RISPOSTE ALLE DOMANDE PIU’ FREQUENTI SUI RIENTRI INCONTROLLATI
1
LUCIANO ANSELMO & CARMEN PARDINI
VERSIONE DEL 5 MAGGIO 2015
Dove può rientrare la Progress-M 27M?
In linea di principio, i frammenti solidi della nave cargo russa potrebbero precipitare in
qualunque località del pianeta compresa tra i 53 gradi di latitudine sud e nord. Tenendo conto
della distribuzione degli oceani e delle terre emerse, se i detriti di distribuissero su un arco di
800 km, la probabilità a priori che cadano tutti in mare è del 62%. Ma se i detriti si
disperdessero su un arco di 2000 km, la probabilità che nessuno di essi precipiti sulla
terraferma scenderebbe al di sotto del 50%.
Quanto è grande il rischio rappresentato da un rientro incontrollato?
La soglia di attenzione comunemente adottata a livello internazionale corrisponde a un
rischio estremamente ridotto per un singolo individuo che risiede in un’area sorvolata dal
satellite: la probabilità corrispondente di essere colpiti da un frammento è infatti un numero
piccolissimo, dell’ordine di uno su centomila miliardi (cioè 1:100.000.000.000.000).
Confrontata con i rischi cui andiamo incontro nella vita di tutti i giorni, si tratta di una soglia
bassissima. Tanto per fare un paio di esempi, la probabilità di essere colpiti da un fulmine è
130.000 volte maggiore, mentre quella di rimanere vittima di un incidente domestico, nei
paesi sviluppati, è addirittura più grande di 3 milioni di volte. In genere, salvo casi molto
specifici, i rientri più rischiosi presentano una probabilità di essere colpiti da un frammento
10 volte superiore alla soglia di attenzione, cioè dell’ordine di uno su diecimila miliardi.
Cosa succede durante il rientro?
Per convenzione si dice che un oggetto rientra nell’atmosfera quando precipita a 120 km di
quota. Da quel punto in avanti l’attrito dell’aria diventa sempre più significativo e delle
strutture esposte di grande area e massa contenuta (per esempio dei pannelli solari, delle
antenne o delle appendici di varia natura) possono staccarsi anche tra i 110 e i 90 km di
altezza. Ma in genere la struttura principale dei satelliti, dove è concentrata gran parte della
massa, rimane intatta fino a 80 km di quota. Solo in seguito, a causa dell’azione combinata
Via G. Moruzzi 1 – 56124 Pisa – Italy – Tel. +39-050-315-2952 – Mobile +39-348-396-6834 – E-mail: [email protected]
delle forze aerodinamiche e del riscaldamento prodotti dall’attrito dell’aria, la struttura
principale si disintegra e i singoli componenti si trovano a loro volta esposti alle condizioni
proibitive dell’ambiente circostante. Il destino dei vari pezzi dipende dalla loro composizione,
dalla loro forma, dalla loro struttura, dal rapporto area su massa e da quando vengono
rilasciati durante la discesa. Gran parte della massa si vaporizza ad alta quota, ma se il satellite
è sufficientemente massiccio e contiene componenti particolari, come serbatoi di titanio e
masse metalliche in leghe speciali, la caduta al suolo di frammenti solidi a elevata velocità, fino
a qualche centinaio di km/h, è possibile.
E’ possibile quantificare il rischio rappresentato dal rientro della Progress-M 27M?
Al momento non siamo al corrente di stime quantitative ufficiali di fonte russa. Sulla base
della nostra esperienza possiamo affermare che la soglia di attenzione sarà sicuramente
superata, anche se non abbiamo informazioni sufficienti per dire di quanto. Ma il rischio
individuale resterà comunque bassissimo.
Cosa si intende per Sorveglianza Spaziale?
Si tratta del processo attraverso il quale si individuano e si identificano gli oggetti artificiali
che si trovano nello spazio intorno alla terra, determinandone lo stato dinamico (cioè l’orbita,
e magari anche l’orientazione nello spazio e lo stato rotazionale).
Che strumentazione è richiesta?
