Faculteit Letteren en Wijsbegeerte Academiejaar 2010-2011 LA SELEZIONE DELL’AUSILIARE CON I VERBI INTRANSITIVI IN ITALIANO E IN FRANCESE: UN CONFRONTO Masterproef Sofie Lenaers Master taal- en letterkunde: Frans - Italiaans Promotor: Professoressa Mara Manente Faculteit Letteren en Wijsbegeerte Academiejaar 2010-2011 LA SELEZIONE DELL’AUSILIARE CON I VERBI INTRANSITIVI IN ITALIANO E IN FRANCESE: UN CONFRONTO Masterproef Sofie Lenaers Master taal- en letterkunde: Frans - Italiaans Promotor: Professoressa Mara Manente Ringraziamenti La realizzazione della mia tesi di laurea non sarebbe stata possibile senza l’aiuto e il sostegno di alcune persone. In particolare, vorrei ringraziare la mia relatrice di tesi, la professoressa Mara Manente dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, per i suoi consigli e la sua disponibilità durante l’elaborazione e la stesura della mia tesi. Anche la professoressa Claudia Crocco dell’Università di Gent ha svolto un ruolo fondamentale nel mio lavoro di tesi. È stata infatti la professoressa Crocco che mi ha appoggiata, per prima, nella scelta dell’argomento della mia tesi e che mi ha messa in contatto, in seguito, con la professoressa Manente. Inoltre, vorrei ringraziare i miei genitori che hanno appoggiato la mia scelta di studiare italiano e francese all’Università di Gent e che mi hanno sempre sostenuta durante il periodo di studi all’università. Vorrei ringraziare anche il mio fidanzato, per la sua pazienza, per i suoi consigli e per avere condiviso con me l’esperienza degli studi universitari. Infine, vorrei ringraziare i miei amici per avermi incoraggiata durante tutto il periodo di studi all’università e, in particolare, durante la realizzazione della mia tesi. Indice INDICE.................................................................................................................................1 INTRODUZIONE ................................................................................................................3 1 L’AUSILIARE: GENERALITÀ..................................................................................6 1.1 DEFINIZIONE DI AUSILIARE .......................................................................................6 1.2 LA GRAMMATICALIZZAZIONE ...................................................................................8 1.3 GLI AUSILIARI ‘ESSERE’ E ‘AVERE’ .........................................................................10 1.3.1 ‘Essere’.............................................................................................................11 1.3.2 ‘Avere’ ..............................................................................................................12 1.4 ANALISI SEMANTICA E SINTATTICA DELLA VARIAZIONE NELLA SELEZIONE DELL’AUSILIARE CON I VERBI INTRANSITIVI ........................................................................14 1.4.1 Approccio semantico .........................................................................................15 1.4.1.1 L’aspetto ...................................................................................................15 1.4.1.2 Le teorie della tipologia degli aspetti lessicali ............................................16 1.4.1.3 La telicità e l’agentività .............................................................................20 1.4.2 Approccio sintattico ..........................................................................................20 2 1.4.2.1 L’Ipotesi dell’Inaccusatività ......................................................................20 1.4.2.2 I test di inaccusatività ................................................................................21 L’AUSILIARE IN ITALIANO E IN FRANCESE: APPROCCIO SEMANTICO..27 2.1 THE AUXILIARY SELECTION HIERARCHY ................................................................27 2.1.1 Verbi centrali ....................................................................................................30 2.1.1.1 Change of location.....................................................................................30 2.1.1.2 Non-motional controlled processes ............................................................31 2.1.2 Verbi periferici..................................................................................................32 2.2 2.1.2.1 Change of state ..........................................................................................32 2.1.2.2 Continuation of a pre-existing state............................................................35 2.1.2.3 Existence of state.......................................................................................36 2.1.2.4 Uncontrolled processes..............................................................................37 2.1.2.5 Motional controlled processes ...................................................................38 RICAPITOLAZIONE ..................................................................................................40 1 3 ANALISI DI ALCUNI GRUPPI DI VERBI PARTICOLARI .................................41 3.1 I VERBI CHE SELEZIONANO SIA L’AUSILIARE ESSERE/ÊTRE CHE L’AUSILIARE AVERE/AVOIR IN ITALIANO E IN FRANCESE ..........................................................................41 3.1.1 I verbi correre, volare e saltare.........................................................................41 3.1.2 I verbi monter e descendre ................................................................................44 3.2 I VERBI METEOROLOGICI ........................................................................................45 3.2.1 La selezione dell’ausiliare in italiano................................................................46 3.2.2 La selezione dell’ausiliare in francese...............................................................48 3.3 I VERBI DI CAMBIAMENTO DI STATO ........................................................................49 3.4 LA RISTRUTTURAZIONE ..........................................................................................51 3.4.1 Rizzi ..................................................................................................................51 3.4.1.1 Fenomeni di trasparenza ............................................................................52 3.4.1.2 Il cambio di ausiliare .................................................................................55 3.4.2 Cinque ..............................................................................................................58 4 3.4.2.1 L’analisi di Cinque ....................................................................................58 3.4.2.2 I fenomeni di trasparenza...........................................................................59 DISCUSSIONE ...........................................................................................................61 4.1 L’AUSILIARE ..........................................................................................................61 4.2 LA SELEZIONE DELL’AUSILIARE IN ITALIANO E IN FRANCESE: LEGENDRE E SORACE (2010) .............................................................................................................................63 4.3 APPROCCIO SEMANTICO VS APPROCCIO SINTATTICO ................................................67 CONCLUSIONE ................................................................................................................73 BIBLIOGRAFIA ................................................................................................................75 2 Introduzione L’italiano e il francese dispongono di due ausiliari per la formazione dei tempi composti: l’ausiliare essere/être e l’ausiliare avere/avoir. La selezione di due ausiliari per formare i tempi composti è una peculiarità di queste due lingue poiché la maggior parte delle lingue romanze, come, per esempio, lo spagnolo, il portoghese e il catalano, seleziona un unico ausiliare nei tempi composti. Altre lingue, come, per esempio, l’occitano, il sardo e il catalano, si comportano invece come l’italiano e il francese quanto alla selezione dell’ausiliare. La selezione dell’ausiliare in italiano e in francese costituisce un aspetto problematico e interessante da esaminare perché, fino ad oggi, i linguisti non sono riusciti a stabilire un’unica regola che fosse in grado di rendere conto della variazione nella selezione dell’ausiliare. Negli ultimi trent’anni, sono stati pubblicati numerosi studi sul fenomeno della variazione nella selezione dell’ausiliare con i verbi intransitivi. A questo fenomeno, che viene comunemente definito ‘intransitività scissa’, sono correlate numerose altre questioni. I due approcci principali che sono stati elaborati per l’analisi della variazione nella selezione dell’ausiliare con i verbi intransitivi sono, rispettivamente, di tipo semantico e di tipo sintattico. In questa sede, si è deciso di focalizzare l’attenzione sull’approccio semantico della variazione nella selezione dell’ausiliare con i verbi intransitivi. La tesi consiste in uno status quaestionis: l’obiettivo è di dare una visione globale del fenomeno della variazione nella selezione dell’ausiliare con i verbi intransitivi in italiano e in francese da un punto di vista semantico. In particolare, poiché il fenomeno dell’intransitività scissa riguarda sia l’italiano che il francese, la nostra analisi sarà prettamente comparativa. Lo scopo della nostra analisi è quello di approfondire alcuni aspetti dell’approccio semantico allo studio della variazione nella selezione dell’ausiliare con i verbi intransitivi. In particolare, il nostro studio mostrerà che esistono delle differenze fondamentali tra l’italiano e il francese quanto alla selezione dell’ausiliare. La tesi è organizzata in quattro capitoli. Nel primo capitolo vengono analizzate brevemente le definizioni di ‘ausiliare’ riportate dallo Zingarelli (2008), dalla Grammatica italiana: italiano comune e lingua letteraria (1996) e dal Dizionario di Linguistica (2004). In seguito, viene introdotta la nozione di ‘grammaticalizzazione’ e viene descritto il ‘processo di grammaticalizzazione dell’ausiliare’ che, secondo alcuni autori, sta alla base dell’uso di essere e avere come ausiliari per la 3 formazione dei tempi composti. Successivamente, riassumeremo l’analisi degli ausiliari ‘essere’ e ‘avere’ elaborata da Benveniste (1980). Infine, affronteremo l’analisi semantica e sintattica della variazione nella selezione dell’ausiliare con i verbi intransitivi. Quanto all’approccio semantico, verranno presi in considerazione l’aspetto e i parametri della telicità e dell’agentività. Quanto all’approccio sintattico, discuteremo l’Ipotesi dell’Inaccusatività avanzata da Perlmutter (1978) e i test di inaccusatività elaborati da Burzio (1986). Nel secondo capitolo, focalizzeremo la nostra attenzione sull’approccio semantico della selezione dell’ausiliare. In particolare, tratteremo dell’approccio gerarchico di Legendre e Sorace (2010) le quali, basandosi sulla The Auxiliary Selection Hierarchy di Sorace (2000), elaborano uno schema della distribuzione degli ausiliari essere/être e avere/avoir in italiano e in francese. Dopo aver introdotto brevemente la gerarchia di Sorace (2000), ci concentreremo sull’italiano e sul francese analizzando in dettaglio ogni classe verbale individuata dalla gerarchia elaborata da Legendre e Sorace (2010). Il terzo capitolo presenta un’analisi più dettagliata di alcuni gruppi di verbi particolari della gerarchia di Sorace (2000). Infatti, è possibile osservare delle irregolarità all’interno di certe classi verbali della gerarchia. Ci sono, infatti, verbi che possono selezionare entrambi gli ausiliari. Per l’italiano, si tratta dei verbi correre, volare e saltare, che denotano dei processi di movimento controllato, mentre per il francese si tratta dei verbi di cambiamento di stato monter e descendre. In seguito, analizzeremo i verbi meteorologici che in italiano selezionano sia essere che avere, mentre in francese ammettono solo l’ausiliare avoir. Successivamente, tratteremo della selezione dell’ausiliare con i verbi di cambiamento di stato. In italiano, questi verbi selezionano generalmente l’ausiliare essere ma possono anche selezionare entrambi gli ausiliari, mentre in francese selezionano sempre l’ausiliare avoir. Per tutti questi verbi, esamineremo la variabilità nella selezione dell’ausiliare e i parametri che entrano in gioco nella variazione della selezione dell’ausiliare. Infine, analizzeremo il fenomeno della ristrutturazione, che riguarda solo l’italiano. In particolare, prenderemo in considerazione gli studi di Rizzi (1982) e di Cinque (2006) su questo fenomeno e focalizzeremo la nostra attenzione sul legame tra la ristrutturazione e il cambio di ausiliare. Nell’ultimo capitolo presenteremo le nostre osservazioni su alcuni aspetti della variazione nella selezione dell’ausiliare trattati nel corso del nostro studio. Sulla base dell’analisi degli ausiliari ‘essere’ e ‘avere’ elaborata da Benveniste (1980), discuteremo la differenza nella 4 distribuzione degli ausiliari essere/être e avere/avoir in italiano e in francese. Successivamente, descriveremo i punti forti e i punti deboli dell’approccio gerarchico della distribuzione degli ausiliari essere/être e avere/avoir elaborato da Legendre e Sorace (2010). Infine, confronteremo l’approccio semantico e quello sintattico e cercheremo di individuare quali sono i punti di forza e i punti deboli di entrambi gli approcci. 5 1 L’ausiliare: generalità 1.1 Definizione di ausiliare Prima di cominciare ad analizzare la distribuzione e la variazione nella selezione dell’ausiliare in italiano e in francese, è necessario dare una definizione di ‘verbo ausiliare’. A questo proposito, abbiamo consultato il dizionario Zingarelli (2008), la Grammatica italiana: italiano comune e lingua letteraria (1996) di Serianni e il Dizionario di linguistica (2004) di Beccaria. Lo Zingarelli (2008: 126) dà la seguente definizione di ‘verbo ausiliare’: ausiliare: A. agg. che aiuta / Verbo ausiliare, che serve a formare i tempi composti e il passivo (in italiano, sono tali il verbo essere e avere). B. s.m. e f. Chi presta aiuto, collaborazione. C. s.m. Verbo ausiliare. Il nuovo Zingarelli minore (2008: 126) Dalla definizione data nello Zingarelli (2008), si evince che il verbo ausiliare è un elemento verbale che serve alla formazione dei tempi composti e del passivo. In italiano, i verbi ausiliari corrispondono alle forme verbali essere e avere, mentre i loro corrispettivi francesi sono être e avoir. Lo Zingarelli (2008) dà, tuttavia, una definizione piuttosto semplicistica di verbo ausiliare, che non prende in considerazione la varietà d’uso di queste forme verbali. Il problema della variazione nella selezione dell’ausiliare nei tempi composti non viene infatti dallo Zingarelli (2008). A differenza dello Zingarelli (2008), la definizione di ausiliare data dalla Grammatica italiana: italiano comune e lingua letteraria (1996: 391) è più elaborata poiché considera anche il fenomeno della variazione nella selezione dell’ausiliare. In particolare, i verbi essere e avere vengono classificati nella categoria degli ‘ausiliari propriamente detti’: 6 Si tratta essenzialmente dei verbi essere e avere, che consentono la formazione dei tempi composti con valore di passato rispettivamente: a) per la maggioranza dei verbi intransitivi, per quasi tutti i verbi impersonali, per tutti quelli riflessivi e intransitivi pronominali; b) per tutti i verbi transitivi e per un certo numero di intransitivi. Il verbo essere forma inoltre il passivo. Grammatica italiana: italiano comune e lingua letteraria (1996: 391) Serianni (1996) osserva che, in italiano moderno, la scelta dell’ausiliare non pone problemi per i verbi transitivi e per i verbi pronominali (a parte alcune eccezioni)1. La scelta dell’ausiliare si rivela invece più problematica nella formazione dei tempi composti dei verbi intransitivi e dei verbi impersonali, così come con alcuni verbi modali seguiti dall’infinito. Nel Dizionario di linguistica (2004) di Beccaria, i verbi ausiliari vengono considerati una sottocategoria nella classificazione tradizionale della categoria del verbo. L’autore dà una definizione elaborata di ‘ausiliare’: ausiliare: Nella classificazione tradizionale della categoria del verbo, l’ausiliare (lat. axuilium ‘aiuto, soccorso’) rappresenta una sottocategoria comprendente quei verbi che possono ricorrere nei sintagmi verbali in combinazione con altri verbi, svolgendo una funzione ancillare nei loro confronti sia sotto il profilo semantico che formale. Gli ausiliari stricto sensu producono una modificazione di carattere morfologico: ne sono un chiaro esempio essere ed avere in italiano, che ricorrono in unione all’infinito degli altri verbi perdendo l’autonomia semantica e dando luogo rispettivamente a 1) i tempi composti del passato del tipo sono andato, avevo fatto; 2) la diatesi passiva: era atteso; sono comprati. [...] Dizionario di linguistica (2004: 110) Dalla definizione di Beccaria (2004), si evince che l’ausiliare svolge una funzione importante all’interno del sintagma verbale del quale fa parte, da un punto di vista semantico, formale e morfologico. Tuttavia, Beccaria (2004) non allude alla varietà d’uso degli ausiliari. In particolare, l’autore non menziona il problema della variazione nella selezione dell’ausiliare nei tempi composti. 1 cfr. Serianni (1996: 391, 392) per le eccezioni. 7 1.2 La grammaticalizzazione La possibilità di utilizzare essere e avere come ausiliari per la formazione dei tempi composti è, secondo alcuni autori, il risultato di un processo di grammaticalizzazione. Il termine ‘grammaticalizzazione’ è stato utilizzato per la prima volta da Meillet (1912) nel suo articolo L’évolution des formes grammaticales. Il concetto di grammaticalizzazione circolava, tuttavia, già nel secolo precedente. In particolare, negli ultimi decenni del XX secolo, alcuni autori, tra i quali Lehmann (1982), Heine, Claudi e Hünnemeyer (1991), Hopper e Traugott (1993) e Bybee (2003) cominciano ad elaborare una teoria della grammaticalizzazione. In generale, il termine ‘grammaticalizzazione’ ammette tre possibili interpretazioni. Secondo Meillet (1912: 131), che fornisce una prima interpretazione, il termine ‘grammaticalizzazione’ designa l’evoluzione di una forma lessicale verso uno statuto grammaticale, cioè “l’attribution du caractère grammatical à un mot jadis autonome”. In particolare, secondo l’autore, il passaggio di una parola autonoma alla funzione di un elemento grammaticale costituisce, accanto all’analogia, uno dei procedimenti che conducono alla creazione di nuove forme grammaticali. Secondo Meillet, dunque, anche gli ausiliari essere e avere, che vengono utilizzati nel perfetto analitico delle lingue romanze, hanno subito un processo di grammaticalizzazione. Meillet (1912: 131) riporta un esempio dal francese che dimostra chiaramente che gli ausiliari essere/être e avere/avoir sono il risultato dell’attribuzione di una funzione grammaticale ad una parola originariamente autonoma: (1) a. je suis celui qui suis b. je suis chez moi c. je suis malade d. je suis parti (verbo di esistenza) (‘essere in un luogo’) (copula) (ausiliare) Nella prima frase, être viene impiegato come verbo di esistenza ed è dunque una parola autonoma. Nella seconda frase, invece, être ha già perso un certo grado di autonomia e viene impiegato come predicato locativo. Nella terza frase, être funziona come copula e mostra, di conseguenza, già alcune caratteristiche di un elemento tipicamente grammaticale. Nell’ultima frase, être è un elemento pienamente grammaticale, cioè un ausiliare. Più precisamente, in (1d) fa parte di una forma grammaticale complessa che esprime il passato. 