STUDIORUM ET FIDEI

Direttore
Antonio F
Istituto Superiore di Scienze Religiose “Mons. Vincenzo Zoccali”
di Reggio Calabria
Comitato scientifico
Annarita F
Istituto Superiore di Scienze Religiose
“Mons. Vincenzo Zoccali” di Reggio Calabria
Pasquale M
Istituto Superiore di Scienze Religiose
“Mons. Vincenzo Zoccali” di Reggio Calabria
Mario P
Pontificia Università Gregoriana di Roma
STUDIORUM ET FIDEI
In un momento di grandi mutamenti a livello globale, le tematiche
religiose tornano al centro del dibattito: confrontarsi con il dato religioso è un passaggio irrinunciabile per comprendere e agire le sfide
della contemporaneità. La collana “Studiorum et fidei”, promossa
dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Reggio Calabria, si inserisce nel dibattito tra le scienze religiose e le scienze umane per
favorire il dialogo con la cultura contemporanea.
Antonio Donghi
La preghiera di ordinazione sacerdotale
Presentazione di
Vittorio Mondello
Copyright © MMXIII
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Raffaele Garofalo, /A–B
 Roma
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: marzo 
Indice

Presentazione
di Vittorio Mondello

Introduzione

Capitolo I
Il Contesto Liturgico
.. Introduzione,  – .. La performatività del Linguaggio Liturgico, 
– .. Il Silenzio,  – .. L’imposizione delle mani,  – .. La presenza
della comunità,  – .. Attualizzazione Spirituale,  – .. Conclusione, .

Capitolo II
La struttura eucaristica della preghiera di ordinazione
.. Introduzione,  – .. La dimensione eucaristica della preghiera,  – .. La contemplazione storico–salvifica,  – .. Il volto del
Padre,  – .. La formazione del popolo di Dio,  – .. Attualizzazione
spirituale,  – .. Conclusione, .

Capitolo III
La centralità del Cristo
.. Introduzione,  – .. La tipologia biblica,  – .. Il Cristo è il
compimento della storia della salvezza,  – .. L’anima sacerdotale
del Cristo,  – .. La scelta dei collaboratori,  – .. Attualizzazione
spirituale,  – .. Conclusione, .

Capitolo IV
Il presbitero, uomo dello spirito
.. Introduzione,  – .. Il significato dell’ordinazione,  – .. La dignità del presbitero,  – .. Il dono del presbiterato,  – .. L’importanza

Indice

dell’esemplarità,  – .. Attualizzazione spirituale,  – .. Conclusione, .

Capitolo V
La dimensione pastorale
.. Introduzione,  – .. La comunione con il vescovo,  – .. Il
ministero della predicazione,  – .. La celebrazione liturgica,  –
.. Il servizio alla speranza,  – .. L’orientamento escatologico,  –
.. Atteggiamento spirituale,  – .. Conclusione, .

Conclusioni

Bibliografia
Presentazione
di V M
Richiestomi di scrivere una presentazione al volume di Mons. Antonio
Donghi La preghiera di Ordinazione Presbiterale, Significato e contesto
celebrativo, la prima reazione è stata di rifiuto non essendo esperto di
Liturgia Sacramentaria.
Ho accettato per un sentimento di sincera e profonda gratitudine
verso l’autore che, pur dimorando a Bergamo, da molti anni insegna
nella Diocesi di Reggio–Bova presso l’Istituto Teologico Pio XI e l’Istituto Superiore di Scienze Religiose Mons Vincenzo Zoccali. Il sacrificio
che ciò comporta è facilmente immaginabile data la distanza e i non
agevoli mezzi di trasporto.
Il volume che mi accingo a presentare è frutto di un corso di lezioni
tenuto da Mons. Donghi nell’Istituto Teologico Pio XI.
Esso esamina con adeguata completezza quanto la Teologia può
dirci dell’Ordinazione presbiterale attraverso l’esame della preghiera
di Ordinazione.
È attraverso la preghiera di Ordinazione che il presbitero può meglio comprendere il senso della sua esistenza. “Infatti”, dirà l’autore
nell’Introduzione,
in tutto l’arco dell’esercizio del ministero quello che nella preghiera di
Ordinazione viene solennemente proclamato rappresenta il suo vissuto
nella trilogia classica di ogni esperienza celebrativa .
Dopo aver considerato il contesto liturgico e la struttura della preghiera di Ordinazione, l’autore giustamente mette in luce la centralità
di Cristo che si traduce nella scelta dei collaboratori.
. p. .


