Dante chiede al goloso Ciacco notizie di alcuni
‘grandi fiorentini’ (INF. VI, 77-87)
E io a lui: “Ancor vo’ che mi ’nsegni
e che di più parlar mi facci dono.
Farinata e ’l Tegghiaio, che fuor sì degni,
Iacopo Rusticucci, Arrigo e ’l Mosca
e li altri ch’a ben far puoser li ’ngegni,
dimmi ove sono e fa ch’io li conosca;
ché gran disio mi stringe di savere
se ’l ciel li addolcia o lo ’nferno li attosca”.
E quelli: “Ei son tra l’anime più nere;
diverse colpe giù li grava al fondo:
se tanto scendi, là i potrai vedere. […]”
I dannati della IX bolgia
IDENTITÀ
AMBITO
EPOCA
Maometto
Religioso
560 -633 d.C.
Alì, cugino e genero di
Maometto
Religioso
597 - 660 d.C.
Fra Dolcino [Tornielli]
Religioso
morto nel 1307; la sua morte qui è
oggetto di una profezia post
eventum.
Pier da Medicina
Politico
[Romagna]
contemporaneo di Dante,
personaggio ancora oscuro
Caio Curione (noto a D. Politico [Roma al
attraverso la Farsaglia) tramonto della
repubblica]
contemporaneo di Cesare e Pompeo
Mosca dei Lamberti
Politico
morto nel 1243
[Firenze/Toscana]
Bertrand de Born
Politico [assetto
ante 1140 - ante 1215
feudale d’Europa]
Inferno XXVIII - sequenze
 “Il modo della nona bolgia sozzo” (1-21)
 Maometto si presenta, presenta Alì e spiega il
contrappasso (22-42)
 Domanda di Maometto e risposta di Virgilio (43-54)
 Il monito rivolto a Fra’ Dolcino (55-63)
 Discorso e profezia di Pier da Medicina (64-90)
 Curione (91-102)
 Mosca de’ Lamberti e la radice delle discordie
fiorentine (103-111)
 Bertran de Born e l’allegoria della lucerna (112-142).
Il motto di Caio Curione nelle parole di Lucano
Phars. I. 272 ss. [281]
Utque ducem varias volventem pectore curas
conspexit: “Dum voce tuae potuere iuvari,
Caesar,” ait “partes, quamuis nolente senatu,
traximus imperium, tunc cum mihi rostra tenere
ius erat et dubios in te transferre Quirites
At postquam leges bello silvere coactae,
pellimur e patriis laribus patimurque volentes
exilium; tua nos faciet victoria cives.
Dum trepidant nullo firmatae robore partes,
tolle moras; semper nocuit differre paratis. […]”.
L’omicidio di Buondelmonte (Pasqua 1216)
1. Durante un convito Buondelmonte de’ Buondelmonti ha un
diverbio con Oddo Arrigo dei Fifanti.
2. Per riappacificare i contendenti viene chiesto a Buondelmonte di
sposare una fanciulla degli Amidei, nipote di Arrigo Fifanti.
3. Ma Buondelmonte rompe la promessa di matrimonio, e il giorno
fissato per le nozze, invece di andare in chiesa, va a casa di
Gualdrada Donati e promette di sposare la figlia di lei.
4. I membri di alcune famiglie fiorentine legate agli Amidei (oltre i
Fifanti gli Uberti, i Gangalandi, i Lamberti e i Pandolfini)
decidono di vendicare l’offesa, e decretano la morte di
Buondelmonte, che viene ucciso il giorno di Pasqua 1216.
5. La discordia interna a Firenze si salda anche con la spaccatura
(che si fa e decisiva) tra i partigiani di Federico di Svevia e quelli
di Ottone IV = ghibellini (gli uccisori di B.) contro guelfi.
Dopo il 1216 a Firenze diventa insanabile la spaccatura tra
GUELFI (da Welf,
capostipite della casa di
Baviera)
GHIBELLINI (da Wībeling,
castello degli
Hohenstaufen)
Buondelmonti, Donati etc.
Amidei, Uberti, Lamberti,
Gangalandi, Pandolfini ,
Amidei, Fifanti etc.
