Ministri Straordinari della Comunione don Gianni Naletto Educare alla vita buona del Vangelo significa, infatti, in primo luogo farci discepoli del Signore Gesù, il Maestro che non cessa di educare a una umanità nuova e piena. Egli parla sempre all’intelligenza e scalda il cuore di coloro che si aprono a lui e accolgono la compagnia dei fratelli per fare esperienza della bellezza del Vangelo. La Chiesa continua nel tempo la sua opera: la sua storia bimillenaria è un intreccio fecondo di evangelizzazione e di educazione. Annunciare Cristo, vero Dio e vero uomo, significa portare a pienezza l’umanità e quindi seminare cultura e civiltà. “Educare alla vita nella fragilità Sfida e profezia per la pastorale della salute” Direttrici fondamentali entro cui si muove la nostra azione educativa sono da intendersi il servizio e la presenza accanto all’uomo nel tempo della fragilità cioè nel momento in cui la vita umana è attraversata dalla sofferenza e dalla povertà e necessita di un maggiore sostegno. Mistero della sofferenza “l’esperienza di chi ha attraversato la sofferenza o si è fatto compagno di chi è nella malattia e nel dolore, è un tesoro di umanità e di verità che arricchisce tutti. Per questo, è assolutamente importante e urgente evitare che la malattia sia vissuta senza consolazione fino a diventare un’esperienza desolata e maledetta; per questo, anche, è necessario valorizzare e comunicare la straordinaria forza vitale che si sprigiona dalla vita fragile e da chi se ne prende cura, specie in un tempo segnato dall’utilitarismo e dall’individualismo”. Giovanni Paolo II° “La vitalità e lo spirito evangelico di una comunità parrocchiale si misurano dall’attenzione che essa offre agli infermi della Parrocchia stessa; la sollecitudine per i sofferenti costituisce per una comunità cristiana una delle credenziali più convincenti per essere una comunità di fede, di carità e di fedeltà a Cristo” Perchè parlarne…?!? Non è un di più, un optional, qualcosa da riservare ad una élite, ma è partecipazione alla grazia della guarigione e di cura di Cristo: questa partecipazione appartiene alla vita della Chiesa, alla sua natura profonda” “ Non è senza significato che dei 3.779 versetti del Vangelo, 727 si riferiscano specificamente alla guarigione di malattie fisiche, mentali e alla risurrezione dei morti” Predicate il Vangelo e curate i malati Nota CEI – Giugno 2006 Ministri straordinari della Comunione: Si tratta di una ministerialità da promuovere e da valorizzare come segno di una comunità che si fa vicina al malato e lo ha presente nel cuore della celebrazione eucaristica, come membro del Corpo di Cristo, a cui va offerta la cura più grande. Prezioso è il dono che si può offrire ai malati e ai loro familiari attraverso la visita sia a domicilio che nelle strutture ospedaliere presenti nell’ambito della parrocchia. La visita ai malati e ai familiari, fatta a nome della comunità, è sorgente di fraternità e di gioia, li fa sentire membri attivi della comunità ed è segno della vicinanza e dell’accoglienza di Dio. (n. 65) In sintonia con il Convegno Nazionale della Chiesa Italiana Malattia e sofferenza attraversano: 1 - Affettività e relazioni 2 - Attività lavorativa e festa 3 - Fragilità dell’esistenza 4 - Rapporti tra generazioni 5 - Rapporti tra culture e cittadinanze Giornata Mondiale del Malato 2008 La famiglia nella realtà della malattia vita che nasce e cresce adolescenza vecchiaia handicap disturbo psichico relazioni familiari difficili nella malattia nella vita che muore nel tempo del lutto In sintonia con il Sinodo Diocesano Il ministro della comunione è segno di: Una Chiesa discepola: “in ascolto del malato” Una Chiesa sinodale: “in collaborazione” Una Chiesa compagna di viaggio: “di chi è affaticato, stanco, sfiduciato” Una