esposito.
Altrettanto improrogabile era la questione della carenza di strutture da adibire ad edifici scolastici. Il
problema ha sollecitato l’ultimazione dei lavori in località Pratola Ponte per accogliere il Liceo
Classico Scientifico “Vittorio Imbriani”, finanziato dalla Provincia di Napoli, costituito da 25 aule, 4
laboratori, aula magna, ufficio presidenza, biblioteca e auditorium. L’edificio è stato inaugurato il 18
settembre 2006.
Determinante è stato l’impegno profuso dall’amministrazione comunale per favorire anche la pratica
sportiva, attraverso la realizzazione di nuovi spazi e moderne strutture quali la Piscina Comunale, il
Palazzetto dello sport, il campo da rugby “Giuseppe Leone” e i centri sportivi intitolati a Sandro
Pertini e ad Antonio Caponnetto.
Lo stesso impegno è stato profuso per le iniziative culturali. Va anzitutto attribuita all’amministrazione dei DS il merito di aver inaugurato, nel 1996, la rassegna “Pomigliano Jazz Festival”, la cui
234
Pomigliano d’Arco nel terzo millennio
Miano, Pasquale. Recupero degli “spazi proibiti” : il parco pubblico di Pomigliano d’Arco.
Piazza Mercato, Museo della Memoria.
Pomigliano d’Arco nel terzo millennio
235
Ex distilleria dei F.lli Esposito, oggi centro culturale.
eco è andata progressivamente espandendosi ben oltre i confini locali, richiamando ogni anno
migliaia di appassionati; l’evento, di notevole spessore e impreziosito dalla partecipazione di artisti
di grandissimo rilievo internazionale, ormai fa parte del patrimonio della città ed è arrivato oggi alla
XIV edizione. Ma “Pomigliano Jazz” non è stata l’unica iniziativa degli ultimi anni. Ve ne sono state
molte altre che, seppur meno celebrate, hanno rappresentato risvolti sociali e culturali di sicuro interesse: la Rassegna Teatrale, Pomigliano Cinema Estate, la Fiera del Libro e della Piccola Editoria.
In definitiva, appare indiscutibile che nell’ultimo decennio le politiche orientate alla promozione
della cultura e dello sport abbiano riconsegnato a Pomigliano l’immagine di una città attiva e vivace. Ma tutti questi risultati sarebbero passati in secondo piano se non si fosse prestata attenzione al
problema del progresso morale e spirituale della città, il quale esige il coinvolgimento e la tutela dei
soggetti più deboli, come anziani, bambini, portatori di handicap e donne in difficoltà.
Questa necessità di sviluppo culturale si collega anche ad un altro aspetto importante: l’esigenza di
costruire una rete con il mondo dell’associazionismo locale e nazionale che permetta la trasferibilità
dei saperi. Inoltre, la riduzione dei fondi pubblici per le attività culturali ha determinato la necessità
di ricercare diverse tipologie di finanziamento anche in ambito privato. Come risposta al problema è
sorta, innanzitutto, la Fondazione Pomigliano Infanzia. All’attività di questo ente si deve l’indizione
delle “Giornate dell’Infanzia”, una serie di momenti di confronto su tematiche relative ai minori.
Altre notevoli iniziative sono nate di conseguenza, come quella di “Estate Ragazzi”, una
manifestazione avente quale finalità quella di agevolare la crescita formativa dei ragazzi attraverso
la partecipazione ad attività sociali, sportive e culturali; quella del “Consiglio comunale delle ragazze e dei ragazzi”, la cui istituzione ha inteso incoraggiare, insieme ad una più ampia conoscenza del
proprio paese, la partecipazione dei futuri cittadini alla vita democratica della comunità. Infine, sono
236
Pomigliano d’Arco nel terzo millennio
state frutto delle politiche sociali l’Ausilioteca, il Centro aggregativo per diversamente abili, il
Centro Polivalente Anziani, il Centro di occupabilità femminile (CREO), gestito da Città del fare
ScpA, e l’istituzione di altri servizi sociali specificamente destinati ai soggetti in condizioni di disagio affinchè ricevessero cura e assistenza.
Anche l’informazione ha rivestito un ruolo fondamentale per la comunità che deve avere accesso alle
indicazioni riguardanti l’organizzazione politico-amministrativa, in modo da avere maggior coscienza dei propri diritti. L’amministrazione ha attivato a tale scopo la pubblicazione de “Il Cittadino”, un
mensile realizzato in collaborazione con la Azienda speciale ASM e la Pomigliano Ambiente SpA.
Si sono sperimentati l’Agenda 21, programma delle Nazioni Unite dedicato allo sviluppo sostenibile,
e il Forum per le Politiche Giovanili, che contribuisce ad indirizzare meglio gli investimenti destinati
ai giovani. In questa prospettiva sono nati i “Giardini d'infanzia”, inaugurati nel giugno del 2003,
un’oasi agreste recuperata nel cuore del centro storico cittadino, adiacente al complesso delle suore
Salesiane. L’area è stata rimodellata anche grazie all’aiuto di bambine e bambini tramite percorsi di
progettazione partecipata di Agenda 21 nelle scuole locali. Il nome del parco richiama il metodo del
noto pedagogista Federico Froebel, basato sul gioco e sull’attività operativa. All’interno sono stati
creati itinerari a tema, quali il frutteto di albicocche, l’ombra e il riposo, la passeggiata, il percorso odoroso, il percorso acustico, l’area dei grandi giochi e quella dei giochi a squadre, dove bambine e bambini
possono riscoprire profumi, odori, suoni della natura e, attraverso il gioco, svolgere attività educative.
È stata questa intensa attività riformatrice che ha consentito al centrosinistra di affermarsi sia alle
elezioni amministrative del 2000 che a quelle del 2005.
Soltanto proseguendo su questa strada, con altrettanta tenacia e determinazione, si riuscirà a preservare nel tempo e a valorizzare in futuro ciò che più sta a cuore ad ogni cittadino, ossia il patrimonio
storico, culturale, artistico e intellettuale della propria comunità.
Liceo Classico Scientifico “Vittorio Imbriani”.
Pomigliano d’Arco nel terzo millennio
237
Bibliografia
Basile, Giovanni. “La Biblioteca comunale di Pomigliano d’Arco”. Il Cittadino magazine : rivista mensile di attualità, informazione, politica, cultura, economia, moda e modi di vivere ; fondata e diretta da Francesco De Rosa. n.
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Basile, Giovanni. “Dalla biblioteca tradizionale alla biblioteca digitale”. Il Cittadino magazine : rivista mensile di
attualità, informazione, politica, cultura, economia, moda e modi di vivere ; fondata e diretta da Francesco De
Rosa. n. 2 4(2005), p. 26. Sant’Anastasia, Neomedia, 2005.
Basile, Giovanni. “Inaugurato il fondo Luigi De Falco, l’uomo che visse per i libri”. Il Cittadino magazine : rivista
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Francesco De Rosa. n. 7 4(2006), p. 30. Sant’Anastasia, Neomedia, 2006.
Città del fare ScpA. Agenzia Locale di Sviluppo. CREO - Centro per l’occupabilità femminile. Città del fare, 2006.
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Comune di Pomigliano d’Arco. Deliberazione del Consiglio comunale n. 3 del 9 gennaio 2004 : Aggiornamento ed
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Comune di Pomigliano d’Arco. Variante Generale Aggiornamento ed Adeguamento del Piano Regolatore Generale :
Piano vigente. Decreto del Presidente della Provincia n. 810 del 19 luglio 2005 pubblicato sul BURC n. 41 del
22 agosto 2005. CD-ROM. Contiene : Norme Tecniche di Attuazione (NTA), Relazione illustrativa, Fotografie
e Grafici (P04BIS, P05BIS, P06BIS). Pomigliano d’Arco, 2004.
Comune di Pomigliano d’Arco. “Aggiornamento ed Adeguamento del Piano Regolatore Generale – Relazione illustrativa : Deliberazione del Consiglio comunale n. 3 del 9 gennaio 2004”. In Variante Generale Aggiornamento ed
Adeguamento del Piano Regolatore Generale : Piano vigente. Decreto del Presidente della Provincia n. 810 del
19 luglio 2005 pubblicato sul BURC n. 41 del 22 agosto 2005. CD-ROM. Pomigliano d’Arco, 2004, pp. 17-33,
38-41, 62-68, figg. pp. 69, 83.
Comune di Pomigliano d’Arco. Ufficio Relazioni con il Pubblico. Guida ai servizi ; a cura dell’URP del Comune di
Pomigliano d’Arco ; premessa di Michele Caiazzo e Lucia Rea ; introduzione dell’On. Franco Bassanini,
Ministro della Funzione Pubblica. Melito di Napoli, Creative Service, [2000].
Comune di Pomigliano d’Arco. Ufficio Relazioni con il Pubblico. Guida ai servizi di Pomigliano d’Arco ; a cura
dell’URP del Comune di Pomigliano d’Arco e della Confesercenti, 2006. [S.n.t].
De Rosa, Francesco. “La città che sta costruendo il proprio futuro : intervista di Francesco De Rosa al Sindaco Michele
Caiazzo”. In Pomigliano d’Arco : una città che guarda al futuro ; a cura di Francesco De Rosa ; prefazione di
Michele Caiazzo, pp. 111-125. Napoli, Massa editore, 2002, figg. pp. 111-113, 115-117.
Figli di Pomigliano d’Arco. Annual dinner dance : Novembre 16, 2008 ; a cura di Figli di Pomigliano d’Arco, A not
for profit organization est. 2007. New York, [s.n.], 2008.
Gammella, Pasquale. Fabbrica e Tammorre ; a cura di Gianluca Nunziata. Casalnuovo di Napoli, Phoebus Edizioni,
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Majorano, Carla. I bambini trasformano gli spazi urbani : l’esperienza del laboratorio di progettazione partecipata della scuola “S. Giusto” – Istituto comprensivo G. Falcone – di Pomigliano d’Arco ; con il patrocinio del Comune di Pomigliano d’Arco ; a cura di Carla Majorano ; prefazione di Michele Caiazzo.
Napoli, CUEN, 2003.
Miano, Pasquale. Recupero degli “spazi proibiti” : il parco pubblico di Pomigliano d’Arco. Napoli, Clean Edizioni,
2001, pp. 43-107, figg. pp. 44, 50, 51.
Niola, Marino. “Progettare la memoria”. In Pomigliano d’Arco : una città che guarda al futuro ; a cura di Francesco
De Rosa ; prefazione di Michele Caiazzo, pp. 87-93. Napoli, Massa editore, 2002.
Piccolo, Onofrio. “Le politiche per la cultura”. In Pomigliano d’Arco : una città che guarda al futuro ; a cura di
Francesco De Rosa ; prefazione di Michele Caiazzo, pp. 95-109. Napoli, Massa editore, 2002.
Sasso, Stefano. “L’evoluzione urbanistica della città”. In Pomigliano d’Arco : una città che guarda al futuro ; a cura di
Francesco De Rosa ; prefazione di Michele Caiazzo, pp. 39-58. Napoli, Massa editore, 2002. , figg. pp. 42-43.
Pomigliano, il galeone e lo scrigno del tesoro : racconto, frutto della rielaborazione del materiale raccolto dai bambini nei Laboratori della Città Educativa ; a cura di Massimo D’Antonio ; [introduzione] di Michele Caiazzo, M.
Rosaria Fornaro e Maria Tufano. Napoli, Massa editore, 2004, pp. 26-29.
Web bibliography
http://www.michelecaiazzo.it
http://www.piazzacomune.it
http://www.scafidi.com
238
Pomigliano d’Arco nel terzo millennio
La struttura polifunzionale di Palazzo dell’Orologio. La Biblioteca comunale
Tra i maggiori progetti di riqualificazione, degni di menzione rimangono il recupero e l’ampliamento
ddel Palazzo dell’Orologio. In questo complesso era intenzione dell’Amministrazione comunale
coniugare la salvaguardia delle tradizioni locali con la promozione di attività multimediali rivolte al
futuro, realizzando servizi innovativi di promozione della cultura. La struttura ospita oggi un corso
di laurea in Turismo per i beni culturali dell’Università “Suor Orsola Benincasa”, fortemente caldeggiato dall’Amministrazione stessa, rappresentando una considerevole conquista sotto il profilo
dello scambio e della crescita culturale della città, da sempre aperta verso nuove e diverse influenze;
la moderna Biblioteca comunale è sede di corsi di formazione professionale, corsi di alfabetizzazione di informatica e di lingua inglese, corsi di lingua spagnola, seminari, convegni, congressi.
