L’IMPEGNO ALLA SOSTENIBILITA’: SOCIETING COME EDUCAZIONE ALL’AMBIENTE
societing come
educazione
allʼambiente
L’IMPEGNO ALLA
SOSTENIBILITA’
Societing come educazione
all’ambiente
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L’IMPEGNO ALLA SOSTENIBILITA’: SOCIETING COME EDUCAZIONE ALL’AMBIENTE
Quando non ci si aspetta più
niente da un settore banale e
saturo come quello delle
acque minerali in bottiglia,
ecco che una piccola startup
nata per azzardo fa tremare le
multinazionali puntando su un
prodotto di qualità e
comunicando una sostenibilità
possibile.
Il CEO di Sant’Anna Alberto
Bertone, ospite alla IULM
all’interno del corso di
Societing e società delle
reti, tenuto dal prof. Alex
Giordano, racconta la sua
avventura e la missione
dell’impresa oggi.
Storia
È il 1996 quando l’impresa di
costruzione della famiglia Bertone
decide di diversificare il proprio
business. Si scopre una sorgente
a Vinadio, in Piemonte, al confine
con la Francia: l’acqua è
analizzata ed è buona, si procede
così alla ricerca di un terreno in
pianura (ci troviamo a 1950m
d’altezza!) dove costruire uno
stabilimento. Un anno dopo il
complesso è pronto e con esso
vengono collocati 190km di
tubature per condurre l’acqua
dalla sorgente alla sede di
imbottigliatura. Le basi per
produrre un’acqua valida, una
delle più leggere al mondo, ci
sono. Però, tanto l’idea è
promettente, quanto chi si trovava
a renderla concreta è inesperto.
Questa scarsa competenza nel
mercato delle acque minerali è
stata da un lato la molla per
impegnarsi a fondo nel progetto e
imparare il più possibile, dall’altro,
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il fatto di non aver considerato la
complessità del business fa
scappare più di una persona, ma
Alberto Bertone non demorde e
segue il consiglio di suo padre
che lo sprona ad avviare l’azienda
senza farsi troppi problemi
d’expertise, contando sulla
passione che si può mettere in un
lavoro. Entrare nel mercato, però,
non è un compito facile. Grandi
concorrenti come Nestlè, Coca
Cola Company e altre marche
i t a l i a n e s o n o p re s e n z e g i à
consolidate nel mercato
dell’acqua e la grande
distribuzione è riluttante a inserire
un prodotto nuovo in mezzo a
tanta offerta già presente. Ecco
l’idea: la pubblicità comparativa
per dimostrare l’alta qualità del
prodotto.
LE SORGENTI
Sorgente Vinadio
Residuo fisso 42,8 mg/l
Sodio 0,0001%
Durezza 3,1 gradi
francesi
Altezza della sorgente
1503 metri
Sorgente Rebruant
Residuo fisso 23,8 mg/l
Sodio 1,7 mg/l
Durezza 0.6 gradi
francesi
Altezza della sorgente
1950 metri
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Un po’ di marketing non guasta
L’allora tuttofare Alberto decide di comprare pagine
di riviste diffuse in ogni parte d’Italia e mostra le
qualità della propria acqua che è di montagna, e
non di pianura, adatta a bambini e mamme per il
basso residuo fisso che la rende più digeribile, e
non contiene nitrati.
Questa pubblicità comparativa è essenziale ed
efficace: su una pagina l’immagine della bottiglia, su
quella accanto i dati risultanti delle analisi delle
principali acque in commercio. Ma i concorrenti, big
player, riportati sulla pubblicità non ci stanno a farsi
fare le scarpe da una piccola e giovane impresa,
così acqua Sant’Anna è portata in tribunale per
dodici volte. E per dodici volte vince: la loro
comunicazione non faceva altro che mostrare ciò
che è pubblicato sulle etichette delle bottiglie dei
competitor. Il colpo da maestro viene inferto
inserendo in un programma televisivo alternativo il
messaggio pubblicitario comparativo. Nonostante
questa operazione sia molto costosa, il successo
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che ne risulta è talmente importante da cambiare
l’andamento delle vendite.
Oltre alla pubblicità è necessario, però, un restyling
della bottiglia. Bisogna comunicare tutti i punti di
forza sottolineati nella pubblicità in
maniera
immediata, in modo che siano chiaramente
comprensibili: al posto del santuario di Sant’Anna, si
inserisce come protagonista la montagna, a lato
l’immagine del bambino e la scritta “0 nitrati”, nasce
così l’etichetta di oggi. Poche cose ma incisive
hanno funzionato.