8 Il campione di frasi riportate in (1) mostra la progressiva trasformazione di être da verbo di esistenza, pienamente lessicale, a verbo ausiliare in cui la sua funzione è prettamente grammaticale. In altre parole, un verbo che si trasforma in ausiliare subisce una perdita progressiva del proprio significato lessicale, della propria autonomia sintattica e del proprio peso fonologico. Secondo Meillet (1912: 133), il processo di grammaticalizzazione ha delle conseguenze importanti per la lingua, poiché trasforma l’intero sistema, conduce alla creazione di nuove forme e porta all’introduzione di categorie che non avevano ancora ricevuto un’espressione linguistica2. Nel suo lavoro Thoughts on grammaticalization, Lehmann (2002: 29) osserva che la grammaticalizzazione può invertire i rapporti sintattici tra due forme verbali all’interno di un enunciato. Spiegheremo qui di seguito il cambiamento che la grammaticalizzazione può provocare dal punto di vista di Lehmann (2002). Com’è noto, in una costruzione verbale analitica una delle due forme verbali svolge la funzione di ausiliare. Secondo Lehmann (2002: 29, 30), prima del processo di grammaticalizazzione, l’ausiliare è il verbo principale sintattico, mentre l’altra forma verbale della costruzione analitica porta il significato lessicale. In seguito al processo di grammaticalizzazione, l’ausiliare perde le sue proprietà verbali e, di conseguenza, non può più reggere il verbo lessicale. Dopo la sua trasformazione in una marca del tempo, modo o aspetto, l’ausiliare dipende dal verbo lessicale che è diventato il verbo principale dopo la grammaticalizzazione: ausiliare verbo principale + forma verbale GRAMMATICALIZZAZIONE ausiliare + forma verbale verbo principale Secondo alcuni autori, il tipo di innovazione causato dalla grammaticalizzazione costituisce una conseguenza immediata e naturale dell’utilizzazione delle lingue. Meillet (1912), per esempio, sostiene che l’inizio del processo di grammaticalizzazione viene provocato dal desiderio di espressività da parte degli utenti di una lingua. La formazione della negazione fornisce un’illustrazione chiara di questo processo. In indoeuropeo, per esempio, la parola ne non era sufficientemente espressiva in situazioni nelle quali i parlanti volevano insistere sulla 2 Meillet (1912: 133): “[…] la « grammaticalisation » de certains mots crée des formes neuves, introduit des catégories qui n'avaient pas d'expression linguistique, transforme l'ensemble du système.” 9 negazione. Per questo motivo ne è stata rinforzata mediante l’aggiunta di un’altra parola come, per esempio, in francese dall’avverbio pas, dando così origine a una forma negativa complessa costituita da due elementi, cioè ne... pas. Una seconda interpretazione del termine ‘grammaticalizzazione’ rimanda all’evoluzione di una forma grammaticale verso uno statuto più grammaticale. Kurylowicz (1975: 52) è stato il primo a dare una definizione più ampia del concetto di grammaticalizzazione: Grammaticalization consists in the increase of the range of a morpheme advancing from a lexical to a grammatical or from a less grammatical to a more grammatical status, e.g. from a derivative formant to an inflectional one. Successivamente, Hopper e Traugott (2003: 1) hanno fornito una terza possibile interpretazione del termine ‘grammaticalizzazione’, utilizzandolo per designare anche la grammaticalizzazione di intere costruzioni: “Grammaticalization” refers to that part of the study of language change that is concerned with such questions as how lexical items and constructions come in certain linguistic contexts to serve grammatical functions or how grammatical items develop new grammatical functions. Gli ausiliari essere e avere in italiano e être e avoir in francese sono dunque, secondo alcuni autori, il risultato di un processo di grammaticalizzazione. Nel paragrafo seguente, analizzeremo più in dettaglio la natura e le caratteristiche sintattiche, semantiche e morfologiche di questi due ausiliari. 1.3 Gli ausiliari ‘essere’ e ‘avere’ Sia l’italiano che il francese dispongono di due ausiliari per la formazione dei tempi composti. Questa scelta tra essere/être e avere/avoir può essere considerata come una peculiarità di queste due lingue romanze3. È stato infatti osservato che la maggior parte delle lingue del mondo non hanno il verbo ‘avere’. In lingue come il russo e il persiano, per esempio, esiste soltanto l’ausiliare ‘essere’. 3 All’interno del gruppo delle lingue indoeuropee, l’introduzione di avere è avvenuta tardivamente e si è imposta lentamente e solo parzialmente. (Meillet, 1924: 9-13 e Benveniste, 1980: 195) 10 Nel suo articolo « Être » et « avoir » dans leurs fonctions linguistiques, Benveniste (1980) si è interessato alla natura e alle caratteristiche degli ausiliari ‘essere’ e ‘avere’. Qui di seguito riassumeremo brevemente la sua analisi. 1.3.1 ‘Essere’ Secondo Benveniste (1980: 187), l’aspetto problematico concernente il verbo ‘essere’ è dovuto alla coesistenza dialettica tra le sue due funzioni. Da una parte, ‘essere’ può funzionare come una copula, cioè come una marca grammaticale dell’identità (nozione grammaticale), mentre, dall’altra, può comportarsi come un verbo di pieno esercizio (nozione lessicale). Quando si analizza l’uso del verbo ‘essere’, è necessario dunque precisare se si tratta del verbo ‘essere’ impiegato come copula o come verbo di pieno esercizio. Quanto alla nozione lessicale, in indoeuropeo questo lessema viene rappresentato da *es-, che significa ‘avere esistenza, trovarsi nella realtà’. Le nozioni ‘esistenza’ e ‘realtà’ si riferiscono a ciò che è autentico e vero. Nel corso della storia di certe lingue indoeuropee, *es- è spesso stato sostituito da un altro lessema, che conserva però sempre lo stesso significato. Nel suo uso grammaticale, invece, ‘essere’ serve a marcare l’identità tra due elementi nominali all’interno di un enunciato. È importante notare che non esiste nessun rapporto di natura o di necessità tra la nozione lessicale di ‘esistere’ e la funzione di copula. Tuttavia, i due termini e le due funzioni di ‘essere’ vengono spesso confuse, il che rende difficile l’analisi del verbo. Secondo Benveniste (1980), dobbiamo chiederci com’è possibile che un unico verbo ‘essere’ può funzionare sia come copula, dando espressione verbale ad un rapporto di identità, che come lessema, esprimendo il concetto di ‘esistenza’4. Le lingue del mondo hanno concepito diverse soluzioni per esprimere il rapporto di identità e il concetto di ‘esistenza’. Nella maggior parte delle lingue indoeuropee, tra cui l’italiano e il francese, il lessema *es- è stato utilizzato sia nella funzione di copula che in quella di verbo di esistenza. In questo modo, si è giunti alla riduzione di due categorie in un’unica categoria che ha permesso di cancellare l’opposizione tra due forme verbali distinte: una copulativa e l’altra esistenziale. Di conseguenza, il sistema della flessione temporale si è semplificato. Si è formato, infatti, un 4 Benveniste (1980: 189): “Comment un verbe « être » existe-t-il, donnant expression verbale e consistance lexicale à une relation logique dans un énoncé assertif?”. 11 insieme di paradigmi temporali più regolari. In seguito a questa generalizzazione di *es-, ‘essere’ è diventato un lessema capace di esprimere l’esistenza e di asserire un rapporto di identità tra due elementi. 1.3.2 ‘Avere’ Anche il verbo ‘avere’ viene utilizzato come ausiliare per la formazione dei tempi composti. Tuttavia, esso ha delle caratteristiche diverse rispetto a ‘essere’. Accanto al suo uso come ausiliare, ‘avere’ è anche in grado di funzionare come un verbo autonomo. In questo caso, può essere considerato come un verbo attivo simile agli altri verbi appartenenti alla classe dei verbi attivi, con una reggenza transitiva di oggetto e con un significato definibile. ‘Essere’ e ‘avere’ presentano delle analogie quanto al loro impiego come ausiliari temporali e sono in distribuzione complementare. Ogni verbo seleziona infatti necessariamente ‘essere’ (2a, b) o ‘avere’ (3a, b) ai tempi composti: (2) a. L’uomo *ha / è arrivato. b. L’homme *a / est arrivé. (3) a. L’uomo ha / *è dormito. b. L’homme a / *est dormi. Tuttavia, possiamo osservare alcune differenze fondamentali riguardanti la loro natura lessicale e il loro comportamento sintattico quando vengono utilizzati come verbi autonomi. Nei contesti in cui ‘essere’ e ‘avere’ non svolgono la funzione di ausiliare, la costruzione con ‘essere’ è predicativa, mentre quella con ‘avere’ è transitiva. Benveniste (1980: 194) sostiene che si tratta di una differenza essenziale e considera il fatto che un verbo transitivo possa diventare un ausiliare, come un aspetto problematico. Secondo l’autore, la costruzione transitiva di ‘avere’ è in realtà un’illusione5. Non può esistere un rapporto di transitività tra il soggetto e l’oggetto di ‘avere’ che è un verbo che non può esprimere un processo vero e proprio. In altre parole, secondo Benveniste (1980), la costruzione transitiva si presenta come un semplice fenomeno formale e non permette di classificare ‘avere’ nella classe dei verbi 5 Benveniste (1980: 194): “Avoir a la construction d’un verbe transitif ; il n’en est pas un pour autant. C’est un pseudo-transitif.” 12 transitivi. Specificheremo qui di seguito le ragioni che spingono Benveniste (1980) a definire ‘avere’ come un verbo non transitivo. In molte lingue del mondo, il rapporto di possessione indicato dal verbo ‘avere’ viene espresso con la perifrasi essere a/être à6, nella quale il soggetto corrisponde all’oggetto grammaticale del verbo ‘avere’. Questa costruzione risale al latino, dove la costruzione mihi est esisteva accanto alla forma verbale habeo7: mihi est aliquid mihi est pecunia habeo aliquid habeo pecuniam Benveniste (1980: 196) osserva che il tipo mihi est sembra prevalere sul tipo habeo e che quest’ultimo può essere considerato come una forma derivata dal tipo mihi est. Habeo è l’inverso di mihi est e ne costituisce solo una variante secondaria, di distribuzione limitata. Come abbiamo già osservato, il soggetto della costruzione mihi est corrisponde all’oggetto grammaticale di habeo. Questo soggetto (caso nominativo) rappresenta l’elemento posseduto e il possessore viene indicato dal caso dativo. Quando il rapporto di possessione viene espresso mediante il tipo habeo, l’oggetto (caso accusativo) corrisponde all’elemento posseduto e il soggetto (caso nominativo) può essere qualificato semanticamente come sede di uno stato. Il soggetto non assume il ruolo tematico dell’Agente di un processo. Di conseguenza, non si stabilisce un rapporto transitivo tra l’oggetto e il soggetto; ‘avere’ è solo un verbo pseudo-transitivo. A partire da queste osservazioni si evince che, secondo Benveniste (1980), il verbo ‘avere’ deve essere analizzato come un verbo di stato. Dal momento che si può considerare ‘essere’ come il verbo di stato per eccellenza, è interessante esaminare il tipo di rapporto che esiste tra questi due verbi. Quanto al loro uso come ausiliari temporali, abbiamo già osservato che ‘essere’ e ‘avere’ sono in distribuzione complementare (cfr. supra). Questa complementarità vale anche sul piano lessicale. Infatti, ‘essere’ rappresenta lo stato di chi è qualcuno o qualcosa, mentre ‘avere’ esprime lo stato di chi possiede qualcosa. Questa dicotomia è evidente anche quando ‘essere’ e ‘avere’ vengono utilizzati come ausiliari. In questo caso, la 6 In francese, esiste la costruzione être à qqn, che viene utilizzata come una locuzione, per esempio nella frase Ce livre est à nous. Tuttavia, la locuzione francese être à non ha la stessa funzione di est mihi in latino, che indica lo stesso rapporto di habeo. In francese, le due costruzioni denotano due rapporti diversi, cioè possesso con avere ed appartenenza con être à. In italiano, una tale locuzione non esiste. 7 Esempi tratti da Benveniste (1980: 196, 197). 13 complementarità concerne il tipo di rapporto che ‘essere’ e ‘avere’ stabiliscono tra due elementi nominali all’interno di una costruzione e la posizione del soggetto rispetto al processo espresso dal verbo. ‘Essere’ esprime un rapporto di identità intrinseco, cioè nel perfetto con ‘essere’ il soggetto fa parte del processo stesso. ‘Avere’, invece, esprime un rapporto estrinseco, cioè il perfetto con ‘avere’ presenta il soggetto come il possessore del processo in questione e gli elementi nominali in relazione con il verbo sono e rimangono sempre due entità distinte. In conclusione, possiamo affermare che esiste una differenza essenziale tra ‘essere’ e ‘avere’ quando non vengono utilizzati come verbi ausiliari. Questa differenza concerne la diversa costruzione in cui entrano: la costruzione con ‘essere’ è predicativa, mentre quella con ‘avere’ è transitiva8. Tuttavia, esistono anche delle analogie tra ‘essere’ e ‘avere’, che riguardano il loro funzionamento come ausiliari nei tempi composti. Come abbiamo già osservato, questi verbi sono in distribuzione complementare, salvo alcune eccezioni (cfr. capitolo 2 e 3). La distribuzione complementare di ‘essere’ e ‘avere’ è osservabile su tre piani. In primo luogo, ogni verbo seleziona necessariamente uno di questi due ausiliari per formare i tempi composti. In secondo luogo, possiamo osservare una distribuzione complementare che riguarda lo stato che ‘essere’ e ‘avere’ esprimono quando vengono utilizzati come verbi autonomi. In terzo luogo, la complementarità si presenta nel tipo di rapporto che i verbi ausiliari ‘essere’ e ‘avere’ stabiliscono tra due elementi nominali, cioè, rispettivamente, un rapporto intrinseco o estrinseco. 1.4 Analisi semantica e sintattica della variazione nella selezione dell’ausiliare con i verbi intransitivi Come abbiamo già osservato all’inizio del nostro studio, la variazione nella selezione dell’ausiliare con i verbi intransitivi costituisce un aspetto problematico. Infatti, non esiste un’unica regola che sia in grado di rendere conto della selezione dell’ausiliare nelle lingue che dispongono di due ausiliari come, per esempio, l’italiano e il francese. A proposito dell’esistenza di due ausiliari per la formazione dei tempi composti con i verbi intransitivi, i linguisti parlano di ‘split intransitivity’ ovvero di ‘intransitività scissa’. 8 Va osservato che la costruzione transitiva di avere è in realtà un’illusione, come abbiamo spiegato sopra. 14 A seconda del tipo di ausiliare selezionato, i verbi intransitivi si dividono nella classe dei verbi ‘inaccusativi’, che selezionano l’ausiliare essere/être e nella classe dei verbi ‘inergativi’, che selezionano l’ausiliare avere/avoir9. Molti linguisti, tra i quali Perlmutter (1978), Burzio (1981, 1986), Perlmutter e Postal (1984), Rosen (1984), Sorace (2000) e Legendre e Sorace (2010), si sono interessati all’analisi della variazione nella selezione dell’ausiliare con i verbi intransitivi, sviluppando considerazioni diverse di tipo semantico e sintattico. Qui di seguito, focalizzeremo prima la nostra attenzione sull’approccio semantico della selezione dell’ausiliare e, successivamente, sull’approccio sintattico. 1.4.1 Approccio semantico Tra gli autori che si sono interessati alla variazione nella selezione dell’ausiliare da un punto di vista semantico, ricordiamo Grimshaw (1990), Levin e Rappaport-Hovav (1995), Sorace (2000), Asnes (2004) e Legendre e Sorace (2010). Poiché l’aspetto gioca un ruolo fondamentale nel capire la variazione nella selezione dell’ausiliare da un punto di vista semantico, tratteremo qui di seguito prima la nozione di ‘aspetto’, successivamente le principali teorie della tipologia degli aspetti lessicali e, infine, i parametri della telicità e dell’agentività. 1.4.1.1 L’aspetto Nell’approccio semantico allo studio della variazione degli ausiliari ‘essere’ e ‘avere’, viene data una grande importanza all’analisi aspettuale dei predicati verbali. Asnes (2004) osserva che all’interno della grammatica la nozione di aspetto sembra difficilmente definibile e afferrabile, benché esista un gran numero di studi e ricerche a questo proposito (vedi, tra gli altri, Vendler (1957), Comrie (1976), Vet (1980) e Tenny (1994)). La nozione di aspetto proviene dalla descrizione delle lingue slave. Visto che le lingue romanze non hanno marche morfologiche di aspetto, si è cercato di individuare nelle lingue romanze delle categorie equivalenti all’aspetto delle lingue slave. I tratti aspettuali possono essere di tipo funzionale e lessicale. L’aspetto funzionale viene espresso attraverso la flessione temporale, mentre l’aspetto lessicale può essere considerato 9 La bipartizione in verbi inaccusativi e verbi inergativi risale a Perlmutter (1978), nell’ambito della Grammatica Relazionale, mentre la maggior parte delle grammatiche descrittive non adotta questa bipartizione. 15 come l’aspetto inerente ai predicati verbali o ai predicati verbali con i loro argomenti. Altre denominazioni per l’aspetto lessicale, come, per esempio, ‘aspetto non deittico’, ‘Aktionsart’ e ‘modo dell’azione’, indicano che i predicati verbali possono riferire, attraverso il loro proprio significato lessicale e indipendentemente dalle marche morfologiche che li accompagnano, a vari tipi di situazioni e processi. 1.4.1.2 Le teorie della tipologia degli aspetti lessicali Asnes (2004) fornisce una rassegna delle principali teorie della tipologia degli aspetti lessicali. La prima classificazione della tipologia degli aspetti lessicali è stata elaborata dal filosofo greco Aristotele. La sua descrizione sistematica degli eventi sta alla base delle descrizioni successive degli aspetti lessicali dei predicati verbali. La classificazione di Aristotele è stata infatti ripresa e rielaborata da filosofi del linguaggio quali, per esempio, Vendler (1957) in Verbs and times e Kenny (1963) in Action, Emotion and Will. I lavori di Vendler e Kenny costituiscono il punto di partenza per un gran numero di ricerche sugli aspetti lessicali dei predicati verbali. Vendler (1957) elabora un’analisi dell’aspetto dei predicati verbali che prevede una quadripartizione degli eventi. Più precisamente, secondo Vendler, esistono i verbi denotanti uno stato, un’attività, un compimento composizionalmente telico e un compimento intrinsecamente telico. Vendler (1957) elabora tre test aspettuali, e cioè il test del progressivo, il test della durata e il test della puntualità, che permettono di individuare tre distinzioni aspettuali di tipo binario. Una prima distinzione divide i verbi in due grandi classi, cioè i verbi che hanno luogo in un intervallo di tempo e i verbi che non hanno luogo in un intervallo di tempo. All’interno della prima classe, Vendler oppone i processi delimitati a quelli non delimitati. All’interno della seconda classe, l’autore distingue tra i processi durativi e puntuali. Qui di seguito tratteremo più in dettaglio i tre test proposti da Vendler. Il primo test, il test del progressivo, permette di fare una distinzione tra verbi che denotano dei processi che sono composti da fasi successive e verbi che non denotano processi10: 10 Esempi tratti da Asnes (2004: 60). 