Condizione necessaria è la disponibilità di potenti radar (soprattutto per le orbite basse, cioè
quelle che interessano nel caso dei rientri nell’atmosfera), di telescopi sensibili nell’ottico e
nell’infrarosso (soprattutto per le orbite più alte) e, eventualmente, di satelliti in grado di
svolgere le osservazioni richieste. Per poter essere efficace, la rete dei sensori basati a terra,
cioè i radar e i telescopi, deve avere la massima distribuzione geografica possibile, in
longitudine e latitudine, il che comporta un numero di installazioni non piccolo (circa una
ventina nel caso degli Stati Uniti). A ciò bisogna aggiungere almeno un centro di controllo per
l’elaborazione dei dati raccolti e per pianificare al meglio la riacquisizione degli oggetti.
Chi è in grado di effettuarla?
Questo tipo di attività è stata finora gestita esclusivamente da organizzazioni militari. I sistemi
di sorveglianza più sviluppati e capaci sono figli della Guerra Fredda e sono appannaggio degli
Stati Uniti e della Russia. In tempi molto più recenti, anche la Francia ha sviluppato un proprio
sistema, ma di prestazioni decisamente più limitate, a causa della piccola copertura geografica
e della minore sensibilità dei sensori. Altri paesi, come la Germania e il Giappone, sono
comunque in grado di seguire l’evoluzione di singoli oggetti, in caso di necessità, ma sempre
Via G. Moruzzi 1 – 56124 Pisa – Italy – Tel. +39-050-315-2952 – Mobile +39-348-396-6834 – E-mail: [email protected]
2
con la grave limitazione di poterlo fare solo da un’area geografica molto limitata. Per quanto
riguarda infine la Cina, non disponiamo al momento di informazioni affidabili in merito.
Quali sono i dati orbitali usati dall’ISTI/CNR per le previsioni di rientro?
Generalmente si tratta delle orbite determinate dal sistema di sorveglianza militare
americano. Talvolta disponiamo anche di quelle determinate da russi, tedeschi, francesi e
giapponesi.
Le orbite americane vengono determinate e diffuse dal NORAD?
Assolutamente no! E’ curioso come ancora oggi si trovi frequentemente, non solo sui mezzi di
informazione generalisti, ma anche su quelli spaziali specializzati (e perfino in qualche
articolo e rapporto tecnico) questa informazione sbagliata. Infatti il NORAD non si occupa più
di sorveglianza spaziale da oltre un quarto di secolo. Ovviamente questa non è la sede per
ripercorrere tutte le complesse ristrutturazioni cui è andata incontro nel secondo dopoguerra
la struttura di comando delle forze militari americane (l’ultima grande riorganizzazione risale
agli anni immediatamente successivi all’11 settembre 2001). E’ però importante precisare che
da oltre un decennio la responsabilità della sorveglianza spaziale è passata al Comando
Strategico (USSTRATCOM), che opera attraverso il Joint Space Operations Center (JSpOC),
localizzato presso la Vandenberg Air Force Base (VAFB), in California.
Le orbite sono sufficienti per effettuare le previsioni di rientro?
No. Le determinazioni orbitali effettuate dai sistemi di sorveglianza spaziale ci dicono dove il
satellite si trovava un certo numero di ore fa. Per sapere dove il satellite si trova ora e,
soprattutto, per conoscere la sua evoluzione futura è necessario propagare l’orbita. Una
propagazione orbitale consiste nell’applicare al satellite tutte le forze rilevanti che ne
modellano il moto, calcolando l’evoluzione nel tempo della sua posizione e della sua velocità.
Allo scopo si applicano modelli complessi implementati in programmi software.
Quali forze bisogna considerare?
Le forze di cui bisogna tener conto sono il campo gravitazionale terrestre, con le sue
disomogeneità, l’attrazione gravitazionale della luna e del sole e, se necessario, altre forze
generalmente meno intense o rilevanti. Ma nel caso delle previsioni di rientro, cioè di satelliti
che si muovono su orbite molto basse, è di fondamentale importanza l’accurata modellazione
della perdita di energia cui gli oggetti vanno incontro quando urtano gli atomi e le molecole
dell’atmosfera residua che si trova anche alla loro altezza.
Via G. Moruzzi 1 – 56124 Pisa – Italy – Tel. +39-050-315-2952 – Mobile +39-348-396-6834 – E-mail: [email protected]
3
Come vengono modellati gli effetti dell’alta atmosfera?
