MUSEO DELLE ARMI E DELLA TRADIZIONE ARMIERA
GARDONE V.T.
MOSTRA INAUGURALE DEL MUSEO
guida
a cura di Pierantonio Bolognini
QUADERNI DEL MUSEO, 1
DICEMBRE 2007
Armi Antiche a Gardone
Villa Mutti – Bernardelli
29 settembre 2007 – 29 febbraio 2008
Mostra inaugurale del Museo delle Armi e della Tradizione Armiera di Gardone Val Trompia
Mostra promossa da
Regione Lombardia
Provincia di Brescia
Comunità Montana
Comune di Gardone Val Trompia
Direzione scientifica
Denise Modonesi
Comitato scientifico
Luciano Bertolotti
Pierantonio Bolognini
Cesare Calamandrei
Roberto Gotti
Gualberto Ricci Curbastro
Gian Rodolfo Rotasso
Città di Gardone Val Trompia
Settore Socio Culturale
Settore Tecnico
Comunità Montana di Valle Trompia
Area Cultura
Sistema Museale di Valle Trompia
copertina
Linda Balboni Gotti
Immagini
Gianluca Minuzzi, Pordenone
Studio Negri - Brescia
Archivio Beretta - Gardone Val Trompia
Prestatori
Associazione Amici del Museo Stibbert
Collezionisti privati
Gardone Val Trompia, Fabbrica d’Armi Pietro Beretta
Firenze, Museo Stibbert
Roma, Museo Nazionale di Palazzo di Venezia
Verona, Musei Civici d’Arte e Monumenti
Allestimento
Studio di Architettura Federico Zucchetti - Cellatica (BS)
©Copyright
Proprietà fotografica e letteraria riservata.
Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta in alcun modo e forma.
Si ringraziano tutti coloro che a vario titolo ci hanno offerto collaborazione nel corso del lavoro di
ricerca, nella preparazione del catalogo e dell’esposizione
Cecilia Alessi, Associazione Amici del Museo Stibbert, Maria Giulia Barberini, Alfredo Bartocci,
Stefano Belpietro, Elena Basilico Bertasi, Nani Cadorin, Lucia Calzone, Ispettore Carlo Cinus e
colleghi - Ufficio Armi della Questura di Brescia, Ditta Leonida Santina Bernardelli in Frascio,
Fondazione Agnese e Luciano Sorlini, Tommaso François, Silvano Germoni, Silvana Grosso, Simona
Di Marco, Paola Marini, Antonio Oropesa, Kirsten Aschengreen Piacenti, Selene Sconci, Anna Maria
Spiazzi, Claudio Massimo Strinati, Maresciallo Dario Taraboi - Stazione Carabinieri di Gardone Val
Trompia.
Si ringraziano i collezionisti italiani che ci hanno concesso in prestito il loro materiale.
I quaderni del museo, 1
Apre a Gardone Val Trompia il Museo delle Armi e della Tradizione Armiera.
Apre in una terra che da oltre 500 anni crea armi da fuoco e già da prima armi bianche,
e tuttavia, sempre impegnata in laboriose produzioni, o forse trattenuta da troppa ritrosia,
non ha mai avuto l’ardire di raccogliere e conservare in un museo della città l’opera delle
sue mani.
Apriamo finalmente un Museo per conservare memoria di ciò che siamo stati e di ciò
che abbiamo creato lungo generazioni di fatica e di ingegno, e per ricercare nel passato
la traccia collettiva che ci consente una lettura radicata e fiduciosa del tempo davanti a
noi.
E’ la meta di un impegno importante assunto dall’Amministrazione Comunale davanti ai
suoi cittadini con la collaborazione generosa degli Enti che qui vogliamo ringraziare: la
Regione Lombardia che ha creduto nel progetto e lo ha finanziato; la Provincia di
Brescia per il sostegno assicurato con convinta determinazione all’Archivio Storico della
Caccia; la Comunità Montana di Valle Trompia nel cui sistema culturale e di proposta
didattica Gardone V.T. è saldamente inserita.
Ringraziamo pure i Musei del territorio nazionale, Musei Civici d’Arte e Monumenti di
Verona, Museo Nazionale di Palazzo Venezia di Roma, Museo Stibbert di Firenze e tutti
i collezionisti privati che con passione storica e civile hanno offerto le loro opere per la
Mostra e per la collezione museale.
Questo Museo che apriamo, luogo di tutela del patrimonio storico della nazione come
ogni museo, ha infatti uno specifico: esso conserverà, con gli oggetti prodotti in questa
terra, la memoria dei processi di lavorazione, dell’evolversi delle tecnologie e delle
intuizioni progettuali, memoria delle forme della produzione, delle maestranze
impegnate in quest’opera secolare, dei modi della loro socialità el tempo e nel luogo di
lavoro.
A Gardone di Valle Trompia il lavoro, e il lavoro armiero nello specifico, è stato, e in
larga misura continua ad essere, la forma della vita quotidiana. Il binomio inscindibile , e
altrove incomprensibile, casa-officina, tempo della casa- tempo della creazione tecnica,
ne è lainequivoca rappresentazione. Questo Museo, dunque, conserverà ma sarà
insieme, nelle intenzioni degli Amministratori della Città, aperto al presente e al futuro,
per valorizzare e promuovere in forma territoriale e collettiva lo specifico tecnologico
delle nostre produzioni e l’eccellenza del nostro artigianato artistico.
La mostra Armi Antiche a Gardone, grazie alla paziente altissima competenza di un
comitato scientifico e una serie di collaborazioni di eccezionale valore, apre una stagione
nuova, e speriamo rigogliosa, nella cultura del lavoro e del lavoro sempre fatto con
passione in Valle Trompia.
Michele Gussago
Sindaco di Gardone Val Trompia
Appunti per una cronistoria del lavoro e delle
innovazioni tecnologiche nella produzione
armiera gardonese dal XV al XIX secolo
Pierantonio Bolognini
1459 - INEQUIVOCABILE TESTIMONIANZA SULLA VOCAZIONE GARDONESE
ASV, Senato, Deliberazioni Terra, Reg. 4 , Fol. 104.
La prima inequivocabile testimonianza, fino ad oggi conosciuta, della produzione gardonese di
armi da fuoco ci è data da un dispaccio inviato dal Senato ai Rettori di Brescia con il quale si
ordinava che i maestri-fabbricanti
…. Debbano fare cinquanta bombarde da galea (da usare a bordo delle galee) , dieci da ramparo a
retrocarica con due mascoli ciascuna, venticinque spingarde, cinquanta schioppetti e
cinquantamila ferri da berrettoni per balestre.
1505 - MAESTRI IN FUGA …
ASV, Consiglio dei Dieci, Dispacci Rettori, Brescia, Busta 19, carta. 50.
… Alcuni maestri da schioppetti, Archibugi, et ballotte de la terra di Gardon da Valtrompia / si
sono / absentati da quella terra, et andati in un loco chiamato Domodossola, iurisditione de Conti
Borromei del Ducato di Milano …
Nel dispaccio trovano per la prima volta espressione gli effetti delle difficoltà da parte veneta di
conciliare gli interessi della propria politica estera, che non consentivano la fornitura ad altri stati,
e le necessità lavorative dei gardonesi che, in mancanza di ordini, erano costretti ad emigrare. Il
documento è fimora la più antica testimonianza che fa riferimento, specificatamente a Gardone,
alla produzione delle armi da fuoco.
1509 – IL MAGLIO DI PIETRO FRANZINI
P.BOLOGNINI – F. TROVATI, . Enciclopedia gardonese. Vol. I, Gardone, 2004, sub voce.
A Gardone , il maestro Pietro Francino inventa e realizza un maglio per tirare le canne delle armi
da fuoco. Con il nuovo strumento si riduce il tempo di produzione della canna a meno di un terzo
dell’usuale.
1554 - UN MONDO DI ARCHIBUSI
Relazioni dei Rettori Veneti in Terraferma. XI. Podestaria e capitanato di Brescia. Milano, Giuffrè,
1978. Relazione Cavalli, 1554.
Marino Cavalli nella sua descrizione del territorio, inviata a Venezia nel 1554 al termine del suo
mandato, così ricorda Gardone :
… A Gardon si fa un mondo de archibugi tra le altre cose et li fanno con tanta facilità che in due o
tre fusine se ne faria 400 cane al giorno …
1586 - EDIFICI PER LA LAVORAZIONE DEL FERRO GARDONESI NEL GIUGN0 1586
MS. IT. VII – 1155 (7453) Brescia – Miscellanea, Venezia, Biblioteca Marciana.
Un manoscritto della Biblioteca Marciana di Venezia contiene il resoconto della visita alla
Valtrompia compiuta dai Rettori veneti di Brescia nel giugno del 1586.
Recita il manoscritto:
f. 8 :
Viaggio fatto per l’Ill.mo Signor Conte Honoris Scotto Governatore di Brescia in
compagnia dell’Ill.mo Signor Gabriele Corsaro degnissimo Capitano di essa città nella visita del
territorio e delle Valli del Bresciano.
Domenica lì 8 giugno 1586…
f. 12 : Mercore 25
La mattina a Gardone, terra grossa in Valtrompia dove fu fatta la mostra di 200 archibuseri,
benissimo disciplinati sotto la carica del Soldato Capo Jacomo, nel qual luogo vi è un forno con
molte fusine; ed ivi si fanno le canne d’archibuso.
Questa Valle è logo separato dal distretto di Bressa, principia sopra la Quadra di Nave, migli 7
sopra la città e finisse nella sommità del Monte Maniva a confino di Bagolin; è di lunghezza miglia
25; nella maggior larghezza un quarto di miglio et dal meggio in su se non quanto capisse il fiume
Mella, et la via contiene 19 comuni…. Si ritrovano in essa Valle anime n. 17.994 et avanti la
guerra ultima arrivavano al n. 21.242. Vi sono Huomini di fattione al n. di 1.840, ma per la peste e
la guerra che fu dell’anno 1578, sono diminuite.
1588 – ISTITUZIONE DEL FONDACO
P.B. Le fucine gardonesi. Gardone, 2005.
Onde evitare il protrarsi delle difficili situazioni in cui veniva a trovarsi la maestranza gardonese in
occasione del blocco delle richieste da parte di Venezia, a Brescia ed a Gardone vengono istituiti i
Fondaci, organizzazioni commerciali che avrebbero dovuto porre rimedio alle congiunture più
difficili. Con queste finalità Venezia elargì un ingente finanziamento di 30.000 ducati. Con questa
somma i gestori dei fondaci avrebbero dovuto acquistare materiale grezzo da distribuire ai maestri
artigiani in ugual misura. I maestri potevano così affrancarsi dalle forniture capestro dei mercanti
ed iniziare la lavorazione senza che fossero praticate scelte discriminanti. Lavorato il ferro e
trasformatolo in canne, avrebbero dovuto settimanalmente consegnare il prodotto finito al fondaco
che l’avrebbe acquistato e pagato in contanti dopo aver detratto il costo della materia prima. Nel
fondaco si sarebbero immagazzinate le canne in attesa delle richieste della Serenissima. La
temporanea mancanza di ordini avrebbe dovuto essere tamponata dallo stoccaggio ed i maestri
avrebbero dovuto ottenere una continuità materiale di lavoro e di risorse per vivere.
Purtroppo però, come spesso accade, l’ingordigia di pochi ( i fondegari) che seppero approfittare in
ogni modo della loro posizione e la connivenza con i mercanti che vedevano acquistate canne di
scadente qualità prodotte nelle loro fucine a basso costo da manodopera incapace, resero vano
anche questo tentativo voluto dall’Amministrazione veneta sensibile alle necessità dei maestri
produttori.
1610 - LO “SVIAMENTO” DEI MAESTRI GARDONESI IN ALTRI STATI
ASV. Senato, Dispaccio Rettori Brescia, Filza 20.
I governanti degli stati nazionali ed esteri, si resero ben presto conto che per avviare e gestire una
fabbrica di canne era necessaria la presenza di un maestro gardonese e così le offerte per i nostri
“esperti” divennero sempre più allettanti , sia per denaro che per condizioni di lavoro. Molti agenti
di questi stati lavorarono più o meno in incognito con lusinghieri successi, alcuni però furono
arrestati, infatti a Gardone nel 1610:
“ … un fattor del S.r Steffano Spinola, che era venuto qui per sviar maestri, alcuni de quali
avevano anco dato intenzione di andar seco ad un luoco chiamato Ronco sul Genovese, dove esso
Spinola ha fatto fabricar una fucina da lavorar canne d’arcobugio… “
1615 - UN PREMIO PER PAOLO CHINELLI
Carte della famiglia Chinelli
C. QUARENGHI , Tecno-cronografia delle armi da fuoco italiane, Napoli, 1881. ad annum.
Da Cavalcaselle il Provveditore generale di Terra Ferma Antonio Lando decreta un premio di
Ducati 5 al mese da lire 6.4 l’uno, principiando dal giorno 29 aprile per tutto il tempo di sua vita
a PAOLO CHINELLI da Gardone per il secreto di un Moschetto assai più facile ed utile
dell’ordinario perché essendo l’ordinario lungo onze 40 di peso lire sessanta e che si usa col
cavalletto et con l’opera di più persone, questo è lungo onze venticinque solamente, di peso lire
disdotto et viene maneggiato da un uomo solo con la forcina come li Moschetti, porta balla uguale
e fa la medesima passata come l’ordinario.
Il decreto emanato dal Lando, oltre a riconoscere l’importanza e l’utilità dell’invenzione gardonese
e stabilire un adeguato compenso per l’inventore,
ordina pure che chiunque azzarderà di
fabbricare moschetti di tal invenzione sia punito di prigione, galera et altro dovendosene riservare
solo al Chinelli la produzione.
1617 – ALTRO MOSCHETTO ED ALTRO INVENTORE (MA SEMPRE GARDONESE)
ASB, Reg. Priv., n. 8, p. 178.
Un nuovo tipo di moschetto da cavalletto, più maneggevole e più leggero di quelli utilizzati al
tempo è ideato e costruito da un altro armaiolo gardonese PIETRO FRANZINI che riceverà
privilegio per la sua invenzione. L’arma :
che per le prove che si son fatte riuscì della med. Et maggior passata ancora degli ordinari
Moschetti, quali pesano intorno la metà più di quello, onde vedendosi il profitto che si può cavar
da quest’arma nell’uso di guerra per la facilità di maneggiarla è bene di promuovere quanto si può
l’industria dell’artefice.
1621 – LE CANNE LAZZARINE
B. PISTOFILO, Oplomachia, Siena, 1621.
“… Le canne lazzarine fabbricate a Gardone nel Bresciano fin’hora tutte le altre avanzano… “
1626 - PAOLO CHINELLI ED I SUOI CANNONI
M. MORIN – R. HELD, Beretta. La dinastia industriale più antica del mondo,
Acquafresca, 1980.
Chiasso,
Nel 1626 Paolo Chinelli presenta ai Rettori tre cannoncini : due da un libbra e uno da quattro già
collaudati a Gardone. I pezzi sono realizzati in ferro, quindi molto più leggeri di quelli in bronzo.
Uno dei piccoli viene provato nel poligono del Castello di Brescia e con una carica da sei once il
proiettile attraversa tredici “fili di tavola”, mentre un analogo pezzo in bronzo, caricato con tredici
oncie ne trapassa quindici. In proporzione quindi il cannoncino del Chinelli dà risultati nettamente
superiori. Il pezzo viene inviato a Venezia, ma i tradizionali nemici del ferro, umidità e salsedine,
ne sconsigliano l’uso per la Serenissima. Molti pezzi vennero però esportati, specialmente in
Francia.
1636 - “ LA MAESTRANZA DI GARDONE... A ME SEMPRE CARISSIMA “
ASV, Senato, Dispacci dei Rettori, Brescia1636, Andrea Corner.
Il nuovo Capitano Veneto Andrea Corner subentrato il 16 febbraio 1636 all’omonimo Francesco
Corner, nella sua prima relazione al Doge tratta della maestranza gardonese:
.... Non ho tralasciato d’informarmi della Maestranza di Gardone a me sempre carissima e della
quale per il publico servitio farò di continuo sommo capitale et si come trovo che per i disordini
che tuttavia regnano fra quelle genti non è più quel negotio nella floridezza ch’era gli anni addietro
così desiderando io d’augumentarlo vivissima sarà la mia applicazione al suo solievo per ridurla in
quiete se mai si potrà procurando di far venire quelli che vi fossero assentati per rimetter il
negotio tanto importante al servitio di V. Ser/tà et intendendo che un tal Paolo Chinelli maestro di
molto valore et di grandissimo ingegno si trova nel Milanese per eriger edificij ne quali è
peritissimo... ho scritto al Residente in Milano che se ne informi particolarmente (e anche per altri
della stessa professione) di farli ritornare...
1639 - E IL RE DISSE: “TUTTE LE MIE ARMI NON VALGONO UNA DI QUESTE”…
Nell’Armeria Reale di Svezia è conservato un trittico di armi ( 2 pistole e 1 carabina) che vengono
considerate dagli esperti tra le cento armi da fuoco più belle del mondo. La loro storia affonda le
radici anche in terra gardonese. Siamo nel 1628. In seguito alla morte di Vincenzo II Gonzaga, e
due sono i pretendenti alla successione: Carlo di Nevers Gonzaga, legato ad interessi francesi e
veneziani e Francesco Gonzaga interessato a quelli spagnoli. La Spagna per conquistare terre ed
influenza politica tenta le sorti militari, pone l’assedio a Casale Monferrato e Mantova che viene
conquistata e devastata. La città viene però restituita al pretendente filofrancese che muore nel 1637
lasciando erede il nipote Carlo. Il repentino abbandono, da parte dei legati francesi, della città
mette in allarme il governo della Serenissima che teme avvenimenti indesiderati. L’ambasciatore
veneto a Parigi è impegnato nel mantenere viva l’alleanza franco-veneziana ed in questo clima il
Correr rende noto a Venezia il grande desiderio di re Luigi XIII di possedere un paio di pistole
bresciane da cavallo autocaricanti. E’ immediatamente inviato l’ordine ai Rettori bresciani che
venga affidata ai più bravi maestri del tempo la costruzione delle armi per il re.