16 (4) a. Il est en train de danser. b. Il est en train de peindre un tableau. c. *Il est en train de savoir. d. ?Il est en train d’atteindre le sommet. In (4a) e (4b), il verbo danser e il predicato verbale peindre un tableau descrivono processi che occupano un intervallo di tempo e che sono composti di sottointervalli successivi. I verbi degli altri due esempi non denotano processi che hanno luogo nel tempo. In (4c), il verbo savoir esprime piuttosto uno stato che dura nel tempo, mentre il processo/l’evento descritto dal predicato atteindre le sommet in (4d) denota un punto terminale. Il test del progressivo fa una distinzione tra i verbi di attività (4a) e i verbi composizionalmente telici (4b) da un lato, e i verbi di stato (4c) e i verbi intrinsecamente telici (4d) dall’altro. Il secondo test, cioè il test della durata, permette di fare una suddivisione all’interno della categoria dei verbi che denotano dei processi. Vendler (1957) distingue i verbi che descrivono dei processi in verbi denotanti un’attività e in verbi denotanti dei compimenti, cioè dei processi che sono orientati verso un termine11: (5) a. Il a dansé pendant deux heures / *en deux heures. b. Il a peint le tableau *pendant deux heures / en deux heures. In (5a), il verbo di attività danser denota un processo in cui tutti i sottointervalli in cui può essere scomposta l’attività descritta dal verbo hanno la stessa natura dell’intero intervallo. Di conseguenza, questo verbo è compatibile con gli avverbi di durata introdotti da pendant, che mettono in rilievo la struttura interna dell’intervallo. Per questo motivo, i verbi denotanti un’attività vengono anche definiti verbi atelici12. Il verbo di attività non può essere accompagnato da avverbi introdotti dalla preposizione en, i quali presentano, invece, il processo come delimitato da un punto terminale. I verbi composizionalmente telici come peindre un tableau in (5b) descrivono, invece, dei processi in cui i sottointervalli sono diversi dall’intero intervallo. I verbi composizionalmente telici sono compatibili con gli avverbi introdotti da en, visto che si tratta di processi orientati verso un termine. Per questo motivo, i verbi denotanti un compimento vengono anche definiti 11 12 Esempi tratti da Asnes (2004: 61). cfr. § 1.4.1.3 La telicità e l’agentività per la nozione di atelicità 17 verbi telici13. Questi verbi sono incompatibili con gli avverbi introdotti da pendant, poiché questi avverbi delimitano soltanto un sottointervallo che non contiene necessariamente il punto terminale. In sintesi, le attività costituiscono processi omogenei che non sono telici e che sono costituiti di sottointervalli che hanno la stessa natura dell’intero intervallo. I compimenti, per contro, sono processi eterogenei poiché delimitati da un punto terminale. Di conseguenza, non tutti i sottointervalli hanno la stessa natura dell’intero intervallo. Il terzo test, cioè il test della puntualità, permette di fare una distinzione all’interno della classe dei verbi telici. In (6a), il predicato arriver è compatibile con espressioni avverbiali di puntualità, mentre esclude espressioni di durata. Si tratta di realizzazioni che occupano soltanto un momento sull’asse temporale e che sono dunque processi puntuali, delimitati da un punto terminale. Il predicato aimer in (6b) può essere accompagnato da espressioni di durata, poiché denota uno stato che dura nel tempo, cioè non delimitato da un punto terminale: (6) a. Il est arrivé ici à midi / *pendant trois ans. b. Il l’a aimée pendant trois ans / *à midi. Tuttavia, i verbi che denotano uno stato e i verbi intrinsecamente telici non si comportano allo stesso modo quando vengono impiegati con gli avverbi puntuali. Carlson (1981: 37) ha osservato che sia i verbi di stato che i verbi intrinsecamente telici sono compatibili con gli avverbi puntuali. Nell’esempio seguente, così come il verbo intrinsecamente telico arriver (6a), anche il verbo être malade denotante uno stato è compatibile con un’espressione puntuale14: (7) À ce moment-là il était malade. Secondo Carlson (1981), la compatibilità dei verbi di stato e dei verbi intrinsecamente telici con gli avverbi puntuali indica che i due tipi di eventi espressi da questi verbi verificano il loro valore di verità ad un certo momento e che sono dunque marcati dal tratto [+puntuale]. A proposito degli stati, Recanati e Recanati (1999) hanno osservato che essi non possedono una 13 14 cfr. § 1.4.1.3 La telicità e l’agentività per la nozione di telicità Esempi tratti da Asnes (2004: 62). 18 durata intrinseca, cioè che non possono durare, al contrario delle attività e dei compimenti, che occupano necessariamente un intervallo del tempo. Kenny (1963) modifica la classificazione di Aristotele e perviene ad individuare una tripartizione degli eventi descritti dai predicati verbali. Più precisamente, sulla base di una serie di test aspettuali, Kenny divide i verbi in verbi denotanti uno stato, un’attività e una performance. Ad un primo livello, Kenny fa una distinzione tra i predicati dinamici che accettano la forma progressiva e i predicati stativi (cioè predicati di stato) che non la accettano. Ad un secondo livello, Kenny distingue, all’interno della classe dei predicati dinamici, tra i verbi che descrivono un processo che può essere prolungato in modo indefinito (attività) e quelli che devono raggiungere il loro termine definitivo (performance). Le tipologie di Vendler e Kenny stanno alla base degli sviluppi ulteriori riguardanti lo studio dell’aspetto lessciale. Diversi autori hanno elaborato nuove classificazioni dei tipi di aspetto verbale, modificando la terminologia tradizionale. Di conseguenza, esiste una grande diversità di terminologie e di categorie riguardanti l’aspetto verbale. Nel suo libro, Asnes (2004: 64) fornisce una sintesi dei lavori sull’aspetto lessicale basati sulle proposte di Kenny e Vendler. Gli autori che si sono basati sulla tipologia di Vendler sono Dowty (1979), Carlson (1981) e Recanati e Recanati (1999). Soprattutto le classificazioni di Vet (1980) e Borillo (1988) meritano di essere menzionate, visto che si distinguono da tutte le altre citate da Asnes15. Infatti, le classificazioni di Vet (1980) e Borillo (1988) sono suddivise in due categorie essenziali: situazioni non transizionali e transizionali (terminologia di Vet) o situazioni non terminative e terminative (terminologia di Borillo). Le nozioni ‘transizionale’ e ‘terminativo’ implicano la presenza di un punto terminale dell’azione. Si tratta di processi telici, cioè avendo un termine, e delimitati da questo termine. Asnes (2004: 69) conclude che è possibile individuare due tendenze principali nella classificazione dei tipi di predicati verbali. Da un lato, certi autori tendono ad apportare delle migliorie alle teorie elaborate da Kenny o Vendler, che hanno un carattere filosofico piuttosto che linguistico e che testimoniano dell’insufficienza dei dati empirici. Dall’altro, certi autori tendono ad unire le categorie dei predicati verbali in categorie più grandi. In questo modo, 15 Nella sua rassegna degli autori posteriori a Kenny e Vendler, Asnes (2004: 64) cita Taylor (1977), Mourelatos (1978), Dowty (1979), Vet (1980), Carlson (1981), Bach (1986), Borillo (1988) e Recanati e Recanati (1999). 19 cercano di gerarchizzare e sistematizzare la descrizione degli aspetti e di mostrare i principi comuni a certe categorie. 1.4.1.3 La telicità e l’agentività Due parametri in particolare devono essere presi in considerazione per quanto riguarda l’approccio semantico della selezione dell’ausiliare in italiano e in francese. Si tratta del parametro aspettuale della telicità e del parametro tematico dell’agentività. La telicità costituisce un parametro aspettuale. La nozione di telicità implica la presenza di un punto terminale (telos significa ‘scopo, fine’). Generalmente, un alto grado di telicità viene associato alla selezione dell’ausiliare essere/être e dunque ai verbi inaccusativi. L’agentività, invece, viene considerata come un parametro tematico. La nozione di agentività implica la presenza di una volontà da parte dell’Agente del processo. In generale, un alto grado di agentività viene associato alla selezione dell’ausiliare avere/avoir e dunque ai verbi inergativi. Sorace (2000) ha incorporato i parametri aspettuali e tematici in una gerarchia di classi verbali (cfr. capitolo 2). 1.4.2 Approccio sintattico Per molti linguisti, l’approccio semantico della selezione dell’ausiliare non è soddisfacente poiché risulta difficile delimitare i parametri semantici e stabilire a quale classe semantica appartiene ogni verbo. L’approccio sintattico allo studio della variazione nella selezione dell’ausiliare con i verbi intransitivi prevede uno studio approfondito delle caratteristiche sintattiche del soggetto dei verbi intransitivi selezionanti l’ausiliare ‘avere’ e di quelli selezionanti l’ausiliare ‘essere’. Analizzeremo brevemente questo approccio nel sottoparagrafo seguente. 1.4.2.1 L’Ipotesi dell’Inaccusatività La grammatica relazionale (Perlmutter (1978), Perlmutter e Postal (1984)) è un approccio di tipo sintattico allo studio della variazione nella selezione degli ausiliari ‘essere’ e ‘avere’ con i 20 verbi intransitivi. Perlmutter (1978) ha formulato l’Ipotesi dell’Inaccusatività16, un approccio che riprende la divisione, fatta su base semantica, dei verbi intransitivi in due classi: i verbi inaccusativi, che selezionano l’ausiliare essere/être e i verbi inergativi, che selezionano avere/avoir. Questi due tipi di verbi hanno delle caratteristiche sintattiche diverse. Secondo l’ipotesi di Perlmutter (1978), i verbi intransitivi che selezionano essere/être nei tempi composti selezionano come unico argomento un oggetto tematico17. Si verifica, infatti, che, da un punto di vista semantico, il soggetto è affettato dal processo descritto dal verbo e, per questo, esso può essere analizzato tematicamente come un oggetto. Il soggetto dei verbi inaccusativi presenta delle proprietà sintattiche simili a quelle degli oggetti diretti dei verbi transitivi, visto che sia il soggetto dei verbi inaccusativi che l’oggetto diretto dei verbi transitivi sono degli argomenti interni. Di conseguenza, il soggetto dei verbi inaccusativi, allo stesso modo dell’oggetto dei verbi transitivi, può essere cliticizzato con il pronome clitico ne/en. I verbi che selezionano avere/avoir nei tempi composti, selezionano come unico argomento esterno un soggetto, che, tematicamente, viene analizzato come un Agente vero e proprio, non affettato dal processo espresso dal verbo. Questo soggetto presenta le stesse proprietà sintattiche dei soggetti dei verbi transitivi e seleziona anche lo stesso ausiliare dei verbi transitivi. Questa differenza sintattica può essere rappresentata come segue18: Strutture intransitive19 1.4.2.2 Verbi inergativi: NP [VP V] Verbi inaccusativi: ___ [VP V NP] I test di inaccusatività Per quanto riguarda i verbi inaccusativi, osserviamo che le correlazioni che conducono a considerare un verbo come inaccusativo sono molteplici. Nel suo studio sulla sintassi dell’italiano e, in particolare, sull’ipotesi inaccusativa, Burzio (1981, 1986) discute cinque test sintattici di inaccusatività: la selezione dell’ausiliare ‘essere’, la frase impersonale, il pronome clitico ne, il participio assoluto e la frase relativa ridotta. Tuttavia, l’affidabilità di questi test può essere contestata. Tratteremo qui di seguito più in dettaglio questi cinque test. 16 Burzio (1986) ha analizzato l’Ipotesi dell’Inaccusatività nell’ambito della teoria di ‘Governement and Binding’. 17 Possiamo osservare un’analogia con la struttura passiva, costrutta mediante l’ausiliare essere. Il soggetto della struttura passiva corrisponde all’oggetto del verbo della costruzione attiva corrispondente. 18 Rappresentazione tratta da Legendre e Sorace (2010: 171). 19 NP sta per Noun Phrase e VP sta per Verb Phrase. In italiano, NP equivale a SN e VP equivale a SV. 21 La selezione dell’ausiliare ‘essere’ L’accordo obbligatorio del participio passato per genere e numero con il soggetto costituisce una caratteristica correlata alla selezione dell’ausiliare essere/être, come in (8). L’accordo del participio passato per il genere e il numero può dunque essere considerato come una prova di inaccusatività. I verbi che selezionano l’ausiliare avere/avoir, invece, non accordano il participio passato con il soggetto, come in (9)20: (8) a. Maria è arrivata. Marie est arrivée. b. Le ragazze furono viste. Les garçons furent vus. c. Loro si sono lavati. Ils se sont lavés. (9) a. *Maria ha dormita. *Maria a dormie. b. *Maria ha comprata due camicie. *Maria a achetée deux chemisiers. Cocchi (1995) osserva che, poiché il soggetto delle frasi nelle quali il verbo seleziona ‘essere’ è in realtà l’oggetto tematico del verbo, il participio passato deve accordare con l’argomento interno. Secondo l’autrice, quest’osservazione viene confermata dai verbi transitivi, dove il participio passato può, e talvolta deve, fare l’accordo con l’oggetto diretto, come in (10a). La selezione dell’ausiliare ‘essere’ (se non si tratta di una struttura passiva) e l’accordo del participio passato transitivo con il clitico oggetto sono due fenomeni strettamente collegati. Cocchi21 nota che la frase (10b), malformata per molti parlanti standard, viene considerata benformata in molte varietà substandard, semidialettali o arcaizzanti22: (10) a. Maria le ha comprate. b. ?*Maria ha comprate due camicie. 20 Esempi tratti da Cocchi (1995: 18). Cocchi (1995: 19, nota 4). 22 Esempi tratti da Cocchi (1995: 19). 21 22 La frase impersonale Sia in francese, che in italiano, i verbi inaccusativi (11) e i verbi inergativi (12) sono compatibili con una costruzione impersonale. La costruzione impersonale non impone restrizioni sui verbi intransitivi, visto che il SN postverbale viene sempre retto dal verbo, sia quando è inaccusativo che quando è inergativo23: (11) a. Sono arrivate due ragazze. Il est arrivé deux filles. b. Sono andate a Venezia due ragazze. Il est allé deux filles à Venise. (12) a. Hanno telefonato duecento persone al nostro centralino da questa mattina. Il a téléphoné deux cents personnes à notre standard depuis ce matin. b. Hanno parlato solamente otto persone al nostro convegno. Il n’a parlé que huit personnes à notre colloque. Da un punto di vista sintattico, gli esempi citati dimostrano che la costruzione impersonale non permette di fare una distinzione tra verbi inaccusativi e verbi inergativi. Per questo motivo, la frase impersonale non costituisce un test affidabile di inaccusatività. Il pronome clitico ne/en Il clitico partitivo ne/en può sostituirsi solo ad un oggetto tematico, come in (13b), e mai ad un argomento esterno (13c)24: (13) a. Tre ragazzi hanno comprato due libri. Trois garçons ont acheté deux livres. b. Tre ragazzi ne hanno comprati due. Trois garçons en ont acheté deux. c. *Tre ne hanno comprato/i due libri. *Trois en ont acheté/s deux. Quanto ai verbi intransitivi, l’uso del clitico ne/en è ammesso solo in riferimento al soggetto dei verbi inaccusativi25: 23 24 Esempi tratti da Manente (2009: 69). Esempi tratti da Cocchi (1995: 19). 23 (14) a. Ne sono venuti due. b. *Ne hanno dormito/i due. Il test del pronome clitico ne/en dimostra che i soggetti inaccusativi posposti al verbo occupano una posizione di oggetto. Esiste dunque un’analogia tra il comportamento dei soggetti inaccusativi e quello degli oggetti diretti, che sono tutti e due degli argomenti interni diretti. Secondo Legendre e Sorace (2010: 194), invece, la cliticizzazione mediante il pronome ne/en non costituisce un test affidabile di inaccusatività: “En/ne does not distinguish unaccusative from unergative verbs.” Infatti, secondo le autrici, la cliticizzazione dipende dalla costruzione impersonale26, che non impone restrizioni sui verbi intransitivi (cfr. supra). Di conseguenza, la presenza di en/ne non può essere legata ad un particolare tipo di verbo. Gli esempi seguenti dimostrano che il pronome ne/en, che è correlato alla posizione dell’oggetto diretto, può sostituirsi al soggetto dei verbi inaccusativi (15) e inergativi (16)27: (15) a. Ne sono arrivati trenta (di studenti). b. Trente en sont arrivés (étudiants). (16) a. ??/*Ne hanno lavorato molti (di impiegati). b. Il en a travaillé beaucoup (d’employés). Tuttavia, il fatto che un argomento del verbo possa essere cliticizzato con il pronome clitico ne/en dimostra comunque che questo elemento deve trovarsi nella posizione sintattica di argomento interno, poiché il clitico ne/en permette di estrarre argomenti che sono generati in una posizione sintattica interna. Il participio assoluto Il participio assoluto è un participio che non viene accompagnato da un ausiliare e che può formare autonomamente una frase subordinata. Generalmente, il participio assoluto viene accompagnato da un SN, che è sempre un oggetto tematico e che si accorda con il participio28: 25 Esempi tratti da Cocchi (1995: 19). Legendre e Sorace (2010: 193): “ [...] en is ubiquitous in impersonal constructions. Not surprisingly, the partitive clitic pronoun en enhances an impersonal construction just like y does. In fact, most spontaneous elicitations of impersonal constructions start as Il en V … […]” 27 Esempi tratti da Legendre e Sorace (2010: 194). 28 Esempi tratti da Cocchi (1995: 20). 26 24 (17) a. Maria ha mangiato gli spaghetti. Marie a mangé des noix. b. Mangiati gli spaghetti, (Maria è uscita). Mangées les noix, (Marie est sortie). Per quanto riguarda i verbi intransitivi, soltanto i verbi che selezionano essere e che dispongono dunque di un oggetto diretto tematico, possono dare luogo a frasi participiali assolute benformate29: (18) a. Arrivata Maria, ... Marie arrivée, ... b. *Dormita/o Maria, ... *Marie dormi/e, ... L’Ipotesi dell’Inaccusatività tratta il participio assoluto come un test sintattico di inaccusatività affidabile, poiché è compatibile con il participio passato dei verbi transitivi e dei verbi inaccusativi, mentre i verbi inergativi non possono entrare in questa costruzione. La compatibilità sarebbe una prova del fatto che il soggetto dei verbi inaccusativi occupa la stessa posizione sintattica dell’oggetto diretto dei verbi transitivi. Secondo l’Ipotesi dell’Inaccusatività, questa compatibilità sarebbe sufficiente per dimostrare l’affidabilità del participio assoluto in quanto test sintattico di inaccusatività. La frase relativa ridotta È possibile costruire una frase relativa ridotta, che consiste di un sostantivo e di un participio passato in funzione attributiva. Il participio passato fa sempre l’accordo con l’elemento al quale si aggiunge, cioè con l’oggetto diretto nel caso dei verbi transitivi, come in (19a). Il determinatore può esprimere solo l’argomento interno del participio passato e mai quello esterno (19b)30: (19) a. Una donna accusata di omicidio ... Une femme accusée de meurtre ... 29 30 Esempi tratti da Cocchi (1995: 20). Esempi tratti da Cocchi (1995: 21). 25 b. *Una donna accusata Maria/accusatala ... *Une femme accusée Marie ... Per quanto concerne i verbi intransitivi, solo i verbi intransitivi selezionanti l’ausiliare essere/être sono compatibili con la costruzione relativa ridotta. Questo si osserva sia in italiano che in francese. La frase relativa ridotta permette dunque di fare una distinzione tra i verbi inaccusativi e inergativi31: (20) a. Una donna arrivata in ritardo ... Une femme arrivée en retard ... b. *Una donna dormita/o troppo ... *Une femme dormie/i trop ... 31 Esempi tratti da Cocchi (1995: 21). 