Presentazione
Commentando, perciò, la preghiera di Ordinazione, Mons. Donghi,
anche senza esplicitamente citarlo, si rifà al testo di Mc ,  dove si
parla della scelta degli apostoli e dei motivi di tale scelta.
Il primo di tali motivi è ι (/να ω) = σιν μετ αυ) του =), perché
facessero vita comune con lui, non per apprendere una dottrina ma un
modo di vivere che dovevano imitare e annunziare a tutto il mondo.
Tutto ciò risulta evidente dall’esame che l’autore fa della preghiera
di ordinazione dove viene presentato il presbitero come uomo dello
Spirito.
Dell’ultima parte, relativa alla dimensione pastorale del Presbitero,
mi piace rilevare quanto Mons. Donghi afferma circa i rapporti di
comunione tra il presbitero e il vescovo indicati dalla preghiera di
ordinazione. Scrive Mons Donghi
È veramente interessante come nel descrivere le tre categorie classiche
dell’esperienza pastorale: il ministero della parola, la celebrazione dei sacramenti, l’edificazione della comunità ecclesiale abbiamo sempre come
introduzione lo stretto legame con il Vescovo.
Si dice infatti nella preghiera:
Sia degno cooperatore dell’Ordine episcopale;
Sia insieme con noi fedele dispensatore dei tuoi misteri;
Sia unito a noi, o Signore, nell’implorare la tua misericordia .
È evidente, perciò, che il presbitero non deve solo richiamarsi alla
centralità di Cristo ma deve tener presente continuamente, per la
fecondità del suo ministero, il legame di comunione col Vescovo.
“Appare abbastanza chiaro”, dirà ancora l’autore, “come il presbitero
non viva di luce propria” .
In conclusione i preziosi stimoli provenienti dalla preghiera di
ordinazione dovrebbero essere continuamente tenuti presenti dal presbitero nella sua attività ministeriale, perché questa possa veramente
portare quei frutti che Cristo si è prefisso di ottenere.
Siamo, quindi, veramente grati all’autore per la ricchezza che ci ha
permesso di scoprire attraverso la sua attenta analisi della preghiera di
Ordinazione e mentre auguriamo a lui una larga diffusione di questo
suo scritto, invitiamo tutti i cristiani, ma in particolare i presbiteri,
. p. .
. p. .
Presentazione

a far tesoro di quanto scritto in questo volume non per apprendere
delle teorie ma per vivere un ministero secondo la volontà di Cristo.
Vittorio Mondello
Arcivescovo Metropolita di Reggio Calabria–Bova
Introduzione
Il presbitero è colui che è chiamato a presiedere la comunità nella
carità. Questa dinamica ministeriale postula che il suo esercizio abbia
le caratteristiche della sapienza evangelica, sia l’amore divino–umano
della Pasqua, incarni la contemporaneità con il Maestro divino e si
elabori in una piena docilità all’azione dello Spirito per l’edificazione
comune. Egli si sente perciò ogni giorno chiamato ad abitare nella
carità per esserne il fecondo e credibile sacramento.
Una simile consapevolezza rappresenta il senso della sua vita e del
ministero che gli è affidato. Non per nulla la carità pastorale costituisce
l’anima del suo essere nel ministero, soprattutto nel suo essere nella
chiesa in vista della edificazione della comunione propria del popolo
di Dio. Il presbitero infatti nelle molteplici modalità dell’esercizio del
ministero sa esattamente d’essere il sacramento di Cristo da qualunque
punto di vista, per la speranza di tutti i fratelli e dell’intera umanità.
Una tale consapevolezza scaturisce dalla condiscendenza dell’amore
divino nella storia della salvezza, nel mistero personale del Cristo, nella
vita della comunità ecclesiale, nella storia di ogni battezzato.
Egli sa d’essere stato chiamato nell’immensa benevolenza trinitaria
a vivere giorno per giorno tale ineffabile mistero nel ministero per
l’edificazione dei fratelli e la glorificazione della benevolenza del Padre.
Il rito di ordinazione, e in particolar modo, la preghiera di ordinazione,
rappresenta la fonte per comprendere nello Spirito Santo la grandezza
di quello che sta avvenendo al momento dell’ordinazione presbiterale.
Il candidato si sente nel coinvolgimento celebrativo il luogo della condiscendenza trinitaria, specie nel gesto dell’imposizione della
mani, del silenzio e della preghiera di ordinazione. Attorno a tale
gestualità ruota tutto il senso della sua esistenza. Infatti in tutto l’arco
dell’esercizio del ministero quello che nella preghiera di ordinazione viene solennemente proclamato rappresenta il suo vissuto nella
trilogia classica di ogni esperienza celebrativa.