I Rettori rispondono che gli incarichi sono assegnati e che un loro inviato seguirà giornalmente il
delicato lavoro.
Il 27 aprile 1639 il Podestà di Brescia Civran avvisa le autorità lagunari che le armi, due pistole ed
una carabina, sono state ultimate.
Con corrieri e scorta speciale, previa una consistente
assicurazione, le armi, poiché i passi montani sono chiusi, sono inviate via mare in Francia.
Il 30 ottobre, in Lione, a Luigi XIII che conversa nella sua camera con i cavalieri della corte,
l’ambasciatore veneto presenta il dono del Senato riposto in una mirabile custodia. Il re apre
personalmente la cassetta e, senza permettere che altri le tocchino, esamina le armi tanto desiderate
chiamando ad uno ad uno i suoi cavalieri affinché le ammirino. Pronuncia poi la famosa frase che
ha dato origine al nostro dire : Tutte le mie duecento armi insieme non valgono una di queste ! Il re
ordina poi che sulla sua carrozza personale e con la scorta della sua guardia le armi siano trasferite a
Parigi.
Ma chi furono gli artefici di tanta bellezza ? Per l’accuratissimo lavoro vennero impiegati cinque
maestri bresciani, i cui nomi sono assurti a fama mondiale :
Giovanni Cavazzolo fabbricò le piastre a ruota,
Giacinto Secardo realizzò le traforature ornamentali,
Antonio Cosi ed il figlio Carlo le cesellarono,
ed infine LAZARINO COMINAZZO fu l’artefice che con la sua opera rese eccelsa la qualità delle
armi..
E proprio il gardonese Lazarino domanda per le sue canne 180 ducati, somma ingente se rapportata
ai 5 ducati che all’epoca costava una pistola militare, ma compenso giudicato dal Lazarino stesso
proporzionato alla qualità del suo lavoro : “Che nesun altro mai fatto tal opera”. (P.B.)
1641 – GIOVANNI ANTONIO BERETTA E IL SUO CANNONE A RETROCARICA
M. MORIN – R. HELD, Beretta…cit.
Nel 1641 Giovanni Antonio Beretta presenta al governo della Serenissima un cannone a retrocarica
di sua invenzione che dovrebbe agevolare le procedure di fuoco dalla prua delle galee. Scrive che:
… molti autori hanno inventato diversi modi per caricare detti pezzi per dietro, quali mai sono
riusciti perché a tutti li fugge il fuoco per la culatta e non puol fare il suo conveniente tiro. Io,
Serenissimo Principe, ho ritrovato il secretto vero et sicuro per caricarli per la culatta, la quale
resterà come se fosse tutti di un pezzo, che non potrà fuggirli il fuoco e non haverà una minima
esalatione, et il secretto glielo farò vedere in un pezzo di ferro da due libbre di balla, et si può
assicurarsi che il detto secretto riuscirà in ogni gran bocca di cannone, dove che faranno lo stesso
tiro e stessa passata come quelli ordinarij che si caricano per la bocca…
Dopo lunga sperimentazione e prova, il Senato decide di realizzare un falcone da sei libbre a spesa
pubblica anziché, com’era d’uso, a spese dell’inventore ed emise poi questa deliberazione:
… Il fedel Giovanni Beretta da Gardon di Val Trompia, territorio bresciano, raccorda (propone)
con sua supplicatione modo sicuro e facile con il quale potranno esser con la maggior celerità
caricati pezzi d’artiglieria, particolarmente li falconi da sei (libbre) posti nel banco di prora sopra
le galee, rappresentando non potersi questi ricaricare se non con grande incomodo e pericolo,
sopra di che essendosi inteso le informazioni delli Provveditori alle Artiglierie, che stimano il suo
raccordo di publico rilevante servizio… et avendo avuto le fedi della buona riuscita, sia poi
concessi al sudetto Beretta per anni trenta 10 ducati al mese intieri…
Onde evitare i danni “ del rugine” il cannone sarà “alligato con coperta di rame” . L’alligatura
consisteva nell’applicare sul ferro un’amalgama di rame sciolto in mercurio seguito
dall’evaporazione del mercurio a caldo. La tecnica era usata per la protezione di molti oggetti in
ferro a bordo delle navi.
1657 - SI PRODUCE POLVERE DA SPARO
M. MORIN – R. HELD, Beretta…, cit.
A testimonianza del tentativo di “diversificare” (pur restando nell’ambito) la produzione, i
gardonesi si interessano alla produzione di munizioni. Nel 1657, infatti, viene appaltato a Francesco
Ferraglio l’ incarico per la produzione di polvere da sparo con salnitro estero che lui stesso importa.
1689 - I PRODUTTORI DI CANNE
M. MORIN – R. HELD, Beretta…, cit.
P.B. Le fucine… cit.
Una nota allegata ad un dispaccio del 1689 inviato a Venezia dai Rettori di Brescia fornisce dati
sulla produzione di armi da guerra vendute dalle singole famiglie di produttori dal 1. luglio 1686 al .
12 luglio 1689:
Antonio Signorino
Gio. Antonio Rampinelli
Alessandro Francino
Pantaleone Belli
Giuseppe Bertarini
Fratelli Beretta
6.062
5.440
3.895
3.180
2.114
2.018
canne
canne
canne
canne
canne
canne
In questi anni i Signorino erano titolari di impianti siti nelle Fucine in Fondo alle Cornelle e in
quella del Gramineto; i Rampinelli nelle Fucine del Nespolo, Fornace di Sopra, Longa, Di
Manenti; i Franzini nelle Fucine Fornace di Sopra, Lazzaretto, Vecchia, Graminente, Vecchia, In
Capo a Gardone ed i Bertarini nelle Fucine Tra le Seriole e Graminente. I Belli ed i Beretta, in
questi anni, non erano titolari di impianti il che conferma la precipua caratteristica di commercianti
svolta, almeno in questo periodo, dalle due famiglie.
1706 – ADDETTI, MAESTRI ED ASSISTENTI
D. MONTANARI ., Produzione d’armi da guerra... in Atlante Valtrumplino, Brescia, 1982.
Nel 1706 la fabbricazione delle canne impiegava circa 400 addetti, escludendo le donne che
numerose si prestavano per le operazioni di rifinitura. A questa cifra bisogna aggiungere anche
coloro che erano addetti alla produzione ed al trasporto del carbone, oltre ai muratori, in
permanenza occupati nella riparazione e riattamento delle officine. Il lavoro degli operai si svolgeva
sotto la direzione di 32 capi maestri, coadiuvati da 64 assistenti e le maestranze erano raggruppate
secondo la specializzazione.
1715 – GUAI AI MAESTRI TRANSFUGHI
ASV, Terminazione dell’Ecc.mo cap. di Brescia P. Girolamo Cappello concernente le maestranze
delle canne d’archibugio da guerra… 12 maggio 1715.
Noi Pietro Girolamo Cappello per la Ser.ma Repubblica di Venezia.. capit. di Brescia, e sua
giursidiz. :
“ Per togliere una volta il dannatissimo abuso, che rileviamo introdotto in Gardone nella Fabbrica
di canne di vario genere, e ad uso di Guerra senza la cognizione de’ Sindici di quelle Maestranze, e
ad oggetto di render universalmente in esse mantenuto il lavoro, senza che abbino con Pubblico
pregiudizio a disperdersi in esteri Stati, inerendo a Decreti de’ Processori nostri.. particolarmente
alla Terminazione… Daniele Dolfin… 19 luglio 1698 ordiniamo e comandiamo:
Che non possa da chi si sia esser stabilito contratto con alcuno de’ particolari delle Maestranze
medesime d’ogni, e qualunque forte di Canne da guerra, senza che prima passi sotto l’esame, e
cognizione de’ Sindaci delle suddette Maestranze così (che qusti possano) distribuire con
uguaglianza i lavori… E poiché si rende sempre più della pubblica importanza, che non sia dalle
Valli Trompia, e Sabbia, e Canonica immaginabilmente distratto fuori dal Dominio alcun Artefice
sì istruito di Canne … ne che venga ammesso alcun forestiero ad esercitarsi in tali Lavori, cosicché
passando l’Arte in esteri Stati, ne derivi il grave danno a gente sì benemerita dalla dispersione
della Fabbrica, e fia anco con publico discapito precluso l’esito della negoziazione, resterà
risolutamente proibito a qualunque persona, che si esercita nei lavori delle canne… l’uscir per
cadaun motivo fuori di questo Sato, ne sotto qualsisia colore, o pretesto ammettere, o ricevere
nelle proprie fucine alcuna persona straniera, somministrar ad essa alcun lume, et assistenza, ne
permettere che venga appreso il lavoro sotto le pene corporali, ed afflittive, che meglio paressero
alla Giustizia medesima …
1724 - LE FAMIGLIE PROPRIETARIE DEI “FOGHI”
ASV. Inquisitori di Stato. Dispacci dei Rettori. Brescia, busta 232
Da una deposizione giurata rilasciata nel 1724 le fucine gardonesi e gli impianti a loro annessi
erano, per famiglie, così suddivisi:
FAMIGLIA
MORETTI
ZAMBONETTI
PELLIZZARI
BERETTA
CHINELLI
GASPARINI
MUTTI
ACQUISTI
RAMPINELLI
CHINELLI
FUCINE
2
1
1
1
2
1
1
1
2
1
FOGHI
4
3
4
3
5
2
2
2
4
2
1748 - IL LAVORO GARDONESE NELLA RELAZIONE DEL GRIMANI
ASV, Inquisitori di Stato, Busta 20.
La relazione di Girolamo Grimani “ savio di terra ferma” ( Segretario di Stato alla guerra) esprime
chiaramente la penosa situazione creatasi a Gardone fra i mercanti ed i maestri produttori. La
supremazia dei primi, contro cui hanno lottato anche altri magistrati veneti, danneggia, sino alla
fame, lo stato economico dei maestri e produce materiali (canne) non più all’altezza della fama
della Fabbrica Gardonese.
“…. Ma prima di dare fine a questa riverente carta, crederei d’offendere mortalmente i riguardi di
si grave materia, se ommettessi alcun cenno… sopra la disciplina delle Maestranze di Gardone…
In questa terra situata nella Val Trompia abita un popolo per la più parte misero, che non trae
alimento, se non dal lavoro delle Canne, ma fedele e valoroso in una Contrada di tanta importanza,
perché membro di una Valle situata al Confine. Ne sentì i frutti nelle più ardue occasioni de soli
addietro e ne rilevò il merito la Serenissima Repubblica assegnandogli sempre il lavoro delle
Canne anche a fronte di contratti altrove stabiliti, et ordinando lavori senza presentaneo bisogno,
ma per accarezzarlo e sostenerlo.
Si divide in Maestranze superiori, et inferiori, cioè commode e povere. Le prime cercano sempre
di soprafar le seconde, e l’Eccellentissimo Senato diede più volte protezione agli oppressi per
motivo di carità, ma insieme di buon servizio della Fabbrica (fabbricazione) utilissima per varij
rispetti. Quindi se tal volta non si ebbero da Gardone Canne perfette col nome delle Maestranze
non è da imputarsi all’universale di quella Misera Popolazione, ma più tosto a pochi di più
fortunati in quel Cielo, che disposero la materia a proprio talento”.
“ Il modo è questo. Li Mercanti e Bollitori cercano di far lavorare le Canne da altri, che da veri
Artisti descritti nelle tre Fraglie, e con prezzo minore impiegando i Villici e Coloni oziosi nella
staggion d’Inverno. Quindi patiscono le Fraglie stesse, e passando per mani poco esperte patisce il
lavoro
1766-1770 STATISTICA SULLE PROFESSIONI NELLE VALLI
ASV, Anagrafi di tutto lo Stato della Serenissima Repubblica comandate dall’Ecc.mo Senato...
Venezia 1768.
Valcamonic
a
Valsabbia
Valtrompia
176
514
Armaioli
armifuoc
o
11
97
71
778
1.122
19
130
11
11
73
17
137
203
2.992
1.714
Totale
344
2.414
160
31
205
441
14.079
Territori
Negoziant
i
Artigian
i
Fabbr.arm
i bianche
Carrettier
i
Cavallant
i
9
115
101
Lavoranti
Campagn
a
9.373
1780-84 – STATISTICA DEGLI IMPIANTI E DELLE STRUTTURE PRODUTTIVE
ASB, Cancelleria prefettizia superiore, busta 46.
Territori
Valcamonica
Valsabbia
Valtrompia
Totale
Fucine da fer- Fucine
rarezza
rame
97
2
41
0
33
0
171
2
da Fucine
canne
0
0
10
10
da Fucine
chioderia
13
5
16
da Forni da ferro
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1806 - EUGENIO DI BEAUHARNAIS VISITA LE FABBRICHE GARDONESI
AA. VV. Visitatori illustri in Antologia gardonese, Brescia, 1969.
La presenza dell’antica fabbrica d’armi determinò, dopo quella dell’Arciduchessa d’Austria, la
visita a Gardone di molte personalità politiche, di re e imperatori.
Eugenio di Beahurnais fu vicerè d’Italia dal 1805 al 1814. Era figlio di Josephine Tascher de la
Pagerie, prima moglie di Napoleone vedova di Alexandre Beahurnais deputato agli Stati generali e
vittima del Terrore. In occasione del matrimonio venne adottato con la sorella Ortensia ( che poi
sposando Luigi Bonaparte divenne regina d’Olanda) da Bonaparte.
Giunto a Gardone,
riconosciutane ed apprezzatane l’importanza, istituì in Brescia un arsenale con un distaccamento ,
comandato dal capitano Nobili, con sede a Gardone.
1811 – IL PARIS PRODUCE LE PRIME CANNE DAMASCATE
M.COMINAZZI Cenni sulla Fabbrica d’armi di Gardone in Valtrompia. Brescia, 1843.
Gio Battista Paris, dell’omonima impresa, introduce nella fabbricazione delle canne la tecnica della
damascatura
li
che
le
rende
più
solide
ed
esteticamente
ecceziona
1825 - LA PERFETTA DAMASCATURA
C. QUARENGHI, Tecnocronografia…, cit.
La ditta gardonese Crescenzio Paris rappresentata da Gio Battista Paris, viene premiata dall’ I.R.
Istituto Veneto per la perfetta damascatura delle canne da fucile.
1827 - LE ARMI FULMINANTI
C. QUARENGHI, Tecnocronografia…, cit.
Da un registro di conti della ditta gardonese Crescenzio Paris si rilevano
caccia fulminanti ossia coll’innesco a pallottolina di fulminato di mercurio.
nnotate infatti le seguenti cessioni::
Un para di canne fulminate al sig. Longareti di Urgnano (BG)
Un para azzalini fulminanti a Luigi Zanetti
Una canna a torchione
Una detta fulminante
notizie sulle armi da
In data 27 luglio sono
per lire
per lire
per lire
per lire
2
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1
1845 - LA SPINGARDA DEI FRANZINI
P.BOLOGNINI – F. TROVATI, . Enciclopedia gardonese..., . cit.
L’Ateneo di Brescia premia la ditta Franzini per aver fabbricato una magnifica spingarda di ferro
damascato impreziosita dalle incisioni di Vincenzo Mutti.
1860 - GARDONE CENTRO DI PRODUZIONE DELLE CANNE
Giornale Militare, 1860.
M. GUIZZETTI, La produzione armiera nell’economia valtrumplina tra il 1825 ed il 1875. Tesi di
laurea, a.a. 1994-1995.
Annessa la Lombardia, il nuovo governo si premura di dar maggior vigore all’industria delle armi
riorganizzando la fabrica già esistente e concentrando a Gardone la fabbricazione delle canne.
“… Saranno istituiti in Gardone appositi laboratori per le canne, i quali saranno considerati come
succursali e alla dipendenza della Fabbrica di Brescia. Ivi sarà destinato un rappresentante del
Direttore di Brescia, che sarà sotto la sua dipendenza e responsabilità. La Direzione cercherà due
o tre officine da prendersi a pigione nel paese, ne converrà con i proprietari le locazioni, e farà
pervenire i contratti al Ministero per l’approvazione… Gli operai fabbri dovranno provvedersi essi
medesimi il carbone, e nel fabbricar canne si dovranno rotolare al meglio… al fine di evitare che
nella transizione, venga a mancar lavoro, si manderanno a Gardone fucili di fanteria da riparare…
1892 - SI INAUGURA IL “BERSAI”
P.BOLOGNINI – F. TROVATI, . Enciclopedia gardonese…cit.
Le origini del “ Bersai” gardonese risalgono alla legge del 2 luglio 1882 che, promulgata su
proposta di Giuseppe Garibaldi, istituiva in Italia il Tiro a Segno Nazionale allo scopo di preparare
le nuove generazioni al servizio militare e di mantenere in addestramento gli effettivi dell’esercito
e delle milizie. Il 13 settembre del 1883, a firma dell’allora sindaco Giuseppe Guerini, veniva
affisso in Gardone un manifesto che invitava i cittadini ad iscriversi nei ruoli dei tiratori. Pochi
mesi dopo, il 20 gennaio 1884, aveva luogo la prima riunione del sodalizio cui avevano aderito
ottantadue soci sotto la presidenza del sindaco Guerini coadiuvato dai consiglieri avv. Giovanni
Quistini, Giacomo Zanetti e dal garibaldino Giuseppe Peruchetti.
Venne iniziata la costruzione del poligono ( che prenderà il nome di “Bersai” dalla dialettizzazione
del termine “bersaglio”) in Valle di Gardone, sulla sinistra orografica del torrente Tronto.
Nell’opera si impegnò l’impresa edile Foresti di Bisogne; assistita da Pietro Paolo Cotelli.
L’imponente edificio
con le sue torri merlettate che lo rendevano del tutto simile ad un maniero medievale, fu progettato
dall’ing. Camillo Arcangeli e costò complessivamente 17.585 lire.