26 2 L’ausiliare in italiano e in francese: approccio semantico All’interno delle lingue romanze principali, l’italiano e il francese sono le uniche due lingue che dispongono di due ausiliari per la formazione dei tempi composti1. Le altre lingue romanze hanno cancellato gli equivalenti di essere/être e li hanno sostituiti con l’ausiliare avere/avoir o con un altro ausiliare. Per esempio lo spagnolo, il catalano e il portoghese utilizzano, rispettivamente, haber, haver e tener. In rumeno esistono invece due ausiliari, che però non marcano lo stesso tempo verbale: a avea viene utilizzato per il tempo passato, mentre fi viene impiegato per formare il perfetto. Come abbiamo osservato nel primo capitolo, la selezione di essere/être o avere/avoir nei tempi composti non costituisce una scelta arbitraria, ma essa si basa su determinati principi sintattici e semantici. Per quanto riguarda la selezione dell’ausiliare in italiano e in francese, nei paragrafi seguenti analizzeremo questi due ausiliari da un punto di vista semantico. 2.1 The Auxiliary Selection Hierarchy Basandosi sulla The Auxiliary Selection Hierarchy (ASH), elaborata da Sorace (2000), Legendre e Sorace (2010) si sono interessate alla variazione nella selezione dell’ausiliare in italiano e in francese e hanno elaborato un approccio gerarchico della selezione dell’ausiliare. Secondo Sorace (2000), la scelta dell’ausiliare con i verbi intransitivi viene determinata da parametri aspettuali e tematici, che possono essere incorporati in una gerarchia di classi verbali. A questo scopo, l’autrice ha esaminato le lingue che dispongono di due ausiliari per la formazione dei tempi composti, come l’italiano, il francese, il sardo, il tedesco e il neerlandese. Sulla base di esperimenti che si concentrano sulle intuizioni di parlanti nativi riguardanti la selezione dell’ausiliare, Sorace (2000: 859, 860) è arrivata alle generalizzazioni seguenti: - attraverso le lingue, certi tipi di verbi presentano un comportamento consistente e prevedibile per quanto riguarda l’inaccusatività e l’inergatività, poiché selezionano sempre lo stesso ausiliare in tutti i contesti, mentre altri tipi di verbi hanno un comportamento variabile; 1 All interno delle lingue romanze minori, l’occitano, il piemontese, il sardo e il catalano dispongono di due ausiliari. 27 - all’interno delle lingue, certi tipi di verbi sono sempre inaccusativi o inergativi, indipendentemente dal contesto, mentre altri tipi presentano delle variazioni a seconda del contesto. Sorace (2000) ha osservato che in tutte le lingue esaminate, ad eccezione del francese, i verbi inaccusativi tendono a selezionare l’equivalente di ‘essere’, mentre i verbi inergativi tendono a selezionare l’equivalente di ‘avere’. Secondo l’autrice, esistono delle differenze sistematiche all’interno delle classi sintattiche dei verbi inaccusativi e inergativi, dato che le intuizioni dei parlanti nativi sono più chiare per certi tipi di verbi e meno chiare per altri tipi di verbi (cfr. schema più sotto). L’ausiliare ‘essere’, per esempio, viene preferito dai parlanti nativi con i verbi di cambiamento di luogo (change of location verbs), mentre esso non occorre frequentemente con i verbi di stato (stative verbs). Riportiamo qui di seguito la rappresentazione della gerarchia della selezione dell’ausiliare elaborata da Sorace (2000: 863): THE AUXILIARY SELECTION HIERARCHY change of location essere / être change of state continuation of a pre-existing state existence of state uncontrolled process controlled processes (motional) controlled processes (non motional) avere / avoir A partire dalla scala di selezione dell’ausiliare riportata sopra, Sorace (2000) distingue i verbi intransitivi in verbi centrali e periferici. I verbi centrali si trovano alle estremità della gerarchia e presentano il maggiore grado di coesione nella selezione dell’ausiliare. Si tratta dei verbi di cambiamento di luogo (change of location), che selezionano essere/être e che vengono associati al più alto grado di telicità (il parametro di telic dynamic change). All’altra estremità si trovano i verbi che esprimono un processo controllato senza movimento (controlled processes, non motional), che selezionano avere/avoir e che vengono associati al più alto grado di agentività (il parametro di agentive non motional activity). La gerarchia è dunque basata su parametri aspettuali e tematici (cfr. capitolo 1). Tra le estremità della 28 gerarchia si trovano i verbi periferici, che presentano un maggiore grado di variabilità nella scelta dell’ausiliare. Basandosi sulla gerarchia di Sorace (2000), Legendre e Sorace (2010: 185) hanno elaborato, uno schema della distribuzione degli ausiliari essere/être e avere/avoir in italiano e in francese. Lo schema dimostra che esistono delle differenze tra l’italiano e il francese per quanto riguarda la scelta dell’ausiliare. Riportiamo qui di seguito lo schema elaborato da Legendre e Sorace (2010): Auxiliary Verb classes French Italian E E Change of location: arrivare / arriver, venire / venire Change of state E E a) Change of condition: morire / mourir E* E b) Appearance: apparire / apparaître c) Indefinite change in a particular direction: E* E salire / monter, scendere / descendre A E* appassire / faner, peggiorare / empirer A E* Continuation of pre-existing state: durare / durer Existence of state: A E a) essere / être A E* b) esistere / exister, bastare / suffire à Uncontrolled processes A A* a) Emission: risuonare / résonner A A b) Bodily functions: sudare / suer A A* c) Involuntary actions: tremare / trembler A A* Motional controlled processes: nuotare / nager A A Non-motional controlled processes: lavorare / travailler Secondo Legendre e Sorace (2010: 178), l’aspetto lessicale inerente determina la selezione dell’ausiliare con i verbi centrali, mentre l’aspetto composizionale, cioè la struttura dell’evento (telico o atelico) associato all’intero predicato, influenza la selezione dell’ausiliare con i verbi periferici. 29 Analizzeremo qui di seguito ciascuna delle classi semantiche individuate da Sorace (2000) all’interno della scala di selezione dell’ausiliare. Più precisamente tratteremo la classe dei verbi centrali e poi quella dei verbi periferici più in dettaglio, confrontando l’italiano e il francese. 2.1.1 Verbi centrali Le corrispondenze tra l’italiano e il francese si situano sul livello dei verbi centrali della gerarchia. Osserviamo che i verbi centrali tendono a mostrare un comportamento categorico e consistente quanto alla selezione dell’ausiliare. L’ausiliare essere/être viene selezionato da verbi di cambiamento di luogo (change of location verbs), come si vede in (1), mentre avere/avoir accompagna verbi che esprimono un processo controllato senza movimento (nonmotional controlled processes), come in (2). Quest’osservazione vale per tutte le lingue che hanno a disposizione due ausiliari per la formazione del perfetto, e dunque anche per l’italiano e il francese2: (1) a. Paolo è venuto / *ha venuto in ritardo. b. Ma sœur est arrivée / *a arrivée hier. (2) a. I delegati hanno parlato / *sono parlati tutto il giorno. b. Les délégués ont parlé / *sont parlés toute la nuit. Legendre e Sorace (2010: 179) affermano che, quanto ai verbi centrali, la selezione dell’ausiliare è un fenomeno lessicale, insensibile a fattori composizionali. 2.1.1.1 Change of location Questi verbi denotano uno spostamento concreto da un punto ad un altro nello spazio. I verbi inerentemente telici denotanti un cambiamento di luogo selezionano obbligatoriamente essere/être. I parlanti nativi accettono con sicurezza essere/être, mentre rifiutano avere/avoir. La maggior parte dei verbi che selezionano in modo consistente être in francese fa parte della classe dei verbi di cambiamento di luogo (cfr. supra)3: 2 3 Esempi tratti da Legendre e Sorace (2010: 177, 178). Esempi tratti da Sorace (2000: 863). 30 (3) a. Maria è venuta alla festa. b. Marie est arrivée en retard. La scelta di essere/être non viene influenzata dalla presenza di altri elementi aspettuali o tematici nella frase. In (4) arrivare/arriver seleziona l’ausiliare essere/être benché il contesto sia atelico. Il verbo cadere/tomber in (5) seleziona essere/être, sia quando l’evento espresso dal verbo marca l’intenzionalità, come nel esempio, che quando l’evento non è intenzionale. Il verbo lavorare/travailler (6) seleziona l’ausiliare avere/avoir indipendentemente dalla telicità espressa dal contesto4: (4) a. Sono arrivate lamentele in continuazione. b. Des plaintes sont arrivées continuellement. (5) a. Maria è caduta apposta per non andare a lavorare. b. Maria est tombée volontairement pour ne pas aller travailler. (6) a. I poliziotti hanno lavorato fino all’alba. b. Les policiers ont travaillé jusqu’à l’aube. 2.1.1.2 Non-motional controlled processes I verbi inclusi nell’altra estremità della gerarchia sono definiti da Legendre e Sorace (2010) come verbi denotanti un processo controllato senza movimento. Sia in italiano che in francese, questi verbi selezionano obbligatoriamente avere/avoir5: (7) a. I colleghi hanno chiacchierato tutto il pomeriggio. b. Les policiers ont travaillé toute la nuit. Si tratta di verbi agentivi nel loro significato di base, che possono anche selezionare soggetti non agentivi. In questo caso, la mancanza di agentività non ha delle conseguenze per l’ausiliare in italiano standard. Alcuni parlanti nativi tendono, tuttavia, ad accettare l’ausiliare essere quando il soggetto non è agentivo, come in (8)6: (8) Il cibo inviato dall’ONU ha funzionato / ?è funzionato solo come palliativo. 4 Esempi tratti da Legendre e Sorace (2010: 178). Esempi tratti da Sorace (2000: 874). 6 Esempio tratto da Sorace (2000: 874). 5 31 La selezione dell’ausiliare con i verbi che denotano un processo controllato senza movimento è insensibile alla telicità del predicato da un complemento avverbiale, che delimita l’evento nel tempo. Come i verbi di cambiamento di luogo, questi verbi vengono influenzati dalle caratteristiche del predicato. I verbi centrali vengono ancora caratterizzati da alcuni tratti particolari. In primo luogo, le intuizioni dei parlanti nativi sulla scelta dell’ausiliare sono più categoriche per i verbi centrali, come abbiamo già osservato. In secondo luogo, Legendre e Sorace (2010: 179) osservano che la sintassi della selezione dell’ausiliare viene acquisita più precocemente con verbi centrali, sia durante l’acquisizione dell’italiano o del francese come prima lingua che come seconda lingua. In terzo luogo, Legendre e Sorace (2010: 180) osservano che i verbi centrali tendono ad essere diacronicamente stabili per quanto riguarda la selezione dell’ausiliare, mentre i verbi periferici sono più sensibili a cambiamenti. 2.1.2 Verbi periferici Le differenze tra l’italiano e il francese quanto alla distribuzione di essere/être e avere/avoir riguardano i verbi periferici. In italiano, la variabilità nella selezione dell’ausiliare è diffusa in tutte le classi dei verbi periferici, mentre in francese è limitata a un gruppo ristretto di verbi: i verbi monter e descendre, che appartengono alla classe di verbi che denotano un cambiamento indefinito in una direzione particolare (indefinite change in a particular direction) e la classe dei verbi di apparizione (appearence) (cfr. infra). I parlanti nativi hanno intuizioni meno chiare sul tipo di ausiliare selezionato dai verbi periferici e non hanno una chiara preferenza per un’unica possibilità. 2.1.2.1 Change of state La maggior parte dei verbi che appartengono a questa classe denotano un cambiamento indefinito (indefinite change verbs) e esprimono un cambiamento in una direzione particolare, senza specificare un punto di arrivo telico. I verbi morire/mourir e nascere/naître costituiscono delle eccezioni visto che sono verbi telici di cambiamento di stato. Anche i verbi di apparizione (apparire/apparaître) e di avvenimento (avvenire/arriver) fanno parte di questa classe di verbi. La differenza con i verbi di esistenza sta nel fatto che hanno 32 una componente di transizione nella loro semantica: apparire e avvenire implicano che un’entità o un evento comincia ad esistere. I verbi che presentano una certa variabilità nella selezione dell’ausiliare sono i verbi che descrivono un cambiamento di stato (change of condition), un’apparizione (appearence), come in (9), o un cambiamento indefinito in una direzione particolare (indefinite change in a particular direction), come in (10)7: (9) a. Lo spettro è apparso / ?*ha apparso nel castello. b. Le fantôme est apparu (dans le château). (10) a. La popolarità del governo è scesa / ha sceso notevolmente. b. La popularité du gouvernement a (visiblement) monté. In italiano, i verbi di cambiamento di stato selezionano l’ausiliare essere. Tuttavia, alcuni di essi ammettano anche avere. Le intuizioni dei parlanti nativi sono variabili e meno determinate rispetto a quelle che esprimono per i verbi di cambiamento di luogo8: (11) a. La popolarità del governo è scesa / ha sceso notevolmente. b. La popularité du gouvernement a visiblement monté. (12) a. I pomodori sono marciti / ?hanno marcito al sole. b. Les tomates ont pourri au soleil. Questa scelta tra due ausiliari dipende dalla telicità inerente al verbo. Molti dei verbi in questione accettano due interpretazioni, un’interpretazione telica e un’altra atelica, a seconda del contesto. Questi verbi sono definiti ‘verbi a compimento graduale’ (gradual completion verbs, GCV) da Bertinetto e Squartini (1995) perché descrivono un cambiamento di stato graduale. Un limitato numero di verbi nella classe dei verbi di cambiamento di stato presenta un comportamento variabile. Il verbo fiorire, per esempio, è telico e seleziona essere quando viene accompagnato dall’avverbio in x tempo (13a), mentre è atelico e seleziona avere quando viene accompagnato dall’avverbio per x tempo (13b). In francese, il verbo fleurir seleziona sempre l’ausiliare avoir (14a, b): 7 8 Esempi tratti da Legendre e Sorace (2010: 180, 181). Esempi tratti da Legendre e Sorace (2010: 180, 181). 33 (13) a. La pianta è fiorita in due settimane. b. La pianta ha fiorito per due settimane. (14) a. La plante a fleuri en deux semaines. b. La plante a fleuri pendant deux semaines. A differenza dell’italiano, in francese, la maggior parte dei verbi di cambiamento di stato seleziona sempre avoir, sia quando il punto di arrivo dell’evento è espresso chiaramente, come in (15a), che quando è solo deducibile dal contesto (15b)9: (15) a. Marie a rougi de honte. b. Marie a rougi. I verbi che selezionano obbligatoriamente essere/être in entrambe le lingue sono, inoltre, morire/mourir, nascere/naître, diventare/devenir e decedere/décéder. Si tratta di verbi inerentemente telici che fanno parte della classe di verbi denotanti un cambiamento di condizione (change of condition verbs)10: (16) a. Il bambino è / *ha diventato triste. b. L’enfant est / *a devenu triste. In francese la selezione dell’ausiliare è variabile per i verbi seguenti: échoir, paraître, disparaître, passer, monter, descendre, demeurer e échapper. La variabilità viene determinata da regolarità semantiche. In primo luogo, secondo Legendre e Sorace11 (2010: 181) monter e descendre possono selezionare être o avoir, a seconda dell’agentività del soggetto. Secondo le autrici, ci potrebbe essere una piccola sfumatura del significato: être enfatizza che lo scopo è stato raggiunto, mentre avoir enfatizza la difficoltà dell’ascensione e il successo inatteso per il raggiungimento della vetta12: (17) Pierre est / a monté jusqu’au sommet. 9 Esempio tratto da Sorace (2000: 866). Esempio tratto da Sorace (2000: 866). 11 Non tutti i parlanti nativi sono d’accordo sull’analisi di Legendre e Sorace. Per certi la selezione dell’ausiliare dipende dall’aspettualità. 12 Esempio tratto da Legendre e Sorace (2010: 181). 10 34 Legendre e Sorace (2010: 181) osservano inoltre che apparaître seleziona generalmente être ma che può anche selezionare avoir. La classe dei verbi di apparizione (appearence) è la classe che presenta la più grande variabilità nella selezione dell’ausiliare in francese. È importante notare che il cambiamento dell’ausiliare non provoca un cambiamento di significato con i verbi appartenenti a questa classe13: (18) Le dernier livre de Chomsky a / est paru en 1995. (19) Eve a / est passé(e) de la chambre à coucher à la salle de bain. In conclusione, i verbi che denotano un cambiamento di stato codificano la telicità in misura variabile. Rispetto ai verbi di cambiamento di luogo, questi verbi presentano un maggiore grado di variabilità per quanto riguarda la selezione dell’ausiliare. 2.1.2.2 Continuation of a pre-existing state I verbi denotanti la continuazione di uno stato preesistente (continuation of pre-existing state) denotano degli eventi meno dinamici rispetto agli eventi denotati dai verbi appartenenti alle due classi di verbi precedenti. Tuttavia, questi verbi hanno ancora una componente di cambiamento implicito nella loro semantica. Essi implicano infatti la negazione di un cambiamento, per esempio, il verbo rimanere implica non partire. Come molti verbi di cambiameno indefinito (indefinite change verbs), questi verbi denotano uno stato che non costituisce il punto di arrivo dell’evento ma piuttosto la continuazione dell’evento. In italiano, la scelta dell’ausiliare sembra essere variabile. I verbi della classe in questione tendono a selezionare essere, benché l’uso dell’ausiliare avere non sia completamente escluso14. Come mostrano gli esempi seguenti, l’agentività del soggetto è correlata alla selezione di avere15. In (20) vediamo che l’ausiliare essere viene preferito con il soggetto non agentivo. In (21), invece, il soggetto è agentivo e sia l’ausiliare avere che l’ausiliare essere sono possibili16: 13 Esempi tratti da Legendre e Sorace (2010: 181). Spesso, si tratta però di italiano non standard. 15 cfr. capitolo 1 16 Esempi tratti da Legendre e Sorace (2010: 182). 14 35 (20) La discussione è durata / ?ha durato a lungo. (21) Il preside è / ha durato in carica tre mesi. In francese, tutti i verbi appartenenti alla classe dei verbi che descrivono la continuazione di uno stato preesistente, selezionano l’ausiliare avoir17: (22) Mes parents *sont survécus / ont survécu au tremblement de terre. Il verbo rester, però, costituisce un’eccezione visto che seleziona être, come in (23a). Anche il suo corrispettivo italiano rimanere seleziona essere e non avere (23b)18: (23) a. Marie est restée / *a resté à la maison avec les enfants. b. Maria è rimasta / *ha rimasto a casa con i bambini. 2.1.2.3 Existence of state I verbi che esprimono l’esistenza di uno stato occupano la posizione centrale nella gerarchia di Sorace (2000) e sono di conseguenza i verbi più variabili e indeterminati per quanto riguarda la selezione dell’ausiliare. A differenza della classe di verbi precedenti (continuation of a pre-existing state verbs), dove la negazione di un cambiamento è incorporata nella semantica dei verbi, questi verbi denotano l’esistenza senza implicare una componente di cambiamento. A questa classe appartengono verbi denotanti stati concreti (essere/être, esistere/exister), verbi di esistenza fisica e astratta e verbi psicologici. In italiano, i parlanti nativi hanno una forte preferenza per l’ausiliare essere, benché le loro intuizioni siano meno determinate per questi tipi di verbi19: (24) I dinosauri sono esistiti / ??hanno esistito 65 milioni di anni fa. (25) La farina non è bastata / ??ha bastato per fare la torta. L’uso di avere come ausiliare conduce ad una lettura agentiva. In (26a), il verbo non è intenzionale (non-agentive), mentre in (26b) è intenzionale20: 17 Esempi tratti da Sorace (2000, 868). Esempi tratti da Sorace (2000: 868). 