La morte di Buondelmonte secondo G. Villani
(Nuova Cronica, VI 38)
Per la qual cosa i parenti della prima donna promessa raunati insieme, e
dogliendosi di ciò che messer Bondelmonte aveva loro fatto di vergogna, sì
presono il maladetto isdegno onde la città di Firenze fu guasta e partita; che
di più causati de' nobili si congiuraro insieme di fare vergogna al detto
messer Bondelmonte per vendetta di quella ingiuria. E stando tra·lloro a
consiglio in che modo il dovessero offendere, o di batterlo o di fedirlo,
il Mosca de' Lamberti disse la mala parola «Cosa fatta capo ha», cioè che
fosse morto: e così fu fatto; ché la mattina di Pasqua di Risurresso si raunaro
in casa gli Amidei da Santo Stefano, e vegnendo d'Oltrarno il detto messere
Bondelmonte vestito nobilemente di nuovo di roba tutta bianca, e in su uno
palafreno bianco, giugnendo a piè del ponte Vecchio dal lato di qua, apunto
a piè del pilastro ov'era la 'nsegna di Mars, il detto messer Bondelmonte fue
atterrato del cavallo per lo Schiatta degli Uberti, e per lo Mosca Lamberti e
Lambertuccio degli Amidei assalito e fedito, e per Oderigo Fifanti gli furono
segate le vene e tratto a·ffine; e ebbevi co·lloro uno de' conti da Gangalandi.
Per la qual cosa la città corse ad arme e romore.
Firenze tra Marte e il Battista (INF XIII 139-151)
“ […] I’ fui de la città che nel Batista
mutò il primo padrone; ond’ei per questo
sempre con l'arte sua la farà trista;
e se non fosse che’n sul passo d’Arno
rimane ancor di lui alcuna vista,
que’ cittadin che poi la rifondarno
sovra’l cener che d’Attila rimase,
avrebber fatto lavorare indarno.
Io fei gibetto a me de le mie case”.
Inferno XIII - sequenze
La selva dei suicidi come antitesi del
locus amoenus. Importanza delle fonti
virgiliane (Eneide III; 1-30)
Il colloquio con il primo uomo-pianta,
Pier delle Vigne, logoteta di Federico II di
Svevia (31- 108)
La pena degli scialacquatori e il topos
letterario della caccia tragica (109-129)
Il fiorentino suicida (130-151)
Polisemia del detto cosa fatta capo ha
Nell’uso del personaggio
Mosca dei Lamberti
Nel proverbio circolato
indipendentemente da
Dante
• bisogna uccidere
Buondelmonte
• bisogna smettere di
discutere e passare
all’azione
• quel che è accaduto
non si può cancellare
• è inutile tornare su una
decisione presa
• una volta presa una
decisione bisogna
andare fino in fondo
PAR. XVI 136-144: ancora Buondelmonte
La casa di che nacque il vostro fleto,
per lo giusto disdegno che v’ha morti
e puose fine al vostro viver lieto,
era onorata, essa e suoi consorti:
o Buondelmonte, quanto mal fuggisti
le nozze süe per li altrui conforti!
Molti sarebber lieti, che son tristi,
se Dio t’avesse conceduto ad Ema
la prima volta ch’a città venisti.
I canti di Cacciaguida (PAR. XV-XVII)
XV
XVI
XVII
I beati tacciono (1-12) e
prende solennemente la
parola Cacciaguida, che (2830) si rivolge a Dante in
latino, e successivamente in
italiano, rallegrandosi per il
suo arrivo. Dante allora (7087) ringrazia Cacciaguida
dell’accoglienza, e gli chiede
spiegazioni. Cacciaguida si
presenta come avo di
Dante, e racconta la sua
storia (88-96), tessendo
quindi un elogio della
Firenze dei suoi tempi. Nel
finale del canto spiega di
essere morto in Terrasanta
nella II crociata (1147-49).
Riflessione di Dante
sull’importanza della nobiltà
di sangue (1-9). Dante
interroga di nuovo
Cacciaguida. Il quale,
rispondendo, riprende il
discorso sulla Firenze del
suo tempo, deplorando
l’ingrandirsi dei confini della
città e il disordine portato
dai nuovi ricchi inurbati.