Dal 1990 ad oggi il patrimonio librario della biblioteca è stato notevolmente incrementato. Nel 1996
si è arricchito col dono del bibliofilo pomiglianese Luigi De Falco che, nel proprio testamento,
dichiarò esplicitamente la volontà di donare tutti i suoi libri alla Biblioteca comunale.
Nel 2000, grazie all’acquisizione da parte del Comune della preziosa e ricca biblioteca dell’avvocato
Nicola Esposito, il patrimonio librario ha superato i 60.000 volumi.
Dal 2003 la Biblioteca comunale aderisce al Sistema Bibliotecario Provinciale di Napoli, nato per
dare un concreto contributo alla creazione di una rete informativa provinciale e regionale. In
particolare, il Sistema promuove lo sviluppo delle biblioteche sul territorio quali strutture capaci di
assolvere funzioni di intermediazione nel campo dell’informazione e della comunicazione. Dal 2005
la biblioteca aderisce anche al Polo Bibliotecario SBN della Regione Campania.
Il patrimonio librario e documentario posseduto è costituito dalla Sezione Locale che raccoglie testi,
foto e documenti che trattano gli aspetti storici e storico-artistici della città, nonché la vita e le opere
Palazzo dell’Orologio, prospettiva frontale e cortile interno.
Pomigliano d’Arco nel terzo millennio
Comune di Pomigliano d’Arco. Il Piano del Colore. Palazzo dell’Orologio, prospetto laterale.
Palazzo dell’Orologio, sala lettura, consultazione e ricerche.
239
240
Pomigliano d’Arco nel terzo millennio
di uomini illustri e di autori pomiglianesi; dalla Sezione Napoletana che raccoglie testi relativi alla
storia di Napoli e documenta la cultura del Mezzogiorno; dal Fondo “Luigi De Falco” che consta di
oltre 2.600 volumi e racchiude testi di letteratura, filosofia, mistica, storia, arte, musica e teatro,
nonché molte opere che riguardano costumi, tradizioni e letterati locali, tra i quali Salvatore Cantone,
monsignor Felice Basile, l’abate Felice Toscano, Nunzio Coppola e una sezione interamente dedicata alle opere degli Imbriani e dei Poerio, illustri letterati legati alla città di Pomigliano. Nel 2005 è
stato pubblicato il Catalogo generale del Fondo De Falco curato dal dott. Giovanni Basile. Il Fondo
“Nicola Esposito”, prezioso patrimonio librario e documentario dell’omonimo studioso, è costituito da circa 50.000 volumi e comprende libri antichi che vanno dal ’500 all’800, nonché una sezione
dantesca, monografie, enciclopedie, dizionari, riviste, quotidiani, opuscoli e periodici vari. Nel 2008
di questo Fondo è stato pubblicato il catalogo dei libri antichi (secc. XVI-XIX) dal titolo Il bibliofilo
furioso, curato da Giovanni Basile, Maddalena Selva e Annunziata Esposito.
In questi anni è stata dedicata grande attenzione alla catalogazione informatizzata del patrimonio
librario e documentario della Biblioteca. Tale catalogo è consultabile anche online sia sul sito web
della Biblioteca sia sul portale del Sistema Bibliotecario della Provincia di Napoli. Inoltre si è
proceduto alla digitalizzazione dei testi e documenti della “Sezione Locale”, molti dei quali già
scaricabili in formato “PDF” dai cataloghi.
La Biblioteca offre servizi di lettura e consultazione del patrimonio librario, di studio dei testi della storia
locale, informazioni bibliografiche e servizio di orientamento (reference), prestito bibliotecario ed interbibliotecario, postazioni multimediali e accesso ad internet, visite scolastiche guidate, tirocinio e stages.
Bibliografia
Basile, Giovanni. Catalogo fondo “Luigi De Falco” ; prefazione di Antonio Della Ratta. Pomigliano d’Arco, Biblioteca
comunale, 2005.
Basile, Giovanni. Concorso Borsa di Studio “Luigi De Falco” : Anno scolastico 2005/06, Elaborati premiati ; a cura
di Giovanni Basile. Pomigliano d’Arco, Biblioteca comunale, 2006.
Basile, Giovanni - Selva, Maddalena - Esposito, Annunziata. Il bibliofilo furioso : vita di Nicola Esposito : Catalogo
del patrimonio librario antico (secc. XVI-XIX) della biblioteca “Nicola Esposito” acquisita dal Comune nell’anno 2000 ; prefazione di Antonio Della Ratta. Pomigliano d’Arco, Biblioteca comunale, 2008.
Basile, Giovanni. “La Biblioteca comunale di Pomigliano d’Arco”. Il Cittadino magazine : rivista mensile di attualità,
informazione, politica, cultura, economia, moda e modi di vivere ; fondata e diretta da Francesco De Rosa. n. 1
4(2005), p. 26. Sant’Anastasia, Neomedia, 2005.
Basile, Giovanni. “Dalla biblioteca tradizionale alla biblioteca digitale”. Il Cittadino magazine : rivista mensile di
attualità, informazione, politica, cultura, economia, moda e modi di vivere ; fondata e diretta da Francesco De
Rosa. n. 2 4(2005), p. 26. Sant’Anastasia, Neomedia, 2005.
Basile, Giovanni. “La rete dei libri”. Il Cittadino magazine : rivista mensile di attualità, informazione, politica, cultura, economia, moda e modi di vivere ; fondata e diretta da Francesco De Rosa. n. 3 4(2005), p. 26.
Sant’Anastasia, Neomedia, 2005.
Basile, Giovanni. “E-book : il futuro diventa presente”. Il Cittadino magazine : rivista mensile di attualità, informazione, politica, cultura, economia, moda e modi di vivere ; fondata e diretta da Francesco De Rosa. n. 5 4(2005),
p. 26. Sant’Anastasia, Neomedia, 2005.
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242
Pomigliano d’Arco nel terzo millennio
Le elezioni amministrative del 2000
A differenza di quanto avvenuto cinque anni prima, alle elezioni amministrative del 2000 il centrosinistra si presentò unito, fatta eccezione per i Socialisti Democratici Italiani (SDI) che presentavano
il proprio candidato, Vincenzo Rea.
Nel 1998 il PDS si era sciolto dando vita a un nuovo grande partito, che aveva preso il nome di
Democratici di Sinistra (DS), al quale aderirono, oltre al PDS, molti esponenti di estrazione socialista, repubblicana, cristiano-sociale e ambientalista: un unico soggetto politico che si proponeva come
forza socialdemocratica, leader del centro-sinistra italiano.
Il risultato delle votazioni comunali decretò la rielezione del sindaco uscente, Michele Caiazzo, della
lista dei Democratici di Sinistra che, con un’affluenza record dell’83,8 % degli elettori, vinse al
primo turno con il 65,5% dei voti.
Caiazzo era stato eletto, nel 1999, anche consigliere della Provincia di Napoli nella lista DS, e nominato membro della Commissione ambiente, protezione civile, caccia e pesca, attività produttive,
avvocatura, e riconfermato nell’incarico nel 2004. Candidato alle elezioni regionali della Campania
del 3 e 4 aprile 2005, sempre nella lista dei Democratici di Sinistra, per la Circoscrizione di Napoli,
è stato eletto con 19.212 voti.
Nel 2000 la nuova giunta comunale a guida DS, nel solco dell’attività intrapresa nel quinquennio
precedente, proseguì l’opera di riorganizazione della macchina comunale, prestando particolare
attenzione al profilo dell’efficienza e del buon andamento dell’azione amministrativa. Obiettivo questo
per il cui raggiungimento si impose, sin dai primi anni, un’accorta e poderosa gestione delle risorse
umane disponibili, cioè un loro utilizzo che fosse finalmente svincolato da rigide logiche di partito.
In sostanza apparve chiaro, anche alla luce delle precedenti esperienze di governo, che il perseguimento degli obiettivi cui tendeva l’azione politica esigeva inderogabilmente che ad ognuno fosse
affidato il ruolo più consono, calibrato sulla base delle competenze e delle esperienze sino ad allora
maturate. Di ciò ebbero piena consapevolezza gli amministratori DS, quanto meno a giudicare dalla
prassi di nominare tecnici e professionisti esperti in ruoli di responsabilità e a capo di settori
strategici dell’apparato municipale.
Si crearono dunque i presupposti per una proficua opera di miglioramento dei servizi e di
innovazione delle infrastrutture, per la rinascita di incisive politiche culturali e sociali, per la
programmazione di precisi interventi di riqualificazione ambientale e urbanistica.
In tale ottica assumevano fondamentale importanza la capacità e il proposito di evitare che a quel
processo di innovazione si accompagnasse la dissipazione del patrimonio culturale, storico e artistico della città. Già troppe volte in passato erano state cancellate alcune tra le più rilevanti e tangibili
testimonianze della memoria del paese. Gli interventi sul territorio furono condotti secondo i canoni
di un regolare e corretto sviluppo urbanistico. L’istituzione di Pomigliano Ambiente S.p.A, cui venne
affidata la supervisione delle questioni ambientali, nonché la manutenzione ordinaria e straordinaria
degli immobili comunali, aveva già rappresentato una concreta ed univoca dichiarazione d’intenti in
tal senso. A ciò si associarono, nel tempo, gli effetti di una diligente vigilanza sul fenomeno
dell’abusivismo edilizio, più di una volta sfociata nella demolizione di manufatti abusivi. Cadeva
così ogni residua perplessità sulla coerenza del piano di sviluppo.
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Recupero, riqualificazione e valorizzazione ambientale del territorio
Coniugare crescita economica e tutela dell’ambiente è l’essenza della “questione ambientale” in un
territorio in cui si combinano ed alimentano vicendevolmente numerose e correlate criticità sociali,
economiche ed ecologiche. L’adozione di un modello di sviluppo eco-compatibile rappresenta una
scelta obbligata per migliorare la qualità di vita dei cittadini.
L’amministrazione comunale di Pomigliano ha avviato sul proprio territorio un percorso di Agenda
21, il programma delle Nazioni Unite dedicato allo sviluppo sostenibile, attuando il progetto presentato nel 2001 nell’ambito del Bando “Programma di sviluppo sostenibile e di attuazione di Agenda
21 locali” promosso dal Ministero dell’Ambiente.
La redazione del Rapporto sullo Stato dell’Ambiente (RSA) rappresenta uno dei momenti più
importanti dell’attuazione del percorso di Agenda 21. Esso fotografa il livello di qualità ambientale
individuando le relazioni che intercorrono fra stato delle risorse, attività umane e fattori di pressione.
Il Rapporto è articolato in capitoli tematici: Qualità dell’aria; Rumore urbano; Acque; Territorio,
ambiente e biodiversità; Popolazione e struttura urbana; Mobilità urbana; Rifiuti; Energia.
Qualità dell’aria
L’aumento dei gas serra fa crescere la capacità termica del nostro pianeta, ovvero la capacità di
trattenere, sulla superficie terrestre, calore ed energia, modificando così il clima. I principali
responsabili dell’inquinamento dell’aria sono: il biossido di zolfo, gli ossidi di azoto, il monossido
di carbonio, il benzene, gli idrocarburi policiclici aromatici, le polveri e il piombo. È di competenza dello Stato la fissazione di valori limite e soglie di allarme più restrittivi di quelli stabiliti
dalle stesse direttive europee. I valori limite definiti dalla normativa comunitaria sono requisiti
minimi che consentono agli Stati membri di introdurre provvedimenti di tutela ancora più restrittivi ed adottare limiti più vincolanti.
La valutazione della qualità dell’aria nella città di Pomigliano è riferita al quadro normativo attualmente vigente in Italia, oltre che agli standard internazionali e agli orientamenti dell’Unione Europea.
Il contributo cittadino alle variazioni climatiche può essere valutato calcolando le emissioni di CO2
su scala locale attraverso la rete fissa di rilevamento dell’inquinamento atmosferico, composta da
centraline fisse collocate su impianti semaforici: una si trova all’incrocio di viale Alfa con via Roma,
nei pressi della stazione ferroviaria, una nell’incrocio di via Caiazzo con via Leonardo da Vinci e la
terza tra via Passariello e via Leopardi.