19 Esempi tratti da Sorace (2000: 869). 20 Esempi tratti da Legendre e Sorace (2010: 182). 18 36 (26) a. Il soldato è mancato all’appello. b. Il presidente ha mancato all’appuntamento. In francese, i verbi di esistenza di uno stato selezionano avoir21: (27) Les dinosaures ont existé / ?*sont existé il y a 65 millions d’ans. 2.1.2.4 Uncontrolled processes La classe dei processi incontrollati include verbi che denotano funzioni corporali (bodily functions), azioni involontarie (involuntary actions) e verbi denotanti un’emissione (emission). Anche i verbi meteorologici22 fanno parte della classe dei processi incontrollati. Con soggetti agentivi, l’ausiliare avere viene preferito. In (28b), l’ausiliare essere è meno accettabile rispetto a (28a), poiché Paolo viene considerato come un soggetto agentivo e favorisce la selezione dell’ausiliare avere23: (28) a. La fede religiosa ha tentennato / ??è tentennata anche nei più forti. b. Paolo ha tentennato / *è tentennato a lungo prima di decidersi. In generale, i verbi che esprimono funzioni e reazioni corporali (bodily functions) richiedono un soggetto umano, non agentivo, che è affettato dall’azione descritta dal verbo. Questi verbi tendono a selezionare avere in modo più consistente rispetto ai verbi di azione incontrollata (involuntary actions) e implicano una volontà, come in (29b)24: (29) a. Mario ha / *è tossito. b. Mario ha tossito apposta per attirare l’attenzione I verbi di emissione (emission), infine, implicano il grado più basso di agentività. Generalmente, selezionano soggetti inanimati. In italiano, questi verbi presentano più 21 Esempio tratto da Sorace (2000: 869). cfr. capitolo 3, § 3.2 I verbi meteorologici 23 Esempi tratti da Sorace (2000: 877). 24 Esempi tratti da Sorace (2000: 877). 22 37 variabilità nella selezione dell’ausiliare rispetto al francese, dove tendono a selezionare avoir25: (30) a. Il telefono ha / è squillato. b. Le téléphone a sonné. (31) a. L’eco ha / è risuonato nella caverna. b. L’écho a résonné dans la caverne. 2.1.2.5 Motional controlled processes I verbi periferici più vicini al nucleo inergativo includono verbi denotanti processi di movimento controllato. Per l’italiano, le intuizioni dei parlanti nativi quanto alla selezione dell’ausiliare non sono categoriche. Infatti, sebbene l’ausiliare avere venga preferito, l’ausiliare essere non è escluso26: (32) I bambini hanno saltato / ?*sono saltati in giardino tutto il pomeriggio. (33) Paola ha nuotato / ?*è nuotata fino all’altra sponda. In italiano, il parametro dell’agentività ha degli effetti sulla selezione dell’ausiliare: avere viene preferito con un soggetto umano, come in (34a), mentre essere viene preferito con un soggetto non agentivo, inanimato, come in (34b). Uno stesso verbo può selezionare essere o avere a seconda che il soggetto venga interpretato come un controllore volitivo o meno27: (34) a. Il pilota ha / ?è atterrato sulla pista di emergenza. b. L’elicottero è / ?ha atterrato sul tetto del grattacielo. Una caratteristica importante di questa classe di verbi è la loro sensibilità a fattori che possono rendere il predicato telico. Sorace (2000: 875) nota che soprattutto il neerlandese è una lingua sistematica sotto quest’aspetto, visto che tutti i verbi che denotano un movimento 25 Esempi tratti da Sorace (2000: 878). Esempi tratti da Legendre e Sorace (2010: 183). 27 Esempi tratti da Legendre e Sorace (2010: 184). 26 38 modificano l’ausiliare da hebben a zijn quando vengono inclusi in un predicato che è telico attraverso l’aggiunta di un elemento direzionale, come in (35b)28: (35) a. De bal heeft / *is gerold. La palla ?ha / è rotolato/a. Le ballon *est / a roulé. b. De bal is / *heeft naar beneden gerold. La palla *ha / è rotolato/a giù. Le ballon *est / a roulé en bas. In italiano, solo un piccolo sottoinsieme di questi verbi cambia ausiliare in modo regolare, come per esempio correre. In (36a), l’ausiliare avere viene selezionato quando il predicato viene interpretato come atelico, mentre in (36b), il predicato viene interpretato come telico e dunque, l’ausiliare selezionato non è più avere ma essere. In francese, invece, il contesto aspettuale non provoca un cambiamento dell’ausiliare selezionato, che è sempre avoir in (37a, b)29: (36) a. Maria ha corso / è corsa velocemente. b. Maria è corsa / *ha corso in farmacia. (37) a. Marie a couru / *est courue très vite. b. Marie a couru / *est courue jusqu’à la maison. I verbi che denotano processi di movimento controllato presentano dunque più variabilità per quanto riguarda la selezione dell’ausiliare. Riprenderemo questo argomento nel capitolo seguente dove analizzeremo i verbi che selezionano sia l’ausiliare essere/être che l’ausiliare avere/avoir in italiano e in francese, così come i verbi meteorologici ed alcuni verbi di cambiamento di stato (cfr. capitolo 3). 28 29 Esempi tratti da Sorace (2000: 876). Esempi tratti da Sorace (2000: 876). 39 2.2 Ricapitolazione In conclusione, nella gerarchia della selezione dell’ausiliare elaborata da Legendre e Sorace (2010), i verbi centrali, che si trovano alle estremità della gerarchia, tendono a selezionare lo stesso ausiliare all’interno delle lingue. I verbi periferici, invece, sono meno specificati quanto alla telicità e l’agentività, e di conseguenza sono meno omogenei per quanto riguarda la scelta dell’ausiliare. In italiano, la selezione dell’ausiliare è sensibile alle proprietà aspettuali e lessico-semantiche dei verbi. Il parametro della telicità costituisce il fattore più importante per la differenziazione tra i verbi che selezionano essere e quelli che selezionano avere. Il parametro dell’agentività è secondario, poiché fa una differenziazione ulteriore all’interno del gruppo dei verbi che selezionano avere. Anche in francese la selezione dell’ausiliare viene determinata dalle proprietà aspettuali e lessico-semantiche dei verbi. Esiste però una differenza fondamentale tra le due lingue, dal momento che in francese i verbi inaccusativi centrali che selezionano être costituiscono un sottoinsieme dei loro equivalenti italiani. Inoltre, in francese, la linea di demarcazione che divide i verbi intransitivi che selezionano être da quelli che selezionano avoir si trova in un punto molto più alto nella gerarchia rispetto all’italiano, cioè all’interno del gruppo dei verbi di cambiamento di stato (change of state). Per l’italiano, invece, la linea di demarcazione tra i verbi intransitivi che selezionano essere e quelli che selezionano avere si situa tra la classe dei verbi che esprimono l’esistenza di uno stato (existence of state) e la classe dei processi incontrollati (uncontrolled processes). In francese, Sorace e Legendre (2010: 185) hanno osservato un minore grado di variabilità rispetto all’italiano. La variabilità e l’instabilità occorrono più vicino alla cima della gerarchia, cioè nella classe dei verbi di cambiamento di stato (change of state). Molti tipi di verbi della parte inferiore della gerarchia hanno già cambiato ausiliare e selezionano avoir. L’ausiliare avoir viene più frequentemente utilizzato in francese rispetto all’ausiliare avere in italiano e il francese tende ad eliminare être come secondo ausiliare. 40 3 Analisi di alcuni gruppi di verbi particolari La gerarchia della selezione dell’ausiliare elaborata da Sorace (2000), che abbiamo descritta nel capitolo precedente, mostra che i verbi intransitivi italiani e francesi possono essere inclusi in una gerarchia di classi verbali, che si fonda su parametri aspettuali e tematici. Tuttavia, all’interno di certe classi della gerarchia, è possibile osservare delle irregolarità alle quali abbiamo già accennato brevemente. Nel capitolo presente affronteremo più in dettaglio alcuni gruppi di verbi particolari della gerarchia di Sorace (2000). Prima, ci concentreremo sui verbi che possono selezionare entrambi gli ausiliari in italiano, come correre, volare e saltare e in francese, come monter e descendre. Poi, tratteremo i verbi meteorologici e successivamente i verbi di cambiamento di stato. Infine, focalizzeremo la nostra attenzione sulla ristrutturazione, un fenomeno che si presenta solo in italiano. 3.1 I verbi che selezionano sia l’ausiliare essere/être che l’ausiliare avere/avoir in italiano e in francese In italiano e in francese, certi tipi di verbi possono selezionare sia l’ausiliare essere/être che l’ausiliare avere/avoir. Per l’italiano, si tratta dei verbi correre, volare e saltare, che denotano dei processi di movimento controllato, mentre per il francese si tratta dei verbi di cambiamento di stato monter e descendre. Qui di seguito tratteremo più in dettaglio questi verbi. 3.1.1 I verbi correre, volare e saltare Alcuni verbi che denotano dei processi di movimento controllato selezionano l’ausiliare avere quando sono interpretati come verbi di attività, mentre selezionano l’ausiliare essere quando sono interpretati come verbi telici denotanti un compimento. Spesso, questi verbi vengono definiti anche ‘verbs of manner of motion’. Nel secondo capitolo1, abbiamo osservato che Sorace (2000) include il verbo correre nella classe dei verbi denotanti dei processi di 1 cfr. capitolo 2, § 2.1.2.5 Motional controlled processes 41 movimento controllato (motional controlled processes). Il verbo correre seleziona entrambi gli ausiliari in italiano (1a, b)2: (1) a. Giorgio ha / *è corso per tre ore. b. Giorgio è / *ha corso al cinema. Se correre seleziona un argomento locativo denotante il telos del movimento3, il verbo seleziona obbligatoriamente l’ausiliare essere, come in (2a). L’avverbio per x tempo non è compatibile con l’ausiliare essere dato che in (2a) il predicato denota un movimento telico, e non un’attività (2b). Come mostra la frase (2c), l’uso dell’avverbio telico in x tempo non è sufficiente per ottenere una frase grammaticale quando l’ausiliare selezionato è essere. Quando il verbo correre seleziona l’ausiliare avere, invece, è compatibile con l’avverbio per x tempo, come in (3a). In questo caso, correre viene interpretato come un verbo denotante un’attività e il sintagma preposizionale locativo può essere omesso. Di conseguenza, il verbo correre non è compatibile con l’avverbio telico in x tempo (3b): (2) a. Gianni è corso a casa in cinque minuti. b. *Gianni è corso a casa per cinque minuti. c. *Gianni è corso in cinque minuti. (3) a. Gianni ha corso per cinque minuti. b. *Gianni ha corso a casa in cinque minuti. I verbi come correre si comportano come verbi inergativi quando vengono utilizzati in contesti atelici (1a), mentre si comportano come verbi inaccusativi in contesti telici (1b). Labelle (1992: 378) osserva che tutti i predicati telici che selezionano essere sono compatibili con la costruzione della frase relativa ridotta e con la costruzione participiale assoluta. Inoltre, Labelle (1992) osserva che il soggetto quantificato di questi verbi può essere cliticizzato attraverso il clitico partitivo ne che, come abbiamo già osservato4, permette di estrarre gli argomenti interni al verbo. Quando il verbo correre seleziona l’ausiliare essere, esso è compatibile con i tre test di inaccusatività appena descritti (cfr. capitolo 1). In (4a) viene 2 Esempio tratto da Labelle (1992: 378). Sorace (2000: 883, nota 31) nota che, quando lo scopo del movimento non è esplicitato con l’ausiliare essere, deve essere comunque recuperabile nel contesto. 4 cfr. capitolo 1, § 1.4.2.2 I test di inaccusatività 3 42 applicato il test con il clitico partitivo ne, in (4b) il test con la frase relativa ridotta e in (4c), infine, il test con il participio assoluto5: (4) a. Ne sono corsi al caffè una decina. b. Fate ritornare tutti i bambini corsi a casa. c. Corso alla stazione, Giorgio ebbe perfino il tempo di comprare un giornale prima di prendere il treno. Anche i verbi volare e saltare selezionano l’ausiliare avere quando sono interpretati come verbi di attività (5a) e l’ausiliare essere quando sono interpretati come verbi telici denotanti un compimento (5b): (5) a. Il pilato ha volato con un nuovo aereo (per due ore). Il ragazzo ha saltato a piedi pari (per alcuni secondi). b. L’uccello è volato in cielo (in alcuni secondi) Il ragazzo è saltato sul treno (in alcuni secondi). Se confrontiamo il verbo italiano correre e il verbo francese courir, osserviamo che courir non presenta un’alternanza nella selezione dell’ausiliare. A differenza dell’italiano, il verbo francese courir seleziona sempre l’ausiliare avoir. Con il verbo courir, dunque, l’informazione aspettuale data dal contesto non implica un cambiamento dell’ausiliare selezionato. In (6b), l’esplicitazione del telos del movimento jusqu’à la maison non ha delle ripercussioni sulla selezione dell’ausiliare6: (6) a. Marie a couru / *est courue très vite. b. Marie a couru / *est courue jusqu’à la maison. Il contesto permette comunque di fare una distinzione tra l’interpretazione telica o atelica di una frase. A seconda del contesto, la frase in (7) può ricevere un’interpretazione telica (8a) o atelica (8b)7: (7) Jean a couru dans le parc. 5 Esempi tratti da Labelle (1992: 378). Esempi tratti da Sorace (2000: 876). 7 Esempi tratti da Manente (2009: 105). 6 43 (8) a. Jean a vu un oiseau par la fenêtre et il a couru dans le parc pour l’attraper. b. Pour préparer la compétition Jean a couru une heure dans le parc. L’ambiguità aspettuale sparisce quando gli avverbi en x temps (telico) e pendant x temps (atelico) vengono aggiunti alla frase in questione: (9) a. Jean a couru dans le parc en dix minutes. b. Jean a couru dans le parc pendant dix minutes. 3.1.2 I verbi monter e descendre Come abbiamo menzionato nel capitolo precedente8, la selezione dell’ausiliare in francese è variabile per alcuni verbi, come monter e descendre. All’interno della gerarchia di Sorace (2000), questi due verbi vengono inclusi nella classe dei verbi di cambiamento di stato (change of state) e precisamente nel gruppo dei verbi che denotano un cambiamento indefinito in una direzione particolare (indefinite change in a particular direction). A differenza dei loro corrispettivi italiani salire e scendere, che selezionano soltanto essere, i verbi monter e descendre possono selezionare sia être che avoir come ausiliare per la formazione dei tempi composti. I verbi monter e descendre sono compatibili con un soggetto animato e inanimato. Quando vengono accompagnati da un soggetto animato, secondo Legendre e Sorace (2010: 181), la selezione di être o avoir dipende dall’agentività del soggetto. In (10), être enfatizza che lo scopo è stato raggiunto, mentre avoir enfatizza la difficoltà durante l’ascensione e il successo inatteso per il raggiungimento della vetta9: (10) Pierre est / a monté jusqu’au sommet. Quando monter e descendre vengono accompagnati da un soggetto inanimato, la selezione di être o avoir dipende dal contesto telico o atelico. La selezione dell’ausiliare être è correlata ad un’interpretazione telica (11a, 12a), mentre la selezione di avoir favorisce un’interpretazione atelica (11b, 12b): 8 9 cfr. capitolo 2, § 2.1.2 Verbi periferici Esempio tratto da Legendre e Sorace (2010: 181). 44 (11) a. La température ?*a / est montée en cinq minutes. b. La température a / *est monté(e) pendant trois jours. (12) a. La température *a / est descendue en cinq minutes. b. La température a / *est descendu(e) pendant trois jours. Come dimostrano gli esempi in (11) e (12), con i verbi monter e descendre, l’ausiliare être è compatibile con l’avverbio telico en cinq minutes, mentre l’ausiliare avoir è compatibile con l’avverbio atelico pendant trois jours. 3.2 I verbi meteorologici Da un punto di vista semantico, i verbi meteorologici possono essere interpretati sia come verbi che denotano un’attività che come verbi che denotano un compimento. Le caratteristiche sintattiche dei verbi meteorologici sono diverse in italiano e in francese, specie per quanto riguarda il tipo di ausiliare selezionato. In italiano, i verbi meteorologici selezionano sia essere che avere per la formazione dei tempi composti, mentre in francese ammettono solo l’ausiliare avoir. L’analisi della semantica e della sintassi dei verbi meteorologici è stata oggetto di molti studi. Per quanto concerne l’analisi semantica dei verbi meteorologici in italiano e in francese, possiamo menzionare Sorace (2000). L’autrice include i verbi meteorologici nella categoria dei verbi periferici, precisamente nella classe dei verbi denotanti dei processi incontrollati (uncontrolled processes)10. Benincà e Cinque (1992) si sono invece interessati alla sintassi e alla semantica dei verbi meteorologici in italiano, mentre Ruwet (1989) ha esaminato la sintassi dei verbi meteorologici in francese. Visto che il nostro studio si concentra soprattutto sull’approccio semantico della selezione dell’ausiliare, qui di seguito tratteremo più in dettaglio i meccanismi semantici responsabili della selezione dell’ausiliare con i verbi meteorologici in italiano e in francese. 10 cfr. capitolo 2, § 2.1.2.4 Uncontrolled processes 45 3.2.1 La selezione dell’ausiliare in italiano Benincà e Cinque (1992) si sono interessati alla selezione dell’ausiliare con i verbi meteorologici in italiano. Le grammatiche dell’italiano osservano che la selezione di entrambi gli ausiliari non è correlata a differenze di tipo stilistico o semantico a seconda del tipo di ausiliare selezionato. Benincà e Cinque (1992) e Sorace (2000), invece, osservano che la selezione dell’ausiliare dai verbi meteorologici non è completamente libera e arbitraria. In italiano, tutti i verbi meteorologici possono selezionare l’ausiliare avere, come in (13), mentre solo un sottoinsieme può selezionare anche essere, come mostrano gli esempi in (14)11: (13) Ha / *è lampeggiato/gelato/tuonato. Il a fait des éclairs/gelé/tonné. (14) Ha / è piovuto/nevicato/grandinato. Il a / *est plu/neigé/grêlé. Benincà e Cinque (1992: 157) osservano che esiste un’analogia tra i verbi meteorologici e i verbi di movimento. Per quanto concerne i verbi di movimento che selezionano entrambi gli ausiliari, la scelta dell’ausiliare è legata ad una chiara differenza di significato. Quando il verbo di movimento seleziona avere, esso denota un’attività ed è compatibile con un PP di modo, come il PP di modo con uno stile perfetto in (15a). Quando seleziona essere, per contro, esso denota un compimento, come in (15b), e di conseguenza non è compatibile con il PP di modo con uno stile perfetto12: (15) a. Giorgio ha corso con uno stile perfetto / *a casa. b. Giorgio è corso a casa / *con uno stile perfetto. Per analogia con la selezione dell’ausiliare essere da parte di alcuni verbi di movimento, Benincà e Cinque (1992) propongono che la selezione dell’ausiliare essere con i verbi meteorologici è possibile quando essi permettono un’interpretazione di cambiamento di luogo, legata alla configurazione inaccusativa. Dunque, i verbi meteorologici selezionano 11 12 Esempi tratti da Benincà e Cinque (1992: 155, 156). Esempi tratti da Benincà & Cinque (1992: 157). 