La preghiera di ordinazione sacerdotale
Egli vive il dono che sta per essergli offerto nella purezza del cuore
e nel rendimento di grazie per affrontare l’ineffabile avventura che lo
Spirito gli offre. La parola di Dio lo ha forgiato per essere un autentico
credente e in questa Parola avviene l’ordinazione.
Nella professione di fede rituale si lascia trasformare dalla energia
dello stesso Spirito, in sintonia con il dettato che la preghiera stessa
propone.
La sua esistenza diventerà la traduzione nelle azioni ministeriali di
quello che quella preghiera gli ha offerto nella trasformazione sacramentale per essere la storia di Dio per ogni fratello che la Provvidenza
gli farà incontrare.
Una seria riflessione a riguardo di tale evento fa prendere coscienza
al candidato della ricchezza che sta accogliendo a livello personale, per
il servizio evangelico alla comunità cristiana e al mondo intero.
Il commento, che appare in queste note essenziali, è semplicemente
un tentativo di lettura mistagogica della preghiera di ordinazione per
aiutare ogni presbitero a vivere il Mistero nel quale viene immesso,
di cui è segno profetico per maturare nell’identità ministeriale, nel
divenire ogni giorno più luminosa speranza per tutti i fratelli.
Il presbitero si sente chiamato a personalizzare l’evento che lo ha
caratterizzato nella celebrazione del sacramento dell’ordine e che lo
stimola a crescere in tale fecondità spirituale per essere segno visibile
e credibile di comunione e per dilatare la bellezza drammatica della
unità ecclesiale
La conseguenza che scaturisce dalla bellezza della celebrazione
sacramentale farà sì che ogni umana creatura che la storia gli farà
incontrare potrà riscoprire se stessa, dare un nuovo impulso alla comunione con tutti i fratelli e dare alla luce quella lode per la quale
il Verbo ci ha comunicato l’amore del Padre nella sua incarnazione
Pasquale.
Capitolo I
Il Contesto Liturgico
: .. Introduzione,  – .. La performatività del Linguaggio
Liturgico,  – .. Il Silenzio,  – .. L’imposizione delle mani,  –
.. La presenza della comunità,  – .. Attualizzazione Spirituale,  –
.. Conclusione, .
.. Introduzione
Ogni presbitero è chiamato ad entrare nel mistero nascosto da secoli in
Dio che ha avuto il suo culmine nell’esperienza del mistero Pasquale
in modo da maturare sempre più nell’identità d’essere discepolo del
Signore.
È la vocazione ad accedere alla bellezza trasfigurante della libera e
gratuita condiscendenza di Dio. La vocazione presbiterale infatti si incarna nell’esperienza propriamente “simbolica” di essere Mistero che
si comunica nei linguaggi del ministero per lasciarsi progressivamente
trasformare nel Mistero. Il Maestro è in mezzo alla comunità cristiana
per donare la vita, per rendere tutti partecipi della comunione di cui
gode presso il Padre.
È il senso stesso della sacramentalità propria della Chiesa e delle
sue azioni apostoliche.
Qui il presbitero si vede come icona dell’oggi del Mistero nel
ministero dell’esistenza quotidiana per maturare nella carità pastorale.
L’anno sacerdotale (–) è stato un dono dello Spirito Santo
per aiutare i presbiteri, e di riflesso l’intera comunità cristiana, a comprendere il significato della presenza dei presbiteri nella costruzione
evangelica della comunità cristiana.
. Cfr. Gv ,  e ss.