Alla rete fissa è stata affiancata una rete mobile della Provincia di Napoli che ha agito per un certo
periodo e a cui si sono aggiunti i mezzi mobili dell’Agenzia Regionale per la Protezione
dell’Ambiente Campania (ARPAC).
A Pomigliano sono state rilevate concentrazioni elevate di benzene nella stazione di viale Alfa e livelli superiori alla media sono stati riscontrati anche in riferimento al monossido di carbonio e alle
sostanze acidificanti.
244
Pomigliano d’Arco nel terzo millennio
Rumore urbano
L’inquinamento acustico è stato ormai riconosciuto come fattore di disturbo e di pericolo per la
salute e rappresenta uno dei più diffusi fattori di pressione ambientale nelle aree urbane.
I comuni, nel rispetto delle leggi vigenti, devono attuare politiche di controllo del rumore e limitare
le emissioni sonore adeguando i piani di trasporto e i piani urbani del traffico.
A Pomigliano, dalla lettura dei dati disponibili, emerge una situazione di complessiva criticità del territorio comunale in relazione ai livelli di pressione sonora rilevata. Si evidenzia che i livelli sonori
superano nella maggior parte dei casi i valori limite.
Acqua
Per soddisfare le proprie esigenze idropotabili e industrali, le città utilizzano le risorse idriche locali
secondo modalità che possono determinare un eccessivo sfruttamento o un’alterazione della qualità
delle acque e quindi degli equilibri dell’ambiente idrico. Tali problematiche devono essere affrontate attraverso una gestione integrata del ciclo dell’acqua e una riduzione dei consumi e degli scarichi.
Va detto che, in un territorio in cui le perdite medie della rete di distribuzione risultano estremamente elevate, Pomigliano fa eccezione poiché registra una perdita di appena l’8%.
L’acqua distribuita sul territorio di Pomigliano proviene dalla falda endogena della collina di
Cancello, acquistata da Eniacqua. La differenza tra acqua immessa in rete ed acqua consumata è
aumentata. L’Asm di Pomigliano esegue analisi quindicinali dell’acqua distribuita.
Territorio, ambiente e biodiversità
La realizzazione delle attività produttive delle città comporta un considerevole consumo di risorse
nonché un’elevata produzione di sostanze di rifiuto, creando condizioni di criticità in un bacino territoriale molto ampio. Allo stesso tempo esse rappresentano ormai un elemento imprescindibile del
paesaggio e pertanto la conoscenza degli ambiti naturali o seminaturali compresi nel tessuto urbano
diviene elemento fondamentale per la riorganizzazione del territorio. Le politiche di pianificazione e
gestione devono tendere, da una parte, alla salvaguardia e alla valorizzazione delle aree verdi urbane
esistenti, dall’altra, a porre in essere interventi di recupero in grado di garantire la tutela della biodiversità e l’incremento della qualità ambientale.
Il territorio comunale di Pomigliano occupa una superficie di circa 1143 ettari. In virtù della considerevole estensione della parte urbana non sono presenti ambiti di elevato valore naturalistico. Le
aree più importanti dal punto di vista ecologico sono da ritenersi quelle con copertura costituita da
arboreti, poco più del 5% della struttura complessiva, da incolti ed da alcune aree verdi ornamentali.
Esse sono da proteggere dal momento che possono svolgere un ruolo importante nel supportare la
sopravvivenza delle tipiche specie faunistiche delle aree urbane.
Pomigliano d’Arco rientra nel Sito di Interesse Nazionale (SIN) “Litorale Domitio Flegreo e Agro
Aversano” ed è, pertanto, interessato dal relativo progetto di bonifica e recupero.
Popolazione e struttura urbana
Per struttura urbana s’intende l’assetto territoriale considerato in termini di relazioni tra attività
umane e ambiente; in tal senso il territorio rappresenta una risorsa limitata, lo spazio di vita su cui si
concentrano le attività di una comunità urbana e sul quale agiscono rilevanti fattori di pressione
ambientale. Una prima forma di pressione è connessa ai processi di crescita delle aree urbanizzate delle
città italiane, con conseguente consumo di suolo, tanto di quello naturale quanto di quello rurale. Una
seconda forma di pressione è legata al metabolismo delle stesse città: per soddisfare le esigenze delle
popolazioni urbane sono necessarie risorse e, al contempo, sono restituiti al territorio i rifiuti.
Dalla lettura dei dati disponibili si può rilevare che la qualità dell’ambiente urbano di Pomigliano non
risulta essere particolarmente compromessa, soprattutto se paragonata ad altre realtà locali ed in considerazione dell’intensa attività di pianificazione e programmazione dell’Amministrazione comunale.
Il livello di pressione dovuto alla densità di popolazione, pur rimanendo su valori prossimi al valore
Pomigliano d’Arco nel terzo millennio
245
medio dei comuni della fascia metropolitana di Napoli, dopo una crescita continua sino al 1991, è
diminuito nel 2001. Pomigliano dal 2001 al 2006 ha registrato un decremento della popolazione residente pari al -1,1%, costituendo un’eccezione rispetto ai comuni dell’area a nord-est di Napoli, in
quanto è l’unico che ha visto diminuire costantemente il numero dei propri abitanti.
Le superfici urbanizzate coprono il 56,2% del territorio comunale. I dati relativi al censimento
dell’ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica) nel 2001, rivelano un relativo rallentamento dell’attività
edilizia a fini abitativi nella città di Pomigliano. La distribuzione dei servizi pubblici esistenti appare
concentrata nelle aree urbane centrali. Circa il 60% del verde pubblico esistente è costituito da parchi e giardini pubblici, mentre il rimanente 40% da verde attrezzato per attività sportive. Le aree
pedonali e le zone a traffico limitato sono concentrate nell’ambito del centro urbano.
Mobilità urbana
Ai trasporti sono ricondotte significative percentuali dei consumi energetici, delle emissioni atmosferiche climalteranti e inquinanti, dei livelli di rumore notturni e diurni eccedenti i livelli normativi.
Il conseguimento di una mobilità sostenibile nelle aree urbane diventa, quindi, obiettivo prioritario
delle politiche locali, perché, senza un drastico cambiamento delle attuali tendenze, la pressione
ambientale esercitata dal settore dei trasporti continuerà ad aumentare fortemente.
Il raggiungimento di migliori livelli di sostenibilità ambientale nel settore dei trasporti è legato a una
pianificazione del territorio che riduca la domanda di mobilità e incoraggi un modo più sostenibile
di ricorso all’auto privata, che dia impulso allo sviluppo di mezzi alternativi e di trasporto pubblico
e collettivo, che promuova infine una maggiore mobilità pedonale e ciclistica.
Pomigliano è uno dei pochi comuni della zona vesuviana ad avere un trasporto pubblico urbano su
gomma, affidato all’azienda Vesuviana Mobilità srl. Inoltre, si distingue per la presenza sul proprio
territorio di significativi tratti di pista ciclabile, per una lunghezza totale di circa 7 chilometri.
Rifiuti
La produzione di rifiuti, interferendo con numerose variabili ambientali quali il suolo, le risorse idriche, le risorse energetiche e la qualità dell’aria, rappresenta uno dei fattori di pressione ambientale
più critici.
Per abbassare tale pressione sul territorio è necessario intraprendere azioni che puntino alla diminuzione dei rifiuti prodotti, all’aumento della raccolta differenziata al fine di ridurre quelli smaltiti in
discarica. Il Comune di Pomigliano, nel 2001, ha raggiunto il 28,87% di raccolta differenziata. Questi
risultati hanno permesso alla nostra città di ottenere due premi, nel 2000 e nel 2001, “New Entry
Comuni Ricicloni” e “Miglior raccolta di verde e organico area sud”. Sul territorio comunale esistono due impianti, uno dedicato allo smaltimento e compostaggio della frazione organica e l’altro per
il trattamento degli ingombranti. Nel marzo 2001 è stato attivato un impianto di tritovagliatura, dove
i rifiuti indifferenziati vengono separati in secco e umido, permettendo di recuperare una significativa quota di materiale organico.
Nel 2008, con Deliberazione del consiglio comunale n. 64 del 28 luglio 2008, i servizi di igiene
ambientale, dei lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili comunali e del verde
pubblico, della pulizia dei locali comunali sono affidati alla società ENAM S.p.A.
Nello stesso anno la Regione Campania aveva adottato le Linee programmatiche 2008-2013 per la
gestione dei rifiuti urbani, con l’obiettivo di elaborare un progetto moderno in senso europeo, da condividere in un percorso di validazione ed attuazione che coinvolgesse l’intera società campana, come
previsto dalla Carta di Aalborg. Nell’ambito di questa programmazione era stato fissato l’obiettivo
del raggiungimento del 65% di raccolta differenziata entro il 2013, attuando i necessari interventi sui
singoli comuni, attraverso un nuovo piano di trattamento e valorizzazione della frazione organica e
la gestione degli impianti di trattamento e smaltimento affidata a Società Provinciali, che potessero
condurre verso l’autosufficienza delle singole province.
246
Pomigliano d’Arco nel terzo millennio
Dopo l’emergenza rifiuti in Campania la situazione si è modificata. La gestione del ciclo rifiuti è
determinata dalle disposizioni del sottosegretario di governo Guido Bertolaso. La nuova pianificazione ha coinvolto tutti i comuni della Campania, le cui politiche ecologiche sono soggette a piani
regionali e direttive nazionali.
L’ARPAC ha pubblicato nel 2009 la Relazione sullo Stato dell’Ambiente in Campania, nella quale individua tra gli strumenti di salvaguardia i CEA (Centri di Educazione Ambientale). A Pomigliano l’ente
accreditato quale operatore per la didattica e la sensibilizzazione sui temi dell’ecologia è il Laboratorio
Territoriale di Educazione Ambientale, che dovrebbe promuovere, attraverso mostre, dibattiti e
produzione di materiale didattico, le “buone pratiche” nelle politiche per la sostenibilità ambientale.
Energia
L’entità dei consumi di energia, soprattutto se dovuti al trasporto e al riscaldamento degli edifici, e
l’eventuale presenza in città di centrali di produzione che utilizzino combustibili fossili, contribuiscono in modo determinante all’inquinamento atmosferico locale. Ma i sistemi energetici locali
producono effetti su equilibri ambientali più ampi: la disponibilità di risorse energetiche fossili non
è infinita e la loro utilizzazione ha costi ambientali e sociali sempre meno sostenibili per il pianeta.
Nel comune di Pomigliano, l’oscillazione dei consumi elettrici totali è riconducibile all’andamento
dei consumi nel settore industriale, che assorbe oltre l’80% dell’energia elettrica consumata. Il settore dei servizi, nonostante rappresenti una quota meno rilevante dei consumi elettrici totali (5,7%),
è l’ultimo settore che registra costanti tassi di crescita dei consumi.
Dalle distinzioni degli utilizzi di metano per tipologia di utenze risulta che alle utenze civili spetta il
69,1% dei consumi totali di metano a Pomigliano ed alle utenze industriali il restante 30,9%.
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Aggiornamento ed Adeguamento del Piano Regolatore Generale 2005
Il nuovo Piano Regolatore Generale (PRG), vigente dall’agosto 2005, è uno strumento urbanistico
che cerca al contempo sia di rispondere alle vecchie e nuove esigenze abitative, sia di garantire
un’adeguata fruibilità e vivibilità dell’ambiente urbano.
La necessità di un adeguamento del piano regolatore per Pomigliano è scaturita dalla inadeguatezza
degli standard urbanistici contenuti nel piano del 1979, congelato e lasciato inattuato dalla stessa amministrazione provinciale, e dalla volontà di contrastare una situazione di dilagante abusivismo edilizio.
Il gruppo coinvolto nella redazione del nuovo piano ha dovuto rispettare alcuni obiettivi che
l’amministrazione ha ritenuto prioritari per la riqualificazione del territorio, come il recupero del centro storico, la salvaguardia della campagna residua e la centralizzazione della periferia.
Il programma del PRG ha offerto alla città un nuovo modello di crescita, dato che prefigura un
effettivo miglioramento della qualità di vita dei cittadini, che va perseguito e realizzato attraverso la
scelta paradigmatica del dimensionamento, realizzato utilizzando il criterio del computo per famiglia
intrecciato a quello per vano.