46 essere quando il punto di arrivo del movimento è esplicitato, per esempio sotto forma di una frase direzionale, come sulla testa in (16)13: (16) Mi è / *ha piovuto sulla testa. Secondo gli autori (1992: 157, 158), è possibile considerare i verbi piovere, nevicare, grandinare e diluviare come verbi che indicano il cambiamento di luogo di una sostanza (acqua, neve e grandine), come in (17). Non è invece possibile fare quest’interpretazione con i verbi tuonare, lampeggiare e gelare (18a, b, c), che danno piuttosto un’impressione globale del fenomeno meteorologico. In questo caso, il fenomeno descritto da questi verbi non può essere considerato come lo spostamento di una sostanza (acqua, neve, grandine) da un luogo ad un altro nello spazio14: (17) Ci è piovuto/nevicato/grandinato/diluviato sulla testa. (18) a. *Ci ha / è tuonato addosso. b. *Ci ha / è lampeggiato in testa. c. *Ci ha / è gelato attorno. Va tuttavia osservato che, in italiano, certi locutori ammettono comunque l’ausiliare essere con i verbi tuonare, lampeggiare e gelare15: (19) a. È tuonato. b. È lampeggiato. c. È gelato. Anche Benincà e Cinque (1992: 160, nota 1 e 4) osservano che con i verbi gelare e tuonare la selezione dell’ausiliare essere non è completamente impossibile o sbagliata. L’accettabilità di una frase come È tuonato dipenderebbe da una possibile interpretazione di movimento direzionale del suono16. A questo proposito, Sorace (2000: 878) definisce i verbi tuonare e lampeggiare come verbi che denotano l’emissione di suono o di luce e che sono compatibili con un’interpretazione telica. In quest’interpretazione selezionano l’ausiliare essere17: 13 Esempio tratto da Sorace (2000: 878). Esempi tratti da Benincà e Cinque (1992: 158). 15 Manente (2009: 139). 16 Ruwet (1988, nota 27) nota la possibilità, in francese, della frase Il nous a tonné dessus. 17 Esempio tratto da Sorace (2000: 878). 14 47 (20) ?Ci è tuonato/lampeggiato sopra. Va notato che la selezione dell’ausiliare essere con i verbi meteorologici è legata anche ad un altro fattore. In italiano, la posizione sintattica del soggetto dei verbi meteorologici viene occupata da un soggetto vuoto. I verbi meteorologici possono selezionare un SN che corrisponde al soggetto reale del verbo e che occupa la posizione dell’oggetto. La selezione di un SN nella posizione di oggetto con i verbi meteorologici provoca la selezione dell’ausiliare essere, come in (21a)18: (21) a. Sono piovuti sassi. b. *Ha / Hanno piovuto sassi. In conclusione, in italiano, la selezione dell’ausiliare essere è legata ad un’interpretazione telica del predicato, mentre la selezione dell’ausiliare avere è legata ad un’interpretazione atelica del predicato denotante un’attività. Questa differenza è evidente quando il cambiamento di luogo della sostanza atmosferica viene esplicitato mediante un PP locativo, che denota il telos del movimento. In questo caso, solo l’ausiliare essere può essere selezionato dal verbo meteorologico. 3.2.2 La selezione dell’ausiliare in francese Ruwet (1989) ha esaminato i verbi meteorologici in francese. Si tratta di verbi come pleuvoir, neiger, tonner, geler, venter, grêler, brumer, bruiner ecc. Al contrario dell’italiano, in francese, i verbi meteorologici non presentano un’alternanza nella selezione dell’ausiliare a seconda dell’informazione aspettuale data dal contesto. Quando il fine del movimento non è esplicitato, questi verbi vengono interpretati come verbi che denotano un’attività19: (22) Il a plu/neigé/grêlé. 18 19 Esempi tratti da Ruwet (1989: 324). Esempio tratto da Benincà e Cinque (1992: 155). 48 Invece, quando il fine del movimento è esplicitato, questi verbi vengono interpretati come predicati telici. Tuttavia, questa differenza interpretativa non ha un’influenza sulla selezione dell’ausiliare20: (23) Il a alors plu sur nous des instructions contradictoires. In conclusione, in francese, i verbi meteorologici selezionano sempre l’ausiliare avere, indipendentemente dalla (a)telicità. 3.3 I verbi di cambiamento di stato Labelle (1992) ha analizzato i verbi di cambiamento di stato in francese. Più precisamente, l’autrice osserva che è possibile dividere i verbi di cambiamento di stato in tre classi: i verbi che sono compatibili sia con la costruzione riflessiva in se+être (24a) che con la costruzione intransitiva non riflessiva selezionante l’ausiliare avoir (24b), quelli che sono compatibili solo con una costruzione riflessiva in se+être (25a) e quelli che sono compatibili solo con una costruzione intransitiva non riflessiva selezionante l’ausiliare avoir (26a)21: (24) a. Le vase se casse. b. Le vase casse. (25) a. L’image s’agrandit. b. *L’image agrandit. (26) a. Le poulet cuit. b. ?Le poulet se cuit. La divisione dei verbi di cambiamento di stato in queste tre classi vale anche per l’italiano. Per il nostro studio, che si concentra sui verbi intransitivi, in particolare la selezione dell’ausiliare nelle costruzioni intransitive non riflessive è interessante. In generale, in italiano, la forma intransitiva non riflessiva dei verbi di cambiamento di stato seleziona l’ausiliare essere. Per esempio, i verbi ingiallire, migliorare, crescere, ingrassare, dimagrire e invecchiare selezionano solo l’ausiliare essere. Tuttavia, certi verbi di 20 21 Esempio tratto da Manente (2009: 138). Esempi tratti da Labelle (1992: 375, 376). 49 cambiamento di stato possono essere accompagnati sia da avere, che da essere, nella forma intransitiva non riflessiva. Si tratta di verbi come fiorire, marcire, impallidire e arrossire22: (27) La pianta è fiorita / ?ha fiorito due volte quest’anno. (28) I pomodori sono marciti / ?hanno marcito al sole. L’ausiliare essere favorisce un’interpretazione telica, mentre avere favorisce un’interpretazione atelica. Quanto ai verbi di cambiamento di stato che possono selezionare i due ausiliari nella forma intransitiva, va osservato che l’ausiliare essere non è incompatibile con l’avverbio atelico per x tempo (29b). Allo stesso modo, l’ausiliare avere non viene considerato completamente agrammaticale con l’avverbio telico in x tempo (30a): (29) a. La pianta è / ?ha fiorito in due mesi. b. La pianta ?è / ha fiorito per due mesi. (30) a. I pomodori sono / ?hanno marciti in alcuni giorni. b. I pomodori ?sono / hanno marciti per alcuni giorni. Al contrario dell’italiano, in francese, la forma intransitiva non riflessiva dei verbi di cambiamento di stato può selezionare solo l’ausiliare avoir, indipendentemente dalla telicità presente nel contesto. Legendre e Sorace (2010: 198) osservano che certi verbi di questa classe sono ambigui, poiché permettono un’interpretazione telica e atelica. Per esempio, il verbo rougir può significare ‘diventare rosso’ (interpretazione telica) e ‘diventare più rosso’ (interpretazione atelica). Legendre e Sorace (2010) osservano che i verbi con un’interpretazione tipicamente telica sono verbi derivati da aggettivi, come sécher, noircir, refroidir e durcir. Essi sono dunque compatibili con l’avverbio en x temps e lo stato risultante è compatibile con l’avverbio complètement. Altri verbi che hanno le stesse proprietà aspettuali, ma che non sono derivati da aggettivi sono per esempio bouillir, fonder e pourir. Verbi tipicamente atelici sono quelli che denotano processi che conducono ad uno stato finale aperto, cioè non definitivo e dunque suscettibile di un’ulteriore cambiamento. Si tratta di verbi come grandir, grossir, embellir, augmenter e diminuer. Essi possono essere modificati dagli avverbi pendant x temps, se mettre à e petit à petit. 22 Esempi tratti da Legendre e Sorace (2010: 180, 181). 50 Sorace (2000: 864, 865) osserva che la maggioranza dei verbi di cambiamento di stato implicano un avvicinamento graduale ad un telos, che non viene necessariamente raggiunto. Come abbiamo già osservato23, i verbi che descrivono un cambiamento di stato graduale vengono chiamati ‘verbi a compimento graduale’ (gradual completion verbs, GCV) da Bertinetto e Squartini (1995). 3.4 La ristrutturazione Il primo autore ad utilizzare il termine ‘Ristrutturazione/Restructuring’ e a parlare di questo argomento è stato Rizzi (1976, 1978, 1982). Va osservato che il fenomeno della ristrutturazione non è presente in francese. Dopo Rizzi, molti altri autori si sono interessati al fenomeno della ristrutturazione, tra i quali Burzio (1986), Cardinaletti e Shlonsky (2004) e Cinque (2004). 3.4.1 Rizzi Rizzi (1982) ha analizzato i verbi che in italiano prendono un complemento infinitivale e si è concentrato sull’occorrenza dei cosiddetti ‘fenomeni di trasparenza’, che, a prima vista, non sembrano correlati tra loro. Tuttavia, Rizzi (1982) sottolinea che è possibile fare una generalizzazione, cioè le classi dei predicati nelle quali questi fenomeni di trasparenza si presentano sono identiche. Infatti, si tratta dei verbi modali, dei verbi aspettuali e dei verbi di moto. Secondo l’autore, esiste una regola di ristrutturazione nella sintassi italiana, che è in grado di trasformare una struttura bifrasale in una struttura monofrasale, creando in questo modo un’unica struttura verbale che consiste di un verbo principale e di un verbo incassato. Analizzeremo qui di seguito più in dettaglio i fenomeni di trasparenza individuati da Rizzi (1982). 23 cfr. capitolo 2, § 2.1.2.1 Change of state 51 3.4.1.1 Fenomeni di trasparenza La salita del clitico Con i verbi modali, aspettuali e di moto, il clitico può attaccarsi sia al verbo principale (31a) che al verbo incassato (31b). Entrambe le forme sono accettabili nella grammatica italiana. Con altri verbi principali, invece, non è consentito attaccare il clitico al verbo principale (32b)24: (31) a. Piero ti verrà a parlare di parapsicologia. b. Piero verrà a parlarti di parapsicologia. (32) a. Piero deciderà di parlarti di parapsicologia. b. *Piero ti deciderà di parlare di parapsicologia. Rizzi (1982: 6) osserva che, prima della salita del clitico, la struttura di partenza era una struttura bifrasale (33a)25: (33) a. Gianni [deve presentare la a Francesco]. b. Gianni deve presentarla a Francesco. Dopo la ristrutturazione, il verbo modale e il verbo all’infinito sono diventati un’unica struttura verbale complessa e la salita del clitico è possibile26: (34) a. Gianni [deve presentare] la a Francesco. b. Gianni la deve presentare a Francesco. Secondo Rizzi (1982: 6), la diversa struttura delle frasi in (33) e (34) provoca una diversa analisi in costituenti. In (33b), la parte presentarla a Francesco rappresenta un costituente, mentre presentare a Francesco in (34b) non è un costituente. In (34b), la deve presentare è un costituente, mentre deve presentarla non è un constituente in (33b). Per arrivare a quest’analisi, Rizzi si fonda su quattro test di costituenza, cioè Wh movement, Cleft S Formation, Right Node Raising, A restructuring rule e Complex NP Shift. 24 Esempi tratti da Rizzi (1982: 1). Esempi tratti da Rizzi (1982: 6). 26 Esempi tratti da Rizzi (1982: 6). 25 52 Si impersonale Generalmente, nelle costruzioni impersonali con si, l’oggetto diretto può essere preposto e occupare la posizione di soggetto. Di conseguenza, si accorda anche con il verbo. L’oggetto diretto troppe case di (35a) occupa la posizione di soggetto in (35b) e fa l’accordo con il verbo costruire27: (35) a. Si costruisce troppe case in questa città. b. Troppe case si costruiscono in questa città. Nelle costruzioni impersonali con si, con i verbi modali, aspettuali e di moto, è possibile la promozione dell’oggetto diretto (36a) al soggetto (36b), mentre con altri verbi, è impossibile (37b)28: (36) a. Finalmente si comincerà a costruire le nuove case popolari. b. Finalmente le nuove case popolari si cominceranno a costruire. (37) a. Finalmente si otterrà di costruire le nuove case popolari. b. *Finalmente le nuove case popolari si otterranno di costruire. Il cambio di ausiliare Certi verbi principali che generalmente selezionano avere (38a), possono facoltativamente selezionare essere quando il verbo incassato lo richiede (38b). Altri verbi, per contro, non permettono questo cambio di ausiliare (39b)29: (38) a. Mario ha voluto tornare a casa. b. Mario è voluto tornare a casa. (39) a. Mario ha promesso di tornare a casa. b. *Mario è promesso di tornare a casa. Tratteremo più in dettaglio la questione dell’ausiliare dopo la rassegna dei fenomeni di trasparenza30. 27 Esempi tratti da Rizzi (1982: 15). Esempi tratti da Rizzi (1982: 1). 29 Esempi tratti da Rizzi (1982: 2). 28 53 Il pronome dativo loro Il pronome dativo loro può salire con i verbi modali, aspettuali e di moto, come in (40), mentre la salita di loro non è consentito con altri tipi di verbi (41b)31: (40) a. Dovrei loro parlare al più presto di questa storia. b. Comincerò loro a raccontare questa storia la settimana prossima. c. Piero va loro a recapitare questo pacco oggi stesso. (41) a. Ho visto Mario parlare loro di affari. b. *Ho visto loro Mario parlare di affari. Tough Movement Il Tough Movement consiste in una trasformazione che sposta l’oggetto del verbo incassato alla posizione di soggetto, con l’inserzione del complementatore infinitivale da. L’oggetto del verbo incassato in (42a), cioè questo problema, diventa il soggetto della frase in (42b) e l’infinito risolvere viene preceduto dal complementatore da32: (42) a. È difficile risolvere questo problema. b. Questo problema è difficile da risolvere. In italiano, il Tough Movement è sottoposto ad una condizione di soggiacenza (Subjacency Condition), cioè il movimento non può andare oltre la frase infinitivale che precede l’infinito di cui è oggetto. Di conseguenza, la frase in (43b) è agrammaticale, visto che l’oggetto diretto questo lavoro si è spostato alla posizione iniziale della frase ed è andato oltre la frase infinitivale che precede l’infinito finire di cui questo lavoro è oggetto33: (43) a. È facile promettere di finire questo lavoro per domani. b. *Questo lavoro è facile da promettere di finire per domani. 30 cfr. § 3.4.1.2 Il cambio di ausiliare Esempi tratti da Rizzi (1982: 25). 32 Esempi tratti da Rizzi (1982: 26). 33 Esempi tratti da Rizzi (1982: 26). 31 54 Per quanto concerne i verbi modali, aspettuali e di moto, invece, questa condizione di soggiacenza non deve essere presa in considerazione. L’oggetto diretto questa canzone di (44a) può essere spostato alla posizione di soggetto in (44b), benché sia andato oltre la frase infinitivale che precede l’infinito cantare di cui questa canzone è oggetto34: (44) a. È facile cominciare a cantare questa canzone (ma non altrettanto continuare). b. Questa canzone è facile da cominciare a cantare (ma non altrettanto da continuare). L’accettabilità della frase in (44b) sarebbe anche dovuta alla regola di ristrutturazione, che elimina la frase subordinata e rende possibile la salita dell’oggetto senza restrizioni. 3.4.1.2 Il cambio di ausiliare In generale, i verbi modali selezionano l’ausiliare avere. Quando il verbo incassato all’infinito, invece, richiede la selezione dell’ausiliare essere, l’intera struttura verbale (verbo modale + verbo incassato) può selezionare l’ausiliare essere. In (45a), il verbo modale volere seleziona obbligatoriamente avere, mentre in (45b), quando il verbo incassato venire si aggiunge al verbo modale, l’intera struttura verbale può anche essere accompagnata dall’ausiliare essere35: (45) a. Piero ha voluto questo libro. b. Piero ha / è voluto venire con noi. La stessa osservazione vale anche per i verbi aspettuali che abitualmente selezionano avere. La struttura verbale in (46a) può solo selezionare l’ausiliare avere, mentre in (46b), anche l’ausiliare essere è possibile, grazie alla presenza del verbo aspettuale aumentare36: (46) a. La pioggia ha / *è continuato/a a danneggiare i vigneti. b. La pioggia ha / è continuato/a ad aumentare. 34 Esempi tratti da Rizzi (1982: 26). Esempi tratti da Rizzi (1982: 18, 19). 36 Esempi tratti da Rizzi (1982: 19). 35 55 Rizzi (1982: 19) osserva che i verbi aspettuali che generalmente selezionano l’ausiliare essere (46a) e i verbi di moto (47b), che richiedono sempre essere, mantengono questo ausiliare in tutti i contesti: (47) a. Sono / *Ho stato per fare una sciocchezza. b. Piero è / *ha andato a prendere il latte. La possibilità di cambiamento dell’ausiliare da avere a essere in (45b) e (46b) con i verbi modali e aspettuali non esiste per altri verbi che hanno un complemento infinitivale. Secondo Rizzi (1982: 20), questo fenomeno di cambio di ausiliare può essere spiegato attraverso la regola di ristrutturazione, che permette il passaggio di ausiliare dal verbo incassato al verbo principale. Secondo Rizzi (1982: 20), le frasi seguenti differiscono non solo nella selezione dell’ausiliare ma anche nella struttura. In (48a), si tratterebbe di una struttura bifrasale, la quale verbo principale volere seleziona il suo proprio ausiliare, cioè avere. In (48b), per contro, la struttura sarebbe monofrasale e il verbo volere, in seguito alla ristrutturazione, seleziona l’ausiliare essere del verbo incassato venire37: (48) a. Maria [ha voluto] [venire con noi]. b. Maria [è voluta venire] con noi. Accanto ai test di costituenza, Rizzi (1982: 21) cita anche l’interazione tra il cambio di ausiliare e la salita del clitico come un argomento a favore della sua ipotesi. Supponendo che il cambiamento da avere a essere è obbligatorio quando la ristrutturazione si manifesta, Rizzi ipotizza che la salita del clitico sarebbe solo possibile quando l’ausiliare ha cambiato, come in (49b)38: (49) a. Maria ha dovuto venirci molte volte. b. Maria c’è dovuta venire molte volte. c. ?*Maria ci ha dovuto venire molte volte. d. Maria è dovuta venirci molte volte. 37 38 Esempi tratti da Rizzi (1982: 20). Esempi tratti da Rizzi (1982: 21). 56 Da un lato, Zennaro (2006: 12) nota che l’esempio (49d) sembra dimostrare che il cambio di ausiliare può anche presentarsi senza un’interazione con la salita del clitico. Dall’altro, altri esempi menzionati da Zennaro (2006: 12) sembrano confermare l’ipotesi formulata da Rizzi (1982): (50) a. Abbiamo potuto venirci solo poche volte. b. ?*Siamo potuti venirci solo poche volte. c. Ci siamo potuti venire solo poche volte. d. ?*Ci abbiamo potuto venire solo poche volte. Inoltre, la posizione del pronome dativo loro influenza la selezione dell’ausiliare, come risulta dagli esempi seguenti39: (51) a. Mi domando come Maria abbia potuto diventare loro simpatica. b. Mi domando come Maria sia loro potuta diventare simpatica. c. ?*Mi domando come Maria abbia loro potuto diventare simpatica. Quando loro viene preposto al verbo principale in una struttura nella quale il verbo incassato, cioè diventare, richiede essere, la struttura verbale complessa deve selezionare essere, come in (51b). Infine, Rizzi (1982: 22) tenta di formulare in quali contesti il cambiamento dell’ausiliare da avere a essere si produce. L’autore confuta l’idea che una struttura verbale complessa richiederebbe l’ausiliare essere quando uno dei suoi componenti richiede essere. Nell’esempio seguente, il verbo più incassato prendere richiede l’ausiliare avere, mentre il verbo a ristrutturazione andare deve selezionare essere e l’altro verbo a ristrutturazione volere, invece, richiede avere (52a). Non è possibile utilizzare essere come ausiliare dell’intera struttura verbale (52b)40: (52) a. Maria avrebbe voluto [andare [a prendere li lei stessa]]. b. Maria li avrebbe / *sarebbe voluti andare a prendere lei stessa. 39 40 Esempi tratti da Rizzi (1982: 25). Esempi tratti da Rizzi (1982: 22). 57 Rizzi (1982: 22) conclude che solo l’ultimo verbo della struttura verbale complessa creata dopo la ristrutturazione può provocare il cambio di ausiliare del primo verbo a ristrutturazione, indipendentemente dagli altri verbi a ristrutturazione che si trovano tra questi due verbi41: (53) a. Maria li avrebbe potuti stare per andare a prendere lei stessa. b. Maria ci sarebbe dovuta cominciare ad andare. In (53a), l’ultimo verbo della struttura verbale complessa, cioè prendere, seleziona abitualmente l’ausiliare avere e il primo verbo a ristrutturazione potere viene accompagnato dall’ausiliare avere. In (53b), per contro, l’ultimo verbo della struttura verbale, andare, che seleziona sempre essere, esercita un’influenza sul primo verbo a ristrutturazione dovere. Questo verbo, che generalmente seleziona l’ausiliare avere, subisce un cambiamento dell’ausiliare da avere a essere, provocato dalla presenza di andare. Tuttavia, Rizzi (1982: 23) nota che la formulazione della sua regola deve ancora essere raffinata, attraverso uno studio dettagliato della sintassi degli ausiliari. 