La preghiera di ordinazione sacerdotale
Di fronte ai molteplici punti ermeneutici che possono illuminare
la figura del presbitero, l’aspetto che appare oggi particolarmente
interessante e significativo è quello dell’approfondimento della preghiera di ordinazione e del contesto celebrativo nel quale essa si pone.
Si rivela stimolante il desiderio di voler approfondire questi aspetti
che nel contesto culturale odierno possono apparire semplicemente
funzionali o decorativi.
A tale proposito si rivela importante superare l’estrinsecismo del
rito di ordinazione che potrebbe esprimersi: nel pericolo dell’ovvietà del ministero, nella tentazione della cultura dell’immagine, nella
prospettiva della “produttività apostolica”.
Il presbitero si deve sentire pungolato a recuperare la propria
identità simbolica, nell’alveo del Mistero Pasquale.
Occorre sempre accostarsi alla celebrazione liturgica nella piena
consapevolezza che la liturgia rappresenta la migliore cattedra d’insegnamento per scoprire il cuore della vocazione presbiterale. In essa e
con essa impariamo a percepire cosa la Chiesa intenda compiere nell’atto dell’ordinazione, in modo che l’ordinando si collochi nell’alveo
ecclesiale senza precomprensioni di qualunque natura esse possano
essere.
Una simile libertà interiore potrebbe aiutare il futuro presbitero
a vivere in stato di attiva accoglienza ogni giorno del Mistero che gli
è offerto per essere la fecondità divina ogni giorno nell’esercizio del
ministero.
Si potrebbe chiaramente affermare che non esiste il presbitero a sé
stante ma il presbitero nel presbiterio attorno al vescovo. Solo così egli
potrà assumere quel sensus Christi che gli permette di operare in figura
Christi cum ecclesia nel quotidiano esercizio del ministero. Il futuro
presbitero si sente stimolato a far maturare nello stupore il dono che
progressivamente comprendere nell’esercizio del ministero.
L’avventura nell’indagare il significato del volto sacramentale del
presbitero partendo dalla ritualità specifica dell’ordinazione ci permette di aprire lo sguardo su ampi orizzonti nella prospettiva di colui che
viene ordinato. Anzi nella reciprocità tra fede, rito e vita si può iniziare
a capire sempre meglio il valore della figura ministeriale del presbitero. Infatti la lex orandi costituisce la sintesi tra la lex credendi e la lex
vivendi. In certo qual modo il presbitero ogni volta che medita il rito
della propria ordinazione, specie il momento centrale della preghiera
. Il Contesto Liturgico

di ordinazione, riscopre il vissuto di fede che è stato seminato in lui e
si sente pungolato a costruire con stile evangelico la propria esistenza.
Di riflesso, nel suo costante desiderio di autenticità nell’elaborare
la vita ministeriale ritornerà continuamente ad essa per animare in
modo teologale le scelte quotidiane. Nell’ordinazione si celebra la
qualità della vita di un presbitero e si pone in luce la grandezza di un
mistero che le tre Persone divine seminano nel cuore di un discepolo
del Signore per la edificazione della comunione nella Chiesa pellegrina
verso la pienezza della gloria.
Il futuro presbitero si trova immerso nella vita trinitaria che le
dossologie e i segni di croce, che accompagnano in modalità diverse
le celebrazioni, gli ricordano continuamente.
.. La performatività del Linguaggio Liturgico
La fecondità, che possiamo cogliere nella celebrazione liturgica, passa
attraverso la comprensione delle dinamiche proprie del linguaggio
cultuale. Solo entrando nella sua specificità, ci accorgeremo di quanto
sia strettamente legato il discorso liturgico in tutte le sue componenti
con l’esperienza spirituale e pastorale.
Amare l’anima dell’azione rituale vuol dire accogliere attraverso
il linguaggio simbolico la grandezza del dono di Dio e, nello stesso
tempo, comprenderne la ricca fecondità esistenziale e comunitaria.
Infatti l’esperienza celebrativa è chiamata ad essere nello stesso tempo
una professione di fede e la vitalità dell’intero depositum fidei.
Il senso del celibato accolto nel diaconato, espressione della verginità del cuore del futuro presbitero, sottolinea la bellezza dell’apertura della persona di fronte alla rivelazione divina propria della
celebrazione sacramentale.
Solo così il futuro presbitero intravede la grandezza e la specificità
del dono che il Padre in Cristo e nello Spirito gli sta offrendo per
la costruzione della comunione ecclesiale. Infatti l’atto linguistico
liturgico pone in atto l’atto della storia di Dio che liberamente si
comunica, e la libertà del soggetto, che incarna nella dinamica rituale
la propria scelta teologale. In quella celebrazione egli vede il significato
più profondo della sua storia.