Occorre innanzi tutto disporre di sofisticati modelli, sviluppati dalla comunità scientifica nel
corso di decenni, in grado di descrivere dettagliatamente la densità dell’alta atmosfera in
funzione della località e del tempo, tenendo conto degli effetti su di essa dell’attività solare e
geomagnetica. Infatti la densità dell’alta atmosfera dipende dalla sua temperatura,
determinata a sua volta dal flusso di radiazione e particelle di origine solare e dalle eventuali
perturbazioni del campo magnetico terrestre provocate dalle particelle elettricamente cariche
emesse dal sole in direzione del nostro pianeta.
Le previsioni di rientro sono un processo automatico?
Assolutamente no. Considerando gli oggetti più grandi e massicci, che sono poi quelli che ci
interessano in questa sede, ognuno di essi ha le sue caratteristiche e la sua storia, che vanno
attentamente valutati caso per caso. C’è poi la questione dell’accurata modellazione degli
effetti dell’atmosfera. L’attività più delicata e più dispendiosa in termini di tempo consiste nel
determinare di volta in volta, prima di ogni nuova propagazione, il cosiddetto parametro
balistico del satellite analizzato, che descrive, semplificando al massimo, l’aerodinamicità
dell’oggetto. Ogni satellite ha il suo parametro balistico, ma sfortunatamente questo non è
costante, perché dipende in maniera complicata dalla sua forma, dalle sue dimensioni, da
come l’oggetto è orientato nello spazio, dalla sua rotazione, dalla composizione e temperatura
della sua superficie, dalla composizione e temperatura dell’atmosfera, e anche dalla densità di
quest’ultima.
Cosa sono le finestre di incertezza?
Gran parte dei satelliti che rientrano nell’atmosfera lo fanno da orbite basse quasi circolari, si
muovono cioè quasi tangenzialmente rispetto agli strati atmosferici di densità crescente.
Piccole variazioni di questo angolo già vicino allo zero possono produrre delle traiettorie ben
diverse, un po’ come succede quando tiriamo un sasso nell’acqua di uno stagno. Se l’angolo di
incidenza è poco più che radente, il sasso si inabissa nel punto di contatto con l’acqua, ma se il
sasso colpisce la superficie di striscio, può rimbalzare una o più volte e non è facile prevedere
a priori dove potrà alla fine immergersi. A parte questo effetto, che dipende dalla particolare
geometria della traiettoria, esistono diverse altre sorgenti di incertezza, quali:
•
•
•
L’orbita di partenza è affetta da un certo errore;
Il parametro balistico non è costante, ma può evolvere in maniera complicata e in parte
imprevedibile;
Anche i migliori modelli di atmosfera sono affetti da errori, che variano in funzione del
Via G. Moruzzi 1 – 56124 Pisa – Italy – Tel. +39-050-315-2952 – Mobile +39-348-396-6834 – E-mail: [email protected]
4
•
tempo e delle condizioni ambientali;
Le previsioni dell’attività solare e geomagnetica, che influiscono sulla densità
atmosferica, sono affette da incertezze, un po’ come succede per le previsioni
meteorologiche.
Tenendo conto di tutte queste sorgenti di incertezza, ed eventualmente di altre più o meno
probabili, non è possibile e non ha senso calcolare “dove” e “quando” il satellite precipiterà
sulla terra. Piuttosto ha molto più senso calcolare una finestra temporale, che corrisponderà a
tante località diverse, all’interno della quale si prevede che il satellite rientrerà con una certa
probabilità. Questa finestra temporale è appunto la finestra di incertezza associata alla
previsione di rientro.
Come è definita la finestra di incertezza?
Le finestre di incertezza associate alle previsioni di rientro diramate dall’ISTI/CNR sono
costruite in modo da ottenere un livello di confidenza del 95%, tenendo conto sia dell’analisi
dell’oggetto specifico, che dell’esperienza passata. Ciò significa che il satellite dovrebbe
rientrare all’interno della finestra temporale assegnata con una probabilità di almeno il 95%.