La buona riuscita del nuovo piano si fonda sull’aver messo in relazione la città con quel passato non
troppo lontano, che ne ha determinato irreversibilmente la struttura urbana, economica e sociale.
L’attenzione è rivolta a garantire al cittadino una migliore vivibilità, resa possibile grazie alla scelta
di un’organizzazione per “comparti”, ovvero aree sulle quali si prevede l’estensione dell’urbanizzazione e la riqualificazione dell’esistente con nuovi interventi, soggetti a progettazione di dettaglio,
usando la definizione adottata nel piano regolatore. In queste aree, gli interventi edili di tipo residenziale sono ridotti al fabbisogno reale, mentre gli interventi di realizzazione del verde attrezzato
vengono incrementati fino a prevedere 18 mq per abitante. La migliore fruibilità è d’altra parte
garantita dal fatto che l’espansione forsennata verso spazi ancora liberi è ben volentieri sacrificata
nell’ottica di un recupero o meglio di un restauro filologico, quando consentito, o tipologico in tutti
gli altri casi, consolidando ciò che è già stato costruito e creando una “città pluricentrica”.
Il piano di riqualificazione urbana di Pomigliano investe un contesto più ampio rispetto ai confini territoriali naturali e si colloca in una posizione urbanistica in corso di attuazione volta a realizzare un
sistema di città. L’intento della Regione Campania di rendere Napoli “città metropolitana”, significa
metterla in relazione con la periferia circostante, ovvero mettere in condizione la periferia di
progredire verso la città, creando “città di città”, fino ad integrarsi con essa, senza tuttavia sacrificare
la propria identità di città di fondazione.
248
Pomigliano d’Arco nel terzo millennio
Comune di Pomigliano d’Arco. Aggiornamento ed Adeguamento del Piano Regolatore Generale, 2005.
Il presupposto verso cui si sono orientati gli urbanisti contemporanei nel loro recente lavoro ha
indubbiamente qualche discendenza da quello al quale si è dovuto attenere l’architetto Alessandro
Cairoli per la redazione del piano risalente al 1939 (Alfa Romeo e Quartiere S. Martino), imposto da
istanze superiori. Mettere a confronto il vecchio ed il nuovo piano regolatore rende comprensibile
quanto con l’adozione e la piena applicazione del nuovo, è stata rinnovata l’identità storica, agricola
ed industriale della città di Pomigliano.
Bibliografia
Comune di Pomigliano d’Arco. Deliberazione del Consiglio comunale n. 3 del 9 gennaio 2004 : Aggiornamento ed
Adeguamento del Piano Regolatore Generale - Adozione. Pomigliano d’Arco, 2004.
Comune di Pomigliano d’Arco. Variante Generale Aggiornamento ed Adeguamento del Piano Regolatore Generale :
Piano vigente. Decreto del Presidente della Provincia n. 810 del 19 luglio 2005 pubblicato sul BURC n. 41 del
22 agosto 2005. CD-ROM. Contiene : Norme Tecniche di Attuazione (NTA), Relazione illustrativa, Fotografie
e Grafici (P04BIS, P05BIS, P06BIS). Pomigliano d’Arco, 2004.
Comune di Pomigliano d’Arco. “Aggiornamento ed Adeguamento del Piano Regolatore Generale – Relazione illustrativa : Deliberazione del Consiglio comunale n. 3 del 9 gennaio 2004”. In Variante Generale Aggiornamento ed
Adeguamento del Piano Regolatore Generale : Piano vigente. Decreto del Presidente della Provincia n. 810 del
19 luglio 2005 pubblicato sul BURC n. 41 del 22 agosto 2005. CD-ROM. Pomigliano d’Arco, 2004, pp. 38-41,
71-81, 89-110, figg. pp. 16, 20, 30, 51, 55, 76, 92.
Comune di Pomigliano d’Arco. “Aggiornamento ed Adeguamento del Piano Regolatore Generale – Norme Tecniche
di Attuazione (NTA) : Deliberazione del Consiglio comunale n. 3 del 9 gennaio 2004”. In Variante Generale
Aggiornamento ed Adeguamento del Piano Regolatore Generale : Piano vigente. Decreto del Presidente della
Provincia n. 810 del 19 luglio 2005 pubblicato sul BURC n. 41 del 22 agosto 2005. CD-ROM. Pomigliano
d’Arco, 2004.
Pomigliano d’Arco nel terzo millennio
249
Comune di Pomigliano d’Arco. Deliberazione del Consiglio comunale n. 2 del 16 febbraio 2005 : Approvazione della
proposta di G. C. n. 49 del 10/02/05 avente oggetto : Aggiornamento ed Adeguamento del Piano Regolatore
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Comune di Pomigliano d’Arco. Variante Generale di Aggiornamento ed Adeguamento del vigente Piano Regolatore
Generale – Approvazione ; Provincia di Napoli – Decreto del Presidente della Provincia di Napoli n. 810 del 19
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Comune di Pomigliano d’Arco. Assessorato alle Politiche di pianificazione urbana. Un anno di pianificazione urbana :
il delicato passaggio dalla progettazione alla realizzazione, Breve resoconto ; a cura dell’Assessore alle politiche di pianificazione urbana Arch. Francesca De Falco. Pomigliano d’Arco, 2006, pp. 2-5.
Comune di Pomigliano d’Arco. Ufficio di Piano. Area Tecnica - Servizio Urbanistica. Il Piano del Colore (Legge
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De Seta. Napoli, CLEAN edizioni, 2003.
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Opere pubbliche completate e altre messe in cantiere
Le opere pubbliche completate e quelle messe in cantiere a Pomigliano d’Arco riguardano:
l’apertura dei tre parcheggi gratuiti in via Leopardi, via Trento e via Gorizia, realizzati secondo tecnologie biocompatibili, che rappresenta un consistente intervento finalizzato alla realizzazione del
sistema di mobilità urbana sostenibile. L’intento dell’amministrazione è stato quello di facilitare gli
spostamenti dei cittadini e migliorare l’utilizzo degli spazi urbani;
l’approvazione e la realizzazione del progetto “La rotonda e il parco. Una porta per la Città” ha
previsto la realizzazione di un parco pubblico di oltre 51.000 mq, di un Centro di volontariato per la
protezione civile, il potenziamento e il completamento delle aree intorno alla grande piazza scultorea
“La Rotonda” e lungo via Nazionale delle Puglie, con la sistemazione del viale alberato di accesso
alla città. L’opera ha consentito il rafforzamento del sistema urbano di quell’area e il connesso
miglioramento delle funzioni socio-educative, dei servizi ricreativi e dell’arredo urbano;
l’approvazione del progetto esecutivo del “Parco Didattico”, che rientra nell’ambito della
realizzazione degli interventi di sistemazione delle aree ferroviarie ed industriali dismesse a
Pomigliano d’Arco;
è stato approvato il progetto definitivo per la realizzazione del “Parco delle Acque”, redatto con lo
scopo di conservare e preservare gli elementi originari della città e del territorio storico, presso il
quartiere Pacciano, così come definiti dalla trama dei percorsi, del sistema idraulico e dell’andamento dei limiti dei fondi.
Rientrano nella pianificazione e attuazione i lavori di ristrutturazione dell’arredo urbano e di riqualificazione di alcune strade di Pomigliano come via Nazionale delle Puglie, via Abate Felice Toscano,
viale Impero, corso Umberto, via Miccoli e via Caiazzo, l’opera di adeguamento alle norme vigenti
degli edifici scolastici di competenza comunale e la relativa manutenzione straordinaria, nonché il
restauro dell’ottocentesca Villa Ricciardi adibita a scuola d’infanzia intitolata a Gianni Rodari.
Bibliografia
Città del fare ScpA. Agenzia Locale di Sviluppo. “Pomigliano, restaurata Villa Ricciardi”. [Articolo del 18 di-cembre
2002]. Città del fare, 2002. http://www.cittadelfare.it/news
250
Pomigliano d’Arco nel terzo millennio
Città di Pomigliano d’Arco. “La Rotonda” : opera scultorea ed artistica di Riccardo Dalisi. [Brochure di presentazione del progetto]. Pomigliano d’Arco, 2008.
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19 luglio 2005 pubblicato sul BURC n. 41 del 22 agosto 2005. CD-ROM. Pomigliano d’Arco, 2004.
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il delicato passaggio dalla progettazione alla realizzazione, Breve resoconto ; a cura dell’Assessore alle politiche di pianificazione urbana Arch. Francesca De Falco. Pomigliano d’Arco, 2006, pp. 8-9.
Comune di Pomigliano d’Arco. Ufficio Relazioni con il Pubblico. Guida ai servizi ; a cura dell’URP del Comune di
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Comune di Pomigliano d’Arco. Ufficio Relazioni con il Pubblico. Guida ai servizi di Pomigliano d’Arco ; a cura
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Michele Caiazzo, pp. 111-125. Napoli, Massa editore, 2002.
Panico, Raffaella. “Pomigliano d’Arco. Via Nazionale, ecco la rotonda”. Il Giornale di Napoli. n. 39 24(9 febbraio
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Panico, Raffaella. “Pomigliano d’Arco. Inaugurata la rotonda cittadina, tante sculture e c’è pure un ruscello”. Il
Giornale di Napoli. n. 40 24(10 febbraio 2008), p. nn. Napoli, 2008.
Web bibliography
http://www.cittadelfare.it
http://www.piazzacomune.it
Piano del colore per l’edilizia storica di Pomigliano d’Arco
Il Piano del Colore per l’edilizia storica di Pomigliano è andato a inserirsi nella più ampia programmazione prevista dal Programma Integrato ai sensi della Legge Regionale n. 26 “Norme ed incentivi
per la valorizzazione dei centri storici della Campania e per la catalogazione dei beni ambientali di
qualità paesistica” del 18 ottobre 2002. Questo strumento normativo promuove la valorizzazione e la
tutela dei centri storici attraverso elaborati di analisi e di progetto concorrenti alla conoscenza dei
beni, nell’accezione più ampia di bene ambientale e architettonico con valore storico-artistico, e alla
gestione della loro conservazione e valorizzazione.
Il Piano del Colore, oltre alla conoscenza delle cromie tradizionalmente utilizzate a Pomigliano, mira
ad un progetto complessivo di riequilibrio cromatico dell’intero centro storico.
Il Piano, redatto nel luglio 2004, costituisce il primo momento di approfondimento progettuale del
Programma Integrato, ed è tutt’ora vigente all’interno del perimetro del centro storico cittadino, coincidente con la zona territoriale omogenea A “di interesse storico architettonico e paesistico” del
vigente Piano Regolatore Generale.
Il recupero dell’identità collettiva del centro storico significa salvaguardare l’identità architettonica
della città mantenendo in essere tutta la gamma dei linguaggi che essa presenta e che provengono da
quella capacità di trasformazione propria della città storica. In quest’ottica la conoscenza, il recupero
e la tutela dei processi e delle tecniche costruttive del passato sono fondamentali, anche nei centri
urbani minori come Pomigliano.
In tale direzione pure il recupero dell’equilibrio cromatico all’interno del centro storico si è posto
come momento qualificante. Inoltre, la campagna di Catalogazione del patrimonio immobiliare di
interesse storico-artistico e ambientale, di cui alla citata L.R. 26/2002, condotta su tutti gli edifici
rientranti nel perimetro del centro storico, ha consentito la loro schedatura documentale e il successivo riconoscimento dei “valori” delle architetture, oltre che la rilevazione dell’edificato esistente.
Questa operazione ha fornito un notevole contributo alla fase di analisi, insostituibile supporto per
Pomigliano d’Arco nel terzo millennio
251
qualsiasi strumento urbanistico di pianificazione, come il Piano Urbanistico Attuativo (PUA) per il
centro storico.
Bibliografia
Comune di Pomigliano d’Arco. Ufficio di Piano. Area Tecnica - Servizio Urbanistica. Il Piano del Colore (Legge
Regionale 18/10/2002, n°26) : Maggio 2004 ; Progetto arch. Stefano Sasso. Contiene : Norme tecniche,
Relazione con Normativa e Metodologia ; introduzione di Michele Caiazzo. Allegati : Tavole. 1 CD-ROM.
Pomigliano d’Arco, 2004.