Chiesa solidale: “crea un tessuto di relazioni” In sintonia con il Progetto Pastorale Diocesano Pagg. 37-38 “… se poi si ritrovasse l’abitudine di una visita a qualche ammalato o infermo, o una visita alla casa di riposo, la domenica potrebbe tornare a essere un giorno della Carità che dal Corpo di Cristo Spezzato nell’Eucaristia ci porta a venerare il Corpo di Cristo negli ultimi. La Comunità convertita all’amore dall’Eucaristia diventa solidale con la famiglia dove c’è un lutto, un malato, un anziano solo, un disabile, un malato di Alzheimer, un malato mentale. Ministro della Comunione perché? Perché diminuiscono i preti? Me lo ha chiesto il parroco Ho pensato che potevo fare qualcosa Sono venuto per vedere di cosa si tratta Sono interessato al mondo della sofferenza Mi piacerebbe distribuire la comunione … Diverse motivazioni Valorizzare la ministerialità Espressione di una comunità viva Dall’Eucaristia alle case dei malati La Cappellania Ospedaliera Il cieco di Gerico In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada. (Mc 10,46-52) Gesù e Bartimeo “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me! ” “Chiamatelo!” “cosa vuoi che ti faccia” “Rabbunì…” Egli, gettato via il mantello, balzò in piedi Si mise a seguirlo per la strada Un ministero pasquale! Sofferenza, scomoda compagna “…la sofferenza è considerata scomoda compagna di cui l’uomo diventa silenzioso spettatore impotente; la malattia è vissuta come evento da cui liberarsi più che evento da liberare; il naturale processo di invecchiamento è rifiutato, dal momento che la vecchiaia viene considerata un tempo dopo la vita vera e non tempo della vita; la morte è vista come evento indicibile e inaudito; la disabilità è considerata più come ostacolo che non come provocazione, più come bisogno assistenziale che non come domanda di riconoscimento esistenziale” (n.11). L’esperienza della malattia 1. Primo bene perduto: la libertà 2. Il tradimento del proprio corpo 3. Minaccia all’immagine di sé 4. L’equilibrio familiare: dal malato alla famiglia malata 5. L’ospedalizzazione Reazioni e interrogativi perché? come mai? da dove viene? a livello sociale: evitare di parlarne non far vedere o nascondere paura di dire “è morto” la morte come tabù la morte come gioco a livello individuale: perché proprio a me? cosa succede al mio corpo? punizione ingiusta Il credente di fronte alla malattia e alla morte Perché Dio permette questo? Perché proprio a me che non ho mai fatto nulla di male? Faccio solo del bene: perché questa punizione? Perché Dio non interviene a salvare: mio marito… mia moglie… mio figlio… i miei genitori… E sì che prego, ma… Dio è così stufo che non ascolta più La fede va in crisi Inizia un cammino il dolore si trasforma: un percorso a tappe Shock : “No, non può essere…” Ribellione – rivolta: “Perché io, a me?” Paura e ansietà – “Ma che cosa ho fatto?” Invocazione (trattativa) – “Se sono io ti prometto” Preghiera – “Sì, sono io… allora TU…” Silenzio - Accoglienza – “… sono pronto” La domanda si riformula Dove trovare senso? Dove trovare speranza? Che senso ha la vita? Che cosa le dà realmente valore? Che cosa conta per me: affetti, impegni, relazioni, esperienze… E mi metto in sintonia con Gesù Che ha conosciuto il soffrire E ha vissuto il dolore In modo profondamente umano La preghiera di Gesù Gesù non affronta il dolore con disinvoltura e sembra fare resistenza: prega gridando. “Padre ti prego, se possibile Passi da me questo calice” Dalla resistenza alla resa: “Non la mia, ma la tua volontà sia fatta” ma proprio perché mi sei Padre, ho fiducia che… Malattia e Sofferenza Dio non è il committente della nostra sofferenza Dio è il compagno di viaggio nella nostra sofferenza Ministri Straordinari della Comunione La suocera di