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La crescita della “scheggia impazzita”
Non basta, però, il marketing di per sé a rendere
vincente un’impresa. Alberto deve trovare nuovi
collaboratori che lo aiutino nelle parti commerciali,
amministrative e produttive. Non ha cercato
persone esperte del settore, ma “ignoranti” delle
acque minerali, che senza preconcetti costruissero il
proprio know-how lavorando e appassionandosi
all’impresa, persone che partendo da zero avessero
la voglia di conoscere il business e imparare ad
operarci. La piccola azienda, soprannominata
“scheggia impazzita”, riesce a entrare nei canali
distributivi grazie alla pubblicità. Porta in Italia l’idea
francese di produrre acqua minerale per le marche
commerciali e riesce così a imporre la propria
presenza a scaffale. I risultati offrono la possibilità di
reinvestire in nuovi impianti, oggi undici in tutto,
ognuno del valore di 15 milioni di euro. In sette anni
Sant’Anna è diventata leader di mercato in Italia,
spodestando tutti i grandi concorrenti multinazionali.
La “banda di matti”, altro soprannome affibbiato al
team aziendale, riconosce che la propria passione
ha generato dei risultati tangibili. Il CEO conferma
che sono le persone che fanno l’azienda, sono il
vero motore perché è da loro che partono le idee
che sono chiamati a condividere sempre per il
mantenimento e il miglioramento dell’impresa.
L’innovazione, il prodotto, le idee
Una volta raggiunta la prima
posizione del mercato «è difficile
continuare a crescere», confessa
Alberto Bertone.
L’azienda continua però a
perfezionarsi e riesce a ottenere
due volte il riconoscimento di
stabilimento più tecnologico del
mondo nel settore beverage.
Gli impianti sono infatti
tecnologicamente avanzati e
sono un esempio di innovazione
da cui molti stanno cercando di
p r e n d e r e s p u n t o . Tu t t o è
robotizzato: la filiera produce
375000 bottiglie all’ora e si
riescono a riempire 350 tir al
giorno. I concorrenti
concepiscono il costo della
robotizzazione come non
ammortizzato, «mentre io credo
che in questo momento di crisi la
ro b o t i z z a z i o n e p e r m e t t a d i
aumentare l’offerta senza
aumentare i costi, di avere lo
stesso rapporto prezzo-qualità
per raggiungere più consumatori»
ci racconta il CEO.
L’acqua è senza dubbio un bene
banale (seppure, se ci si riflette un
momento, forse, tanto più banale
non è viste le risorse sempre più
scarseggianti), ma Sant’Anna è
riuscita a portare una ventata di
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“La filiera produce 375.000 bottiglie all’ora e si riescono a
riempire 350 tir al giorno”
aria fresca sia nella
comunicazione che nella
processo di produzione. Questo
non sarebbe stato possibile senza
un prodotto di qualità, con delle
caratteristiche capaci di affrontare
ogni competitor. Inoltre, e Alberto
sottolinea con particolare enfasi, è
fondamentale il ruolo del gruppo
di collaboratori, veri professionisti,
che hanno la voglia, la passione di
porsi degli obiettivi ambiziosi e
raggiungerli, pur sapendo che si
può sempre ambire a fare meglio.
Le idee propositive devono
sempre esserci in azienda:
quando si è convinti che una cosa
non si possa fare meglio di come
già è fatta, non ci sarà mai
evoluzione. Invece, grazie alle
nuove idee si può tentare di
crescere e migliorare
continuamente, anche in un
settore merceologico così saturo.
MODAMENSILMENTE 02 gennaio 2014
La crociata per la sostenibilità
Negli anni 2000 la strisciante consapevolezza di
doversi concentrare sul rispetto dell’ambiente viene
amplificata da aperte critiche contro le imprese di
acque minerali, accusate di sprechi e inquinamento
per la produzione e il trasporto delle bottiglie. Per
continuare l’azienda deve sapersi ricalibrare rispetto
alle nuove esigenze dell’ambiente, in questo caso in
senso sia economico che ecosistemico, e inventarsi
un sistema che riduca l’impatto ambientale.
Innanzi tutto, Sant’Anna decide di diversificare i
mezzi di trasporto per la distribuzione delle
bottiglie d’acqua: oltre ai tir, si trasporta via strada
ferrata e via mare per continuare a raggiungere tutte
le regioni italiane. Per prima acqua Sant’Anna usa la
stampa a laser piuttosto che a inchiostro per le
etichette. Altre azioni concrete sono state
l’ottimizzazione del riscaldamento negli
stabilimenti sfruttando il calore dei macchinari, il
fatto che sono stati scelti solo muletti elettrici e
non con motore a scoppio, la costruzione di
capannoni in legno (e quindi a impatto zero) e
l’utilizzo di fonti di energia rinnovabile (idroelettrica
e solare).