Il 25 settembre 1892 nella sala municipale di Gardone venne inaugurata la Società di Tiro a Segno,
e al Bersai, che restò il poligono di tiro gardonese fino agli anni ’50 del secolo scorso, iniziarono le
competizioni inaugurali che durarono cinque giorni con lo sparo di 14.326 proiettili di fucile ’91.
Il primo colpo fu sparato dall’on. Zanardelli, padrino della cerimonia. Le gare assegnarono poi
trentacinque premi, fra i quali, il primo, un vaso d’alabastro orientale con rifiniture in bronzo dorato
era dono del re. Sessantacinque furono i tiratori che parteciparono ai vari concorsi ed il primo
premio venne conquistato dalla squadra bresciana; il terzo da quella gardonese composta dall’avv.
Giovanni Bianchi, da Giuseppe Mori e da Pietro Beretta.
Sigle usate nelle abbreviazioni:
ASB Archivio di Stato di Brescia
ASV Archivio di Stato di Venezia
L’ARSENALE DI GARDONE V.T.
Nel 1806 durante la sua visita a Gardone e alle fabbriche d’armi del paese, Eugenio di Beahuarnais
vicerè d’Italia, ammirata l’industriosità e la potenzialità produttiva delle aziende locali, istituiva
con I.R.D. un “ Arsenale militare” a capo del quale venne posto un ufficiale.
Nel 1845 esisteva già un vasto capannone e veniva distribuito il lavoro alle officine che operavano
per l’Arsenale. Nello stesso fabbricato si procedeva al collaudo dei materiali.
I lavori di sistemazione della struttura, vennero ultimati nel 1850 anche per le pressioni esercitate
sul Governo dalla Commissione insediata con l’incarico di attuare i provvedimenti a favore degli
alluvionati dall’inondazione del Mella dell’agosto 1850.
Con l’annessione della Lombardia al Regno Sardo, l’Arsenale, con R.D. 18 agosto 1859 assume la
denominazione di : “Fabbrica d’armi di Brescia”.
Ebbe così inizio l’attività di uno dei più antichi stabilimenti militari, ricco di storia e caratterizzato
dall’opera fattiva delle maestranze nelle vicende risorgimentali.
L’attività ebbe immediato sviluppo dato che il Municipio offrì all’impresa garibaldina mille fucili e
che a questa fornitura seguì un ordine di ventimila fucili da parte di Vittorio Emanuele II.
Nel 1860, costituitosi l’Esercito italiano, la “ Fabbrica D’Armi di Brescia” venne inclusa
nell’ordinamento dell’Artiglieria mantenendo il nome. Dal 1968 al 1970 le officine gardonesi
concorrono alla trasformazione di ottocento mila fucili ad avancarica in fucili ad ago sistema
Carcano. Nel 1871, dopo l’ampliamento dell’opificio, inizia la trasformazione di un milione di
fucili Wetterly in Wetterly-Vitali 70-87. Nel 1892 prende l’avvio la fabbricazione della famose
armi modello 91. Di questa serie i primi diecimila pezzi nascono a Gardone e verranno dati in
dotazione alle truppe alpine. Dal 1898 al 1911 la “Fabbrica D’Armi” perde il suo carattere
autonomo e, per effetto del R.D. 29-12-1910, viene aggregata come stabilimento sussidiario
all’Arsenale di Terni e poi soppressa.
Nel 1911, a seguito della situazione internazionale, viene deciso l’ampliamento della struttura
produttiva e dai cento operai del 1911 si arriverà ai tremilasettecentonovanta del 1917. Imponente
fu per l’Italia l’apporto dell’Arsenale gardonese alla soluzione del primo conflitto mondiale. I
governi che si succedettero nel dopoguerra ignorarono del tutto gli stabilimenti militari fino al 1933,
anno della totale riorganizzazione. La produzione si intensificò dal 1935 per la guerra italo-etiopica.
Il secondo conflitto mondiale vide lo stabilimento modernamente attrezzato e con una produzione
imponente. L’8 settembre 1943 l’Arsenale in piena produzione è requisito dalle truppe tedesche e
consegnato alla O.M. . Dello stabilimento non rimarrà che un Ufficio Stralcio con scarso personale
e funzioni di liquidatore. Terminate le vicende belliche, nonostante illusorie speranze, la O.M. tornò
nella sua struttura cittadina ed all’abbandono seguì la cessione della parte moderna della struttura ad
altre imprese.
IL BANCO NAZIONALE DI PROVA DELLE ARMI DA FUOCO
PORTATILI
I Banchi di prova delle armi da fuoco portatili sono organizzazioni nelle quali le armi vengono
sottoposte a delle prove forzate che diano, se superate, l’assicurazione che i materiali impiegati
nella loro costruzione e la qualità delle lavorazioni possano dare affidamento di resistenza
nell’impiego normale.
La prova delle armi costituisce quindi titolo di pregio e di garanzia per l’industria armiera
nazionale.
I più antichi Banchi di prova europei sono quelli di Liegi (1622), Londra (1637), S. Etienne (1741)
ai quali, in ordine di tempo, seguì quello di Gardone che cessò però la propria attività con la caduta
della Repubblica Veneta (1797).
Nei primi anni del Novecento i migliori produttori italiani chiesero con insistenza l’istituzione di un
Banco di prova e finalmente, con Decreto 13 gennaio 1910, si fondò il BANCO NAZIONALE DI
PROVA DELLE ARMI DA FUOCO PORTATILI con sede a Brescia e con due laboratori: uno in
città ed uno a Gardone V.T.. Numerosi intralci impedirono il funzionamento della nuova istituzione
fino al 1 settembre 1920 quando venne aperta la sezione di Gardone V.T. cui seguì il 1 luglio 1921
l’inaugurazione di quella di Brescia.
Pur essendo la prova delle armi ancora facoltativa, in quello stesso anno vennero provate 34.802
armi; nel 1932 – 41.644 e nel 1924 – 48.040. I produttori armieri andavano nel frattempo
convincendosi della necessità della prova obbligatoria che fu sancita definitivamente con Decreto
del 30 dicembre 1923. Dopo un periodo di adeguamento, la norma entrò in vigore il 9 febbraio
1925. Il 17 maggio 1930 cessò l’attività la sezione di Brescia e quella di Gardone assunse
maggiore importanza fino all’istituzione, con Decreto del 23 febbraio 1960, di un unico Banco
Nazionale con sede in Gardone, cui viene dato un preciso regolamento con il D.P.R. del 28 ottobre
1964.
Il Banco gardonese trovò la sua prima localizzazione in due edifici sulla destra orografica del Mella
e nel 1951 venne trasferito in località “Cornelle”, in un ex dormitorio per operaie della ditta Beretta.
Le continue modernizzazioni e l’adozione delle più sofisticate tecnologie, unite alle notevoli
capacità della dirigenza e delle maestranze, hanno fatto sì che oggi il Banco gardonese possa
essere considerato il più importante del mondo.
OSPITI ILLUSTRI IN TERRA DI GARDONE
La presenza a Gardone di un’attiva e rinomatissima produzione armiera condusse nel
centro trumplino, per un secolo, principi, imperatori e personalità politiche desiderosi
di visitare personalmente gli opifici e di avere dirette informazioni sulle invidiate
tecnologie produttive.
In ordine cronologico le cronache del tempo ricordano la visita di:
1781
MARIA AMALIA ARCIDUCHESSA DI PARMA
moglie di Ferdinando di Borbone duca di Parma, sorella degli imperatori
Giuseppe II e Leopoldo II d’Austria
1806
EUGENIO DI BEAUHARNAIS VICERE’ D’ITALIA
istituisce un Arsenale a Brescia con un distaccamento a Gardone
1816
FRANCESCO I IMPERATORE D’AUSTRIA
accompagnato nella sua visita dal PRINCIPE DI METTERNICH
1818
ARCIDUCA RANIERI VICERE’ DEL LOMBARDO VENETO
accompagnato dalla moglie MARIA ELISABETTA
1820
FERDINANDO III GRANDUCA DI TOSCANA
1823
Nuova visita dell’ARCIDUCA RANIERI
1824
LEOPOLDO II GRANDUCA DI TOSCANA
1825
ARCIDUCA FRANCESCO CARLO D’ASBURGO
accompagnato dal suocero MASSIMILIANO RE DI BAVIERA
1834
ARCIDUCA GIOVANNI D’ASBURGO
1838
ARCIDUCA LUIGI D’ASBURGO
1842
ARCIDUCA STEFANO D’ASBURGO
1890
S.M. UMBERTO I RE D’ITALIA
accompagnato dal PRINCIPE DI NAPOLI e dal Ministro di Stato
GIUSEPPE ZANARDELLI
Guida alla mostra
LA VILLA MUTTI BERNARDELLI
SEDE DEL MUSEO DELLE ARMI E DELLA TRADIZIONE ARMIERA IN
GARDONE V.T.
Il Museo è ospitato con la Biblioteca in un edificio già proprietà della famiglia MuttiBernardelli acquisito da alcuni anni dal Comune di Gardone Valtrompia.
La villa si sviluppa su una superficie di duemilacinquecento metri quadrati e
comprende ambienti che spaziano dal XV al XVIII secolo.
Il corpo centrale della costruzione è caratterizzato da un portico colonnato con archi
ribassati tipico delle coeve abitazioni signorili seicentesche ancor esistenti in
Gardone.
Particolarmente interessanti sono alcuni locali del piano terra: un’ampia sala con
camino in pietra, datato 1749 e fregiato dallo stemma dei Mutti; un salone attiguo di
impostazione quattrocentesca con volta scandita a vele, sotto le quali sono sistemati
alcuni lunettoni dipinti su tela da Giuseppe Mozzoni; un salotto con soffitto a
cassettoni sul quale compaiono i segni zodiacali accompagnati dallo stemma della
Valle Trompia.
Da questo, che è detto il salottino rosso, per un ingresso che si apre sulla parete
sinistra si accede all’ex cappella privata della villa. Sulla parete destra del piccolo
oratorio, dove probabilmente era eretto l’altare con il trabernacolo, visibile una bella
scultura in bassorilievo assegnabile al XVI secolo. Raffigurante una Madonna in
trono con Bambino. Sotto questa scultura, in un tondo scolpito ancora in bassorilievo
si ammira il busto di un prelato, probabilmente un discendente degli antichi
proprietari della villa.
Nel corpo di fabbrica attiguo si trova un’ampia sala, con copertura a volto ed
interessanti decorazioni.
Al piano superiore, quella che doveva essere un’unica grande sala è stata suddivisa
in diversi ambienti. Sotto i soffitti settecenteschi sono state rinvenute travi e mensole
in legno intagliate.
Di rilievo sono anche alcuni motivi decorativi che si vedono nel portico di accesso al
parco ( ora giardino pubblico comunale) che delimita anche un locale un tempo
adibito a stalla, che conserva alcuni arredi in ferro e pietra di notevole interesse.
Degni di nota sono anche la fontana del cortile – alimentata da una cisterna
sotterranea – ed il pozzo celato dietro la finta parete in una delle stanze al piano
terreno.
“ La prima et principal mercantia della città di Brescia è la ferrarezza et l’arte delle armi, come
spade e corsaletti… “
A Brescia l’arte del fabbricare armi ed armature fu una delle principali, forse la più importante,
tra le attività economiche fin dai tempi remoti.
La città è infatti collocata allo sbocco di tre Valli: Val Camonica, Val Trompia e Val Sabbia. Di
queste le prime due abbondano di giacimenti di ferro, il minerale necessario per la produzione
delle canne.
Dal 1426 anche Brescia e la Val Trompia entrano a far parte dei territori della Serenissima ed i
gardonesi in particolare, contribuiscono al successo delle armate venete impegnate contro i
Visconti, derivandone numerosi benefici consistenti in esenzioni fiscali ed ampi privilegi sul
commercio delle ferrarezze. Il settore armiero si affermò particolarmente nel secolo XVI anche
se non fu sempre facile conciliare gli interessi della politica estera veneta con quelli dei maestri
trumplini.
VETRINA N. 1
Nel ‘400 l’armatura, evoluzione delle corazze che già nella seconda metà del Trecento
rivestivano interamente il guerriero, raggiunge un equilibrio pratico-funzionale difficilmente
eguagliabile. La sobrietà di linee e la perfezione plastica rispecchiano appieno la nostra
mentalità rinascimentale. Verso la fine del secolo si produssero armature “alla tedesca” non
solo per il gusto d’oltralpe, ma anche legate ad una nuova concezione ed ad un nuovo utilizzo
guerresco delle fanterie che si perfezionò nelle Guerre d’Italia.
Per tutto il XVI secolo convivono produzioni di armature completamente lisce, sbalzate o
decorate, che si adeguano ad usi e costumi del committente. Nascono guarniture con infinite
soluzioni di pezzi intercambiabili, a seconda dell’impiego richiesto, ormai non esclusivamente
da guerra , ma prodotte anche solo per soddisfare le varie forme di giochi guerreschi quali
giostre e tornei, seguendo poi, nelle varie linee, l’evoluzione della moda legata al costume
civile.
1/V1 - BACINETTO
Italia settentrionale; 1400 ca.
Copricapo di ferro in uso, nelle sue varie
evoluzioni, dalla fine del XII sec. alla prima
metà del XVI.
Provenienza: Museo di Palazzo Venezia –
Roma.
2/V1 - PETTO
Italia settentrionale; XV sec.
Parte dell’armatura a protezione della parte
anteriore del torso.
Provenienza: Museo di Palazzo Venezia –
Roma.
3/V1 - CELATA
Italia settentrionale; XV sec.
Armatura del capo che scende fino agli occhi,
fornita di gronda spiovente.
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.
4/V1 - CELATA
Italia settentrionale; XV sec.
Provenienza: Museo di Palazzo Venezia –
Roma.
5/V1 - ARMATURA INCOMPLETA
Italia settentrionale; 1500/1510.
Resti di armatura da piede o da cavallo
leggero.
Provenienza: Museo di Palazzo Venezia –
Roma.
10 / V1 - PETTO
Italia settentrionale; XVI sec.
6/ V1 - ARMATURA INCOMPLETA AD
ANIMA
Provenienza: Museo di Palazzo Venezia –
Roma.
Italia settentrionale; XVII sec.
Resti di armatura a lame articolate del tipo
detto “alla ungara”
Provenienza: Museo di Palazzo Venezia –
Roma.
11 / V1 - ARMATURA INCOMPLETA
Lombardia-Brescia; XVI sec.
Caratteristico esempio della serie di armature
dette “da guardia papale” ritenuta di
produzione “sicuramente bresciana”.
Provenienza: Museo di Palazzo Venezia –
Roma.
7/ V1 - BORGOGNOTTA
Italia settentrionale; XVI sec.
Elmo leggero, con tesa e gronda, per
armatura da cavallo.
Provenienza: Museo di Palazzo Venezia –
Roma.
8/ V1 - ELMETTO DA CAVALLO
Italia settentrionale; 1550/1560.
Particolare forma di elmo, chiuso ed
interamente protettivo del capo.
Provenienza : Museo di Palazzo Venezia –
Roma.
9 / V1 - PETTO
Italia settentrionale; 1560 ca.
Provenienza : Museo di Palazzo Venezia –
Roma.
12 / V1 - MORIONE AGUZZO
Italia settentrionale – Brescia ? XVI sec.
Particolare tipo di elmo destinato alla
fanteria o a gruppi di armati a piedi.
Provenienza: Museo di Palazzo Venezia –
Roma.
13/ V1 - MORIONE TONDO
Italia settentrionale – XVI sec.
Provenienza: Museo di Palazzo Venezia –
Roma.
14/ VI - PETTO
Lombardia, Brescia – XVII sec.
Provenienza: Collezione privata.
VETRINA 2
Le armi in asta sono armi bianche montate su un’asta della lunghezza di circa due metri,
realizzate nello loro varie tipologie con l’intento di poter colpire il nemico ad una certa
distanza, mantenendo sempre il controllo dell’arma. Si ispirarono originariamente a modelli
molto antichi (lancia, spiedo, tridente ecc…), ma nel Medioevo divennero espressione della
grande rivoluzione che si realizzò col passaggio dal predominio della cavalleria a quello
della fanteria. Negli scontri campali gli uomini dei liberi comuni si presentarono al
combattimento armati dei loro attrezzi di lavoro, trasformati in armi come è testimoniato dal
roncone o dalla falce fenaria che in ambito bresciano-lombardo assurgono a simbolo di
questa esperienza. Lo stesso significato ha, per le fanterie svizzere e tedesche, l’ alabarda, il
cui utilizzo si diffonderà poi in tutta Europa.
Nei secoli XV e XVI e fino all’inizio del XVII Brescia e le sue Chiusure contavano un gran
numero di botteghe ci armaroli. Ogni bottega si specializzava nelle confezioni di parti
d’armatura: elmi, pettorali, bracciali, guanti, fornendo lavori di altissima qualità,
assemblabili poi con pezzi prodotti da altre botteghe. Per soddisfare grandi commesse si
instauravano collaborazioni tra le diverse botteghe ed i vari maestri.
86/ V2 - SPIEDO
Nord Italia; XVI sec.
Arma in asta con ferro triangolare e gorbia
faccettata.
Provenienza: Collezione privata.
87/ V2 - RONCONE
Nord Italia; fine XV sec.
Tipica arma in asta legata al territorio
bresciano.
Provenienza: Collezione privata.
88/ V2 - CORSESCA “DETTA A
PIPISTRELLO “
Nord Italia; XVI sec.
Arma in asta con il ferro formato da una
cuspide a quadrello, con due lame corte
laterali ricurve verso il basso.
Prov. : Museo di Palazzo Venezia - Roma.
89/ V2 - CORSESCA AD UNGHIE
Nord Italia ; XVII sec.
Provenienza: Collezione privata.
90/ V2 - BRANDISTOCCO
Nord Italia; XVI sec.
Arma con ferro a tre lame, di cui quella
centrale più lunga e le ali più corte rivolte
verso l’alto.
Prov.: Collezione privata.