Il Piano del Colore per l’edilizia storica : Comune di Pomigliano d’Arco : Catalogo della Mostra della 5a Rassegna
Urbanistica Nazionale : Venezia, 10-20 novembre 2004. http://www.planum.net/archive/documents
Sasso, Stefano – Casalvieri, Anna Lucia. Il sistema territoriale delle Masserie nel Piano Urbanistico Attuativo per il
centro storico ; Anna Luicia Casalvieri e Stefano Sasso - Comune di Pomigliano d’Arco.
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Web bibliography
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http://www.planum.net/
Piano Urbanistico Attuativo per il centro storico (PUA)
Il Piano Urbanistico Attuativo per il centro storico rappresenta il momento attuativo di un’intensa
attività di pianificazione che il Comune di Pomigliano d’Arco sta vivendo da alcuni anni, finalizzata alla costruzione di un nuovo volto per la città e di un nuovo modo di viverla da parte degli stessi
cittadini. La definizione della nuova città di Pomigliano passa naturalmente dal recupero dell’identità
collettiva e dei luoghi storici dell’abitare e del vivere comune.
In questo senso l’Ufficio di Piano prima, e lo Sportello Unico Urbanistico Edilizio (SUUE) poi,
hanno svolto, e stanno tuttora svolgendo, un lavoro finalizzato alla definizione di strumenti urbanistici e di tutela che permettano, da un lato, di porre rimedio ai gravi errori del passato e, dall’altro, di
incentivare uno sviluppo sostenibile per la città.
Il secondo tassello posto dall’Amministrazione nella predisposizione di uno strumento urbanisticoedilizio integrato è stato il riconoscimento dell’indispensabilità di un recupero relativo all’identità
collettiva dei luoghi storici della città. Tale identità rimane legata inevitabilmente alla riqualificazione e valorizzazione del patrimonio storico che altrimenti, in alcuni casi, rischiava di sparire.
La città storica di Pomigliano, così com’è pervenuta a noi, corrisponde al cambiamento delle funzioni stratificatesi nel tempo, nella loro stessa complessità ed alla capacità di trasformazione propria
di una “città” e del suo contesto ambientale: il luogo della memoria collettiva della città s’identifica,
quindi, con il suo centro storico.
Pomigliano ha visto un’espansione urbana moderna che non ha seguito le leggi naturali della
trasformazione, ma un abbandono e degrado degli originari luoghi dell’abitare che, negli ultimi
decenni, sono diventati periferici.
Con il nuovo strumento urbanistico generale, mediante la trascrizione digitalizzata dei catasti storici
(il cosiddetto “Borbonico”del 1875-76, il “Primo Impianto” e “Storico del 1955”) e la loro successiva
comparazione con la carta territoriale regionale ed il rilievo aerofotogrammetrico è stato possibile
individuare il perimetro della città storica, assumendo come data finale della sua formazione il secondo dopoguerra: rientrano nella zona A “centro storico” della città, il nucleo originario consolidato
quindi, secondo il PRG 2005, tutti gli edifici dell’impianto “Piano Cairoli” ed il sistema territoriale
delle masserie.
Il Piano Urbanistico Attuativo per il centro storico, inoltre, analizza l’aspetto fisico del territorio, in
relazione alle tipologie edilizie e alle condizioni sociali. La difficoltà maggiore è rappresentata dalla
frammentazione delle proprietà: divisioni orizzontali e verticali che determinano ostacoli agli interventi, che producono lievitazione dei costi e che rendono di difficile operatività la normativa tecnica.
252
Pomigliano d’Arco nel terzo millennio
Sasso, Stefano – Casalvieri, Anna Lucia. Il sistema territoriale delle Masserie nel PUA.
Catasto cosiddetto “Borbonico”, individuazione del perimetro della città storica.
Di queste difficoltà si è tenuto conto e si è cercato di offrire adeguate soluzioni, senza dimenticare
che un Piano deve essere un processo e non uno statico strumento che fissa regole astratte.
Migliorando, come nel caso peculiare di Pomigliano, lo scenario fisico ed esaltando le risorse storiche e artistiche esistenti, non solo possono trarne vantaggi i cittadini che vi abitano, ma si rivalutano
i valori delle costruzioni e s’introducono i principi fondamentali per nuove attività economiche, per
realizzare quel rapporto “cultura/economia” che tutti si dichiarano concordi nel perseguire.
L'obiettivo “centro storico” di Pomigliano rappresenta, ancor più del Piano Regolatore Generale, un
impegnativo quanto competitivo atto di politica urbanistica.
Questo progetto è cominciato nel momento stesso in cui l’Amministrazione comunale ha aderito alla
“Carta delle Città Europee per un Modello Urbano Sostenibile” (Carta di Aalborg) nel corso della
seduta del consiglio comunale del 13 ottobre 2000. Successivamente, il Comune di Pomigliano ha
avviato la redazione del Programma Integrato ai sensi della Legge Regionale n. 26 “Norme ed incentivi per la valorizzazione dei centri storici della Campania e per la catalogazione dei Beni Ambientali
e di qualità paesistica” del 18 ottobre 2002.
In particolare, l’elaborazione del Piano del Colore per l’edilizia storica di Pomigliano, ha visto un primo
momento di ricerca ed analisi dell’edilizia storica che ha permesso di pervenire, attraverso lo studio di
Pomigliano d’Arco nel terzo millennio
253
fonti storico-documentarie, iconografiche e tecniche, nonché attraverso la Catalogazione del patrimonio
immobiliare di interesse storico-artistico e ambientale, di cui alla L.R. 26/2002, iniziata nell’ottobre
2003 e conclusa, con l’approvazione della giunta comunale, con proprio atto n. 109 del 17 marzo 2005,
all’attuazione dei progetti previsti.
La Catalogazione compiuta, insieme allo Studio di Fattibilità, al Manuale delle tecniche di intervento e
dei materiali, al Piano di manutenzione programmata dei beni (questi ultimi quattro in itinere), e al
Piano Urbanistico Attuativo, porterà alla riqualificazione delle parti storiche della città di Pomigliano.
Bibliografia
Comune di Pomigliano d’Arco. “Aggiornamento ed Adeguamento del Piano Regolatore Generale – Relazione illustrativa : Deliberazione del Consiglio comunale n. 3 del 9 gennaio 2004”. In Variante Generale Aggiornamento ed
Adeguamento del Piano Regolatore Generale : Piano vigente. Decreto del Presidente della Provincia n. 810 del
19 luglio 2005 pubblicato sul BURC n. 41 del 22 agosto 2005. CD-ROM. Pomigliano d’Arco, 2004, pp. 99-101,
122-131, figg. pp. 4, 11, 12, 30, 55,132,133.
Comune di Pomigliano d’Arco. Assessorato alle Politiche di pianificazione urbana. Un anno di pianificazione urbana:
il delicato passaggio dalla progettazione alla realizzazione, Breve resoconto ; a cura dell’Assessore alle politiche di pianificazione urbana Arch. Francesca De Falco. Pomigliano d’Arco, 2006, pp. 4-5.
Comune di Pomigliano d’Arco. Ufficio Tecnico, Sportello Unico Urbanistico Edilizio (SUUE). Piano Urbanistico
Attuativo per il centro storico (PUA) : Norme tecniche : Approvato con Delibera di G. C. n. 301 del 19/10/2007.
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Sasso, Stefano – Casalvieri, Anna Lucia. Il sistema territoriale delle Masserie nel Piano Urbanistico Attuativo per il
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http://www.cronachedinapoli.org/
http://www.denaro.it
http://www.piazzacomune.it
http://www.planum.net/
Trasformazione e riqualificazione della Masseria Pacciano
L’Amministrazione comunale di Pomigliano, nella predisposizione di una strumentazione urbanisticoedilizia integrata, ha avuto come obbiettivo il recupero dell’identità collettiva dei luoghi storici della
città insieme alla riqualificazione e valorizzazione del patrimonio antico. Questo programma prevede
anche la centralizzazione delle periferie per ridefinire Pomigliano quale città di medie dimensioni,
fondata su più poli, e farne una “città di città”, uno dei centri della metropoli partenopea.
Nel Piano Urbanistico Attuativo per il centro storico, la zona della cosiddetta “Vasca Pacciano” è
rientrata fra i comparti confermati all’interno del perimetro dell’Ambito Territoriale “Centro urbano”.
In tal modo si è riconosciuto il ruolo fondamentale di centralità, legato all’identità storica, architettonica, urbanistica, sociale ed aggregativa in genere di questa zona. “Borgo Pacciano” risulta essere
uno dei nuclei urbani più antichi di Pomigliano e, come tale, la sua riqualificazione è risultata strettamente connessa agli interventi previsti per il “Centro Storico”.
Il progetto comparto “Masseria Pacciano” è stato promosso dalla società Costruzioni immobiliari, su
progetto di Domenico Iasevoli e Ciro Parlato, con la consulenza di Massimo Gallo e attraverso il lavoro
dell’Ufficio di Piano del Comune e dello Sportello Unico Urbanistico Edilizio. Tale progetto ridefinisce la zona, dal perimetro estremamente irregolare, a ridosso del nucleo storico di Pacciano.
L’Amministrazione comunale prevede un’area in cui la realizzazione dei nuovi edifici residenziali privati si affianchi a 28.000 mq di spazio pubblico destinati a verde, attrezzature scolastiche, parcheggi e
nuova viabilità. In particolare, il grande “giardino urbano” centrale di 18.000 mq è stato immaginato
quale architettura verde, parco urbano attrezzato e baricentro del progetto, mentre si è ritenuto necessario
il potenziamento dell’attuale sistema viario attraverso il congiungimento delle strade che connettono il
centro di Pacciano con il nucleo storico consolidato, decongestionando l’attuale unico collegamento. In
254
Pomigliano d’Arco nel terzo millennio
tal modo il piano assume la valenza di “cerniera” urbana, con la finalità di ricucire frammenti di città
risultanti da stratificazioni edilizie di diverse epoche e scarsamente infrastrutturate.
Inoltre, è stato previsto un campo sportivo per integrare le attrezzature dell’adiacente plesso scolastico
“Giovanni Falcone”, oltre ai laboratori didattici per la formazione di persone portatrici di disabilità.
La scelta di insediare qui nuove strutture residenziali, spazi per funzioni urbane collettive, sistema di
mobilità che potenzia quello attuale, è scaturita dalla posizione prossima al cuore della città e dalla
favorevole accessibilità, ma soprattutto dall’intenzione più generale di riqualificazione e integrazione
urbana e sociale delle “periferie”, individuandone in maniera prioritaria le emergenze, in particolare
quelle ambientali e sanitarie.
Bibliografia
Comune di Pomigliano d’Arco. “Aggiornamento ed Adeguamento del Piano Regolatore Generale – Relazione illustrativa : Deliberazione del Consiglio comunale n. 3 del 9 gennaio 2004”. In Variante Generale Aggiornamento ed
Adeguamento del Piano Regolatore Generale : Piano vigente. Decreto del Presidente della Provincia n. 810 del
19 luglio 2005 pubblicato sul BURC n. 41 del 22 agosto 2005. CD-ROM. Pomigliano d’Arco, 2004, pp. 109, 116.
Gallo, Massimo. “Pubblico e privato, trasformazione e riqualificazione urbana”. In Premio urbanistica 2007 : supplemento di Urbanistica : rivista quadrimestrale dell’Istituto Nazionale di Urbanistica ; direttore Paolo
Avarello. n. 137 60(dic. 2008), pp. 9-10. Roma, INU Edizioni, 2008, pp. 9-10, fig. p. 10.
Elezioni comunali del 2005 ed elezioni politiche nazionali del 2006
Nelle elezioni amministrative dell’aprile 2005 la lotta tra i due maggiori personaggi della realtà
politica pomiglianese, seppure indirettamente, si è fatta incandescente. Lo scontro per la poltrona di
sindaco tra il senatore Tommaso Sodano, unico senatore del sud eletto per Rifondazione Comunista,
e Antonio Della Ratta, candidato dei Democratici di Sinistra, ha riacceso l’antica rivalità con
l’avversario delle elezioni precedenti, Michele Caiazzo, il sindaco uscente, consigliere provinciale e
regionale, e sostenitore del candidato DS.