Tutte queste attività, non di semplice greenwashing
ma di reale ecosostenibilità, fanno bene all’ambiente
ma permettono anche all’impresa di risparmiare
soldi. In più questa cultura di rispetto dell’ambiente
è stata trasmessa dal personale d’azienda, che si è
impegnato a fondo in questa direzione, alle proprie
famiglie: un grande merito dell’azienda che riesce a
promuovere un’educazione all’ambiente, ancora
così carente in Italia purtroppo.
Stabilimento Sant’Anna di Vinadio
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L’IMPEGNO ALLA SOSTENIBILITA’: SOCIETING COME EDUCAZIONE ALL’AMBIENTE
La BioBottle
L’Italia non prevede politiche di
incentivazione alla
sostenibilità, quindi l’iniziativa è
lasciata ai privati. Così, le scelte di
ecosostenibilità e rispetto
dell’ambiente
già sostenute a
livello logistico, non potevano che
esprimersi massimamente in un
nuovo prodotto di casa
Sant’Anna. Dopo molta ricerca il
progetto Sant’Anna BioBottle
vede le luce. L’innovazione
sostanziale sta nel packaging: la
bottiglia è costituita da PLA
(poliacido lattico), un materiale
simil-plastico che non contiene
petrolio derivante da materia
organica, come l’amido di mais o
la tapioca, ma conta sulla
fondamentale caratteristica di non
essere solubile. La bottiglia di PLA
non è solo è biodegradabile, ma
anche compostabile, salvo il
tappo che è ancora di plastica ma
sul quale si sta lavorando. Vanta
infatti il Certificato Italiano
Compostaggio (CIC), ma può
essere smaltita dai consumatori
anche nella plastica o nei rifiuti
organici. «Io di solito la brucio, è
come se fosse legno compresso
con una grande potenza
energetica», ci confida Alberto e
poi va al sodo: la bottiglia si
biodegrada nella discarica in
15-30 giorni grazie ai
microrganismi che attaccano e
dissolvono il PLA. È una
rivoluzione per le bottiglie
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d’acqua, il PLA era stato finora
utilizzato solo per sacchetti, ed è
straniante scoprire che questo
materiale innovativo era già stato
scoperto 10 anni fa. Questo la
dice lunga sull’ancora scarsa
cultura, che riflette lo scarso
interesse, degli italiani per
l’educazione all’ambiente e ai
materiali ecosostenibili. La
realizzazione di questa bottiglia è
stato un vero e proprio traguardo
per l’impresa Sant’Anna che
punta sull’innovazione e crede di
poter proporre un’alternativa che
migliora il mercato, la sensibilità
dei consumatori e di certo aiuta
l’ambiente, al contrario di certi
concorrenti che propongono
bottiglie provenienti da plastica
rigenerata con una conseguente
qualità nettamente inferiore (a
buon intenditor, poche parole!).
Alberto Bertone crede nel suo
obiettivo e tiene duro, investe
parte dei proventi delle bottiglie di
plastica “vecchio stampo” per
spingere la BioBottle, cavallo di
battaglia di Sant’Anna. Se si vuole
trovare un punto debole della
bottiglia è il fatto che abbia una
sorta di scadenza in quanto
composta di materiale organico:
questo impone anche diversi
metodi di stoccaggio e un
consumo non troppo dilazionato
nel tempo. Questa missione
ecosostenibile personale, oltre a
“La bottiglia di PLA vanta
il CERTIFICATO ITALIANO
DI COMPOSTAGGIO (CIC)
e può essere smaltita dai
consumatori anche nella
plastica e nei rifiuti
organici”
costare relativamente poco (le
materie prime sono più costose)
offre però un vantaggio di lungo
termine e crea un marchio per il
futuro, oltre a offrire al
consumatore l’alternativa di una
scelta consapevole quando si
trova al supermercato. Per ora si
contano ottimi risultati di
reputazione ma non ancora
economici, il punto di pareggio
non è vicino. La strada è ripida
ma l’azienda ha un approccio
positivo e convinto. Oggi si
producono un miliardo di bottiglie
di plastica e 100 milioni di
BioBottle, il mercato è lento a
cambiare e la distribuzione è poco
coraggiosa, segue il consumatore
invece di anticiparlo proponendo
qualcosa di innovativo. Non tutte
le catene distributive italiane
hanno appoggiato il progetto e
tengono a scaffale la BioBottle: se
si educheranno gli italiani a una
maggiore
sensibilità
ecosostenibile, forse inizieranno a
richiedere la bottiglia
compostabile nei punti vendita,
cosicché i buyer faranno scelte di
assortimento più coraggiose, un
giorno.