91/ V2 - SCURE D’ARME DA FANTE
Nord Italia; XVI sec.
Superbo esemplare di arma da fante con lama
a mezzaluna e forte becco.
Prov.: Museo di Palazzo Venezia - Roma.
111/ V2 – BASTONE ANIMATO O
BUTTAFUORI DA PELLEGRINO
Lombardia; XVII sec.
Prov.: Collezione privata.
92/ V2 – FORCA
Bologna ? XVI sec.
Arma in asta a due rebbi.
Prov.: Museo di Palazzo Venezia - Roma
93/ V2 – TRIDENTE
Nord Italia; XVI-XVII sec.
Forcone a tre rebbi con gorbia a tronco di
piramide.
Prov.: Collezione privata.
94/ V2 - ALABARDA
Svizzera; XVI sec.
Arma in asta da punta, taglio e frattura.
Prov.: Collezione privata.
95/ V2 - ALABARDA
Nord Italia; XVI sec.
Prov.: Collezione privata.
110/ V2 - MORGHENSTERN
Italia o Svizzera; XVII sec.
Arma di semplice costruzione, protagonista
di epici scontri nelle guerre d’indipendenza
dei comuni svizzeri.
Prov.: Collezione privata.
Prov.: Collezione privata.
96/ V2 - ALABARDA
Nord Italia; XVII sec.
Prov.: Collezione privata.
97/ V2 - COPPIA DI ALABARDE
Nord Italia; XVI sec.
Prov.: Collezione privata.
98/ V2 - ALABARDA
Nord Italia; XVII sec.
Prov.: Museo delle Armi e della Tradizione
Armiera Gardone V.T.
99/ V2 - FALCIONE ARCAICO
Nord Italia o Germania; XV sec.
Arma che nella sua semplicità ricorda le
antiche “falci senarie inastate” usate dalle
fanterie comunali lombarde.
Prov.: Collezione privata .
100/ V2 - FALCIONE
Nord Italia; fine XVI - inizi XVII sec.
Il marchio punzonato sulla lama ricorda la
famiglia Ottoboni di Brescia.
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.
102/ V2 - QUADRELLONE DA BRECCIA
Italia; XVI sec.
Arma utilizzata per creare brecce nelle difese
lignee delle fortificazioni campali.
Prov.: Collezione privata.
101/ V2 - SPIEDO DA CACCIA
Nord Italia; XVI sec.
104/V2 - ALIGHIERO
Italia; XVI sec.
Attrezzo ed arma marinara utilizzato anche
per agganciare le murate delle navi
avversarie.
Prov.: Collezione privata.
103/ V2 - PARTIGIANA
Italia o Francia; XVII sec.
Arma composta da una larga lama a due tagli
con alla base alette d’arresto.
Prov.: Collezione privata.
99/ V2 - FALCIONE ARCAICO
Nord Italia o Germania; XV sec.
Arma che nella sua semplicità ricorda le
antiche “falci fenarie inastate” usate dalle
fanterie comunali lombarde.
Prov.: Collezione privata .
LA PRODUZIONE DI ARMI BIANCHE NEL BRESCIANO
Il ferro necessario alla fabbricazione di armi bianche veniva cavato nelle miniere della
Valtrompia e della bergamasca Valle di Scalve. Il materiale grezzo subiva poi un processo di
raffinazione e di fusione nei forni e veniva quindi preparato per le successive lavorazioni. Nel
caso specifico delle lame per far le spade, veniva utilizzatoli minerale cavato a Collio che era poi
fuso nel forno di Bagolino e portato a Nave e Caino.
Altro ferro delle miniere della Valtrompia serviva per far guardie e pomi di spada nei paesi dove
la specializzazione aveva creato apposite fucine: tra gli altri Inzino, Lumezzane e Gardone, dove
i fornimenti venivano forgiati e sgrossati prima di essere condotti a Brescia per la finitura ed il
montaggio.
VETRINA N.3
21/ V3 – GRANDE SPADA
“ALL’ANTICA”
Brescia e Caino; XVII sec.
Spada con lama attribuita al maestro Matthia
Meneghetti attivo a Caino.
Prov.: Collezione privata.
20/ V3 – SPADONE A DUE MANI
Svizzera o Germania; XVI sec.
Arma utilizzata per la difesa delle posizioni o
per frangere i muri di picche.
Prov.: Collezione privata.
17/ V3 - SCHIAVONESCA
Nord Italia; XV sec.
Spada utilizzabile sia nei combattimenti da
terra che a cavallo.
Prov.: Collezione privata.
58/ V3 - SPADA DA ABITO DA CACCIA
Europa; XVII sec.
Solitamente appartenenti alla tipologia dei
“palosci” , queste spade vennero usate per la
caccia ed in battaglia.
Prv.: Collezione privata.
Spada da cavalo a lama larga.
Prov.: Collezione privata.
36/ V3 – SPADA A TAZZA DA GUERRA
Spagna o domini spagnoli; XVII sec.
Spada da guerra che segue la moda civile e
richiama il gusto del tempo.
Prov.: Collezione privata.
37/V3 - SPADA DA GUERRA DETTA
“A BOCA DE CABALLO”
Spagna o domini spagnoli; fine XVII inizi
XVIII sec.
Tipica arma da guerra dell’esercito spagnolo,
usata anche in Piemonte.
Prov.: Collezione privata.
58/V3 – SPADA DA ABITO DA CACCIA
Europa; XVII sec.
Prov.: Collezione privata.
15/V3 - SPADA A DUE MANI
Italia; fine XV inizi XVI sec.
Prov.: Collezione privata.
30/ V3 – SPADA DA CAVALLO
Europa centro settentr. XVII sec.
19/V3 - SPADA A DUE MANI DA
CACCIA
Germania; XVI sec.
16/V3 - SPADA A DUE MANI
Italia o Germania; XV sec.
Prov.: Collezione privata.
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.
15/ V3 SPADA A DUE MANI
Italia; fine del XV – inizi del XVI sec.
Così definita perché date le misure ed il peso
deve essere impugnata con entrambe le mani.
Prov.: Museo di Palazzo Venezia- Roma.
19/ V3 SPADA A DUE MANI DA
CACCIA
Germania; XV sec.
Arma usata per la caccia all’orso e al
cinghiale.
Prov.: Museo di Palazzo Venezia, Roma.
16/ V3 – SPADA A DUE MANI
Italia: fine XV – inizi XVI sec.
Spada da guerra di probabile origine
altoatesina.
Prov.: Collezione privata.
43/V3 - SPADA DA FANTE “A
GRANCHIO”
Brescia; XVII sec.
Spada con guardia a due bracci, con archetti
ricurvi rientranti verso il basso.
Prov.: Collezione privata.
44/V3 – SPADA DA FANTE “ A
GRANCHIO”
Brescia; XVII sec.
Lama prodotta dai “De Fada” di Nave.
Prov.: Collezione privata.
42/V3 - SPADA DA FANTE “A
GRANCHIO”
Brescia; XVII sec.
Lama prodotta dall’officina Scanzi di Caino.
Prov.: Collezione privata.
39/V3 - SPADA DA LATO O
COSTOLIERE
Brescia; 1520-1530.
Prototipo per le armi dalla guardia
complessa ( schiavone, strisce, ecc…)
Prov.: Collezione privata.
45/V3 - SPADA DA FANTE
Brescia; fine XVI inizi XVII sec.
Arma che riveste interesse nella sua tipologia.
Prov.: Collezione privata.
41/V3 - SPADA DA FANTE
Domini veneti; XVI sec.
Arma identificata come “ schiavona o il
lirica”.
Prov.: Collezione privata.
47/V3 - SCHIAVONA
Veneto; fine XVI inizi XVII sec.
Arma propria della cavalleria veneta, poi
esportata in altre nazioni.
Prov.: Collezione privata.
51/V3 - SCHIAVONA
Veneto; 1620-1650.
Prov.: Museo Stibbert – Firenze.
50/V3 – SCHIAVONA
Veneto (?); 1650 ca.
Con fornimento in argento massiccio.
Prov.: Museo Stibbert – Firenze.
49/ V3 – SCHIAVONA
Nord Italia; XVIII sec.
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.
48/V3 - SCHIAVONA
Veneto e domini; XVII sec.
Prov.: Collezione privata.
46/ V3 – SPADA CORTA DA FANTE
“ALLA SCHIAVONA”
Nord Italia; XVI sec.
Arma usata per l’utilizzo su imbarcazione.
Prov.: Collezione privata.
54/V3 – STORTA O COLTELLA DA
GUERRA
Brescia; fine XVI- inizi XVII sec.
Lama larga con yelaman marcato.
Prov.: Collezione privata.
52/V3 –STORTA O COLTELLA DA
GUERRA
Brescia; 1620-1630.
Arma ad un solo filo, tagliente curvo e con
marca “Caino”.
Prov.: Collezione privata.
53/V3 – STORTA O COLTELLA DA
GUERRA
Brescia; fine XVI – inizi XVII sec.
Arma attribuibile a Callisto Desenzani, attivo
a Caino.
Prtov.: Collezione privata.
Arma italiana derivata da antiche tipologie,
con incisioni che si ispirano agli splendori
classici.
Prov.: Museo di Palazzo Venezia - Roma.
27 – SPADA DA LATO
Italia o Germania: XVII sec.
Splendida spada da lato con lama fabbricata
a Caino.
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.
24/V3 - CINQUEDEA
Emilia; XVI sec.
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.
26/V3 - SPADA DA LATO
Brescia e Gromo; XVI sec.
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.
57/ V3 - HANGER (Storta)
Inghilterra, prima metà del XVII sec.
Lama curva ad un filo e breve tagliente al filo
falso.
Prov.: Collezione privata.
59/ V3 – COLTELLA
Belluno; XVII sec.
Corta lama storta a breve filo falso.
Prov.: Collezione privata.
23/ V3 – STOCCO
Nord Italia; XVI sec.
Robusta arma dalla lunga lama, atta a
colpire specialmente di punta.
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.
22/V3 - STOCCO
Italia; XVI sec.
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.
56/ V3 – COLTELLA
Nord Italia; fine XVI – inizi XVII sec.
38/V3 - SPADA DA FANTE
Germania; XV sec.
Prov.: Collezione privata.
Prov.: Collezione privata.
55/ V3 – STORTA O COLTELLA DA
GUERRA
Brescia, 1620-1630.
40/V3 – SPADA DA FANTE
Domini veneti; XVI sec.
Prov.: Collezione privata.
Prov.: Collezione privata.
28/ V3 - STOCCO COMBINATO A
MARTELLO D’ARME
Italia o Germania: XVII sec.
Arma utilizzabile come stocco da cavallo o
martello d’arme da piede.
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.
25 /V3 - CINQUEDEA
Emilia; XVI sec.
Arma balcanica usata a cavallo ed anche da
uomini appiedati.
Prov.: Collezione privata.
83/V4 - MAZZA FERRATA
Europa centrale; XVII sec.
Prov.: Collezione privata.
GIOSTRE E TORNEI
Fino a quando le guerre si combatterono
con spade e scudi e lance il duello rimase a
lungo quello di stampo longobardo, molto
spesso praticato anche con scudi e mazze di
legno, simulacri della spada.
Il gesto, nel duello, era quello praticato in
guerra e il duello stesso serviva per
preparare alla battaglia oltre che per gestire
le tensioni sociali.
Così era anche per i giochi guerreschi tra
singoli e di gruppo: giostre tornei e
battagliole che inizialmente preparavano
intere città allo scontro armato e che solo
più tardi divennero veri e propri giochi e
svaghi.
VETRINA N. 4
107/ V4 - CORONCINA DA GIOSTRA
CORTESE
Europa; XV-XVI sec.
Punta di lancia utilizzata, nelle giostre
cortesi, per evitare che l’impatto dell’arma
divenisse penetrazione.
Prov.: Collezione privata.
108/V4 – SCHIFALANCIA
Italia settentrionale; XVI sec.
Protezione della mano, a forma di imbuto,
applicata alla lancia.
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.
82/ V4 - MAZZA
Europa dell’Est; XVII sec.
84/V4 - MARTELLO DA UOMO
D’ARME
Ungheria; XVII sec.
Arma della cavalleria utilizzata nei
combattimenti ravvicinati.
Prov.: Collezione privata.
115/ V4 - COLLEZIONE DI POMI
Pomi di diverse epoche e per diverse tipologie
di spade. Gardone fu uno dei tre centri
bresciani in cui si espresse l’arte della
creazione di fornimenti per le spade.
Prov.: Collezione privata.
Spagna; XVII-XVIII sec.
Prov.: Collezione privata.
74/ V5 - DAGA O “MANO SINISTRA”
Europa; XVI-XVII sec.
Prov.: Collezione privata.
BRAVERIA E LAME
CINQUECENTESCHE
Il duello “per punto d’onore” è stato una
tappa saliente dell’evoluzione dell’arma
bianca e dell’arte della scherma, ma anche
un momento storico e sociale di notevole
interesse per il territorio bresciano: infatti
qui si produsse buona parte delle cosiddette
lame lunghe, destinate alla “religione
dell’onore”. Brescia e Bergamo generarono
inoltre anche una buona parte
delle schiere di bravi attive sul nostro e sui
territori vicini. Non solo il campo di
battaglia dettò le regole della nuova scherma
seicentesca, ma una nuova branca della
marzialità riunirà il concetto di bravura con
le armi a quello dell’onore: il duello.
VETRINA N.5
79/ V5 - COLTELLO A SERRAMANICO
DA DUELLO O NAVAJA
Spagna; XIX sec.
Arma utilizzata nei duelli della braveria.
Prov.: Collezione privata.
80/ V5 – DAGA “MANO SINISTRA” DA
ALLENAMENTO
Italia; XIX sec.
Arma per le scuole di spada e pugnale.
Prov.: Collezione privata.
77/ V5 - PUGNALE
76/ V5 – MISERICORDIA O STILETTO
Brescia; 1650 ca.
Pugnale che prende il nome dal gesto di pietà
che, in battaglia, terminava la sofferenza dei
feriti.
Prov.: Collezione privata.
78/ V5 – STILETTO O “MANO
SINISTRA”
Nord Italia; XVII sec.
Prov.: Collezione privata.
34/ V5 - SPADA DA LATO
Germania ed Italia; 1600 ca.
Prov.: Collezione privata.
35/ V5 – STRISCIA “A VALVE”
Caino e Brescia; XVI sec.
Spada da duello con lama di Caino e
fornimento bresciano.
Prov.: Collezione privata.
33/ V5 - SPADA A TAZZA
Gromo-Brescia; XVI sec.
Ottimo esempio di spada da duello prodotto
dagli spadai Scacchi di Gromo.
Prov.: Collezione privata.
29/ V5 – STRISCIA “A VALVE”
Brescia; XVII sec.
Arma da considerare una striscia per la
lunghezza della lama
Prov.: Collezione privata.
32/ V5 – STRISCIA DA DUELLO
Italia o Germania; fine XVI – inizi XVII sec.
Arma di uso civile e da duello.
Prov.: Collezione privata.
18/ SPADA A DUE MANI DA SALA
D’ARME
Germania; XVI sec.
Spada tedesca, di notevole fattura, per scuole
d’armi.
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.
73/ V5 - DAGA “MANO SINISTRA” A
VELA CON LAMA A SESTE
Brescia; XVII sec.
Arma che, con l’apertura delle seste,
consentiva
l’immobilizzo
della
lama
avversaria.
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.
63/ V5 – SPADA O “SPADINO”
Spagna; XVIII sec.
Prov.: Collezione privata.
61/ V5 - SPADA DETTA “SPADINO”
Brescia e Caino; 1650 ca.
L’arma che in città e alle feste accompagna i
nobili.
Prov.: Collezione privata.
60/ V5 - SPADA DA “ABITO CIVILE O
DA CITTA’ “
Brescia; XVI sec .
Arma prototipo di quelle che poi verranno
chiamate “spadini”.
Prov.: Collezione privata.
62/ V5 – SPADA DA BAMBINO
Francia; fine XVII – inizi XVIII sec.
In tutto simile alle armi da adulto, ma di
dimensioni proporzionalmente ridotte.
Prov.: Collezione privata.
31/ V5 - SPADA DA ALLENAMENTO
Europa; XVII sec.
Prov.: Collezione privata.
75/ V5 - STILO SAGOMATO
Seconda metà XVII sec.
Attrezzo utilizzato dai bombardieri per
misurare il diametro delle palle o il diametro
delle bocche da fuoco .
Prov.: Collezione privata.
VETRINA N. 6
116/ V6 - BALESTRA DA CACCIA
Germania; XVI sec.
Arma da corda manesca con teniere. Fusto in
legno impiallacciato in corno, arco in corno e
corda in materiale organico.
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.
I SISTEMI DI ACCENSIONE (1)
LA PIASTRA A MICCIA (
SERPENTINO)
Fino a quando il tiratore fu costretto a
reggere l’arma con una sola mano ed
usare l’altra per avviare l’accensione,
l’efficacia delle bombarde manesche fu
molto ridotta. Il primo miglioramento
fu l’ideazione di un semplicissimo
congegno realizzato nei primissimi
anni del ‘400 che consentì l’impiego
delle due mani per reggere e puntare
l’arma.
Si trattò all’inizio di un braccio di ferro
modellato ad S imperniato sul lato
destro della cassa.
L’estremità
superiore terminava con un morsetto in
cui si fissava una miccia.
Tirando l’estremità inferiore
si
provocava la rotazione del pezzo, si
portava la miccia ardente a contatto con
la polvere d’innesco contenuta nel
bacinetto e si avviava l’accensione.
Da questo primo semplice congegno si
passò in breve tempo ad altri sistemi
più complessi : la serpe a leva, a
scatto , a stanghetta, che a loro volta
subirono numerose evoluzioni.
L’arma lunga a miccia ebbe un
notevole successo in campo militare
per
le
sue
caratteristiche
di
economicità, funzionalità e di facile
manutenzione.