Alla fine ha vinto Della Ratta, eletto sindaco con il 64.5% delle preferenze, sottraendo molti voti
all’altro candidato di centrosinistra, Tommaso Sodano (13%), mentre il candidato Carlo De Falco,
appoggiato da Alleanza Nazionale, Unione di Centro e Forza Italia, ha ottenuto il 22.5% dei voti.
Il nuovo sindaco Della Ratta, eletto consigliere comunale nel 1990, è stato anche Presidente del consiglio comunale dal 1995 al 1998. Nello stesso anno è diventato assessore alle Politiche Sociali e
vicesindaco. Rieletto consigliere nel 2000, è stato nominato Presidente della Commissione Consiliare
Affari Istituzionali e dal 2003 al 2005 ha preso parte alla seconda giunta Caiazzo come assessore ai
Lavori Pubblici, alla Riqualificazione Urbana e allo Sport.
Le elezioni amministrative del 2005 hanno visto anche una notevole partecipazione di giovani candidati che non provenivano da alcuna esperienza pregressa, sempre nel segno del rinnovamento della
classe dirigente e dell’apporto di nuove idee.
La giunta del sindaco Della Ratta è composta dagli assessori Agostino Libio, vicesindaco con
Deleghe a Trasparenza, Sicurezza Urbana, Polizia Municipale e Lavoro; Giuseppina Ciccarelli,
Deleghe a Risorse Economiche e Finanziarie, Sistemi Informativi; Francesca De Falco, Deleghe a
Politiche di Pianificazione Urbana; Carmine Iorio, Deleghe a Politiche Ambientali, Sviluppo
Sostenibile; Angelo Lupoli, Deleghe a Politiche Sociali; Domenico Romano, Deleghe a Politiche
dello Sviluppo, Manutenzioni Pubbliche, Rapporti con il Consiglio; Sofia Salvati, Deleghe a
Politiche Educative, Istruzione e Infanzia.
Nelle elezioni politiche del 9 aprile 2006 a Pomigliano la coalizione dell’Unione di Romano Prodi ha ottenuto 15.390 voti, di cui la lista dell’Ulivo 9.029 voti, Rifondazione Comunista 2.868 e la Rosa nel Pugno
1.032, gli altri partiti della coalizione intorno ai 500-600 voti. Il centro-destra ha raggiunto 10.345 voti, di
cui Forza Italia 4.495, UDC 3.333, Alleanza Nazionale 2.071 voti; questi stessi partiti, per le elezioni
comunali del 2005, avevano ottenuto: Forza Italia 684 voti, UDC 1.444, Allenza Nazionale 971.
Pomigliano d’Arco nel terzo millennio
255
Bibliografia
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Il Cittadino magazine : rivista mensile di attualità, informazione, politica, cultura, economia, moda e modi di vivere ;
fondata e diretta da Francesco De Rosa. n. 5 4(2005). Sant’Anastasia, Neomedia, 2005, p. 11.
De Rosa, Francesco. “Io dico che saremo giudicati : l’intervista a Michele Caiazzo”. Il Cittadino : periodico di attualità, informazione, politica, cultura, economia, moda e modi di vivere ; fondata e diretta da Francesco De Rosa.
n. 2 5(2006), pp. 10-11. Sant’Anastasia, Neomedia, 2006.
“Sindaco di Pomigliano, Della Ratta in corsa”. La Repubblica : Quotidiano fondato nel 1976 da Eugenio Scalfari ;
diretto da Ezio Mauro. Anno 30(28 febbraio 2005), p. 3. http://www.repubblica.it/repubblica/archivio
De Fazio, Bianca. “Castellammare, Ercolano e Pomigliano il centrosinistra fa il pieno di sindaci”. La Repubblica :
Quotidiano fondato nel 1976 da Eugenio Scalfari ; diretto da Ezio Mauro. Anno 30(6 aprile 2005), p. 7.
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Web bibliography
http://www.michelecaiazzo.it
http://www.repubblica.it
http://www.tommasosodano.it
Piano Sociale di Zona dell’Ambito Territoriale n. 12
Il Comune di Pomigliano, per far fronte ai problemi sociali del paese, ha redatto un Piano Sociale di
Zona dell’Ambito Territoriale n. 12, comprendente, secondo la Legge quadro n. 328 dell’8 novembre
2000, i comuni limitrofi di Brusciano, Castello di Cisterna, Mariglianella, Marigliano e San Vitaliano.
Il Piano Sociale di Zona è stato inteso come uno strumento programmato per definire e gestire, a
livello locale, politiche di servizi che risultino unitarie e integrate sul territorio dei Comuni compresi nei Distretti sanitari 70 e 71. Tale progetto si pone come finalità il riordino, il potenziamento, la
messa in rete di interventi e di servizi, promuovendo l’inclusione sociale dei cittadini.
La Legge quadro 328/2000 adotta il metodo della pianificazione al fine di disegnare il sistema integrato di interventi e servizi sociali locali, di definire i livelli essenziali, di assicurarne la fruizione alle
persone e alle famiglie.
La finalità del Piano di Zona è la creazione delle condizioni affinché gli individui appartenenti alla
comunità possano mettere in campo le proprie potenzialità. Gli obiettivi generali del Piano sono
promuovere, mantenere e recuperare le capacità della persona nell’area psicofisica, relazionale, affettiva ed intellettiva, valorizzando e sostenendo l’aiuto che può giungere ad essa dalle reti primarie e
comunitarie territoriali; inoltre, è necessario prevenire e rimuovere le cause d’ordine economico,
psicologico, fisico, ambientale, sociale che possano provocare fenomeni di emarginazione.
È indispensabile monitorare la presenza di persone immigrate residenti nel territorio. La presenza di 1046
immigrati regolari nella zona fa prefigurare un bisogno di integrazione, di alfabetizzazione e di conseguenti interventi di mediazione culturale. Di conseguenza occorre creare centri di accoglienza per l’emergenza
e per la prevenzione, potenziare gli interventi di alfabetizzazione, di mediazione culturale e i servizi.
Il Comune di Pomigliano, in collaborazione con la Caritas Diocesana di Nola, ha aperto il “Centro
Diurno Accoglienza San Paolino” presso l’antica chiesa di Santa Maria del Suffragio per promuovere
l’incontro degli immigrati sul territorio, la consulenza legale e l’assistenza sanitaria, l’orientamento
ai servizi presenti ed infine le informazioni sul lavoro.
256
Pomigliano d’Arco nel terzo millennio
Nel 2007 l’Amministrazione comunale ha indetto un bando di gara per l’affidamento del servizio “Nido
di mamma”, un servizio semiresidenziale integrativo degli asili nido, dedicato alle bambine e ai bambini di età compresa fra i tre mesi e i tre anni residenti nei comuni dell’Ambito territoriale n. 12.
Bibliografia
Città di Pomigliano d’Arco. Ufficio di Piano. Ambito territoriale n. 12 : Piano Sociale di Zona dell’Ambito territoriale N 12, quarta e quinta annualità di attuazione della legge 8 novembre 2000, n. 328 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali” : Bando di gara per l’affidamento del servizio
“Nido di mamma”. Pomigliano d’Arco, 2007.
Comitato Parrocchiale “Ancora Prima” ; opuscolo a cura della comunità parrocchiale della Chiesa Madon-na del
Suffragio. Pomigliano d’Arco, [s.n.], 1988.
Scarfone, Daniela. Immigrazione, accoglienza, integrazione, ricerca sul campo nella Città di Pomigliano d’Arco. Tesi
di Laurea in Scienze dell’Educazione, Insegnamento di Antropologia Culturale ; relatore Antonino Domenico
Conci. Napoli, Istituto Universitario “Suor Orsola Benincasa”, 2004, pp. 83-89.
Web bibliography
http://www.ambitosocialen12.it
http://www.piazzacomune.it
Elezioni politiche nazionali del 13 e 14 aprile 2008 a Pomigliano
Nelle elezioni politiche del 13 e 14 aprile gli elettori italiani hanno affidato alla coalizione costituita
dai partiti di centro destra (Popolo delle Libertà, Lega Nord e Movimento Autonomista Alleanza per
il Sud) l’onore e l’onere di governare l’Italia.
Il Partito Democratico, tuttavia, è stato votato da un elettore su tre ed ha incrementato le preferenze
rispetto a quelle raccolte nelle precedenti elezioni politiche da Democratici di Sinistra e Margherita.
Il Partito Democratico si è assestato, a livello nazionale, alla Camera al 33,2% (l’Ulivo nel 2006 raggiunse il 31%) e al Senato al 33,7% (Democratici di Sinistra e Margherita nel 2006 raccolsero il 28,2%).
A livello locale, la nostra comunità cittadina ha confermato e rafforzato con chiarezza la scelta a
favore delle forze democratiche e progressiste. Al Senato, Walter Veltroni (Partito Democratico e
Italia dei Valori) ha ottenuto oltre 8.160 preferenze (pari al 39,2%) contro i 7.747 voti (pari al 37,2%)
raccolti da Silvio Berlusconi (Popolo delle Libertà e Movimento Autonomista Alleanza per il Sud).
Risultato ancor più netto alla Camera: i voti ricevuti da Veltroni sono stati oltre 9.712 (40,8%)
contro gli 8.604 di Berlusconi (36,1%).
Inoltre, i voti in percentuale conseguiti dal PD sono stati superiori a quelli che i due partiti
(Democratici di Sinistra e Margherita) hanno raccolto nel 2006: alla Camera 35,34% (35,03% nel
2006) e al Senato 34,55% (29,65% nel 2006).
I dati del PD in Campania, in definitiva, se da un lato confermano l’apprezzamento dell’elettorato
per il nuovo partito, dall’altro ripropongono la necessità di procedere ad un impegnativo lavoro di
insediamento politico-culturale del nuovo soggetto politico.
Bibliografia
Caiazzo, Michele. “Analisi del voto in Campania: le prospettive per il Pd e per le forze democratiche e riformiste”.
Alfabeto Democratico : Periodico di Cultura Politica. n. 2 2(luglio 2008), pp. 9-12. Pomigliano d’Arco, il
Pettirosso, 2008.
De Falco, Massimo Felice. “Pomigliano. Record di candidati: 4 in lizza per le politiche”. Metropolis Quotidiano. n. 72
15(13 marzo 2008). p. nn. Torre Annunziata, Editore Stampa Democratica, 2008.
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http://www.repubblica.it/speciale/2008/elezioni
POMIGLIANO NEL FUTURO: TRA PROGETTI E NUOVE IDEE
Codex. Il Nodo civico delle Biblioteche digitali della Campania
Il progetto Codex Biblioteche digitali della Campania è nato il 12 ottobre 2004 con l’obiettivo di
munire la Regione di un “sistema integrato” tra le biblioteche regionali, in grado di ottimizzare la
fruizione e l’accessibilità delle risorse informative e documentali, su supporto tradizionale e digitale, disponibili sul territorio regionale, per offrire servizi di qualità allo studio, alla ricerca, all’attività
imprenditoriale, alla cultura e al tempo libero, a beneficio principalmente dei residenti nella regione.
Il nodo civico Codex a Pomigliano è stato ubicato nel Palazzo Baronale, costruito tra la fine del 1600
e l’inizio del 1700, e situato nel centro della cittadina, adiacente alla sede del Comune.
Le attività caratterizzanti della struttura sono orientate a soddisfare i bisogni della vita quotidiana dei
cittadini, sia per quanto riguarda i diritti sia per quanto riguarda l’arricchimento culturale.
Quest’ambizioso progetto è costituito da: un macrosistema scientifico, realizzato presso l’ex-mensa
sita in Via Terracina a Napoli, avente lo scopo di soddisfare i bisogni di risorse informative specialistiche della popolazione studentesca universitaria, dei ricercatori e dell’imprenditoria in Campania;
un macrosistema civico, presso il Palazzo Baronale a Pomigliano, avente lo scopo di soddisfare i
Palazzo Baronale ex Casotto Mocerino. Attualmente ospita il nodo civico Codex.
258
Pomigliano nel futuro : tra progetti e nuove idee
Palazzo Baronale, pianta del piano terra di Codex.
bisogni di risorse informative non specialistiche, sollecitate da esigenze di vita quotidiana della
collettività in Campania; un Centro Rete, con una sezione distaccata, anch’esso presso l’ex-mensa
sita in Via Terracina a Napoli, che rappresenta la struttura al servizio dei due macrosistemi con funzioni di coordinamento per la divulgazione didattica, per la produzione audiovisiva, della tecnologia
digitale e della comunicazione avanzata; due terminali mobili, i mediabus; il Centro conferenze e
convegni, presso la sede regionale di via Don Bosco a Napoli; il Portale internet Codex che offre
servizi “web based” di biblioteconomia, tecnico-informatici e di info-edu-entertainment.