Segue una rassegna delle
principali famiglie fiorentine
di antico e più nuovo
lignaggio. Nella parte finale
del canto Cacciaguida torna
sulla morte violenta di
Buondelmonte.
Il canto XVII è quello in cui
Cacciaguida, rispondendo
alla perplessità di Dante,
compone i vari tasselli
profetici che il pellegrino ha
raccolto nel suo cammino, e
gli annuncia il prossimo
esilio.
Nella seconda parte,
sempre rispondendo a
Dante, Cacciaguida
ribadisce che il suo viaggio,
voluto in cielo, dovrà essere
raccontato. Dante deve
scrivere quello che ha visto,
senza avere paura che il suo
discorso riesca inaccettabile
a coloro che ha criticato.
La profezia di Cacciaguida-Anchise
e l’investitura di Dante-Enea (PAR XVII)
• l’ingiusto esilio di Dante-Ippolito (Ovidio, MET XV): 4660
• la compagnia “ingrata, matta ed empia”: 61-69
• l’ospitalità del “gran Lombardo”: 70-93
• il dilemma di Dante: parlare o tacere? 106-120
• la certezza di Cacciaguida: Dante ha viaggiato apposta
per poter raccontare: 121-142
come Enea nei Campi Elisi, Dante in paradiso
vedechiaramente il futuro suo e della sua patria e
prende piena coscienza della sua missione
La riflessione di Dante sulla Romagna
e le analogie con la Toscana
Col 1278 la Romagna era passata da feudo imperiale a
territorio sotto il dominio del papa, perché Rodolfo
d’Asburgo aveva ‘restituito’ a Niccolò III (il papa
simoniaco di INF XIX) i territori che i re Carolingi
avevano ufficialmente ‘regalato’ alla Chiesa, ma senza
mai cederli davvero.
Questo passaggio di consegne aveva portato ad una
serie di lotte di parte, che avevano portato corruzione e
debolezza nelle città stato-romagnole, che si erano
impoverite e indebolite (cfr. soprattutto INF. XXVII e
PURG. XIV).
L’antica e la ‘nuova Firenze’ nel discorso di Cacciaguida
Al tempo di Cacciaguida
• equilibrio tra potere ‘interno’
del Comune e controllo
imperiale (amministrativo e
giuridico) sul territorio
• dimensioni limitate del
territorio cittadino
• stile di vita sobrio e austero,
anche nelle famiglie potenti
• concordia cittadina
• autonomia politica rispetto
alle pretese papali
Al tempo di Dante
• sostanziale autonomia del
Comune e dissoluzione del
controllo feudale sul
territorio
• ampliamento sregolato del
territorio cittadino
• maggiore ricchezza -> sfarzo
e corruzione dei costumi
• contese di parte
• crescente ingerenza del
papato, in appoggio ai Neri
L’antica e la ‘nuova Firenze’ nel discorso di Cacciaguida
Al tempo di Cacciaguida
Al tempo di Dante
equilibrio tra potere ‘interno’
del Comune e controllo
imperiale (amministrativo e
giuridico) sul territorio
dimensioni limitate del
territorio cittadino
sostanziale autonomia del
Comune e dissoluzione del
controllo imperiale (feudale) sul
territorio
ampliamento sregolato del
territorio cittadino
stile di vita sobrio e austero,
anche nelle famiglie potenti
maggiore ricchezza => sfarzo e
corruzione dei costumi
concordia cittadina
contese di parte
autonomia politica rispetto alle
pretese papali
crescente ingerenza del papato,
in appoggio ai Neri
L’icona ambigua del Battista (PAR XVIII, fine)
O milizia del ciel cu’ io contemplo,
adora per color che sono in terra
tutti svïati dietro al malo essemplo!
Già si solea con le spade far guerra;
ma or si fa togliendo or qui or quivi
lo pan che ’l pïo Padre a nessun serra.
Ma tu che sol per cancellare scrivi,
pensa che Pietro e Paulo, che moriro
per la vigna che guasti, ancor son vivi.
Ben puoi tu dire: “I' ho fermo ’l disiro
sì a colui che volle viver solo
e che per salti fu tratto al martiro,
ch'io non conosco il pescator né Polo”.
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