I SISTEMI DI ACCENSIONE (2)
LA PIASTRA A RUOTA
Col
progredire
dell’evoluzione
tecnologica, tra la fine del ‘400 e gli
inizi del ‘500 venne realizzato un
nuovo congegno che consentiva
l’abbandono della miccia sostituita da
un meccanismo che provocava scintille
dall’attrito tra un pezzo di pirite ed uno
di ferro. Il sistema impiegato ricorda,
come principio meccanico,
quello
ancora in uso in gran parte degli
accendisigari : un pezzo di pirite
trattenuto dalle ganasce di un cane
mobile incernierato ad una cartella
veniva tenuto a contatto con il bordo
esterno ed irregolare di una ruota pure
fissata alla piastra. Caricata la ruota
con un’apposita chiave,
tirato il
grilletto, attraverso molloni, leve e
denti di arresto la ruota girava su se
stessa ed entrava in contatto d’attrito
con la pirite provocando l’accensione
della polvere d’innesco.
Non sono noti il luogo e l’inventore
della piastra a ruota anche se numerose
prove ( fra cui il disegno del foglio 56
del Codice Atlantico di Leonardo da
Vinci) sono a sostegno di una sua
origine italiana.
VETRINA N. 7
159/ V7 - MOSCHETTO A MICCIA
Brescia; XV-XVI sec.
Arma con canna ottagonale stromabata del
XV sec. La cassa è forse più tarda. Serpe o
draghetto a forma di C alla rovescia.
Prov.: Museo delle Armi e della Tradizione
armiera – Gardone V.T.
85/V7 - SPADA DA FUOCO
Germania; XVI sec.
La lama è un tutt’uno con la canna che ne
costituisce il dorso. Al forte è avvitato il
meccanismo a ruota di sparo.
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.
202/ V7 - FIASCA DA POLVERE
Brescia; fine XVI - inizi XVII sec.
Fiasca dalla classica forma a mezzo tronco di
cono, con lamina sbalzata al centro e stemma
non identificato.
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.
I SISTEMI DI ACCENSIONE (3)
L’ACCIARINO A PIETRA FOCAIA
Il costo e la delicatezza del
meccanismo a ruota ne ostacolarono
l’utilizzo generalizzato in campo
militare ma il vantaggio di avere
un’arma sempre pronta al tiro non
poteva essere trascurato. Così in tutta
Europa si lavorò alla realizzazione di
sistemi d’accensione meccanica più
semplici ed economici.
Nacque
l’acciarino a pietra focaia.
In questo meccanismo il cane che
trattiene tra le ganasce la pietra focaia
è azionato da una molla che lo fa urtare
contro la martellina dando luogo alle
scintille che incendiano la polvere
d’innesco dando il via all’accensione.
“ Si fanno schioppi di ogni sorte….”
Nelle relazioni dei Rettori Veneti troviamo
conferma che sin dagli inizi del XVI secolo
Gardone ha ormai assunto un’importanza
preminente, rispetto alle altre terre del
dominio veneto,
nella fabbricazione di
canne, mentre località come Inzino, Magno,
Marcheno e Lumezzane si sono specializzate
nella lavorazione degli accessori.
Gardone era il fornitore ufficiale delle canne
da guerra per la Serenissima.
A Brescia si effettuava l’immanicatura
dell’arma e gli armaioli della città, pur
appartenendo ad un proprio Paratico,
operavano in stretta collaborazione con i
maestri attivi nei centri trumplini.
La maestranza gardonese difese sempre la
sua autonomia, basandola su severi principi
disciplinari ed organizzativi, a salvaguardia
dell’interesse produttivo della Valle.
VETRINA N 8
118/ V8 - TERZETTA BRESCIANA A
RUOTA
Brescia; 1630 ca.
Pistola a canna lunga, punzonata LAZARI
COMINAZ (Angelo). Arma di grande finezza
ed eleganza.
Prov.: Collezione privata.
130/ V8 – PISTOLA DA FONDA CON
ACCIARINO ARCAICO A PIETRA
FOCAIA
Brescia - Gardone Val Trompia; 1625/1630
ca.
Canna a due ordini firmata GIO BATT
FRANCINO indicazione che si trova di solito
su armi realizzate per importanti
committenze.
Prov.: Collezione privata.
122/ V8 - PISTOLA A PIETRA FOCAIA
A DUE FUOCHI
Brescia, - Gardone Val Trompia; XVII sec.
Arma a due cariche sovrapposte nella stessa
canna con foconi sfalsati. Canna marcata
LAZARO COMINAZZO. Arma
importantissima per la particolarità delle
soluzioni meccaniche.
Prov.: Museo delle Armi e della Tradizione
Armiera – Gardone V.T.
123/ V8 – PISTOLA DA FONDA A
PIETRA FOCAIA
Brescia – Gardone Val Trompia; XVII sec.
Arma di eccezionale finezza con canna
firmata LAZARINO COMINAZZO tra punti
trilobati. Fornimenti in ferro traforati.
Prov.: Collezione privata.
135/V8 - PISTOLA MILITARE VENETA
A PIETRA FOCAIA
Brescia; XVIII sec.
Arma d’ordinanza della cavalleria veneta,
usata fino alla caduta della Serenissima
(1797).
Prov.: Museo delle Armi e della Tradizione
Armiera – Gardone Val Trompia.
131/V8 – PISTOLA AD AVANCARICA A
PIETRA FOCAIA
Brescia; XVIII sec.
Arma accorciata per l’uso da tasca.
L’acciarino porta la firma di M. GIURATI
mentre in culatta è punzonato il marchio del
gardonese VENTURA BERTARINI .
Prov.: Museo delle Armi e della Tradizione
Armiera – Gardone V.T.
145/ V8 – PISTOLA AD AVANCARICA A
PIETRA FOCAIA
Brescia; XVIII sec.
Arma per esportazione che reca la firma
dell’azzaliniere bresciano G. BANCHI.
Prov.: Museo delle Armi e della Tradizione
Armiera – Gardone V.T.
129/ V8 – PISTOLA AD AVANCARICA A
PIETRA FOCAIA
Villa Carcina (BS); XVII sec.
Canna faccettata in culatta, con la firma del
maestro di canne gardonese GIO BATTA
PEDRETTI. Cartella firmata FIORENTINO
IN B.
Prov.: Museo delle Armi e della Tradizione
Armiera – Gardone V.T.
158/ V8 – RIVOLTELLA AD AZIONE
SINGOLA
Brescia; 1860-1870.
Una delle prime armi a rotazione fabbricata
dalla GLISENTI di Villa Carcina.
Prov.: Museo delle Armi e della Tradizione
Armiera – Gardone V.T.
157 /V8- PISTOLA AD AVANCARICA A
PERCUSSIONE
Brescia; XIX sec.
Arma settecentesca ridotta dalla pietra focaia
alla percussione. Canna con la firma LAZARI
COMINAZ (l’ultimo dei Lazzarini).
Prov.: Museo delle Armi e della Tradizione
Armiera – Gardone V.T.
I SISTEMI DI ACCENSIONE (4)
I MECCANISMI A PERCUSSIONE
L’aspetto rivoluzionario del sistema a
percussione consiste nel non dover
avere più a disposizione una fonte di
“fuoco” ( miccia o scintilla ) per
accendere la polvere, ma che
l’accensione è ottenuta da una polvere
chimica : il fulminato di mercurio.
La completa affermazione di questo
sistema si ebbe con l’invenzione delle
capsule metalliche impiegate su un
luminello. Quest’ultimo è un piccolo
perno forato filettato e avvitato
all’estremità del focone
con
la
funzione di far da supporto alla capsula
e di convogliare la fiammata alla
carica di lancio.
La capsula, piccola coppetta di metallo
( ottone o rame) contenente sul fondo il
fulminato,
veniva
inserita
sul
luminello. Allo scatto del cane il
fulminato, schiacciato tra il fondo
della capsula ed il luminello, esplodeva
provocando la deflagrazione della
polvere nera contenuta nella canna.
L’invenzione della capsula segnò la
scomparsa della pietra focaia e fu alla
base dei futuri importanti sviluppi dei
sistemi di accensione.
VETRINA 10
117/ V10 - PAIO DI PISTOLE AD
AVANCARICA A RUOTA
Brescia; inizi XVII sec.
Canne azzurrate e ageminate in oro con la
prestigiosa firma del gardonese LAZARI
COMINAZ; sulla cartella la marca M.F. con
corona a tre punte.
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.
I FONDACI
Poiché la produzione gardonese era
direttamente legata alle esigenze militari
della Serenissima e il governo veneto negava
l’esportazione del prodotto negli stati esteri,
gli armaioli gardonesi si trovavano
periodicamente esposti a lunghi periodi di
assoluta inattività.
Per ovviare a questa situazione Venezia
istituì già dal 1588, a Brescia e a Gardone,
due Fondaci sostenuti da un consistente
finanziamento.
I fondegari, in tempo di
crisi, avrebbero dovuto sopperire alla
mancanza di ordinativi acquistando e
immagazzinando l’ordinaria produzione
bresciana, che sarebbe poi stata assorbita da
Venezia in relazione alle necessità del
momento. Si garantiva in tal modo una
continuità produttiva
e una omogenea
fornitura di materiale grezzo a tutti i maestri
gardonesi.
Purtroppo
l’interesse
e
l’ingordigia di pochi finirono però per
privilegiare i mercanti a danno delle
maestranze.
VETRINA 11
120/V11 - PISTOLA AD AVANCARICA
A RUOTA
Brescia; XVII sec.
Pistola con canna a due ordini e con la
prestigiosa firma di LAZARINO
COMINAZZO.
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.
126/V 11 - PAIO DI PISTOLE AD
AVANCARICA A PIETRA FOCAIA A
DUE CANNE
Brescia; 1660-1670.
Canne sovrapposte ad anima liscia. Sulla
culatta la firma LAZARINO COMINAZZO.
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.
127/ V11 - PAIO DI PISTOLE AD
AVANCARICA A PIETRA FOCAIA
Brescia; XVII sec.
Canne sfaccettate ad anima liscia con la
firma GIO MARIA FRANCINO, maestro della
grande dinastia armiera gardonese.
Prov.: Museo di Palazzo Venezia – Roma.
VETRINA 12
133/ V12 - PISTOLA DA FONDA A
PIETRA FOCAIA
Brescia; 1660-1670.
Elegante pistola con acciarino firmato da
FRAN.CO GARAT… e canna di LAZARINO
COMINAZZO (Fortunato).
Prov.: Museo Stibbert – Firenze.
134/V12 - COPPIA DI PISTOLE DA
FONDA A PIETRA FOCAIA
Brescia; 1750 ca.
Armi ornate e placcate in argento con la
firma P. FRANCINE
Prov.: Museo Stibbert – Firenze.
138/V12 - MAZZAGATTO A PIETRA
FOCAIA
Brescia; 1720-1740.
Piccola pistola con cartella marcata P.
MARTINONI.
Prov.: Museo Stibbert – Firenze.
128/ V12 - PISTOLA DA FONDA A
PIETRA FOCAIA
Brescia; 1750 ca.
Acciarino firmato FRACHETI, ornato in
agemina di ottone ed argento.
Prov.: Museo Stibbert – Firenze.
137/ V12 - MAZZAGATTO A PIETRA
FOCAIA
Gardone; 1740 ca.
Acciarino marcato P. LORANDI e canna
firmata dal maestro gardonese P. MORETTA.
Prov.: Museo Stibbert – Firenze.
VETRINA 13
119/V13 - PISTOLETTO AD
AVANCARICA A PIETRA FOCAIA A
RUOTA
Gardone; XVII sec.
Canna ad un ordine firmata GIOSEFFO
BERETTA. Piastra riccamente incisa e
gancio da cintura.
Prov.: Collezione Beretta.
124/V13 - PISTOLETTO AD
AVANCARICA A PIETRA FOCAIA
Gardone; metà XVII sec.
Canna a due ordini firmata GIO ANT
BERETTA. Acciarino punzonato GAG ( Gio
Antonio Gavacciolo. Fornimenti in ferro.
Prov.: Collezione Beretta.
168/ V13 - SCHIOPPO DA CACCIA AD
AVANCARICA A PIETRA FOCAIA
Gardone; XVII sec.
Canna a tre ordini firmata GIOSEFFO
BERETTA . Cartella con il marchio MB e
fornimenti in ferro a traforo.
Prov.: Collezione Beretta.
169/ V13 - SCHIOPPO DA CACCIA AD
AVANCARICA A PIETRA FOCAIA
Gardone; XVIII sec.
Arma con canna a tre ordini firmata GIOV.
ANT.° BERETTA. Acciarino con la data 1691
e il punzone DO.CO. SANTI M.TE A
BODDO.
Prov.: Collezione Beretta.
170/ V13 - SCHIOPPO DA CACCIA AD
AVANCARICA A PIETRA FOCAIA
Gardone; XVIII sec.
Canna firmata GIOVAN BERETTA con
acciarino alla romana e fornimenti in ottone.
Prov.: Collezione Beretta.
171/ V13 - SCHIOPPO DA CACCIA AD
AVANCARICA A PIETRA FOCAIA
Gardone; XVIII sec.
Canna a due ordini firmata GIOVAN
BERETTA con acciarino marcato all’interno
G.B.P. e fornimenti in argento.
Prov.: Collezione Beretta.
172/V13 - SCHIOPPO DA CACCIA AD
AVANCARICA A PIETRA FOCAIA
Gardone; XVIII sec.
Canna a due ordini firmata GIOVAN
BERETTA, focone in oro e punzone GB in
culatta.
Prov.: Collezione Beretta.
188/ V 13 - SCHIOPPO DA CACCIA AD
AVANCARICA A PIETRA FOCAIA
Gardone; XIX sec.
Arma con canna a due ordini firmata
PIETRO BERETTA GARDONE. Fornimento
lavorato a traforo.
Prov.: Collezione Beretta.
189/ V13 - SCHIOPPO DA CACCIA
GIUSTAPPOSTO AD AVANCARICA A
PERCUSSIONE
Gardone; XIX sec.
Canne a torciglione punzonate PIETRO
BERETTA GARDONE. Fornimento in ferro
sobriamente inciso.
Prov.: Collezione Beretta.
190/V13 SCHIOPPO DA CACCIA
GIUSTAPPOSTO AD AVANCARICA A
PERCUSSIONE
Gardone: XIX sec.
Arma con canne a damasco punzonate in
culatta PIETRO BERETTA – GARDONE.
Calciatura in ebano con rimessi in corno.
Prov.: Collezione Beretta.
191/V13 FUCILE DA CACCIA
SOVRAPPOSTO AD AVANCARICA A
PERCUSSIONE
Gardone: XIX sec.
Canne a damasco firmate in oro PIETRO
BERETTA GARDONE. Calciatura ageminata
ed intagliata.
Prov.: Collezione Beretta.
192/V13 FUCILE DA CACCIA
GIUSTAPPOSTO A RETROCARICA A
CANI ESTERNI
Gardone; XIX sec.
Chiusura a leva, canne a damasco con la
scritta PIETRO BERETTA GARDONE V.T.
Acciarini riccamente incisi con rimessi in oro.
Prov.: Collezione Beretta.
VETRINA N. 14 –
160 / V14 - ARCHIBUSETTO A PIETRA FOCAIA
Italia centro settentrionale; 1630-1650.
Canna strombata alla volata con la scritta apocrifa LAZZERINO GOMINAZZO. Acciarino a
focile a pietra focaia.
Prov.: Museo Stibbert – Firenze.
166/V14 - TROMBONE ITALIANO
Lombardia (BS?); 1640-1650.
Raro trombone con acciarino alla fiorentina segnato PG e canna firmata dal gardonese PIETRO
MORETO attivo nella prima metà del secolo XVII.
Prov.: Collezione privata.
162 /V14 – TROMBONE SCAVEZZO
Brescia; XVIII sec.
Trombone diviso in due parti incernierate tra loro, pieghevole, e quindi atto a essere portato sotto
il mantello.
Prov.: Museo delle Armi e della Produzione Armiera – Gardone V.T.
164 /V 14 – FUCILE A PIETRA FOCAIA
Brescia; fine XVII – inizi XVIII sec.
Fucile con accarino alla moderna con cartella firmata GIURATI. Piccola baionetta da caccia di
squisita fattura.
Prov.: Museo delle Armi e della Produzione Armiera – Gardone V.T.
179 / V14 - CARABINA SVIZZERA A PERCUSSIONE DA TIRO DEL 1842
Basilea; XIX sec.
Canna in stupendo damasco esternamente sfaccettata. Meravigliose incisioni in agemina d’oro con
i protagonisti della storia di Guglielmo Tell.
Prov.: Musei Civici d’Arte – Verona.
VETRINA 15
174/V15 - FUCILE DA CACCIA AD AVANCARICA A PERCUSSIONE
Italia settentrionale; XVIII sec.
Arma settecentesca ridotta dalla pietra focaia alla percussione con luminello. Lunga canna ad
anima liscia con firma LAZARI COMINAZ.
Prov.: Museo delle Armi e della Tradizione Armiera – Gardone V.T.
165/V15 – ARCHIBUGIO A PIETRA FOCAIA
Italia ; 1740 ca.
Canna a due ordini. In culatta resti della firma PEDRETTI di Marcheno. Cassa in noce con
intagli.
Prov.: Museo Stibbert – Firenze.
167/ V 15 – ARCHIBUGIONE
Lombardia (BS?); 1630-1650.
Probabile arma da munizione destinata alla difesa di appostamenti fissi, piuttosto insolito per una
certa eleganza e l’acciarino alla fiorentina.
Prov.: Collezione privata.
173/V15 - FUCILE DA CACCIA A PIETRA FOCAIA
Brescia; XVIII sec.
Batteria a pietra focaia marcata ZUGNO. Fornimenti in ottone sobriamente incisi.
Prov.: Collezione privata.
175/V15 - CARABINA SASSONE A PIETRA FOCAIA DA JAGER DEL 1752
Arma ad avancarica con canna rigata e acciarino a pietra focaia; canna ottagonale. Incisa la
firma REINHART – 1752.
Prov.; Musei Civici d’Arte – Verona.