La mission, ovvero il mandato, del sistema delle biblioteche digitali campane può essere sintetizzata
in un potenziamento e rinnovamento del ruolo tradizionalmente assegnato alla biblioteca, attraverso
l’attivazione di nuovi servizi formativi ed informativi legati alle tecnologie della comunicazione,
coniugati alla realizzazione di nuove infrastrutture e nuovi servizi per la diffusione della conoscenza
sul territorio. Inoltre, è potenziata l’offerta di servizi avanzati di documentazione, vengono attuati il
recupero, la conversione in formato digitale, la valorizzazione del patrimonio bibliografico-documentario delle biblioteche campane e la disponibilità in rete in forma amichevole dei cataloghi che
descrivono tale patrimonio. Fondamentale è la formazione di nuove figure professionali, quali specialisti dell’informazione al servizio degli attori principali della società civile, in modo da favorire la
modernizzazione e lo sviluppo socio-economico della Campania.
Ancora qualche mese per limare le ultime pratiche burocratiche e il progetto decollerà, in una sorta
di continuum alla voce mission con quanto già avviene da diversi anni nella nostra Biblioteca
comunale, tra riscoperta e valorizzazione di tutto il patrimonio culturale posseduto, e opportunità di
crescita costante a stretto contatto con le tecnologie più avanzate.
Pomigliano nel futuro : tra progetti e nuove idee
259
Bibliografia
Alligrande, Salvatore. “Pomigliano, Palazzo Baronale pronto per il Codex”. Ilmediano.it : l’informazione on line.
Attualità, 24 settembre 2008. http://www.ilmediano.it.
“Archivi, libri e tv nel palazzo del digitale”. Il Denaro : Giornale dell’Europa Mediterranea. n. 063 8(03 aprile 2008).
Napoli, 2008. http://www.denaro.it
De Rosa, Francesco. “La città che sta costruendo il proprio futuro : intervista di Francesco De Rosa al Sindaco Michele
Caiazzo”. In Pomigliano d’Arco : una città che guarda al futuro ; a cura di Francesco De Rosa ; prefazione di
Michele Caiazzo, pp. 111-125. Napoli, Massa editore, 2002, fig. p. 114.
“Palazzo Baronale, conclusi i lavori di ristrutturazione”. Cronache di Napoli. (18 febbraio 2008), p. nn. Napoli, 2008.
Regione Campania, Giunta Regionale. Deliberazione n. 419 dell’11 marzo 2008 : “Progetto realizzazione della Rete
Integrata delle Biblioteche digitali nella Regione Campania”. BURC. n 17 del 28 aprile 2008.
Web bibliography
http://www.codexcampania.it
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http://www.ilmediano.it
Ex biblioteca “Nicola Esposito” : una nuova biblioteca per Pomigliano
Nell’anno 2000, con Deliberazione del consiglio comunale n. 43 del 26 giugno, il Comune
di Pomigliano d’Arco aquisiva l’immobile e la raccolta libraria di proprietà degli eredi del
dottor Nicola Esposito.
La preziosa raccolta libraria è costituita da circa 50.000 volumi tra testi antichi e moderni,
monografie, enciclopedie, dizionari, riviste, periodici, quotidiani, opuscoli e carteggi vari.
Inoltre, comprende una sezione dantesca, una buona parte delle pubblicazioni degli ImbrianiPoerio, letterati legati alla città di Pomigliano, una ricca sezione di storia locale e una sezione
musicale composta da circa 2.500 opere su supporto digitale, vinile e magnetico.
Una delle sale della ex biblioteca del dott. Nicola Esposito.
260
Pomigliano nel futuro : tra progetti e nuove idee
Ex Palazzo del dott. Nicola Esposito. Sede della futura Biblioteca comunale, prospetto stradale.
Negli anni 2001 e 2002 è stato svolto un lavoro mirato a fermare il degrado dei documenti della
biblioteca e fu effettuata una spolveratura della maggior parte del materiale, ripristinando così una
migliore condizione per il patrimonio librario, documentario e musicale. In base allo schedario
cartaceo, redatto a mano da Nicola Esposito, è stato eseguito un primo riscontro di tutto il materiale
librario esistente. Il materiale bibliografico è prevalentemente costituito da opere di letteratura,
storia, storia dell’arte, archeologia, filosofia, antropologia, etnologia, giurisdizione, medicina, psicologia, teologia e musica.
Considerata l’importanza della promozione e valorizzazione dei patrimoni bibliografici antichi e di
pregio, nell’anno 2008 è stato pubblicato il catalogo bibliografico dal titolo Il bibliofilo furioso : vita
di Nicola Esposito che comprende sia la biografia dello studioso sia la catalogazione accurata della
raccolta dei libri antichi risalenti ai secoli XVI-XIX. Tale fondo è ricco di un notevole numero di
copie pregiate, il cui vero valore si nasconde tra le pagine dei volumi più rari. La loro preziosità si
evince dal fatto che si tratta in vari casi di prime edizioni o di copie di cui esiste una tiratura limitata. Inoltre, molti di questi libri antichi contengono tavole fuori testo con pregiate incisioni.
Pomigliano nel futuro : tra progetti e nuove idee
261
Nell’anno 2003, con Deliberazione del consiglio municipale n. 168 del 2 aprile, è stato approvato il
progetto definitivo dei lavori di ristrutturazione del Palazzo Esposito in corso Umberto I per l’adattamento dello stabile a Biblioteca comunale. Nel 2007 sono state espletate le operazioni di gara
d’appalto, aggiudicando i lavori di ristrutturazione all’Impresa S. Pianese C.G.S.C., e nominato il
geometra Dino Caiazzo quale responsabile del servizio Lavori Pubblici.
Con questa nuova biblioteca l’Amministrazione intende incidere profondamente anche sull’organizzazione bibliotecaria locale, in sintonia con il Sistema Bibliotecario della Provincia di Napoli ed il Settore
Musei e Biblioteche della Regione Campania che individuano nella cooperazione tra biblioteche, archivi e musei il fattore indispensabile per una reale circolazione del ricco patrimonio culturale campano.
Bibliografia
Alligrande, Salvatore. “Pomigliano, omaggio al grande Nicola Esposito”. Ilmediano.it : l’informazione on line.
Attualità, 24 settembre 2008. http://www.ilmediano.it
Basile, Giovanni - Selva, Maddalena - Esposito, Annunziata. Il bibliofilo furioso : vita di Nicola Esposito : Catalogo
del patrimonio librario antico (secc. XVI-XIX) della biblioteca “Nicola Esposito” acquisita dal Comune
nell’anno 2000 ; prefazione di Antonio Della Ratta. Pomigliano d’Arco, Biblioteca comunale, 2008.
Città di Pomigliano d’Arco. Deliberazione del Consiglio comunale n. 43 del 26 giugno 2000 : Determinazione di
acquisto immobile e raccolta libraria di proprietà eredi dott. Nicola Esposito – Variazione di bilancio.
[ex Palazzo Esposito]. Pomigliano d’Arco, 2000.
Città di Pomigliano d’Arco. Deliberazione della Giunta comunale n. 464 del 21 novembre 2000 : Approvazione stipula atto definitivo di acquisto immobile di proprietà dei germani Esposito Maria, Pasquale ed Antonio [ex Palazzo
Nicola Esposito]. Pomigliano d’Arco, 2000.
Città di Pomigliano d’Arco. Determinazione del responsabile del servizio n. 166 del 22 ottobre 2007 : lavori di
“Ristrutturazione Palazzo Esposito corso Umberto I e adattamento biblioteca comunale e archivio”. Relazione
istruttoria. Pomigliano d’Arco, 2007.
Comune di Pomigliano d’Arco. Deliberazione del Consiglio municipale n. 168 del 2 aprile 2003 : Lavori di
“Ristrutturazione Palazzo Esposito Corso Umberto I e adattamento Biblioteca Comunale”. Approvazione
Progetto Definitivo. Pomigliano d’Arco, 2003.
Russo, Domenico. “Rassegna bibliografica : Vita di Nicola Esposito”. Summana, studi e ricerche sul patrimonio etnico,
storico e civile di Somma Vesuviana ; rivista fondata dal prof. Raffaele D’Avino. n. 69 25(settembre 2009),
pp. 46-47. Somma Vesuviana, 2009.
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http://www.biblioteca.pomigliano.na.it
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http://www.iperteca.it
http://www.piazzacomune.it
http://www.regione.campania.it
La cittadella scolastica
Il Comune di Pomigliano, con Deliberazione della Giunta comunale n. 66 del 4 marzo 2009, ha
approvato il progetto definitivo per la realizzazione della “Cittadella scolastica”, che sorgerà in via
Nazionale delle Puglie. Sarà costruita su un’area di 11.000 mq e costituita da sette edifici con oltre
100 aule e laboratori, attrezzature sportive, audutorium, impianti moderni per il risparmio energetico,
con una spesa complessiva di € 21.150.881,20.
Si è provveduto all’individazione e all’espropriazione di un ampio lotto di terreno dove ospitarla; di
recente, l’Amministrazione Provinciale di Napoli ha approvato il progetto esecutivo, stanziando ulteriori € 5.000.000,00 circa per adeguare il progetto alla recente normativa antisismica e ai prezzi del
tariffario regionale più aggiornato.
Di particolare qualità e modernità è il progetto architettonico, la cui realizzazione doterà il territorio
di un’opera bella e funzionale. Con la costruzione della cittadella scolastica si punta a superare la cronica condizione di disagio degli istituti di istruzione superiore di Pomigliano, costretti ad operare in
edifici adattati a sedi scolastiche.
262
Pomigliano nel futuro : tra progetti e nuove idee
La cittadella scolastica, giardino.
La cittadella scolastica, plastico del complesso.
Pomigliano nel futuro : tra progetti e nuove idee
263
Si tratta del più consistente investimento posto in essere dalla Provincia di Napoli nel campo
dell’edilizia scolastica.
Il Comune di Pomigliano ha già rilasciato il permesso per la costruzione della “Cittadella scolastica”,
mentre la Provincia ha effettuato le procedure di occupazione ed esproprio delle aree.
Ora i dirigenti competenti dell’Amministrazione provinciale stanno procedendo, secondo legge, alla
pubblicazione del bando di gara per individuare l’impresa esecutrice dell’opera.
Bibliografia
Amministrazione Provinciale di Napoli. Proposta di Deliberazione prot. n. 19 del 5 maggio 2009 : Costruzione cittadella scolastica nel Comune di Pomigliano d’Arco. Napoli, 2009.
Città di Pomigliano d’Arco. Deliberazione della Giunta Comunale n. 66 del 4 marzo 2009 : Approvazione del progetto definitivo della Provincvia di Napoli per la realizzazione della Cittadella scolastica di via Nazionale delle
Puglie 7 bis. Pomigliano d’Arco, 2009.
De Rosa, Francesco. “La città che sta costruendo il proprio futuro : intervista di Francesco De Rosa al Sindaco Michele
Caiazzo”. In Pomigliano d’Arco : una città che guarda al futuro ; a cura di Francesco De Rosa ; prefazione di
Michele Caiazzo, pp. 111-125. Napoli, Massa editore, 2002.
Gammella, Pasquale. Fabbrica e Tammorre ; a cura di Gianluca Nunziata. Casalnuovo di Napoli, Phoebus Edizioni,
2009, pp. 45-48.
Provincia di Napoli. Città metropolitana, Area Edilizia Scolastica. Proposta di Deliberazione prot. n. 84 del 7 novembre 2006 : Riapprovazione progetto preliminare relativo alla costruzione di una cittadella scolastica nel Comune
di Pomigliano d’Arco. Napoli, 2006.
Provincia di Napoli. Originale della Deliberazione di Giunta provinciale n. 29 del 21 gennaio 2009 : Costruzione
cittadella scolastica nel Comune di Pomigliano d’Arco. Approvazione del progetto definitivo comportante
dichiarazione di pubblica utilità dell’opera. Napoli, 2009.