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L’IMPEGNO ALLA SOSTENIBILITA’: SOCIETING COME EDUCAZIONE ALL’AMBIENTE
Santhé e i progetti che verranno
Nel 2012 nasce un nuovo prodotto: SanThé
Nel 2012 si è deciso di entrare nel mondo del thè
freddo. Anche in questo caso non si conosceva il
mercato e si è dovuto lavorare sodo per elaborare
un prodotto di alta qualità e posizionarsi in diretta
concorrenza con il leader di mercato.
Per il progetto Santhè si è scelta la ricetta per
infusione e di aggiungere vero succo di pesca o
limone a seconda delle varianti, scelta in contrasto
rispetto ad altri competitor che producono il thè con
polveri solubili. Il risultato è un prodotto buono e di
qualità proposto in un formato che tende ad essere
rapportato col n°1 del mercato (Alberto non
esplicita, ma è chiaro il riferimento!): una confezione
da quattro brik (tre più uno in omaggio) con
cannucce attaccate al bicchierino e nessun
packaging secondario di cartone.
Questo minimalismo nella confezione, insieme
all’obiettivo della comunicazione di rivolgersi ai
pubblici di bambini fino ai 12 anni, ha dato i suoi
frutti. In un anno Santhè è diventato terzo player sul
mercato e le prospettive di crescita non sono
ancora esaurite. Si punta, infatti, a migliorare
l’efficienza del brik, studiare l’utilizzo di PLA ed
elaborare un packaging più snello, oltre a investire in
ricerca e pubblicità per posizionarsi in altri segmenti.
Cosa c’è in cantiere? Il prossimo progetto
riguarderà nettari di frutta, rigorosamente privi di
coloranti o additivi.
Auguriamo a Sant’Anna di riuscire anche in questa
impresa!
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Q&A
Il CEO di Sant’Anna
Alberto Bertone
Come si comunica la BioBottle?
Durante la presentazione viene
sollevata da noi studenti una
discussione riguardante le enormi
potenzialità della BioBottle di cui
però non viene esplicitata
sull'etichetta la peculiarità. Il CEO
risponde che questo specifico
p ro d o t t o i n fl u i s c e t a l m e n t e
positivamente sul mercato che
potrebbe essere reso
indipendente dal marchio stesso.
In un primo momento
sull'etichetta era stato utilizzato
solo il nome BioBottle ed è
emerso però che non fosse stata
una scelta vincente in quanto in
questo modo il consumatore non
riconosceva il prodotto come
Sant'Anna. Per porvi rimedio
quindi è stato aggiunto il nome
Sant'Anna in caratteri più grandi.
Santhè: a quali pubblici si
rivolge e pensa di rivolgersi in
futuro? Come compete nel
mercato dei thè freddi?
Il CEO si dice ottimista e
determinato a ampliare la sua
clientela. Fino ad ora le analisi
etnografiche avevano sottolineato
una prevalenza di consumatori
adulti, successivamente l'azienda
si è impegnata a raggiungere i
bambini (età 12 anni).Il prossimo
obiettivo sarà quello di
conquistare i giovani (età 15/16 25 anni). È stata sollevata la
questione della forte concorrenza
con Estathè, marchio contro il
quale Sant'Anna si pone
concorrendo sul prezzo. Infatti
offre allo stesso prezzo quattro
brik invece di tre offrendo quindi
un risparmio del 25% Le modalità
di lavorazione delle foglie di te
sono state attentamente studiate
per garantire la massima qualità
del prodotto finito. Inoltre la scelta
di produrre la bevanda non è
stata copiata dai competitors ma
il fine era quello di aumentare la
possibilità di scelta dei
consumatori.
L’ a c q u a S a n t ’ A n n a n e l l a
BioBottle è ancora poco
conosciuta, l’impresa come
pensa di agire per farsi
conoscere e aumentare la base
di acquirenti?
Anche se la grande distribuzione
non sembra ancora convinta dei
prodotti, infatti risultano difficili da
trovare nei supermercati, il
marchio Acqua Sant'Anna si dice
ottimista. È evidente la volontà di
conquistare la fascia di mercato
dei giovani attraverso i social
media, con grande entusiasmo e
curiosità, che per il momento
stanno portando ottimi risultati.
L’Incontro con Alberto Bertone è avvenuto il 13 dicembre 2013.
Articolo a cura di Cecilia Borghi e Alessandra Mabry.
Impostazione grafica a cura di Cristina Palermo.
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