161/ V 15 - TERZAROLO SCAVEZZO A PIETRA FOCAIA
Italia centrale; 1640 ca.
Acciarino alla fiorentina, cartella quadra e canna di Angelo Cominazzo, firmata in culatta LAZARI
COMINAZ. Cassa in noce.
Prov.: Museo Stibbert – Firenze.
186/V15 - DOPPIETTA A CANI ESTERNI A RETROCARICA
XIX sec.
Fucile parallelo con bascula tartarugata e chiusura sistema Ghaye.
Prov.: Museo delle Armi e della Tradizione Armiera – Gardone V.T.
Donazione sig. Stefano Belpietro – Gardone V.T.
181 / V15 - DOPPIETTA CANI ESTERNI AD AVANCARICA
XIX-XX sec.
Doppietta cal. 16 con canne a torcione ed asta con traversino di fermo.
Prov. : Museo delle Armi e della Tradizione Armiera – Gardone V.T.
Donazione sig. Stefano Belpietro – Gardone V.T.
184 / V15 - DOPPIETTA A CANI ESTERNI
INERTE
XX sec..
Fucile con canne marcate BERNARD e marchi del Banco di Prova belga.
Prov.: Museo delle Armi e della Produzione Armiera – Gardone V.T.
Donazione sig. Stefano Belpietro – Gardone V.T.
182 / V15– DOPPIETTA A CANI ESTERNI A RETROCARICA
XX sec. .
Chiusura a manetta e asta con traversino di fermo.
Prov.: Museo delle Armi e della Tradizione Armiera – Gardone V.T.
Donazione sig. Stefano Belpietro – Gardone V.T.
VETRINA 16
150/ V 16 - BACCHETTA
CARICAMENTO “ANIMATA”
PISTOLA BALCANICA AVANCARICA
Asta in tubo di ferro con impugnatura in
argento e due lame d’acciaio divergenti.
Prov.: Musei Civici d’Arte – Verona .
151/V 16 - BACCHETTA
CARICAMENTO
“ANIMATA” PISTOLA BALCANICA
AVANCARICA
Asta in tubo di ferro con pomo in argento e
robusta lama in acciaio.
Prov.: Musei Civici d’Arte – Verona.
149/V 16 - BACCHETTA
CARICAMENTO PER PISTOLA
BALCANICA AD AVANCARICA
Asta in ferro con intagli decorativi e
battipalla faccettato. Pomo e impugnatura in
argento massiccio.
Prov.: Musei Civici d’Arte- Verona.
148/V 16 - PISTOLA BALCANICA CON
ACCIARINO “ALLA MODERNA”
XIX sec.
Gruppo di armi ad avancarica dalle
caratteristiche casse interamente metalliche,
con canne ed acciarini, di diverse tipologie,
prodotti forse proprio a Brescia.
Prov.: Musei Civici d’Arte – Verona.
147/V 16 - PISTOLA BALCANICA CON
ACCIARINO “ALLA MODERNA”
XIX sec
.
Prov.: Musei Civici d’Arte – Verona.
146/V16 – PISTOLA BALCANICA CON
ACCIARINO ALLA “MORLACCA”.
XVIII sec.
Prov. Musei Civici d’Arte – Verona.
VETRINA N. 17
199/ V17 - ACCIARINO A PIETRA
FOCAIA PER ARTIGLIERIE NAVALI
DEL REGNO ITALICO
Brescia; XIX sec.
Raro acciarino scatolare con cartella e
corpo in ottone prodotto dalla Ma Rle di
Brescia ( Manifattura Reale di Brescia).
Prov.: Museo delle Armi e della tradizione
Armiera - Gardone V.T.
195/ V 17 - ACCIARINO A RUOTA A
DUE CANI DA MOSCHETTO
Brescia-Gardone; 1630 ca.
Piastra con marchio circolare recante un
alberello e le lettere A.M.
Prov.: Museo Stibbert – Firenze.
198/V17 - MECCANISMO
D’ACCENSIONE A RUOTA PER
PISTOLA
Brescia; 1630 ca.
Meccanismo marcato AF ed attribuito alla
produzione di ANGELO FRANZINI.
Prov.: Museo Stibbert – Firenze.
196/V 17 – MECCANISMO
D’ACCENSIONE A RUOTA PER
MOSCHETTO
Brescia; XVII sec.
L’acciarino è attribuito al gardonese
BORTOLO FRANZINI (BF).
Prov.: Museo Stibbert – Firenze.
197/ V17 – ACCIARINO A PIETRA
FOCAIA ALLA MODERNA
Brescia- Gardone; XVIII sec.
Acciarino per arma lunga d’ordinanza della
fanteria veneta.
Prov.: Collezione privata.
194/V17 – MECCANISMO
D’ACCENSIONE A DOPPIO FUOCO (A
MICCIA E A RUOTA) DA MOSCHETTO
Brescia; 1570-1575 ca.
Meccanismo d’Accensione a ruota e a miccia
marcato B.P. – BRESCIA.
Prov.: Museo Stibbert – Firenze.
200/V17 - ACCIARINO A PIETRA
FOCAIA
Brescia; Regno Italico.
Acciarino per il modello 1777 – anno IX,
prodotto dalla M.a R.le di Brescia.
Prov.: Collezione privata.
201/V17 – ACCIARINO
MEDITERRANEO ALLA BERBERA
Brescia; fine XVII inizi XVIII sec.
Acciarino per arma lunga in uso nell’Africa
Nord-Occidentale, ma prodotto nel bresciano.
Prov.: Collezione privata.
VETRINA N 18
132/V18 - PISTOLA A PIETRA FOCAIA
Brescia; XVIII sec.
Arma con canna a due ordini firmata ZUGNO
Prov.; Collezione privata.
121/V18 - PISTOLA DA CINTURA O ARCIONE A RUOTA DA FONDA
Brescia; 1650-1660.
Piastra liscia con lieve cesellatura punzonata C.A.G. (Giovan Antonio Gavacciolo).
Prov.: Collezione privata.
125/V18 – PISTOLETTO DA ARCIONE O CINTURA
Lombardia – Brescia (?); 1660-1670.
Arma incisa a viticci e fiorame, nello sile bresciano. Cassa in noce in due sezioni.
Prov.: Collezione privata.
136/V18 - COPPIA DI PISTOLE A PIETRA FOCAIA
Brescia; XVIII sec.
Armi con canne a due ordini con rimesse in ottone. Firme di DONATI e MORONI – Brescia.
Prov.: Collezione privata.
156/V18 – PISTOLA A PERCUSSIONE
Brescia; XIX sec.
Rara pistola a percussione a due canne sovrapposte con la scritta GIULIO BERETTA GARDONE
Prov.: Collezione privata.
139/V18 - COPPIA DI PISTOLE A PIETRA FOCAIA
Brescia; XVIII sec.
Pistole con canne firmate LAZARINO COMINAZZO e con cartelle MARTINONI.
Prov.: Collezione privata.
Con il Decreto del 31 maggio 1797 il Comitato militare de della “Repubblica Bresciana”
stabilisce l’abolizione delle corporazioni, ordinando che nelle fabbriche gardonesi sia libero a
qualunque cittadino l’esercizio di quelle arti a cui lo destina la sua naturale inclinazione, giacchè in
nessuna parte devono essere lesi i sacri diritti di libertà e di eguaglianza.
Questo decreto rispecchia indubbiamente la necessità e gli ideali rivoluzionari del momento, ma
determina la fine del tradizionale artigianato locale, che pur con le sue ferree costrizioni aveva
consentito e favorito anche l’emergere di una produzione di grandissimo valore.
DALL’EPOCA NAPOLEONICA AL REGNO D’ITALIA
Dopo la dominazione napoleonica e le forti ordinazioni francesi, l’occupazione austriaca coincise
con una fase di stagnazione e di decadenza. La fabbrica erariale iniziò a rifornirsi nei paesi lariani
di metallo di scarsa qualità che causava altissime percentuali di scarto con grave danno economico
per i maestri gardonesi.
Gli austriaci appaltarono i lavori solo ai mercanti più importanti di Gardone, e in tal modo la
maestranza si trovò in loro completa balia non disponendo di impianti e di adeguati finanziamenti.
Solo l’avvento del Regno d’Italia portò ad un progressivo aumento nelle ordinazioni, alla
riorganizzazione del lavoro e all’affermazione definitiva della concentrazione capitalistica di ogni
fase produttiva.
VETRINA N. 19
153/ V 19 - PISTOLA DA CAVALLERIA MOD. 1851 TRASFORMATA A LUMINELLO
IMPERO AUSTRIACO
(Kavalleriepistole mod. 1851)
Pistola sistema Augustin trasformata a luminello.
Prov.: Musei Civici d’Arte – Verona.
155/ V19 – PISTOLA DA CAVALLERIA MOD. 1851 SISTEMA AUGUSTIN DELL’IMPERO
D’AUSTRIA
(Kavalleriepistole mod. 1851)
Acciarino a percussione sistema Augustin e canna liscia.
Prov.: Musei Civici d’Arte – Verona.
65/ V19 - SCIABOLA “BRIQUET” PER GENDARMERIA A PIEDI
Austria; 1820.
Tipologia di sciabola diffusa e adottata anche dall’impero Austro Ungarico nel Lombardo Veneto.
Prov.: Collezione privata.
143/ V19 - PISTOLA DA CAVALLERIA DI MODELLO INCONSUETO
Brescia; 1802-1805 ca.
Arma di tipo inconsueto con la piastra marcata MANIFATTURA REALE DI BRESCIA- N.
Prov.: Collezione privata.
142/ V19 – PISTOLA DA CAVALLERIA DI MODELLO INCONSUETO
Brescia; 1811.
Arma che risulta dalla fusione di elementi francesi ed austriaci, marcata MANIFATTURA REALE DI
BRESCIA.
Prov.: Collezione privata.
152/ V19 – PISTOLA PER CAVALLERIA AUSTRIACA MOD. 1798
Brescia; post. 1815.
Pistola in dotazione alla cavalleria austriaca durante le campagne napoleoniche.
Prov.: Collezione privata.
VETRINA N. 20
141 / V20 - PISTOLA DA CAVALLERIA SUL MODELLO ANNO XIII FRANCESE
Brescia; 1813.
Arma d’eccellenza della cavalleria napoleonica durante le campagne dell’Impero.
MarchioMANIFATTURA REALE DI BRESCIA.
Prov.: Collezione privata.
72/ V20 - SCIABOLA PER TRUPPE A PIEDI
Brescia; XIX sec.
Corta sciabola, sul modello francese, fabbricata dalla ditta gardonese PARIS-FRANZINI
Prov.: Collezione privata.
69 A/V20 - SCIABOLA DA TRUPPA PER LA CAVALLERIA LEGGERA ANNO XI
Regno Italico; 1804-1814.
L’arma bianca per eccellenza della cavalleria leggera napoleonica (BARISONI – MILANO)
Prov.: Collezione privata.
69 B/V20 - SCIABOLA DA TRUPPA PER LA CAVALLERIA LEGGERA ANNO XI
Regno Italico; 1804-1814.
Prov. Collezione privata.
177/ V20 - FUCILE DA FANTERIA SUL MODELLO 1777 - ANNO IX FRANCESE
Brescia; 1805/1814.
L’arma classica che ha armato le truppe francesi durante le guerre napoleoniche.
Prov.: Collezione privata.
176/ V20 - MOSCHETTO PER LA GENDARMERIA PARMENSE
Brescia ; XIX sec.
Arma in dotazione alla Gendarmeria Parmense nei primi anni dell’800 che venne commissionata alla
ditta gardonese CRESCENZIO PARIS.
Prov.: Collezione privata.
140/ V20 - PISTOLA A PIETRA FOCAIA PER CAVALLERIA SU MODELLO FRANCESE
Brescia; Regno Italico(?)
La cartella porta la scritta BRESCIA/ FAB. PARIS E COMPAGNI. Arma usata dalla cavalleria ma
che compare anche fra le dotazioni navali.
Prov.: Museo delle Armi e della Tradizione Armiera – Gardone V.T.
144/ V20 - PISTOLA DA GENDARMERIA SUL MODELLO ANNO IX FRANCESE
Brescia; 1804-1814.
Esemplare prodotto a Brescia dai fratelli FACHETTI.
Prov.: Collezione privata.
154/ V20 – PISTOLA DA CAVALLERIA SUL MODELLO ANNO XIII FRANCESE
Brescia; XIX sec.
Copia grossolana della pistola francese prodotta a Brescia dalla FAB.A PARIS E COMPAGNI.
Prov.: Collezione privata.
81/ V20 - DAGA “DELLE DIECI GIORNATE MOTI INDIPENDENTISTI”
Brescia; XIX sec.
Impugnatura cinquecentesca e lama dell’800- Punzone FILIPPO JACOMO IN BRESCIA. Arma
proveniente da antica armeria e riutlizzata nei moti bresciani.
Prov.: Collezione privata.
66/V20 - SCIABOLA PER UFFICIALI DA CAVALLERIA AUSTRIACA MOD, 1869
Brescia; XIX sec.
Arma adottata dagli ufficiali della Cavalleria austriaca nel 1869. La lama reca la firma PAOLO
LANDI di Brescia.
Prov.: Collezione privata.
70/ V20 – SCIABOLA PER LE TRUPPE A PIEDI DELLA GUARDIA REALE ITALIANA
Brescia; Regno Italico, 1805-1814.
Fabbricata dai LANDI di Brescia è la copia di quella utilizzata dalla vecchia Guardia Imperiale.
Prov.: Collezione privata.
64/ V20 - SCIABOLA PER ZAPPATORI DELLA GUARDIA IMPERIALE DEL REGNO
ITALICO
Brescia; post. 1810.
Arma da truppa, usata dal corpo degli Zappatori Guardia Imperiale.
Prov.: Collezione privata.
71/V20 – DAGA PER CORPO A PIEDI
Brescia; XIX sec.
Prov.: Collezione privata.
68/V20 – SCIABOLA DA TRUPPA PER I DRAGONI DEL REGNO ITALICO
Brescia; 1811-1814.
Arma prodotta dalla ditta BARISONI – MILANO.
Prov.: Collezione privata.
67/V20 – SCIABOLA PER GUARDIE D’ONORE A CAVALLO
Regno Italico; 1805-1814.
Sciabola italica che armava le truppe del Vicerè Eugenio prodotta dalla ditta BARISONI- MILANO.
Prov.: Collezione privata.
178/V20 - FUCILE DA FANTERIA MOD. 1809 TRASFORMATO A PERCUSSIONE
DEL REGNO DI PRUSSIA
Arma ad avancarica con canna liscia, trasformata a percussione all’inizio degli anni ’40.
Prov.: Musei Civici d’Arte – Verona.
178a./V20 - BAIONETTA
180/V20 - CARABINA FEDERALE SVIZZERA MODELLO 1851
La più famosa carabina svizzera, usata dagli eserciti di vari stati. Acciarino con impresso il nome del
costruttore: VERDA-VERONA.
Prov.: Musei Civici d’Arte – Verona.
180a./V20 - BAIONETTA
183/V20 - FUCILE FRANCESE CHASSEPOT MOD. 1866
Villa Carcina; Glisenti.
Arma a retrocarica con otturatore ad ago e caricamento con cartuccia di carta, porta incisa la scitta
MOD.LO CHASSEPOT GLISENTI BRESCIA 1868.
Prov.: Musei Civici d’Arte – Verona.
183a./V20 -
BAIONETTA
187/V20 - FUCILE VETTERLI MOD. 1870 DEL REGNO D’ITALIA
Arma a retro carica con otturatore sistema Vetterli. Caricamento con cartuccia metallica a
percussione centrale.
Prov.: Musei Civici d’Arte – Verona.
193/ V20 - FUCILE GIAPPONESE ARISAKA MOD. 38
Gardone; 1905.
Esemplare denominato “Tipo I”, fu costruito in Italia dalla Beretta per il Giappone su modello del
fucile adottato dai nipponici nel 1905.
Prov.: Collezione privata.
185/V20 - FUCILE PERCUSSIONE AD AVANCARICA SU MODELLO 1842 FRANCESE DA
FANTERIA
XIX sec.
Fucile militare ,in origine rigato, trasformato da caccia.
Prov.: Museo delle Armi e della Produzione Armiera - Gardone V.T.
Donazione: sig. Stefano Belpietro.
GLOSSARIO
A cura di Pierantonio Bolognini e Gianrodolfo Rotasso
Acciarino.
Congegno per comunicare il fuoco alla carica di lancio
dell’arma da fuoco. Per vari tipi di acciarino, si veda il testo, in questo
glossario, cfr. le voci, martellina, luminello e ruota.
Alabarda.
Arma in asta da punta, da taglio e da frattura. Trae origine
dalla scure da boscaioli e dall’attrezzo a uncino (zapin) che serviva
per spostare i tronchi; il ferro è appunto a forma di scure, con posteriormente
un becco di varia forma L’a. termina in alto con una lama
o un quadrello. In seguito alla battaglia di Sempach (1386) divenne
popolare in tutte le fanterie europee.
Alighiero
Utensile marinaro, a volte usato in combattimento , costituito da uno spuntone fornito in cima di un quadrello con uno o più
raffi montato su una lunga pertica.
Alzo.
Dispositivo per regolare il puntamento di un’arma da lancio in
base alla distanza.
Anima.
Parte interna della canna dell’arma da fuoco o ad aria compressa,
nella quale corre il proiettile.
Antivampa.
Scudetto protettivo per evitare al tiratore danni causati
dalle fiammate che divampano nello scodellino.
Archibugio.
Definizione generica di ogni arma da fuoco portatile
lunga almeno un metro, fino al XV III secolo. Abbastanza diffusi,
nella catalogazione, anche i termini archibuso (sinonimo), archibusetto
e archibusone (in base alle misure dell’arma).
Armatura.