La preghiera di ordinazione sacerdotale
L’accostarsi alla celebrazione mette in luce la chiamata divina a
vivere l’oggi dell’evento della salvezza e sottolinea la disponibilità credente del soggetto a lasciarsi ricreare dall’azione sacramentale, nella
piena disponibilità all’oggi di Dio. Nel rito il candidato si consegna al
progetto storico–salvifico che la dinamica celebrativa gli sta offrendo
attraverso il coraggioso “Eccomi” all’inizio della celebrazione.
Il recupero in ottica pastorale e spirituale di una profonda teologia
della celebrazione deve, perciò, sottolineare il valore e il significato
del linguaggio liturgico, nella prospettiva di un vero coinvolgimento dell’assemblea liturgica e di chiunque sia oggetto specifico della celebrazione. Nel nostro caso la sottolineatura è l’evento stesso
dell’ordinazione presbiterale.
Ci si ritrova nella costante creatività trinitaria e Pasquale che permette di superare l’espressione tradizionale dell’amministrare i sacramenti, che potrebbe creare una condizione di codificazione dell’evento
della salvezza.
In una celebrazione intesa come azione sacra efficace, la comprensione esistenziale degli atti liturgici permette una vera partecipazione alla Pasqua del Signore e ad una sua attualizzazione oggi per
l’edificazione della comunione ecclesiale.
Nelle dinamiche teologiche contemporanee, che cercano di mettere in luce il valore specifico dell’ambito celebrativo, si assiste ad una
rivalutazione del linguaggio rituale, dei gesti e delle cose, dei contesti
celebrativi e delle modalità proprie della ritualità, in nome di una
liturgia che sia attuazione e si attui per signa sensibilia e per ritus et
preces.
Il linguaggio liturgico viene compreso in tutta la sua verità, quando
viene letto nella sua capacità creativa; qui si dà in atto la creatività della
fede per introdurre l’uomo nel rapporto con il Dio della rivelazione;
qui nasce la creatura nuova in Cristo Gesù. La persona è la meta
della relazione che Dio vuol stabilire attraverso l’agire liturgico. Il rito
nella sua complessità si colloca come strumento operativo del dialogo
creativo proprio della storia della salvezza.
Questa visione ci permette di intuire che la comunicazione rituale
assume una dinamica intrinsecamente plasmatrice; tutto l’uomo in
tutte le sue facoltà e sensibilità viene coinvolto, ed appare quella creatura che riproduce in sé, in forza della creatività dello Spirito Santo,
quello che il momento rituale sta comunicando.
. Il Contesto Liturgico