Web bibliography
http://www.michelecaiazzo.it
http://www.provincia.napoli.it
Il “Parco di città” : opera di riqualificazione urbana e industriale delle aree dismesse
Il comune di Pomigliano d’Arco, con Delibera del 19 aprile 2001, ha approvato il progetto definitivo
del “Parco di città”, stipulando, in data 7 agosto 2007, il project financing con i relativi “Interventi
per la sistemazione delle aree ferroviarie e industriali dismesse a Pomigliano”. È stata individuata
come concessionaria del progetto la Project Financing Riqualificazione Pomigliano (P.F.R.P.), che ha
accettato la concessione avente durata di 30 anni, per la costruzione e la gestione del parco.
Il progetto riguarda la riqualificazione della zona industriale cittadina e si occupa di un’area avente
una superficie complessiva di 75.400 mq. L’area d’intervento comprende il rilevato ferroviario
dismesso della Circumvesuviana, via Roma e le aree su di essa prospicienti sino al limite edificato
della strada e gli incroci ai due estremi di questo tratto. L’intervento prevede la realizzazione di 20
piccoli edifici disposti su tre piani, detti edifici “cubo”, posti lungo l’asse di via Roma ed adibiti ad
attività del terziario avanzato, pubblici servizi e residenze protette. Alle spalle di questi edifici è prevista la realizzazione di un bosco lineare che vada a stabilirsi sulla sede dell’ex tracciato della
Circumvesuviana. All’interno del bosco viene ridisegnata la pista ciclabile che percorre la vecchia
linea ferroviaria dismessa.
Il tratto di via Roma ricadente nell’area in oggetto sarà interrato. Le rampe di accesso e di uscita sono
previste agli estremi della strada. Al di sopra della rampa a doppia corsia si prevede la costruzione di
un manufatto a torre che segnali l’accesso alla grande piazza in progetto, la quale si svilupperà dal
marciapiede posto a sud di via Roma fino ai nuovi edifici “cubo”. Al di sotto della piazza è previsto
un grande centro commerciale con galleria pedonale. Ai livelli 2 e 3 saranno realizzati due piani di
parcheggio, uno per posti auto al servizio delle attività soprastanti, l’altro per box auto eventualmente
da affittare. L’edificio infine esistente ad ovest dell’area avrà una funzione museale.
264
Pomigliano nel futuro : tra progetti e nuove idee
Parco di città, pianta del complesso e inserimento nel tessuto urbano.
Parco di città, le nuove infrastrutture.
Pomigliano nel futuro : tra progetti e nuove idee
Parco di città, il progetto di riqualificazione.
Parco di città, le nuove infrastrutture.
265
266
Pomigliano nel futuro : tra progetti e nuove idee
Si prevede, inoltre, la sistemazione di viale Alfa Romeo con la realizzazione di un parcheggio a raso,
con circa 130 posti auto, e coperto da una struttura che diverrà, nella sua parte estradossale, una
piazza gradonata per manifestazioni all’aperto in genere e per l’accoglienza dell’annuale Festival
musicale denominato “Pomigliano Jazz”. Tale struttura sarà collegata al parcheggio sottostante e al
vicino parco. Il parco a verde prevede la realizzazione di strutture ricettive e funzionali come laboratori di ricerca dedicati ad enti e associazioni operanti nel settore “ambiente e natura”, una piccola
sala ipogea adibita a sala convegni o musica.
Parte integrante del progetto è l’Incubatore Universitario d’Imprese “Bonifiche, Energia,
Information Technology” (B.E.I.) con attività di sperimentazione e di ricerca di alcune delle principali università e delle imprese italiane. Questa struttura è concepita per agevolare la nascita di
nuove imprese, in particolare nel campo delle tecnologie informatiche e delle telecomunicazioni.
La posa della prima pietra per la costruzione del “Parco di città”, un progetto il cui tempo di realizzazione previsto è di circa sei anni e i cui costi ammontano a circa 74 milioni di euro, è avvenuta il
16 marzo 2009, alla presenza di importanti autorità come il Presidente della Regione Antonio
Bassolino e il Vescovo di Nola monsignor Beniamino De Palma.
«La genesi di questo investimento – ha spiegato Gianpiero Falco, amministratore unico della P.F.R.P.
– trova efficacia nel vecchio Piano Triennale delle Opere Pubbliche in cui l’obiettivo della vecchia
amministrazione era quello di realizzare una zona a traffico limitato in tutta la città per poter trasferire il flusso veicolare sotto terra». Un progetto che ha riscosso entusiasmo in Regione, la quale ha
finanziato interamente e immediatamente la realizzazione dell’Incubatore e della strada interrata.
Al termine dei lavori, il “Parco di Città” sarà gestito per 30 anni dalla P.F.R.P. per poi essere consegnato al Comune a costo zero. L’Incubatore Universitario d’Imprese sarà gestito dal consorzio Archè
mentre nell’Hitech si svolgeranno le attività di ricerca e di sperimentazione del Dipartimento di
tecnologia dei materiali della Facoltà di Ingegneria della Federico II e della Avio S.p.a. oltre che di
altre aziende leader nel settore aeronautico.
Il sindaco di Pomigliano Antonio Della Ratta, durante la cerimonia della posa della prima pietra, non ha
nascosto la propria soddisfazione: «La bontà e la funzionalità del progetto sono confermate anche dai
contatti avuti con l’Arma dei Carabinieri per trasferire la sede della Caserma del Comando Provinciale
all’interno del “Parco di Città”. Obiettivi dell’intero progetto sono: incremento occupazionale dell’area;
creazione di un centro tecnologico per le imprese industriali, di un ulteriore centro di applicazione
dell’innovazione industriale e di uno di start-up delle imprese, con un percorso di finanziabilità
condotto con l’aiuto del Consorzio Fidi legato a Confapi Napoli – Salerno; la creazione di un centro di
formazione permanente per permettere l’innovazione e l’introduzione delle nuove tecnologie».
Bibliografia
Città di Pomigliano d’Arco. Deliberazione della Giunta comunale n. 87 del 7 marzo 2007 : Approvazione schema di
protocollo d’intesa tra il Comune di Pomigliano d’Arco, INCIPIT Scarl e il Centro Regionale di Competenza
Tecnologie Scarl. Pomigliano d’Arco, 2007.
Città di Pomigliano d’Arco. Ufficio Tecnico. Project Financing “Parco di città”. Interventi per la sistemazione delle
aree ferroviarie ed industriali dismesse a Pomigliano d’Arco. Convenzione stipulata il 07 agosto 2007. Allegati:
Deliberazione della Giunta comunale n. 87 del 7 marzo 2007: Approvazione schema di protocollo d’intesa tra il
Comune di Pomigliano d’Arco, INCIPIT Scarl e il Centro Regionale di Competenza Tecnologie Scarl.
Pomigliano d’Arco, 2007.
Cuccurullo, Vincenzo. “Pomigliano, “Parco di Città” : Oggi la posa della prima pietra”. Ilmediano.it : l’informazione
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288
FINITO DI STAMPARE
NEL MESE DI NOVEMBRE 2009
da DUVA & DUVA GRAFICA E COMUNICAZIONE S.a.s.
Giovanni Basile nasce a Pomigliano d’Arco il 21 ottobre 1959. Dopo una prima preparazione al
Conservatorio di Musica “Domenico Cimarosa”, si diploma in flauto nel 1983. Nella seconda metà degli anni
settanta inizia la sua formazione di musicista entrando a far parte dell’orchestra del Conservatorio e, in
ambito locale, aderisce alle iniziative musicali del Collettivo Operaio Nacchere Rosse.
Già adolescente sente una forte attrazione per la civiltà indiana e l’esoterismo, le cui letture lo porteranno ad
intraprendere, nel 1977, un primo avventuroso viaggio attraverso Grecia, Turchia, Iran, Afghanistan e
Pakistan per raggiungere l’India, dove risiederà per quasi un decennio, abbracciando uno stile di vita
monastica negli ordini dell’induismo e del buddhismo.
Nel 1989 si iscrive all’Università degli Studi “l’Orientale” di Napoli, dove frequenta il corso di laurea in
“Lingue e Civiltà orientali”, approfondendo lo studio delle lingue hindi e sanscrito e delle filosofie orientali,
e si laurea nel novembre del 1994 con una tesi in Archeologia e Storia dell’arte dell’India dal titolo
L’iconografia del proto-vishuismo, con relatore il prof. Maurizio Taddei.
Negli anni universitari, avviene anche la sua prima esperienza di collaborazione con la Biblioteca del
Dipartimento di Studi Asiatici, per la quale cura il controllo alfabetico dello schedario e la traslitterazione dei
testi antichi delle lingue hindi e sanscrito.
Subito dopo la laurea, collabora sia con il Museo Nazionale di Arte Orientale di Roma, catalogando i
materiali storico-artistici conservati nella Collezione degli Oggetti Orientali del Museo Civico di Gubbio e in
quella del Museo Indiano dell’Università di Firenze, sia con il Dipartimento di Studi Asiatici e il Dipartimento
di Studi e Ricerche su Africa e Paesi Arabi dell’Istituto Universitario Orientale di Napoli, per i quali cura vari
lavori di ricerca e pubblicazioni, tra cui il Catalogue of Publications.
Nel 2001 riceve l’incarico di responsabile e coordinatore della ex biblioteca “Nicola Esposito”,
acquisita, nello stesso anno, dal Comune di Pomigliano d’Arco. L’impegno con il quale egli intraprende
tale lavoro lo spinge ad approfondire gli studi di biblioteconomia e bibliografia, fino a conseguire la
qualifica di bibliotecario.
Dal 2002 il suo incarico si estende anche alla Biblioteca comunale, per la quale ha realizzato l’inventariazione,
la catalogazione e l’informatizzazione dell’intero patrimonio librario ed ha avviato la digitalizzazione dei testi
della “Sezione Locale”. Negli stessi anni ha curato le pubblicazioni del Catalogo del Fondo “Luigi De Falco”
e degli Elaborati premiati del Concorso Borsa di Studio “Luigi De Falco” : Anno scolastico 2005/06.
Dal 2005 è membro del comitato di redazione del Cittadino magazine : rivista mensile di attualità,
informazione, politica, cultura, economia, moda e modi di vivere, fondata e diretta da Francesco De Rosa.
Per la rivista ha pubblicato: La Biblioteca comunale di Pomigliano d’Arco; Dalla biblioteca tradizionale alla
biblioteca digitale; La rete dei libri; La letteratura grigia, questa sconosciuta; E-book : il futuro diventa
presente; La magnifica storia del libro; Inaugurato il fondo Luigi De Falco, l’uomo che visse per i libri;
Biblioterapia, ovvero la guarigione che passa per la lettura; Fantasmi e superstizioni a Pomigliano d’Arco :
Viaggio insolito nella Pomigliano nascosta.
Dal 1 giugno 2007 è iscritto all’Albo professionale italiano dei bibliotecari, tenuto dall’Associazione Italiana
Biblioteche (AIB).
Nel 2008, della monumentale raccolta libraria di Nicola Esposito ha pubblicato Il bibliofilo furioso : vita di
Nicola Esposito : Catalogo del patrimonio librario antico (secc. XVI-XIX).
Annunziata Esposito nasce a Pomigliano d’Arco il 27 marzo 1974. Nel 2003 si laurea in Operatore dei Beni
culturali presso l’Istituto Universitario “Suor Orsola Benincasa” con una tesi in Biblioteconomia e
Bibliografia dal titolo Le edizioni veneziane del XVIII secolo conservate nella Biblioteca del Seminario
vescovile di Acerra – Catalogo, con relatore il prof. Francesco Russo.
Nel 2007 svolge un periodo di volontariato presso la Biblioteca comunale di Pomigliano d’Arco, dove
acquisisce competenze nella catalogazione online, nella ricerca e acquisizione dei testi in rete e degli OPAC
nazionali ed esteri, specializzandosi nello studio, nello spoglio e nella collazione delle fonti documentarie.
Nello stesso periodo si occupa dello studio e della catalogazione dei libri antichi del fondo “Nicola Esposito”
e collabora alla pubblicazione, nel 2008, del relativo catalogo intitolato Il bibliofilo furioso : vita di Nicola
Esposito : Catalogo del patrimonio librario antico (secc. XVI-XIX).
ISBN 978-88-902218-2-8
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