Nome collettivo di tutte le pezze d’armi costituite da
piastre metalliche con cui si vestivano, a scopo difensivo, uomini
e cavalli. La parte che vestiva il cavallo è più propriamente detta
barda o bardatura. Le armature vere e proprie furono precedute da
armamenti difensivi fatti di pelli, cuoio, anelli di ferro e pezze protettive
di cuoio e ferro. L’a. propriamente detta in Italia fu perfezionata
in Lombardia all’inizio del Quattrocento, facendo tesoro delle
esperienze francesi e inglesi in tema di articolazione degli arti e uso
delle sole piastre metalliche, e delle esperienze tedesche in tema di
protezione del tronco (piastre a doghe o pezze d’armi). Nella seconda
metà del Seicento l’uso delle armature scomparve. La corazza e
l’elmo rimasero in uso, spesso come ornamento, in alcuni reparti
speciali. In Italia la maggior parte delle armature, nella prima metà
del XV secolo, venne fabbricata in Lombardia, in particolare nelle
valli bresciane.
Armi bianche.
Armi offensive da botta, da punta, da taglio, di solito in
ferro o acciaio (donde il nome). Alcuni considerano armi bianche anche
le armi difensive (scudo, corazza, elmo ecc.).
Armi da botta.
Armi atte a ferire per ammaccatura, come le mazze e i
martelli d’arme.
Armi da fuoco.
Tutte le armi che lanciano proiettili utilizzando la forza
di espansione dei gas prodotti dalla combustione della polvere da sparo.
Armi da punta.
Armi bianche offensive atte a colpire di punta come
lo sfondagioco e lo stocco.
Armi da taglio.
Armi bianche offensive atte a colpire soprattutto di
taglio come la sciabola.
Armi in asta.
Armi bianche montate su un’asta lunga di solito almeno
due metri, il cui scopo è appunto quello di poter colpire il nemico
a una certa distanza, mantenendo sempre il controllo dell’arma.
Taluni le denominano armi nere.
Arresti
Denti sporgenti dal ferro delle armi in asta, variamente posizionati e sagomati a secondo della tipologia.
Artiglieria.
Il termine indicava, nella prima parte del Medioevo, le
macchine belliche da lancio (Artiglierie nevrobalistiche). Dopo l’invenzione
e la diffusione della polvere da sparo, passò a indicare le
grandi bocche da fuoco soppiantando progressivamente il vecchio
nome di bombarde, col quale originariamente erano indicate le bocche
da fuoco a polvere nera.
Artiglierie nevrobalistiche.
Antiche macchine da guerra che utilizzavano
la forza di torsione e tensione per scagliare proiettili, come
catapulte e baliste. Queste macchine trovarono largo impiego nella
guerra d’assedio medioevale e furono adoperate fino all’inizio del XV I
secolo, anche dopo l’affermazione dell’artiglieria a polvere nera.
Avancarica.
Sistema di caricamento dalla bocca dell’arma.
Bacchetta.
Verga di legno o di acciaio necessaria per il caricamento
delle armi da fuoco ad avancarica e per la pulizia delle canne.
Bacinetto.
Copricapo di ferro in uso dalla fine del XII secolo alla
prima metà del XV I, secondo un’evoluzione di forme che parte da
un semplice coppo semisferico, da indossare su un cappuccio di maglia
di ferro; nella prima metà del Trecento scompare il cappuccio e
la protezione di maglia (detta camaglio) viene unita al coppo, che si
allunga dietro e lateralmente sino a coprire il collo e le guance. Tra il
secondo decennio del Trecento e l’inizio del Quattrocento le milizie
a cavallo adoperano un b. con una visiera a ribalta o incernierata
lateralmente. Soprattutto in giostre e tornei, tra la fine del Trecento
e il terzo decennio del Cinquecento il camaglio può essere sostituito
dal ferro pieno, allungando il coppo sulla parte alta della schiena e
proteggendo il mento e il collo con una barbozza o un guardacollo.
Il copricapo di questo genere si chiama gran bacinetto.
Baionetta.
Arma bianca da punta e da taglio o solo da punta, montata
sull’estremità delle armi da fuoco portatili per trasformarle all’occorrenza
in armi in asta.
Balestra.
Nome dato alle armi da corda manesche con teniere. Nota
in Indocina sin dal II millennio a.C., la balestra era presente anche
in epoca romana, particolarmente nella sua versione “da posta”, ossia
di grandi dimensioni e poggiata su un sostegno. Caduta in disuso
in Occidente, si diffuse di nuovo a partire dal Medioevo e divenne
l’arma favorita di gran parte delle fanterie specializzate italiane, fino
all’avvento delle armi da fuoco; continuò a esistere come arma da
caccia e diporto, sino all’inizio del XIX secolo. La balestra consente
un puntamento molto preciso e i suoi dardi hanno una notevole
forza di penetrazione; in compenso la sua cadenza di tiro è decisamente
inferiore a quella di un arco. L’arma si compone dell’arco,
fatto solitamente di acciaio; del fusto o teniere; della noce (disco
fissato al fusto e fornito di tacca per fermarvi la corda tesa); della
chiave o manetta per azionare l’arco. La balestra si differenziava per
il caricamento in b. a crocco, a leva, a martinetto. I proiettili adoperati
potevano essere dardi pesanti e tozzi, dotati di punta (bolzoni) o
pallottole di terra cotta o di piomba, assai meno efficaci.
Bandelle.
Appendici metalliche del ferro delle armi in asta, attraversate
da chiodi ribaditi allo scopo di fissare il ferro all’asta.
Barbotto.
Protezione della bocca, del mento e del collo, di solito
articolata in due o tre lame.
Barbozza.
Protezione volante delle gote, del mento e della parte alta
del collo.
Barbuta.
Elmo italiano diffuso dal XIV sino agli inizi del XV I secolo.
Variante del bacinetto, nelle forme più note con coppo ovoidale
e rialzato, munito all’origine di baghette per sostenere la maglia di
ferro (camaglio) che proteggeva il collo e il mento. Dismessa la maglia
di ferro, il coppo assunse una forma più arrotondata e costolata
in mezzeria, e l’apertura facciale a forma di U della b. fu rinforzata
con un nasale o addirittura sagomata a T o Y, simile a quella degli
antichi elmi greci. In questa particolare forma la b. assunse in area
veneta la denominazione di celata, donde poi il titolo di celata alla
veneziana.
Barda.
Nome di tutte le pezze d’armi difensive dei cavalli degli uomini
d’arme.
Basilisco.
Nome che anticamente indicava una grossa colubrina.
Bocca. Parte terminale della canna di un’arma da fuoco, dalla quale
esce il proiettile.
Bocchino.
La prima fascetta metallica (verso il vivo di volata) destinata
a tenere unita la canna di un’arma da fuoco alla cassa.
Bomba.
Ordigno bellico costruito, nel suo modello fondamentale, da un involucro metallico contenente una carica di esplosivo la cui
esplosione, determinata nei modelli più semplici dall’impatto con il bersaglio, è ora regolata da una spoletta a tempo o da
altri complessi congegni. La bomba puà essere lanciata come proiettile da bocche da fuoco, da congegni di lancio, da mezzi
aerei ecc.
Bombarda.
Termine per definire le antiche bocche da fuoco. L’Angelucci,
in particolare (A. Angelucci, Documenti inediti per la storia
delle armi da fuoco italiane, Torino 1868), stabilisce tra la fine
del Trecento e l’inizio del Quattrocento tre tipologie di massima di
bombarde: b. minute ad anima lunga, facilmente trasportabili e utili
contro le persone in battaglia: in questa categoria possiamo collocare
le armi da fuoco a mano (o manesche), definite schioppi, schioppetti
e in seguito archibugi, e le artiglierie chiamate bombardelle, spingarde,
cerbottane, serpentine e più genericamente cannoni: b. ad
anima lunga, grosse e mezzane, adoperate a tiro teso e utili contro le
fortificazione; e infine b. ad anima corta, destinate a tirare in arcata
(tiro curvo) contro bersagli coperti da ostacoli verticali: presero in
seguito il nome di mortari o mortai.
Borgognotta.
Copricapo di ferro con tesa e gronda, con guanciali
incernierati, munito solitamente di una cresta o con il coppo a punta
rivolta all’indietro; all’occorrenza può essere completata con pezze
volanti (unite per mezzo di coietti) denominate a seconda della tipologia
buffa o barbozza.
Bossolo.
Tubetto di carta, cartone o metallo contenente la carica di
lancio e il proiettile. Nelle armi a retrocarica si definisce bossolo la
parte della cartuccia contenente l’innesco, la carica e il proiettile
(tutto o in parte). Nelle armi moderne il bossolo è quasi sempre in
lega di ottone.
Bracciali.
Difesa delle braccia composta dal cannone di antibraccio,
dalla cubitiera e dal cannone di braccio.
Braccio di guardia
Nel finimento delle armi bianche, il braccio dell’elso dal lato del polso.
Brandistocco.
Arma in asta con ferro a tre lame, di cui la centrale
lunga a doppio taglio e le laterali più corte, dette ali, ricurve verso
l’alto con tagliente solo all’interno.
Buffa.
Visiera volante fatta con più lame articolate l’una sull’altra,
per completare la borgognotta e trasformarla in un elmetto chiuso.
Calcio.
Parte della cassa del fucile, dall’impugnatura al calciolo.
Calciolo.
Piastra metallica o di altro materiale che copre il sottocalcio.
Calibro.
Diametro dell’anima della canna, cui corrispondono determinati
tipi di pallottola. Il calibro può essere indicato in millimetri
(es. 11, 43 mm) o in millesimi di pollice (es. 450). Nelle armi a
canna rigata il calibro viene misurato tra i pieni (le parti dell’anima
non solcate da rigature).
Camaglio.
Protezione in maglia di ferro che pende dal cappello d’arme,
dal bacinetto o dalla barbuta, a difesa delle guance e del collo.
Camera (di scoppio).
Parte della culatta ove trova posto la carica
(nelle armi antiche) o la cartuccia (nelle armi moderne a retrocarica).
Cane.
Parte del meccanismo di un’arma da fuoco, che con la sua
azione provoca lo sparo: nelle armi a ruota, tramite lo sfregamento
di un pezzo di pirite; nelle armi a pietra, tramite l’urto di un pezzo di
selce; nelle armi a percussione, picchiando sulla capsula; nelle armi
moderne, battendo sul percussore. Il termine cane deriva dalla forma
originaria di questo pezzo, provvisto di due ganasce per tenere ferma
la pirite o la selce: è rimasto in uso anche dopo l’introduzione della
percussione, che ne cambiò radicalmente l’aspetto.
Canna.
Parte dell’arma da fuoco che serve a utilizzare la spinta dei
gas della carica di lancio, dando al proiettile la direzione voluta. Le
canne antiche erano forgiate in ferro, con vari sistemi per assicurarne
la durata e la resistenza; le canne moderne, a partire dal sesto
decennio del XIX secolo, sono realizzate da pezzi d’acciaio trafilati e
forati a freddo.
Cannone
Nell’armatura è la protezione tubolare del braccio e dell’avanbraccio realizzata in più parti variamente connesse.
Cappa
Fornimento metallico della bocca del fodero delle armi bianche.
Capsula.
Cilindretto di rame o di ottone, chiuso a una estremità,
col fondo interno ricoperto da un composto fulminante, usato nelle
armi a percussione. Si infilava sul luminello e il cane, abbattendosi
su quest’ultimo, schiacciava la capsula facendo esplodere il composto
fulminante e provocando una fiammata che, attraverso il foro del
luminello, accendeva la carica di lancio. Con l’introduzione della
cartuccia metallica, la c. venne posta sul fondello del bossolo.
Carabina.
Arma lunga con canna rigata. Nata come arma da caccia
e poi di truppe scelte a cavallo (detti appunto “Carabini”), ebbe
un particolare impulso a partire dalla seconda metà del Settecento,
anche come arma di fanteria. Quando la rigatura divenne usuale in
tutte le armi da fuoco militari, alcuni stati mantennero il termina carabina.
In Austria furono chiamate carabine le armi lunghe di alcuni
reparti speciali, indipendentemente dalle caratteristiche della canna
lunga o corta, liscia o rigata. In Italia per un certo periodo il termine
fu adoperato solo per definire l’arma dei Bersaglieri piemontesi,
mentre altri stati italiani preunitari usarono questa definizione in
base alla denominazione data in origine ad alcune loro armi militari
importate dall’estero.
Carica di lancio.
Carica di polvere da sparo, posta alla base del
proiettile. Alla carica di lancio si dà fuoco per mezzo dell’innesco,
provocando così il lancio del proiettile.
Cartella.
Supporto metallico per tenere unite le parti che compongono
il meccanismo di sparo di un’arma da fuoco antica; oggi il termine
sopravvive solo nelle armi da caccia a canne basculanti.
Cartuccia.
Con questo termine si intende oggi l’insieme dell’innesco,
dell’esplosivo, del bossolo e del proiettile, riuniti in un solo
complesso; all’origine la cartuccia era un contenitore di carta (dondo
il nome) per la polvere da sparo, che veniva lacerato al momento
dell’uso.
Cassa.
Parte dell’arma da fuoco (solitamente del fucile) che tiene
uniti i meccanismi e la canna e consente di maneggiare e usare l’arma
stessa..
Castello
Nelle pistole è la parte metallica che regge la canna, contiene il sistema di scatto e forma l’impugnatura. Nelle armi lunghe
è l’armatura in metallo che ha la funzione di contenere e completare le diverse parti dell’arma.
Celata.
Armatura del capo che scende fino agli occhi o fino alla bocca
(in questo caso munita spesso di una visiera o di una ventaglia
mobile) ed è fornito di una lunga gronda. Il termine fu usato genericamente
per vari tipi di elmi.
Chiave da ruota.
Chiave di ferro generalmente con testa a T. Su entrambe
le estremità della testa un foro quadrato si impernia nell’asse
delle armi a ruota. L’attrezzo si adopera come una chiave inglese, per
caricare la ruota sino a bloccarla sul dente di scatto.
Cimiero.
Ornamento di legno, cuoio o gesso lavorato e dipinto, con
significato araldico o simbolico, collocato sopra l’elmo.
Cinquedea
Particolare tipo di daga o di corta spada italiana in uso nei secoli XI-XVI con una lama larga alla base circa cinque dita, a
forma di triangolo isoscele e spesso ogivale in punta.
Coccia
In alcuni spadini e daghette è la protezione a calotta poco profonda che posta sotto l’impugnatura proteggeva la mano.
Codolo
Parte del ferro della lama che entra nell’impugnatura delle armi bianche.
Coietti. Fettucce di cuoio che terminano con una fibbia o un puntale,
per unire tra loro le parti mobili dell’armatura.
Coltello. Arma bianca corta con lama a un taglio e punta.
Controcartella.
Piastra metallica collocata, per rinforzo, nella parte
della cassa opposta a quella in cui si trova la cartella.
Controguardia
Parte del fornimento di una spada che dalla guardia scende alla crocera
Copriscodellino.
Coperchio impiegato, nelle armi a miccia, a ruota e
a pietra, per impedire che la polvere di innesco cada dallo scodellino
o si bagni in caso di pioggia. Si spostava al momento dello sparo.
Corazza.
Termine usato soprattutto nel Quattro-Cinquecento per
indicare le protezioni del busto; sembra che derivi dal corpetto di
corame (detto anche “corata” o “coraccia”), diffuso nel XIII e nel
XIV secolo, foderato di placche metalliche, affibbiato sulla schiera
o lungo il fianco.
Nel XV II secolo furono chiamati corazze i soldati della cavalleria
pesante (“cavalleria grave”) difesi da corsaletto. Non è infrequente,
anche nella letteratura cinquecentesca, l’uso della parola corazza per
riferirsi, genericamente, a tutta l’armatura.
Coppo
Parte dell’elmo che protegge direttamente il cranio
Corsaletto
Corazza più leggera delle ordinarie usata nel Rinascimento per proteggere il petto e il ventre. Fu la principale armatura dei
picchieri ed era ancora in uso nel secolo XVII.
Corsesca.
Arma in asta, con la parte metallica formata da una cuspide
a quadrello con due corte lame laterali ricurve verso il basso. Forse
di derivazione marinara, fu prediletta dalle fanterie italiane e in particolare
da quelle corse, dalle quali probabilmente derivò il nome. La
marinara Trieste ne farà addirittura il simbolo della città.
Costola.
La parte opposta al taglio, nelle armi bianche.
Cotta.
Col termine c. d’arme si indica una sopravveste indossata
sopra l’armatura, solitamente ornata di stemmi e motti araldici; col
termine c. di maglia si indica un indumento difensivo, costituito
da anelli, squame o tondelli di metallo. Squame e tondelli erano
utilizzati soprattutto nell’alto Medioevo tra l’VIII e l’XI secolo ed
erano cuciti su una veste di pelle o di tessuto pesante, in modo di
sovrapporsi parzialmente tra loro. Più tardi queste protezioni divennero
anelli, cuciti su una veste ma soprattutto intrecciati fra loro per
formare una specie di tessuto metallico. La lavorazione più accurata
era quella a grano d’orzo, nella quale ogni anello è fatto da un tondino
piegato a cerchietto, con le estremità appiattite e sovrapposte
e unite da un perno passante ribadito in maniera da formare un
piccolo granello.
Cresta.
Rilievo più o meno accentuato, presente soprattutto in morioni
e borgognotte, che corrisponde di solito alla mezzeria del coppo,
dalla fronte sino alla nuca.
Cubitiere
Parte del bracciale dell’armatura a protezione dell’articolazione del gomito.
Culatta.
Parte posteriore della canna, ove si colloca la carica. E’ termine
particolarmente adatto per le armi antiche e per le artiglierie
Daga.
Arma bianca manesca con lama dritta a due tagli e punta,
spesso anche a un taglio, di lunghezza intermedia tra il pugnale e
la spada.
Elmetto.
Armatura della testa interamente chiusa, in uso dal secolo
XV alla prima metà del XV II, nelle molteplici versioni: elmetto
da incastro, elmetto da cavallo, elmetto alla viscontea, elmetto alla
savoiarda, elmetto alla ungara.
Elmo.