Pietro Mc 1, 29-38 “E, usciti dalla sinagoga, si recarono subito in casa di Simone e d’Andrea, in compagnia di Giacomo e di Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli, accostatosi, la sollevò prendendola per mano; la febbre la lasciò ed essa si mise a servirli”. Lo stile di Gesù Nei luoghi dell’esistenza avvicinarsi, svegliare prendere per mano Uno stile orientato all’ascolto vedere ascoltare fare spazio Ridestare il dinamismo della vita e delle relazioni "Si alzò“ "E serviva a loro" Come la Comunità Cristiana presta ascolto e accoglienza? L’Eucaristia, Sacramenti, Unzione dei malati Nelle strutture: ospedali, case di riposo… Gruppi dell’ammalato, Unitalsi, San Vincenzo... Ministri Straordinari della Comunione Tutti chiamati alla solidarietà: non si tratta solo di dare farmaci ma di farsi farmaco! La visita periodica ai malati Evitare tentativi di spiegazione a tutti i costi Rassegnazione passiva Il non prendere sul serio… certe battute La fretta di dover andare da altri… La paura del silenzio L’idea della malattia come punizione Comprendere più che rispondere ASCOLTARE PIU’ CHE PARLARE La purificazione del linguaggio Parole che non consolano C’è un “deposito” di frasi fatte che non consolano, che mettono in luce i nostri meccanismi di difesa del nostro approccio al malato. Frasi di circostanza che spesso siamo tentati di usare che non sono necessariamente di aiuto o conforto a chi soffre. Ne vediamo alcune… È volontà di Dio… E’ un commento frequente: forse troviamo difficile affrontare la nostra inadeguatezza davanti al dolore e così finiamo per incolpare Dio. Piuttosto che riversare su Dio il nostro disagio forse è meglio riconoscere che neppure noi comprendiamo sempre il perché delle cose. Dio ci manda solo quello che possiamo sopportare Magari Dio ha a portata di mano un misuratore per vedere l’indice di “sopportazione”… Questa espressione nasconde l’immagine di un dio che cerca di estrarre da noi ogni riserva di tolleranza. Probabilmente il malato non trova conforto da questa affermazione… Ogni cosa ha il suo scopo. Non è facile capire i disegni di Dio A volte questa spiegazione può far pensare che Dio infligge la malattia come punizione o metodo educativo. Tale convinzione è spesso espressa da persone, magari familiari che osservano anche: “Te l’avevo detto io…” Sì, in fondo ci può essere “una ragione per tutto”: ma non in senso punitivo. Potrebbe far insorgere rabbia, incredulità, autodifesa. Ti raccomando: Sii forte! Questa espressione è basata sulla logica che il credente, grazie alla sua fede, non ha nulla da temere, niente che lo dovrebbe rattristare, turbare o deprimere. “Devi essere forte” per te e per la tua famiglia, e anche loro devono essere forti per te. Ma non è “umano”, nella malattia sentirsi “deboli”: pianto, depressione, collera, rammarico … ? Ma Gesù, non ha forse conosciuto questi stati d’animo? Non cade foglia che Dio non voglia Questo modo di dire suggerisce che Dio decide personalmente (capricciosamente?) il momento specifico della malattia o della morte di ogni individuo. Può sembrare strano, ma ma sovente si può avere l’impressione che siano gli ammalati stessi a decidere da loro il momento della “partenza”. Dio se l’è preso Dio me l’ha rubato Questo commento, con risvolti emotivi intensi, dà l’immagine di un dio sequestratore di persone, un dio ladro che deruba i viventi dei propri cari. Più “dolce”: se l’è preso perché aveva bisogno di lui, aveva bisogno di quel fiore per il suo giardino … si prende sempre i più buoni … Come se Dio fosse solo, carente di amici e di affetti, che se ne prende qualcuno tra di noi, per colmare un suo bisogno di compagnia … Vedrai: Il tempo sana ogni ferita Espressione usata per incoraggiare il malato ad avere fiducia nella guarigione, oppure