3.4.2 Cinque Cinque (2004, 2006) osserva che le numerose analisi proposte dopo Rizzi (1976, 1978, 1982) hanno potuto spiegare molti aspetti del fenomeno della ristrutturazione, ma che non sono in grado di rispondere a due domande fondamentali, cioè perché il fenomeno della ristrutturazione esiste e perché si manifesta proprio con i verbi modali, aspettuali e di moto. Le idee di Cinque (2004, 2006) sulla ristrutturazione differiscono su molti piani dalla teoria di Rizzi (1982), tra i quali per quanto riguarda i fenomeni di trasparenza. 3.4.2.1 L’analisi di Cinque Cinque (2006) confuta l’idea di Rizzi (1982), secondo il quale dopo la ristrutturazione il verbo all’infinito e il suo complemento non formano più un costituente. L’analisi di Cinque (2006) prende come punto di partenza un lavoro precedente dell’autore (1999), nel quale suggerisce che, in tutte le lingue, la parte funzionale della frase viene strutturata secondo una 41 Esempi tratti da Rizzi (1982: 22, 23). 58 gerarchia di proiezioni funzionali, che è universale e rigidamente ordinata. La teoria sulla ristrutturazione elaborata da Cinque (2006) è concentrata su quattro idee fondamentali. In primo luogo, un obiettivo fondamentale dell’analisi di Cinque (2006) è la dimostrazione che i verbi a ristrutturazione seguiti da un verbo all’infinito formano una struttura monofrasale. In secondo luogo, Cinque (2006) propone di considerare i verbi a ristrutturazione come verbi funzionali. Di conseguenza, essi non potrebbero assegnare ruoli tematici e non avrebbero una propria struttura argomentale. In terzo luogo, l’autore dimostra che i fenomeni di trasparenza hanno solo un carattere opzionale. Una conseguenza importante dell’idea che i fenomeni di trasparenza sono opzionali è il fatto che questi fenomeni non sono più in grado di indicare la struttura monofrasale o bifrasale di una frase. In ultimo luogo, Cinque (2006) solleva l’ipotesi che i verbi a ristrutturazione siano sempre funzionali. 3.4.2.2 I fenomeni di trasparenza Prestiamo più attenzione alla terza idea della teoria di Cinque (2006), già elaborata in un lavoro precedente dell’autore (2004), poiché concerne anche gli ausiliari. Cinque (2004: 149) cerca di dimostrare che i cosiddetti fenomeni di trasparenza individuati da Rizzi (1982) hanno solo un carattere opzionale. L’autore (2004: 153) osserva che, da un lato, certi esempi suggeriscono che il cambio di ausiliare è obbligatorio. La frase in (54a) viene considerata come agrammaticale, mentre la frase in (54b), nella quale la salita del clitico viene accompagnata da un cambio di ausiliare, è grammaticale42: (54) a. ?*Maria ci ha dovuto venire molte volte. b. Maria c’è dovuta venire molte volte. Dall’altro, l’accettabilità delle due frasi seguenti, sia con avere (55a) che con essere (55b) come ausiliare, sembra affermare il carattere opzionale del cambio di ausiliare43: (55) a. Avremmo loro potuto rimanere più vicini. b. Saremmo loro potuti rimanere più vicini. 42 43 Esempi tratti da Cinque (2004: 153). Esempi tratti da Cinque (2004: 153). 59 Secondo Cinque (2004: 153)44, questo paradosso potrebbe dimostrare che, in italiano standard, il cambio di ausiliare è opzionale (come gli altri fenomeni di trasparenza), ma viene favorito dalla salita del clitico in registri stilistici più curati dell’italiano. 44 Cinque (2004: 153): “I tentatively interpret this paradox as showing that in Standard Italian, Auxiliary Change is per se optional (like all the other transparency effects) but is favored by Clitic Climbing in more careful styles of Italian.” 60 4 Discussione Fino ad oggi, sono stati pubblicati numerosi studi riguardanti la variazione nella selezione dell’ausiliare con i verbi intransitivi in italiano e in francese. La bibliografia vastissima che esiste su questo fenomeno (Perlmutter (1978), Salvi (1980), Rosen (1984), Perlmutter e Postal (1984), Burzio (1986), Legendre (1989), Ruwet (1989), Hoekstra e Mulder (1990), Levin e Rappaport-Hovav (1995), Benincà e Cinque (1995), Labelle (1992), Cocchi (1995), Sorace (2000), Bentley (2006), Legendre e Sorace (2010)) mostra che negli ultimi trent’anni le ricerche sull’inaccusatività e sulle questioni che le sono correlate sono state di grande interesse. Tuttavia, le ricerche e gli studi svolti hanno risposto solo in parte agli aspetti problematici che riguardano la variazione nella selezione dell’ausiliare in italiano e in francese. In quest’ultimo capitolo elaboreremo delle osservazioni riguardanti alcuni aspetti del fenomeno della variazione nella selezione dell’ausiliare di cui abbiamo trattato nel corso del nostro studio. In particolare, tratteremo della differenza nella distribuzione degli ausiliari essere/être e avere/avoir con i verbi intransitivi in italiano e in francese e, in seguito, della gerarchia della selezione dell’ausiliare elaborata da Legendre e Sorace (2010). Infine, confronteremo l’approccio semantico e quello sintattico allo studio della variazione nella selezione dell’ausiliare. 4.1 L’ausiliare Lo Zingarelli (2008), la Grammatica italiana: italiano comune e lingua letteraria (1996) di Serianni e il Dizionario di linguistica (2004) di Beccaria definiscono l’ausiliare un elemento indispensabile per la formazione dei tempi composti. A differenza di altre lingue come, per esempio, lo spagnolo, il portoghese e il russo, che dispongono di un solo tipo di ausiliare per formare i tempi composti, l’italiano e il francese dispongono di due ausiliari per la formazione dei tempi composti, cioè essere/être e avere/avoir. Come abbiamo già osservato nel primo capitolo, la maggior parte delle lingue del mondo non utilizzano il verbo ‘avere’ per formare i tempi composti ma bensì l’ausiliare ‘essere’ o un equivalente di ‘essere’. Anche all’interno del gruppo delle lingue romanze principali, l’italiano e il francese sono le uniche due lingue che ammettono due ausiliari. Il fatto che alcune lingue, tra cui anche alcune lingue romanze come lo spagnolo e il siciliano, selezionino un unico ausiliare nei tempi composti, dimostra che l’esistenza di due ausiliari all’interno di una lingua non è necessaria. È evidente che la 61 formazione dei tempi composti in italiano e in francese sarebbe meno problematica dopo l’eliminazione di uno dei due ausiliari. Come ha osservato Benveniste (1980), gli ausiliari ‘essere’ e ‘avere’ sono complementari. In primo luogo, la complementarità dei due ausiliari concerne la loro distribuzione. Secondo Benveniste (1980), ogni verbo seleziona necessariamente ‘essere’ o ‘avere’. Va notato che l’autore non prende in considerazione le eccezioni che abbiamo trattato nel terzo capitolo. Sia in italiano che in francese, infatti, esistono dei verbi che possono selezionare entrambi gli ausiliari, come il verbo italiano correre e i verbi francesi monter e descendre. La complementarità dei due ausiliari vale anche per i verbi correre e monter e descendre, come risulta dagli esempi seguenti: (1) a. Gianni ha / *è corso per tre ore. b. Gianni è / *ha corso al cinema. Il verbo correre seleziona l’ausiliare avere solo quando viene interpretato come un verbo di attività (1a). In altri contesti, quando viene interpretato come verbo telico denotante un compimento (1b), il verbo correre seleziona essere. Possiamo osservare la stessa complementarità analizzando la selezione dell’ausiliare con i verbi francesi monter e descendre: (2) a. La température *a / est montée / descendue en cinq minutes. b. La température a / *est monté(e) / descendu(e) pendant trois jours. La selezione dell’ausiliare être è correlata ad un’interpretazione telica (2a), mentre la selezione dell’ausiliare avoir favorisce un’interpretazione atelica (2b). In generale, quando un verbo seleziona entrambi gli ausiliari, gli ausiliari ‘essere’ e ‘avere’ sono in distribuzione complementare, poiché nei contesti nei quali il verbo può selezionare ‘essere’, non può selezionare ‘avere’ e viceversa. In secondo luogo, la complementarità riguarda anche il piano lessicale, vale a dire il tipo di rapporto semantico che ‘essere’ e ‘avere’ stabiliscono tra gli elementi nominali selezionati dal verbo, ovvero il soggetto e un eventuale altro argomento. Benveniste (1980) ha osservato che, quando ‘essere’ viene impiegato come ausiliare per formare i tempi composti, ‘essere’ 62 esprime un rapporto di identità intrinseco con il soggetto poiché il soggetto fa parte del processo stesso. ‘Avere’, invece, esprime un rapporto estrinseco con il soggetto. Nello specifico, il perfetto con ‘avere’ presenta il soggetto come il possessore del processo in questione e gli elementi nominali in relazione con il verbo, cioè gli argomenti, sono due entità distinte. Sulla base delle osservazioni elaborate da Benveniste (1980), possiamo concludere che sia essere/être che avere/avoir hanno un proprio significato e una propria distribuzione e che la selezione del tipo di ausiliare non costituisce una scelta arbitraria. 4.2 La selezione dell’ausiliare in italiano e in francese: Legendre e Sorace (2010) Come abbiamo già menzionato nel paragrafo precedente, l’italiano e il francese sono le uniche due lingue romanze principali che dispongono di due ausiliari per la formazione dei tempi composti. A partire da queste osservazioni, si potrebbe dunque pensare che queste due lingue hanno un comportamento simile quanto alla selezione dell’ausiliare, poiché entrambe sono lingue romanze. Tuttavia, non si può affermare a priori che se un verbo è inaccusativo in italiano, lo è anche in francese. Non sembra esistere un sistema generale che valga per tutte le lingue che dispongono di due ausiliari e che sia in grado di spiegare la variazione nella selezione dell’ausiliare. Anche all’interno del gruppo delle lingue romanze possiamo osservare delle variazioni, come dimostrano l’italiano e il francese. Legendre e Sorace (2010) hanno svolto un’analisi semantica della variazione nella selezione dell’ausiliare in italiano e in francese. Basandosi sulla gerarchia di Sorace (2000), le due autrici (2010: 185) hanno elaborato uno schema della distribuzione degli ausiliari essere/être e avere/avoir. Da questo schema si evince che esistono delle differenze tra l’italiano e il francese per quanto riguarda la selezione dell’ausiliare. Tratteremo qui di seguito i punti forti e, successivamente, i punti deboli della gerarchia di Legendre e Sorace (2010). Secondo le autrici, esistono delle differenze sistematiche all’interno delle classi semantiche dei verbi inaccusativi e inergativi. Legendre e Sorace (2010) hanno elaborato un sistema, cioè una gerarchia di classi verbali, che spiega la variazione nella selezione dell’ausiliare sia in 63 italiano che in francese. Questo approccio gerarchico, cioè l’elaborazione di una scala di selezione dell’ausiliare, ci sembra un approccio interessante. Infatti, dallo studio di Legendre e Sorace (2010) e dagli esempi riportati dalle autrici, risulta che la variazione nella selezione dell’ausiliare è graduale e che, di conseguenza, può essere rappresentata in una gerarchia. I verbi di cambiamento di luogo (change of location) selezionano sempre essere/être e i verbi denotanti un processo controllato senza movimento (non-motional controlled processes) selezionano sempre avere/avoir. Poi, avvicinandosi alla posizione centrale della gerarchia, i verbi intransitivi mostrano un comportamento sempre più variabile quanto alla selezione dell’ausiliare. Si evince dunque che certi tipi di verbi intransitivi mostrano una grande variabilità per quanto concerne la selezione dell’ausiliare rispetto ad altri tipi di verbi. La scala di selezione dell’ausiliare rispecchia in modo chiaro e sistematico questo approccio gerarchico. In secondo luogo, Legendre e Sorace (2010) hanno definito in modo chiaro i parametri aspettuali e tematici che entrano in gioco nella loro gerarchia. Il parametro della telicità viene associato ai verbi che selezionano essere/être, mentre il parametro dell’agentività viene associato ai verbi che selezionano avere/avoir. In terzo luogo, le autrici hanno delimitato e definito chiaramente le classi verbali che entrano nella loro gerarchia. In particolare, le autrici fanno una distinzione tra i verbi centrali e i verbi periferici. I verbi centrali si trovano alle estremità della gerarchia e presentano il maggior grado di coesione nella selezione dell’ausiliare mentre i verbi periferici si trovano alle estremità della gerarchia e presentano un maggior grado di variabilità nella scelta dell’ausiliare. Inoltre, le autrici hanno individuato numerose classi verbali1 all’interno dei verbi centrali e all’interno dei verbi periferici. (cfr. capitolo 2) Legendre e Sorace (2010) si sono basate sulle intuizioni di parlanti nativi per elaborare la loro gerarchia. Dunque, le autrici non si sono limitate alle loro proprie intuizioni sulla selezione dell’ausiliare, ma hanno anche tenuto conto dei giudizi di grammaticalità dei parlanti nativi, che sono indispensabili per una ricerca linguistica scientifica. Riassumendo, la gerarchia può essere considerata come una generalizzazione che dimostra che il punto di separazione tra la distinzione di verbi inergativi e inaccusativi è differente in italiano e in francese. 1 Le classi verbali della gerarchia sono: change of location, change of state, continuation of a pre-existing state, existence of state, uncontrolled processes, motional controlled processes, non-motional controlled processes. 64 Quanto ai punti deboli, osserviamo che la gerarchia di Legendre e Sorace (2010) non è in grado di rispondere a tutte le questioni teoriche che riguardano il problema della variazione nella selezione dell’ausiliare. La gerarchia non fornisce un insieme di regole per le differenti classi verbali individuate dalle autrici visto che una determinata classe verbale non implica necessariamente la selezione di un unico ausiliare. Per esempio, nella classe dei verbi di cambiamento di stato (change of state), Legendre e Sorace (2010) menzionano che, in francese, certi verbi, come per esempio monter e descendre, possono selezionare sia avoir che être. L’affermazione che una classe verbale equivale ad un unico ausiliare vale solo per quanto riguarda i cosiddetti verbi centrali, che dimostrano un comportamento consistente quanto alla selezione dell’ausiliare e che costituiscono il livello sul quale si situano le corrispondenze tra l’italiano e il francese. Tuttavia, come abbiamo già osservato2, anche all’interno di una classe dei verbi centrali, cioè quella dei verbi denotanti un processo controllato senza movimento (non-motional controlled processes), alcuni parlanti nativi italiani tendono ad esitare sulla scelta del tipo di ausiliare da selezionare. Benché abbiamo affermato che la gerarchia di Legendre e Sorace (2010) può essere considerata come una generalizzazione, è necessario analizzare ogni verbo intransitivo individualmente, visto che ci sono sempre delle eccezioni. Per esempio, il verbo francese rester appartiene alla classe dei verbi denotanti la continuazione di uno stato preesistente (continuation of a pre-existing state). Ora, i verbi appartenenti a questa classe selezionano sempre avoir, come risulta dallo schema della distribuzione degli ausiliari (cfr. capitolo 2). Tuttavia, il verbo rester seleziona être. La stessa osservazione vale per l’italiano. In conclusione, occorre prestare attenzione ad eventuali eccezioni che non sono contemplate dalla gerarchia di Legendre e Sorace (2010). Inoltre, è difficile dividere i verbi intransitivi in classi semantiche e stabilire in maniera inequivocabile a quale classe semantica appartiene ogni verbo. Le autrici hanno individuato sette classi verbali, ma è probabile che i verbi intransitivi possano essere divisi in un numero minore o maggiore di classi verbali. Al fine di cancellare i dubbi sull’appartenenza di ogni verbo a una classe verbale, Legendre e Sorace (2010) avrebbero potuto formulare una lista di tutti i verbi intransitivi e la loro appartenenza alle classi verbali. In generale, possiamo affermare che la gerarchia fornisce una rassegna di classi verbali, trattando anche le differenze tra l’italiano e il francese, ma senza spiegare il perché delle 2 cfr. capitolo 2, § 2.1.1.2 Non-motional controlled processes 65 differenze. Si tratta dunque piuttosto di un lavoro descrittivo. Le differenze tra l’italiano e il francese quanto alla selezione dell’ausiliare riguardano la selezione dell’ausiliare con i verbi periferici. Le autrici non spiegano per quale motivo, con queste classi di verbi, esistono delle differenze tra le due lingue romanze. In conclusione, la gerarchia elaborata da Legendre e Sorace (2010) può essere considerata come un tentativo riuscito di sistematizzare la variazione nella selezione dell’ausiliare in italiano e in francese. Tuttavia, accanto ai punti forti, abbiamo anche osservato delle debolezze. I futuri studi sulla selezione dell’ausiliare da un punto di vista semantico potrebbero prendere come punto di partenza la gerarchia di Legendre e Sorace (2010) e avere come obiettivo quello di migliorarne i punti deboli al fine di arrivare ad una gerarchia più complessa in grado di spiegare la variazione nella selezione dell’ausiliare. Infine, vorremmo ancora prendere in considerazione un’ipotesi avanzata nell’articolo di Legendre e Sorace (2010). Come abbiamo già osservato3, i verbi inaccusativi che selezionano l’ausiliare être in francese sono un sottoinsieme dei verbi che selezionano essere in italiano. Per questo motivo, alcuni autori, tra i quali Burzio (1986)4, Ruwet (1989) e Legendre e Sorace (2010), hanno avanzato l’ipotesi che i verbi intransitivi che selezionano avoir in francese, e i loro corrispettivi italiani che selezionano essere, sono verbi inaccusativi. Questi autori considerano dunque i verbi francesi come augmenter e baisser come inaccusativi: (3) a. I prezzi sono aumentati/diminuiti. b. Les prix ont augmenté/baissé. Secondo noi, questa proposta merita di essere presa in considerazione. Forse sarebbe interessante uscire dalla divisione tradizionale dei verbi intransitivi in una classe di verbi inaccusativi selezionanti l’ausiliare essere/être e una classe di verbi inergativi selezionanti l’ausiliare avere/avoir, e ipotizzare che un verbo che seleziona avere possa comunque essere inaccusativo. Di conseguenza, possiamo supporre che anche nelle lingue che selezionano solo avere come ausiliare esistono dei verbi inaccusativi. Burzio (1986) ha dimostrato che i verbi inaccusativi selezionano l’ausiliare essere in italiano, mentre la selezione dell’ausiliare non è 3 cfr. capitolo 2, § 2.2 Burzio (1986: 142): “ […] there is no reason at all to believe that French and Italian have different classes of ergative verbs, only differences in auxiliary assignment.” 4 66 un indizio fondamentale di inaccusatività in francese. Alla luce di queste osservazione, la selezione dell’ausiliare essere/être o avere/avoir potrebbe essere considerata indipendentemente dalla divisione dei verbi intransitivi in verbi inaccusativi e in verbi inergativi. In questo modo, il tipo di ausiliare selezionato nei tempi composti non sarebbe più una conseguenza dell’appartenenza di un verbo intransitivo alla classe inaccusativa o a quella inergativa. 