Termine generico per indicare l’armatura della testa. Il suo
uso documentato risale all’età del bronzo, più propriamente viene
denominato elmo la grande protezione della testa nelle molteplici
varianti in uso dalla fine del XII secolo fino a dopo la metà del
XIV.
Elso
Elemento metallico trasversale che, nella spada, divide l’impugnatura dalla lama.
Falcione.
Arma in asta del periodo comunale, con ferro a forma di
grande falce e spesso munita di un dente dorsale. Dal XV I secolo
ebbe un ruolo più di rappresentanza che da guerra; deriva dall’attrezzo
contadino.
Falda
Parte dell’armatura da piede o da cavallo pendente dal petto e finalizzata alla protezione dell’addome.
Farsata
Fodera imbottita che si trovava nella parte interna degli elmi. Era fissata al coppo attraverso una serie di femminelle.
Fascetta.
Fascia metallica, usata per fissare la canna al fusto della
cassa.
Fiasca da polvere.
Recipiente di corno, legno, cuoio bollito o metallo
contenente la polvere da sparo, passato in disuso con la diffusione
delle cartucce. Numerose fiasche da polvere erano artisticamente
decorate.
Filo
Estrema e più sottile parte del taglio di un’arma bianca.
Focone.
Foro praticato nella parte laterale o posteriore della culatta
delle armi antiche, attraverso il quale il fuoco dell’innesco era comunicato
alla carica di lancio.
Fornimento.
Tutte le parti, solitamente in metallo, che completano
un’arma da fuoco, come il guardamano e le fascette. In un’arma
bianca, ad esempio la spada, è il completamento della lama come
l’impugnatura e i vari tipi di protezione della mano.
Forte
Primo terzo della lama della spada, a partire dall’impugnatura, in cui è situato il centro di percossa. E’ seguito dal temprato
e dal debole.
Fucile.
Arma da fuoco individuale, lunga, il cui nome deriva dal
focile, ossia dalla selce impiegata nell’acciarino a pietra focaia. Il
termine si diffuse a partire dalla diffusione delle armi a pietra, per
indicare l’arma di base della fanteria ma anche l’arma usuale dei
cacciatori, e restò in uso anche dopo le ulteriori innovazioni tecnologiche.
Fulminante (polvere o composto). Composto chimico che ha la
proprietà di esplodere con una forte detonazione quando viene
compressa violentemente tra due superfici dure. Le proprietà dei
fulminati, in particolare quelli di mercurio, furono sfruttate a partire
dall’inizio dell’Ottocento nella fabbricazione di capsule e inneschi.
Fusto.
Parte della cassa che sostiene la canna.
Gambiera
Parte dell’armatura da cavallo, a protezione dell’intera gamba, sostituì la calza di maglia ed era composta dal cosciale,dal
ginocchiello e dalla schiniera.
Gladio
Spada romana di origine celtibara, a lama larga e corta a doppio taglio e punta e con impugnatura con guardia appena
accennata. Gli corrispose nei secoli la daga.
Gorbia
Nelle armi in asta ed in alcune armi da botta costituisce la parte inferiore cava del ferro che accoglie l’estremità superiore
dell’asta o del manico.
Gronda.
Protezione della parte posteriore del collo articolata in una
o più lame assicurata al coppo.
Guance o guancette.
Pezzi di legno, di metallo, di avorio, di corno,
di madreperla applicati sulle due facce di un’impugnatura, per garantire
una presa migliore, grazie anche alla particolare conformazione
(zigrinatura) di alcuni tipi.
Guardacollo.
Lama o più lame di protezione della parte anteriore del
collo, assicurata alla barbozza o ad altre parti volanti.
Guarnitura.
Armature predisposte a scambiare, per l’applicazione di
piastre di rinforzo supplementari, in modo da renderle adatte ai diversi
combattimenti. La g. comparve in Germania verso la fine del
XV secolo, per personaggi di grande rilievo.
Guardia
Parte dell’arma bianca manesca finalizzata alla protezione della mano che la impugna.
Innesco.
Sostanza o dispositivo avente lo scopo di provocare l’accensione
di una carica di lancio o esplosiva. Sino all’avvento della
percussione l’innesco fu costituito dalla polvere da sparo che si depositava
nello scodellino e alla quale si dava fuoco con vari sistemi (a
miccia, a ruota, a pietra). Dopo l’avvento delle sostanze fulminanti,
l’innesco fu dapprima costituito da capsule o tubetti esplosivi e poi,
dopo la diffusione della moderna cartuccia, fu collocato sul fondello
di quest’ultima.
Lama.
Per le armi offensive, la parte in acciaio, da taglio o da punta,
che esce dall’impugnatura; per le armi difensive, lista di metallo da
applicare ovunque occorra articolare l’armatura.
Luminello.
Supporto cavo, avvitato sulla culatta di un’arma a percussione,
sul quale si poneva la capsula. L’urto del cane sulla capsula
provocava una fiammata che, attraverso il foro del luminello, giungeva
a incendiare la carica di lancio posta all’interno della culatta.
Machaira.
Daga con lama a un filo e doppia curvatura dei guerrieri
dell’antica Grecia.
Maglietta.
Specie di anello, che fissato uno sul fusto di un’arma da
fuoco portatile lunga, e un altro all’altezza del ponticello o sul calcio
servono a trattenere una cinghia di cuoio per trasportare l’arma in
spalla.
Martellina.
Lastra di acciaio, spesso unita al copriscodellino, sulla
quale batte al momento dello sparo la selce serrata tra le ganasce del
cane.
Martello d’arme
Arma immanicata da botta generalmente con manico in ferro o legno, bocca piana, becco a punta e talvolta con cuspide al
sommo.
Mazza
Arma da botta di varie forme costituita da un manico e da una testa irta di punte
Mezza monta.
Posizione intermedia del cane, che serve a bloccarlo
per agevolare le operazioni di caricamento senza correre il rischio di
spari accidentali.
Miccia.
Pezzo di corda trattata precedentemente con vari sistemi
(bollitura in soluzione satura di salnitro, o anche semplicemente in
acqua salata), adoperata per dar fuoco alla polvere da sparo nelle
armi a miccia e nelle artiglierie.
Mirino.
Rilievo in metallo sulla parte anteriore della canna, utilizzato
per il puntamento. Il bersaglio deve trovarsi al termine della
linea immaginaria che unisce il mirino alla tacca di mira.
Mognone.
Particolare protezione a lame metalliche della spalla e
del braccio fin quasi al gomito.
Morione.
Protezione del capo con coppo saliente, costolato in
mezzeria, con cresta o a punta, e tesa a barchetta con o senza orecchioni.
Morlacca.
Acciarino turco balcanico.
Moschetto.
In un primo tempo, grosso archibugio a miccia di uso
militare, diffuso nel XV I e soprattutto nel XV II secolo, che per
sparare necessitava di una apposita forcella o di un appoggio naturale.
Il termine, tipico di un periodo in cui le artiglierie ricevevano
nomi di serpenti o di uccelli, deriva dal nome di un uccello, il
moschetto o muscetto. Con la diffusione delle armi a pietra negli
eserciti del Settecento, molti stati mantennero la denominazione di
moschetto per indicare le armi lunghe individuali, a canna liscia,
della fanteria. In Italia, la denominazione rimase in uso anche con
le armi lunghe a retrocarica sia a ripetizione che automatiche.
Noce.
Parte interna del meccanismo di sparo, collegata o fissa al
cane, che può assumere posizioni diverse a seconda dei movimenti
con altre parti meccaniche che agiscono sulle due o tre intaccature
(tacche) di cui è provvista. A seconda della posizione della noce, il
cane viene preparato per lo sparo (armato), fatto scattare o tenuto
in posizione di sicura. Nelle balestre la noce serve a trattenere la
corda.
Otturatore.
Parte di un’arma da fuoco a retrocarica che chiude la
culatta.
Paloscio.
In Italia e Francia denominato anche squadrone. Termine
derivato dall’antico persiano, attraverso le terre slave, per indicare
un’arma bianca manesca, con lama a un taglio e punta, spesso anche
a due tagli, in uso presso le cavallerie dalla guerra dei Trent’anni
in poi. Viene usato anche per alcune armi da caccia.
Panziera
La piastra robusta e sagomata che nelle armature quattrocentesche sale dalla vita allo stomaco e poco oltre.
Partigiana.
Arma in asta composta da una larga lama a due tagli
con alla base due alette d’arresto, rivolte verso l’alto.
Pennacchiera
Elemento dell’elmo, all’unione del coppo con la goletta, destinato ad ospitare il pennacchio.
Percussore.
Parte, di solito appuntita, del meccanismo di sparo delle
armi a retrocarica. Quando si preme il grilletto, il percussore colpisce
il fondello della cartuccia (capsula) che si trova nella camera
di scoppio, facendo esplodere l’innesco e accendendo la carica di
lancio (che fa partire il colpo).
Pettorale
Parte della bardatura d’arme a sostegno e controllo del petto del cavallo.
Piastra.
Sinonimo di cartella, usato soprattutto nella denominazione
delle armi a miccia e a ruota.
Picca
Arma bianca inastata. Classica delle fanterie era lunga dai cinque ai sette metri ed aveva un ferro dalle forme più svariate,
sempre appuntito.
Pistola.
Termine generico usato fin dal XV I secolo per indicare
l’arma da fuoco corta, che si spara reggendola con una sola
mano.
Polvere da sparo.
Si da questo nome al composto chimico la cui
esplosione provoca la partenza del proiettile. La prima polvere da
sparo fu la polvere nera, mescolanza di zolfo, carbone e salnitro;
rimase in uso sino alla fine dell’Ottocento, quando fu in gran parte
soppiantata dalle polveri bianche (a base di nitrocellulosa).
Pomo
Nelle armi bianche è l’estremità superiore dell’impugnatura. Favorisce la presa più salda ed il bilanciamento dell’arma.
Ponticello.
Lamina solitamente metallica, che nelle armi da fuoco
protegge il grilletto dagli urti. In vari meccanismi a retrocarica e a
ripetizione il ponticello, o guardamano, è congegnato in modo da
essere adoperato durante le operazioni di caricamento.
Potere d’arresto.
Capacità del proiettile di neutralizzare l’avversario
dello sparatore con la forza dell’impatto. Il potere d’arresto è
proporzionato al peso e alla velocità del proiettile stesso.
Pugnale.
Termine generico delle armi bianche manesche con corta
e robusta lama e vari tipi di fornimento.
Puntale
Guarnitura metallica della punta del fodero delle armi bianche.
Resta.
Sostegno metallico della lancia, avvitato o trattenuto da
un fermo sulla parte alta alla destra del petto; è di varie forme, a
seconda dell’uso e della nazionalità.
Raffio
Parte del ferro delle armi in asta variamente modellata e sagomata ad uncino.
Retrocarica.
Sistema di caricamento dalla culatta. Sin dall’introduzione
delle armi da fuoco si tentò di sviluppare sistemi di retrocarica,
ma solo a partire dal XIX secolo furono prodotti su scala
industriale importanti modelli di armi a retrocarica.
Ricasso
Restringimento massiccio della lama prima del codolo.
Rigatura.
Incisione a solchi longitudinali ed elicoidali dell’interno
dell’anima della canna, realizzata allo scopo di imprimere un moto
rotatorio al proiettile, per renderlo più stabile nella traiettoria.
Rivoltella.
Pistola dotata di un cilindro o tamburo, suddiviso in
più camere di scoppio, ciascuna delle quali contiene una cartuccia.
A seconda della meccanica interna dell’arma, si spara armando il
cane e premendo il grilletto per ogni singolo colpo (azione singola)
o premendo solo il grilletto (azione continua) o azionando, a
scelta, il cane e il grilletto o il solo grilletto (azione doppia). In
tutti i casi si possono sparare più colpi in sequenza prima di ricaricare
l’arma. Nelle armi cosiddette a rotazione, anteriori al XIX
secolo, il tamburo veniva generalmente ruotato a mano prima di
ogni singolo colpo.
Ronca
Arma in asta con ferro adunco e tagliente. Di dimensioni maggiori era il Roncone, in origine simile alla Ronca, ma che poi
assunse una forma complessa e venne munito di uno spuntone.
Rotella.
Scudo circolare leggermente convesso, di vario materiale
(legno, acciaio o cuoio bollito) a seconda degli usi.
Ruota.
Parte principale di un meccanismo diffuso tra il XV I e il
XV III secolo, che utilizza una ruota d’acciaio zigrinata per far scaturire,
da un pezzo di pirite, le scintille necessarie ad accendere la
polvere di innesco e, attraverso questa, la carica di lancio.
Scarsellone
Parte dell’armatura da piede o da cavallo a protezione interna ed esterna della coscia.
Scatto.
Definizione generica della parte del meccanismo delle armi
antiche destinata a sganciare dalla sua posizione di fermo il cane,
provocandone l’abbattimento contro la martellina o sulla capsula.
Schiavona
Spada in dotazione alle truppe levantine con un tipico fornimento ingabbiato, venne usata inizialmente come arma per le
truppe a cavallo.
Schifalancia
Protezione della mano, a forma di imbuto, applicata alla lancia.
Sciabola.
Arma bianca manesca, con lunga lama più o meno curva,
a un taglio e punta, con fornimento di varie fogge. Di derivazione
orientale, si diffuse nell’ambiente europeo verso la fine del XV II secolo,
con l’istituzione del corpo degli Ussari. Il termine sciabola in
alcuni stati dell’Europa occidentale è stato esteso anche ad armi da
cavalleria pesante con lama diritta a un taglio e punta.
Scodellino.
Pezzo di metallo incavato, anticamente unito alla canna
dalla parte della culatta, davanti al focone, e poi facente parte dell’acciarino;
vi si poneva il polverino di innesco nelle armi a miccia,
a ruota e a pietra.
Scramasax
Tipo di sciabola elencato, in testi legislativi visigoti, fra le armi in dotazione ai guerrieri.
Scudo.
Termine generico per indicare una protezione di varia forma
e materiale, da imbracciare a sinistra, per la guerra, per il gioco guerresco
o per cerimonia.
Scure d’arme.
Arma da botta con ferro sagomato a tagliente da un
lato, becco di falco dall’altro, e spesso con spuntone alla sommità.
Ha il manico interamente in ferro o in legno con lunghe bandelle.
Sfondagiaco.
Arma bianca manesca con corta ma robusta lama, spesso
a quadrello, per perforare le difese di maglia di ferro.
Sguscio
Il solco incavato lungo un tratto della lunghezza della lama di un’ arma bianca.
Sicura.
Congegno presente anche nelle armi più antiche per impedire
spari accidentali, bloccando il cane o il grilleto.
Spada.
Arma bianca manesca, comunemente nota con lama dritta,
lunga, a due tagli e punta, e fornimento con elsa a croce. La lama,
però, a seconda degli usi, può essere anche a un taglio solo o a punta
arrotondata, e più specificamente di varie sezioni e fogge. Il fornimento
attraverso i secoli si modifica in conformità della scherma e
della moda. La spada è l’arma militare di maggiore importanza; le
sue origini risalgono alla scoperta del bronzo e sopravvive ancora ai
nostri giorni come segno di comando.
Spiedo.
Denominazione generica delle armi in asta atte a colpire di
punta. Le tipologie di spiedi più particolari sono alla bolognese e
alla furlana.
Spuntone.
Termine generico di alcune armi in asta con ferro lungo,
robusto e acuminato. In tempi più recenti indicava anche la mezza
picca.
Stecher.
Termine tedesco per indicare il congegno di scatto a due
grilletti: il primo, durante il puntamento, serve da sicura al secondo
che, disimpegnato, con una leggerissima pressione, fa scattare il cane
o il percussore.
Stiletto ( Stile)
Arma bianca corta, simile al pugnale, con lama a sezione triangolare o quadrata e con punta acutissima. Era un tempo
considerato arma insidiosa e quindi proibita.
Stocco.
Arma bianca manesca, lunga, con robusta lama a forma di
triangolo, a sezione romboidale, atta a colpire prevalentemente di
punta.
Storta
Arma bianca manesca da taglio, a lama curva più larga all’estremità che non verso l’impugnatura, generalmente tagliata a
sghembo
Striscia
Arma bianca di uso prevalentemente civile con lama stretta, molto lunga, soda e punta acuminata. Era usata per duellare nei
secoli XVI e XVII.
Tacca di mira.
Incavo di traguardo che si trova sull’alzo o sulla canna.
Nel puntamento si deve far collimare la tacca di mira e il mirino
con il bersaglio.
Tallone
Nell’arma bianca è la parte ella lama compresa tra il codolo e l’inizio della lama propriamente detta.
Targa.
Particolare scudo di varie forme, usato nelle giostre, nei caroselli,
in guerra (targa alla ungara) e nei duelli (targhetta da pugno).
Tesa.
Lamina più o meno spiovente dal coppo, a protezione della
fronte, delle tempie e della nuca.
Tridente
Forcone a tre rebbi che non fu mai in dotazione alle truppe pur essendo usato in scontri guerreschi e come arma
d’abbordaggio.
Tutta monta.
Posizione di armamento del cane, pronto allo sparo.
Umbone
Sporgenza centrale di alcuni scudi solitamente realizzata in ferro o in bronzo. Fu in uso fin dalla lontana antichità con
finalità difensive ed offensive.
Ventaglia.
Piastra di protezione del naso, della bocca e del mento,
con fori o intagli per l’aerazione. Può essere anche di maglia di ferro.
Visiera.
Protezione metallica di tutto il volto, dalla fronte al mento,
fissa (negli elmi) o mobile (negli elmetti, nei bacinetti e nelle celate).
Vivo di volata.
Definizione tecnica della bocca della canna di un’arma
da fuoco.
Yelman
Termine di origine tartara indicante il terzo inferiore delle scimitarre e delle sciabole che in genere si presenta più sottile e
appiattito del resto della lama ad un solo filo.
Zuccotto. Protezione metallica del capo alquanto raccolta, con tesa
stretta e orizzontale, variante del morione.
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MUSEO DELLE ARMI E DELLA TRADIZIONE ARMIERA GARDONE