Per ottenere livelli di confidenza superiori, occorrerebbe considerare eventi estremamente
improbabili e la finestra di incertezza diventerebbe talmente estesa da risultare praticamente
inutile. Piuttosto è il monitoraggio costante della situazione che consente di correre ai ripari,
aggiornando rapidamente le previsioni, qualora si verifichino eventi eccezionali o totalmente
imprevisti.
Come si evolve la finestra di incertezza?
Man mano che ci si avvicina al momento del rientro, la finestra temporale di incertezza si
riduce sempre più. Generalmente, circa 36 ore prima del rientro, diventa così possibile
cominciare a escludere alcune zone del pianeta da ogni rischio di caduta, e questo processo di
esclusione progressiva di aree sempre più vaste continua nelle successive 30 ore, sempre che
siano disponibili nuove orbite aggiornate. Ma è solo nelle ultime ore che il rischio di rientro
può essere confinato a 1 o 2 tracciati orbitali, cioè a una striscia di superficie terrestre larga
300 km e lunga dai 40.000 agli 80.000 km.
Cosa si intende per rientro nell’atmosfera?
Non esiste un confine netto e preciso tra l’atmosfera e lo spazio: la prima svanisce
progressivamente con continuità nel secondo. Ecco perché i satelliti in orbita bassa ne
subiscono gli effetti e anche la Stazione Spaziale Internazionale, che vola a 400 km di altezza,
deve periodicamente accendere i motori per contrastare la perdita di quota provocata
Via G. Moruzzi 1 – 56124 Pisa – Italy – Tel. +39-050-315-2952 – Mobile +39-348-396-6834 – E-mail: [email protected]
5
dall’atmosfera residua. Esiste comunque un’interfaccia convenzionale, fissata alla quota di
120 km, al di sopra della quale un’orbita circolare è ancora marginalmente possibile, anche se
di brevissima durata, mentre al di sotto no. In generale si parla quindi di rientro
nell’atmosfera quando un veicolo spaziale precipita alla quota di 120 km. Ma siccome in gran
parte dei casi la struttura principale di un satellite rimane integra fino alla quota di 80 km,
spesso quando si parla di previsioni di rientro si intende appunto fino alla quota di 80 km.
Riassumendo, quali sono gli ingredienti necessari per una previsione di rientro?
I principali ingredienti sono i seguenti:
•
•
•
•
•
•
•
Un’orbita del satellite recente e accurata (USSTRACOM, o altre fonti affidabili);
Una determinazione accurata del parametro balistico del satellite (ISTI/CNR);
Un’analisi delle caratteristiche e del comportamento fisico del satellite (ISTI/CNR);
Un propagatore orbitale che includa tutte le forze significative che agiscono sul
satellite, in particolare dei modelli appropriati dell’atmosfera (ISTI/CNR);
Un archivio storico dei parametri fisici che determinano le condizioni dell’atmosfera
(ISTI/CNR);
Gli indici che definiscono l’attività solare e geomagnetica misurati negli ultimi 90 giorni
e previsti nei successivi 45 giorni (National Oceanic and Atmospheric Administration,
Space Environment Technologies, United States Air Force, o altre fonti affidabili);
I criteri per definire le finestre temporali di incertezza con il livello di confidenza
desiderato (ISTI/CNR).
Da quanto tempo l’ISTI/CNR di Pisa si occupa di previsioni di rientro?
Riforme, ristrutturazioni e accorpamenti a parte, che hanno cambiato i nomi delle strutture
coinvolte, quello che adesso è denominato Laboratorio di Dinamica del Volo Spaziale ha
cominciato a occuparsi di previsioni di rientro per le autorità nazionali nel 1979, in occasione
del rientro della stazione spaziale americana Skylab.
A quanto risale l’ultimo caso analogo alla Progress-M 27M?
L’ultima nave cargo Progress rientrata nell’atmosfera senza controllo, e di cui ci siamo
occupati, risale al 1994 (Progress-M 17). Ma allora il veicolo spaziale non era in rapida
rotazione su se stesso come in questo caso.
Via G. Moruzzi 1 – 56124 Pisa – Italy – Tel. +39-050-315-2952 – Mobile +39-348-396-6834 – E-mail: [email protected]
6
Scarica

memorandum del laboratorio di dinamica del volo spaziale