4.3 Approccio semantico vs approccio sintattico Spiegare la variazione nella selezione dell’ausiliare con i verbi intransitivi è una grande sfida per i linguisti. Negli ultimi trent’anni, le ricerche sull’intransitività scissa e sulle questioni che le sono correlate si sono moltiplicate considerevolmente. Per questo, ci siamo limitate, nel primo capitolo5, ad alcuni principi dell’analisi semantica e sintattica della variazione nella selezione dell’ausiliare con i verbi intransitivi. Più particolarmente, quanto all’approccio semantico, abbiamo preso in considerazione l’aspetto e i parametri della telicità e dell’agentività. Quanto all’approccio sintattico, abbiamo affrontato l’Ipotesi dell’Inaccusatività e i test di inaccusatività. In questo paragrafo, faremo alcune considerazioni riguardanti gli approcci discussi nel primo capitolo. L’approccio semantico allo studio della variazione nella selezione dell’ausiliare ha suscitato l’interesse di molti autori tra i quali Levin e Rappaport-Hovav (1995), Sorace (2000), Asnes (2004) e Legendre e Sorace (2010). Questo approccio prende in considerazione dei fattori lessicali, semantici e aspettuali. In particolare, esso consiste in un’analisi semantica del predicato verbale in cui il parametro aspettuale della telicità e il parametro tematico dell’agentività sarebbero responsabili della selezione di essere/être o avere/avoir come ausiliare. Nel paragrafo precedente, abbiamo già presentato le nostre osservazioni sull’approccio semantico di Legendre e Sorace (2010), cioè i punti forti e i punti deboli del loro schema di distribuzione degli ausiliari in italiano e in francese. Qui sotto faremo ancora alcune considerazioni generali sull’approccio semantico. Per quanto riguarda l’approccio semantico, Legendre e Sorace (2010: 175) osservano che la discussione resta aperta: 5 cfr. § 1.4 Analisi semantica e sintattica della variazione nella selezione dell’ausiliare con i verbi intransitivi 67 What remains are controversies about the significance of other features or feature bundles, the theoretical status of verb classes, as well as the formal apparatus necessary to provide an explicit typology of possible lexicon/syntax mappings. In primo luogo, ci sembra che l’osservazione di Legendre e Sorace (2010), secondo le quali, accanto ai parametri della telicità e l’agentività, possono essere presi in considerazione altri parametri, è pertinente. È infatti probabile che la selezione dell’ausiliare in italiano e in francese dipenda non solo dalla telicità e dall’agentività, ma anche da altri parametri6. In secondo luogo, è difficile dividere i verbi intransitivi in classi semantiche omogenee e stabilire in maniera inequivocabile a quale classe semantica appartiene ogni verbo. Abbiamo già trattato in dettaglio di questo aspetto parlando della gerarchia di Legendre e Sorace (2010)7. Per quanto concerne l’aspetto, abbiamo già menzionato l’importanza degli avverbi per individuare l’aspetto telico o atelico di un verbo o di un predicato verbale8. I verbi atelici sono compatibili con l’avverbio per x tempo/pendant x temps, mentre i verbi telici sono compatibili con l’avverbio in x tempo/en x temps. La (a)telicità è un parametro di tipo aspettuale che può avere applicazioni sia semantiche che sintattiche. I verbi che selezionano essere sono telici mentre quelli che selezionano avere sono atelici. La compatibilità del verbo intransitivo con gli avverbi (a)telici costituisce un modo facile e affidabile per individuare l’aspetto telico o atelico di un verbo o di un predicato verbale. Visto che la telicità viene correlata alla selezione dell’ausiliare essere/être, possiamo determinare in questo modo se un verbo è inaccusativo o inergativo. La compatibilità con gli avverbi (a)telici non solo permette di spiegare la selezione dell’ausiliare in generale, ma dà anche una spiegazione delle irregolarità, come per esempio il fatto che correre e monter e descendre possono selezionare entrambi gli ausiliari. Tuttavia, va osservato che ci sono verbi che selezionano solo l’ausiliare avoir, e che sono dunque atelici, come il verbo rougir, ma che sono comunque compatibili sia con pendant x temps (4a) che con en x temps (4b), a seconda del contesto: (4) a. Jean a rougi pendant trois minutes. b. Jean a rougi en trois minutes. 6 Lasciamo la questione in sospeso per eventuali studi futuri. cfr. § 4.2 La selezione dell’ausiliare in italiano e in francese: Legendre e Sorace (2010) 8 cfr. § 1.4.1 Approccio semantico 7 68 Il verbo francese rougir viene considerato come un verbo di cambiamento di stato. La maggioranza dei verbi di cambiamento di stato implicano un avvicinamento graduale ad un telos, che non viene necessariamente raggiunto. Come abbiamo già osservato9 (cfr. capitolo 2), i verbi che descrivono un cambiamento di stato graduale vengono chiamati ‘verbi a compimento graduale’ (gradual completion verbs, GCV) da Bertinetto e Squartini (1995). Legendre e Sorace (2010: 198) osservano che alcuni verbi di cambiamento di stato sono ambigui, poiché permettono un’interpretazione telica e atelica. I verbi in questione sono dunque compatibili con l’avverbio pendant x temps e con l’avverbio en x temps. In questi casi, la verificazione della compatibilità di un verbo intransitivo con gli avverbi (a)telici non permette di individuare l’aspetto telico o atelico di un verbo. Dunque, in alcuni contesti, è difficile determinare l’(a)telicità e, di conseguenza, anche quale ausiliare deve essere selezionato. L’approccio sintattico allo studio della variazione nella selezione dell’ausiliare con i verbi intransitivi stabilisce che il soggetto dei verbi intransitivi selezionanti l’ausiliare essere condivida alcune proprietà sintattiche con l’oggetto dei verbi transitivi. L’approccio sintattico più conosciuto per l’analisi della variazione nella selezione dell’ausiliare con i verbi intransitivi è l’Ipotesi dell’Inaccusatività. Qui di seguito, spiegeremo più in dettaglio l’Ipotesi dell’Inaccusatività e faremo alcune considerazioni su questo tipo di approccio sintattico. L’Ipotesi dell’Inaccusatività (The Unaccusative Hypothesis, UH) è stata elaborata per la prima volta nell’ambito della Grammatica Relazionale di Perlmutter (1978), che ha introdotto un parametro di carattere sintattico nella selezione dell’ausiliare. Quest’approccio riprende la divisione, fatta su base semantica, dei verbi intransitivi in due classi: i verbi inaccusativi, che selezionano l’ausiliare essere/être e i verbi inergativi, che selezionano avere/avoir. Questi due tipi di verbi hanno delle caratteristiche sintattiche diverse. Secondo Perlmutter (1978), certe proposizioni intransitive non hanno un soggetto iniziale, ma solo un oggetto diretto iniziale. L’autore avanza quest’ipotesi sulla base dell’osservazione che alcuni verbi sono compatibili con la struttura impersonale. Nella struttura impersonale, l’argomento selezionato dal verbo non si trova nella posizione canonica del soggetto, cioè a sinistra del predicato, ma nella posizione abitualmente occupata dall’oggetto diretto, a destra del predicato. I verbi 9 cfr. capitolo 2, § 2.1.2.1 Change of state e capitolo 3, § 3.3 I verbi di cambiamento di stato 69 compatibili con la struttura impersonale vengono considerati inaccusativi da Perlmutter (1978). Successivamente, l’Ipotesi dell’Inaccusatività è stata ripresa da Burzio (1986) nell’ambito della teoria di Government and Binding. Da quando è apparsa, l’Ipotesi dell’Inaccusatività ha suscitato l’interesse di molti linguisti, che hanno elaborato vari tipi di teorie. Certi linguisti hanno difeso la natura sintattica o semantica dell’intransitività scissa (Levin e Rappaport Hovav (1995), Perlmutter (1978), Rosen (1984), Van Valin (1990)), mentre altri hanno difeso un approccio basato su principi lessicali o un approccio puramente strutturale (La Fauci (1984), Levin e Rappaport Hovav (1995), Sorace (2000)). È anche stato proposto un approccio gerarchico per spiegare la variazione nella selezione dell’ausiliare (Sorace (2000)). Secondo l’Ipotesi dell’Inaccusatività, i verbi inaccusativi e i verbi inergativi dovrebbero mostrare un comportamento sintattico omogeneo: tutti i verbi inergativi selezionano ‘avere’, mentre tutti i verbi inaccusativi selezionano ‘essere’. In realtà, quest’ipotesi si rivela troppo generale, poiché non tutti i verbi selezionano obbligatoriamente uno dei due ausiliari ma possono selezionare entrambi gli ausiliari. Per esempio il verbo fiorire, che può selezionare sia essere che avere (cfr. capitolo 3), dovrebbe essere analizzato allo stesso tempo come un verbo inaccusativo o come un verbo inergativo a seconda del tipo di ausiliare selezionato. Inoltre, esistono dei verbi che possono entrare sia in una costruzione sintattica inaccusativa che in una costruzione sintattica inergativa a seconda delle caratteristiche del predicato. Il verbo italiano correre (cfr. capitolo 3) seleziona avere e si comporta come un verbo inergativo quando viene interpretato come un verbo di attività, mentre seleziona essere e si comporta come un verbo inaccusativo quando viene interpretato come un verbo telico denotante un compimento. Anche Labelle (1992)10 osserva che i verbi non possono essere classificati come esclusivamente inaccusativi o inergativi. Non è perché un verbo si comporta come un verbo inaccusativo in una determinata costruzione, che è un verbo inaccusativo in tutte le costruzioni nelle quali entra. Un punto debole dell’Ipotesi dell’Inaccusatività è dunque il fatto che l’ipotesi non prende in considerazione la caratteristica di alcuni verbi di selezionare entrambi gli ausiliari. Infatti, la gerarchia fa una distinzione rigorosa tra verbi che selezionano essere e verbi che selezionano avere. Inoltre, il fatto anche il contesto possa 10 Labelle (1992: 378): “If a verb passes a test of unaccusativity in one construction, one cannot blindly conclude that it is unaccusative in all constructions in which it appears. The possibility exists that it may be unergative when used in a different construction.” 70 influenzare la selezione dell’ausiliare, come per esempio nel caso di correre, non viene preso in considerazione. Va inoltre notato che l’influenza del contesto sulla selezione dell’ausiliare non è sistematica attraverso le lingue. Infatti, in italiano, il verbo correre seleziona essere o avere a seconda della presenza di uno scopo/un telos. In francese, invece, courir seleziona sempre avoir, indipendentemente della presenza di uno scopo. Infine, come abbiamo già osservato nel primo capitolo11, l’affidabilità di alcuni test di inaccusatività può essere contestata. È dunque necessario affinare alcuni test di inaccusatività o stabilire altri criteri al fine di determinare l’inaccusatività di un verbo. A differenza dell’approccio semantico, invece, l’Ipotesi dell’Inaccusatività presenta delle regole fisse per la selezione dell’ausiliare. Mentre nell’approccio semantico può risultare difficile determinare il carattere telico o atelico di un verbo e, di conseguenza, assegnare un ausiliare ad un verbo intransitivo, l’approccio sintattico è più categorico. I verbi inaccusativi, che selezionano essere/être nei tempi composti, hanno come unico argomento un oggetto tematico. Invece, i verbi inergativi, che selezionano avere/avoir, ammettono come unico argomento un argomento esterno. Tuttavia, come abbiamo già osservato sopra, queste regole non permettono di spiegare perché certi tipi di verbi selezionano sia essere/être che avere/avoir. Alcuni autori, come Levin e Rappaport Hovav (1995), Legendre et al. (1991) e Legendre e Sorace (2010) sostengono che l’inaccusatività è determinata semanticamente e codificata sintatticamente12. La possibilità di un’interazione tra la semantica e la sintassi per analizzare la selezione dell’ausiliare in italiano e in francese merita di essere presa in considerazione. Quest’approccio consiste nella combinazione di un’analisi semantica del predicato verbale e di un’analisi sintattica del soggetto dei verbi intransitivi. Si pone dunque la questione di capire se questi due approcci sono compatibili, visto che il risultato dell’analisi semantica non corrisponde sempre al risultato dell’analisi sintattica. Esistono dei verbi con una semantica simile, che hanno invece un comportamento sintattico differente a seconda della lingua in cui appaiono. Il verbo arrossire, per esempio, viene in italiano classificato nella classe dei verbi inaccusativi, mentre in francese (rougir) appartiene alla classe dei verbi inergativi. Si è osservato un interesse crescente per queste differenze tra semantica e sintassi, che vengono comunemente chiamate unaccusative mismatches 11 cfr. capitolo 1, § 1.4.2.2 I test di inaccusatività Legendre e Sorace (2010: 173): “Split intransitivity is both syntactically encoded and semantically determined.” 12 71 (Alexiadou, Anagnostopoulou e Everaert (2004), Aranovich (2005)). La prima formulazione dell’Ipotesi dell’Inaccusatività di Perlmutter (1978) ipotizza che la distinzione tra verbi inaccusativi e verbi inergativi sia correlata a certe caratteristiche semantiche del predicato13. In altri studi, per esempio quello di Rosen (1984), è stato osservato che la corrispondenza tra le caratteristiche sintattiche e quelle semantiche non è esatta. Secondo i sostenitori dell’approccio sintattico, il fenomeno di unaccusative mismatches dimostra che la distinzione tra verbi inaccusativi e verbi inergativi non è determinata semanticamente. I sostenitori dell’approccio semantico, invece, enfatizzano l’importanza dei parametri semantici. In conclusione, è possibile addurre degli argomenti sia a favore che contro l’approccio semantico e sintattico. Nel nostro studio, abbiamo focalizzato la nostra attenzione sull’approccio semantico elaborato da Legendre e Sorace (2010) e sull’approccio sintattico che sta alla base dell’Ipotesi dell’Inaccusatività. Esistono tuttavia ancora altre teorie semantiche e sintattiche concernenti la variazione nella selezione dell’ausiliare con i verbi intransitivi. 13 Perlmutter (1978) correla il parametro agentivity ai verbi inergativi e il parametro patienthood ai verbi inaccusativi. 72 Conclusione La tesi ha come scopo quello di dare una visione globale del fenomeno della variazione nella selezione dell’ausiliare con i verbi intransitivi in italiano e in francese da un punto di vista semantico. Abbiamo presentato un’analisi comparativa tra l’italiano e il francese e approfondito alcuni aspetti dell’approccio semantico allo studio della variazione nella selezione dell’ausiliare con i verbi intransitivi in queste due lingue. Dal nostro studio, si evince che esistono delle differenze fondamentali tra l’italiano e il francese quanto alla selezione dell’ausiliare. Sia l’italiano che il francese dispongono di due ausiliari per la formazione dei tempi composti con i verbi intransitivi. Tradizionalmente, i verbi intransitivi vengono suddivisi in due classi: la classe dei verbi inaccusativi, che selezionano essere/être, e quella dei verbi inergativi, che selezionano avere/avoir. Molti linguisti si sono interessati al problema della variazione nella selezione dell’ausiliare sviluppando considerazioni di tipo semantico e sintattico. Legendre e Sorace (2010) hanno svolto un’analisi semantica della variazione nella selezione dell’ausiliare con i verbi intransitivi in italiano e in francese. Basandosi su due parametri fondamentali dell’approccio semantico, cioè il parametro della telicità e il parametro dell’agentività, le autrici hanno elaborato uno schema della distribuzione degli ausiliari in italiano e in francese. Il loro approccio è gerarchico. Le autrici hanno infatti elaborato una gerarchia nella variazione della selezione dell’ausiliare con i verbi intransitivi e hanno suddiviso i verbi intransitivi in classi semantiche omogenee a seconda del tipo di ausiliare selezionato. Tuttavia, è possibile osservare delle irregolarità all’interno di certe classi verbali presenti nella gerarchia. Per esempio, per quanto riguarda i verbi meteorologici e i verbi di cambiamento di stato, si osserva che alcuni di questi verbi possono selezionare sia l’ausiliare essere che l’ausiliare avere in italiano. In francese, invece, solo pochi verbi come, per esempio, i verbi monter e descendre, ammettono una variazione nella selezione dell’ausiliare. Dallo schema di Legendre e Sorace (2010) si evince che, sia in italiano che in francese, la selezione dell’ausiliare è sensibile alle proprietà aspettuali e lessico-semantiche dei verbi o dei predicati verbali. Tuttavia, le due lingue romanze si comportano in modo diverso quanto alla selezione dell’ausiliare, poiché l’ausiliare avoir viene più frequentemente utilizzato in francese rispetto all’ausiliare avere in italiano. Il francese tende ad eliminare être come 73 secondo ausiliare. La differenza fondamentale tra l’italiano e il francese resiede nel fatto che, in francese, i verbi inaccusativi che selezionano être costituiscono un sottoinsieme dei loro equivalenti italiani. Infatti, in francese, la linea di demarcazione che divide i verbi intransitivi che selezionano être da quelli che selezionano avoir si trova in un punto molto più alto nella gerarchia rispetto all’italiano. Per questo motivo, è stata avanzata l’ipotesi che i verbi intransitivi che selezionano avoir in francese siano inaccusativi. L’approccio gerarchico della distribuzione degli ausiliari essere/être e avere/avoir elaborato da Legendre e Sorace (2010) ha sia dei punti forti che dei punti deboli. In generale, la loro gerarchia può essere considerata come un tentativo riuscito di descrivere e sistematizzare la variazione nella selezione dell’ausiliare in italiano e in francese. Tuttavia, l’analisi di Legendre e Sorace (2010) può ancora essere migliorata in futuri studi. Dal confronto tra l’approccio semantico della variazione nella selezione dell’ausiliare con i verbi intransitivi e quello sintattico, si evince che entrambi gli approcci hanno punti di forza e punti deboli. Nonostante la grande quantità di studi e di ricerche prodotti sulla variazione nella selezione dell’ausiliare con i verbi intransitivi, numerosi aspetti problematici non sono ancora stati risolti e potrebbero essere esaminati in studi futuri. Quanto all’approccio semantico, ci siamo limitati nel nostro studio a due parametri, cioè la telicità e l’agentività. Tuttavia, come abbiamo già suggerito, sarebbe interessante esaminare l’importanza di altri parametri nell’approccio semantico. Sarebbe inoltre interessante esaminare l’origine e i motivi delle differenze tra l’italiano e il francese quanto alla selezione dell’ausiliare con i verbi intransitivi. Poiché si tratta di due lingue romanze, derivate dal latino, una ricerca diacronica sarebbe opportuna. In questo modo, si potrebbe individuare il momento nel quale queste due lingue hanno cominciato a comportarsi in modo diverso quanto alla selezione dell’ausiliare. Infine, potrebbe essere interessante svolgere una ricerca comparativa tra le lingue romanze che possono selezionare i due ausiliari nei tempi composti, come il francese e l’italiano, e le lingue germaniche che possono selezionare i due ausiliari, come il neerlandese e il tedesco. Per svolgere tale ricerca sarebbe auspicabile una collaborazione tra romanisti e germanisti. 74 Bibliografia Antoine Meillet, L’évolution des formes grammaticales, in “Rivista di scienza”, anno 1912, vol. 12, n. 26(6). 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