colui che è in lutto ad essere paziente in vista di un futuro recupero di serenità. In realtà purtroppo non è sempre così, il tempo non guarisce tutte le ferite. Anzi il passare del tempo può intensificare la paura o il dolore . Ciò che guarisce piuttosto è la riconciliazione, il perdono, l’accettazione, l’amore, la fede. Quali atteggiamenti allora? Il Buon Samaritano Consapevolezza Compassione Vicinanza Condivisione Accompagnamento Collaborazione Dalla parabola i verbi del servizio … Fermarsi Dove vai, amico, sempre di fretta? Non t'accorgi che cosi facendo non hai nemmeno il tempo per pensare a te stesso? Fermati un attimo, guardati attorno. Non sei il solo a lamentarti. Quante persone attorno a te stanno vivendo il dramma del dolore e della solitudine. Ascoltare Ascoltare è mettersi in atteggiamento di disponibilità interiore, di apertura d’animo, col desiderio di vivere come propri i sentimenti dell'altro. E' arte difficile l'ascolto! Non è solo un gesto fisico ma capacità di capire e di “accogliere” l’altro così com’è. L’ascolto incomincia con il fare silenzio dentro di noi, dimenticando l’importanza del nostro io. Vedere "Lo vide e…. passò oltre". Anche noi, come il levita del vangelo spesso vediamo tante situazioni di disagio e di emarginazione nel mondo della salute. E facciamo finta di non vedere! Non è solo disinteresse: è una questione di cuore. Perché "il vedere" implica un movimento dell'anima e del cuore. Solo il cuore che è capace di vedere al di là delle apparenze, è in grado di scorgere le vere necessità di un malato, di una famiglia in difficoltà, di una persona che vive in solitudine. Farsi vicino Farsi vicino a chi soffre significa essere solidali con lui. Uscire da se stessi, dai propri pensieri, dalle proprie preoccupazioni, e andare verso l'altro come disarmati per poterlo cogliere nella sua vera intimità e originalità Farsi vicino presuppone un esodo e un abbraccio. Non è facile dimenticare se stessi per immedesimarsi nell'altro. Non è facile andare oltre il muro delle apparenze per trovare la verità spesso nascosta nel groviglio delle cose e delle parole. Aiutare Mi rivolgo a voi, cari parroci, famiglie, volontari, gruppi spontanei di fedeli. Spetta a voi aiutare oggi i nostri malati. Nella mutata realtà socio-sanitaria la vostra presenza diventa indispensabile. Il vostro è un dovere e una responsabilità: un dovere che nasce dal mandato di Cristo di prendersi cura di ogni persona malata; una responsabilità frutto della solidarietà e fratellanza umana. A voi, il compito di riempire solitudini e di portare aiuto concreto dove le istituzioni non potranno mai arrivare. Valorizzare Il malato ti costringe a interrogarti su Dio, sul senso della tua vita, dei tuoi limiti, sulla realtà della vecchiaia e della morte. Il malato ti invita a riesaminare la scala dei valori, a far crescere in te una nuova libertà interiore che si manifesta nel distacco dalle cose effimere nel coraggio di assumere atteggiamenti costruttivi di fronte alle prove della vita. Prefazio - Riscrivere la Parabola di Gesù Buon Samaritano Nella sua vita mortale egli passò beneficando e sanando tutti coloro che erano prigionieri del male. Ancor oggi come buon samaritano viene accanto ad ogni uomo piagato nel corpo e nello spirito e versa sulle sue ferite l’olio della consolazione e il vino della speranza. Per questo dono della tua grazia, anche la notte del dolore si apre alla luce pasquale del tuo Figlio crocifisso e risorto. Giornata del Malato 2013 Gesù Buon Samaritano Nel tempo dell’Avvento contempliamo il Mistero della Vergine Immacolata XXI Giornata Mondiale del Malato – Memoria liturgica della Beata Vergine di Lourdes. Nel Mistero Pasquale Dio nel suo Figlio si è fatto nostro prossimo Va’ e anche tu fa’ lo stesso grazie