Il linguaggio liturgico costruisce l’uomo nuovo secondo il progetto
divino che si sta celebrando, lo inserisce nell’evento che ha avuto il suo
centro in Cristo Gesù e che la liturgia rende sempre presente. Da tutto
ciò prende senso la liturgia che celebra e attualizza questo mistero
nella vita della Chiesa e dei fedeli. L’assemblea si sente immersa nella
vita trinitaria.
Di riflesso chi celebra i divini misteri nel contesto dell’ordinazione presbiterale è collocato sul piano stesso della storia di Dio, che
brama diventare la storia dell’uomo. Nella mediazione liturgica il mistero della fede si partecipa all’uomo e lo rigenera, facendolo nascere
dall’alto .
L’efficacia operativa e creativa della performatività liturgica trova
la sua ragion d’essere nel fatto che il rituale è per natura sua una vivente professione di fede nel mistero Pasquale del Cristo vivente nella
Chiesa. Infatti la confessione di fede, propria dell’azione sacramentale,
introduce in una realtà, di cui essa stessa è lo sviluppo e l’attuazione
piena.
La dimensione eucaristica propria della preghiera di ordinazione
e la ricca tipologia che la anima mettono bene in luce l’incontro tra
la storia della salvezza e la coscienza credente di chi sta vivendo quel
dono della salvezza, rendendolo il cuore della scelta di vita.
Nella relazione sacramentale tra Dio e l’uomo in Cristo e nello
Spirito, l’uomo viene coinvolto integralmente e radicalmente, con
una decisione della libertà che corrisponde alla decisione con cui Dio
si è donato all’uomo in Cristo. L’uomo, guidato dall’azione divina, fa
propria la decisione di Dio di operare nella storia del candidato per
renderlo immagine del suo volere.
Intuiamo allora che il linguaggio proprio della celebrazione si
costruisce nell’articolare, in un’intensa reciprocità, la dimensione
divina e quella umana; nella celebrazione si pone in atto la creatività
propria dello Spirito che qualifica in termini di storia di salvezza il
candidato.
La comprensione perciò di quello che ritualmente avviene nella
ordinazione presbiterale non è un momento di semplice riflessione
spirituale, ma mette bene in luce quel contenuto di storia di salvezza
che deve animare la vita del futuro presbitero e a cui questi deve
. Cfr. Gv , –.

La preghiera di ordinazione sacerdotale
continuamente richiamarsi per comprendere la propria identità e per
farla maturare in un’esistenza guidata dallo Spirito Santo.
Il contesto celebrativo dà senso al testo eucaristico della preghiera
di ordinazione. Siamo invitati ad entrare nell’“onda” rituale per lasciarci da essa creare e ricreare e per vivere in modo sempre attuale la
traditio fidei. È nel Mistero che si vive il ministero per testimoniarlo
generazione in generazione.
Inoltre ci si ritrova in un contesto dialogico tra la gratuità divina e
la povertà dell’uomo, dinamica che costituisce la caratteristica della
sacramentalità ecclesiale. In tal modo si realizza un triplice passaggio: il
darsi di Dio nell’evento sacramentale (traditio); l’accoglienza del dono
personalizzandolo nella fede e nel ministero (receptio); la restituzione
eucaristica nelle opere ministeriali ed apostoliche (redditio).
Vediamo allora gli elementi del contesto celebrativo.
Il trinomio “silenzio — imposizione delle mani — presenza orante
della comunità cristiana”, offre il terreno per la fecondità evangelica
della storia divina per l’oggi della Chiesa in cammino verso i pascoli
eterni del regno.
.. Il Silenzio
Il contesto, nel quale s’inizia il rito di ordinazione, è caratterizzato dal
silenzio, che anima il gesto dell’imposizione delle mani del vescovo.
Questo particolare momento rituale rappresenta contemporaneamente il luogo del darsi della fecondità della celebrazione, ma soprattutto
il momento spirituale che permette all’azione liturgica di diventare il
luogo della rivelazione dell’amore divino.
Siamo di fronte al darsi della libertà di Dio e allo svelamento del
progetto divino sulla Chiesa e sull’uomo.
È molto stimolante vedere come il gesto dell’imposizione delle
mani avvenga in silenzio, poiché l’assemblea deve respirare la viva
coscienza che Dio in quel momento sta rivelandosi in modo tutto particolare. Riscoprire la carica antropologica e teologale del silenzio aiuta
a scoprire la grandezza di questo particolare momento celebrativo.
Il momento del silenzio non è mai da coniugare con il vuoto che
l’uomo vorrebbe riempire con altre cose per superare un disagio
psicologico che si potrebbe avvertire.
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